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Plotino su pensiero,
estensione e percezione sensibile:
un dualismo cartesiano?*
di Riccardo Chiaradonna

5.1
Idealismo e filosofia greca: il caso di Plotino
Myles Burnyeat ha sostenuto, fondandosi su unosservazione di Bernard Williams,
che lidealismo tra le pochissime maggiori posizioni filosofiche che non hanno
ricevuto la loro prima formulazione nellantichit (Burnyeat, 1982, pp. 3-4; cfr.
Williams, 1981). Il tipo di idealismo su cui Burnyeat basa la sua analisi quello
di Berkeley, che egli sintetizza nella tesi monistica secondo cui, in ultima analisi,
tutto ci che esiste si identifica con la mente o con i contenuti della mente (Burnyeat, 1982, p. 8). Nessuna posizione filosofica antica sarebbe riducibile a questo
modello, che presuppone le innovazioni introdotte da Descartes. Burnyeat riassume in tre tesi gli aspetti che segnano la differenza dellepistemologia di Descartes
rispetto alle posizioni degli antichi: T1. la verit pu essere raggiunta senza uscire
dallesperienza soggettiva; T2. il filosofo afferma di avere conoscenza dei propri
stati soggettivi; T3. il proprio corpo diviene, per la filosofia, parte del mondo esterno (Burnyeat, 1982, p. 32). Una parziale anticipazione di T2 pu trovarsi, a detta di
Burnyeat, in Agostino, ma, in buona sostanza, nessun antico esprime con chiarezza i tre punti distintivi della gnoseologia cartesiana; le varie formulazioni antiche
del dubbio scettico non assunsero mai i connotati del dubbio iperbolico. Finch
la domanda esiste qualcosa di diverso dalla mente? non fu portata al centro
dellattenzione, le risposte a essa quella affermativa del realismo e a fortiori quella negativa dellidealismo non emersero come tali da richiedere una difesa esplicita. Quella che Burnyeat (ivi, p. 33) attribuisce agli antichi dunque una semplice
assunzione di realismo, mai veramente messa in questione.
La lettura di Burnyeat stata in alcuni casi contestata: ad esempio, secondo Richard Sorabji, Gregorio di Nissa elabora un posizione idealistica la
* Desidero ringraziare Sara Magrin, che ha letto una prima versione di questo contributo,
per le osservazioni e i suggerimenti.

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RICCARDO CHIARADONNA

Berkeley per quanto riguarda lo statuto della materia; a sua volta, linterpretazione di Sorabji stata discussa e, in alcuni casi, criticata1. Non ovviamente
possibile soffermarsi qui sullintero dossier relativo allidealismo nellantichit, ma solo su alcuni aspetti relativi alla posizione di Plotino. Burnyeat esclude
che si possa attribuire a Plotino una posizione idealistica in senso moderno
adducendo due ragioni: a) per Plotino la materia realmente indipendente
dalla forma, come unoscurit preesistente che illuminata; b) anche se in
alcuni passi controversi Plotino sembra ascrivere una forma di autoconoscenza allUno, sarebbe comunque fuorviante identificare la sua filosofia con un
monismo della mente (ivi, pp. 16-8). Tuttavia, in questo pi che in altri casi,
la sua discussione apparsa suscettibile di approfondimento (cfr. Emilsson,
1996, p. 249, n. 47; Dillon, 1990; Emilsson, 2010; Kalligas, 2011): I) Plotino non
concepisce la materia come un principio indipendente, ma come generata da
cause sovrasensibili (la cui individuazione comunque controversa)2; II) elementi per leggere Plotino in senso idealistico si trovano non tanto nella concezione dellUno, quanto in quella dellIntelletto (Nous), il secondo principio
della gerarchia plotiniana nel quale coincidono lessere e il tipo di pensiero
pi elevati e archetipi. un tratto caratterizzante della filosofia di Plotino
aver identificato lessere primario con atti di pensiero: una tesi, questa, che
si basa in ultima analisi sulla concezione di dio come pensiero di pensiero
elaborata da Aristotele (Metaph. XII) e che sembra poter essere legittimamente
interpretata in senso idealistico. Plotino, daltronde, sostiene che tutte le cose,
in qualche modo, aspirano alla contemplazione teoretica (theria) (III 8, 1.1-8)3.
Se non proprio come un monismo della mente la Berkeley, una simile posizione filosofica pu essere almeno caratterizzata come un monismo dello
spirituale (Emilsson, 1996, p. 249, n. 47)4.
Il dibattito non si limitato a questi temi: la discussione di Burnyeat ha
infatti suscitato alcune reazioni volte a dimostrare che i punti caratterizzanti della soggettivit cartesiana (T1-T3) possono essere ritrovati in Plotino. In
primo luogo, si osservato (Emilsson, 1988, pp. 145-8; 1991) che a Plotino pu
ascriversi la tesi T3 secondo cui il corpo concepito come qualcosa di esterno
1. Si possono trovare ampi riferimenti a questo dibattito in Emilsson (2010, pp. 67-8). Cfr.,
in particolare, Sorabji (1983, pp. 287-96).
2. Per una sintetica discussione, con rinvii bibliografici, cfr. Chiaradonna (2009, pp. 158-62).
3. I trattati di Plotino sono citati secondo ledizione di Henry, Schwyzer (1964-82).
4. Emilsson (2010, p. 70) chiarisce ulteriormente questa lettura, distinguendo la posizione
di Plotino da quella che egli ascrive a Berkeley (per Plotino il mondo sensibile esiste del tutto
indipendentemente da noi e dai nostri sensi), ma leggendo comunque in senso idealistico la
dottrina plotiniana in accordo a cui il mondo sensibile una immagine dipendente da principi
intelligibili (per Emilsson i principi intelligibili e lo stesso Uno, anche se con importanti qualificazioni possono essere detti mentali; cfr. anche Kalligas, 2001).

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5. PLOTINO SU PENSIERO, ESTENSIONE E PERCEZIONE SENSIBILE

al soggetto5. Plotino, infatti, concepisce lanima umana sottolineando lo scarto esistente tra essa e i corpi, incluso il corpo umano. Il carattere che li distingue lestensione. Non soltanto lestensione lattributo che qualcosa deve
avere per essere un corpo, ma tutte le altre qualit dei corpi (colore, forma
ecc.) devono essere estensionali, poich devono essere divisibili in accordo
allestensione (cfr. IV 2, 1.34-40; VI 4, 1.20-23). Lestensione , dunque, lattributo fondamentale dei corpi, quello presupposto da tutti gli altri (Emilsson,
1988, p. 147)6. Se qualcosa non esteso e non presuppone lestensione il
criterio la divisibilit Plotino ne inferisce che questa entit non n un
corpo n la propriet di un corpo. Lanima, dunque, non ha nessuna delle
caratteristiche che qualificano il corpo come tale7.
Le considerazioni di Emilsson non sono rimaste isolate. La posizione di
questo interprete , in effetti, piuttosto articolata. Da un lato, egli identifica la
concezione plotiniana delle cause intelligibili e del pensiero del Nous con una
tesi idealistica. Dallaltro, considera la dottrina plotiniana della percezione
come realistica giacch ci che percepiamo sono le qualit degli oggetti sensibili e Plotino tratta queste qualit come oggettive e indipendenti da chi le
percepisce: Contrariamente a Berkeley e Kant, lidealismo di Plotino non ha
a che vedere con le relazioni che gli esseri umani hanno con il mondo esterno (Emilsson, 2010, p. 88). Tuttavia, anche questo punto stato discusso e,
dopo Emilsson, altri specialisti hanno ascritto a Plotino una concezione della
conoscenza che comporta le tesi T1 e T2 attribuite da Burnyeat a Descartes:
per Plotino vi sarebbe infatti conoscenza propriamente solo delle rappresen5. Secondo Burnyeat nessun filosofo antico perviene a formulare questa posizione. Ci
varrebbe anche per gli Scettici, secondo i quali non possibile attingere la conoscenza delle
cose esterne. Nella formulazione moderna, esterno significa esterno alla mente, mentre in
Sesto Empirico significa semplicemente esterno a s, il soggetto conoscente (cfr. AM VII 167).
Sesto Empirico pu opporre la cosa esterna agli umori che modificano la percezione di essa
(PH I 102), oppure al medio attraverso cui percepita (PH I 124-127). Sembra chiaro, pertanto,
che la linea tracciata non divide, in modo cartesiano, la mente e ogni altra cosa al di fuori
di essa (incluso il corpo proprio dello scettico). Di conseguenza, esterno nelluso di Sesto
Empirico non implica che ci sia una rottura tra le cose esterne e un mondo interno, soggettivo
di cose apparenti. Non c, conclude Burnyeat, nessun testo in cui Sesto concepisce il corpo
dello scettico come esterno secondo il senso familiare nel dibattito epistemologico moderno
(Burnyeat, 1982, pp. 28-9).
6. Lascio da parte la questione di stabilire se in Plotino si possa trovare una prima formulazione dellidea di spazio geometrico: cfr. in proposito il capitolo di V. De Risi in questo
volume.
7. Lanima il soggetto di attivit cognitive e secondo Plotino non solo il pensiero non
riducibile a processi corporei, ma unattivit che non ha bisogno di un corpo, ed propria
precisamente di quelle entit che sono prive di corpo (in proposito cfr. King, 2009, dove la
posizione di Plotino distinta da quella di Aristotele).

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RICCARDO CHIARADONNA

tazioni interne al soggetto e sarebbe riflettendo su simili stati soggettivi che


il filosofo pu attingere la verit, costruendo un nuovo tipo di dogmatismo
capace di superare le obiezioni scettiche (cfr. OMeara, 2000; Magrin, 2010, p.
294). Gli argomenti forniti da questi interpreti sono esaminati nel seguito del
presente contributo.
5.2
Corpi, estensione, natura
Il legame tra corporeit ed estensione una tesi convenzionale nellantichit. La sua origine pu essere gi rintracciata in Platone (Theaet. 155e; Leg. X
896d); Aristotele la richiama nella Fisica (Phys. III 5, 204b20) e gli stessi stoici
la fecero propria (Diog. Lart. VII 135: cfr. Long-Sedley, 1987, pp. 272-4 = L.S.
45). In Plotino, come si notato, lassimilazione tra corporeit ed estensione
acquista un valore particolarmente importante ed usata come elemento discriminante per cogliere la differenza tra il mondo sensibile e i suoi principi
intelligibili. Le sostanze intelligibili, tra le quali lanima, sono infatti sottratte
a ogni estensione quantitativa, tanto che lassenza di quantit ed estensione
appare come il loro aspetto fondamentale, esattamente come lestensione
lattributo fondamentale dei corpi8. Solo Plotino associa in modo cos sistematico lopposizione estensione vs assenza di estensione alla distinzione tra i
corpi e i loro principi. Nel Timeo di Platone, ad esempio, il linguaggio spaziale usato in rapporto allanima inconfondibile: lanima (quella umana tanto
quanto quella divina) presentata come estesa tridimensionalmente (cfr. Tim.
36e). Platone considera visibilit e tangibilit (in termini moderni, le qualit
secondarie) come caratteri distintivi della corporeit (cfr. Tim. 31b); lanima,
pur essendo invisibile e intangibile (e, dunque, non corporea), per estesa in
tre dimensioni e ha qualit primarie come dimensioni e forma (cos Burnyeat,
2000, p. 58). La tesi plotiniana relativa al carattere inesteso e non quantitativo dellanima diverge da questa impostazione. In sintesi, Plotino concepisce
tutte le propriet appartenenti ai corpi come manifestazioni estensionali nella
materia di principi causali incorporei collegati allanima cosmica (le ragioni
seminali, logoi). In II 7, 3.7 egli afferma che il logos, il principio intelligibile
formatore della materia, possiede gi in s tutte le qualit che costituiscono
ciascun corpo. Le contiene, per, in modo inesteso, incorporeo: il corpo esteso si genera quando il principio formale intelligibile d forma alla materia generando i corpi sensibili (cfr. VI, 3, 15.24-38). In s la materia non un corpo (si
8. Sullestraneit della grandezza quantitativa ai generi del mondo intelligibile, cfr. VI 2,
13.11-16. Neanche lanima ha estensione e grandezza quantitativa, neppure per accidente: cfr. VI
2, 4.22; VI 4, 1.14-15, 1.31. Altri paralleli in Tornau (1998, p. 24).

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veda in particolare III 6, 7) ed assolutamente priva di ogni qualit; tuttavia,


essa talora presentata come responsabile del fatto che le qualit incorporee e
inestese si manifestano in modo estensionale (II 4, 11-12; cfr. Kalligas, 2011, pp.
766-7). Quando deve caratterizzare la differenza dellanima rispetto al corpo,
Plotino fa riferimento al fatto che, diversamente dal corpo, lanima (in tutte
le sue articolazioni interne) non composta da parti divise spazialmente (cfr.
IV 2, 1.69-76; VI 4, 1).
La posizione generale appena delineata sembra per in contrasto con ci
che Plotino sostiene in alcuni passi enneadici. Ad esempio, nel trattato V 8 [31]
Sul bello intelligibile il cosmo sensibile presentato come se lestensione non
avesse nessuna reale importanza e tutto (la stessa materia) potesse in ultima
analisi essere ridotto a forma:
Questo universo qui [] contenuto da forme dal principio alla fine: in primo luogo
la materia dalle forme degli elementi, poi altre forme sulle forme e poi di nuovo ancora altre; sicch anche difficile trovare la materia nascosta sotto molte forme. Poich
anchessa una qualche infima forma (eidos ti eschaton) (V 8, 7.18-22).

Il trattato 31 segue immediatamente, nellordine cronologico, il trattato III 8


Sulla contemplazione ed possibile (anche se la questione rimane piuttosto
controversa) che i due scritti fossero parte di un unico ciclo di trattati diretti
contro le concezioni religiose degli gnostici (cfr. DAncona, 2009, pp. 364-5).
Nel trattato III 8 Plotino espone in modo netto e volutamente paradossale la
sua tesi idealistica secondo cui tutto il cosmo (inclusi gli animali irrazionali,
le piante, gli stessi elementi come la terra) impegnato in una qualche forma
di contemplazione (si ha dunque un mondo di pensieri secondo lefficace
formulazione di Wildberg, 2009). La Natura un principio intelligibile intrinseco al cosmo che esemplifica, a un grado inferiore e pi oscuro, la stessa
attivit cognitiva che caratterizza i principi superiori, traendo da essi gli oggetti intelligibili a cui rivolge la sua attivit. Essa produce il cosmo sensibile
precisamente grazie a questa attivit contemplativa: la produzione (poisis)
cos ricondotta alla contemplazione (III 8, 3.17-23). Significativamente, la tesi
secondo cui la materia una sorta di principio responsabile delle propriet
caratteristiche dei corpi in quanto tali (in particolare lestensione) non svolge
un grande ruolo nei trattati III 8 e V 8. Non che la materia sia assente: anche in
III 8, 2 Plotino si sofferma sulla tesi prima esposta, quella secondo cui la natura
visibile (la natura naturata) il risultato dellinformazione della materia da
parte dei principi formali intelligibili (la natura naturans). Tuttavia, in III 8, 2
la stessa ultima degradazione dei principi formali nei corpi percepibili presentata, per cos dire, non secondo la prospettiva della materia, ma secondo la

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prospettiva della forma: mentre infatti in II 4, 11 e 12 si ha limpressione che la


materia sia una sorta di principio responsabile delle propriet fondamentali
che distinguono i corpi dai loro principi, in III 8, 2.30-34 Plotino identifica lo
stesso statuto ontologico dei corpi, ossia il fatto che essi sono morti, privi
di vita e di potere causale, con una degradazione del principio formale intelligibile9. In accordo a questa prospettiva, le stesse propriet materiali (ossia
quelle propriet che appartengono ai corpi in quanto tali e distinti dagli intelligibili) sono viste come lultima degradazione delle propriet spirituali10.
Nellattribuire a Plotino una posizione, almeno in senso lato, idealistica gli
interpreti hanno insistito sullidentit tra principi intelligibili e atti di pensiero.
Ci vale in modo particolare per il Nous, ma pu in ultima analisi essere applicato anche ai principi di livello inferiore (lanima e la natura), purch si specifichi che il tipo pensiero proprio a essi ha caratteri differenti da quello archetipo
dellIntelletto. La natura stessa pu essere concepita come una potenza di conoscere, per quanto oscura e di grado inferiore rispetto ai principi metafisici
superiori11. Tutto questo vero, ma il passo prima citato di V 8 dimostra che
il mondo plotiniano di pensieri pu essere espresso anche facendo semplicemente ricorso al concetto di forma. Indubbiamente, per Plotino le forme
archetipe sono gli atti di pensiero nei quali si esprime la natura dellIntelletto;
anche le immagini delle forme nei livelli inferiori della realt possono essere
concepite come pensieri e come il dispiegamento di pensieri. Detto questo,
laspetto oggettivo della metafisica di Plotino non va comunque ignorato: gli
9. Wildberg (2009, p. 136) mostra bene come le due prospettive, agli occhi di Plotino, non
si contraddicano: la materia s identificata con loscurit, ma in effetti la stessa illuminazione
che crea loscurit e la definisce: loscurit non altro che assenza di luce. Analogamente, il
suono che crea il silenzio e, in generale, tutti gli stati negativi sono costituiti necessariamente
dalla loro controparte positiva.
10. Emilsson (2010, p. 74) ha avvicinato la posizione di Plotino alle concezioni contemporanee che pongono un dualismo di propriet tra il fisico e il mentale, pur ritenendo che
il mentale dipenda dal fisico e non possa essere considerato come una sostanza autonoma.
Ovviamente, in Plotino i termini della questione sono rovesciati: il fisico a dipendere e a
essere determinato dal mentale, non linverso. Secondo questa lettura, le propriet fisiche sarebbero dunque analoghe a propriet emergenti. Sebbene molto interessante, linterpretazione
di Emilsson rimane, a mio parere, parziale, perch non d conto del gradualismo metafisico
di Plotino. Il mondo fisico non solo caratterizzato da propriet emergenti, ma da un grado
di realt inferiore rispetto alle sue cause intelligibili. Nel suo contributo in questo volume, De
Risi propone unaltra spiegazione della distinzione plotiniana tra fenomeni e cause ideali, facendo ricorso alla distinzione tra contenuto oggettivo e carattere modale: il contributo
proprio della materia sensibile consiste in questo capovolgimento categoriale, secondo il quale
certi definiti contenuti rappresentativi si riorganizzano in un sistema concettuale differente e in
diverse relazioni reciproche. Il quale un contributo modale e strutturale, ma non oggettivo
(cfr. infra, pp. 155-6).
11. Per approfondimenti rinvio ancora a Emilsson (2010).

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atti di pensiero sono sempre associati alle entit che ne costituiscono il contenuto (ossia le forme). Per questo, il dualismo di pensiero ed estensione pu
sempre essere riformulato, nella terminologia plotiniana, come un dualismo di
forma ed estensione corporea, e la tesi secondo cui tutto ci che esiste si identifica, in ultima analisi, con atti mentali o con i contenuti di essi pu essere
ricondotta allidea secondo cui tutto ci che esiste forma.
5.3
Epistemologia e percezione:
realismo o anti-realismo?
Le considerazioni svolte sin qui si riflettono nellepistemologia di Plotino.
Particolare importanza ha, a questo riguardo, la dottrina della percezione.
Anche in questo caso, sembra presente una duplicit di prospettive: vi sono
infatti sia passi che parlano in favore di una concezione internalistica della
percezione (la percezione riguarda rappresentazioni interne allanima e non i
corpi esterni a essa) sia passi che suggeriscono una forma di realismo diretto
(la percezione riguarda gli oggetti esterni e le qualit realmente presenti in
essi)12.
I passi nei quali Plotino sembra propendere per una concezione internalistica della percezione sono soprattutto due: I 1, 7 e V 5, 1. Il primo testo contiene laffermazione chiara di una posizione filosofica effettivamente molto
vicina alla tesi T2 attribuita da Burnyeat a Descartes:
Non occorre che la capacit di percepire propria dellanima sia tale da apprendere gli
oggetti sensibili; piuttosto, occorre che lo sia delle impronte prodotte dalla percezione nel vivente; queste sono gi realt intelligibili (
,
: I 1, 7.9-12).

Sono distinti due momenti diversi nella percezione (tou aisthanesthai dunamis;
aisthsis): a) le impronte prodotte dagli oggetti sensibili nel vivente (ossia nel
corpo animato che percepisce, in breve: negli organi di senso); b) la capacit
di percepire dellanima (che un principio incorporeo), capacit che (osserva
Plotino) non si esercita in rapporto agli oggetti sensibili stessi, ma in rapporto
alle impronte di essi prodotte nel vivente e che sono gi (d) entit intelligibili. Per i sostenitori della lettura realistica della teoria plotiniana della
percezione (Emilsson), queste linee pongono un effettivo problema e lunica
via duscita sostenere che la capacit di percepire propria dellanima sia
12. Per maggiori approfondimenti rimando a Chiaradonna (2012).

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in realt cosa diversa dalla sensazione, e includa processi di tipo superiore (la
memoria e la ragione discorsiva) che effettivamente implicano lapprensione
non sensibile di rappresentazioni mentali. Per quanto autorevolmente sostenuta (cfr. Emilsson, 2007, p. 129), questa interpretazione non mi sembra plausibile. possibile che un simile uso largo del termine aisthsis si trovi in altri
luoghi plotiniani, ma molto difficile includere in questa lista il passo prima
citato, per il semplice fatto che tou aisthanesthai dunamis e aisthsis vi sono
usati nello spazio di sole due linee (la prima formula riferita alla capacit
dellanima, la seconda alla percezione del vivente) e non mi pare plausibile
ammettere uno slittamento semantico cos forte in uno spazio tanto breve
senza che niente lo segnali13. Inoltre, nel seguito del capitolo Plotino richiama
le capacit proprie del pensiero discorsivo, caratterizzandole con i termini
di dianoiai, doxai e noseis: tutte espressioni che si riferiscono in modo non
equivoco al pensiero discorsivo e rispetto ai quali opportuno distinguere sia
la capacita di percepire dellanima sia la percezione del vivente. A mio
parere, preferibile sostenere che queste formule indichino due momenti
distinti (uno collegato al corpo, laltro allanima) di un medesimo processo
(quello, appunto, della percezione). Si anche osservato che, in base alle linee
citate, le impronte degli oggetti sensibili nel vivente verrebbero a essere problematicamente considerate da Plotino come gi intelligibili: anche questa
affermazione stata giudicata singolare, perch identificherebbe la percezione con lapprensione di realt intelligibili e finirebbe dunque per contrastare
con lusuale dualismo plotiniano tra aisthta e nota. Tuttavia neanche questa
osservazione insormontabile: come si notato a proposito di V 8, 7, Plotino
pu guardare lo stesso fenomeno (il mondo dei corpi) secondo prospettive
tanto diverse da apparire contraddittore, almeno a una prima analisi; non
dunque impossibile ammettere che le stesse entit che possiamo descrivere
come aisthta, nella misura in cui sono diverse dagli intelligibili, possano tuttavia essere descritte come nota se considerate come degradazioni dellintelligibile e integralmente dipendenti da esso. A mio avviso, laffermazione di I 1,
7 pu essere letta come un riferimento al particolare modo di esistenza che le
forme sensibili assumono una volta interiorizzate nellanima (cfr. infra).
13. Secondo Sara Magrin (per litt.), questa conclusione non giustificata e si deve invece
ammettere che aisthsis sia usato in due accezioni diverse. Plotino afferma che la capacit di
percepire dellanima non percezione di cose sensibili, per poi aggiungere che piuttosto
rivolta alle impronte prodotte dalla percezione. Dato che gli oggetti percepiti sono diversi (sensibili che producono impronte vs le impronte stesse) sembra necessario postulare lesistenza di
due tipi di percezione. A mio avviso, pi che uno slittamento semantico nelluso del termine
aisthsis preferibile ammettere che la percezione sia unica (da qui luso dello stesso termine),
ma includa due momenti distinti: uno collegato al corpo, laltro allanima.

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5. PLOTINO SU PENSIERO, ESTENSIONE E PERCEZIONE SENSIBILE

Il secondo passo che milita contro la lettura realistica della percezione


in Plotino il capitolo V 5, 1. Plotino si propone di caratterizzare il peculiare
tipo di pensiero archetipo proprio del Nous, che non deve trarre dallesterno
il suo oggetto ma lo possiede in s tanto che lattivit che costituisce loggetto
della conoscenza e lattivit che costituisce il soggetto della conoscenza sono
ununica e medesima attivit (cfr. Emilsson, 2007, p. 235). Nel caso dellIntelletto, la verit non si accorda con un oggetto esterno, ma con s stessa (V 5,
1.15-20). La conoscenza propria dellintuizione intellettuale distinta sia da
quella proposizionale (cfr. V 5, 1.6-9 e 38-41) sia dalla percezione. Nel presentare la percezione sensibile in quanto distinta e contrapposta al Nous, Plotino
sottolinea che essa riguarda affezioni degli organi di senso che devono essere
giudicate dallintelletto o dalla ragione discorsiva. Ci che conosciuto dalla
percezione soltanto unimmagine della cosa, non la cosa stessa, che resta al
di fuori di essa (V 5, 1.12-19; cfr. 1.24-25). Anche in questo caso, la maniera pi
naturale di leggere il passo suggerisce che la percezione non pu accedere
agli oggetti esterni, ma solo a immagini o affezioni soggettive. Diversamente
dalla percezione, la conoscenza dellIntelletto non riguarda rappresentazioni
soggettive di oggetti extra-mentali, ma contiene in s stessa i propri oggetti.
Il modo in cui Plotino, in queste linee, nega che la percezione acceda alla
conoscenza di oggetti esterni stato messo in parallelo con argomenti analoghi formulati dagli scettici (cfr. in particolare Sesto Empirico PH I 19-20; 94;
II 51, 72). La conseguenza tratta da alcuni specialisti (OMeara, 2000, p. 245)
molto forte: Plotino costruirebbe la sua concezione del pensiero archetipo
e auto-riflessivo facendo proprie le obiezioni scettiche contro la possibilit
di conoscere oggetti esterni, e sostituendo proprio in virt di queste obiezioni al dogmatismo fondato sulla conoscenza di oggetti esterni il proprio
peculiare dogmatismo platonico, in accordo a cui la conoscenza fondata in
un Intelletto trascendente che pensa il suo oggetto immediatamente, identificandosi con esso e non traendolo dallesterno. Una simile strategia apparsa
simile a quella messa in atto da Agostino e Descartes: essa consiste nel formulare argomenti scettici come un mezzo per escludere alcuni tipi di filosofie
dogmatiche (nel caso di Plotino, stoicismo e aristotelismo sopra tutte) dando
cos fondamento (grounding: cfr. ivi, p. 246) a uno specifico tipo di dogmatismo, quello secondo il quale il soggetto e loggetto di pensiero sono immediatamente presenti luno allaltro in una sorta di trasparenza reciproca.
Il passo considerato pone due ordini di questioni: 1. possibile leggere la posizione plotiniana sulla conoscenza propria dellIntelletto archetipo come una
risposta agli attacchi scettici sulla possibilit di conoscere oggetti esterni?; 2.
nelle linee considerate, la dottrina della percezione che viene opposta allautoconoscenza noetica veramente assimilabile a quella anti-realistica secondo cui

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la percezione non coglie le cose verso cui diretta, ma soltanto impressioni o


immagini soggettive provenienti da esse? Credo che sia giusto rispondere negativamente alla prima domanda, mentre, rispetto alla seconda, penso che si debba parlare non di una concezione anti-realistica, ma di un particolare modo di
presentare la dottrina della percezione funzionale allargomento del capitolo.
Malgrado alcuni importanti studi recenti cerchino di mostrare il contrario, non sembra che gli attacchi scettici alla conoscenza e alla percezione
svolgano un ruolo significativo in Plotino. Diversamente da quanto accade
per autori come Galeno o Agostino (per tacere ovviamente di Descartes e di
altri filosofi moderni), niente suggerisce che Plotino abbia mai considerato,
in una qualsiasi fase della sua evoluzione filosofica, lo scetticismo come una
reale minaccia alla possibilit di conoscere la realt, e niente suggerisce che
egli abbia costruito la sua concezione del pensiero archetipo e auto-riflessivo
come un mezzo per superare gli argomenti scettici. Quella che emerge da V 5,
1-2 (e da V 3, 5, laltro passo nel quale Plotino incorpora delle argomentazioni
scettiche nella sua discussione dellIntelletto auto-riflessivo) una situazione
molto diversa. Plotino, infatti, si serve di argomenti scettici (probabilmente
correnti alla sua epoca) non per dare fondamento alla dottrina dellIntelletto
archetipo (a questo Plotino non sembra interessato n qui n altrove), ma,
molto pi modestamente, per illustrarla e renderla chiara.
Vi , nel modo in cui V 5, 1-2 talora parafrasato dagli interpreti, una
certa imprecisione. Le ricostruzioni proposte, infatti, sarebbero pienamente
convincenti se Plotino I) esponesse una concezione della conoscenza rivolta
a oggetti esterni; II) ne ponesse in luce le difficolt; III) postulasse, in virt di
queste difficolt, lesistenza di un tipo di conoscenza auto-riflessivo. Tuttavia,
landamento di V 5, 1 del tutto diverso. Plotino, infatti, parte precisamente
da quello che dovrebbe essere il punto di arrivo della sua argomentazione
anti-scettica, ossia la constatazione che un Intelletto perfetto c, e nessuno
potrebbe mai pensare che esso sia indotto in errore (V 5, 1.1-3). Una volta
assunto preliminarmente tutto questo, egli richiama il pensiero discorsivo e
la percezione come termini di paragone al fine di illustrare, attraverso il contrasto con essi, il carattere proprio del Nous e la sua identit con gli oggetti
che conosce. In breve: Plotino non si propone affatto di stabilire che un Intelletto autoriflessivo c in base alla constatazione che la conoscenza rivolta
a un oggetto esterno inaffidabile; invece, egli parte dalla constatazione del
fatto che un Intelletto perfetto e non soggetto a errore c e, quindi, cerca di
spiegare come deve essere fatto un simile Intelletto paragonandolo a forme
di conoscenza inferiori14. Per raggiungere questo scopo, lo paragona alla per14. Se il superamento del dubbio scettico non una via per arrivare alla conoscenza dellIn-

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5. PLOTINO SU PENSIERO, ESTENSIONE E PERCEZIONE SENSIBILE

cezione, che pu fallire in virt del fatto di essere rivolta non a s stessa (non
quindi auto-validante) ma a oggetti esterni. Sicuramente Plotino si serve di
argomenti scettici; tuttavia, niente indica che egli concepisse la sua dottrina
dellIntelletto come una risposta allo scetticismo. Il peculiare contesto argomentativo di V 5, 1-2 (volto a illustrare il carattere proprio della conoscenza
intellettuale attraverso il contrasto con la conoscenza discorsiva e con la percezione) spiega anche perch in questa sezione Plotino enfatizzi pi di quanto
non faccia altrove (cfr., in particolare, IV 4, 23; V 3, 2.1-10; 3.1-9) il carattere
inevitabilmente difettoso della percezione e limpossibilit di attingere con
sicurezza, per suo tramite, la conoscenza degli oggetti esterni. Come accade
frequentemente nelle Enneadi (lesempio pi celebre riguarda le discussione
del Nous, del quale Plotino pu sottolineare caratteri opposti a seconda che lo
paragoni con lUno o con i gradi pi bassi della realt), lo specifico contesto
argomentativo d conto delle affermazioni di V 5, 1.
Vi poi un altro ordine di considerazioni. Emilsson (1996, p. 222; 2007,
p. 132) ha contestato che il termine eidlon in V 5, 1.18 indichi limpressione
soggettiva di oggetti esterni; immagine sarebbe inteso invece in senso ontologico e indicherebbe la forma sensibile e non sostanziale, la quale, secondo
Plotino, immagine dellessenza reale di un oggetto (cfr. V 5, 2.6-7). Se questa
interpretazione fosse vera, in V 5, 1.5-19 Plotino non starebbe facendo allusione
alla differenza tra impressioni soggettive e oggetti esterni, ma alla differenza
tra le immagini sensibili e le loro essenze, sostenendo che la percezione non
coglie lessenza degli oggetti, ma solo la loro forma esterna e non sostanziale,
immanente ai corpi. La sensazione non riguarda ci che una cosa , ossia il
suo logos essenziale di natura intelligibile, ma solo lattivit esterna di tale
principio formativo15. Anche secondo Emilsson Plotino supererebbe, con la

telletto, ci si pu chiedere allora come essa sia accessibile a noi. La risposta di Plotino ha una
struttura simile allargomento ontologico e passa per la sua dottrina dellanima individuale, una
parte della quale (quella che in V 1, 11.6 chiama Nous in noi) appartiene sempre al mondo
intelligibile e ne condivide la condizione cognitiva (anche se noi non ne siamo ordinariamente
coscienti). In V 3, 8.41-44 Plotino suggerisce che, se noi abbiamo conoscenza dellIntelletto e ne
parliamo, ci pu avvenire soltanto perch lIntelletto causa in noi (ossia nella nostra anima)
della conoscenza di esso. In breve: secondo Plotino il semplice fatto che noi possiamo pensare
una natura come quella dellIntelletto garantisce a) che questa natura esiste; b) che vi in noi
una facolt omogenea a questa natura, mediante la quale condividiamo il suo tipo di pensiero e
di esistenza. Per unanalisi pi approfondita di questo argomento, che presenta alcune parziali
analogie con la III Meditazione di Descartes, cfr. Chiaradonna (2008).
15. Come sottolinea Emilsson (1996, p. 225), questa attivit esterna non si pu a sua volta
presentare come lattivit interna della forma corporea la quale produrrebbe, come attivit
esterna a s, la forma percepita. Secondo Plotino la forma sensibile morta e incapace di
generare alcunch: cfr. III 8, 2.30-32.

91

RICCARDO CHIARADONNA

sua nozione di conoscenza intellettuale auto-validante, gli argomenti scettici


sullimpossibilit del conoscere (unipotesi sulla quale cfr. le riserve espresse
supra), ma largomentazione di V 5, 1 non implicherebbe che la percezione sia
presentata in modo anti-realistico.
Qualsiasi interpretazione del capitolo sia fatta propria, va comunque sottolineato che, sicuramente, la percezione per Plotino soggetta a errore e non
pu essere assunta come unautonoma fonte di conoscenza senza il giudizio
della ragione e dellintelletto (V 5, 1.15; I 1, 9.11-18), ma da questo non segue
affatto che le qualit percepite non siano reali, ma semplici apparenze soggettive: una simile conseguenza anti-realistica non mai tratta nelle Enneadi.
Se vero, infatti, che Plotino qualifica quella degli oggetti percepibili come
esistenza apparente (dokousa hupostasis, cfr. VI 3, 10.15) ci non si riferisce al
fatto che le loro qualit sono apparenze soggettive, ma al fatto che i sensibili
appaiono erroneamente alla percezione come entit pienamente reali, mentre
sono immagini (in senso ontologico) non sostanziali dei loro principi intelligibili. Ad esempio il colore rosso percepito non unapparenza soggettiva,
ma unimmagine del principio formale: il limite della percezione non sta nel
cogliere mere apparenze soggettive, ma nel non comprendere che la qualit
percepita non reale in senso proprio e va ricondotta a un principio non
percepibile.
Inoltre, I 1, 7 e V 5, 1-2 sono controbilanciati da altri passi nei quali Plotino
afferma a) che le percezioni sono giudizi, unattivit dellanima compiuta in
relazione a dati ricevuti dagli organi di senso16; b) che la percezione riguarda
le cose stesse, non impronte o immagini provenienti da esse (III 6, 1.1-8; IV
4, 23.15-19; IV 5, 2.50-53; IV 5, 3.10-13; IV 6, 1.14-40). Corpo e anima sono entit
eterogenee (materiale ed esteso il primo, immateriale e inestesa la seconda);
inoltre, lanima, in quanto incorporea, non pu ricevere affezioni e dunque
non pu passivamente accogliere delle impronte corporee provenienti dagli organi di senso (III 6, 1.9-11). Tuttavia, percepire mediante i sensi significa
apprendere fenomeni sensibili e spazialmente estesi: in qualche modo, lanima deve pur venire in contatto con essi. Il capitolo IV 4, 23 rappresenta il
tentativo di risposta pi articolato che Plotino fornisce a questo problema (il
presente resoconto basato su Emilsson, 1988, pp. 67-93). Secondo Plotino,
sono gli organi del corpo animato a subire affezioni da parte degli oggetti
percepiti (sul carattere di queste affezioni, cfr. ivi, pp. 75-9). Plotino impiega
16. La teoria plotiniana dei giudizi percettivi ha suscitato un notevole dibattito, relativo alla
struttura proposizionale della percezione e alla possibilit di formulare simili giudizi indipendentemente dalla ragione discorsiva. La trattazione di riferimento , ancora una volta, quella
di Emilsson (1988, pp. 121-5 e passim). Per una discussione della lettura di Emilsson, cfr. Remes
(2007, p. 145, n. 75). Per maggiori approfondimenti rinvio ancora a Chiaradonna (2012).

92

5. PLOTINO SU PENSIERO, ESTENSIONE E PERCEZIONE SENSIBILE

il concetto di assimilazione (homoithnai: IV 4, 23.6 ss.) per indicare laffezione sensibile, che pu essere descritta come una presenza non concettuale
della qualit percepibile ai sensi. La qualit percepita dai sensi per un aspetto identica alla qualit che esiste nelloggetto corporeo, per un altro aspetto
diversa (cfr. IV 4, 23.19-32): si tratta, infatti, della stessa qualit, priva per di
massa o materia. Non , dunque, la qualit nel suo normale modo corporeo
di esistenza; daltra parte, neanche si pu dire che la qualit fenomenica sia
puramente intelligibile, giacch essa mantiene i caratteri spaziali di ci che
corporeo (noi percepiamo cose estese nello spazio). Questo stato di cose pu
essere caratterizzato affermando che la qualit accolta dallorgano di senso
la qualit delloggetto materiale in un modo di essere ibrido tra il corporeo e
lintelligibile, che ha in s caratteri comuni con ciascuno dei due termini. In
virt del loro stato intermedio, le qualit percepite possono stabilire un collegamento tra lanima (ci che giudica: to krinon) e le entit extra-mentali che
sono oggetti della percezione (ci che giudicato: to krinomenon), in modo
analogo a quello in cui un regolo stabilisce la connessione tra lesser diritto
nellanima e quello che si trova esemplificato nel legno (IV 4, 23.37-43).
Il giudizio percettivo dellanima riguarda non laffezione ricevuta dallorgano di senso, ma loggetto percepito stesso: anche se lanima immediatamente consapevole dellaffezione ricevuta dallorgano, il suo giudizio (che la
percezione stessa) riguarda loggetto qualificato. Laffezione (ossia la qualit
ricevuta dallorgano di senso) difatti identica, nel modo prima indicato, con
la qualit esterna. La percezione dunque qui concepita in modo realistico:
attraverso di essa abbiamo accesso diretto ai corpi, non a mere rappresentazioni di essi. In modo pi preciso, si pu dire che la percezione coglie la stessa
forma percepibile, che esiste nei corpi in modo esteso e spaziale, ristabilendola nella sua forma intelligibile, non estesa e non spaziale (cfr. Emilsson, 1988,
p. 139). Il contrasto tra caratteri oggettivi delle cose e caratteri percepiti nel
soggetto non si applica a questa dottrina (cfr. ivi, p. 120 e passim).
Tuttavia, ci sono ancora una volta alcune difficolt. Le percezioni, infatti,
sono parte dellattivit dellanima anche in un senso pi profondo rispetto a
quello appena notato. Plotino sembra suggerire (senza tuttavia soffermarsi
particolarmente su questo punto) che nella percezione lanima risveglia delle
forme a priori latenti in essa: vedendo loggetto sensibile essa si avvicina a
ci che ha gi in s (cfr. III 6, 2.35-36; Emilsson, 1988, p. 133, 137). Una simile
affermazione (comunque piuttosto oscura) potrebbe indicare che latto della visione sia lattivazione di qualcosa gi presente nellanima (che, dunque,
non minimamente alterata). Molti dubbi rimangono: in effetti, non affatto
semplice capire quali siano queste forme e, dunque, fino a che punto la percezione comporti il risveglio di forme che lanima ha gi in s (cfr. Chiaradonna,

93

RICCARDO CHIARADONNA

2012). Per la presente discussione, sufficiente soffermarsi su un punto. Come


si prima osservato, Plotino ritiene che le qualit percepibili siano il prodotto
dellazione causale sulla materia di principi intelligibili (i logoi) nei quali le
qualit corporee si trovano nella loro forma essenziale e non estesa. Daltra
parte, anche lanima, quando percepisce, sembra riattivare delle forme intelligibili gi presenti in essa allo stato latente. Queste tesi sembrerebbero
integrarsi a vicenda suggerendo una concezione di questo tipo (ampiamente
sviluppata in Magrin, 2010): attraverso la percezione sono attivati nellanima
dei principi formali a priori identici a quelli che producono le qualit corporee: in tal modo, dunque, noi entriamo effettivamente in contatto con la
realt, che per non coincide con la struttura concreta e qualitativa percepita
attraverso gli organi di senso. Le qualit percepite sono semplici affezioni soggettive: nulla garantisce che gli oggetti esterni siano conformi al modo in cui
li percepiamo qui ed ora (ad esempio che il bianco che percepisco adesso sia
un carattere oggettivamente presente nei corpi). Tuttavia, operando su queste
affezioni soggettive lanima risveglia forme a priori che garantiscono effettivamente un accesso alla realt nella sua struttura essenziale (cfr. ivi, p. 292).
Secondo questa lettura, saremmo di nuovo riportati a una posizione quasi
cartesiana (la mente conosce propriamente le sue rappresentazioni soggettive
interne, non oggetti esterni). Tuttavia le basi testuali per attribuire a Plotino
una simile concezione sono molto deboli: Plotino infatti non afferma mai che
le qualit percepite sono rappresentazioni meramente soggettive e non appartengono realmente alloggetto esterno17.
In conclusione, anche nella teoria della percezione Plotino sembra aderire
a posizioni diverse: testi come I 1, 7 e V 5, 1-2 suggeriscono che la percezione
sia rivolta a immagini o impronte, mentre altri passi (in particolare IV 4, 23)
suggeriscono una posizione realistica secondo cui oggetto della percezione
sono i corpi e le qualit realmente presenti in essi. In ogni caso, Plotino non
afferma mai che le qualit percepite siano semplici immagini soggettive e non
appartengono realmente agli oggetti: nelle Enneadi le qualit sono considerate come caratteri reali (non dipendono dal loro essere percepite qui e ora),
anche se il tipo di realt proprio a esse di grado inferiore rispetto a quello
dei principi formali da cui dipendono e che le producono (cfr. VI 3, 15).
Se ci che stato osservato corretto, lunico passo veramente problematico costituito da I 1, 7, dove si afferma che la capacit di percepire dellanima
apprende non gli oggetti sensibili, ma le impronte di essi prodotte nel corpo
17. Nella ricostruzione di Magrin (2010), questa tesi viene attribuita a Plotino sulla base
principalmente di III 6, 12.22-27. Tuttavia, la sua lettura di queste linee non mi sembra accettabile (per le ragioni considerate da Magrin, 2010, p. 263, n. 42; cfr. Chiaradonna, 2012).

94

5. PLOTINO SU PENSIERO, ESTENSIONE E PERCEZIONE SENSIBILE

vivente, impronte che sono gi intelligibili. Che queste linee suscitino dei
problemi indubbio, ma non costituiscono da sole una base sufficiente per
attribuire a Plotino una concezione rappresentazionalistica della percezione.
Plotino propone qui la sua consueta partizione tra la componente corporea
e la componente psichica della percezione: la prima unaffezione, la seconda no (cfr. IV 4, 23.20). Certamente, in questo caso egli sembra andare oltre,
poich esclude che la parte psichica della percezione apprenda gli oggetti
sensibili: essa invece rivolta a impronte interne al vivente e gi intelligibili.
Tuttavia, esattamente come nel caso di V 5, 1-2 possibile pensare che il modo
particolare in cui spiegata la percezione dipenda dal peculiare contesto del
passo, destinato a dimostrare come lanima (una natura intelligibile) sia alla
base dei processi che si producono nel vivente (nel corpo animato). Secondo
Plotino noi, ossia la nostra anima, non siamo separati dal vivente, il quale non
va concepito come se fosse un corpo a s stante a cui si aggiunge lanima: la
natura del vivente, infatti, tale proprio in virt della presenza dellanima,
come un corpo illuminato da una luce che scaturisce dallanima (I 1, 7.4-5).
Di conseguenza, i processi che hanno luogo nel vivente sono s corporei ma,
in qualche modo, gi riconducibili allanima (cfr. I 1, 7.5-6). In un simile contesto, abbastanza prevedibile che le impronte prodotte nel vivente in base
alla sensazione siano dette gi intelligibili, ed altrettanto prevedibile che
la percezione e gli oggetti sensibili esterni siano separati pi di quanto non
accada altrove.
Inoltre, come osservato da Perler (2000, pp. 115, 119), una posizione veramente rappresentazionalistica implica non solo che vi siano degli intermediari
tra la mente e gli oggetti esterni, ma che questi intermediari, le specie nella
mente, siano oggetti interni tali da stabilire un velo tra la mente e la realt
esterna. Questo non sembra affatto il caso dei tupoi menzionati in I 1, 7. Come
si gi notato Plotino sottolinea che la percezione diretta verso gli oggetti
esterni stessi, non verso rappresentazioni mentali (ad esempio, cfr. V 3, 2.3-4).
Le impronte provenienti dagli oggetti sensibili nel vivente di cui si parla in I
1, 7 sembrano coincidere con le qualit percepite di IV 4, 23, le quali sono per
un aspetto identiche alle qualit che esistono nelloggetto corporeo, per un
altro aspetto diverse. La diversit riguarda il modo dessere delle qualit, che
nellanima esistono senza la materia, ma non il loro contenuto oggettivo, che
identico nellanima e nelloggetto percepito. Per quanto riguarda il suo contenuto, la qualit percepita non una rappresentazione interna e non stabilisce
un velo tra lanima e il mondo esterno: la stessa qualit (ad esempio il colore
rosso) che esemplificata dal corpo materiale percepito colta dallanima nel
suo modo dessere immateriale (gi intelligibile, per usare le parole di I 1,
7.12). Lessere rivolta a impronte gi intelligibili dunque compatibile con una

95

RICCARDO CHIARADONNA

concezione realistica della percezione, nella misura in cui il contenuto oggettivo delle impronte non altera quello che si trova negli oggetti fuori dellanima.
Niente suggerisce che una simile alterazione abbia luogo secondo Plotino:
nella percezione le qualit materiali sono (progressivamente) ristabilite nel
loro modo dessere intelligibile e colte dallanima; la modifica riguarda dunque il loro modo dessere, non ci che esse sono. Non tutto chiaro in questa
concezione, ma sembra plausibile sostenere che Plotino non aderisca a una
dottrina rappresentazionalistica della percezione neanche in I 1, 7.
5.4
Conclusione:
dualismo, monismo e causalit
Molti equivoci e difficolt scompaiono se si rinuncia a riformulare la dottrine
di Plotino usando termini come soggetto o mentale, che non appartengono alla sua filosofia e che non c in effetti alcun bisogno di introdurre
quando la si interpreta. Lo stesso vale, forse, per la dicotomia di realismo e
idealismo, che male si adatta ad esprimere il particolare carattere delle tesi
plotiniane, le quali possono apparire realistiche o idealistiche a seconda degli
aspetti che ne vengono sottolineati. Lantitesi tra anima e corpo non quella
tra mente e corpo, o tra soggetto e oggetto. Ovviamente ci sono passi nei quali quello che dice Plotino perfettamente compatibile con distinzioni
siffatte, ma questo non implica che esse siano alla base del suo ragionamento.
In effetti, lantitesi tra mente e corpo , per cos dire, il caso particolare di una
distinzione pi generale, ossia la distinzione tra la realt sensibile e i suoi principi o cause essenziali. Ci vale anche nel caso della percezione: Plotino non
oppone soggetto e oggetto, ma corpo e anima, e la sua tesi consiste nel
dimostrare che il soggetto a cui realmente appartengono i processi cognitivi
lanima, non il corpo n il composto di anima e corpo (cfr. King, 2009). In
questo non c nessuna prefigurazione di Descartes: Plotino prosegue molto
semplicemente la linea del pensiero greco inaugurata da Platone e Aristotele
secondo cui la filosofia , in ultima analisi, ricerca delle cause (per maggiori
dettagli cfr. Chiaradonna, 2009, pp. 33-48): nella sua concezione, lanima
lautentico soggetto della conoscenza e il principio che d conto dei processi
che hanno luogo nellorganismo vivente, inclusa la percezione.
C per un aspetto peculiare della dottrina plotiniana, che spiega, probabilmente, la sua apparente affinit con tesi moderne. Per ragioni che, a mio
avviso, non hanno niente a che vedere con lepistemologia cartesiana o con la
risoluzione delle aporie scettiche, ma sono invece collegate alle obiezioni sollevate da Aristotele contro la teoria platonica delle cause (e al tentativo di risol-

96

5. PLOTINO SU PENSIERO, ESTENSIONE E PERCEZIONE SENSIBILE

verle), Plotino ritiene che i principi e ci che deriva da essi siano entit di genere
diverso (cfr. DAncona, 1992; 2009). Lesempio pi famoso di questa concezione
sta nella dottrina plotiniana dellUno superiore allessere e al pensiero, che
principio di ogni cosa proprio perch non niente di ci che deriva da esso.
Daltra parte, lo stesso schema si ripresenta ai livelli inferiori della realt, fino
allantitesi tra il corpo e i suoi principi intelligibili (lanima, la natura, i logoi).
Ci spiega perch, in contesti diversi, Plotino pu sottolineare sia lirriducibile
diversit, sia il legame sussistente tra i corpi e i loro principi. Vi poi un altro
aspetto, strettamente collegato a questa, nella sua concezione della causalit.
Esso consiste nellaffermare che il grado pi basso (i corpi) non pu essere utilizzato come una via daccesso per conoscere il grado pi alto (gli intelligibili):
facendo cos, infatti, si trasferiscono indebitamente al grado superiore i caratteri
propri del grado inferiore di realt (cfr. in particolare VI 5, 2, su cui cfr. Chiaradonna, 2009, pp. 34-8). Daltra parte, una conoscenza adeguata dei principi in s
stessi permette di cogliere le realt che ne derivano come espressione depotenziata di cause superiori: il modo apparentemente contraddittorio in cui Plotino
si esprime circa la natura dei sensibili pu essere ricondotto a questa duplicit
di prospettive interne alla concezione della causalit.
Come si detto, niente lascia pensare che Plotino guardi le qualit percepibili come semplici apparenze soggettive: esse sono caratteri realmente
esistenti e prodotti dai principi formali intelligibili (cfr. VI 3, 15.24-38). Daltra
parte, Plotino insiste sulleterogeneit di questi principi rispetto alle qualit
corporee che ne dipendono, e in particolare sottolinea che i principi sono
privi di attributi fondamentali degli oggetti concreti ed estesi. Con questo egli
non nega realt agli attributi che determinano lesistenza concreta dei corpi
n intende ridurli ad apparenze soggettive. Tuttavia, le qualit sensibili sono
concepite come lespressione ultima e depotenziata di principi il cui modo
dessere incomparabile a quello delle realt generate da essi. Pi di ogni
altro filosofo antico, Plotino separa cos la struttura degli oggetti concreti dai
principi che sono a fondamento di essa. Questa tesi una delle pi controintuitive della sua metafisica, ma anche una delle pi interessanti. In rapporto
alla critica di Galeno agli atomisti, James Hankinson ha recentemente espresso uninteressante considerazione:
In una casa [...] ogni cosa che ha forma deve essere costituita da parti che a loro volta
hanno forma, anche se non necessariamente le stesse forme. Una simile asserzione si
accorda evidentemente con il senso comune. La sua plausibilit risiede nella difficolt
concettuale di supporre che le parti di qualcosa che ha una forma possano essere in
s senza forma: la forma dellintero, infatti, appare ovviamente essere una funzione
dellaggregato della forma delle sue parti (pi altre condizioni supplementari). Ma la

97

RICCARDO CHIARADONNA

domanda cruciale : quanto a fondo pu andare lanalisi? I Quark non hanno forma;
e il senso comune si dimostrato una guida notoriamente cattiva per conseguire
la verit fisica a livello microscopico [...]. Tuttavia, questo non era ovvio allepoca di
Galeno, come mostra il modo in cui gli atomisti scelsero le loro qualit fondamentali: grandezza, forma, resistenza, solidit, movimento e (forse) peso tutte propriet
ordinarie di oggetti di grandezza media. Lidea che esista un mondo fondamentale
di oggetti con propriet radicalmente distinte da ogni propriet manifesta a livello
percettivo avrebbe colpito tutti gli antichi [...] come assurda (Hankinson, 2009, pp.
237-8).

, ovviamente, necessaria la massima prudenza nel proporre simili paralleli,


ma non forse del tutto scorretto paragonare la generale concezione metafisica di Plotino con le tesi che Hankinson attribuisce al pensiero contemporaneo sulla natura e giudica estranee alla filosofia antica: un mondo di oggetti
concreti provvisti di forma ed estensione, alla base del quale vi sono entit
radicalmente diverse. Esse sono prive dei caratteri fondamentali propri del
mondo concreto dellesperienza e, dunque, non possono essere concettualizzate prendendo come unit di misura quei caratteri.
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