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Ricerca Scientifica

Le tecnologie agroalimentari nel parmense

Centro di Studi Sociali e di Cultura Urbana


A.P.S.

www.cittaedemocrazia.it info@cittaedemocrazia.it Tel. 0521.207644

Progetto a cura di Giovanni Ballarini e Mario Gelati Coordinamento editoriale, grafica e impaginazione Edicta s.c.r.l. (Parma) Erika Ferrari, Daniele Paterlini, Davide Pescini, Matteo Sartini Referenze fotografiche Le immagini sono state fornite direttamente dagli enti, istituzioni e societ indicate nel volume Stampa a cura di Artegrafica Silva Finito di stampare nellottobre 2009

Storia e potenzialit
a cura di Giovanni Ballarini Mario Gelati

A questo volume si annette il Repertorio Aziende Le tecnologie agroalimentari nel parmense

Citt e Democrazia

Questa pubblicazione e lannesso Repertorio sono il primo evento editoriale di Citt e Democrazia, Centro di Studi Sociali e di Cultura Urbana, di recente istituzione. Il Centro sorto nel quadro delle Associazioni di Promozione Sociale senza fini di lucro, in quanto mira a conoscere, interpretare e far crescere il dinamismo nella convivenza urbana, alla luce del nesso, assunto come paradigma di ricerca, tra i valori educativi della democrazia e la loro traduzione nei comportamenti quotidiani della comunit locale. Parma rappresenta il laboratorio privilegiato di Citt e Democrazia: nel contesto del suo territorio, che anche il suo spazio sociale, si intrecciano i fenomeni della intersoggettivit come epiloghi storici e come progetti in atto, nei quali si scorgono i sintomi di una peculiarit non chiusa in s stessa, ma inserita nellampio scenario della societ contemporanea. Far circolare, nel sistema delle citt nazionali ed europee, leffetto Parma, porta perci a conoscere ci che Parma d e riceve nella perfettibile e inarrestabile convivenza democratica. Seguire landamento culturale della citt non significa esaltarne solo le virt consolidate, ma anche individuare i nuclei di crisi intorno a cui urgente condurre analisi e proposte di soluzione. Il Centro vuol contribuire alla formazione rinnovantesi della coscienza urbana, anche attraverso le insorgenti problematiche che vanno rivelandosi, tra conflitti ed equilibri, nella citt che rapporto di uomini per il bene comune. Nello spirito di Citt e Democrazia, chiaro il proposito di non alimentare uno sterile mito di Parma, ma di servirla, potenziandone le virtualit anche di fronte alle inevitabili involuzioni che ogni dinamica sociale, dinamica di uomini, porta con s. Mentre si aprono altri settori di studio e di azione, per qualificare i fenomeni dinsieme sul territorio, prende, dunque, forma e qui si presenta, il comparto delle tecnologie agroalimentari, liberandolo dalla involontaria frammentazione e introducendo elementi di integrazione tra le Aziende. Si auspica cos che possa avviarsi lunificazione, nella pluralit, di un fenomeno culturale e operativo, altamente significativo, dellinsieme parmense.

Angelo Scivoletto Presidente di Citt e Democrazia

Indice

Le tecnologie agroalimentari nel parmense - di Giovanni Ballarini Prefazione - di Andrea Zanlari, presidente della Camera di Commercio Prefazione - di Daniele Pezzoni, presidente dellUnione Parmense degli Industriali Prefazione - di Gino Ferretti, Magnifico Rettore dellUniversit di Parma

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1 - PARTE PRIMA La stOria delle teCNOlOgie agrOalimeNtari 1.1 Dallagricoltura allo sviluppo industriale - di Giovanni Ballarini 1.1.1 I cinque pilastri del sistema agroindustriale parmigiano 1.1.2 Le cinque radici dellindustrializzazione agroalimentare parmigiana 1.1.3 Lindustria delle macchine agroalimentari. La centralit del caso parmense 1.1.4 Le origini dellintreccio agro-industriale del pomodoro e delle sue fabbriche 1.1.5 Industrializzazione agroalimentare lattiero-casearia e salumiera parmigiana 1.1.6 Industrializzazione delle produzioni agricole, agricoltura e paesaggio parmense 1.1.7 secolo ventesimo: crollo di un sistema? Bibliografia e note Approfondimento 1.1.A1 - Parma nella prima met del 900: la testimonianza di Marcello Mutti Approfondimento 1.1.A2 - La nascita di un comparto: lesperienza di Giuseppe Rodolfi 1.2 Levoluzione tecnologica delle macchine - di Roberto Massini 1.2.1 Tecnica e tecnologia 1.2.2 Evoluzione delle tecniche tradizionali 1.2.3 Le prime industrie alimentari 1.2.4 Il formaggio Parmigiano Reggiano 1.2.5 I salumi 1.2.6 La pasta e i prodotti da forno 1.2.7 Lindustria saccarifera 1.2.8 Lindustria delle conserve alimentari 1.2.9 Lindustria meccanica per lindustria alimentare 1.2.10 Evoluzione delle macchine per lindustria conserviera Bibliografia e note

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


1.3 La genealogia delle aziende nel parmense - di Mario Gelati 1.3.1 Levoluzione di un comparto 1.3.2 Storie delle aziende da ne 1800 a ne 1900 1850 - La SimOnaZZi 1907 - La Ligure Emiliana 1909 - La Luciani 1911 - La CapOlO 1918 - La ManZini 1924 - La Barbieri 1934 - La BrOnZOni 1936 - La GHerri 1940 - La A & G ROssi 1940 - La Sirma 1943 - La VettOri & MangHi 1945 - La ROssi & Catelli 1947 - La SOaVi 1955 - La Fa.Ba. 1958 - La DallArgine & GHiretti 1960 - La LeVati 1960 - La FMC 1962 - La Tecnindustria 1963 - La A.B.M. 1963 - La BercHi 1963 - La FBR 1965 - La B.C. 1967 - La COMACO 1968 - La SaVi 1973 - La CantadOri & COlli 1977 - La Parmasei 1978 - La Sarcmi 1979 - La ELPO 1979 - La PrOcOmac 1988 - La Sima 8 95 95 96 98 100 102 104 106 108 109 111 112 113 114 116 118 119 121 122 123 124 125 126 127 128 129 133 134 135 136 137 138 140 1.4 I pionieri a cura di Angelo Scivoletto 1915 - BrunO DareccHiO 1919 - CamillO Catelli 1920 - AngelO ROssi 1926 - EnZO Benedini 1927 - CarlO Testa 1930 - LucianO Del Sante 1930 - AldO MigliaVacca 1930 - SergiO Pagani 1933 - Geremia GHiZZOni 1934 - AnZiO StOrci 1936 - GiancarlO GHerri 1936 - BrunO MOntanari 1937 - GiOrgiO PirOndi 1938 - GiOrgiO SpOcci 1938 - StefanO VettOri 1939 - LucianO Belletti 1939 - ROlandO Paterlini 1940 - Gianni DOrdOni 1941 - AdrianO BOccHi 1943 - MassimilianO Pellacini 1946 - Gianni Melli 1945 - IVOr FuscHi 1946 - FrancO PiaZZa 1948 - GiancarlO NerOni 1948 - GiacOmO Magri 1949 - FrancescO Maini 1953 - EugeniO DallOliO 1963 - AntOniO RObuscHi 1990 - La Parmatec 1991 - La Alsim

Indice

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

Introduzione

2 - PARTE SECONDA - Le pOteNZialit del COmpartO di Massimo Capuccini 2.1 Analisi del comparto: il questionario sottoposto alle imprese 2.1.1 La morfologia delle imprese 2.1.2 Export 2.1.3 Innovazione tecnologica 2.1.4 Occupazione 2.1.5 Il rapporto con associazioni, enti e istituti di credito 2.1.6 Le opinioni delle imprese 2.1.7 Conclusioni

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LE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI NEL PARMENSE


di Giovanni Ballarini Il gran progetto alla base di questi volumi nasce da una forte presa di coscienza, dovuta allesperienza, alle potenzialit e ai problemi di un comparto portante e strategico per leconomia non solo del territorio parmense, ma anche di tutto il sistema della trasformazione agroalimentare italiana. La storia e la ricchezza del territorio parmense sono legate a doppio filo alla produzione alimentare, e da un secolo e mezzo allindustria agroalimentare che vi nata e sviluppata. La capacit quasi unica dei cittadini di Parma di trasformare un settore prevalentemente agricolo in un vanto dellindustria stato il presupposto allo sviluppo di un comparto oggi considerato, non a torto, il migliore o quantomeno tra i migliori al mondo. Alla produzione di qualit, tipica della terra, degli allevamenti, della lavorazione artigiana e della cultura locale, si affiancata in modo raffinato una ricerca tecnologica che permette di raggiungere sempre pi elevati livelli di qualit e quantit. Su questa linea, lindustria delle tecnologie agroalimentari, con il tramite del marchio Parma che si diffuso nel mondo, divenuta uno strumento di benessere per tutto il territorio. Queste le potenzialit, questo il valore. E, quasi per bilanciare, arrivano i problemi. Le industrie e, in generale, gli imprenditori e i professionisti del comparto non si conoscono, non comunicano, non collaborano quanto sarebbe necessario, soprattutto in periodi difficili. Talvolta si trovano anche in una concorrenza spietata che non contribuisce a uno sviluppo comune, che determina anche quello di ogni singolo. Lobiettivo di questo progetto porre le basi perch le aziende e gli enti che operano nel settore possano conoscersi ed esprimere a pieno le proprie potenzialit. Cosa bisogna intendere per comparto delle tecnologie agroalimentari? Un comparto che si compone di quattro settori: Macchine e apparecchi per il processo di lavorazione dei prodotti agroalimentari. Macchine e apparecchi per il confezionamento e limballaggio impiegati nellindustria agroalimentare. Imballaggi impiegati nellindustria agroalimentare. Macchine, attrezzi complementari e servizi per lindustria agroalimentare. Qualcuno si potr chiedere perch Citt e Democrazia, che un Centro di Studi Sociali e di 11

3 - PARTE TERZA - I CeNtri di sUppOrtO e di fOrmaZiONe a cura di Erika Ferrari 3.1 Le Fiere di Parma e il Cibus Tec 3.2 La SSICA 3.3 Parma Tecninnova, il Parco Scientifico e Tecnologico 3.4 LUniversit di Parma: la facolt di Ingegneria e la facolt di Agraria 3.5 LUniversit di Parma: il Corso Di Laurea in Tecnologia del Packaging 3.6 Il Centro Risorse della Val dEnza 3.7 LIstituto Superiore Silvio dArzo

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4 - PARTE QUARTA - Altre peCUliarit del sistema Parma a cura di Luciano Mazzoni 4.1 I distretti 4.2 I Consorzi di Prodotto 4.3 Le strutture scientifiche 4.4 Gli enti di promozione 4.5 La cultura alimentare 4.6 I Musei del Cibo

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


Cultura Urbana, si posto lobiettivo di elaborare questo progetto. Una domanda che trova la sua risposta nel fatto che laspetto economico e produttivo alla base di ogni sviluppo e movimento sociale e culturale. La vita di tutti si basa sul lavoro e la cultura che si sviluppata in Italia; ma soprattutto a Parma, nel suo territorio e in quelli limitrofi, ha, come asse portante, la produzione dei prodotti agroalimentari di una qualit sempre pi alta e continuamente adeguata alle richieste dei consumatori e alle condizioni di distribuzione, con un lavoro raffinato e complesso sulle tecnologie del settore. Creazione e distribuzione di ricchezza: ecco il punto a cui leconomia deve arrivare. Ponendosi i grandi obiettivi del progetto sopra delineato, stato necessario coinvolgere enti pubblici e privati, e associazioni di categoria, realt che si trovano ad affrontare il non facile ruolo di coordinare, legare e controllare un comparto spesso molto frammentato, soprattutto a livello di piccole e medio imprese. In questo contesto, una partecipazione corale un segnale da dare e al tempo stesso un punto di partenza per arrivare alla forza di un insieme, attraverso il quale ognuno mette in campo fede, rispetto, etica, spirito di sacrificio e umilt per raggiungere un obiettivo comune. Un lavoro corale che, tuttavia, non vuole negare limportanza di una sana e corretta concorrenza tra le aziende, basata sul rispetto e sulla conoscenza, e superare le difficolt diventa un valore da cogliere. Il lavoro svolto da Citt e Democrazia, e presentato in questi volumi, stato molto grande e con risultati che sono da ritenere la base per successivi approfondimenti. A questa che riteniamo essere una prima edizione, su 250 aziende presenti tra il parmense e la Val dEnza, hanno aderito e sostenuto economicamente il progetto solo 65, ma tra queste vi sono le pi importanti. Le ragioni per la mancata adesione di circa i due terzi delle aziende sono numerose e varie, ma riconducibili principalmente alle seguenti: Forte crisi economica in atto, che rende cauti molti imprenditori, ma non i pi avveduti, nellaffrontare linnovazione che sar assolutamente indispensabile per la ripresa al termine dellattuale momento. Tendenza a un risparmio con limitazione delle risorse economiche destinate allo sviluppo. Diffusione, tipica dei periodi di crisi, di scetticismo e sfiducia, soprattutto per progetti che hanno una quota di novit. Sfiducia, pi o meno larvata e generalizzata, nelle istituzioni pubbliche e private; anche perch spesso queste non hanno sempre sufficientemente sostenuto il comparto in esame, che in periodi floridi si sviluppava in autonomia. I contenuti presenti in questi volumi saranno certamente apprezzati da chi li consul-ter, facendone strumento, oltre che di carattere economico e tecnologico, anche culturale. Per questo motivo si pu essere fiduciosi in una seconda e molto pi ampia edizione, prevista per Cibus 2010. Su questa linea, le basi che sono state poste e il progetto che stato avviato potranno permettere di passare ad azioni concrete, anche con la costituzione di un Consorzio o una forma simile che veda presenti tutte le aziende del Comparto e che potr curare i seguenti aspetti: Conoscenza fra le aziende a livelli maggiori degli attuali. 12

Introduzione

Aumento dello spirito di collaborazione fra le imprese. Messa in atto da parte delle aziende concorrenti di comportamenti coerenti, corretti ed etici nella presenza sui mercati di sbocco; ma anche rispetto nel non sottrarsi reciprocamente i propri collaboratori. Fissare regole che portino alla certificazione della qualit dei prodotti (macchine e impianti) anche quale giustificativo dei prezzi di vendita. Azioni di promozione globale del comparto a livello mondiale con il coinvolgimento degli altri comparti che fanno di Parma un territorio di alta qualit dei prodotti agroalimentari (Prosciutto Parma e altri salumi, Parmigiano Reggiano, vini, conserve, ecc...), arte, cultura, gastronomia, centri termali, rivitalizzando e rilanciando il Parma Qualit, marchio ideato diversi anni fa dalla Camera di Commercio di Parma. Su questa linea il comparto delle tecnologie agroalimentari pu essere determinante per il rilancio, in quanto da oltre centanni uomini e donne del parmense, che operano nel settore girano il mondo per offrire i propri prodotti e servizi, e tutto il mondo viene a Parma per conoscerli e acquistarli. Il volume Ricerca Scientifica composto dalle seguenti quattro parti: STORIA DEL COMPARTO DELLE TECNOLOIGIE AGROALIMENTARI, con unanalisi storica approfondita del settore, dei prodotti, dei metodi; seguita da unaltra analisi sullevoluzione della tecnologia che completata da una vera e propria genealogia delle aziende storiche e dai profili dei Pionieri delle tecnologie agroalimentari con interviste e testimonianze inedite. POTENZIALIT DI UN COMPARTO, con unanalisi statistica e considerazioni ponderate sulle direzioni di sviluppo futuro. CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE che stanno alla base dellevoluzione e dello sviluppo, costituendo il primo e fondamentale tassello per il Comparto. PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA nelle sue realt consortili, dei distretti, degli enti, delle strutture scientifiche e delle realt culturali che rendono Parma la capitale mondiale dellalimentazione. Per i lavori di ricerca e di elaborazione dei risultati, e la loro pubblicazione doveroso ringraziare gli enti pubblici e privati per il supporto fornito, senza dei quali questopera non sarebbe stata possibile. Un ringraziamento va inoltre dato a Mario Gelati, Angelo Scivoletto, Roberto Massini, Luciano Mazzoni, Massimo Capuccini e a tutta la squadra di Edicta composta da giovani promotori, giornalisti e grafici che hanno dato il meglio di s per raggiungere il non facile obiettivo sopra indicato. Anche per questo ci si augura che la pubblicazione sia apprezzata nella sua totalit e, allo stesso modo, nei suoi limiti che in un prossimo futuro devono venire superati. un preciso intendimento di Citt e Democrazia proseguire nellapprofondimento del presente studio, dando vita ad una collana di pubblicazioni sulle tecnologie agroalimentari nel parmense. 13

Prefazione

Il comparto dellimpiantistica per lagroalimentare rappresenta sicuramente uno dei punti di forza delleconomia provinciale. In un decennio durante il quale abbiamo assistito allavanzare del fenomeno della terziarizzazione delle economie, Parma mantiene la propria vocazione industriale. Un fondamentale contributo in questo senso viene proprio dalloperare delle imprese di questo settore, portatrici di uneccellenza per la quale Parma famosa nel mondo almeno quanto lo per i propri prodotti agroalimentari. In questo senso tutte le iniziative volte ad un rafforzamento del comparto vedono la Camera di Commercio convinta sostenitrice. Questo particolarmente vero per quelle azioni che mirano ad incrementare la competitivit delle nostre imprese sui mercati internazionali, un ambito che rappresenta uno degli obiettivi primari dellazione camerale. E dalla capacit di conquistare quote sempre pi importanti di export che possiamo, infatti, valutare lo stato di salute dellintera economia provinciale. Se le nostre imprese sapranno essere competitive su questo fronte le ricadute non potranno essere che positive per lintero territorio. Proprio per questo motivo abbiamo un costante bisogno di dare valore e coesione ai diversi settori produttivi che caratterizzano uneconomia, la nostra, che rimane una delle pi solide a livello nazionale e regionale. Il progetto proposto dal Centro Studi Citt e Democrazia mi pare vada proprio in questa direzione ed per questo motivo che lo guardiamo con grande interesse, sia per quanto riguarda la metodologia di lavoro proposta che per le finalit di accrescimento della conoscenza della morfologia di questo comparto, di cui sono certo che tutte le realt che operano sul territorio si avvantaggeranno.

Andrea Zanlari Presidente Camera di Commercio di Parma

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Prefazione

Parma conosciuta come capitale alimentare per i suoi prodotti di alta qualit famosi in tutto il mondo e per la presenza di importanti aziende del settore. Ma Parma meno nota come capitale dellimpiantistica per lindustria alimentare, titolo che le competerebbe, in quanto poca ricerca, pochi studi e quindi poche pubblicazioni sono state fatte sul settore del quale si ha oggi solo una conoscenza parcellizzata in funzione della storia di alcune imprese; manca infatti una conoscenza dellinsieme di queste storie che congiuntamente allattivit di ricerca e di promozione svolta dagli enti ed istituti presenti nella nostra provincia, fa di Parma il centro principale dItalia e forse dEuropa per le tecnologie alimentari. Per colmare questa lacuna e al fine di creare e rendere nota una visione complessiva di detto comparto che porterebbe uno specifico valore aggiunto dinsieme al settore dellimpiantistica parmense, lUnione ha dato la propria adesione ad un progetto proposto dal Centro studi di Parma Citt e democrazia che si concretizza nella presente pubblicazione. Nel ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa basilare opera, ci auguriamo che essa possa essere la prima pietra di un percorso di conoscenza che rafforzi limmagine del comparto dellimpiantistica alimentare parmense nel mondo.

Daniele Pezzoni Presidente Unione Parmense degli Industriali

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Prefazione

Limpresa agroalimentare , con evidenza, la colonna portante delleconomia e della vita di queste terre. Prima di tutto una cultura e una storia lunga secoli, poi capacit e professionalit uniche al mondo nellintrodurre la tecnologia nelle stesse. Questi volumi rappresentano un quadro straordinariamente dettagliato del settore agroalimentare e, allo stesso tempo, sono spunto di riflessione per comprendere quali strategie staranno alla base della nuova evoluzione del comparto. Proprio in queste strategie si colloca, quale protagonista principale, la formazione dei professionisti dellagroalimentare. Il mercato alla ricerca di professionalit sempre pi qualificate e specifiche, e allo stesso tempo con una visione sempre pi globale della continua evoluzione dei metodi e delle tecnologie. Questo volume pu e deve essere la base per uno sforzo comune nel formare i professionisti del settore. Professionisti che saranno certo necessari per lo sviluppo del futuro, futuro nel quale le tecnologie, il rapporto con la societ e il rispetto dellambiente costituiranno i punti fondamentali, e allo stesso tempo per il grande obiettivo per il quale Citt e Democrazia pone le basi: imprese, istituzioni, enti, Universit e cittadini devono lavorare insieme per esportare conoscenze, formazione e tecnologie in quei Paesi in cui, a causa di secoli di colonialismo e decenni di politiche di sostegno errate, ancora oggi si muore di fame nonostante la quantit enorme di produzioni agricole. Parma la Capitale Mondiale della tecnologia agroalimentare e in questo non potr non essere allo stesso tempo avanguardia e protagonista. Il ruolo dellUniversit e della formazione sar ancora pi strategico in questa visione, sar un settore in cui tutti dovranno investire energie e risorse. Su questi obiettivi si basa lappoggio mio e dellUniversit a questa iniziativa, con lauspicio che non sia un lavoro fine a s stesso ma il primo di tanti sforzi e tanti studi in questa direzione.

Gino Ferretti Magnifico Rettore dellUniversit di Parma

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

PARTE PRIMA

Dallagricoltura allo sviluppo industriale

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dallagriCOltUra allO svilUppO iNdUstriale


di Giovanni Ballarini 1.1.1 - I CiNqUe pilastri del sistema agrOiNdUstriale parmigiaNO Cinque sono stati i pilastri dellagroindustria parmigiana del secolo Ventesimo. I primi quattro sono le produzioni del formaggio, del pomodoro, della barbabietola e del prosciutto, che hanno indirizzato e sostenuto leconomia e modellato il paesaggio. Questi quattro pilastri, in grado diverso, si sono collegati allo sviluppo del quinto, rappresentato dallindustria delle macchine alimentari. I cinque pilastri nel loro insieme hanno determinato la crescita di un sistema commerciale e fieristico del tutto particolare, nuove strutture socio-economiche - come i distretti di prodotto - e dallinteragire delle attivit agricole, industriali, commerciali e socioeconomiche si sviluppato quello che stato definito il fenomeno parmigiano dellindustria agroalimentare. Il sistema agroalimentare parmigiano alla fine del Ventesimo secolo, e soprattutto allinizio del secolo successivo, ha dovuto affrontare grandi sfide, alle quali ha reagito con profondi mutamenti, particolarmente evidenti nel primo decennio del secolo Ventunesimo. A far da cornice a questa situazione vi era un quadro estremamente complesso ed articolato che, per essere meglio capito, avrebbe bisogno dampie indagini e ricerche che permettano una migliore comprensione del perch e come a Parma, in quel periodo, si costituito il sopra accennato sistema agroalimentare. Indubbiamente la nascita e lo sviluppo dellindustria agroalimentare nel parmense sono stati oggetto di ricerche e pubblicazioni; quello che si tenta di indagare in questo volume sono le condizioni che sembra abbiano dato avvio, guidato e sostenuto il sistema agroindustriale parmigiano, rendendolo in misura significativa diverso da quello daltri territori, anche circostanti, fino a permettere a Parma di assumere il ruolo di Capitale del Cibo nella valle alimentare padana. 1.1.2 - Le CiNqUe radiCi delliNdUstrialiZZaZiONe agrOalimeNtare parmigiaNa Almeno cinque sono le radici culturali che possono giustificare la formazione e lo sviluppo di unagroindustria a Parma: una citt che, seppur piccola, per lungo tempo si affermata come capitale capace di accogliere il pensiero tecnico moderno, di porsi al centro di commerci dampio respiro e, non da ultimo, di essere la sede multisecolare di uno 23

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


Studium poi divenuto Universitas Studiorum. La prima radice riguarda Parma che non solo stata, ma si soprattutto sentita, capitale nel periodo longobardo dellAurea Parma o dellautonomia comunale; e che si sviluppata in un circuito europeo delle corti anche attraverso le dinastie dei Farnese, dei Borbone e Viennese, acquisendo atteggiamenti e comportamenti culturali di grandapertura verso le innovazioni provenienti dallesterno1. Per la seconda radice bisogna ricordare che, a iniziare dallIlluminismo e dalla cultura dellEnciclopedia, negli ultimi decenni del secolo XVIII e sotto il dominio dei Primi Borbone (1731 1802), la cultura francese - che dai settecenteschi progressi della ragione giunge poi in pieno Ottocento a un malcelato, ma non per questo non meno decisivo ritorno allordine - fa di Parma un centro culturale di primordine. la Parma di Du Tillot, del Bodoni, del Paciaudi, del Turchi, del Mazza, del Moreau de Saint-Mery e dellAff. Un centro culturale aperto non soltanto allimportazione, ma produttore esso medesimo di cultura, e creatore di fonti e di proposte che il tempo non ha annullato2. Parma, che sar poi definita lAtene dItalia, con Guillaume Du Tillot si francesizz profondamente e in questo periodo fu fondata la Gazzetta, il primo giornale italiano, lAccademia Reale di Belle Arti (1752) e la Reale Biblioteca (1762, con inaugurazione nel 1769) ora Biblioteca Palatina. Una Parma nella quale arrivavano, in abbonamento, pi di trenta fascicoli dellEncyclopdie, e tanti non ne giungevano n a Roma, n a Bologna, n a Napoli3. Di fronte ad un fiorire dinteressi culturali non va tuttavia dimenticato4 che il Du Tillot trov a Parma disoccupazione, deficienze di cognizioni tecniche: mali endemici del ducato, che tent di curare, incoraggiando e sovvenzionando la produzione delle pi svariate merci: i bozzoli e le sete prima di tutto, poi gli innumerevoli oggetti della moda. Per questo dalla Francia e dalla Svizzera furono chiamati abili operai e artigiani, e per lagricoltura il Du Tillot diede impulso alla coltivazione del gelso per la bachicoltura5 e introdusse la patata. Lapertura della cultura parmigiana alle nuove idee che provenivano dalla Francia, anche nei confronti degli animali, quindi delle loro produzioni e trasformazioni, ben dimostrata dal Concorso Accademico bandito per il 1793 dallAccademia Reale di Belle Arti di Parma6 e riguardante il Concorso dArchitettura per Una Fabbrica ad uso di Scuola Veterinaria. Artigianato e protoindustria urbana indirizzata alla corte era quella del vetro, dei mobili e dellebanisteria, delle carrozze, della stampa, oltre ad attivit artistiche. Attivit di trasformazione agricola erano quelle della seta e degli alimenti, in particolare la lavorazione del latte (parmigiano e burro) delle carni suine e prodotti conservati (salumi), delle granaglie (frumento, riso, ecc...). Scomparsa la corte, dopo il 1860 lartigianato si rivolse alla produzione agroalimentare su diverse linee, in relazione anche al nuovo modo di alimentarsi e alla recente centralit di Parma nel sistema ferroviario italiano che facilit larrivo in citt del carbone con la produzione nelle fabbriche del vapore e del gas di citt, 24

Dallagricoltura allo sviluppo industriale

1.1

e questo favor un impulso alla costruzione e sviluppo dopifici variamente destinati. La terza radice dello sviluppo dellagroindustria parmigiana indubbiamente quella di una Parma citt di commerci - probabilmente fin dallepoca etrusca e sicuramente da quella romana - come dimostrano gli invii di lane e alimenti conservati (caci e carni salate) alla capitale romana o ai suoi eserciti. Questa vocazione commerciale era legata alla sua posizione strategica, allincrocio di due grandi assi. Il primo asse era sulla direttiva da oriente a occidente, costituto dallantichissima e preistorica via pedemontana, dalla via Emilia denominata anche Claudia, e dal fiume Po con i suoi porti7. Il secondo asse che passava da Parma era sulla direttiva che andava dal settentrione al meridione con strade che a sud erano agevolate da un transito appenninico favorevolmente basso in una incisura che attribuir poi nome al passo della Cisa, utilizzato dai longobardi (come testimoniano molti toponimi, e che durante il medioevo divenne una strada Romea, con le diramazioni Francigena e Alemanna8). Su queste strade passavano i commerci con i loro animali cavalcati, che trainavano carrozze e carri da soma. Della vocazione commerciale di Parma testimoniano i mercati e le fiere nelle quali si contrattavano animali, ma che al tempo stesso vedevano affluire gli animali da trasporto dei commercianti. I mercati mettevano a contatto le attivit e soprattutto le produzioni del contado con la citt9. Dalla campagna e dai boschi arrivavano alimenti e legna da ardere o da costruire, mentre la citt offriva prodotti finiti. Sempre nei mercati i contadini commerciavano animali e sementi. Presso la citt, il mercato boario si svolgeva nellarea ghiaiosa che nel 1177 o 1180 era rimasta libera per lo spostamento della Parma, e denominata Ghiaia. Bisogner attendere fino al 1838, quando la duchessa di Parma Maria Luisa fece realizzare in un luogo migliore il mercato bestiame, fuori dellattuale barriera Saffi, e su consiglio di Vincenzo Mistrali, chiese allarchitetto di corte Nicola Bettoli di realizzare in piazza Ghiaia le nuove Beccherie (poi donate al Municipio di Parma): costituite da un edificio in stile neoclassico, avevano una facciata con cinquanta colonne ed erano dotate di ghiacciaia. Nella provincia di Parma si tenevano numerosi mercati di bestiame, importanti punti dincontro degli allevatori e mediatori, e di chi loro fornivano fieno, alimenti e mangimi per il bestiame. Oltre al mercato di Parma, erano importati quelli posti ai piedi dellAppennino, quelli dove confluivano le diverse vallate, come Langhirano (luned) e Fornovo (marted)10, e quelli di Albazzano di Tizzano, Palanzano e, nella bassa parmense, il mercato di Busseto. Questi mercati, in pratica, scomparvero nella seconda met del secolo Ventesimo quando furono sostituiti da altri sistemi di commercializzazione e di scambio dinformazioni. Se i mercati avevano una funzione locale, le fiere invece avevano una visione pi ampia. Nulla sappiamo di fiere parmigiane del periodo romano, come invece sappiamo che a Cremona vi era unimportante fiera del bestiame. Medievali sono le fiere parmigiane di San Siro e di SantErcolano a cadenza annuale, la prima in primavera e la seconda in autunno, frequentate da mercanti francesi e 25

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


fiamminghi, che arrivavano attraverso la via Romea nei suoi rami di Francigena e Alemanna, e interessati soprattutto alla lana di cui Parma era celebre sin dal tempo dei romani. Intenso pare fosse anche il commercio danimali da trasporto e soprattutto cavalli, muli ed anche bovini. Attraverso le fiere ed i mercati si commercializzavano anche le preziose spezie ed il sale, necessari per la cucina e la gastronomia, e per la conservazione delle carni. In particolare da rilevare che lungo il Po vi erano attracchi allo sbocco degli affluenti, che permettevano di risalire alle citt, e che per lapprodo alla riva chiedevano una tassa o ripatico. Mentre era consuetudine alle barche che provenivano dalla foce del Po di pagare il ripatico in sale proveniente dalle saline adriatiche, nel porto qui appellatur parmisiano il ripatico era pagato in pepe, dato che il sale era presente nella zona, ottenuto dalle acque salse di Salsomaggiore ed aree vicine11. Altra radice di una vocazione commerciale di Parma legata allo Studium Parmense, al quale affluivano studenti che portavano merci preziose dai loro paesi usate per pagare i mercanti cittadini, i quali erano cos indirizzati ai mercati di provenienza degli studenti. Quarta radice stata indubbiamente quella di essere stata, Parma, sede di uno Studium, poi divenuto Universitas Studiorum. Quando Ottone I nel 962 rilasci al Vescovo Uberto di Parma il Diploma che gli attribuiva il diritto deligere e ordinare i notai, gettando le basi dello Studium Parmense o Universit degli Studi, non supponeva di modificare nel tempo tutto il sistema della citt e del territorio. Anche se nel secolo Diciannovesimo, e prima met del secolo Ventesimo, lUniversit di Parma non aveva specifici indirizzi di tecnologie meccaniche e agroalimentari - che saranno sviluppate soltanto alla fine del 1900 - non va sottovalutato il ruolo che lUniversit ha svolto nel mantenere e soprattutto diffondere una mentalit scientifica e tecnica. La quinta radice da rintracciare nella mancanza di una ricerca sperimentale e tecnica agroalimentare universitaria che ha trovato una quanto ma valida supplenza nella costituzione da parte delle istituzioni locali prima, e di quelle nazionali poi, della Stazione Sperimentale per lIndustria delle Conserve Alimentari (SSICA). 1.1.3 - LiNdUstria delle maCCHiNe agrOalimeNtari. CeNtralit del CasO parmeNse e le sUe qUattrO matriCi Diversi, ma tra loro intrecciati, sono stati i tempi e le linee di sviluppo dei cinque pilastri che hanno caratterizzato lo sviluppo del fenomeno agroindustriale parmigiano, in particolare le gi citate produzioni di formaggio parmigiano, pomodoro da industria, barbabietola da zucchero, prosciutti e altri prodotti di salumeria e macchine per lindustria alimentare. Pur rifacendosi tutte alle citate radici culturali, ognuna di queste produzioni ha le proprie caratteristiche, alle quali interessante accennare con particolare riferimento allindustria delle macchine agroalimentari. Da un punto di vista strettamente cronologico, indubbiamente, a Parma, prima vengo26

Dallagricoltura allo sviluppo industriale

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no le carni salate e i formaggi. Si tratta di prodotti gi commercializzati su mercati lontani ai tempi degli Etruschi e dei Romani con produzioni familiari e artigianali, anche per quanto riguarda le attrezzature necessarie, in un quadro non dissimile da quello esistente in altre aree dellItalia settentrionale. Molto pi recente, in citt, la produzione dello zucchero da barbabietola, ma anche in questo caso con modalit non dissimili da quelle di altre aree italiane e straniere. Particolare quanto avvenuto per la produzione del pomodoro, non tanto per la sua coltivazione orticola, quanto per quella in campo e per la sua trasformazione industriale, che sotto certi aspetti da ritenere levento che ha dato avvio al fenomeno dellagroindustria parmigiana, portando soprattutto nellagricoltura le idee delle trasformazioni industriali e facendo lievitare la propensione verso linnovazione tecnologica ed organizzativa. Come stato rilevato da Salvatore Adorno12, la centralit del caso parmense e delle connesse attitudini tecnico-produttive, trova riferimento in due istituzioni che soprattutto allinizio del secolo Ventesimo ebbero una grande importanza: lAssociazione Agraria e la Cattedra Ambulante dAgricoltura, con forti e peculiari dimensioni locali, legate anche allattivit di personaggi dalto spessore: in particolare per il Comizio Agrario Carlo Rognoni e per la Cattedra Ambulante Antonio Bizzozzero. La dimensione locale che ha portato alla centralit del caso parmense, secondo il citato Adorno, sarebbe stata originata da quattro matrici. La prima matrice il forte indirizzo produttivistico dato allagricoltura parmense dallazione innovativa dal Bizzozzero attraverso i tecnici agrari, superando schemi ideologici e di classe. La matrice tecnicistica del ruralismo padano appare come un dato consolidato dalla ricerca, soprattutto a Parma, dove i tecnici sono portatori di saperi e creatori distituzioni e associazioni: dalle cattedre ambulanti alle scuole pratiche dagricoltura, ai consorzi agrari, alle banche cooperative, alle stazioni di monta per il miglioramento genetico del bestiame, ecc... La seconda matrice rappresentata dallo stretto intreccio tra agricoltura e industria di trasformazione che, a partire dallultimo decennio del secolo Diciannovesimo, ha caratterizzato leconomia locale con la formazione di figure miste dagricoltori-industriali che sviluppano le tradizionali produzioni e trasformazione del formaggio e dei salumi, e inseriscono le nuove produzioni della barbabietola da zucchero e del pomodoro da conserva13. La terza e la quarta matrice sono rispettivamente quelle riguardanti la storia del movimento contadino e la vita politica della provincia, con il tentativo dellAssociazione Agraria di costituirsi in un autonomo partito politico. In questo contesto, come fa rilevare Salvatore Adorno14, va inserito il ceto padronale parmense che, investendo nelle sue componenti pi avanzate i propri capitali nellindustria di trasformazione e nelledilizia, e maturando nel suo insieme - anche in significativi settori dellaristocrazia notevoli attitudini impren27

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


ditoriali nella gestione delle aziende agricole, assume una profonda consapevolezza del ruolo dinamico che svolge nello sviluppo delleconomia locale. Nellambito del caso parmense, il ceto agrario si distingue dalle altre realt padane per diverse caratteristiche e, tra queste, per la spiccata propensione allinnovazione15 e per la tendenza a investire non solo nel settore primario, ma anche in quello dellindustria di trasformazione dei prodotti agrari, assumendo progressivamente un profilo sempre pi industriale. Questo atteggiamento ha, indubbiamente, favorito e tratto un chiaro vantaggio dallo sviluppo di un artigianato prima, e di unindustria poi, di macchine specializzate nella trasformazione delle produzioni agricole e zootecniche locali. Su questa linea vi fu anche un importante spostamento di capitali agrari nel settore industriale e finanziario. Il caso parmense, come ritratto dalle quattro matrici sopra menzionate, mostra una capacit di risposta originale ai processi di trasformazione indotti dalla modernizzazione postunitaria della fine del secolo Diciannovesimo e secolo Ventesimo, nei quali si inserisce la nascita e lo sviluppo dellindustria di trasformazione alimentare. Queste matrici, unitamente alle gi citate cinque radici dellindustrializzazione agroalimentare parmigiana, contribuiscono a spiegare le origini dellintreccio agroindustriale che ha caratterizzato la societ e leconomia parmigiana e che prende origine nel grave periodo della crisi economica postunitaria. 1.1.4 - Le OrigiNi delliNtreCCiO agrOiNdUstriale del pOmOdOrO e delle sUe fabbriCHe La produzione dei formaggi e la conservazione delle carni suine - antichissime nel territorio parmigiano - seppure nella versione conservati erano gi oggetto di commerci, non aveva dato avvio ad unindustrializzazione, come invece avvenne in seguito per la barbabietola da zucchero e, soprattutto, per il pomodoro. Lavvio dellindustrializzazione delle produzioni agricole parmigiane, con un nuovo intreccio agro-industriale, stato un fenomeno complesso e non completamente chiarito e spiegato. Fra le diverse origini, quelle principali sono da ricercare nella concomitanza dei seguenti elementi: 1. crescita dei consumi alimentari di una popolazione sempre pi urbana e con migliore reddito; 2. parallela diminuzione dellautoconsumo delle produzioni familiari; 3. evoluzione della cucina con tendenze borghesi a sempre pi larghi strati della popolazione; 4. crescenza dellefficacia della distribuzione degli alimenti non solo di base, ma anche di prima trasformazione16. Va inoltre aggiunto che tra la fine del Diciannovesimo e la prima met del Ventesimo secolo si svilupp una forte interrelazione tra il settore primario della produzione agricola e quello secondario della trasformazione dei prodotti alimentari legato a un aumen28

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to della produzione, a una maggiore richiesta del mercato e, non da ultimo, a modifiche nellutilizzo degli alimenti (materie prime di base, ingredienti e condimenti, ecc). Per il caso parmigiano interessante accennare alla barbabietola da zucchero, al pomodoro e, anche per un criterio cronologico di sviluppo, al settore lattiero-caseario e dei salumi. A questo riguardo va premesso che laumento delle produzioni del latte, della bietola e del pomodoro, fecero da traino alle rispettive industrie di trasformazione, che a loro volta favorirono un nuovo sviluppo dellagricoltura e, come indicato da Salvatore Adorno17, i deboli nuclei cittadini dellindustria metalmeccanica e le fonderie (come quelle di Cugini e Callegari), si rafforzarono, specializzandosi nella produzione di macchine agricole, di impianti per caseifici e di fabbriche conserviere. Lo zucchero era noto sin dal tempo dei Romani, quando era prodotto dalla canna da zucchero ed era importato dalloriente e, nonostante la piccolissima produzione araba in Sicilia, rimase sempre un prodotto prezioso che si vendeva in farmacia, e di conseguenza gli unici dolcificanti erano il miele ed il mosto duva. Una progressiva abbondanza di zucchero si ebbe allinizio del secolo diciannovesimo con la sua produzione dalla barbabietola che comparve nel territorio parmense nella prima met dello stesso secolo, mentre del 1874 fu il primo tentativo, fallito, di uno zuccherificio parmigiano. In seguito, quando per opera dAntonio Bizzozzero sinsegnarono agli agricoltori i vantaggi della coltivazione della barbabietola, alla fine del secolo, per opera della Societ Ligure Lombarda, si arriv alla costruzione e allattivazione di uno zuccherificio, con macchinari e personale tecnico boemo diretti dal Krieg, poi sostituito da Antonio Anfossi. Unattivit che quindi non coinvolse lindustria parmigiana. Se abbastanza intuitivo poteva essere il successo della produzione dello zucchero, non altrettanto era quella del pomodoro, pianta importata dallAmerica e che a Parma, sempre nella prima met del secolo Diciannovesimo, era stato introdotto come coltivazione soprattutto nelle zone del pianocolle di Langhirano, Sala Baganza e Felino. Il pomodoro era usato come ortaggio da insalata e, a livello familiare, trasformato in salsa e conservato in bottiglie scaldate in acqua bollente, sfruttando cos la sua acidit. Il successo della salsa di pomodoro dattribuire alla sua funzione sostitutiva del molto pi costoso sugo di carne, che caratterizzava la nuova cucina borghese che si era formata in Francia e che stava invadendo anche lItalia: da qui linteresse di ampliare la produzione di pomodoro e di avere delle sue conserve. Lampliamento di questa produzione avvenne a Parma per opera del direttore del Comizio Agrario Carlo Rognoni, che aveva un suo podere a Panocchia con la coltivazione in campo e con linserimento del pomodoro nella rotazione agraria biennale, con il grano al posto del granturco. Di pari passo, e a livello familiare o artigianale, anche da parte di negozianti di prodotti alimentari, fu sviluppata una conserva di pomodoro concentrata, ottenuta con lebollizione in caldaia a cielo aperto scaldata con fuoco a legna e poi essic29

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


cata al sole. Il processo portava alla produzione di pani di conserva nera o sestuplo18, affiancando questa lavorazione, strettamente estiva, a quella altrettanto stagionale ma invernale, dei salumi di maiale, e alla nascita dalcuni opifici o fabbriche del pomodoro19. Molto limitato fu il successo di unesportazione della conserva nera e quasi nullo allestero, sia per il sistema di confezionamento20, sia per la scarsa qualit del prodotto, spesso sofisticato anche con laggiunta di frutti di biancospino, della rosa canina o con patate, mele cotte, pere secche e perfino farina di mais.21 dellinizio del secolo Ventesimo limportazione dalla Francia di macchine (boules) per la concentrazione della passata di pomodoro sotto vuoto e la produzione del doppio e triplo concentrato di colore rosso che, confezionato in scatole metalliche, decreta il successo della nuova produzione, facilmente esportabile. Un fenomeno che si svolge in un breve periodo che indicativamente inizia nel 1902, durante il quale si stabiliscono importanti intrecci agroindustriale che cambiano profondamente lassetto parmigiano. I principali elementi dellintreccio sono schematicamente i seguenti: nascita della nuova industria del pomodoro; correlato sviluppo di una nuova imprenditorialit, nascita e crescita di unindustria meccanica diversificata; indotto sullindustria edile; nuova mentalit agricola; nascita e diffusione dellidea della marca e del suo valore. Un intreccio, inoltre, che ebbe importanti conseguenze su altri settori manifatturieri e tra questi, per lalimentare, quello lattiero-caseario e salumiero. Un intreccio che merita qualche breve cenno. La nuova industria del pomodoro nacque a Parma nel 1902 con il primo impianto industriale installato dal padovano Cesare Pezziol22 nel quale si produceva il doppio concentrato, lavorato sotto vuoto in boules riscaldate con il vapore, e confezionato in scatole metalliche. Linnovazione fu accolta molto favorevolmente dai parmigiani. Accanto a quello di Pezziol, tra il 1902 ed il 1907, sorsero altri 19 stabilimenti forniti di boules e caldaie vapore, che nel 1908 arrivarono a 24, mentre tra il 1910 e il 1913 si arriv al numero totale di ben 59 nuove fabbriche di concentrati e conserve di pomodoro23. La rapidissima crescita delle fabbriche del pomodoro24 costell la periferia cittadina e la campagna, soprattutto nella zona meridionale e in quella del pianocolle, di una selva di ciminiere simbolo di una nuova imprenditorialit. Alcuni produttori di conserva nera si erano, infatti, convertiti alla nuova tecnologia, ma la maggior parte delle nuove fabbriche era espressione di una altrettanto nuova imprenditoria locale che fino ad allora era rimasta estranea allindustria conserviera caratterizzata dai moderni assetti imprenditoriali delle societ per azioni o daccomandite per azioni con rilevante capitale sociale, oltre alla consistente quota di fabbriche gestite sotto diversa forma da aziende familiari. In questa nuova situazione si crearono importanti strutture commerciali per la vendita del nuovo e continuamente crescente prodotto sia in Italia, sia allestero; si ebbe inoltre un confluire deconomie locali derivanti dallagricoltura e da altre attivit che, in un certo modo, costituirono una nuova alleanza di capitali25. 30

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La diffusione delle nuove fabbriche del pomodoro diede avvio allespansione di unindustria meccanica diversificata che inizialmente si concentr sulla produzione delle boules, delle caldaie a vapore e delle scatole di latta, litografate o comunque etichettate, con i connessi macchinari di confezionamento e di sterilizzazione26. Una nuova industria che si svilupp non senza inconvenienti e che indusse i produttori pi avvertiti a dare avvio a una struttura di ricerca che poi sfoci, nel 1922, nella costituzione della Stazione Sperimentale per lIndustria delle Conserve Alimentari (SSICA). Questa nuova industria di tipo metalmeccanico ebbe la possibilit di trasferire le recenti conoscenze ad altri settori agroindustriali, tra i quali quello della lavorazione del formaggio dove le caldaie scaldate a fuoco di legna furono progressivamente sostituite da quelle riscaldate in modo pi preciso ed efficace dal vapore. In modo analogo la produzione delle scatole di latta pot essere trasferita allindustria salumiera per lesportazione, soprattutto allestero, di taluni prodotti cotti. La rapida costruzione, in un tempo relativamente breve, di un rilevante numero di nuove fabbriche - quasi sessanta - ebbe un importante riflesso sullindustria edilizia, non solo come produzione di materiali da costruzione, ma anche sotto laspetto tecnico ( sufficiente ricordare la creazione delle sempre pi alte ciminiere27). La diffusione di unindustria conserviera diede un nuovo orizzonte allagricoltura parmense, non pi legata a produzioni agricole tradizionali pi o meno simili a quelle daltri territori della pianura padana, ma con una rappresentazione che coinvolgeva anche una nuova immagine del territorio. Non da ultimo da considerare il ruolo che ha avuto la vendita di scatole di latta etichettate, sulle quali era presente il marchio del produttore spesso individuato con unimmagine leggibile anche dagli illetterati: le etichette erano evocative di unidea di progresso che ben si attagliava al Ventesimo secolo dello sviluppo, del quale era stata celebrata la nascita con il Ballo Excelsior. Riprendendo sia pure per cenni il ruolo della nuova industria del pomodoro nellintreccio agroindustriale parmense, va di nuovo ricordato che si trattava di unindustria stagionale estiva e che si era sviluppata anche per opera dimprenditori che, a diverso titolo, operavano in altre attivit stagionali, come quella invernale della salumeria e quella prevalentemente autunnale della viticoltura e produzione di vini. La costituzione di trinomi terra conserva salumi o di terra conserva vini era inoltre agevolata da una distribuzione dei prodotti attraverso il sistema dei negozi di generi alimentari e, soprattutto, contribu a trasferire una mentalit di lavorazione industriale dal pomodoro ad altri alimenti, non ultimi quelli del lattiero-caseario e del prosciutto. In questorientamento, la nascita e lo sviluppo dellindustria conserviera nata a Parma allinizio del secolo Ventesimo alla base di uno stretto intreccio con altre attivit locali fra cui, in modo particolare, le industrie alimentari e le industrie metalmeccaniche ed attivit espositive28. 31

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


1.1.5 - INdUstrialiZZaZiONe agrOalimeNtare lattierO-Casearia e salUmiera parmigiaNa Lintreccio agroindustriale innescato dalle fabbriche del pomodoro nelle sue diverse dimensioni, e soprattutto attraverso lo sviluppo di una diversificata industria metalmeccanica, ebbe una rilevante importanza anche sullo sviluppo daltri prodotti agroalimentari come quelli lattiero-caseari e salumieri. Per quanto riguarda il settore lattiero-caseario se lo sviluppo delle industrie metalmeccaniche ha modificato, migliorando, i sistemi di produzione del formaggio vaccino a lunga conservazione - grana nella sua qualificazione di Parmigiano Reggiano - non bisogna dimenticare quanto avvenuto a Parma nella lavorazione del latte alimentare. stato, infatti, a Parma che negli anni del secondo dopoguerra, per opera di Calisto Tanzi e dei suoi collaboratori, che si per la prima volta rotto il monopolio delle Centrali del Latte, una delle quali era esistente anche a Parma. Con lutilizzo di confezioni e sistemi di sanitizzazione innovativi (contenitori in poliaccoppiato e sterilizzazione UHT) anche in Italia si sviluppata unindustria del latte e dei suoi derivati, tra questi ad esempio i latti fermentati. Anche in questo caso, come nel caso delle boules importate dalla Francia, si vista limportazione di una tecnologia straniera (confezionamento asettico in contenitori di poliaccoppiato) che d avvio a unindustrializzazione di un settore, che prima era soltanto artigianale. Anche per il settore salumiero di Parma ha dimostrato una specificit particolare con lo sviluppo, se non la creazione, del prosciutto dolce e pesante e lindustrializzazione della sua produzione in una zona ben definita. Senza entrare in dettagli non concessi in questa sede, sufficiente ricordare che alla fine dellOttocento era noto il prosciutto di Vianino e a met del secolo successivo il prosciutto di Langhirano, dei quali si producevano rispettivamente qualche migliaio e poco pi di quattrocentomila pezzi. Nella seconda met del secolo Ventesimo, con lindustrializzazione della lavorazione, si arrivati a produrre approssimativamente dieci milioni di Prosciutti Parma DOP e oltre dodici milioni daltri prosciutti. Di pari passo le caratteristiche dei prosciutti sono state adeguate alle richieste dei consumatori con la produzione di prosciutti magri e dolci delevate dimensioni e a lunga stagionatura (DOP) o di pi ridotta taglia e ridotta stagionatura. Lindustrializzazione del prosciutto, oltre a portare a progettare un Distretto del Prosciutto, stata di stimolo allo sviluppo daltri prodotti salumieri tradizionali (Culatello, Spalla Cotta, Salame Felino) e innovativi (Culaccia). Lindustrializzazione stata anche stimolo per le industrie salumiere locali della produzione di una diversificata gamma di prodotti salumieri (Mortadella Bologna, Salamini Italiani alla Cacciatora ecc...). 1.1.6 INdUstrialiZZaZiONe delle prOdUZiONi agriCOle, agriCOltUra e paesaggiO parmeNse I rapidi cenni che sono stati dedicati allo stretto e originale intreccio tra i processi tecnologici, sociali, economici che a Parma hanno caratterizzato il secolo Ventesimo - traendo 32

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origine anche da radici antiche - non si esaurisce negli ambiti che sono stati considerati o soltanto accennati. In proposito, necessario soffermarsi sulle conseguenze che si sono avute sulla cultura e mentalit contadina parmigiana e sul paesaggio della campagna parmigiana. Se fin verso la met del secolo Diciannovesimo i rapporti tra la citt e la campagna erano definiti sulla base di impostazioni tradizionali, e molto simili a quelle di altre province anche vicine, successivamente e in conseguenza dellintreccio agroindustriale sopra schematizzato - sia pure attraverso complesse, difficili e tuttaltro che indolori processi di trasformazione -, si sono creati quadri e scenari che nella seconda met del secolo Ventesimo hanno portato Parma a presentarsi come una capitale del cibo, prodotto e interpretato con una visione di tradizione vissuta modernamente. In questo ambito, se nella montagna parmigiana la cultura contadina rimasta sostanzialmente simile a quella daltre province, nella parte della bassa collina, pedemontana e della pianura si potuto costatare una forte differenziazione, che non cessa di ampliarsi; lo dimostra, in questi ultimi anni, lindustrializzazione della produzione di vini, non soltanto come ricupero di tradizioni, ma soprattutto come innovazioni originali. Nello stesso orientamento sarebbe da approfondire il ruolo che lintreccio agroindustriale del ventesimo secolo ha avuto sul paesaggio parmigiano. Il paesaggio parmigiano del Diciannovesimo secolo aveva visto la comparsa delle stalle che sostenevano la nuova realt della produzione di latte destinato alla caseificazione. Allinizio del secolo Ventesimo non solo nel territorio parmigiano si diffondono le fabbriche con le loro ciminiere, ma ai caseifici si affiancano sempre pi grandi porcilaie, peraltro in diminuzione verso la fine del secolo, quando le strutture saranno costruite secondo criteri e stili standardizzati. In modo analogo la specializzazione produttiva e la meccanizzazione agricola porter alla scomparsa della piantata nella quale la vita era sposata agli alberi, allapparizione della pioppicoltura industriale e a tanti altri cambiamenti di omologazione del paesaggio parmigiano con quello di altri territori. 1.1.7 - SeCOlO VeNtesimO: CrOllO di UN sistema? Allinizio del secolo Ventunesimo a Parma divenuto evidente lappannarsi, se non lo scomparire, delle cinque radici e delle quattro matrici che, pi o meno lontane, avevano portato allindustrializzazione agroalimentare parmigiana e al costituirsi dintrecci tecnici, socioculturali ed economici che sostenevano i cinque pilastri caratterizzanti del sistema parmigiano, sviluppati nel corso del secolo Ventesimo. In questi ultimi anni la produzione della barbabietola da zucchero in una crisi gravissima e rischia la scomparsa di fronte a una massiccia - e pare inarrestabile - globalizzazione dei mercati. Il formaggio Parmigiano Reggiano DOP e il Prosciutto Parma DOP sono in crisi non solo di sovrapproduzione, ma anche per i mutati consumi alimentari e preferenze verso altre produzioni di pi facile commercializzazione e, soprattutto, duso pi confa33

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cente ai moderni stili di consumo. Il pomodoro deve affrontare le sfide della globalizzazione e, sotto certi aspetti, anche il mutare delle abitudini alimentari. Infine lindustria delle macchine alimentari, dopo essere stata in gran parte acquisita da imprese multinazionali, deve fare i conti con lattuale globalizzazione delle produzioni. Quelli indicati sono indubbiamente elementi obiettivi, ma non bisogna trascurare altre condizioni di fondo che, sotto taluni aspetti, sono pi importanti e gravide di conseguenze. Partendo da quanto messo in evidenza, soprattutto a proposito delle matrici che avevano portato allindustrializzazione agroalimentare parmigiana, agevole constatare la loro forte riduzione e per certi aspetti la loro scomparsa. In particolare si rotto il rapporto, che persino dallantichit, collegava citt e campagna, e che attraverso unoriginale interpretazione, aveva condotto al fenomeno parmigiano. Non certamente un caso che quasi tutta lattuale produzione di prosciutti lavorati a Parma non ha origini parmigiane e, per oltre la met, neppure italiane; in modo analogo, lo stesso per i prodotti lattieri lavorati a Parma. Anche lindustria metalmeccanica parmigiana, che era nata e si era sviluppata sul prodotto locale, ha ora prospettive e soprattutto matrici, non solo nazionali, ma sempre pi mondiali. Non solo sono scomparse radici e matrici, ma soprattutto scomparso quellintreccio che connettendo citt e campagna, e le diverse produzioni agroindustriali, aveva dato origine ad un sistema estremamente vivace (non si comprenderebbe, ad esempio, la costruzione di quasi sessanta fabbriche di pomodoro in poco meno di quindici anni) ma al tempo stesso flessibile e capace daffrontare con innovazione ogni nuova sfida e difficolt. Queste considerazioni, di sicuro negative, devono indurre a un pessimismo o, piuttosto, a riconsiderare sotto nuove prospettive lattuale momento, confrontandolo con le condizioni molto pi negative che dominavano a Parma alla fine del secolo Diciannovesimo? Mai come oggi, proprio a Parma, sviluppando il patrimonio sociale accumulato negli ultimi secoli e, soprattutto, le linee di ricerca che arrivano anche attraverso le strutture fieristiche, possibile auspicare nuovi sviluppi soprattutto agroalimentari; anche sfruttando un periodo di crisi che induce a trovare vie e soluzioni nuove, tenendo conto che in Italia i due principali settori di produzione della ricchezza sono quelli della metalmeccanica e dellagroindustria i quali, proprio a Parma, hanno stretto legami di forte sinergia.

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Bibliografia e note

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BIBLIOGRAFIA E NOTE
Solo come riferimento daneddoto stato rilevato che la maggior parte dei parmigiani che hanno reso celebre questa citt non sono parmigiani. 2 Marchetti G. Parma, Guida, Napoli, 2007 (pag. 43). 3 Marchetti G. Parma, Guida, Napoli, 2007. 4 Bernini F. Storia di Parma, Battei, Parma, 1979 (pag. 137). 5 Vedi il paragrafo successivo. 6 Nel 1752 fu fondata lAccademia detta pi tardi di Belle Arti, oltre che scuola darte, consorzio dartisti, che esponevano le loro opere e concorrevano a premi, e della quale fu segretario Carlo Innocenzo Frugoni. 7 Parma nel medioevo si serviva di tre porti. Il primo e pi importante era definito parmisiano, non ancora identificato e forse corrispondente a Coparmuli, quello dAlbareto anche questo in posizione non definita, ed infine quello di Brescello alla foce dellEnza. Coparmuli un toponimo incerto come etimologia e come posizione geografica. Tuttavia si pu ritenere che sia la contrazione di tre etimi: co, Parma, mulo. Co sta per caput ed identifica lo sbocco di un corso dacqua in un altro, per questo Colorno caput Lorni, dove il torrente Lorno si getta nella Parma. Parma da riferire al torrente Parma e quindi il toponimo indica dove la Parma si gettava nel Po, corrispondente al porto medievale qui appellatur parmisiano. Infine si pu supporre che mulo si riferisse al fatto che nel porto vi era disponibilit danimali (muli) da soma o da traino delle barche verso la citt, con il sistema dellattiraglio. 8 Prete Pedrini M. R., Bonora P. Le vie di comunicazione in: Storia dellEmilia Romagna, University Press, Bologna, 1977 (vol. II, p. 101). 9 Vedi anche: Cristoferi M. V. Fiere e mercati in: Storia dellEmilia Romagna, University Press, Bologna, 1977 (vol. II, pag. 153). Romani M. A. Nella spirale di una crisi. Popolazione, mercato e prezzi a Parma tra Cinque e Seicento, Giuffr, Milano, 1975. 10 Non si dimentichi che Forum Novum fu fondato dai Romani con la funzione di mercato posto alle confluenza delle valli del Taro e del Ceno, sulle vie che portavano al porto di Luni. 11 Il sale era ottenuto per ebollizione delle acque salse, e durante il dominio dei Pallavicino furono distrutti boschi e foreste, con gravi danni ambientali. 12 Adorno S. Gli agrari a Parma. Politica, interessi e conflitti di una borghesia padana in et giolittiana, Diabasis, Reggio Emilia, 2007 (pag. 12 16). Sullagroindustria oparmense vedi anche: Serena Lenzotti con prefazione di Antonio Barisella. La ricerca di Zaira. Protoindustria e strutture urbane a Parma tra primo e secondo Ottocento, Franco Angeli, Milano, 2007. 13 Molte sono gli studi sulla trasformazione del latte in formaggio grana, sullindustria saccarifera e su quelle delle conserve di pomodoro, in relazione anche ai mercati, al tipo ed alla dimensione dei consumi, alle componenti tecnologici ed imprenditoriali, nonch alla dimensione territoriale degli insediamenti produttivi, che permettono di meglio leggere il quadro parmense. (Adorno S. Gli agrari a Parma. Politica, interessi e conflitti di una borghesia padana in et giolittiana, Diabasis, Reggio Emilia, 2007 - pag. 14). 14 Adorno S. Gli agrari a Parma. Politica, interessi e conflitti di una borghesia padana in et giolittiana, Diabasis, Reggio Emilia, 2007 (pag. 16). 15 Da non sottovalutare, a questo proposito, quanto indicato sulle radici dellindustrializzazione delle trasfor1

mazioni alimentari a Parma. 16 Lalimentazione dautoconsumo si basava sul grano trasformato in farina, sul maiale convertito in salumi e grassi, sulluva ridotto a vino ed aceto, sui prodotti dellorto e dellaia o bassa corte, in parte utilizzati anche nelle citt dai proprietari di poderi condotti a mezzadria o terzieria. 17 Adorno S. Gli agrari a Parma. Politica, interessi e conflitti di una borghesia padana in et giolittiana, Diabasis, Reggio Emilia, 2007 (pag. 45 - 46). 18 Sulle prime tecniche di produzione del sugo o salsa di pomodoro e sulla produzione dei pani di conserva nera, vedi: Rovesti G. Lindustria della conserva di pomodoro, Casale, 1913. E Anonimo. Ludovico Pagani e lindustria del pomodoro, La Giovane Montagna, 15 novembre 1939. 19 Nel 1890 il Ministero di Agricoltura Industria e Commercio censiva 16 opifici 12 a felino, 2 a Parma e 1 rispettivamente a Langhirano e Cortile San Martino che lavoravano circa 44 giorni lanno, occupavano 76 operai e producevano annualmente una media di 535 quintali di conserva nera, lavorando quindi circa 3.300 quintali di pomodoro. 20 La conserva nera, avvolta in carta oleata, era venduta al dettaglio nei negozi di salsamenteria o di generi mista. Per lesportazione, i pani avvolti in carta oleata, in generale erano confezionati in barili di legno. 21 Anonimo. Sulle adulterazioni delle conserve di pomodoro, Bollettino del Comizio Agrario Parmense, dicembre 1873, n. 12, pp. 182 183 (in: Adorno S. Gli agrari a Parma. Politica, interessi e conflitti di una borghesia padana in et giolittiana, Diabasis, Reggio Emilia, 2007 - pag. 53). 22 Va di nuovo rimarcato che anche in questo caso Parma stata resa celebre per lopera di un non parmigiano, che tuttavia in questa citt ha trovato il terreno fertile per la sua iniziativa, che comportava anche limportazione di uninnovazione estera, quella delle boules di concentrazione del pomodoro sottovuoto. 23 Dati della Camera di Commercio ed Arti della Provincia di Parma (Adorno S. Gli agrari a Parma. Politica, interessi e conflitti di una borghesia padana in et giolittiana, Diabasis, Reggio Emilia, 2007 nota 99, pag. 71). 24 Fino alla seconda met del secolo, a Parma per fabbrica sintendeva quasi per antonomasia quella di produzione delle conserve di pomodoro. 25 Per altri dettagli ed esemplificazioni, vedi: Adorno S. Gli agrari a Parma. Politica, interessi e conflitti di una borghesia padana in et giolittiana. Diabasis, Reggio Emilia, 2007(pag. 54 e relative note). 26 Ben poco si conosce su questa fase di trasformazione, tuttavia risulta che Giuseppe Vitali di Enrico, uno stagnino, si trasform in fabbricante di scatole di latta che si presume fossero utilizzate per linscatolamento della conserva di pomodoro (Adorno S. Gli agrari a Parma. Politica, interessi e conflitti di una borghesia padana in et giolittiana, Diabasis, Reggio Emilia, 2007 nota 104, pag. 72). 27 Laltezza della ciminiera non era soltanto un elemento tecnologico collegato al suo tiraggio e ad una migliore dispersione dei fumi, ma anche un simbolo della potenza della fabbrica stessa e dellimmagine del suo proprietario o della societ damministrazione. 28 Tra le attivit espositive sono da porre la Mostra delle Conserve, in un certo periodo anche dellAutarchia, nei locali del Giardino Ducale e poi le Fiere di Parma con Cibus nelle sue diverse declinazioni e specializzazioni nel quartiere fieristico di Baganzola.

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

Approfondimento A1

1.1

PARMA Nella prima met del 900: la testimONiaNZa di MarCellO MUtti


di Erika Ferrari Il Secondo Dopoguerra segna un passaggio fondamentale per lo sviluppo industriale del settore agroalimentare, determinato dalla disponibilit di macchinari innovativi pensati e realizzati da costruttori dotati di particolare ingegno e di elevata capacit progettuale. A questi pionieri del settore meccanico si sono affiancati gli imprenditori dellalimentare, le cui fabbriche si trasformarono in laboratori di sperimentazione delle innovazioni tecnologiche. Per spiegare al meglio il passaggio concettuale e di capacit innovativa che caratterizz la seconda met del secolo scorso, possibile fare ricorso alla testimonianza di Marcello Mutti, presidenti della Mutti SpA, azienda leader del mercato conserviero internazionale, che raffigura lambiente produttivo in cui operavano le ditte fino alla prima met del 900. Negli anni 50 i macchinari iniziavano a subire una prima evoluzione. La guerra era finita da poco e una buona parte degli impianti, utilizzati nei nostri stabilimenti, erano di derivazione degli anni Trenta e Quaranta. Si trattava di una tecnologia abbastanza semplice. Le industrie meccaniche sul mercato erano poche, dislocate principalmente a Parma; la tecnologia non era molto avanzata. Marcello Mutti descrive in questi termini un mondo industriale per certi aspetti ancora arcaico rispetto a quello che si presenter solo alcune decine di anni dopo, con la nascita vera e propria dellindustria delle tecnologie alimentari. Nei primi anni del 900 gli impianti per la trasformazione del pomodoro erano molto semplici e potrebbero essere identificati nelle boules, grandi pentole in ferro e rame (lacciaio inossidabile sarebbe arrivato molti anni dopo) utilizzate per ottenere il concentrato di pomodoro. Come spiega Mutti, le boules erano quasi delle opere darte. Le ditte che le producevano erano dei piccoli artigiani, come Oreste Luciani, Ghizzoni, Ettore Vettori e Manghi, Manzini, nomi che esistevano gi, ma si trattava di realt ancora di modeste dimensioni. Solo successivamente queste realt fecero un salto dimensionale che permise loro, prima di acquisire importanza sul mercato, poi attraverso vari episodi, di fondersi in un unico gruppo. A differenza della situazione attuale, fino alla prima met del 900, il settore delle tecnologie agroalimentari presentava una situazione di frammentazione, in cui operavano tante 38

piccole imprese la cui sopravvivenza era garantita dalla bassa tecnologia impiegata negli stabilimenti alimentari. Lo stesso Mutti spiega come appena finita la guerra si utilizzavano ancora i generatori a vapori denominati comunemente caldaie, che funzionavano a carbone. Ricordo bene le enormi ciminiere della nostra ditta e gli uomini che spalavano il carbone ammassato in cumuli, delle sorte di montagne, allesterno dellazienda. Vi erano nuvole di fumo nero che coprivano il cielo, ma date le ridotte dimensioni delle ditte, linquinamento era ridotto. Anche la meccanizzazione del processo produttivo era solo agli inizi: la componente umana svolgeva operazioni fondamentali per la catena di lavorazione. Allinterno della fabbrica Mutti, fino agli anni 40, il coperchio delle scatole da 100 grammi di concentrato di pomodoro era apposto manualmente dal personale femminile: una macchina riempiva le scatole con il prodotto, circa dieci donne posizionavano il coperchio e un trasportatore avviava i contenitori allaggraffatrice per la loro chiusura. Un altro episodio che testimonia lincidenza del lavoro umano sul processo produttivo quello inerente alla sigillatura del tubetto. Quando nel 51 lanciammo il tubetto, la chiusura del tappo (che era un ditale) era ancora manuale: vi erano lunghe file di donne che non facevano altro che avvitare la capsula in plastica, la cui chiusura era stata dilatata dal calore del pomodoro, e mettere il tubetto nei cartoni. Era un mondo molto arretrato rispetto a quello che si presenter solo dieci anni dopo, quando si assister a un salto di concezione industriale altamente significativo. Si tratta degli anni in cui, ad esempio, la ditta A&G Rossi di Parma installer la prima intubettatrice veloce, introducendo notevoli migliorie e velocizzando il processo produttivo. Fino alla prima met del 900 non vi furono degli sviluppi tecnologici rilevanti, ma solo affinamenti delle tecniche a disposizione della produzione: le boules, le caldaie, le aggraffatrici rimasero per cinquantanni pressoch invariate. Il grande salto dellinnovazione tecnologica, e di conseguenza della produzione agroindustriale, si avr nel ventennio compreso fra gli anni 50 e 70, un periodo fondamentale per lo sviluppo non solo dei macchinari, ma anche dei contenitori e dello stesso prodotto alimentare.

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

Approfondimento A2

1.1

la NasCita di UN COmpartO: lesperieNZa di GiUseppe ROdOlfi


di Erika Ferrari Lo sviluppo concettuale, tecnologico e produttivo che segu alla Seconda Guerra Mondiale ben raffigurato dalle parole di Giuseppe Rodolfi, Presidente della Rodolfi Mansueto SpA. Rodolfi spiega come linnovazione non abbia coinvolto solo gli impianti produttivi, ma anche il prodotto agricolo e lintera filiera legata al pomodoro. Le variet del pomodoro, presenti fino alla met dello scorso secolo, si rivelarono, infatti, poco adatte per lo sviluppo della produzione conserviera. Il sapore dei pomodori di una volta era sicuramente diverso e forse migliore, ma si trattava di un prodotto fragile che sgocciolava facilmente e non permetteva la sua conservazione e la raccolta meccanica racconta Rodolfi. Si quindi intervenuto modificando le variet conosciute in base alle future necessit. Levoluzione che ha subito il pomodoro riassumibile in alcuni passaggi fondamentali: agli inizi Parma si dedic alla produzione del concentrato doppio e triplo, poi subentrarono i pelati, fino ad arrivare alla polpa, ai sughi, ai prodotti composti e infine alla polvere di pomodoro liofilizzata. Contemporaneamente allo sviluppo del pomodoro, nel Secondo Dopoguerra si assistito allo sviluppo degli impianti progettati dalle nuove figure di tecnici e di costruttori. La ditta Rossi & Catelli, leader mondiale per gli impianti di concentrazione e altro, stata la prima a produrre i concentratori continui, quelli, sempre aggiornati e migliorati, tuttora utilizzati. Proprio nella nostra fabbrica abbiamo fatto con la Rossi & Catelli - con lo stesso Camillo Catelli - i primi esperimenti con i concentratori continui. Si trattava di un modello piccolo che trasformava 3.000 quintali di pomodoro fresco al giorno; oggi questi impianti ne lavorano 30.000, prosegue Rodolfi. Se i concentratori continui erano stati sviluppati da Rossi & Catelli e dall Ing. Rossi, le altre aziende metalmeccaniche di Parma si specializzarono nella produzione di diverse tipologie di macchine, come le aggraffatrici, le riempitrici o i generatori di vapore. In quegli anni avvenuto un grande sviluppo - approfondisce Rodolfi - che si continuamente modificato e migliorato con lintroduzione di nuove tecnologie e di nuovi sistemi di conservazione e confezionamento dei prodotti. Dalla scatola si passati al tubetto, e negli ul40

timi ventanni al tetrapak e al vetro. E questo grazie alla sterilizzazione in asettico, agli impianti Rossi & Catelli e Ing. Rossi che hanno rivoluzionato i metodi di conservazione. Ancora oggi si assiste allo sviluppo di nuove tecnologie, a nuovi metodi di conservazione e di imballo. A fianco dello sviluppo del prodotto si assistito, quindi, a una progressiva evoluzione dellimpiantistica a opera dei tecnici, che operavano in stretta collaborazione con le ditte che avrebbero poi acquistato e utilizzato questi macchinari. Sono stati i pionieri dellagroalimentare a indicare ai tecnici quali fossero le necessit della loro produzione. Gli esperimenti sono stati fatti direttamente nelle aziende di Parma che avrebbero poi utilizzato quei macchinari. Dalle fabbriche i tecnici hanno avuto i suggerimenti per modificare e migliorare gli impianti. La messa a punto finale dei macchinari avveniva direttamente negli stabilimenti delle ditte di lavorazione del prodotto agroalimentare. Gli stessi tecnici si sono formati presso le ditte alimentari: Catelli, Cavazzini e Simonazzi hanno lavorato nel nostro stabilimento per poi dedicarsi, tramite proprie officine, alla realizzazione dei macchinari e impianti per la trasformazione del pomodoro. Lesperienza di Rodolfi non si esaurisce nel settore del pomodoro. Il capostipite, Mansueto, che operava anche nella trasformazione del latte in Parmigiano, negli ultimi anni di vita aveva costruita un nuovo caseificio sempre a Ozzano Taro, Parma. Allora si trattava di una grande struttura innovativa per la produzione e stagionatura del Parmigiano, e dalle grandi potenzialit produttive per quei tempi. Alla morte di Mansueto lattivit del caseificio stata proseguita dai figli Lucio e Giuseppe, esaurendosi alla successiva morte di Lucio. Giuseppe ha poi proseguito lattivit, ma in un altro caseificio di propriet a Madregolo. Del settore lattiero-caseario, Rodolfi spiega che nella produzione del Parmigiano Reggiano oggi si stanno affrontando molte difficolt: Il Parmigiano Reggiano un prodotto di qualit eccezionale, ma la sua produzione richiede costi elevatissimi, e per il futuro non si intravedono scenari migliori. Alle difficolt che implicano elevati costi produttivi e lunghi tempi di stagionatura, si affiancano i cambiamenti dei gusti alimentari dei consumatori, soprattutto quelli delle nuove generazioni, e la concorrenza nei mercati esteri, dove le tutele sono ancora pochissime. In questo settore non si voluto fare innovazione dei macchinari impiegati, perch si proseguiti con il metodo tradizionale di produzione. Ma arrivati a questo punto, ci si pone la domanda se la scelta che stata fatta sia giusta oppure no. La produzione del Parmigiano Reggiano ancora prettamente artigianale con limpiego di unelevata percentuale di manodopera: il casaro sostituisce lintervento della tecnologia. La lavorazione del Padano ha invece innovato i macchinari utilizzati, scegliendo una produzione in serie basate su quantit elevate e certe, a costi contenuti. Il metodo artigianale, seppure premiando la qualit, presenta ancora elevati rischi. Occorre quindi cambiare la tecnica produttiva, perch ormai la situazione insostenibile. Purtroppo mancano le tutele dei marchi e questo anche a livello comunitario, nonostante i primi tentativi che sono stati fatti in funzione di una maggiore protezione sottolinea, infine, con preoccupazione lo stesso Rodolfi. 41

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

Levoluzione tecnologica delle macchine

1.2

LEVOLUZIONE TECNOLOGICA DELLE MACCHINE


di Roberto Massini 1.2.1 - TeCNiCa e teCNOlOgia Tecnologia, dal greco, significa studio della tecnica. Secondo il Devoto Oli1, la tecnica il complesso di norme che regolano lesecuzione pratica e strumentale di unarte, di una scienza, di unattivit professionale; la tecnologia invece lo studio sistematico delle scienze applicate relativamente alla trasformazione della materia prima in prodotti di impiego o di consumo. A partire dalla Rivoluzione scientifica si affermata lesigenza di fondare la conoscenza tecnica sul sapere scientifico che ha trovato compimento alla fine dellOttocento. Il passaggio dal sapere empirico al sapere teorico rivolto alle attivit, alla pratica, il passaggio dalla tecnica alla tecnologia2. In ambito commerciale, il termine tecnologia utilizzato per indicare, anzich la branca di conoscenze relative alle scienze applicate, le macchine e gli impianti che si basano su tali conoscenze nella loro applicazione alla produzione industriale. In una prospettiva di evoluzione storica, la tecnica, ovvero le procedure che permettono di ottenere un determinato risultato per lo pi connesso ad abilit manuali, generalmente basata su conoscenze empiriche tramandate da maestro ad apprendista, con un lento meccanismo di miglioramento evolutivo generato per tentativi ed errori (by trial and error) e valutazioni approssimative (rule of thumb). Una stratificazione conoscitiva, quindi, adatta per un contesto di riferimento sostanzialmente statico. Mentre la tecnologia, applicando alla tecnica le conoscenze scientifiche via via disponibili, permette di razionalizzarla, di evolverla ed anche di innovarla in maniera programmata e rapida, secondo parametri misurabili. Questo tipo di conoscenza diventata indispensabile anche nel settore alimentare da quando i mutamenti legislativi e di mercato hanno assunto una dinamica crescente. La tecnica praticata dagli animali basata sullistinto ed sostanzialmente generalizzata e ripetitiva in quanto finalizzata alla sopravvivenza della specie3. Mentre la tecnica praticata dalluomo, pur avendo alla radice ladattamento allambiente per la sopravvivenza, evolutiva in quanto si basa sul ragionamento, sulla intuizione e sulla creativit, potendo cos raggiungere nel singolo individuo leccellenza artigianale e la sublimazione artistica. La tecnologia, daltra parte, necessita dellapporto di competenze e di professionalit plurime e complementari non solo nella applicazione alla produzione che distingue lorganizzazione 42 43

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


industriale rispetto a quella artigianale, ma anche nella sua base scientifica. Anche la storia della tecnologia alimentare dimostra che le scoperte scientifiche individuali hanno avuto reale applicazione solo dopo lintervento di altri ricercatori e, affinch tale meccanismo non sia casuale come nel passato, oggi lapproccio tecnologico multidisciplinare per definizione. I prodotti alimentari sono il risultato di molteplici modificazioni, subite dalla materia prima durante la lavorazione e la conservazione, che possono essere quelle volute, oppure indesiderate e addirittura potenzialmente nocive. Per governare tali modificazioni in funzione degli obblighi di legge e delle esigenze del mercato, la tecnologia alimentare deve essere basata sulla scienza alimentare, per ottimizzare e innovare le tecniche operative e soluzioni impiantistiche. A sua volta, la scienza alimentare comprende le pertinenti conoscenze di base in ambito biologico, biochimico, microbiologico, chimico, fisico e chimico-fisico. Lapplicazione tecnologica delle conoscenze scientifiche, oltre a tenere conto dei materiali, della componentistica meccanica e di automazione, sviluppati anche in settori molto diversi, utilizza strumenti computazionali, economici e statistici sia nella fase di progettazione, sia in quella produttiva, nellottica di un sistema di gestione del complesso formulazioneprocesso-prodotto finalizzato alla tenuta sotto controllo ed al miglioramento continuo delle prestazioni in termini di efficacia e di efficienza. 1.2.2 - EvOlUZiONe delle teCNiCHe tradiZiONali Il problema pi pressante nella maggior parte della millenaria storia delluomo stato quello di assicurarsi alimenti per soddisfare la fame. Tutto ci che era edibile veniva mangiato senza alcuna preoccupazione per i valori nutritivi e la differenziazione delle diete dipendeva unicamente dalle condizioni ambientali e stagionali. Come per gli animali, la scelta individuale di accettabilit igienica degli alimenti era basata sulle valutazioni sensoriali istintive (aspetto e odore); la definizione di tipologie vietate (alimenti tab) o soggette a specifiche prescrizioni (alimenti medicamentosi) era invece riservata alle autorit che organizzavano e gestivano la vita collettiva. Le fermentazioni che prevengono la putrefazione, lessiccamento, il riscaldamento, la salatura e luso del freddo sono stati sempre alla base della conservazione degli alimenti, per ovviare alla precariet di rifornimento delle materia prime; tuttavia rimasero pratiche utili ma misteriose della vita quotidiana fino al XIX secolo4. In particolare, la caseificazione e la salamoiatura delle carni con disidratazione controllata da involucri semipermeabili (vescica, budelli, cotenna), che sono tecniche emblematiche delle produzioni alimentari parmensi, hanno origini antichissime e sono tuttora validissime dal punto di vista nutrizionale perch sono state tramandate attraverso i millenni per una selezione naturale (darwiniana) rispetto alle tante altre casualmente applicate. A tramandarle, infatti, sono state le trib e le successive organizzazioni sociali che hanno avuto la prevalenza sulle altre per maggiore forza e abilit, certamente anche in virt delle 44

Levoluzione tecnologica delle macchine

1.2

proprie abitudini alimentari. In effetti, in tutte le civilt evolute, diverse modalit di trattamento degli alimenti si sono progressivamente differenziate rispetto alle pratiche individuali o familiari quali attivit specifiche (arti) di unorganizzazione sociale sempre pi strutturata. Lempirismo tradizionale, basato sullesperienza pratica tramandata dal maestro allapprendista, ha consentito di adeguare le pratiche alimentari alla lenta evoluzione delle modalit produttive e di consumo. Nel secolo dei lumi la forte accelerazione delle dinamiche socio-economiche ha coinvolto nel processo di industrializzazione anche le arti alimentari, che poterono usufruire sia delle innovazioni tecniche pi generali, sia di una nuova attitudine sperimentale degli addetti al settore, aperti ai nuovi afflati del razionalismo pragmatico. Nel Settecento, infatti, anche gli uomini di scienza mostrarono un interesse indiretto ai fenomeni di trasformazione e di alterazione dei prodotti alimentari, per giustificare o combattere la teoria della generazione spontanea e le sue implicazioni, non solo naturalistiche, chimiche e mediche, ma anche filosofiche, morali e religiose5. Tuttavia le sperimentazioni di laboratorio non ebbero un reale effetto di guida razionale nello sviluppo delle pratiche alimentari neanche quando nel XIX secolo Pasteur e i successivi batteriologi diedero giustificazione teorica a fenomeni di trasformazione rimasti oscuri allapproccio puramente chimico. Solo nella prima met del XX secolo, negli Stati Uniti dAmerica, furono poste le basi per la moderna tecnologia alimentare, ovvero per una ricerca scientifica di base espressamente orientata allo specifico settore produttivo, e capace di supportare linnovazione e lottimizzazione dei processi rispetto ad esigenze sempre pi differenziate e spesso non conciliabili attraverso il semplice miglioramento tecnico incrementale. Per maggiore precisione, lo sviluppo tecnologico alimentare stato relativamente rapido per prodotti ottenuti con procedimenti fisici e/o chimici, senza un ruolo rilevante degli aspetti microbiologici ed enzimatici. Come esempi si possono citare in ordine temporale le produzioni di zucchero, di estratti di carne e di concentrato di pomodoro con elevato residuo secco. Anche la produzione della pasta secca ha avuto unindustrializzazione relativamente rapida, ma il passaggio dal lento essiccamento in condizioni naturali (incartamento al sole, rinvenimento in cantina umida e essiccazione vera e propria in stanzoni con aperture orientate secondo i venti prevalenti) a quello accelerato con aria riscaldata artificialmente ha eliminato dal processo lincipiente fermentazione che, in funzione della specifica carica microbica ambientale, dava alla pasta di ciascun singolo produttore una caratterizzazione aromatica distintiva. Tale semplificazione e standardizzazione del processo, peraltro, risultata commercialmente accettabile in quanto la caratterizzazione aromatica della pasta prevalentemente affidata al condimento e la sua qualit commerciale riferita alla tenuta in cottura. Nel caso dei salumi crudi, invece, la sostituzione delle condizioni climatiche naturali con la regolazione automatica di temperatura, umidit e velocit dellaria stata molto pi ritardata perch la perdita delle caratteristiche aromatiche derivanti dalle modificazio45

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


ni biochimiche faceva perdere ai prodotti le peculiarit qualitative che li distingueva dalla normale carne secca e/o salata. Pertanto, stato necessario acquisire preliminarmente le conoscenze scientifiche che, interpretando leffetto delle modalit di lavorazione tradizionali sulle modificazioni microbiologiche e/o enzimatiche, hanno permesso di individuare le condizioni di meccanizzazione che permettessero di riprodurle. Altrettanto si pu dire per il settore caseario, ma nel caso specifico del formaggio Parmigiano Reggiano lindustrializzazione stata, ed tuttora, molto pi limitata rispetto al Grana Padano: gli obblighi di Disciplinare sono pi vincolanti ma (in una situazione ideale) permettono di mantenere una superiorit qualitativa riconosciuta dal consumatore anche in termini di sovrapprezzo, cos da remunerare il maggiore costo della materia prima e della lavorazione artigianale. Questa diversa velocit di sviluppo tecnologico ha perpetuato fin quasi ai giorni nostri una netta separazione culturale ed organizzativa tra lindustria alimentare vera e propria, orientata al mercato e insofferente di vincoli territoriali per lacquisto delle materie prime, e le cosiddette industrie agrarie, subordinate agli interessi della produzione primaria e restie ad adeguarsi a nuove logiche di mercato. I due settori produttivi tradizionali, quelli del formaggio e quello dei salumi, fino a pochi decenni fa sono rimasti strettamente collegati non solo per lassetto policolturale delleconomia agricola, ma anche per lutilizzo del siero dolce, risultante dalla coagulazione della massa caseosa nella alimentazione dei suini nella loro fase di ingrasso finale. Ci era possibile perch era normale avere la porcilaia a fianco del casello per la produzione di formaggio. Oggi non pi cos perch, mentre la caseificazione del parmigiano reggiano permane molto frammentata, gli allevamenti di suino pesante si sono molto concentrati per economie di scala. Daltra parte, mentre il Disciplinare del Formaggio Parmigiano Reggiano DOP fa coincidere la zona di produzione del latte con quella di caseificazione, i Disciplinari dei pi celebri salumi DOP Prosciutto di Parma e Culatello di Zibello consentono lallevamento della materia prima in una zona geografica molto ampia rispetto a quella della trasformazione. 1.2.3 - Le prime iNdUstrie alimeNtari Limpiego del termine tecnologia per indicare le macchine e gli impianti che permettono di effettuare processi produttivi con ridotto apporto manuale pu essere fatto risalire alla rivoluzione industriale, iniziata in Inghilterra tra il 1760 e il 1780. Il nuovo assetto produttivo fu reso possibile dalla concomitanza di molti fattori socio-economici: tra questi vi la disponibilit di manodopera urbanizzata per una radicale trasformazione subita dallagricoltura (da campo aperto a enclosures), e di un nuovo ceto borghese con spirito imprenditoriale, che traeva dalla maggiore produttivit agricola interna e dalle colonie i capitali necessari per sfruttare, a livello di grandi complessi produttivi, le conoscenze scientifiche fino ad allora rimaste a livello di applicazione potenziale. In una prima fase, si studiarono nuove forme di energia; in una seconda, i mezzi per sostituire la manodopera; in una terza fase, si cercarono 46

Levoluzione tecnologica delle macchine

1.2

mezzi per ridurre il costo del lavoro. Nel settore siderurgico la sostituzione della legna con il coke e la raffinazione della ghisa hanno costituito una vera innovazione di processo e di prodotto. Nel settore tessile lelemento determinante dellindustrializzazione stata luso della macchina a vapore (inventata nel 1712 da Thomas Newcome e sviluppata nel 1775 da James Watt) come macchina motrice per i grandi telai meccanici e lapplicazione tecnologica delle conoscenze scientifiche ha riguardato prevalentemente la costruzione e levoluzione di tali macchine; i prodotti erano invece quelli tradizionali e le condizioni del processo erano ancora gestite per lo pi con la tecnica empirica. Comunque, la prima industrializzazione ha riguardato la produzione di materie prime e semilavorati; i manufatti (con leccezione delle ceramiche) continuavano ed essere realizzati solo artigianalmente6. Dopo il Regno Unito, la rivoluzione industriale ha interessato nellordine la Francia, la Germania, gli Stati Uniti, la Svezia e il Giappone. In Italia il processo di industrializzazione stato molto pi lento, e non solo per la mancanza di materie prime e di un mercato coloniale. Nel secolo scorso laggiornamento tecnologico del settore alimentare scontava un ritardo di 20-30 anni rispetto allambito chimico e farmaceutico, sia perch il mercato interno era protetto sia perch la ricerca scientifica in ambito alimentare era culturalmente orientata agli interessi agricoli. Anche la prima industrializzazione alimentare ha riguardato ingredienti e semilavorati: a partire dalla Germania, per la fabbricazione dello zucchero di barbabietola; e dalla Francia, per le conserve alimentari. Due settori che hanno interessato rapidamente proprio Parma. 1.2.4 Il fOrmaggiO parmigiaNO Sono stati i monaci benedettini e cistercensi del XII secolo a mettere a punto la tecnica originaria di produzione del formaggio Parmigiano Reggiano che permetteva di ottenere forme di grande dimensione con una struttura interna (grana) tale da mantenere una gradevole commestibilit, anche dopo una lunga conservazione. La produzione di formaggio tipo grana si diffusa lungo la via Emilia, presso corsi o sorgenti dacqua che consentivano di avere abbondante pascolo per lallevamento bovino, in corrispondenza delle abbazie medioevali che potevano permettersi vaccherie sufficientemente grandi da fornire giornalmente il latte necessario per almeno una forma da 13-18 chilogrammi. La primogenitura parmense, probabilmente, stata favorita dalla disponibilit del sale ottenuto dalle sorgenti di acque salmastre come quelle di Salsomaggiore. Fatto sta che anche il formaggio prodotto nel lodigiano veniva chiamato parmigiano. Nel 400 il monastero di San Giovanni aveva 4 caseifici: 2 a Parma e 2 a Reggio Emilia, gestiti da affittuari. Il Duca di Parma Ranuccio I Farnese, che aveva espropriato vaccherie ecclesiastiche e nobiliari, alla sua morte nel 1622 lasci 15 aziende che producevano formaggio nel parmense e 3 nel piacentino. Nel 700 furono i colti gesuiti a introdurre un approccio razionale alla gestione delle loro vaccherie e a introdurre 47

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


sotto il salatoio di un caseificio un magazzino sotterraneo che, grazie alleffetto naturale di refrigerazione, permetteva di ridurre la tendenza al gonfiore delle forme tareggiate durante i mesi caldi. Ma nel 1768 i gesuiti furono cacciati dal Ducato di Parma e con loro si interruppe lapproccio razionale allo sviluppo della tecnica casearia7. Cusatelli e Razzetti richiamano una pubblicazione del 1766 del mercante e viaggiatore francese Jean-Claude Flachat, nella quale descritta la lavorazione del formaggio come era praticata a Parma in quei tempi8. Un secolo pi tardi, nel 1855-1856, Edmond e Jules de Goncourt, appassionati di arte e di storia, prima ancora che scrittori di successo, nel loro viaggio in Italia, annotano dettagliatamente le modalit di produzione del formaggio Parmesan applicate in un caseificio presso Milano9. I fratelli Goncourt avevano visitato anche Parma, ma di questa citt non lodano il formaggio, bens leccezionale bellezza del teatro Farnese; come se avessero condiviso losservazione fatta nel 1734 dallerudito lionese Pierre de Ville in merito al fatto che i parmigiani non gradivano essere celebrati per leccellenza del loro formaggio10. Confrontando le due descrizioni letterarie, risulta che la tecnica di caseificazione era sostanzialmente la stessa, anche con riferimento allaggiunta di zafferano. A proposito di questo ingrediente - comune ad altri formaggi di antica tradizione come il siciliano Piacintinu Ennese e il Bagss di Bagolino nellalto bresciano - si pu ritenere che originariamente il suo impiego non fosse dovuto alla possibilit di conferire colore e aroma, bens per il potere astringente attribuitogli dalla medicina tradizionale, e certamente ben noto agli speziali dei monasteri medioevali. Daltra parte, oggi sono note le propriet antiossidanti e antibatteriche che accomunano lo zafferano a altre spezie impiegate nei salumi fin dallantichit nonostante il loro alto costo e che, insieme al sale (ed eventualmente agli altri componenti delle acque salso-bromo-iodiche del parmense), permettono di controllare laccrescimento della flora microbica selezionando quella non patogena. Nel 1896 Carlo Rognoni, nel suo scritto Per la storia del formaggio di grana, richiama la delibera della Camera di Commercio di Milano dellanno precedente che riservava la denominazione parmigiano al formaggio di Lodi e delle altre province lombarde e la denominazione reggiano giallo a quello prodotto a Parma e nelle province limitrofe, sostenendo che lepiteto di giallo era stato aggiunto per distinguerlo dal vero lodigiano, la cui pasta esposta allaria suole impallidire e, talora, perfino diventar verdastra. Nella nota 2, relativa al termine grana, Rognoni precisa che la colorazione gialla dovuta allimpiego di zafferano, ma che i Lodigiani preferivano usare lanatto o estratto di oriana (dai semi di un arbusto tropicale) perch con lo zafferano i loro formaggi, esposti allaria, diventavano verdognoli11. Sulla base di questa pubblicazione di Carlo Rognoni, la Camera di Commercio di Parma rivendic il diritto territoriale del vero formaggio parmigiano a pasta gialla inalterabile12. Tra fine 800 e inizio 900 si hanno importanti innovazioni nella tecnica di caseificazione che hanno permesso di ridurre gli scarti e di migliorare, quindi, leconomia produttiva. Anzi48

Levoluzione tecnologica delle macchine

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tutto lintroduzione del sieroinnesto autoprodotto dagli stessi caseifici (analogamente al lievito madre tradizionalmente impiegato nella panificazione), reso possibile dagli studi di Pellegrino Spallanzani (P. Spallanzani. Linoculazione nella fabbricazione del Grana, Le Stazioni Sperimentali Agrarie Italiane, 28 [1] 1895, 43-525). In effetti Pellegrino Spallanzani aveva inizialmente sperimentato un lattoinnesto, ma nella pratica produttiva si era affermato luso del sieroinnesto, successivamente perfezionato da G. Fascetti, che era succeduto allo Spallanzani nella direzione della Scuola di zootecnia e di caseificio di Reggio Emilia13. Come nel caseificio presso Milano visitato dai fratelli Goncourt9, anche nei caselli del parmense e del reggiano si diffonde limpiego del termometro di vetro a colonna di mercurio che, rispetto al gomito del casaro, permetteva di tenere realmente sotto controllo le fasi di processo in caldaia. Si trattava di termometri con scala octogesimale in gradi Raumur (dal nome dello scienziato francese Ren Antoine Ferchault de Raumur che lo aveva introdotto nel 1730), il cui impiego era stato abbandonato in Francia gi nel 1790 a favore dei gradi Celsius ma sopravissuto fino ai giorni nostri nella produzione di Parmigiano Reggiano, Grana Padano e di formaggi delle Alpi svizzere. Nella provincia di Parma i caselli per il formaggio di grana erano 130 nel 1870, circa 170 dieci anni dopo e 220, con 266 caldaie, nel 189611. Alla fine dell800, oltre ai 220 caseifici di Parma (che esportava il 10% della produzione), ve ne erano 385 a Reggio e 166 a Modena. Nel 1906 i caseifici erano complessivamente 1.200 (circa un quarto dei caseifici italiani), circa 2.600 nel 1930; mentre nel 1966 si erano ridotti a 1.850 (il 72% dei quali erano sociali)7. Oggi aderiscono al Consorzio di tutela della DOP 429 caseifici, che producono annualmente circa 3 milioni di forme, e 24 laboratori di grattugia. Ai primi anni del 900 risalgono le prime latterie sociali, le cooperative e i magazzini di stagionatura, nonch le attrezzature produttive che sostanzialmente sono tuttora applicate: oltre al sieroinnesto, si diffondono lo spino metallico a gabbia Notari e le caldaie riscaldate a vapore7. Tuttavia, nel 1955 il 20% delle caldaie erano ancora a riscaldamento diretto con bruciatore a gas (A. Folloni. Il Grana Parmigiano-Reggiano prodotto tipico superlativo della terra emiliana, Latte 1955 29, 55-58)13. Ancora oggi il Disciplinare di produzione della DOP prescrive limpiego di caldaie di lavorazione in rame di forma troncoconica per la produzione di non pi di due forme (con pezzatura minima 24 chilogrammi e massima 40 chilogrammi), impedendo quindi lintroduzione delle grandi polivalenti impiegate nellindustria casearia. La lavorazione della panna separata dal latte della munta serale e la burrificazione non hanno limitazioni di Disciplinare, ed stata libera lintroduzione delle centrifughe e delle zangole, anche se di piccola capacit per la dimensione artigianale della caseificazione. Solo negli anni 90 si diffuso limpiego degli agitatori meccanici (limitatamente alla rotella), e in modo pi ridotto, quello delle fermentiere termostatate e delle vasche di salatura profonde con gabbie motorizzate. La spinatura fatta tuttora prevalentemente a mano ed appena iniziata la meccanizzazione 49

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


delle fasi di estrazione e di movimentazione della massa caseosa. Pi rapida stata la climatizzazione artificiale dei locali di stagionatura, grazie allesperienza mutuata dal settore dei salumi crudi, e la meccanizzazione delle operazioni di movimentazione, spazzolatura e voltatura delle forme e pulitura delle tavole (oggi vi sono grandi magazzini di stagionatura completamente robotizzati). La crescita della grande distribuzione ha comportato lesigenza di porzionare e confezionare il formaggio per la vendita al dettaglio e anche di offrirlo pregrattugiato, scagliato o cubettato. Questa appendice alla lavorazione casearia, ovviamente, stata fin dallinizio caratterizzata da un elevato grado di meccanizzazione. Pertanto, mentre la caseificazione rimasta obbligatoriamente artigianale sia come manualit, sia come dimensione, sono state industrializzate e concentrate negli ultimi decenni le fasi produttive a monte (alimentazione delle bovine, mungitura, raccolta e distribuzione del latte) e a valle (stagionatura, porzionatura e confezionamento), che hanno subito una maggiore centralizzazione in grandi strutture. Rispetto alla caseificazione, la produzione primaria ha avuto negli ultimi decenni una dinamica molto maggiore, con la selezione di bovine e la mangimistica finalizzate al continuo incremento del volume di latte prodotto giornalmente, allo stesso modo di quanto avveniva per gli allevamenti da latte da consumo. Di conseguenza, stato necessario ricorrere sistematicamente ai trattamenti farmacologici di profilassi e di cura delle mastiti (al punto di dovere chiedere una deroga specifica per il contenuto massimo di cellule somatiche), e la carriera delle bovine si accorciata drasticamente, con corrispondenti costi di produzione aggiuntivi che vanificavano i vantaggi della maggiore produttivit. Una conseguenza assurda stata la necessit per i caseifici di sostituire le caldaie tradizionali con quelle attuali di maggiori dimensioni, per riuscire ad ottenere con latte a minore resa casearia forme con il peso minimo stabilito dal Disciplinare (originariamente 24 chilogrammi ed oggi 30 chilogrammi per esigenze di massima resa nel taglio a spicchi). Il tutto difficilmente comprensibile per una filiera di produzione e trasformazione cos strettamente integrata quale quella del formaggio Parmigiano Reggiano. Questa politica della quantit proseguita addirittura quando gi erano entrate in vigore le quote latte. Fin dal XV secolo il parmigiano migliore era il maggengo (ottenuto dal latte munto in primavera-estate), e ancora allinizio del secolo scorso la caseificazione avveniva in 120-180 giorni allanno, in base alla disponibilit di foraggio. Anche successivamente, era considerato di qualit migliore il formaggio maggengo (prodotto fra aprile e novembre) caratterizzato dal colore giallo paglierino della pasta, non per luso di zafferano, ma dovuto al fatto che durante linverno le vacche erano alimentate con foraggio verde (in particolare erba medica), anchesso ricco di carotenoidi; il vernengo aveva invece la pasta pi pallida perch in quei mesi le vacche erano alimentate prevalentemente con fieno. Ovviamente, il colore era solo un segnale esteriore di una qualit aromatica, apportata soprattutto dalle essenze dei foraggi derivanti dai pascoli stabili collinari. Nel 1984 stata abolita la distinzione tra le qua50

Levoluzione tecnologica delle macchine

1.2

lit commerciali maggengo e vernengo, con la motivazione che le tecniche di allevamento si erano evolute al punto da consentire una produzione di formaggio qualitativamente equivalente in ogni mese dellanno. In effetti, la mangimistica per produzione forzata era destagionalizzata e il colore del Parmigiano Reggino era diventato mediamente pi simile a quello del Grana Padano, con buona pace per Carlo Rognoni che aveva difeso con passione la peculiarit cromatica del vero parmigiano. Lo standard di mercato era ormai quello della pasta bianca imposto dai grossisti che avevano nel Grana Padano il maggiore interesse economico; e che hanno ormai convinto quasi tutti i caseifici a fare escludere luso di foraggio fresco anche negli allevamenti pi tradizionali. A partire dalla fortunata esperienza delle vacche rosse nel reggiano, anche nel parmense alcune impres,e a ciclo integrato e con autonomia commerciale, hanno trovato economicamente conveniente tornare alle tecniche di allevamento tradizionali, utilizzando razze rustiche meno esposte alle malattie e con una alimentazione meno forzata, ottenendo un formaggio di qualit superiore a quella media e premiata dal mercato, in quanto riconosciuta come tale dal consumatore pi esigente. Ma si tratta pur sempre di piccole nicchie di mercato. Per la stragrande maggioranza dei caseifici diventato progressivamente pi difficile sopravvivere con un prodotto sempre pi simile al diretto concorrente anche come prezzo di mercato, ma con costi di produzione decisamente pi elevati. Una contraddizione economico-commerciale che si somma a quella di una cultura pre-tecnologica che ha creduto di poter ottenere un prodotto finito di alta qualit, mantenendo tradizionale la trasformazione, ma non la produzione della materia prima latte. Oltre alle ben note propriet nutrizionali, il Parmigiano si caratterizza rispetto a molti altri formaggi per un contenuto notevolmente inferiore di tiramina e istamina, ammine biogene responsabili di reazioni pseudoallergiche in soggetti sensibili. La ragione non nota ed , quindi, necessario rispettare per quanto possibile integralmente la tradizione produttiva. Di seguito sintetizzata la tecnologia del formaggio Parmigiano Reggiano, con levoluzione delle attrezzature impiegate. I dettagli operativi delle singole fasi possono variare sensibilmente tra le diverse province ed anche tra singoli casari di diverse scuole. Il latte per la caseificazione, oggi ottenuto da vacche per lo pi di razza frisona, deve provenire esclusivamente da allevamenti con collocazione geografica, modalit di allevamento e alimentazione conformi al Disciplinare della DOP. Poich il Disciplinare di produzione non permette limpiego di sostanze antimicrobiche, nel latte deve essere minimizzata la presenza di spore di clostridi butirrici: batteri anaerobi di origine tellurica responsabili di gonfiori tardivi del formaggio. A tale fine, le lattifere non possono essere alimentare con foraggio insilato; il foraggio e il fieno non devono inglobare terriccio; e nella mungitura deve essere evitata la contaminazione fecale che veicola nel latte le spore batteriche, indipendentemente dalla successiva filtrazione. Il latte proveniente da vacche affette da mastite o sottoposte a terapia antibiotica non ha attitudine casearia e provoca difetti nel prodotto: sono 51

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


disponibili appositi test rapidi per escluderlo, anzich miscelato a quello normale. Nel periodo estivo, tra la mungitura e la consegna al caseificio, il latte deve essere solo raffrescato, non refrigerato, per mantenere la sua attitudine alla lavorazione specifica. Nella raccolta, nel trasporto e nello scarico non si devono utilizzare contenitori con grande spazio libero, che provochi sbattimento; e pompe centrifughe, che comportano un effetto di omogeneizzazione dei globuli di grasso. Il latte della sera, disteso in vasche larghe e basse, subisce una lenta scrematura per affioramento spontaneo (in campo gravitazionale, non centrifugo) dei globuli di grasso di dimensione superiore a quella colloidale, i quali trascinano per affinit superficiale parte della flora microbica, con particolare riferimento alle spore di clostridi butirrici, comunque presenti. Dagli anni 60-70 le vasche sono di acciaio inossidabile e possono essere dotate di sistemi di spruzzaggio di acqua sul fondo per il raffrescamento nei mesi pi caldi. Tenuto conto del fatto che le tossine stafilococciche non sono inattivate dal trattamento termico in caldaia, necessario non superare la temperatura di 15-18C per evitare che nella sosta di 8-9 ore leventuale carica iniziale di Staphylococcus aureus raggiunga concentrazioni dellordine di 106 cellule/g, tali da comportare una presenza rilevante di tossina. Durante la notte, comunque, si ha un accrescimento della flora microbica di interesse caseario (maturazione del latte). Allalba la panna separata con un piatto fondo spannarola e il latte scremato fatto scendere per gravit nelle sottostanti caldaie, nelle quali gi stato immesso il latte della munta mattutina, misurando il volume delle due aliquote con unasta graduata, originariamente di legno e poi metallica. Questa modalit di parziale scrematura del latte comporta nel formaggio un contenuto di grasso pari al 40-45% sulla sostanza secca. Attualmente la movimentazione del latte pu essere effettuata con sistemi automatici comprendenti pompe e flussimetri. Le caldaie di rame, a forma di campana rovesciata per favorire la sedimentazione sul fondo della massa caseosa, originariamente erano sospese su un braccio mobile, che permetteva di spostarle al di sopra o a fianco del fuoco a legna sottostante. Nella seconda met dell800 iniziata la sostituzione del fuoco a legna con bruciatori a gas e, successivamente, lintroduzione del riscaldamento indiretto a vapore. Attualmente le caldaie di rame con doppio fondo a vapore a flusso regolabile hanno capacit di circa 12 quintali di latte, che permette di ottenere 2 forme gemelle. A partire dallinizio del 900, alla miscela di latte, si aggiunge unaliquota di sieroinnesto acidificato: del siero risultante dalla lavorazione del giorno precedente e lasciato fermentare - inizialmente in damigiane, oggi in fermentiere termostatate - cos da costituire un inoculo naturale di batteri lattici omofermentanti selezionati dalle condizioni di lavorazione specifiche. Questo inoculo - che ha permesso di ridurre la difettosit della produzione, evitando loccasionale prevalenza di forme microbiche non casearie - diventato indispensabile con le attuali condizioni igieniche dei caseifici e, soprattutto, con labbandono delle attrezzature di legno e con limpiego di detergenti e sanificanti che impediscono la specifica colonizzazione ambientale sulla quale si basava la tecnica tradizionale. Prima di utilizzare il sieroinnesto, il casaro ne 52

Levoluzione tecnologica delle macchine

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valuta lacidit (alla valutazione sensoriale si aggiunta la titolazione con soda a viraggio cromatico) per stabilirne il dosaggio o, in casi estremi, per sostituirlo con quello di un altro caseificio. Attualmente sono disponibili sistemi di dosaggio automatico del sieroinnesto. La miscela di latte, sotto lenta agitazione con la rotella (originariamente di legno, oggi di teflon e meccanizzata), sottoposta alla prima fase di riscaldamento a 22-23C e, dopo avere aggiunto il caglio o pressame (ottenuto dallabomaso, quarto stomaco, di vitello da latte), la temperatura viene portata e mantenuta a 32-33C, cos da ottenere la coagulazione in 10-15 minuti. Anticamente, la temperatura era valutata sensorialmente; tra il XIX e il XX secolo si diffuso il termometro di vetro a colonna di mercurio con galleggiante di sughero; e negli anni 80-90 stato introdotto il termometro elettronico con ampio display per lettura a distanza. Gli enzimi proteolitici del caglio, in particolare la chimosina, e in misura minore quelli gi presenti nel latte idrolizzano, selettivamente il C-terminale dalla k-caseina idrofila, che disposta sulla superficie delle micelle caseiniche native e ne stabilizza la dimensione colloidale (tale da farle rimanere stabilmente in sospensione nella fase acquosa). Questo attacco proteolitico, insieme alla presenza di ioni calcio, comporta laggregazione delle altre caseine idrofobe con formazione di una struttura continua caratterizzata da legami tridimensionali tra gruppi fosforici e ioni calcio, elastici anche se a bassa resistenza meccanica; loriginario sistema disperso tipo sol (particelle solide di dimensioni colloidali sospese in una fase liquida) si trasformato in un sistema disperso tipo gel (particelle colloidali di fase liquida disperse in una fase solida). Accertata sensorialmente la raggiunta coagulazione (a tuttoggi non sono disponibili sistemi di valutazione strumentali adeguati), il casaro rompe la cagliata fino a ridurla in granuli della dimensione di un chicco di frumento. Anticamente si utilizzavano rami secchi di biancospino (dal quale derivano i termini spino e spinatura tuttora in uso); poi un attrezzo metallico; ed oggi quello di acciaio inossidabile con lame disposte a gabbia sferoidale. Oggi si impiegano spini motorizzati, ma la prima fase di rottura della cagliata effettuata ancora manualmente. Sotto agitazione, si effettua una prima cottura raggiungendo lentamente circa 45C e una seconda cottura con riscaldamento rapido fino a circa 55-56C. Tolto il fuoco e fermata lagitazione, i granuli di cagliata sedimentano sul fondo della caldaia e la massa caseosa vi permane per 45-60 minuti, praticamente senza raffreddarsi. Questo trattamento termico comporta diveersi effetti: la modificazione strutturale (denaturazione) delle caseine del latte, con espulsione di parte dellacqua inglobata e aumento di densit dei granuli, un effetto pastorizzante tale da distruggere adeguatamente (con 5-6 riduzioni decimali) i batteri patogeni non sporigeni (quelli infettivi ed anche gli stafilococchi tossinogeni), la selezione con incipiente accrescimento dei batteri lattici termofili (pi termoresistenti dei mesofili) e anche la selezione degli enzimi che eserciteranno la loro attivit nel lungo periodo di stagionatura. Successivamente la massa caseosa viene delicatamente sollevata con la pala (tuttora si impiega quella di legno e loperazione non automatizzabile) e raccolta in una tela di canapa annodata su due bastoncini di legno per la 53

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


movimentazione. Laccrescimento dei batteri lattici comporta una progressiva acidificazione, per la trasformazione metabolica del lattosio in acido lattico, con conseguente espulsione di acqua dai granuli caseinici (spurgo) e loro adesione. La massa caseosa, divenuta sufficientemente coerente, viene tagliata in due parti uguali (oggi sono disponibili attrezzature dette gemellatrici per il taglio semiautomatico), le quali sono raccolte in due tele che - dopo essere state appositamente manipolate per ridurre e posizionare la bocca (corrispondente al taglio) in una zona che corrisponder ad uno spigolo tra un piatto e lo scalzo, - sono annodate su un bastone trasversale per mantenere le due gemelle prima semi-immerse nel siero e poi in completa emersione per la sgrondatura. Il siero dolce inviato alla centrifuga scrematrice per recuperare la frazione grassa residua destinata alla burrificazione; laliquota necessaria alla produzione del sieroinnesto per il giorno successivo posta nella fermentiera. Il siero restante destinato alla produzione di ricotta, oppure al ritiro per destinazione zootecnica (raccolto in serbatoi refrigerati se destinato alla produzione di disidratato di buona qualit). I fagotti di massa caseosa sono portati sullo spersole (piano di legno leggermente inclinato per agevolare il drenaggio del siero) e compressi allinterno di stampi cilindrici costituiti da una fascera a diametro variabile sormontata da un disco di compressione detto tondello (originariamente di legno ed oggi di teflon), per proseguire la fermentazione lattica e lo spurgo del siero. Ogni 3-4 ore i fagotti sono estratto dagli stampi, rivoltati e di nuovo compressi, con cambio della tela. Il giorno successivo le forme liberate dalla tela sono inserite in fascere metalliche bombate (oggi di acciaio inossidabile con interposta una matrice di teflon che stampiglia sullo scalzo la puntinatura e la codificazione del caseificio e del lotto). Anche se la diversa velocit di raffreddamento degli strati esterni rispetto a quelli interni comporta una diversa velocit del metabolismi batterico, gi dopo le prime 48 ore di questa fase, risulta praticamente completata la glicolisi del lattosio, del glucosio e del galattosio ad opera dei batteri lattici termofili, prevalentemente omolattici. Quando la temperatura scende al di sotto di circa 45C, si ha anche un limitato accrescimento della flora lattica eterofermentante, responsabile della produzione di acido acetico e di anidride carbonica. Dopo tre giorni complessivi di formatura per compressione e spurgo, le forme hanno acquisito completa coesione e stabilit dimensionale e sono sottoposte a salagione in salamoia satura. Le vasche orizzontali tradizionali (prima in muratura e poi di vetroresina), con le forme galleggianti di costa o di piatto in monostrato e rigirate manualmente ogni due giorni, sono state in buona parte sostituite dalle vasche verticali a completa immersione, con le forme sistemate su telai a pi ripiani movimentati con carroponte e con ricircolo della salamoia. Per scambio osmotico, si ha la penetrazione del sale nelle forme e fuoriuscita di acqua dalle stesse. La velocit di trasferimento di massa tra salamoia e superficie solida limitata dalla polarizzazione di concentrazione dellinterfaccia che, a sua volta, dipende dal regime di moto relativo (convezione naturale nelle vasche orizzontali a galleggiamento e convezione meccanica in quelle verticali ad immersione). Comunque, allinterno della fase 54

Levoluzione tecnologica delle macchine

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solida (compatta e senza canalicoli capillari) il trasferimento in controcorrente di sale e di acqua avviene per lenta diffusione molecolare (meccanismo di Fich) in funzione del gradiente di concentrazione. Nel corso della salatura, che dura 20-30 giorni secondo il tipo di salatoio, si completa la fermentazione lattica e lo spurgo del siero (con un calopeso del 4-5%) e lattivit microbiologica controllata dal pH, dallattivit dellacqua (aw), dallesaurimento del lattosio e dalla formazione di batteriocine (metaboliti dei batteri lattici che inibiscono altre forme microbiche). Dopo 24 ore di asciugatura forzata in camera calda, finalizzata alla formazione della crosta per limitare la successiva perdita di umidit, le forme sono toelettate (rifilatura, eventuale asportazione di difetti superficiali e stuccatura); e, quindi, trasferite nel locale di stagionatura fresco, asciutto e ventilabile, sulle scalee (scaffalature con piani di legno). Ogni 30 giorni le forme sono sono rivoltate e spazzolate a secco. La spazzolatura serve per evitare laccrescimento di feltri fungini (muffe). Dal 2002 non permessa loliatura della crosta, per la quale anticamente si utilizzava il burro, e in epoca moderna olio di semi di lino. Anche le tavole di legno devono essere sistematicamente pulite per prevenirne linfestazione da parte di parassiti. Le forme devono stagionare come minimo 12 mesi per poter ricevere, dopo espertizzazione sensoriale (visiva, acustica al martello e, eventualmente, tattile e olfattiva con ago), il marchio a fuoco della DOP. La maturazione del formaggio consiste in una profonda trasformazione compositiva ad opera degli enzimi glicolitici, proteolitici e lipolitici, selezionati dalle condizioni di lavorazione tra quelli presenti naturalmente nel latte e quelli rilasciati dai batteri lattici che si sono accresciuti nelle fasi precedenti. Lattivit proteolitica, con la progressiva ma parziale scissione delle caseine in peptoni, peptici, oligopeptidi e amminoacidi liberi, viene svolta prevalentemente nei primi 6 mesi di stagionatura, e cessa sostanzialmente dopo 24 mesi. Mentre la cinetica della lipolisi quantitativamente pi uniforme e prosegue dopo tre anni di invecchiamento del formaggio, anche se riguarda inizialmente gli acidi grassi a corta catena, poi quelli a media catena e infine quelli a lunga catena. Levoluzione di queste trasformazioni biochimiche, che determinano le peculiari caratteristiche sensoriali e nutrizionali del prodotto, condizionata soprattutto dalla progressiva riduzione della mobilit dellacqua allinterno della matrice caseosa. Il calo peso delle forme raggiunge il 10-12% dopo 12 mesi; nel successivo invecchiamento il calo peso molto pi limitato e, allattivit enzimatica ridotta si aggiungono modificazioni di natura prevalentemente fisica (aggregazioni e segregazioni strutturali che determinano le peculiari caratteristiche meccaniche al taglio ed alla masticazione). I moderni magazzini di stagionatura - con particolare riferimento a quelli pi grandi degli istituti bancari che detengono il prodotto in pegno sui prestiti concessi ai caseifici - sono completamente meccanizzati e automatizzati sia per il condizionamento igro-termico (15-20C e 80-85 UR%) sia per la movimentazione delle forme sulle scalere (scalonatrici) e per la pulitura. 55

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


1.2.5 - I salUmi Con il termine salumi si comprende unampia gamma di prodotti a base di carne, per lo pi suina, conservati mediante limpiego combinato di sale, spezie, nitriti e/o nitrati, e di parziale disidratazione (con lapporto del fumo quando lasciugamento effettuato presso un fuoco a legna). I salumi possono essere distinti sinteticamente in diverse categorie: quelli costituiti da tagli anatomici interi e quelli composti da pezzi o triti pi o meno fini di tagli magri e grassi; quelli protetti allesterno da cotenna (con sugna nelle parti scoperte) e quelli insaccati in budelli naturali pi o meno grassi e di diverse dimensioni, oppure in budelli artificiali o sintetici; quelli stagionati e consumati crudi o previa lessatura, e quelli cotti allatto stesso della preparazione; quelli fermentati, quelli che subiscono solo maturazione enzimatica e quelli sostanzialmente esenti da attivit biochimica. Le combinazioni tra queste alternative, insieme ai diversi tagli di carne e alle diverse modalit operative, comportano una grande differenziazione di presentazione e percezione sensoriale tra i prodotti, anche a parit di tipologia base. In Emilia e, in particolare, nel parmense la tradizione di preparare salumi stata certamente favorita dalla disponibilit del sale proveniente dalle vicine acque ipertoniche di Salsomaggiore, e anche per leffetto antibatterico dovuto allelevato contenuto di ioduri e bromuri che, probabilmente, ha permesso di ottenere salumi con un contenuto relativamente basso di sale e di spezie; e questo li ha resi pi apprezzati rispetto a quelli di altre regioni. Secondo lUnione Parmense degli Industriali - che peraltro non cita la fonte - la duchessa Maria Luigia dAustria stimolava i contadini a produrre prosciutti sempre pi dolci14. Il clima collinare sub-appenninico ha caratterizzato le tecnica di lavorazione del prosciutto e del salame; quelle del prosciutto senzosso (culatello e fiocco) e della spalletta (o spalla di San Secondo) sono invece state determinate dalla elevata umidit e dalla scarsa ventilazione della Bassa, incompatibile con la lavorazione di cosce e spalle in osso. Sono molte le fonti letterarie, tra le quali gli scritti sui viaggi in Italia di intellettuali francesi nella fine del XVIII secolo, che citano come specialit gastronomiche di Parma, oltre al formaggio, il prosciutto, la spalletta e la bondiola15. Lincisore bolognese Giuseppe Maria Mitelli, nellacquaforte del 1691, intitolata Gioco della Cucagna che mai si perde e sempre si guadagna, nella figura con didascalia Investiture di Parma rappresenta un insaccato che in genere identificato come bondiola o coppa, mentre appare troppo piccolo per essere un culatello come alcuni rivendicano16. Per inciso, Piacenza associata al formaggio, con una punta di grana; Reggio, alle spongate. In effetti il termine bondiola, pi che al contenuto si riferisce al budello utilizzato: grande di bovino e tale da acquisire una forma tondeggiante; cosicch il salume cos denominato pu essere sia una coppa stagionata cruda, sia una sorta di cotechino da mangiare previa lessatura. Daltra parte, oltre alla spalla di San Secondo, anche quello che oggi denominato salame di Felino, anticamente poteva essere consumato cotto, in particolare se era molto disidratato per 56

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la lunga stagionatura nonostante limpiego di budello grasso (gentile o culare). I nostri salumi tradizionali sono il risultato di processi molto pi complessi rispetto alla carne semplicemente salata o essiccata e la loro produzione, pur essendo una pratica domestica, era affidata ad artigiani detentori della competenza specifica. Nel periodo invernale il mazn, si recava presso le fattorie (i contadini allevavano pi capi in soccida) e le case padronali per uccidere il maiale, sezionarlo in tagli da consumare freschi (sangue e frattaglie) e quelli salati a media e a lunga conservazione secondo le esigenze del proprietario. Allinizio dell800, iniziarono a diffondersi i primi laboratori di tipo commerciale che inviavano salami e prosciutti anche in Francia17. Tra questi si pu citare quello di Donino Fereoli, che nel 1851era era attivo a Felino e dal quale trova origine lattuale salumificio Fereoli Gino & Figlio. Lallevamento commerciale dei maiali era localizzato presso i caselli del parmigiano il quale fornivano il siero dolce che, insieme alla crusca, era la base alimentare dei maiali nella fase di ingrasso. Alla fine del XIX secolo lattivit salumiera trova, quale elemento di sviluppo, la disponibilit di impianti frigoriferi che permettevano di destagionalizzare la produzione. A met degli anni 30 erano attivi 25 prosciuttifici, le cui lavorazioni sono rimaste sostanzialmente di tipo artigianale fino al secondo dopoguerra. Oggi, su circa 250 salumifici del parmense, 171 sono prosciuttifici (la cui produzione per il 40% copre quella nazionale e per il 5% circa relativa alla DOP Prosciutto di Parma)14. La lavorazione del culatello, invece, rimasta artigianale e praticamente familiare fino a pochi anni orsono; cos limitata da avere un mercato strettamente locale e da essere oggetto tuttal pi di un prezioso regalo per parmigiani fuori sede e per pochi forestieri in grado di apprezzarlo (anche per la laboriosit della sua preparazione al consumo). Anticamente la lavorazione dei salumi era direttamente collegata allallevamento e alla macellazione dei suini. Oggi le fasi sono del tutto separate, anche quando avvengono nello stesso territorio e, a maggior ragione, quando si trasformano tagli acquistati sul mercato internazionale. I moderni impianti di macellazione e di sezionamento sono altamente meccanizzati: effettuano la rifilatura delle cosce di suino pesante specifica per le diverse DOP e raccolgono separatamente i diversi tagli destinati ai prodotti macinati. Avendo perso il collegamento diretto della trasformazione allallevamento, data la notevole influenza delle caratteristiche della materia prima sulla qualit e sulla resa dei prodotti finiti, sarebbero necessarie specifiche di fornitura basate, di volta in volta, sui parametri oggettivi e limiti di accettabilit facilmente e rapidamente riscontrabili. Ma in questo ambito, mentre la conoscenza scientifica abbastanza sviluppata e si basa su tecniche analitiche anche molto complesse, lapproccio tecnologico di interesse industriale ancora decisamente scarso. Eppure lesperienza di stage aziendale di alcuni dottorandi in Scienze e Tecnologie Alimentari ha dimostrato che una efficace tenuta sotto controllo della materia prima permette di ridurre notevolmente i fuori standard di salami stagionati, e di aumentare di qualche punto 57

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percentuale la resa di prosciutti cotti; ripagando immediatamente i costi di sperimentazione e di messa a punto della metodologia. Fino alla prima met del secolo scorso le lavorazioni salumiere erano effettuate in maniera artigianale, utilizzando attrezzature molto semplici e quasi esclusivamente ad azionamento manuale. Oggi, invece, la meccanizzazione molto diffusa sia per le fasi operative sia per la movimentazione. Questa evoluzione evidente anche dal punto di vista del layout degli stabilimenti per salumi stagionati. La tradizionale disposizione su tre piani, per sfruttare diversamente le condizioni climatiche esterne, era stata mantenuta anche quando era stata gi introdotta la climatizzazione artificiale. Oggi si costruiscono su un solo piano per agevolare la movimentazione automatica del prodotto attraverso le diverse fasi di processo. In realt, per, anche se il settore del prosciutto cotto ha una storia recente, stato per caratterizzato da un rapido sviluppo industriale (grazie alla tecnica e ai macchinari inizialmente importati dal Nord-Europa); il segmento dei salumi crudi stagionati ha avuto invece unevoluzione industriale molto pi lenta e tuttora non completata. Questa differenza dovuta al fatto che la tecnica di produzione dei salumi crudi stagionati, tipici della tradizione italiana, non ha potuto usufruire del know how scientifico sviluppato a livello internazionale per i salumi cotti. Daltra parte, rispetto a quelli cotti, i salumi crudi sono caratterizzati, a fronte di variabili di formulazione e di azioni meccaniche pi semplici, dalle complesse modificazioni microbiologiche e/o enzimatiche che ne determinano le peculiarit e che sono strettamente dipendenti dalla qualit iniziale dei tagli di carne e dalle modalit di asciugamento e di stagionatura. Per questa ragione, la tecnica dei crudi ha avuto un effettivo progresso solo negli anni 70, quando al controllo della temperatura si aggiunto quello dellumidit relativa dellaria e del regime di ventilazione; anche se tuttora le condizioni di trattamento allinterno delle celle sono spesso disuniformi e, comunque, la loro regolazione richiede attente verifiche sensoriali da parte degli addetti. Pertanto, questa tecnica di lavorazione potr diventare una vera e propria tecnologia solo quando le fasi di concomitante e interdipendente trasferimento di calore e di massa potranno essere progettate e tenute sotto controllo sulla base di appositi modelli matematici igro-termo-fluido-dinamici. Tali modelli, peraltro, essendo molto pi complessi rispetto a quelli dei trattamenti di cottura e di pastorizzazione dei salumi cotti, sono oggetto di ricerca accademica ma ancora non applicabili direttamente in ambiente produttivo. Daltra parte, la mancanza di know how internazionale per i salumi crudi stagionati ha comportato nel tempo il vantaggio di fare sviluppare in loco costruttori di macchine e impianti specifici, che attualmente sono esportati insieme alle tecniche di lavorazione in Paesi come Argentina e Brasile, dove i discendenti dei nostri emigranti conservano labitudine a questo tipo di alimenti. Ovviamente lingrediente comune a tutti i salumi il sale, miscelato direttamente nei prodotti macinati e applicato nei tagli interi a secco sulla superficie, oppure come salamoia per immersione o iniezione. Il cloruro di sodio nei salami, oltre a selezionare per abbassa58

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mento dellattivit dellacqua, la flora microbica moderatamente alofila favorisce lestrazione delle proteine miofibrillari nelle fasi di impasto e la precipitazione delle proteine sarcoplasmatiche durante i processi fermentativi, impartendo la necessaria coesivit tra i particolati. Nei tagli interi crudi stagionati il sale applicato allesterno ha il compito di estrarre acqua e inibire laccrescimento della flora microbica superficiale, mentre quello penetrato allinterno denatura le proteine e regola le attivit enzimatiche (una concentrazione insufficiente rispetto al valore di attivit della catepsina B nella materia prima comporta eccessiva proteolisi, con conseguente inflaccidimento e gusto amaro-pungente). Nei cotti disossati il sale ha come ruolo fondamentale lestrazione in zangolatura delle proteine miofibrillari che, gelificando dopo cottura e raffreddamento, permettono lincollaggio dei muscoli inizialmente tagliati per il disosso. Gli additivi comunemente utilizzati nei salumi, fatta eccezione per il prosciutto crudo DOP, sono i nitrati e/o nitriti (anticamente il salnitro) che, oltre a conferire al prodotto la colorazione rossastra, inibiscono laccrescimento di microrganismi anaerobi e, in particolare, di Clostridium botulinum e di Clostridium perfringes. In realt sia leffetto sul colore sia lazione antimicrobica svolta dai nitriti e, pi precisamente, dallossido di azoto che si forma dal nitrito a pH acido; i nitrati devono essere invece preliminarmente ridotti a nitriti dallenzima nitrato-reduttasi di origine microbica (Micrococcaceae ed altri componenti della flora normalmente presente). Anche se non si ha la denaturazione dovuta a cottura, la mioglobina (il pigmento rosso che parte della proteina sarcoplasmatica del muscolo) in assenza di ossigeno si trasforma in metmioglobina di colore bruno-grigiastro; mentre in presenza di ossido nitroso si trasforma in nitroso-mioglobina mantenendo il colore rosso. Anche lazione antimicrobica dovuta agli ossidi di azoto che attaccano i gruppi amminici dei sistemi deidrogenasi microbici, provocando cos linibizione. Lascorbato, oltre a proteggere dallinscurimento e lirrancidimento del prodotto reagendo preferenzialmente con lossigeno inizialmente inglobato nellimpasto, inibisce la formazione di anidride nitrosa da parte dei nitriti e, quindi, la formazione di nitrosammine (potenzialmente cancerogene). Poich lascorbato un antiossidante solubile in acqua, per proteggere efficacemente dallinrancidimento la frazione grassa (soprattutto con gli attuali elevati livelli di insaturazione) si impiegano anche antiossidanti lipofili quali i tocoferoli. Nei salumi cotti si possono impiegare polifosfati che riducono la sineresi in cottura, aumentando la capacit di ritenzione dellacqua da parte della carne, con un conseguente aumento della resa produttiva e della succosit del prodotto. I polifosfati per sequestrano il calcio e, anche nelle dosi massime permesse dalla legge, sono sconsigliati in particolare nella dieta dei bambini, delle donne in gravidanza e degli anziani per leffetto negativo sulla struttura ossea. Pertanto, dagli anni 80 diventato commercialmente importante poter dichiarare in etichetta lassenza di polifosfati aggiunti, sostituendoli con ingredienti che permettono di ottenere risultati tecnici equivalenti: caseinati e sieroproteine del latte o altre 59

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proteine, zuccheri e polisaccaridi a medio e alto peso molecolare, idrocolloidi e fibre. Anche nel caso dei salumi crudi, questi ingredienti in opportune proporzioni secondo il tipo di prodotto, oltre ad aumentare la capacit di ritenzione dellacqua e la resa, possono migliorare la presentazione del prodotto allatto dellaffettatura (integrit e aspetto). Nel caso dei salami crudi, ad esempio, viene favorita la precipitazione delle proteine miofibrillari e sarcoplasmatiche, con maggiore coesivit tra le particelle magre e grasse. Sempre nei salami, gli zuccheri semplici si utilizzano anche per garantire unadeguata fermentazione. Sempre con lesclusione del Prosciutto di Parma DOP, sono molti gli altri ingredienti che possono essere impiegati nelle conce e nelle salamoie: generalmente il pepe, spesso anche altre spezie, talora aglio e vino. Questi ingredienti, indispensabili per conferire aroma ai salumi cotti; per quelli crudi, a parte gli effetti sensoriali tramandati dal loro impiego plurisecolare, hanno una importante funzione antiossidante ed anche batteriostatica complementare a quella del sale. Essi impediscono lirrancidimento e laccrescimento microbico quando sono presenti superficialmente in elevata concentrazione; mentre nei prodotti tritati favoriscono la fermentazione lattica selezionando la flora microbica occasionalmente presente. Per garantire sistematicamente una corretta fermentazione dei salami, oggi si impiegano starter specifici, con inoculi tali da essere sicuramente competitivi rispetto alla flora microbica indesiderata. Labbassamento del pH, conseguente alla fermentazione, comporta unulteriore azione di selezione microbica che permette di portare il prodotto a temperature superiori, adatte alla sua maturazione enzimatica. Quando laccrescimento di muffe superficiali non comporta difetti nel prodotto finito (come nel caso del prosciutto stagionato), ma permette di regolare meglio lo scambio di umidit con lambiente esterno e apporta enzimi utili alla maturazione specifica (come nel caso del salame di Felino), bene effettuare un inoculo superficiale anche di queste forme microbiche. Infatti, se ci si affida allaccrescimento spontaneo dei miceti presenti nellambiente di lavoro, inevitabile avere accrescimenti di muffe eterogenee, indesiderate per la diversa colorazione del feltro fungino e talora pericolose se producono micotossine. Nelle lavorazioni semplificate, le muffe accresciute spontaneamente vengono eliminate con spazzolatura e lavaggio, infarinando poi la superficie per simulare la tradizionale piumatura di muffe bianche benigne. Nella produzione di prosciutto crudo stagionato, nonostante limpiego degli impianti frigoriferi, ancora negli anni 50 la percentuale dei pezzi difettosi era tra il 25% e il 30%, mentre oggi si aggira intorno al 2%18. Fortunatamente, lesperienza empirica degli addetti permetteva di individuare precocemente i prosciutti che non sarebbero andati a buon fine e, quindi, di recuperarli quando erano ancora idonei alla trasformazione in prosciutti cotti. Questa produzione, peraltro, era molto limitata e utilizzava tecniche essenzialmente artigianali. Successivamente, la produzione di salumi cotti divenuta del tutto autonoma e ha avuto un rapido sviluppo industriale. Al prosciutto cotto - differenziato in diversi livelli di qualit - si aggiunta la spalla e il prodotto in pezzi ricostituiti (essenzialmente destinato 60

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alla ristorazione pi economica). Anche a parit di tipo di materia prima utilizzata, gli stampi di cottura avevano forme diverse (anche in funzione delle diverse abitudini regionali), al punto che chi serviva un mercato allargato doveva avere una dozzina di tipi di stampo, con conseguenti problemi di logistica interna, difficolt di programmazione della produzione e immobilizzo di magazzino. Ancora alla fine degli anni 70, i prosciutti erano salamoiati mediante iniezione ipodermica manuale molto lenta, e che richiedeva una particolare abilit da parte delloperatore. Dopo la cottura dentro gli stampi immersi in vasche con acqua prossima allebollizione e il successivo raffreddamento, il prodotto era semplicemente confezionato in sacchi plastici, ma la sua shelf life era breve, anche in condizioni refrigerate per la ricontaminazione superficiale post raffreddamento. Taluno confezionava il prodotto in grandi scatole di banda stagnata sagomate a mandolino (verniciate internamente e con un dischetto di alluminio rivettato sul fondo, quale anodo sacrificale per proteggere la base di acciaio dalla corrosione dovuta allelevato contenuto di cloruri) e lo sottoponeva ad un trattamento di sterilizzazione superficiale in autoclavi a vapore. Poich, a seguito del trattamento termico, non correttamente correlato alla composizione ed alla quantit di salamoia siringata, si aveva una rilevante sineresi, le scatole ancora calde e rigonfie erano perforate sul coperchio e compresse per fare uscire la fase acquosa libera; successivamente, continuando a comprimere il coperchio, il foro era chiuso con una saldatura a lega stagno-piombo. Il tutto manualmente. Nella seconda met degli anni 80 erano ormai generalmente utilizzate le siringatici multiago automatiche con successiva zangolatura refrigerata e sottovuoto, differenziata per tipo di materia prima e livello di qualit del prodotto: zangole a betoniera per massaggiatura lenta e delicata; impianti automatici a bidoni per massaggiatura pi energica e impastatrici a pale per sfibratura dei pezzi da prodotto ricostituito (eventualmente inteneriti con semitagli e detendinati mediante apposite macchine prima della siringatura). Era stato anche introdotto lo stampaggio sotto vuoto e la cottura in armadi a vapore-aria. Inoltre, era stata sperimentata la cottura del prodotto gi racchiuso ermeticamente in un sacco plastico resistente al trattamento termico, con una salamoiatura a calo zero (ovvero di composizione e quantit tale da non dare sineresi), oppure con sacchi aventi una proboscide che fuoriusciva dallo stampo, tale da accogliere per pressione la maggior parte della fase sierosa ed eliminata dopo raffreddamento con doppia termosaldatura e taglio intermedio. Ma, per la variabilit della materia prima in termini di capacit di ritenzione dellacqua, la tecnica a calo zero era realmente applicabile solo rinunciando alla massima resa. Il sacco con proboscide comportava invece molta manualit e dava scarse garanzie di ermeticit; cosicch, nonostante il maggior costo energetico, si quindi affermato il confezionamento sotto vuoto dopo raffreddamento con un secondo trattamento di pastorizzazione superficiale e di raffreddamento. Nonostante il grande apprezzamento a livello internazionale del Prosciutto di Parma, 61

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la sua esportazione era fortemente penalizzata dal fatto che allestero non erano in genere utilizzate (anche a livello commerciale) macchine affettatrici adatte e, comunque, era preclusa la vendita attraverso la grande distribuzione. Qualche pioniere, gi negli anni 80, aveva pensato di superare questo handicap con la preaffettatura, ma lunica forma di confezionamento allora in grado di proteggere il prodotto sia meccanicamente, che dallossigeno e dalla disidratazione era una scatola di banda stagnata rettangolare, molto larga e bassissima, chiusa sotto vuoto. Il prodotto si conservava molto bene, ma lo spessore del lamierino necessario per sopportare il vuoto interno era tale da rendere la scatola, oltre che molto costosa, davvero difficile da aprire, anche disponendo di un buon apriscatola. Nei decenni successivi, anche in Italia si progressivamente allargata la quota di prodotti alimentari veicolati dalla grande distribuzione e lesigenza di commercializzare i porzionati e preaffettati divenuta pressante per tutti i salumi crudi e cotti. I tranci potevano essere adeguatamente confezionati sottovuoto in sacchi plastici termoretraibili; mentre per i preaffettati stato necessario attendere la disponibilit di vaschette plastiche a elevata barriera e chiuse con adatta atmosfera modificata. Infatti limpiego di buste chiuse sottovuoto, nonostante linserimento di foglietti plastici di interfalda, non permetteva di mantenere integre le fette allutilizzo. Ma per i salumi cotti ed anche per quelli crudi poco stagionati, con elevata attivit dellacqua e senza poter impiegare additivi antibatterici ad ampio spettro, il problema principale da superare stato quello di garantire una adeguata shelf life in condizioni di refrigerazione (peraltro con una catena del freddo poco affidabile) effettuando le operazioni di affettatura e di confezionamento in ambiente a bassissima carica microbica alterativa, oltre che potenzialmente patogena. Negli anni 90, questo problema stato affrontato mutuando dal settore farmaceutico e medicale la tecnica delle camere bianche. Queste, peraltro, erano poco efficaci perch malamente adattate al traffico continuo di materiali e di addetti provenienti dagli altri ambienti con elevata contaminazione microbica: le macchine di affettatura e di confezionamento non erano progettate e costruite per essere adeguatamente pulite e sanificate e, talora, anche non adatte per la contaminazione crociata dovuta alla copresenza di prodotti stagionati e prodotti cotti. Mentre inizialmente erano sorte aziende dedicate al preconfezionamento anche per conto terzi, oggi la quota di prodotto venduto preaffettato tale per cui la maggior parte dei salumifici e prosciuttifici si attrezzata autonomamente. Ad esempio, la produzione di Prosciutto di Parma preaffettato dal 2000 a oggi passata da 15 a 52 milioni di vaschette, con una quota del 21% rispetto al totale del prodotto marchiato e del 36% di quello esportato19. Questo sviluppo stato consentito dalla migliore progettazione e gestione delle camere bianche e dei macchinari, che hanno anche raggiunto capacit produttiva elevata. Per esigenze di presentazione e per ridurre lo sfrido, il prodotto appositamente fabbricato con forme adatte, oppure compresso in mattonelle dopo il disosso; e per mantenerlo sufficientemente rigido nonostante il calore generato dallattrito del taglio ad alta velocit, recentemente stato introdotto il preraffreddamento 62

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in camere con iniezione di azoto liquido. Un problema ancora aperto connesso alla esportazione negli USA, per la difficolt di adeguarsi allobbligo di garanzia listeria free (assenza analitica di batteri del genere Listeria) che si applica a questi alimenti di tipologia ready to eat (da consumare senza previa cottura). Sono tuttora in corso ricerche sperimentali di trattamenti germicidi fisici non termici, ma la stessa esperienza statunitense ha dimostrato che lunica soluzione attualmente disponibile garantire lassenza di Listeria nella materia prima per i salumi crudi e, comunque, negli ambienti di lavorazione e di stoccaggio. Ma queste condizioni, indipendentemente dalle procedure di detergenza e di sanificazione, sono molto difficili da attuare in stabilimenti di macellazione e di trasformazione e con impianti di raffreddamento che non siano stati appositamente progettati e costruiti per non essere essi stessi focolai di batteri psicrofili come quelli del genere Listeria. Negli anni 80-90, gli obblighi ambientali relativi ai reflui di allevamento e quelli igienici sulla macellazione hanno imposto a questi due settori una forte aggregazione per raggiungere economie di scala. Le nuove strutture sono state localizzate in Lombardia e in Emilia Romagna, ma lontano dalle zone tipiche di trasformazione, per le quali stata perseguita una politica di particolare tutela ambientale. Daltra parte, limpiego di materia prima fresca nazionale si sempre pi ristretto ai salumi con DOP che la rendono obbligatoria nel proprio Disciplinare, risultando molto pi economica negli altri casi quella di provenienza estera. Comunque, il maiale pesante del circuito produttivo vincolato dalle DOP (comune al Prosciutto di Parma, di San Daniele e di Modena e al Culatello di Zibello) ha ormai molto poco di tradizionale e levoluzione sia della genetica sia dellalimentazione rendono spesso le cosce disponibili poco adatte alla trasformazione in prodotto stagionato. Infatti, laccrescimento troppo rapido e lelevato contenuto di acidi grassi insaturi della dieta comportano, rispettivamente, eccessiva attivit di enzimi proteolitici durante la maturazione (valutata come attivit della catepsina B) e scarsa consistenza, ed elevata ossidabilit dello strato di grasso esterno (valutata come numero di iodio). Per questultimo, lelevato tenore di acidi grassi insaturi pu essere considerato positivo dal punto di vista nutrizionale, ma non certamente dal punto di vista tecnologico. Il problema di scarsa idoneit alla trasformazione delle cosce suine gi nei primi anni 90 era stato documentato scientificamente dai ricercatori della Stazione Sperimentale per lIndustria delle Conserve Alimentari, ma tuttora permane. Lo dimostrano le seguenti considerazioni fatte da un ricercatore nel 2006: Una scorretta alimentazione (carenze proteiche ed energetiche) infatti non solo riduce le prestazioni produttive degli animali, ma ritarda il raggiungimento di quello stato di maturazione delle carni di cui lattivit enzimatica lindice. Ne risulta che particolarmente importante, proprio ai fini della qualit delle carni da destinarsi alle produzioni tipiche, che gli animali ricevano unalimentazione che consenta loro di esplicare tutta la loro potenzialit produttiva e soprattutto che al momento della macellazione laccrescimento del tessuto muscolare sia in fase calante e sia in pieno sviluppo il tessuto adiposo. Tale concetto che gli animali debbano essere macellati quando sono finiti e 63

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cio quando abbiano raggiunto un adeguato grado di adiposit apparentemente ovvio. Nella suinicoltura moderna invece sempre pi spesso si utilizzano suini con potenzialit di accrescimento tale che, sebbene giungano al macello ad un peso adeguato per le produzioni tipiche (160 chilogrammi), sono ancora in fase di accrescimento muscolare e quindi non finiti.20 Come nel caso del formaggio Parmigiano Reggiano, anche per il Prosciutto di Parma, nonostante i limiti posti dal Disciplinare, le modalit di allevamento si sono evolute con lobiettivo di incrementare sempre pi la resa produttiva, rendendo maggiormente difficile riuscire a ottenere la qualit tradizionale del prodotto finito, mantenendo effettivamente tradizionale solo le modalit di trasformazione. Daltra parte, tranne piccole nicchie di mercato, lo strapotere della grande distribuzione ha innescato una spirale economica perversa: il prezzo medio di mercato spuntato dal prodotto finito (assurdamente vicino a quello del prosciutto cotto, che non ha il calo peso e limmobilizzo di capitale di quello stagionato) non permette ai prosciuttifici di premiare con il prezzo di acquisto le cosce fresche di migliore qualit. Non sorprende, quindi, il fatto che la gran parte della produzione di prosciutto crudo sia al di fuori dalla DOP, dal momento che la conoscenza tecnologica oggi disponibile permette di ottenere uno standard di prodotto con adeguato rapporto qualit/prezzo, modificando le modalit di lavorazione tipiche in funzione della materia prima utilizzata. 1.2.6 La pasta e i prOdOtti da fOrNO La produzione commerciale di pasta essiccata si diffusa dalla Sicilia, nel palermitano dove erano disponibili sia il grano duro sia le condizioni climatiche favorevoli allessiccazione, alla Liguria e alla Campania, in particolare Torre Annunziata e Gragnano, che avevano il clima adatto, ma dovevano importare il grano duro. La pasta essiccata era un bene di lusso per il costo di trasporto del grano duro e, soprattutto, per il costo elevato di una lavorazione completamente manuale; infatti diventa un alimento popolare nel XVII secolo con linvenzione del torchio meccanico.21 La lavorazione della pasta prevedeva e prevede tuttora una serie di operazioni meccaniche per la sua formatura, seguite da trattamenti igro-termici per arrivare al completo essiccamento. Originariamente anche le operazioni meccaniche erano del tutto manuali. Dopo limpastamento e la gramolatura, la formatura era inizialmente effettuata per laminazione (compressione con un rullo o tra due rulli); ma gi nel 600 si diffusa lestrusione con torchio o pressa, ovvero la compressione dellimpasto contro una piastra di bronzo forata (trafila), con aperture per formati cilindrici, a nastro o tubolari, e taglio allo scarico. La pasta fresca era posta su un telaio oscillante (trabatto) ed esposta al sole e al vento o comunque asciugata rapidamente in superficie (incartamento), per ridurne ladesivit e la deformabilit; poi, posta su telati era portata in cantina fresca e leggermente umida, per evitarne la successiva rottura con una ridistribuzione dellacqua interna (rinvenimento) e, infine, era postata in locali arieggiati da grandi finestre (con eventuali bracieri) per la vera e propria essiccazione, lenta 64

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e graduale. Il tutto, ovviamente, adattando empiricamente le modalit operative in funzione delle effettive condizioni atmosferiche per evitare sia fermentazioni anomale e ammuffimento, sia una struttura anomala per asciugamento troppo rapido22, 23. Lofficina Pattison di Napoli nel 1830 ha introdotto la gramola a coltelli; forse corrispondente a quella che Cesare Spadaccini sosteneva di avere allestito nel suo scritto del 1833: Uomo di bronzo per rimuovere labominevole uso di lavorare la pasta con i piedi. Sempre la Pattison ha realizzato nel 1870 la prima gramola completamente automatica e un torchio idraulico a gotto montante. 21 Comunque, anche se la lavorazione dellimpasto e la sua formatura erano agevolate da attrezzature meccaniche, lessiccamento continuava ad essere molto laborioso e non riproducibile se basato su condizioni ambientali tradizionali; oppure tale da non permettere di ottenere pasta di buona qualit se si utilizzavano stufe. Nel ventennio a cavallo tra 800 e 900 si contano circa 20 brevetti e, in particolare, nel 1898 quello dellIng. Vitaliano Tomasini che, sviluppando una idea di Filippo De Cecco dellomonimo pastificio abruzzese, che permetteva di riprodurre (seppure in maniera scarsamente controllata) le condizioni del sistema di essiccamento naturale alla napoletana. Nel primo quarto di secolo del Novecento vengono depositati oltre 150 brevetti e, in particolare, quello di Renato Rovetta, inventore del primo essiccatoio con regolazione di temperatura, umidit e distribuzione del flusso daria 22, 23. In questo contesto di industrializzazione dellattivit pastaria, Parma ha svolto e svolge un ruolo particolarmente rilevante. NellArchivio di Stato di Parma sono stati rinvenuti due campioni di pasta secca risalenti agli anni 1837 e 1838, relativi al rifiuto per qualit non conforme di una fornitura destinata ai carcerati 24. Tra le molte attivit di pastificazione artigianale attive a Parma, il primo pastificio con assetto industriale fu quello fondato dallIng. Ennio Braibanti nel 1870. Giuseppe e Mario Braibanti, figli di Ennio ed anchessi ingegneri, si dedicarono allo sviluppo dei macchinari produttivi e nel 1933 progettarono la prima pressa-impastatrice italiana. Successivamente, Giuseppe Braibandi fond e amministr limpresa meccanoalimentare F.lli Braibandi di Milano, la quale nel 1946 lanci sul mercato internazionale le prime linee totalmente automatiche per la produzione di paste corte e, nel 1949 quelle per paste lunghe 22. Pietro Barilla senior, che nel 1887 aveva aperto un laboratorio artigianale per pane e pasta fresca, nel 1910 mise in funzione un vero e proprio pastificio. Negli anni 50 lo stabilimento fu ammodernato e potenziato e nel 68 fu affiancato da quello di Pedrignano che, con una crescita progressiva, diventer il pi grande sito produttivo pastaio. A partire dagli anni 70 entrano a far parte del Gruppo Barilla sia la parmense Braibanti sia la Voiello (attiva a Torre Annunziata fin dal 1879). Nei primi anni 80 la Barilla ha introdotto nuove linee di pastificazione automatizzate e con la fase di essiccamento ad alta temperatura per breve tempo che, conciliando la riduzione dei tempi di trattamento con una migliore texture della 65

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pasta (grazie allottimale formazione del reticolo glutinico che limita la fuoriuscita dellamido in cottura), ha permesso di utilizzare miscele di semole variabili in funzione delle variazioni del mercato ma ottenendo un prodotto di qualit media, con buon rapporto qualit/prezzo e, soprattutto molto pi standardizzato rispetto alla concorrenza. E importante considerare che il consumatore medio italiano, che mangia un primo di pasta quasi tutti i giorni, molto esigente dal punto di vista della tenuta in cottura (assenza di collosit e mantenimento del nerbo al dente, ma senza gusto di amido) e, pi che al livello di qualit assoluto, apprezza la costanza del livello che diventa abituale e induce fidelizzazione al marchio. Fatto sta che la pasta Barilla increment rapidamente la sua quota di mercato a scapito di quella degli altri stabilimenti industriali, i quali peraltro non disponevano delle conoscenze tecnologiche, prima ancora che delle risorse finanziarie per attuare rapidamente le stesse innovazioni di processo. Ci ha dato allimpresa parmense un vantaggio competitivo di circa dieci anni sulla concorrenza e, quindi, le risorse per autofinanziare la sua espansione internazionale e la concomitante differenziazione produttiva (prodotti da forno e condimenti per primo piatto). Anche se i nuovi impianti pi avanzati non erano di fabbricazione italiana ed erano ovviamente utilizzati anche in altri Paesi, le competenze interne per selezionare le semole fin dalla scelta varietale dei grani duri e delle rispettive condizioni di coltivazione, di mettere a punto le condizioni di processo e di tenerle strettamente sotto controllo, ha permesso alla Barilla di conquistare e mantenere la leadership produttiva a livello internazionale. La capacit interna di orientamento delle scelte agronomiche stato un importante fattore competitivo, perch ancora negli anni 70-80 la ricerca agronomica pubblica in questo ambito era essenzialmente dedicata alla produttivit e alladattamento forzato allo stress salino e alla siccitosi; laddove la ricerca in Francia era molto pi orientata alla qualit in pastificazione. Il fatto che nel nostro Paese era in vigore la legge di purezza che vietava limmissione sul mercato di pasta secca che non fosse esclusivamente ottenuta con semola di grano duro (peraltro dichiarata incompatibile con il Trattato CEE sul mercato unico europeo, in base al principio della sentenza Cassis de Dijon del 1979). Questa norma doveva servire a tutelare il reddito dei produttori agricoli pugliesi e siciliani e si dava per scontato che utilizzando la semola la pasta dovesse risultare necessariamente di buona qualit. Invece, estremizzando, dal punto di vista della pastificazione pu essere addirittura migliore un ottimo grano tenero rispetto ad un grano duro scadente. Nel 1975 la Barilla ha iniziato una differenziazione produttiva con lattivazione della linea di prodotti da forno a marchio Mulino Bianco e, successivamente, con lacquisizione della Pavesi, acquisendo rapidamente la maggiore quota di mercato dei biscotti, dei prodotti da prima colazione e dei sostituti del pane, soprattutto, ampliando grandemente questo mercato fino ad allora stagnante. Ci stato possibile grazie al fatto che Barilla ha saputo dedicare rilevanti risorse umane per la ricerca e sviluppo sia di prodotto sia di processo in questo settore che, pur avendo gi un assetto impiantistico del tutto industriale, in Italia era 66

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fortemente carente dal punto di vista tecnologico e non in grado di adeguarsi alle preferenze dei consumatori. In particolare il ritardo culturale riguardava lapproccio allingredientistica puramente chimico e subordinato alle proposte dei fornitori; mentre, proprio questo settore ha ampie potenzialit di innovazione di prodotto, se si in grado di progettare nuove caratteristiche strutturali e funzionali scegliendo tra le innumerevoli variabili di formulazione. Contrariamente alla pasta ed anche ai predetti prodotti da forno, le origini della produzione commerciale di pane risalgono addirittura alle prime fasi di aggregazione urbana, perch le singole famiglie non potevano disporre di un forno adatto. Eppure questa attivit rimasta in Italia di dimensione strettamente artigianale fino agli anni 80. Questa anomalia dovuta al forte condizionamento politico esercitato a livello normativo dalla categoria dei panificatori, ma anche perch la componente fermentativa del processo lo rendeva poco adatto ad una industria alimentare capace di gestire i fenomeni fisico-meccanici ma priva di competenze tecnologiche comprensive degli aspetti biochimici. Nel 1980 la Barilla ha acquisito una serie di panifici operanti in Toscana, Piemonte e Lombardia; dal 1994 ne ha progressivamente aggregato la produzione fino a concentrarla in tre grandi stabilimenti , ciascuno per Regione ma con un mercato nazionale, che rappresentano tuttora (dal 2003 non fanno pi parte del Gruppo Barilla) la pi grande realt produttiva di pane fresco industriale. Si deve osservare, peraltro, che questa industrializzazione stata possibile solo acquisendo da altri Paesi, oltre ai macchinari, anche il know how tecnologico che era assente in Italia anche a livello accademico per lapproccio esclusivamente empirico che era considerato intrinsecamente connaturato al settore. 1.2.7 - LiNdUstria saCCarifera Nel 1799 Franz Carl Achard, titolare della cattedra di fisica a Berlino, present a Federico Guglielmo III di Prussia dei pani di zucchero da lui ottenuti a partire da una variet barbabietola da foraggio appositamente selezionata e ottenne un finanziamento di 50.000 talleri, per costruire a Kunern in Slesia il primo zuccherificio industriale che entro in funzione nel 1802 25. Allora in Europa si utilizzava lo zucchero di canna che proveniva principalmente dalle colonie del Centro America. Ma nel 1804 gli inglesi, per contrastare lespansionismo di Napoleone, attuarono un blocco navale che imponeva alle navi dirette negli scali controllati dai francesi di transitare prima per i porti della Gran Bretagna pagando pesanti dazi. Napoleone rispose con il Blocco Continentale (Decreto di Berlino del 1806) e lo inaspr nel 1807 (Decreti di Milano), proibendo limportazione dei coloniali, compreso lo zucchero di canna. Napoleone impose la coltivazione della barbabietola nei dipartimenti attorno a Parigi e, aiutato dal finanziere e studioso di scienze naturali Benjamin Delessert che aveva perfezionato il metodo di Archard, favor il sorgere di zuccherifici tramite premi sulla produzione di zucchero ed esenzioni fiscali. Poich questi incentivi non risultavano efficaci nel Regno dItalia, su cui regnava lo stesso Napoleone, lo Stato francese con propri capitali (tramite il 67

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prefetto Dupont Delporte che si era appena insediato nel Granducato di Parma e Piacenza) fece costruire nel 1811 il primo zuccherificio a Borgo San Donnino, oggi Fidenza, che peraltro non sopravvivr a Waterloo 26. Lo zuccherificio di Borgo San Donnino pu essere considerata la prima industria alimentare italiana; anche se davvero effimera. Nel 1815, con la caduta di Napoleone e con il ritorno dello zucchero di canna, infatti, vennero a mancare anche le condizioni economiche per giustificare la prosecuzione di una attivit che era sorta con un finanziamento pubblico anzich per un progetto imprenditoriale. Daltra parte, fino al 1870 lItalia della Restaurazione ha visto pochi altri tentativi di impiantare zuccherifici e tutti falliti rapidamente. Mentre gi nel 1813 in Francia funzionavano 34 zuccherifici, in Italia diversi altri tentativi ebbero vita molto breve, risultando pi vantaggiosa la sola raffinazione del saccarosio importato grezzo, e una consistenza paragonabile (29 zuccherifici) fu raggiunta solo un secolo dopo (27). Fin dal 1879 Carlo Rognoni aveva iniziato a sperimentare la coltivazione della barbabietola da zucchero ed a propagandarla attraverso il Bollettino del Comizio Agrario di Parma, del quale era presidente. Il Rognoni, peraltro, propugnava lo sfruttamento diretto del prodotto da parte degli agricoltori 28. Si pu dedurre, quindi, che nel parmense, dopo la breve esperienza napoleonica sia proseguita una attivit saccarifera di tipo artigianale. La Societ Ligure-Lombarda, che nel 1872 aveva costruito una raffineria a Genova e una seconda nei primi anni 80 in provincia di Verona, nel 1899 install uno zuccherificio anche a Parma e, con la mediazione di Antonio Bizzozero (titolare della Cattedra Ambulante di Agricoltura che aveva una visione pi industrialista del pi anziano Rognoni), incentiv economicamente gli agricoltori locali a destinare 500 ettari alla coltivazione di barbabietola da zucchero. Tra i primi ad aderire (con 6 ettari) fu Giovanni Bonani, parroco di Mezzano Inferiore, che partecipava anche al comitato che mediava i prezzi tra agricoltori e lo zuccherificio 29. Il rapporto con il settore agricolo non era solo per lapprovvigionamento della materia prima, ma anche per la fornitura di foraggio melassato. Lo stabilimento, successivamente divenuto Eridania e dismesso nel 1968 per trasferire la produzione a San Quirico Trecasali, stato tutelato come archeologia industriale e nel 2001 diventato lAuditorium Nicol Paganini progettato da Renzo Piano. Il destino saccarifero di Parma confermato ancora oggi, visto che quello di San Quirico Trecasali (oggi Eridania Sadam) uno degli unici 4 zuccherifici italiani sopravissuti con lultima OCM europea del settore. Allinizio, quando lestrazione dello zucchero (come la concentrazione del succo di pomodoro) era su piccola scala artigianale gestita dagli stessi produttori agricoli, come propugnato da Carlo Rognoni, le attrezzature impiegate erano di legno e quelle metalliche (taglierine, vasche, torchi a tela di sacco, caldaie a fuoco diretto) erano realizzate dalle officine meccaniche locali che lavoravano genericamente il rame e il ferro. Quando, invece, lattivit saccarifera divenne effettivamente industriale, comprendendo anche la raffinazione, servi68

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vano generatori di vapore, estrattori e concentratori di grande dimensione ed anche macchine di filtrazione e separatori centrifughi. Tali macchinari furono importati dalla Francia e si pu pensare che da queste possano avere preso spunto le officine parmensi per il progressivo sviluppo delle attrezzature che, al contrario di quelle strettamente specifiche per la fabbricazione dello zucchero, potevano essere impiegate anche per la trasformazione del pomodoro e che avevano quindi un potenziale mercato locale molto pi ampio. Si fa riferimento in particolare alla evoluzione delle caldaie, come dimensione e come modalit di riscaldamento. Dal fuoco diretto alla camicia di vapore e, alla fine dell800, limpiego del vuoto con colonna barometrica per concentrare a temperatura pi bassa (dalla semplice boulle alle batterie con doppio stadio), con i corrispondenti generatori di vapore (dal combustibile legna al carbone e infine al gas). Risale al 1846 lofficina del gas di Parma, con distillazione del carbon fossile30. 1.2.8 - LiNdUstria delle CONserve alimeNtari Lindustria alimentare, intesa come prodotti alimentari e non come ingredienti quali lo zucchero, ha le sue origini in Francia, a Ivry-sur-Seine, dove nel 1796 Franois Nicolas Appert ha realizzato le prime conserve racchiuse in bottiglie di vetro a bocca larga, tappate con sughero precompresso e bloccato da una gabbietta di filo di ferro, e sottoposte a bollitura. Nel 1804 Appert, vinse il premio di 12.000 franchi messi in palio dal Direttorio francese per chi avesse presentato il migliore progetto per la fornitura di alimenti conservati alle forze armate di Napoleone I e nello stesso anno avvi a Massy una vera e propria fabbrica produttiva (la Maison Appert). La commissione che aveva deciso lattribuzione del premio comprendeva il celebre chimico-fisico Gay-Lussac. Nel 1810 Apert descrive con dettagli applicativi e minuziosi disegni la sua invenzione nel Le Livre de tous le Mnage ou lArt de Conservar pendant Plusieurs Annes Toutes les Substances Animales et Vegetales (31). Tuttora sono chiamati appertizzati i prodotti alimentari confezionati ermeticamente e trattati termicamente in maniera tale da risultare stabili a temperatura ambiente (ovvero commercialmente sterili). Lazzaro Spallanzani nel 1752, confutando la teoria della generazione spontanea, aveva dimostrato che gli estratti vegetali e di carne non subivano nel tempo alterazione se erano messi in fiale di vetro chiuse ermeticamente alla fiamma e tenute per pi di unora in acqua bollente. Comunque, soltanto dopo pi di un secolo, sar Luis Pasteur che nel 1859, ripetendo le esperienze di Spallanzani, collegher la stabilizzazione di liquidi alimentari alla distruzione termica dei microrganismi originariamente presenti. In effetti, limpiego di bottiglie di vetro con sigillatura precaria (individuata come punto critico dallo stesso Appert) e la bollitura a bagnomaria non garantivano leffettiva stabilit microbiologica dei prodotti cos trattati. Il reale sviluppo dellindustria conserviera stato possibile solo grazie allimpiego di scatole di banda stagnata, che arriv molto presto, e allautoclave per prodotti a bassa acidit che, pur derivando dalla famosa pentola a pressione di Papen del 1681, solo nel 1852 69

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Raymond Chevalier-Apert, pronipote di Nicolas Appert ed erede della sua fabbrica di conserve, riusc a sviluppare in maniera affidabile32. Nel 1810 in Gran Bretagna, Peter Durand, che aveva avuto rapporti daffari tuttora non ben chiariti con Appert, brevett la scatola di banda stagnata saldata a piombo e, gi nel 1813 gli inglesi John Hall e Bryan Donkin, in una piccola fabbrica nei pressi di Dartford cominciarono a produrre scatolette di carne per la marina militare. Negli USA, le prime bottiglie di pomodori conservati sono state preparate nel 1821 a Boston da William Underwood, un inglese emigrato nel nuovo continente dopo avere conosciuto la tecnica di Appert da giovane apprendista presso una impresa commerciale di Londra. Underwood, che doveva importare le bottiglie di vetro dallInghilterra, stato anche tra i primi a sostituirle con le pi robuste scatole di banda stagnata Allora, peraltro, la produzione era manuale e molto costosa, dal momento che un bravo artigiano non poteva fabbricare pi di 60-70 scatole in una giornata32. Si trattava di piccole produzioni artigianali vendute a prezzi molto elevati, fino al 1861, quando la Guerra Civile americana incentiv la produzione di alimenti conservati su larga scala per le truppe. Solo nel 1880-90, di nuovo in Gran Bretagna, inizi la fabbricazione automatica con lapplicazione dei fondelli al corpo cilindrico mediante doppia aggraffatura ermetica 33. Oggi, con una sola linea se ne possono fabbricare pi di 1.000 al minuto, nonch riempirle e chiuderle con la stessa velocit. A Parma e, parallelamente, nella zona di Napoli e Salerno si sono sviluppati i pi importanti poli conservieri italiani, ma con notevole ritardo rispetto ad altri Paesi. Come riferisce Ballarini34, nel 1832 Agnoletti, gi credenziere e liquorista alla corte di Maria Luigia, nel suo Manuale del cuoco e del pasticcere descrisse la preparazione di una conserva di pomidoro al fresco costituita da polpa di pomodoro setacciata due volte, messa in bottiglia coprendola con poco olio, sigillando poi le bottiglie con turaccioli incatramati e facendole bollire a bagno maria per sedici minuti. E del tutto verosimile che Agnoletti abbia derivato questa ricetta dallopera di Appert, pubblicata venti anni prima, nel 1810. Applicata al pomodoro, che ha una elevata acidit naturale, questa tecnica non ha presentato i problemi incontrati da Appert nel preparare per le forze armate francesi conserve di legumi e di carne a bassa acidit; tanto vero che la stessa procedura arrivata fino ai nostri giorni come pratica domestica, soprattutto nel Sud-Italia. Nel 1856 a Torino il ventenne Francesco Cirio, privo di cultura ma con grande intuizione, prese in affitto un locale dove fece installare un camino capace di contenere due grandi caldaie da bucato e, basandosi solo sullevidenza della prova pratica, riusc a conservare dei piselli. Visto il successo, estese il metodo ad altri ortaggi strettamente stagionali; compreso il pomodoro, al quale rester strettamente legato il marchio Cirio (non noto quando inizi la sostituzione delle bottiglie con le scatole metalliche). Nel 1875 Francesco Cirio apr nel napoletano la prima fabbrica di concentrato di pomodoro, aiutato peraltro dal parmigiano Lamberto Gandini35. 70

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Nel 1874 a Parma, per iniziativa di Carlo Rognoni, si costituisce la Societ Anonima di coltivatori per la preparazione delle conserve di pomidoro. Al 1887 risale la Giuseppe Calda di Sala Baganza. Come risulta dai registri della Camera di Commercio, le imprese della provincia di Parma che trasformavano il pomodoro in estratto erano 4 nel 1893, 5 nel 1894, 7 nel 1895, 11 nel 1896, 13 nel 1897 e tra le 14 e le 16 fino al 1905. Ma questi dati, sono sottodimensionati in quanto la registrazione alla Camera di Commercio diventer obbligatoria solo nel 1910. Infatti, secondo i dati ministeriali, nel 1890 erano attivi in provincia di Parma 16 opifici, che disponevano complessivamente di 35 caldaie a fuoco diretto, occupavano 76 operai e producendo mediamente 535 quintali allanno di conserva nera in pani. La lavorazione avveniva introducendo i pomodori in sacchi di tela, che venivano schiacciati sotto una rudimentale pressa azionata a mano per eliminare il liquido placentare. La polpa veniva passata nei bigonci attraverso grandi setacci di rame, quindi bollita sul fuoco a legna, rimescolandola con lunghe pale di legno, infine veniva fatta asciugare al sole, e lestratto veniva confezionato in pani. Alcuni fabbricanti erano commercianti di salumi e formaggi e solo in seguito si dedicano allagricoltura; ma quelli che riusciranno a sviluppare le loro imprese fino ai giorni nostri erano prevalentemente proprietari terrieri che reinvestivano i profitti agricoli in questa attivit, oltre che nella produzione di formaggio e in alcuni casi anche di salumi 35. Lodovico Pagani, che nel 1894 aveva iniziato a produrre conserva di pomodoro in societ col Rognoni, alla sua morte nel 1904 diventa titolare dellimpresa che, successivamente, saranno i suoi figli a fare transitare dalla fase pionieristica della conserva nera alla fase industriale moderna. Giuseppe Pezziol, a Padova, confezionava i concentrati di pomodoro in vasi di vetro (il doppio e il triplo) o in pani. Dal 1890 inizi a mettere il doppio concentrato in scatole di lamierino rivestite internamente di carta pergamena e cinque anni dopo (nel 1895) fu acquistata la prima macchina per chiudere le scatole senza doverle stagnare una per una. Nel 1901 la Pezziol decise di insediarsi nel luogo della produzione del pomodoro e costru uno stabilimento attrezzato fin dallinizio con le boules. Nel 1896 Remigio Rodolfi apr un piccolo opificio per la produzione di concentrato di pomodoro che rest attivo solo per 11 anni; mentre il fratello Giuseppe attiv un caseificio e suo figlio Mansueto, acquisiti terreni contigui al caseificio, aggiunse la produzione agricola e la trasformazione del pomodoro tuttora attiva. Nel 1899 fu fondata la F.lli Mutti, trasformando una azienda agricola in industria per la trasformazione del pomodoro. A fianco, cera un caseificio gi attrezzato allora con caldaie a vapore 36. Tra il 1902 e il 1907 sorsero 19 stabilimenti forniti di caldaie a vapore e nel 1908 erano gi 24, per lo pi piccole imprese familiari ma alcune di esse erano societ per azioni ed avevano una dimensione relativamente grande37. Con lintroduzione nelle imprese pi capitalizzate dei concentratori sotto vuoto, inizialmente importati dalla Francia ed anche dalla tedesca Erfurter Maschinenfabrik che aveva una propria rappresentanza a Parma, il settore assunse 71

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nel suo complesso una rilevanza quantitativa tale da indurre la coltivazione del pomodoro su vasta scala. Secondo il Maggiore Eugenio Massa38, nel 1910 erano attivi a Parma 36 stabilimenti di conserve alimentari, 31 dei quali dedicati esclusivamente alla produzione di concentrato di pomodoro, e Lestratto del Parmense ha preso il sopravvento su quello delle altre regioni [] Lesportazione di anno in anno va aumentando e buona parte del prodotto viene ritirato dalle principali piazze dEuropa. Nel 1910 erano contemporaneamente commercianti di formaggio, fabbricanti di salumi e di conserve le ditte Musi e Polon, Rizzoli Emanuelli, Societ Parmigiana Prodotti Alimentari, Guscetti e Ozzola; fabbricanti di salumi e di conserve le ditte Boschi Luigi e fratelli, Martinelli Lodovico e Napoleone, Ugolotti Antonio e Calda Giuseppe; commercianti di formaggio e produttori di conserve le ditte Marchese Enrico, Abele Bertozzi di Colorno, Carrara e Bonaventura di Noceto. Lesercizio di pi attivit consentiva di a diversificare il rischio dimpresa e la diversa stagionalit delle lavorazioni consentiva di ottimizzare lutilizzo della forza lavoro ed i flussi di cassa. Cosicch nel 1912 presso la Camera di Commercio lindustria conserviera parmigiana risultava costituita da 61 stabilimenti che, con 226 impianti sottovuoto (da intendersi come singole boulle discontinue), trasformavano ben 1,5 milioni di quintali di pomodoro. Una produzione che eccedeva la domanda e che determiner per il settore uno stato di crisi fino agli anni 30 35. Nel 1922 venne istituita la Stazione Sperimentale per lIndustria delle Conserve Alimentari in Parma, la quale avr il merito di acquisire le conoscenze tecniche e scientifiche disponibili a livello internazionale e di adattarle e trasmetterle al contesto produttivo locale, alimentando la continua innovazione impiantistica e di processo. Secondo lUnione Parmense degli Industriali14, da 36 fabbriche di conserve di pomodoro del 1904, nel 1930 erano diventate ben 77; mentre dal dopoguerra, la crescente meccanizzazione del settore ha comportato una progressiva riduzione del numero di imprese, ma con una crescente capacit produttiva globale. Nel tempo, mentre le imprese campane si sono prevalentemente dedicate alla produzione di pomodori pelati, con il concentrato come sottoprodotto, a Parma la produzione di pelati stata sempre meno rilevante rispetto al concentrato e, nei tempi pi recenti, stata abbandonata perch lintegrit del prodotto comportava maggiori costi di raccolta e di trasporto. La produzione di passate e di polpe diventata invece largamente preponderante, soprattutto perch quello dei concentrati si era ridotto a mercato di semilavorati con bassi margini di guadagno per la crescente concorrenza di nuovi paesi produttori nordafricani e asiatici (il basso livello di conoscenze necessario per i concentrati di pomodoro non costituiva certo una barriera tecnica sostitutiva di quella doganale europea in progressivo smantellamento). Daltra parte, anche se la maggior parte della produzione di derivati del pomodoro stata sempre costituita da semilavorati per una seconda trasformazione indu72

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striale (dal concentrato per ketchup alle polpe per pizze), i conservieri pi dinamici hanno sempre cercato di rivolgersi anche al mercato al dettaglio con rilavorazioni interne a proprio marchio e con preparazioni alimentari ad elevato valore aggiunto. Di seguito si riportano alcuni esempi della capacit innovativa sviluppata nel tempo dallindustria conserviera parmense. Althea, nata nel 1932 dallidea dei fratelli Bertozzi di non produrre soltanto conserva di pomodoro, ma anche prodotti pi ricchi e pronti alluso, nel 1937 ha lanciato sul mercato Sugoro , il primo sugo pronto italiano (confezionato in vasetti di vetro con capsula a fascetta di facile apertura) che si aggiudicher nel 1947 il Diploma di Gran Premio alla prima Esposizione dellAlimentazione promossa dalle Fiere di Parma. Seguono negli anni 50 prodotti innovativi (tipo snacks) a base di frutta molto concentrata, cos da risultare self stable, e dadi per brodo. Nel 1961 inizia la commercializzazione dello spicchio di formaggio Parmigiano Reggiano senza crosta confezionato in un involucro plastico sotto vuoto, che allora era innovativo anche se diventer poi di impiego elettivo e generalizzato per questo prodotto. Dopo diversi passaggi societari, dal 1997 lo stabilimento appartiene alla DELFINO S.P.A. di Acerra (Napoli). La Rodolfi Mansueto, fondata nel 1906, negli anni 50 inizia la produzione di Ortolina, una salsa pronta da bolliti a base di concentrato di pomodoro e verdure, coraggiosamente confezionata in tubetto di alluminio fino ad allora impiegato solo per dentifricio, e installa un primo impianto per trasformare il concentrato in polvere di pomodoro. Nel 1961 Calisto Tanzi, insieme ad altri piccoli investitori, aveva fondato Dietalat, una piccola azienda per latte pastorizzato in concorrenza con il monopolio locale della Centrale del Latte di Parma. Successivamente trasformata in Parmalat, lazienda stata la prima a livello mondiale ad utilizzare con successo la tecnica Tetrapak (confezionamento asettico in contenitori tetraedrici di cartoncino plastificato) per produrre latte a lunga conservazione UHT (ovvero trattato termicamente a temperatura molto alta per un tempo molto breve prima di essere confezionato asetticamente) di qualit migliore rispetto a quello sterilizzato in bottiglia e, soprattutto, con un contenitore che costava solo un terzo rispetto al vetro. Grazie a questa innovazione, a partire dagli anni 70 lazienda diventata rapidamente una multinazionale leader in questo settore. Tra le altre innovazioni si possono citare un latte fermentati con particolari batteri probiotici e il latte pastorizzato e microfiltrato su membrane ceramiche a shelf life estesa. La Boschi Luigi e Figli, nata intorno al 1905 dalla trasformazione della precedente attivit molitoria e attualmente appartenente al Gruppo CIO-Casalasco, agli inizi degli anni 80 apparteneva al gruppo Parmalat e da questa mutu la tecnica di trattamento e confezionamento asettico per applicarla con successo prima alla passata e alla polpa di pomodoro, poi a succhi di frutta, alle minestre e condimenti (presso lo stabilimento di Felegara rilevato dalla Campbell Soup che lo aveva attivato nel 1965) e, infine, al t e ad altre bevande. Alla mol73

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tiplicazione dei prodotti si aggiunta quella delle forme di confezionamento: asetticamente in cartoni, sacchetti e bottiglie di plastica; a caldo in lattine di banda stagnata o alluminio e in bottiglie di vetro. La societ cooperativa Parmasole, nata nel 1912 come Pagani e Ceresini ed ora Columbus del Gruppo Mantua, nel 1985 aveva rilevato la celebre Arrigoni di Cesena ed era diventato lo stabilimento con la maggiore capacit produttiva applicando lo stoccaggio di polpe e passate di pomodoro in enormi cisterne asettiche (tanto grandi da dover essere collocate al di fuori dello stabilimento) come semilavorati ad uso interno, oltre che in sacchi plastici asettici per la spedizione. Greci Industria Alimentare, le cui origini risalgono al 1923 con la produzione di concentrato di pomodoro, nel 1966 inizia la produzione della polpa e nei primi anni 70 scelse di dedicarsi esclusivamente ai prodotti per la ristorazione professionale, aggiungendo ai derivati del pomodoro preparazioni gastronomiche inscatolate a base di vegetali, di carne, di formaggi e prodotti ittici e diventando leader di mercato in questo settore. La chiave del successo pu essere sintetizzata nellavere abbinato alla cura nella scelta delle materie prime la capacit di approccio tecnologico alla progettazione ed al controllo dei processi, sviluppando anche una tecnica proprietaria di confezionamento asettico in scatole di banda stagnata. La Barilla, in una tappa della sua differenziazione produttiva, a fine anni 80 lancia la sua linea di sughi pronti a base pomodoro e vi aggiunge progressivamente quelli a base bianca ed i pesti, utilizzando un innovativo sistema di confezionamento asettico in vasi di vetro. Negli anni 90 questi sughi pronti acquisiscono la leadership di mercato e vengono prodotti e distribuiti anche negli USA. Pur lontana dal mare Parma ha attratto anche la produzione di conserve ittiche. Ad iniziare la lavorazione del pesce azzurro fu la Rizzoli e Tosi, che si era trasferita da Torino a Parma nel 1892 e che si occupava anche di salumi e formaggi. Trasformata poi in Rizzoli Emanuelli, divenuta celebre per le sue alici in salsa piccante (la cui base pomodoro poteva giustificare la venuta a Parma) con il logo dei tre gnomi. Fino agli anni 70 le alici erano confezionate in scatole di banda stagnata con coperchio a decollage (saldato con lega piombo-stagno e con applicata lapposita chiavetta per aprirlo). Nel tempo la produzione stata estesa ad altre conserve ittiche e attualmente le stesse tradizionali alici sono confezionate anche in minipack (vaschette plastiche monoporzione). Con la tipica logica del distretto produttivo, nel 1950 nasce la Zarotti e nel 1974, per gemmazione familiare dalla Rizzoli Emanuelli, la Delicius Rizzoli che, partendo anchessa dalle alici e da altre conserve ittiche, recentemente ha sviluppato una gamma di pesce fresco filettato e refrigerato ready to cook di alta qualit. Mentre le alici erano acquistate come semilavorato maturato sotto sale, per gli altri prodotti ittici le predette aziende sono ricorse prima al copacking e, attualmente, hanno propri stabilimenti produt74

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tivi in zone marine. Nella progressiva meccanizzazione di modalit operative manuali di tipo tradizionale i costruttori di macchinari hanno avuto ovviamente un ruolo primario. In Italia ed anche a Parma, fino al secondo dopoguerra la scienza alimentare non era ancora formalizzata, lattenzione era rivolta pi alla quantit che alla qualit prodotta e la conoscenza dei processi in funzione delle caratteristiche della materia prima e del prodotto finito era a livello di tecnica empirica. La conoscenza tecnica era detenuta in particolare dai costruttori di macchinari che assommavano lesperienza dei singoli clienti. Cosicch i macchinari stessi non erano standardizzati ma subivano continui adattamenti ed erano venduti allindustria alimentare insieme al know-how applicativo, realizzando una forma primordiale di quello che oggi chiamiamo trasferimento tecnologico. A dimostrazione del basso livello della tecnologia tradizionale, si pu ricordare che, ancora negli anni 70, a Parma erano frequenti le proteste dei conservieri per il fatto che i meccano-alimentari vendevano le linee per la trasformazione del pomodoro anche allestero, creando competitori a pi basso costo di materia prima e manodopera. Oggi, fortunatamente, grazie alla presenza di competenze tecnologiche su base scientifica, le nostre imprese del settore hanno saputo mantenersi competitive in termini di qualit a fronte dei derivati del pomodoro a basso prezzo prodotti in Cina con gli stessi impianti. Comunque, per tutta lindustria alimentare lindustrializzazione diffusa e competitiva stata resa possibile solo con linnovazione di prodotto e di processo. Lindustria conserviera degli anni 60-80 del secolo scorso era gestita in maniera puramente empirica ed il buon risultato dei processi dipendeva dallesperienza dei cosiddetti praticoni e, quando proprio non se ne poteva fare a meno, ci si rivolgeva allesperto di riferimento della Stazione Sperimentale per lIndustria delle Conserve Alimentari di Parma; ma dicendo il meno possibile per non svelare i segreti industriali che si era convinti di possedere rispetto alla concorrenza. In questo clima di gelosa chiusura verso la conoscenza esterna, dominavano alcune figure aziendali strategiche: i caldaisti patentati, senza i quali non si poteva generare il vapore; i boullisti, che sapevano regolare quasi istintivamente gli impianti di concentrazione allora privi di strumentazione e di automatismi, e gli aggraffatori, che riuscivano a inscatolare il prodotto in maniera perfettamente ermetica, anche quando le macchine erano un poco logore e le scatole avevano scarsa omogeneit dimensionale e meccanica. Queste figure, dalle quali dipendeva molto il successo di una campagna di lavorazione, non potevano essere considerate della classe operaia ma semmai dei professionisti; per lo pi infatti non erano compresi nelle trattative sindacali e stipulavano contratti personali in funzione della loro insostituibilit. Con lavvento dei concentratori continui a controllo automatico, i boullisti hanno perso i loro privilegi, mentre il ruolo strategico degli aggraffatori permane tuttoggi. 75

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1.2.9 - LiNdUstria meCCaNiCa per liNdUstria alimeNtare Fino allultimo decennio del XIX secolo, fatta eccezione per gli zuccherifici, la produzione di alimenti a livello commerciale avveniva in maniera del tutto manuale e utilizzando attrezzature molto semplici: di legno, di ferro e di rame. Le attrezzature metalliche erano fabbricate dai fabbri ferrai e ramai. I prodotti alimentari privi di protezione intrinseca (crosta nel formaggio, cotenna o budelli nei salumi) erano confezionati in carta oleata, casse e barili di legno e, solo in piccola parte, in contenitori di vetro o di ceramica. Il passaggio dallartigianato allindustria alimentare stato determinato dalla sostituzione delle forze naturali (uomo, animali, acqua, vento) con macchine azionate da energia appositamente prodotta (vapore prima e elettricit successivamente), che hanno permesso di aumentare la capacit produttiva a parit di manodopera impiegata. A sua volta, anche i costruttori di macchinari sono passati dalla fase artigianale, nella quale si costruivano da soli i propri attrezzi, a quella industriale con la progressiva introduzione di macchine utensili. Come riferisce Ubaldo Del Sante (37), allinizio del 900 non era ancora in uso il maglio a balestra o pneumatico e le semisfere di rame grezze prodotte nel bresciano erano modellate manualmente per ricavarne i fondi delle boulle di cottura e concentrazione. Inizialmente, quindi, erano le fonderie e le officine meccaniche generiche che costruivano, oltre a manufatti e macchinari di vario genere, anche attrezzature e macchine per lindustria alimentare allestite di volta in volta su misura. Come retaggio di questa versatilit, ancora nel secondo dopoguerra, pur essendoci gi stata una differenziazione produttive specialistica, era normale che i clienti chiedessero al loro fornitore di macchine alimentari anche attrezzature estranee al settore di competenza. Daltra parte, il forte sviluppo di mercato avuto dai costruttori parmigiani negli anni 70, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, stato basato proprio sulla concorrenzialit dellapproccio tailor made, rispetto a quello standardizzato delle multinazionali del settore. Nel primo decennio del secolo scorso, le officine meccaniche che costruivano generatori di vapore e motori a vapore avevano come committenti anche le nascenti industrie alimentari e, nel tempo, alcune di esse hanno sviluppato questo settore di mercato grazie alla capacit di ideare e costruire macchine sempre pi efficienti. Lintroduzione del vapore come mezzo di riscaldamento indiretto, oltre che come forza motrice, stato un elemento particolarmente importante per le officine meccaniche locali perch ha trovato applicazione nei numerosi caseifici e, soprattutto, per la trasformazione del pomodoro. Infatti stato a partire da questo settore che vi stata levoluzione pi ampia e tuttora in corso di impianti di concentrazione e di trattamento termico. Nel secondo dopoguerra iniziata la sostituzione del rame con lacciaio inossidabile (che diventer materiale elettivo per ligiene alimentare) e i costruttori parmensi si sono particolarmente affermati a livello nazionale e internazionale proprio per la particolare abilit nel lavorare, saldare e lucidare a specchio questo materiale anche nelle superfici estterne non a contatto con lalimento. Della tradizionale abilit manuale, infatti, rimasta la propensione a non trascurare anche gli aspetti puramente estetici, 76

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con un indubbio effetto Italian style anche per mezzi di produzione tuttaltro che frivoli. Come gi detto, lindustria meccano-alimentare parmense si specializzata nella costruzione di macchine e impianti per le lavorazioni locali via via industrializzatesi in maniera diffusa, a partire da quelle per la pasta secca e per il concentrato di pomodoro, adattando queste ultime anche alla trasformazione della frutta e alla produzione di conserve vegetali pi in generale, che si erano affermate in Romagna ed in Campania. Successivamente si sviluppato il settore delle attrezzature per salumifici, con particolare riferimento ai salumi crudi che non potevano contare su un know how sviluppato in altri Paesi. Molto pi recente stato lo sviluppo dei macchinari per il formaggio parmigiano, vincolato alla dimensione artigianale e tuttora caratterizzato dallimpiego di caldaie con fondo di rame, di attrezzature di legno e di tele di canapa. Attingendo in parte da una dettagliata trattazione di Del Sante 37, di seguito si richiamano brevemente alcuni dati sulla consistenza numerica del nascente meccano-alimentare parmense e alcuni esempi di pionieri, ai quali va il merito di avere messo robuste radici per tutto il settore anche nei casi in cui le loro imprese non sono state tramandate fino ai giorni nostri. Per rispondere alla crescente domanda locale dellindustria alimentare, ma anche dei settori ferroviario, agrario ed edilizio, le officine meccaniche di Parma che erano 8 nel 1897, erano diventate 33 nel 1913 e 36 nel 1922. La Bartolomeo Ballari, fondata nel 1872, si era specializzata nella costruzione di impianti per mulini, pastifici, fabbriche di concentrato di pomodoro (fu tra le prime ad introdurre i concentratori cilindrici) e di motori idraulici. Negli anni 40, con la ragione sociale A. & G. Rossi delling. Andrea Rossi, produceva anche intubettatrici automatiche. Oggi, come Ing. A. Rossi impianti industriali, continua a produrre macchinari per trasformare frutta e pomodoro. La Carlo Migliavacca, fondata nel 1875 e tuttora attiva, nel 1936 ha registrato il primo brevetto di dosatrice per concentrato di pomodoro. La Pierino Reviati di Felino, che ha origine da una bottega di fabbro ferraio iniziata dal padre Cesare nel 1896, inizio prima a riparare e poi a costruire macchine per lindustria delle conserve di pomodoro ed oggi ancora attiva come Pellacini Sergio e Figli a Sala Baganza. Oreste Luciani, che aveva iniziato come operaio nellofficina Centenari specializzata in macchinari a vapore, nel 1909 fond una propria officina. Dopo la Grande Guerra aveva una propria fonderia e potenti presse per lo stampaggio delle piastre per recipienti a pressione e nel secondo dopoguerra la produzione comprendeva anche aggraffatrici per scatole che, pur essendo a basso livello di automazione, erano cos affidabili che i pezzi di ricambio continuarono ad essere richiesti anche dopo la chiusura dello stabilimento (avvenuta nel 1985). Allinizio del secolo scorso lo stabilimento meccanico pi grande era quello delling. Alberto Cugini (gi Luigi Ferrari, poi Ing.ri Cugini e Mistrali) che nel 1910 contava 130 operai, disponeva anche di una fonderia e produceva turbine e impianti per la conserva di pomodoro, per mulini, caseifici e pastifici. Ma nel 1912 limpresa fall perch il declino della spinta trainante delle fabbriche di conserva di pomodoro e la riduzione dellattivit molitoria, non 77

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erano compensati dalla timida introduzione di macchinari nei caseifici. Fin dal 1890 alcuni Manzini si erano dedicati alla lavorazione del rame e uno di questi, Egidio Manzini, negli anni 30 brevett una batteria di concentratori accoppiati ad un solo condensatore a colonna barometrica e produceva impianti per la lavorazione del pomodoro, mosti duva, latte, caseina, malto per panificazione, nonch bacinelle per cottura basculanti a doppia velocit. Tito Manzini, invece, alla fine del secolo scorso era stato tecnico montatore presso lo zuccherificio Eridania, successivamente ampli la sua esperienza nel settore conserviero e nel 1922 fond la sua officina che si svilupp costruendo linee per la produzione e linscatolamento di conserve di pomodoro e di frutta, oltre che per caseifici. Oggi lattivit inglobata nel Gruppo CFT (gi Rossi & Catelli). Nel 1850 Pompeo Simonazzi apr a Baccanelli una officina che costruiva attrezzi agricoli e i suoi discendenti, verso il 1910, estesero la produzione ai macchinari per la lavorazione delle conserve alimentari e per i caseifici e negli anni 30 inizi la produzione dosatrici per il riempimento automatico delle scatole di conserva di pomodoro. Successivamente la Simonazzi si indirizz esclusivamente alle macchine per limbottigliamento del vino e di altre bevande, realizzando nel 1958 la prima imbottigliatrice rotativa italiana. Dopo diversi passaggi societari, oggi lo stabilimento di Baccanelli inglobato nel gruppo SIDEL e occupa pi di 1.000 addetti. Dal Dizionario biografico dei parmigiani39 risulta che Tommaso Barbieri, il quale da giovane aveva iniziato a lavorare nellofficina Cugini e Mistrali, dopo aver gestito con il socio Palmia una vecchia officina meccanica, verso il 1924 si mise in proprio, rilevando lo stabile della ex Cugini. Fu il suo stabilimento a costruire la prima pressa automatica per la produzione di pasta brevettata dai fratelli Mario e Giuseppe Braibanti, per la quale arrivarono ordinazioni da tutto il mondo. Dal 1938, in un nuovo stabilimento venivano costruite intere linee di produzione acquistate da grandi pastifici; ma, poich non nascondeva di accogliere nella sua officina perseguitati dal regime fascista, nel 1944 fu assassinato e con lui mor anche lazienda. Allinizio del secolo scorso risale anche la fondazione a Panocchia della Ghizzoni Ettore, la cui attivit si tramandata di padre in figlio fino ad oggi, mantenendosi competitiva sul mercato delle macchine per lindustria conserviera nonostante la dimensione relativamente piccola. La storia della Vettori & Manghi descritta da Giancarlo Culatelli 40 emblematica delle dinamiche che hanno caratterizzato il meccano-alimentare parmense nel secondo dopoguerra. Rodolfo Vettori e Ennio Manghi, che nel 1943 avevano avviato una officina meccanica generica, nel 1948 puntarono sulla progettazione e costruzione di attrezzature per lindustria conserviera e furono i primi a sostituire i fondi di rame con quelli di acciaio inossidabile, importando sia il materiale base sia gli utensili per lavorarlo. Proprio in quegli anni, infatti, lindustria conserviera doveva adeguarsi al contenuto massimo di rame (50 mg/ kg) stabilito per motivi igienici dallInghilterra ed da altri paesi importatori. Negli anno 50 78

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lazienda ebbe un grande sviluppo ma, alla fine degli anni 60 la crisi del mercato del concentrato di pomodoro comport una profonda ristrutturazione del settore. La Vettori & Manghi si diede il ruolo di main contractor, per offrire allestero fabbriche chiavi in mano, ricorrendo sempre pi alla subfornitura su proprio know how progettuale, sviluppando il segmento fine linea (dosatrici, aggraffatrici, etichettatrici, pallettizzatori) ed estendendo i settori di utilizzo dalle conserve vegetali alla trasformazione delle carni, del pesce e del latte. Nel 1987, a seguito di una nuova crisi del settore, lazienda fu veduta alla multinazionale di engineering FATA e questa nel 1994 chiuse lo stabilimento di Parma. Una storia parallela, ma fortunatamente con un esito pi felice, quella della Rossi & Catelli. Il giovane Camillo Catelli, dopo una breve esperienza come tecnico presso unazienda meccanica, nel 1945 ha fondato con due amici la Catelli e C. che, cogliendo tempestivamente le esigenze di rinnovo impiantistico delle aziende alimentari nella nuova Italia post-bellica, dopo un solo anno di vita occupava gi 70 addetti. Successivamente, un breve sodalizio con lIng. Rossi ha determinato un deciso orientamento della produzione al settore delle macchine per lindustria conserviera e la nuova denominazione societaria Rossi & Catelli, che sar mantenuta nel tempo anche se gi dal 1948 allIng Rossi era subentrato come socio Adolfo Cecchi, il sinergico manager con il quale Camillo Catelli condurr lazienda per mezzo secolo di continua crescita. Fin dagli anni 50 lazienda si caratterizzata per la particolare capacit innovativa, testimoniata dallintenso e non usuale ricorso alla brevettazione internazionale. Negli anni 60 ai macchinari per la trasformazione del pomodoro e della frutta si aggiunse quello per la sterilizzazione UHT del latte che, presso la Parmalat, furono abbinati alle confezionatrici asettiche Tetrapak e ne seguirono lespansione multinazionale. Oggi il Gruppo CFT comprende anche gli stabilimenti Manzini, Bertoli, Comaco, Sima e Raytec Vision ed attualmente lunica grande impresa meccano-alimentare parmense che pu competere con le grandi multinazionali presenti nello stesso territorio e con produzioni analoghe (JBT, ex FMC, e GEA). Nel 1947 stata fondata la Soavi Bruno & Figli (poi NIRO e oggi del Gruppo GEA), inizialmente per la produzione di macchine per il burro e successivamente omogeneizzatori per lindustria casearia, una particolare applicazione di pompe a pistoni ad alta pressione. Limpiego di questi omogeneizzatori stato esteso ai nettari e succhi di frutta e le pompe ad alta pressione sono state impiegate anche per alimentare a flusso costante gli sterilizzatori asettici. Alla Savi, nel tempo, si sono aggiunte altre imprese parmensi (come la Bertoli, ora del Gruppo CFT), dando origine ad un sub-distretto altamente specializzato. Lindustria meccano-alimentare di Parma ha avuto un grande sviluppo nella seconda met del 900, soprattutto per lesportazione nei Paesi in via di sviluppo (Sud-America, Medio-Oriente, Nord-Africa, Est-Europa) e anche in quelli pi arretrati grazie ai finanziamenti Statali per la cooperazione allo sviluppo. La concorrenzialit dei nostri costruttori rispetto alle multinazionali del settore era dovuta alla grande flessibilit organizzativa, che permetteva di offrire a prezzi relativamente bassi macchinari adattati alle esigenze specifiche del cliente 79

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(tailor-made) e di eccellente fattura anche estetica. Si era informalmente costituito un vero e proprio distretto industriale specializzato; nel quale le imprese maggiori avevano la forza commerciale per acquisire e gestire contratti internazionali anche chiavi-in-mano (assumendosi limpegno di formare le maestranze e, talora, anche di commecializzare prodotti) ed effettuavano al loro interno solo le lavorazioni pi strategiche, avevano favorito (spesso gemmate dalle prime) la maggior parte del lavoro alle molte imprese pi piccole che offrivano contoterzismo molto economico. In questo contesto, nelle imprese maggiori spiccava la figura del montatore trasfertista, al quale era affidato appunto il montaggio degli impianti, ma anche il loro collaudo, laddestramento della manodopera e, spesso, la conduzione della prima campagna di produzione. Quello dei montatori era un lavoro duro, che costringeva a lunghe permanenze allestero; ma anche gratificato dallesercizio del comando assoluto e dalle integrazioni al salario. Questo ne faceva una sorta di casta privilegiata, sia per il buon tenore di vita garantito alla famiglia, sia per linvidia che destavano i racconti sui piacevoli fine-settimana trascorsi in grandi ed esotiche citt straniere. Certamente, al pensionamento era difficile per questi giramondo riadattarsi alla normale vita familiare e cittadina, ma la carenza di giovani disposti a sostituirli, permetteva loro di proseguire lattivit come freelance. Oggi la figura del trasfertista stata normalizzata dalle risorse telematiche che permettono di consultare di volta in volta lo specialista in sede per la soluzione dei problemi. Collateralmente allindustria delle conserve alimentari, si sviluppato a Parma anche un altro settore meccanico: quello dei contenitori primari, con origini molto antiche. Rocco Bormioli nel 1825 aveva aperto una vetreria a Borgo S. Donnino (oggi Fidenza) e nel 1860 aveva trasferito la produzione a S. Leonardo, producendo bottiglie con lavorazioni prevalentemente manuali. Dopo essere stato distrutto nella Seconda Guerra Mondiale, lo stabilimento fu ricostruito con forni e meccanizzazione statunitensi, permettendo cos di conquistare rapidamente la principale quota del mercato del vetro cavo per alimenti. Oggi, dopo molte variazioni societarie, la Bormioli Rocco S.p.A. basata a Fidenza la seconda industria vetraria in Europa (terza al mondo) con 20 stabilimenti produttivi. Anche se gi nel 1895 erano impiegate localmente scatole di banda stagnata e aggraffatici per la loro chiusura, il primo scatolificio sorto a Parma nel 1907, la Societ Ligure Emiliana che produceva giornalmente fino a 15.000 scatole di banda stagnata. Successivamente questo settore si sviluppato nella zona che attualmente in provincia di Reggio Emilia. Nel 1910 a Montecchio Emilia stata fondata la Societ Anonima Cooperativa Cattolica denominata Casa del Popolo, poi divenuta Capolo e oggi IMPRESS. Nel 1955 nata a Calerno la fabbrica di barattoli Fa.ba Sirma, alla quale si sono aggiunti successivamente uno scatolificio a Battipaglia ed uno a Parma per le bottiglie PET, oggi tutti inglobati nella multinazionale Crown Imballaggi Italia. La Superbox di S. Ilario dEnza (RE), attivata nel 1960, dopo diversi passaggi societari ha chiuso lo stabilimento nel 1997 trasferendo la produzione in Turchia. La IN.CAM. Fabbrica Barattoli di Campegine nata negli anni 80 ed oggi 80

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afferisce alla National Can Italiana con sede nel salernitano. Dal 1946 la Lanzi di Pontetaro produce macchine di piccola potenzialit per la fabbricazione e per la chiusura di scatole di banda stagnata per conserve alimentari in tre pezzi, cilindriche e sagomate. 1.2.10 - EvOlUZiONe delle maCCHiNe per liNdUstria CONserviera Come riportato da Cusatelli41, in una intervista sulla Gazzetta di Parma del 29 settembre 1967, la nipote Laura Rognoni cos descriveva la produzione artigianale di conserva di pomodoro: Qui a Panocchia, nel vecchio podere del mio nonno, c tuttora lantica conservera, dove le pile dei sacchi di tela venivano schiacciate sotto una rudimentale pressa azionata a mano o a cavalcioni, per eliminare il liquido dei pomodori: ricordo bene i grandi setacci di rame che passavano la polpa nei bigonci, le grandi caldaie di rame in cui sul fuoco a legna si cuoceva la salsa, continuamente rimescolata da lunghe pale di legno: Poi veniva fatta asciugare su tavole al sole, e infine conservata e confezionata in pani di 1 kg, duri e neri, che venivano avvolti in fogli colorati di carta oleata. Questo stesso schema operativo pu essere utilizzato per illustrare sinteticamente lo sviluppo dei macchinari impiegati nella produzione industriale a partire dal primo 900. Fino a quando erano impiegate variet tradizionali, per triturare il pomodoro erano impiegati trituratori a coltelli. Con lintroduzione degli ibridi da raccolta meccanica, invece, stato necessario ricorrere ai trituratori a martelli, peraltro di uso pi generale. Secondo la tecnica tradizionale, il pomodoro era triturato a freddo (cold break) e poi riscaldato in scambiatori di calore a calandria, detti brovatrici, a temperature non troppo elevate per non inattivare i semi che venivano recuperati per lanno successivo. Il triturato riscaldato, la cui consistenza era stata ridotta dagli enzimi pectolitici attivati dal riscaldamento, era inviato alla setacciatura per separare i frammenti di pelle ed i semi (passatura con luce del vaglio da 1,2 mm) e per ridurre la dimensione dei granuli di polpa (raffinazione con un secondo vaglio da 0,8-0,6 mm e, se il concentrato era destinato alla ricostituzione in succo da bere, superraffinazione con un terzo vaglio da 0,4 mm). Per il concentrato destinato alla produzione di ketchup, invece, la triturazione era effettuata a caldo (hot break) (introdotta nel 1936), riciclando sul trituratore una parte del prodotto in uscita dalla brovatrice, cos da limitare la macerazione enzimatica ed avere una maggiore consistenza. Quando si sviluppata la produzione di passata di pomodoro, il mantenimento della massima consistenza diventato elemento di vantaggio competitivo, in quanto permetteva di ridurre il grado di concentrazione del prodotto finito, e, a tale fine, la Rossi & Catelli ha sviluppato il super hot break, basato sulla disaerazione del prodotto nel trituratore, cos da inibire fin dallinizio lattivit degli enzimi pectolitici. Con lintroduzione degli ibridi di pomodoro ad alta consistenza per la raccolta meccanica e per il trasporto in cassoni liberi, stato necessario aumentare la potenza delle passatici, cercando peraltro di evitare il passaggio nella polpa di frazioni indesiderate come quelle 81

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necrotizzate. A tale riguardo si possono citare la passatrice-raffinatrice a battitori liberi Butterfly della Rossi & Catelli, il Turboestrattore monostadio della Manzini e quello alveolare epicicloidale della Bertocchi. La classificazione merceologica dei diversi concentrati definita dal D.P..R. 11 aprile 1975 n. 428, il quale prevede ancora il sestuplo concentrato di pomodoro, ovvero un succo di pomodoro concentrato fino ad almeno il 55% di residuo secco al netto del sale aggiunto (con circa 10 kg di pomodori freschi per ottenere 1 kg di prodotto), corrispondente grosso modo allantica conserva nera ottenuta completando la concentrazione per ebollizione con un asciugamento al sole. Il triplo ed il doppio concentrato sono quelli con residuo secco netto non inferiore, rispettivamente, al 36% e al 28%. Per il concentrato semplice e per il semi-concentrato il limite di residuo secco , rispettivamente, 18% e 12%. La concentrazione del succo polposo inizialmente era effettuata in maniera discontinua con le boulle, cos chiamate perch le prime erano state importate dalla Francia. Si trattava di una evoluzione della bacinella a doppio fondo (flussato con vapore saturo come mezzo di riscaldamento), con agitatore ad ancora e chiusa da una campana, a sua volta collegata nella sommit ad una colonna dacqua barometrica in maniera tale da condensare il vapore liberato dal prodotto e mantenere allinterno un certo grado di vuoto, con conseguente abbassamento della temperatura di ebollizione. Successivamente sono state realizzate batterie di boulle per la concentrazione finale del prodotto scaricato da un singolo preconcentratore. Infine, sono stati applicati al pomodoro i concentratori continui ad uno o pi stadi, ciascuno costituito da uno scambiatore di calore tubolare (introdotto nel 1935) e una camera di ebollizione sotto vuoto, e labbinamento alla colonna barometrica del vuoto meccanico mediante pompa ad anello liquido. Non stato possibile mutuare direttamente i concentratori continui a circolazione naturale gi impiegati per liquidi newtoniani, quali le soluzioni zuccherine e il latte. Infatti, la reologia pseudoplastica del succo polposo di pomodoro ha reso necessario introdurre le pompe per la circolazione forzata, azionate da turbine alimentate con il vapore di caldaia per contenere il costo energetico, visto che in Italia lenergia elettrica stata sempre particolarmente cara. Per minimizzare il consumo di vapore, daltra parte, i concentratori continui sono a multiplo effetto (utilizzo del vapore liberato dal prodotto in uno stadio ad alta temperatura e basso vuoto, per riscaldare lo stesso prodotto in uno stadio a bassa temperatura ed alto vuoto, oltre che prevedere la termocompressione del vapore liberato dal prodotto con vapore vivo di caldaia. La sostituzione dei fondi di rame con quelli di acciaio inossidabile inizia nel secondo dopoguerra e dal 1957 la Maselli Misure aveva reso disponibile il rifrattometro per il controllo automatico del grado di concentrazione. Levoluzione dei concentratori, con riduzione sia della temperatura sia del tempo di trattamento e conseguente riduzione della velocit di imbrunimento non enzimatico (reazione di Maillard), a parit di grado di concentrazione ha permesso di ridurre progressivamente linscurimento del colore e il gusto di cotto. Que82

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sto valeva in particolare per la conformazione di impianto che prevedeva nei diversi stadi una temperatura decrescente allaumentare del grado di concentrazione, in controcorrente quindi rispetto al grado di vuoto. Con lintroduzione delle variet di materia prima ad elevata consistenza, stato necessario passare alla configurazione in equicorrente, perch il prodotto pi concentrato doveva avere temperatura elevata per risultare pompabile e, comunque, risultato pi difficile ottenere triplo concentrato. Per promuovere i primi concentratori continui si sosteneva che una frazione di succo iniziale potesse by-passare i vari stadi di trattamento preservando nel prodotto finale laroma di fresco. Questo giustificava anche linserimento a valle del concentratore Il triplo concentrato di pomodoro destinato alla rilavorazione industriale era riempito a caldo in fusti da 200 litri (prima di legno, poi di plastica) con strati di sale; mentre il doppio concentrato (microbiologicamente pi alterabile) era riempito a caldo in scatole di banda stagnata di grande formato (10 e 5 kg), fino allintroduzione negli anni 80 del trattamento termico e confezionamento asettico in sacchi plastici da 200 litri presterilizzati a raggi gamma, utilizzando riempitrici asettiche che hanno rappresentato una evoluzione prettamente parmigiana della tecnica bag-in-box introdotta nel 1974 dalla Sholle statunitense. I concentrati da mercato al dettaglio erano confezionati per lo pi in scatole di piccolo formato (molto diffuso il tamburello da 100 g) e in tubetti di alluminio flessibile. Oggi il mercato di questi prodotti ridottissimo e praticamente limitato ai tubetti flessibili da 130 o 180 g, in quanto stato sostituito da derivati del pomodoro a maggiore contenuto di acqua. Il riempimento a caldo dei fusti non richiedeva particolari macchinari, in quanto era effettuato scaricando direttamente il prodotto dal fondo delle boulle di concentrazione discontinue, ed anche la chiusura (peraltro non ermetica) era manuale. Per le scatole di banda stagnata e per i tubetti, invece, era necessario disporre di sistemi di dosaggio e macchine chiuditrici, seppure a funzionamento semiautomatico. Diverse officine parmensi si sono specializzate nella produzione di queste macchine, tanto pi complesse e automatizzate quanto pi piccoli erano i contenitori da riempire e chiudere. Il sistema di dosaggio era volumetrico a pistone e, poich il confezionamento nei piccoli formati avveniva per lo pi fuori campagna con prodotto precedentemente conservato nei fusti, le dosatrici erano integrate con sistemi di preriscaldamento (prima in semplici tramogge con camicia a vapore e agitatore, poi con scambiatori di calore tubolari e pompe di circolazione). Le macchine per chiudere le scatole di banda stagnata erano e sono tuttora costituite essenzialmente da un piatto di appoggio, un mandrino per comprimere il coperchio sul corpo scatola e due rollini che si avvicinano in successione con moto relativo rotazionale per realizzare la doppia aggraffatura tra il bordo del corpo scatola e quello del coperchio ricoperto di mastice (con una prima operazione di aggancio ed una seconda operazione di sovrapposizione e compressione dei ganci), cos da renderla ermetica grazie al mastice interposto tra gli strati metallici. A parit di principio di funzionamento, peraltro, le macchine aggraffatrici hanno 83

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subito un progresso continuo che ha portato dalle prime attrezzature da banco completamente manuali alle attuali multi testa a controllo elettronico che arrivano a chiudere 1.000 scatole al minuto. I trituratori, le bolle di concentrazione e le dosatrici a pistone per i concentrati di pomodoro hanno trovato impiego anche nella produzione di confetture e marmellate; ma con evoluzione pi lenta data la taglia molto pi piccola di queste produzioni (ancora nel decennio scorso limpiego di concentratori continui era una eccezione). Per il confezionamento finale di questi prodotti, invece, limpiego delle scatole di banda stagnata stato molto marginale rispetto a quello dei vasi di vetro. La tipologia di tappatrici mutata nel tempo con il tipo di chiusure impiegate: dalle robuste capsule a corona, che richiedevano semplici mandrini a pressione, alle capsule twist-off da avvitare delicatamente sulle filettature dellimboccatura del vaso e tenute salde dal vuoto interno generato per raffreddamento del prodotto riempito a temperatura prossima a quella di ebollizione. La produzione di pomodori pelati, che a Parma ha affiancato quella dei concentrati fino agli anni 60-70 ed ha invece caratterizzato lo sviluppo conserviero in Campania, richiede attrezzature completamente diverse ma che sono anchesse rappresentative del primato meccano-alimentare parmense. Le pelatrici a vapore con caduta di pressione (dette termofisiche), che erano state introdurre negli USA fin dagli anni 40 in alternativa alla pelatura in bagno di soda caustica, non erano adatte ai pomodori di forma allungata utilizzati per legge in Italia, in quanto la bassa resistenza meccanica comportava elevata incidenza di rotture. Notevole fortuna riscosse pertanto la pelatrice termo-meccanica della Savi, basata su un preriscaldamento superficiale per attivare gli enzimi pectolitici, una incisione dentinata longitudinale e lo sgusciamento della polpa dalla pelle lacerata per compressione tra tamponi disassati che mimano lo schiacciamento nel palmo della mano. Quando, per, le variet di pomodoro tradizionali furono sostituite dai nuovi ibridi ad elevata resistenza meccanica, le pelatrici termo-meccaniche non risultarono competitive rispetto a quelle termo-fisiche, molto pi semplici ed a maggiore capacit produttiva (quella sviluppata negli anni 80 dalla FBR, con la seconda camera tenuta sotto vuoto mediante un eiettore regolabile, si caratterizz per la particolare versatilit e per il ridotto consumo energetico). Per evitare di avere nel prodotto finito bacche deteriorate o immature, la lavorazione prevede fasi di cernita prima e dopo la pelatura e, lintroduzione di selezionatrici ottiche automatiche ha reso economicamente accettabili queste operazioni tradizionalmente affidate a squadre di numerose addette (come il controllo del riempimento scatole, questo tipo di lavoro era esclusivamente femminile). La necessit di mantenere lintegrit della polpa nel prodotto finito, garantendo peraltro il peso netto dichiarato in etichetta anche nelle scatole di formato standard da 480 g con diametro relativamente piccolo, ha richiesto limpiego di calibratici a monte della pelatura e di particolari sistemi di inscatolamento. Come riempitrici si sono affermate quelle rotative a piatto forato, con a valle la colmatura con salsina (concentrato semplice ottenuto 84

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per lo pi dagli scarti di cernita). Poich i pomodori pelati sono dosati quasi a temperatura ambiente e la poca salsina aggiunta calda non permetterebbe di eliminare laria inglobata nelle scatole (con conseguente assenza di vuoto interno e rapida corrosione della banda stagnata per azione dellossigeno), prima della chiusura le scatole (eventualmente con il coperchio solo preaggraffato) erano sottoposte ad un trattamento di riscaldamento in un tunnel a vapore (exhauster) per allontanare laria interna prima della chiusura ermetica. Questa operazione, che comportava un grande spreco di vapore, con la crisi energetica degli anni 70, stata sostituita dallintroduzione delle colmatrici sotto vuoto per la salsina e del getto di vapore sulle aggraffatrici. In tutti i casi, per la stabilizzazione microbiologica dei pomodori pelati necessario sottoporre il prodotto inscatolato ad un trattamento termico in grado di portare a circa 90C la temperatura della porzione di prodotto che si riscalda pi lentamente. A parte i piccoli bagni statici con acqua allebollizione per produzioni artigianali e le grandi vasche con tappeto mobile sul fondo che erano impiegati in Campania ancora negli anni 80, i costruttori di Parma hanno proposto pastorizzatori-raffreddatori continui a scatola rotante ad alta capacit produttiva anche molto innovativi (come quello di DallArgine Ghiretti che, soprattutto nei formati da 1 e 3 kg, permette di abbassare i tempi di trattamento grazie alla inversione del moto di rotazione delle scatole indotta dal movimento alternato del piano di rotolamento). Le soluzioni tecniche sviluppate per il confezionamento e la pastorizzazione dei pomodori pelati hanno trovato applicazione anche per la frutta sciroppata; una produzione oggi divenuta marginale ma che aveva avuto un grande sviluppo in Romagna e in Campania negli anni 60-80. Nonostante lintroduzione sul mercato di nuovi materiali, sia per i pomodori pelati sia per la frutta sciroppata il contenitore pi adatto tuttora la tradizionale scatola di banda stagnata non verniciata. Questo perch la lenta corrosione elettrochimica dello stagno, oltre ad eliminare il poco ossigeno inizialmente presente, comporta lo sviluppo di idrogeno atomico e lambiente fortemente riducente protegge il colore e laroma del prodotto anche per tempi di conservazione molto lunghi. Ritornando ai derivati del pomodoro, come gi detto, a partire dagli anni 70 linteresse produttivo si accentrato sulle passate e polpe. Le prime sono ottenute con le normali passatrici attrezzate con setacci a maglia media o grande (passata rustica), con il successivo trattamento in trovatrice e una concentrazione fino a 10-12 Brix. Per le polpe, invece, sono state messe a punto apposite macchine che, alimentate con pomodori tagliati, permettono di separare la buccia dalla polpa sfruttando la diversa resistenza meccanica mediante estrusione su piastra forata oppure compressione su fili o lame di acciaio paralleli e/o a griglia, con successivo passaggio su vaglio sgrondatore per separare il siero e buona parte dei semi. In tutti i casi, il successivo trattamento in brovatrice comporta una profonda degradazione strutturale, mentre con sistemi di riscaldamento pi blandi lattivazione degli enzimi pectolitici comporta una elevata sineresi con ridotta resa in polpa. La frazione sierosa parzialmente concentrata insieme al succo derivante dagli scarti di cernita e la salsina cos ottenuta 85

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aggiunta alla polpa per renderla meno acquosa. Rispetto ai concentrati, le passate hanno costi di produzione molto inferiori perch molto pi alta la resa rispetto alla materia prima impiegata. Ovviamente, molto inferiore anche la resa in termini di utilizzo gastronomico, ma il prodotto stato valorizzato con limmagine di maggiore freschezza e naturalit. Le polpe, daltra parte, hanno costi di produzione molto inferiori rispetto ai pomodori pelati perch sono ottenuti da variet tonde ad alta resistenza meccanica, senza necessit di calibratura e con ridotto scarto di cernita. Ma il vantaggio principale la possibilit di stoccare il semilavorato in grandi contenitori durante la campagna di lavorazione del fresco, effettuando successivamente il confezionamento nei contenitori finali in funzione delle richieste del mercato e utilizzando macchinari con ridotta capacit produttiva. Come gi anticipato per il doppio concentrato, anche questi semilavorati sono sottoposti ad un processo di trattamento termico e confezionamento asettico in grandi contenitori presterilizzati. Per gli impianti continui di riscaldamento, sosta termica e raffreddamento asettico la Rossi & Catelli si potuta avvalere dellesperienza acquisita per il latte UHT della Parmalat, ma sono state necessarie molte modifiche perch i derivati del pomodoro in questione non hanno reologia semplice di tipo newtoniano e, nel caso delle polpe, contengono fasi solide. I costruttori parmensi si sono distinti in particolare nella progettazione di scambiatori di calore a superficie raschiata, con soluzioni costruttive molto pi economiche di quelle preesistenti statunitensi. Per lo stoccaggio temporaneo del semilavorato da rilavorare internamente si utilizzano grandi cisterne asettiche presterilizzate a vapore e pressurizzate con aria sterile; mentre per la vendita del semilavorato tal quale si usano sacchi plastici presterilizzati a raggi gamma da 200 litri e racchiusi in fusti di acciaio riciclabili (di forma troncoconica per poterli impilare da vuoti). Tuttavia lapplicazione dei sacchi asettici alle passate e polpe non stata semplice, in quanto il loro sciabordio durante i trasporti dovuto alla bassa consistenza rispetto al doppio concentrato comportava microfratturazione per fatica dellaccoppiato plastico in corrispondenza delle doppie pieghe e degli spigoli a contatto con la parete del fusto esterno, con conseguente ricontaminazione microbica e alterazione del prodotto. Le passate possono essere riconfezionate a caldo in bottiglie di vetro a bocca larga con capsule tipo twist-off. La stessa cosa pu valere anche per le polpe, che per in buona parte sono destinate alle pizzerie e al catering e sono confezionate in scatole di banda stagnata da 3 kg con successivo trattamento nei pastorizzatori-raffreddatori, oppure ritrattate e riconfezionate asetticamente in sacchetti plastici da 10-15 kg (questa tecnica tuttora oggetto di innovazioni competitive). Agli inizi degli anni 80 la Boschi ha mutuato da Parmalat la tecnica di confezionamento asettico Tetrapak applicandola alla passata ed alla polpa di pomodoro, dando una nuova immagine commerciale a questi prodotti con il vantaggio dellimpiego di contenitori molto meno costosi rispetto alle scatole metalliche ed alle bottiglie di vetro. Lintroduzione di questo tipo di contenitore, la cui minore capacit protettiva sia meccanica sia di barriera 86

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allossigeno comportava una minore shelf life rispetto a quelli tradizionali, era divenuta compatibile con laffermazione della grande distribuzione e dei suoi sistemi logistici. Comunque, per via della presenza di fibre o addirittura di pezzi di pomodoro, stato necessario adattare le macchine form-fill-seal Tetrapak normalmente impiegate per il latte, sostituendo in particolare nella termosaldatura a tubo pieno le semplici barre saldanti con quelle ad ultrasuoni. Successivamente si sono diffuse le fill-seal asettiche tipo Combibloc che impiegano cartoni preformati. A seguito del Decreto Ministeriale 23 settembre 2005, pu essere denominato passata di pomodoro solo il prodotto che non sia stato concentrato a pi di 12 Brix e successivamente ridiluito e che, se non confezionato direttamente nel contenitore di vendita, deve essere preliminarmente condizionato in asettico. Oggi il prodotto considerato dal mercato il sostituto dei pomodori pelati di maggior pregio il vero e proprio cubettato, caratterizzato da regolarit di forma e di colorazione. Questo cubettato ottenuto sottoponendo il pomodoro (preferibilmente di variet partenocarpica, ovvero senza semi) a pelatura termo-fisica prima del passaggio in taglierina, con il confezionamento diretto in scatola di banda stagnata e il successivo trattamento in pastorizzatore-raffreddatore a scatola rotante. Infatti, le tecniche asettiche convenzionali e, seppure in misura minore, anche il riscaldamento ohmico comportano un danno termomeccanico che degrada la forma dei cubetti di pomodoro e, come gi detto per i pomodori pelati, i contenitori asettici di poliaccoppliato non proteggono il colore e laroma allo stesso modo della banda stagnata. Le macchine di lavorazione e le modalit di confezionamento utilizzate per le passate, le polpe e i cubettati di pomodoro hanno avuto applicazione diretta per i derivati della frutta: puree preconcentrate con i corrispondenti succhi polposi e prodotti in pezzi destinati alla produzione di confetture. Anche grazie alla tradizionale manifestazione fieristica dedicata al meccano-alimentare (nata come Mostra delle Conserve, poi Tecnoconserve ed ora CibusTec), i costruttori parmensi hanno sviluppato le loro abilit anche per settori che non avevano gi rilevante applicazione nel territorio vicino. Anzitutto si deve citare il settore del confezionamento asettico che, oltre alle applicazioni gi citate precedentemente, si innestato sulle tradizionali competenze di imbottigliamento della Simonazzi e, anche con la gemmazione di Procomac, ha conquistato una leadership internazionale nel riempimento asettico di bevande in bottiglie di materiale plastico. Per quanto riguarda le tecniche di stabilizzazione microbiologica a freddo, si pu citare un brevetto Simonazzi per il trattamento iperbarico di bevande gi racchiuse in bottiglie plastiche, che per non ha avito applicazione commerciale per i tempi di trattamento eccessivamente lunghi. Alla produzione di sottaceti e sottoli, sviluppatasi a livello industriale in diverse regioni italiane negli anni 70-80 a partire da semilavorati, si dedicato un segmento del settore meccano-alimentare parmense con macchine specifiche, quali le dosatrici a tamburo rotante e a piano vibrato, le colmatrici sotto vuoto, le tappatrici per vasi di vetro e i pastorizzatori-raffreddatori ad acqua pi economici di quelli a passo 87

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pellegrino impiegati per le bevande imbottigliate (si pu citare quello proposto per prima da Tecnoceam, a pioggia con flusso in controcorrente e recupero di calore, caratterizzato da semplicit di manutenzione e da consumi energetici particolarmente contenuti). Parma si imposta a livello nazionale e internazionale anche per macchine destinate alle conserve a bassa acidit (vegetali, carnee e ittiche), che pure avevano limitata applicazione nel territorio vicino. Come particolarmente attiva in questo campo si pu citare la Levati (oggi del Gruppo GEA), con le macchine automatiche per la mondatura di diversi tipi di ortaggi, le pelatrici a vapore per tuberi, le friggitrici continue e, soprattutto, una gamma di autoclavi tecnicamente evolute e adatte a diversi tipi di contenitore, discontinue ma disponibili anche in batterie automatizzate e in grado di competere con quelle costruite in Germania e Francia. Venendo ai contenitori per conserve, la zona di Parma storicamente caratterizzata dal primato nella fabbricazione di vetro cavo alimentare della Bormioli, con le progressive evoluzioni relative alla formulazione base, al disegno e ai trattamenti superficiali che, a partire dalle bottiglie a bocca larga fabbricate manualmente ai tempi di Appert, hanno consentito di migliorare progressivamente le prestazioni in termini di riduzione di peso, di maggiore resistenza agli urti, agli attriti ed agli sbalzi termici, di maggiore regolarit di forma e di dimensioni. Parallelamente a quello dei contenitori di vetro si sviluppato quello delle chiusure con garanzia di ermeticit: dai coperchi di vetro con guarnizione di gomma e sistemi vari di bloccaggio, alle capsule metalliche con guarnizione di gomma e fascetta metallica di bloccaggio, alle capsule tipo corona, fino alle pi moderne pray-off tenute bloccate dal vuoto interno (preferite per garanzia di sicurezza nei vasetti per baby food) e twist-off, ermeticizzate con stratificazione di elastomeri adatti alle diverse applicazioni. Ma il settore quantitativamente pi rilevante nel parmense stato quello delle scatole metalliche, a partire dallo stabilimento della Ligure Emiliana attivato nel 1907 quando ormai la tecnica di fabbricazione era gi industrializzata. Infatti, i primi barattoli erano fabbricati manualmente tagliando, curvando e saldando con lega a base di piombo fogli di ferro laminati per battitura e stagnati per immersione nello stagno fuso; anche la chiusura dopo il riempimento era effettuata saldando a piombo un disco sul corpo cilindrico. Con questa tecnica primordiale erano state prodotte le scatole di vitello arrostito che William Edward Parry port con se nel suo viaggio del 1824 verso il Polo Nord e che recavano lindicazione di usare scalpello e martello per la loro apertura. La fabbricazione della banda stagnata e quella delle scatole hanno avuto una prima fase di sviluppo tra la fine del XIX e linizio del XX secolo, con lintroduzione della doppia aggraffatura dei fondelli sul corpo cilindrico (sanitary can) e con la progressiva meccanizzazione delle operazioni per ridurre il costo della manodopera, ed una seconda fase dagli anni 50 agli anni 80, che ha comportato profonde modificazioni finalizzate a ridurre il costo del contenitore per mantenerlo competitivo rispetto ai nuovi materiali plastici e accoppiati. Nella banda stagnata la base di acciaio ha la funzione di resistenza meccanica, mentre la ricopertura di stagno serve a proteggere lacciaio stesso 88

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dallarruginimento sulla faccia esterna e dalla corrosione interna che subirebbe se fosse a diretto contatto con il prodotto alimentare (soprattutto se molto acido come nel caso dei derivati del pomodoro e della frutta). Nel secondo dopoguerra su passati dalla laminazione dellacciaio a caldo, che comportava spessori di circa 0,5 mm, alla laminazione a caldo seguita da quella a freddo e alla doppia riduzione grazie a treni di laminazione pi potenti, con una progressiva riduzione fino al 50% dello spessore e, corrispondentemente, del peso e del costo della base di acciaio. Per mantenere la necessaria resistenza meccanica delle scatole stata introdotta la cordonatura del corpo cilindrico. Applicando la tecnica di formatura delle scatole in due pezzi mediante imbutitura e stiramento, lo spessore del corpo cilindrico si ridotto a circa 0,1 mm, anche se applicabile come resistenza meccanica solo nel caso di bevande gassate. Per quanto riguarda lo stagno, molto costoso e considerato materiale strategico, mentre la tradizionale stagnatura per immersione (proseguita peraltro fino agli anni 70) comportava sulle due facce una copertura di circa 60 g/m2, lintroduzione della stagnatura elettrolitica, la sua applicazione differenziata sulle due facce, limpiego di vernici interne molto protettive e della litografatura esterna e, infine, le tecniche di elettrodeposizione LTS (light tin steel) hanno permesso di ridurre drasticamente il peso di copertura, fino a circa 1 g/m2. Negli anni 80 la saldatura a lega del corpo scatola stata del tutto sostituita dalla saldatura elettrica (introdotta per prima dalla svizzera Soudronic), sia per evitare la presenza di piombo a contatto con lalimento sia per ridurre la quantit di banda stagnata impiegata. Sempre per ridurre i costi, la banda stagnata stata sostituita dalla banda cromata (acciaio protetto da un sottile strato di cromo e ossidi di cromo elettrodeposto), sono state introdotte le scatole in due pezzi (quelle imbutite e reimbutite e, soprattutto, quelle imbutite e stirate) e la rastrematura della bocca del corpo cilindrico per ridurre il diametro del fondello. Anche i sistemi di apertura hanno avuto una grande evoluzione, a partire dallo scalpello e martello necessari al Capitan Parry nellArtico. Al 1858 risale il brevetto statunitense di un apriscatole munito di una sorta di baionetta, dal quale sono derivati quelli ancora in uso. Come servizio al cliente, vi erano gli apriscatole monouso per decolage attaccati al coperchio con un punto di saldatura: lapplicazione pi antica stata nelle scatole rettangolari tipo sardine con il coperchio saldato con lega al piombo e, successivamente, nelle scatole per carne in gelatina con semitagli sul corpo cilindrico sotto la doppia aggraffatura. Successivamente, per competere con i contenitori alternativi di pi facile apertura, a partire dagli anni 60 stato necessario introdurre coperchi easy open con semitaglio ed anello per la rottura a strappo (prima realizzabili solo di alluminio e, successivamente, anche di banda stagnata o cromata). Per mantenere la resistenza alla corrosione interna, con la riduzione dello strato di stagno stato necessario migliorare corrispondentemente le caratteristiche protettive delle 89

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vernici senza aumentarne significativamente il costo. Con lavvento della petrolchimica, le vernici interne per scatole a base di resine naturali sono state sostituite con quelle sintetiche e queste, insieme al side stripe per ricoprire la saldatura elettrica, hanno subito una continua evoluzione, oltre che per migliorarne le performance protettive, anche per lintroduzione di obblighi di legge sulle cessioni al prodotto e sulle emissioni di solventi organici nelle fasi di applicazione. Sempre per ridurre i costi, stata progressivamente ridotta anche la quantit di mastice, con sofisticati sistemi di applicazione che ne garantiscono comunque la insostituibile funzione di ermeticizzante delle doppie aggraffature. Parallelamente a queste innovazioni, la fabbricazione delle scatole e dei relativi coperchi ha dovuto progressivamente restringerne la variabilit dimensionale per permetterne limpiego con le linee di riempimento e chiusura sempre pi veloci. Tutte queste innovazioni hanno permesso di mantenere competitivi i prezzi delle scatole, ma a fronte di impianti produttivi sempre pi automatizzati e costosi, che hanno richiesto investimenti giustificabili solo con crescenti capacit produttive. Di conseguenza, mentre fino agli anni 70-80 erano ancora molte le industrie conserviere (soprattutto in Campania) che si fabbricavano direttamente le scatole, negli ultimi decenni vi stata una concentrazione del settore in pochi stabilimenti grandi e, per lo pi, afferenti a multinazionali. Nel parmense non si sviluppata invece la fabbricazione degli imballaggi plastici per conserve, che stata una differenziazione produttiva di imprese che erano gi insediate prevalentemente in Lombardia. La crescente cadenza delle macchine di confezionamento primario ha indotto la necessit di meccanizzare tutte le operazioni di fine linea: etichettatura e codificazione; imballaggio in cartoni e, successivamente, in termoretraibile o in espositori; palettizzatori e depalettizzatori. Se quello delle conserve alimentari stato ed tuttora il settore meccano-alimentare quantitativamente pi importante per Parma, una posizione di tutto rilievo ha quello delle macchine e degli impianti per lindustria dei salumi crudi, con particolare riferimento ai sistemi di condizionamento artificiale per le diverse fasi di stagionatura dei salumi e applicati anche alla stagionatura dei formaggi (Frigomeccanica, nata nel 1962, diventata una delle pi importanti aziende del settore a livello internazionale, assorbendo recentemente lattivit dellex concorrente Benassi Impianti). Pi recentemente, alcune imprese si sono specializzate nella costruzione di attrezzature per il porzionamento, la grattugiatura e il confezionamento del parmigiano reggiano. Per il settore pastaio, oltre alla produzione di impianti a capacit produttiva relativamente piccola, si pu citare il sistema di premiscelazione innovativo della Storci. Infine, a fianco dei costruttori di macchine e impianti, il distretto meccano-alimentare parmense conta importanti imprese che forniscono la relativa componentistica, con particolare riferimento alle pompe, alle valvole e ai sistemi di controllo automatico. 90

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BIBLIOGRAFIA E NOTE
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comprim, et de l transport dans une forme de bois, dite fassera, et serr avec un cble, de manire lui donner la hauteur quon dsire. Ensuite, il se pose sur un plan inclin, spersore, et il est plac dessous un plateau de bois, appel tondello, pour lcoulement du petit lait qui reste. Alors le fromage est port dans la salatoia. L, les fromages sont exposs sur des tables de granit, o sont creuss de petits canaux, et sals deux fois par semaine, en raison de l solidit quils acquirent. Cette opration dure 40 ou 50 jours. Enfin, les fromages sont emmagasins dans la casera, et placs sur des planches de bois. Cest l quils sont enduits dhuile de graine de lin, lhiver, deux fois la semaine, lt, tous les deux jours. Les marchands de fromages reconnaissent la bont du fromage en lauscultant avec un petit marteau de fer. 10 Pierre De Ville. Voyage ditalie, Lyon 1734, manoscritto inedito, Aix, Biblioteca Mjanes. Parma considerata la patria di quel buon formaggio che si chiama Parmigiano perch si fa da queste parti: non si trova cos buono in tutte le citt vicine, se non proprio a Parma. Ho rilevato che gli abitanti di questa citt non gradiscono affatto che si parli delleccellenza del loro formaggio: per essi una specie di insulto di cui facilmente si offendono. Traduzione e citazione in: Anonimo. Il ParmigianoReggiano. Antologia Letteraria, Musei del cibo della provincia di Parma, 2004, http://www.museidelcibo.it/page.asp?IDCategoria=217&IDSezione=1065: 11 C. Rognoni. Per la storia del formaggio di grana, Parma 1896, http://www.percorsigastronomici.it/ percorsienogastronomici/Repository/EmiliaRomagna/Digit%20parma/Libri%20parma/storia%20 formaggio%20grana.pdf 12 E. Sani, Il Parmigiano-Reggiano dalle origini ad oggi, Reggio 1954. Citato in: Anonimo. I prodotti nella storia. Scoperte, viaggi e tradizioni dei cibi nella storia delluomo, Progetto EAT:ING 2008, http://www.eat-ing.net/attach/iprodottinellastoria.pdf (13) G. Mucchetti, F. Addeo e E. Neviani. Evoluzione storica della produzione di formaggi a denominazione di origine protetta (DOP). 1. Pratiche di produzione, utilizzo e composizione dei sieroinnesti nella caseificazione a formaggi Grana Padano e Parmigiano Reggiano: considerazioni sulle relazioni tra sieroinnesto e DOP. Scienza e Tecnica Lattiero-Casearia, 1998 49 (5) 281-311 14 Unione Parmense Industriali. Settori Industriali e servizi, http://www.upi.pr.it/servlet/login/upi/9/ settori.html?pagina=osservatorio/it_D04_01.inc 15 Anonimo. Prosciutto di Parma, Musei del cibo della provincia di Parma, 2004, http://www.museidelcibo.it/page.asp?IDCategoria=234&IDSezione=969 16 G.M. Mitelli, Gioco della Cucagna che mai si perde e sempre si guadagna, Biblioteca Comunale Forteguerriana, http://www.istitutodatini.it/biblio/images/it/forteg/stch/dida/b-9.htm 17 A. Revelli Sorini. Storia salumeria italiana. Taccuini Storici, http://www.taccuinistorici.it/ita/news/ antica/salumi-carni/Storia-salumeria-italiana.html 18 M. Contini. Tipologie edilizie e tecnologie negli stabilimenti di lavorazione e stagionatura dei salumi, Musei del cibo della provincia di Parma, 2004, http://www.museidelcibo.it/page.asp?IDCategoria= 234&IDSezione=969&ID=29545 19 Consorzio del Prosciutto di Parma. Press area. http://www.prosciuttodiparma.com/consorzio/news/ 20 G. Della Casa. Rapporti fra i fattori ambientali ed alimentari e lassetto enzimatico delle carni nel suino pesante. ASTER, Banca dati ricerca alimentare 2006,

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La genealogia delle aziende nel parmense

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LA GENEALOGIA DELLE AZIENDE Nel parmeNse


di Mario Gelati 1.3.1 - LEVOLUZIONE DI UN COMPARTO In questo capitolo illustrata, in forma sintetica, la storia delle aziende che hanno operato, dalla fine del 1800 ad oggi, nei settori delle macchine per la lavorazione ed il confezionamento dei prodotti alimentari e della produzione di contenitori in banda stagnata, e per vari motivi hanno cessato lattivit oppure cambiato la loro ragione sociale. Per le altre aziende, di cui non ricostruita qui la storia, si rimanda al volume intitolato Repertorio, nel quale sono contenute le schede dedicate alle ditte del comparto tuttora operanti nel territorio parmense. Come avvenuto per le aziende citate in questo capitolo, anche per molte altre - soprattutto dopo il 1970 - si sono verificati notevoli cambiamenti che hanno portato a una vera e propria rivoluzione e prolificazione di aziende di piccole e medie dimensioni, con chiusura di alcune di esse, passaggi di propriet e concentrazione in gruppi. Quali le cause di questa evoluzione? - Un mercato di sbocco nazionale ed internazionale molto ricettivo. - Uno spirito di iniziativa e intraprendenza, tipica caratteristica parmigiana. Infatti, un alto numero di tecnici e commerciali, acquisite le esperienze presso le ditte in cui avevano iniziato la loro carriera professionale, si sono messi in proprio, dando vita a nuove ditte, quasi sempre in concorrenza con le prime. - Entrata nel territorio parmense di gruppi italiani ed esteri di livello internazionale, che hanno acquistato le pi grandi aziende del comparto, applicando concetti gestionali che, se da un lato hanno portato ad un notevole miglioramento nel controllo generale, dallaltro hanno agevolato la fuga di tecnici e commerciali che hanno creato nuove aziende o hanno contribuito a rafforzare aziende concorrenti. nel 1983 che lIng. Carlo De Benedetti, presidente della CIR e della controllata Sasib di Bologna, entra nel mercato parmense con lobiettivo di acquisire un certo numero di aziende che producevano macchine destinate allindustria alimentare, con lintento di formare un grande gruppo da destinare alla conquista di vasti mercati. Questo progetto faceva seguito a quello gi avviato, e in evoluzione, comprendente le aziende alimentari italiane di maggiore prestigio come la Buitoni, la Berni e le aziende del gruppo SME, fra cui De Rica, Cirio,

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Bertolli. Era indubbiamente un progetto affascinante e lungimirante, che anticipava tutti i concorrenti in questa nuova strategia industriale, rappresentata dalla tecnologia in abbinamento al prodotto alimentare finito: in una parola, lagroalimentare nel suo complesso. Il progetto di acquisizione iniziato con la Manzini, seguita pochi mesi dopo dalla COMACO, dalla Simonazzi e dalla Sarcmi. Le acquisizioni non si sono limitate al gruppo De Benedetti; anche altri gruppi si sono presentati sul mercato parmense come Fata di Torino, TMC Padovan di Vittorio Veneto, GEA di Bochum, Sipa di Conegliano Veneto e la Sarcmi di Imola e la Tetra Laval. Conseguentemente a questo, i gi poco confidenziali rapporti fra le aziende sono peggiorati, soprattutto fra le concorrenti, e questo ha portato a: - scarsa confidenza e mancanza di collaborazione fra le aziende; - sottrazione reciproca di personale qualificato e specializzato (soprattutto tecnici e commerciali); - sottrazione di concetti tecnologici, anche se coperti da brevetto; - concorrenza spietata sui mercati nazionali ed internazionali, con lapplicazione di sconti inaccettabili in unottica di gestione corretta e volta allo sviluppo dellazienda in termini di ricerca, formazione, penetrazione in nuovi mercati e servizi post vendita. Come richiesto ripetutamente dalle aziende del comparto - inserite in questo repertorio - il futuro dei loro rapporti deve essere impostato su nuove regole, particolarmente di carattere comportamentale; e perch questo possa avvenire, la stragrande maggioranza ha auspicato la costituzione di un consorzio, o una forma alternativa, che dia vita a un tavolo di lavoro attorno al quale affrontare i problemi che gravano sul settore. 1.3.2 - STORIA DELLE AZIENDE DA FINE 800 A FINE 900 Il comparto delle tecnologie agroalimentari comincia a formarsi nel territorio parmense alla fine dell800, e mentre si sviluppa lentamente fino alla met del 900, nel periodo immediatamente successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, si incrementa velocemente per esplodere letteralmente negli anni 60/70. Ricostruire la storia del primo periodo non stata cosa semplice, in quanto in quegli anni non esisteva ancora il registro delle imprese, tenuto dalle Camere di Commercio: la sua introduzione sar prevista solo con il Codice Civile del 1942, per essere poi attuato definitivamente da una legge del 1993. Gli unici dati disponibili prima degli anni quaranta sono quelli recuperabili da vecchi documenti, ruoli delle imposte dirette, fatture, registrazioni di partecipazioni alle manifestazioni. Ci che ci resta sono quindi testimonianze frammentate che hanno permesso di tratteggiare i pur brevi cenni che seguono. Nel 1880, secondo un indagine del ministero dellAgricoltura, Industria e Commercio nel parmense operavano 17 ditte fra fonderie e officine meccaniche con sedi nei centri di Parma, Fidenza, Felino e Sorbolo con un numero di 147 addetti di cui 38 donne e 109 96

La genealogia delle aziende nel parmense

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uomini. Per quanto riguarda la sola citt di Parma, le officine meccaniche erano 8 nel 1897, 33 nel 1913 e 36 nel 1922, nel 1908 gli occupati erano circa 400. Si trattava principalmente di piccole realt artigianali a conduzione familiare, fra le quali si ricordano: - La Pietro Campanini, presso la quale lavoravano 8 operai, e che produceva torchi per uva e per pasta, caldaie per locomobili e serbatoi per latrine. - La Giovanni Centenari & F., con sede in via Delle Fonderie, la cui produzione si basava su costruzioni in ferro di vario genere; oltre che nei pesi e misure, era specializzata nella costruzione di macchine a vapore per caseifici e pastifici. - la Antonio Centenari & C., con officina in Piazzale dei Servi, impegnato nel settore automobilistico; Bigi Arnaldo, entrato in societ con Antonio Centenari, nel tempo rimarr titolare unico dellazienda. - la Luigi Ferrari, nata nel 1878, con sede a Barriera Bixio (allora denominata Barriera San Francesco), che costruiva macchine agricole. La Luigi Ferrari si trasforma, negli anni successivi, nellab Ing. Cugini e Mistrali, e allinizio del 900 nella Ing. Cugini, sempre con sede in Oltretorrente. La Ing. Cugini era una delle principali industrie meccaniche: nel 1910 era arrivata ad occupare circa 130 operai. La sua produzione era basata sulla costruzione di turbine e impianti per lindustria conserviera e macchine per mulini, caseifici, pastifici. Il prestigio della Cugini si unir anche con quello della Barilla, per la quale realizz il primo torchio in ghisa. La fortuna dellazienda si esaurir nel 1911 quando, dopo le proteste degli operai per ottenere migliori condizioni salariali, lazienda arriv al fallimento. Gli operai creditori provarono a mantenere in attivit la ditta, ma senza alcun successo. - La Elia Zanichelli, operante a Parma negli anni 20 con doppia sede, una in via Petrarca e una in via Cavour. La Zanichelli era specializzata nellinstallazione di impianti per la lavorazione del pomodoro, macchine per produrre scatole di latta e aggraffatrici. Altre officine parmigiane conosciute in quegli anni erano quelle di Arnoldo Rampinelli in Borgo del Leon dOro e in via San Vitale, Ermenegildo DallOlio in piazzale Bernabei e di Palmia & Barbieri che si trasformer nella Oddone Palmia & Figlio in via Volturno1. Del periodo fra fine 800 e inzi 900 risalgono anche le origini delle aziende che fecero veramente la storia del comparto agroalimentare nel parmense: la Simonazzi, la Oreste Luciani, la Manzini, la Ing. Darecchio, la A & G Rossi, la Ligure Emiliana, di cui, nelle pagine seguenti, sono presentate le relative storie, seppure in forma breve. da queste realt che, negli anni che precedono la Seconda Guerra Mondiale, e nel periodo immediatamente successivo, escono tecnici e operai specializzati che daranno vita allo sviluppo del comparto delle tecnologie agroalimentari, che fa di Parma la capitale nazionale e mondiale di questo comparto. 97

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

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1.3

1850 - La SIMONAZZI
La storia della Simonazzi comincia con Pompeo Simonazzi che, nato a Gualtieri (Reggio Emilia) nel 1828, giovanissimo comincia a lavorare come fabbroferraio. Nel 1850 nasce a Baccanelli Parma la Officina Simonazzi specializzata nella costruzione di macchine per lagricoltura. Alle fine dellOttocento Luigi Simonazzi prosegue lopera del padre Pompeo specializzandosi nella produzione di serrature di sicurezza e cancellate artistiche. Questa attivit proseguita alla morte di Luigi dal figlio Arnaldo. Nel 1910 inizia la produzione di macchine per la lavorazione delle conserve e dei prodotti lattiero caseari. Negli anni 30 avviene la costruzione della prima dosatrice per il riempimento di scatole con conserva di pomodoro e delle prime attrezzature per cantine. Verso la fine degli anni 40 Arnaldo con i figli Ampelio e Lorenzo iniziano la produzione delle prime macchine manuali per limbottigliamento del vino. negli anni 50 che lattivit della Simonazzi si amplia velocemente nel campo dellimbottigliamento di liquidi alimentari quali birra, acqua minerale, succhi di frutta, eccetera.

Monoblocco riempitrice-tappatrice per bottiglie, 1960

Cena sociale 1952; al centro i fratelli Simonazzi e alla loro destra lIng. Tincati e DallArgine

Negli anni 60 entra in azienda Adriano Simonazzi figlio di Ampelio contribuendo ad un ulteriore incremento dellazienda investendo in uomini e in tecnologia; si ampliano i mercati estendendosi anche oltreoceano negli Stati Uniti, in sud America e in sud Africa. Negli anni 80 nasce la Simonazzi France con sede ad Evian, viene acquisita la Enomec di Verona, la Sibnastri Parma e la ABM Parma. Il 1987 verr ricordato come lanno di ingresso della Simonazzi nellorbita dei maggiori gruppi industriali del packaging mondiale. Nel 1987 infatti la Simonazzi viene acquisita dal gruppo Sasib di Bologna, parte di CIR. Negli anni 90 lazienda continua la sua espansione insieme al gruppo. Le molte acquisizioni intraprese dal gruppo includono Alfa (azienda produttrice di macchine etichettatrici a Mantova), Meyer e Mojonnier (marchi storici nel campo delle riempitrici e dei mixer negli Stati Uniti) ed Elettric 80 (sistemi per lautomazione del fine linea a Viano, Reggio Emilia). Nel 1998 il gruppo Sasib si focalizza sulle attivit food & beverage e porta la sua sede a Parma. Nel 2001 il gruppo svizzero SIG, leader nel settore del packaging alimentare, acquisisce da Sasib le attivit beverage, e riporta alla luce il marchio Simonazzi, creando la nuova divisione SIG Simonazzi allinterno del gruppo. Quattro anni dopo, nel 2005, Simonazzi entra a far parte del gruppo Tetra Laval, leader di mercato mondiale nel packaging alimentare, mutando la ragione sociale in Sidel. 99

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

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1.3

1907 - La LigUre EmiliaNa


Nel 1907 costituita la Ligure Emiliana con sede legale in via Buranello a Sanpierdarena, Genova e lo stabilimento in viale Piacenza, Parma. Il fondatore Tito Nasturzio, genovese, gi titolare di una feriera che produceva banda stagnata destinata alla realizzazione di imballaggi. Lattivit della Ligure Emiliana si concentra nella produzione di barattoli e scatole in banda stagnata, inizialmente in forma manuale e con macchine semi automatiche, e successivamente con limpiego di macchine automatiche per la saldatura a stagno dei corpi, lagraffatura dei fondelli e la produzione degli stessi con presse meccaniche: tutte macchine a bassa resa produttiva.Con levoluzione della tecnologia viene abbandonata la saldatura a stagno dei corpi delle scatole e introdotta quella elettrica; con la riduzione degli spessori del lamierino - portato a 0,16 millimetri - sono inoltre impiegate macchine cordonatrici che assicurano lindeformabilit del contenitore, resistendo alla pressione interna della fase di sterilizzazione dei prodotti inscatolati. I barattoli e le scatole sono destinati soprattutto allindustria conserviera e a quella per la lavorazione del tonno.

Reparto produzione barattoli in banda stagnata, 1920

Tito Nasturzio e i figli Silvestro e Saverio partecipano, assieme alle maestranze, alla Santa Messa celebrata nel 1957 in occasione del 50 anniversario della fondazione

Allinizio degli anni 60 entrano in azienda Silvano e Saverio, i figli di Tito, e dal 1964 la famiglia Nasturzio d avvio a una politica di nuovo sviluppo dellattivit che porta, nel 1969, alla costruzione dello stabilimento di 19mila metri quadrati su un terreno di 108mila metri quadrati nel quartiere Paradigna, nellattuale via Forlanini. Il mercato sempre pi ricettivo e la struttura produttiva fanno raggiungere alti livelli di produzione allazienda, che arriva a occupare fino a 450 persone, in gran parte stagionali. Da testimonianze di collaboratori, in particolare del direttore sig. Pagani, vengono evidenziate le grandi qualit umane dei componenti della famiglia Nasturzio, che hanno saputo trasmettere in tutto lambiente il senso del dovere e del rispetto, come era nella loro natura di veri galantuomini. Nel 1975 la Ferenbal, ditta francese, acquista una parte della Ligure Emiliana che continua la produzione di alcuni tipi di scatole; subito dopo la Ferenbal assorbita dalla Carnaud, che infine acquista anche la parte residua della Ligure Emiliana. Lultimo passaggio societario di cui oggetto la Ligure Emiliana quello fra la Carnaud e linglese Metal Box la quale, nel 1986, chiude la Ligure Emiliana, ponendo fine a una delle prime aziende del parmense - e probabilmente anche dItalia - che produceva barattoli e scatole in banda stagnata destinati allindustria alimentare. 101

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

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1909 - La LUCiaNi
Nel 1909 si costituisce la Oreste Luciani con sede in via Imbriani 81/87 a Parma. I soci fondatori sono Oreste Luciani, Ferretti, Merusi. Oreste Luciani (1891-1974) un operaio dellOfficina Centenari, che lavorando di giorno e studiando di sera, riesce a raggiungere un alto grado di preparazione progettuale con il quale poter definire molte invenzioni che diventeranno la base del vastissimo programma produttivo di oltre cinquantanni di attivit. Le prime macchine a cui si dedica Luciani sono quelle per la lavorazione del pomodoro, del formaggio e del ghiaccio. Alla fine della Prima Guerra Mondiale per lOfficina Luciani, che dispone anche della fonderia per la ghisa, inizia il vero sviluppo industriale, espandendo la produzione con la costruzione di macchine per la lavorazione di cioccolato e di gelati, oltre che quelle per la macellazione delle carni (soprattutto suine). Negli anni 28/29 la Oreste Luciani si trasferisce nella nuova sede di via Bologna 25/31 e alla vecchia produzione abbina la costruzione di macchine per la lavorazione del pomodoro, della frutta, dei mosti e dei vini, e una gamma completa di macchine per la lavorazione del Parmigiano Reggiano comprendente generatori di vapore, caldaie a doppio fondo, pompe, scrematrici e zangole. La guerra, in corso dal 1941 al 1945, colpisce duramente la Luciani, privandola di buona parte della sua manodopera specializzata e distruggendo con i bombardamenti la massima parte delle sue strutture, del macchinario e delle attrezzature. La volont, la perseveranza e limpegno di Oreste Luciani con la concorde attiva collaborazione dei familiari e dei dipendenti si esaltano in modo particolare, consentendo di superare il grave disastro della guerra; e in pochi anni lazienda ricostruita completamente. Lo sviluppo aziendale rapidissimo e negli anni Cinquanta la Luciani vanta gi un organico di oltre 200 persone; ad Oreste si affiancano i figli Alfio e Franco che contribuiscono ad aumentare ulteriormente la dimensione aziendale al punto da raggiungere nel 1970 un numero di 400 dipendenti2. III Mostra Internazionale delle Conserve Nel 1974 viene a mancare Oreste Luciani Alimentari, Parma 1948 e lanno successivo esce dallazienda di fa102

miglia Franco, costituendo la Franco Luciani & C., che chiuder poco tempo dopo; Alfio assume la direzione dellazienda con la collaborazione della moglie Maria Ludovica, e facendo ordine nella vasta gamma di macchine fino a quel momento costruite, organizza la produzione in tre sezioni: - agraffatrici automatiche e semi automatiche per scatole e barattoli; gruppi di riempimento e di chiusura di barattoli in banda stagnata e cartone per prodotti liquidi; - generatori di vapore a tubi dacqua e di fumo (famoso diventer il modello Cornovaglia); autoclavi; bacinelle di cottura; - impianti per la lavorazione di pomodoro, Reparto di montaggio generatori di vapore, 1970 frutta, latte e prodotto ittici. Agli inizi del 1980, conseguentemente a una profonda crisi di mercato, la gestione entra in difficolt, e dopo cinque anni, nel 1985, lazienda posta in liquidazione. Negli anni successivi la struttura demolita completamente per fare posto alla costruzione di un intero quartiere a uso abitativo. Un tentativo per salvare la prima sezione produttiva della ditta messo in atto nel 1986 dalla COMACO di Montecchio Emilia, Reggio Emilia, che rileva dal tribunale fallimentare questo ramo della produzione con relativi progetti, macchine utensili e magazzino, creando la nuova societ Luciani-Parma. Purtroppo questa societ non ha avuto il tempo di entrare in attivit a causa dellacquisizione del gruppo COMACO da parte della Sasib di Bologna, appartenente al gruppo CIR dei fratelli De Benedetti: la Luciani Parma incorporata nella COMACO e per decisione della nuova propriet la produzione della Oreste Luciani viene completamente abbandonata. Oreste Luciani ha lasciato un segno profondo nel settore in cui ha operato non solo per le sue capacit tecniche, ma anche per quelle commerciali, consolidando rapidamente la presenza dellazienda allestero; per meglio comprendere la dimensione della capacit imprenditoriale di Oreste, basta sottolineare, che in abbinamento alle proprie macchine, la Luciani commercializzava con successo anche scrematrici per latte fabbricate dalla Alfa Laval di Milano. Sicuramente possibile affermare che la Oreste Luciani non stata solo una grande realt industriale del nostro territorio, ma anche una scuola che ha formato tecnici e operai specializzati, che negli anni precedenti e immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, hanno dato vita ad altre aziende che sono state protagoniste del grande sviluppo del comparto parmense delle tecnologie agroalimentari. 103

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1911 - La CAPOLO
Nel 1911 nasce la pi importante industria montecchiese, fondata per iniziativa del parroco di San Donnino, Monsignor Attilio Alai, che con lintento di creare occupazione per la popolazione della zona, crea la Societ anonima cooperativa cattolica, chiamata Casa del Popolo: una delle prime cooperative bianche del reggiano. I soci iniziali della cooperativa sono quattro sacerdoti, cinque possidenti, quattro coltivatori diretti, un affittuario, un impiegato, due calzolai e un lattoniere. Beneficiando dellesperienza del lattoniere Silvio Minardi, primo capo fabbrica dellazienda, lattivit della ditta inizia con la produzione di scatole di latta per conserve di pomodoro. Il primo direttore della cooperativa Giacomo Bolzoni. Una svolta importante nella storia della cooperativa avviene nel 1922 con larrivo, nella veste di nuovo direttore, di Giuseppe Mori. A fianco di Mori eletto presidente Lorenzo Saporetti, uno dei primi soci della cooperativa, nonch sindaco del Comune di Montecchio Emilia dal 1914 al 1920. Durante il periodo fascista la cooperativa costretta a cambiare statuto, assumendo la nuova ragione sociale DI C.A.P.O.L.O. La C.A.P.O.L.O. amplia sempre pi la propria attivit e la compagine societaria, raggiungendo negli anni Settanta il numero di cinquecento soci. Nel 1952 a Giuseppe Mori subentra, quale direttore, il figlio Lucio e nel 1955, a seguito di una grave conflittualit allinterno dellazienda, vengono licenziati 23 operai. Lepisodio crea le premesse per la nascita di una nuova societ concorrente: alcuni di questi operai, unitamente ad altri soci, fondano unazienda in borgo Enza per la produzione di contenitori in banda stagnata, trasformandosi, pochi anni dopo, nella Fa.Ba. con sede a SantIlario dEnza. Nel 1960 la C.A.P.O.L.O. cambia la ragione sociale in S.C.A.L. (Societ Confezioni Articoli Latta), modificando lo statuto e in parUn interno della fabbrica nel 1920 ticolare larticolo che ammetteva lentrata in 104

Fotografia del 1915

fabbrica delle donne, in precedenza non consentita. Gli anni Sessanta e Settanta vedono un notevole sviluppo della S.C.A.L diventando leader nazionale nel settore della produzione di contenitori in banda stagnata, in concorrenza con Fa.Ba. e Superbox. Nel 1970 ha inizio una serie di importanti acquisizioni: fra queste la Govoni di Tresigallo (Ferrara), la Lito Sud di Cava di Tirreni (Salerno) e la nascita di Copack a Rovereto. Lascesa sdel gruppo Capolo si deve anche al ricorso massiccio alle nuove tecnologie e quindi alla robotizzazione che tuttavia non ha diminuito lo sviluppo occupazionale; infatti agli inizi degli anni Sessanta lorganico era di oltre 300 addetti. Il 1989 mette fine alla storia della societ cooperativa e la realt montecchiese assume limpostazione di unazienda di profitto a tutti gli effetti: infatti, la fase storica delle prime aggregazioni industriali a livello internazionale, il totale delle quote delle centinaia di azionisti sono acquistate dalla societ Ilva del gruppo Italsider, la quale, dopo due anni, cambiando la propria strategia industriale, esce dal settore cedendo le quote al gruppo Secchi. Nel 1993 avviene un ulteriore passaggio di propriet alla multinazionale Impress, tuttora operante a Montecchio Emilia.3 105

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

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1.3

1918 - La MaNZiNi
Nel 1918 nasce la Tito Manzini con sede in viale Mentana 94, Parma. Tito acquisisce le prime nozioni nel campo meccanico presso la piccola officina avviata dal padre e alla fine dellOttocento amplia la propria esperienza lavorando come tecnico montatore nello zuccherificio Eridania di via Veneto e pochi anni dopo collabora, per un periodo abbastanza lungo, con il cavaliere Romeo Tosi, contitolare di unindustria di conserve in via Mulini Bassi. Nel 1910 riceve un attestato di benemerenza per lopera prestata in Argentina presso una fabbrica che lo stesso Tosi aveva aperto nel continente americano. Nel 1917, mettendo a profitto tutta lesperienza maturata, installa lintera fabbrica di Paolo Baratta a Battipaglia in provincia di Palermo. Il risultato positivo e Manzini matura lidea di avviare la progettazione e la costruzione di macchine per la lavorazione del pomodoro e apre lofficina di viale Mentana. Nel 1929 scompare Tito Manzini e alla conduzione aziendale subentrano i figli Manlio, Bruno, Sante ed Ettore, gi presenti da qualche anno nellazienda di famiglia. La ragione sociale cambia cos in Manzini & C. A seguito di un rapido incremento dellattivit, viene costruita una nuova sede in via Trento 39. Alla costruzione di impianti completi per la lavorazione del pomodoro si aggiungono quelli per la lavorazione della frutta, e quelli per i caseifici. Alle

Primo nucleo dellofficina, 1920

macchine di propria produzione nel 1948 si aggiunge la costruzione su licenza del primo concentratore continuo, progettato e brevettato dallingegnere DArecchio.4 Nel 1970 la ditta si trasferisce nuovamente questa volta in via Paradigna 94/A e negli anni successivi continua la costruzione di impianti sempre pi innovativi, confermandosi fra i leader mondiali nella costruzione di macchine e impianti completi per la lavorazione del pomodoro e della frutta. Nel 1985 la Manzini & C. acquistata, come altre aziende del parmense, dalla Sasib di Bologna appartenente al gruppo Cir dei Busto del fonfatore Tito Manzini fratelli De Benedetti che nel frattempo ave(1877 - 1929) vano acquisito anche la Comaco di Montecchio Emilia. Con questa operazione creata la Manzini-Comaco, con sedi produttive a Parma e a Montecchio Emilia. Nel 2000 i fratelli De Benedetti decidono di uscire dal settore delle tecnologie agroalimentari e la ManziniComaco acquisita dalla Sig che la cede, nel 2005, al nuovo gruppo parmense CFT (Catelli Food Tecnology). Nel 2007 si assiste nuovamente alla scorporazione dellattivit della Comaco che ritorna a Montecchio abbinandosi a quella della Sima anchessa acquisita, nel frattempo, dal gruppo CFT, dando vita alla CFT Packaging. Nello stesso periodo avviene la fusione fra la Rossi&Catelli e la Manzini, creando la nuova societ CFT Food Processing con laccorpamento della produzione dei due marchi nella sede di via Paradigna 94/A. A titolo puramente storico si ricorda che, fin dal 1890, altri rami del nucleo originario dei Manzini si dedicarono alla costruzione di macchine per lindustria alimentare. Negli anni 20 Egidio Manzini apre la sua piccola officina in borgo Santo Spirito 5; Giuseppe invece operava in borgo Catena 26. Mentre lesperienza di Giuseppe ha avuto una breve vita, Egidio continua con successo la propria attivit: negli anni 30 brevetta una batteria di concentratori accoppiati ad un solo condensatore a colonna barometrica, e continua nella costruzione degli impianti per la lavorazione del pomodoro a cui aggiunge quelli per la lavorazione del mosto duva, del latte, della caseina, del malto per panificazione, oltre alla costruzione di bacinelle basculanti a doppia velocit per la cottura di verdure, carne, sciroppi, marmellate e canditi. Fra i Manzini noto anche Giovanni, un fabbro con lofficina in via Spezia, che costruiva e modellava a mano le caldaie di rame per la produzione del formaggio grana. Alla sua morte, fino agli anni 90, lattivit stata continuata dal figlio Paolo. 107

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1924 - La BARBIERI
Nei primi del Novecento Tommaso Barbieri inizia la sua attivit costituendo la Palmia&Barbieri con sede in via Volturno 3 a Parma. Nel 1924 Barbieri esce dallazienda e rileva lofficina Cugini di Via Bixio, costituendo la Tommaso Barbieri. Lattivit della Tommaso Barbieri rivolta principalmente alla costruzione di macchine per pastifici. Il vero sviluppo dellofficina sar legato alla collaborazione con lo studio di progettazione di Mario e Giuseppe Braibanti: i fratelli Braibanti, di origine parmigiana, avevano aperto a Milano un importante studio di progettazione di macchine per paPresse continue fornite al pastificio Barilla 1933 stifici, per la cui costruzione si rivolgevano principalmente allofficina Barbieri. Uno dei prodotti di questa collaborazione la pressa continua, totalmente automatica, finita di costruire nel 1933 e installata nel pastificio del padre dei Barbieri, in localit Valera a Parma. Anche la Barilla acquist macchine progettate dai Braibanti e costruite da Barbieri: fra il 1936 e il 1937 furono istallate nel suo stabilimento sei presse continue con vasca impastatrice orizzontale. Alla fine degli anni Quaranta la Barbieri occupava circa 170 operai, esportando in tutto il mondo, in particolare in America e Russia. Barbieri era un antifascista dichiarato e questo nel 1944 gli cost la vita.5 La morte di Tommaso Barbieri e il sopraggiungere di una pesante crisi economica, iniziata in piena guerra mondiale e proseguita anche dopo il 1945, portarono, negli anni Cinquanta, alla chiusura dellazienda per liquidazione. Dalla Barbieri uscirono decine di tecnici e operai molto preparati in quanto, gi in quegli anni, lorganizzazione aziendale era perfetta, soprattutto per quanto riguarda la gestione della produzione con limpostazione dei centri di costo, delle commesse di lavorazione, dei centri di controllo e collaudo. Gli operai e i tecnici usciti dalla Barbieri contribuirono a sviluppare quella rete di officine, di piccole o medie dimensioni, che si specializzarono nella costruzione di macchine per lagroalimentare, anche per settori diversi da quello della lavorazione della pasta. La passione per il proprio mestiere e loriginalit di Barbieri sono ancora oggi testimoniate dal mosaico fatto realizzare dallo stesso Tommaso sulla parete esterna dellofficina, in cui sono rappresentate le vecchie impastatrici e quella dei fratelli Braibanti, costruite nella propria officina. 108

1934 - La BRONZONI
Nel 1934 nasce la Bronzoni Giovanni&Fratelli con sede in via dei Mille a Montecchio Emilia (Reggio Emilia). I fratelli Bronzoni, oltre che Giovanni, erano Renzo e Gino. Lazienda inizia lattivit con il servizio di trasporto della ghiaia raccolta nel fiume Enza e dei barattoli prodotti dalla ditta Capolo, eseguendo contemporaneamente nella piccola officina di manutenzione lavori di carpenteria. Lofficina dei fratelli Bronzoni diventa, oltre che azienda costruttrice di impianti, una piccola scuola professionale per giovani futuri imprenditori di straordinaria professionalit. Negli anni Quaranta e Cinquanta infatti hanno lavorato i fratelli Dieci, Piero Zecchetti, Eros Ficarelli che far nascere poi il centro di avviamento professionale precursore della Calf, e anche i fratelli Spaggiari; tutti crearono le loro officine sviluppandole nel tempo con grandi risultati anche per leconomia in generale di Montecchio.

Fotografia del 1915

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Nel 1960, ultimati gli studi tecnici, entra in azienda Mario Bronzoni, figlio di Giovanni e successivamente il fratello Giuseppe e la cugina Giuliana. La produzione si allarga con la costruzione di trasportatori per barattoli, per cartoni e imballaggi vari vuoti e pieni a cui si aggiungono i palettizzatori e depalettizzatori per gli stessi e per casse di cartone. Nel 1975 la Bronzoni con un organico di sessanta dipendenti costruisce il nuovo stabilimento in via Galilei al numero 1, aprendo di fatto il nuovo parco industriale montecchiese. Le automazioni industriali sono la nuova frontiera tecnologica e la Bronzoni diventa unazienda allavanguardia nella produzione di linee complete di movimentazione, di contenitori metallici, in vetro e plastica e anche cartoni, fusti, fustini e palette. nel 1991 che la Bronzoni crea le premesse di un triste futuro. Con la morte dei fondatori Gino e Renzo esce dalla societ Giuliana e lentusiasmo che ha alimentato negli anni precedenti levoluzione tecnologica della produzione si notevolmente affievolito. proprio in quegli anni che entra nella Bronzoni, acquisendo la maggioranza delle quote sociali, il gruppo Altech di Parma. Tale operazione segner la fine della prima vera officina montecchiese, infatti in poco tempo si pongono le premesse per chiudere lattivit subendo lonta del fallimento, mentre la produzione, soprattutto di palettizzatori e depalettizzatori, continuata dalla Levati di Collecchio gi facente parte del gruppo Altech.6

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1936 - La gHerri
Nel 1936 si costituisce la Gherri Gino con sede a Parma. Lattivit della Gherri Gino inizia con la costruzione di riduttori per gas metano, motori elettrici e macchine per la ricostruzione di gomme. Nel 1952 entra in azienda il figlio Giancarlo che, abbandonando la vecchia attivit, inizia la progettazione e la costruzione di macchine per la lavorazione delle carni, in particolare per i salumi, fra le quali il tritacarne, limpastatrice, linsaccatrice, la scotennatrice. Negli anni successivi entrano in azienda i figli Gino e Gabriele, e alla costruzione di macchine per lindustria delle carni si affianca la produzione di macchine per il confezionamento di prodotti liquidi e semidensi alimentari in vasi: nascono quindi le riempitrici a pistoni, le colmatrici e le incapsulatrici per vasi in vetro. Nel 1999 Giancarlo Gherri cede la societ alla Unimac di Montecchio Emilia, e da vita direttamente, negli anni successivi, alla Gherri Meat Technology attiva nei settori dei salumifici, piatti pronti e surgelati. La Unimac abbandona la costruzione della macchine per la lavorazione delle carni, mantenendo solo il segmento per il confezionamento di prodotti alimentari in vasi. Da pochi mesi fa la Gherri Gino stata incorporata nella Unimac, che a sua volta ha cambiato la ragione sociale in Unimac-Gherri con sede a Montecchio Emilia. Nella sede parmigiana tuttora operante la divisione produttiva del marchio Gherri.

Sede dellazienda nel 1975

Il giovane Giancarlo Gherri

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1940 - La A & G ROSSI


Agli inizi del 1940 nasce la A&G Rossi con sede in via Trieste 5, a Parma. I fondatori sono Alfredo e Giovanni Rossi, ma le radici che portano alla creazione di questa societ si devono ricercare molto tempo prima: nel 1872 Bartolomeo Ballari inizia lattivit di fabbro meccanico a barriera Saffi e nel 1913 affida la conduzione dellazienda a Oreste Rossi, figlio di Giuseppina Masi, vedova Rossi, che Ballari ha sposato in seconde nozze. La produzione della Ballari si sviluppata costruendo impianti per mulini, pastifici, macchine per la lavorazione del pomodoro e motori idraulici.Con lentrata in azienda di Alfredo e Giovanni figli di Oreste Rossi e a seguito alla morte di questultimo, lazienda Intubettatrice per concentrato cambia la ragione sociale in A&G Rossi.7 di pomodoro 1941 questo il periodo in cui Giovanni Rossi, arrivato fino alle soglie della laurea in ingegneria, interrompe gli studi e si dedica alla progettazione della prima intubettatrice automatica per concentrato di pomodoro, installandola presso la ditta Fratelli Mutti di Basilicanova; la conduzione dellazienda affidata a Giovanni con lappoggio appassionato della moglie, ai quali negli anni 60/70 si aggiunge il figlio Andrea, laureato in ingegneria meccanica. Le intubettatrici Rossi si affermano con successo in tutto il mondo ma con la morte di Giovanni, avvenuta alla fine del 1970, segue un periodo di insufficiente aggiornamento tecnologico, a causa del quale lazienda perde quote di mercato e nel 1987 chiude definitivamente; con la scomparsa della A&G Rossi venuto a mancare un marchio storico dellindustria meccanica parmense. A titolo puramente storico per giusto ricordare anche il ruolo svolto da altri componenti della famiglia Rossi. Un fratello di Oreste, Plinio, uscito dal nucleo familiare apre, attorno al 1920, in via Emilia Ovest 13 a Parma, unautonoma officina per la produzione di macchine per lindustria conserviera. Lattivit negli anni 30 proseguita dal figlio Archimede, presso una nuova sede in viale Campanini 5. Nellimmediato dopo guerra lofficina trasferita in Argentina dove diventa unimportante realt tuttora attiva e condotta dal figlio di Archimede, Amedeo Rossi. 112

1940 - LA SIRMA
La Sirma Litografia Latta e Affini nacque negli anni 40 prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, con sede e reparto di litografia a Sala Baganza; mentre lo stabilimento produttivo si trova in via Golese, 10 a Parma. La Sirma inizi la propria attivit producendo barattoli e scatole in banda stagnata destinati allindustria alimentare, soprattutto conserviera. Negli anni 1968-1969 venne acquisita dalla ditta Metalgraf di Lecco, a sua volta produttrice di contenitori metallici che nel 1978 cedette il pacchetto azionario della Sirma alla EFIM, societ a partecipazione statale, cambiando la ragione sociale in Tubettificio Ligure. Nel 1980 la nuova societ trasfer sede e stabilimento nel quartiere Spip di Parma; subito dopo avvenne lacquisizione da parte della FA.BA. di Calerno (Reggio Emilia) che modific la ragione sociale in Nuova Sirma proseguendo nella produzione di contenitori metallici e bottiglie e preforme in PET (la divisione PET venne poi ceduta nellAgosto 2006). Nel Dicembre 1996, a seguito di una fusione per incorporazione della Nuova Sirma nella Faba, venne modificata la ragione sociale in FABA SIRMA.

Formatrici-Saldatrici semiautomatiche, 1949

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1943 - La VETTORI & MANGHI


Nel 1943 nasce La Vettori & C., societ di fatto con sede in Via Monte Grappa 8, Parma. Soci fondatori sono Rodolfo Vettori, proveniente dal settore trasporti, Ennio Manghi e Aldo Ghiretti, provenienti dalle officine reggiane. Legale rappresentante Rodolfo Vettori. Lattivit iniziale si sviluppa nel campo della meccanica generale con la produzione di apparecchiature agricole, attrezzature per dentisti, scaldacqua elettrici ad immersione e altri macchinari. Nel 1946 la sede trasferita presso lex stabilimento della fabbrica di profumi Trionfale, posta fra viale Piacenza e viale Pasini. nello stesso anno che esce dalla compagine societaria Aldo Ghiretti e la ragione sociale modificata in Vettori & Manghi. Inizia la progettazione e costruzione di impianti per lindustria conserviera che diventer la principale area di sviluppo dellazienda. Nel 1953 avviene un nuovo trasferimento dellazienda in via La Spezia 54. La Vettori & Manghi si afferma sempre pi a livello internazionale esportando macchine e impianti soprattutto in Somalia, Etiopia, Paesi arabi, Libia, Algeria, Spagna e Grecia. Alla originaria costruzione di macchine per la lavorazione delle conserve vegetali si aggiunge quella per la lavorazione della frutta, della carne, del pesce e del latte. Nel 1968 viene costituita la filiale

Il sig. Vettori Rodolfo con autorit in visita alla 18a Mostra Internazionale delle Conserve e Imballaggi, 1963

Impianto di evaporazione con concentratore continuo e finitura in bulle, 1957

spagnola Ipiasa con sede in Saragozza, voluta soprattutto per fornire il mercato spagnolo e sudamericano. questo lanno in cui entrano in azienda lIngegner Stefano Vettori, figlio di Rodolfo, e Paolo Banchini, genero di Manghi. Agli inizi degli anni 80, intravedendo la necessit di un profondo rinnovamento tecnologico di idee, procedure e uomini, la propriet decide di cedere lazienda; nel 1987 la Vettori & Manghi cos acquistata dalla Fata, gruppo multinazionale torinese: la Vettori&Manghi muta la ragione sociale in Fata e in breve tempo i soci fondatori, Rodolfo Vettori e Ennio Manghi, abbandonano lazienda, seguiti a pochi anni di distanza da Stefano Vettori e Paolo Banchini. Lattivit prosegue con una gestione molto sofferta e lazienda perde progressivamente posizioni sui mercati mondiali fino al 1993 quando si assiste alla cessazione dellattivit e seguita nel 2007 dallabbattimento dello stabilimento. Con la cessazione dellattivit, dopo pochi anni, il marchio Vettori & Manghi recuperato dalla societ I.T.A., il cui titolare era Paolo Banchini, ex socio della Vettori & Manghi, acquistandolo dalla Fata. Nel 2008 anche la I.T.A. si ritira dal mercato e il marchio Vettori & Manghi viene acquisito dal gruppo Cft, assicurando in tal modo lassistenza e la fornitura di ricambi alle centinaia e centinaia di macchine attive in tutto il mondo. 115

114

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1945 - La ROSSI & CATELLI


Nel 1945 Camillo Catelli, proveniente dalla ditta Oreste Luciani, apre una piccola officina in vicolo Santa Maria a Parma. Subito dopo entra in societ con Camillo Catelli lIngegnere Angelo Rossi, creando la Rossi & Catelli; nel 1946 lazienda si trasferisce nella nuova sede di via Budellungo. Allinizio degli anni Cinquanta esce dalla societ Angelo Rossi e lattivit si espande rapidamente nel campo della costruzione di macchine e impianti completi per la lavorazione del pomodoro, della frutta e del latte. Innumerevoli sono stati gli impianti realizzati dalla Rossi&Catelli, fra questi meritano una particolare menzione levaporatore a circolazione forzata discendente Anteo brevettato nel 1957; nel 1973 levaporatore della serie Califfo e il concentratore continuo Venus; sempre nel campo della lavorazione del pomodoro vengono realizzati la pelatrice Vesuvio, le passatrici e raffinatrici Butterfly e Giubileo. Per il settore lattiero caseario sono realizzati impianti per la sterilizzazione UHT STEMATIC LONG RUN. Nel 1977 la gamma si espande ulteriormente con gli sterilizzatori Olimpic e Apollo. La Rossi & Catelli, con lentrata in azienda del figlio di Camillo, Roberto, e delle figlie Adele e Livia, consolida la propria attivit imponendosi allattenzione di una prestigiosa e nume-

Linea concentrato hot break da 2.500 t/giorno, 2000

Impianto di elaborazione con concentratore continuo e finiture in bulle, 1957

rosissima clientela in tutto il mondo. giusto rilevare, che mentre quasi tutte le aziende di maggior rilievo di Parma hanno ceduto alle lusinghe e al miraggio di far parte di importanti gruppi nazionali o internazionali, la famiglia Catelli, confermando il proprio coraggio, ha dato vita nel 2005 al gruppo Cft e oggi la pi interessante realt del territorio parmense che alla costruzione di macchine sia di processo che di confezionamento per prodotti alimentari costruisce macchine per lindustria petrolchimica e della detergenza ponendosi allavanguardia nel settore a livello mondiale. Nella sede in via Paradigna, Parma, la Cft produce macchine dei marchi Manzini e Rossi & Catelli mentre a Montecchio Emilia (Cft Packaging) produce le macchine del marchio Comaco e Sima. La capacit tecnica e le grandi doti anche umane di Camillo Catelli sono state confermate nel 2004 con il conferimento della Laurea honoris causa in Ingegneria Meccanica da parte della Facolt di Ingegneria del nostro Ateneo. 117

116

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1947 - La SOAVI
Nel 1947 nasce la Soavi Bruno&Figli con sede a Parma. Lazienda inizia la propria attivit con la costruzione di macchine per il burro; pochi anni dopo si dedica anche alla produzione di omogeneizzatori ad alta pressione per lindustria casearia. Con limpiego di proposte tecniche innovative, lazienda si espande in nuovi mercati internazionali, diventando un punto di riferimento per lEuropa. A questa crescita si accompagnano la ricerca di nuove soluzioni e lo sviluppo di macchine capaci di raggiungere livelli di pressione sempre maggiori tali da essere impiegate in nuove e complesse applicazioni. Lattivit e le competenze continuano ad aumentare nel corso degli anni, esplorando nuove opportunit tecniche e rivolgendosi non solo al mercato nazionale, ma anche a quello europeo. Nel 1990 la societ venduta al gruppo danese Niro Atomizer, cambiando la ragione sociale in Niro Soavi e continuando lascesa nel mercato mondiale con omogeneizzatori ad alta pressione dinamica e pompe a pistoni, che rappresentano la tecnologia di riferimento da sempre sviluppata dallazienda. Nel 1993 il gruppo Niro entra a far parte di GEA AG, una delle pi grandi aziende multinazionali con sede a Bochum, in Germania; questo ha permesso alla Niro Soavi di sviluppare una rete internazionale integrata dallorganizzazione GEA. Il gruppo GEA Global Engineering Aliance rappresenta attualmente uno dei pi importanti gruppi internazionali di progettazioni e soluzioni tecnologicamente avanzate, quotato sul mercato azionario tedesco MDAX. Nel 2007 acquisisce la nuova ragione sociale di GEA Niro Soavi, mantenendo la sede a Parma, dove tuttoggi opera.

1955 - LA FA.BA.
Il Gruppo Fa.Ba, oggi Crown Imballaggi Italia, ha una storia molto articolata e complessa, caratterizzata da una costante crescita ed espansione industriale, realizzata attraverso un continuo ampliamento della gamma di prodotti realizzati, lapertura di nuovi stabilimenti e lincorporazione di altre importanti aziende storiche del settore dellimballaggio metallico. La Fa.Ba si costituisce nel 1955 per iniziativa di un gruppo di manager della famiglia Foresti e di operai usciti dalla Capolo di Montecchio di Reggio Emilia, uniti dalla comune esperienza del packaging. Lazienda, inizialmente situata in un piccolo stabilimento nel centro di SantIlario dEnza in provincia di Reggio Emilia, si afCesoie semiautomatiche, 1957 ferma da subito per laffidabilit e la qualit delle forniture rivolte allindustria alimentare. Dopo lapertura del nuovo stabilimento di Calerno, consolida la sua leadership nel settore dellimballaggio metallico per alimenti, in concorrenza con Superbox e Capolo. Nel 1970, per poter operare con una presenza stabile nel mercato del Mezzogiorno costituita la Fa.Ba. Sud con sede e stabilimento a Nocera Inferiore (Salerno) che, oltre ai contenitori metallici per alimenti, inizia a produrre coperchi ad apertura facilitata sia in banda stagnata che in alluminio, per tutto il gruppo e il mercato estero. Nel 1980 il Gruppo Fa.Ba. rileva dalla EFIM la societ Nuova Sirma, con sede e stabilimento nel quartiere Spip di Parma. Gli anni 70 e 80 vedono un notevole sviluppo del Gruppo Fa.Ba., che aumenta ulteriormente la sua capacit produttiva, ponendo sempre la massima attenzione alle esigenze del mercato e investendo tempestivamente nelle innovazioni tecnologiche e impiantistiche. Proprio nel 1982, con lo spirito di diversificare ed innovare, nello stabilimento di Calerno sono installate le prime presse per la produzione di scatole imbutite in alluminio, attivit che tuttoggi in continua espansione. La fine degli anni 80 e 90 caratterizzata da un importante consolidamento dei leader 119

Omogeneizzatore a 3 pistoni, costruito nel 1949 e a 8 pistoni costruito nel 1972

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1958 - La DALLARGINE & GHIRETTI


Nel 1958 si costituisce la DallArgine & Ghiretti con sede in via Golese, a Parma. I soci fondatori sono Ermes Ghiretti, proveniente dalla Vettori & Manghi, e Franco DallArgine proveniente della Mingazzini, entrambe societ di Parma. Data lesperienza acquisita dai due titolari, la ditta inizia la costruzione di macchine per lindustria alimentare, soprattutto del settore pomodoro. La prima macchina prodotta la taglierina per pomodoro da essiccare, fornita alla Rodolfi Mansueto di Ozzano Taro, seguita subito dopo dai dopSterilizzatore raffreddatore-asciugatore continuo a scatola rotante e pifondi per formaggio Parmigiano Rega pressiopne atmosferica, 1959 giano. Negli anni successivi si aggiunge la costruzione delle spuntatrici e pelatrici e delle polpatrici per pomodoro. Per lalta qualit del prodotto lavorato le macchine DallArgine&Ghiretti riscuotono, immediatamente, un grande successo, venendo esportate in diversi paesi del mondo. La realizzazione pi prestigiosa, che ha contraddistinto per oltre ventanni la ditta, per il pastorizzatore a scatola rotante con avanzamento a piani mobili. Questa macchina brevettata, e per lalta qualit tecnologica e il risultato ottenuto sul prodotto pastorizzato, limpianto spunta un prezzo di gran lunga superiore a tutte le altre macchine concorrenti, che si presentano tecnologicamente inferiori. Nel 1968 lazienda si trasforma in Srl e trasferisce la sede a Stradella di Collecchio, Parma. Nel 1990 i soci fondatori, non individuando in famiglia una continuit imprenditoriale, decidono di vendere lazienda allingegnere Grandi di Modena. I titolari escono cos dallazienda che fondarono anni primi, non senza una comprensibile sofferenza. Nel 1996 avviene un ulteriore passaggio di propriet alla A.K. Robins di Baltimora, U.S.A. La gestione dellazienda in questultimo passaggio si dimostra non priva di problematiche e allinizio del 2000 la DallArgine & Ghiretti acquisita dalla Navatta Group, che incorpora lattivit della DallArgine & Ghiretti, con tutti i suoi brevetti, nelle proprie linee di prodotto, rilanciando lalta qualit dei suoi impianti. 121

Reparto produzione lattoni, 1957

europei e mondiali del packaging che coinvolge anche il Gruppo Fa.Ba. Risale, infatti, al 1987 lentrata della Carnaud francese nellazionariato della societ. Sempre in questo contesto di accorpamenti, nel 1989 la francese Carnaud S.A. e linglese Metal Box ltd si uniscono, dando origine alla CMB S.A., un gruppo di grandi dimensioni presente in 29 paesi nel mondo. A seguito di questo accorpamento il Gruppo Fa.Ba. beneficia dellapporto del ramo di attivit contenitori metallici per food della Super Box (facente parte della Metal Box), incorporando gli stabilimenti di SantIlario dEnza e Battipaglia (Salerno). Nel 1996 CMB SA acquisisce il 100% del capitale del Gruppo Fa.Ba. e nello stesso anno la multinazionale americana Crown Holding acquisisce la CMB SA, dando vita al primo gruppo mondiale nellimballaggio. Il Gruppo FA.BA., divenuto cos parte integrante della Crown Holding, continua nella sua strategia dinnovazione ed espansione. Da segnalare nel 2001 linizio della produzione nello stabilimento di Calerno dei coperchi pelabili (Peel Off) per prodotti sterilizzabili e nel 2007 lacquisizione da parte di Fa.Ba. Sud della societ La Metalgrafica, leader nella lito verniciatura su metallo nel Sud Italia. Dal Gennaio del 2009, con lo scopo di semplificare la struttura societaria, Fa.Ba.-SIRMA e Fa.Ba. Sud si fondono e costituiscono ununica societ denominata CROWN IMBALLAGGI ITALIA operativa in quattro stabilimenti (Parma, Calerno, Nocera, Battipaglia) nella produzione di scatole 3 pezzi in banda stagnata, scatole 2 pezzi in alluminio, coperchi EO in alluminio e banda stagnata, coperchi Peel Off. 120

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1960 - LA LEVATI
Nel 1963 si costituisce la R. Levati con sede a Collecchio, Parma. Socio unico e presidente Renzo Levati che continua lattivit del padre gi presente sul mercato da molti anni per la revisione e la vendita di macchine usate per lindustria conserviera. Renzo Levati inizia la progettazione e costruzione di macchine e impianti per la lavorazione dei vegetali fra le quali in particolari la detorsolatrice di peperoni, la friggitrice per patatine chips e altri tipi di verdure, nonch le autoclavi di sterilizzazione. Con la prematura morte di Renzo Levati nel luglio del 1983 lattivit continua con la presenza della moglie e delle figlie maggiori. allinizio degli anni 90 avviene il passaggio di Renzo Levati illustra la detorsolatrice di propriet al gruppo Altech il quale incorpora peperoni,1972 nella Levati la costruzione delle macchine prodotte dalla ditta Bronzoni di Montecchio rilevandone il know how soprattutto per i palettizzatori e depalettizzatori per barattoli. Questa operazione porta alla nascita della Levati Bronzoni che nel 1997 viene acquistata dalla Procomac di Sala Baganza, Parma, che desiderando dare maggiore impulso ai due rami di attivit, la suddivide in due distinte societ: la Levati Food Tech srl che mantiene lidentit di azienda produttrice di impianti per la lavorazione dei prodotti ortofrutticoli; e la Levati per la costruzione di sistemi di palettizzazione con tecnologia davanguardia e alte potenzialit. Nel 2001 la Levati cambia nuovamente la ragione sociale in Procomac Packaging. La produzione della Procomac Packaging diventa sempre pi strategica per il gruppo Procomac potendo fornire linee complete nel campo particolarmente dellimbottigliamento di liquidi alimentari. Nel 2007 sia la Levati Food Tech che la Procomac Packaging vengono acquisite dalla multinazionale GEA con sede a Bochum, cambiando nuovamente la ragione sociale rispettivamente in GEA Levati Food Tech e GEA Procomac Packaging. ll 31 dicembre 2008 la GEA Procomac Packaging viene incorporata nella GEA Procomac S.p.A, pur mantenendo la sede produttiva a Collecchio.

1960 - La FMC
IMC-FMC (International Machinery Corporation) nasce a Parma il 25 marzo 1960 come sussidiaria del gruppo multinazionale americano FMC. La genesi del gruppo affonda nel 1883, quando negli Stati Uniti dAmerica Mr. John Bean inventa la prima pompa a pressione utilizzata per lapplicazione di pesticidi nei frutteti. Da allora il gruppo si sviluppa rapidamente, specializzandosi anche nel settore della lavorazione e conservazione degli alimenti, e dando vita gi nel secondo anteguerra alle prime macchine riempitrici, sterilizzatori continui per barattoli e macchine per la lavorazione e trasformazione di frutta e vegetali. Nel corso degli anni, diversificandosi in molteplici settori, il gruppo si trasforma in multinazionale, vantando una presenza in 34 paesi. Per i primi 2 anni, il management di IMC-FMC a Parma guidato dal direttore americano Mr. Peer, che successivamente lascia la dirigenza a personale italiano. Dal 1975 - anno in cui subentra il nome FMC come nuova ragione sociale - la sede di Parma continua ad approfondire e sviluppare le proprie conoscenze tecnologiche nel campo della sbucciatura e denocciolatura di vari tipi di frutta (albicocche, mele, pesche e pere), nonch delle riempitrici di scatole di tonno. Introduce levaporatore T.A.S.T.E. (Thermally Accelerated Short Time Evaporator) per la concentrazione di succhi di agrumi e - con lacquisizione nel 1995 dellazienda americana FranRica presenta a Parma lo sterilizzatore asettico Flash Cooler FranRica, e il pre-concentratore per pomodoro in versione T.A.S.T.E. Nel luglio 2008, con ladozione del nome del proprio fondatore, diventa John Bean Technologies Corporation, JBT FoodTech. Questi anni di evoluzioni interne non hanno modificato la Vision della divisione Food di FMC, che rimane quella di essere il partner di riferimento per lindustria alimentare, contribuendo al successo dei suoi clienti con la pasLocandina della IMC-FMC del 1960 sione e la competenza delle sue persone. 123

122

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1962 - LA TECNINDUSTRIA
Il 10 gennaio del 1962 nasce Tecnindustria con sede a Vigheffio, Parma. I soci fondatori sono stati Gianni Dordoni, Franco Martini, Giancarlo Silva, Luciano Patteri, tutti provenienti dalla Vettori&Manghi di Parma. Beneficiando dellesperienza acquisita da tutti i soci, lazienda inizia la propria attivit costruendo per conto di terzi macchine particolari destinate al settore alimentare e principalmente prodotti derivati dalla frutta e dalla verdura. Dopo circa tre anni Tecnindustria decide di crearsi una clientela propria per la fornitura delle macchine progettate e costruite direttamente e conseguentemente a un rapido sviluppo viene costruita la nuova sede in Via La Spezia a Collecchio. Nel giro di dieci anni il numero dei dipendenti passa da 5 a 50 e alla costruzione di macchine singole si abbina quella di linee complete che vanno dal ricevimento del prodotto fresco al confezionamento finale in vasi e scatole. Nel 1990 le quote societarie di Tecnindustria vengono rilevate dalla societ Plant Group di Modena cambiando ragione sociale in Tecnindustria Impianti Srl; escono dallazienda i vecchi soci Franco Martini e Giancarlo Silva mentre Gianni Dordoni rimane come consulente. Nel 2004 la Tecnindustria cambia nuovamente di propriet essendo le quote sociali acquisite dal gruppo TMCI Padovan di Vittorio Veneto. Lanno successivo tutta lattivit trasferita a Vittorio Veneto e purtroppo unaltra azienda storica scompare dal territorio parmense.

1963 - LA A.B.M.
Nel 1963 si costituisce la A.B.M con sede in via Argini Mariano, Parma. I soci fondatori sono Aldo e Bruno Mordazzi con lassistenza tecnica del padre, Celestino Mordazzi, ex capo officina e addetto alla manutenzione degli impianti presso la Cirio di Villafranca Veronese. Nel 1965 entra in societ Sergio Dalla Tana, cugino dei Mordazzi, assumendo la guida della parte commerciale. Le prime macchine prodotte dallA.B.M sono state lunscrambler (raddrizzatore di barattoli pieni per pomodori pelati, piselli, ecc), lincartonatrice a caduta e rotolamento e lincollatrice di cartoni; tutte macchine destinate allindustria conserviera. Depalettizzatore automatico Negli anni la produzione dellA.B.M si noteper barattoli vuoti, 1985 volmente evoluta, in particolare dallingresso in societ nel 1970 dellingegnere Cunico. Ed proprio in questo periodo che per la necessit di disporre di maggiore spazio aperta una sede produttiva a Neviano Arduini, Parma, e lattivit viene ampliata con la costruzione di nuove macchine fra le quali un palettizzatore per cartoni e sacchi, palettizzatori/depalettizzatori per barattoli e bottiglie, palettizzatori per casse in plastica per acqua minerale. Particolare rilievo nella storia dellABM nella met degli anni 70 stata la realizzazione dei palettizzatori per astucci di zucchero (sucre en morceaux),macchine per cui ebbe il monopolio per diversi anni nei pi grandi zuccherifici europei Genarale Sucriere - Beghin Say- Eridania. Altro capitolo importante dellevoluzione tecnologica fu alla fine degli anni 70 inizi 80 la realizzazione di grossi impianti di palettizzazione centralizzati controllati con microprocessori (PLC). Risonanza nazionale ebbe la realizzazione dellimpianto Alivar-Pavesi a Novara con linstallazione di 3 palettizzatori automatici con 22 linee di produzione da palettizzare contemporaneamente. La realizzazione fu celebrata dalla stampa nazionale , larticolo pi ampio fu pubblicato da PANORAMA . Nel 1983 lazienda viene acquistata prima da Adriano Simonazzi, e poi nel 1988 le quote sono intestate direttamente alla ditta Simonazzi di Parma, diventando una divisione produttiva con la denominazione di Simonazzi Packaging. Con questa operazione il marchio A.B.M cessa di esistere sul mercato. 125

Impianto per la calibratura delle ciliegie, 1965

124

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1963 - LA BERCHI
Nel 1963 nasce la Berchi con sede a Vigheffio, Parma. Socio fondatore Rinaldo Chiapponi, proveniente dalla ditta Simonazzi. Lattivit della Berchi inizia con la lavorazione conto terzi di particolari meccanici, commissionati dalle ditte che producevano macchine per limbottigliamento. A questa attivit si aggiunge la progettazione e la costruzione di trasportatori; e nel 1970 avviene la costruzione del primo palettizzatore di casse per bottiglie di acqua minerale. Lo sviluppo dellazienda, nel frattempo trasferitosi a Sala Baganza, rapidissimo grazie allalta qualit della produzione, apprezzata non solamente dal mercato interno, ma anche da quello estero: nel 1980, per la prima volta, la quota di fatturato estero Incassettatrice per bottiglie, 1970 supera la quota di fatturato Italia. Nel 1994 la Berchi acquista la Parmatec, ditta specializzata nella costruzione di riempitrici a gravit e isobarometriche, diventando fornitore di linee complete per imbottigliamento e confezionamento. Purtroppo nel 2003 muore Rinaldo Chiapponi e subentra alla guida dellazienda il figlio Roberto. Nel 2004 inizia il processo di fusione fra la Berchi e la Parmatec, che porta alla costituzione della nuova azienda Berchi Group. Nel 2005 inaugurata una nuova area produttiva: potenziata tutta lorganizzazione sia di gestione sia commerciale e il gruppo Berchi si inserisce fra le aziende pi importanti al mondo per il settore dellimbottigliamento, in particolare per acqua minerale, soft drinks e liquidi alimentari in bottiglie di materiale plastico. Nel 2007 il gruppo stringe unalleanza con la SIPA del gruppo Zoppas Industries di Vittorio Veneto, per avere la possibilit di fornire linee complete, che includono la soffiatrice per bottiglie e tutto il processo a monte a partire dalla resina di PET. Nel 2008 Roberto Chiapponi ravvede i pericoli per lazienda determinati dalla forte competizione con gruppi pi grandi come la Sidel e la GEA-Procomac presenti anche in Italia o la Krones e la KHS allestero. Nello stesso tempo SIPA decide di entrare con decisione nel mercato dei grandi impianti per l imbottigliamento attraverso acquisizioni strategiche. Si concretizza cos la decisione da parte della famiglia Chiapponi di cedere nel settembre 2008 al gruppo Zoppas lintero pacchetto azionario, uscendo dallazienda. Entro il 2009 lintegrazione in corso porter alla fusione di Berchi Group in SIPA dando come SIPA Berchi continuit alle competenze e prospettiva per il futuro. 126

1963 - LA FBR
Nel 1963 nasce la FBR in via A. da Brescia 12/A. I soci fondatori sono Gianni Bertonelli, Fabbi, Rastelli, sostituito questultimo, dopo poco, da Salati. Tutti provenivano dalla ditta Rossi & Catelli, gi operante nella meccanica per lIndustria alimentare, con esperienza nei montaggi ed avviamento impianti. Lanima del gruppo Bertonelli. Lattivit inizia con la progettazione e costruzione di macchine per lIndustria alimentare in genere, per specializzarsi in seguito sulla pelatura del pomodoro, progettando una pelatrice meccanica, rivoluzionaria per quel periodo. Seguirono poi le colmatrici sottovuoto per barattoli contenenti pomodori pelati, riempitrici a pistoni e linee per frutta. Sullonda del successo delle prime costruzioni, la produzione viene ampliata con le pelatrici termo-fisiche, gli evaporatori per concentrato di pomodoro a circolazione forzata su tutti gli effetti e gli scambiatori di calore. Il successo dellazienda continua e i propri impianti sono apprezzati da una vasta clientela in tutto il mondo. Nel 1979 muore Bertonelli, leader indiscusso della societ, e dopo un breve periodo di disorientamento, lazienda rilevata da alcuni dipendenti che creano la Nuova FBR. La direzione della neonata realt viene affidata a Pierluigi Merusi e Claudia Silvestri, che rimangono sempre ai vertici aziendali nonostante i vari cambiamenti che si susseguono nel tempo. Nel 1989, per scelta strategica, lazienda ceduta al gruppo Altech Spa che acquista in seguito le ditte Levati di Collecchio, leader nella costruzione di impianti per il trattamento delle verdure, e Bronzoni di Montecchio Emilia, leader nella movimentazione scatole. Nel 1991 la Nuova FBR acquista la Elpo, leader nel riempimento asettico, arrivando nel 1995 alla fusione per incorporazione delle due aziende, assumendo la nuova ragione sociale di FBR-ELPO. Nel 2002 un ulteriore cambiamento porta la FBR-ELPO al gruppo Sacmi di Imola e nel 2007 avviene lultimo passaggio dellintrecciata storia della FBR, con il traEvaporatore continuo per concentrato sferimento dalla Sacmi al gruppo parmidi pomodoro, 1975 giano Catelli Holding. 127

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1965 - LA B.C.

1967 - La COMACO
Nel 1967 si costituisce la COMACO (Costruzioni Macchine Confezionatrici) con sede in via Per Barco, Montecchio Emilia, Reggio Emilia. I soci fondatori sono Mario Gelati (proveniente dalla Ocme di Parma), Adriano Cavatorta (proveniente dalla Oreste Luciani di Parma), Ivan Del Rio (direttore della Fa.Ba.), Emilio Reverberi (funzionario della Cassa di Risparmio di Reggio Emilia), Piero e Silvio Zecchetti (titolari dellomonima azienda). Accomandatario nominato Mario Gelati. Tutti i soci, pur provenendo da aziende diverse, individuano nella nuova societ le capacit tecniche per progettare, principalmente, agraffatrici di nuova generazione. Lattivit ha cos inizio presso la gi avviata officina Fratelli Zecchetti: la prima macchina prodotta unaggraffatrice automatica per barattoli di banda stagnata; immediatamente dopo nasce il monoblocco, riempitrice e agraffatrice di barattoli da 1 litro per olio. Per dare maggiore consistenza allattivit, la COMACO assume lesclusiva di vendita di tutta la produzione della ditta Fratelli Zecchetti, che comprende palettizzatori e depalettizzatori per barattoli in banda stagnata, vasi e bottiglie in vetro e relativi trasportatori aerei e a terra. Beneficiando della grande esperienza professionale acquisita da Gelati e da Cavatorta, la clientela da immediatamente fiducia alla societ, permettendole un rapido sviluppo. Alla costruzione delle prime macchine si affianca quella di una gamma completa di aggraffatrici e riempitrici volumetriche a pistoni rotative sia singole che in monoblocco. Labbinamento della produzione diretta Comaco e della produzione Zecchetti consente, in pochi anni, la realizzazione di linee complete per il confezionamento di oli alimentari, oli

Monoblocco riempitrice-aggraffatrice per lattine soft drink, 1980

Nel 1965 nasce la B.C. di Vittorio Macr & C. con sede in via Carra, Parma. I soci fondatori sono Vittorio Macr, Guido Chierici e Olimpio Ferrari; amministratore delegato nominato Macri. Lattivit inizia con la progettazione e costruzione di riempitrici a gravit e isobariche di prodotti liquidi alimentari in bottiglie (soprattutto di vino). Conseguentemente al rapido sviluppo dei consumi avvenuto negli anni successivi, lattivit della B.C. negli anni 80 aumenta rapidamente. Fra le nuove realizzazioni una particolare importanza riconosciuta alla realizzazione delle riempitrici per bevande gassate in lattine di alluminio. Nell 1981 avviene il trasferimento della sede nel nuovo stabilimento di Gattatico di Reggio Emilia, che permette di consolidare e sviluppare ulteriormente la produzione e di conseguenza la presenza della ditta sui mercati internazionali che porta allapertura di sedi commerciali a Mosca, Chicago e Singapore. Nel 2002 lazienda acquistata dalla societ Simpach di Milano e cambia nuovamente sede trasferendosi a Montecchio Emilia, sempre in provincia di Reggio Emilia, con la nuova ragione sociale Simpach Bottling & Canning (SBC). Subito dopo Vittorio Macr e la sua famiglia, che lha affiancato nella conduzione dellazienda per molti anni, escono dalla ditta. 128

Reparto montaggio aggraffatrici, 1980

129

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI


lubrificanti e di tutti i prodotti derivanti dalla lavorazione del pomodoro e della frutta. Sono dellinizio degli anni Settanta la costituzione della COMACO Sud per la commercializzazione e lassistenza post vendita di tutte le macchine di produzione COMACO; e della fine degli anni 70 la costituzione della COMACO Spagna con sede in Saragozza, realizzata in compropriet con la societ Ipiasa, filiale della Vettori&Manghi di Parma. Il rapido sviluppo della produzione mette in crisi La sede allinizio dellattivit, 1968 gli spazi occupati in comune da COMACO e Zecchetti, spingendo questultima, alla met degli anni Settanta, a costruire una propria sede indipendente, lasciando cos i locali totalmente disponibile per la COMACO Come negli anni precedenti era uscito dalla societ Ivan Del Rio, sostituito da Enzo Benedini, cos, a seguito della scissione sopra descritta, escono Emilio Reverberi e i due fratelli Zecchetti. Le quote dei soci uscenti e parte degli altri - pari al 60% del capitale sociale - sono acquistate dalla societ Wrapmatic del gruppo Gentili di Bologna. Con la Wrapmatic nasce una collaborazione molto efficace che permette sia alla COMACO, sia alla Zecchetti, di aumentare rapidamente il livello del loro sviluppo. Una pesante crisi di mercato, a fine degli anni Settanta, genera per gravi contrasti fra i vecchi soci della COMACO e la dirigenza della ditta bolognese, causando luscita di questultima dalla societ. Le quote della Wrapmatic vengono acquisite da una quarantina di dipendenti della COMACO e da alcuni suoi agenti di vendita, dando vita a un sistema di compartecipazione innovativo per il periodo, differente dalla forma cooperativa affermata sul territorio reggiano. Questa nuova impostazione porta la Zecchetti a decidere di rendersi autonoma dalla COMACO, creando una propria rete commerciale e questo ha portato ad un radicale cambiamento dei rapporti fra le due societ. Il trauma che in questo modo si crea, causa luscita dalla Zecchetti di quattro tecnici, che nel 1979 danno vita alla F.D.P. (Fabbrica Depalettizzatori e Palettizzatori) con sede a Cortetegge di Cavriago, Reggio Emilia. Questa societ inizia a progettare e costruire nuove macchine, vendendole in esclusiva alla CO.MA.CO e consentendogli di continuare la politica commerciale gi avviata da anni con la Zecchetti. Nel 1981 la COMACO, cresciuta fino a 70 dipendenti, abbandona i locali della Zecchetti e si trasferisce in nuovi spazi, in parte di propriet e in parte in affitto, in via Volta; contemporaneamente decide di rilevare tutte le quote della F.D.P., trasferendone la produzione nella nuova sede. La ditta, beneficiando di una fase favorevole di mercato incrementa ulteriormente le dimensioni aziendali raggiungendo nel 1984 il numero di 150 dipendenti. Nello stesso anno lassemblea dei soci decide di scorporare la COMACO in tre societ: la Comaco Food, 130

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

per la costruzione delle sole macchine riempitrici e agraffatrici di barattoli in banda stagnata; la Comaco Chemical, per la costruzione di riempitrici e chiuditrici di barattoli, fusti, fustini e flaconi per oli lubrificanti e detersivi liquidi; la Comaco Sistem, per la produzione di palettizzatori e depalettizzatori e trasportatori vari. Le tre realt, tutte con sede a Montecchio, incrementano con successo le rispettive attivit, riscuotendo consensi sempre maggiori da parte della clientela sia del settore agroalimentare sia di quello chimico e petrolchimico. Nel 1984 la COMACO-Food rileva dal tribunale fallimentare il segmento delle aggraffatrici e riempitrici della Oreste Luciani di Parma la cui attivit era ferma da due anni, evitando in questo modo il fallimento dellazienda. Viene cos costituita la nuova societ Luciani-Parma le cui quote sono sottoscritte per il 90% dalla COMACO-Food e il restante 10% da Alfio Luciani e DallOlio Eugenio. Nello stesso anno i fratelli De Benedetti, attraverso la Sasib di Bologna, decidono di entrare nel mercato parmense acquisendo varie ditte dellimpiantistica alimentare allo scopo di creare un grande gruppo per la fornitura di impianti completi, da affiancare al gruppo alimentare in fase di formazione (Buitoni, Cirio, De Rica, Bertolli, Berni). Dimostrando grande interesse per il gruppo COMACO ne propongono lacquisizione e, soprattutto Mario Gelati, consigliere delegato e presidente COMACO, intravede nella potenza economica e di immagine dei De Benedetti un ulteriore possibilit di sviluppo aziendale, orientando la compagine societaria a realizzare questa impegnativa operazione. In pochi mesi, ma non senza contrasto con alcuni soci dipendenti, profondamente legati allazienda in cui erano cresciuti, si giunge allacquisizione delle quote del gruppo COMACO da parte della Sasib. Gelati confermato consigliere

Attribuzione Prix de promotion internationale de lindustrie 1983 da parte dellInstitut international de promotion et de prestige di Ginevra, riconosciuto dallUNESCO

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1968 - LA SAVI
Nel 1968 nasce la Savi Antonio con sede in via Lanfranco 7, Parma. Soci fondatori sono Savi Antonio, proveniente dalla Rossi&Catelli, e la moglie Gorreri Giacomina. La prima macchina progettata e costruita la pelatrice meccanica per pomodoro, che incontr grande successo presso le fabbriche del meridione dItalia particolarmente nelle province di Napoli e Salerno. La gamma delle macchine per la lavorazione del pomodoro arricchita con le linee di lavaggio, le scottatrici e altre macchine. Nel 1980 lazienda familiare si trasforma in S.p.A e nel 1984 entra in societ Rossano Cavalieri - gi consigliere delegato dellazienda - acquisendo il 51% del pacchetto azionario. Cavalieri introduce la produzione Savi in tutto il mondo, fornendo anche linee complete ma a causa una grave crisi del settore del pomodoro, nel 1994 la Savi cessa lattivit. Nel 1996 Rossano Cavalieri costituisce la Cavalieri, acquistando il know how della Savi, dando nuovo impulso allattivit, mantenendo in questo modo alto il prestigio di uno dei marchi pi prestigiosi del settore delle macchine per la lavorazione del pomodoro.

Sede aziendale, 1982

delegato dellazienda, ma le nuove strategie sono dettate direttamente da Bologna. La conseguenza di questo un susseguirsi di fatti che condizioneranno per ventanni la storia della societ. La prima decisione il riaccorpamento delle societ del gruppo COMACO (Comaco Food, Comaco Chemical, Comaco Sistem, Comaco Sud e Luciani Parma) in ununica azienda. Loperazione porta a notevoli contrasti fra Gelati che rappresenta i vecchi soci e la nuova propriet e nel 1998, non senza sofferenze, Gelati abbandona lazienda con lintento di difendere dallesterno gli interessi della vecchia compagine societaria e non influire negativamente sulla gi pesante situazione gestionale, che nel frattempo si era creata. Questo , purtroppo, linizio di una disgregazione che porta alla fuga del personale maggiormente qualificato e il gruppo pi numeroso costituisce la societ Sima, diventando in breve tempo la maggiore concorrente della stessa COMACO Nel 1990 la strategia del gruppo Sasib porta alla fusione della COMACO con la ditta Manzini, gi parte del gruppo Sasib, cambiando la ragione sociale in Manzini-Comaco. Nel 2000 si conclude lavventura dei fratelli De Benedetti a Parma e tutte le aziende acquisite sono cedute alla Sig, azienda multinazionale leader nel confezionamento di prodotti liquidi in contenitori flessibili. Questa non lultima operazione, in quanto, nel 2005 la societ Manzini-Comaco acquisita dal nuovo gruppo parmense Cft (Catelli Food Technology). La Cft crea la divisione packaging con sede a Montecchio - comprendente la produzione del marchio Comaco e del marchio Sima, rilevato dal gruppo Simpach - e oggi a Montecchio, dopo ventanni di turbolenze, il 60% del personale presente nel 1988 in COMACO attivo in Cft Packaging, contribuendo in vario modo ad aumentarne il patrimonio sia tecnologico che di valori aziendali. 132

Principio della pelatrice per pomodoro, brevetto Savi Antonio

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La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1973 - LA CANTADORI & COLLI


Nel 1973 si costituisce la Cantadori & Colli con sede in via Pozzo Ferrato a Montecchio Emilia (Re). I soci fondatori sno Claudio Cantadori e Livio Colli, provenienti entrambi dalla Fratelli Dieci. Lattivit iniziale si concretizzata in lavori di carpenteria per le aziende di Montecchio Emilia. Con lincremento dellattivit alla fine degli anni Settanta la Cantadori & Colli trasferisce la propria sede in via Volta. Nella nuova sede, oltre a lavori di carpenteria si sviluppa lattivit con la costruzione di macchine complete per conto sia di aziende di Montecchio Emilia che di Parma sempre nel settore Packaging. Nel 1983 entra in societ Iames Tesauri proveniente dalla ditta Spaggiari di Montecchio Emilia, azienda anchessa operante nel segmento della palettizzazione. La societ cambia ragione sociale in EMMETI. questo linizio di una nuova politica che da lavorazione conto terzi si trasforma in produzione diretta sia di macchine per la palettizzazione e depalettizzazione che di trasportatori di collegamento. Nel 2000 si aggiunge alla compagine societaria Fausto Savazzi proveniente dalla FMC di Parma, contribuendo ad espandere la presenza del marchio EMMETI in tutto il mondo ed alimentando la necessit di una nuova e pi ampia sede aziendale in via Galvani. Nel 2001 scompare Livio Colli, lasciando un vuoto profondo nel cuore di chi lo ha conosciuto e pochi anni dopo esce dallazienda anche il secondo fondatore dellazienda, Claudio Cantadori. Aumentano ulteriormente le dimensioni aziendali e, alla fine del 2001, inaugurata la nuova sede in via Galilei.8

1977 - la PARMASEI

Invassoiatrice automatica per coppette, 1985

Da destra Tesauri, Colli, Cantadori, Savazzi e Tonelli, Natale 1999

Le origini della Parmasei risalgono al 1977, data in cui nasce la Pnelmec con sede in via Scarabelli Zunti, Parma. I soci fondatori sono Romano Belletti, Bondani Bruno, Roberto Gioacchini, Carlo Levati, Lino Mutti e Anzio Storci, tutti provenienti dalla societ Barilla. Amministratore delegato nominato Roberto Gioacchini. Lattivit inizia con la consulenza tecnica e progettazione di macchine per il confezionamento del latte e il servizio di assistenza e ricambi per pastifici. A queste si aggiungono la progettazione e la costruzione di macchine e impianti prototipo destinati ai settori della pasta secca, della pasta fresca, della sterilizzazione del tonno in scatola e delle bevande. Agli inizi degli anni 80 entra in societ la ditta Braibanti di Milano, gi operante nel settore degli impianti per pastifici. Nel 1983 la Pnelmec cambia ragione sociale in Parmasei, avviando una nuova fase di espansione nel campo tecnologico e nella penetrazione di nuovi mercati. Purtroppo nel 1994 lazienda cessa lattivit, ma alcuni dei soci fondatori, come Bruno Bondani e Anzio Storci, danno vita a nuove societ tuttora operanti nel territorio parmense. 135

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1978 - LA SARCMI
Nel 1978 nasce la Sarcmi con sede a Pontetaro, Parma. I soci fondatori sono Giancarlo Tosini, Secondo Lecchini, Franco Tincati, Adriano Carbognani e Roberto Vighi, tutti tecnici provenienti dalla ditta Simonazzi di Bacanelli, Parma. Lamministratore delegato Giancarlo Tosini. Lattivit iniziale della Sarcmi si incentrata sulla revisione di macchine per limbottigliamento e la produzione di nastri trasportatori da impiegare in linee complete. Successivamente si sviluppata la produzione di riempitrici rotative per bevande, sia in lattine sia in bottiglie di PET: di grande prestigio il brevetto mondiale per le riempitrici di bottiglie in PET in monoblocco composto da sciacquatrice/riempitrice/ capsulatrice. Nel 1983 la societ si trasforma in SpA e si trasferisce nella nuova sede di Noceto- Parma. Nel 1985 alla compagine societaria si aggiunge Umberto Varazzani, proveniente dalla ditta Simonazzi di Parma, che assunse la direzione commerciale dellazienda, dando notevole impulso allo sviluppo dellattivit, gi peraltro di alti livelli, beneficiando della grande esperienza tecnica dei soci fondatori. Nel 1987 lazienda entra nel gruppo Sasib di Bologna e pochi anni dopo si fonde con la ditta Simonazzi, gi facente parte del gruppo, e la nuova realt cambia ragione sociale in Sasib Beverage.

1979 - la ELPO
Nel 1979 si costituisce la ELPO con sede in Langhirano, Parma. I soci fondatori sono Martin Ellenberg, tecnologo alimentare e Renato Ponzi, meccanico, entrambi provenienti dalla ditta Star. Martin Ellenberg lesperto del riempimento asettico e lattivit inizia con la progettazione e la costruzione delle prime riempitrici asettiche per concentrato di pomodoro e altri prodotti alimentari in contenitori flessibili pre-sterilizzati con raggi Gamma bag-in-box. Il successo di questo nuovo tipo di confezionamento di prodotti, considerati come semilavorati, fu tale da portare all eliminazione dei precedenti concetti per la loro conservazione. Infatti i fusti da 200 Kg ed i contenitori da 1000 Kg lentamente prenderanno il posto Riempitrice asettica di fusti con concentrato di pomodoro, 1985 delle linee di confezionamento dei barattoli da cinque chilogrammi. La nuova tendenza fu quella di riempire fusti asettici durante la stagione, per rilavorare il prodotto successivamente in barattoli secondo la richiesta del mercato. Levoluzione delle riempitrici asettiche pass dalla sterilizzazione del bocchello con agente chimico fino alla eliminazione completa usando unicamente vapore. Lo sviluppo di un tappo termo-resistente ELPO stato uno dei brevetti dellazienda. Lautomatizzazione completa di queste macchine ha portato ad un affidabilit totale ed i timori esistenti dei primi periodi di installazione sono stati completamente superati. Nel 1991 la ELPO acquisita dalla Nuova FBR ed il Martin Ellenberg continua la sua collaborazione e nel 1995 avviene la fusione per incorporazione in questultima, dando vita alla societ FBR-ELPO. Il nuovo management utilizz tutte le esperienze pregresse e continu a migliorare in termini di progettazione meccanica, elettronica e soprattutto assistenza tecnica, laffidabilit delle macchine prodotte. Nel 2002 la FBR-ELPO entra a fare parte del gruppo Sacmi di Imola e nel 2007 viene incorporata nel gruppo parmigiano Catelli Holding. 137

Riunione commerciale, 1987

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1.3

1979 - la PROCOMAC
Nel 1979 si costituisce la Procomac con sede in Strada Pilastrello 13 a Collecchio, Parma. I soci fondatori sono Ermanno Morini, Germano Storci - entrambi provenienti dalla Simonazzi - e Valdo Ravanetti tecnico artigiano. Lattivit inizia con la produzione dei pi disparati prodotti come: camini con recupero di calorie, lavacestelli per il settore avicolo, lavatrici per gabbie di trasporto pollame e stampi per il settore petrolifero. In pratica i soci della Procomac, a differenza di altri lavoratori fuoriusciti dalla Simonazzi, non decidono di costruire macchine in concorrenza con la ditta di origine, ma cercarono di mantenere con questa buoni rapporti, per diventare addirittura fornitori di parti speciali da installare sulle macchine della Simonazzi. Nel 1981 entra in societ Ivon Van Neste, di origine belga, assumendo il ruolo di direttore tecnico, grazie alla vasta esperienza maturata nello stesso ruolo presso la parmigiana Simonazzi e lamericana Barry We Miller. Nel corso degli anni vengono progettate e costruite varie macchine per limbottigliamento di liquidi alimentari come le sciacquatrici di bottiglie, la riempitrice a gravit e isobarometriche, e in asettico; in breve la Procomac si propone al mercato mondiale come fornitore di linee complete per limbottigliamento acqua minerale, succhi, latte e altri prodotti. Nel 1983 la Procomac si trasferisce a Sala Baganza e poco dopo entra in compartecipazione con varie aziende fornitrici, fra cui la Errebizeta che produceva trasportatori, assumendone nel 1987 il suo controllo. Sempre nel 1987 avviene lacquisizione della Eprom, ditta specializzata nella progettazione e nel cablaggio di quadri elettrici per lautomazione di macchine e linee complete. Nel 1992 Procomac si trasferisce nella nuova, e attuale, sede in Strada Fedolfi a Sala Baganza. Dal 1992 al 2002 escono in periodi vari i soci di Morini compreso Ivon Van Neste ed entra in societ il fondo di investimenti Sgr del gruppo Interbanca. Nel 2003 la societ, avendo raggiunto un fatturato di 146 milioni di euro e con un organico di oltre 700 dipendenti, decide di entrare in borsa nel segmento Star. Il crollo del mercato e la mancata conferma di imRiunione di lavoro, da destra Ivon Van Neste, Valdo Ravanetti, Germano Storci portanti forniture non permettono per il ed Ermanno Morini, 1981 raggiungimento del budget presentato per 138

Impianto trasporto bottiglie, 1982

la quotazione; Ermanno Morini decide allora di uscire dalla borsa, restituendo a tutti i sottoscrittori delle azioni il 100% dei capitali investiti. Se negli anni compresi fra il 1994 e il 2002 sono state fondate varie societ commerciali allestero e avviate o potenziate varie sedi produttive sia in provincia di Parma (come la Procomac Packaging e la Levati Food Tech) sia al di fuori del parmense, con il 2004 inizia unarticolata ristrutturazione che porta alla chiusura di alcune sedi. Viene cos avviato nel 2006 il rilancio del gruppo Procomac con lacquisizione di importanti commesse, soprattutto per limbottigliamento in asettico di prodotti alimentari sensibili, quali succhi di frutta e prodotti a base di latte. Ma nel 2007 che si attua loperazione che pone definitivamente fine a un periodo per iniziarne uno nuovo. Ermanno Morini, rendendosi conto della debolezza strutturale del proprio gruppo rispetto ai concorrenti del calibro di TetraPack-Sidel, Khs Salzgitter e Krones, decide di cedere tutte le azioni della Procomac a un gruppo di grande potenzialit: in poco tempo la scelta cade sulla GEA di Bochum; conseguentemente a tale operazione Ermanno Morini rimane nel consiglio di amministrazione della societ e per la Procomac inizia un nuovo futuro con la ragione sociale GEA Procomac. 139

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1.3

1988 - LA SIMA
Nel 1988 nasce Sima con sede a Cavriago, Reggio Emilia. I fondatori sono Eugenio DallOlio, Franco Castagnetti, Gianni Melli, Saturno Ferrari, Oriano Coscelli, Daniele Benedini, Paolo Montali, provenienti tutti dalla CO.MA.CO. di Montecchio Emilia. Presidente e consigliere delegato furono Eugenio DallOlio e Franco Castagnetti. Stante le esperienze acquisite dai soci fondatori, lazienda si sviluppa rapidamente nel settore della progettazione e costruzione di palettizzatori, depalettizzatori e aggraffatrici per barattoli in banda stagnata. Montaggio gruppi aggraffatrici, 1992 Soprattutto con riferimento alle aggraffatrici sono stati applicati concetti di alta affidabilit e igienicit, ponendo il prodotto allattenzione di una clientela sempre pi esigente e qualificata. Lalta tecnologia delle aggraffatrici prodotte ha permesso alla Sima di ottenere alti consensi anche per i palettizzatori e i depalettizzatori al punto da poter offrire linee complete di confezionamento per prodotti derivati dal pomodoro, dalla carne e prodotti per cani e gatti e altri animali. Nel 1992, per problemi di spazio, la societ si trasferita nella nuova sede in via G. Galilei 18 a Montecchio Emilia, Reggio Emilia,. Nel 1993 entra nella sede della Sima la societ IFM (Italian Filling Machinery), specializzata nella progettazione e costruzione di riempitrici volumetriche a pistoni rotative, colmatrici sottovuoto e telescopiche, capsulatrici per capsule twist-off, pastorizzatori e raffreddatori. La IFM era stata fondata da Sergio Cornali proveniente dalla FBL Sala Baganza e Giancarlo Allodi proveniente dalla Zilli&Bellini Parma. La Sima unitamente alla produzione delle macchine IFM ha la possibilit di fornire linee complete per il 90% di costruzione diretta: la conseguenza un rafforzamento della fiducia da parte della clientela, situata soprattutto in Germania, Francia, Nord Africa ed Estremo Oriente. Nel 1998 sia Sima che IFM entrano nel Gruppo Sympak, avendo questultima acquisito il pacchetto di maggioranza di entrambe. Dopo anni di successi sia tecnologici che di ampliamento dei mercati, nel 2008 il Gruppo Sympak cede il ramo di attivit della Sima e IFM al gruppo Cft di Parma, che costituisce la divisione Cft Packaging con i marchi Sima e CO.MA. CO., mantenendo la sede produttiva di Montecchio. 140

1990 - LA PARMATEC
Parmatec si costituisce nel 1990 sottoforma di Consorzio di imprese con sede in via Pietro Zani 11, Parma. Tra i soci costituenti del consorzio ci sono Giuseppe Capitelli (presidente), Giovanni Gallinari e alcuni validi tecnici e dirigenti usciti dalla Sasib-Simonazzi. La Parmatec, due anni dopo la sua costituzione, muta la ragione sociale in Parmatec Group S.r.l. , Giovanni Gallinari ne diviene presidente e Ermes Battistini consigliere e direttore tecnico.Lattivit a suo tempo iniziata con la costruzione di linee di trasporto e movimentazione di bottiglie, fardelli e cartoni per impianti di imbottigliamento prosegue con la progettazione di monoblocchi di riempimento. E del 1992 la realizzazione di una riempitrice isobarica per bottiglie in PET assolutamente innovativa per quei tempi, dotata di importanti brevetti.In particolare la macchina non richiedeva alcuna regolazione e nessun elemento per cambi di formato, essendo stata eliminata, prima nel suo genere, anche la coclea in ingresso grazie allutilizzo di una speciale stella distanziatrice. La macchina e il relativo impianto vennero venduti allo stabilimento Coca Cola di Bergamo, concretizzando cos un primo importante successo. Con questa realizzazione inizi la fornitura di linee complete di imbottigliamento, agendo come integratori. poi del 1993 la realizzazione di un Sistema di Acquisizione dati dedicato al controllo e la gestione delle linee di imbottigliamento. Il progetto fu presentato agli imbottigliatori CocaCola in occasione del loro meeting annuale. Negli anni sono mutate anche le sedi produttive: nel 1991 si assistette al primo trasferimento in via Mutta e in seguito, sempre allo scopo di poter utilizzare spazi maggiori, la ditta si insedi in localit Madregolo di Collecchio, Parma. Nel 1995 la Berchi di Sala Baganza acquisisce il pacchetto di maggioranza della Parmatec. Rinaldo Chiapponi ne diviene presidente, mentre Giovanni Gallinari e Ermes Battistini rimangono soci di minoranza. grazie alla sinergia con questo importante e riconosciuto leader nel settore del Packaging che Parmatec si afferma rapidamente come produttore di soluzioni complete per il settore del beverage. Nel 2005 la Parmatec si fonda per incorporazione con la Berchi trasferendo tutta la produzione presso la sede di Sala Baganza dando vita alla nuova ragione sociale Berchi Gruppo riempimento e tappatura bottiglie, 1995 Group SPA. 141

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

La genealogia delle aziende nel parmense

1.3

1991 - LA ALSIM
Nel 1991 si costituisce la Alsim con sede nel quartiere Moletolo a Parma. La fondatrice Olivia Simonazzi insieme a Marco Pulli, Gabrile Stocchi, provenienti tutti dalla Simonazzi. I fondatori, forti dellesperienza acquisita nella ditta di provenienza, iniziano immediatamente la progettazione e costruzione di macchine e linee per limbottigliamento. Il prestigio del nome Simonazzi contribu, insieme alla qualit delle macchine, al rapido successo della nuova azienda, riscuotendo consensi presso una vasta clientela, anche al di fuori dai confini nazionali. Alla fine degli anni 90, Olivia Simonazzi si rende conto che competere con concorrenti del calibro di Procomac, Krones, Sig, Khs era unimpresa ardua, e si pose lobiettivo di convogliare lazienda in un gruppo di pari potenzialit dei competitor; nel 1997 decise di fare entrare in societ la Sidel, inizialmente con la quota azionaria del 33%, passata poi all80% nel 1999 e infine nel 2002 alla totale acquisizione delle azioni Alsim. Subito Olivia Simonazzi esce dallazienda e tutta lattivit incorporata nella Sidel Filling, con sede a Baccanelli, Parma, gi detentrice del marchio Simonazzi.

BIBLIOGRAFIA E NOTE
G. Gonizzi, Anni di Latta, Editore Fiere di Parma, Parma 1995. G. Gonizzi, Anni di Latta, Editore Fiere di Parma, Parma 1995. 3 A. Minardi, F. Ficarelli, Storie di imprenditori Montecchiesi, T&M Associai Editore, Reggio Emilia 1995. G. 4 U. Delsante. Lindustria meccanica a supporto del comparto alimentare nellanteguerra, http://www. museidelcibo.it/allegato.asp?ID=559890 5 G. Gonizzi, Anni di Latta, Editore Fiere di Parma, Parma 1995. 6 A. Minardi, F. Ficarelli, Storie di imprenditori Montecchiesi, T&M Associai Editore, Reggio Emilia 1995. 7 Gonizzi, Anni di Latta, Editore Fiere di Parma, Parma 1995. 8 A. Minardi, F. Ficarelli, Storie di imprenditori Montecchiesi, T&M Associai Editore, Reggio Emilia 1995. G.
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Sede dellazienda, 1992

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

I Pionieri

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I PIONIERI
di Angelo Scivoletto Siamo invitati, ora, a sperimentare lemozione di un incontro, quasi un contatto, con la generazione imprenditoriale del dopoguerra, con i pionieri del comparto delle tecnologie agroalimentari del parmense, leggendo le loro testimonianze auto-biografiche, perci vibranti, essenziali ed esemplari, sgorgate, con spontaneit e partecipazione, nel corso di alcune significative interviste. Questi protagonisti che sintetizzano il passaggio dalla manualit artigiana alla promozione tecnologica, associando praticit e creativit, riprendono lo spirito e lavventura degli iniziatori dell800 e riescono a trasmettere il loro entusiasmo per la passione di futuro con cui hanno affrontato o affrontano il loro presente. Le interviste ci fanno cogliere, alla radice, lo spirito di appartenenza che accomuna i nostri pionieri, essendo il fattore parmigianit un dato di fatto e di valore che anima una cultura in cui la tradizione convive con la singolarit e la originalit di ciascun operatore sospinto alla ricerca e alla innovazione. Si pu partire da questa eccezionale esperienza di uomini che sentono di mettere a frutto i propri talenti per la migliore destinazione consumieristica dei prodotti della terra, nella loro variopinta e festosa gamma, al servizio della vita umana, perch c qui, in sostanza, il germe di una possibile investigazione di sociologia del lavoro intrecciata con la identit storica del territorio parmense. Questa identit si costruisce e si mantiene, nella continuit peculiare, senza stagnazioni anomiche e senza rigettare e anzi, incorporando i fattori divenienti dellantica ruralit dalla quale tutto proviene e che tutto ha animato, nei secoli, nella vasta articolazione dei mestieri e delle invenzioni, e nella sapiente divisione del lavoro nei campi, nelle acque, nelle vegetazioni cicliche o differenziate, negli allevamenti, nelle botteghe, nei mercati sino a farci riconoscere la civilt contadina nelle stesse giunture della modernizzazione e della tecnologia quotidiana. Non deve sfuggirci, infine, la tensione etica che si accompagna allappassionata impresa di questi pionieri che, mentre si aprono al mondo per finalizzare la propria arte inventiva, dichiarano, pi volte, di voler difendere il primato della famiglia, e dei suoi valori, sui quotidiani assilli aziendali e rappresentativi, che sono, certo, strumenti preziosi, ma solo strumenti, non totalizzanti al punto da oscurare la vita!

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LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

I Pionieri

1.4

LUOmO DALLE MILLE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE


Settantanni di lavoro, di progetti, di invenzioni applicate al settore industriale in generale, non solo a quello agroalimentare; lingegnere Bruno Darecchio, durante la Seconda Guerra Mondiale, era impegnato nellelaborazione, per lesercito italiano, di una soluzione capace di rendere pi efficiente la difesa contraerea: studiava balistica e lapplicava allelettronica, cercando di inventare il radar. Lei vanta una lunga esperienza che spazia dal campo militare a quello agroalimentare. Come ha sviluppato questa pluralit di competenze? Mi sono laureato piuttosto rapidamente in ingegneria: anche se provenivo dagli studi classici, mi piaceva la geometria, e allUniversit scoprii la mia passione per la progettazione di impianti. Al Politecnico di Milano seguivo con grande passione tutte le lezioni di Scienze della Costruzione. Pensando a cosa potevo fare nella mia vita, pensai di dedicarmi anche al campo dellelettronica, perch ero convinto che avrebbe potuto ottimizzare i tempi di raccolta dei dati. Riuscii a fare esperienza pratica di queste nozioni direttamente sul campo, durante la guerra, quando fui chiamato a Roma per studiare balistica applicata allelettronica. In pratica, si trattava di progettare un radar. Quando avvenuto il contatto con il settore agroalimentare? Era destino che iniziassi a operare in questo settore come libero professionista, visto che la mia tesi di laurea era dedicata al progetto di uno stabilimento innovativo per produrre concentrati di pomodoro. Nel 1951 progettai un cuocitore automatico e continuo per trasformare il sugo di pomodoro in concentrati di alta qualit perch ottenuti pi rapidamente e a basse temperature, grazie a un moderno finitore integrato da un regolatore elettronico. La ditta Manzini trov straordinario il mio progetto, e lo appoggi in pieno. La Manzini cedette il regolatore automatico alla ditta parmigiana Maselli che lo ha diffuso in tutto il mondo, anche per altre applicazioni industriali come il refrattometro elettronico. Quale fu il successo di questo impianto e quali furono le successive invenzioni? Il concentratore continuo e completamente automatico Brevetti Darecchio ha ottenuto un grande successo internazionale e per cirmento di Verona un apparecchio canditore di maggiore potenzialit produttiva. Dovemmo lavorare nel piazzale di unofficina di Fontevivo (Parma) per avere lo spazio sufficiente per questa realizzazione. Ci di cui vado pi orgoglioso per il fatto di non avere mai dovuto spendere neanche un centesimo in pubblicit: il nome Ing. Darecchio bastava a suscitare la massima fiducia in chi operava nel settore dellagroalimentare. Che rapporto aveva con i suoi dipendenti? Per comprendere il clima che regnava alla Darecchio basta dire che iniziammo pi o meno tutti insieme, e pi o meno avevamo la stessa et: i miei dipendenti andarono quasi tutti in pensione nel 1998, dopo tanti anni di fedelt assoluta alla mia azienda, e io volli andare in pensione con loro. Erano ottimi lavoratori, e loro si trovavano bene con me: dicevano sempre, al momento della busta paga, che neanche le banche pagavano cos puntualmente. soddisfatto delle scelte lavorative che ha fatto nel corso della sua professione? Assolutamente s, sono davvero molto soddisfatto di ci che ho fatto e di ci che ho inventato. Ancora adesso alla notte, invece che contare le pecore, per addormentarmi conto gli apparecchi canditori che ho costruito. di Matteo Sartini 147

Bruno Darecchio
ca 10 anni non ha avuto alcun concorrente. Il cliente pi importante stato lUnione Sovietica che nel 1970 ha ordinato alla ditta Manzini i suoi primi sei cuocitori Darecchio. Dal 1978 al 2008 ho poi costruito principalmente impianti automatici continui e molto originali per sgusciare vongole o altri molluschi a due valve. Nel 1980 ho fornito alla Nestl un evaporatore continuo per prodotti di altissima viscosit, che ho chiamato Turbon. Quando stata costituita la Darecchio? Erano i primi anni 60, avevo delle liquidit da parte, e mi misi in proprio, ma non in concorrenza con la ditta Manzini. Iniziai con la ricezione di un ordine giunto da una ditta di Siena per una macchina per candire la frutta; poi lavorai per la ditta italiana Zuegg, che in collaborazione con la tedesca Shwatauer Werk di Lubecca ha applicato nel suo stabili-

CARTADIDENTIT
146 146

NOME: Bruno Darecchio NATO IL: 03/05/1915 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Progettista ed inventore, nel secondo dopo guerra ha lavorato come libero professionista alla Manzini; negli anni 60 ha fondato e diretto la Darecchio Srl. In seguito al suo pensionamento, la ditta ora gestita dai figli.

LA STORIA DELLE TECNOLOGIE AGROALIMENTARI

I Pionieri

1.4

Catelli, lartigiaNO delliNgegNeria


Camillo Catelli, ovvero una bella e importante fetta della storia del settore delle tecnologie agroalimentari. Con la sua Rossi&Catelli, fondata nellimmediato dopoguerra insieme ad Angelo Rossi, ha inventato, costruito, perfezionato ed esportato macchinari per la lavorazione agroalimentare in tutto il mondo, diventando simbolo delleccellenza del territorio parmense. Catelli, la sua storia parte da lontano; come entrato nel mondo delle tecnologie alimentari? Ho iniziato a lavorare fin da giovanissimo, erano gli anni 20, come garzone in diverse botteghe presenti a Parma; avr avuto allincirca 7 o 8 anni. Ma fu entrare nella ditta Oreste Luciani che cambi la mia vita: imparai a muovermi e a lavorare nel settore delle tecnologie agroalimentari; feci unesperienza sul campo che si rivel fondamentale per aiutarmi ad avviare una mia attivit. Molto di ci che ho imparato nel mio lavoro, lho imparato alla Luciani. Fino a quando lavor alla Luciani? Fino al 1939, quando scoppi la guerra e io andai a fare il radiotelegrafista a Udine; il giorno dellarmistizio, l8 settembre 1943, tornai a Parma, e decisi di aprire una piccola attivit in vicolo Santa Maria insieme a qualche amico. Producevamo e riparavamo macchine per zuccherifici e industrie conserviere. La ditta si poi trasferita in via Budellungo Quella di via Budellungo stata la sede storica della mia impresa, e fino a pochi anni fa era l che lavoravamo e producevamo le nostre macchine. Fu sempre in quegli anni che conobbi lingegnere Angelo Rossi con il quale fondai la Rossi&Catelli, il marchio con cui fummo poi conosciuti ovunque. Proprio per la notoriet che avevamo acquisito, decisi di conservare il nome dellazienda anche quando la mia strada si divise da quella di Rossi, che negli anni 50 se ne and in America; eravamo molto ben conosciuti, cambiare nome sarebbe stato dannoso. Quali sono state le innovazioni tecnologiche che hanno cambiato pi in profondit il suo lavoro? Bisogna partire dallevaporatore a circolazione forzata discendente Anteo, da noi brevettato nel 1957 in collaborazione con la Heinz. Grazie ad Anteo sbarcammo negli Stati Uniti impianto brevettato per la eterizzazione UHT (ultra high temperature) STEMATIC LONG RUN. Nel 1977 vi fu la gamma di sterilizzatori Olimpic fino ad Apollo, lultimo evaporatore a film cadente realizzato con ricompressione meccanica, ad alto risparmio energetico. Qual stata la filosofia alla base dello sviluppo della sua azienda? Investire importanti risorse nella ricerca per innovare il know-how e la tecnologia ed ottenere decine di brevetti che, in alcuni casi, hanno radicalmente trasformato i tradizionali metodi di lavorazione, e portato innovazioni indispensabili per assicurare ai nostri clienti prestazioni superiori e maggiore competitivit. Oggi lei ha costituito la Catelli Holding: come giunto a questa coraggiosa decisione? Il mercato mondiale richiede sempre pi forniture complete e assistenza post vendita. In questa ottica ci siamo impegnati nellacquisizione di aziende leader nei settori del food processing e packaging. Molte di queste, come la Manzini, la Comaco, la Sima, la FBR Elpo, la Raytec erano state acquisite da aziende multinazionali italiane ed estere e portarle alla parmigianit originale stato per tutti noi motivo di grande soddisfazione. di Matteo Sartini 149

Camillo Catelli
e installammo 50 impianti in California, e pi di 500 in tutto il mondo, guadagnando una notoriet incomparabile. Da questo primo brevetto sviluppammo nel 1973 gli evaporatori della serie Califfo, che si distinguevano per lutilizzo della circolazione forzata su tutti gli effetti, e il concentratore continuo Venus, in grado di lavorare fino a 14.400 tonnellate di pomodoro al giorno. Pu indicare anche altre importanti invenzioni della Rossi&Catelli? Sicuramente la pelatrice Vesuvio con il Sistema Termofisico; le passatrici raffinatrici Butterfly e Giubileo, ad alta capacit estrattiva; il sistema brevettato per la disattivazione enzimatica Hot Break, modello Eldorado. Negli anni 70 sviluppammo gli impianti continui Fredor per la liofilizzazione. Poi vi fu lingresso nel settore lattiero-caseario con il nuovo

CARTADIDENTIT
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NOME: Camillo Catelli NATO IL: 07/02/1919 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Ha iniziato a lavorare nel settore dellimpiantistica alimentare, presso la Oreste Luciani. Ha poi fondato la Rossi&Catelli, marchio storico del settore e conosciuto in tutto il mondo, sino a creare lodierna Catelli Holding.

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iNgegNere e UOmO dalle graNdi idee


un nome storico per la citt, un vero pioniere per il settore, un ingegnere a tutto tondo, visto che si occupato anche di motori, e un uomo dalla vita avventurosa: ecco in breve la biografia di Angelo Rossi, fondatore della Ing. Angelo Rossi e testimone dei numerosi cambiamenti che il settore ha affrontato negli anni. Ingegnere, una vita davvero avventurosa la sua: partiamo dagli inizi, la laurea e il primo lavoro, come andata? Studiavo al Politecnico di Milano, e mi laureai durante la Seconda Guerra Mondiale. Dato che i mezzi di trasporto su binario non erano affidabili a causa dei bombardamenti, per discutere la tesi partii in bicicletta da Parma il giorno prima, e una notte fui anche trattenuto come prigioniero dalle Camicie Nere, in attesa che potessi chiarire la mia assenza dal fronte. Ne uscii con un po di fortuna. Rientrato a Parma, e tornata la normalit dopo la guerra, conobbi, tramite il ragioniere Cecchi, Camillo Catelli, e con lui collaborai per mettere in funzione alcune macchine per il pomodoro che una famosa ditta dellepoca aveva comprato, ma che non funzionavano. Quel lavoro and molto bene, e con una semplice stretta di mano fondammo la Rossi & Catelli; aprimmo unofficina in un borgo di Parma per riparare le macchine che lavoravano il pomodoro, che allora erano in rame. Catelli aveva lesperienza sul campo, io ero ingegnere: ci integrammo alla perfezione. E vi gettaste sul perfezionamento delle macchine con il solo materiale a disposizione Esattamente. Per prima cosa, modificai le macchine passatrici: fino ad allora - e stiamo parlando della fine degli anni Quaranta - queste tipologie di macchine separavano pelli e semi con un movimento assiale. Io le modificai introducendo la separazione centrifuga, che dava risultati molto migliori. Dopo poco tempo, furono definitivamente abbandonate tutte quelle a separazione assiale e furono adottate quelle adattate con la mia modifica. Quali altre modifiche apportaste alle macchine tradizionali? Come detto, i macchinari con cui avevamo a che fare, le bull, erano in rame. Ma i fogli di rame che ne ricoprivano il fondo erano imperfetti, non uniformi e di vario spessore. Io e Catelli ci concentrammo sulla modalit di piani, perch iniziarono a dilatarsi troppo i pagamenti e la situazione divenne insostenibile. Cos tornai al mio vecchio settore delle macchine per il pomodoro. Lei ha poi fondato una nuova azienda, la Rossi Ing. A. Perch questa scelta? E quali sono state le difficolt incontrate? Non stato facile; dovetti partire da zero, facendomi conoscere dal mercato, raccogliendo anche clienti che magari altri non avevano accettato. Ma sono state fondamentali la costanza e la tenacia, due doti preziose in questo mestiere e per chi decide di intraprendere unattivit. Riuscii ad emergere e a fare affermare il mio lavoro . Poi mi aprii verso altri settori, in particolare verso le macchine per i succhi di frutta, ambito produttivo in cui abbiamo lavorato fino a oggi. Cosa consiglierebbe a un giovane che volesse iniziare a lavorare oggi in questo settore? Di inseguire con costanza e tenacia la propria aspirazione lavorativa senza farsi scoraggiare dai primi insuccessi, dalle prime difficolt. ovvio per che un ragazzo deve essere sicuro di volere intraprendere questa strada, piena di ostacoli: per questo occorre essere determinati. di Matteo Sartini 151

Angelo Rossi
rendere uniforme il fondo, per diminuire anche il peso della macchina stessa. Usammo un foglio di lamiera su cui lavorammo sperimentando idee e soluzioni che ci venivano in mente sul momento, e creammo i fondi di lamiera da lastra. I vantaggi erano molti: uniformit, innanzitutto, ma anche una maggiore purezza, quindi migliore trasmissione di calore e maggiore rendimento. La sua strada si divise per presto da quella di Catelli. Esatto, per alcune incomprensioni ci dividemmo, e lui mantenne il nome dellazienda. Io mi buttai nel mondo dei motori e creai la Moto Rossi, un motociclo di grandi prestazioni per lepoca, che raggiungeva anche i 140 chilometri allora come punta di velocit. Progettavo il motore e il telaio, e ottenni alcuni successi, ma lingresso dei grandi gruppi rovin i miei

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NOME: Angelo Rossi NATO IL: 15/11/1920 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Fondatore della Rossi & Catelli di Parma, si ritir negli anni Cinquanta per costruire motociclette, ma ritorn presto nellambiente fondando la Rossi Ing. A. Impianti Industriali, che conduce tuttora insieme ai suoi figli.

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1.4

Il segretO del miO sUCCessO? la seriet


Enzo Benedini ha alle spalle 65 anni di lavoro, quasi tutti spesi nel campo dellagroalimentare come rappresentante per la vendita di macchine prodotte dalle pi importanti aziende del territorio. Qual stata la sua formazione e come si svolto il suo percorso professionale? Ho cominciato a lavorare fin da giovane, facendo svariate attivit, ma stato nel 1949 che sono entrato nel comparto agroalimentare come agente di commercio per alcune societ di imballaggio e metalmeccanica. Con gli anni mi sono fatto conoscere nel settore e sono stato chiamato da aziende sempre pi importanti. La sua posizione lha portata quindi a lavorare in un certo numero di aziende, acquisendo molta esperienza... Nel 1963 sono entrato alla Manzini, specializzata in impianti per la lavorazione, trasformazione e concentrazione del pomodoro. Nel 1975 sono passato alla Rossi e Catelli che nel frattempo, grazie alla genialit tecnica del signor Camillo Catelli, aveva raggiunto risultati tecnologici pi allavanguardia della Manzini. Nel frattempo ero anche il rappresentante di altre importanti aziende come la Faba, una fabbrica che produceva barattoli, e la Comaco, che forniva macchinari per la movimentazione e limballaggio; di questultima sono stato anche socio e vice presidente. Quali erano le tecniche utilizzate nel campo agroalimentare agli inizi della sua carriera e come si sono evolute? Quando ho iniziato, a Parma e nelle provincie vicine cerano 43 conservifici. Oggi si sono ridotti a poco pi di una decina che per producono molto di pi rispetto ai miei tempi. Questo vuol dire che il mercato ha costretto le aziende ad aumentare le proprie dimensioni; e quelle pi piccole sono state assorbite oppure hanno cessato lattivit. Poi, naturalmente, ci sono stati dei notevoli miglioramenti tecnici. Una volta la raccolta e il trasporto del pomodoro avvenivano manualmente, mentre oggi tutto meccanizzato. Contemporaneamente, le ricerche sul pomodoro hanno permesso di creare variet con la buccia pi resistente che regge meglio la lavorazione meccanica. Qual la differenza principale fra passato Famiglia e lavoro si possono conciliare? Mio figlio e mio nipote hanno continuato la mia attivit e conducono oggi lagenzia di commercio Benedini&Bertoletti. Prima ancora di trasmettergli le conoscenze lavorative, che avevo acquisito nella mia carriera, gli ho insegnato i valori della famiglia, che a mio parere sono il cardine dei rapporti umani.

Enzo Benedini
e presente nella raccolta del pomodoro? Agli inizi la raccolta dei pomodori occupava cinque o sei tornate, perch la maturazione avveniva in periodi differenti; oggi possibile far maturare i pomodori quasi tutti insieme, cosicch l80% circa della raccolta avviene simultaneamente. Come si sono modificate negli anni le relazioni imprenditoriali e lavorative? Chi opera oggi nel campo dellimprenditoria non pu fare a meno di tenere in considerazione la globalizzazione. Con labbattimento delle barriere, i nostri prodotti hanno spesso subito la concorrenza sleale dei marchi stranieri e numerosi tentativi di contraffazione. In Italia abbiamo dei prodotti tipici unici a livello mondiale, irriproducibili, e per questo dovrebbero essere maggiormente tutelati a livello legislativo.

Che impressione ha dei giovani che oggi si avvicinano al mondo del lavoro? A mio parere, dovrebbero essere pi umili e pazienti. I giovani di oggi vogliono tutto e subito, e spesso pretendono di raggiungere privilegi e posti di rilievo quando ancora non hanno la giusta maturit. Lesperienza sviluppata nella mia vita mi ha portato a capire che quando si entra nel mondo del lavoro bisogna iniziare con seriet e spirito di servizio, e farsi conoscere pian piano per le proprie qualit. Al momento giusto le gratificazioni arriveranno. Rifarebbe le scelte compiute finora? Sono molto soddisfatto della mia carriera. Ho sempre lavorato con seriet e mi sono sempre fatto apprezzare. Ancora oggi, quando contatto le aziende con cui ho avuto rapporti lavorativi, sono sempre ricevuto con stima e ammirazione. di Vincenzo Pirillo 153

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NOME: Enzo Benedini NATO IL: 07/11/1926 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Agente di commercio. Ha lavorato nel campo dellagroalimentare come rappresentate per la vendita di macchinari prodotti dalle pi importanti aziende del territorio.

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1.4

UN CONsigliO? fare UN lavOrO CHe piaCe


La carriera professionale dellingegner Carlo Testa inizia nel lontano 1958, quando, fresco di laurea in ingegneria meccanica, fu assunto da unindustria vetraria francese con sedi a Milano e Roma. Dopo sei anni decide di tornare a Parma presso la Bormioli Luigi, azienda specializzata nella produzione di articoli in vetro per la casa e flaconi per lalta profumeria. Come ha iniziato a lavorare alla Bormioli? Nellazienda francese mi trovavo bene e avevo raggiunto, dopo pochi anni, il ruolo di vicedirettore, ma lobiettivo era quello di avvicinarmi a casa. Cos attraverso un amico ingegnere sono entrato in contatto con la Bormioli Luigi, dove sono stato assunto nel novembre del 1964 come Responsabile dei Servizi Tecnici Generali. Per quanti anni rimasto allinterno dellazienda? Sono andato in pensione nel 1987, ma per altri dieci anni ho continuato a svolgere opera di consulenza, fino a quando nel 1996 mi sono definitivamente ritirato. Ancora oggi continuo comunque a lavorare come consulente per la concessionaria del Gruppo Ferrari, di cui sono soci i miei due figli. Torniamo alla Bormioli. Come era organizzata la produzione? Lazienda aveva due tipi di produzioni: da una parte i flaconi per i profumi, che presentavano un maggiore valore aggiunto, grazie a un design sviluppato in base alle richieste delle aziende di profumi; dallaltra i bicchieri e le bottiglie di vetro per liquidi alimentari, che invece avevano costi di vendita pi bassi. Nel corso degli anni un grande cambiamento ha interessato le bottiglie di acqua minerale, per le quali la plastica ha sostituito quasi completamente il vetro. Una scelta dettata dalla maggiore praticit, ma che ha causato problemi di inquinamento. Come cambiata la produzione nel corso degli anni? La grande rivoluzione stato il passaggio dalle macchine meccaniche a quelle elettroniche, che sono controllate da ununica scheda centrale e funzionano meglio. Se per la scheda si blocca si ferma tutto il sistema, e bisogna aspettare che venga sostitusportare bottiglie che uscivano dal forno di ricottura a 50 gradi. Oggi i nastri sono stati allargati un po rispetto al passato, e questo permette di trasportare pi bottiglie e far avanzare pi lentamente il nastro. Per noi Ocme ha costruito il prototipo del palettizzatore di bottiglie per succhi di frutta, con lobiettivo di ridurre gli spazi occupati e di conseguenza i costi di trasporto. Dal suo punto di vista, come cambiato il lavoro per i dipendenti? Oggi i lavoratori sono molto pi autonomi che in passato, e fanno affidamento sulla macchina di riferimento. Una volta invece cera un maggiore contatto umano tra gli operai e i propri supervisori. Per concludere, quale consiglio si sente di dare ai giovani che si avvicinano oggi al mondo del lavoro? Dal mio punto di vista bisogna cercare di fare un lavoro che piace, nel quale si possa mettere tutta la propria passione, perch altrimenti si rischia di arenarsi strada facendo. Io per esempio ero un maniaco degli impianti meccanici e industriali, e fin da quando sono uscito dallUniversit ho cercato di inserirmi in questo settore. I risultati poi sono venuti di conseguenza. di Vincenzo Pirillo 155

Carlo Testa
ita prima di riprendere la produzione. Una volta invece si poteva intervenire sui singoli pezzi degli asservimenti meccanici. Sostanzialmente identici sono rimasti anche i forni refrattari allinterno dei quali si fonde il vetro, perch vengono costruiti sempre con gli stessi mattoni resistenti alle alte temperature. Fino agli anni Ottanta funzionavano per a metano o a olio combustibile, mentre in seguito sono stati introdotti sul mercato i forni elettrici, che creano meno dispersione di energia e meno inquinamento. Erano aziende inglesi che fornivano i relativi progetti alla Bormioli. Per la fornitura di macchinari esistevano delle collaborazioni anche con aziende locali? Dalla Zecchetti compravamo i nastri trasportatori per la movimentazione delle bottiglie, che erano in acciaio perch dovevano tra-

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NOME: Carlo Testa NATO IL: 27/11/1927 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Responsabile dei Servizi Tecnici Generali della Bormioli Luigi dal 1964 al 1987. Andato in pensione, ha continuato a lavorare come consulente fino al 1996. Oggi impegnato nella concessionaria Gruppo Ferrari.

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1.4

UN disegNatOre CON Carta e peNNa


Una vita, un lavoro, unazienda: Luciano Del Sante ha legato indissolubilmente la propria carriera lavorativa alla Simonazzi, entrando nellufficio tecnico come disegnatore nel 1952. Erano in due operatori allora: quando se ne and in pensione, nel 1990, erano diventati 60. Tempi che cambiano e dimensioni dellazienda che si espandono. E la tecnologia si evolve. Qual il punto di partenza per poter raccontare la sua lunga attivit lavorativa? Certamente lincontro con Franco Tincati, persona fondamentale per la mia carriera. Era il 1952, lui lavorava nellufficio tecnico della Simonazzi, che Ampelio, il titolare, aveva intenzione di ampliare, partendo dallofficina di fabbro che aveva ereditato dal padre. Tincati era da solo in quellufficio e aveva bisogno di un collaboratore, di un disegnatore: cos che entrai in quellimpresa tanto importante per la mia vita. Lazienda era ancora piccola, e il clima era molto familiare. Io mi occupavo soprattutto di lavatrici, Tincati di riempitrici. Che strumenti usava nel suo lavoro? Io avevo un tavolo da disegno, il tecnigrafo. Certo, lavvento dellinnovazione tecnologica e dei computer erano ancora lontano. Ma anche per le fotocopiatrici vale lo stesso discorso: gli originali erano su carta lucida, e avevamo un enorme archivio, davvero sconfinato, dove erano conservati tutti i fogli e i disegni originali fatti a mano, indispensabili per la nostra attivit. Linformatica arriv solo negli anni 90, quando io andai in pensione, e non ho potuto imparare ad usarla. Qual era liter per trasformare lidea in prototipo? Molto semplice: sul disegno erano contenute le indicazioni essenziali per realizzare la macchina. Questo era un documento essenziale. Fatto il disegno, i primi tempi si andava direttamente dalloperaio, per parlare con lui della realizzazione del progetto su carta. Pi avanti, con lallargamento dellimpresa, venne creato un Ufficio Produzione, che raccoglieva i disegni, li schedava e scandiva i tempi di realizzazione. E poi cera la questione dei costi per la realizzazione delle idee: ricordo che Ampelio Simonazzi, una volta vista la prima bozza di progetto, diceva sempre: costa troppo! Che ricordo ha di Ampelio Simonazzi? Ottimo, davvero meraviglioso. Aveva fatto una cosa straordinaria, portando quellofmanuali e semiautomatiche a quelle automatiche: andammo a vedere il primo prototipo arrivato dalla Germania proprio qui a Parma, alla Centrale del Latte, e lo studiammo a fondo. Poi le evoluzioni sono state profonde in funzione delle richieste dei clienti, che naturalmente volevano macchine capaci di carichi di lavoro sempre pi impegnativi, e dei prodotti lavorati: vino, acqua minerale, bibite, latte, succhi di frutta e ognuno di essi necessitava di una macchina diversa. Rimpiange qualcosa della sua carriera? Assolutamente nulla: io sono davvero molto soddisfatto, anzi devo dire che in un certo senso mi dispiaciuto andare in pensione, perch il mio lavoro e le persone con cui ho lavorato mi piacevano molto. E il mio desiderio sarebbe quello di poter mettere al servizio della comunit la mia esperienza: oggi forse manca la fase di apprendistato per i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro. Perch non dare la possibilit, per i neo pensionati che lo desiderano, di formare questi giovani in attesa di occupazione, con veri e propri Centri di Formazione - Lavoro? Il punto focale, secondo me, che si guarda ai pensionati come ad un problema, mai come ad una risorsa: bisogna cambiare questa impostazione. di Matteo Sartini 157

Luciano Del Sante


ficina di fabbro a fornire macchine in tutto il mondo. Ho tantissimi ricordi legati a lui, quando andavamo in trasferta allestero, per trattare con un cliente, lui prendeva sempre su me o Tincati, raccomandandoci di non parlare mai col cliente: eravamo tecnici, quello che sapeva vendere era lui. Se, durante il colloquio, aveva bisogno di chiarimenti da parte nostra, si rivolgeva a noi in dialetto parmigiano: gli interpreti non hanno mai capito di cosa parlassimo.Anche quando lazienda cresciuta, assumendo sempre pi persone e assistendo quindi allingresso dei sindacati, ho sempre preteso da loro una cosa sola: rispetto per Ampelio, perch aveva dato il lavoro a tutti noi. Qual stato il cambiamento pi grande avvenuto durante la sua esperienza? Indubbiamente il passaggio dalle macchine

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NOME: Luciano Del Sante NATO IL: 16/04/1930 ESPERIENZA PROFESSIONALE: un ex perito industriale meccanico, con una breve esperienza come Istruttore meccanico industriale. Ha operato presso la ditta Rossi, delling. Angelo, e la Simonazzi, dove rest fino alla pensione nel 1990.

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1.4

migliavaCCa: UNa famiglia, UNaZieNda


Lazienda Carlo Migliavacca, fondata nel lontano 1875, opera nella costruzione di macchine per lindustria alimentare e conserviera. Aldo Migliavacca entr giovanissimo nella ditta di famiglia, e ancora oggi continua a svolgere lavoro di consulenza. Qual stata la sua formazione signor Migliavacca? Ai miei tempi non si pensava certo a studiare. Gi nel 1943, a soli 13 anni, ho cominciato a lavorare nellazienda di famiglia, che era di propriet di mio padre e dei miei zii. La nostra una ditta con una lunga storia alle spalle, basti pensare che la prima iscrizione allalbo della Camera di Commercio fu firmata da mio nonno, Carlo Migliavacca, nel 1875. Siamo di certo una delle aziende pi longeve tra quelle che ancora oggi operano nel nostro territorio. Quale mansione svolgeva? Quando si entrava cos giovani si veniva dirottati verso i settori dove cera pi bisogno di manodopera. Posso dire di aver svolto qualsiasi mansione, dalle pulizie alla saldatura, dalla fresatura alla tornitura. Questultima attivit stata per quella in cui mi sono specializzato maggiormente. Fino allet di 20 anni le cose sono andate cos. Poi nel 1950 mio padre morto, e i miei zii hanno liquidato dalla societ me e miei fratelli. Io per ho deciso di rientrare come socio insieme agli zii. Di cosa si occupa la vostra ditta? Noi realizziamo macchine per lindustria alimentare, in particolare pompe di alimentazione, che servono per trasportare i prodotti e i dosatori. Le aziende agroalimentari vengono da noi e ci chiedono qual la macchina migliore per riempire un determinato contenitore con un certo prodotto, e noi realizziamo il prototipo pi adatto. Le nostre macchine vengono inserite in impianti complessi che ne contengono anche altre prodotte da aziende diverse. Una volta, per esempio, producevamo anche le aggraffatrici, utili per chiudere i barattoli di banda stagnata, ma abbiamo deciso di abbandonare questa produzione perch troppo costosa. Qual stato il primo settore alimentare per il quale avete prodotto macchinari? Per quanto riguarda gli alimenti, una volta Qual stato il segreto del successo della sua azienda? La nostra stata fin dallinizio una piccola azienda con struttura artigianale, e continua ad essere cos anche oggi. Nel corso degli anni abbiamo eliminato le lavorazioni pi difficili e costose e non abbiamo mai pensato di fare una politica di espansione, perch sentivamo di non avere i mezzi per competere con la concorrenza industriale. Fino ad oggi stata una scelta che ha dato i suoi frutti. Come hanno risposte le aziende ai cambiamenti dei mercati economici? La grande differenza stata sicuramente la globalizzazione. Ormai non si pu ragionare pi in termini locali come avveniva ai miei tempi, ma bisogna essere abbastanza qualificati da competere a livello internazionale. Non tutte le aziende sono state capaci negli anni di rapportarsi con questo nuovo modello economico, e hanno finito per scomparire o essere assorbite da altre. Quale consiglio si sente di dare ad un ragazzo che entra oggi nel mondo del lavoro? Un ragazzo deve avere alle spalle uno studio serio, perch solo una preparazione adeguata gli permetter di andare avanti in un mondo lavorativo sempre pi competitivo. di Vincenzo Pirillo 159

Aldo Migliavacca
trattavamo quasi esclusivamente concentrati di pomodoro. In seguito, grazie allo sviluppo di diverse tipologie di dosatori, abbiamo cominciato a trattare anche altri prodotti come le confetture, gli oli, i succhi di frutta e i condimenti vari. Come ha coniugato nella sua vita famiglia e lavoro? Mi sono sposato nel 1955, allet di 25 anni. Mia moglie era la tipica casalinga di una volta, che si occupava della casa e dei figli, e questo mi ha permesso di dedicare tutte le forze al lavoro. Con gli anni, poi, famiglia e lavoro si sono incrociati. Mia figlia ha, infatti, lavorato per alcuni anni nellazienda prima di abbandonare per motivi familiari; mentre mio figlio ancora qui, e da quando sono in pensione ha preso il mio posto nella gestione dellattivit.

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NOME: Aldo Migliavacca NATO IL: 05/03/1930 ESPERIENZA PROFESSIONALE: il proprietario dellazienda Carlo Migliavacca, ditta di lunga tradizione fondata nel 1875 e specializzata nella costruzione di macchine per lindustria alimentare e conserviera. Oggi riveste il ruolo di consulente.

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1.4

IL GENOVESE CHE sCelse parma e i barattOli


Per chi nato sul mare, difficile capire come si possa vivere in pianura, lontano dallacqua. Ma poi ci si affeziona ai luoghi, e l si rimane a vivere per il lavoro, per la famiglia, per i figli. Ecco la storia di Sergio Pagani, contabile genovese trapiantato a Parma dopo lincarico come dirigente dello scatolificio La Ligure Emiliana della famiglia Nasturzio. Unesperienza che, secondo la sua testimonianza, gli ha cambiato la vita. Come ha iniziato a operare nel settore dei contenitori in banda stagnata? Assolutamente per caso: io lavoravo a Genova per una compagnia di assicurazioni dove mi occupavo di contabilit tecnica. Poi, la Edison, dopo la nazionalizzazione dellenergia elettrica, fece acquisizioni in tutta Italia, e fu cos anche per la societ per la quale lavoravo: mi trovai cos affiancato da colleghi che volevano insegnarmi il lavoro, senza saperne granch. Ebbi la fortuna di conoscere, nel frattempo, il signor Tito Nasturzio, figlio di Silvestro, fondatore nel 1907 della Ligure Emiliana con sede a Genova Sampierdarena e stabilimento in viale Piacenza a Parma, importante centro di coltivazione del pomodoro. Il signor Tito mi offr la possibilit di assumere la direzione dello stabilimento di Parma. La citt allora mi stava un po stretta, perch troppo piccola rispetto a Genova e nel poco tempo libero mi recavo qualche volta in citt pi grandi solo per vedere un po di gente. Con il passare del tempo ho avuto modo di apprezzare sempre pi Parma ed i suoi abitanti, il suo ordine e il suo verde. Quando inizi la sua esperienza parmigiana? Nel 1964 divenni direttore dello stabilimento La Ligure Emiliana. La prova pi dura, ma allo stesso tempo pi entusiasmante, con cui mi confrontai, fu il trasloco dellintera attivit da Viale Piacenza - dove Silvestro Nasturzio nel 1907 costru il suo stabilimento - al quartiere Paradigna. La decisione venne presa gi nel 1964 per espandere lattivit; poi nel 1969 vennero acquistati 108.000 metri quadrati di terreno nei pressi di quella che oggi si chiama via Forlanini. L costruimmo uno stabilimento di 19.000 metri quadrati, un vero gigante. Che ricordi ha di questo trasloco? Furono molte le difficolt che incontrai, dai pompieri che ogni giorno mi chiamavano per avere garanzie sui sistemi di sicurezza e antindi 0,16 millimetri. E poi il rivestimento di stagno: nei primi tempi si realizzava immergendo il lamierino in una vasca, con un grande spreco di stagno. Con lintroduzione del procedimento per elettrolisi, il consumo di stagno si ridusse fortemente e il processo di rivestimento fu ottimizzato.

Sergio Pagani
cendio, fino allimpianto di riscaldamento, che accesi per riscaldare gli operai che gi vi lavoravano ancora prima che lo stabilimento fosse completato. E per questo presi anche una denuncia, da cui uscii per innocente. Un altro episodio legato a questo peiodo, che ricordo in particolare, quello del contadino con il grano maturo, pronto per essere tagliato, proprio sul terreno dove dovevamo costruire. Il pcontadino venne nel mio ufficio per implorarmi di aspettare 15 giorni, giusto il tempo di mietere. Decisi che 15 giorni in pi non avrebbero fatto del male a nessuno. Nel campo dei barattoli, qual stata linnovazione pi importante? Sicuramente, quella riguardante i lamierini dacciaio che formavano il corpo dei barattoli, costituiti da fogli sempre pi sottili, fino ad essere delle vere e proprie veline dallo spessore

Comera il rapporto con i dipendenti? Avendo 900 dipendenti, di cui la maggior parte stagionali, se ne vedeva di ogni tipo, ma devo dire che i parmigiani sono sempre stati ottimi lavoratori. Erano invece tempi molto duri per quello che riguardava i rapporti con i sindacati: ricordo nottate intere passate allUnione Industriali per giungere a un accordo sui contratti o sugli scioperi. Non era facile, allepoca, parlare con loro, si era formato un muro fortissimo. Tutto il tempo che ha investito per il suo lavoro ha avuto ripercussioni sulla famiglia? Indubbiamente s, e questa stata una mia colpa, anche se devo dire che lavorare mi ha sempre divertito tantissimo, ed stato entusiasmante. Ma pi di ogni altra cosa, la mia fortuna stata quella di aver incrociato il mio percorso con la famiglia Nasturzio, Tito prima, e i figli Silvestro e Saverio poi, poco pi anziani di me allepoca. Sono stati dei gentiluomini, e posso dire di essere stato onorato di avere lavorato per gente cos. di Matteo Sartini 161

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NOME: Sergio Pagani NATO IL: 23/09/1930 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Genovese, nasce come contabile allinterno di una compagnia di assicurazioni, ma dopo il suo incontro con la famiglia Nasturzio assume la direzione dello scatolificio La Ligure Emiliana, con stabilimento a Parma.

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1.4

liNsegNameNtO di daNte gHiZZONi


Sacrificio e rispetto; rispetto, soprattutto, del proprio lavoro e delle persone che quel lavoro dividono con te. Questo stato linsegnamento morale che Dante Ghizzoni ha trasmesso al figlio Geremia, e che ha segnato la vita e la carriera di questo pioniere del settore. Ghizzoni ha continuato lattivit, di ramaio, del padre trasformandola in unazienda affermata che, grazie alle sue innovazioni, ha saputo affermarsi in Italia e oltreconfine. Ghizzoni, quando e come ha iniziato a lavorare nel settore delle tecnologie agroalimentari? La mia storia imprenditoriale legata a mio padre Dante. Era appena finita la Seconda Guerra Mondiale, mio padre produceva e riparava macchinari in rame e io ho iniziato ad affiancarlo nella sua attivit senza finire la scuola superiore, come invece lui avrebbe voluto: daltra parte erano tempi piuttosto duri, e due braccia in pi nel lavoro in famiglia facevano comodo. Devo per dire che tutte le innovazioni che ho potuto apportare in seguito, nel corso della mia attivit, nascono dallesperienza che ho maturato imparando da mio padre. Ci tengo a sottolinearlo, lesperienza una cosa che non si pu imparare studiando, ma si acquista quotidianamente solo sul campo. Ha parlato di innovazioni, quali sono state quelle che hanno davvero cambiato il suo lavoro? La prima in assoluto, che devo citare, quella riferita al materiale impiegato: il passaggio, che divenne inevitabile, dal rame allacciaio inossidabile, fu una vera e propria rivoluzione. Una rivoluzione che ci cre per non pochi problemi, soprattutto a livello di lavorazione: abbiamo dovuto imparare a lavorare lacciaio inox, noi che per anni ci eravamo dedicati al rame. Non fu semplice. E poi vennero le innovazioni pensate per i macchinari? Si, la prima che ricordo con molto piacere limpianto per produrre la polpa di pomodoro in alternativa ai tradizionali pomodori pelati. Fui il primo a costruire una linea concepita per tale scopo. Si trattava di un prodotto completamente nuovo, ed era importante trovare soluzioni a problemi che non conoscevamo. Questo un esempio concrene Sperimentale delle Conserve di Parma, diedero subito conferme straordinarie. La Ghizzoni seguiva anche la produzione di confetture di frutta. In questo caso cosa avvenne? Lavorando continuamente sugli impianti tradizionali per la produzione di confetture di frutta, progettai, con soddisfazione, un nuovo impianto ultra rapido con serpentino speciale rotante - sempre sotto vuoto - che immediatamente brevettai: in questo modo si poteva ottenere un prodotto a grossi cubetti che manteneva laspetto della frutta fresca, da miscelare allo yogurt, un settore in forte espanzione e con grandi richieste. Come descriverebbe il rapporto con i suoi dipendenti, anche in considerazione dei diveri periodi in cui si trovato a operare? Geremia Ghizzoni, a questa domanda, non ha voluto rispondere direttamente a voce, ma ha preferito indicare con una mano una targa appesa al muro dietro le sue spalle, guardandola con evidente orgoglio. Sulla targa, a lettere dargento, impressa la dicitura: A Ghizzoni Geremia, con stima e riconoscenza, i suoi dipendenti. Una frase che vale pi di mille parole. di Matteo Sartini 163

Geremia Ghizzoni
to di quello che dicevo: era tutta esperienza che facevo sul campo, imparando dai miei stessi errori. Dopo questa prima novit, ce ne furono delle altre che segnarono la produzione della vostra ditta? Negli anni, capii che poteva essere una scelta strategica differenziare la gamma della mia produzione. Mi dedicai alla lavorazione del tonno, settore nel quale brevettai un sistema tecnologico di cottura a vapore e asciugamento sotto vuoto dei tranci in grandi autoclavi. Questo permise di ottenere enormi vantaggi in qualit, rendimento e tempi: solo unora di lavorazione, una rivoluzione rispetto al vecchio sistema caratterizzato da tempi lunghissimi. Le prime prove di applicazione del nuovo sistema, che furono eseguite con un impianto da laboratorio presso la Stazio-

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NOME: Geremia Ghizzoni NATO IL: 23/01/1933 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Ha ereditato dal padre la Dante Ghizzoni & Figlio, trasformandola da una piccola attivit artigianale in unazienda fornitrice di macchine per la lavorazione del pomodoro, del tonno e delle confetture di frutta.

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da veNtaNNi leader mONdiale per la pasta


Lo sapevate che buona parte della pasta che mangiate fatta con lutilizzo di macchine Storci? Questo solo per rendere meglio lidea dellimpresa condotta da Anzio Storci. Dopo sessantanni dallinizio della sua carriera, Storci guida una delle pi grandi aziende del mondo che creano impianti per produrre la pasta, in continua espansione anche su nuovi mercati. Lei ha iniziato fin da subito a lavorare in unazienda gi affermata: la Barilla. Cosa pu raccontare di quellesperienza? Sono entrato in Barilla nel 1949, a quindici anni. Ho cominciato come garzone dofficina: affiancavo un operaio specializzato, minsegnava come riparare gli stampi delle macchine che davano la forma alla pasta. Mi ero specializzato in quelle per le farfalle. A diciannove anni sono entrato nellUfficio tecnico, dove affiancavo un progettista meccanico. Ho cominciato a disegnare macchine e impianti completi e a progettare linee automatiche e continue per fare la pasta. Mi occupavo anche del collaudo, e cos ho imparato a fare il tecnologo. Il suo nome associato allo storico stabilimento Barilla di Pedrignano. Qual il motivo di questo binomio? Diciamo che Pedrignano nato anche con il mio contributo. Dopo aver curato lacquisto e linstallazione di tre linee prototipo da 2mila chilogrammi di pasta allora una cifra incredibile per quel tempo e dato il loro risultato positivo, sono state installate altre linee simili alle prime, ma maggiorate a 4mila chilogrammi allora, e sono diventato responsabile tecnico di tutta la parte produttiva. Lo stabilimento aveva gli impianti pi grandi e innovativi del mondo. Ed era anche il pi produttivo: siamo stati i primi a fare oltre 9mila quintali di pasta al giorno. Nel 1991 lei ha fondato la nota ditta Storci SpA. Come descriverebbe la sua azienda? La Storci SpA, insieme alla Fava SpA di Cento di Ferrara, leader mondiale nella cotruzione di impianti per la produzione della pasta secca, sia come fatturato sia come quantit e dimensioni delle macchine. Noi progettiamo e costruiamo i macchinari che successivamente saranno installati in tutto il mondo. Costruiamo anche macchine e impianti per pasta fresca farcita (tortellini e ravioli) e non farcita (lae, soprattutto, aumentando la produzione in maniera esponenziale: se prima si facevano al massimo 3 o 4 quintali allora, adesso si raggiungono i 92 quintali. La crisi finanziaria che ha colpito i mercati economici di tutto il mondo, ha avuto ripercussioni anche sul settore della produzione di macchine per la pasta? Il nostro settore non toccato direttamente dalla crisi, e le ragioni sono due: innanzitutto la pasta un prodotto sempre richiesto di cui non si pu pi fare a meno, e poi da noi investono sia i piccoli produttori che le grandi aziende. E questo cosa significa? I primi acquistano le nostre macchine per produrre pasta che poi vendono anche a 10 euro al chilo, con un notevole guadagno. I grandi produttori, invece, investono nelle nostre linee di impianti per ridurre i costi di produzione: una linea di macchine per produrre 8mila kg di pasta allora ha dei costi non molto superiori a quelli di una linea che ne produce 4mila. Conviene, insomma. E grazie a tutto ci, possibile stimare che il fatturato di questanno dovrebbe essere attorno ai 17 milioni di euro, il valore pi alto mai raggiunto nella storia dellazienda. di Alessandro Trentadue 165

Anzio Storci
sagne, tagliatelle, orecchiette), pasta a rapida cottura, pasta senza glutine e pasta precotta per piatti pronti. In sessantanni di attivit si senzaltro accorto di unevoluzione nel modo di fare la pasta. Cosa cambiato? La chiave della rivoluzione nella produzione della pasta stata la tecnologia, che ha consentito lautomatizzazione dei processi produttivi e il miglioramento della qualit dei risultati. Il lavoro umano si gradualmente allontanato dai macchinari: prima cerano i torchi in cui la pasta veniva pressata e tagliata fisicamente e in fabbrica cera bisogno degli operai che azionavano le macchine o dei mastri pastai che preparavano limpasto e assaggiavano il risultato. Adesso anche i pi piccoli impianti assolvono a tutte queste funzioni, riducendo i tempi di lavoro, eliminando ogni tipo di manualit

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NOME: Anzio Storci NATO IL: 12/08/1934 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Fondatore nel 1991 della Storci SpA, di cui direttore generale e presidente in carica con funzioni ancora operative. Tra gli incarichi, tuttora svolti, vi il ruolo di responsabile del laboratorio di Ricerca e Sviluppo.

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partire dalla gavetta e migliOrarsi sempre


Per oltre cinquantanni Giancarlo Gherri ha prodotto macchine per la lavorazione di carne, insaccati e per il confezionamento delle conserve, portando novit in entrambi i settori. tuttora alla guida della Gherri Meat Technology perch convinto che al mondo non ci sia niente da inventare. C solo da migliorare. Signor Gherri, come ha iniziato la sua attivit? Ho cominciato nel 1952, in seguito alla scomparsa di mio padre Gino che nel 1936 aveva fondato la ditta Gherri Gino. Lui si era occupato per anni della progettazione e realizzazione di riduttori per gas metano, motori elettrici e macchine per la ricostruzione delle gomme. Quando sono subentrato io, visto che questo tipo di lavorazione era pericolosa a causa delle scarse tecnologie di un tempo, ho deciso di cambiare la direzione produttiva e di trasformare la nostra azienda in una realt legata al settore alimentare. Qual stato il suo primo incarico importante e il momento che considera di svolta per la sua attivit? Un mio zio aveva costruito un macinasale a rulli, macchina innovativa che permetteva di produrre fino a 10 quintali di sale raffinato allora contro i 2 o 3 che gli apparecchi ordinari dellepoca erano in grado di fare. A quel tempo cera gi il monopolio del sale ed era disponibile sul mercato il tipo grosso e quello fine (da cucina), entrambi non adatti per la lavorazione dei salumi. Vi era quindi la necessit di raffinarlo. Cos ho iniziato a costruire e a promuovere il nuovo macinasale: lo portavo ai salumifici del Nord Italia per la tentata vendita. Ero poco pi che ventenne, sposato da poco ma molto intraprendente. Nel giro di un anno ne ho venduti 60. Come si arrivati allo sviluppo delle macchine per la lavorazione delle carni? A met degli anni 70, quando avevo poco pi di trentanni, la Gherri Gino si specializzata nella produzione di macchinari da utilizzare nei macelli e nella lavorazione degli insaccati. Mi riferisco, innanzitutto, a quattro strumenti fondamentali: tritacarne, impastatrice, insaccatrice e scotennatrice. Vi occupavate anche di altre linee di produzione? S, oltre ai macchinari per la lavorazione degli nology? La Gherri Meat Techology ha conservato dellazienda storica un vasto patrimonio di conoscenza ed esperienza dellintero Settore Carne, di cui adesso ci serviamo per rappresentare in Italia diverse aziende internazionali leader nel settore dei macchinari e impianti per lindustria alimentare. Con la Gherri Meat Technology cambiata la strategia: mentre prima producevamo macchine, adesso ci occupiamo di trading commerciale, un sistema di rappresentanza esclusivo di queste imprese straniere sul territorio italiano, con la garanzia della nostra assistenza tecnica. Lei ha cominciato poco pi che ventenne. Come vede oggi i giovani della stessa et? Adesso ogni tipo di informazione si raggiunge facilmente anche stando a casa. Questo un bene, ma pu limitare le capacit dei ragazzi che cos trovano tutto gi pronto e tendono a essere passivi. Dovrebbero provare lavori tecnici e materiali per capire veramente il funzionamento delle cose. una scuola importantissima. Un altro consiglio: uscite dalla provincia, conoscete altre realt e, una volta tornati a casa, riproponetele e investite su quelle. anche su questo che ho costruito la mia carriera. di Alessandro Trentadue 167

Giancarlo Gherri
insaccati, curavamo anche il corredo delle altre macchine necessarie, come le timbratrici, le lavaprosciutti, gli stampi e le presse per prosciutti disossati. Come funzionava il mercato nei suoi primi anni di attivit? A parte i grossi salumifici, la maggior parte delle aziende era gestita da piccoli privati: macellai e salumieri che facevano tutto a mano e in casa. Per questo bisognava essere propositivi e far conoscere a ognuno le novit tecnologiche che potevano migliorare la loro produzione. Allinizio avevo quattro rappresentanti che prendevano accordi con i privati e poi andavo personalmente a chiudere le vendite. Con i miei macchinari ho favorito lo sviluppo di molti piccoli imprenditori locali. Di cosa vi occupate alla Gherri Meat Tech-

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NOME: Giancarlo Gherri NATO IL: 01/10/1936 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Fondatore del settore alimentare della Gherri Gino S.n.c. (poi venduta nel 1999) e della Gherri Meat Technology, di cui attualmente presidente. stato per sei anni presidente della associazione Comaca.

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mONTANARI, il teCNiCO DEL PACKAGING


Bruno Giorgio Montanari ha unesperienza quasi quarantennale nella produzione di barattoli e scatole in banda stagnata e in alluminio. Un professionista del settore packaging, che ha imparato tutto quel che sa, o quasi, direttamente sul campo. Presso llN. CAM, azienda di cui stato uno dei soci fondatori, ha svolto la funzione di direttore tecnico. Anche dopo la pensione, nel 1995, ha continuato, fino al 2005, a essere attivo nel settore come libero professionista. Unesperienza maturata solo sul lavoro o anche gli studi hanno segnato la sua professione? Prima di dedicarmi allattivit lavorativa ho seguito luniversit: il biennio a Parma e la specializzazione in ingegneria meccanica a Padova. Terminati gli studi sapevo tutto dei motori, mentre mi mancava una vera preparazione sulle tecnologie applicate al settore agroalimentare. E come avvenne il contatto iniziale con il settore delle tecnologie agroalimentari? Era la fine degli anni Sessanta, avevo una trentina danni. Fui contattato dalla Fa.Ba., ditta di Reggio Emilia leader nel suo settore. Il factotum della Fa.Ba. era il ragioniere Del Rio. Prima dallora mi ero occupato soprattutto di motori diesel in unazienda che operava per conto della Lombardini. In Fa.Ba. che ruolo ricopriva? Allinizio ero un impiegato tecnico. Alla fine dellanno di prova fui promosso dirigente e divenni direttore tecnico. Negli ultimi tempi ero anche direttore per le tecnologie e i nuovi sviluppi. In sostanza mi occupavo di tutti i problemi tecnologici e produttivi dello stabilimento. La nostra produzione andava dalle scatole e barattoli in banda stagnata e in alluminio, ai coperchi ad apertura facilitata (easy open) e quelli per i barattoli in vetro (twist-off). Ma lidea pi originale della Fa.Ba. fu unaltra. Quale? Le bottiglie in PET per le acque minerali. Il PET un materiale plastico che ha tutte le migliori caratteristiche del vetro, ma rispetto a questo, pi leggero, infrangibile e a perdere. La Fa.Ba. stata la prima ditta a produrre contenitori in PET, cosa che le ha permesso di adeguarsi rapidamente alle nuove esigenze del mercato. borazione con i costruttori di aggraffatrici e nervatrici per risolvere problemi che derivarono proprio dalla riduzione di spessore della banda stagnata. Vi sono state evoluzioni nel tipo di consegna dei prodotti? S. Dai cartoni si pass, a met degli anni 60, alla palettizzazione, prima manuale e poi automatica; la Fa.Ba. stata la prima azienda a installare il palettizzatore dei barattoli progettato dalla Ocme di Parma, offrendo nel contempo piena collaborazione per la sua messa a punto. Lambiente di lavoro cambi molto tra gli anni 60 e 90? Nel rapporto con i colleghi e gli operai no. Cambi in termini di condizioni di lavoro. Un tempo serviva pi forza lavoro, e cera meno elettronica. Con lautomazione si pot aumentare la produzione, fino a triplicarla. Il passaggio dalla saldatura a piombo a quella elettrica consent di abbattere linquinamento atmosferico allinterno dello stabilimento. Incapsulando le macchine pi rumorose - come le formatrici o le presse per i coperchi - si limitarono i decibel. Furono conquiste notevoli, novit che permisero di migliorare sensibilmente la qualit di vita nei luoghi di lavoro. di Diego Dalla Costa 169

Bruno Montanari
Qual stata, invece, levoluzione nel campo del barattolo? Nei primi tempi ogni corpo barattolo era ricavato da una fascia rettangolare calandrata e saldata a lega di piombo. Con il passaggio alla saldatura elettrica automatica vi fu un abbattimento dellinquinamento - prima si lavorava col 98 per cento di piombo - e crebbe la velocit di produzione: si pass da 60 a 400, e infine a 800, scatole al minuto. Lo spessore del barattolo si ridusse? Certo. La robustezza dei barattoli, nei primi tempi, era garantita dallo spessore del corpo del cilindro, rigorosamente liscio. La vera innovazione fu la nervatura del suo corpo, cosa che consent di ridurne lo spessore: si poteva ottenere la stessa resistenza di prima con un minore impiego di materiale. Questo ha comportato lavvio di una profonda colla-

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NOME: Bruno Montanari NATO IL: 14/07/1937 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Laureato in Ingegneria Meccanica, ha lavorato per ventanni alla Fa.Ba. come direttore tecnico e consulente tecnico per il packaging. Sul finire degli anni Ottanta ha lasciato la Faba ed stato tra i fondatori della IN.CAM.

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la teCNOlOgia: UNa graNde passiONe


Giorgio Pirondi una delle figure storiche del settore agroalimentare a Parma: entrato alla Rossi & Catelli fin dalla giovane et, alla fine degli anni Cinquanta, e nel 1963 passato al settore agroalimentare, imparando limportanza di una rigorosa organizzazione industriale presso lamericana Delmonte e applicandola poi alla Rolli. Quando entrato in contatto con il settore delle tecnologie agroalimentari? Sono entrato subito nel settore, quando ero ancora giovane, allet di 19 anni, a pochi mesi dal conseguimento del diploma. Infatti era il 1958 quando sono stato assunto alla Rossi & Catelli, unazienda che considero, senza alcun dubbio, la migliore nel settore della fornitura di macchine allindustria conserviera di quellepoca. Ho iniziato a lavorare nellufficio tecnico come disegnatore progettista: la mia prima esperienza che poi proseguita per cinque anni. Quali sono stati i passaggi maggiormente determinanti della sua storia professionale? La mia storia professionale si interamente sviluppata allinterno di questo settore: dopo lesperienza alla Rossi & Catelli, infatti, ho lavorato per 6 anni alla Delmonte, azienda americana che aveva aperto uno stabilimento a San Felice sul Panaro. Sono poi tornato a lavorare a Parma alle dipendenze della ditta Rolli, dove ho operato per 10 anni come direttore tecnico. Successivamente, la Rolli stata ceduta alla cooperazione ed diventata Parma Sole, e vi sono rimasto per 11 anni. Infine, ho lavorato per 3 anni presso il Consorzio Casalasco del Pomodoro, e successivamente ho svolto compiti di consulenza tecnica in tutto il mondo, fino in Cina. Quali erano i problemi pi rilevanti allepoca in cui ha iniziato a lavorare alla Rossi & Catelli? Erano legati soprattutto ai ritmi lavorativi, allorganizzazione delle aziende che era praticamente inesistente e alle condizioni igieniche; tutti elementi che ho imparato a risolvere dopo la mia esperienza alla Delmonte, visto che gli americani avevano una mentalit gi allavanguardia. Basta considerare che in unepoca in cui la produzione pi alta in Italia era di 100 bottiglie di ketchup al minuto in unazienda sviluppata come lArrigoni, alla consisteva nel fornire lesempio, arrivando in fabbrica presto e andando a casa tardi, un metodo che ti consente di avere rispetto e considerazione da parte dei lavoratori e dei collaboratori. E le relazioni con i sindacati come erano? In questo caso vi sono state maggiori difficolt nei colloqui, visto anche il periodo difficile che si attraversava negli anni 70: ma devo dire che siamo sempre giunti a un accordo, pur tra le mille discussioni che abbiamo condotto. E dei fornitori, cosa pu dire? Non ho mai voluto considerare i fornitori come un elemento esterno allazienda; per me erano dei veri e propri collaboratori, e come tali li trattavo, vale a dire con onest, rispetto e con molta franchezza. soddisfatto delle scelte che ha compiuto nella sua vita lavorativa? Devo dire che non cambierei nulla di ci che ho fatto. Ho anche coniato un motto sul mio lavoro: il pomodoro come la malaria ti entra nel sangue e non va pi via. Certo, il lavoro in alcuni periodi ha inevitabilmente tolto del tempo alla mia famiglia, ma credo di essere riuscito a conciliare i due aspetti e credo che sia importante sforzarsi per riuscirci. di Matteo Sartini 171

Giorgio Pirondi
Delmonte si toccavano le 500 bottiglie al minuto. Come ricorda i rapporti con le componenti sociali della azienda in cui ha lavorato? Ho sempre potuto contare su ottimi rapporti con tutte le parti in causa: portai alla Rolli i metodi di lavoro appresi alla Delmonte, e ricordo chiaramente che il commendatore Rolli si stup della mia decisione di creare una struttura orizzontale con numerosi responsabili di settore. Arrivando a chiedermi scherzosamente se nella sua fabbrica fossero divenuti tutti quanti dei capi. Con i collaboratori che tipo di relazioni si erano instaurate? Anche con i miei collaboratori, con quelli che si sono impegnati duramente, non ho mai avuto alcun tipo di problema: il mio metodo

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NOME: Giorgio Pirondi NATO IL: 30/07/1937 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Il primo impiego ricoperto stato quello di disegnatore progettista alla Rossi & Catelli allet di 19 anni. In seguito, alla fine degli anni Sessanta, ha svolto la funzione di direttore tecnico presso la Rolli.

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tUttO iNiZi dallidea di UNOffiCiNa...


La sua attivit lo ha portato a conoscere il mondo: Algeria, Tunisia, Egitto, Senegal, Libano. Non c Paese che Giorgio Spocci non abbia visto. Per oltre trentanni ha fatto lavventuriero. Oggi viaggia ancora, in Africa soprattutto, ma senza lo stress dei giorni passati. Come arrivato a fondare la Tecnotermica? Avevo sempre sognato unofficina tutta mia. Dopo le scuole primarie, sono entrato come operaio alla Tommaso Barbieri, con sede in Via DAzeglio, ditta specializzata nella costruzione di macchine per la produzione della pasta. Lavorai nel ruolo di tornitore per cinque anni, finch un giorno decisi discrivermi ad un corso per disegnatore allistituto La Salle, a Parma. Ottenuto il diploma, intorno al 62-63, entrai nella Termo Sirchio come calderaio. Dopo dodici anni decisi di tentare lavventura con una mia impresa, e fondai per questo lazienda che ho chiamato Tecnotermica. La Tecnotermica cosa realizza? Costruiamo generatori di vapore, ossia caldaie, indispensabili per il funzionamento degli impianti di processo. Lavoriamo soprattutto per la trasformazione dei prodotti alimentari (pomodori, frutta, bevande), per lindustria tessile e per il settore alberghiero (macchine per lavanderie). Qual il vostro mercato di riferimento? Quello estero. Circa il 90 per cento di quel che realizziamo lo vendiamo fuori dallItalia, nel nord Africa soprattutto. Siamo stati spesso anche al seguito di altri costruttori dimpianti come Vettori&Manghi, Manzini e Rossi&Catelli, in paesi quali Venezuela, nelle Filippine, in Etiopia, Yemen. Il vostro un mercato difficile? S, decisamente. In Italia pi semplice. Per allestero c un vantaggio: prima pagano e poi, eventualmente, discutono. Da noi accade il contrario. Le condizioni cambiano anche da Paese a Paese. In Algeria, per esempio, la burocrazia un ostacolo per gli imprenditori: per fare affari in Algeria bisogna saper fare i salti mortali. Oltretutto, gli arabi sono i clienti pi difficili: se sei capace di trattare con loro, vuol dire che sei pronto per lavorare ovunque. Ricorda qualche episodio curioso? Pi duno. Spesso mi trovavo in Paesi lontani la responsabilit dellimpresa toccher a loro. Intanto si fanno le ossa in azienda. contento di quel che ha ottenuto in tutti questi anni? S, la soddisfazione tanta. Il lavoro mi sempre piaciuto e se tornassi indietro rifarei tutto.

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e in situazioni difficili. Una ditta svizzera, mi ricordo, ci aveva commissionato un impianto in Azerbaijan; il termine di consegna era impossibile. Il posto era assolutamente sperduto, verso il confine con lIran. Per arrivare ci vollero sette ore daereo. Ci restammo quattro giorni, per conoscere limpianto e discutere il da farsi. Tornammo a casa e in altri tre giorni preparammo il progetto. Una squadra di sei persone torn in Azerbaijan e realizz limpianto sul posto, tutto a tempo di record. Una follia. E con le lingue straniere come se la cava? Ho imparato il francese in Algeria, per esigenze di lavoro, ovviamente. Per linglese ci sono i miei due soci, che poi sono i miei due figli maschi: uno ragioniere, laltro - il maggiore - perito elettronico. A ciascuno ho dato il 25 per cento delle quote: prima o poi, tutta

Come vede la realt doggi? Lo dico con rammarico: oggi si lavora peggio dun tempo. Con i clienti cambiato tutto: negli anni Sessanta o Settanta cera pi fiducia reciproca. Arrivava un ordine, si firmava il contratto, veniva aperta una linea di credito e si iniziava a lavorare. Negli ultimi anni tutto pi difficile: c meno seriet e meno disponibilit economica. Con i suoi dipendenti ha mai avuto difficolt? No, anche perch lazienda piccola. Oggi ho otto dipendenti e in passato mai pi di dieci o dodici. Ci si conosce tutti: pi che unazienda, una famiglia. E alla sua famiglia ha potuto dedicare il giusto tempo? Purtroppo no. Sono partito con molti debiti e lambizione di realizzare qualcosa dimportante. Ero sempre in viaggio per lavoro. di Diego Dalla Costa 173

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NOME: Giorgio Spocci NATO IL: 20/09/1938 ESPERIENZA PROFESSIONALE: fondatore e amministratore unico di Tecnotermica Srl, azienda di Parma specializzata nella realizzazione di generatori di vapore per macchine industriali del settore agroalimentare, tessile e alberghiero.

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UNimpresa leader tra italia e spagNa


Stefano Vettori ha iniziato a frequentare fin da ragazzino lofficina dellazienda di famiglia, la Vettori & Manghi, fondata nel 1943 dal padre Rodolfo e da altri due soci - Ennio Manghi e Aldo Ghiretti - con la denominazione di Vettori & C. A quel tempo, negli anni 40, la ditta cosa produceva? Lazienda operava nella meccanica generale. Dalla sua officina uscivano macchine agricole, ricavate da mezzi militari, attrezzature portatili per dentisti, torce elettriche a dinamo, scaldacqua elettrici a immersione... Insomma, un po di tutto. Il passaggio al settore agroalimentare quando avvenne? Nel dopoguerra, quando dalla societ usc Aldo Ghiretti e la ragione sociale cambi in Vettori & Manghi. Mio padre cap che le maggiori opportunit di lavoro potevano provenire dallindustria conserviera. Perci si inizi a costruire le prime macchine per trasformare il pomodoro fresco in conserve (concentrato, succhi, pelati). In poco tempo si ampli la gamma di produzione: macchine per la lavorazione della frutta, delle verdure, della carne e del tonno. Si progettavano e si fornivano linee e stabilimenti completi chiavi in mano, per la lavorazione di materie prime alimentari deperibili in prodotti finiti a lunga conservazione. Lei come entr in azienda? Dopo la laurea in ingegneria meccanica, conseguita a Bologna, entrai nellufficio tecnico: unesperienza indispensabile per capire come nascevano i progetti delle macchine. Dal 1968 per i primi cinque anni, quasi a tempo pieno, e successivamente con frequenti viaggi, mi occupai - insieme al dottor Bianchini - della IPIASA, la filiale spagnola aperta dalla Vettori & Manghi a Saragozza. In azienda comerano i rapporti tra propriet e dipendenti? Ottimi nei primi decenni. Molti dei nostri operai avevano iniziato assieme a noi - a 15/16 anni - e con noi erano rimasti fino alla pensione. Negli anni 60-70 iniziarono figli, tende a passare in secondo piano. Se potesse tornare indietro, sceglierebbe lo stesso tipo di occupazione? Forse ero pi portato per altre materie. Se mio padre non avesse avuto la sua azienda probabilmente avrei scelto altro, magari architettura. Certo, fu anche lui a spingermi verso ingegneria. Questo percorso di studi serviva per poter entrare nella Vettori & Manghi. Ai giovani che volessero avvicinarsi a questo settore che consigli darebbe? Dipende. Se un ragazzo aspira soltanto al ruolo di tecnico o di operaio, sufficiente una preparazione scolastica di tipo tecnico. Se invece ci si vuole candidare a un ruolo di responsabilit dirigenziale o manageriale, indispensabile una laurea - di 5 anni - in ingegneria o altro, secondo le funzioni che si andranno a svolgere. Tutto questo per non basta: alla teoria va unita lesperienza formativa, quella fatta in azienda, per capire come funzionano le macchine dellindustria alimentare, come si gestisce unazienda metalmeccanica. Ci vuole gente preparata anche in elettronica, una componente sempre pi fondamentale in questo settore produttivo. di Diego Dalla Costa 175

Stefano Vettori
i conflitti sociali: la commissione interna comprendeva alcuni soggetti che pensavano solo alla politica. Tra molte difficolt siamo comunque riusciti a convivere anche con queste situazioni. E il rapporto relazione tra lei e suo padre di che tipo era? Buono, nel limite del possibile. Cos, comera anche con il socio dellazienda, Ennio Manghi, che per me era come un secondo padre. Tra vecchie e nuove generazioni era per inevitabile che vi fosse anche qualche scontro. Soprattutto sui modi di gestire e sviluppare lazienda. Con il suo lavoro riusciva a dedicare del tempo alla famiglia? Non molto. Quando si ha unazienda da condurre, tutto il resto, anche la moglie e i

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NOME: Stefano Vettori NATO IL: 20/02/1938 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Ha maturato esperienza di progettazione e certificazione aziendale come libero professionista. Attualmente svolge mansioni tecnico commerciali per la fabbrica di barattoli In.Cam. di Campegine (Re)

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alliNiZiO tOrNitOre pOi direttOre teCNiCO


Luciano Belletti, lo si pu ben dire, ha dedicato una vita intera alla stessa azienda, la Ocme di Parma, nata nel 54 e specializzata nella costruzione di macchine e impianti per il confezionamento e il riempimento di prodotti alimentari, chimici e bevande. Come entr in Ocme? Avevo preso il diploma di avviamento industriale. LOcme mi aveva assunto nel giugno del 55 come apprendista meccanico. Dopo lapprendistato ero passato al tornio, con cui realizzavo gli stampi che servivano per produrre i componenti delle macchine. Non ha mai pensato di provare nuove esperienze in altre aziende? Proprio no. Quando ho iniziato a lavorare alla Ocme cerano solo cinque persone, compreso il proprietario. Negli anni cresciuta, e io sono cresciuto con essa, promozione dopo promozione, fino ad assumere ruoli di responsabilit. Non ho mai cambiato ditta perch era questa, negli anni, che cambiava, che si rinnovava e cresceva insieme ai suoi lavoratori. Oggi, non a caso, la Ocme una realt affermata a livello internazionale, con 400 dipendenti e una grande reputazione sul mercato. Nel corso degli anni che incarichi ha ricoperto in ditta? Dopo lapprendistato e lesperienza come tornitore, la ditta aveva bisogno di un disegnatore per lufficio tecnico. Cos iniziai a studiare - per corrispondenza e presi il diploma di progettista. Dopo un periodo di prova mi confermarono nel ruolo: rimasi sorpreso di questo perch, pur avendo chiesto io di poter diventare disegnatore, sapevo che sarebbe stato difficile. Invece il proprietario della Ocme, il signor Ghiretti, aveva accettato subito la mia candidatura. Ma a fare il semplice disegnatore non rimase a lungo... S, cos. Avevo iniziato a interessarmi a qualche piccolo progetto. Poi vi fu una svolta importante, per me e per lazienda. Negli anni Settanta la Ocme aveva deciso di realizzare la prima wrap-around, una macchina incartonatrice per bevande, e io ne ero stato uno dei progettisti. Di questo vado orgoglioso, perch la Ocme stata leader internazionale nella codisfazione arrivare cos in alto, ma ero anche consapevole della responsabilit che dallora in poi mi aspettava: dovevo gestire un team di oltre 60 persone, una cosa non semplice. Con il suo lavoro riusciva a dedicare un po di tempo alla famiglia? In verit no, soprattutto quando dovevo affrontare lunghe trasferte allestero. Per questo, mi sento di dire che gran parte del mio successo professionale lo devo a mia moglie, che mi sempre stata vicino. Qual stata la maggior soddisfazione ottenuta grazie alla sua professione? Senza dubbio la medaglia di Maestro del Lavoro, ricevuta nel 93. Mi creda, per un professionista partito, come me, dal basso, senza una laurea in ingegneria, arrivare a questo riconoscimento significa tanto. Devo ringraziare la Ocme per essere arrivato fin l. Oggi lavora ancora per la Ocme? S. In verit dal 92 sono in pensione, ma continuo a collaborare da libero professionista: viaggio - soprattutto in Europa - per seguire il funzionamento delle macchine prodotte dalla ditta. Nel tempo libero lavoro il legno, un hobby che avevo fin da bambino e che ho ritrovato con piacere. di Diego Dalla Costa 177

Luciano Belletti
struzione di questo tipo di macchine. E dopo lesperienza da progettista? Dopo lesperienza di disegnatore progettista, divenni progettista-trasfertista: dovevo avere sempre la valigia pronta, per seguire il funzionamento delle macchine nelle varie aziende allestero. Avevo deciso di studiare le lingue nei corsi serali, prima il tedesco e poi linglese. Stavo via da casa anche 40 giorni, spesso in Nord o in Sud America. Era tutta esperienza sul campo, in vista di unaltra promozione. Che arriv quando? Allinizio del 1983. La Ocme aveva bisogno di un nuovo direttore tecnico. Era stato il mio predecessore, lingegner Pietralunga, a fare il mio nome per sostituirlo. Di questa ultima promozione ero felice, perch era stata una bella sod-

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NOME: Luciano Belletti NATO IL: 29/06/1939 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Ha dedicato tutta la sua esperienza lavorativa alla Ocme di Parma prima come apprendista meccanico, poi come operaio qualificato e in seguito disegnatore tecnico. Nel 1983 stato promosso a direttore tecnico.

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il lavOrO UNitO allimpegNO sOCiale


Rolando Paterlini figlio di due agricoltori, nel 1960 si diploma col massimo dei voti come perito meccanico. Tenta subito di entrare in Fiat, ma poi decide di accettare la proposta dellIng. Rossi per il quale lavorer come capofficina per 10 anni. Nel 1971 entra nella Csf Inox, di cui diventer presidente. Signor Paterlini, com nata la Csf Inox? Lazienda nasce dallidea di Catellani che si mise in societ con Spaggiari e Ferretti. Dopo un anno Catellani rimase solo, cos cerc di convincere me e un altro dipendente dellIng. Rossi a entrare in societ. Avevo gi 3 figli da mantenere e non potevo partire alla sprovvista. Cos, per un paio danni, lavorai con lIng. Rossi fino alle 6 di sera, poi mi recavo alla Csf dove restavo fino a mezzanotte. Solo nel 1971 riuscii a dedicarmi completamente alla Csf ricoprendo la carica di responsabile amministrativo. Nel 1982 lazienda divenne una societ per azioni e da allora io ne sono il presidente. Quali furuno le problematiche che incontr allinizio della sua attivit? Provenendo dal settore conserviero sapevo bene quali erano i punti deboli. Nella piazza di Parma mancavano tanti componenti necessari per limpiantistica che dovevano essere acquistati allestero perch in Italia mancavano costruttori idonei a fornirli. Cos iniziammo a produrli noi e oggi siamo la terza realt in Europa. Una scelta vincente, per la quale rifarebbe le stesse scelte fatte allora? Direi proprio di s. Io volevo realizzare una produzione non strettamente di serie. facile produrre componenti standard perch si fanno grandi numeri e hai grandi guadagni; ma se il mercato si ferma non si ha lelasticit per cambiare. Noi siamo soprannominati i sarti perch produciamo su misura le pompe, adattandole alle esigenze del cliente. Su 180.000 pompe in circolazione abbiamo un solo assistente post-vendita, e questo dimostra la cura impiegata nella realizzazione dei prodotti, che generalmente escono dalla fabbrica senza problemi. Sono cambiate le relazioni imprenditoriali rispetto al passato? Non ci sono grandi differenze, il mercato che cambiato. Con la globalizzazione le aziende tendono a consociarsi e noi, che producevamo solo pompe, sentivamo lesigenza di poscon la famiglia? Tutto dipende dalla famiglia che si ha. Io ero a Montecchio fino alle 23, mia moglie lavorava con lago fino alle 2, quindi era un sacrificio comune. Lei non si mai tirata indietro e non ha mai detto nulla sulla mia scelta. Ai miei figli dico sempre che sono nati con la camicia, che sono fortunati perch sono entrati in azienda quando questa era gi avviata. Qual il consiglio che vuole dare ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro? Il consiglio di avere umilt, ma purtroppo non ne hanno pi. Il loro errore che non vogliono pi fare la gavetta: pensano di sapere gi tutto perch hanno un titolo di studio. Invece bisogna partire umilmente, poi piano piano simpara. C qualcosa della sua lunga attivit di cui va fiero? La cosa che mi ha dato pi soddisfazione stata lidea di costruire a Thika, in Kenia, una scuola per bambini dai 3 ai 13 anni, la New bambini school. Nel 2005 abbiamo costruito ledificio nuovo con la corrente elettrica autonoma, una piscina e un pozzo. Ora i miei bambini sono 210. un vero paradiso terrestre in una zona martoriata dalla povert e dalla guerra tra etnie. di Francesca Di Marco 179

Rolando Paterlini
sedere un settore valvole e per altri apparecchi complementari. Diciannove anni fa, quindi, acquisimmo la Bardiani Valvole, poi Omac e la Cms Motori. Su queste aziende consociate non ho mai avuto legemonia e prendevamo le decisioni tutti insieme. Solo in questo modo i soci hanno potuto lavorare bene. I suoi figli hanno proseguito lattivit imprenditoriale? Mio figlio responsabile del settore commerciale in Italia e mia figlia in amministrazione. Manca solo qualcuno della famiglia nellufficio tecnico; magari potr essere mio nipote a occuparsi di questo settore, cos ogni settore dellazienda sar coperto. Insieme lavoriamo benissimo, c un feeling straordinario e non una cosa semplice da trovare. Allinizio stato difficile conciliare il lavoro

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NOME: Rolando Paterlini NATO IL: 29/05/1939 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Presidente della Csf Inox Montecchio Emilia, produttrice di pompe per limpiantistica per il settore agroalimentare, chimico e farmaceutico. Socio acquisitore della Bardiani Valvole, della Omac Pompe e Cms Motori.

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1.4

QUaNdO lavOrare UN CONtiNUO piaCere


Dopo cinquantanni di attivit Gianni Dordoni non ha nessuna intenzione di smettere. Instancabile tecnico, specializzato in macchine per la trasformazione di frutta e vegetali, ora mette a disposizione la sua approfondita e lunga esperienza per i giovani che lavorano in questo settore. Lei ha cominciato a sedici anni nella Vettori e Manghi, azienda che produceva macchine e impianti per la lavorazione di pomodoro e frutta. Di cosa si occupava? Mi occupavo della parte tecnica, affiancavo il capofficina nella progettazione, consegna e messa in funzione degli impianti. Lavoravo in continuazione, dalle sei del mattino alle otto di sera, sempre sul campo per sette mesi allanno, dato che le aziende ordinavano linee e impianti a novembre per la consegna entro fine luglio, in concomitanza con lavvio della campagna del pomodoro. In che modo nata la sua azienda TecE a quale settore vi siete rivolti? Chiaramente non potevamo competere con queste grandi realt gi affermate soprattutto nella trasformazione del pomodoro cos ci siamo rivolti a un settore che stava nascendo proprio in quegli anni: quello dei vegetali e della frutta. Prima questi prodotti erano trattati in modo molto artigianale, nindustria? Dopo sei anni alla Vettori e Manghi, nel 1962 io e altri tre miei colleghi abbiamo deciso di metterci in proprio. Avevamo pochi soldi, stata una scelta coraggiosa: oltre alla grande volont ci ha aiutato la laboriosit e limpegno costante. In Tecnindustria io mi occupavo della parte tecnico-amministrativa, e i miei colleghi si dividevano nei settori finanziario, montaggio e collaudo, e produzione. Come siete entrati nel mercato dellimpiantistica agroalimentare? Con un rapporto diretto e di fiducia verso i clienti: allinizio come costruttori conto terzi per aziende quali la Vettori & Manghi e la Rossi & Catelli, che ci commissionavano la produzione di macchine per la lavorazione di prodotti che venivano poi rivendute ai loro clienti; in seguito abbiamo per deciso di lavorare direttamente con il cliente finale. trasformazione crescevano e aggiornavano continuamente gli impianti di produzione, passando da macchine obsolete a strumenti nuovi ed efficienti. Laumento dei consumi, in particolare, era legato alla necessit di trasformare la materia prima in prodotti che si conservassero nel tempo. Prima della guerra la maggior parte delle famiglie, sia in campagna che in citt, mangiava solo quello che autoproduceva o che trovava nei mercati: tutti prodotti disponibili solamente nella stagione in cui venivano coltivati, e da consumare freschi. Lavvio dellindustria del confezionamento dei prodotti dunque coinciso con una svolta radicale nelle abitudini alimentari delle persone. Dopo pi di cinquantanni di attivit non si stancato di lavorare? Nel 2004 sono uscito da Tecnindustria per godermi la pensione, ma come vede non ci sono ancora riuscito. una mia scelta, perch proprio non voglio smettere. Ho sempre amato il mio lavoro perch mi ha sempre dato grandi soddisfazioni: creare un impianto che funziona e che pu realizzare un prodotto alimentare di cui le persone si nutrono, d un senso di appagamento e di soddisfazione. di Alessandro Trentadue 181

Gianni Dordoni
mentre dagli anni 70 si inizi a concepire la loro conservazione in vasi e scatole. In che modo avete seguito questa tendenza innovativa? Per diversi anni abbiamo progettato, costruito e consegnato macchine per il confezionamento delle verdure direttamente ai nostri clienti. Tra di loro cerano Ponti, Sacl e Polli. E questo valeva anche per i surgelati: fornivamo Findus, Orogel e Rolli. Facevamo lo stesso per il settore della frutta, lavorando con imprese davvero importanti come Zuegg, Star, Plasmon e Valfrutta, e con loro ci siamo specializzati in tali settori. Comera landamento del mercato agroalimentare in quegli anni? Era davvero dinamico e in continua crescita: i consumi aumentavano e le aziende di

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NOME: Gianni Dordoni NATO IL: 05/03/1940 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Nel 1962 ha fondato la Tecnindustria, azienda che si afferm sul mercato per la produzione di macchine e impianti per la lavorazione di frutta e vegetali. Dal 2004 consulente della Gea Levati Food Tech Srl.

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1.4

IL desideriO DI fare lIMPRENDITORE


Adriano Bocchi proprietario della Sca. di.f., azienda specializzata nella produzione di imballaggi in cartone ondulato. Prima di diventare imprenditore ha svolto nella sua carriera anche le mansioni di operaio tecnico e di commerciale. Quali sono le sue origini professionali? Dopo aver concluso gli studi tecnici, a diciassette anni, sono arrivate alla scuola delle richieste per dei tecnici da parte della Barilla, cos ho subito accettato di entrare allinterno dellazienda. Sono rimasto alla Barilla per quindici anni, fino al 1973: per i primi dieci anni ho lavorato nel settore della manutenzione tecnica, negli altri cinque sono passato al settore commerciale. Successivamente ho deciso di distaccarmi ed ho cominciato a fare il venditore di cartoni e scatole per conto di due aziende, una delle quali era la Sca.di.f. Poi cosa successo? Nel 1982 ho cominciato ad acquisire le prime quote dellazienda. I vecchi proprietari non avevano dei figli a cui lasciare lattivit, cos nel corso degli anni lho rilevata completamente. Oggi produciamo imballaggi in cartone ondulato per clienti che nella maggior parte dei casi lavorano nel settore dellagroalimentare: grandi industrie alimentari, conservifici, produttori di vini e liquori. Dagli esordi della sua carriera lavorativa, quali sono stati i cambiamenti principali in questo settore? La tecnologia ha fatto la differenza nel nostro settore pi che in qualunque altro. Una volta la lavorazione era artigianale, mentre oggi il cartone non viene quasi pi toccato dagli operai, perch ci pensano le macchine a fare tutto. Dal 94 la trasformazione degli impianti da meccanici ad elettronici ha portato a confezionare prodotti pi qualificati e contemporaneamente ad alleviare le fatiche dei lavoratori. In questi anni abbiamo investito molto sulle nuove tecnologie ed oggi stiamo raccogliendo i risultati. Come ha coniugato nella sua vita la famiglia e il lavoro? Dal momento che ho speso la mia vita nel lavoro, ho delegato a mia moglie la crescita dei miei due figli maschi. Non posso che ringraziarla per come li ha educati. Oggi entrambi i miei figli lavorano nellazienda, uno questa azienda. Questo vuol dire che ho diretto bene lattivit e che loro sono felici di stare qui. C una lavoratrice che con noi da pi di 25 anni e da poco stata insignita dellonorificenza di Maestro del Lavoro. Nel vederla ricevere quel premio sono stato felice come se ad ottenerlo fossi stato io.

Adriano Bocchi
nel settore commerciale e laltro in quello amministrativo. Sono molto orgoglioso perch, nel corso del tempo, hanno dimostrato di meritare la fiducia che avevo riposto in loro. Rifarebbe tutte le scelte che ha fatto nel suo passato, o ha qualche rimpianto? Non ho grossi rimpianti e sono contento delle scelte fatte. Pur avendo iniziato un po tardi a fare limprenditore, a circa quaranta anni, posso dire di non aver fatto grossi errori e di avere recuperato bene il tempo perduto. Ha un ricordo della sua professione al quale particolarmente legato? Ce ne sarebbero troppi da raccontare. Diciamo che la mia pi grande soddisfazione sempre stata quella di riscontrare nei miei lavoratori lorgoglio per il fatto di lavorare in

Come cambiato il mondo imprenditoriale nel corso degli anni? In confronto ai miei tempi il mercato del lavoro notevolmente cambiato e ci sono molte meno opportunit. Oggi c una richiesta maggiore di qualifiche specialistiche, ma queste da sole non bastano. Una volta ottenuto un lavoro, bisogna infatti continuare ad apprendere perch c unevoluzione tecnologica incessante. Questi cambiamenti permettono per ai giovani di inserirsi pi facilmente se sono capaci di tenersi aggiornati. Alla luce di questo, che consiglio darebbe ad un giovane che entra oggi nel mondo del lavoro? Limportante avere motivazione e volont di raggiungere un obiettivo. Pur essendo diminuite le opportunit, alla fine si riesce ad emergere se si ha modestia e voglia di apprendere. di Vincenzo Pirillo 183

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NOME: Adriano Bocchi NATO IL: 06/01/1941 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Proprietario della Sca.di.f., azienda specializzata nella produzione di imballaggi in cartoni ondulati. Nel 1982 ha iniziato ad acquisire le prime quote dellazienda di cui oggi proprietario.

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pellaCiNi, dal 1925 da padre iN figliO


una storia che inizia da lontano, alla fine del XIX secolo, quando il bisnonno di Massimiliano inizi lattivit di fabbro e maniscalco, riparando oggetti e utensili; quando poi nelle nostre terre si cominci a lavorare il pomodoro con i macchinari provenienti dalle grandi citt, erano i Pellacini a riparare guasti e rotture. E vedendo continuamente macchine grandi e piccole passare sotto i propri occhi e le proprie braccia, impararono anche a costruirle. Cos inizia la vostra storia; com proseguita? Nel 1925 il nonno Pierino Reviati presentava la prima domanda di brevetto per un mescolatore di pasta di pomodoro ad alberi concentrici. Negli anni Trenta gi costruivamo macchine inscatolatrici per il pomodoro che utilizzavano il procedimento della pastorizzazione continua. Tutti i macchinari a quellepoca erano in rame, lacciaio inossidabile venne molto dopo, al termine della Seconda Guerra Mondiale. In quel periodo ognuno costruiva la propria macchina, ognuno aveva il proprio brevetto, i problemi si affrontavano singolarmente e ognuno li superava come poteva, con procedimenti anche molto empirici. Nel 1943 Pierino Reviati present domanda di brevetto per una macchina che separava i semi dal pomodoro. A regime vennero costruite le passatrici raffinatrici per pomodoro, i concentratori a bolle sottovuoto con preconcentratore, le linee di lavaggio e cernita per il pomodoro con funzionamento a cascata. Negli anni Cinquanta avvenne la grande rivoluzione: con larrivo dei clienti esteri, venivano richieste soluzioni qualitative che non avevamo, macchine potenti, igienicamente controllabili. Quali erano le difficolt maggiori che riscontr in quegli anni? I problemi erano allordine del giorno: si continuavano a sperimentare soluzioni nuove, le esperienze e le messe a punto si facevano sul campo; le difficolt e i tempi di soluzione erano ampliati dal fatto che il pomodoro ha una stagione molto breve, e se qualcosa nella macchina non andava, spesso non cera il tempo materiale per testare la soluzione che avevamo pensato. nel 1950 che Sergio Pellacini subentra a Pierino Reviati nella conduzione dellimpresa, che assume il nome Pellacini Sergio & Figli, dando un forte impulso allo sviluppo di macchine innovative. nella nostra realt, problemi con i dipendenti non ce ne sono mai stati, e ogni volta che una discussione o un attrito emergevano, venivano messi sul tavolo e intorno a quel tavolo risolti. C un episodio che ricorda in modo particolare nella sua vita lavorativa? Erano gli anni Settanta, e stavamo pensando alla progettazione di una macchina per il pomodoro, una pelatrice non pi meccanica, comerano tutte allora, ma che lavorava tramite trattamento termo-fisico; dirottammo molte risorse economiche da quel progetto alla costruzione del nuovo stabilimento, che dovevamo progettare e in cui poi ci saremmo trasferiti. Negli anni Novanta questo tipo di macchina fu adottato praticamente da tutte le aziende costruttrici; se avessimo proseguito nei nostri studi, avremmo anticipato tutti di ventanni. Lei stato anche nel Consiglio di Amministrazione dellEnte Fiere di Parma: come ha visto questo settore da una posizione istituzionale? Come un settore pieno di potenzialit, forte e solido; una locomotiva per tutta leconomia parmense. Ma con un limite: un eccesso di provincialit, che abbiamo sempre avuto e che credo sia difficile da debellare. di Matteo Sartini 185

Massimiliano Pellacini
Ma la Pellacini Sergio ha poi trasferito la produzione su altre macchine rispetto a quelle per la lavorazione del pomodoro. Esattamente. Negli anni Sessanta provammo con i legumi, poi venne il turno della frutta: oggi, tramite la progettazione di macchine per i succhi di frutta, questultimo prodotto diventato il fulcro della nostra attivit. Non esiste per una causa precisa che oggi potrei riconoscere per spiegare la nostra scelta di allora; fu un insieme di fattori - nel quale la casualit ebbe un ruolo non piccolo - che ci port a imboccare questa strada. Un po come succede nella vita. cambiato qualcosa nel modo di relazionarsi con i suoi dipendenti? Nello scenario italiano c una data precisa che ha cambiato i rapporti in fabbrica, rendendoli pi complessi: il 1968. Devo per dire che qui,

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NOME: Massimiliano Pellacini NATO IL: 27/04/1943 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Tutta la sua vita lavorativa si concentrata nella ditta Pellacini Sergio & Figli, ereditata dal padre e specializzata soprattutto nella produzione di macchine per la lavorazione dei succhi di frutta e del pomodoro.

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idee e iNveNtiva per stare sUl merCatO


Le macchine industriali prima si pensano e poi si realizzano. Gianni Melli ha sempre fatto entrambe le cose. Ha iniziato a lavorare giovanissimo, nei primi anni Sessanta. Con passione e umilt. Pi che un operaio, stato un inventore, uno degli ultimi nel suo settore. Qual stato il suo primo lavoro? Avevo iniziato alla Fasma, una piccola ditta che realizzava mobiletti pensili per cucine. Ero molto giovane, 14 anni; ero appena uscito da una scuola daddestramento professionale. Le mie vere passioni per erano la meccanica e lelettronica. Quindi decisi di cambiare lavoro. E arriv alla Comaco... S, nel 1968 trovai un posto alla Comaco, unazienda di Montecchio nata un anno prima. Si progettavano le macchine e le linee complete per il confezionamento dei prodotti nei settori dellindustria alimentare e chimica. Lei pu essere definito come un vero pionere... proprio cos. Fui uno dei primi dipendenti della ditta. Proprio questo fatto agevol il mio lavoro: cera tutto da inventare, si sperimentava strada facendo. Per prima cosa costruii il mio banco di lavoro. Poi mi impegnai nella costruzione delle prime macchine: una riempitrice e una aggraffatrice per olio alimentare in barattoli da un litro. Subito dopo venne laggraffatrice per i barattoli da 5 kg per pomodoro pelato. Ogni progetto aveva i suoi problemi e ci si doveva arrangiare per risolverli. Per le macchine dallora erano semplici, almeno rispetto a quelle doggi. I rapporti di lavoro in ditta comerano? Buoni. Ci si sentiva come in una grande famiglia, senza troppi problemi. In poco tempo ero gi diventato capofficina, senza che io avessi richiesto la promozione. Con gli altri operai cera collaborazione: ciascuno portava le sue idee e si discuteva insieme. Limpegno comunque era notevole. La gran parte del lavoro arrivava destate, perci non ci si poteva permettere di andare in ferie, se non a settembre o a ottobre. Poi cosa accadde? Successe che lazienda crebbe molto: cera sempre pi lavoro. Cos, dopo ventanni, essendo entrato in societ con altri 40 dipenper ideato e costruito tutto per conto mio. Alla Sima come si lavorava? Bene. Si cercava di fare sempre meglio e pi velocemente. Ma dopo una decina danni ci trovammo in difficolt: si dovevano reinvestire molti soldi e pian piano i soci si tirarono fuori. Io ero lunico disposto a continuare. Vendemmo la ditta al Gruppo Simpack - Milano. Rimasi per un paio danni con la nuova propriet ma poi decisi, dopo pi di 37 anni di lavoro, di andare in pensione. Il lavoro le mancava? S, infatti non abbandonai completamente il settore. In Comaco uno dei dirigenti, Castagnetti, mi fece una proposta: E se progettassimo una nuova macchina aggraffatrice?. Accettai con entusiasmo. Sviluppai il progetto con un disegnatore - io non so usare i computer, ho sempre fatto tutto a mano - e realizzai il modello della macchina in legno in scala 1:1. Sperimentai molto e ideai soluzioni allavanguardia. Nellattivit da lei svolta conta pi la qualit o la quantit di lavoro? La qualit, senza dubbio. Ogni macchina deve essere personalizzata con particolare attenzione alle condizioni di impiego. Per questo cerco sempre di innovare e sperimentare. di Diego Dalla Costa 187

Gianni Melli
denti, decidemmo di vendere tutto: la Comaco pass al gruppo Sasib Bologna e tutto cambi. Non cera pi lo stesso rapporto tra direzione e operai. Io mi occupavo del collaudo e della consegna delle macchine, ma non riuscivo a lavorare pi come un tempo. Volevo cambiare mestiere. Successe viceversa che altri dipendenti della Comaco decisero la stessa cosa. Uscimmo in sei e fondammo la Sima, rimanendo nel settore. Nella nuova azienda che ruolo ricopriva? Ero amministratore unico. E finii nelle grane. Un giorno arrivarono i carabinieri a casa mia per verificare se avessi rubato dei progetti dalla precedente ditta; progetti che erano stati elaborati da me. Ma io non avevo alcun progetto: le mie idee le tenevo in testa, non avevo bisogno di metterle su carta. Alla fine tutto quello che trovarono fu un disegno di un cam-

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NOME: Gianni Melli NATO IL: 17/02/1946 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Fu il primo operaio, poi capofficina, della Comaco, azienda produttrice di macchine per il confezionamento di prodotti alimentari e chimici. Successivamente, con altri dipendenti fuoriusciti da Comaco, fond la Sima.

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CONserve: il fUtUrO NellimpiaNtistiCa


Per oltre trentanni Ivor Fuschi ha prestato la sua opera fra le pi grandi aziende del territorio parmense che producevano e producono macchine per il settore conserviero. Dalla Comaco (in cui stato area manager e poi direttore commerciale) alla Bronzoni, dalla Manzini (allinizio in veste di direttore commerciale e marketing, del settore Packaging, per poi passare alla direzione commerciale generale dellazienda) alla FBR-ELPO, dove tuttora opera. La sua conoscenza delle macchine per la trasformazione dei prodotti agroalimentari, soprattutto di pomodoro e frutta, quindi molto vasta. Cosa si intende per conserva e in che modo si ottengono i prodotti conservati? Una conserva data da un prodotto, come dice la parola stessa conservato; nel parmense per indicativo soprattutto per il concentrato di pomodoro, ottenuto attraverso leliminazione del liquido da un prodotto composto da acqua e polpa. Il processo per fare una conserva ha origine nel momento in cui si raccoglie la materia prima - ad esempio pomodoro e frutta - fino alla realizzazione di un prodotto completo, come una passata nel caso del pomodoro, o un succo nel caso della frutta. Prendiamo il caso del pomodoro: si inizia con la raccolta per passare al trasporto nellindustria trasformatrice, dove viene trattato. Qui si ottiene la polpa, che viene poi sterilizzata e confezionata, nel nostro caso in asettico. Com cambiato negli anni il modo di conservare i prodotti? Da una conservazione tradizionale in bottiglie, con scatole e vasi di vetro, siamo arrivati ai contenitori flessibili e asettici. Questa innovativa tecnologia apparsa negli anni 80 e ha sostituito parte dei contenitori rigidi, citati prima, per il riempimento di contenitori flessibili presterilizzati, la cui capacit va dai 3 ai 1.000 litri. I sacchi utilizzati, perch di questo che si sta parlando, vengono contenuti, una volta riempiti, in cartoni per capacit che vanno dai 3 ai 20 lt, in bidoni troncoconici per capacit di 200 litri e infine in bins per quelli da 1.000 litri. Comera il mercato quando ha iniziato a operare in questo settore? Molti anni fa la maggior parte delle industrie C unesperienza che ricorda con particolare piacere? Le esperienza particolari sono state innumerevoli, ma quella che mi fa pi piacere ricordare sono i primi giorni di lavoro in CO.MA.CO. Il ragioniere Gelati - allepoca consigliere delegato - mi aveva invitato a visitare con lui, in piena campagna del pomodoro, alcune aziende salernitane specializzate nella conservazione del pelato. Provenendo da un altro settore, il primo approccio fu traumatico; mi feci per convincere da Gelati a insistere in questa attivit, facendo al contempo tesoro dei consigli che nel frattempo mi dava, che risultarono importanti per proseguire il mio lavoro. Oggi che obiettivo si pone chi lavora nel settore conserviero? Il presente e il futuro dellindustria conserviera, e del nostro settore che la serve, volto alla ricerca di prodotti che mantengano sempre di pi le caratteristiche originali dei prodotti da trattare. Questo si pu ottenere migliorando limpiantistica per il trattamento della materia prima, il riempimento e la conservazione. Deve esserci un trattamento industriale che danneggi sempre meno aromi e sapori del prodotto fresco. questa la sfida dei costruttori di impianti conservieri: fare un prodotto migliore con macchine sempre pi sofisticate. di Alessandro Trentadue 189

Ivor Fuschi
conserviere erano diffuse in alcuni paesi europei, come Spagna, Turchia, Grecia, ecc..., oltre che, ovviamente, Italia e in alcune aree extraeuropee come Stati Uniti e Centro Sud America. E oggi, invece, cos cambiato? Con il tempo sono comparse industrie del settore in molti Paesi in via di sviluppo, come India, Pakistan, Iran, Nord-Centro e Sud Africa, fino all exploit della Cina. Oggi l80% delle nostre vendite interessa le esportazioni, mentre solo il 20% diretto al mercato italiano. La nostra clientela, a volte, fa grandi investimenti che non ripete con frequenza, dato che i macchinari da noi prodotti durano nel tempo. Ad esempio, proprio questanno, ci giunta una richiesta per alcuni pezzi di ricambio di un impianto che avevamo venduto in Arabia Saudita nel 1968.

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NOME: Ivor Fuschi NATO IL: 08/06/1945 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Attualmente consigliere delegato nel Cda della FBR-ELPO. inoltre direttore commerciale dellazienda, per la quale si occupa anche della pubblicit e dellimmagine aziendale e istituzionale.

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1.4

qUaNdO lavOrare sigNifiCa viaggiare


Franco Piazza ha iniziato la sua attivit nel 65 come disegnatore meccanico della FBR; dopo la chiusura della ditta, negli anni 80, si dedica al packaging. il fondatore della Labs, che dirige insieme ai suoi due figli. Lei ha il merito di aver seguito lo sviluppo della prima pelatrice per pomodori. Cosa ricorda di quellesperienza? La FBR stata la prima azienda a realizzare una macchina per pelare il pomodoro. Nel Sud Italia era concentrato circa il 95% della produzione nazionale di pomodoro pelato e le operazioni di pelatura erano eseguite manualmente. Con una macchina molto semplice, denominata a bicicletta perch costituita da un rullo gonfiato che ricordava una ruota, si fatta una rivoluzione nel modo di lavorare, introducendo la prima pelatura meccanica. Nel campo commerciale che professionalit ha maturato? Trentanni fa il nostro lavoro era cadenzato dalla stagionalit: da luglio a settembre si seguivano le operazioni di messa in funzione degli impianti mentre da settembre in poi si eseguivano le manutenzioni e ci si occupava dellattivit commerciale in vista della stagione successiva. Ho avuto la possibilit di spaziare e seguire tutti i campi di attivit, ad eccezione della parte amministrativa, alternandomi fra il ruolo di tecnico e tecnico commerciale. Questo aspetto stato fondamentale ai fini della mia crescita professionale e mi ha permesso di conoscere e toccare con mano le problematiche legate allattivit. Inoltre ero per oltre 100 giorni allanno in viaggio per il mondo. Come giudica i rapporti commerciali con lestero? Durante la mia attivit ho lavorato con oltre 50 Paesi diversi, dove mi sono sempre recato personalmente. Oggi, data la dimensione di LABS e la tipologia dei prodotti che produciamo, lavoriamo ancora prevalentemente sui mercati esteri dove ancora possibile trovare clienti e realt in crescita, che necessitano di completare linee e investire su nuovi impianti con soluzioni innovative. Ha riscontrato problematiche tecniche allinizio della sua attivit? Le difficolt nel nostro lavoro non sono mai mancate, ma fin dallinizio ho imparato ad affrontarle con passione ed entusiasmo, senza cos semplice. Innovare divenuto difficile. Ricordo inoltre che i clienti erano pi disponibili e collaborativi; Lerrore era considerato meno grave rispetto ad oggi. C un episodio, fra i tanti che ha vissuto, che ricorda in modo particolare? Uno soprattutto mi ha molto rammaricato. Con LABS ho introdotto a Parma un nuovo sistema di ricevimento per pomodoro, chiamato Stone Blocker, che permette di lavorare senza soste. Purtroppo, nonostante noi fossimo aperti ad ogni forma di collaborazione, praticamente tutti hanno preferito il plagio alla cooperazione. Quel che pi mi ha deluso stato vedere che anche importanti dirigenti di aziende clienti hanno preferito acquistare macchine con identiche caratteristiche da altri fornitori. Qual il consiglio per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro? Io auguro ai giovani di trovare un lavoro che piaccia, di non pensare solo al ritorno economico e non guardare sempre lorologio mentre si lavora. Vorrei ricordare, con grande emozione, Gianni Bertonelli, fondatore della FBR, una persona che ha sempre lavorato con gioia e che in questo modo mi ha insegnato a operare con professionalit e seriet. di Francesca Di Marco 191

Franco Piazza
fatica. Certamente il lavoro richiede enormi sacrifici e amore per la propria attivit; la dedizione al lavoro senzaltro fondamentale per avere successo. stato difficile conciliare il lavoro con la famiglia? Molto difficile. Il lavoro mi ha costretto, per lunghi periodi, ed essere distante da mia moglie e dalla mia famiglia anche in momenti particolarmente significativi. Da sempre in questo settore c carenza di tecnici in quanto i sacrifici richiesti e i lunghi periodi di trasferta rendono molto difficile instaurare e mantenere rapporti familiari. Che cosa cambiato oggi nel settore rispetto al passato? Io ricordo che allinizio proponevamo ogni anno uninnovazione mentre oggi non pi

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NOME: Franco Piazza NATO IL: 10/07/1946 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Dopo unesperienza trentennale nel settore agroalimentare, fonda la Labs dove si realizzano impianti per la trasformazione e la conservazione di frutta, pomodoro e vegetali.

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1.4

la graNde sfida di aUtOmaZiONi NerONi


Per quasi quarantanni Giancarlo Neroni ha realizzato gli impianti elettrici per il funzionamento delle macchine delle pi grandi aziende dellimpiantistica agroalimentari di Montecchio, contribuendo notevolmente alla crescita delle automazioni industriali e allespansione del settore. Signor Neroni, come ha avuto inizio la sua attivit? Dopo la classe terza dellistituto professionale ho trovato subito lavoro come apprendista nellazienda Radio Boni di Montecchio, un piccolo venditore di televisori, apparecchi radiofonici ed elettrodomestici, che si occupava anche della manutenzione di impianti idraulici ed elettrici dellospedale Ercole Franchini di Montecchio Emilia (Reggio Emilia). Ero un tuttofare, facevo riparazioni e manutenzioni di impianti elettrici per varie ditte nelle vicinanze. E da bravo apprendista mi toccava anche pulire il locale di lavoro. Com entrato in contatto col settore agroalimentare? Mentre lavoravo da Boni ho partecipato alla costruzione degli impianti di produzione per la Cirio, commissionati dalla ditta Bronzoni, che era allavanguardia nel settore delle automazioni; si trattava di macchinari impiegati per la riduzione di manodopera attraverso meccanismi automatici messi in funzione da quadri elettrici. Di cosa si occupava precisamente? Progettavo, costruivo e collaudavo i quadri elettrici che comandavano le macchine impiegate principalmente in frantoi e fabbriche della trasformazione del pomodoro. Lei stato uno dei primi impiantisti della zona a mettersi in proprio, vero? Proprio cos, sono stato il primo. Era il 1970, e poco dopo lavvio della mia attivit sono entrato in contatto con la Zecchetti, la prima azienda di Montecchio che diede lavvio alla produzione di macchine per la palettizzazione di vasi e scatole vuote e piene. Ho lavorato per la Zecchetti costruendo i quadri di comando per le macchine destinate alla Star e ad altre ditte del settore alimentare. Quando poi nata la Co.ma.co, ho proseguito in questa attivit, realizzando gli impianti programma. Un notevole risparmio di tempo e costi. Come considera il mercato attuale? Rispetto agli inizi, oggi si trova facilmente tutto quello che serve per questo tipo di lavoro. Mi riferisco, soprattutto, alla componentistica: prima solo le nazioni industrialmente avanzate avevano le tecnologie pi sofisticate. Tuttavia questa grande disponibilit di materiale ha comportato anche qualche aspetto negativo: innanzitutto esiste molta concorrenza non qualificata che le aziende prendono in considerazione perch guardano solo allofferta e vogliono spendere meno. Il rischio che la garanzia e laffidabilit del nostro prodotto vengano vanificate. Sua moglie Ivonne lavora al suo fianco da trentanni. Lavoro e famiglia possono dunque coincidere... Sono davvero matto, non crede? Scherzi a parte, Ivonne rappresenta il cuore dellazienda. Ha cominciato a lavorare quando eravamo fidanzati, nel 1978: le ho insegnato ad assemblare e costruire quadri elettrici. Col tempo si dedicata a seguire lufficio e ora si occupa della parte amministrativa del nostro gruppo. Oggi posso dire che davvero insostituibile. di Alessandro Trentadue 193

Giancarlo Neroni
elettrici delle macchine per il riempimento e laggraffatura di barattoli e scatole. Quali sono state le innovazioni pi rilevanti nel settore dellimpiantistica elettrica? Negli ultimi venticinque anni c stato uno sviluppo incredibile della tecnologia: dallelettromeccanica si passati al dominio dellelettronica sofisticata con una serie di sistemi digitali che hanno esaudito la richiesta sempre pi ingente di velocit nella produzione. Se prima unaggraffatrice realizzava solo cento scatole al minuto, adesso arriva a farne anche millecinquecento. Unaltra grande innovazione la tele-assistenza: un servizio grazie al quale i nostri clienti, sia in Italia che allestero, si collegano con il cellulare direttamente a noi e dalla nostra sede troviamo lerrore o modifichiamo il

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NOME: Giancarlo Neroni NATO IL: 14/10/1948 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Titolare dellazienda Automazioni Neroni Giancarlo, da lui fondata nel 1970, nella quale si occupa dei setori produzione, acquisti e vendite.

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I Pionieri

1.4

i miei valOri: lONest e la prOfessiONalit


Giacomo Magri, 61 anni, ha costituito nel 1984 lACMI, azienda che oggi leader in Italia nella costruzione di palettizzatori per casse e fardelli destinati, soprattutto, allindustria delle bevande. Signor Magri, come avvenuto il suo approccio al mondo del lavoro? Ho esordito nel settore degli imballaggi e dellimbottigliamento a 21 anni, entrando nella ditta Berchi di Sala Baganza, dove gi a 23 anni ero responsabile di produzione. Nel mio dna cera per la professione di tecnicocommerciale, cos a 26 anni ho lasciato la Berchi e ho intrapreso una nuova strada. Per dieci anni ho svolto il ruolo di commerciale, viaggiando in tutta Italia. Ho sempre lavorato con professionalit, riuscendo a ottenere la fiducia da una clientela affezionata che mi ha seguito anche nella nuova avventura. Si riferisce allAcmi? Esattamente. A 36 anni ho formalizzato lACMI, perch pensavo che ci fosse spazio in quel campo imprenditoriale. Il settore in cui siamo entrati era quello degli imballaggi e dellimbottigliamento, specializzandoci nella costruzione di macchine incassatrici, palettizzatori e depalettizzatori. Come sono cambiate nel corso degli anni le relazioni lavorative allinterno dellazienda? Oggi indispensabile avere dipendenti qualificati sia in fase progettuale che costruttiva, ma ancor di pi avere personale che sposi la filosofia dellazienda. Per questo inseriamo nel nostro organico giovani che crescano al nostro interno. Quattro degli attuali cinque dirigenti hanno avuto il primo impiego proprio in ACMI. Potrebbe raccontarci un episodio della sua carriera che ricorda con maggiore affetto? Quando abbiamo creato lACMI non avevamo nemmeno la carta intestata per fare le fatture. Un cliente, ricevendo la carta non intestata, mi ha dato un acconto di 200 milioni di lire, sui 280 milioni che doveva pagare, dicendomi che sicuramente in quel momento avevo bisogno di liquidit. Questo episodio stato determinante, perch mi ha dimostrato che lavorando con onest si riceve la fiducia delle persone. tutto, dei clienti, che sono il nostro punto di riferimento costante e che abbiamo sempre cercato di soddisfare. Alla luce di quanto detto, quale consiglio darebbe ad un giovane che entra oggi nel mondo del lavoro? Penso che oggi sia fondamentale avere un certo grado di cultura e la predisposizione per un determinato lavoro. Nonostante si stiano perdendo certi valori, e lunico obiettivo sembra quello di accumulare soldi in breve tempo, penso che letica e lonest continuino ancora a fare la differenza. Come ha coniugato nel corso della sua vita la famiglia e il lavoro? Mi sono sposato molto giovane, a 24 anni, e finora sono riuscito perfettamente a portare avanti il rapporto con mia moglie, nonostante lei lavori e io abbia passato molto tempo lontano da casa. Abbiamo un solo figlio, che ha 37 anni ed impegnato con me in azienda. Con lui ho un rapporto molto intimo e trasparente, e sono orgoglioso che abbia deciso di entrare nellattivit avviata dal padre. qui con noi da quando aveva 16 anni e, dopo essere passato dalle officine e dallufficio tecnico, oggi si occupa del settore commerciale e del marketing. di Vincenzo Pirillo 195

Giacomo Magri
Quali sono stati i cambiamenti tecnologici che hanno coinvolto maggiormente lazienda? Di certo a livello tecnologico c stata una rivoluzione. Nel settore della palettizzazione una volta si costruiva a livello artigianale, mentre oggi un ingegnere impiega due mesi di lavoro solo per la fase di progettazione. Il segreto stato quello di riuscire a costruire in maniera industriale macchinari altamente sofisticati. Come sono cambiati invece i rapporti imprenditoriali rispetto al passato? Sicuramente oggi il mondo sta cambiando e le persone hanno altri principi. Anche a livello imprenditoriale sta diminuendo la professionalit. Ma noi continuiamo a puntare sulla seriet e letica degli affari nei confronti di lavoratori, fornitori e, soprat-

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NOME: Giacomo Magri NATO IL: 31/01/1948 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Presidente dellazienda ACMI da lui fondata allet di 36 anni. Oggi lazienda leader in Italia nella costruzione di palettizzatori destinati allindustria delle bevande.

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I Pionieri

1.4

la PAROLA DORDINE: INNOVAZIONE CONtiNUa


Oltre alla lunga e pluripremiata militanza in aziende per la trasformazione del pomodoro e di altri prodotti alimentari, la grande esperienza e conoscenza del settore di Francesco Maini testimoniata da due prestigiosi titoli: dal 1999 al 2004 stato infatti presidente del Gruppo Pomodoro dellAIPA (Associazione Industriale Prodotti Alimentari) e presidente dellINCA (Istituto Nazionale Conserve Alimentari) dietro la nomina del Consiglio dei Ministri. La parte pi lunga e importante della sua carriera si svolta alla Boschi Luigi e Figli, dove ha lavorato per pi di ventanni. Ci racconti. Sono entrato nella Boschi Luigi e Figli nel 1981. Lazienda era una realt unica anche a quei tempi perch possedeva gi una linea completa e varia di prodotti, spaziando dal pomodoro ai succhi di frutta, dalle salse alle bevande come il the, dai sughi alle zuppe. Sono stato direttore generale della Boschi fino al 1996, anno in cui sono diventato amministratore delegato dello stabilimento acquistato dallazienda a Felegara (ex Campbell, lindustria produttrice di zuppe). Fino al 2004 sono stato amministratore delegato della Boschi e presidente di Italagro, societ portoghese acquisita nel 1998. Qual era il suo ruolo nellazienda? Ho sempre svolto unattivit con una base sia tecnica che commerciale. Per quanto riguarda laspetto tecnico, mi occupavo dellimpiantistica, in particolare di innovazioni e ricerche rivolte allo sviluppo tecnologico degli impianti necessari per la trasformazione di diversi prodotti alimentari. Il mio ruolo commerciale, invece, mi faceva intervenire nei grandi contratti: nel 2000, per esempio, stato avviatp dalla Boschi un accordo con lUnilever, il pi grande gruppo alimentare a livello mondiale, per produrre il the Lipton in plastica, carta e lattine per Italia, Francia e Germania. In entrambi gli ambiti, il mio compito era quello di dare direttive sui prodotti da trattare e sul modo in cui trattarli. Quale episodio della sua carriera ricorda con pi orgoglio? A dire il vero me ne vengono in mente pi di uno. Quando lavoravo alla Boschi ad esempio abbiamo realizzato con la Rossi & Catelli il primo impianto in asettico per il riempimeno e che allo stesso tempo garantiscano una durata di conservazione del prodotto pari a quella del vetro o della banda stagnata, senza creare preoccupanti problemi di smaltimento. Questo permetterebbe di ridurre gli altissimi costi dellenergia che viene impiegata nel settore alimentare, aumentati ancora di pi dopo lultima impennata del prezzo del petrolio.

Francesco Maini
mento del th in bottiglie di plastica. Era il 1998, ed eravamo dei precursori perch allora le altre aziende usavano i conservanti per mantenere fresca la bevanda in bottiglie rigorosamente di vetro. Ancora prima, nel 1982, abbiamo realizzato limpianto per la produzione della passata di pomodoro Pom, marchio che passato alla storia. E sempre dalla collaborazione Boschi e Catelli, nel 1984 nato limpianto per confezionare la polpa di pomodoro in poliaccoppiato, con il marchio Pomito. Su quali obiettivi deve puntare lindustria agroalimentare in futuro? Si deve lavorare molto sulle politiche ambientali che oggi sono strategiche per unazienda. Mi riferisco ad esempio alla gestione degli imballaggi. Occorre realizzare confezioni a bassissimo impatto ambientale che inquinino di

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NOME: Francesco Maini NATO IL: 14/03/1949 RUOLO: Attualmente vicepresidente della Tomato Farm, industria per la trasformazione del pomodoro di Alessandria fondata nel 2006. inoltre presidente della societ di consulenza industriale Tecnofood di Salsomaggiore, da lui fondata nel 2005.

Pensa che sia possibile nellattivit aziendale coniugare gli aspetti produttivi e quelli del rispetto ambientale? Guardi, io sono anche amministratore delegato della Ferrara Food, unazienda che lavora per la trasformazione del pomodoro, nata un anno fa. Il nostro stabilimento costruito secondo criteri di risparmio energetico, ricoperto interamente con pannelli fotovoltaici, ed situato ad Argenta in provincia di Ferrara, un posto strategico dove nel raggio di 20 km si producono in media cinque milioni e mezzo di quintali di pomodoro allanno. Se prima il 50% veniva portato a Parma e a Piacenza per la trasformazione con ingenti costi di trasporto, adesso si pu lavorarlo sul posto, con unenorme riduzione di tempo, spese e inquinamento. di Alessandro Trentadue 197

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qUaNdO il COmmerCiO UNesperieNZa di vita


Eugenio DallOlio dopo essersi formato professionalmente nellarea tecnicomeccanica alla Oreste Luciani, grazie alla profonda conoscenza delle macchine, passa al settore commerciale. Oggi direttore della Top Can, ditta da lui fondata nel 2003. Quale fu il suo primo approccio con il mondo del lavoro? A 18 anni cominciai a occuparmi della parte produttiva e tecnica presso la ditta Oreste Luciani e dieci anni dopo iniziai la mia attivit come commerciale. Quando lazienda chiuse, convinsi il ragioniere Gelati, consigliere delegato della CO.MA.CO. Spa, ad acquistare il ramo di attivit delle riempitrici e aggraffatrici: questo avvenne, e assieme alla CO.MA.CO., alla Sasib di Bologna e allIng. Luciani fondammo la Luciani Parma, che dopo un anno circa fu acquistata dalla Sasib, unitamente a tutte le aziende del gruppo CO.MA.CO. Subito dopo, il gruppo assunse la nuova ragione sociale di Sasib-CO.MA.CO. Quando decise di fondare una propria azienda? Nell88, non essendo daccordo con la politica aziendale, uscii e fondai la Sima in cui iniziai ad occuparmi di commercio estero, per poi passare alla direzione commerciale. Nel 2003 uscii da Sima insieme ad altri colleghi, fondando la Top Can, ufficio puramente commerciale che vende linee per lindustria alimentare nel mondo. Come avvenuta la sua formazione? La mia formazione deriva dai 10 anni passati alla Oreste Luciani a fianco dellIng. Alfio Luciani, che per me stato un vero maestro; tutto quello che mi ha insegnato, sia nel ruolo di tecnico di produzione sia nellarea commerciale, stato poi fondamentale nel prosieguo della mia carriera lavorativa, perch ho potuto toccare con mano tutte le fasi del prodotto che poi sarei andato a vendere. Questa le mia forza: riuscire a unire le mie approfondite conoscenze sulle macchine che vendevo alla mia innata capacit di convincere gli altri. Quali difficolt ha incontrato durante la sua attivit? Problematiche tecniche vere e proprie non ci sono mai state. Sicuramente cerano difficolt legate alla lingua nei paesi esteri: farsi capire pienamente, allinizio, non stato facile. Altri problemi erano legati allalimentazione e a una serie di disagi che comporta un viaggio allestero. che sia meglio ottimizzare il rapporto qualitprezzo. La qualit, nel medio e lungo termine paga sempre; non si pu credere che macchine a prezzo basso possono essere affidabili e durare a lungo. molto importante avere ottimi tecnici: il prodotto per essere venduto deve prima di tutto convincere i commerciali. Il prezzo importante ma non determinante.

Eugenio DallOlio
Le relazioni imprenditoriali sono cambiate rispetto al passato? S, notevolmente. Oggi nelle aziende di un certo livello non c pi il padrone, comera chiamato il datore di lavoro, che praticamente decideva e acquistava il prodotto. Ora nel settore delle aziende alimentari totalmente diverso, bisogna convincere non pi il titolare dellazienda ma bens 4 o 5 persone: direttore tecnico, direttore di produzione e poi il direttore degli acquisti; se si tratta di una linea particolare anche il direttore generale. Tutto questo deve essere supportato da tante cose: da disegni, da soluzioni tecniche, da aspetti commerciali come finanziamento o pagamento nel medio-lungo termine. Qual il suo giudizio sulla strategia del prezzo pi basso applicato dal mercato? Il prezzo ha un ruolo fondamentale, ma credo

I suoi figli hanno portato avanti la sua professione? Ho due figli ma purtroppo non c continuit. Uno archittetto, laltro inserito in unazienda dove si lavora il marmo. stato difficile conciliare il lavoro con la famiglia? Molto difficile. Ricordo quando mi recavo nei paesi arabi dove il giorno di festa il venerd e io, dopo aver lavorato fino a sera, partivo per lavorare in quei luoghi durante il week-end. E cos la settimana lavorativa non finiva mai. Quale consiglio darebbe ai giovani? Nellattivit commerciale devono imparare bene le lingue, conoscere le macchine, viaggiare in continuazione. Oggi vende chi maggiormente presente sul mercato; le aziende tendono a comprare dai fornitori che vedono spesso o con cui hanno un rapporto personale. di Francesca Di Marco 199

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NOME: Eugenio DallOlio NATO IL: 07/02/1953 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Ha lavorato allOreste Luciani occupandosi prima della sfera produttiva e tecnica e poi del settore commerciale. Nel 2003 ha fondato la Top Can, ufficio commerciale che segue lindustria alimentare.

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I Pionieri

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lOffiCiNa diveNtata leader mONdiale


Unazienda storica la Robuschi SpA, che affonda le sue radici nel 1925 quando il fondatore, Giovanni Robuschi, decise di aprire a Parma una piccola officina per la riparazione di pompe ad uso agricolo. Nel corso degli anni lofficina crescer fino a diventare unazienda leader sul mercato internazionale per la costruzione e fornitura di pompe destinate allindustria, con filiali in diversi paesi esteri. Oggi presidente dellazienda Antonio Robuschi, nipote del fondatore. Da piccola officina la Robuschi si trasformata in una realt internazionale. Quali sono state le tappe principali di questa evoluzione? Quando fu fondata la Robuschi il lavoro era di tipo artigianale e nella sede di via Nino Bixio mio nonno, Giovanni, si occupava principalmente della riparazione di pompe centrifughe. Nel 1934 trasfer lofficina in via Emilia Ovest dove svilupp il settore della ricerca. sempre in questo periodo che iniziano le prime partecipazionI della Robuschi alle fiere di settore, facendo conoscere il nome della nostra azienda anche oltre i confini locali. Le dimensioni dellofficina risultarono ben presto ridotte per lattivit della Robuschi, che si trasfer in una nuova sede in viale Piacenza dove saranno introdotte moderne tecnologie per la produzione di pompe a pistoni contrapposti. Dopo la guerra la ditta cambier nuovamente sede. Questa volta si sposter in piazzale Barbieri e avr inizio lespansione dellazienda sul mercato internazionale. Che tipi di problemi dovette affrontare suo nonno Giovanni per la costituzione dellofficina? Sicuramente il principale problema, che mio nonno dovette affrontare agli inizi dellattivit lavorativa, fu quello di farsi conoscere da un mercato agricolo, dove era presente un interlocutore scarsamente preparato allutilizzo di un prodotto di tipo tecnico. Quali furono gli sviluppi tecnologici pi importanti per la crescita della Robuschi? Il primo step fu il passaggio dalla produzione di pompe per uso agricolo a pompe per uso industriale. Successivamente, tra il 1950 e il 1960, nacquero le pompe per il vuoto, serie RBP, per rispondere alle richieste del mercato locale dellindustria alimentare. Nello stesso periodo furono anche costruiti i prieventuali problematiche nellutilizzo. Nel corso della sua carriera ha notato cambiamenti nei valori che caratterizzano gli ambienti lavorativi? Inizialmente lattivit era artigianale e anche i lavoratori erano artigiani del loro mestiere. Erano in grado di portare avanti autonomamente tutte le fasi produttive, fino a realizzare il prodotto finale su specifica del cliente. Ora il personale tecnologicamente pi preparato e specializzato nella sua area di competenza. Questo risulta essere un passaggio chiave per consentire una crescita importante delle quantit prodotte, mantenendo elevati standard di qualit. Anche lei impegnato nella Robuschi. Giudica importante la continuit familiare nella conduzione aziendale? Ritengo che la continuit familiare nella conduzione aziendale sia importante se si possiede la passione per la propria attivit; unimpresa deve essere curata e gestita come un figlio. Ora, purtroppo, questo non pi sufficiente per garantire il successo della propria azienda; oggi occorre anche effettuare una selezione accurata di un management di alto livello, per essere in grado di evolversi con il mercato. di Erika Ferrari 201

Antonio Robuschi
mi soffiatori a lobi per il trasporto pneumatico di farina, polveri e granaglie alimentari. La nascita e, inizialmente, le varie evoluzioni dei prodotti hanno quindi seguito i bisogni del mercato locale e si sono poi trasformate per soddisfare quello globale. Negli anni 90 unevoluzione importante fu la creazione di pompe e soffiatori assemblati con motore, seguita dalla fornitura di gruppi completi pronti alluso. Le tecnologie informatiche hanno infine modificato il modo di gestire e organizzare sia la parte produttiva che quella commerciale dellazienda. Come cambiato il vostro cliente di riferimento? I clienti sono diventati nel tempo pi esigenti e desiderano avere un gruppo completo di tutti gli accessori per il funzionamento dei macchinari, al fine di evitare

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NOME: Antonio Robuschi NATO IL: 10/07/1963 ESPERIENZA PROFESSIONALE: Entra in azienda dopo la maturit scientifica, assumendo progressivamente le principali cariche: direttore commerciale, direttore generale, amministratore delegato, fino allattuale ruolo di Presidente.

LE POTENZIALIT DEL COMPARTO

PARTE SECONDA

Analisi del Comparto

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ANalisi del COmpartO: il qUestiONariO sOttOpOstO alle imprese


di Massimo Capuccini LItalia il regno delle rilevazioni statistiche; oggi come oggi non esiste notizia nel nostro Paese che non abbia fondamento in un qualche rilievo numerico fornito da questo o quellistituto di ricerca. Questo particolarmente vero per quanto riguarda leconomia, scienza che da sempre confina con la matematica. Eppure, in questo eccesso di offerta spesso si perde qualcosa. Interi settori vengono compresi statisticamente attraverso linterrogazione di poche aziende campione, le quali divengono decisive per fotografare le macro tendenze di economie locali, regionali o nazionali. Ma se si volesse capire nel dettaglio un relativamente piccolo settore come quello preso in esame in questa pubblicazione? partendo da questa domanda che stato realizzato un dettagliato questionario cucito addosso a un settore che a Parma conosciamo bene: il comparto delle tecnologie per lagroalimentare. Le 63 imprese che hanno aderito (il 25% del totale che operano in questo settore) hanno risposto dettagliatamente, offrendo una fotografia molto precisa del comparto. Con questo capitolo non pretendiamo di offrire unindagine con i crismi di una rilevazione statistica ufficiale, ma vogliamo analizzare le risposte che abbiamo ottenuto ai nostri quesiti, consci del fatto che un campione del 25% rappresenta in ogni caso un valore che mai potr essere rappresentato in altri rapporti di questo genere. Si tratta di un primo passo in vista della pubblicazione che verr presentata in occasione di Cibus 2010. Per quellevento lobiettivo di poter offrire una rilevazione basata sul 100% (250 circa) delle imprese che operano in questo settore sul nostro territorio.

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LE POTENZIALIT DEL COMPARTO


2.1.1 La mOrfOlOgia delle imprese Il comparto delle teconlogie per lagroalimentare composta da circa 250 imprese. Di queste 63 (il 25%) hanno risposto al questionario che stato loro sottoposto dal Centro Studi Citt e Democrazia. Lattivit delle aziende stata suddivisa in quattro macro settori: Macchine e attrezzature per il processo di lavorazione dei prodotti agroalimentari; Macchine e apparecchi per il confezionamento e limballaggio impiegati nellindustria agroalimentare; Imballaggi impiegati nellindustria agroalimentare e Macchine, attrezzature complementari e servizi per lindustria agroalimentare. Il primo vede una consistente rappresentanza di imprese nei settori specifci delle macchine per la lavorazione del latte, delle bevande analcoliche e dei prodotti ortofrutticoli con 85 ricorrenze. Il secondo, che risulta essere in assoluto il pi rappresentato con 101 occorrenze (ogni impresa aveva la possibilit di indicare diversi settori di attivit), vede la massiccia presenza di operatori dei settori della movimentazione e del confezionamento. Pi marginali i rimanenti due macro settori che comunque assommano 59 ricorrenze complessive (vedi tabelle a lato). Per quanto riguarda il fatturato, il valore complessivo di queste 63 imprese riferito al 2008 di circa 1,3 miliardi di euro. 33 imprese hanno concorso a questo valore mettendo

Analisi del Comparto

2.1

a bilancio meno di 6 milioni di euro, mentre solo 7 si posizionano in una fascia che sta oltre i 50 milioni di euro. Se ne deduce che il settore caratterizzato da una variet di imprese che vanno da una consistenza medio-piccola (con meno di dieci dipendenti e fino due milioni di euro di fatturato) a grandi imprese con pi di 150 milioni di fatturato e oltre 1000 dipendenti. Nellarco di otto anni (dal 2000 al 2008) la classe di fatturato cresciuta per il 39,65% delle imprese mentre rimasta invariata Andamento fatturato 2000-2008 per il 55,17%, segno che alle dimesioni del fatturato complessivo si accompagna una sostanziale solidit dellintero comparto in termini di performance: solo il 5,15% dichiara, infatti, di aver calatola propria classe di fatturato in questo periodo di tempo. Parlando di solidit delle aziende una considerazione va fatta anche in merito alle forme sociali. Il 44, 26% (26) delle 63 imprese intervistate una Societ per Azioni. Un numero appena poco superiore, 28, si costituito come Srl. Particamente marginale il ricorso ad altre forme societarie come la Snc e la Sas.

Fasce di Fatturato in mln. di euro - Anno 2008

Forma societaria

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LE POTENZIALIT DEL COMPARTO


1 - Macchine e attrezzature per il processo di lavorazione dei prodotti agroalimentari
Segmento Macchine e attrezzature per la raccolta dei prodotti ortofrutticoli e la trebbiatura Macchine e attrezzature per la lavorazione e la preparazione delle bevande alcoliche Macchine e attrezzature per la lavorazione e la preparazione delle bevande analcoliche Macchine e attrezzature per la macellazione e la lavorazione delle carni fresche e conservate Macchine e attrezzature per la lavorazione del pesce e molluschi freschi e conservati Macchine e attrezzature per la lavorazione della canna e barbabietola da zucchero, caff, e altri prodotti per infusi e derivati Macchine e attrezzature per la lavorazione del latte e derivati Macchine e attrezzature per la lavorazione della pasta secca e fresca Macchine e attrezzature per la lavorazione dei prodotto da forno Macchine e attrezzature per la lavorazione dei prodotti dolciari e del cioccolato Macchine e attrezzature per il condizionamento dei prodotti ortofrutticoli freschi Macchine e attrezzature per la lavorazione dei prodotti ortofrutticoli e prodotti derivati conservati Macchine e attrezzature per la lavorazione della frutta secca Macchine e attrezzature varie per la lavorazione di prodotti diversi Macchine e attrezzature per la preparazione di pasti e bevande per alberghi, ristoranti e bar Revisione e commercio di macchine usate per la lavorazione di prodotti agroalimentari Totale Imprese 1 4 15 8 4 1 13 6 4 5 2 13 1 2 4 2 85 Segmento

Analisi del Comparto

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2 - Macchine e apparecchi per il confezionamento e limballaggio impiegati nellindustria agroalimentare


Imprese 3 14 5 15 16 18 3 5 2 12 5 4 101

Macchine e apparecchi che effettuano sui prodotti, prima o dopo il confezionamento primario, operazioni di controllo e selezione Macchine e apparecchi che effettuano sui prodotti, prima o dopo il confezionamento primario, operazioni di pulizia e di conservazione Macchine e apparecchi che effettuano sugli imballaggi primari, sulle chiusure, sugli imballaggi secondari e di spedizione operazioni di controllo e selezione Macchine e apparecchi per la movimentazione dei prodotti prima del confezionamento primario Macchine e apparecchi per la movimentazione degli imballaggi primari, secondari, di spedizione, vuoti e pieni e anche di chiusure, accessori, e materiali per gli imballaggi Macchine e apparecchi per il confezionamento primario dei prodotti alimentari liquidi, densi, in pezzi con liquido di governo Macchine e apparecchi per il confezionamento primario dei prodotti alimentari in polvere e granulari, in pezzi Macchine e apparecchi per il confezionamento secondario e per imballaggi di spedizione Macchine e apparecchi che effettuano operazioni di immagine e di identificazione sugli imballaggi e sui prodotti Macchine e apparecchi di fine linea Macchine e apparecchi vari impiegati in altre fasi del confezionamento e imballaggio Revisione e commercio di macchine usate per il confezionamento e limballaggio Totale

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LE POTENZIALIT DEL COMPARTO


3 - Imballaggi impiegati nellindustria agroalimentare
Segmento Contenitori in acciaio Contenitori in alluminio Contenitori in cartone Contenitori rigidi in materiale plastico Contenitori flessibili e semi rigidi in accoppiati Contenitori flessibili e semi rigidi in alluminio Contenitori flessibili e semi rigidi in carta e cartoncino Contenitori flessibili e semi rigidi in materiale plastico Chiusure (capsule coperchi e tappi) in acciaio e metalli vari Chiusure (capsule coperchi e tappi) in legno e sughero Mezzi ausiliari di chiusura Etichette (etichette, bollini e cartellini) Pallet e imballaggi industriali Totale Imprese 2 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 1 1 16

Analisi del Comparto

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4 - Macchine, attrezzature complementari e servizi per lindustria agroalimentare


Segmento Macchine per produrre imballaggi Impianti per la depurazione delle acque, per la sanificazione,per il trattamento dei rifiuti Impianti per i trattamenti termici Camere Bianche Attrezzature per cambio formato Strumentazione Apparecchi di laboratori Pompe Raccorderia, rubinetteria, valvole Quadri elettrici di comando Contenitori di stoccaggio Stampi e trafile Analisi e consulenza Progettazione conto terzi di macchine di processo e di confezionamento Montaggi e assistenza conto terzi presso lutenza Progettazione di imballaggi Logistica conto terzi Boccaporti - chiusini - vasche di drenaggio Compressori a bassa pressione Impianti a pannelli solari Impianti di sollevamento e ribaltamento Lame per taglio alimenti Tracciabilit e rintracciabilit prodotto Supervisione impianti per ottimizzazione cicli Macchine e attrezzature per sanificazione Totale Imprese 3 4 3 1 1 1 1 3 2 1 2 1 3 1 3 3 1 1 1 1 2 1 1 1 1 43

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LE POTENZIALIT DEL COMPARTO


2.1.2 EXPORT Lexport rappresenta il fiore allocchiello del comparto. Sono 11 le imprese su 63, il 17,4%, che dichiarano di aver realizzato nel 2008 dall80% al 100% del proprio fatturato esportando i propri prodotti. Un risultato senza dubbio notevole, suffragato dal fatto che solo 8 imprese dichiarano di non concentrare il proprio business al di fuori dei confini nazionali. Il principale mercato di riferimento del comparto , come facile immaginare, lEuropa, che raccoglie il 66% delle imprese. Seguono Asia (9,5%) e Stati Uniti (4,7%). Pi marginale il fatturato realizzato sui rimanenti mercati internazionali. Interrogati sulla positivit o meno dei deversi mercati scopriamo che a riscuotere i maggiori consensi lest europeo (46 voti favorevoli e solo 5 contrari) seguito a breve distanza da un agglomerato costituito da Sud America, Giappone e Filippine (39 contro 5). Cina e India insieme rappresentano il fanalino di coda con solo 28 preferenze e ben 15 commenti negativi. Da sottolineare che ad una domanda specifica sugli effetti che lo sviluppo della tecnologia agroalimentare da parte dei paesi emergenti potr avere sulle nostre esportazioni solo 10 imprese li hanno definiti ininfluenti mentre ben 43 li hanno giudicati pericolosi. Parlando di internazionalizzazione l11% delle imprese dichiara di avere una Export del Comparto sede produttiva allestero, mentre esattamente il doppio (22%) dispone di una sede commerciale. In cima alla lista dei Paesi che ospitano una sede produttiva c la Cina, scelta da ben tre imprese, seguita dallUcraina con due stabilimenti. Da sottolinere per che tra coloro che hanno aperto una sede produttiva o commerciale fuori dallItalia altissima la percentuale di chi dichiara di avere avuto problemi: ben il 28,5%. Bassa invece la percentuale di coloro che ricorrono a SACE, agenzia di credito allesportazione, per la copertura dei rischi Utilizzo di SACE per copertura rischi relativi e agli investimenti allestero: 23,6%. 212

Analisi del Comparto

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Imprese che hanno sedi allestero

Il giudizio delle imprese sui mercati esteri

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LE POTENZIALIT DEL COMPARTO


Un capitolo a parte va dedicato alle Fiere, che vedono in ogni caso una massiccia adesione del comparto: su 63 imprese intervistate si registrano 127 partecipazioni ad un totale di 11 fiere internazionali. Considerando che 14 imprese non dichirano affatto partecipazioni, se ne deduce che mediamente ogni azienda ha partecipato a pi di due eventi fieristici nel 2008. Ovviamente la pi frequentata Cibus Tec di Parma, con 31 adesioni. Segue Anuga Tech (18), Emballage a pari merito con Drink Tec (13), Interpack (12), Hispak (11) e Simei (10). Sul fronte dei risultati per il panorama cambia sensibilmente: ad esempio ben il 50% delle imprese che hanno partecipato allIpack Ima di Milano o al Ppma show di Bimingham li hanno definiti insufficienti, mentre Simei (Milano), Hipspak (Spagna) e Cibus Tec si attestano intorno al 25% di giudizi negativi. A fare il pieno di consensi sono fiere come Emballage e Interpack seguite da Anuga di Colonia (con il 88%) e Gia di Parigi (85%). Rapporti con Fiere Internazionali
Fiere Espone Non espone Non risponde Risultati positivi Risultati negativi

Analisi del Comparto

2.1

Cibus Tec - Parma Anuga Food Tech - Colonia Alimentaria - Barcellona Emballage - Parigi Gia - Parigi Interpack - Dusseldorf Drink Tek - Monaco Hispak - Barcellona PPMA - Bimingham Ipack - Milano Simei - Milano

31 18 3 13 7 12 13 11 2 7 10

31 42 56 45 52 48 46 47 57 52 48

1 3 4 4 4 3 4 5 4 4 5

20 17 2 13 6 12 10 8 1 3 7

11 1 1 0 1 0 3 3 1 3 3

ta innovazione tecnologica risultino particolarmente significative: dalle 63 imprese intervistate emerge che mediamente il 7,27% del fatturato viene impegnato in questo settore, anche se va sottolineato che su 41 imprese che investono, 28 stanno sotto il 5%. Da rimarcare anche che un 22% di imprese dichiara di non effettuare investimenti in questo campo, una scelta che nella maggior parte dei casi legata alla dimensione stessa dellazienda, troppo piccola per dotarsi delle strutture necessaImprese che investono in ricerca e sviluppo rie per questo genere di attivit. In questo senso gioca un ruolo importante anche il rapporto con strutture esterne in grado anche di attivare processi di condivisione tecnologica con imprese dello stesso settore. Al primo posto figura la Stazione Sperimentale delle Conserve (SSICA) con la quale il

2.1.3 INNOvaZiONe teCNOlOgiCa Il comparto della meccanica per lagroalimentare necessita per sua stessa natura di un rapporto costante con la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie. Da questo punto di vista osservare il livello degli investimenti in questo determinato settore significa fotografare il grado di competitivit che le imprese hanno o si apprestano ad avere sui mercati internazionali. Non stupisce in questo senso che le percentuali di fatturato destinate alla cosiddet214

Rapporti con strutture di ricerca

215

LE POTENZIALIT DEL COMPARTO


39,6% degli intervistati dichara di avere rapporti che vanno dalla consulenza, allelaborazione di progetti di ricerca. di poco inferiore (33,3%) il numero delle imprese che ricorre invece allUniversit. In questo caso per attivit di analisi laboratoriale e progetti di ricerca scientifica. Le Facolt pi gettonate risultano essere, abbastanza prevedibilmente, quelle di Ingegneria e Fisica. Risulta invece apparentemente in ritardo il ricorso al Parco Scientifico e Tecnologico di Parma con il quale solo 4 imprese sulle 63 intervistate hanno dichiarato di avere rapporti. Va per considerato in questo caso che la struttura entrata in piena attivit solo di recente e che rivolge la propria attenzione prevalentemente alla Piccole e Medie Imprese del territorio. 2.1.4 OCCUpaZiONe Le 63 imprese del comparto della meccanica per lagroalimentare intervistate impiegano complessivamente circa 6.000 addetti (dato riferito al 2008). Di queste 37 (quasi il 60%) hanno fino a 70 dipendenti mentre solo cinque imprese totalizzano da 250 a oltre 1000 dipendenti luna, a testimonianza del fatto che in questo settore operano aziende di dimensioni anche ragguardevoli. La reperibili della mano dopera un problema per il 61% delle aziende, in particolar modo per figure professionali che vanno dai carpentieri, ai tecnici specializzati a progettisti, programmatori e sistemisti.Per quanto riguarda il personale femminile sono poco pi del 60% (38 su 63) le aziende che dichiarano di impiegarne. Abbastanza prevedibilmente il settore nel quale vengono maggiormente impiegate quello commerciale (24 imprese), seguito da quello produttivo (19) e tecnico (14). Identica percentuale, il 60%, per le imprese che dichiarano di fare ricorso a mano dopera straniera. Le provenienze pi ricorrenti sono il Marocco e il Senegal e i risultati professionali sono definiti buoni o suffi-

Analisi del Comparto

2.1

cienti per la quasi totalit delle imprese (37 su 38). Infine sul fronte sindacale si evidenzia qualche sorpresa nei rapporti tra impresa e associazioni. Se vero infatti che il 65% li giudica buoni (di questi il 4% li definisce indispensabili) c un buon 35% che invece segnala delle difficolt nelle relazioni con i sindacati.

Impiego di lavoratori stranieri

Rapporti con i sindacati

Impiego di personale femminile

Settori dimpiego del personale femminile

2.1.5 Il rappOrtO CON assOCiaZiONi, eNti ed istitUti di CreditO Le imprese credono nellassociazionismo, visto che il 92% delle aziende che hanno risposto al questionario sono iscritte ad una associazione imprenditoriale (58 su 63). La pi rappresentativa lUnione Parmense Industriali con 32 iscrizioni (50,79%) cui va aggiunta ai fini statistici due adesioni a Confindustria Reggio Emilia e una a Confindustria nazionale. Con percentuali sensibilmente pi contenute troviamo le imprese artigiane che complessivamente totalizzano il 32% delle adesioni cos ripartite: Cna (Confederazione Nazionale dellArtigianato) 12, Gia (Gruppo Imprese Artigiane) 5 e Apla (Associazione Provinciale Liberi Artigiani) 3. Nel conteggio delle adesioni va tenuto presente che 5 imprese hanno dichiarato una doppia adesione. Se guardiamo al Rappresentativit delle associazioni grado di soddisfazione per il supporto rice217

216

LE POTENZIALIT DEL COMPARTO


vuto dalla propria associazione scopriamo che su 58 imprese iscritte 7 lo definiscono Insufficiente, 21 Sufficiente, 14 Discreto e 11 Buono. 5 imprese preferiscono invece non rispondere. Molto pi contenuta ladesione e la soddisfazione per lattivit delle associazioni di categoria. Sono in tutto 19 le imprese che aderiscono alle sigle (il 30% del totale), ma di queste ben 7 (il 36% delle aderenti) definiscono il supporto fornito Insufficiente, mentre le rimanenti 12 si dividono quasi equamente i giudizi che vanno da Sufficiente a Buono. Importante anche la rilevazione delle opinioni rispetto al rapporto con lente di riferimento per lattivit imprenditoriale sul territorio: la Camera di Commercio. Su 63 aziende 18 non hanno opinioni a riguardo mentre ben 12 (il 19%) ritiene sia Insufficiente, 17 lo considerano Sufficiente, 13 Discreto e 3 Buono. La vera sorpresa arriva dalla rilevazione circa il grado di soddisfazione del proprio rapporto con gli istituti di credito. Ben 36 Imprese (57%) li definisce Buoni, percentuale a cui si vanno ad aggiungere le 22 aziende (35%) che hanno selezionato lopzione Sufficienti. Solo 4 imprese scelgono di definirli Difficili giustificando la propria posizione con uneccessiva rigidezza dei rapporti resi pi complessi dallentrata in vigore delle norme relative a Basilea 2. Questultimo dato sembra dunque invertire, o quantommeno ridimensionare, il luogo comune secondo cui le imprese tendono ad avere un rapporto conflittuale con le banche poich queste sono poco propense ad investore e credere nellazienda.

Analisi del Comparto

2.1

Rapporto con le associazioni Imprenditoriali

2.1.6 Le OpiNiONi delle imprese Come vedono il futuro le 63 imprese che hanno aderito a questo progetto? Anche da questa semplice domanda arriva qualche sorpresa. Contrariamente alle aspettative infatti sono solo 2 le imprese che scelgono la definizione Negativo. In 12 lo definiscono Incerto e ben 31 addirittura Positivo. Si tratta di una posizione che certamente identifica meglio di altre il buono stato di salute complessivo del comparto. Per quanto riguarda il progetto sulle tecnologie agroalimentari promosso dal Centro Studi Citt e Democrazia il questionario chiedeva alle imprese di indicare al massimo due priorit di realizzazione rispetto a diversi obiettivi. In questo caso hanno riscosso maggior consenso il rilancio della cooperazione internazionale (27 Come vedono il futuro le imprese? preferenze), il dotarsi di un Piano di promozione diretto del comparto (25 prefe-

Rapporto con gli istituti di credito

Il rapporto con la Camera di Commercio

Le priorit delle imprese

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219

LE POTENZIALIT DEL COMPARTO


renze) e la promozione generale del Marchio Parma (20 preferenze). Pi distanziata lopzione di costituire un distretto (14 preferenze) e la creazione di un museo delle tecnologie agroalimentari (1 preferenza). Rispetto allobiettivo di Citt e Democrazia di coinvolgere nel sostegno al settore il Comune, la Provincia, la Camera di Commercio, lUniversit e le associazioni imprenditoriali, le aziende interpellate si sono espresse positivamente nel 89% dei casi (57 risposte lo definiscono auspicabile) mentre solo 6 (9,5%) risponde utopistico. Infine stato chiesto alle imprese di mandare in forma libera un messaggio alle istituzioni affinch si adoperino per il sostegno dellintero comparto delle tecnologie agroalimentari. Dalle 29 imprese che hanno deciso di rispondere emerge la necessit di avere meno burocrazia, meno politica e maggiore sostegno diretto alle aziende attraverso azioni a favore dellexport e della ricerca. 2.1.7 CONClUsiONi Il comparto delle tecnologie per lagroalimentare solido, dinamico, investe in innovazione e si muove con successo sui mercati internazionali. Gli imprenditori che ne fanno parte hanno un buon rapporto con gli istituti di credito e sono generalmente ottimisti sul futuro del proprio business. La fotografia che emerge dalla prima rilevazione effettuata sul 100% delle aziende che hanno aderito al progetto del Centro Studi Citt e Democrazia lascia per molti aspetti stupiti, anche se a ben vedere, non sorpresi. Questo un settore che sempre stato definito trainante per la nostra economia, vero e proprio fiore allocchiello di un territorio che ha saputo costruire accanto alle tipicit dei propri prodotti unindustria capace e ricca dinventiva. Semmai la novit rappresentata dal fatto che per la prima volta unindagine legge il comparto trasversalmente, mettendo sullo stesso piano imprese con meno di dieci dipendenti e imprese con pi di mille, per ottenere una visione dinsieme di questo ampio settore. E allora, al di l dei risultati pi eclatanti, ecco emergere i temi decisivi per il futuro del comparto. In primo luogo il lavoro. Sono troppe le imprese (il 61%) che denunciano la difficolt nel reperire le figure professionali necessarie. Non avere figure professionali idonee impoverisce limpresa e la espone a subire concorrenza da territori dove pi facile reperirne. Questa una sfida che il sistema delle istituzioni del territorio deve raccogliere e vincere, in primo luogo sul piano delle formazione professionale, in secondo luogo su quello della capacit di attrazione della manodopera specializzata da altri territori. Sempre in tema di lavoro c un margine significativo anche per migliorare i rapporti tra imprese e sindacati, miglioramento auspicabile proprio nel senso di saper fare sistema tra le associazioni del territorio. Sul fronte delle relazioni con le associazioni imprenditoriali si evidenzia lauspicio da parte delle aziende di un miglioramento dei servizi. Il punto di vista del Centro Studi che in certa misura occorre individuare un ambito dove si possa ragionare in termini di 220

Analisi del Comparto

2.1

filera e non di singola categoria merceologica. A questo comparto occorrono politiche di ampio respiro, pensate intrecciando le diverse necessit di imprese che possono essere o non essere in concorrenza tra loro, ma sempre sono fornitrici di uno stesso cliente. questa la proposta forte che nasce dal progetto che Citt e Democrazia intende porre allattenzione di tutti gli attori coinvolti in questo settore e del quale questo libro rappresenta un primo passo. E che questo lavoro si stia muovendo nella giusta direzione lo possiamo avvalorare andando ad analizzare le opinioni delle imprese. Non solo si auspica che questo progetto possa essere portato a termine ma si indica chiaramente che le politiche future dovranno andare nella direzione di una promozione diretta del comparto e generale del Marchio Parma. Questo ci chiedono le imprese, questo abbiamo il compito, come rete di istituzioni, associazioni, enti e soggetti che operano su questo territorio, di raccogliere, interpretare e realizzare per il futuro di Parma e della sua gente.

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I CENTRI DI SUPPORTO E DI FORMAZIONE

PARTE terza

Le Fiere di Parma e Cibus Tec

3.1

LE FIERE di PARMA E IL CIBUS TEC


3.1.1 - La NasCita delle Fiere di Parma Negli anni venti il territorio parmense aveva sviluppato un sistema produttivo di eccellenza per lattivit conserviera: non solo Parma primeggiava nella coltivazione e lavorazione del pomodoro nel 1936 i settanta stabilimenti presenti nel territorio fornivano quasi un terzo della produzione nazionale di estratto del prodotto ma presentava anche unindustria metalmeccanica altamente specializzata in macchine per la sua lavorazione. Un tale sviluppo richiese, ben presto, la costituzione di un ente, che attraverso una fiera annuale, fosse in grado di fornire agli imprenditori conoscenze tecniche e scientifiche e momenti di confronto. A sostenere questa iniziativa furono la Stazione Sperimentale per lIndustria delle Conserve Alimentari, il Comune e la Provincia di Parma e il Consiglio delle Corporazioni, che diverr in seguito la Camera di Commercio. Nel 1939 sar, quindi, costituita la Mostra delle Conserve Alimentari, un Ente autonomo con personalit giuridica, fornita di proprio statuto. Come presidente fu designato Mario Mantovani e come segretario generale Franco Emanuele, incaricato della realizzazione della Mostra. Nella prima riunione del 1939 il Consiglio di amministrazione decise di realizzare, gi lanno seguente, la prima manifestazione, ma il progetto dovette essere rimandato a causa dellentrata in guerra dellItalia e della mancanza di un reale spazio espositivo; la sede era stata individuata nel Padiglione A, ledificio neoclassico situato allinterno del Parco Ducale, che il Comune ultim solo nel 1941. La prima manifestazione pot, quindi, essere realizzata nel 1941, dal 18 maggio al 1 giugno. Lesposizione fu chiamata Mostra Autarchica per scatole e imballaggi per conserve alimentari, e presentava due sezioni: Scatole e imballaggi, e Sprechi e Recuperi. Tale scelta fu causa dalla particolare situazione contingente del periodo bellico: durante la guerra era emersa la necessit di sostituire la banda stagnata, utilizzata per gli imballaggi, con materiali nazionali, meno cari e pi facilmente reperibili rispetto allo stagno di cui il sistema autarchico aveva bloccato le importazioni. Alla manifestazione parteciparono oltre cento espositori e tale risultato, conferm la manifestazione anche per il 1942, estendendola a tutto il comparto dellindustria conserviera, dalla materia prima, ai prodotti, alle macchine, fino agli imballaggi. Con questa scelta la Mostra di Parma si afferm come unica al mondo nel suo genere: la Mostra delle Conserve Alimentari era la sola dedicata al settore conserviero e lunica a coinvolgere tutto il relativo ciclo produttivo. Il successo dellevento fu notevole. Il Consiglio di Amministrazione era intenzionato a 225

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


ripetere lesposizione anche lanno successivo, ma lavanzare della crisi, causata della guerra mondiale, compromise questa possibilit. I bombardamenti su Parma danneggiarono seriamente la struttura e i tedeschi, che la occuparono, lasciarono tracce pesanti del loro passaggio. Con la fine della guerra, lEnte fieristico si trov in grave crisi finanziaria, ma ancora una volta fu il particolare periodo storico a dare nuova linfa alla realizzazione della mostra. La guerra aveva lasciato dietro di s condizioni alimentari difficili, e seri problemi per lindustria conserviera. Nel 1947 fu ricomposto il Consiglio di Amministrazione ed eletto presidente Giuseppe Micheli; gli enti locali e la Camera di Commercio rinnovarono i finanziamenti La prima sede delle Fiere di Parma nel Parco Ducale (Tito Peretti, 1952) e nel 1949 fu siglata una nuova convenzione fra lEnte e il Comune di Parma per luso dei padiglioni. La prima mostra del secondo dopoguerra fu dedicata agli alimenti in generale, dato che lindustria del pomodoro aveva perso il suo ruolo dominante. Ledizione del 1947 non riscosse per molto successo da parte degli espositori nazionali, registrando pesanti assenze, come quello dei rappresentati campani. Fu invece buona la presenza straniera e lincasso ricavato permise di realizzare con pi tranquillit ledizione del 1948 con la quale la mostra assunse il nome di Internazionale. Lincremento delle esportazioni che segu alla guerra diede unimportante spinta al rinnovamento tecnologico dellindustria italiana, e soprattutto al comparto parmense, supportato dalla stessa Mostra delle conserve. Il 1949 fu un anno decisivo per il consolidamento della manifestazione fieristica; fu costruito un nuovo padiglione denominato M, da macchinario, e fu realizzato il Salone dellImballaggio: un settore in continua espansione, tanto che nel 1951 lesposizione assunse il nome di Mostra Internazionale delle Conserve e degli Imballaggi. Negli anni Cinquanta, quando presidente era Zanlari, si assistette anche allallargamento del quartiere fieristico: dai 2.505 metri quadrati dei padiglioni originali, si pass ai 6.212 del 1954 e la mostra si impose allattenzione nazionale come centro di nuovi sviluppi e perfezionamenti tecnici dellindustria conserviera. Sempre negli anni Cinquanta si fece strada la necessit di dare maggiore spazio agli altri settori dellagroalimentare locale, come zucchero, salumi e latte. Nel 1951 la manifestazione divenne Mostra Internazionale delle Conserve e Imballaggi Fiera dallAlimentazione; a fianco del tradizionale appuntamento 226

Le Fiere di Parma e Cibus Tec

3.1

delle conserve si affianc una pi generica mostra rivolta al settore alimentare in generale, con una particolare attenzione per il Parmigiano Reggiano. Ma la nuova Fiera risent negativamente delle manifestazioni della stessa natura presenti da tempo a Bologna e a Milano. Tale difficolt port Parma a stringere un accordo con Bologna per la creazione di un unico Salone dellAlimentazione: a Bologna la sede per i prodotti e Parma quella per le macchine. Dal 1955 al 1963 nella citt ducale si svolger il Salone Internazionale Tecnico Industriale delle attrezzature dellalimentazione, che per si fuse progressivamente nella mostra delle conserve. Gli anni Sessanta furono segnati da un notevole sviluppo del numero e della qualit dei prodotti offerti dallindustria conserviera italiana; lindustria meccanica parmense segn risultati sempre pi positivi in termini di esportazione degli impianti di lavorazione del pomodoro. Sempre in questo periodo la mostra rafforz le partecipazioni internazionali, affermandosi nel panorama fieristico mondiale: nel 1965 erano presenti 1.354 espositori di cui 1.009 esteri, rappresentativi di 34 nazioni. Lesposizione parmigiana continuava a imporsi nella sua unicit e completezza, specializzandosi nel settore impiantistico a scapito di quello del prodotto finito: a testimonianza di ci, nel 1965 la manifestazione divenne Mostra Internazionale delle Industrie per le Conserve Alimentari. Nel 1971 lEnte Fiere diede spazio a una nuova mostra, quella dedicata allindustria Lattiero-Casearia, che ricevette il patrocinio del Ministero dellAgricoltura. Lo scopo della fiera era duplice: da una parte promuovere i prodotti locali, dallaltro proporre ai produttori una visione dinsieme dellofferta tecnologica del momento. Dagli anni Settanta le esposizioni fieristiche di Parma assunsero un carattere sempre pi particolareggiato, evidenziando soprattutto laspetto tecnico dei settori conserviero e lattiero-caseario. Nel 1979 la Mostra Internazionale delle Industrie per le Conserve Alimentari divenne Tecnoconserve e assunse una cadenza biennale, mentre il Salone Internazionale delle Industrie Lattiero-Casearie fu trasformata in MILC Mostra Internazionale degli Impianti LattieroCaseari. Negli anni Settanta fu modificato anche il nome stesso dellEnte: da Ente Autonomo Mostra delle Conserve Alimentari a Fiere di Parma, a sottolineare la diversificata Manifesto dell 8 Mostra serie di attivit proposte. Nel 1984 le Fiere delle Conserve - 1953 di Parma, su impulso del presidente Flavio 227

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


Franceschi, trovarono una sede espositiva, pi adatta per le proprie esigenze, nellattuale quartiere fieristico di Baganzola. Nella nuova sede le Fiere occuparono inizialmente i primi tre capannoni di propriet della Salvarani Cucine, azienda leader negli anni 60 per la produzione di cucine sul territorio parmense, lasciati liberi a seguito della chiusura della ditta. La Fiera si poi espansa costruendo nuovi spazi per un totale di sei padiglioni, fino alla realizzazione del Palacassa, arrivando a occupare una superficie complessiva pari a 300.000 metri quadrati.Fu proprio a Baganzola che, nel 1985, si svolse la prima edizione di Cibus - Salone Internazionale dellAlimentazione, diversificando in appuntamenti biennali le fiere dedicate allalimentare e quelle rivolte alle tecnologie alimentari conosciuta come Cibus Tec. 3.1.2 - Il CibUs TeC Il Cibus Tec la manifestazione fieristica che coinvolge i settori della componentistica, dei servizi e della tecnologia, riunendo quelle che in precedenza erano i singoli appuntamenti di Tecnoconserve, Milc e Multitecno. Cibus Tec una vetrina internazionale sul mondo delle tecnologie e dellinnovazione nel campo dellimpiantistica alimentare, integrando lofferta espositiva di Cibus, la mostra internazionale dedicata al settore alimentare. La sezione di Cibus Tec dedicata a Tecnoconserve ospita circa un terzo degli espositori complessivi dellevento fieristico. Questo salone dedicato alle principali tecnologie per il processo e il packaging della carne e dei prodotti vegetali diversificati in pomodoro, verdure fresche lavorate e ready to eat (IV e V gamma), frutta fresca (anche tropicale) e trasformazione in succhi e in conserve di frutta (in scatola e non). Il settore lattiero-caseario invece ospi-

Le Fiere di Parma e Cibus Tec

3.1

tato allinterno del solone dedicato a Milc, in cui sono presenti un altro terzo degli espositori della fiera. In mostra vi tutta la filiera della trasformazione del latte, dalle tecnologie per i prodotti di largo consumo (latte fresco, UHT, burro, yogurt, bevande a base di latte) alle linee complete per la produzione di formaggi a pasta dura e filata (Parmigiano Reggiano, mozzarella); e le tecnologie dedicate ai nuovi prodotti salutistici e di tendenza come i functional products e i probiotici. Il restante terzo degli espositori di Cibus Tec occupa infine il salone Multitecno, dedicato alle tecnologie trasversali impiegate nellindustria agroalimentare. Negli spazi di Multitecno sono esposti apparecchi di igiene e di laboratorio, automazioni industriali, sistemi e tecnologie per limballaggio e il confezionamento, etichettatura, tracciabilit, qualit e sicurezza alimentare, gestione del fine linea e logistica. 3.1.3 - La filOsOfia e gli Obiettivi fUtUri di CibUs TeC Grazie alla partnership instaurata da Fiere di Parma con Federalimentare per lorganizzazione di Cibus, la societ fieristica pu disporre di un articolato data base con contatti di circa 2.350 espositori e oltre 60.000 visitatori: contatti a cui pu ricorrere per invitare a Cibus Tec i numerosi responsabili tecnici e di produzione delle aziende alimentari. A Cibus Tec partecipano aziende di varie dimensioni, dalle grandi multinazionali alle piccole realt innovative, che individuano nella manifestazione italiana un contatto diretto con il mercato mondiale e quindi un importante spazio di promozione e di relazione con i competitor e i potenziali clienti. Le dimensioni espositive di Cibus Tec sono ben rese dai numeri delledizione 2007: 858 gli espositori provenienti da 27 Paesi, 22.000 i visitatori appartenenti a 105 Paesi, 107 i giornalisti accreditati di testate specializzate. Con ledizione 2009 le Fiere di Parma si impegnano a dare alla manifestazione un nuovo indirizzo, che sappia catturare lattenzione di un numero sempre maggiore di visitatori internazionali. La societ fieristica sta, infatti, elaborando strategie per rafforzare lincoming di buyer stranieri qualificati provenienti non solo dai mercati tradizionali, ma anche dai Paesi emergenti come Medio Oriente e Nord Africa, e decision makers quali direttori generali, direttori tecnici e di produzione e i responsabili dellarea marketing e commerciale. Sulla base delle interviste sottoposte ad alcune grandi aziende in visita a Cibus Tec 2007 emerso una particolare attenzione ai settori del packaging e del confezionamento, delle automazioni industriali, dei sistemi intelligenti di gestione dei magazzini, dei sistemi di gestione e di efficienza della produzione (recupero scarti industriali), dei sistemi di tracciatura del prodotto (sicurezza alimentare). In particolare stata sottolineata lesigenza non solo di conoscere le novit a livello impiantistico, ma anche di approfondire le diverse tematiche ad esso collegate. Per questo motivo, a partire dalledizione 2009, sono stati previsti incontri tematici e focus su vari argomenti; ogni edizione di Cibus Tec preveder approfondimenti e spazi divulgativi, come il convegno organizzato con UCIMA (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e per lImballaggio) incentrato sul tema dellimballaggio nella 229

Un padiglione del Cibus Tec

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I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


grande distribuzione. Ogni edizione di Cibus Tec preveder zone tematiche e divulgative con espositori e una piccola sala per presentazioni, che ogni anno saranno dedicate a un preciso argomento, da analizzare secondo diversi approcci, dalla ricerca agli aspetti pi prettamente normativi. Peculiarit di questi incontri sar la loro organizzazione: gli eventi avranno una durata ridotta di circa 15-20 minuti e lapproccio alle varie tematiche sar di tipo trasversale volto a suscitare curiosit che potranno poi essere approfondite con le aziende che espongono a Cibus Tec. Ulteriore novit della manifestazione sar la presenza di nuovi segmenti collegati al processo alimentare. infatti stato elaborato, con la partecipazione della Fiera di Francoforte, un progetto incentrato sullautomazione industriale, settore gi presente alledizione 2009 di Cibus Tec, grazie alla partecipazione delle aziende del settore strumentazione e automazione industriale associate al GISI (lAssociazione Imprese Italiane di Strumentazione). Altro settore che vedr un coinvolgimento sempre maggiore a Cibus Tec quello del fine linea, della movimentazione e dei sistemi di gestione dei magazzini. Nel corso delle successive edizioni, Cibus Tec amplier la sua offerta espositiva e convegnistica, trasformandosi in una manifestazione internazionale di ampio raggio: al suo interno potranno trovare spazio, a fianco dei rappresentanti dellimpiantistica e della meccanica, anche gli altri settori della filiera agroalimentare come quello del packaging, e i rappresentanti dei processi fino ad ora non trattati come il settore bevande o il confectionery. La societ fieristica non quindi solo un punto di riferimento espositivo a livello internazionale, ma si anche affermata come partner di fiducia per lattivit congressuale, come testimoniato dalla collaborazione con le Associazioni confindustriali aderenti a Federalimentare; con AMITOM (Associazione Mediterranea del Pomodoro da Industria) e WPTC (Consiglio Mondiale del Pomodoro da Industria); e con FIL-IDF, Federazione Internazionale Lattiero-Casearia. Il mondo del pomodoro ha potuto apprezzare lottima organizzazione del World Tomato Congress di Istanbul 2002, oltre che della gestione delle delegazioni italiane ai congressi di Tunisi e Toronto; il comparto lattiero-caseario ha invece potuto constatare le doti organizzative dello staff fieristico durante la Settimana della Scienza e Tecnologia Lattiero Casearia di Sirmione 2006. Il successo di questo evento stato determinante per lassegnazione allItalia del FIL-IDF World Dairy Summit 2011, che Il quartiere fieristico di Baganzola, Parma Fiere di Parma organizzer a Firenze. 230

La SSICA

3.2

La staZiONe sperimeNtale delle CONserve AlimeNtari


3.2.1 - Le OrigiNi e il CONtestO parmeNse La SSICA unistituzione di ricerca applicata nata per assistere scientificamente il comparto conserviero italiano, nel momento in cui la pratica empirica era abbandonata per imboccare quella dellindustrializzazione. Un passaggio indispensabile a partire dal 1950 quando, con laumento del benessere, aumenta la richiesta dalimenti soprattutto dorigine animale e, tra questi, in modo particolare, quella dei salumi che divengono alimenti di massa. La fondazione della SSICA risale al 1922, anno nel quale il Ministero dellIndustria decise distituire a Parma, gi cuore di unindustria conserviera dimpronta prevalentemente vegetale (con rilevante preminenza della conserva di pomodoro), un centro di riferimento per gli imprenditori medio-piccoli del settore, collocato allinterfaccia fra il mondo accademico e lindustria, e avente come obiettivi principali: la realizzazione di ricerche finalizzate, la diffusione delle conoscenze, lassistenza ai produttori di conserve e la stampa di una Rivista a contenuto tecnico-scientifico. Loriginalit della formula, con cui il Decreto Regio 1396/1922 creava la Stazione delle Conserve, era nel fatto che listituto, pur operando sotto controllo ministeriale, era in grado dindividuare e attuare programmi di ricerca autonomi, di gestire autonomamente i finanziamenti - prevalentemente di provenienza industriale - e quindi di garantire snellezza operativa ed efficienza gestionale. Negli anni 20 la citt di Parma aveva raggiunto una posizione leader nella produzione agricola del pomodoro, nella sua trasformazione e nellindustria meccanica alimentare. Sar il primo direttore della futura Stazione, Francesco Emanuele, a trasformare il comparto agro-alimentare, grazie alla promozione delle prime sperimentazioni e allinnovazione delle tecnologie di produzione. Fu lui a creare un piccolo laboratorio che divenne un punto di riferimento per la produzione della meccanica alimentare. I primi passi della SSICA furono verso lacquisizione e la divulgazione delle conoscenze fondamentali in materia di conservazione degli alimenti, in particolare di quelli vegetali, partendo proprio dalle conserve di pomodoro in anni nei quali la razionalizzazione delle operazioni basilari della trasformazione, la formulazione degli ingredienti, le modalit di salatura delle carni e imballaggio erano un progresso epocale verso la modernizzazione. La rivista della Stazione, con la pubblicazione delle prime sperimentazioni interne, la traduzione di lavori di ricercatori stranieri, il resoconto dattivit congressuali, inizi a esercitare un ruolo importante nella diffusione delle informazioni, ponendosi presto come 231

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


la pi pertinente pubblicazione italiana, in materia di scienza e tecnologia degli alimenti. Da allora, Industria delle Conserve (lattuale nome della Rivista, bilingue e dotata di un prestigioso Comitato Scientifico di referenza) contribu costantemente a fare dellIstituto un punto di riferimento delle cultura conserviera, colmando spazi nei quali lUniversit e gli Istituti distruzione, tradizionalmente vocati alla produzione agrozootecnica primaria, si avventuravano solo sporadicamente. 3.2.2 - LO svilUppO delle fUNZiONi della SSICA Negli anni sessanta del secolo XX, la SSICA sede centrale di Parma SSICA, cresciuta in strutture e mezzi, intraprende un duplice percorso. Da una parte approfondisce i grandi temi trasversali (microbiologia, analisi, tecnologie speciali ecc...); dallaltra parte sviluppa un percorso di specializzazione in senso merceologico con strutture a carattere specialistico dedicate ai prodotti, con lobiettivo dintegrare i suddetti temi trasversali nelle tre grandi aree dei prodotti alimentari conservati dorigine vegetale, carnea e ittica. Su questa linea escono cos, a firma di ricercatori della Stazione, le prime pubblicazioni in materia di conserve animali, con lavori sulla pastorizzazione e la sterilizzazione termica, che avevano il pregio dunire la trattazione teorica dei meccanismi dinattivazione e indicazioni operative sulla conduzione degli impianti di produzione, le modalit di confezionamento in tutte le sue fasi e varianti. Lindustria alimentare diviene matura per una forte e autonoma espansione, soprattutto nel settore delle carni, che dagli anni sessanta in poi si svilupper con ritmi serrati durante i tre decenni successivi. Cambia anche la qualit della conservazione. I vegetali, le carni e i prodotti ittici conservati in scatoletta, pur non scomparendo, divengono ricordi di guerra e povert, mentre le nuove confezioni e i salumi sono limmagine di una nuova ricchezza, che tuttavia mantiene solide radici tradizionali. Appartengono agli anni sessanta le ricerche sulluso dei fosfati, dei nitrati, degli ingredienti e additivi, regolamentati dalla legge, analizzati con strumenti che allora apparivano avveniristici, come il primo, storico spettrofotometro in dotazione alla Stazione e giunto con i piani post - bellici degli aiuti americani. Nel volgere di un decennio, lItalia diviene uno dei primi produttori al mondo di nuove 232

La SSICA

3.2

conserve vegetali, soprattutto di pomodoro, e di prosciutti, che simpongono sui mercati esteri, assieme ad altri salumi. Questo sviluppo ha bisogno di una forte azione di supporto tecnico scientifico a tutto campo, per rispondere alle sempre pi precise richieste dei paesi importatori e dei consumatori. La risposta della SSICA a queste esigenze viene prima con la creazione di laboratori specializzati, e tra questi un laboratorio chimico dedicato alla ricerca dei contaminanti e residui indesiderati, poi con la creazione di strutture, uniche nel loro genere, interamente dedicate alle tecnologie delle conserve vegetali e dei salumi e dotata dimpianti pilota, ma gi di livello industriale, capaci di ripetere e simulare le operazioni dellindustria. La contemporanea suddivisione in pi settori, destinati a occuparsi rispettivamente dei diversi tipi di vegetali, dei prodotti ittici, dei salumi crudi e cotti, degli imballaggi, delle analisi sensoriali e soprattutto di tecnologie innovative, e limmissione di nuovo personale laureato e tecnico, conferisce ai reparti configurazioni pi efficienti, capaci daffrontare i grandi temi della ricerca internazionale (la SSICA partner in diversi progetti europei, CEE ed UE), organizzare corsi tecnico-scientifici per gli addetti delle imprese, eseguire ricerche istituzionali dinteresse generale per il settore agroalimentare, eseguire ricerche su commissione, assistere le aziende nelle procedure dautocontrollo e certificazione, offrire supporto alla risoluzione dei problemi tecnologici. Di pari passo gli interessi si allargano a

Impianto pilota della SSICA

233

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


tutte le filiere: dalla qualit della materia prima fino alla conservazione della freschezza del prodotto finito, nel concetto oggi scontato dalla terra alla tavola. La pubblicazione di moltissime decine darticoli scientifici e tecnici, le numerose relazioni presentate a meeting internazionali, lorganizzazione, insieme con lUniversit, di due edizioni del Congresso Mondiale delle Carni (1983 e 2002), le innumerevoli tesi di laurea svolte presso la SSICA da studenti di molte Universit italiane, sono il segno dei successi e del prestigio conquistato negli anni dai Dipartimento e reparti della SSICA. Nellitinerario ora tratteggiato, rivestono un ruolo essenziale le strutture cosiddette trasversali, fra le quali spicca il reparto di Microbiologia, ove operano ricercatori e tecnici interamente dedicati alle conserve alimentari. A loro si deve la comprensione dei principali difetti delle conserve alimentari, causa ricorrente, fino a un recente passato, di danni economici per gli operatori del settore. Lestensione della durata di conservazione della freschezza (self life) degli alimenti conservati, limplementazione dei piani dautocontrollo (sistema HACCP), la prevenzione degli scarti produttivi sono alcune delle acquisizioni da ascrivere ai microbiologi degli alimenti, che oggi operano in una nuova e funzionale sede, frutto di unavveduta politica despansione dellistituto e da chi si avvicendato alla guida dellEnte. La realizzazione del nuovo reparto di microbiologia un segno dellattenzione con cui la SSICA ha costantemente seguito levolvere dellindustria agroalimentare, in tutte le sue componenti: artigianali e industriali. Sinserisce in questa strategia la recentissima nascita di un laboratorio dedicato alle materie prime, segmento nel quale la Stazione ha deciso dinserirsi stabilmente, dopo che anni di ricerche interne hanno dimostrato il vincolo strettissimo che esiste tra la qualit degli alimenti conservati, soprattutto quelli tipici, e i requisiti chimico-fisici di cui la materia prima devessere in possesso. Da non dimenticare le nuove tecnologie (ad esempio atmosfere modificate, trattamenti non convenzionali dalle iper-pressioni alle correnti ohmiche e pulsate) che oggi si offrono a unapplicazione pratica a livello produttivo sia artigianale, sia industriale. In modo analogo avviene per quanto riguarda le nuove richieste di sicurezza di cui , ad esempio, da ricordare la tracciabilit e rintracciabilit delle produzioni. Laboratorio delle conserve della SSICA Non bisogna infine dimenticare lo stret234 to rapporto che in tutta la sua lunga vita la SSICA ha dimostrato dintrattenere con lindustria delle macchine destinate alla lavorazione degli alimenti, sia vegetali e sia dorigine animale. Da questa collaborazione non solo le macchine si sono adattate alle produzioni, ma spesso hanno dato avvio a nuove produzioni innovative.

La SSICA

3.2

3.2.3 - Il preseNte e le prOspettive fUtUre Oggi la SSICA listituto di riferimento della produzione degli alimenti, sotto qualunque aspetto conservati, come dimostrano i costanti rapporti con le Associazioni di SSICA sede di Angri (SA) categoria, i Consorzi di tutela, gli Istituti di controllo. La ragione intima del suo successo rimane la stretta connessione con il frammentato mondo dei salumi italiani, dove coesistono grandi industrie e minuscole unit produttive. lo spirito con il quale era stata fondata da persone lungimiranti oltre ottanta anni, e che ne ha guidato tutto lo sviluppo. Con circa 150 dipendenti, una sede a Parma e una ad Angri, in provincia di Salerno, la Stazione Sperimentale per lIndustria delle Conserve Alimentari oggi un ente a partecipazione pubblica e privata che svolge attivit di ricerca, consulenza, analisi e controllo per lindustria conserviera, ponendosi come punto di riferimento per tutto il territorio nazionale. Lente risponde alle richieste di 2700 industrie, con unattivit che riguarda per lo pi le conserve di carne e vegetali, circa il 10% riguarda invece le conserve ittiche. Attualmente, sono in corso un centinaio di progetti stabiliti in stretto coordinamento con le aziende produttive, anche attraverso le loro associazioni. Diverse sono le principali aree di ricerca. La prima senzaltro la sicurezza alimentare, ottenuta con sistemi morbidi e rispettosi della qualit. Importante anche lo sviluppo di procedimenti nei quali siano eliminati o ridotti al minimo tutti gli additivi (il prosciutto di Parma un alimento privo di additivi). Inoltre, si tende allalleggerimento alimentare: se produrre un salame grasso e buono facile, farne uno magro che sia anche di qualit richiede competenze elevate. Infine, una parte della ricerca dedicata al recupero dei sottoprodotti del pomodoro da destinare allallevamento o allestrazione del licopene che ha propriet antiossidanti importanti per la salute. Di rilievo sono anche le ricerche sui cicli produttivi, in particolare sul risparmio energe235

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


tico e la compatibilit ambientale. Qualit e tradizione sono mantenute, con un grande rispetto per il passato. Fresco un cibo che mantiene le caratteristiche che aveva nel momento della sua produzione e fresca la fetta di prosciutto appena affettata. I ritmi moderni e la grande distribuzione hanno portato a sviluppare le tecnologie per conservare i cibi in vaschetta, anche fino a 20 o pi giorni. Ma non una strada semplice. Il prodotto deve essere protetto dai raggi ultravioletti, altrimenti cambia colore; allo stesso tempo deve essere visibile, altrimenti invendibile; non deve essere sottovuoto, senn si essicca, ma in una miscela di gas che eviti lossidazione, e deve essere avvolto da plastiche compatibili con il prodotto. Il contenitore per le verdure non certo uguale a quello che si usa per la carne. A questo si aggiunga che le vaschette sono imballaggi e quindi devono essere riciclabili nel rispetto dellambiente. Oggi la Stazione Sperimentale, nel contesto di Parma, dopo la conferma ufficiale della citt come capitale europea dellagroalimentare, si colloca in un ruolo di primo piano. La SSICA stata fra i promotori dellAutorit per la Sicurezza Alimentare dellUnione Europea (EFSA). Stretti sono i rapporti con lUniversit, spesso con un comune programma di studi e molti professori di scienze e tecnologie alimentari degli atenei italiani provengono dalla SSICA. Oggi, infine, la SSICA sta ricoprendo un ruolo importante alla luce delle nuove disposizioni sanitarie europee in quanto, da gennaio 2006, non esiste pi una legge italiana sulla sicurezza alimentare, ma solo direttive comunitarie che, se da un lato hanno liberalizzato, dallaltro richiedono al produttore una documentazione scientifica dettagliata sui metodi di produzione con una diretta assunzione di responsabilit. La SSICA un grande supporto in questo senso sia per il singolo che per la categoria, riuscendo a fornire un servizio di analisi e assistenza tecnica presso le aziende.

Parma Tecninnova

3.3

PARMA TECNINNOVA, IL PARCO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO


3.3.1 - Le OrigiNi e il CONtestO parmeNse Il Parco Scientifico e Tecnologico di Parma nasce nel 1996 come Consorzio tra Camera di Commercio, Comune, Provincia e Universit di Parma, Unione Parmense degli Industriali e Soprip, ponendosi come mission quella di favorire la crescita di competitivit sul mercato delle piccole e medie imprese del territorio. Nel 1999 il Consorzio, come unico socio, costituisce Parma Tecninnova S.r.l., la Societ di gestione del Parco Scientifico e Tecnologico. Parma Tecninnova da sempre impegnata nella promozione della ricerca, del trasferimento tecnologico e dellinnovazione continua attraverso lintegrazione tra le esigenze innovative delle imprese e lofferta di sapere scientifico e di tecnologia provenienti dai centri di eccellenza e dal sistema della ricerca. Lobiettivo di Parma Tecninnova quindi quello di essere uno strumento delle imprese del territorio impegnate a iniziare o proseguire un percorso innovativo: un braccio teso delle aziende per arrivare alle eccellenze scientifiche, per poter essere sempre pi competitive in un mercato sempre pi dinamico.

Panoramica zona Campus di Parma

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I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


3.3.2 LOrgaNiZZaZiONe iNterNa e le attivit Uno degli elementi distintivi di Parma Tecninnova la sua struttura organizzativa snella e flessibile, in cui i processi non sono burocratizzati. Grazie a questo processo, i ricercatori si possono concentrare solamente sulle attivit scientifiche legate al progetto, mentre Parma Tecninnova gestisce le problematiche amministrative e gestionali e svolge unazione di advisor sul progetto per verificarne la congruit con quanto definito nel business plan. La quasi totalit dei progetti di Parma Tecninnova realizzata da ricercatori dellUniversit, in particolare di quella degli Studi di Parma, con la quale opera in convenzione. Unaltra attivit importante, assolutamente complementare al trasferimento tecnologico, in cui impegnato il Parco Scientifico, il fund raising che si concretizza nel fornire assistenza alle aziende per il reperimento fondi di ricerca a livello regionale, nazionale ed europeo, attraverso la partecipazione a bandi di finanziamento per la ricerca. Parma Tecninnova ha, infatti, una struttura consolidata in grado di valutare preliminarmente la fattibilit del progetto di ricerca ai fini del finanziamento, coordinare il lavoro dei partner per la preparazione della documentazione per la domanda, redigere e presentare la domanda di finanziamento e la documentazione tecnica a supporto, seguire liter valutativo presso le Autorit competenti e fornire eventuali integrazioni o chiarimenti, coordinare lattivit dei partner nella predisposizione della documentazione di rendicontazione dei costi, preparare le domande di erogazione del contributo. I settori in cui il Parco opera sono molteplici: alimentare, ambiente, energia, chimica, edilizia, farmaceutica, informatica (ICT), meccanica, pubblica amministrazione, sanit pubblica e privata, terziario e servizi vari. Ovviamente per la natura delle aziende del territorio, la meccanica e lalimentare sono i settori nei quali il Parco realizza la maggioranza dei progetti. Molto sono i vantaggi che limpresa trae nel collaborare con il Parco Scientifico. Innanzitutto, ha un unico referente per le collaborazioni in campo di ricerca applicata. Limpresa ha, infatti, rapporti contrattuali solamente con Parma Tecninnova, alla quale potr rivolgersi per le esigenze che intende risolvere nei diversi campi di applicazione aziendale. Sar Parma Tecninnova che si occuper, di volta in volta, della ricerca delle competenze per lo sviluppo dei progetti aziendali. Per lazienda come avere un comparto di Ricerca e Sviluppo in outsourcing al quale pu attingere conoscenza e tecnologia per risolvere le sue esigenze di innovazione. Limpresa, attraverso il trasferimento tecnologico, accede allo stato dellarte della ricerca scientifica e sviluppa innovazione, relativamente a nuovi prodotti/servizi, processi e sistemi gestionali/organizzativi, traendone un vantaggio competitivo sul mercato, potendo nel contempo aumentare il proprio patrimonio relativo alla propriet intellettuale. Sviluppare progetti con Parma Tecninnova significa anche conoscere giovani risorse professionali. Nei gruppi di lavoro, molto spesso, partecipano neolaureati o dottorandi di ricerca che lazienda ha possibilit di conoscere su progetti concreti. In molti casi le aziende hanno avuto linteresse di integrare tali risorse nel proprio organico. Limpegno di Parma Tecninnova anche rivolto allorganizzazione di meeting tecnologici, 238

Parma Tecninnova

3.3

Parco sede Santa Elisabetta

seminari e convegni per creare momenti di informazione su specifiche tematiche e formazione sulle nuove tecnologie. 3.3.3 - COme Opera Parma TeCNiNNOva Negli ultimi anni la Societ si concentrata sullattivit di trasferimento tecnologico, inteso come quel processo attraverso il quale il sapere scientifico e le tecnologie vengono trasferiti da chi li produce (Universit e Centri di Ricerca) a chi li utilizza (Imprese/Enti). Compito del Parco Scientifico recepire le esigenze delle Imprese e far dialogare i due mondi, quello della Ricerca e quello del Mercato, per facilitare un interscambio continuo tra Centri di Ricerca e Universit da un lato, e Aziende dallaltro, al fine di creare rapporti continuativi nel tempo; due mondi molto diversi e distanti fra loro per mentalit e approccio alle problematiche e con tempi di azione differenti. Il Parco Scientifico il collante necessario per tradurre gli input tecnologici in vantaggi per le imprese, attraverso un approccio concreto e un processo gestito in grande sinergia tra Parco, Ricerca e Impresa. Il meccanismo che sta alla base del processo molto semplice, pi impegnativi sono invece i contenuti. Il punto di partenza lesistenza di unesigenza dellazienda. Parma Tecninnova deve recepirla e individuare le competenze scientifiche pi idonee a soddisfarla, le quali, dopo un audit tecnologico approfondito in azienda, redigono un progetto in cui vengono evidenziati gli obiettivi, le attivit, le tempistiche e i costi. Allinterno di ogni progetto viene individuato un Project Leader che deve coordinare lintero gruppo di lavoro, che spesso formato da competenze trasversali che vanno, per esempio, dallingegneria alla biologia, dal marketing allarchitettura. Una volta condiviso il progetto con lazienda si pu partire da subito con la sua realizzazione. Parma Tecninnova socia dellAPSTI (Associazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani), il Network nazionale dei Parchi Scientifici e Tecnologici che opera per valorizzare il notevole patrimonio di competenze scientifiche, tecnologiche e organizzative presenti nei diversi 239

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


Parchi, affinch possa divenire il contenuto condiviso e utilizzato dalla rete per creare uno strumento che sia il denominatore comune delle differenti esperienze e faciliti la collaborazione e lefficienza dei servizi dei singoli Parchi. Lavorare in network permette ai Parchi di scambiarsi esperienze e usufruire di eccellenze scientifiche che rappresentano le peculiarit di singoli Parchi, permettendo, al contempo, lo svilupparsi di sinergie che si traducono in una notevole riduzione di tempi e di costi.

LUniversit di Parma

3.4

lUNiversit di parma: la faCOlt di iNgegNeria e la faCOlt di agraria


3.4.1 - I COrsi di LaUrea LUniversit degli Studi di Parma ha avuto nel Prof. Giuseppe Casnati, dal 1967 titolare della cattedra di Prodotti organici naturali, un caposcuola della chimica organica applicata al settore alimentare. Fu sua liniziativa di attivare la Scuola di specializzazione post-laurea biennale in Chimica e Tecnologia Alimentare, rimasta attiva fino al 2004 presso la Facolt di Scienze matematiche fisiche e naturali. Nel 1987, per consentire lattivazione della Facolt di Ingegneria, Pietro Barilla fece una generosa donazione che serv a finanziare la costruzione nel Campus della sede didattica di Ingegneria e il primo corso di laurea fu quello di Ingegneria Meccanica con indirizzo Impiantistica Alimentare. Dal 2006 attivo il corso di laurea magistrale in Ingegneria Meccanica dellIndustria Alimentare. Il corso si propone come obiettivi specifici la creazione di una figura con una solida preparazione nellambito dei settori che caratterizzano la meccanica dellindustria alimentare e con una spinta preparazione rivolta alla progettazione di sistemi complessi (con limpiego di tecniche e strumenti avanzati), alla produzione industriale e alla gestione e trasformazione dei prodotti alimentari. Il Laureato Magistrale sar in grado di comprendere e applicare, assumendo ruoli di responsabilit, le tecniche di progettazione avanzata di macchine e impianti dellindustria alimentare, con limpiego di metodi e strumenti evoluti e lutilizzo di nuovi materiali e sistemi di packaging; potr realizzare e gestire processi di produzione e trasformazione di alimenti, operare nel controllo di sistemi produttivi automatici, nella certificazione della sicurezza e della qualit alimentare e in ambito tecnico-commerciale per la promozione di prodotti e servizi e nellassistenza ai clienti. Gli ambiti professionali tipici per i Laureati Magistrali in Ingegneria Meccanica dellIndustria Alimentare sono quelli dellinnovazione e dello sviluppo della produzione alimentare, della progettazione avanzata di macchine e impianti dellindustria alimentare, della pianificazione e della programmazione, della gestione di sistemi complessi, nella libera professione, nelle imprese manifatturiere o di servizi e nelle amministrazioni pubbliche. I laureati magistrali potranno trovare occupazione presso industrie meccaniche dellindustria alimentare, aziende per la produzione di alimenti, enti per la gestione della sicurezza alimentare, imprese impiantistiche, industrie per lautomazione e la robotica, imprese manifatturiere alimentari in generale per la produzione, linstallazione e il collaudo, la manutenzione e la gestione di macchine, linee e reparti di produzione.

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I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


Nel 1992 stata attivata la Facolt di Agraria con il corso di laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari avente sede a Reggio Emilia, grazie alla disponibilit di fondi pubblici e privati raccolti da un apposito Comitato sorto in questa provincia. Dal 1999, a seguito della costituzione dellUniversit di Modena-Reggio, il corso di laurea stato trasferito a Parma. Si deve notare come quella di Parma sia lunica Facolt di Agraria nata espressamente con riferimento alla trasformazione delle materie prime agricole, anzich innestare questo orientamento su una originaria matrice culturale di Scienze agrarie. Attualmente presso questa Facolt sono attivi i corsi di laurea ed i corsi di laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari e in Scienze Gastronomiche, un Dottorato di ricerca in Scienze e Tecnologie Alimentari e, periodicamente, attivato anche un corso di Master in Sicurezza e Qualit Alimentare. Il corso di laurea triennale in Scienze e Tecnologie Alimentari ha lo scopo di preparare laureati con le seguenti competenze operative: la gestione di PMI che operano nel settore della produzione, trasformazione, conservazione e commercializzazione degli alimenti; la sorveglianzae la conduzione dei processi di lavorazione degli alimenti e dei prodotti correlati; lapprovvigionamento delle materie prime e dei prodotti finiti, degli additivi alimentari e degli impianti destinati allindustria alimentare; le analisi dei prodotti alimentari, la verifica della sicurezza, il controllo di qualit di materie prime, prodotti finiti, additivi, coadiuvanti tec-

LUniversit di Parma

3.4

La sede didattica della Facolt di Ingegneria di Parma

nologici, semilavorati, imballaggi, e quantaltro attiene alla produzione e trasformazione degli alimenti; le ricerche di mercato, il marketing e le relative attivit in relazione alla commercializzazione di alimenti; la messa a punto e lo sviluppo di prodotti alimentari; linsegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado delle materie tecnico-scientifiche concernenti il campo alimentare e quelle affini ad esso pertinenti. Il corso di laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari ha lobiettivo di fornire solide basi teoriche e metodologiche per permettere al laureato di inserirsi nei seguenti ambiti occupazionali: lindustria Unaula della Facolt di Agraria di Parma alimentare, con particolare riferimento alle funzioni di responsabile della produzione, della ricerca e sviluppo, della gestione della qualit e della sicurezza igienica; le industrie produttrici di ingredienti, additivi, materiali ausiliari, macchine e impianti per lindustria alimentare, con particolare riferimento alla funzione di ricerca e sviluppo; gli Enti di ricerca nellambito alimentare; gli Organismi di valutazione, gestione e comunicazione del rischio igienico connessi ai prodotti alimentari; la libera professione di Tecnologo Alimentare, con le connesse funzioni consulenziali e peritali. Il corso di laurea triennale in Scienze Gastronomiche, caratterizzato da un insieme di insegnamenti a carattere scientifico, culturale e gestionale, ha lo scopo di preparare laureati con buone conoscenze di base e applicative ed organizzative nellambito delle attivit legate alla gastronomia. Linserimento di questa figura professionale previsto nei seguenti settori: turismo enogastronomico; produzione e commercio di alimenti e bevande, con particolare riferimento ai prodotti tipici e della gastronomia; la comunicazione enogastronomica. Il corso di laurea magistrale in Scienze Gastronomiche finalizzato alla formazione di laureati che possano trovare impiego in tutte le attivit volte a diffondere la cultura gastronomica e alimentare a livello giornalistico, fieristico, di manifestazioni locali, e presso Enti Locali e aziende del settore agroalimentare e agroindustriale. In particolare, potranno costituire una efficace connessione tra le aziende produttrici di alimenti e i mercati di riferimento, in grado di interpretare la domanda e soddisfarla. Saranno quindi qualificati per far parte di strutture di consulenza e informazione nel settore agroalimentare, di panels di analisi sensoriale, e di gruppi di ricerca sugli alimenti in genere e sugli alimenti tipici in particolare. La facolt di Agraria anche impegnata nellambito del corso di Master universitario inter243

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I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


nazionale di secondo livello in Tecnologia degli alimenti che lUniversit di Parma ha attivato dal 2008 in Argentina in collaborazione con la Facolt di Agraria dellUniversit di Buenos Aires (UBA) e che frequentato da laureati gi assunti in imprese alimentari argentine e dei Paesi limitrofi. A fronte di questa intensa attivit didattica della Facolt di Agraria, la corrispondente attivit di ricerca dei docenti attualmente svolta allinterno di otto diversi Dipartimenti. Nel 2008 stato istituito il nuovo Dipartimento di Scienze e Tecnologie dei Prodotti Alimentari, al quale hanno aderito i docenti che si dedicano interamente alla ricerca in questo ambito, attualmente in attesa di essere attivato. 3.4.2 - Le strUttUre di riCerCa e i labOratOri LAteneo di Parma si caratterizza per la particolare diffusione delle attivit di ricerca direttamente o indirettamente connesse al comparto alimentare. In unindagine interna, svolta nel 2004, hanno dichiarato di svolgere ricerca, almeno in parte riferita a queste tematiche, ben 39 gruppi di lavoro, afferenti a 23 dei 37 Dipartimenti esistenti. Sono coinvolte competenze scientifiche che vanno dalle scienze di base (chimica, fisica, biologia, biochimica) e applicative (ingegneria, farmaceutica, medicina, medicina veterinaria), a quelle economiche e giuridiche. Allinterno dellUniversit esistono anche strutture di raccordo interdisciplinare per le ricerche in ambito alimentare. Presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale stata costituita la sezione italiana del Consorzio Volontario EHEDG (European Hygienic Engineering and Design Group), che ha come obiettivo la divulgazione delle conoscenze in merito ai problemi di igienicit delle attrezzature alimentari e che coinvolge rappresentanti di primarie imprese alimentari e meccano-alimentari. Nel 2006 sono stati istituiti con sede a Parma due laboratori a rete - TECAL e SIQUAL - finanziati dalla regione Emilia Romagna con il compito di coordinare le ricerche condotte anche nelle altre sedi universitarie della Regione. Dal 2008 i due laboratori insieme ad altri hanno dato origine ad un unico laboratorio della rete regionale Alta Tecnologia, il SITEIA - Sicurezza Tecnologia Innovazione Agroalimentare - con la direzione centrale presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale di Parma. Gli obiettivi sono la ricerca industriale e il trasferimento tecnologico per linnovazione delle imprese del settore alimentare meccano-alimentare e del packaging. Il cofinanziamento regionale relativo in particolare a ricerche per lo sviluppo di nuovi prodotti e processi, per la caratterizzazione e selezione delle materie prime, per la progettazione e validazione di macchine per la produzione ed il confezionamento degli alimenti. Attualmente in fase di progettazione unulteriore trasformazione della rete Alta Tecnologia per la realizzazione del TECNOPOLO regionale dellUniversit di Parma, presso il Campus universitario. In questa nuova struttura, che sar dotata di competenze e di attrezzature di supporto per la ricerca industriale delle imprese alimentari e meccano-alimentari, confluiranno due centri interpartimentali: SITEIA con le competenze relative ai prodotti e ai processi alimentari, e CIPACK con competenze relative al packaging. 244

LUniversit di Parma

3.5

lUNiversit di parma: il COrsO di laUrea iN teCNOlOgia del paCkagiNg


3.5.1 Gli Obiettivi del COrsO e la sede parmigiaNa Nel 1995, lIstituto Italiano Imballaggio si rende conto della necessit di istituire, anche in Italia, un Corso di Diploma triennale dedicato al Packaging. Lobbiettivo del corso doveva essere la formazione di figure professionali che conoscessero i materiali e i prodotti da confezionare, le loro possibili incompatibilit e la resistenza alle aggressioni chimiche. Dopo unindagine approfondita tra diverse sedi del Nord Italia, nel 1996, una Commissione dellIstituto Italiano Imballaggio scelse lUniversit degli Studi di Parma quale sede del nuovo Corso, dotandolo di un cospicuo finanziamento per coprire i costi supplementari che una tale realt avrebbe comportato. La scelta della sede di Parma fu guidata da diverse peculiarit dellateneo cittadino: vocazione del territorio, alta qualificazione dellUniversit, centralit geografica, qualit del campus, tipologia delle ricerche nel campo del Dipartimento di Chimica. Il tecnologo del Packaging deve essere in grado di progettare gli imballaggi e districarsi tra gli aspetti normativi ed economici, con attenzione al recupero dei materiali e allambiente. Deve inoltre conoscere le nozioni legate alla logistica, al controllo della qualit, al marketing, alla comunicazione e alle relative legislazioni. Nel 1997 il Ministero della Pubblica Istruzione approv i programmi proposti per il Corso di Diploma, permettendo la nascita del Diploma in Chimica, Orientamento Tecnologia dellImballaggio e del Confezionamento: unico in Italia e uno dei pochi in Europa. 3.5.2 Levoluzione e gli sviluppi futuri dellinsegnamento Nellanno 2001 fu approvata la riforma dellUniversit che abol i Corsi di Diploma, trasformandoli, se era il caso, in Corsi di laurea triennali. Si ebbe in questo modo il passaggio dal Corso di Diploma al Corso di Laurea in Scienza e Tecnologia del Packaging con possibilit di accedere alle Lauree Specialistiche delle classi di Chimica e Chimica Industriale. Negli ultimi tre anni stata attivata, dallUniversit di Parma, una convenzione con il CONAI - Consorzio Nazionale Imballaggi - per approfondire i temi sulle problematiche riguardanti i rifiuti da imballaggi, prevedendo, anche in questo caso, un apposito contributo finanziario. A partire dallanno accademico 2009-2010 il Corso di Laurea in Scienza e Tecnologia del Packaging si fuso con il Corso di Laurea in Chimica Industriale, dando origine al Cor245

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE

Il Centro Risorse della Val DEnza

3.6

IL CENTRO RISORSE DELLA VAL DENZA


3.6.1 Il CONtestO prOdUttivO della Val dENZa La Val dEnza reggiana include nove comuni della sponda reggiana del fiume Enza: Canossa, San Polo dEnza, Quattro Castella, Bibbiano, Montecchio Emilia, Cavriago, SIlario dEnza, Campegine e Gattatico. Posti ai confini con la provincia parmense, questi nove comuni fondono le caratteristiche produttive delle due province: da un lato il distretto meccanico reggiano, dallaltro il distretto alimentare parmense. Nellarea, per il solo settore di specializzazione del packaging, sono operanti centinaia di imprese di fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo e di fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici, che impiegano pi di 3.000 persone. Ufficialmente non si tratta di un distretto industriale, tuttavia corretto parlare di un sistema produttivo locale fortemente specializzato, le cui rappresentanze hanno saputo integrare e rappresentare i diversi attori pubblici e privati, combinando mercato e atti amministrativi, forme associative e tavoli di contrattazione. In questa realt, grazie alla volont di diversi attori locali, alla loro forza progettuale e capacit di fare rete, nato un laboratorio di concertazione e di innovazione al servizio del territorio per aumentarne le opportunit di sviluppo: il Centro Risorse Val dEnza. Lidea di creare un centro che approfondisse le dinamiche competitive del settore e rafforzasse le politiche di alleanza fra mondo della scuola e mondo dellimpresa emersa in seguito a un percorso progettuale, iniziato pi di dieci anni fa, che ha visto il coinvolgimento delle Amministrazioni Comunali, della Provincia e della Camera di Commercio di Reggio Emilia, delle imprese CNA e della scuola del territorio. Allinterno di questo percorso, anche grazie allutilizzo di metodologie strutturate, stata data voce a tutti i soggetti pubblici e privati appartenenti e non al territorio: le imprese, i comuni, la scuola, luniversit, gli studenti. Sono state realizzate analisi di contesto per capire i profili e i comportamenti imprenditoriali e le caratteristiche del sistema indagato. Sono stati organizzati diversi focus group nei quali i rappresentanti del sistema locale sono stati coinvolti per approfondire la conoscenza del sistema territoriale e delle imprese, le politiche programmatiche effettivamente attuate e le ricadute concrete sulle imprese e per riconoscere possibili azioni e luoghi da mettere in comune, al fine di promuovere la competitivit del territorio. Sono state ascoltate le imprese alle quali stato sottoposto un questionario strutturato per cogliere le dinamiche tra imprese e territorio, in riferimento alla conoscenza, ma 247

Esterno della sede del Corso di Laurea

so di Laurea in Chimica Industriale e Tecnologia del Packaging, con due separati indirizzi (quello dedicato al packaging mantiene tutti gli insegnamenti presenti nel vecchio Corso di Laurea). I laureati triennali, in ambedue gli indirizzi, e quelli precedenti alla riforma, possono iscriversi allOrdine dei Chimici, previo superamento dellapposito concorso, e in ogni caso sono abilitati per accedere al Corso di Laurea Magistrale in Tecnologia della Chimica Industriale. In questi anni i laureati del corso sono stati circa 100, di cui pi di 90 hanno svolto la Tesi di Laurea presso aziende del settore. I riscontri da parte delle industrie sono stati molto positivi, e tutti i neolaureati hanno trovato occupazione in tempi brevissimi. Il GIFCO - Gruppo Italiano Fabbricanti di Cartone Ondulato - ha istituito da anni tre borse di studio triennali per matricole del Packaging con lobiettivo di formare giovani tecnologi da inserire nelle aziende associate. La ricerca nel settore si molto sviluppata e parecchie sono le aziende che si rivolgono a docenti del corso per svolgere ricerche sul packaging. Il continuo sviluppo del settore industriale, connesso alla necessit di provvedere alla formazione di tecnologi con adeguata preparazione, ha fatto s che dal 2009 presso lUniversit di Parma si costituisse il CIPACK - Centro Interdipartimentale Packaging - con lo scopo di approfondire le collaborazioni tra lUniversit di Parma e le aziende del settore. 246

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE

Il Centro Risorse della Val DEnza

3.6

mento destinati ai ragazzi; essere in grado di presidiare il territorio in termini di monitoraggio dei fabbisogni formativi e di figure professionali; essere in grado di realizzare azioni concrete a sostegno del sistema produttivo, anche per ci che concerne le attivit di ricerca e innovazione. Il centro non nasce per sostituirsi a enti, istituzioni, soggetti pubblici o privati, gi presenti e riconosciuti sul territorio, ma per proporsi come laboratorio di concertazione e di innovazione al servizio del territorio, per aumentarne le opportunit. Tale strumento a supporto dellazione dei policy maker e degli operatori locali: un punto di coordinamento territoriale di competenze e di specialisti locali ed esterni allarea; un punto di governo e di riferimento di informazioni e conoscenze, in parte disponibili a livello locale, ma di difficile accesso. Il centro assume inoltre la funzione di osservatorio permanente basato sullutilizzo di banche dati in grado di monitorare: il quadro economico internazionale, nazionale, regionale e locale; il mercato del lavoro; i fabbisogni professionali e organizzativi delle imprese. 3.6.3 Le fUNZiONi e le siNergie territOriali I destinatari del centro sono le imprese, in particolare quelle del settore del packaging e dellautomazione industriale presenti nel territorio della valle, la scuola e le istituzioni. Le imprese individuano nel mercato, nella formazione, nella ricerca e innovazione e nellaccesso al credito alcune delle loro criticit; il centro risorse importante anche per fornire in modo trasversale risposte a queste esigenze del territorio della Val dEnza permettendo di fare sistema nella ricerca della soluzioni. Le istituzioni individuano, fra le loro esigenze, la possibilit di accedere facilmente a una rete che ponga in contatto permanente gli attori principali del territorio: le pubbliche amministrazioni, le forze sociali, le imprese, la scuola, la formazione, altri centri di competenze. Il centro rappresenta, per loro, la Biblioteca o Archivio del sapere e funge da osservatorio permanente di monitoraggio di fenomeni come il mercato del lavoro e fabbisogni professionali delle imprese. Per le associazioni di categoria il Unaula della Facolt di Agraria di Parma centro ha una funzione di indirizzo rispetto 249

Veduta esterna del Centro

anche per evidenziare le loro potenzialit competitive e il presidio dei processi-chiave nel sistema locale di appartenenza. Per interpretare le dinamiche aziendali, si fatto ricorso al benchmarking finalizzato allosservazione dei macro-processi delle imprese, delle capacit di gestione delle competenze organizzative e delle relazioni con il territorio. 3.6.2 La NasCita del CeNtrO Il Centro Risorse Val dEnza stato costituito nel 2007 allinterno della sede dellIstituto Tecnico Silvio DArzo di Montecchio Emilia. I partner del centro sono gli Enti Locali, i nove Comuni della Val dEnza, gli Imprenditori dellEducazione CNA e lIstituto Scolastico Silvio DArzo. Il centro ha assunto il ruolo di regia in grado di: coordinare e integrare i diversi soggetti; promuovere il sistema del packaging della Val dEnza allesterno (marketing esterno), per renderlo attrattivo rispetto alle professionalit che non erano presenti a livello locale e per supportare le piccole imprese in difficolt nel rapporto con il mercato internazionale; esplicitare e rendere evidenti alla popolazione del territorio provinciale le possibilit e le prospettive occupazionali nel settore, anche attraverso percorsi di orienta248

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


ai servizi offerti e le prospettive economiche di questo settore. Il centro funziona come un broker e bussola aziendale rispetto ai servizi che esistono ma che le imprese non conoscono. La scuola dichiara lesigenza di una maggiore conoscenza del territorio e un maggiore collegamento con il sistema produttivo al fine di proporre unofferta formativa, in termini di corsi e specializzazioni attivate, pi consona alle esigenze imprenditoriali. Il centro pu dare una risposta organizzando occasioni di incontro fra scuola e imprese, supportando la scuola in termini di indirizzo dellofferta formativa, di utilizzo banche dati e di borse di studio. Rispetto a questo il centro offre alla scuola tavoli di confronto con le imprese e, grazie al monitoraggio dei bisogni formativi del mondo imprenditoriale, supporta la scuola in termini di indirizzo dellofferta scolastica sulla base delle esigenze esplicitate. Per garantire una preparazione che abbini teoria e pratica, la scuola individua nella collaborazione con le imprese la possibilit di arricchire non solo le conoscenze, ma anche le competenze dei propri studenti con esperienze professionali. Da quando nato il Centro Risorse sono stati presentati cinque Osservatori Economici semestrali. LOsservatorio Permanente della Val dEnza lo strumento che effettua, in modo autonomo, lanalisi dellandamento congiunturale dellarea e, in particolare, della filiera del packaging e dellagro-alimentare. Si tratta di una banca dati in grado di monitorare fenomeni quali il quadro economico internazionale, nazionale, regionale e locale, il mercato del lavoro, i fabbisogni professionali e organizzativi delle imprese. Tale strumento a supporto dellazione degli imprenditori locali, degli amministratori pubblici e della scuola; se opportunamente mantenuto e rafforzato, potr generare, in modo continuativo, indicazioni sugli assetti competitivi delle imprese, sulla loro capacit di apprendimento, sul sistema locale di competenze, veicolo di attrazione di risorse umane ed economiche nellarea. Unaltra attivit che i Comuni della Val DEnza giudicano sempre pi strategica, e per la quale il Centro sta operando, la promozione del sistema locale (marketing esterno) al fine di renderlo attrattivo rispetto alle professionalit che non sono presenti localmente e maggiormente conosciuto alla popolazione locale in termini di prospettive occupazionali, anche attraverso percorsi di orientamento destinati agli studenti. Attraverso il Centro vengono assegnate borse di studio, dove le imprese investono in favore degli studenti dellIstituto Scolastico Silvio DArzo. Si tratta di borse di studio finalizzate alla ricerca economica e allanalisi del territorio. Inoltre, il Centro Centro di Documentazione, cio un luogo di informazione e diffusione che funge da Archivio del sapere in cui sono contenuti tutti i materiali riguardanti il territorio della Val dEnza (ricerche, studi, analisi), che funziona anche da banca dati per gli imprenditori, per gli studenti, le Istituzioni, i ricercatori dellarea e le associazioni di categoria. 250

LIstituto Superiore Silvio DArzo

3.7

LISTITUTO SUPERIORE SILVIO DARZO


3.7.1 Le OrigiNi dellIstitUtO LIstituto Silvio DArzo, che nel settembre 1982 ha acquisito autonomia in un primo tempo come Istituto Tecnico Commerciale, ha sede nel Comune di Montecchio Emilia nella provincia di Reggio Emilia. Nato dapprima come sezione staccata dellIstituto Scaruffi di Reggio Emilia, stato oggetto, nel corso degli anni, di notevoli trasformazioni che attualmente vedono la scuola strutturata su quattro indirizzi di studio: Istituto Tecnico Industriale, Istituto Professionale, Istituto Tecnico Commerciale, Liceo Scientifico. In questo modo, lIstituto ha assunto la definitiva funzione di Scuola - Polo scolastico del distretto della media Val dEnza. LIstituto DArzo, posto al centro della Val dEnza, e al confine tra le province di Reggio Emilia e Parma, facilmente raggiungibile dalle localit del territorio circostante ed cos frequentato da alunni provenienti dai Comuni di entrambe le sponde del fiume Enza. LIstituto, in particolare nei suoi indirizzi di studio pi mirati ai settori industriale e commerciale, si sempre rapportato, fin dagli inizi, in modo fecondo con il mondo della produzione del Distretto della Val dEnza. Grazie ai lavori di riqualificazione dellarea circostante, il Silvio DArzo diverr un vero e proprio Campus, comprensivo di spazi sportivi, economici e culturali, in cui si collocheranno le Scuole Medie superiori, ampliate nei suoi spazi didattici, e le nuove Scuole Medie del Comune di Montecchio Emilia. 3.7.2 LOfferta fOrmativa Il corso di studio ITI risponde alla crescente domanda di figure professionali con profilo interdisciplinare nelle aree della meccanica, dellelettronica, dellinformatica e dellautomazione. Queste conoscenze, riunite organicamente nei due percorsi formativi offerti dallIstituto DArzo, collocano il perito in posizione di vantaggio nei molteplici settori produttivi rivolti a beni con elevato grado di automazione e integrazione elettromeccanica. Al termine degli studi, il diplomato possiede una preparazione di valore professionale pienamente spendibile nel mondo del lavoro. Il suo ruolo naturale, ma non esclusivo, quello di progettista elettronico o meccanico, nonch di supervisore di sistemi meccatronici. Il titolo conferisce inoltre la possibilit di proseguire gli studi in ambito universitario e nella formazione tecnica superiore. Lindirizzo Meccanico - Meccatronico propone unofferta didattica pienamente ri251

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


spondente alle richieste del tessuto imprenditoriale locale. Il curricula del triennio di studi stato di recente aggiornato con lintroduzione della disciplina di Elettronica. Linsegnamento di tale materia si basa su un costante utilizzo del laboratorio, per affiancare la teoria alla pratica e per allargare le competenze del perito meccanico/meccatronico a settori del sapere importanti come linformatica. Lindirizzo stato inoltre aggiornato con la presenza del laboratorio nella materia di Sistemi ed Automazione Industriale, in cui vengono affrontate e approfondite la pneumatica e lelettro-pneumatica (automazione con aria compressa) mediante componenti allavanguardia in grado di simulare la maggior parte delle automazioni industriali. Di grande importanza la programmazione dei PLC (Controllori Logici Programmabili), che rappresentano il cuore dellautomazione industriale controllata dallelettronica e la programmazione di macchine utensili a controllo numerico per la lavorazione dei metalli. La progettazione meccanica si avvale di programmi informatici di disegno 2D e 3D avanzati, correntemente utilizzati in tutte le aziende del territorio, e si arricchisce di numerosi percorsi di lavoro in collaborazione con aziende della Val dEnza. Lungo il triennio finale del percorso di studi ITI Meccanica-Meccatronica, il curriculum studi tradizionale viene arricchito da collaborazioni con aziende situate nel comprensorio produttivo della Val dEnza. Linterazione scuola-azienda permette un vero e proprio trasferimento di conoscenze specifiche ed avanzate: i tecnici e i progettisti possono tenere

LIstituto Superiore Silvio DArzo

3.7

Laboratorio linguistico

Isitituto Silvio DArzo

piccoli cicli di lezioni agli studenti nelle ore delle materie specialistiche, accompagnate dalla fornitura di materiale didattico. In questo modo, anche i docenti mantengono continuamente aggiornato il loro livello di preparazione. Proprio in questo percorso si innestano le esperienze di stage estivi che i ragazzi intraprendono nelle aziende gi a partire dalla fine della classe terza. La specializzazione in Elettronica e Telecomunicazioni e Automatica approfondisce gli aspetti legati allautomazione e al controllo industriale da una parte, alla comunicazione dati dallaltra, riferita ad applicazioni quali le reti dati, la telefonia cellulare, Internet e la office automation. Il corso di studi finalizzato a far s che lallievo acquisisca buone conoscenze in entrambi i settori, integrate da competenze hardware (uso della componentistica, progettazione di schede, impiego della strumentazione) e conoscenze software (programmazione, utilizzo dei pacchetti applicativi di uso comune nonch di CAD di progettazione e simulazione). In considerazione delle caratteristiche della realt produttiva della Val DEnza, in cui sono presenti numerose aziende ad elevato livello di automazione, particolare importanza viene attribuita alla conoscenza, da parte del Perito industriale per lElettronica e le Telecomunicazioni, dei sistemi di controllo basati sui dispositivi a logica programmabile (PLC, microprocessori). LIndirizzo IPSIA offre un percorso triennale al termine del quale rilascia un Diploma di Qualifica di Operatore elettronico, e un percorso quinquennale che rilascia un Diploma di Tecnico delle industrie elettroniche (TIEN). Entrambi i percorsi prevedono stretti legami con le realt produttive del territorio che si concretizzano in stage in azienda. Il ruolo del TIEN quello di provvedere in piena autonomia alla realizzazione, allinstallazio253

252

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE


ne, alladattamento, alla programmazione e alla manutenzione degli impianti elettrici ed elettronici in qualsiasi tipo di realt produttiva. Oggi ogni azienda che produce, trasforma e commercializza prodotti tecnologici dipende da macchine automatizzate. Anche nel settore edilizio le nuove frontiere impiantistiche sono rivolte alla domotica, al risparmio energetico e alle nuove tecnologie. Pertanto la figura professionale del TIEN pu essere necessaria anche a quelle piccole realt artigiane che con difficolt assorbono la sempre pi veloce evoluzione tecnologica. Lindirizzo giuridico-economico-aziendale (IGEA), storico indirizzo di studio dellIstituto Silvio DArzo, prepara i futuri amministratori aziendali puntando in prima linea a una formazione teorica, volta a far acquisire conoscenze di carattere contabile per la lettura, linterpretazione e la gestione del bilancio delle aziende private e pubbliche. La scelta programmatica per definire le caratteristiche del profilo del Perito commerciale in linea e in funzione delle esigenze del territorio, tant che la scelta di diversificare e approfondire la formazione degli alunni secondo le direttive degli imprenditori locali ha costituito per la scuola elemento di riferimento costante. Il desiderio e la volont di confrontarsi con il mondo del lavoro sono stati alla base delle scelte fatte dallistituto nellattuazione degli stage in azienda resi possibili a tutti gli alunni, indipendentemente dal profitto scolastico. La conoscenza del territorio ha visto coinvolti, nel corso degli anni, gli studenti delle classi quarte e quinte spesso impegnati in lavori di ricerca. In un quadro di intesa collaborativa tra scuola e aziende locali, sono stati fatti studi di settore sotto forma di indagine esplo-

LIstituto Superiore Silvio DArzo

3.7

rativa con raccolta ed elaborazione dei dati sia dal punto di vista del soggetto giuridico (indagine relativa ad alcune cooperative storiche dalla zona) che economico, ponendo particolare attenzione alle aziende che lavorano nel settore alimentare molto sviluppato sul territorio. Il liceo scientifico si sviluppa su un corso di studi in cui sono presenti discipline dellarea umanistica e dellarea scientifica in un rapporto orario equilibrato; il fine quello di fornire una preparazione di base che abitui gli allievi al rigore metodologico, alla chiarezza espositiva e allo spirito critico, cos da poter proseguire gli studi in tutti Lezione pratica in laboratorio gli indirizzi universitari. Una tale preparazione comunque utile anche per un inserimento diretto nel mondo del lavoro, data la crescente importanza nella societ odierna di una solida formazione culturale di base. Gli alunni delle classi terze e quarte possono partecipare a stage di lavoro estivo presso ditte ed enti del territorio, al fine di avvicinare gli alunni alla realt lavorativa del nostro territorio. Il legame con il territorio particolarmente importante per questo indirizzo. Infatti, in ambito storico si operato un collegamento con la storia locale, in particolare del 900, con la produzione di alcuni video documentari con interviste a testimoni della storia locale e ai temi dello sviluppo economico e sociale, anche della seconda met del 900. 3.7.3 Il radiCameNtO territOriale LIstituto Silvio DArzo, oltre ad investire sui percorsi distruzione gi consolidati, da alcuni anni si propone anche come centro di formazione permanente della Val DEnza, per diffondere la cultura tecnico-scientifica e fornire opportunit di miglioramento professionale a tutti: diplomati, dipendenti di aziende, persone in attesa di una nuova occupazione, persone che vogliono riqualificarsi. A questo proposito lIstituto, oltre a promuovere attivamente da anni gli stage aziendali, ha raggiunto i seguenti risultati: dal 2008 diventato sede di corsi IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) in collaborazione con enti di formazione ed imprese. In particolare sono stati attivati due percorsi: un primo corso di 1000 ore nellambito Produzione e un secondo di 500 ore nellambito Packaging. Listituto ha inoltre stipulato convenzioni con importanti 255

Laboratorio di elettronica

254

I CENTRI DI SUPPORTO E FORMAZIONE

LIstituto Superiore Silvio DArzo

3.7

Progetto del nuovo Campus della Val DEnza

aziende della Val DEnza (collaborazione e formazione dei dipendenti neoassunti);

dal 2009 diventato centro di formazione accreditato da CETOP-ASSOFLUID per


linsegnamento dellautomazione pneumatica. Grazie alla disponibilit di laboratori allavanguardia e di personale docente specializzato, lIstituto DArzo il quinto centro di eccellenza a livello nazionale abilitato al rilascio della Certificazione CETOP (Comitato Europeo delle Trasmissioni Oleoidrauliche e Pneumatiche) relativa al Livello 1 di Pneumatica. Il superamento dellesame di certificazione determina liscrizione allalbo Assofluid (Associazione Italiana dei Costruttori ed Operatori del settore Oleoidraulico e Pneumatico).

256

257

ALTRE PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA

PARTE QUARTA

4.0

IL TERRITORIO E IL SISTEMA DELLE ECCELLENZE


di Luciano Mazzoni Un libro che intenda parlare per esteso del settore dellimpiantistica agroalimentare del parmense non potrebbe dirsi completo se non offrisse una panoramica su quanto sta intorno. Leccellenza di Parma in questo settore data infatti non solo da una grande specializzazione, ma dalla capacit di sviluppare sul territorio strutture complementari fra loro, in grado di essere centri di formazione, di sapere, di ricerca fra loro integrati e sempre pi proiettati verso lesterno. In altri capitoli di questa pubblicazione si parlato approfonditamente di strutture pi direttamente pertinenti come la SSICA, lUniversit degli Studi di Parma o il Consorzio Parma Tecninnova. Ora vale la pena di presentare brevemente quelle realt che pur non lavorando necessariamente a stretto contatto con le aziende del territorio ne integrano il lavoro promuovendone la proiezione sui mercati esteri o alimentando quella cultura del cibo di qualit che il vero tesoro prezioso che nei secoli le genti di queste terre ci hanno tramandato. Cultura , infatti, la parola chiave per interpretare correttamente lintero complesso delle attivit umane, anche con riferimento ai fenomeni strettamente economici. Il successo di un territorio non appartiene solo a questa o quellimpresa, ma sempre frutto di un agire collettivo che si fonda, necessariamente, su un collante formidabile: una cultura condivisa. Ecco allora che concetti come qualit, imprenditoria e innovazione si declinano diversamente a seconda dei territori che di volta in volta si prendono in considerazione. in questo senso che molte delle istituzioni di cui si parler in questo capitolo, e tra queste quellIstituzione Biblioteche che mi onoro di presiedere, rappresentano un baluardo fondamentale di questa cultura, facendo in molti casi da ponte tra un passato gravido di eredit e un futuro ancora tutto da conquistare.

261

ALTRE PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA

I distretti

4.1

I DISTRETTI
Negli ultimi anni i distretti industriali italiani hanno sofferto la competizione internazionale, manifestando alcuni nodi critici quali la modesta capacit di fare innovazione e la rigidit dei mercati di sbocco. Ci ha messo in discussione il modello stesso di specializzazione che aveva caratterizzato i distretti tradizionali. I distretti agroalimentari sono stati introdotti in Italia con il Decreto Legislativo 228 del 18/5/2001, che ha individuato due tipologie distinte: i rurali e gli agroalimentari di qualit. Questi ultimi sono definiti come sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da una significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari; oltre che da una o pi produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche. Le indicazioni del Decreto Legislativo offrono un orientamento preciso: i distretti agroalimentari di qualit hanno un evidente impatto nella definizione del modello di sviluppo del territorio e una significativa integrazione di filiera, caratterizzata da certificazioni o produzioni tipiche. Da unanalisi svolta dallIstituto Tagliacarne sul PIL provinciale negli anni 1995-2002, emerge che le province a maggior valenza della filiera agroalimentare nella formazione del prodotto interno lordo sono tra quelle che hanno registrato i miglioramenti in termini di ricchezza pro capite tra i pi interessanti. Si tratta di province, come la nostra, con un tessuto imprenditoriale formato da imprese con una spiccata vocazione agroalimentare di qualit e unorganizzazione produttiva sul territorio di tipo sistemico, in alcuni casi caratterizzata dalla presenza di prodotti tipici con marchio di tutela. 4.1.1 Il DistrettO del PrOsCiUttO A Parma il distretto del Prosciutto nato nel 2007 con un accordo di programma sottoscritto da tutti i soggetti promotori.1 Laccordo individua come prioritari tre obiettivi: la qualificazione e la valorizzazione ambientale; la pianificazione urbanistica e territoriale; e la definizione delle linee strategiche del governo del distretto. Per consentire il raggiungimento di questi obiettivi, il distretto ha tra i suoi compiti quello di monitorare una serie di attivit, dal sistema produttivo locale alle politiche territoriali. A queste si

aggiunge la definizione delle linee strategiche per il mantenimento e il miglioramento del vantaggio competitivo, e la creazione di un fondo perequativo per lattuazione e la gestione delle aree produttive sovracomunali. Il Distretto deve essere, dunque, visto come una sfida di governance, poich rappresenta un livello di governo intermedio, del tutto nuovo, in cui convergono attori pubblici e privati. Una dimensione in cui si concentrano decisioni fondamentali come quelle relative al marketing territoriale, rivolto sia al turismo sia allincentivazione di nuovi investimenti da parte di soggetti del territorio o esterni. Ma la sfida anche a livello industriale poich necessario individuare, concertandole, zone adatte per la produzione che nello stesso tempo permettano di rispettare paesaggio e ambiente, senza pregiudicare lattrattivit turistica dei luoghi.

Pomodori maturi

Prosciutto di Parma

4.1.2 Il DistrettO del POmOdOrO Il distretto del Pomodoro nato come realt sovra provinciale, coinvolgendo i territori di Parma, Piacenza e Cremona2. Si tratta di un ente nato per difendere la qualit del pomodoro che ha la sua storia nel triangolo di territorio disegnato dalle tre province dove, a puro titolo di esempio, nel 2008 si sono trasformate ben 1,6 milioni di tonnellate di pomodoro, di cui 850mila solo nel parmense. Lo scopo quello di rafforzare la posizione competitiva del sistema produttivo territoriale nel settore del pomodoro da industria, attraverso strumenti atti a favorire il confronto, il coordinamento e la cooperazione tra i soggetti della filiera; e lattuazione di un complesso organico di azioni per promuovere lelaborazione condivisa di politiche finalizzate al miglioramento della qualit delle produzioni e alla loro valorizzazione. Tra gli obiettivi comuni fissati vi lo sviluppo di politiche per la qualit, attraverso la definizione di un marchio di distretto, indicazioni geografiche, o altro. Importante anche il miglioramento delle forme contrattuali e la riduzione dei costi di produzione e trasformazione del pomodoro, realizzabili tramite valutazioni tecniche ed economiche, e operando sul coordinamento e sulla finalizzazione della ricerca oltre che della sperimentazione. Fondamentale, infine, lavvio di politiche di settore attraverso la partecipazione come Distretto ai dibattiti a livello europeo, nazionale e regionale. 263

262

ALTRE PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA

I consorzi di prodotto

4.2

I CONSORZI DI PRODOTTO
I consorzi di tutela sono organismi composti da produttori e/o trasformatori di un determinato prodotto di qualit. Essi hanno come scopo primo la tutela, la promozione e la valorizzazione dei prodotti, svolgendo al contempo anche limportantissimo ruolo di informazione al consumatore e di vigilanza sulle produzioni. Essi, inoltre, salvaguardano il prodotto da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni e uso improprio della denominazione. Parma, in quanto territorio ad altissima vocazione agroalimentare, ospita numerosi Consorzi, da quelli pi conosciuti del Prosciutto e del Parmigiano Reggiano, fino a quelli del Culatello, dei Vini dei Colli e del Maiale Nero. 4.2.1 Il CONsOrZiO del ParmigiaNO ReggiaNO Il Parmigiano Reggiano un formaggio che vanta otto secoli di storia e che ha caratterizzato la produzione agricola di un vasto territorio che supera i confini della provincia di Parma. Il Consorzio nasce nel 1934 con lobiettivo della difesa e tutela della Denominazione dOrigine, salvaguardando la tipicit e le caratteristiche peculiari del prodotto. Esso rappresentativo di 429 caseici che operano nel comprensorio di Reggio Emilia, Parma, Bologna, Modena e Mantova. Uno tra i provvedimenti pi importanti presi dal Consorzio, al fine di tutelare la commercializzazione del prodotto, fu quello di introdurre, nel 1964, la marchiatura dorigine con la scritta a puntini Parmigiano-Reggiano sul fianco della forma, dando cos al formaggio laspetto esteriore attuale. 4.2.2 Il CONsOrZiO del PrOsCiUttO CrUdO di Parma Il Prosciutto di Parma rappresenta il prodotto tipico deccellenza del nostro territorio. Una condizione essenziale per ottenere il Crudo di Parma che lintera lavorazione avvenga in zona tipica: unarea estremamente limitata che comprende il territorio della provincia di Parma posto a sud della via Emilia a distanza di almeno 5 chilometri da questa; esteso fino ad unaltitudine di 900 metri; delimitato a est dal fiume Enza e a ovest dal torrente Stirone. Per difendere e tutelare la qualit del prodotto che si sta diffonde sempre pi nel mondo, nato nel 1963 il Consorzio volontario del Prosciutto di Parma, unorganizzazione dei produttori (allora 23, oggi 189) che utilizzano e salvaguardano il metodo tradizionale di lavorazione. Le attivit del Consorzio sono molteplici: riguardano la gestione e la salvaguardia delle regole produttive, la gestione della politica economica del comparto, la vigilanza e la tutela delle disposizioni di legge e dei regolamenti, la protezione del nome Prosciutto di Par264

Salagione

ma e del relativo marchio (Corona Ducale). A riconoscimento di questo rigore, lUnione Europea ha attribuito al Prosciutto di Parma la Denominazione dOrigine Protetta (DOP) gi nel 1996, una tra le prime in Europa. 4.2.3 Il CONsOrZiO del CUlatellO di ZibellO Dalle cantine della Bassa parmense alle tavole nazionali il percorso del Culatello stato, storicamente, tuttaltro che breve. Per molti secoli, infatti, il nome e il prestigio del Culatello sono rimasti circoscritti alle zone dorigine; patrimonio della gente della Bassa che sola sapeva apprezzarne il gusto e conservarne i segreti. A tutela della qualit e della tipicit di questo prodotto stato creato il Consorzio del Culatello di Zibello che garantisce la provenienza da quella fascia di terra che corre lungo le rive del Po, e la lavorazione antica e artigianale. Nel 1996 stata ufficializzata la D.O.P. - Denominazione di Origine Protetta - che fissa i criteri di lavorazione e indica i Comuni che fanno parte dellarea geografica di produzione del Culatello di Zibello: Busseto, Roccabianca, Polesine Parmense, San Secondo Parmense, Zibello, Sissa, Soragna e Colorno. 265

ALTRE PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA


4.2.4 Il CONsOrZiO dei ViNi dei COlli Il Consorzio nasce nel 1977 grazie allintraprendenza di alcuni viticoltori della zona di Langhirano, ed tuttoggi costituito da viticoltori, produttori singoli o associati e vinificatori della collina parmense. Il suo scopo prevede lo sviluppo, il miglioramento e la salvaguardia della qualit e della tipicit di produzione, nel pieno rispetto della tradizione. Dal maggio del 2001 i Vini dei Colli di Parma usufruiscono della denominazione D.O.C.; dal 2003 il Consorzio stato incaricato di svolgere le funzioni di controllo che comportano annualmente rilevazioni in vigna, in cantina, nella fase di imbottigliamento e di commercializzazione. 4.2.5 Il CONsOrZiO del Maiale NerO Lultimo arrivato dei consorzi di tutela provinciale quello del Maiale Nero, nato nel 2006 per promuovere la razza Nera Parmigiana, un suino autoctono che rischiava lestinzione. A partire da met degli anni 90, grazie al contributo di Camera di Commercio, Soprip e Provincia di Parma, si attuato un progetto per il recupero della antica razza suina nera di Parma e la sua reintroduzione nellAppennino parmense. Il riconoscimento formale del tipo genetico ha consentito di avviare un percorso per la tutela e la valorizzazione commerciale dei prodotti derivanti da questo animale. Il consorzio nasce dunque con la partecipazione dei produttori ma anche dei tre enti promotori, i quali si sono dati da subito un disciplinare di produzione. La Camera ha nel frattempo creato e registrato il marchio collettivo Suino Nero Parma (differenziato in Suino Nero Brado e Suino Nero Parma Stabulato), di cui ha successivamente concesso luso al Consorzio. Attualmente i soci allevatori, tra piccole e medio grandi aziende, sono 22. 4.2.6 Il CONsOrZiO del FUNgO di BOrgOtarO Borgo Val di Taro e le sue valli sono famose in tutto il mondo per il suo fungo; da anni infatti la ricchezza principale dei boschi appenninici in Provincia di Parma, nello spartiacque tra lEmilia, la Liguria e la Toscana, non pi la legna da ardere - peraltro ottima e ricercata in tutto il Nord Italia - ma sono piuttosto i prodotti del sottobosco. In particolare i funghi porcini di Borgotaro sono conosciuti ovunque in quanto fin dalla fine dell800, quando molti montanari furono costretti ad emigrare in America o in Inghilterra, esportarono e fecero conoscere questo prodotto allestero. Nonostante questa fama antica, il Fungo di Borgotaro un marchio molto giovane, in quanto il riconoscimento I.G.P. stato ottenuto nel 1993 dal Ministero e nel 1996 dalla CEE. Il merito delliniziativa va attribuita al Consorzio Comunalie Parmensi, che nel suo 266 programma di miglioramento e valorizzazione del territorio gestito, dopo aver promosso azioni mirate al razionale e corretto uso della risorsa fungo, ha intrapreso le procedure volte al riconoscimento dellIndicazione Geografica Protetta. Nel 1995 stato costituito il Consorzio di Tutela, con lo scopo di garantire, valorizzare e promuovere il prodotto principe dellalta Valtaro, attraverso un apposito Disciplinare di produzione.

I consorzi di prodotto

4.2

Funghi Porcini della zona di Borgotaro

267

ALTRE PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA

Le strutture scientifiche

4.3

LE STRUTTURE SCIENTIFICHE
Parma capitale dellagroalimentare anche capitale della ricerca scientifica sui temi inerenti alla produzione industriale e non. In questo senso il riconoscimento pi grande alla vocazione di questo territorio stata lassegnazione a Parma della sede dellAutorit europea per la sicurezza alimentare. A questa struttura si affiancano, oltre che a realt nazionali come la SSICA, anche enti nati in ambito provinciale come il consorzio Dalla Terra alla Tavola che opera in campo scientifico nel controllo delle filiere di produzione. 4.3.1 Efsa LAutorit europea per la sicurezza alimentare (EFSA) la chiave di volta dellUnione Europea per la valutazione dei rischi legati alla sicurezza alimentare umana e animale. In stretta collaborazione con le autorit nazionali, e in aperta consultazione con le parti interessate, lEFSA fornisce consulenza scientifica indipendente, nonch una comunicazione chiara sui rischi esistenti ed emergenti. Il ruolo dellEFSA consiste nel valutare e comunicare tutti i rischi associati alla ca-

tena alimentare. Poich le indicazioni dellEFSA sono utilizzate per la definizione di politiche e decisioni dei gestori del rischio, essa svolge la maggior parte delle sue funzioni in risposta a richieste specifiche di consulenza scientifica. Le richieste di valutazioni scientifiche provengono dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e dagli Stati membri dellUE. LEFSA, inoltre, assume incarichi di lavoro in ambito scientifico anche di sua spontanea iniziativa attraverso la cosiddetta procedura di autoassegnazione. A Parma questo importante organismo consultivo europeo arrivato nel dicembre del 2003, a seguito di una candidatura promossa a livello provinciale da un vasto aggregato di enti ed associazioni, che sono state in grado di ottenere il necessario supporto politico a livello regionale e nazionale. 4.3.2 Il CONsOrZiO dalla Terra alla tavOla Il Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola TeTa - stato costituito a Parma nellottobre 1998 su sollecitazione del tessuto istituzionale e imprenditoriale, legato alla filiera agroalimentare. TeTa opera per lo sviluppo e diffusione di soluzioni per la sicurezza; il rispetto degli equilibri ambientali e dei principi etici; la ricerca di soluzioni innovative per la qualit e la sicurezza idonee alle filiere agroalimentari italiane. Questi ambiti sono scientificamente analizzati e valutati attraverso le competenze di oltre 300 esperti, forniti degli enti soci per realizzare progetti di interesse generale. In questo senso TeTa si pone come strumento per la promozione e la gestione di attivit finalizzate alla qualit, alla innovazione e alla sicurezza nelle filiere agroalimentari. Occorre infine sottolineare che il Consorzio non ha tra i propri scopi la consulenza alle singole aziende, bens lo sviluppo di progetti di utilit collettiva. Lindividuazione degli argomenti sensibili, sui quali operare in via prioritaria, avviene per il tramite dei propri soci: associazioni di categoria, societ di servizi, enti locali e camerali.

La sede dellEFSA

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269

ALTRE PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA

Gli enti di promozione

4.4

GLI ENTI DI PROMOZIONE


Parma ha dimostrato nel tempo di saper fare sistema e di affrontare la sfida soprattutto dei mercati esteri, avvalendosi di strutture che sappiano portare avanti strategie di promozione adeguate a mantenere alta la competitivit dei nostri prodotti e promuoverne la conoscenza in tutto il mondo. Tra queste un ruolo di primo piano spetta alla Camera di Commercio, che con la riforma del 1993 ha visto riconosciuta lautonomia statutaria per quanto riguarda sia lorganizzazione sia il funzionamento, consentendole di diventare vero e proprio motore di sviluppo per il territorio. Similarmente funzionale in chiave strategica il ruolo di Parma Alimentare, consorzio nato per la promozione dellagroalimentare sui mercati esteri attraverso la partecipazione alla principali fiere di settore del mondo. 4.4.1 Camera di COmmerCiO La valorizzazione del territorio e della sua economia una delle attivit qualificanti della Camera di Commercio. Negli ultimi dieci anni questo obiettivo stato interpretato con forza, secondo un approccio integrato che ha coinvolto le componenti strategiche del sistema Parma: le infrastrutture logistiche, il sistema dei servizi, la filiera agroalimentare, il comparto turistico. Lintervento camerale si quindi rivolto a favore di strutture e infrastrutture con vocazione specialistica e con elevata connotazione di servizio, privilegiandole rispetto alle infrastrutture pesanti. In particolar modo un grande sforzo stato fatto nellottica di uno sviluppo qualitativo del territorio, finalizzato anche a dare impulso a una sua proiezione internazionale. Questo obiettivo stato perseguito attraverso interventi per valorizzare il potenziale del sistema dei trasporti, puntando sullo sviluppo di infrastrutture di livello internazionale (aeroporto); interventi per sostenere strutture innovative in grado di valorizzare il nesso tra sistema agroali-

mentare, turismo, formazione, cultura e congressualit; ed infine interventi volti a sostenere il consolidamento di centri di competenza per linnovazione e il trasferimento tecnologico. 4.4.2 Parma AlimeNtare Parma Alimentare nasce nel 1976 con lobiettivo di promuovere in tutto il mondo la conoscenza della tradizione e lelevata qualit delle produzioni agroalimentari della provincia. Oltre alla Camera di commercio di Parma ente fondatore ne fanno parte istituzioni, associazioni di categoria e consorzi di tutela3. Tra il 2001 e il 2002, stato avviato il processo di riorganizzazione e di rilancio della societ in chiave di promozione integrata. Sotto questo profilo lattivit comprende lorganizzazione di partecipazioni collettive di imprese alle principali fiere internazionali dellalimentare e la realizzazione di iniziative di comunicazione dei valori e della qualit della produzione alimentare made in Parma, sempre presentata in stretta combinazione con le specificit del territorio. In cinque anni il volume daffari cresciuto considerevolmente, passando dai 186.500 euro del 2003 ai 327.371 del 2008. Nel 2008 il consorzio stato presente a un totale di 6 manifestazioni fieristiche e 11 eventi, ai quali hanno partecipato rispettivamente 34 e 43 aziende del territorio.

La sede della Camera di Commercio

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ALTRE PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA

La cultura alimentare

4.5

LA CULTURA ALIMENTARE
Non c e non pu esservi Food Valley se non si parla di cultura del cibo, conservazione della memoria e delle tradizioni, promozione della qualit come valore assoluto. In questo senso Parma ha costruito intorno alla propria eccellenza, lAgroalimentare, un vero e proprio sistema del sapere che opera proprio per preservare e promuovere quella sapienza millenaria che ha fatto la fortuna di questo territorio. 4.5.1 Alma: sCUOla di CUCiNa iNterNaZiONale Nata nel 2002 e subito considerata come il pi autorevole centro di formazione della cucina italiana a livello internazionale, ALMA frutto della collaborazione tra istituzioni private e pubbliche per la valorizzazione a livello mondiale della cucina e dei prodotti nazionali. Sotto la guida del rettore, lo chef Gualtiero Marchesi, i pi importanti cuochi e pasticceri italiani e i pi grandi esperti del settore tengono le proprie lezioni per chi ha concluso la Scuola alberghiera o ha iniziato da pochi anni lattivit. La scuola offre aule e attrezzature didattiche allavanguardia e una biblioteca di pubblicazioni gastronomiche tra le pi complete in Italia, con oltre 8.000 volumi e tutte le principali riviste del settore. Il core business rappresentato dal Corso superiore di cucina italiana, due edizioni annue della durata di 10 mesi ciascuna, ma nel tempo lofferta didattica si ampliata e diversificata con il Corso superiore di pasticceria (7 mesi) e il Corso di sommelier professionista internazionale (11 mesi). 4.5.2 ACademia Barilla Nel maggio del 2004 veniva inaugurata Academia Barilla. Apriva cos i battenti un centro internazionale dedicato a promuovere, difendere e sviluppare larte della Gastronomia Italiana. Ad un anno di distanza, nel 2005, Academia Barilla apriva al pubblico uno strumento indispensabile per la sua missione: la Biblioteca Gastronomica Academia Barilla, collezione unica al mondo di testi legati allArte della Gastronomia, a disposizione di studiosi e appassionati con oltre 8.500 volumi a tema gastronomico e alimentare. La Biblioteca comprende una ricchissima raccolta di testi specializzati in materia di storia dellalimentazione e gastronomia, volumi datati a partire dal XVI secolo fino ai nostri giorni, costantemente ampliata attraverso acquisizioni mirate nelleditoria contemporanea e scelte integrazioni al nucleo storico. 272

4.5.3 IstitUZiONe BibliOteCHe di Parma Per lIstituzione Biblioteche del Comune di Parma non si pu parlare correttamente di un centro documentale sul cibo, che peraltro presente in citt. Tuttavia si tratta di una realt che esprime un servizio che in grado di soddisfare i bisogni di lettura e documentazione della popolazione di un territorio che ha fatto suo il brand dellenogastronomia e del buon vivere. In particolare tutti gli operatori del settore conoscono la Biblioteca Bizzozero con i suoi 20.000 volumi e 1.000 testate periodiche su agricoltura e settori collaterali e testi di letteratura specialistica che non hanno corso di pubblicazione e tesi di laurea, data base relativi a profili giuridici del settore ambientale ed alimentare, oltre agli importanti fondi storici di Antonio Bizzozero e della Biblioteca del Consorzio Agrario Parmense. La Biblioteca Internazionale Ilaria Alpi inaugurata nel complesso del San Paolo allinizio di questanno ha voluto proporre da subito titoli di cucine del mondo e aspetti del vivere quotidiano pensando a questi come primari strumenti di conoscenza reciproca. Le proposte tra gli scaffali spaziano tra i paesi, le tradizioni e le abitudini: dalla cultura e cucina scozzese alle proposte messicane e caraibiche, alla cucina ebraica piuttosto che asiatica, ma anche cucina naturale, cucina natalizia, per i bambini e per i viaggiatori e un ampio spazio alla cucina mediterranea e alle cucine regionali italiane in diverse lingue straniere. 4.5.4 FONdaZiONe COllegiO EUrOpeO Il Collegio Europeo opera come istituto di formazione superiore che prepara giovani laureati provenienti da tutto il mondo nellambito del diritto, delleconomia e delle politiche dellUnione Europea. Fondato nel 1988 come consorzio di enti, il Collegio Europeo di Parma divenuto Fondazione nel 20044. Lofferta si divide in due categorie: formazione post-universitaria e formazione professionalizzante. La prima si incentra sul Diploma Avanzato in Studi Europei (DASE) inaugurato nel 2003 con la finalit di preparare giovani laureati alle carriere presso le istituzioni comunitarie, nazionali e locali, le associazioni di categoria, il mondo delle imprese; ma anche alle libere professioni. Dal 2003 a oggi il Corso DASE ha registrato una media di 46 alunni per anno accademico. La sede della Fondazione ospita anche il Centro di documentazione europea, aperto agli studenti e ai cittadini che desiderano ricevere informazioni aggiornate e dettagliate sulle attivit della Commissione Europea.

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ALTRE PECULIARIT DEL SISTEMA PARMA

I Musei del Cibo

4.6

I MUsei del CibO


In provincia di Parma sono nati tre musei dedicati ad altrettante eccellenze agroalimentari: il Prosciutto, il Parmigiano Reggiano e il Salame. La vocazione di queste realt spiccatamente turistica, avendo tra i propri obiettivi, oltre alla valorizzazione dei singoli prodotti raccontati, la costruzione di un nuovo prodotto turistico, che integri i luoghi di attrazione sul territorio agli itinerari eno-gastronomici. I Musei contribuiscono a valorizzare i luoghi di produzione tipica gi viventi sul territorio, curando in particolare quelli pi idonei per storia, processo e qualit, ed inserendoli in itinerari che oltre ad interagire con i musei stessi, propongono un ricco programma di eventi che qualificano lintero territorio attraverso la cultura gastronomica. 4.6.1 Il MUseO del ParmigiaNO ReggiaNO Il 29 novembre 2003 veniva ufficialmente inaugurato e aperto al pubblico, a Soragna, allinterno dello storico Casello ottocentesco che sorge allombra della Rocca Meli-Lupi, il primo Museo del cibo, quello dedicato al Parmigiano-Reggiano. La raccolta del materiale del museo si svolta su tutte e cinque le provincie in cui il Parmigiano-Reggiano prodotto. Gli oggetti reperiti si collocano per lo pi nellarco temporale compreso tra la seconda met dellOttocento e la prima met del Novecento. Data la relativa omogeneit del materiale si pensato di allestire lesposizione come se si trattasse di riarredare lantico caseificio Meli-Lupi. Infatti nel corpo pi antico del fabbricato sono presenti gli oggetti necessari alla trasformazione. Nella parte pi moderna dello stabile sono invece state allestite le sezioni non collegate con la trasformazione e cio la stagionatura e commercializzazione oltre a quelle relative allimpiego gastronomico del prodotto e alla sua storia. 4.6.2 Il MUseO del PrOsCiUttO Il Museo del Prosciutto viene ufficialmente inaugurato il 2 maggio 2004. La sede viene indivduata a Langhirano nella vasta struttura dellex Foro Boario. Il Museo del Prosciutto e dei Salumi di Parma propone un percorso che consente di ricostruire il processo di produzione, dal suino ai salumi, dei pregevoli prodotti dellarte salumaria parmense. Al suo interno vi si trovano dunque sale dedicate non solo al classico Prosciutto crudo di Parma, ma anche ad altri capolavori della tradizione salumiera locale quali il Culatello di Zibello, il Salame Felino, la Spalla di San Secondo, tutti insieme vanto della gastronomia parmigiana, campioni di qualit e dolcezza, di equilibrio nutrizionale e di sapore. 274

4.6.3 Il MUseO del Salame Il Museo del Salame di Felino apre al pubblico il 28 ottobre 2004 ed testimone del rapporto privilegiato instaurato nel tempo tra il prodotto unico che conosciamo e il suo territorio dorigine. Felino rende cos omaggio al suo figlio pi amato, la cui storia finalmente a degna dimora nei magnifici locali settecenteschi delle cantine del castello di Felino. Il Museo rappresenta unoccasione per far conoscere ed apprezzare non semplicemente lessenza di quello che stato definito il principe dei salami, ma il territorio e la comunit di cui espressione, a partire dalla qualit delle materie prime fino alla sapienza delle mani che continuano a lavorarlo. Lo sforzo sostenuto per realizzare il progetto del Museo corrisponde pienamente alla volont di offrire una nuova tappa tra le pi notevoli lungo la strada del prosciutto e dei vini dei colli allattenzione di esperti, curiosi e turisti.

Del Distretto fanno parte Regione Emilia Romagna, Provincia di Parma; le due Comunit montane della Provincia di Parma; Associazione intercomunale pedemontane parmense; Comuni di Collecchio, Sala Baganza, Felino, Langhirano, Lesignano, Traversetolo, Montechiarugolo, Fornovo, Terenzo, Medesano, Calestano, Tizzano, Neviano, Berceto, Corniglio, Monchio, Palanzano, Varano Melegari; Camera di Commercio di Parma; Soprip Spa, Consorzio del Prosciutto di Parma; Associazioni di categoria; Rappresentanze sociali; Universit di Parma. 2 Del Distretto fanno parte le Provincie di Parma, Piacenza e Cremona; le Camere di Commercio di Parma, Piacenza e Cremona; le associazioni di categoria: Upi, Coldiretti di Parma e Piacenza, Cio, Ainpo, Asipo e gli enti di ricerca SSICA, Azienda Stuard e Universit di Piacenza. 3 Si tratta in particolare di Provincia e Comune di Parma, UPI, Api, Apla, Ascom, Cna, Confesercenti, GIA, Lega cooperative, Unione cooperative, Consorzio Agrario, Consorzio Prosciutto di Parma e Consorzio Parmigiano-Reggiano. 4 Insieme alla Camera di Commercio di Parma sono soci fondatori: il Comune e la Provincia di Parma, la Regione Emilia-Romagna, lUniversit degli Studi di Parma, lUnione Parmense degli Industriali e la Fondazione Cariparma. Il Ministero degli Affari Esteri socio sostenitore.
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NOTE

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