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Capitolo II

I materiali piezoelettrici: evoluzione storica e


fenomenologia.

In questo capitolo verrà presentata una breve descrizione dell’effetto


piezoelettrico, descrivendone dapprima l’evoluzione temporale, dalla loro
scoperta ad oggi, per poi illustrare la modellazione fisica alla base del fenomeno

2.1 Cenni storici


La scoperta dell’effetto piezoelettrico diretto avvenne ad opera dei fratelli
Curie nel 1880; tale scoperta non giunse inattesa in quanto Pierre Curie aveva già
condotto studi sulla piroelettricità ed in particolare sul suo legame con la struttura
cristallina di un materiale. Tali studi avevano consentito ai fratelli Curie di
prevedere anche l’effetto piezoelettrico diretto e di capire in quale tipo di materiali
si potesse riscontrare; i risultati di tale ricerca apparvero sulla rivista “Comptes
Rendus de l’Academie des Sciences de Paris” nel 1880. L’effetto piezoelettrico
diretto fu riscontrato dai due fratelli in diversi cristalli come il clorato di sodio, la
boracite, la tormalina, il quarzo, il sale di Rochelle ecc.
L’effetto piezoelettrico inverso fu predetto da Lippman sulla base di
considerazioni termodinamiche e verificato successivamente dai Curie.
Voigt diede un assetto definitivo alla teoria della piezoelettricità determinando
tra le 32 classi di simmetria cristallina le 20 nelle quali si riscontra l’effetto
piezoelettrico; i risultati delle sue ricerche apparvero nel 1910 nella celebre opera
monumentale “Lehrbuch der Kristallphysik”.
La piezoelettricità trovò la sua prima applicazione nella realizzazione di
misuratori di carica, come per il radio, ad opera dello stesso Pierre Curie. Durante
la I guerra mondiale si ebbero le prime applicazioni industriali della
piezoelettricità con la costruzione di risonatori al quarzo per generare onde
acustiche; tali apparecchi, realizzati da Paul Langevin, erano utilizzati come sonar
per individuare i sottomarini in immersione. Una applicazione successiva portò
alla costruzione di interferometri acustici per la misura della velocità del suono e
della dispersione in differenti gas al variare della composizione del gas e della sua
temperatura. I cristalli di quarzo vennero largamente impiegati anche nella
radiotecnica per la realizzazione di filtri selettivi. Da quel momento i materiali
piezoelettrici trovano applicazione nella realizzazione di varie tipologie di
attuatori e trasduttori, grazie alla loro capacità di trasformare energia meccanica in
elettrica e viceversa.
Oggi l’effetto piezoelettrico diretto viene utilmente sfruttato nella realizzazione
di trasduttori di pressione, accelerometri e in genere nella realizzazione di sensori.
L’effetto piezoelettrico inverso viene sfruttato nella realizzazione di risonatori
piezoelettrici, di motori lineari e rotativi piezoelettrici ed in generale nella
costruzione di dispositivi di attuazione.

2.2 Piezoelettricità
La parola ha origine dal greco πιέζειν, che significa pressione e consiste nella
capacità di alcuni materiali cristallini di manifestare una carica elettrica se
sottoposti a stress meccanico (effetto diretto) oppure di deformarsi se sottoposti ad
un campo elettrico (effetto inverso).
Il principio di funzionamento di un cristallo piezoelettrico (Fig.1) è abbastanza
semplice: quando viene applicata una pressione (o decompressione) esterna, si
posizionano, sulle facce opposte del cristallo, cariche di segno opposto. Per tale
ragione il cristallo si comporta come un condensatore al quale è stata applicata
una differenza di potenziale.
Se le due facce vengono collegate ad un circuito esterno, si genera una corrente
elettrica detta corrente piezoelettrica.

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Fig. 2.1a

Fig. 2.1b

Sotto l'azione di una tensione meccanica, infatti, (di compressione o di


trazione) alcuni solidi si polarizzano sviluppando cariche elettriche opposte su
alcune facce cristalline. La formazione di queste cariche dipende dal fatto che una
deformazione meccanica induce particolari asimmetrie della struttura cristallina le
quali a loro volta creano dipoli elettrici locali che vengono a sommarsi lungo la
direzione di applicazione dello sforzo.
Non sempre questo fatto si verifica, ad esempio quando uno sforzo meccanico
viene applicato ad una struttura simmetrica vengono deformate le distanze di
legame ma questo non crea l'insorgere di una polarizzazione netta.
Il requisito fondamentale affinché esistano interazioni piezoelettriche in un
cristallo è che alcuni dei suoi assi posseggano intrinsecamente una polarità.
Questa caratteristica è propria solo di alcune classi cristalline dotate di una
particolare simmetria e in linea di principio è assente negli altri cristalli e nei
materiali isotropi. Ad esempio il quarzo sviluppa una polarizzazione se soggetto
ad uno sforzo di compressione lungo la direzione cristallografica ben precisa, ma
non quando sollecitato lungo altre direzioni.

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Fanno parte di questa categoria anche le ceramiche piezoelettriche, ovvero
materiali dielettrici dotati di una struttura policristallina ed elevata costante
dielettrica. Le ceramiche piezoelettriche sono intrinsecamente costituite da
microdomini, cioè zone di piccole dimensioni, i cui momenti di dipolo elettrici
sono orientati casualmente e quindi la loro risultante è nulla, impedendo così il
verificarsi dell’effetto piezoelettrico. La direzione dei momenti di dipolo può
essere variata sotto opportune condizioni e con particolari tecniche. La possibilità
di variare la direzione dei dipoli è nota con il nome di “ferroelettricità” ed è
dovuta a mutue interazioni di tipo elettrico fra le molecole del materiale che
tendono ad allinearsi secondo precise direzioni (Moheimani 2010).
Per ottenere proprietà piezoelettriche è necessaria una polarità che può essere
conferita alla ceramica in maniera più o meno duratura mediante un procedimento
di polarizzazione analogo alla magnetizzazione di un magnete permanente. Infatti,
se si applica un campo elettrico costante per un certo periodo di tempo, nasce una
carica netta positiva su un lato del materiale e una carica netta negativa sul lato
opposto. L’applicazione di un campo elettrico esterno, quindi, causa una
polarizzazione residua e un comportamento a “ciclo di isteresi” (Gaudenzi 2009).

Fig. 2.2 Ciclo di Isteresi.

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Nella figura si nota che aumentando il campo elettrico, la polarizzazione del
materiale cresce, fino alla polarizzazione di saturazione (𝑃𝑠 ), oltre il quale, anche
aumentando il campo elettrico, la polarizzazione rimane invariata.
Poiché la ceramica ha una elevata costante dielettrica, il momento di dipolo
rimane pressoché invariato una volta tolto il campo elettrico, come mostrato in
fig. 1.3.

(a) (b) (c)


Fig. 2.3 Prima, durante e dopo la polarizzazione

Dopo il trattamento di polarizzazione il ceramico policristallino è assimilabile,


come comportamento elettrico, ad un cristallo piezoelettrico con un momento di
dipolo netto che risponderà linearmente al campo elettrico applicato o alla
pressione meccanica.
La ferroelettricità, consiste quindi nel poter variare la direzione degli assi polari
mediante il processo di polarizzazione. Le direzioni che l’asse può assumere
dipendono dal tipo di cristallo: maggiore è il numero di direzioni consentite,
migliore sarà l’allineamento finale dei dipoli di tutti i cristalli. Nelle ceramiche,
ovviamente un allineamento perfetto non sarà mai ottenibile, in quanto
esisteranno sempre degli stress meccanici interni e delle imperfezioni tra i grani
del materiale che impediranno lo spostamento dell’asse polare nella direzione più
favorevole.
Dal punto di vista cristallografico le più importanti ceramiche piezoelettriche
cristallizzano secondo una struttura detta “perovskitica” (Moheimani 2010), la cui
unità fondamentale è costituita da una cella idealmente cubica.
E’ da osservare che a livello microstrutturale la ceramica piezoelettrica è
costituita da un insieme di grani a loro volta costituiti da cristalliti (cristalli
microscopici); all’interno di un grano vi sono più domini orientati in direzioni

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diverse (prima della polarizzazione) e le pareti dei grani sono relativamente
mobili, poiché dipendono dalla presenza di difetti reticolari, vacanze, dislocazioni,
da cui dipende la “rigidità” del materiale.
Essendo l'effetto piezoelettrico perfettamente reversibile (un campo elettrico
applicato produce una deformazione meccanica proporzionale al campo
applicato), segue che i materiali piezoelettrici sono ideali per realizzare trasduttori
elettromeccanici (effetto diretto); esempi tra i più comuni sono il microfono, in
cui vibrazioni sonore longitudinali dell'aria vengono tradotte in segnali elettrici, il
pick-up dei grammofoni, chitarre, bassi ecc. Per queste applicazione venne
dapprima utilizzato il sale di Rochelle, ora del tutto sostituito dai titanati PZT.
Un' altra importante applicazione dei materiali piezoelettrici (effetto inverso) è
nella realizzazione di oscillatori "stabilizzati" al quarzo (SiO 2), in cui le vibrazioni
dipolari del reticolo entrano in risonanza con un campo elettrico alternato
applicato esternamente. A seconda delle direzione cristallografica e dello spessore
rispetto alla quale il monocristallo di quarzo viene tagliato, si hanno frequenze
caratteristiche e ben riproducibili di risonanza. Le applicazioni che spaziano dagli
orologi ai frequenzimetri, al controllo della frequenza nelle stazioni radio, ai
dispositivi di attuazione.

2.3 I materiali piezoelettrici


I materiali piezoelettrici largamente utilizzati sono il Quarzo, il Titanato di
Bario (𝐵𝑎𝑇𝑖𝑂3 ), Titanato di Piombo, il Titanato Zirconato di Piombo (𝑃𝑍𝑇), e i
materiali piezoelettrici a matrice plastica come il Polivinilidenfluoruro (𝑃𝑉𝐷𝐹) o
Polivinilfluoride (𝑃𝑉𝐹) (Gaudenzi 2009).
Le ceramiche piezoelettriche sono molto fragili ed hanno caratteristiche
elettromeccaniche migliori se confrontate con i polimeri piezoelettrici.

Cristalli singoli
I cristalli singoli sono anisotropi in generale ed hanno differenti proprietà in
funzione di come il materiale è stato tagliato e in funzione della direzione di

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applicazione del carico. Normalmente questi materiali vengono utilizzati per
stabilizzare la frequenza degli oscillatori o per apparecchiature acustiche.

Ceramiche Piezoelettriche
A differenza dei cristalli, le ceramiche piezoelettriche sono ampiamente
utilizzate. Una delle strutture più semplici è sicuramente la struttura cubica del
Titanato di Bario, già vista precedentemente. Tale struttura consiste in una cella
con atomi da Bario negli spigoli, un catione di Titanio al centro del cubetto ed
atomi di ossigeno al centro di ogni faccia del cubetto.

Fig. 2.4 Struttura perovskitica di una cella elementare di Titanato di Bario (BaTiO3).

Il Titanato di Bario ed il Titanato di Piombo sono i più comuni materiali


ceramici piezoelettrici a struttura perovskitica.

Polimeri Piezoelettrici
I polimeri come il polipropilene, polistirene, vinilacetato ecc., possiedono tutti
un leggero effetto piezoelettrico. Tuttavia, un effetto piezoelettrico forte e stabile è
stato osservato solo per polimeri come il Polivinilidenfluoruro (𝑃𝑉𝐷𝐹) ed il
Polivinilfluoride (𝑃𝑉𝐹).
La struttura molecolare del 𝑃𝑉𝐷𝐹 consiste in una successione di unità
monomeriche (−𝐶𝐹2 − 𝐶𝐻2 −)𝑛 , e la polarizzazione permanente è ottenuta

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attraverso un processo tecnologico che comporta l’allungamento di una sottile
lamina estrusa di polimero poi sottoposta all’azione di un campo elettrico esterno.
Questi materiali sono molto utilizzati per la realizzazione di microfoni
direzionali e sonar ad ultrasuoni.

Compositi piezoelettrici
I compositi di questo tipo sono realizzati unendo insieme materiali piezoelettrici
ceramici e polimerici. Questi materiali hanno molti vantaggi; primo fra tutti il
fatto di essere dei compositi, quindi con la possibilità di adattarsi al meglio alle
varie condizioni di utilizzo. Inoltre possiedono una impedenza acustica molto
bassa, un fattore di accoppiamento piezoelettrico molto alto ed ottima flessibilità
meccanica.

Pellicole sottili
Sia l’Ossido di Zinco (𝑍𝑛𝑂) che il Nitruro di Alluminio (𝐴𝑙𝑁) sono dei semplici
composti binari che posseggono una struttura cristallina denominata Wurtzite.
Questi materiali sono ottenuti mediante un processo in cui il materiale di base
viene bombardato da particelle esterne che determinano l’espulsione di particelle
di materiale base raccolte poi per formare sottili strati. Questi materiali
possiedono discrete caratteristiche piezoelettriche e vengono impiegati
principalmente in elettronica come SAW (Surface Acoustic Wave).

Fig. 2.5 Struttura cristallina tipo Wurtzite.

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2.4 Equazioni costitutive
La trattazione che verrà fatta si basa sull’ipotesi di comportamento elastico
lineare del materiale piezoelettrico. Ciò sta a significare che gli stress meccanici e
i campi elettrici a cui sono sottoposti tali materiali sono di bassa entità.
Le equazioni costitutive si basano sull’assunzione che la deformazione totale è
la somma di una parte meccanica, indotta dagli stress meccanici, e da una parte
dovuta all’applicazione di una differenza di potenziale elettrico (Moheimani
2010). Tali equazioni scritte per l’effetto diretto assumono la seguente forma:

𝜺 𝒋 = 𝑺𝑫𝒊𝒋 𝝈 𝒋 + 𝒈𝑻𝒎𝒊𝑫 𝒎 ;
(2.1)
𝑬 𝒊 = 𝒈 𝒎𝒊𝝈 𝒋 + (𝝃𝝈𝒊𝒋 )−𝟏 𝑫 𝑲 ;

𝝈 𝒋 = 𝑪𝑫𝒊𝒋 𝜺 𝒋 − 𝒒𝑻 𝑫 𝒎 ;
(2.2)
𝑬 𝒊 = −𝒒𝜺 𝒋 + (𝝃𝑺𝒊𝒋 )−𝟏 𝑫 𝑲 ;

invece scritte per l’effetto inverso:

𝜺 𝒋 = 𝑺𝑬𝒊𝒋 𝝈 𝒋 + 𝒅𝑻𝒎𝒊𝑬 𝒎 ;
(2.3)
𝑫 𝒎 = 𝒅 𝒎𝒊𝝈 𝒋 + 𝝃𝝈𝒊𝒋 𝑬 𝑲 ;

𝝈 𝒋 = 𝑪𝑬𝒊𝒋 𝜺 𝒋 − 𝒆𝑻𝒎𝒊𝑬 𝒎 ;
(2.4)
𝑫 𝒎 = 𝒆 𝒎𝒊𝜺 𝒋 + 𝝃𝑺𝒊𝒋 𝑬 𝑲

dove 𝑖, 𝑗 = 1,2, … .6, 𝑚, 𝑘 = 1,2,3 (sistema di riferimento del materiale) con gli
apici 𝐷, 𝐸, 𝜎 che stanno ad indicare che le misure sono state effettuate,
rispettivamente, a spostamento elettrico costante, a campo elettrico costante e a
tensione costante. La tabella seguente riassume il significato dei simboli su scritti
e le relative unità di misura.

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Simbolo Tipologia Dimensione Unità di misura Significato
𝝈 Vettore 6×1 𝑁/𝑚2 Componenti di tensione
Componenti di
𝜺 Vettore 6×1 𝑎𝑑𝑖𝑚.
deformazione
Componenti del campo
𝑬 Vettore 3×1 𝑁/𝐶
elettrico
Componenti dello
𝑫 Vettore 3×1 𝐶/𝑚2 spostamento della carica
elettrica
𝑺 Matrice 6×6 𝑚2 /𝑁 Matrice di Cedevolezza

𝑪 Matrice 6×6 𝑁/𝑚2 Matrice di Rigidezza


𝝃 Matrice 3×3 𝐹/𝑚 Permittività elettrica

Coefficienti piezoelettrici
𝒅 Matrice 3×6 𝐶/𝑁
(Deformazione–Carica)
Coefficienti piezoelettrici
𝒆 Matrice 3×6 𝐶/𝑚2
(Tensione-Carica)
Coefficienti piezoelettrici
𝒈 Matrice 3×6 𝑚2 /𝐶
(Deformazione-Voltaggio)
Coefficienti piezoelettrici
𝒒 Matrice 3×6 𝑁/𝐶
(Tensione-Voltaggio)
Tab.2.1 Simboli utilizzati e loro significato.

Normalmente le matrici di cedevolezza e di rigidezza, così come le matrici dei


coefficienti piezoelettrici, sono tutte piene. Ciò ovviamente caratterizza un
materiale piezoelettrico anisotropo. Se però il materiale è trasversalmente
isotropo, come avviene per la maggior parte dei piezoelettrici ceramici, le matrici
sopracitate assumono forme più semplici. Ad esempio supponiamo di aver a
disposizione un materiale piezoelettrico ceramico polarizzato in direzione 𝑧:

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Fig. 2.6 Assi principali e direzione di polarizzazione

Per tale materiale avremo che la matrice di cedevolezza 𝑺 e la matrice dei

coefficienti piezoelettrici 𝒅 avrà la seguente forma:

𝑆11 𝑆12 𝑆13 0 0 0


𝑆12 𝑆11 𝑆13 0 0 0
𝑆 𝑆13 𝑆33 0 0 0
𝑺𝒊𝒋 = 13 (2.5)
0 0 0 𝑆44 0 0
0 0 0 0 𝑆44 0
0 0 0 0 0 2(𝑆11 − 𝑆12 )

0 0 0 0 𝑑15 0
𝒅𝒊𝒋 = 0 0 0 𝑑15 0 0 (2.6)
𝑑31 𝑑31 𝑑33 0 0 0

2.4.1 Significato dei coefficienti piezoelettrici


In questa sezione spiegheremo brevemente il significato fisico di tutti i
coefficienti piezoelettrici introdotti finora (Gaudenzi 2009).

Coefficienti piezoelettrici 𝒅𝒊𝒋.


È definito come il rapporto tra la deformazione lungo l’asse 𝑗 ed il campo
elettrico applicato lungo 𝑖, quando tutte le forze esterne sono mantenute costanti.
Per esempio 𝑑31 è il rapporto tra la deformazione lungo l’asse 𝑥 e il campo
elettrico applicato lungo l’asse 𝑧.

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Coefficienti piezoelettrici 𝒈𝒊𝒋.
Rappresenta il campo elettrico che si genera lungo la direzione 𝑖 quando il
materiale è sottoposto ad uno sforzo lungo la direzione 𝑗.

Coefficienti dielettrici 𝝃𝒊𝒋 .


Servono a determinare la carica, per unità di superficie, lungo la direzione 𝑖
generata da un campo elettrico applicato in direzione 𝑗.

Coefficienti piezoelettrici 𝒌𝒊𝒋 .


Questi coefficienti rappresentano la capacità dei materiali piezoelettrici di
trasformare energia elettrica in meccanica e viceversa. I pedici 𝑖𝑗 indicano che la
tensione o la deformazione è applicata in direzione 𝑗, mentre gli elettrodi sono
perpendicolari all’asse 𝑖 , ovvero all’asse di polarizzazione. Questi coefficienti
possono essere espressi in funzione dei coefficienti 𝑑𝑖𝑗 , 𝑔𝑖𝑗 e del modulo di Young
𝐸𝑝 .

𝑘𝑖𝑗 = 𝑔𝑖𝑗 𝑑𝑖𝑗 𝐸𝑝 (2.7)

2.5 Sensore piezoelettrico


Sfruttando l’effetto diretto è possibile realizzare dei sensori piezoelettrici. Il
principio di funzionamento è piuttosto semplice, basta infatti misurare la carica
prodotta per risalire alla deformazione subita.
Assumendo nullo il campo elettrico iniziale, il vettore dello spostamento
elettrico 𝑫 𝒎 può essere espresso come funzione del vettore deformazione:

𝑫 𝒎 = 𝒅 𝒎𝒊 𝝈 𝒋 (2.8)

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Sempre nell’ipotei di elasticità, possiamo sostituire il legame costitutivo,
ottenendo:

𝑫 𝒎 = 𝑬𝒑 𝒅 𝒎𝒊 𝜺 𝒋 (2.9)

Nel caso in cui lo sforzo è applicato in direzione 𝑥 e il materiale è polarizzato


lungo 𝑧:

𝑫 𝟑 = 𝐸𝑝 𝒅 𝟑𝟏 𝜺𝟏𝟏 (2.10)

Dallo spostamento elettrico è possibile risalire alla carica depositata sugli


elettrodi e quindi alla differenza di potenziale tra gli stessi.

𝑞 = 𝑫 𝟑 𝑑𝐴 (2.11)

𝑞
𝑽= (2.12)
𝐶

dove 𝐶 è la capacità del sensore piezoelettrico.


Combinando le equazioni 10 − (12) si ottiene:

𝐸𝑝 𝒅 𝟑𝟏 𝜺𝟏𝟏𝑑𝐴
𝑽= (2.13)
𝐶

Questa relazione (Moheimani 2010) mostra come la differenza di potenziale sia


direttamente proporzionale alla deformazione applicata, inversamente
proporzionale alla capacità e direttamente proporzionale alle proprietà meccaniche
e piezoelettriche del materiale.

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2.6 Attuatore piezoelettrico
Sono state studiate diverse configurazioni per sfruttare il piezoelettrico come
attuatore, ma la configurazione bimorph rimane comunque, una delle più
largamente utilizzate, in grado di fornire i risultati migliori (Moheimani 2010).
Molto spesso, per accentuarne le prestazioni, vengono posizionate due lamine di
materiale piezoelettrico sulle facce di una travetta, ad esempio di alluminio, per
creare un sistema di questo tipo:

Fig. 2.7 Posizione standard di attuatori piezoelettrici su una trave.

Poiché gli attuatori piezoelettrici sono incollati alla trave, i loro movimenti, e
quindi le deformazioni, sono vincolati dalla rigidezza della trave. Tutto il sistema
si comporterà come un’unica trave avente caratteristiche meccaniche dipendenti
dal piezoelettrico e dal materiale della travetta, e proprietà piezoelettriche
dipendenti dalla tipologia del materiale utilizzato per l’attuatore.
Applicando una differenza di potenziale agli attuatori, il momento flettente
prodotto è funzione dello spessore, della quota e delle caratteristiche elastiche e
piezoelettriche dei trasduttori. La deformazione prodotta in seguito
all’applicazione di una 𝑉 è (Moheimani 2010):

𝑑31 𝑉
εp = (2.14)
𝑡𝑝

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dove 𝑡𝑝 è lo spessore dell’attuatore. In seguito all’incollaggio di attuatore e trave,
e considerando una distribuzione di deformazione lineare (legame costitutivo
elastico lineare ed assenza di fenomeni plastici), la distribuzione di deformazione
lungo lo spessore del sistema trave-piezo la possiamo scrivere come:

𝜀 𝑧 = 𝛼𝑧 (2.15)

La distribuzione degli sforzi all’interno della trave e dei piezo sarà:

𝜎𝑏 𝑧 = 𝐸𝑏 𝛼𝑧 ;

𝜎𝑝𝑡 = 𝐸𝑝 𝛼𝑧 − 𝜀𝑝 ; (𝑡𝑜𝑝 𝑝𝑎𝑡𝑐ℎ) (2.16)

𝜎𝑝𝑏 = 𝐸𝑝 𝛼𝑧 + 𝜀𝑝 ; (𝑏𝑜𝑡𝑡𝑜𝑚 𝑝𝑎𝑡𝑐ℎ)

con 𝐸𝑏 , 𝐸𝑝 i rispettivi moduli di Young. Applicando l’equilibrio dei momenti


rispetto la mezzeria del sistema trave-piezo (Moheimani 2010):

𝑡 𝑡𝑏 𝑡𝑏
− 𝑏 +𝑡
2 2 2 𝑝

𝜎𝑝𝑏 𝑧 𝑧 𝑑𝑧 + 𝜎𝑏 𝑧 𝑧 𝑑𝑧 + 𝜎𝑝𝑡 𝑧 𝑧 𝑑𝑧 = 0 (2.17)


𝑡 𝑡 𝑡𝑏
− 𝑏 −𝑡 𝑝 − 𝑏
2 2 2

Sostituendo le espressioni delle tensione e risolvendo gli integrali, otteniamo 𝛼 :

2 2
𝑡𝑏 𝑡
3𝐸𝑝 − 2𝑏
2 + 𝑡𝑝
𝛼= 3 3 3 (2.18)
𝑡𝑏 𝑡 𝑡𝑏
2 𝐸𝑝 − 2𝑏
2 + 𝑡𝑝 + 𝐸𝑏 2

A questo punto, noto anche il momento d’inerzia, ricaviamo l’intensità del


momento agente sulla trave, necessario per determinare la dinamica del sistema.

𝑀 = 𝐸𝑏 𝐼𝛼 (2.19)

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50

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