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SCHMITT

 Tesi della non equivalenza tra democrazia e parlamentarismo: la prima può esistere senza il
moderno parlamentarismo così come quest'ultimo può esistere senza la democrazia; il concetto di
democrazia è privo di un contenuto politico determinato e può al limite arrivare a coincidere con la
dittatura; l'affermazione di essa coincide con la crisi del principio monarchico e la concezione del
liberalismo ottocentesco; il parlamentarismo è quella forma di governo della borghesia che
nell’800 aveva trovato incentivo nell’uniformità dei soggetti che partecipavano alla discussione
pubblica, ma che era stato investito dalla condizione sociale-economica del ‘900 in cui il
Parlamento non rappresenta più le ragioni del popolo ma il dominio dei gruppi economico-sociali;
ha quindi perso la sua capacità di rappresentanza e nella forma parlamentare gli affari pubblici e
la politica hanno l'obiettivo solamente di guadagnare la maggioranza e dominare; questa
posizione deriva dall’ostilità che S. aveva dell’ideologia che recuperava l’eredità liberale e
avanzava una pretesa sul carattere pubblico del dibattito politico e delle decisioni economiche che
sono state monopolizzate dai grandi gruppi di interessi dell'economia capitalistica.
 SOVRANITA E DECISIONE: il parlamentarismo criticato da S. ha l’obiettivo di un modello di diritto
inteso come veritas piuttosto che auctoritas; l’obiettivo di arrivare alla giustizia attraverso il
bilanciamento dei poteri (liberalismo) è una strategia di verità che metteva in crisi i valori del
relativismo al centro della speculazione di Kelsen e della sua concezione della democrazia; K.
affermava che il criterio distintivo di essa è la partecipazione al governo dei cittadini che ne faceva
un metodo che stabilisce come le leggi debbono essere fatte e applicate ma non ne prescrive il
contenuto; per quanto riguarda il parlamentarismo K. afferma che la procedura antitetico-
dialettica è lo strumento per ottenere la via di mezzo tra interessi della maggioranza e della
minoranza perché da questa nasce una possibilità di soluzione di conflitto mediante una norma
che è conforme non totalmente agli interessi di una parte e quindi il parlamentarismo ha comunque
una sua efficacia.
 Il diritto per S. parte dal fatto e non dalla norma e ha origine a partire dalla riflessione sullo stato di
eccezione; lo Stato non coincide con l'ordinamento giuridico, ma la sovranità ha sempre qualcosa
di eccedente nel senso che si esprime nel momento in cui l'ordine che viene a costituirsi è
minacciato nella sua stessa sopravvivenza e trova fondamento nella decisione che sospende
l'ordinamento per restaurarlo o dissolverlo (sovrano che decide lo stato di eccezione); l'eccezione
è l'origine del diritto e l'ordinamento giuridico e si fonda sulla decisione la cui attivazione richiede
l'instaurazione di un ordine frutto della decisione sovrana che è in sé un atto giuridico (nonostante
si manifesta al di fuori dei confini dell’ordinamento); il sovrano sta fuori dall'ordinamento giuridico
ma allo stesso tempo appartiene ad esso in quanto tocca a lui prendere la decisione;
 Il diritto conserva in sé un elemento trascendente: l'analogia tra diritto e teologia sulla quale base
S. porta a compimento la sua teoria del potere costituente del popolo come origine della politica e
della sua legittimità; la costituzione è l'espressione della volontà diretta che è storicamente
espressa nell’opinione pubblica; il potere costituente è la volontà politica del popolo che sta
all'origine della politica anche se è rappresentato come un momento di rottura; la costituzione è
dunque espressione di un potere costituente che esprime una volontà che non può essere limitata
ed è quindi una decisione e non una norma o un contratto.
 IL CRITERIO DEL POLITICO: S. vuole intendere l'ambito proprio del politico e l'elaborazione di una
categoria applicabile a prescindere dal contesto i quali contenuti sono ricavabili attraverso la
scoperta di categorie specificatamente politiche; l'individuazione di un criterio di definizione
dell'ambito che ne costituisce l’autonomia rispetto ad ambiti differenti del politico è la coppia di
amico-nemico che è l'estremo grado di intensità di un’unione o di una separazione che sottolinea
la necessità di un confronto che non esclude la possibilità di un conflitto; il nemico è colui che viene
indicato come l'altro con il quale è possibile il conflitto ed è quindi qualcuno che ci confronta (la sua
presenza deve poter sempre venire autenticamente e il conflitto deve sempre poter realmente
costituire una concreta possibilità); a dare vita al raggruppamento umano che è il politico è la
decisione attorno alla distinzione tra amico e nemico ; il politico è orientato al caso in cui
l'esistenza dell’ordine è minacciata ; S. prendi una posizione polemica nei confronti del pensiero
liberale che ha trasformato il concetto di lotta in discussione o concorrenza e ha spoliticizzato i
concetti di Stato che diventa società, e di popolo che diventa pubblico o massa dei consumatori; in
questo modo ha privato il concetto di politico del suo significato specifico ossia della possibilità di
un conflitto tra gruppi di uomini che si riconoscono come nemici.
 L’impossibilità liberale di cogliere il criterio del politico non implica che non possa essere violento,
ma più che altro impiegherà dei mezzi di coercizione diversi (economici) che sono pacifici come
quelli a disposizione della Società delle Nazioni; ma un mondo interamente pacificato non è
possibile in quanto in esso non vi sarebbe politica e quindi nemmeno distinzione tra amico e
nemico: l'esito della negazione della possibilità del conflitto non è la pace, ma l'alterità che rende
più disumani i conflitti (l'altro non può essere distinto secondo un criterio politico e dovrà essere
punito sotto il profilo morale e distrutto).
 LA TEORIA DEL NOMOS: nella società contemporanea lo Stato non ha più il monopolio del politico
e non esprime più quello della sovranità perché liberalismo ha sostituito le dimensioni della
statualità con quelle dell'economia; S. preme sull’idea che nell’età della tecnica fosse terminato il
razionalismo occidentale che aveva portato alla fine delle guerre di religione attraverso la
teorizzazione giuridica e politica della sovranità e il riconoscimento nel nemico dell'alterità; nel
“Nomos Della Terra” S. aveva la speranza della possibilità di preservare la tradizione dell’età
moderna, ma con l'intervento degli Stati Uniti in Europa aveva fine la possibilità del mutuo
riconoscimento tra Stati in conflitto che aveva caratterizzato il diritto internazionale europeo e
garantito un concetto non discriminatorio di guerra in cui il conflitto era regolamentato; vuole
individuare una chiave di lettura per il nuovo ordinamento internazionale attraverso i concetti di
grande spazio e nomos; questo non significa legge, ma diritto che è decisione e ordinamento; esso
viene prima della legge e sta sopra essa perché è l’atto originario dal quale tutte le norme
traggono la forza; S. non trascura il suo significato spaziale perché presenta una relazione con la
proiezione territoriale perché la sua delimitazione spaziale determina nei suoi concetti un mondo
formato da uomini; in questo modo S. distingue il nomos preglobale dal nomos determinato dalla
scoperta del Nuovo Mondo ; l'inizio dell'era moderna è il punto di origine del diritto pubblico
europeo e l'ascesa degli Stati Uniti a potenza globale è il momento di arrivo; l'evoluzione
universalistica del diritto internazionale si è fermata dopo il 1945 decretando la sconfitta
dell’ordinamento spaziale che aveva trovato espressione nella tradizione del diritto internazionale
europeo.
 IL CONCETTO DISCRIMINATORIO DI GUERRA E LA TEORIA DEL PARTIGIANO : il mondo degli Stati è
un pluriverso abitato da unità politiche organizzate suscettibili alle relazioni conflittuali; la guerra
pur non essendo lo scopo o il contenuto della politica ne è il presupposto sempre presente come
possibilità reale; il diritto internazionale dell'età moderna aveva dato vita a un sistema in cui
ciascuno Stato disponeva del diritto di muovere guerra ad un altro Stato, l'essenza del diritto era la
limitazione della guerra (guerra giusta era considerata la guerra condotta secondo delle precise
regole di condotta); ciò ebbe fine dopo WWI perché si trasforma la guerra in un atto criminale e si
nega la giuridicità di essa (non la si abolisce ma la sua forma viene circoscritta dando vita a forme
peggiori di guerra); ogni conflitto si trasforma in guerra di annientamento perché si realizza un
inversione degli intenti e il nemico incorre nel rischio di perdere ogni tutela giuridica diventando un
nemico assoluto; il partigiano è originariamente un combattente che ha uno scopo difensivo e un
concetto non assoluto del nemico, ma nel momento in cui viene sottoposto alle ideologie
universalistiche e allo sviluppo tecnico industriale si spinge verso una concezione assoluta
dell’inimicizia diventando un rivoluzionario ideologico e mondiale.

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