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OMAR KHAYYAM

Omar Khayyam nasce a Nishapur, un importante centro della Persia (oggi Iran) nel 1048, in un
periodo di grandi torbidi e di grande incertezza sociale. Come tutti gli intellettuali arabi del
Medioevo, Khayyam fu una figura poliedrica e versatile: si interess di filosofia, ma soprattutto di
algebra e di astronomia ( autore del Trattato sulla dimostrazione dei problemi di algebra, uno dei
testi pi importanti dellepoca in materia). A lui si devono, in particolare, interessante
approfondimenti su postulati di Euclide, ma anche intuizioni sulle geometrie non euclidee (un tema
molto caro alla scienza e alla filosofia
novecentesca), oltre allallestimento di
una serie di tavole astronomiche per la
riforma del calendario ufficiale, che
rimane in vigore in Iran dal 1074 fino al
XX secolo.
Come tutti gli intellettuali del suo tempo,
vive alla corte di importanti shah, che lo
proteggono e gli consentano di potersi
dedicare liberamente agli studi: fra questi
il pi importante per la vita del poeta lo shah Jalal al-Din Malikshah il Selgiucide (morto nel
1092), grazie al quale Omar fonda un osservatorio astronomico a Isfahan. La sua opera di poeta
Omar la coltiva in maniera sporadica e occasionale, in ogni caso mai a livello professionistico:
nellarco della sua vita venne cos raccogliendo una serie di brevi componimenti di quattro versi
ciascuno, le celebri Quartine, in arabo Rubaiyat, in cui condensa tutto il suo pensiero e le sue
riflessioni sui temi pi disparati. Avvolto dallaura di sapiente (un sufi), e circondato da un gran
numero di seguaci, il poeta si spegne nella citt natale di Nishapur nel 1131, alla veneranda et di
83 anni, cosa non comune visti i tempi. Sulla sua morte un aneddotto racconta che una sera stava
meditando su un libro: improvvisamente lo chiuse, poi chiese carta e calamaio per scrivere
testamento; quindi si addorment ai piedi di un muricciolo dove sorgevano degli alberi fioriti, e dal
sonno scivol dolcemente al sonno della morte. Per la sua tomba venne costruito un mausoleo
circondato da uno splendido giardino, capolavoro dellarchitettura persiana, e ancor oggi mta di
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pellegrinaggi. Pare infatti che avesse affermato una volta: Il luogo del mio riposo sar dove gli
alberi si vestono di fiori, non una volta, ma due volte lanno.
La questione pi dibattuta dalla critica certamente quale sia il numero esatto delle Quartine a lui
attribuibili: la tradizione non solo non affatto concorde, ma varia da manoscritto a manoscritto: si
passa da poche decine di quartine, secondo alcuni codici, a oltre il migliaio di altri. Probabilmente a
Omar accaduto quel che successo pi volte nella storia della letteratura: ossia che a un certo
punto vengono attribuiti testi di uno stesso genere allautore pi noto e pi celebrato, col risultato di
creare un corpus di testi attribuiti in cui francamente arduo districarsi.
Comunque sia la tradizione riconosce a Omar un gruppo di testi decisamente omogenei per forma e
per contenuto, che ruotano tutti intorno a una serie di temi ben precisi. Innanzitutto il tema centrale
della sua poesia la celebrazione della vita in ogni suo aspetto: sotto questo punto di vista, il
paragone con la tradizione classica, in particolare con il carpe diem di Orazio, evidente. La vita,
secondo Omar, una sola: non va quindi sprecata, e va vissuta fino in fondo, attimo dopo attimo;
ci che conta dunque il presente, mentre vanno parimenti rifiutati sia latteggiamento di rimpianto
verso il passato (ci che sarebbe potuto essere e non stato), sia la vana attesa del domani. La
speranza in un domani, in modo particolare, del tutto illusoria: meglio vivere loggi, con tutti i
suoi limiti, piuttosto che confidare in un qualcosa che potrebbe benissimo non accadere mai. Per
vivere pienamente la vita bisogna saper godere dei piaceri che essa offre: in particolare nella poesia
di Omar centrale il binomio vino-musica, talvolta allargato allamore. Il vino simbolo della
gioia, dellabbandonarsi allebbrezza del momento, senza curarsi minimamente del domani; con la
musica e lamore, questi tre elementi sono compattati nella situazione tipica del banchetto, il
momento del convivio in cui, assieme a un ristretto numero di intimi amici, si gode del piacere della
vita nellamicizia e nella solidariet sociale.
Il contrario della vita la morte, che assume agli occhi del poeta pi che un aspetto macabro-
quello di un solenne monito a godere la vita, destinata inevitabilmente alloblio. Senecamente si
potrebbe affermare che caram, te, vita, benificio mortis habeo (ti ho cara, o vita, grazie al
beneficio della morte), che appunto invito a vivere pienamente le gioie della vita prima di
sprofondare nel buio.
Questo quadro ha fatto s che la poesia di Omar sia stata accostata da pi parti (per esempio dal suo
maggiore traduttore, linglese Fitzgerald) allepicureismo classico, di cui la gi citata poesia di
Orazio il modello pi conosciuto. Ci per non toglie che nella poesia di Omar siano presenti
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unaltra serie di temi, di impostazione filosofico-religiosa, decisamente estranei al modello
oraziano.
Il pi importante di questi temi si esplica nella visione delluomo, in relazione a Dio e al posto da
lui occupato nelleconomia delluniverso. La visione di Omar decisamente pessimista:
limpostazione filosofica di fondo un rigido determinismo, per cui luomo non affatto libero, n
pertanto pu liberamente scegliere o volere; egli si illude di esserlo, come il sasso che rotola lungo i
fianchi di una collina, che pensa di cadere per un atto libero della sua volont, mentre invece pi
banalmente costretto a muoversi spinto da un cieco impulso. Gli uomini pertanto non sono attori,
protagonisti del dramma della vita, ma semplici marionette nelle mani di un Dio che ha scritto il
copione, dirige lo spettacolo e assiste divertito alla scena. O come pezzi di scacchi, assolutamente
impotenti, con cui Dio si diverte finch, quasi annoiato dal gioco, decide di riporli nel cassetto a
giacere (unimmagine della fossa). Da un punto di vista morale ovvio che una tale dottrina renda
luomo non responsabile delle sue azioni, n della scelta fra bene e male compiuta durante la vita:
Dio che sa tutto fin dal principio, Lui che, in ultima analisi, decide tutto. Da ci il grido di protesta
elevato dal poeta nei confronti della divinit: se Dio il responsabile di tutto, perch la necessit di
un giorno del giudizio? Perch la differenziazione fra un Inferno e un Paradiso?
In relazione invece al ruolo delluomo nel cosmo, evidente da queste premesse che esso ridotto a
puro nulla: tutto nelle mani di Dio, luomo un essere del tutto impotente, vittima pi che
carnefice. La sua posizione nelleconomia delluniverso come quella di un piccolo ciottolo
abbandonato sul fondo delloceano: come se non esistesse.
Come appare evidente da queste battute la posizione religiosa di Omar decisamente di
contestazione del credo trasmesso dalla tradizione: non per nulla in vita il poeta ebbe fra i suoi pi
forti oppositoridal punto di vista della religione- i pi intransigenti seguaci della corrente sunnita
dellIslam, ossia i pi attaccati alla tradizione. Sarebbe sbagliato per ritenere Omar magari con gli
occhi di noi contemporanei- una sorta di rivoluzionario o addirittura di ateo: come dimostrano
inequivocabilmente moltissime Quartine, la fede di Omar indubbia, n realisticamente ci si pu
attendere una professione di ateismo a quellaltezza cronologica, cosa che in effetti neppure sfiorava
la mente del poeta. La visione di Omar dunque quella di chi crede in Dio, ma tuttavia non riesce a
farsi una ragione e qui traspare lintellettuale che in lui- delle contraddizioni insanabili dellagire
di Dio, e urla pertanto la sua protesta, che non scade comunque mai nella bestemmia, s piuttosto in
una drammatica richiesta di aiuto: il grido di chi nel buio e domanda la luce. Prova ne che Omar
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anche lautore di un trattato, Il Discorso splendido, in cui sostiene tesi ortodosse sulla religione,
concordando in particolare con Avicenna (della cui filosofia egli era un grande divulgatore) sul
concetto di Unit divina.
Ma ecco che, qua e l, affiora anche nella poesia di Omar il barlume di una speranza,
paradossalmente alimentato dalla sua filosofia disperata: proprio perch luomo non conta nulla,
proprio perch tutto nelle mani di Dio e sua la responsabilit pi grande, ecco che Omar si
dichiara convinto che Dio non potr non elargire alluomo il suo perdono; Dio, in un certo senso,
deve perdonarlo. Da qui labbandono fiducioso alla volont superiore di Dio: luomo potr peccare
col vino, la musica, le donne- ma Iddio sommamente condiscendente perch sa luomo di che
fatto, e sapr perci riscattarlo nellultimo giorno.


Mausoleo di Omar Khayyam a Nishapur
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ANTOLOGIA
1


1.
I Sapienti, che le ultime ragioni
conoscono del mondo
2
e fanno tanta guerra
3
,
un giorno avranno sonno
4
, e taceranno, proni
5
,
con pochi
6
vermi in bocca e poca terra.

2.
Poich dovrai morire, che importa dove?
7

Poich il giorno se ne va, che importa come?
8

La vita, a goccia a goccia, piove, piove
9
...
L'albero perde, perde le sue chiome
10
.

3.

1
La presente antologia tratta dalle edizioni delle Quartine di Omar Khayyam per cura di Massimo da Zevio, Brescia,
Libreria Editrice Braidense 1907 (disponibile sul web allindirizzo:
http://www.superzeko.net/progetto_omarkhayyam/OmarKhayyamTradottoDaMassimoSpiritiniAliasDaZevio.html)
[quartine qui numerate dalla n 1 alla n 32]; e dalledizione curata da Mario Chini, Lanciano, Carabba 1919
(disponibile sul web: http://www.superzeko.net/progetto_omarkhayyam/khayyamrubaiyat/KhayyamRubaiyatChini.pdf)
[quartine nn 33-75]. In entrambi i casi, le traduzioni sono state da me riviste e riadattate alluso moderno, sacrificando,
ove necessario, la misura metrica del verso, non la rima.
2
Coloro che si credono sapienti (luso della maiuscola sottolinea il loro sentirsi superiori alla massa indistinta degli
uomini) e che pensano ma pensano solo- di conoscere le ultime ragioni del mondo, il senso ultimo e profondo
delluniverso.
3
Che hanno tutto il potere concentrato nelle loro mani, e possono decidere della pace e della guerra.
4
Il sonno della morte che, prima o poi, afferrer tutti gli uomini, ricchi e poveri, umili e potenti.
5
Laggettivo proni una sorta di contrappasso in morte dellatteggiamento superbo a testa alta- che hanno assunto
questi presunti sapienti durante la loro vita: un giorno il giorno della morte- anche loro dovranno abbassare il capo,
come tutti gli uomini, proni allinterno della fossa.
6
Pochi si contrappone al molto di cui hanno goduto in vita: nella fossa non potranno cibarsi che di vermi e terra.
7
Dove, cio il luogo dove si finir dopo la morte.
8
In qualunque modo si viva, la vita fugge irrimediabilmente verso la morte.
9
Come lacqua che scorre e la pioggia che cade, cos passa la vita.
10
Lalbero che perde le sue foglie al vento dellautunno la vita che perde i suoi giorni al trascorrere del tempo.
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Tutto tu vedi e ci che vedi nulla;
11

ti parlan tutti e ci che ascolti nulla;
12

percorri il mondo e ci che impari nulla;
13

ti apparti, pensi... ed anche questo nulla!
14


4.
Chi siamo noi, vuoi sapere? Marionette!
15

Bei burattini con cui Dio si spassa
16
.
E gioca e scherza, e poi via via ci mette
17
,
poveri e ricchi, dentro la stessa cassa
18
.


Marionette (dipinto di area indiana)
5.

11
Affermazione di profondo nichilismo da parte del poeta: tutto ci che lo sguardo delluomo pu abbracciare non che
puro nulla.
12
Gli altri che parlano e lio che non riesce a sentire nulla simbolo dellincomunicabilit e dellinutilit di ogni
relazione di tipo sociale: luomo solo, luomo unisola.
13
Anche il viaggiare, il fare esperienze conoscere uomini e paesi- non comporta nessun salto di qualit dal punto di
vista esistenziale: tutto lo stesso, nella propria casa o in paesi lontani.
14
Non solo la materia, lintera realt, nulla; ma anche il pensiero stesso anima o spirito che sia- anchesso nulla.
Insomma dal nulla non c parte delluniverso che non sia toccata.
15
Burattini, cio, in mano di Dio: luomo non dunque affatto libero, ma dei fili invisibili lo muovono e lo dirigono
nelle sue azioni. Lidea del poeta rigidamente deterministica: un Fato superiore controlla gli uomini, che essi lo
sappiano o meno.
16
Il verbo allude a un Dio che non partecipa alla sofferenza delle sue creature, ma le osserva dallalto, come di fronte a
uno spettacolo che lo diverte e riempie il suo tempo come un allegro diversivo.
17
Lo spettacolo, alla lunga, stanca: e Dio stesso, annoiato, ripone alla fine le sue divertenti marionette.
18
Il cassetto dove Dio ripone i suoi giocattoli la cassa della morte: la vita uno spettacolo agli occhi di Dio, fatto da
buffoni e marionette; la fine dello spettacolo, il sipario che cala, larrivo della morte.
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Dalla taverna, all'alba
19
, esce un richiamo
per il viandante: Avanti, avanti, avanti
20
!...
La clessidra si svuota
21
, accorri o gramo
22
!
Riempi il bicchiere di vino
23
, l'aria di canti
24
.

6.
lo vidi un gufo sul bastione di Thus,
davanti al teschio di Key Kavs
25
.
Kavs, chiedeva il gufo al teschio nudo,
Kavs, dov' il tuo scettro, dov' il tuo scudo?
26
.

7.
Fugge il tempo e gi l'attimo in cui scrivo
non pi! Bevi e sciala allegramente
27
...
La fortuna?... un bel sogno fuggitivo
28
!
La giovinezza?... l'acqua di un torrente
29
!

8.
Finch d'ossa e di carne sei vestito,
contro il destino non muovere un sol dito
30
;

19
Dopo la notte, lalba che sorge simbolo di invito alla vita.
20
Linvito a entrare nella taverna invito a godere della gioia del vino, e quindi della vita.
21
Il tempo, inesorabilmente, passa, e la vita cade nella morte.
22
Il gramo, il misero, luomo infelice condannato a una vita di cui gli sfugge il senso.
23
Prima che arrivi la morte, linvito di godere la vita al presente, nella fattispecie cedendo al piacere del vino (simbolo
di gioia).
24
Anche la musica, come il vino, simbolo di gioia di vivere: nel bere e nel cantare consiste dunque il godere
pienamente della vita.
25
Mitico re persiano, uomo ricco e potente.
26
Il gufo che si fa beffe del teschio di un re forte e potente solenne ammonimento del passare inesorabile del tempo
che fa polvere di tutto ci che agli uomini sembra eterno.
27
Al passare del tempo non c rimedio: bere e stare allegri lunico modo di godere la vita senza pensare al domani.
28
La fortuna un sogno, un qualcosa che non dipende da noi, e che ci sfugge continuamente.
29
Lacqua di un torrente che scorre simbolo dellestrema fugacit della giovinezza, che scorre, appunto, come acqua
fra le dita.
30
Solita affermazione del determinismo filosofico del poeta: contro il destino luomo non pu fare assolutamente nulla.
8

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non cedere al nemico d'un sol pi
31
,
non venderti all'amico, fosse un re!

9.
Se in un cimitero interroghi una rosa:
Dal seno dice io nacqui di una sposa
32
.
E se un giacinto interroghi ti dice:
Sul seno d'una fanciulla ho la radice.

10.
Se la coppa
33
rispondere potesse
ti direbbe: Anch'io vissi i tuoi minuti:
e le mie fredde labbra, calde anch'esse,
quanti baci han gi dati! E quanti avuti!
34
.

11.
Ah beviamo, ch il tempo vola e ancora spesso
torneranno le stelle al punto stesso
35
,
e le ceneri nostre saranno muri
abitati da nuovi morituri
36
.


31
Nonostante tutto sia gi scritto, linvito del poeta di non cedere un palmo, non rassegnarsi: il poeta qui sembra
vicino alla morale stoica riassunta dalla celebre immagine del cane legato al carro, da cui le parole di Seneca: Ducunt
volentem fata, nolentem trahunt (il destino guida chi lo accetta, trascina chi riluttante).
32
Il poeta concepisce il rapporto uomo-Natura allinsegna di uno stesso ordine cosmico del quale entrambi fanno parte:
luomo nasce dalla terra e, quando muore, alla terra ritorna, abbandonando il corpo allerba, ai fiori, alle radici. Da qui
la concezione, di una certa frequenza nella poesia di Khayyam, del rispetto nei confronti degli elementi naturali che
accolgono i corpi delluomo, e che, in un certo senso, sono stati un tempo i corpi stessi.
33
Ovviamente la coppa del vino, simbolo di gioia di vivere.
34
La coppa conserva le tracce del passaggio di tanti uomini, ora morti, che hanno goduto dellebbrezza del vino e delle
sue gioie.
35
La storia del mondo ciclica ed eterna: le stelle ruotano nella volta celeste ma tornano poi alla stessa posizione;
mentre la parabola delluomo breve e destinata alloblio della morte.
36
Le generazioni degli uomini che si succedono lun laltra fanno s che le ceneri dei morti diventino, nel camposanto,
dei muri che accoglieranno a loo volta le ceneri di coloro che morranno (il sostantivo morituri ha in s, giusta
letimologia latina del participio futuro, lidea dellinevitabilit di un destino gi scritto).
9

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12.
Una torre famosa fu un giorno quella
e col cielo in splendore rivaleggi
37
:
tra i merli cadenti ora invece salterella
una tortora, e grida: Coo! Coo! Coo!...
38
.

13.
Chiedi un parere?... Io preferibile trovo
un bicchiere di vino vecchio a un regno nuovo
39
.
Un consiglio vuoi tu?... Scansa ogni via
che non ti meni dritto all'osteria!

14.
Non servire al dolore, sordo all'accento
della memoria: crcati una fata
40

che abbia in dote la bocca inzuccherata
41
,
e godi, e non gettar la vita al vento
42
!

15.
O vin chiaretto, amico del sollazzo,
io ti voglio bere, finch ubriaco e pazzo,

37
La torre che si staglia superba verso il cielo simbolo classico (a partire dal celebre episodio della Torre di Babele:
Genesi 11, 1-9) dellardimento e della bris degli uomini contro Dio (e, in genere, contro un destino pi forte).
38
Il grido della tortora sui merli cadenti della torre superba suona come una beffa nei confronti delle assurde pretese
delluomo di aspirare alleternit.
39
Meglio, cio, la gioia momentanea nel presente di un buon bicchiere di vino, piuttosto che folli aspirazioni del futuro.
40
Una donna, o, in genere, qualsiasi gioia che ci faccia rifuggire dal pensiero del dolore delluomo. La fata,
nellimmaginario popolare soprattutto europeo, propriamente una fanciulla o una giovane donna, bellissima e dalla
voce melliflua (da cui limmagine della bocca inzuccherata al v. 3).
41
Lo zucchero sulla bocca simbolo di dolcezza e di gioia, ed immagine antitetica al fiele del dolore.
42
Linvito urlato dal poeta godere ogni attimo della vita senza sprecarne nemmeno uno: il carpe diem oraziano.
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io ti somigli tanto, che il vicino
mi dica: Da dove vieni, Messer Vino?
43


16.
Al mondo io venni ed il perch
44
non so.
Da dove? Sa l'acqua quale origine abbia?
Per andar dove? Il vento nella sabbia
pur deve soffiare, ch'egli voglia o no
45
.

17.
Non fanno i dogmi che obbligarti a Dio
46
.
Non negare un boccone all'indigente,
non dire n fare il male, bevi sovente
47
,
e chiedi il paradiso a nome mio
48
.

18.
Quando l'Eterno m'impast a sua guisa
49
,
la mia sorte l'aveva gi decisa
50
;

43
Il desiderio di stordirsi completamente nellebbrezza del vino per dimenticare i dolori dellesistenza risolto dal
poeta in unimmagine paradossale che arriva a postulare una sorta di metamorfosi delluomo nel vino, unidenticazione
totale.
44
Il fine, lobiettivo finale della vita, la mta da raggiungere. Da un punto di vista filosofico qui il poeta mette in dubbio
il finalismo dellesistenza.
45
Limmagine finale del vento comunque costretto a soffiare affermazione del rigido determinismo dellautore: la
libert delluomo solo apparente; in realt la sua vita gi scritti, i suoi fili sono mossi da mani altrui.
46
I dogmi, con le loro verit date una volta per tutte e non discutibili, imprigionano luomo, e Dio stesso.
47
In questi pochi precetti si risolve, secondo il poeta, la morale minima da tenere in vita, contro tutti i dogmi: non
negare un boccone a chi ha fame, non fare il male, n con atti n con parole, e bere spesso, nel senso di godere
pienamente le gioie della vita.
48
Il poeta, incapace evidentemente di pregare, chiede ad altri che preghino per lui.
49
Cio a suo piacere, secondo la sua imperscrutabile volont.
50
Ancora unaffermazione da parte del poeta di rigido determinismo: la sorte delluomo decisa da Dio fin dalla
creazione; alluomo non dato di decidere o di scegliere nulla, la sua libert (il libero arbitrio) solo apparenza.
11

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il bene o il male lo feci a suo servizio
51
:
perch dunque ora il giorno di un giudizio
52
?

19.
Essere, non essere, salvezza, destino,
cielo, inferno e misteri... Oh parolai
53
!
Con tutto il mio studiare io non trovai
che una cosa quaggi profonda: il vino
54
.

20.
Piet di un cuore che il suo dolore espia,
piet, Signore, di un cuore prigionier;
perdona i piedi che vanno all'osteria,
e perdona la mano che alza il bicchier
55
!

21.
Una lanterna magica il creato
56
,
e nel bel mezzo il sole fa da lumino:
noi vi passiamo
57
- e Dio ride da un lato
58
-
nani
59
ubriachi di orgoglio
60
o di vino.

51
Se luomo non libero non pu nemmeno scegliere fra il bene e il male, che risultano dunque scelte precostituite,
imputabili, in definitiva, alla volont di Dio stesso.
52
Il giorno del giudizio in funzione di premiare chi in vita ha scelto il bene e punire chi ha commesso il male: ma se
entrambe le scelte non dipendono dalluomo viene anche meno il senso di un giudizio.
53
Affermazioni antimetafisiche da parte del poeta: interrogarsi sul senso ultimo delluniverso, sui grandi misteri che
avvolgono luomo, perfettamente inutile, e il tutto si risolve in un contrasto dialetto (parolai) che non ha comunque
nessuno sbocco di verit.
54
Il senso ultimo delle cose sfugge alluomo: meglio perci godere della vita terrena senza tormentarsi vanamente.
55
Colui che si reca in osteria e si stordisce col vino non fa per desiderio di crapula o per vizio, ma per espiare il dolore
dellesistenza, per annegare nelloblio dellebbrezza il male di vivere. Da qui la richiesta a Dio di perdono, che poi un
grido disperato di chi vorrebbe comprendere il senso della vita (e dellagire di Dio stesso) e non ci riesce.
56
Il mondo, e la vita stessa delluomo, sono come una rappresentazione teatrale (altrove il poeta parla di uno spettacolo
di marionette).
57
Il tempo rapido di una vita, come il passaggio di un attore o di una marionetta sul palco.
12

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22.
A tradimento
61
Lui ci soffi
62
la vita,
e poi ci mise senza mta
63
in viaggio
64
:
oh a noi, a noi la coppa proibita
65
,
e anneghiamo la memoria
66
nell'oltraggio!

23.
Se io mi ribello, dov' l'onnipotenza
67
?
Se io pecco o svio, dov' la prescienza
68
?
E se il cielo si deve all'obbedienza
dov' o che vale, o Signore, la tua clemenza
69
?

24.
Chi non pecc
70
? La vita, o Dio, che vale
senza peccato
71
? E se, vindice
72
, poi

58
Lo spettacolo della vita una buffonata: gli uomini stessi sono buffoni e marionette che suscitano il riso di Dio.
Lespressione da un lato allude, probabilmente, a un disinteresse di Dio nei confronti degli uomini, risolto in una non
partecipazione alle loro miserie, e in un limitarsi ad assistere, beffardo, al ridicolo spettacolino degli esseri umani.
59
La piccolezza delluomo di fronte a Dio e, in generale, alluniverso: luomo cio, nelleconomia del creato, un nano,
non conta assolutamente nulla.
60
Ubriachi cio di superbia: siamo nani ma pretendiamo o ci crediamo- di essere giganti.
61
La creazione delluomo da parte di Dio bollata come tradimento perch avvenuta unilateralmente, senza previa un
consenso da parte delluomo.
62
Il verbo allude alla tipica concezione religiosa del donare la vita tramite il soffiare lo spirito da parte di Dio.
63
Senza cio uno scopo. Ancora la polemica filosofica contro ogni finalismo.
64
La concezione della vita come un viaggio un tpos letterario comunissimo e diffusissimo.
65
La colpa del vino, proibita nella religione islamica (che vieta il consumo di bevande inebrianti).
66
La memoria del male di vivere, e, in genere, dellesistenza in s e per s.
67
La possibilit puramente teorica di un atto di ribellione da parte delluomo cozza con il concetto divino di
onnipotenza.
68
La possibilit del peccato contrasta invece con la prescienza divina: o Dio gi sa, e quindi luomo non responsabile
del suo peccato; oppure luomo libero ma allora Dio non sa, nel qual caso viene meno la sua prescienza.
69
Se guadagnarsi il paradiso lo si ottiene con la semplice obbedienza a Dio, allora la clemenza e la misericordia di un
Dio che persona non sono necessarie. Tutto il componimento strutturato sui dilemmi religiosi del poeta: ma pi che
una professione di ateismo, qui si avverte la voce di chi e si sente nel buio, ma domanda un barlume di luce.
70
Luomo, per definizione, peccatore. Il peccato di per s una condizione ontologicamente radicata allessere uomo:
vivere lontani o immuni completamente non pertanto possibile.
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tu punisci il mio male col tuo male,
che differenza esiste fra di noi
73
?

25.
D'acqua e di terra mi formasti tu,
e, se io mi vesto, i panni sono tuoi
74
.
Il bene e il male che io faccio, tu li vuoi
75
...
Che colpa mai la mia, Signore, quaggi
76
?

26.
Il grano gettato al vento come pioggia
e poi sepolto, riempie d'oro le moggia
77
.
Ah godi! In vita non di oro tu
78
,
e un giorno, sottoterra, chi ti cerca pi?

27.
Perch mai tanta ansia di sapere

71
Qui il poeta rivendica il diritto allabbandono ai piaceri del corpo e, in genere, della vita. Una vita senza piacere non
concepibile agli occhi di Omar.
72
Laggettivo richiama la figura del Dio vendicatore, che non solo punisce il peccatore, ma che pu arrivare a punire i
discendenti fino alla settima generazione (cos, ad esempio, in molti passi dellAntico Testamento).
73
Dio non pu punire il male delluomo con altro male, pena lannullamento delle differenze fra essere umano e
divinit.
74
Tutto appartiene a Dio, anche i vestiti che coprono il corpo: cfr. Giobbe, 1, 21: Nudo uscii dal seno di mia madre, e
nudo vi ritorner. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto: sia benedetto il nome del Signore!.
75
Ancora unaffermazione di determinismo: luomo non libero, tutto dipende da Dio e dalla sua volont, quindi anche
il peccato delluomo.
76
Logica conseguenza morale del determinismo filosofico la perdita di responsabilit da parte delluomo, che diventa
cos una vittima, incolpevole del suo stesso peccato.
77
La superficie dei terreni che si ricopre, con larrivo dellestate, delloro delle spighe di grano.
78
Il seme gettato e sepolto sulla terra produce, risorgendo, loro del grano: non cos luomo che, sepolto sottoterra,
sprofonda nelloblio della morte. Per limmagine del grano, si vedano anche i numerosi riferimenti evangelici (per es.
Giovanni 12, 24; o anche 1 Corinzi 15, 36).
14

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l'avvenire, d' indagarne il senso profondo?
Sta' allegro e bevi!
79
Per formare il mondo
nessuno ha domandato il tuo parere.

28.
Stolto, o Saki
80
, chi spera di risolvere
gli alti problemi e tenta l'argomento.
Accorda l'arpa, o Saki: noi siam polvere;
porgi, o Saki, la coppa: noi siam vento
81
!

29.
Per questo mondo, qualcuno, matto, si affanna
82
,
un altro sconta l'attesa del futuro
83
;
ma tu vivi il tuo giorno
84
, ama
85
e tracanna:
piace da lungi il rullo del tamburo.

30.
Bere vino davanti a un caro viso
86

val molto pi che battersi lo sterno
87
.

79
Non solo alluomo non dato sapere i segreti ultimi del mondo, ma non nemmeno lecito domandarne ragione: cfr
Orazio, Carm. I 11, 1-2: Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi / finem di dederint, Leuconoe (Tu non
chiedere, o Leuconoe, non lecito sapere / quale destino gli di abbiamo dato a me e a te).
80
il mescitore di vino che accompagnava Omar.
81
Al solito in Omar linvito al vino e alla musica invito a godere pienamente della vita, mettendo da parte ogni
preoccupazione e ogni indagine senza risposta. Per limmagine finale, cfr. Orazio, Carm. IV 7, 16: Pulvis et umbra
sumus (Siamo polvere ed ombra).
82
Colui, cio, che cerca vanamente di indagarne i segreti profondi o di trovare comunque una risposta ai propri
interrogativi esistenziali.
83
Colui, cio, che vive male il presente, in una situazione di dolore o di sofferenza, e si aspetta un riscatto dal futuro.
84
il carpe diem oraziano: vivere loggi, il presente, prima che il tempo scivoli via irrimediabilmente.
85
Al solito invito al vino, qui Omar aggiunge linvito allamore.
86
A quello di un amico o della donna amata.
87
Il battersi lo sterno unimmagine tipica dellatteggiamento penitente di chi prega (per es. Luca 18, 13). Qui Omar
vuol dire che gioire della vita fossanche nei suoi eccessi- molto pi bello che pentirsi dei propri peccati e vivere
castigati.
15

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Oh se chi beve od ama va all'inferno,
non vi sar una mosca in paradiso!

31.
A un ubriaco che usciva dalla cantina
portando un barilotto sulla groppa,
chiesi: Non temi tu l'ira divina?
88

Rispose: Iddio perdona, riempi la coppa!.

32.
Gettato il libro
89
, un d, chiesi alla coppa
il segreto fatale del viver mio;
e, labbro a labbro, mi sussurr: Poppa
90
!
L'ombra il tuo regno, e prossimo l'addio!
91
.

33.
Sempre la voglia mia si volge al bere,
sempre l'orecchio ai flauti e alle ribebe
92
.
Quando con la mia cenere
former un vaso, un giorno, il vaselliere,
sempre colmo di vino resti quel vaso
93
!

34.
Bere vino e stare allegro mio costume;
non pensar nulla di dogmi e d'eresia

88
Nella religione islamica espressamente vietato il consumo di bevande alcoliche.
89
Gettare via il libro immagine per indicare linutilit della ricerca della scienza e della sapienza: per trovare le
risposte, meglio rivolgersi alla coppa del vino!
90
Cio bevi avidamente!.
91
La morte il regno che aspetta luomo, e la fine ormai imminente.
92
La ribeba uno strumento arabo, simile al mandolino.
93
Il poeta si augura, cio, che il vaso in cui, dopo la morte, verranno raccolte le sue ceneri, possa essere riempito di
vino.
16

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la religione mia.
Dissi alla vita: La tua dote? Ed ella:
Mia dote del tuo cuore l'allegria!

35.
Sul giorno di domani nulla puoi;
al giorno di domani senza noia
94

pensar non puoi, n sai.
Se un cuore vigile tu hai,
non perdere questo momento breve,
ch non ti noto quanto ancor vivrai
95
!

36.
Poich la rosa della tua felicit
oggi ti reca i suoi frutti
96
,
perch in mano un bicchiere non hai?
Bevi del vino, ch nemico molesto
97

il tempo, e avere un giorno come questo
difficile assai!

37.
Non pensare ch'io tema il destino,
o ch'io tema il morire, il giorno
che l'anima far sua dipartita.
Poich necessario morire
98
, di queste pene

94
Senza cio riceverne fastidio, in considerazione dellinutilit del pensare al domani.
95
Luomo alloscuro circa la durata della sua vita: da qui linvito a godere la vita nel presente.
96
Come una pianta o un fiore che elargisce i suoi frutti, cos la felicit di un giorno dona i suoi frutti alluomo.
97
Cfr. Orazio, Carm. I 11, 7-8: invida aetas (tempo malevolo).
98
La necessit della morte rende vana ogni forma di protesta o di ribellione da parte delluomo, ispirando pertanto
nellanimo del saggio una serena perch frutto di rassegnazione- accettazione.
17

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non temo gi, ma temo che non bene
abbia vissuto la vita
99
.

38.
Poich non vanno le faccende nostre
come vorremmo noi,
pensiamo sempre a questo:
Il nostro sforzo a che ne verr poi?
100

E lungamente sospirosi e mesti
a seder qui restiamo,
dicendo: Troppo tardi siam venuti,
troppo presto ce ne andiamo
101
.

39.
Io sono sempre in lite con me stesso
102
.
Che far dunque potrei?
Dei miei peccati io mi pento spesso
103
.
Che far dunque potrei?
Penso che tu, Signore, perdonerai
con generosa voglia;

99
Lunico rimpianto, dunque, non il morire, ma quello di non vivere la vita, o di viverla nel modo sbagliato,
sprecandola.
100
Di fronte alle difficolt e ai fallimenti della vita scatta inevitabilmente la domanda sul valore di ogni sforzo
esistenziale, che sembra proteso verso il nulla.
101
Lo scacco esistenziale si risolve in una sensazione di straniamento dal mondo e dalla vita, riassunto nella
sensazione di essere nati troppo tardi o di essere destinati a morire troppo presto, prima che si possa combinare qualcosa
di buono e di duraturo.
102
Il conflitto interiore spia di una situazione irrisolta nellanimo del poeta, scisso fra due opposte tensioni, senza che
luna possa prevalere sullaltra, con il risultato finale di una perenne indecisione.
103
La scissione nellanima del poeta dunque provocata dal contrasto fra i piaceri della vita e il pentimento da tenersi
in vista della morte e dellincontro con Dio.
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ma per l'onta che tu veda quel che ho commesso,
che far dunque dovrei?
104


40.
Della mia vita questo breve tempo
ecco passato:
pass come vento
che passa nel deserto
abbandonato
105
.
Finch io sar vivo, di certo
neppure di due giorni voglio far
lamento:
non di quel giorno che ancora non
venne,
non del passato
106
.

41.
Oh un libro di canzoni, oh una coppa di vino,
oh una pagnotta di pane, e te, amor mio
107
, vicino
a me, a cantare nella solitudine
108
!
Oh solitudine: bene veramente divino!

42.
C chi anela agli onori di questo mondo vano,
c chi aspetta le gioie di un regno oltremondano
109
...

104
Il poeta dunque non dubita che il Signore perdener il peccatore pentito; resta per irrisolto il conflitto interiore
nellanimo del poeta, che generato non dal timore di non essere perdonato, ma dalla vergogna nei confronti di se
stesso e dei suoi peccati.
105
La vita che passa come vento che attraversa il deserto: questimmagine, oltre che suggerita dalla biografia di Omar,
allude anche al vuoto e al nulla che rimane dopo la conclusione di una vita sprecata.
106
Limportante nella vita, come gi sottolineato da Omar in altri componimenti, non morire con dei rimpianti: nessun
rimpianto, dunque, n nei confronti del passato che non si pu pi cambiare-, n nei confronti dellavvenire.
107
La felicit secondo Omar: un bicchiere di vino, un po di musica, un pezzo di pane e accanto la donna amata.
108
Si intenda: la solitudine senza altra gente intorno, tranne appunto lamata.
19

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Piglia i contanti e lascia andare il credito
110
!
Non ascoltare il rullo del tamburo lontano
111
!

43. (XVI)
La speranza nel mondo un frutto che matura
di rado, e che diventa cenere scura
112
:
come neve nel deserto, che sulla sabbia arida
risplende appena un attimo, e non dura
113
.

44. (XVIII)
Si dice che il leone e il ramarro hanno stanza
dove Gemshid
114
, sul suo trono, beveva in abbondanza
115
;
lasino offende il capo di Behram il terribile,
ma che lui si svegli non c alcuna speranza.

45. (XXI)
Bellezza mia, riempi oggi i nostri bicchieri,
e tacciano i rimpianti del passato, e i pensieri
del domani
116
... Domani? Io sar cenere,
forse, coi settemila anni finiti ieri.



109
Il mondo si divide fra chi tutto teso nellal di qua, quindi mira a cariche e a onori, e chi invece spera in un riscatto
nellaldil, deluso dalla vita sulla terra.
110
Vivi, cio, il presente, non attendere un credito futuro che, forse, non ti arriver mai.
111
Fuor di metafora: le lusinghe e le aspettative del domani, di tutto ci che lontano e che non a portata di mano.
112
La speranza, nel mondo reale, difficilmente si concretizza e porta i frutti sperati: i sogni cos si riducono in polvere e
in cenere, come a dire, a puro nulla.
113
Limmagine della neve nel deserto doveva essere molto efficace per i primi lettori di Omar, e quindi estremamente
adatta a simboleggiare la labilit della speranza.
114
Mitico re della tradizione pesiana e indoariana. Il componimento esattamente sovrapponibile a quello qui numerato
6, dedicato a un altro re (Key Kavus): la gloria degli uomini destinata inevitabilmente alloblio.
115
Il tema del bere, cos caro a Omar, qui utilizzato per rievocare la gloria e la potenza di Gemshid, il quale
evidentemente sapeva godere pienamente della vita.
116
Passato e futuro sono parimenti vani per Omar: ci che conta soltanto il presente.
20

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46. (XXII)
Molti di quelli che un giorno abbiamo amati,
i migliori che il tempo abbia giammai pigiati
dal suo tino
117
, il loro calice vuotarono
a vicenda, e a vicenda sono al riposo andati
118
.

47. (XXIV)
Oh godiamo il tempo che passa prima di calare
nella polvere, polvere su polvere, e restare
a dormire, senza vino, senza musica
119
,
senza canzoni, e senza pi poterci risvegliare!

48. (XXV)
Per luomo che pensa alloggi, come per luomo che corre
con la mente al domani, dallalto della torre
dellombra, un muezzin
120
proclama: O stupidi!
Voi non dovete il premio n qua n l riporre!
121


49. (XXVI)
Ai santi e ai filosofi che hanno trattato cos bene
di entrambi i mondi, avvenuto quello stesso che avviene
ai profeti mendaci: le loro massime
schernite, le loro bocche di polvere son piene
122
.



117
Limmagine della produzione del vino qui usata dal poeta per esprimere simbolicamente la generazione degli
uomini da parte del tempo.
118
Ovviamente il riposo eterno della morte. La vita del mondo e degli uomini dunque, per Omar, unalterna vicenda.
119
La presenza del vino e della musica , per Omar, simbolo della pienezza di vita; al contrario, quindi, lassenza di
entrambi equivale alla morte.
120
Il muezzin nella religione islamica colui che dalla torre del minareto invita i fedeli alla preghiera.
121
Come quindi gi affermato altrove dal poeta, da sciocchi tanto nutrire rimpianti per il passato quanto rivolgere le
proprie attese al futuro: il premio della vita si pu cogliere solo nel presente.
122
La morte cio livella tutti a un comune destino: poveri e ricchi, sciocchi e saggi.
21

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50. (XXVII)
Anchio, quandero giovane, ho spesso ascoltato
santi e dottori, e ho i loro argomenti ammirato:
ma poi sono uscito dalla medesima
identica porta dalla quale ero entrato
123
.

51. (XXVIII)
Della saggezza sparsi il seme in loro
124
compagnia,
perch nascesse diedi anchio lopera mia;
e il raccolto stato questo: Simile
allacqua venni, e simile al vento andr via
125
!

52. (XXIX)
S, noi veniamo ignoro da dove e perch ci accada-
come fiume che, lo voglia o no, fa la sua strada;
poi ce ne andiamo, come un refolo
di vento che lo voglia o no- trascorre via n so dove vada
126
.

53. (XXX)
Ebbene, chi, senza avercene domandato licenza
127
,
ci dona e poi ci toglie questa breve esistenza?
Oh molte coppe di vietato nettare
affoghino il ricordo di una siffatta insolenza
128
!


123
Gli insegnamenti ricevuti non hanno dunque sortito effetto: dalla medesima porta in cui si era entrati, si usciti. Fuor
di metafora il poeta allude alla vanit di ogni scienza e di ogni pretesa di conoscenza.
124
Cio dei saggi nominati nella quartina precedente.
125
Entrambi gli elementi sono accomunati dalla labilit.
126
Il vento o il fiume si muovono in base a una legge di cui si ignora il perch; essi dunque obbediscono a un comando
esterno a loro. Cos per luomo, il quale si illude di essere libero, ma in realt obbedisce ciecamente a una legge
superiore di cui ignora lesistenza. Ennesima affermazione da parte del poeta di determinismo filosofico.
127
Luomo non decide di vivere, ma come gettato da altri nel mondo, senza il suo libero consenso.
128
Bere vuol dire dunque, nella prospettiva del poeta, annegare nelloblio il senso del male di vivere (cos anche altrove
in Omar). Si noti la definizione di vita quale insolenza, perpetrata da Dio ai danni delluomo.
22

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54. (XXXV)
Per capire il segreto della vita, la bocca
pongo allargilla di una povera brocca,
e Fino a che sei vivo essa mi mormora
bevi, ch, dopo morto, restar morto ti tocca!
129


55. (XLI)
Non pi incertezze intorno allumano e al divino!
Sperda il vento le preoccupazioni del domani vicino
130
!
Le dita lente fra le chiome indugino
del cipresso elegante che somministra il vino!

56. (XLV)
Il corpo un padiglione
131
per un giorno solo occupato
da un sultano, al reame della morte avviato:
lui parte, e il nero ferrsh
132
lo abbatte subito,
e lo
133
tiene in riserva per un altro arrivato.

57. (XLVI)
Non dubitate affatto che lesistenza, quando
ha chiuso i nostri conti
134
, posi la penna, oziando:
leterno Ski
135
vers gi dalla stessa anfora
altre schiume simili, altre ne sta versando.



129
Il segreto della vita dunque viverla, fino in fondo e pienamente, perch dopo c solo la morte.
130
Lebbrezza del vino cancella contemporaneamente ogni ansia relativa alluomo e a Dio, e anche al futuro.
131
Cio come una tenda montata da un sultano di notte nel deserto.
132
Il ferrsh propriamento un servitore del tempio.
133
Il corpo, pronto per essere dato a un altro destinato alla vita.
134
Evidentemente con la morte.
135
Dio come una sorta di mescitore di vino, ma eterno, che versa continuamente sulla terra vino e schiuma per
rigenerare sempre uomini dallo stesso contenitore. Insomma che dire che la vita un avvicendarsi eterno, e nessuno di
noi indispensabile.
23

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58. (XLVII)
Dopo che ognuno di noi avr il velo
136
attraversato,
per molto tempo ancora esister il creato,
curandosi di noi quanto si curano
gli oceani di un sasso negli abissi gettato
137
.

59. (L)
Tra il falso e il vero esiste una separazione
da niente
138
, e unalfa
139
sola a chi la scopra pone
fra le mani la chiave per dischiudere
la cassa del tesoro e giungere al padrone
140
.

60. (LII)
Iddio, intravisto appena, si torna subito ad occultare
nel vuoto
141
, dove si svolge il corso regolare
del dramma
142
, che egli, a svago della propria
eternit
143
, compone, recita, e sta a guardare
144
.

61. (LVI)
Per quanto abbia saputo con logica e compasso
definire vero e falso, descivere alto e basso,
vi assicuro che solo nellintendermi

136
Il velo che secondo la visione indoariana- separa la vita dalla morte, la realt (apparente) dalla Verit.
137
Luomo quindi non conta nulla nelleconomia del creato: come un ciottolo abbandonato in fondo alloceano.
138
Cio il confine fra vero e falso estremamente sottile.
139
La prima lettera dellalfabeto, un piccolo particolare che pu rivelare la verit del cosmo.
140
Arrivare cio alla Verit, a Dio in persona. La Verit dunque, secondo il poeta, esiste, ma arduo arrivarci.
141
Dio si pu intravedere da parte delluomo, ma, appena intravisto, subito torna a nascondersi nel buio e nel vuoto,
inaccessibili allocchio delluomo.
142
Il dramma dellesistenza, che simile a una rappresentazione teatrale (vedi le quartine nn 4 e 21).
143
Cio come passatempo, per ingannare il tempo delleternit.
144
Dio ha la parte principale: egli scrive il dramma, recita anchegli, e soprattutto sta a guardare da spettatore allo
spettacolo degli uomini, che non sono dunque che marionette nelle mani di Dio, fatte per il suo divertimento (vedi
quartina n 4).
24

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di vino, tutti gli altri filosofi sorpasso
145
.

62. (LXIII)
Oh speranze dEliso, oh timori dAverno
146
!
Ecco la sola, lunica verit che discerno:
-Questa vita fugace, tutto il resto favola!
Il fiore che nasce e muore, muore per sempre, in eterno!
147
-

63. (LXIV)
Strano, vero? Di mille e mille creature
che han varcato la soglia del mistero, neppure
una sola ritornata per descriverci
la via, che impareremo... facendola noi pure
148
!

64. (LXVI)
Lanima mia nel regno dellignoto ho spedita
per conoscere qualcosa della seconda vita:
-Paradiso ed Inferno in noi medesimi!
149
-
Eccovi la risposta che mi stata fornita.

65. (LXVIII)
In verit noi siamo una processione
di ombre magiche
150
, mosse in ogni direzione,

145
La sapienza dunque non serve a niente: conta soltanto vivere, e il simbolo per eccellenza della vita rappresentato
dai piaceri del vino.
146
Rispettivamente paradiso e inferno, secondo la terminologia classica.
147
La vita lunica cosa degna di rilievo, ed essa fugace, condannata alla morte. La morte, intesa dunque come
annullamento della vita, non da temere pensando allinferno- o da desiderare pensando al paradiso-: essa
semplicemente la fine della vita, unico elemento importante.
148
Il sentiero della morte di cui tutti faranno prima o poi esperienza.
149
Non necessariamente affermazione di ateismo (peraltro contraddetto in molti componimenti di Omar), quanto
piuttosto riflessione della centralit della vita, con tutto il suo carico di gioie e di dolori: solo la vita conta, pensare al
dopo non serve.
25

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da Chi, nel buio, avendo il sole per fiaccola,
regge insieme lanterna e rappresentazione
151
.

66. (LXIX)
E i pezzi impotenti
152
Egli spinge a piacere
dei giorni e delle notti sopra il vario scacchiere,
manovrando per chiuderli, per vincerli
153
,
e poi porli, uno dopo laltro, nel cassetto a giacere
154
.

67. (LXX)
Di s, di no la palla non fa questione, intanto
che, secondo limpulso, va da questo a quel canto
155
.
Solo Chi ci scagli conosce lordine
del gioco: Egli soltanto conosce; Egli soltanto
156
.

68. (LXXI)
Il dito eterno scrive, e, dopo fatto un segno,
una parola sguita
157
. N val piet od ingegno
158
,

150
Consueta metafora teatrale. In questo caso, per, limmagine ulteriormente accentuata (rispetto, ad esempio, alla
quartina n 4) dal fatto di non considerare gli uomini attori su un palco, ma semplicemente ombre suscitate dalla luce
di una fiaccola nelle mani del Creatore.
151
Dio ha tutto il potere e la responsabilit della rappresentazione: luomo non vi riveste alcun ruolo.
152
La seconda metafora della vita delluomo, dopo quella della rappresentazione teatrale, quella della scacchiera
(gioco che trova proprio in Persia le sue origini): gli uomini sono pedine, pezzi impotenti nelle mani di Dio che li
muove a suo piacimento.
153
Lo scopo di Dio quello di un qualunque giocatore di scacchi: vincere la partita. Egli si muove perci nei confronti
delle pedine, cio gli uomini, con lo scopo di vincerli, chiuderli nellangolo, e sconfiggerli.
154
Alla fine della partita (ossia della vita degli uomini), Dio, quasi annoiato, ripone le pedine nel cassetto a giacere:
unimmagine finale che allude alla fossa.
155
Una palla che rotola spinta da un cieco impulso- non fa domande, non si pone problemi circa la direzione che
segue. Cos luomo, che se anche pensasse di essere libero, non lo affatto: egli si muove per impulso altrui, nella
fattispecie di Dio, che il solo a conoscere il perch e la mta finale.
156
La ripetizione sottolinea che solo ed esclusivamente Dio che conosce: luomo non conta nulla.
157
La mano di Dio, come un dito eterno, scrive, parola dopo parola, il corso del mondo, la storia: un disegno arcano e
immodificabile. Per limmagine del dito vedi anche Daniele 5, 5 (il dito minaccioso di Dio appare al re Baldassr
durante un banchetto).
26

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a far s chEgli muti mezza linea,
che un vocabolo solo Egli rputi indegno
159
.

69. (LXXIV)
Ieri si preparava la follia di stamani,
lo spavento, il silenzio e la gloria di domani.
Beviamo! I nostri sforzi per intendere
da dove venimmo e dove andremo sono vani!

70. (LXXXI)
O tu che ci plasmasti col fango meno buono
160
,
pensando un Paradiso dove anche i serpenti ci sono
161
,
per i mille peccati che anneriscono
la faccia alluomo, perdonagli! E accettane il perdono
162
!

71. (XCI)
Oh consolate gli ultimi istanti miei col vino,
lavate il mio cadavere col succo porporino
163
;
seppellitemi, poi, dentro a un sudario
di pampani
164
, in un angolo cortese di giardino.



158
Ovviamente da parte delluomo, che vorrebbe cambiare qualcosa, mutare gli eventi del corso del mondo, ma non
pu: un destino ferreo e immutabile, perch gi scritto, domina luniverso. La piet allude al ricorso, da parte degli
uomini, alla preghiera, per fare mutare la volont di Dio; lingegno, invece, allude allillusione delluomo che confida
nella sua intelligenza per cambiare i destini del mondo.
159
Tutto ci che Dio ha scritto scritto: niente inutile, niente indegno; tutto ha un suo senso, sebbene arcano e
sfuggente alluomo.
160
Cio ci formasti di vile materia, sottoposti al peccato e al male.
161
Allusione al mito di Adamo ed Eva, presente anche nel Corano.
162
La supplica al Signore da parte del poeta motivata dunque dalla natura mortale, e quindi esposta al peccato,
delluomo: Dio, che ne conosce la natura fragile, a maggior ragione deve perdonare lessere umano.
163
Era tradizionale consuetudine lavare il cadavere, prima della sepoltura, con oli e essenze profumate. Qui Omar
parodisticamente rovescia il rito tradizionale, immaginando un lavaggio con il vino.
164
Nei riti funebri il sudario era generalmente di lino grezzo. I pampani sono i tralci della vite ancora rivestiti di foglie.
27

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72. (XCIII)
Lo so, lo so: gli oggetti della mia devozione
165

non mi hanno procurato una buona reputazione.
Il mio onore affogato dentro un calice,
il mio nome si vende per meno di una canzone.

73. (XCIV)
In verit, di pentirmi pi volte ho giurato,
ma sempre, se non erro, quando avevo trincato
166
.
La primavera poi, colla sua mano rosea,
strappava il mio rimorso come un vestito usato.

74. (C)
Intanto, questa luna che si scorge l in fondo
seguiter a mostrare il suo viso, or scemo or tondo
167
.
E quante volte cercher, levandosi,
uno di noi, sparito dal giardino del mondo
168
?

165
Ossia il vino, la musica e la compagnia delle donne.
166
Evidentemente il tono ironico: il messaggio che non val la pena pentirsi nella vita.
167
Rispettivamente nelle fasi di luna calante e di luna piena.
28

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75. (CI)
Ma tu, quando come lei
169
ti aggirerai, coppiere,
in mezzo agli ospiti, adagiati sullerba per bere,
arrivato a quel posto dove io ero solito
sedermi, in mia memoria, capovolgi il bicchiere
170
!



Statua di Omar Khayyam a Nishapur



168
Uno di noi morto, sparito dalla scena di questo mondo.
169
La luna della quartina precedente.
170
Rovesciare il bicchiere di vino come un rito, da parte dei suoi vecchi amici di bevute, in memoria del poeta morto.

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