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Club Alpino Italiano

Sezione di Roma

Corso avanzato di escursionismo 2007 direttore del corso AE Alessandro Maria Ponti

Cartografia e orientamento

di Cristina Cimagalli

Club Alpino Italiano Sezione di Roma Corso avanzato di escursionismo 2007

Cartografia e orientamento
di Cristina Cimagalli

La forma della Terra

figura 1 La Terra vista dal satellite (in prospettiva come fosse vista dal Sole)

La constatazione della sfericit della Terra (fig. 1), contrariamente a quello che comunemente si ritiene, una conquista molto antica: viene fatta risalire addirittura a Pitagora, il celebre filosofo, astronomo e matematico greco vissuto nel VI secolo a. C. Un paio di secoli dopo un altro astronomo greco, Eratostene (IV sec. a. C.), calcol con notevole approssimazione la lunghezza del meridiano terrestre e dunque la circonferenza del nostro pianeta. Agli inizi del XVIII secolo, per, lo scienziato inglese Isaac Newton mise in discussione lipotesi che la Terra fosse una sfera, dimostrando che essa era leggermente schiacciata ai poli: si trattava di un ellissoide, dunque (fig. 2).

La teoria attuale, nata non solo da approfonditi studi geometrico-matematici, ma anche dalla possibilit di sfruttare punti di osservazione e di calcolo esterni alla Terra stessa (i satelliti), che questo pianeta non n una sfera, n proprio un ellissoide preciso, ma una forma talmente irregolare da non corrispondere a nessun solido geometrico definito. La forma della Terra stata dunque definita geoide: e geoide vuol dire proprio una cosa a forma di Terra. Bisogna dire per che la differenza tra il geoide e lellissoide davvero minima, dellordine di poche decine di metri: dunque i cartografi, per praticit, impostano i loro calcoli come se la Terra fosse un ellissoide, chiamato WGS 84, il cui raggio medio di circa di 6.370 chilometri1.
figura 2 Differenza tra ellisse e circonferenza. O il centro di entrambe; AB il diametro della circonferenza e lasse maggiore dellellisse; CD lasse minore dellellisse (notare lo schiacciamento ai poli); F e F sono i due fuochi dellellisse. interessante notare che la somma delle distanze dei fuochi sullellisse (FE+FE) sempre costante.

Per individuare un punto preciso sulla superficie terrestre si pensato, fin dallantichit, di tracciare idealmente su di essa un certo numero di linee virtuali: meridiani e paralleli, che insieme formano il cosiddetto reticolato geografico (fig. 3a e b). Ciascun meridiano (dal latino meridies, mezzogiorno) unisce il polo N e il polo S con una linea che tocca tutti i punti della superficie terrestre che hanno lo stesso mezzogiorno; tutti i meridiani hanno quindi la stessa dimensione e si congiungono tra loro ai poli. I paralleli sono invece (lo dice il nome stesso) paralleli allequatore, ovvero alla massima circonferenza terrestre equidistante tra i poli; i paralleli dunque sono tutti paralleli anche tra di loro e vanno decrescendo di dimensione man mano che dallequatore si avvicinano ai poli.

figura 3a

figura 3b

Per la precisione, lasse maggiore dellellissoide WGS 84 di 6.378.137 m, lasse minore di 6.356.752 m. Il massimo discostamento del geoide dallellissoide di circa -100 m nel Sud dellIndia e + 70 m nel Nord dellAustralia.

Il meridiano che passa per la localit di Greenwich, vicino a Londra, dal 1884 convenzionalmente considerato il meridiano di riferimento. La distanza di un punto dal meridiano di Greenwich (longitudine) si misura generalmente in gradi sessagesimali, indicando se si a E o a O di esso: ad esempio, il meridiano fondamentale che passa da Roma (Monte Mario) a long. E 122713. Il punto di riferimento per i paralleli invece lequatore, rispetto al quale bisogna specificare se si a N o a S; anche per i paralleli lunit di misura il grado sessagesimale, e la loro distanza dallequatore viene detta latitudine. La latitudine del meridiano di Roma Monte Mario lat. N 415531,49; il punto P nella fig. 3b, per fare un altro esempio, ha le seguenti coordinate: long. E 30, lat. N 60.

Cartografia
Per le esigenze pratiche dei grandi viaggi su terre e soprattutto su mari poco conosciuti nacque la necessit di compilare carte geografiche che fossero di aiuto per lorientamento. Ma trasformare in un disegno su una superficie piana qualcosa di sferico unimpresa irta di problemi matematici. Ce ne possiamo rendere conto osservando le figure 4-6. Paragonando la Terra a unarancia (fig. 4), se cerchiamo di rendere appiattita la sua buccia come fosse una carta geografica sar impossibile rendere la continuit di tutta la sua superficie: essa non potr che separarsi inevitabilmente in spicchi o in parti pi o meno regolari (figg. 5-6).

figura 4

figura 5

figura 6

Naturalmente i problemi cartografici sono molto pi complicati di cos. (Bisogna poi specificare che in realt le rugosit della Terra, dallEverest alla Fossa delle Marianne, sono assai meno rilevanti di quelle presenti sulla buccia di unarancia: il paragone pi calzante sarebbe addirittura quello con le microscopiche asperit di una palla da biliardo...). Nella lunga storia della cartografia sono stati studiati molti modi per risolvere il problema della proiezione di un solido sferico su una superficie piana. Pu sembrare strano, ma il metodo oggi 5

considerato pi valido fu ideato da un matematico del Cinquecento, Gerhard Kremer (1512-1594), che aveva latinizzato il suo nome in Mercator e che a nostra volta italianizziamo in Mercatore. Immaginiamo di avvolgere a cilindro un cartoncino intorno a un pallone da basket che raffiguri la Terra, e di proiettare sul cartoncino tutti i punti del reticolo geografico lasciando inalterati gli angoli retti che le linee formano tra di loro. Mercatore aveva posizionato il cartoncino in verticale, avvolgendolo intorno allequatore (fig. 7a); modernamente invece lo si considera in modo trasverso, cio in orizzontale, tangente a un meridiano (fig. 7b). Per questo tale proiezione viene detta proiezione Universale Trasversa di Mercatore (U.T.M.).

figura 7a Proiezione diretta di Mercatore

figura 7b Proiezione trasversa di Mercatore

Il risultato sar assolutamente corrispondente alla realt nel punto in cui il cartoncino tocca il pallone (la striscia verticale punteggiata, che chiameremo fuso), ma sempre pi deformato man mano che ci si allontana verso Est e verso Ovest (fig. 8).

figura 8 Proiezione U.T.M.

Lesempio risulta ancora pi chiaro se al pallone-Terra sostituiamo un volto umano (fig. 9): ecco come apparirebbe su una carta geografica secondo loriginaria proiezione di Mercatore, non trasversa ma diretta (fig. 10): in questo caso sono le porzioni pi a N e pi a S (cranio e mento) ad essere decisamente deformate.

figura 9

figura 10

Ecco infine la proiezione U.T.M. della Terra. Si pu vedere che nel meridiano di tangenza (quello di Greenwich, al centro della carta) la riproduzione molto fedele alla realt. Per, man mano che ci si sposta a E o a O (non pi a N e S perch qui usiamo la proiezione trasversa, non quella diretta come nelle figg. 9-10), la deformazione diviene sempre pi intollerabile: si osservino ad esempio le Americhe, del tutto irriconoscibili.

figura 11 Proiezione U.T.M. della Terra

Quale pu essere la soluzione? La risposta sembra molto semplice, anche se ci vollero molti anni prima che venisse formulata: se la proiezione fedele solo nel fuso centrale della carta, usiamo solo un fuso per volta. Il procedimento questo: si divide convenzionalmente la superficie Terra in 60 fusi, ciascuno dellampiezza di 6 (ampiezza molto piccola che consente di non avere deformazioni percepibili nella relativa proiezione; v. fig. 12). Si posiziona quellideale cartoncino cilindrico illustrato nella fig. 7b in modo che sia tangente al centro di un fuso (ipotizziamo il fuso 1) e si traccia la proiezione solo della superficie contenuta in quel fuso: la proiezione di questa piccola striscia sar assolutamente fedele. Poi (v. fig. 13) si gira leggermente il cartoncino, in modo che esso diventi tangente al centro del fuso 2, e si traccia la fedele proiezione di questo nuovo fuso; e cos via, fino ad avere la proiezione di tutti e 60 i fusi che abbracciano i 360 della circonferenza terrestre. Questo sistema fu ideato dal geografo tedesco Karl Friedrich Gauss nel 1821, per una carta dellHannover, e lievemente modificato dallitaliano Giovanni Boaga nel 1947.

figura 12

figura 13

Ai fusi sono state aggiunte le fasce, che suddividono la superficie terrestre in orizzontale: ne abbiamo 10 a N dellequatore e 10 a S, ciascuna contraddistinta da una lettera dellalfabeto (fig. 12). Le calotte polari non sono interessate dal sistema dei fusi e delle fasce ma seguono un altro criterio di proiezione pi adatto per esse. 8

Dallintersezione di fusi e fasce si possono individuare le zone, denominate con il numero del fuso e la lettera della fascia (fig. 14).

figura 14

figura 15

Ecco dunque nella fig. 15 la rappresentazione dellItalia, che si estende prevalentemente tra i fusi 32 e 33 e le fasce S e T; solo la penisola salentina sporge per pochi chilometri nel fuso 34. La parte dellAppennino centrale pi frequentata dai soci del Cai di Roma giace nella zona 33T. La cartografia di tutto il territorio nazionale italiano prodotta e gestita dallIstituto Geografico Militare (I.G.M.); su di essa si basano tutte le altre carte topografiche stampate a fini commerciali da altri editori (Tabacco, S.E.L.C.A., il Lupo ecc.).

figura 16

Come mostra la fig. 16, la vecchia serie delle carte I.G.M., avviata fin dagli anni successivi allunit dItalia, divisa in 285 fogli alla scala di 1:100.000 (ovvero 1 cm sulla carta corrisponde a 100.000 cm nella realt, cio a 1 km). Ciascun foglio a sua volta spartito in quattro quadranti, indicati con numeri romani in senso orario partendo dal quadrante in alto a destra; i quadranti sono stati stampati delle stesse dimensioni dei fogli, ingrandendone dunque il contenuto fino alla scala di 1:50.000. A loro volta i quadranti sono stati divisi ciascuno in quattro tavolette, indicate con il punto cardinale in cui si situano allinterno del quadrante (NE, SE, SO, NO) e la localit pi rilevante contenuta in essa; le tavolette sono state stampate delle stesse dimensioni dei quadranti, in modo da farle ancora pi particolareggiate, con una scala di 1:25.000. Questa la scala ideale per lescursionismo, perch un centimetro sulla carta corrisponde a soli 250 m nella realt: cos possibile disegnare sulla carta una grande quantit di dettagli del territorio. In conclusione, per indicare una particolare tavoletta I.G.M. bisogna indicare il foglio in numeri arabi, il quadrante in numeri romani e la tavoletta con il suo orientamento e il titolo: ad esempio, F. 12 II SE Cortina dAmpezzo. Le tavolette 1:25.000 sono state realizzate tra il 1946 e il 1965. Recentemente lI.G.M. ha avviato la redazione di una nuova serie di carte, dato che in molti casi quelle vecchie non corrispondono pi alla realt: in pi di mezzo secolo nuove strade sono state aperte, nuovi insediamenti umani hanno modificato il territorio, vecchi sentieri sono caduti in disuso e scomparsi, i confini di boschi e vegetazione si sono alterati e cos via. La nuova serie, a sei colori e ancora non completata, sar divisa in 652 fogli in scala 1:50.000, a loro volta ripartiti ciascuno in quattro sezioni in scala 1:25.000 (fig. 16). Dopo tutte queste spiegazioni pu sorgere una domanda: ma perch necessario compilare carte geografiche? Oggi che c la possibilit di avere fotografie particolareggiate da aerei o satelliti, non sarebbe pi pratico servirsi di quelle? La risposta no, perch anche le aerofotografie devono misurarsi con il problema di fondo della cartografia: rappresentare su una superficie piana qualcosa che piano non . Si osservi la fig. 17a, che mostra la fotografia aerea del Corno Grande.

figura 17a Vetta Occidentale del Corno Grande

figura 17b

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Si possono chiaramente notare tre grandi e insormontabili difetti di questo tipo di immagine. Il primo la deformazione prospettica: ci che pi lontano dallobiettivo del fotografo risulta pi piccolo di ci che gli pi vicino, come avviene in qualunque fotografia (immaginiamo per un attimo a quanto risulterebbe pi grande lala dellaereo rispetto al massiccio del Gran Sasso se essa venisse inquadrata nella foto...). Il secondo elemento di disturbo costituito dallombra delle montagne, degli alberi o di qualsiasi costruzione umana: si veda nella fig. 17a come lombra del Corno Grande renda illeggibile gran parte del ghiacciaio del Calderone. Anche lombra non si pu eliminare, perch di giorno sempre presente a tutte le latitudini, tranne che a mezzogiorno sullequatore2. Il terzo problema costituito dal fatto che da una foto non si pu evincere con chiarezza landamento altimetrico, ovvero a che quota precisa di altitudine sono i vari punti del terreno; si veda quanta maggior chiarezza e abbondanza di informazioni fornisca la carta I.G.M. 1:25.000 riprodotta nella fig. 17b. Le aerofotografie, dunque, agevolano molto il lavoro del cartografo ma non possono sostituirlo del tutto. Per posizionare sulle carte con assoluta precisione ci che c nella realt bisogna ricorrere alla geodesia (v. fig. 18). Si deve partire dalla cosiddetta base geodetica: la linea che unisce due punti di cui sappiamo con assoluta certezza sia lubicazione che la distanza tra di loro, misurata con aste rigide o nastri flessibili (punti B e G della fig. 18a). Con laiuto della geometria e in particolare della trigonometria si pu sapere con precisione la posizione del punto A, purch esso sia visibile sia da B che da G. Infatti esiste un teorema secondo cui i lati di un triangolo sono proporzionali ai seni degli angoli opposti; poich noi conosciamo lampiezza di tutti e tre gli angoli (di quelli in B e in G perch ci stiamo sopra; quello in A possiamo calcolarlo perch la somma totale degli angoli di un triangolo sempre 180), possiamo arrivare con facilit a stabilire la lunghezza dei lati del triangolo. Con questo metodo, che si chiama triangolazione, possiamo posizionare nello spazio anche il punto A, che verr detto punto trigonometrico. Ecco il significato di quei bolli in metallo che spesso vediamo sulle cime dei monti (fig. 18b), talvolta non proprio sul punto pi alto ma su un punto visibile dalla valle: essi individuano i punti trigonometrici, che anche sulla carta sono segnati con il simbolo di un triangolo con un punto al centro. E cos, partendo da sole otto basi geodetiche (una in Lombardia, una nel Friuli-Venezia Giulia, una in Toscana, due in Puglia, una in Calabria, una in Sicilia e una in Sardegna), stato possibile misurare tutto il territorio italiano di triangolo in triangolo: perch ogni lato del primo triangolo tracciato, una volta conosciuto con precisione, pu essere usato come base per un

Questo sarebbe lunico caso in cui il sole, trovandosi allo zenit cio sulla verticale perfetta, non causa alcuna ombra sulla superficie terrestre. Ma se laereo del fotografo, per evitare un effetto prospettico, si posiziona anche lui allo zenit, proietter inevitabilmente la propria ombra sul terreno; in conclusione, non si pu realizzare alcuna foto aerea della Terra senza ombre.

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triangolo successivo (fig. 18c). La compilazione di questa rete geodetica inizi con lunit dItalia e fu terminata nel 1919.
figura 18c

figura 18a

figura 18b

Il problema dei tre Polo Nord


Prima di passare alla trattazione di come fatta e di come si legge una carta topografica, bisogna affrontare un ultimo problema: cos il Polo Nord, punto fondamentale per lorientamento? Non stupisca laffermazione che, di fatto, ci sono tre Poli Nord.

figura 19

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Il primo il Polo Nord geografico: quel punto della Terra che sta allestremit superiore dellasse di rotazione terrestre, e verso cui convergono convenzionalmente tutti i meridiani. Il secondo il Polo Nord magnetico, quello verso cui punta lago della bussola. La posizione del Polo Nord magnetico non coincide quella del Nord geografico, perch determinata dal campo magnetico terrestre e non dalla rotazione del pianeta. Per di pi non fissa, ma fluttua nel tempo: attualmente a circa 1600 km dal Polo Nord geografico, langolo che si forma tra i due poli detto declinazione magnetica (fig. 19). Infine, il terzo Polo Nord quello cartografico, cio quello indicato dalle linee del reticolato inserito nelle carte topografiche. Si guardi di nuovo la fig. 12: il fuso ha una forma, appunto, affusolata, in cui tutte le infinite linee verticali che lo compongono convergono verso un unico punto: il Polo Nord geografico. Si guardi invece la fig. 17b: il reticolato cartografico ha tutti angoli retti, e le linee verticali sono tutte parallele tra di loro. Volendo essere estremamente precisi bisognerebbe dire che esse puntano ciascuna verso un suo proprio Nord: una sola di esse, quella sul lato della carta, punta verso il vero Nord geografico. Allatto pratico, per, la differenza tra il Nord geografico e quello cartografico davvero infinitesimale, e quindi trascurabile. Anche quella tra Nord geografico e Nord magnetico, per chi sta in Italia, del tutto irrilevante, perch dellordine di circa 2: gli errori che possiamo commettere nellorientamento con la bussola durante unescursione sono di gran lunga pi consistenti (diverso sarebbe il caso se dovessimo colpire con precisione chirurgica un bersaglio molto lontano: ma per fortuna non il nostro caso...). Comunque, a lato delle carte I.G.M., nate per scopi militari, indicato sia langolo tra il Nord geografico e quello magnetico (denominato ) che quello tra il Nord geografico e quello della quadrettatura della carta (denominato ; fig. 20).

figura 20

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Varie tipologie di carte


Esistono in commercio varie tipologie di carte topografiche, che differiscono per il tipo di informazioni che danno e quindi per la loro destinazione. Intanto, escludiamo dalla nostra panoramica le carte in scala molto piccola, come le carte geografiche (da 1:1.000.000 in su: servono a raffigurare Stati o continenti: ad esempio le carte politiche) e le carte corografiche (da 1:150.000 a 1:1.000.000: ad esempio le carte stradali), perch quasi inutili ai fini escursionistici. Anche le piante e mappe, che hanno una scala maggiore di 1.10.000, ci servono a poco, perch generalmente limitate a piccole porzioni di terreno o solo ai centri abitati (ad esempio il Tuttocitt). Quelle che servono agli escursionisti sono le carte topografiche, la cui scala va da 1:10.000 a 1:150.000; la nostra preferenza, come detto sopra, sar per quelle che utilizzano la scala di 1:25.000. Ecco la pi tipica di queste carte, quella prodotta dallI.G.M., messa a confronto con la carta stampata dalleditore S.E.L.C.A. di Firenze per il Club Alpino Italiano (figg. 21a e b)

figura 21a

figura 21b

La carta CAI si basa sui dati I.G.M., ma vi inserisce elementi utili allescursionista: i sentieri sono evidenziati in rosso e ne indicata la numerazione, i rifugi vengono segnalati con un apposito disegno su fondo giallo e i colori pi vivaci dellintera carta contribuiscono alla sua chiarezza. Per mostrare una tipologia di carta differente, osserviamo una carta geologica dellEtna messa a confronto con una carta topografica 1:50.000 della stessa zona (figg. 22a e b): i colori della carta geologica, come risulta da apposita legenda qui non riprodotta, non stanno a rappresentare unanaloga colorazione nella realt, ma connotano le successive colate di lava di epoche diverse.

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figura 22a

figura 22b

Lettura della carta topografica


Ovviamente, una delle sfide pi difficili della proiezione su un piano di qualcosa che piano non consiste proprio nella raffigurazione dellaltimetria: cio far capire con immediatezza al lettore se e dove il terreno sale o scende. Gi Leonardo da Vinci us una tecnica di ombreggiatura per rendere il rilievo dei monti, in una carta del percorso del fiume Arno da Firenze a Pisa, in Toscana, del 1503 ca. (fig. 23).

figura 23

Anche oggi si usa ombreggiare valli e monti, come se la luce provenisse da NO (attenzione: questa una convenzione cartografica, originata forse dal fatto che sul tavolo del cartografo la luce proviene generalmente dal lato sinistro in alto. Non bisogna dunque basarsi sulla carta per 15

sapere se il pendio che dovremo attraversare sar assolato o no, perch nella realt la luce del sole non potr mai provenire da Nord-Ovest!). Ma accanto a questo effetto pittorico si usano segni molto pi precisi, detti curve di livello o isoipse: ogni 25 m di dislivello (nelle carte 1:25.000) si congiungono con una linea sottile tutti i punti che hanno la stessa altitudine, creando una serie di linee curve ciascuna delle quali giace sempre allo stesso livello. un po come se tagliassimo la terra a fettine dello stesso spessore e le disponessimo una sopra laltra. Prendiamo ad esempio un monte con due elevazioni separate da una sella (fig. 24a) e lo tagliamo a fettine di 25 m di altitudine ciascuna (fig. 24b).

figura 24a

cima A sella

cima B

figura 24b

Poi rimettiamo queste fettine una sullaltra, a strati sovrapposti (fig. 25a). Per, guardando solo questa figura, in assenza di ombreggiature, non sappiamo se gli scalini tra uno strato e laltro sono crescenti o decrescenti: in linea teorica potrebbero anche essere scalini digradanti verso due depressioni vicine. Si rende allora necessario inserire in qualche punto significativo la quota altimetrica (fig. 25b). In questo modo appare chiaro che i bordi esterni giacciono al livello del mare (0 m) e che man mano si sale verso le due piccole cime separate da una sella (notare anche il segno di punto trigonometrico sulla cima di 143 m). Le isoipse corrispondenti alle centinaia di metri vengono marcate con un tratto pi grosso (vengono definite curve direttrici).

cima A sella
figure 25a e b

cima B

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Ecco alcune esemplificazioni di come vengono resi i principali profili altimetrici con il sistema delle curve di livello.

figure 26a e b

figure 27a e b

figure 28a e b

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figure 29a, b, c, d

Come si pu osservare nei quattro esempi della fig. 29, pi le curve di livello sono ravvicinate pi vuol dire che si sale velocemente da uno scalino allaltro: ci sta a indicare che il pendio piuttosto ripido. Il contrario accade se le curve sono piuttosto distanti tra loro. Si tratta, in fondo, della differenza tra quegli antichi, lunghissimi scaloni adatti ad essere percorsi anche da persone a cavallo (si pensi alla scalinata del Campidoglio, a Roma) e le scalette ripidissime delle vecchie case di paese o dei campanili, in cui si sale di molti metri in poco spazio lineare. chiaro che in tal modo la distanza effettivamente percorsa non corrisponde a quella lineare o planimetrica, cio a quella segnata sulla carta: a parit di metri percorsi, pi il pendio ripido meno spazio occupa sulla carta. Lo si pu vedere chiaramente nella fig. 30:

figura 30

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se percorro il tratto A-B di 141 m e contemporaneamente salgo di 100 m di dislivello, sulla carta, che riporta tutto su un piano, il tratto sembrerebbe di soli 100 m. Quindi il calcolo della lunghezza dei percorsi escursionistici, che si pu fare facendo scorrere sulla carta lapposito strumento a rotellina o usando semplicemente un pezzetto di filo o spago, va rettificato tenendo conto anche del dislivello percorso (anche a occhio, senza bisogno di utilizzare per ogni salita il teorema di Pitagora...). Daltronde, per calcolare leffettivo impegno fisico di unescursione molto pi significativo conoscerne il dislivello che la lunghezza chilometrica. Se, come nella fig. 30, la distanza planimetrica (cio quella segnata sulla carta) di 100 m e contemporaneamente il dislivello di altri 100 m, si dice che la pendenza del 100%; se la salita pi graduale questo numero scender in proporzione, e viceversa. Come si vede nella parte inferiore della stessa fig. 30, possiamo usare due diverse scale per valutare la pendenza: quella pi usata per la circolazione veicolare percentile (pensiamo ai cartelli stradali che avvisano, nelle salite ripide per le auto, che affronteremo una pendenza del 10%, fig. 31),

figura 31

mentre in escursionismo e soprattutto alpinismo e scialpinismo si preferisce calcolare la pendenza in gradi: una pendenza del 100% corrisponde a un angolo di 45 e cos via. Sapere la pendenza di un pendio assolutamente indispensabile quando si affronta lambiente innevato, perch tra i 27 e i 45 c il massimo pericolo di valanghe. Un metodo empirico ma efficace per calcolare velocemente una pendenza illustrato nella fig. 32:

figura 32

se incrociando ad angolo retto due bastoncini della stessa lunghezza si arriva a toccare il pendio da entrambe le parti vuol dire che esso giace a 45. Se questo accade quando il bastoncino

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orizzontale si incrocia con laltro esattamente alla sua met (da segnare sul bastoncino con nastro adesivo o altro metodo), il pendio a 27. Ogni inclinazione intermedia da considerare a rischio. Il calcolo del profilo altimetrico pu essere utile anche per sapere se da un certo punto (ad esempio un sentiero o un paese) ne visibile un altro (ad esempio una vetta) o se elevazioni intermedie ne impediscono la visuale. La fig. 33 mostra come bisognerebbe fare per realizzare un lavoro di precisione: se io sono in A e voglio sapere se posso vedere B traccio una linea retta tra i due punti; riportando su un foglio appoggiato sopra la carta quali isoipse si attraversano nel tratto AB (linee verticali). Le traccio sul foglio anche in orizzontale, e unendo i punti dincontro fra linee verticali e orizzontali posso delineare il profilo altimetrico del segmento in esame. Cos mi render conto che da A non potr mai vedere B perch in mezzo c unelevazione che me lo nasconde.

figura 33

Naturalmente, sar ben difficile che sia davvero necessario effettuare unoperazione cos complicata: non siamo certo geodeti... Con un po di esercizio, ci si abitua a fare un rapido calcolo a occhio. Un altro elemento molto importante delle carte la simbologia usata. Una delle differenze fondamentali con le aerofotografie proprio il fatto che le carte sono una rappresentazione simbolica della realt: ed proprio questo a renderle cos chiare. Facciamo qualche esempio. Finch un sentiero corre lungo un prato esso chiaramente visibile dai rilevamenti fotografici. Ma basta che esso entri nel bosco per scomparire del tutto dalla nostra vista; la carta invece, con il suo apposito simbolo di linea pi o meno tratteggiata (v. fig. 34), pu continuare a seguirlo anche nel fitto della vegetazione. Ci sono poi altre cose che sfuggono alle fotografie: ad esempio, un piccolo rifugio che si mimetizza in una pietraia, o ancor di pi una sorgente, tanto impercettibile quanto preziosa. Ecco che allora, convenzionalmente, tutti i manufatti umani sono

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indicati con simboli di dimensioni ben maggiori del reale e le sorgenti con la figura stilizzata di una gocciolina azzurra e la lettera P se si tratta di una sorgente perenne.

figura 34

Un altro simbolo assai importante quello che indica di quali essenze arboree costituito un bosco (fig. 35).

figura 35

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Questo non serve solo per sapere se aspettarci la luminosit della faggeta o la cupezza della lecceta, ma anche per ragioni di sicurezza: i larici ad esempio, a foglia caduca bench conifere, creano in autunno un tappeto di aghi che pu diventare un pericoloso letto di scorrimento per una valanga, come lerba non falciata.

Orientamento
A questo punto dovremmo saper leggere una carta. Questa la cosa pi importante per lorientamento. Se a casa, prima dellescursione, riusciamo a osservare con calma tutte le particolarit dellitinerario che vogliamo percorrere, possiamo sapere in anticipo tutto ci che ci aspetta: non solo le bellezze da osservare, ma tutto ci che ci pu essere utile per orientarci senza difficolt, come ad esempio punti di riferimento significativi, entrate e uscite dal bosco, cambio di versante, incroci con sentieri che possono trarci in inganno e cos via allinfinito. Si pu dire scherzando che, come nella chiromanzia, leggere le carte predice il futuro...

figura 36

Ipotizziamo di voler fare il giro del monte Godi, nel Parco Nazionale dAbruzzo, da passo Godi (v. fig. 37). Dobbiamo lasciare la strada asfaltata, segnata in giallo, allaltezza del segno di Y sulla carta (v. anche la freccia sulla fig. 38), e l imboccare il sentiero Y1.

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figura 37

Sulla carta tutto chiaro, ma nella realt dellampio pianoro si pone il primo problema: per dirla con Tot, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?

figura 38

punto Y della carta (partenza del sentiero)

Tutti noi abbiamo dovuto affrontare qualche volta il problema dellorientamento, o in prima persona o per spiegarlo agli altri. Ipotizziamo che un amico ci chieda come si fa, a Roma, ad andare da piazza Venezia al Colosseo. Il primo passo da fare trovare un punto di riferimento chiaro, univoco, che non dia adito a dubbi: Hai presente a piazza Venezia lAltare della Patria? Quel grosso (e brutto...) monumento tutto bianco con la tomba del Milite Ignoto? S?. Poi, rispetto a quel punto di riferimento gli indichiamo la direzione da seguire: Ecco, mettiti davanti allAltare della Patria, in modo che tu ce labbia di fronte, e prendi la grossa strada che parte proprio a 23

sinistra del monumento, via dei Fori Imperiali. In fondo troverai il Colosseo. Volendo essere ancora pi precisi, dato che a sinistra pu essere un po vago, potremmo aggiungere: Se la piazza fosse un orologio e il bianco Altare fosse situato alle ore 12, tu devi andare nella direzione delle ore 11. Quali elementi abbiamo dato dunque allamico? Un punto di riferimento chiaro e, rispetto a quello, in che direzione deve muoversi. Pi precisa lindicazione della direzione pi si riduce il margine di errore possibile. Nellorientamento in montagna quale sar il punto di riferimento pi univoco e preciso possibile? Il Nord, indicatoci sia dalla bussola che dalla carta (ricordiamo che si stabilito che la differenza fra i tre Nord in pratica irrilevante). Per trovare la nostra destinazione con assoluta precisione non ci accontenteremo di dire a sinistra, e nemmeno a ore 11, ma dovremo trovare il valore in gradi dellangolo tra il Nord e la nostra direzione; questo angolo si chiama azimut3. Ritorniamo a passo Godi e consultiamo la carta, per capire quale sar lazimut che dovremo seguire.

figura 38

Come abbiamo detto sopra, le linee verticali del reticolato geografico puntano tutte convenzionalmente verso il Nord: nella fig. 38 ne abbiamo evidenziato la direzione con la freccia rossa. Il sentiero da prendere parte inizialmente con la direzione sottolineata con la freccia verde, proprio in modo simile a come via dei Fori Imperiali si situa in rapporto allAltare della Patria. Per calcolare langolo, ci serviremo della bussola come di un goniometro.

Questo termine, come molti altri molto usati in matematica e astronomia quali zenit o nadir, di origine araba. Le nostre radici culturali, in campo filosofico-scientifico, provengono in gran parte dal mondo arabo: basti pensare al concetto di zero, ideato dagli arabi e sconosciuto alla grande civilt greco-romana.

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direzione del Nord

N della ghiera, da ruotare verso Nord

lato lungo della bussola, da allineare con la direzione del sentiero linee rosse della capsula, da allineare con le linee verticali dalla carta

figura 39

Appoggiamo la bussola sulla carta in modo che uno dei suoi lati lunghi si posizioni esattamente nella direzione del sentiero (fig. 39, freccia verde); poi ruotiamo la ghiera nera in modo che la lettera N, che indica il Nord, punti verso lalto, cio verso il Nord della carta. In questa operazione ci aiuteranno le sottili righe rosse del quadrante della bussola: attraverso la plastica trasparente possiamo controllare se esse sono parallele alle linee verticali del reticolato della carta. A questo punto abbiamo trovato qual langolo tra il Nord e la direzione da prendere: ce lo segnala, sul bordo nero della ghiera, la direzione della freccia rossa dipinta sulla placchetta della bussola (cerchiata in azzurro nella fig. 39): in questo caso, langolo di 308, cio pi o meno Nord-Ovest. Allatto pratico, non necessario sapere e memorizzare il numero preciso dei gradi: se non ruotiamo pi la ghiera della bussola esso rimarr fissato sulla bussola stessa. In questa prima fase non cimporta dove sia nella realt vera il Nord: noi stiamo nella realt virtuale della carta, e dobbiamo solo calcolare langolo tra il Nord sulla carta e il sentiero sulla carta. Quindi, per ora trascureremo del tutto la direzione indicata dallago magnetico della bussola. Giunge per il momento di passare alla seconda fase. Una volta conosciuto lazimut sulla realt virtuale della carta, dobbiamo riportarlo nella realt vera: necessario cio trovare lazimut tra il vero Nord e il vero sentiero. Senza assolutamente ruotare la ghiera della bussola, in modo da non perdere lazimut trovato, ruotiamo tutta la bussola finch la punta rossa dellago magnetico che indica il vero Nord non si vada a sovrapporre alla lettera N della ghiera, e quindi il Nord vero coincida con quello virtuale (fig. 40).
direzione da prendere, indicata dalla freccia rossa sulla placchetta della bussola lago magnetico coincide con la N nera della ghiera

lazimut rimasto invariato

figura 40

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A questo punto, la freccia rossa sulla placchetta della bussola ci indicher la vera direzione da prendere. Tutto ci, spiegato a parole, sembra unoperazione un po difficile; con pochissimo esercizio ci si rende conto invece della sua estrema semplicit e facilit. In fondo, si tratta solo di trovare lazimut sulla carta e di riportarlo nella realt... Ed ecco quindi cosa succede a passo Godi (fig. 41), sia pure visto da una prospettiva lontana: la freccia rossa indica dove il Nord reale, la freccia verde la direzione che prenderemo.

figura 41

punto di partenza, dove ci troviamo a fare lazimut

possibile fare anche loperazione inversa. Stiamo sul sentiero, vediamo di fronte a noi la vetta di un monte (fig. 42) e vogliamo sapere che monte .

figura 42

Questa volta prendiamo lazimut nella realt vera: puntiamo con la freccina rossa della placchetta della bussola la vetta del monte (freccia verde nella fig. 42) e ruotiamo la ghiera finch la lettera nera N non coincida con lago magnetico. In tal modo abbiamo trovato langolo tra loggetto che vogliamo conoscere e il vero Nord. Poi prendiamo la carta, e appoggiamo su di essa 26

la bussola, sempre senza pi ruotare la ghiera. Posizioniamo il lato lungo della bussola nel punto dove sappiamo di stare e facendo perno su quello ruotiamo tutta la bussola, senza modificare lazimut, in modo che la N nera punti verso lalto e le righine rosse del quadrante siano parallele alle linee verticali della quadrettatura della carta. A questo punto il lato lungo della bussola punter verso la direzione del monte, che possiamo identificare facilmente con la Serra Capra Morta.

figura 43

Serra Capra Morta

Nord della carta e N nera della bussola coincidono

Questa operazione non solo utile per appagare la nostra curiosit, ma anche per avere conferme continue, passo dopo passo, della nostra posizione. importantissimo sapere sempre dove ci troviamo: se aspettiamo a consultare la carta nel momento in cui temiamo di esserci persi, potremmo non raccapezzarci pi. Cos lungo lescursione cercheremo sempre di ritrovare nella realt quei particolari del terreno che la carta ci suggerisce, e viceversa:
impluvio

entrata nel bosco

figure 44a, b e c

un impluvio sassoso, il passaggio del sentiero in un lembo di faggeta (fig. 44a, b e c), e cos via. Per far ci non c bisogno di usare bussola e altimetro, ma solo losservazione del territorio e la nostra capacit di lettura della carta.

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Ogni tanto, per, opportuno avere conferme dagli indispensabili strumenti che ci siamo portati appresso: bussola e altimetro. Loperazione di stabilire con esattezza in quale punto preciso ci troviamo si chiama fare il punto. I manuali prescrivono di farlo nel seguente modo: poich un punto lintersezione tra due rette, se stabiliamo due rette di cui sappiamo con sicurezza la direzione noi staremo allincrocio di tali rette (triangolazione classica). Con un esempio tutto pi chiaro (fig. 45).

figura 45

Ci troviamo nella zona cerchiata in azzurro, ma non sappiamo con precisione dove: se sbagliamo direzione potremmo non raggiungere pi la strada sterrata in basso a destra. Vediamo per nettamente due cime. Facciamo lazimut di quella pi a Ovest (quota 1816 m), calcolando langolo tra il Nord (freccia rossa) e la direzione della vetta: per vederla sotto quella precisa angolazione ci troveremo necessariamente lungo la freccia verde di sinistra. Ma a quale distanza dalla vetta? Se facciamo lazimut anche della vetta pi a Est (quota 1803 m, freccia verde di destra), non potremo che trovarci nel punto di intersezione delle due frecce. Nella pratica escursionistica, per, non sempre necessario ricorrere a questo sistema azimut + azimut, che tra laltro presuppone una buona visibilit atmosferica e almeno due punti di riferimento identificabili con sicurezza. Possiamo sostituire uno dei due azimut con qualcosa di pi facile osservazione, in modo da accelerare loperazione. Infatti, se sappiamo a quale quota ci troviamo, attraverso lindispensabile aiuto dellaltimetro, possiamo fare a meno di calcolare il secondo azimut: se laltimetro ci dice che siamo a quota 1550 m noi ci troveremo nel punto di intersezione tra la linea determinata dallazimut della prima cima (freccia verde di sinistra) e la curva di livello dei 1550 m, ovvero nello stesso punto calcolato in precedenza (metodo azimut + curva di livello).

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figura 46

La curva di livello pu essere sostituita da una linea ancora pi semplice: il sentiero (fig. 46). Se (se!) siamo certi di trovarci lungo un determinato sentiero, ma non sappiamo esattamente in quale punto, basta trovare lintersezione tra lazimut di un punto di riferimento chiaro (la solita cima della figura precedente) e il sentiero. In questo caso laltimetro non avrebbe potuto esserci di aiuto, perch la sterrata che stiamo percorrendo (lo si vede dalla carta) lungamente pianeggiante. Pu darsi il caso, per, in cui sia impossibile ricorrere allazimut di qualcosa situato lontano da noi, perch c poca visibilit, o siamo in un bosco fitto. Come fare? Possono essere le stesse curve del sentiero a offrirci le due linee necessarie alla triangolazione (fig. 47).

figura 47

Se ci troviamo in una curva del sentiero e calcoliamo langolo formato dalla curva, attraverso la misurazione dellazimut del tratto precedente e di quello seguente, possiamo ritrovare facilmente la nostra posizione sulla carta: sar ben difficile, infatti, che uno stesso sentiero abbia due curve 29

esattamente con la stessa angolazione! Questo pu accadere pi che altro in una serie di tornanti; ma in questo caso sar laltimetro a risolvere gli eventuali dubbi. Questa tecnica si chiama doppio azimut convergente. In un sentiero nel bosco conviene trovare conferma della nostra posizione controllando il nuovo azimut ad ogni cambio di direzione del sentiero. Un ulteriore metodo ancora pi semplice, e pu fare a meno della bussola (fig. 48):

figura 48

sempre nel caso in cui siamo sicuri di stare su un determinato sentiero, basta consultare laltimetro: lintersezione tra la linea del sentiero e la curva di livello a cui siamo ci indicher la nostra posizione. Tutti questi metodi vanno usati con grande frequenza, scegliendo di volta in volta quello pi opportuno, in modo da sapere sempre dove siamo. Esiste anche un ultimo metodo, da usare prevalentemente in quei casi dove non esiste un sentiero visibile, come in ambiente innevato: la tangente alla curva di livello (fig. 49). Questo metodo si pu realizzare in due modi. In entrambi, la prima linea di riferimento la curva di livello, da rilevare come al solito mediante laltimetro. Poi facciamo avanzare un compagno, sempre lungo la stessa curva di livello, in modo da calcolare lazimut della sua direzione, come se ci trovassimo in un percorso in linea retta. Questa linea, sulla carta, risulta tangente alla curva di livello in un punto solo, che il punto in cui ci troviamo (v. riquadro in alto della fig. 49). Forse pi semplice il secondo metodo: stabilita la curva di livello su cui ci troviamo, calcoliamo la direzione della massima pendenza del pendio. Anche questa una linea che sulla carta ha molte probabilit di trovarsi in un punto solo (v. anche foto grande nella fig. 49)4.

Talvolta si usa anche il metodo di orientare la carta: si ruota tutta la carta in modo che le linee verticali del suo reticolato siano parallele allago magnetico della bussola: a questo punto realt vera e virtuale coincidono. Questo metodo non troppo raccomandabile, innanzitutto perch spesso obbliga a capovolgere la carta, creando difficolt di lettura, e poi perch, evitando la misurazione dellazimut, pu spingere a uneccessiva approssimazione. Pu essere utile

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figura 49

A questo punto dovremmo essere capaci a fare il punto con grande tranquillit e celerit, in modo da realizzare quanto si diceva sopra: sapere sempre dove siamo, senza aspettare di trovarsi nei guai! Per sempre possibile che i guai trovino noi; nel qual caso meglio essere preparati anche a fronteggiare situazioni difficili. Ad esempio, potremmo trovarci col buio o con la nebbia a dover trovare con precisione un determinato punto: nel caso della fig. 50, un ponticello su un torrente.

figura 50

Se calcoliamo il suo azimut da dove ci troviamo, linvolontaria imprecisione insita sempre nelle azioni umane potrebbe non farci giungere esattamente a bersaglio; in questo caso, dove andare? Il ponte sar a destra o a sinistra? Non possiamo saperlo, e ci toccher andare a tentativi

invece quando, arrivati in un punto panoramico, si vogliano riconoscere velocemente le cime circostanti senza effettuare tanti calcoli.

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che potrebbero farci perdere un bel po di tempo. Conviene invece introdurre un errore volontario: prendiamo deliberatamente un azimut pi a sinistra (nel caso illustrato dalla fig. 50) del punto da raggiungere. Una volta arrivati al torrente, baster seguirlo per un breve tratto verso destra per ritrovare il ponticello che ci permetter di giungere al paese. Naturalmente, per seguire questa teoria dellerrore volontario, necessaria una linea chiara e definita che ci guidi dallerrore al bersaglio giusto: un torrente, una linea di cresta, il margine di un bosco, un altro sentiero e cos via. Per a volte pu risultare difficile seguire un azimut preciso, se non c il riferimento di un sentiero e non c visibilit. Il metodo classico consiste nel mandare avanti due compagni, in modo che quello centrale copra sempre la visuale di quello davanti: si ha cos la certezza di procedere in linea retta. Bisogna naturalmente correggere la loro marcia, se necessario, consultando in continuazione la bussola tenuta in orizzontale davanti a noi (fig. 51).

figura 51

Un altro metodo, se si ha un numeroso gruppo da condurre, pu essere quello illustrato dalla fig. 52.

figura 52

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Si manda avanti un compagno, fino al limite della visibilit; quando questi si ferma, si riallinea con gesti prestabiliti la sua posizione sul giusto azimut nel caso in cui vi si fosse discostato. A questo punto tutto il gruppo pu raggiungerlo e si riavvia di nuovo loperazione per il tratto successivo. Ad andare avanti pu essere anche laccompagnatore del gruppo, che in questo caso si riallinea da s calcolando lazimut inverso rispetto al gruppo (cio langolo rispetto al Sud e non pi al Nord). Per accelerare ulteriormente loperazione e non lasciare il gruppo fermo troppo a lungo (pu esservi freddo, notte, nebbia, e con linattivit cresce la paura...), nel primo tratto laccompagnatore si avvia prendendo con s quasi tutti i membri del gruppo. Una volta terminato il primo tratto e riallineatosi con quelli che aspettano, lascia una persona a fare da palo, chiede a quelli rimasti fermi alla partenza di raggiungere il palo e riparte subito con il resto del gruppo. Giunto al nuovo limite di visibilit, laccompagnatore ferma il gruppo e si riallinea con il palo. Lascia a tenere la nuova posizione un secondo palo e invita il primo palo e i suoi compagni a raggiungerlo, mentre egli con il resto del gruppo continua per il terzo tratto e cos via. In tal modo il gruppo sempre in movimento, tranne di volta in volta chi deve fare da palo, e non si hanno tempi morti di attesa. Se si lascia un solo componente del gruppo al punto di partenza del primo tratto e ci si porta dietro tutto il resto del gruppo di n persone, i tratti da percorrere prima che finiscano i pali da lasciare e sia necessario ricominciare il giro da capo saranno n 1. Se prima della partenza abbiamo studiato bene il percorso sulla carta, non dovremmo trovarci di fronte a ostacoli imprevisti; per questa eventualit, anche per causa di forza maggiore, pu sempre accadere. Come fare, anche in questo caso? La soluzione pi classica proposta dai manuali tanto semplice in teoria quanto difficile da realizzare nella pratica (fig. 53): si aggira lostacolo seguendo linee ad angolo retto (calcolate con la bussola), contando i passi effettuati in modo da farne tanti in una direzione quanti nellaltra e poter cos riallinearsi perfettamente con la precedente direzione di marcia.

figura 53

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Quando possibile conviene per, studiando la carta, trovare punti di riferimento pi chiari e inequivocabili di un azimut o di un numero di passi che, fatti in salita o discesa, possono avere lunghezze anche molto differenti. Si osservi la fig. 54. Se ci troviamo in corrispondenza del punto in alto a sinistra, fuori sentiero, e dobbiamo raggiungere le auto parcheggiate in basso a destra, oltre il torrente, in caso di cattiva visibilit pu essere utile approfittare di quei sentieri che ci offre la natura stessa, invece di imbarcarci in complicate e fallibili operazioni con lazimut. Solo allinizio dobbiamo basarci unicamente sulla bussola, e avviarci lungo lazimut che ci far raggiungere il torrente; un errore anche di molti metri non sar importante: il torrente l a sbarrarci la strada. Poi seguiamo il torrente fino al limitare del bosco. Il terzo tratto ci vedr seguire il bordo del bosco fino a incrociare il Sentiero del Buon Ritorno che ci condurr alle auto. Avremmo anche potuto seguire il torrente dentro il bosco fino al ponte del sentiero, ma il percorso nel fitto della vegetazione avrebbe potuto essere poco agevole.

figura 54

Fidarsi bene, ma...


Per concludere, poich si qui sottolineata lassoluta e imprescindibile importanza di carta, bussola e altimetro, bisogna per segnalare alcune possibili cause di errore dovute allutilizzo di questi strumenti. 34

Le carte, soprattutto quelle della vecchia serie I.G.M., possono riflettere una realt che non esiste pi, come si detto sopra; viceversa, la nuova serie a volte trascura di segnare tracce di sentiero ancora presenti. Oppure, caso pi raro, possono contenere errori, soprattutto nella sottolineatura dei sentieri in rosso, che non si adeguano con precisione a quelli reali. La bussola, dal canto suo, non sensibile solo al campo magnetico terrestre, ma ad ogni campo magnetico e massa metallica anche piccola: bisognerebbe stare lontani almeno 1 m da piccozze, martelli, chiodi ecc.; 3 m da telefonini, GPS, radio trasmittenti e altre apparecchiature elettroniche; 10 m da recinzioni metalliche e reticolati; 20 m da automobili e altri veicoli; addirittura 60 m dai cavi dellalta tensione. Si possono vedere nella fig. 55a-d i risultati di un esperimento. Preso lazimut sulla carta (fig. 55a, ci si avvicinati a un traliccio dellalta tensione, avendo cura che carta e bussola rimanessero nella stessa direzione. Man mano che ci si avvicinava, lago magnetico della bussola si spostava (fig. 55b). Giunti sotto il traliccio (fig. 55c), lago formava addirittura un angolo retto rispetto al vero Nord (fig.55d).

figura 55a e b

figura 55c e d

Anche laltimetro pu essere soggetto a errori, e anche questo verr dimostrato con un piccolo esperimento. Un altimetro, sulla scrivania di una casa romana, segna una quota di 30 m; sono le ore 16.56 (fig. 56a).
figura 56a, b e c

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Proviamo a metterlo nel congelatore, per vedere se la variazione di temperatura pu alterare la correttezza della misurazione. Alle ore 17.20 (fig. 56b) laltimetro ha raggiunto una temperatura di -4.8 e laltitudine indicata scesa a 0 m (lapparente sfocatura della foto dovuta allistantaneo appannamento del quadrante quando si apre lo sportello del congelatore).

figura 56d ed e

Passa pi di unora, e la temperatura ha oltrepassato il limite dei di 10 sotto zero oltre il quale il termometro di questo apparecchio non pu pi rilevarla; dovremmo essere intorno ai -15, una temperatura che nella montagna invernale si pu raggiungere non raramente. Laltitudine a questo punto si completamente ribaltata: non pi 30 m sopra il livello del mare, ma 30 m sotto tale livello. Nel caso di sbalzi termici dunque necessario, come suggerito dal fabbricante, tenere laltimetro al polso e non attaccato allo spallaccio dello zaino, in modo che il calore del nostro corpo possa mantenere costante la temperatura dellapparecchio.

Bibliografia
Alletto Franco, Topografia e orientamento, Club Alpino Italiano, Bologna 1988 Baldacci Osvaldo, Cartografia geografica, Libreria Medica Universitaria, Roma s. d. Lamory Jean-Marc, Sorienter. Carte Boussole G.P.S., Les guides IGN, Libris, Seyssinet 2001 Teodori Luca, Cartografia e orientamento, dispense per il 1 Corso di formazione per Accompagnatori Sezionali di Escursionismo, s. e., Roma 2004

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