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Disobbedienza civile
di Teresa Serra 1. Introduzione Il fenomeno della disobbedienza civile ha avuto una sua stagione fortunata soprattutto nell'esperienza politica e giuridica americana degli anni sessanta, s che Hannah Arendt poteva rilevare come, pur essendo un fenomeno mondiale, la disobbedienza civile restasse, per sua natura e origine, prettamente americana, e come in nessun altro paese e in nessuna altra lingua esistesse un termine per designarla, e, infine, come il sistema americano fosse il solo ad avere almeno una possibilit di farvi fronte, conformemente, forse, non alle leggi in vigore, ma allo spirito delle sue istituzioni giuridiche1. Lesperienza americana, storicamente basata su una tradizione democratica in cui lassociazionismo e il federalismo assumono ampio respiro e tendono a unire pur nel rispetto delle differenze, certamente diversa dalle esperienze dellEuropa occidentale. E in quel contesto il fenomeno stato interpretato e analizzato da una schiera nutrita di pensatori che ne hanno delineato le caratteristiche, prospettandone contemporaneamente una teoria che tenesse conto di alcuni parametri ideali da definire, al fine di evitare che per ogni atto di disattenzione della legge si potesse invocare il ricorso alla disobbedienza civile2. Sono stati cos individuati quei caratteri distintivi che ne impediscono lassimilazione alla violazione comune della legge, alla obiezione di coscienza, alla resistenza, alla ribellione e alla
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H. Arendt, La disobbedienza civile, trad. it. a cura di T. Serra, Giuffr, Milano 1985, p. 68. Oltre al sopra citato saggio di H. Arendt, mi limito a ricordare qui gli scritti pi noti sul tema della disobbedienza civile: H. Bedau, On civil disobedience, in Journal of Philosophy, 1961; J. Murphy, Civil disobedience and violence, Wadsworth Pub., Belmont, Cal. 1961; C. Cohen, The essence and ethics of civil disobedience, in Nation, marzo 1964, 16; H. Freeman, Civil disobedience , California 1966; A. Fortas, Concerning dissent and civil disobedience , New American Library, New York 1968; H. Bedau (ed.), Civil disobedience. Theory and practice , Pegasus, New York 1969; C. Bay, Civil disobedience , in The International Encyclopaedia of the social sciences , II, 1970, p. 483; C. Cohen, Civil disobedience , Columbia University Press, New York 1971; R. T. Hall, Legal toleration of civil disobedience , in Ethics, 1971; R. Martin, Civil disobedience , in Ethics, 1970, p. 129; F. Neumann, Sui limiti di una disobbedienza giustificata , in Id., Lo stato democratico e lo stato autoritario , Il Mulino, Bologna 1973; P. Singer , Democracy and disobedience , Clarendon Press, Oxford 1974 ; E. Rostow (ed.) Is law dead?, Simon and Schuster, New York 1971 ; A. D. Woozley, Civil disobedience and punishment , in Ethics, 1976, 4; E. Rostow, The rightful limits of freedom in a liberal democratic State: of civil disobedience, in Id., The ideal in law, University of Chicago Press, Chicago, 1978; J. Rawls, La giustificazione della disobbedienza civile , in Id., Una teoria della giustizia , Feltrinelli, Milano 1982; R. R. Flatman, Rights, utility and civil disobedience , in Nomos, 1982, pp. 194-209; C. Cosi, Saggio sulla disobbedienza civile , Giuffr, Milano 1984; V. Haksar, Civil disobedience, threats and offers: Gandhi and Rawls, Oxford University Press, Dehli 1986; G. Pontara, Sulla disobbedienza civile , in Teoria politica, 1991, pp. 29-45.

rivoluzione. Senza approfondire questo punto, basti qui ricordare che la obiezione di coscienza riguarda il rispetto di determinati specifici sentimenti personali, anche condivisi con altri, ma che non toccano il livello politico bens solo lambito morale e religioso; che la ribellione e la rivoluzione, cos come il diritto di resistenza, si inquadrano, ciascuna con le sue peculiarit, in un atteggiamento di rifiuto dellorganizzazione esistente. Eppure la teorizzazione della disobbedienza civile fin qui proposta, e a cui io stessa non mi sono sottratta 3, sembra essere legata a un modo dessere della politica che ha perso la sua centralit e che diventa sempre pi anacronistico, in quanto svolta con una attenzione particolare al rapporto cittadino-Stato, mentre il fenomeno sta assumendo oggi, anche in relazione alla globalizzazione - basti pensare al popolo di Seattle -, una dimensione trasversale che va oltre i confini della statualit. Occorre, infatti, riflettere sul fatto che i centri decisionali della politica, oltre ad avere esautorato i centri istituzionali a livello interno, vanno sempre pi situandosi fuori e al di l dei confini statali. E se pure ogni singolo Stato in qualche modo vi partecipa attraverso una concertazione che travalica i confini nazionali, nella realt il decision making trova i suoi luoghi al di fuori di quelli tradizionalmente e istituzionalmente a ci deputati, e quindi richiede alla stessa disobbedienza civile una transnazionalit che le fa assumere aspetti nuovi che impongono una riflessione pi approfondita con riferimento almeno a due novit: lulteriore difficolt sul piano degli ordinamenti democratici di uno spostamento del centro decisionale accompagnata, infatti, dallintervento di quel luogo di riunione o aggregazione che pu essere considerato il villaggio virtuale despazializzato della rete. La despazializzazione modifica senso e finalit della disobbedienza civile ampliandola a fenomeno globale - quindi non rivolto solo contro le politiche o le leggi di un determinato ordinamento -, offrendole, contemporaneamente, strumenti pi potenti di ascolto, ma anche esponendola a rischi di strumentalizzazione potenzialmente non democratica - dal momento che la transnazionalit del fenomeno resa possibile da sistemi di comunicazione pi raffinati, ma non sempre suscettibili di essere controllati per quanto riguarda la loro rispondenza alle caratteristiche che la disobbedienza civile deve avere - e ai rischi della riduzione a fenomeno di bavardage elettronico. Lintervento della globalizzazione, in qualche modo, cos come modifica i
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T. Serra, La disobbedienza civile. Una risposta alla crisi della democrazia? , Giappichelli, Torino 2000.

contorni della politica, modifica anche i contorni della disobbedienza, dimostrando, se pure ve ne fosse stato bisogno, che essa resta un momento fondamentale della lotta per il diritto, da far valere proprio contro la prevaricazione dei poteri reali, ovunque essi si concentrino. Con latto di disobbedienza civile, nel suo significato ormai assodato, si intende ribadire e rafforzare il proprio consenso allordinamento nel suo insieme, ma si opera una distinzione tra quel consenso generalizzato alla comunit, che implica un atteggiamento di abituale accettazione, e quel consenso relativo ai singoli momenti della vita della comunit, cio relativo a un obbligo specifico di collaborazione alla vita della comunit, in cui rientra anche l'obbligo di obbedire alle norme specifiche: la comunit acquista cos un significato particolare attraverso un fondamento consensuale che si rinnova quotidianamente, proprio in virt della possibilit del dissenso. Senza questa possibilit, infatti, lobbedienza diventa un conformarsi abitudinario e non una obbedienza consapevole, mentre, nel contesto democratico, in tanto si pu obbedire liberamente alla legge in quanto questa espressione di un volere comune e si caratterizza per la sua incorruttibilit. Nellatto consapevole di disobbedienza civile, la violazione della norma deve darsi per ragioni che non sono riconducibili a interessi settoriali, bens a fini e principi che si considerano prioritari e fondanti lo stesso ordinamento. chiaro che, in questo contesto, il riferimento a fini e principi fondamentale, ma anche chiaro che esso resta collegato a un ambito chiuso in cui la sovranit statale ha ancora una sua consistenza. Nel momento in cui lo Stato sovrano perde questa sua consistenza e sempre pi si modifica il suo ruolo sia verso linterno che verso lesterno, la posizione del cittadino muta e la sua richiesta di partecipazione si amplia alla partecipazione a una decisione politica che supera la sovranit nazionale. Il processo di democratizzazione pretende la democratizzazione delle scelte politiche - vale a dire una rappresentativit del volere della collettivit o quanto meno una capacit di ascolto dei punti di vista di larghe parti di essa - che avvengono al di fuori e al di sopra dello Stato e, quindi, anche la disobbedienza civile si trasforma correlativamente alla trasformazione, o crescita, dell'istanza democratica. La disobbedienza civile senz'altro una volont di opposizione che non dettata da spinte particolaristiche, bens da istanze di riappropriazione del mondo, nasce sulla base di una opinione condivisa, una coscienza comune; essa non rivolta contro la comunit in quanto tale e contro uno o pi ordinamenti vigenti nel loro insieme, ma contro leggi

determinate e contro politiche specifiche che risultano contrarie al principio comunitario o all'interesse generale o a unampia visione condivisa dei diritti delluomo. In questo senso, essa risponde alla necessit di un concerto di opinioni che realizza un accordo comune, conferisce valore alle opinioni di coloro che si uniscono, e tende a dimostrare, al di l del caso specifico per cui si lotta, che la funzione costitutiva della comunit risiede nell'esperienza dell'uomo e non nella potenza delle istituzioni, le quali traggono la loro forza dal continuo consenso e dalla continua partecipazione dei primi. Il darsi dellistanza partecipativa decisamente espressione del dinamismo della societ dei nostri tempi, ma anche della plasticit dei nostri tempi e quindi della necessit che le trasformazioni non siano lasciate alla scelta di pochi, ma si realizzino attraverso una partecipazione in senso ampio. In un ambito democratico i fini non possono essere definiti da pochi che esprimono interessi particolari, bens devono essere posti solo attraverso un processo che dal basso sale verso lalto, grazie a un confronto continuo facilitato dal linguaggio comune. La pubblica opinione resta, cos, momento fondamentale della vita democratica, ma a volte il soggetto deve rafforzare la visibilit delle sue opinioni attraverso atti di partecipazione negativa che diventano necessari per rendere reale la partecipazione attiva. La disobbedienza civile, in questa ottica, se bene intesa, pu riflettere lesigenza di recuperare una comunicazione sia in senso orizzontale che in senso verticale. Se sorge non solo sulla base del rispetto democratico delle opinioni, ma anche della pretesa di far rispettare le proprie opinioni, pu essere in grado di superare il contrasto tra la razionalit strumentale e la razionalit teleologicamente orientata.
[Essa] sembra situarsi in una gamma che la vede come forza partecipativa pi forte dellopinione pubblica e meno forte dellopposizione politica, meno forte perch non istituzionalizzata e, forse, non suscettibile di esserlo; ma meno estesa dellopinione pubblica, anche se su di essa influente, e pi estesa dellopposizione con la quale, per deve creare alleanze, meno drastica e dirompente della rivoluzione e della rivolta, che forme partecipative non sono in quanto escludono totalmente dal loro fine un qualunque mantenimento dellordine sociale e delle istituzioni esistenti4.

Se bene intesa, ove non si lasci irretire dalla particolarit di fini contro i quali invece deve combattere, pu essere non solo lo strumento per far prendere in considerazione opinioni condivise, ma anche uno strumento di educazione della societ che spinge i singoli ad
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T. Serra, Il disagio del diritto , Giappichelli, Torino 1993, p. 205.

assumersi le proprie responsabilit. Solo cos, nata dalla logica dellunione e del dialogo, del coordinamento, dellorizzontalit e della responsabilit, pu far sviluppare la logica del dialogo, del coordinamento, dellorizzontalit e della responsabilit5. Nelle societ contemporanee, caratterizzate anche dal rischio della defattualizzazione politica cui ha condotto la menzogna organizzata 6, la disobbedienza civile pu essere anche un modo per smascherare in forma forte la menzogna istituzionalizzata e la fuga dalla realt propria dei nostri tempi. In tale contesto anche sensibilit verso il giuridico nel suo significato pi alto e, come tale, pu essere considerata espressione della volont delluomo di realizzare una democrazia radicale, di recuperare alcuni credi fondamentali da non lasciare alla decidibilit del potere costituito e da difendere con forza. Da cui il superamento di quelle posizioni nichilistiche che, alla fine, assoggettano il singolo alla volont del pi forte, il superamento del cinismo e dello scetticismo che lasciano il singolo in balia del nulla. La disobbedienza civile , dunque, la rivendicazione, in questo contesto, di una primazia della societ come potere costituente sul potere costituito, primazia di una societ in cui ci si riconosce e che definisce la nostra identit senza chiederci di identificarci con essa annullando la nostra soggettivit. In termini pratici, la disobbedienza civile comporta il riferimento ad alcuni valori fondamentali. Si tratta sia dei valori propri di una comunit e di una tradizione culturale circoscritta che definiscono lidentit di appartenenza a quella comunit, sia di valori e principi fondamentali che vanno oltre questa comunit particolare e definiscono lidentit delluomo come uomo. Comporta, quindi, la consapevolezza di una identit di uomo che fonda e rispetta contemporaneamente lidentit particolare; e limpegno delluomo anche quello di far valere lidentit particolare in un quadro di rispetto dellidentit generale e lidentit generale come parametro per misurare la validit delle singole realizzazioni allinterno dellidentit particolare. Di far appello alla sua identit di uomo contro ogni prevaricazione.
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Come ricorda Cosi (Saggio sulla disobbedienza civile, cit., p. 271), vi potrebbe essere anche una funzione educativa della disobbedienza civile: sapere che essa esiste, e che esistono individui che sanno usarla (i cui atti sarebbero inevitabilmente pubblici ed esemplari) credo che avrebbe il potere di diffondere e fare crescere la consapevolezza di quali siano i veri obblighi e diritti che costituiscono il contenuto di qualit di cittadino. 6 T. Serra, La defattualizzazione tra virtualit e simulazione, in E. Baglioni (a cura di), Ospiti del futuro , Giappicchelli, Torino 2000.

2. Caratteristiche dellatto di disobbedienza civile Innanzitutto, perch si possa parlare di disobbedienza civile necessario che vi sia una violazione intenzionale, disinteressata, pubblica e pubblicizzata di una legge valida, emanata da una autorit legittima7. Si deve trattare di un atto di deliberata violazione di una legge valida, che ha alla sua base la convinzione del necessario raccordo tra validit e legittimit. Vale a dire, si accetta lordinamento giuridico nel suo complesso, perch lo si considera legittimo e, proprio per ribadire questa legittimit, si richiede di eliminare la legge specifica o la specifica politica che contrasti con lo spirito dell'ordinamento. Sul disinteresse e sulla pubblicit come caratteri essenziali dellatto di disobbedienza civile non il caso di insistere, in quanto essi chiaramente segnano la linea di demarcazione tra la violazione pura e semplice di una legge, quale pu essere quella legata alla delinquenza comune o al calcolo della convenienza, e quella violazione che pu rientrare nella disobbedienza civile, non potendosi ammettere, per sua stessa intrinseca contraddizione, che la violazione, che pretende di assurgere a disobbedienza civile, chiedendo a volte anche il riconoscimento di uno stesso diritto alla disobbedienza civile, possa risolversi nellombra ed essere priva del carattere della pubblicit o del carattere del disinteresse. Basta ricordare, infatti, che, essendo la disobbedienza civile una forma di dissenso, che pretende di essere rafforzata proprio grazie al gesto pubblicamente espresso della violazione di una legge valida, senza la pubblicizzazione, oltre a sminuire la sua possibilit di incidenza sullopinione pubblica e sul governo correrebbe anche il rischio di essere strumentalizzata a fini diversi da quelli che giustificano latto stesso della violazione. La disobbedienza civile si presenta cos come un atto pubblico, in quanto essa non soltanto si indirizza a principi pubblici, ma si compie in pubblico e nella pubblicit acquista la dimensione del politico, una dimensione che la lega al bisogno di partecipazione e la distingue anche da qualunque violazione della legge fatta con riferimento a principi di moralit personale o a dottrine religiose8. necessario, quindi, che la violazione venga fatta
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A. D. Woozley, Civil disobedience and punishment , in Ethics 1976, 4. Rawls (Una teoria della giustizia , cit., pp. 304 ss.) ritiene che, per giustificare la disobbedienza civile, non si possa fare appello ai principi della moralit personale o alle dottrine religiose [...] ma alla concezione della giustizia pubblicamente condivisa che sottost allordinamento giuridic o. Per la Arendt la disobbedienza civile invece il riconoscimento di una funzione costitutiva della comunit; essa specifica di un uomo che si costituisce nel suo rapporto con laltro e fa riferimento a un concetto di giustizia che sgorga

con la precisa consapevolezza che sia doveroso esprimere pubblicamente il proprio modo di vedere, anche rafforzando questa pubblica espressione attraverso la violazione di una determinata legge, perch si ritiene che essa non corrisponda ai principi costituzionali o alla coscienza comune, sulla base cio di qualche concezione della politica, del bene pubblico, dellutilit sociale, dei diritti umani9. Ed proprio il riferimento a questultimo punto che ha contribuito a modificare ulteriormente la teorizzazione della disobbedienza civile. Il tema dei diritti umani acquista una centralit che lo svincola dal semplice riferimento individualistico per ampliarlo ai diritti dellumanit nel suo complesso. I diritti umani, o, meglio, i diritti dellumanit acquistano una valenza chiaramente collegata ai principi di legittimazione di una Costituzione. La disobbedienza civile si presenta sempre come una lotta per il diritto, che viene esperita per non solo a favore dellordinamento stesso, ma a favore della realizzazione del principio democratico che deve essere ampliato a livello internazionale. E in questa variazione del principio della disobbedienza civile evidente che acquistano una centralit la violazione di norme per s valide e accettate perch giuste, a fini dimostrativi, come mezzo per modificare leggi che non possono essere direttamente violate dal cittadino, e il rifiuto di linee politiche non rispondenti ai fini non pi della societ in cui si vive, ma del mondo in cui si vive. La coscienza della doverosit della violazione in tal caso non nasce dalla connessione tra la legge ingiusta, che non si pu osservare, e i superiori principi, ma dalla necessit di rafforzare lespressione di una opinione condivisa, che altrimenti non sarebbe presa in considerazione. Cos come acquista una sua valenza la presenza silenziosa e massiccia di disobbedienti civili che esprimono il proprio dissenso perch sentono il dovere di farlo per rispetto allumanit di cui fanno parte. La doverosit della violazione definisce la natura politica della stessa violazione e la collega, in entrambi i casi, allimpegno politico che il buon cittadino - cittadino di uno Stato ma anche cittadino del mondo - deve avere nei confronti della sua polis o nei confronti della sua umanit. Vale a dire, limpegno che lo spinge a non limitare la partecipazione al momento della consultazione elettorale, ma a render continua testimonianza del suo modo di intendere la cosa pubblica e a partecipare attivamente e continuamente alla gestione della cosa pubblica, e, quando la sua voce non sia ascoltata, a rafforzarla in vario modo. In questo
dallincontro delle opinioni (La disobbedienza civile , cit., p. 68). 9 Martin, Civil disobedience, cit., p. 131.

senso la sua voce pu essere innovativa, se tende a modificare uno status quo o conservativa, se tende a impedire innovazioni non coerenti con i fini e i valori che sottendono gli ordinamenti e la vita umana che essi sono portati a gestire. In altre parole, la disobbedienza civile pu essere rivolta verso mutamenti desiderabili e necessari, o verso la preservazione o restaurazione necessaria o desiderabile dello status quo. La disobbedienza civile un atto politico per eccellenza, vale a dire un atto guidato da principi politici 10. E questi principi politici assumono oggi una valenza sempre pi planetaria. La violazione, inoltre, deve essere fondamentalmente non violenta 11, in quanto, se vuole essere coerente con i principi che la sostengono, non pu essere lesiva dei diritti degli altri e dei principi su cui si fondano le istituzioni. La non violenza , in linea di principio, un requisito necessario perch la disobbedienza civile basata sul rispetto dellordinamento in s, e lordinamento democratico ha tra i suoi principi costitutivi fondamentali il rispetto dei diritti di tutti e la razionalizzazione del conflitto attraverso leliminazione della violenza e del conflitto. Poich tra i fini di ogni associazione politica dei nostri giorni c la difesa della libert, della vita e della propriet, nel significato lockeano del termine, non si pu pretendere di difendere questi principi attraverso mezzi che li contraddicano. Ci non toglie che la violenza sia in realt sempre latente nella disobbedienza civile,
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Rawls, Una teoria della giustizia, cit., p. 304. Tra i pensatori contemporanei convengono sulla necessit della non violenza come carattere peculiare della disobbedienza civile Fortas, Concerning dissent and civil disobedience , cit.; Murphy, Civil disobedience and violence, cit.,; Bedau, On civil disobedience, cit.; Cohen, The essence and ethics of civil disobedience , cit.; Rawls, Una teoria della giustizia , cit. Di diverso parere Woozley (Civil Disobedience, cit.), il quale ritiene che la non violenza non sia concettualmente necessaria alla disobbedienza civile ma che luso della violenza nella disobbedienza civile sia tatticamente poco opportuna. Peraltro (p. 325) se luso della violenza nella persecuzione di una campagna di disobbedienza civile tatticamente inopportuno, e se moralmente criticabile, si tratta chiaramente di domande sostanziali che possono essere poste con riferimento al comportamento del disobbediente civile ma non domande su ci che la disobbedienza civile o su ci che deve essere un disobbediente civile. A questi caratteri fondamentali altri autori aggiungono ancora che colui che disobbedisce non pu essere che un privato cittadino e certamente non un funzionario pubblico (Martin, Civil disobedience , cit., p. 125). Particolarmente interessante , a questo proposito, lesaltazione della non violenza come caratteristica necessaria per latto di disobbedienza civile fatta, ad esempio, da molti gruppi che praticano la disobbedienza civile e pubblicizzano la necessit della non violenza sulla base di due considerazioni, luna riguardante la tutela degli stessi disobbedienti, laltra riguardante il principio del rispetto della sicurezza altrui. Negli ultimi anni sono sorti numerosi siti Internet riguardanti la disobbedienza civile. Interessante il sito http://www.actupny.org/documents/CD documents/ Guidelines.html del 9.01.2001 sul quale Act up, nel fare la storia dellazione di massa non violenta, d la seguente definizione del potere: il potere in s non deriva dalla violenza sebbene nella sua forma governativa solitamente violento per natura. E ancora il potere governativo si spesso mantenuto attraverso loppressione e il tacito assenso della maggioranza dei governati. Ogni significativa diminuzione di questo assenso restringer o dissolver il controllo governamentale. Lapatia di fronte allingiustizia una forma di violenza. La lotta e il conflitto spesso sono necessari per correggere lingiustizia.

perch il processo violento sempre pronto a innescarsi, anche in conseguenza della reazione che le forze pubbliche assumono nei confronti del fenomeno. Il braccio di forza tra il potere (nazionale, sovranazionale, transnazionale, economico eccetera) e il potere che nasce dallunione di coloro che condividono opinioni dovrebbe rispondere alla dialettica democratica dellascolto e del dialogo, ma troppo spesso si risolve in un raffronto di forze non sempre pari. Si tratta anche di comprendere che il significato di politica deve essere rifondato e che dallopinione condivisa nasce un potere che non pu essere sottovalutato dal potere istituzionalizzato, se questultimo non vuole delegittimarsi12. La condivisione, ovviamente, riguarda le opinioni e i principi e non gli interessi. Quindi la violazione non deve riflettere interessi personali o di gruppo, o punti di vista individuali, ma deve essere espressione di una coscienza sociale. Anche per questo, non pu essere violazione di un singolo ma deve nascere da una opinione condivisa13. , questa, anche lopinione di Hannah Arendt, per la quale la disobbedienza civile una forma dellagire di concerto, che la vera anima della politica. Anzi, proprio questo accordo a fare della disobbedienza civile un fatto di coscienza collettiva, coscienza comune che si realizza nellincontro di opinioni e che, in quanto tale, potere nel significato di Tocqueville, sempre ricordato dalla Arendt:
non appena un certo numero di abitanti degli Stati Uniti hanno concepito un sentimento o unidea che vogliono introdurre nel mondo o percepito qualche errore che vogliono correggere si cercano, e quando si sono trovati si uniscono. Da allora non sono pi uomini isolati, ma una potenza visibile a distanza che parla e che viene ascoltata 14.

Se su questi punti sono tutti piuttosto consenzienti, un punto molto controverso riguarda la sanzionabilit degli atti di disobbedienza civile. Ed una questione che viene ulteriormente ad aggrovigliarsi quando il fenomeno assume una dimensione transnazionale che lo porta sulla linea di confine tra disobbedienza civile e rivolta vera e propria, e che
Anche se da questo punto di vista sono interessanti i consigli per evitare che la disobbedienza degeneri nella violenza che si ritrovano sui siti internet della disobbedienza civile. Cos come interessante il recupero del pensiero e dellesempio di Gandhi e Martin Luther King: fare in modo che sia pi costoso per il potere fare resistenza di fronte ai disobbedienti civili di quanto non sia accontentarli. 13 Cfr. Cosi, Saggio sulla disobbedienza civile , cit., p. 237: Il riferimento ai principi fondamentali dellordinamento, e anche il rinvio a norme meta-positive ritenute vincolanti per quegli stessi principi, assumono significato soprattutto se suscitano una risonanza collettiva. 14 A. De Tocqueville, Democrazia in America, II parte, cap. IV, Rizzoli, Milano 1995. Cfr. Arendt, La disobbedienza civile, cit., p. 81.
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soprattutto tocca problemi di competenza ben difficili da risolvere. Limpegno politico del cittadino, del buon cittadino, consiste, dunque, anche nel saper esprimere il dissenso tutte le volte che le istituzioni democratiche fanno naufragio. E nel pretendere che questo dissenso sia preso in considerazione dalle istituzioni. Si tratta di un diritto, ma anche di un dovere di far ascoltare la propria opinione e, ove questo ascolto sia negato, di farla valere anche attraverso quella forma rafforzata di dissenso che la disobbedienza civile, sicuramente meno forte e violenta della resistenza. Da un punto di vista politico e sociale, oltre che morale, non vi dubbio che ormai sia pienamente riconosciuta la giustificabilit di molti atti di disobbedienza civile; anzi sembra che ne sia anche riconosciuta lutilit sociale e politica. A questo punto ci si domanda: se le conseguenze politiche e sociali di atti di disobbedienza civile sono positive, necessario e doveroso per listituzione perseguire giuridicamente colui che li ha messi in atto con beneficio per la societ? Non c contraddizione tra la positivit delle conseguenze dellatto di disobbedienza civile e la negativit delle conseguenze giuridiche nei confronti di colui che ha messo in atto la disobbedienza civile? Si pu e si deve fare una distinzione - sul piano della sanzionabilit - tra gli atti di violazione della legge dovuti a delinquenza e gli atti di violazione che hanno le caratteristiche della disobbedienza civile? evidente che la risposta a queste domande pu essere data su due differenti piani, quello teorico del riconoscimento di un diritto alla disobbedienza civile e quello pratico che fa riferimento ai singoli ordinamenti. Su tale questione si sono fatte molte discussioni nellambito dellordinamento degli Stati Uniti dAmerica e da alcuni il diritto alla disobbedienza civile, con relativa non perseguibilit del disobbediente, il quale reo vero e proprio non , fatto risalire al Primo emendamento, quando esso non contrasti con altri diritti e libert, cio quando sia esercitato in maniera pacifica. questa, ad esempio, lopinione di Fortas 15, mentre altri, tra i quali Freeman, ritengono che non possa rientrare nel primo emendamento neanche la disobbedienza a una legge considerata immorale, e altri ancora, come Dworkin e Allen, rimandano a un potere discrezionale dei giudici. Ci si chiesti, anche, se accettare la sanzione configuri un dovere logico o un dovere morale, e le risposte sono state varie. Tra tutte ricordiamo quella di Murphy, per il quale si tratta di un dovere morale e di Woozley, il quale ritiene che, se la indisponibilit alla sanzione non una condizione logica sufficiente
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Fortas, Concerning dissent and civil disobedience , cit., p. 66.

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per non essere un disobbediente civile, la disponibilit alla sanzione non pu essere una condizione necessaria per essere un disobbediente civile16. Per molti autori, colui che viola una legge con lintento di mettere in atto la disobbedienza civile non deve rifiutare la eventuale sanzione inerente alla violazione, proprio a causa della sua accettazione dellordinamento nel suo insieme. questo un tema particolarmente delicato sia perch il tema della sanzione non pu che essere legato al modo di intendere il mondo giuridico e istituzionale, sia con riferimento al significato da attribuire al dovere di accettare la sanzione, cio di accettare il diritto dellistituzione di dettare non solo comportamenti in cui non ci si riconosce, ma soprattutto di comminare sanzioni per quei comportamenti che, se pure contrari alla volont espressa sotto forma di legge, rispondano a un convincimento ampiamente condiviso. Nella dialettica cittadini-Stato, attraverso la disobbedienza civile si ripropone il problema della titolarit della soggettivit politica e il disconoscimento da parte delle istituzioni di questa titolarit come appartenente a soggetti non istituzionalizzati pu fare evolvere verso forme di anarchismo listanza democratica partecipativa 3. Perch obbedire? Probabilmente la crescita della democrazia sta portando a una revisione dello stesso concetto di obbligo giuridico. Perch obbedire a una legge, se questa solo lespressione di un atto di volont assolutizzata, che rifiuta la normale dialettica con la pubblica opinione? Se urta contro il modo di vedere di ampie fasce di cittadini, contro opinioni largamente condivise? Se non corrisponde ai principi su cui lordinamento si regge? Se non coerente con i fini dellordinamento stesso? Se non collima con quelli che si ritengono i diritti fondamentali? Certamente non perch essa sorretta da una sanzione, soprattutto nei nostri ordinamenti attuali, nei quali la maggior parte degli stessi reati comuni restano impuniti. Le motivazioni dell'obbedienza alla legge, in un ambito in cui lo spirito contrattuale, privato della sua regola intrinseca del pacta sunt servanda17, sembra aver preso il sopravvento, sembrano essere sempre pi svincolate da ogni riferimento alla giustizia e sempre pi collegate al principio della convenienza immediata. La disattenzione della legge messa in atto
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Murphy, Civil disobedience , cit., p. 3-4, Woozley, Civil disobedience and punishment, cit., p. 326.
Serra, Il disagio del diritto, cit.

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dal disobbediente civile sarebbe invece, in questo contesto, proprio un modo per riportare la legge e il principio dellobbligo a criteri pi ampi, sorretti da una sensibilit giuridica che occorre oggi ricreare. Sensibilit verso il diritto e senso della legge. Se latto di disobbedienza fatto nei termini di una violazione che si appella a principi costituzionali - il riferimento ai principi costituzionali si rende necessario in quanto limita i rischi di un riferimento generico, e quindi suscettibile di diventare arbitrario, a principi non istituzionalizzati - il solo fatto di essere messa in atto gi una lotta per il diritto. Se si esclude lesperienza americana e i pur molteplici studi che al fenomeno sono stati dedicati, non si pu fare a meno di notare che i numerosi appelli alla disobbedienza civile, che sul piano pratico sono spesso stati fatti per sensibilizzare lopinione pubblica su particolari leggi o su particolari aspetti specifici delle politiche nazionali e oggi anche internazionali, non hanno mai raggiunto risultati apprezzabili in Europa, dove il fenomeno non sembra finora aver raggiunto proporzioni tali da diventare quella valvola di sicurezza per la democrazia di cui alcuni autori hanno parlato 18. Nelle democrazie questo modo di rafforzare le opinioni condivise pu essere invocato nel momento in cui ci si rende conto che gli organismi rappresentativi talvolta rappresentativi non sono, dato che possono operare scelte o emettere provvedimenti che urtano contro principi esplicitamente richiamati nelle carte costituzionali o che caratterizzano, implicitamente, il sistema politico. L dove il potere prevarica sulla societ, impedendo, o non favorendo, la giusta dialettica e la giusta comunicazione con il cittadino, allora questultimo, dopo aver sperimentato in tutti i modi limpossibilit che il suo giudizio critico sia preso in considerazione e discusso, ha il dovere di rafforzare la sua critica in modo da aggregare altri consensi e da farsi ascoltare dalle sfere del potere. Insieme alle altre manifestazioni di protesta, alla vera e propria contestazione, pu decidere cos di ricorrere alla disobbedienza civile che, se rettamente intesa, pu essere lespressione di quellimpegno politico che tende a ristabilire il corretto rapporto tra cittadini e suoi rappresentanti in uno Stato democratico, quando questo corretto rapporto sia stato
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Cfr. soprattutto Rawls che definisce la disobbedienza civile uno dei meccanismi di stabilizzazione di un sistema costituzionale; sebbene sia, per definizione, illegale. Insieme a elezioni libere e regolari, e a un sistema giudiziario indipendente, dotato del potere di interpretare la costituzione (non necessariamente scritta), la disobbedienza civile, usata nei limiti stabiliti e con valido giudizio, aiuta a mantenere e rafforzare le istituzioni giuste. Opporsi allingiustizia nei limiti della fedelt al diritto serve a frenare lallontanamento dalla giustizia e a correggerlo quando avvenuto (Una teoria della giustizia , cit., p.318).

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violato. Ma pu assumere anche il significato di un capitolo della lotta per il diritto, quando si avvertano tutte le conseguenze negative della avvenuta scissione tra diritto e giustizia, in qualunque modo si voglia intendere questultima. Vista sotto tale angolazione anche uno strumento per riportare il potere politico al mondo comune e, soprattutto, per non fargli perdere di vista la concretezza della societ, e per costringerlo, prima che il rapporto potere-cittadini degeneri in modo da richiedere forme violente di protesta, a recuperare sia il principio di legalit che la consapevolezza dei principi che dettano la forma e i contenuti delle sue decisioni e costituiscono la ragione della sua stessa esistenza. Ma la disobbedienza civile, proprio perch viene invocata e messa in atto quando le istituzioni democratiche fanno naufragio, quando sembra che non sussista pi nessuna possibilit di recuperare punti di vista comuni n principi e fini, se strumentalizzata, pu diventare essa stessa espressione di logiche parziali e interessi settoriali. Pu diventare espressione del gregarismo che caratterizza le societ contemporanee e non di quellassociazionismo che si definisce per la sua trasversalit rispetto agli interessi, per la occasionalit dellaccordo, coerente con laccettazione di fondo di un consentire critico su determinati aspetti che non richiedono opposizione costante e quindi durata del gruppo di disobbedienza civile. Questa occasionalit un elemento determinante, su cui i teorici della disobbedienza civile non hanno ancora sufficientemente riflettuto. Eppure, se si dovesse costituire un gruppo stabile di disobbedienti civili, si produrrebbe un soggetto politico che tenderebbe a rispondere a tutte le logiche settarie proprie dei gruppi. Si deve trattare, quindi, di una aggregazione finalizzata al momento specifico, che non pu istituzionalizzarsi, ma deve conservare una sua trasversalit allinterno della societ e una sua temporaneit, in quanto lorganizzazione e istituzionalizzazione del gruppo di disobbedienza civile farebbe correre il rischio di una ricaduta nei meccanismi e nelle dinamiche dei gruppi 19 e la costituirebbe in gruppo di pressione. Loccasionalit non certamente da confondere con la spontaneit. Se pure, infatti, pu sembrare che la disobbedienza civile sorga spontaneamente, in realt essa ben lungi dallessere spontanea in quanto richiede che sia in qualche modo organizzata. Il ricorso alla disobbedienza civile pu acquistare, perci, significato ambivalente: da un lato, esso pu essere strumento positivo, espressione dellesigenza di recuperare la
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Su questo punto cfr. Cosi, Saggio sulla disobbedienza civile, cit., pp. 257 ss.

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referenza valoriale delle leggi, strumento per rivendicare un diritto di sindacato su quelle leggi che non siano collegate ai valori della societ, per far giungere in maniera forte le opinioni condivise da gruppi sulle decisioni politiche, strumento, ancora, per recuperare la condivisione di opinioni e idee, quindi laccordo su principi e fini, attraverso la comunicazione rinnovata e disinteressata. Anche espressione del ritrovato bisogno di agire nella piena responsabilit del buon cittadino, in modo da partecipare al mondo comune attraverso lespressione delle proprie opinioni e delle proprie idee. Risponde allesigenza, quindi, di riappropriarsi di una soggettivit politica messa in crisi e di un bisogno di confrontarsi con gli altri sui problemi e sui principi. Ma, dall'altro, essa potrebbe anche essere espressione della volont e della forza di minoranze che tendono a dettare la loro volont e a rifiutare la decisione della maggioranza. Espressione, ancora, della forza aggregativa e gregaristica propria dei gruppi particolari, che fa riferimento non ai principi e ai valori, ma solo agli interessi. Se valido il principio che lo strumento tecnico della maggioranza non deve degenerare nella tirannia della maggioranza, a maggior ragione deve essere valido il principio che gli strumenti tecnici che le minoranze usano per far sentire le loro opinioni non degenerino nella tirannia della minoranza. Il fatto che c una circolarit tra democrazia e disobbedienza civile che deve essere presa in seria considerazione. E, proprio per questo, la disobbedienza civile risente delle stesse contraddizioni della democrazia e risente della necessit di un ampliamento del rapporto democratico paritario dal livello nazionale al livello internazionale. 4. Un problema di opportunit politica Al di l del problema della definizione, che consente anche di individuare gli atti di disobbedienza civile e distinguerli da altri tipi di protesta, di dissociazione o dalla violenza comune, e al di l della necessit della consapevolezza dei rischi di strumentalizzazione, sorge anche il problema di come, quando e perch rafforzare un giudizio critico non ascoltato trasformandolo in disobbedienza civile. importante, a questo punto, tornare sul principio di reciprocit democratica e sulla necessit che il governante sappia ascoltare le opinioni che deve rappresentare, in modo da impedire che la protesta civile diventi rivolta vera e propria. Cos come importante che coloro che pongono in essere atti di disobbedienza civile sappiano, a loro volta, ascoltare le ragioni della maggioranza, s da

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evitare di prolungare o aggravare una situazione contestativa con motivazioni che non giovano alla stessa comunit. Fa notare Neumann come il problema di chi decide se e quando esista il diritto di resistenza sia di difficile soluzione, ma contemporaneamente si preoccupa di quelli che sono i diritti minimi spettanti all'uomo, diritti che non importa se si chiamino o no diritti naturali, sono validi a prescindere dal sistema politico, validi contro qualsivoglia sistema, anche la democrazia20.Quando Neumann passa poi a precisare quali siano questi diritti minimi, li rinviene in alcuni di quelli che sono i postulati del sistema di diritto positivo proprio di uno Stato di diritto: innanzitutto l'uguaglianza giuridica di tutti gli uomini a definire il contenuto concreto di questi diritti; inoltre la generalit e l'irretroattivit della legge rendono possibile il rispetto della razionalit dell'uomo; infine, corollario del principio della generalit della legge, la separazione dei poteri per la quale l'applicazione della legge affidata a un organo separato dagli organi di decisione dello Stato. Dati questi postulati, pur restio per sua costituzione mentale a riconoscere la disobbedienza e la resistenza, Neumann pu affermare che la violazione di qualunque di questi quattro postulati rende illegittimo l'esercizio del potere politico, dando quindi a ciascuno, direttamente interessato o no, il diritto di resistenza. Ma se questo diritto possa farsi valere o prevalere , s'intende, una questione ben diversa. Nell'universo culturale di Neumann evidente che si tratta di un problema morale, non di una questione di diritto; ma all'interno del suo orizzonte, come, del resto, bench in termini diversi, anche per Dworkin, nello Stato di diritto non si pu parlare di un venir meno dellobbligo giuridico quando sono in gioco i diritti minimi, perch in tal caso la stessa legge a essere illegittima, e quindi la sua disattenzione diventa legittima. E allora il problema se disobbedire alla legge ingiusta o no anche un problema di opportunit politica 21 . Qui interviene il problema della necessit morale, per chi la mette in essere, di tener conto non solo dellimmediato, ma delle conseguenze che sul piano generale pu avere un atto di disattenzione manifesta della legge. Si presenta cio il problema del limite che la disobbedienza civile deve porsi, oltrepassando il quale essa perde il suo aspetto di risposta a
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Neumann, Sui limiti di una disobbedienza giustificata, in Lo stato democratico e lo stato autoritario, cit., p. 110. Cfr. anche Cosi, Saggio sulla disobbedienza civile, cit., p. 10. 21 Neumann, Lo stato democratico e lo stato totalitario, cit., p. 111: solo al di l dei quattro postulati sul diritto incondizionato di resistenza ciascun uomo deve fare le proprie scelte.

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una incoerenza o ingiustizia che si realizza all'interno di un sistema considerato coerente e giusto, quindi perde il suo aspetto equilibratore tra conservazione e innovazione, tra diritto e politica, per definirsi come espressione dell'incapacit della minoranza di accettare di essere tale e della sua volont di imporre le sue opinioni contro la maggioranza. Il fenomeno della disobbedienza civile, nella sua formulazione pi coerente, espressione, infatti, dell'ineludibilit di una esigenza critica della legge e, quindi, in qualche modo, delle esigenze di ricreare dei parametri di giustizia sui quali commisurare la norma positiva e, contemporaneamente, dell'esigenza di collegare la norma non alla sua fonte formale ma alla fonte reale, che quella della societ. espressione, quindi, anche di un bisogno partecipativo che la societ avverte in democrazia, e, sotto questo punto di vista , pu avere anche il significato positivo di tendere a ricreare in maniera forte comunicazione tra gli uomini, e tra gli uomini e le istituzioni. Ed per questo che quando la societ diventa globale anche il fenomeno della disobbedienza civile muta connotati. Ma ci pone lulteriore domanda del significato che la disobbedienza civile acquista allinterno di ogni ordinamento giuridico, soprattutto con riferimento a quegli atti di disobbedienza civile che si realizzano in maniera trasversale. Se in democrazia l impegno politico deve sostituire o, per lo meno, affiancare lobbligo politico, per meglio definirlo, ne consegue che occorre ancora riflettere sul senso e sul significato di obbligo politico e obbligo giuridico allinterno di una visione democratica della vita e in un contesto culturale che ha consentito la perdita di doverosit della stessa obbedienza alle leggi. Se, inoltre, di fronte a una legge o a una decisione politica che non collima con modi di vedere condivisi o che non rispecchia i valori di un ordinamento, si ha il dovere di far sentire la propria opinione in tutti i modi, che significato ha questo dovere e come il riconoscimento di questo dovere definisce il rapporto tra il singolo e listituzione che deve far rispettare le leggi? Sorge in altri termini il problema di definire se possibile trovare una legal basis alla disobbedienza civile e se, anche nellimpossibilit di definire questa legal basis, si debba poi trattare il disobbediente civile in termini diversi da come si tratta il delinquente comune. Una volta riconosciuto il dovere di far sentire le proprie opinioni, eventualmente anche rafforzandole attraverso varie forme, tra le quali anche la disobbedienza civile, come deve essere trattato colui che viola la legge? Per rafforzare la sua posizione disinteressata e dettata da principi generali e dallaccettazione di fondo dellordinamento esistente, dal punto

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di vista soggettivo il disobbediente civile deve accettare la sanzione legata alla violazione della norma? E dal punto di vista oggettivo lordinamento deve trattare il disobbediente civile, che tale atto abbia messo in essere nelle forme pi aderenti alla definizione concettuale, alla stessa stregua di ogni altro violatore di norme, o deve tener conto della peculiarit del gesto e della sua utilit sociale e politica? Lanalisi della disobbedienza civile e la sua definizione rimandano alla necessit di verificare cosa pu significare dal punto di vista giuridico un atto di violazione della legge e se sia possibile in linea di principio riconoscere una qualche legittimit, sul piano giuridico, alla disobbedienza civile, vale a dire se sia possibile trovare un diritto in senso stretto alla disobbedienza civile. 5. Un diritto alla disobbedienza civile? Che si tratti di un dovere collegato allimpegno del buon cittadino non pu essere escluso. Ma si pu parlare anche di un diritto alla disobbedienza civile? Riconoscere un diritto alla disobbedienza civile comporterebbe una innovativa definizione del giuridico o potrebbe inserirsi in una attitudine di recupero del giuridico nel suo significato pi ampio e complesso, che non consente una sua definizione riduttivistica di carattere positivisticoformalistico? Pur conservando la connotazione positiva del giuridico che, malgrado certe sue assolutizzazioni, ha certamente un suo significato e una sua valenza positiva, ci che occorre chiarire proprio il rapporto tra diritto e giusto 22, che va visto soprattutto in relazione a ogni ordinamento giuridico esistente, che ha assunto determinati valori, e in relazione a una comparazione di valori specifici a ogni ordinamento con quelli che sono i diritti fondamentali del rispetto della vita degna di essere vita umana. Occorre cio una definizione concettuale del diritto sia in termini di ci che il diritto in un determinato ambito giuridico sia in termini di ci che il diritto , e, quindi, una definizione del rapporto tra diritto e giusto, una distinzione tra diritto positivo e diritto, entro il quale ultimo occorre ancora ritrovare norme e principi, diritto e fini. Vale a dire, occorre una configurazione ampia delletica in tutti i suoi aspetti, e quindi anche un chiarimento del rapporto diritto-dovere. Il tu devi viene cos a complicarsi con l'io ho diritto, cio col principio che lo fonda, il diritto dell'uomo
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Cfr. Cosi, Saggio sulla disobbedienza civile , cit., p. 31: La sovrapposizione che in inglese perfino lessicale, pu verificarsi per anche su un piano concettuale, il che accade tutte le volte che si facciano coincidere senzaltro lidea di azione giuridicamente giusta e di azione moralmente giusta.

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alla sua dignit, al rispetto della sua identit di essere un uomo, innanzitutto, e di esserlo in un contesto statuale specifico, per inserito in un contesto internazionale. Logicamente coerente con i nostri tempi e ampiamente forse giustificabile sul piano dellimpegno politico del cittadino democratico, la disobbedienza civile esprime, dunque, un bisogno di risalire, al di l della norma positiva e della specifica accettazione della decisione dellautorit politica, a principi fondamentali legittimanti. Esprime anche un bisogno legittimo di partecipazione sulla base della condivisione di certi principi. perci che potremmo considerare questo diritto-morale, come lo chiama Dworkin, di disobbedire alla legge come coerente con lo Stato democratico, soprattutto nella sua forma post-liberale, anche se, certamente, se ne deve riconoscere una sua minor coerenza, ma non una contraddizione vera e propria, con lo Stato di diritto; il fenomeno pi affine, infatti, a una organizzazione che privilegi il politico, di quanto non lo sia a una organizzazione che si basi sulla rule of law, intesa nel suo ampio senso non riducibile a uno stretto legalismo positivistico. Ma la differenza tra i due momenti non da ricercarsi nellammissibilit o meno dellatto di disobbedienza civile, bens soltanto nella impossibilit, allinterno di uno Stato di diritto, di pensare a un suo riconoscimento giuridico, se non nella forma delleccezionalit che si dia in momenti particolari, cos come lordinamento giuridico dei tempi moderni ha sempre giustificato lo stato di necessit. E la eccezionalit dello stato di necessit data dal fatto che la disobbedienza civile messa in atto nel momento in cui le istituzioni democratiche sono venute meno al loro compito, e quando ogni altra forma di partecipazione critica sia resa impossibile. Sull'estraneit del fenomeno al sistema di diritto positivo dell'Europa occidentale non il caso di insistere, eppure le trasformazioni della democrazia avvenute negli ultimi trenta anni lo possono rendere pi familiare al nuovo ambito culturale dove esso si presentato, da un lato, nel suo aspetto strumentale, dimostrando, quindi, la sua coerenza con una logica di contrapposizione di forze, e, dall'altro, nel suo aspetto politico-morale, facendo riflettere sull'ineludibilit del fatto che ogni legislazione, non che essere soltanto un corpo di regole a s coerente e chiuso che si forma sulla base di un gioco di forze, rimanda sempre, in qualche modo, a un ordine concettuale diverso, sulla cui natura e sui cui contenuti si pu discutere, ma che non pu essere sottaciuto; rimanda, cio, a un campo morale - in qualunque modo lo si voglia poi concepire - che fonda le stesse scelte politiche e le regole giuridiche che da

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queste vengono positivizzate. quando questo collegamento si perde che sorge la esigenza di recuperarlo, mettendo in essere quelle forme di protesta che, in ambito di sostanziale accettazione del principio democratico, ma di disattenzione allascolto delle opinioni, si presentano anche sotto la forma della disobbedienza civile. All'interno della logica dello Stato di diritto non entrato in contraddizione con se stesso, la disobbedienza civile sembra toccare un problema di coscienza, cio il problema del rapporto diritto-morale e, quindi, non pu pretendere il riferimento a una sua base legale, mentre nello Stato sociale, soprattutto nella sua forma degenerativa23, si presenta come impegno politico e, come tale, sembra essere un dovere che si configura non solo come logica risposta e correttivo a un cattivo funzionamento, ma anche come momento essenziale dello stesso funzionamento dello Stato democratico, momento di autocorrezione. Ed proprio in questo ambito che la disobbedienza civile mostra la sua ambivalenza presentandosi, da un lato, come correttivo e, dall'altro, come momento della stessa degenerazione. La linea di demarcazione tra i due aspetti segnata dal corretto rapporto che essa deve realizzare tra l'istanza morale, l'impegno politico e l'obbligo giuridico 24 e dal riferimento continuo che essa deve attuare ai principi. Emerge, con la crisi della democrazia rappresentativa, la necessit di tornare a occuparsi della differenza tra principi e norme, e della loro correlazione, chiaramente espressa da Dworkin, o della loro differenza individuata da Arendt nella differenza tra agire in base a un modello e agire in base a un principio, tra utilit e significativit intenzionale, che trova la sua espressione linguistica nella differenza tra al fine di e in vista di25. O anche della distinzione che fa Zagrebelski quando auspica una normazione per principi26. Alla regola si obbedisce, ai principi si aderisce. Ma cosa fare quando c discordanza tra regole e principi? O come comparare tra di loro principi contrastanti se manca la possibilit del dialogo? Il problema quello di trovare e rispettare da parte di tutti, cittadini e governanti,
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Cfr. Serra, Il disagio del diritto, cit.. Confronta la distinzione operata da U. Scarpelli, Dovere morale, obbligo giuridico, impegno politico, in Rivista di filosofia, 1965, pp. 165 ss. 25 Per H. Arendt (Vita activa , Bombiani, Milano 1964, pp. 161-2 e Tra passato e futuro, Vallecchi, Firenze, 1970, p. 86), che si mostra polemica contro lassolutizzazione del fare strumentale, quando luomo si lascia sopraffare dallutilitarismo e rende fine ci che mezzo, resta preso nella catena interminabile dei mezzi e dei fini senza arrivare mai ad un principio che giustifichi la categoria dei mezzi e dei fini, cio lutilit stessa [...] e lutilit posta come significato genera lassenza di significato. 26 G. Zagrebelski, Il diritto mite, Einaudi, Torino 1992.

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anche quelle regole che consentono di realizzare il giusto equilibrio tra fini collettivi e diritti individuali, fini individuali e diritti della collettivit
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, e ancora una volta questo possibile

se, quando si parla di fini, si tiene presente la fondamentalit dei diritti umani e quando luomo, ogni uomo, sappia far riferimento ai principi e assumere le norme solo come modello non come comando, come modello che deve comunque sempre rispondere ai principi. Quando listituzione democratica non rispetta i principi che la legittimano, occorre riappropriarsi dei diritti dell'individuo contro la sopraffazione dello Stato, e occorre farlo non in base al ricorso a un soggettivismo foriero di anarchia e sopraffazione del pi forte sul pi debole, bens in base, come dice Dworkin, a standards condivisi. N la minoranza, n la maggioranza o i suoi pretesi rappresentanti possiedono e personificano verit e certezza, e quindi non possono pretendere di imporre valori a scapito della pluralit delle esigenze qualitative e pratiche che emergono dalla dialettica sociale28. Le maggioranze hanno un loro mondo di senso comune che deve restare anche il luogo in cui si pongono i dubbi. Diceva Stuart Mill
Se tutta lumanit meno uno fosse di unopinione e una sola persona fosse dellopinione opposta, sarebbe ingiusto tanto per lumanit mettere a tacere quella sola persona quanto per questa, se ne avesse il potere, di mettere a tacere lumanit [...]. Il male peculiare nel soffocare unopinione sta nel fatto che ci rappresenta un furto ai danni della razza umana, della posterit come delle generazioni attuali, di coloro che dissentono da tale opinione ancor pi che di coloro che la sostengono. Se lopinione giusta, questi ultimi sono privati dellopportunit di lasciare lerrore per la verit; se sbagliata, essi perdono un vantaggio quasi altrettanto grande, cio una percezione pi chiara e una impressione pi viva della verit, in seguito allurto dellerrore29.

Lurto tra verit e errore che deriva dalla libert di parola ancora oggi la grande risorsa dellumanit. La libert di parola esige, da un lato, lascolto dellaltro e la disponibilit a comprendere le sue ragioni, dallaltro anche limpegno a dire le proprie ragioni e a pretendere lascolto. Se a questa pretesa non si d seguito da parte dellautorit
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Cfr. R. Dworkin, Introduzione a Phylosophy of law, I, Oxford University Press, Oxford p. 13: Una teoria politica coerente, tale da poter essere usata per giustificare la legge ( law) di una comunit nel suo complesso, deve essere fondata o su qualche idea del benessere collettivo dei cittadini, o su qualche concezione dei loro diritti politici e sociali, o su qualche teoria dei doveri morali. Ogni teoria politica, naturalmente, far uso di tutte queste idee, ma se pu coordina gli scopi collettivi, i diritti individuali e i doveri individuali. 28 A. Zanfarino, La vocazione critica della democrazia, in D. Fiorot (a cura di), Filosofia e democrazia , Giappichelli, Torino 1992, p. 20. 29 J. S. Mill, On Liberty, (1859), Oxford University Press, London 1964, cap. II.

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costituita, questa pretesa deve essere fatta valere anche attraverso il rafforzativo della disobbedienza civile. La disobbedienza civile si basa su questo duplice impegno, e se conseguenza di un mancato ascolto, deve essere considerata come pienamente legittima in quanto correlata, in positivo, al dovere del buon cittadino che tende a rivendicare anche in maniera rafforzata la sua soggettivit politica e, in negativo, a un venir meno dellobbligo e dellimpegno politico di colui che stato chiamato a rappresentarlo. Il dovere di reciprocit democratica lo impone. 6. La disobbedienza civile elettronica Due problemi emergono nella situazione contemporanea: da un lato la difficolt di trovare un linguaggio comune, e, dallaltro, anche quando questo linguaggio venga in qualche modo ricostituito attraverso lo scambio di opinioni, esso sembra non avere visibilit. Ora, se fino a qualche anno fa l'ordinamento che leventuale disobbediente accettava era quello specifico nel quale si compiva il gesto, oggi con la transnazionalit del fenomeno si realizza un passo ulteriore, che corre il rischio di far avvicinare sempre di pi la disobbedienza civile alla rivolta. E non per il rischio della degenerazione, ma perch sembra che listanza partecipativa imponga un rispetto non tanto per gli ordinamenti in s, quanto per il principio democratico che sembra scindersi dallordinamento stesso nel momento in cui il centro decisionale diventa una forza comune alla quale le singole potenze partecipano ma con un atteggiamento che riscopre simboli e atteggiamenti di un potere che con la base non ha pi alcun rapporto. Soprattutto, il disobbediente civile dei tempi nuovi sembra avvertire la necessit di porsi come forza trasversale che risponde a logiche di carattere generale, con riferimento anche al principio della vita e della sopravvivenza della vita interpretato come diritto umano fondamentale, in contrapposizione alla trasversalit di un potere che risponde a logiche parziali di tipo economico che col principio della vita nulla hanno a che fare. Da questo punto di vista, una novit interviene per la disobbedienza civile grazie alla comunicazione via internet che, attraverso la formazione di un linguaggio nuovo e grazie soprattutto al luogo di incontro virtuale che supera limiti spaziali e territoriali, riesce ad aggregare ci che prima, soprattutto ma non solo dove mancava una tradizione associativa, era impossibile . Lavvento della rete chiaramente arricchisce la discussione e richiede anche una

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precisazione su quelle caratteristiche che consentono la differenziazione della disobbedienza civile da fenomeni paralleli propri della rete. Innanzitutto, occorre distinguere tra luso della rete come strumento per la comunicazione tra disobbedienti civili dalla vera e propria disobbedienza civile elettronica (ECD). Sotto il primo punto di vista, la disobbedienza civile sembra aver trovato sia la possibilit di un linguaggio comune sia uno strumento di comunicazione fortemente utile ai fini della trasmissione e scambio di opinioni e ai fini dellorganizzazione del fenomeno stesso. A dare un sia pur veloce sguardo ai vari siti che riguardano la disobbedienza civile, ci si rende conto di come lorganizzazione ne venga migliorata, di come soprattutto la rete funzioni da strumento di collegamento, di informazione, ma anche di sostegno per i disobbedienti ai quali cerca di chiarire le idee anche sui caratteri specifici del fenomeno stesso. Pi interessante, perch fa riflettere sui cambiamenti del nostro tempo, tuttavia il fenomeno della disobbedienza civile elettronica. I fenomeni di dissenso che si manifestano via rete sono vari e forse tra di loro suscettibili di essere visti in una linea di crescente forza. In un primo gradino troviamo lattivismo computerizzato che, iniziato negli anni ottanta con l'apparizione della prima versione di Peace Net, rappresenta lincontro tra i movimenti politico-sociali e la comunicazione mediale. La comunicazione via e-mail e i web sites sono diventati uno strumento molto valido ai fini della circolazione, creazione e conservazione dellInternational Solidarity Network 30. Una forma pi forte di protesta il Grassroots Infowar che, pur facendo riferimento a una guerra di parole e di propaganda, si presenta come suscettibile di realizzare il passaggio dalla parola verso lazione31. Un esempio di come Grossroots pu muoversi dato dal global pro-zapatista network of solidarity and
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Cfr. A. Harmon, Hacktivists of all persuasion take their struggle to the web, in New York Times del 31 ottobre 1998; J. D. Downing, Computers for political change. PeaceNet and public data access, in Journal of Communication, 39, 3. Per inciso, nel momento in cui questo fenomeno della computer-mediated communication (CMC) fu preso in considerazione dagli studiosi iniziarono le prime discussioni sulla democrazia elettronica. (Cfr. anche J. Street, Remote control? Politics, technology and electronic democracy, in European Journal of Communication, 12, 1997, 1, pp. 27-42) e soprattutto si cominci a discutere sul ruolo della CMC nel collegare il mondo. Con lavvento di internet il processo si ampliato a dismisura e allo stato attuale esistono innumerevoli forme di protesta sui siti web. 31 Grassroots infowar actors emerge fully cognizant they are on a global stage, telepresent across borders, in many locations simultaneously. There exists a sense of immediacy and interconnectivity at a global level. More than a mere sharing of information and dialogue, there is a desire to push words towards action. Cfr. G. Stocker, C. Schopf (eds.), Infowar, Vienna 1988; S. Wray, Infowar, Vienna 1998; S. Wray, Towards bottom-up information warfare: theory and practice: version 1.0 Electronic Civil Disobedience, archive 1998 (http://www.nyu. edu/ projects/wray/Bottom up.html del 9.01.2001).

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resistance attraverso il quale si manifesta chiaramente la differenza tra il movimento di opinioni che si realizza nellattivismo computerizzato e lincitamento allazione accresciuto dalla capacit di farlo su scala globale che caratterizza Grossroots Infowar. La disobbedienza civile elettronica si inserisce in questo contesto e applica la tradizione e le tattiche non violente a internet. Utilizza perci virtuali blockades e virtual sit in a cui i partecipanti possono intervenire da tutti i siti e da qualunque punto di accesso al network. Una forma pi forte di trasgressione via internet da cui si distingue la
ECD

il politicized

hacking che comporta interventi attivi nel sistema elettronico, dallalterazione dei siti web fino alle azioni dellElectronic Disturbance Theater, propri della disobbedienza civile, che per se ne differenziano per un elemento importante che riguarda lanonimato. Mentre la
ECD

conserva il principio della pubblicit dellazione e della condivisione dellazione e

dellopinione in un gruppo, caratteristica della disobbedienza civile classica per cui gli attori non si nascondono dietro lanonimato e operano liberamente andando incontro alle conseguenze delle proprie azioni, i political hackers, anche a causa delle loro azioni chiaramente illegali, operano generalmente sotto forma anonima e individualmente. Proprio per questo individualismo difficile dare contorni precisi a un fenomeno che non possiede prospettive unitarie. Anche al livello di rete, la disobbedienza civile si distingue, comunque, da forme pi violente nelle quali potrebbe ad ogni modo sconfinare di fronte alla cecit di un potere che non ne comprenda listanza partecipativa pienamente rispondente alla realizzazione della democrazia. presto forse per cercare di capire gli sviluppi di queste forme di protesta e la ricaduta pratica che esse potranno avere: certamente potranno accrescere le informazioni e anche i legami tra coloro che condividono opinioni. Lattivismo via internet, in qualunque forma si presenti, sicuramente uno strumento per accrescere o sostenere gli sforzi dei cittadini, per far conoscere le loro azioni e per rinforzarle facendo conoscere anche tutte le informazioni necessarie sui diritti e doveri del disobbediente civile. Si pu certamente prevedere che le istituzioni potranno diventare pi vulnerabili nel ciberspazio di quanto non lo siano nel mondo fisico e che la ECD possa essere uno strumento potente da affiancare agli strumenti tradizionali. Anche se labitudine alla comunicazione via internet potrebbe sortire leffetto opposto, di rendere cio verbale e comunicazionale la disobbedienza rafforzandola quanto a numero ma indebolendola quanto a possibilit effettive di raggiungere i risultati.

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certo che lattivismo in crescita, e soprattutto che esso pone problemi, primo fra tutti quello della difficolt di trovarne una regolamentazione giuridica dal momento che esso si gioca tutto sullextraterritorialit, non essendo legato ad alcuna regione geografica precisa. Wray e Dominguez, cofondatori dellElectronic Disturbance Theater, con la loro affermazione che The revolution will be digitized32, ci invitano a non sottovalutare un fenomeno che, creando nuovi poteri, pu modificare il rapporto col potere e lo stesso concetto di potere. E ci invitano a riflettere sulla profonda trasformazione culturale a cui conduce il superamento della galassia Gutenberg: lavvento della rete, che d un palcoscenico mondiale a chiunque abbia una minima conoscenza del suo funzionamento, pu modificare le stesse categorie su cui una cultura e un potere tradizionalmente riservati a cerchie ristrette si sono retti.

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The Electronic Disturbance Theater, working at the intersections of radical politics, recombinant and performance art, and computer software design, has produced an ECD device called Food net, URL based software used to flood and block an opponents web site . Cfr. S. Wray, The electronic disturbance theater and electronic civil disobedience, giugno 1998 (http://www. nyu.edu/project/wray/ EDTECD.html, p. 1 del 9.01.2001).

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