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Elettrotecnica

1.1

M. Repetto

Capitolo 1 Modello circuitale dei fenomeni elettromagnetici


Questo capitolo introduce il modello a parametri concentrati o modello circuitale di un fenomeno fisico. Il concetto
principale di questo approccio allo studio dei fenomeni fisici, non solo elettrici, e leliminazione delle variabili spaziali
dalla trattazione matematica in modo da ottenere equazioni dipendenti solo dal tempo. Cominciando da un modello di
un fenomeno meccanico di facile comprensione, la trattazione si sposta al modello dei fenomeni elettromagnetici.
Vengono quindi introdotti i principali tipi di componenti elettrici circuitali e le loro equazioni costitutive, ovvero le
equazioni che ne definiscono il comportamento.

1.1 Modello a parametri concentrati


I fenomeni fisici possono essere descritti mediante modelli matematici il cui livello di accuratezza
puo essere diverso in funzione del risultato che si vuole ottenere. Ad esempio, in un modello del
sistema solare in cui si vuole descrivere il moto dei pianeti, il pianeta Terra puo essere considerato
come una particella puntiforme, al contrario, se si vogliono studiare le maree dovute allinterazione
Terra-Luna, lestensione spaziale della Terra andra tenuta in conto. I modelli, entrambi corretti nei
loro limiti di applicazione, danno luogo a diverse complessita di calcolo. In generale qualsiasi
sistema dinamico dovra essere analizzato in termini di 3 coordinate spaziali (x, y, z) e di una
coordinata temporale t. In funzione di queste variabili indipendenti, saranno espresse le grandezze
proprie del problema, ad esempio forze, pressioni temperature etc., per ogni punto dello spazio e del
tempo potranno essere definite le opportune grandezze scalari o vettoriali. Le eventuali equazioni
differenziali che descrivono il fenomeno conterranno quindi le derivate parziali delle grandezze
rispetto alle 4 variabili indipendenti Per alcune applicazioni e possibile ottenere una
semplificazione nelle equazioni del modello attraverso opportune operazioni di integrazione
spaziale.
Ad esempio il moto di un fluido in un condotto puo essere descritto in funzione del suo campo
r r
vettoriale di velocita v = v ( x, y, z, t ) , oppure, per certe applicazioni, dove non e necessaria una
conoscenza cosi dettagliata, dal flusso del fluido in una determinata sezione S,
r
r
(t ) = v ( x, y, z, t ) ds . Come risulta evidente, loperazione di integrazione spaziale sulla
S

superficie definita S, elimina dalla variabile la dipendenza dalle variabili (x, y, z) lasciando solo
quella dal tempo t. Una trattazione matematica del flusso richiede quindi la soluzione di
equazioni differenziali dove lunica variabile indipendente e il tempo, quindi le equazioni si
trasformano da equazioni differenziali alle derivate parziali a equazioni differenziali ordinarie con
una notevole semplificazione nella loro trattazione analitica e nella loro soluzione. Questo processo
di semplificazione comporta la determinazione di un modello in cui le variabili spaziali sono assenti
e come tale viene detto modello a parametri concentrati (come la massa della Terra concentrata in
un punto). Nella trattazione dei fenomeni elettrici questo modello viene detto anche modello
circuitale.
1.2 Modello a parametri concentrati di un fenomeno meccanico
Unanalisi semplificata del comportamento dinamico di un sistema di sospensione di un veicolo
automobilistico presuppone di descrivere mediante un sistema di equazioni dinamiche un sistema i
cui componenti principali sono:
- ruota composta da cerchio e pneumatico;
- semiasse;
- sistema elastico per lassorbimento degli urti;
- sistema di smorzamento delle oscillazioni.
Il sistema e molto complesso ed esteso nello spazio, le masse sono distribuite su tutti i componenti
che sono di materiali e densita diverse, le stesse considerazioni valgono per altre proprieta fisiche
come lelasticita etc.. Nonostante sia geometricamente e strutturalmente complesso, i fenomeni

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1.2

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fisici presenti allinterno del sistema sono facilmente individuabili: in seguito ad una forza applicata
sul pneumatico (sobbalzo della strada) il sistema, che ha una certa inerzia, accumulera una parte
dellazione in energia elastica come in energia cinetica. La presenza di elementi dissipativi rendera
le oscillazioni smorzate nel tempo. Se si suppone che il comportamento dinamico venga misurato
dallo spostamento della posizione del mozzo della ruota rispetto al telaio indicato dalla coordinata x
(Fig. 1), si vuole ottenere una risposta allo spostamento x in funzione della forza applicata.

smorzatore

x
x=x(F(t),t)

molla

ruota+pneumatico

F
Fig. 1.1 Sistema meccanico di sospensione
Lo studio della dinamica porta ad evidenziare come i parametri importanti nel sistema siano: la
massa distribuita nei vari componenti, responsabile dellinerzia, il comportamento elastico
responsabile delle oscillazioni ed i termini viscoso-dissipativi.
Lo studio completo e rigoroso della risposta dinamica del sistema richiede un modello numerico ad
esempio attraverso il metodo degli elementi finiti. Un modello semplificato puo pero essere
sviluppato a patto di ricorrere ad alcune semplificazioni.
Un modello a parametri concentrati richiede di individuare le principali azioni dinamiche e
concentrarle in parametri senza dimensione geometrica. Si suppone per semplicita di trascurare la
rotazione del sistema.
Parametro massa: la massa del sistema e distribuita nei suoi vari componenti (cerchio,
pneumatico, semiasse etc.) ma con una certa approssimazione si puo assumere che questa sia
concentrata prevalentemente nella ruota. Assumendo quindi che linerzia del sistema dipenda dalla
massa della ruota si puo misurarla ed assumerla pari a M.

d 2x
F=M 2
dt

(1.1)
Parametro elasticita: anche in questo caso lelasticita e distribuita nel sistema (comportamento
elastico del pneumatico, elasticita a flessione dellasse) ma nuovamente si puo considerare
prevalente quella della molla di collegamento con il telaio. In questo caso il parametro da
determinare sara la costante elastica kel da inserire nella legge di Hooke.

F = k el ( x x0 )

(1.2)
Parametro attrito (elemento dissipativo): diversi sono i fenomeni irreversibili presenti
(deformazione plastica del pneumatico etc.) ma quello quantitativamente piu importante e
rappresentato dallelemento smorzatore oleo-pneumatico. In questo caso la costante di attrito
viscoso dello smorzatore kv dovra essere determinata.

dx
F = kv
dt

(1.3)

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1.3

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Considerando le ipotesi, fatte lequazione che descrive il comportamento del sistema e data da:

d 2x
dx
F (t ) = M 2 + k el ( x x0 ) + k v
dt
dt

(1.4)
Lequazione che descrive il comportamento dinamico del sistema e quindi una equazione
differenziale ordinaria in cui lunica variabile indipendente e il tempo. Nonostante lequazione sia
2

dx
nonlineare per la presenza del termine , la sua soluzione e molto piu semplice rispetto al
dt
modello completo del sistema.
Il modello si comporta quindi come un blocco od un componente concentrato di cui e nota
lequazione costitutiva (1.4). Le variabili F(t) ed x(t) sono quindi le uniche variabili descrittive del
sistema.
x(t)

F (t ) = M

d 2x
dx
+ kel ( x x0 ) + kv
dt 2
dt

F(t)

Fig. 1.2 Componente dinamico

1.3 Vantaggi e svantaggi del modello


Il modello a parametri concentrati richiede di determinare solo 3 parametri dal sistema M, kel, kv e
consente di ottenere la risposta del sistema attraverso lintegrazione di unequazione differenziale
ordinaria nella variabile t.
A fronte di questi indubbi vantaggi si hanno alcuni lati negativi del modello. Il sistema e descritto
dalle sole variabili esterne x(t) ed F(t), mentre viene persa ogni nozione delle variabili interne al
sistema, ad esempio la flessione dellasse, la deformazione del pneumatico, gli sforzi meccanici
etc..
Questo limite impedisce ad esempio di verificare se ad esempio nel funzionamento vengono
superati alcuni limiti interni al sistema, ad esempio una eccessiva flessione che porta ad una rottura
dellasse. Questi limiti intrinseci del modello vanno quindi verificati a posteriori una volta ottenuta
la risposta dinamica.
1.4 Modello circuitale dei fenomeni elettromagnetici
Lanalisi del campo elettromagnetico comporta la soluzione delle equazioni di Maxwell (Teorema
di Gauss, Circuitazione di Ampere, Legge dellinduzione elettromagnetica) le quali sono equazioni
differenziali alle derivate parziali e forniscono come soluzione gli andamenti dei campi vettoriali
campo elettrico e magnetico, induzione elettrica e magnetica in funzione delle sorgenti: cariche
elettriche e densita di corrente. La soluzione ricercata quindi in questo caso e un campo vettoriale
con 3 componenti spaziali ciascuna delle quali funzione di (x, y, z, t). Esattamente come nel caso
precedente una operazione di integrazione spaziale puo rendere piu semplice la soluzione,
ovviamente in questo caso le variabili integrali saranno legate ai fenomeni elettrici e magnetici.
Nel caso elettromagnetico le variabili che vengono utilizzate per una trattazione a parametri
concentrati sono le correnti elettriche nei conduttori e le tensioni elettriche ovvero le differenze di
potenziale elettrico tra due punti, entrambe queste grandezze sono funzione della sola variabile t.
Il metodo circuitale elettrico ha molte analogie con il metodo a parametri concentrati utilizzato in
idraulica dove alla corrente elettrica corrisponde la portata di fluido in un condotto e alla tensione
corrisponde la caduta di pressione o perdita di carico tra due sezioni del condotto.
Esattamente come nel caso del fenomeno meccanico della sezione precedente, le variabili ai
morsetti tensione e corrente saranno legate tra di loro da unequazione differenziale che esprime la

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1.4

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natura del fenomeno elettromagnetico in questione. Questa relazione viene detta equazione
costitutiva o equazione ai morsetti.
Anche in questo caso si parla di componente ogniqualvolta un fenomeno elettromagnetico e
descritto dalla sua equazione costitutiva.
1.5 Componente a parametri concentrati
Una caratteristica che differenzia i fenomeni elettromagnetici dagli altri fenomeni fisici e la loro
estensione spaziale anche in regioni molto distanti dalle sorgenti. Prima di poter affrontare lo studio
di un fenomeno elettromagnetico mediante la tecnica dei parametri concentrati e necessario
delimitarne lestensione spaziale.
Si definisce come fenomeno elettromagnetico confinato un fenomeno elettromagnetico in cui i
r r r r
vettori dei campi elettrici e magnetici E , D, H , B sono racchiusi all'interno di una superficie limite.
Il fenomeno elettromagnetico racchiuso entro la superficie limite puo scambiare energia e potenza
con lesterno solo in un numero limitato di connessioni elettriche dette morsetti. Attraverso queste
connessioni e possibile scambiare correnti elettriche o interagire con tensioni elettriche. La
situazione e rappresentata in Fig. 3.
superficie limite

E, D
H, B

morsetto

Fig. 1.3 Fenomeno elettromagnetico confinato


Le interazioni del fenomeno con lesterno attraverso i morsetti sono quantificabili e misurabili. Le
grandezze corrente e tensione sono grandezze scalari e nel sistema di misura internazionale (SI) si
misurano rispettivamente in Ampere [A] e Volt [V].
Il componente piu semplice in termini di numero di morsetti e il dipolo caratterizzato da due
morsetti. In genere il componente viene rappresentato graficamente dalle sue connessioni esterne e
da un blocco che rappresenta la superficie limite del componente, come in Fig. 4.

Fig. 1.4 Componente dipolo


Per il componente dipolare e possibile definire un valore di corrente che lo attraversa ed un valore
di tensione, essendo la tensione la differenza di potenziale tra i due morsetti.
In generale i fenomeni elettromagnetici possono essere espressi da modelli piu complessi dove le
interazioni con lesterno sono definite attraverso un numero n di morsetti. Si parla in questo caso di
componente n-polare. Nuovamente le tensioni saranno definibili dalla differenza di potenziale tra i
morsetti. In generale si prendera un morsetto come riferimento, denominato solitamente 0, e sara
possibile definire n-1 valori di tensione e di corrente, come in Fig. 5.
2
1
i1
i2

v1

v2

0
Fig. 1.5 Componente tri-polare
1.6 Grandezze ai morsetti

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1.5

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Come definito in precedenza, le grandezze ai morsetti, tensione e corrente, sono grandezze scalari,
rappresentate quindi da numeri reali che possono pero avere un segno. Indipendentemente dalle
considerazioni fisiche, relative ad esempio al segno dei portatori di carica che attraversano una
determinata sezione, il segno da attribuire alle grandezze ai morsetti puo essere definito
arbitrariamente. In sede di risoluzione del circuito la corrente o la tensione potranno risultare
positive o negative se sono rispettivamente concordi o discordi con il verso assegnato.
Graficamente il segno di una grandezza ai morsetti e indicato con una freccia che punta verso la
direzione positiva. Nel caso della tensione si puo utilizzare anche il segno + o per indicare la
polarita. Alcune possibili segni grafici sono riportati in Fig. 6.

i(t)

v(t)

+
+
v(t)

v(t)

Fig. 1.6 Segni grafici per indicare le grandezze ai morsetti


Le grandezze ai morsetti i(t) e v(t) sono poi legate da unequazione costitutiva che e caratteristica
del fenomeno elettromagnetico contenuto nel componente. Le equazioni costitutive sono in generale
date da equazioni differenziali ordinarie e possono essere espresse come:

i = i ( v, t )

(1.5)

oppure come

v = v (i , t )

(1.6)
nel primo caso la variabile indipendente e la tensione v, mentre nel secondo caso e la corrente i. In
funzione del fenomeno elettromagnetico, alcuni componenti potranno essere descritti meglio dalla
forma (1.5) o (1.6), come verra visto in seguito.

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2.1

M. Repetto

Capitolo 2 Componenti circuitali


In questo capitolo si introdurranno le principali tipologie di componenti dei circuiti elettrici. Verranno definite diverse
classificazioni dei componenti e se ne scriveranno le equazioni costitutive che legano le variabili tensione e corrente. Si
descriveranno le principali caratteristiche dei componenti resistore, condensatore, induttore e dei componenti generatori.

2.1 Classificazione dei componenti


I componenti a parametri concentrati sono modelli matematici di fenomeni fisici. Ogni fenomeno
fisico reale ha pero una risposta che dipende da piu fenomeni agenti contemporaneamente. Nel
caso del sistema di sospensione dellautoveicolo, accennato nel capitolo precedente, interagivano
contemporaneamente linerzia, lelasticita e lattrito. Questo ha portato alla scrittura di
unequazione differenziale molto complessa. Riuscendo ad enucleare un solo un tipo di fenomeno
fisico (ad esempio la molla) si riesce a ridurre la complessita dellequazione costitutiva.
Una classificazione dei componenti circuitali deve quindi passare prima per la definizione dei
fenomeni fisici elementari che si vogliono descrivere e poi per la loro descrizione matematica. I
componenti elementari che sono di seguito considerati sono dipolari cioe caratterizzati da una sola
coppia di valori tensione-corrente. Alcuni componenti elettronici sono invece intrinsecamente
tripolari, come ad esempio il transistor, ma non vengono qui presi in considerazione.
2.1.1 Componenti reali e ideali
Una prima classificazione e gia stata introdotta e puo essere fatta tra componenti reali ed i loro
modelli matematici che contengono un certo grado di astrazione. Una molla realmente costruita
avra una sua elasticita e rispondera alla legge di Hooke ma, essendo fisicamente esistente, non
potra essere priva di massa e quindi avra una risposta dinamica in cui il termine di inerzia e
presente. Daltro canto la molla teorica che viene utilizzata in fisica si puo supporre sia priva di
massa e quindi si costruisce la molla ideale il cui comportamento e approssimato dalle molle vere.
Al fine di costruire un modello matematico, e conveniente lavorare con componenti idealizzati, la
cui risposta dipende solo da un fenomeno. Gli altri fenomeni presenti nei componenti realmente
costruiti vengono solitamente chiamati effetti parassiti.
Dora in poi, salvo diverso avviso, i componenti considerati saranno ideali. Si vedra in seguito
come il comportamento di un componente reale potra essere approssimato da un insieme di
componenti ideali collegati insieme.
2.1.2 Componenti utilizzatori e generatori
Una classificazione dei componenti puo essere effettuata in base al loro comportamento energetico.
Si puo facilmente intuire come alcuni dispositivi siano passivi, cioe non in grado di avere un
comportamento dinamico se non sono attivati, almeno in una fase iniziale, da un apporto energetico
esterno. Ad esempio il sistema di sospensione visto in precedenza, puo dare luogo ad oscillazioni,
ma deve essere attivato da una forza esterna che lo sposta dalla sua posizione di equilibrio.
Nella terminologia elettrica, i componenti passivi sono chiamati componenti utilizzatori mentre i
componenti attivi, cioe in grado di fornire potenza ad altri componenti ad essi collegati, vengono
chiamati generatori. Come si vedra nel seguito, nei fenomeni elettrici alcuni componenti potranno
comportarsi in entrambi i modi, si pensi ad esempio alla batteria dellautomobile che eroga potenza
nella fase di avviamento ma viene caricata, ovvero assorbe potenza, durante la marcia normale del
veicolo.
2.2 Convenzioni tensione-corrente

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2.2

M. Repetto

Come si e visto, la differenza tra componenti utilizzatori e generatori sta nel loro comportamento
energetico. Come si vedra in seguito, la potenza e lenergia che interessano un componente
dipendono dai valori delle sue grandezze ai morsetti. Questo porta a definire un diverso legame tra i
versi positivi delle grandezze a i morsetti. In pratica, pur essendo i versi delle due grandezze
corrente e tensione arbitrari, saranno tra loro collegati come nelle figure 1 e 2. Per ogni componente
ci sara solo un grado di arbitrarieta, fissato, ad esempio, il verso positivo della corrente quello
della tensione si ricavera dalla natura del componente.

i(t)
v(t)

Fig. 2.1 Convenzione utilizzatori: la corrente entra nel morsetto positivo

i(t)
v(t)

Fig. 2.2 Convenzione generatori: la corrente esce dal morsetto positivo


2.3 Componenti utilizzatori
I componenti utilizzatori si possono a loro volta suddividere in diversi componenti in funzione dei
fenomeni fisici elementari che descrivono. In maniera deduttiva si possono definire tre classi di
componenti utilizzatori. Queste tre classi sono sostanzialmente in grado di descrivere tutte le
tipologie di fenomeni elettrici, eventuali sistemi piu complessi potranno essere descritti da piu
componenti collegati insieme. Queste tre classi sono state storicamente derivate dallosservazione
dei fenomeni fisici, ma hanno ottenuto una legittimazione matematica che li rende in grado di
descrivere fenomeni anche diversi da quelli da cui sono stati ricavati.
Tra i diversi fenomeni elettromagnetici, si possono isolare alcuni fenomeni base classificabili in
base al loro comportamento energetico, analogamente a quanto fatto per i fenomeni meccanici
- componenti in grado di trasformare energia di tipo elettrico in un'altra forma di energia,
questa energia lascia il componente e quindi per il fenomeno elettrico e persa o dissipata;
- componenti in grado di immagazzinare energia nel campo elettrico, lenergia viene
immagazzinata, quindi rimane nel componente e puo essere rilasciata in un secondo tempo;
- componenti in grado di immagazzinare energia nel campo magnetico.
2.4 Componente resistore

Elettrotecnica

2.3

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Il componente resistore e il rappresentante della prima classe di componenti utilizzatori, cioe in


grado di trasformare energia di tipo elettrico in un'altra forma di energia. Il fenomeno Joule per cui
un conduttore percorso da corrente dissipa potenza sotto forma di potenza termica, e stata la base
di partenza per questo tipo di componenti che vengono comunemente utilizzati, si pensi per
esempio ad una lampadina ad incandescenza o ad una stufetta elettrica.
La caratteristica principale di questo componente e la assenza di comportamenti dinamici
(componente adinamico), ovvero la sua risposta dipende solo dai valori di tensione o di corrente in
un istante ma non dalle loro velocita di variazione. La adinamicita del componente puo essere
utilizzata per modellizzare fenomeni anche diversi dai conduttori, ad esempio alcuni componenti
elettronici.
Questa caratteristica e molto importante perche permette di definire il legame tra tensione e
corrente mediante unequazione algebrica. Questa equazione e detta prima legge di Ohm ed
esprime un legame di tipo algebrico tra i valori istantanei di tensione e corrente ai capi del
componente:

v (t ) = Ri (t )

(2.1)
la quantita R che lega i valori istantanei di tensione e corrente e detta resistenza ed il componente
resistore e rappresentato graficamente dal seguente simbolo

i(t)
v(t)

Fig. 2.3 Componente resistore


Nel sistema di misura SI lunita di misura della resistenza si ricava da quelle di tensione e corrente,
e viene chiamata Ohm, simbolo .
Il parametro resistenza si puo ricavare, in casi semplici, dalle proprieta elettriche del materiale e
dalle sue dimensioni geometriche. Nel caso di conduttore rettilineo a sezione costante la resistenza
puo essere ottenuta dalla seconda Legge di Ohm, si ottiene quindi:
l
S

Fig. 2.4 Conduttore rettilineo a sezione costante

R=

l
S

(2.2)

dove e la resistivita elettrica del materiale, l e la lunghezza del conduttore ed S la sua sezione
trasversale.
a) Resistore Lineare Tempo Invariante
Nel caso del conduttore percorso da corrente, il valore del parametro resistenza non dipende dai
valori di tensione e corrente applicati, Quando il parametro R e' una costante indipendente sia dalla
corrente i sia dal tempo t, si parla di resistore Lineare Tempo Invariante (LTI). In caso di resistore

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2.4

M. Repetto

LTI, il tempo t diventa un parametro ininfluente sull'equazione costitutiva e quindi una efficiente
rappresentazione grafica e' data dalla caratteristica nel piano v-i, come riportato nella figura.

v
v=Ri

, tg = R
i
Fig. 2.5 Caratteristica del resistore LTI nel piano v-i
Il parametro R lega tra loro in maniera lineare i valori di tensione e corrente, quindi in un piano
cartesiano dove si riportano sulle ascisse i valori di corrente ed in ordinata quelli di tensione,
lequazione costitutiva si traduce graficamente in una retta uscente dallorigine la cui pendenza
dipende dal valore di R.
b) Resistore nonlineare Tempo Invariante
Non necessariamente il parametro resistenza deve essere indipendente dai valori di tensione e
corrente applicati, ma potrebbe essere esso stesso una funzione ad esempio della corrente i. Pur
lasciando inalterata lappartenenza del componente alla classe dei resistori, la sua caratteristica
rimane infatti sempre adinamica, la sua rappresentazione nel piano v-i non e piu una retta ma una
curva definita da unequazione, come in figura. Rimane pero il vincolo sulla passivita del
componente, ovvero la caratteristica deve passare per lorigine.

v
v=R(i)i

i
Fig. 2.6 Caratteristica di un resistore nonlineare tempo invariante
c) Resistore generico
In generale la caratteristica che lega tensione e corrente puo essere anche dipendente dal tempo t,
cioe per ogni istante la caratteristica dellequazione cambia. Questo puo succedere ad esempio per
un intervento esterno, come nel caso di una resistenza che regola il volume di un sistema audio. In
questo caso la caratteristica grafica puo ancora essere tracciata nel piano v-i ma non e piu una
curva bensi una famiglia di curve in funzione del parametro t.
d) Conduttanza

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2.5

M. Repetto

La relazione costitutiva del componente resistore e unequazione algebrica ed e quindi, salvo il


caso di caratteristiche polidrome, invertibile.
E infatti possibile scrivere lequazione costitutiva come:

1
v (t ) = Gv (t )
R

i (t ) =

(2.3)
dove il parametro G viene detto conduttanza del componente. La conduttanza si misura in Siemens,
simbolo S.
2.5 Componente Condensatore
Il componente condensatore appartiene alla seconda classe dei componenti utilizzatori ed e quindi
in grado di accumulare energia nel campo elettrico. Come e ben noto dalla fisica, per creare un
campo elettrico in una regione dello spazio e necessario avvicinare almeno due masse conduttrici,
dette elettrodi o armature, isolate e sottoposte ad una differenza di potenziale. In questa maniera si
inducono sugli elettrodi cariche elettriche di segno opposto il cui valore assoluto e pero uguale,
come evidenziato in figura.

+ +
+ + E
+Q +

- -Q
-

- v

Fig. 2.7 Esempio di condensatore


La quantita di carica accumulata sulle armature dipende dalla tensione applicata, da fattori
geometrici e dalle caratteristiche dei materiali. Questi fattori sono quantitativamente espressi dal
parametro capacita che lega la tensione alla carica:

Q = Cv

(2.4)
dove C e la capacita che nel sistema di misura SI si esprime in Farad, simbolo F. Lunita Farad e
molto grande rispetto ai valori di capacita tecnicamente realizzati, solitamente se ne usano quindi
sottomultipli come il F o nF.
A titolo di esempio, in un condensatore a facce piane parallele il valore di capacita e dato dalla
formula:

C =

S
d

(2.5)

dove e la costante dielettrica del mezzo interposto tra le armature, S e larea della superficie
affacciata e d e la distanza tra le armature.
Il simbolo grafico del componente condensatore richiama questa natura con due segmenti
ravvicinati, come in figura.

C
v
Fig. 2.8 Simbolo grafico del componente condensatore

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2.6

M. Repetto

La relazione tra la carica e tensione applicata non e' direttamente utilizzabile come equazione
costitutiva in quanto non compare in essa la corrente. Considerando che la corrente e' un flusso di
carica e quindi esprime una variazione della carica immagazzinata nel condensatore, nell'ipotesi di
capacita' costante si ottiene, derivando rispetto al tempo lequazione (2.4):

Q = Cv i (t ) =

dv
dv
dQ
=C
i (t ) = C
dt
dt
dt

(2.6)
In questo caso la relazione ai morsetti non lega tra di loro i valori istantanei di tensione e corrente,
come nel caso del resistore, ma lega il valore di corrente alla derivata temporale della tensione
applicata. Non si ha in questo caso unequazione costitutiva algebrica bensi unequazione
differenziale. Il componente viene quindi ad assumere una natura dinamica in quanto la sua risposta
dipende dalla velocita di variazione della tensione applicata.
Lequazione costitutiva, e stata scritta con la tensione come variabile indipendente. In caso si
volesse invertire relazione si dovra ricorrere alloperatore differenziale inverso, ovvero ad una
integrazione nel tempo.

i (t ) = C

t 1
dv
v (t ) =
i (t ' )dt '

dt
C

(2.7)
il dominio di integrazione puo essere scomposto in due tratti: uno che va da - ad un istante
generico in cui la tensione e nota ad esempio 0 ed uno che va da 0 allistante t. Si ottiene quindi:
t 1
1
i (t ' )dt ' + i (t ' )dt ' =
0C
C
t 1
= v (0) + i (t ' )dt '
0C

v (t ) =

(2.8)
Nella pratica spesso il condensatore ha un valore di capacita costante, indipendente dalla tensione
applicata.
2.6 Componente induttore
Il componente induttore e' in grado di accumulare energia nel campo magnetico ed appartiene alla
terza classe dei componenti utilizzatori. Questo tipo di componente viene di solito realizzato
mediante avvolgimenti percorsi da corrente. Infatti, un avvolgimento percorso da corrente crea nella
regione di spazio circostante un flusso di induzione magnetica che si concatena con l'avvolgimento
stesso, come descritto in figura.

Fig. 2.9 Avvolgimento e flusso magnetico concatenato

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2.7

M. Repetto

Il simbolo grafico dellinduttore richiama questa natura, come si puo vedere in Figura.

i
v

Fig. 2.10 Simbolo grafico del componente induttore


La relazione che lega tra loro la corrente nelle spire ed il flusso magnetico concatenato e data da:

= Li

(2.9)
dove e il flusso magnetico concatenato misurato in Weber, simbolo Wb, ed L e il coefficiente di
induttanza dellavvolgimento che si misura in Henry, simbolo H. Anche in questo caso il valore del
parametro L dipende dalla geometria e dalle caratteristiche dei materiali.
Anche per il componente induttore, come prima per il condensatore, la relazione flusso-corrente
non e' un'equazione costitutiva, in quanto non compare in essa la tensione. Facendo ricorso alla
legge dell'induzione elettromagnetica, si puo esprimere la derivata del flusso come una tensione,
derivando quindi lequazione (2.9) rispetto al tempo, nellipotesi di L costante, si ottiene:

v (t ) =

d
di
di
= L v (t ) = L
dt
dt
dt

(2.10)
anche in questo caso lequazione costitutiva e di tipo differenziale ed il componente ha quindi
caratteristiche dinamiche.
Nel caso si voglia ottenere la relazione inversa, esprimendo la corrente in funzione della tensione, si
deve ricorrere ad unoperazione di integrazione nel tempo come nel caso dellequazione (2.8):
t 1
0 1
1
i (t ) =
v(t ' )dt ' =
v(t ' )dt ' + v(t ' )dt ' =
0 L
L
L
t 1
= v(0) + v(t ' )dt '
0 L
t

(2.11)

Dallesame delle equazioni (2.7) e (2.10) si puo notare che la forma delle equazioni dei
componenti C ed L e uguale sostituendo opportunamente la tensione al posto della corrente e viceversa. Questo particolare legame tra i due componenti viene definito dualita.
a) induttori accoppiati
Se il flusso magnetico creato da un avvolgimento interessa una regione di spazio dove e' presente
un'altra bobina, i due circuiti risultano essere accoppiati magneticamente anche se fisicamente ed
elettricamente sono disgiunti come si puo vedere in figura.

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2.8

M. Repetto

i2
i1

Fig. 2.11 Induttori accoppiati


A seguito di questa interazione, il flusso concatenato con una bobina puo essere diverso da zero
anche quando in questa bobina non circola corrente. Questa situazione viene descritta dal sistema di
equazioni:

1 = L1i1 + M 21i2

2 = L2i2 + M 12i1

(2.12)
dove 1 e 2 sono i flussi concatenati con le due bobine, L1 ed L2 sono detti coefficienti di autoinduttanza delle due bobine ed M12 e M21 sono i coefficienti di mutua induttanza che dipendono
dalla interazione magnetica tra i due avvolgimenti. Fisicamente si dimostra che il fenomeno e
reciproco, cioe i due coefficienti di mutua induttanza hanno in realta lo stesso valore e quindi
M12=M21=M.
Derivando rispetto al tempo le (2.12) si puo ottenere lequazione costitutiva del componente a 4
morsetti come:

di1
di2

v
t
L
M
(
)
=
+
1
1
dt
dt

di
di
v2 (t ) = L2 2 + M 1
dt
dt

(2.13)

2.7 Componenti generatori


I componenti generatori sono in grado di fornire potenza ad un circuito, permettendo ad esempio ai
componenti utilizzatori ad essi collegati di funzionare. Lenergia fornita dal componente generatore
e ovviamente trasferita al circuito a spese di trasformazioni energetiche presenti al suo interno, ad
esempio le trasformazioni elettrochimiche presenti allinterno di una batteria o le trasformazioni
elettromeccaniche che avvengono in una macchina elettrica, dalla semplice dinamo della bicicletta
allalternatore delle centrali elettriche. Queste trasformazioni di energia differenziano
profondamente il comportamento dei generatori reali da quelli ideali. Come si vedra in seguito,
infatti, i generatori ideali saranno in grado di erogare potenze infinite al circuito. Questo
ovviamente, per i limiti fisici insiti in tutte le trasformazioni energetiche reali, non e possibile nei
componenti reali che quindi potranno solo approssimare il comportamento dei generatori ideali.
2.8 Generatore ideale di tensione
Il generatore ideale di tensione e' un dipolo in grado di mantenere ai suoi morsetti una tensione e(t),
indipendentemente dalla corrente che lo attraversa.

Elettrotecnica

2.9

M. Repetto

v (t ) = e(t ), i(t)

(2.14)
Nel generatore ideale di tensione la corrente non e quindi vincolata dalla equazione costitutiva, ma
deve essere ricavata dalla caratteristica del circuito esterno a cui il generatore e connesso.
Il generatore ideale di tensione deve essere descritto con la convenzione dei generatori (corrente
uscente dal morsetto positivo) ed il simbolo grafico che lo rappresenta e riportato in figura.

i
+
e(t)
Fig. 2.12 Simbolo del generatore ideale di tensione
Un caso particolare di generatore ideale di tensione e il generatore di tensione costante che e' in
grado di mantenere ai suoi morsetti una tensione E indipendentemente dal valore della corrente i, la
sua caratteristica in un piano v-i e presentata in figura.

v
v=E

i
Fig. 2.13 Caratteristica grafica del generatore di tensione costante
Il generatore di tensione costante con tensione v=0, ovvero di tensione nulla, e un caso particolare
del componente generatore che coincide, come comportamento ai morsetti, a quello di un resistore
LTI con resistenza R=0. Questo componente particolare che presenta tensione nulla ai morsetti
qualunque corrente lo attraversi viene detto corto-circuito ed e rappresentato come in figura.

i
v=0
Fig. 2.14 Componente corto-circuito
Il legame tra il generatore ideale di tensione ed il corto-circuito e evidenziato dal segmento
continuo presente nel simbolo del generatore.
2.9 Generatore ideale di corrente

Elettrotecnica

2.10

M. Repetto

Il generatore ideale di corrente e' un dipolo in grado di mantenere ai suoi morsetti una corrente a(t),
indipendentemente dalla tensione applicata ai morsetti.

i (t ) = a (t ), v(t)

(2.15)
Anche in questo caso la tensione ai morsetti di un generatore ideale di tensione non e specificata
dalla sua equazione costitutiva, bensi dal circuito esterno. Il simbolo del generatore ideale di
corrente e riportato in figura.

a(t)

Fig. 2.14 Simbolo del generatore ideale di corrente


Anche in questo caso, se a(t)=A costante si ottiene un generatore la cui caratteristica puo essere
riportata nel piano v-i, come in figura.

i=A
i
Fig. 2.15 Caratteristica grafica del generatore di corrente costante
Nuovamente un caso particolare si ottiene se A=0, la caratteristica coincide in questo caso con
lasse delle ordinate e quindi con la caratteristica di un resistore con resistenza tendente ad .
Questa volta il componente e in grado di mantenere a 0 la corrente qualsiasi sia la tensione
applicata, si parla in questo caso di circuito aperto, come riportato in figura.

i=0

Fig. 2.16 Componente circuito aperto


Il caso particolare viene anche qui ricordato nel simbolo grafico del generatore che presenta un
segmento spezzato.
2.10 Generatori pilotati
I generatori ideali visti in precedenza hanno le caratteristiche in tensione o corrente determinate
dalle funzioni arbitrarie e(t) o a(t). In alcuni casi e possibile che queste funzioni non siano imposte
dallesterno ma siano funzione di alcune variabili circuitali. Ad esempio e(t)=kvj(t) dove k e una
costante adimensionale e vj(t) e una tensione nel circuito e viene detta grandezza pilota. Il

Elettrotecnica

2.11

M. Repetto

generatore pilotato e' quindi a rigore un quadrupolo, dato che la sua caratteristica dipende dalla
grandezza pilota. In figura sono riportati i simboli grafici dei generatori pilotati e le possibile
casistiche.

e(t)=vp

vp

vp

ip

ip

e(t)=krip

a(t)=kgvp

a(t)=ip

Fig. 2.17 Casistiche di generatori pilotati


2.11 Componenti reali
I componenti elettrici reali hanno caratteristiche che possono solo approssimare quelle dei
componenti ideali, sia per limiti costruttivi legati al costo del componente sia per limiti fisici
intrinseci nei fenomeni reali.
Le principali cause di non idealita dei componenti reali sono legate ai limiti fisici a cui devono
sottostare le variabili v ed i, ovvero a dei limiti di funzionamento, ed a effetti parassiti, ovvero la
compresenza allinterno del componente di piu fenomeni. Fortunatamente, molto spesso il
comportamento dei componenti reali puo' essere espresso da una combinazione di componenti
ideali.
a) Limiti di funzionamento
Nei componenti reali le tensioni e correnti non possono raggiungere qualsiasi valore ma sono
vincolate a rimanere entro limiti specificati sul prodotto. I valori di tensione sono limitati dalla
capacita di isolamento del componente mentre i valori di corrente sono limitati dal riscaldamento
causato dalleffetto Joule. Il superamento di questi limiti puo creare danni al componente o
comprometterne il funzionamento. In figura e riportata la caratteristica di un resistore LTI reale.

Vmax v

Imax i Imax
v=Ri

-Imax

Imax

Vmax v Vmax
i

-Vmax
Fig. 2.18 Caratteristica di un resistore reale con limiti imposti sulle grandezze ai morsetti

Elettrotecnica

2.12

M. Repetto

Un altro esempio di scostamento tra il comportamento dei componenti reali da quelli ideali dovuto
ai valori di tensione e correnti nel componente, si evidenzia nei generatori. Ad esempio un
generatore di tensione reale presentera una diminuzione della tensione ai morsetti allaumentare
della corrente erogata. Facendo riferimento alla figura 2.13 dove e riportata la caratteristica del
generatore ideale di tensione costante, la caratteristica reale se ne discosta come in figura.

generatore
ideale

generatore
reale
i
Fig. 2.19 Caratteristiche di generatori ideali e reali di tensione costante
Per simulare questo comportamento il cui modello e molto complesso si dovrebbe tener conto del
particolare generatore reale (elettrochimico, elettromeccanico etc.). Un modello piu semplice
prevede di approssimare il comportamento ai morsetti mediante uno sviluppo in serie di Taylor
arrestato al primo ordine. Considerando solo il tratto con corrente positiva si ottiene:

v (i ) = v (0) +

dv
di

i = v (0) + Rint i
i =0

(2.16)
Il parametro dv/di e' negativo perche la tensione scende per i crescente e viene moltiplicato per una
corrente e quindi dimensionalmente e' una resistenza e viene assunto come resistenza interna del
generatore reale, il cui modello e riportato in figura.

Ri
i(t)

v(t)
Fig. 2.20 Modello del generatore reale
Il valore del parametro Ri puo essere ricavato anche sperimentalmente da misure effettuate sul
generatore reale.

b) effetti parassiti
Gli effetti parassiti sono legati alla costruzione del componente con materiali reali e
necessariamente imperfetti. Ad esempio si puo prendere un induttore reale costruito con un
avvolgimento di filo conduttore che presenta una certa resistivita elettrica per quanto bassa.
Quando viene percorso da corrente, la risposta ai morsetti del componente e ovviamente legata alla

Elettrotecnica

2.13

M. Repetto

equazione costitutiva dellinduttore ideale anche se non si puo prescindere da una caduta di
tensione resistiva legata al valore della corrente. La tensione ai morsetti e data quindi dalla somma
delle due risposte induttiva e resistiva. Un modello equivalente del componente reale puo
fortunatamente essere ricavato collegando insieme piu componenti ideali. In figura e riportato il
modello circuitale di un induttore reale, la presenza di L ed R simula la risposta del componente
reale.

Rp

i(t)
v(t)
Fig. 2.21 Modello equivalente di un induttore reale

Elettrotecnica

3.1

M. Repetto

Capitolo 3 Leggi fondamentali dei circuiti elettrici


In questo capitolo si sviluppano le leggi che regolano linterazione dei componenti allinterno di un circuito elettrico.
Queste leggi sono formulate in maniera generale e valgono per tutti i tipi di circuito. Si introduce anche lipotesi di
validita delle leggi dei circuiti che sara poi alla base del modello circuitale. Dopo la definizione delle leggi, si
analizzano alcuni dei collegamenti piu semplici dei componenti.

3.1 Topologia del circuito


Le equazioni costitutive stabiliscono il legame tensione corrente ai capi di ogni componente, ma
non possono definire quale sia il comportamento di piu componenti collegati a formare un circuito.
Per questo e necessario prima stabilire quali sono i modi di collegamento tra diversi componenti e
poi quali saranno le leggi di interazione. I modi di collegamento tra componenti vanno sotto il nome
di topologia del circuito e definiscono ad esempio le vie di scambio delle correnti e le relazioni tra
le tensioni. Si parla di topologia e non di geometria del circuito perche il modello circuitale
elimina le coordinate spaziali e quindi nei collegamenti si deve stabilire chi e collegato con che
cosa e non quanto sono lunghi i collegamenti. Ad esempio i due circuiti riportati in figura sono
geometricamente diversi ma topologicamente uguali, infatti la corrente che esce dal morsetto A
entra nel morsetto C in entrambi i casi.

Fig. 3.1 Esempio di due collegamenti geometricamente diversi ma topologicamente uguali.


Per definire i collegamenti circuitali si devono mettere in evidenza alcune entita topologiche che si
ritrovano poi nelle leggi dei circuiti.
a) nodo
Si definisce nodo il punto di collegamento tra piu vie di passaggio per la corrente. Il nodo sara poi
il punto di interazione delle correnti nel circuito.

i1

i2

i4
i3
3.2 Nodo in un circuito
b) lato
Si definisce lato un insieme di componenti collegati senza nodi intermedi, come riportato in figura.
Per ogni lato si puo definire un valore di corrente ed un valore di tensione ai suoi estremi. In questa
maniera il lato puo assumere unequazione costitutiva che dipende da quelle dei componenti in
esso collegati.

Elettrotecnica

3.2

M. Repetto

Fig. 3.3 Lato in un circuito


c) maglia
Si definisce maglia un insieme di lati in un circuito che formano un percorso chiuso. Una maglia
puo contenere al suo interno altre maglie. In certi casi e utile definire il concetto di maglia
generalizzata che costituisce un percorso aperto lungo i lati ma chiuso su di una variabile di rete.

maglia

Fig. 3.4 Esempi di maglie in un circuito

Fig. 3.5 Esempio di maglia generalizzata chiusa sulla variabile v


3.2 Leggi di Kirchhoff
Le leggi di Kirchhoff sono relazioni generali che definiscono le interazioni tra le tensioni e le
correnti in un circuito. Sono relazioni generali che non dipendono dal tipo di componenti presenti
nel circuito bensi dalla topologia. La loro validita e limitata solo dalla velocita di propagazione
dei segnali elettrici come sara spiegato nel prossimo paragrafo. Le equazioni di Kirchhoff sono
particolari espressioni circuitali delle equazioni generali dei campi elettromagnetici e da esse
possono essere ricavate (ad esempio dalla solenoidalita della corrente o dalla irrotazionalita del
campo elettrico). In questo caso pero esse saranno assunte in modo assiomatico.
a) Legge di Kirchhoff delle Correnti (LKC)
La LKC si applica a ciascun nodo presente in un circuito. Lipotesi della LKC e che valga la
propagazione istantanea dei segnali elettrici.
In ogni istante la somma algebrica delle correnti afferenti ad un nodo e' nulla
laggettivo algebrico significa che vengono prese con segno diverso le correnti entranti e uscenti dal
nodo, come evidenziato nellesempio in figura.

Elettrotecnica

3.3

i1

i2

M. Repetto

i1(t)+i2(t)-i3(t)-i4(t)=0 t

i4
i3
Fig. 3.6 Legge di Kirchhoff delle correnti in un nodo
Dato che l'equazione e' omogenea e' del tutto arbitrario assegnare il segno positivo alle correnti
entranti o uscenti. La LKC esprime una conservazione istantanea del flusso di cariche che
afferiscono al nodo. In ogni istante il flusso delle cariche in arrivo al nodo deve essere bilanciato dal
flusso delle correnti uscenti. Questa situazione, come si vedra nel prossimo paragrafo, e sempre
verificata nelle ipotesi della LKC. Unanalogia si puo trovare con lequazione di bilancio delle
portate di un fluido incomprimibile, ad esempio acqua, in un nodo di condutture. Dato che lacqua
e incomprimibile in ogni istante la portata in ingresso al nodo deve essere uguale a quella in uscita,
in caso contrario si arriva ad una rottura delle tubazioni.
b) Legge di Kirchhoff delle Tensioni (LKT)
La LKT esprime la interazione delle tensioni in un percorso chiuso o maglia. Lipotesi della LKT e
che valga la propagazione istantanea dei segnali elettrici.
In ogni istante la somma algebrica delle tensioni di lato in una maglia e' nulla
Anche in questo caso, laggettivo algebrico significa che vengono prese con segno diverso le
tensioni con percorrenza diversa all'interno della maglia, come evidenziato in figura.

v3

v2
v1(t)+v2(t)-v3(t)-v4(t)-v5(t)=0 t

v4

verso di
percorrenza

v1

v5
Fig. 3.7 Legge di Kirchhoff delle tensioni in una maglia
Come si vede dalla figura, le tensioni concordi con il verso di percorrenza della maglia sono prese
con segno positivo, le altre con segno negativo. Nuovamente lequazione e omogenea, percio e
arbitrario il verso di percorrenza assunto per la maglia. Cambiando il verso di percorrenza, tutti i
segni positivi si tramutano in negativi e vice-versa lasciando immutata lequazione.
c) Ipotesi delle Leggi di Kirchhoff
Come evidenziato nel loro enunciato, le leggi di Kirchhoff devono essere valide in qualsiasi istante
di funzionamento del circuito. A causa della natura dei fenomeni elettromagnetici, che si propagano
a velocita pari a quelle della luce, questo puo non essere sempre verificato se i nodi di un circuito

Elettrotecnica

3.4

M. Repetto

sono sufficientemente distanti, tali cioe da introdurre un tempo di ritardo ad esempio tra liniezione
di corrente in un lato e il suo arrivo allaltro estremo. Questo ritardo puo essere piu o meno
trascurabile in funzione della scala temporale dei fenomeni che si stanno considerando. Si prenda ad
esempio il componente riportato in figura.

1m
Fig. 3.8 Componente dipolare con distanza pari a 1 m tra i morsetti
Considerando che il segnale elettrico si propaghi nel componente con velocita pari a quella della
luce, c1*108 m/s, una corrente iniettata in un morsetto arrivera al morsetto opposto dopo:

l
1
=
0.3 * 108 s = 3ns
8
c 3 * 10

(3.1)
questo tempo di ritardo puo essere o meno trascurabile a seconda del fenomeno in esame. Ad
esempio per una corrente sinusoidale alla frequenza di 50 Hz, che ha un periodo T=1/f=20 ms, il
tempo di ritardo e' trascurabile. Vice-versa, per una corrente sinusoidale alla frequenza di 100
MHz, che ha un periodo T=1/f=1/108=10 ns, il tempo di ritardo ed il periodo T sono confrontabili.
In questultimo caso percio non si puo considerare istantanea la propagazione.
Questo significa che, applicando la legge di Kirchhoff delle correnti ad un nodo, questa sara'
verificata istantaneamente nel caso dei 50 Hz, solo dopo un certo tempo nel caso a 100 MHz. Si
parla in questo caso di diversa scala temporale dei fenomeni.
Lipotesi di propagazione istantanea e' ben verificata se la dimensione geometrica L del circuito e'
molto inferiore alla lunghezza d'onda associata al fenomeno e definita come:

= cT

(3.2)
dove e la lunghezza donda e T il periodo della funzione considerata. Come si puo' immaginare il
limite e' attivo per fenomeni a frequenza elevata, mentre per fenomeni a frequenza industriale
f=50Hz, questo limite e' quasi ininfluente essendo =6000 km circa uguale al raggio terrestre.
3.3 Collegamento dei componenti
Le leggi di Kirchhoff costituiranno, insieme alle equazioni costitutive, linsieme di vincoli necessari
a ottenere le tensioni e le correnti in tutti i lati del circuito. In prima battuta possono pero essere
utilizzate per combinare tra loro le equazioni di piu componenti. Questo permette di ottenere
espressioni semplici per collegamenti canonici che si riscontrano spesso nella pratica. Si affronta il
caso dei componenti resistori perche in questo modo si trattano equazioni algebriche e non
differenziali.
a) Dipolo equivalente
Le formule che saranno ricavate, permetteranno di ottenere il valore di un dipolo equivalente ad un
circuito. Il concetto di equivalenza e molto importante nei circuiti elettrici perche verra utilizzato
frequentemente al fine di semplificare la soluzione dei circuiti. Due dipoli si dicono equivalenti se

Elettrotecnica

3.5

M. Repetto

presentano le stesse equazioni costitutive, ovvero se sostituiti in un circuito ne lasciano invariato il


funzionamento.
b) Collegamento serie
Due o piu componenti si dicono collegati in serie se sono percorsi dalla stessa corrente, come
avviene, per esempio, in un lato. Le equazioni di Kirchhoff permettono di scrivere le grandezze ai
morsetti del collegamento in funzione delle singole equazioni costitutive.

A
i
vAB

i1

v1

R1

i2
v2

R2

Fig. 3.9 Collegamento serie di resistori


Prendendo il caso di due resistori collegati in serie come in figura si ottiene:

v1 = R1i1

v 2 = R2i 2
i = i1 = i 2

v AB v1 v 2 = 0

(3.3)
la prima coppia di equazioni contiene le equazioni costitutive dei due componenti, mentre la
seconda coppia contiene le leggi di Kirchhoff applicate alle correnti ed alle tensioni. Il circuito non
contiene nodi e quindi la LKC impone luguaglianza della corrente in tutti i componenti. La LKT e
applicata ad una maglia generalizzata. Combinando le equazioni, si ottiene:

v AB = v1 + v 2 = R1i + R2i = (R1 + R2 )i = Req i

(3.4)
dove si ottiene che lequazione complessiva del circuito e lequazione costititutiva di un resistore
equivalente con resistenza pari alla somma delle due resistenze. La stessa relazione vale anche nel
caso di N resistori, in questo caso compare la sommatoria di tutte le resistenze.
c) Collegamento parallelo
Due o piu componenti si dicono collegati in parallelo se tutti sono sottoposti alla stessa tensione. In
figura e riportato un esempio di due resistori collegati in parallelo.

Elettrotecnica

3.6

M. Repetto

A
i
vAB

i1
v1

i2
v2

R1

R2

Fig. 3.10 Collegamento in parallelo di due resistori


applicando e equazioni a disposizione, si ottiene:

v1 = R1i1

v 2 = R2i 2
i = i1 + i 2

v AB = v1 = v 2

(3.5)

nuovamente, combinando insieme le equazioni si ottiene:

i = i1 + i 2 =

v AB v AB
+
=
R1 R2

1
v
1
v AB = AB
= +
Req
R1 R2

(3.6)
da cui una nuova equazione del componente equivalente (valida solo per due resistori in parallelo):

Req =

R1R2
R1 + R2

(3.7)
Dalla espressione ottenuta e evidente che nel caso di collegamento parallelo e piu efficiente
utilizzare le conduttanze, infatti dalla eq. 3.6 si ottiene:

1
1
1
=
+
Geq = G1 + G2
Req R1 R2

(3.8)

in caso di n componenti in parallelo si ottiene:


n

Geq = Gk
k =1

(3.9)
Dal punto di vista tecnico, quasi tutti gli utilizzatori elettrici vengono collegati in parallelo ai
generatori di tensione, in questa maniera tutti i carichi vedono la stessa tensione ed assorbono
corrente il cui valore dipende dalla propria equazione costitutiva mentre e sostanzialmente
indipendente dagli altri carichi.
d) Collegamento stella triangolo

Elettrotecnica

3.7

M. Repetto

Nella pratica si ritrovano spesso collegamenti circuitali che non ricadono nei due precedenti. Nel
collegamento di resistori a tre poli, si possono definire due tipologie tipo: a stella e a triangolo,
come evidenziato in figura.

A
A

RA
RB

RC

RCA

RAB

RBC

a)
b)
Fig. 3.11 Collegamento di resistori con 3 morsetti esterni: a) configurazione a stella, b)
configurazione a triangolo
In questo caso, con opportuni passaggi algebrici che qui non vengono riportati, si possono definire
le formule di trasformazione di 3 resistori collegati a stella in 3 resistori equivalenti collegati a
triangolo e vice-versa.
Nella trasformazione stellatriangolo, si suppongono noti i valori delle 3 resistenze RA, RB e RC, e
si determinano i valori del triangolo equivalente.

R AB =

R AR B
RBRC
; RBC =
1
1
1
1
1
1

+
+
+
+
R A RB RC
RA RB RC
RC R A
RCA =
1
1
1

+
+
R A RB RC

(3.10)

Nella trasformazione triangolostella, si suppongono noti i valori delle 3 resistenze RAB, RBC e RCA,
e si determinano i valori della stella equivalente.

RA =

RBC R AB
R ABR CA
; RB =
(R AB + RBC + RCA )
(R AB + RBC + RCA )
RC =

RCAR BC
(R AB + RBC + RCA )

(3.11)

Le due relazioni precedenti si semplificano in caso di stella o triangolo equilibrati, formati cioe da
resistori che hanno tutti lo stesso valore di resistenza.
RA = RB = RC = RY R AB = RBC = RCA = R = 3RY
(3.12)
1
R AB = RBC = RCA = R R A = RB = RC = RY = R
3
(3.13)
In questo caso si e utilizzato il pedice y per la stella e il per il triangolo.

Elettrotecnica

4.1

M. Repetto

Capitolo 4 Metodi di soluzione dei circuiti elettrici


In questo capitolo si affronta la soluzione dei circuiti, ovvero la definizione di un procedimento analitico che consente
di calcolare le tensioni e le correnti di una rete data la topologia e le equazioni dei componenti. Il procedimento ottenuto
non dipende dal particolare tipo di circuito ma e generale ed applicabile a qualsiasi tipo di topologia e componenti.

4.1 Variabili di rete


Come si e visto nei capitoli scorsi, il lato di un circuito e caratterizzato da un valore di corrente e
da uno di tensione. Si intende per soluzione del circuito il procedimento che prevede di calcolare
questi valori circuitali per ogni lato del circuito. Nel procedimento di soluzione quindi le incognite
sono le tensioni e le correnti di lato che vengono dette variabili di rete. In un circuito contenente L
lati, dovranno quindi essere determinati L valori di tensione ed L di corrente, ci saranno quindi 2L
incognite da determinare.
In un procedimento algebrico, la determinazione di 2L variabili passa attraverso la definizione di un
pari numero di vincoli significativi, cioe indipendenti tra loro. Questi vincoli vanno ricavati
dallimposizione delle leggi del circuito: da un lato le equazioni dei componenti e dallaltro le
equazioni topologiche.
4.2 Metodo grafico
Il metodo grafico e un metodo di soluzione dei circuiti che si puo applicare a reti di topologia
semplice. Ha comunque una validita legata al fatto che le equazioni costitutive dei componenti
possono essere definite anche in maniera non analitica, ad esempio attraverso una caratteristica
tensione-corrente data per punti.
Dato il circuito in figura, costituito da una sola maglia, si vogliono determinare i valori di tutte la
variabili di rete.

vi
A
E +

Ri

i
vAB

ve

Re

B
Fig. 4.1 Circuito con una sola maglia
Per utilizzare il metodo grafico si suddivide il circuito in due sezioni congiunte attraverso i morsetti
A e B. La sezione di sinistra e composta dalla serie di un generatore ideale di tensione costante e da
un resistore, costituisce quindi il modello di un generatore reale. La sezione di destra e composta
da un singolo resistore. Le due parti devono poi avere lo stesso valore delle variabili comuni vAB ed
i.

Elettrotecnica

4.2

M. Repetto

vi
A

Ri

vAB

B
Fig. 4.2 Sezione del circuito contenente il generatore
La soluzione della parte di sinistra, riportata in figura, e data da:

v AB + v i E = 0 v AB = E Ri i

(4.1)

La parte di sinistra ha unequazione piu semplice essendo composta da un solo componente:

v AB v e = 0 v AB = Re i

(4.2)
Ovviamente la soluzione del circuito dovra soddisfare contemporaneamente le due caratteristiche e
quindi, riportando su di un piano cartesiano con i in ascissa e vAB in ordinata, si puo ottenere il
punto di lavoro del circuito dallintersezione delle due rette, come riportato in figura.

vAB
E

vAB=Rei

vAB'
vAB=E-Rii
i'

E/Ri i

Fig. 4.3 Caratteristiche grafiche delle due sezioni del circuito e punto di lavoro
Il metodo grafico puo essere applicato solo a circuiti di topologia semplice, ma ha una certa
importanza nelle soluzione di circuiti non-lineari, dato che la il punto di lavoro puo essere ottenuto
dallintersezione grafica delle caratteristiche.

Elettrotecnica

4.3

M. Repetto

vAB
E

vAB=f(i)

vAB'
vAB=E-Rii
E/Ri i

i'

Fig. 4.4 Esempio di metodo grafico applicato alla soluzione di un circuito non lineare
4.3 Metodo algebrico
Il metodo di soluzione grafico puo essere utilizzato solo in reti molto semplici, e quindi necessario
un metodo per la soluzione dei circuiti piu complessi. Nuovamente, si considerano in prima battuta
solo circuiti resistivi al fine di trattare equazioni algebriche. Il metodo sviluppato vale comunque
per qualsiasi circuito. Per definire il procedimento di soluzione si deve definire la topologia del
circuito, che si suppone abbia N nodi e L lati. Il numero di nodi e di lati in un circuito sono variabili
indipendenti, cioe essi non sono definiti a priori ma dipendono dai collegamenti della rete, come si
puo notare in figura dove due circuiti con lo stesso numero di nodi hanno un diverso numero di
lati.

L=5, N=3

L=5, N=2

Fig. 4.5 Circuiti con stesso numero di lati ma numero di nodi diversi
Come accennato nel primo paragrafo, il procedimento di soluzione deve calcolare 2L variabili di
rete. Si devono percio scrivere 2L equazioni di vincolo. Per poter risolvere il circuito si devono
conoscere tutte le equazioni costitutive dei lati.

Ek

ik

Rk

vk
Fig. 4.6 Lato k-esimo di un circuito

Considerando un lato composto, ad esempio, dalla serie di un generatore ideale di tensione e di un


resistore si ottiene, applicando la LKT ai suoi morsetti:

v k = Ek Rk i k

(4.3)

Elettrotecnica

4.4

M. Repetto

Dati L lati, si possono scrivere L equazioni come la (4.3), tutte indipendenti in quanto, in assenza di
componenti accoppiati o generatori pilotati, ogni equazione contiene solo le variabili del lato in
questione. Il bilancio incognite-equazioni lascia ancora 2L-L=L variabili libere.
Le L equazioni rimanenti vanno quindi ricercate nelle equazioni topologiche non ancora sfruttate. In
questo caso si dovra prestare attenzione alla possibile dipendenza lineare dei vincoli.
Cominciando dalle equazioni LKC, in un circuito con N nodi sarebbe, in linea di principio, possibile
scrivere N equazioni LKC, ovvero una per ogni nodo. In realta questo non e possibile, come si
puo mettere in evidenza con un semplice esempio.

i4

i1

B
i5

i3

i2

C
Fig. 4.7 Circuito con N=3
Dato il circuito in figura, si possono scrivere le 3 equazioni LKC:

LKC A -i1-i3-i4=0
LKC B +i1-i2-i5=0
LKC C +i2+i3+i4+i5=0

(4.4)
come si puo notare dalle equazioni, -(LKC A)-(LKC B)=(LKC C), ovvero la terza equazione e'
linearmente dipendente dalle prime due. Questo fatto e legato ad una equazione che, anche se non
e stata scritta esplicitamente, e presente nel fenomeno, ovvero la conservazione della carica
elettrica. A seguito di questo fatto in un circuito con N nodi si potranno scrivere N-1 equazioni LKC
linearmente indipendenti.
A questo punto, facendo nuovamente il bilancio incognite-equazioni, rimangono L-N+1 incognite
da vincolare.

2L incognite -L equazioni costitutive=


L incognite non vincolate
-(N-1) LKC=
L-N+1 incognite non vincolate
Fig. 4.8 Bilancio delle incognite e delle equazioni circuitali
Queste ultime variabili libere vanno vincolate con le equazioni LKT, le ultime non ancora utilizzate.
In generale si potra scrivere un numero di equazioni LKT superiore al necessario, ma anche in
questo caso si deve prestare attenzione alla dipendenza lineare.

Elettrotecnica

4.5

M. Repetto

maglia 3
maglia 1

maglia 2

v2

v1

v3

Fig. 4.9 Circuito con 3 maglie


Dato il circuito in figura, si possono scrivere 3 equazioni LKT:

LKT 1 v1-v2=0
LKT 2 v2-v3=0
LKT 3 v1-v3=0

(4.6)
come si puo notare (LKT 1)+(LKT 2)=(LKT 3), in questo caso la dipendenza dellequazione LKT3
dalle altre dipende dal fatto che la maglia 3 contiene completamente le altre 2. Si puo dimostrare,
in base a teoremi di topologia, che e sempre possibile determinare un numero sufficiente di maglie
le cui equazioni sono linearmente indipendenti.
La determinazione di un sistema di 2L equazioni in 2L incognite linearmente indipendenti,
garantisce la possibilita' di risolvere il circuito. La natura del sistema risolutivo dipende dal tipo
componenti coinvolti (sistema algebrico, lineare, nonlineare, di equazioni differenziali etc.).
4.2 Esempio di soluzione con metodo algebrico
Il circuito in figura e costituito da resistori e generatori ideali di tensione ed ha 3 lati e 2 nodi.

i1

E1

v1

v2

A
i3

R1
maglia1

v3

R3

i2

R2
maglia2

E2

B
Fig. 4.10 Circuito con N=2, L=3
Considerando come variabili di rete le tensioni ai capi dei resistori, a cui possono essere aggiunte
quelle note dei generatori, sono presenti 6 incognite: 3 tensioni v1, v2, v3, e 3 correnti i1, i2, i3.
Seguendo lalgoritmo proposto nel paragrafo precedente si possono scrive 6 equazioni.
Equazioni dei componenti:

v1=R1i1
v2=R2i2
v3=R3i3
Equazioni topologiche:

(4.9)

Elettrotecnica

4.6

LKC A i1+i2-i3=0
LKT 1 E1-v1-v3=0
LKT 2 E1-v2-v3=0

M. Repetto

(4.8)

dato che il circuito e composto da componenti resistori LTI, cioe con resistenze costanti, il sistema
di 6 equazioni in 6 incognite e algebrico e lineare e puo essere risolto con il metodo di
sostituzione. Supponendo di essere interessati principalmente al valore della corrente i3 si possono
eliminare progressivamente le altre incognite.

i1 + i 2 i 3 = 0

E1 R1i1 R3 i 3 = 0
E R i R i = 0
2 2
3 3
2

i1 =

E1 R3i 3
R1

i2 =

E2 R3i 3
R2

(4.9)

E1 R3 i 3 E 2 R3 i 3
+
i3 = 0
R1
R2

i 3 (R1R2 + R1R3 + R 2R3 ) = R2 E1 + R1E 2


si ottiene quindi la formula risolutiva per la variabile i3

i3 =

R 2 E1 + R1E 2
(R1R2 + R1R3 + R2R3 )

(4.10)
una volta calcolato il valore di i3 sostituendo i valori numerici dei componenti, si possono ottenere,
attraverso una sostituzione allindietro, i valori di tutte le altre variabili di rete.

Elettrotecnica

5.1

M. Repetto

Capitolo 5 Teoremi di rete


In questo capitolo si affronta lo studio di alcune proprieta generali dei circuiti che ne aiutano la soluzione. Allinterno
delle ipotesi che saranno specificate, queste caratteristiche valgono per qualsiasi circuito e vengono quindi definite
teoremi circuitali.

5.1 Linearita
Come si e visto nel capitolo precedente, la soluzione di un circuito di L lati passa attraverso la
definizione di un sistema risolutivo di dimensione 2L. Come si puo facilmente intuire, se L supera
qualche unita la soluzione del sistema diventa estremamente onerosa soprattutto se deve essere
affrontata in maniera analitica. Per superare questa difficolta sono state sviluppate alcune regole
che consentono, sotto certe ipotesi, di semplificare la soluzione del circuito. Una delle ipotesi a cui
si fa spesso riferimento nelle ipotesi dei teoremi e la linearita del circuito. La definizione di
linearita di una funzione matematica f(x) e data da due proprieta la additivita:

y1=f(x1), y2=f(x2) y1+y2=f(x1+x2)

(5.1)

e la omogeneita:

y1=f(x1), a costante reale ay1=f(ax1)

(5.2)
se la funzione f esprime la risposta di un qualsiasi sistema fisico, la linearita di f implica la ben nota
proprieta di sovrapposizione degli effetti.
In un circuito la generica funzione f puo esprimere la relazione che lega un qualsiasi effetto, cioe
una variabile di rete, tensione o corrente, alle cause, ovvero ai generatori agenti nel circuito. Un
esempio di questa relazione e la equazione (4.10) che viene qui riportata:

i3 =

R 2 E1 + R1E 2
(R1R2 + R1R3 + R2R3 )

(4.10)
che lega la variabile i3 ai generatori E1 ed E2 attraverso una serie di coefficienti rappresentati dai
valori dei parametri circuitali.
Come si puo vedere, lequazione (4.10) esprime una relazione lineare tra le cause E1 ed E2 e la
variabile i3 questa proprieta discende dal fatto che tutti i parametri del circuito sono a parametri
costanti, ovvero LTI.
In generale si dimostra che se un circuito e' realizzato con componenti R, L, C a parametri costanti e
da generatori ideali, la sua risposta e' lineare.
5.2 Passivazione dei generatori
Un altro concetto che ricorre frequentemente nei teoremi di rete e la passivazione dei generatori
ovvero la rimozione del contributo di un generatore dal circuito. Come si puo vedere dallesempio
in figura, la semplice disconnessione dei morsetti del generatore puo essere non corretta in quanto
oltre ad eliminare il generatore cambia anche la topologia del circuito.

E1 +

E2
Fig. 5.1 Esempio incorretto di passivazione dei generatori

E2

Elettrotecnica

5.2

M. Repetto

Come si puo vedere infatti, la eliminazione del generatore E1 cambia la topologia del circuito in
quanto impedisce al generatore E2 di far circolare corrente.
In maniera corretta, invece, la passivazione del generatore deve azzerare il suo apporto al circuito,
questa operazione si puo effettuare portando a zero la caratteristica e(t) di un generatore di tensione
o la a(t) di un generatore di corrente. Come si e visto nel capitolo 2 questo equivale a sostituire ad
un generatore di tensione un corto circuito e ad un generatore di corrente un circuito aperto. In
figura sono esemplificati i due casi.

Generatore
+
ideale di e(t)
tensione

e(t)=0

Corto
circuito

Generatore
ideale di a(t)
corrente

a(t)=0

Circuito
aperto

Fig. 5.2 Passivazione dei generatori ideali di tensione e di corrente


5.3 Teorema di sovrapposizione
Il teorema di sovrapposizione traduce in termini circuitali il ben noto principio di sovrapposizione
degli effetti utilizzato in fisica nei sistemi lineari e consente di semplificare la soluzione dei circuiti
lineari con piu di un generatore.
Ipotesi: circuito lineare
Enunciato: in un circuito con n generatori l'andamento di ogni variabile di rete con gli n generatori
attivi e' pari alla somma delle risposte ottenute facendo agire un solo generatore alla volta e
passivando gli altri n-1.
Il teorema non viene dimostrato ma si applica al medesimo circuito risolto nel capitolo precedente.

i1

E1

v1

v2

A
i3

R1
maglia1

v3

R3

i2

R2
maglia2

E2

B
Fig. 5.3 Circuito con 2 generatori
Nel circuito agiscono contemporaneamente due generatori e si e visto in precedenza come la
corrente i3 dipenda da entrambi. Lenunciato del teorema prevede che sia possibile trovare il valore
della corrente i3 come somma di due contributi:

i 3 = i 3 ' (E 1 ) + i 3 " ( E 2 )

(5.3)
dove il contributo i3 e calcolato lasciando attivo il generatore E1 e passivando E2, vice-versa per
i3.

Elettrotecnica

5.3

M. Repetto

a) calcolo di i3
Per il calcolo di i3 e necessario passivare il generatore E2, il circuito diventa percio come in
figura.

v'1

i'1

E1

v'2

A
i'3

R1

maglia1

v'3

R3

i'2

R2
maglia2

B
Fig. 5.4 Circuito con il generatore E2 passivato
A questo punto, la presenza di un solo generatore consente di utilizzare le regole dei collegamenti
equivalenti sostituendo ad esempio ai resistori R2 ed R3 il loro equivalente parallelo e
successivamente di collegare questo componente in serie ad R1. Si ottiene quindi la corrente che
circola nel generatore come:

i1 ' =

E1
E1(R2 + R3 )
=
RR
R1R2 + R1R3 + R2R3
R1 + 2 3
R2 + R3

(5.4)

Una volta ricavata la corrente i1 si puo utilizzare la formula del partitore di corrente per calcolare
la corrente i3:

i 3 ' = i1 '
=

R2
E1 (R2 + R3 )
R2
=
=
R2 + R3 R1R2 + R1R3 + R2R3 (R2 + R3 )

E1R2
R1R2 + R1R3 + R2R3

(5.5)

b) calcolo di i3
In maniera analoga a quanto fatto per i3 si puo determinare il contributo i3 passivando il
generatore E1, il circuito modificato e riportato in figura.

i"1

v"1

v"2

A
i"3

R1
maglia1

v"3

R3

R2

i"2
+

E2

maglia2

B
Fig. 5.5 Circuito con il generatore E1 passivato

Elettrotecnica

5.4

M. Repetto

la corrente i2 si puo calcolare come:

i2 " =

E2
E2 (R1 + R3 )
=
R1R3
R1R2 + R1R3 + R2R3
R2 +
R1 + R3

(5.6)

applicando nuovamente il partitore di corrente si ottiene il termine i3

i3 " = i2 "
=

R1
E2 (R1 + R3 )
R1
=
=
R1 + R3 R1R2 + R1R3 + R2R3 (R1 + R3 )

E2R1
R1R2 + R1R3 + R2R3

(5.7)

Il valore della corrente nel resistore R3 e data dalla somma dei due contributi:

i 3 = i 3 '+ i 3 " =
=

E1R2
E2R1
+
=
R1R2 + R1R3 + R2R3 R1R2 + R1R3 + R2R3

E1R2 + E2R1
R1R2 + R1R3 + R2R3

(5.8)

come si puo notare, il risultato coincide con quello ottenuto applicando al circuito lalgoritmo di
soluzione canonico ottenuto nel precedente capitolo.
Lapplicazione del teorema di sovrapposizione ha quindi permesso di ottenere la soluzione del
circuito attraverso lanalisi di due circuiti piu semplici dove, grazie alla presenza di un solo
generatore, e stato possibile trarre vantaggio dalle formule dei collegamenti serie e parallelo.
5.4 Teorema di Thevenin
Il teorema di Thevenin o del circuito equivalente di Thevenin, rappresenta uno degli strumenti piu
potenti per la soluzione dei circuiti lineari. Essenzialmente esso permette di rappresentare una
qualsiasi rete lineare comunque complessa con un circuito equivalente simile al modello di un
generatore reale di tensione. Questo permette di vedere una rete comunque complessa in maniera
modulare e studiarne quindi i componenti ad essa collegati in maniera semplificata. Nel caso di reti
lineari sara quindi sempre utile trasformare una rete con il suo equivalente di Thevenin per limitare
il numero di calcoli da effettuare.
Il circuito equivalente di Thevenin si applica ad una rete comunque complessa di cui siano messi in
evidenza due morsetti. A questa coppia di morsetti si puo collegare un dipolo esterno, come
indicato in figura.

A
rete
lineare
B
Fig. 5.6 Rete a cui applicare il teorema di Thevenin

Elettrotecnica

5.5

M. Repetto

Lenunciato viene formulato per reti composte da soli resistori in modo da semplificare le equazioni
risultanti ma il teorema e comunque valido per qualsiasi tipo di rete corrispondente alle ipotesi.
Ipotesi: la rete di cui sono messi in evidenza i morsetti A e B e lineare, cioe composta da
componenti R, L, C a parametri costanti e da generatori ideali. Non si formulano ipotesi per il
dipolo esterno che puo essere qualsiasi ma non puo essere accoppiato ne magneticamente ne
attraverso generatori pilotati con i componenti interni.
Enunciato: la rete lineare puo essere sostituita da una rete equivalente costituita dalla serie di un
generatore ideale di tensione e da un resistore. La tensione del generatore e data dalla tensione ai
capi A e B della rete lasciati aperti, la resistenza del resistore e la resistenza della rete passivata
vista dai morsetti A e B.

A
+

Req

Eeq
B
Fig. 5.7 Circuito equivalente di Thevenin di una rete composta da soli resistori

A
rete
lineare

Eeq
B

Fig. 5.8 Tensione del generatore equivalente di Thevenin

A
rete
lineare
passivata

Req
B

Fig. 5.9 Resistenza equivalente di Thevenin


a) esempio di circuito risolto con equivalente di Thevenin
Si prende in considerazione lo stesso circuito gia affrontato in precedenza (Fig. 5.3) ed anche in
questo caso si vuole determinare la corrente i3. Il teorema di Thevenin si puo quindi applicare
considerando che il dipolo esterno sia il resistore R3 e che la rete lineare sia tutto il resto del
circuito. Il circuito puo essere ridisegnato per mettere in evidenza questa suddivisione.

Elettrotecnica

5.6

M. Repetto

R1
R2
E1 +

R3

E2
B

Fig. 5.10 Circuito di figura 5.3 con evidenziati i morsetti A e B


A questo punto per esprimere la rete lineare a sinistra dei morsetti A e B mediante il circuito
equivalente di Thevenin e necessario calcolare la tensione del generatore e la resistenza serie. Per il
calcolo del generatore di tensione si deve analizzare il circuito con i morsetti A e B lasciati aperti,
come indicato in figura.

v1
A
i

R1
v2

E1

R2

Eeq

E2
B

Fig. 5.11 Circuito per il calcolo del generatore equivalente di Thevenin


La tensione puo essere calcolata determinando prima la corrente i che circola nella maglia di
sinistra, applicando la LKT si ottiene:
E1 R1i R2i E2 = 0
(5.9)
da cui si ricava la corrente:

i=

E1 E2
R1 + R2

(5.10)

applicando nuovamente la LKT alla maglia generalizzata di destra, si ottiene:

Eeq + R1i E1 = 0

(5.11)

da cui si ricava:

Eeq = E1 R1
=

E1 E2
=
R1 + R2

E1R1 + E1R2 E1R1 + E2R1 E1R2 + E2R1


=
R1 + R2
R1 + R2

(5.12)

Elettrotecnica

5.7

M. Repetto

Per il calcolo della resistenza equivalente si devono passivare tutti i generatori del circuito e
calcolare la resistenza ai morsetti A e B.

R1
R2

Req

B
Fig. 5.12 Circuito passivato per il calcolo della resistenza equivalente
Il circuito vede le due resistenze in parallelo e quindi la resistenza ai morsetti diventa:

Req =

R1R2
R1 + R2

(5.13)
Una volta calcolati i parametri del circuito di Thevenin, il calcolo della corrente i3 si conduce alla
soluzione del circuito semplificato riportato in figura.

Req

A
i3

Eeq

R3
B

Fig. 5.13 Circuito di figura 5.10 semplificato con Thevenin


A questo punto la soluzione e immediata, dalla equazione di maglia si ottiene:

Eeq = Req i 3 + R3i 3

(5.14)

da cui sostituendo le espressioni ottenute nelle eqq. 5.12 e 5.13 si ha:

E1R2 + E2R1
E1R2 + E2R1
R1 + R2
=
i3 =
R1R2
+ R3 R1R2 + R1R3 + R2R3
R1 + R2

(5.15)

che ovviamente coincide con il risultato gia ottenuto in precedenza.


5.5 Circuito equivalente di Norton
Lo stesso concetto di rete equivalente espresso dal teorema di Thevenin, puo essere applicato ad
una topologia diversa di circuito equivalente detto circuito equivalente di Norton. In questo caso,
nelle stesse ipotesi gia espresse per il teorema di Thevenin, al posto della serie del generatore

Elettrotecnica

5.8

M. Repetto

ideale di tensione e del resistore, vengono usati un generatore ideale di corrente in parallelo ad un
resistore.

A
+

Aeq

Req
B

Fig. 5.14 Circuito equivalente di Norton


Anche in questo caso vengono definite le regole per calcolare i valori dei componenti equivalenti. Il
generatore ideale di corrente eroga la corrente che si ha ai morsetti A e B della rete lineare chiusi su
un corto circuito. La definizione del resistore equivalente coincide invece con quella del circuito
equivalente di Thevenin.
5.6 Teorema di Millmann
Il teorema di Millmann permette di ottenere in forma chiusa la soluzione di circuiti di topologia
fissata. A causa di cio il teorema di Millmann ha uno spazio di applicazione piu limitato dei
precedenti teoremi di rete.
Ipotesi: rete lineare costituita da lati in parallelo tra due nodi
Enunciato: la tensione tra i due nodi e pari al rapporto di due termini: a numeratore compare la
somma algebrica di tutti i generatori di tensione dei lati divisi per le resistenze serie e di tutti i
generatori di corrente, a denominatore compare la somma delle resistenze serie di tutti i lati salvo
quelli che contengono generatori di corrente.
Lenunciato e piu facilmente espresso da un esempio in cui compaiono tutte le tipologie di lati,
come in figura.

A
i1

i2

R1

R2

R3

E1 +

E2

A3

i4

R4

VAB

Fig. 5.15 Circuito risolubile mediante teorema di Millmann


Dato che il circuito ha 2 nodi e possibile scrivere una equazione LKC, ad esempio al nodo A, a cui
convergono le correnti di tutti i rami in parallelo. Le correnti di lato possono essere scritte in

Elettrotecnica

5.9

M. Repetto

funzione della tensione tra i nodi A e B. Per il lato 1, applicando la LKT alla maglia generalizzata,
si ottiene:

VAB + R1i1 E1 = 0

(5.16)

da cui la corrente:

i1 =

E1 VAB
R1

(5.17)
Per il lato 2 lequazione di maglia e analoga cambiando pero opportunamente la polarita del
generatore che questa volta ha verso opposto a quello della VAB. Si ottiene quindi:

VAB R2i 2 + E2 = 0
i2 =

(5.18)

E2 + VAB
R2

(5.19)
Per il terzo ramo la corrente e imposta dal generatore di corrente e quindi non e necessario nessun
calcolo.
Lultimo lato si differenzia dai primi perche non contiene generatori, in questo caso la corrente e
direttamente ottenuta dalla tensione tra A e B:

i4 =

VAB
R4

(5.20)

Scrivendo a questo punto la LKC al nodo A si ottiene:

i1 i 2 + A3 i 4 = 0

(5.21)
sostituendo le espressioni 5.17, 5.19 e 5.20 si scrive unequazione in cui lunica incognita e VAB.

E1 VAB E2 + VAB
V

+ A3 AB = 0
R1
R2
R4

(5.22)

ricavando lincognita si ottiene:

VAB

E1 E2

+ A3
R1 R2
=
1
1
1
+
+
R1 R2 R4

(5.23)

che costituisce lenunciato del teorema di Millmann.


Come esempio di applicazione del teorema di Millmann si puo studiare nuovamente il circuito di
figura 5.3. In questo caso i 3 lati sono collegati in parallelo tra i morsetti A e B come evidenziato in
figura.
La tensione tra i 2 morsettipuo dunque essere calcolata applicando la 5.23:

VAB

E1R2 + E2R1
E1 E2
+
R3 (E1R2 + E2R1 )
R1R2
R1 R2
=
=
=
1
1
1
R1R2 + R1R3 + R2R3 R1R2 + R1R3 + R2R3
+
+
R1R2R3
R1 R2 R3

(5.24)

la corrente i3 si ricava quindi in maniera semplice come:

i3 =

E1R2 + E2R1
VAB
R3 (E1R2 + E2R1 ) 1
=
=
R3
R1R2 + R1R3 + R2R3 R3 R1R2 + R1R3 + R2R3

che nuovamente coincide con il risultato ottenuto in precedenza.

(5.25)

Elettrotecnica

6.1

M. Repetto

Capitolo 6 Potenza ed energia nei circuiti


In questo capitolo si studiano i fenomeni energetici caratteristici dei componenti elettrici. Si ricavano le espressioni che
forniscono la potenza e lenergia per ogni tipo di componente. I fenomeni energetici sono determinanti per la
definizione dei componenti e per luso che ne viene fatto allinterno dei circuiti.

6.1 Potenza istantanea nei componenti


I componenti costituiscono una modellizzazione dei fenomeni fisici e come tali rappresentano il
fenomeno sotto diversi aspetti. Oltre alle caratteristiche circuitali legate a tensioni e correnti,
ulteriori grandezze fisiche possono essere calcolate a partire queste. Ogni componente percorso da
corrente e sottoposto ad una tensione e sede di una potenza elettrica. La potenza elettrica che
istante per istante interessa il componente e espressa da:

p(t ) = v (t )i (t )

(6.1)
la potenza si misura in Watt e quindi, nel sistema SI, il prodotto di Volt per Ampere e
dimensionalmente una potenza.
Come si vede dalla struttura della formula (6.1), la potenza non e una funzione lineare di tensione e
corrente in quanto e il prodotto delle due. Questo implica che, anche in circuiti lineari, non vale per
le potenze la sovrapposizione degli effetti.
La formula (6.1) puo essere ricavata dalle equazioni dei campi elettromagnetici. Anche se non in
maniera rigorosa, la si puo spiegare considerando la natura fisica di tensione e corrente. La
tensione, come dalla definizione dellelettromagnetismo, e unenergia potenziale specifica, cioe
unenergia per unita di carica. Ogni carica q, passando attraverso un componente, cambia il suo
stato energetico della quantita W=q(v2-v1), dove (v2-v1) e la differenza di potenziale ai morsetti
del componente. Il prodotto carica per tensione e quindi dimensionalmente unenergia. Un flusso
di cariche che attraversa il componente in un intervallo di tempo t, crea una corrente data da
q
i (t ) =
e da luogo ad una variazione di energia per unita di tempo data da:
t
W q
(v 2 v1 ) = i (t )v (t ) = p(t )
=
t
t
(6.2)

infatti la energia per unita di tempo e la potenza richiesta per fare effettuare alle cariche il salto
energetico.
6.2 Energia
Avendo definito la potenza che interessa un determinato componente, e possibile calcolare anche la
energia che questo componente scambia in un certo intervallo di tempo. E infatti possibile sfruttare
la relazione fondamentale che lega potenza ed energia ed ottenere quindi:

W (t1,t 2 ) =

t2

t1

p(t )dt

(6.3)
Come si vedra in seguito, la formula fondamentale dellenergia assume forme particolari nei
diversi componenti.

6.3 Convenzioni utilizzatori/generatori


Il segno della potenza istantanea p(t) dipende, come imposto dalla (6.1) dai segni delle tensioni e
delle correnti. Il segno della potenza e legato al significato fisico che la potenza ha per il

Elettrotecnica

6.2

M. Repetto

particolare componente. Ad esempio, una lampadina che ha una potenza di 100 W implicitamente
assorbe 100 W dal circuito, vice-versa, un generatore da 100 W solitamente eroga questa potenza al
circuito. Non sempre pero i ruoli dei componenti sono ben definiti dal punto di vista energetico. Ad
esempio una potenza di 100 W per una batteria elettrochimica puo significare che la batteria sta
erogando 100 W ad un circuito ovvero che la batteria, in fase di carica, assorbe la potenza da un
circuito esterno che la sta caricando. Si decide quindi di assegnare al segno della potenza il
significato di assorbimento/cessione da e verso lesterno. Questo segno pero puo essere diverso a
seconda del tipo di componente che si sta utilizzando. Per evitare confusioni e incongruenze, ad
esempio avere una lampadina che assorbe una potenza di 100 W, il segno della potenza viene
cambiato convenzionalmente a seconda del tipo di componente.
Per un componente generatore si assegna il segno positivo alla potenza ceduta allesterno, per un
componente utilizzatore si assegna il segno positivo alle potenze assorbite. Queste assunzioni sono
convenzionali e, ad esempio, non tutti i trattati di elettrotecnica le utilizzano, ma sono
particolarmente utili nella pratica. Esse si traducono nelle convenzioni tensione-corrente viste nel
primo capitolo e riportate in figura.

i(t)
v(t)

Convenzione
utilizzatori
p>0assorbita
p<0ceduta
Fig. 6.1 Convenzione utilizzatori

v(t)

i(t)
Convenzione
generatori
p>0ceduta
p<0assorbita
Fig. 6.2 Convenzione generatori

6.4 Componente resistore


Dalla definizione di potenza e possibile, sfruttando le equazioni costitutive dei componenti,
ottenere lespressione della potenza. Nel caso del componente resistore percorso da una corrente i(t)
e avente una tensione v(t), si ottiene:

p(t ) = v (t )i (t ) = Ri (t )i (t ) = Ri 2 (t )
p(t ) = v (t )i (t ) = v (t )

(6.4)

v (t ) v (t )
=
R
R

(6.5)
Come si puo vedere da entrambe le formule, la potenza istantanea in un resistore puo essere solo
positiva, inoltre la natura nonlineare della potenza e messa in evidenza dal termine quadratico.

Elettrotecnica

6.3

M. Repetto

Essendo descritto dalla convenzione degli utilizzatori quindi il resistore e solo in grado di assorbire
potenza dallesterno.
Per quanto riguarda lenergia, in un intervallo di tempo fissato (t1, t2), il componente assorbe
dallesterno unenergia data da:
2
t2
t 2 v (t )
2
W (t1,t 2 ) = Ri (t )dt =
dt
t1
t1
R
(6.6)
6.5 Componente condensatore
Applicando la (6.1) al caso del condensatore si ottiene che:

p(t ) = v (t )i (t ) = Cv

dv
dt

(6.7)
Contrariamente a quanto visto per il resistore, in questo caso il segno della potenza non e noto a
dv
> 0 ovvero negativo se
priori. Con tensione positiva infatti, la potenza ha segno positivo se
dt
dv
< 0 . Il componente condensatore, descritto dalla convenzione degli utilizzatori, nel primo caso
dt
assorbira potenza dallesterno mentre nel secondo caso la cedera al circuito. Il fatto che il
componente condensatore possa cedere potenza allesterno e congruente con quanto espresso nella
sua definizione di componente in grado di accumulare energia nel campo elettrico. Esprimendo
infatti la variazione di energia nel componente in una trasformazione di durata infinitesima dt, si
ottiene infatti, a meno di infinitesimi di ordine superiore:
dv
1
dw = pdt = Cv
dt = Cvdv = d ( Cv 2 )
dt
2
(6.8)
Lespressione dellenergia nel componente ha la forma di un differenziale esatto, ed esprime quindi
la reversibilita delle trasformazioni energetiche nel componente.
Integrando nel tempo la (6.8) si ottiene la formula dellenergia immagazzinata nel condensatore:
1
W = Cv 2
2
(6.9)
Lenergia immagazzinata nel condensatore dipende quindi dal valore di tensione istantaneo a cui
esso e sottoposto. Si conferma quindi quanto espresso nella definizione del condensatore come
componente in grado di immagazzinare energia nel campo elettrico: lenergia contenuta nel
condensatore carico ad un certo livello di tensione e interamente rilasciata allesterno, senza
perdite, dal componente quando esso viene scaricato.
6.6 Componente induttore
Il componente induttore ha un comportamento analogo a quello del condensatore in quanto
anchesso e in grado di immagazzinare energia anche se in modo diverso. Come nel caso
precedente, lapplicazione della (6.1) allinduttore assume la forma:

p(t ) = v (t )i (t ) = L

di
i
dt

In maniera analoga a quanto fatto nella (6.8), per una trasformazione infinitesima si ottiene:
di
1

dw = pdt = Li dt = Lidi = d Li 2
dt
2

(6.10)

(6.11)

Elettrotecnica

6.4

M. Repetto

integrando nel tempo il differenziale dellenergia si ottiene:

W =

1 2
Li
2

(6.12)
espressione analoga alla (6.9) che conferma la dualita dei componenti condensatore e induttore,
gia introdotta nel secondo capitolo.
6.7 Variabili di stato
Sia nel caso del condensatore che in quello dellinduttore, lenergia immagazzinata dipende dal
valore di una variabile di rete: la tensione nel caso del condensatore e la corrente in quello
dellinduttore. Questo fatto rende questa particolare variabile piu rilevante nella trattazione del
componente. Ad esempio nel caso del condensatore, la conoscenza della tensione ai morsetti
consente di capire se il condensatore e carico o no e quanta energia e in esso immagazzinata. La
conoscenza della corrente invece non consente di ottenere alcuna informazione sullenergia
immagazzinata. Infatti il valore di corrente dipende dalla derivata della tensione e non dal suo
valore assoluto, si puo ad esempio avere una corrente di 1 A in un condensatore sia quando questo
e scarico che quando questo ha la tensione di 100 V.
La conoscenza della tensione ai morsetti del condensatore consente quindi di conoscere lo stato del
componente e quindi la tensione viene detta variabile di stato del condensatore. Per la gia ricordata
proprieta di dualita, nellinduttore le stesse considerazioni possono essere fatte per la corrente.
La conoscenza della variabile di stato e importante anche per una fondamentale proprieta che si
rivelera determinante nella descrizione dei fenomeni tempovarianti, questo fatto puo essere messo
in evidenza con un semplice esempio.
Considerando il caso del condensatore, si puo vedere come il procedimento di carica e
accompaganto dallassorbimento di corrente. Ad esempio, considerando una variazione lineare nel
tempo tra gli istanti t1 e t2 della tensione ai capi del condensatore tra due valori V1 e V2, come
esemplificato in figura, la corrente assorbita sara data da:
v v1
dv
=C 2
i (t ) = C
dt
t 2 t1
(6.13)
conseguentemente la potenza, calcolata attraverso la (6.7), sara:
v v1
dv
= Cv (t ) 2
p(t ) = Cv
dt
t 2 t1
(6.14)
il segno positivo della potenza, nel caso di tensione V2> V1, indica che la potenza e assorbita dal
componente. Dato che sia la corrente e la potenza dipendono dalle derivate della tensione, se la
tensione e costante al di fuori dellintervallo t1 e t2 sia corrente che potenza assorbite sono nulle.
Lenergia, integrale temporale della potenza, avra un andamento parabolico tra i valori iniziale
1
1
CV12 e finale CV22 .
2
2

Elettrotecnica

6.5

v
v1

M. Repetto

v2
t1

t2

p
w
Fig. 6.3 Tensione, corrente, potenza ed energia ai capi di un condensatore
Come si puo ottenere dalla (6.14), a parita di differenza tra i valori iniziali e finali di tensione, i
valori di corrente e di potenza assorbita dipendono dalla rapidita della carica. In un fenomeno
teorico sarebbe possibile variare istantaneamente il valore di tensione fornendo al condensatore
potenza infinita. Nella realta fisica dei fenomeni pero nessun componente e in grado di fornire
potenza infinita e percio il valore di tensione in un condensatore non puo variare istantaneamente,
ovvero avere un andamento a gradino. Le stesse considerazioni valide per la tensione ai capi di un
condensatore sono valide per dualita per la corrente in un induttore.
6.8 Conservazione dellenergia o teorema di Tellegen
Il modello circuitale dei fenomeni elettromagnetici deve soddisfare le basilari leggi della fisica, tra
queste il principio di conservazione dellenergia nei sistemi isolati. Nei circuiti, come si e visto in
precedenza, potenza ed energia sono funzioni nonlineari delle variabili di rete tensione e corrente.
La conservazione dellenergia in un sistema fisico puo essere espressa, istante per istante, dalla
conservazione o bilancio delle potenze che impone che le potenze prodotte da qualche fenomeno
nel sistema siano assorbite da qualche altro. In caso contrario, integrando nel tempo le potenze, se
queste non fossero a somma nulla, si otterrebbe una variazione del valore assoluto di energia del
sistema isolato e quindi una violazione del principio di conservazione.
Nei circuiti questo bilancio istantaneo tra le potenze prodotte e assorbite va sotto il nome di teorema
di Tellegen. Considerando un circuito contenente Ngen componenti generatori descritti dalla loro
convenzione e Nutl componenti utilizzatori anchessi congruentemente descritti dalla convenzione
degli utilizzatori, il teorema di Tellegen afferma che la somma delle potenze istantanee dei
generatori e uguale alla somma delle potenze degli utilizzatori, ovvero:
N gen

N utl

k =1

j =1

pk (t ) = p j (t ) t
(6.15)

esprimendo le potenze istantanee in funzione delle variabili di rete si ottiene:


N gen

v
k =1

N utl

6.9 Teorema di Tellegen e circuiti reali

(t )i k (t ) = v j (t )i j (t ) t
j =1

(6.16)

Elettrotecnica

6.6

M. Repetto

Nei casi reali la conservazione istantanea delle potenze nel circuito va ovviamente collegata alle
potenze erogate da sorgenti esterne ai generatori, ad esempio la potenza erogata da una reazione
elettrochimica in una batteria o quella di un motore a combustione interna in un gruppo elettrogeno.
In questo caso i generatori di tensione nel sistema non sono ideali ma reali. Considerando il sistema
circuito + fonte di alimentazione esterna come isolato, si puo vedere come la conservazione delle
potenze abbia ricadute sul sistema.
Si consideri per esempio il caso di un generatore reale di tensione che alimenta un resistore, come
riportato in figura.

A
V

Pgen

P
B

Fig. 6.4 Generatore reale di tensione e sua sorgente di potenza


Supponendo, per esempio, che il generatore alimenti il resistore con un valore di tensione continua
pari a 20 V ed il resistore in queste condizioni assorba la potenza di 100 W, si puo calcolare il
valore di corrente assorbita dal resistore come:

I=

P 100
=
= 5A
20
V

(6.17)

e si puo anche ottenere il valore della resistenza come:

R=

20
V
=
= 4
I
5

(6.18)
Affinche il sistema soddisfi il bilancio delle potenze, assumendo un rendimento unitario cioe che
tutta la potenza fornita dalla fonte primaria di energia sia convertita in potenza elettrica, il
generatore reale deve assorbire dallesterno una potenza da una fonte primaria pari a 100 W.
Se, a questo punto, in parallelo a R viene inserito un resistore uguale lasciando costante la potenza
fornita dalla fonte primaria Pgen=100 W, si ha che necessariamente, per non violare il bilancio delle
potenze, la potenza fornita dal generatore ed assorbita dai resistori deve essere di 100 W.
Il valore di resistenza visto dal generatore e dato da:
RR
R
R' =
=
(6.19)
R+R 2

I'

Pgen

V'

P'

B
Fig. 6.5 Generatore reale che alimenta un parallelo di 2 resistori
Per il bilancio delle potenze, si deve avere:

Elettrotecnica

6.7

Pgen = P Pgen =

M. Repetto

R 2
I ' = 100W
2

(6.20)

da cui il valore di corrente che e diverso dal precedente:


2Pgen
2 * 100
I' =
=
= 7.07 A
R
4

(6.21)
Per mantenere quindi soddisfatto il bilancio delle potenze, il valore di tensione visto dai resistori e
diverso che nel caso precedente, infatti:

V'=

R
I ' = 2 * 7.07 = 14.14V < V = 20V
2

(6.22)
quindi il sistema per mantenere il bilancio delle potenze e costretto a diminuire il valore di tensione
sui carichi. Se non si vuole incorrere in questo fenomeno, si deve aumentare la potenza fornita dal
motore primo. Infatti raddoppiando la potenza fornita al generatore si ottiene:
Pgen ' = 200W , I 'new =

2Pgen
= 10 A
R

(6.23)

e di conseguenza:
V ' new =

R
I ' new = 2 * 10 = 20V
2

(6.24)

e si ritorna quindi al caso precedente.


Questo tipo di fenomeno e molto importante nella gestione dei sistemi elettrici, dove si vuole
mantenere il piu possibile costante la tensione ai capi dei carichi, questo costringe ad inseguire con
la potenza fornita ai generatori la potenza richiesta dai carichi, in caso contrario il sistema e
soggetto a variazioni dei livelli di tensione e di corrente.

Elettrotecnica

7.1

M. Repetto

Capitolo 7 Evoluzione dei circuiti nel tempo


In questo capitolo, dopo lintroduzione del metodo circuitale fatto nei capitoli precedenti considerando solo circuiti
resistivi, si comincia lo studio della variazione delle grandezze circuitali nel tempo. A questo scopo, si richiameranno
brevemente alcuni concetti del procedimento di soluzione delle equazioni differenziali e poi si studiera levoluzione
temporale di alcuni circuiti semplici.

7.1 Circuiti ed equazioni differenziali


Le variabili di rete, tensioni e correnti, sono funzioni del tempo. Nei circuiti composti da soli
generatori e resistori, studiati finora, questa dipendenza non e stata messa in risalto perche in
questi circuiti il tempo costituisce un parametro ininfluente. Ad esempio, dato un certo valore di
tensione ad un certo istante t fornito da un generatore, il circuito resistivo istantaneamente risponde
con valori di tensione e corrente. La eventuale velocita di variazione della tensione del generatore
non da luogo a cambiamenti nel funzionamento del circuito che, istante per istante, dipende solo dal
valore della sua tensione.
Nel caso di circuiti contenenti componenti condensatori e induttori questo fatto non e piu vero.
Come si e visto ad esempio la corrente in un condensatore e tanto piu elevata quanto e elevato il
gradiente di tensione applicato. In questo caso il funzionamento del circuito dipende dalla forma
donda dei generatori.
Questo comportamento e dovuto alle equazioni che regolano il funzionamento del circuito, nel
caso di circuiti resistivi queste equazioni sono algebriche, mentre se sono presenti componenti L e C
queste diventano equazioni differenziali.
Lalgoritmo di soluzione del circuito introdotto nel capitolo 4 rimane immutato, le equazioni
utilizzate per la soluzione saranno sempre le equazioni topologiche e quelle dei componenti, in
questo caso pero le formule risolutive non saranno piu algebriche bensi differenziali.
Data questa particolarita, si richiamano qui le principali proprieta delle equazioni differenziali e i
loro metodi di soluzione.
7.2 Equazioni differenziali ordinarie
Mentre la soluzione delle equazioni algebriche fornisce il valore di una quantita, la soluzione delle
equazioni differenziali fornisce una funzione che ne rappresenta landamento temporale. In generale
il procedimento di soluzione delle equazioni differenziale ordinarie e molto complicato ed
affrontabile solo con metodi numerici. Esistono pero alcuni casi particolari di equazioni
differenziali la cui struttura permette la soluzione con metodi analitici. Uno di questi casi e
rappresentato dalle equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti. Questo caso e
particolarmente importante perche, come si vedra in seguito, la soluzione di circuiti lineari tempoinvarianti porta proprio a questo tipo di equazioni. Nel seguito verranno richiamati i principali
concetti legati alla soluzione di queste equazioni ed alle principali forme donda dei generatori
utilizzati.
a) metodo di soluzione
Le equazioni differenziali ordinarie lineari a coefficienti costanti possiedono un metodo di
soluzione che ne consente una risoluzione analitica. Questo metodo, sfruttando la linearita
dellequazione, divide la soluzione in due contributi: un contributo che dipende dalla soluzione
della equazione omogenea, detta soluzione dellomogenea associata, cioe con termine noto nullo,
ed una soluzione particolare, detta integrale particolare, che dipende al termine noto detto anche
termine forzante dellequazione.
La soluzione dellomogenea associata e data da funzioni note, ad esempio esponenziali o
sinusoidali. Queste funzioni sono note a priori e compito della soluzione e solo la determinazione

Elettrotecnica

7.2

M. Repetto

di alcuni loro coefficienti numerici quali ampiezza, frequenza etc.. Come e noto dai corsi di analisi
matematica, la determinazione di questi coefficienti e data dalla soluzione di opportune equazioni
algebriche dette polinomio caratteristico. Questa risposta dipende solo dalle caratteristiche del
sistema in studio e non dallingresso applicato, pertanto questa soluzione viene solitamente detta
anche risposta libera del sistema lasciato evolvere senza ingressi applicati
Diverso e invece lintegrale particolare che dipende strettamente dalla funzione forzante. In un
sistema lineare si puo affermare che la funzione di ingresso non viene alterata dal sistema e quindi
lintegrale particolare in qualche modo assomiglia ovvero appartiene alla stessa classe della
funzione forzante. Ad esempio, un ingresso costante dara luogo ad un integrale particolare
costante, un ingresso sinusoidale ad uno sinusoidale e cosi via. Anche in questo caso, determinata
la classe della funzione ricercata, andranno calcolati i valori delle sue costanti caratteristiche
ottenuti imponendo che questa soddisfi lequazione differenziale. Questo procedimento e
ovviamente diverso da funzione a funzione e verra in questo capitolo introdotto per gli ingressi
costanti, nel prossimo capitolo si vedra invece il caso degli ingressi sinusoidali.
Il procedimento di soluzione consente di trovare le classi di funzioni che soddisfano lequazione
differenziale. Una soluzione univoca dellequazione richiede la determinazione di un certo numero
di valori istantanei della funzione o delle sue derivate. Dato che questi valori sono solitamente noti
nellistante in cui levoluzione temporale ha inizio, vengono detti condizioni iniziali. Il numero di
condizioni iniziali sufficienti a determinare univocamente la soluzione e uguale al grado
dellequazione differenziale, ovvero dallordine di derivata massimo che compare nellequazione.
b) funzione esponenziale
Nella soluzione dellomogenea associata di unequazione differenziale ordinaria del primo ordine
compare la ben nota funzione esponenziale. Nel caso dellanalisi circuitale, la funzione esponenziale
viene espressa in modo particolare al fine di metterne in evidenza due fattori fondamentali:
t
f (t ) = Ae

t>0

(7.1)
dove A e lampiezza della funzione esponenziale e viene detta costante di tempo. La funzione
viene considerata con esponente negativo nel semiasse positivo dei tempi, questo e fisicamente
legato al fatto che, a parte rare e solitamente distruttive eccezioni, i fenomeni fisici hanno
andamento esponenziale decrescente. Landamento della funzione esponenziale puo essere
efficientemente rappresentato normalizzando lasse dei tempi secondo la costante di tempo. Infatti,
in corrispondenza degli istanti corrispondenti alla costante di tempo o ai suoi multipli, la funzione
esponenziale assume valori notevoli, riportati in tabella.
t
0

2
3
4
5

f(t)
A
Ae
Ae
Ae
Ae
Ae

2t

3t

4t

5t

= Ae 1

A
0.36*A

= Ae 2

0.13*A

= Ae 3

0.05*A

= Ae 4

0.02*A

= Ae 5

<0.01*A

Elettrotecnica

7.3

M. Repetto

0.36A
0.13A
0.05A
0

0.02A

Fig. 7.1 Funzione esponenziale


Se dal punto di vista matematico la funzione esponenziale e definita su tutto il semiasse positivo,
da un punto di vista ingegneristico si puo considerare che linfluenza della funzione esponenziale
sia sostanzialmente esaurita quando questa scende sotto il 2% del suo valore iniziale, il che avviene
dopo circa 4 costanti di tempo.
In genere, nella trattazione matematica, al posto della costante di tempo viene indicata la frequenza
libera s: f (t ) = Ae st ottenuta dalle radici del polinomio caratteristico. In elettrotecnica, data la
1
importanza ingegneristica della costante di tempo, si preferisce la notazione con = .
s
c) tasti
La variazione delle grandezze circuitali puo essere indotta da un generatore con una funzione e(t) o
a(t) variabile nel tempo. Non necessariamente pero una variazione nel tempo deve essere creata da
una e(t) variabile nel tempo, in alcuni casi una modifica topologica del circuito puo dare luogo ad
una variazione delle grandezze circuitali.
I componenti dedicati a queste modifiche topologiche sono detti tasti e possono commutare ad un
certo istante tra una caratteristica di circuito aperto ad una di corto circuito o vice-versa.
Questa variazione crea od interrompe ad esempio una connessione con un generatore e da luogo ad
esempio ad una maglia che prima non esisteva. In figura e riportato un esempio di circuito con
tasto in cui un generatore di tensione costante viene visto ai morsetti come un generatore che varia a
gradino nellistante di chiusura del tasto.

e(t)

t=0

e(t)
t

Fig. 7.2 Generatore di tensione costante con tasto e sua forma donda risultante

Elettrotecnica

7.4

M. Repetto

7.3 Circuito RC
Si affronta ora la soluzione di un circuito costituito da un resistore, da un condensatore e da un
generatore di corrente collegato mediante un tasto. Questo tasto da luogo ad una variazione
temporale delle caratteristiche del generatore. Si vuole determinare come evolve nel tempo la
tensione ai capi del condensatore C.

iC

iR

t=0

Fig. 7.3 Circuito RC con tasto


La presenza del tasto divide il funzionamento del circuito in due fasi: una a tasto chiuso per t<0 ed
una a tasto aperto per t>0.

v=0

Fig. 7.4 Circuito con tasto chiuso (t<0)


Con il tasto chiuso sia il resistore che il condensatore sono in parallelo con un corto-circuito, quindi
la tensione ai loro capi e nulla, tutta la corrente del generatore si richiude nel corto-circuito.

iR

iC

Fig. 7.5 Circuito con tasto aperto (t>0)


Allapertura del tasto tutta la corrente del generatore si riversa nel nodo formato dai componenti
condensatore e resistore. A questo punto non e piu possibile definire a priori quanta corrente passi
in componente o nellaltro ma e necessario ricorrere alla soluzione del circuito sfruttando le
equazioni a disposizione.
- Equazioni topologiche:
Legge di Kirchhoff delle correnti al nodo
A = i R + iC
(7.2)
Legge di Kirchhoff delle tensioni nella maglia R e C
v vR = 0
(7.3)
- Equazioni dei componenti:
dv
iC = C
dt
(7.4)

Elettrotecnica

7.5

M. Repetto

v R = RiR
sostituendo la (7.3), (7.4) e (7.5) nella (7.2) si ottiene:
dv v
C
+ =A
dt R

(7.5)

(7.6)
Questa equazione rappresenta unequazione differenziale in cui lunica incognita e la funzione v(t).
Per determinare in maniera univoca la soluzione, la sola equazione differenziale non basta ed e
necessario definire una condizione iniziale.
Lapertura del tasto costituisce un punto di singolarita per il circuito che in quellistante sta
passando da una topologia ad unaltra. Dallanalisi del circuito per t<0 si era ricavato che la
tensione sul condensatore era 0. A questo punto, ricordando che la tensione in un condensatore e
una variabile di stato e che non puo variare istantaneamente, si puo affermare che nellistante
immediatamente successivo allapertura del tasto essa varra ancora 0 e questo valore puo essere
utilizzato come condizione iniziale. Lequazione risolutiva del circuito diventa pertanto:
dv v
C
+ =A
dt R
v (0) = 0
(7.7)
Vale la spesa di notare che:
- lequazione differenziale e lineare e questo dipende dal fatto che le equazioni utilizzate per
la soluzione sono lineari: le equazioni topologiche sono sempre lineari mentre le equazioni
dei componenti dipendono dalla natura degli stessi;
- i coefficienti dellequazione differenziale sono i valori dei componenti o loro combinazioni
algebriche, in caso di componenti a parametri costanti lequazione differenziale e quindi a
coefficienti costanti.
Si ricade quindi nella casistica delle equazioni differenziali analizzate in precedenza.
a) soluzione dellomogenea associata
La soluzione dellomogenea associata comporta la soluzione dellequazione con termine noto
annullato:
v
dv
+
=0
dt RC
(7.8)
la soluzione di questa equazione e una funzione esponenziale, i cui parametri caratteristici vanno
d nv
determinati dalla soluzione del polinomio caratteristico ottenuto sostituendo a
una variabile
dt n
algebrica elevata alla n s n , si ottiene percio:
1
=0
s+
RC
(7.9)
la radice del polinomio caratteristico fornisce la frequenza libera del sistema o linverso della
costante di tempo.
1
s1 =
RC
(7.10)
1
da cui la costante di tempo = s1 = RC , la soluzione dellomogenea associata diventa percio:

vOA (t ) = Ke

t
RC

(7.11)

Elettrotecnica

7.6

M. Repetto

b) integrale particolare
La determinazione dellintegrale particolare dipende dalla funzione forzante. In questo caso e una
costante e quindi anche lintegrale particolare sara dato da:
v p (t ) = costante
(7.12)
il valore pero e da determinare sostituendo nellequazione differenziale:

dv p
dt

1
A
vp =
RC
C

(7.13)
dato che la funzione vp e una costante ovviamente il termine derivato da contributo nullo e quindi
si puo ottenere:

v P (t ) = RA

(7.14)

c) soluzione complessiva
La soluzione dellequazione (7.7) e data dalla sovrapposizione delle due soluzioni (7.11) e (7.14):

v (t ) = vOA (t ) + v P (t ) = Ke

t
RC

+ RA

(7.15)

la costante K va determinata imponendo le condizioni iniziali, cioe che per t=0 lequazione dia
luogo ad una tensione nulla:

v (0) = Ke

0
RC

+ RA = 0 K = RA

(7.16)

A questo punto lespressione della v(t) e completamente definita ed e data da:

v (t ) = RAe

t
RC

+ RA = RA 1 e RC

(7.17)
a messo in evidenza come la soluzione trovata sia valida solo dopo lapertura del tasto e percio per
t>0.
Lequazione (7.17) viene detta anche carica del condensatore. Tale processo e regolato dalla
costante di tempo del circuito che vale RC.

Elettrotecnica

7.7

M. Repetto

v RA

Fig. 7.6 Andamento della tensione ai capi del condensatore


7.4 Circuito RL
In maniera analoga a quanto fatto nel caso del circuito RC, si puo risolvere il circuito RL in figura.
In questo caso si vuole determinare levoluzione della corrente nella maglia.

vR

t=0

vL

Fig. 7.7 Circuito RL


In questo caso il tasto aperto lascia inattivo il circuito dato che la maglia e aperta e la corrente e
nulla. Alla chiusura del tasto comincia a circolare corrente secondo le leggi del circuito. Dalla
equazione di maglia si ottiene:
E vR vL = 0
(7.18)
sostituendo le equazioni del componente resistore ed induttore si ricava:
di
L + Ri = E
dt
(7.19)
che costituisce lequazione differenziale del circuito. Anche in questo caso la condizione iniziale si
puo ottenere, sfruttando il fatto che la corrente nellinduttore e variabile di stato, dalla condizione
per t>0 che dava luogo a corrente nulla. Il sistema risolutivo e dunque:
E
di R
+ i=
dt L
L
i (0) = 0
(7.20)
La soluzione dellomogenea associata passa per la scrittura del polinomio caratteristico:

Elettrotecnica

7.8

s+

M. Repetto

R
=0
L

(7.21)

la cui soluzione fornisce la costante di tempo:


R
L
1
s1 = =
=
L
s1 R

(7.22)

e la associata funzione esponenziale:


t
L
/
R
iOA (t ) = Ke

(7.23)

Lintegrale particolare, ricercato nella classe delle funzioni costanti da luogo a:


i p (t ) = costante
imponendo che la costante soddisfi lequazione differenziale:
di p R
E
E
+ ip = ip =
dt L
L
R
sovrapponendo le due soluzioni si ottiene:

(7.24)
(7.25)

t
L
/
R +E
i (t ) = iOA (t ) + i P (t ) = Ke

(7.26)

imponendo la condizione iniziale:


0
E
E
i (0) = Ke L / R + = 0 K =

(7.27)

da cui si ottiene la soluzione definitiva:


t
t

E L /R E E
i (t ) = e
+ = 1 e L / R
R
R R

anche questa valida dopo la chiusura del tasto e percio per t>0.

i E/R

Fig. 7.8 Andamento della corrente nel circuito RL


7.5 Evoluzione libera del circuito

(7.28)

Elettrotecnica

7.9

M. Repetto

Un circuito puo' evolvere nel tempo anche in assenza di generatori applicati ad esso a patto che in
alcuni componenti (L o C) sia inizialmente immagazzinata una certa energia. Il circuito in figura,
nonostante non contenga generatori, puo dare luogo ad unevoluzione delle variabili di rete se il
tasto si chiude con il condensatore carico. Infatti con il tasto aperto la carica sul condensatore puo
perdurare indefinitamente dato che non puo circolare corrente che scarica le armature del
condensatore.

t=0
v

+
-

iC

vR

7.9 Circuito in evoluzione libera


Se all'istante t=0 il condensatore e' carico alla tensione V0 in esso e' immagazzinata la energia:
1
W0 = CV02
2
(7.29)
allatto della chiusura del tasto la tensione sul condensatore fa circolare corrente. Imponendo che la
corrente iC circoli nella maglia e settando di conseguenza le tensioni sui componenti con la
convenzione degli utilizzatori, dallequazione di maglia si ha:
v + vR = 0
(7.30)
sostituendo le equazioni dei componenti:
dv
v + RiC = 0 v + RC
=0
dt
(7.31)
dato che alla chiusura del tasto il condensatore e carico alla tensione V0, e sfruttando il fattoc he la
tensione e continua si ha che il sistema risolutivo e dato da:
dv

v + RC
=0

dt
v (0) = V0
(7.32)
La soluzione della (7.32) procede dal fatto che non ci sono generatori applicati al circuito e quindi
l'integrale particolare e' nullo e resta solo l'integrale dell'omogenea associata.
Lintegrale dellomogenea associata diventa quindi:

vOA (t ) = Ke

t
RC

(7.33)

imponendo la condizione iniziale si ottiene che:


0
v (0) = Ke RC = V0 K = V0

(7.34)

e la soluzione finale quindi diventa:


0
v (t ) = V0e RC

(7.35)

Elettrotecnica

7.10

M. Repetto

Levoluzione del circuito quindi dipende dal fatto che lenergia inizialmente immagazzinata nel
condensatore viene progressivamente dissipata sul resistore. Landamento della potenza si puo
ricavare calcolando la corrente di maglia derivando rispetto al tempo la (7.35):
2

t

2 2t

V
V

dv
2
0
0
p(t ) = Ri = R C
e RC =
e RC
= R C

dt
RC
R

(7.36)
integrando la potenza nel tempo dallistante di chiusura del tasto fino allinfinito si ricava che
lenergia dissipata sul resistore durante il processo vale:
+

WR = p(t )dt =

2t
2t
V02 RC
RC V02 RC
e dt =
e
R
2 R

1
= CV02
2

(7.37)

che coincide con lenergia inizialmente immagazzinata nel condensatore come espresso dalla
(7.29).
7.6 Transitorio e regime
Dai risultati ottenuti nelle analisi dei circuiti lineari che evolvono nel tempo, si puo evincere una
proprieta generale che e molto importante nel funzionamento di molti circuiti reali. Infatti la
sovrapposizione delle due soluzioni, omogenea associata e integrale particolare, si traduce in un
comportamento fisico del circuito. Il funzionamento del circuito e dato da due termini:
- un termine che dipende dalla risposta libera del circuito e che si esaurisce in circa quattro
costanti di tempo;
- un termine permanente nel circuito, funzione sia delle caratteristiche del circuito che di
quelle dei generatori. Questo termine permane nel circuito fino a che siano mantenuti attivi i
generatori.
Nella prima fase di funzionamento del circuito, entrambi i termini sono presenti, dopo
lesaurimento della risposta libera permane nel circuito solo il termine dipendente dai generatori.
Alla prima fase di funzionamento viene dato il nome di transitorio, nome dovuto proprio alla sua
durata limitata, alla seconda fase viene dato il nome di regime.
E importante notare che queste due fasi di funzionamento sono proprie dei circuiti lineari e sono
dovute alla struttura delle equazioni risolutive. In generale circuiti con elementi nonlineari possono
non presentare le due fasi di funzionamento.

Elettrotecnica

8.1

M. Repetto

Capitolo 8 Ingresso sinusoidale


In questo capitolo, a partire dalle considerazioni di transitorio e regime effettuate nel capitolo precedente, si inizia ad
analizzare il comportamento dei circuiti lineari sottoposti a generatori di forma donda sinusoidale. Questo tipo di forma
donda e molto importante nella tecnica e percio la soluzione dei circuiti in regime sinusoidale e stata sviluppata con
un formalismo particolare basato sui numeri complessi.

8.1 Funzioni periodiche


Volendo studiare levoluzione di circuiti sottoposti ad ingresso sinusoidale e conveniente
richiamare alcune definizioni e proprieta generali delle funzioni periodiche nel tempo.
Una funzione a(t) si dice periodica di periodo T se esiste un valore finito T per cui vale che:

a(t + T ) = a(t ) t

(8.1)
ovviamente luguaglianza deve valere per ogni istante di tempo t.
Le caratteristiche della funzione periodica sono il periodo T, gia richiamato nella definizione, e la
frequenza ovvero il numero di periodi, o cicli, nellunita di tempo. La frequenza vale percio:
1
f =
T
(8.2)
nel sistema SI la frequenza si misura in Hertz, ovvero cicli al secondo.
Associato ad una funzione periodica e il concetto di valor medio, definito come:
1 t +T
A = 0 a(t )dt t 0
T t0

(8.3)
oltre al valor medio, si puo definire anche il valore quadratico medio, o valore efficace della
funzione periodica, definito come:
1 t 0 +T 2
A=
a (t )dt t 0
T t 0
(8.4)
Dalla definizione di valor medio, discende una prima sottoclasse delle funzioni periodiche, quella
delle funzioni alternate, definite come funzioni periodiche a valor medio nullo. Per queste funzioni
quindi lintegrale esteso al periodo completo o ad un numero intero di periodi e sempre nullo.
a) funzioni sinusoidali
Tra le funzioni alternate, particolare importanza rivestono le funzioni sinusoidali. Le funzioni
sinusoidali sono funzioni trigonometriche e quindi sono funzioni con argomento espresso in
radianti, nei circuiti pero interessano le funzioni sinusoidali nel tempo la cui espressione puo
essere data da:
a(t ) = Ax sin(t + )
(8.5)
b(t ) = Bx cos(t + )
(8.6)
dove le grandezze caratteristiche sono: lampiezza Ax o Bx, la pulsazione espressa in rad/s e la
fase espressa in rad.
La pulsazione, o frequenza angolare, lega il periodo temporale T al periodo fondamentale della
funzione pari a 2 ed e quindi definita come:

T = 2 =

2
= 2f
T

(8.7)
Ad esempio alla frequenza industriale di 50 Hz corrisponde la pulsazione di 2 * 50 = 314 rad/s.
La fase e invece la posizione angolare allistante t=0.

Elettrotecnica

8.2

M. Repetto

Le funzioni sinusoidali possono essere indifferentemente espresse in funzione della funzione seno o
coseno, in realta le funzioni sono identiche e differiscono solo per il valore della fase. Ricordando
la relazione trigonometrica:

cos = sin( + )
2

(8.9)
la funzione coseno puo essere espressa attraverso la funzione seno aggiungendo un angolo di /2
alla fase. Per questo motivo dora in avanti si considereranno solo le funzioni in seno.
b) valore efficace
Applicando la definizione di valore efficace (8.4) ad una funzione sinusoidale, si ottiene:

A=

1 t0 +T
1 t0 +T Ax2
2
(
)
(1 cos(2t + ))dt =
(
)

=
A
sin
t
dt
x
2
T t0
T t0
=

Ax2 t0 +T
dt =
2T t0

Ax2
A
T = x
2T
2

(8.10)
il termine in cos(2t) non da contributo allintegrale perche essendo integrato su di un intervallo
pari a due periodi da contributo nullo per la definizione di funzione alternata.
Nelle funzioni sinusoidali quindi il valore efficace e sempre 1/ 2 volte minore del valore
massimo.
Nellanalisi circuitale il valore efficace puo esprimere in maniera semplice i fenomeni energetici.
Considerando ad esempio un resistore R percorso da una corrente sinusoidale, da luogo ad una
dissipazione funzione del valore efficace della corrente:
t +T

Wc = 0
t0

R (I x sin(t + ))2 dt = RI 2T
(8.11)

8.2 Metodo simbolico


La trattazione dei circuiti alimentati in sinusoidale e di estrema importanza tecnica perche, come
si motivera in seguito, la maggior parte dei circuiti sono alimentati in questo modo. Risulta quindi
estremamente importante disporre di uno strumento di calcolo semplice per determinare
landamento delle grandezze circuitali in queste condizioni.
Lipotesi che sta alla base di questo metodo e che il circuito in esame sia lineare. In queste
condizioni, come si e messo in evidenza nel capitolo precedente, la risposta forzata del circuito, o
integrale particolare, appartiene alla stessa classe della funzione forzante e quindi un circuito lineare
alimentato mediante un generatore sinusoidale da luogo ad una risposta di regime sinusoidale.
Va messo in evidenza come nei circuiti di interesse tecnico, specialmente nel caso di componenti di
potenza, risulta particolarmente importante la determinazione della risposta di regime piuttosto che
di quella transitoria.
Il metodo simbolico attraverso unanalogia con i numeri complessi fornisce lo strumento piu
efficiente per questo scopo.
a) numeri complessi
Come ben noto dai corsi di matematica, i numeri complessi sono punti di uno spazio
bidimensionale solitamente avente lasse reale sulle ascisse e lasse immaginario sulle ordinate.
Lasse immaginario ha come versore lunita immaginaria definita come j = 1 . Ogni punto di

Elettrotecnica

8.3

M. Repetto

questo piano, detto piano di Gauss, risulta avere due componenti lungo questi assi ortogonali. I
numeri complessi, indicati con il simbolo soprallineato, possono essere indicati come una coppia
cartesiana (a, b) dove a e la componente lungo lasse reale o parte reale del numero complesso e b
quella lungo lasse immaginario o parte immaginaria. Molto piu spesso sono indicati come somma
di due termini:

z = a + jb

(8.12)
questa forma di espressione del numero complesso viene definita binomia.
Come riportato in figura, la forma cartesiana non e lunica espressione dei punti di un piano. Lo
stesso punto, o numero complesso puo essere espresso in forma polare come:

z = z e j

(8.13)
dove z e il modulo del numero complesso, espresso anche come z cioe senza soprallineatura,
ovvero la lunghezza del raggio vettore rispetto allorigine e langolo formato con il semiasse reale
positivo.

Im
b

j = 1

= z

Re

Fig. 8.1 Piano di Gauss


Ovviamente le due forme dei numeri complessi sono legate da formule di conversione da cartesiano
a polare e vice-versa:

z = a2 + b 2
= z = tan 1

(8.14)

b
a

a = z cos

b = z sin

(8.15)

(8.16)

Le formule di conversione sono riassunte nella formula di Eulero:

z = z e j = z (cos + jsin)

(8.17)
Nel seguito saranno particolarmente importanti due operatori che hanno come argomento un
numero complesso, loperatore parte reale e parte immaginaria, definiti come segue:

a = Re[z ] b = Im[z ]
b) relazione tra funzioni sinusoidali e numeri complessi

(8.18)

Elettrotecnica

8.4

M. Repetto

Nella formula di Eulero compaiono le funzioni sinusoidali come tramite per legare la forma polare a
quella binomia. Proprio su questa particolarita e basato il metodo simbolico. Si consideri infatti un
particolare numero complesso funzione del tempo, dato da:

z (t ) = z e j (t + )

(8.19)
questa funzione esprime la posizione di un numero complesso che ha distanza costante dallorigine,
mentre la sua posizione angolare varia in modo lineare secondo la relazione (t ) = t + . Il
numero complesso percorre quindi con velocita uniforme unorbita circolare intorno allorigine.
Applicando la formula di Eulero alla (8.19) si ottiene:
z (t ) = z (cos(t + ) + j sin(t + ) )
(8.20)

gli operatori parte reale e parte immaginaria applicati al numero complesso forniscono:
Re[z (t )] = Re ze j (t + ) = z cos(t + ) = b(t )
(8.21)
j ( t + )
Im[z (t )] = Im ze
= z sin(t + ) = a(t )
(8.22)
Gli operatori forniscono quindi due funzioni sinusoidali, dato che si e privilegiata la funzione seno
si utilizzera loperatore parte immaginaria.
La (8.22) stabilisce quindi una corrispondenza tra la funzione sinusoidale:
a(t ) = Ax sin(t + )
(8.23)
e il numero complesso:

[
[

]
]

z (t ) = Ax e j (t + )

(8.24)
Questa corrispondenza non lega pero soltanto tra loro le funzioni bensi anche le loro derivate.
Derivando infatti la funzione sinusoidale si ottiene:

da
= Ax cos(t + ) = Ax sin(t + + )
2
dt
(8.25)
applicando loperatore derivata al numero complesso e sfruttando lidentita j = 1e

si ottiene:

j t + +
j
dz
2
= jAx e j (t + ) = e 2 Ax e j (t + ) = Ax e
dt

(8.26)
Applicando loperatore parte immaginaria alla (8.26) si ottiene luguaglianza con la (8.25), ovvero:

j t + +

Im Axe
= Im Ax cos t + + + j sin t + + = Ax sin t + + (8.27)
2
2
2

da
dz
a(t ) = Im[z (t )]
= Im
dt
dt
(8.28)
la corrispondenza quindi tra funzioni sinusoidali e numeri complessi vale anche per le derivate.
Questa proprieta e molto importante perche risulta evidente che il calcolo delle derivate e molto
piu semplice nel caso delle funzioni esponenziali che in quelle trigonometriche.
c) fasore

Come si e visto e possibile stabilire una relazione biunivoca tra una funzione sinusoidale, definita
da valore massimo, pulsazione e fase, ed un numero complesso funzione del tempo. Rinunciando ad
uno dei dati caratteristici della funzione, la pulsazione, e possibile rendere ancora piu efficiente la
corrispondenza.
Mettendo in evidenza il valore efficace della funzione a(t) si puo scrivere:

Elettrotecnica

8.5

M. Repetto

a(t ) = 2 Asin(t + ) = Im[z (t )] = Im[ 2 Ae j (t + )]=


= Im[ 2 Ae je jt]= Im[ 2 A e jt]

(8.29)
tralasciando la pulsazione le due caratteristiche della funzione a(t), valore efficace e fase sono
contenute nel numero complesso A che viene detto fasore della funzione a(t):

A = Ae j

(8.30)
Il fasore A puo essere rappresentato nel piano complesso come un vettore che ha come modulo il
valore efficace della funzione sinusoidale e la stessa fase.

Im

Re

Fig. 8.2 Fasore nel piano complesso


Lutilizzo del fasore per rappresentare la funzione sinusoidale risulta importante nellapplicazione
della regola di derivazione. Infatti, applicando le stesse regole della (8.29) per mettere in evidenza
valore efficace e fase isolando il termine tempovariante si ottiene:

da

= 2Asin(t + + ) = Im 2 jAe j (t +)
dt
2

][

= Im 2 jAe je jt = Im 2 jA e jt

(8.31)

il fasore associato alla funzione derivata diventa percio:

A ' = jA =


j +
Ae 2

il fasore della funzione derivata ha quindi modulo pari a A e fase pari a +

(8.32)

, riportandolo nel
2
piano di Gauss risulta quindi ruotato di /2 in senso antiorario rispetto al fasore della funzione,
come riportato in figura.

Im
A'

Re
Fig. 8.3 Fasore della funzione sinusoidale e della sua derivata
d) fasori e integrale particolare

Elettrotecnica

8.6

M. Repetto

Lutilizzo del formalismo che associa ad una funzione sinusoidale un numero complesso, risulta
particolarmente efficiente nella determinazione dellintegrale particolare di un sistema sottoposto ad
un ingresso sinusoidale. Come si e gia messo in evidenza, un sistema lineare sottoposto ad un
ingresso sinusoidale ha come integrale particolare una funzione sinusoidale. Lintegrale particolare
e quindi dato da una funzione sinusoidale incognita.
I parametri che definiscono in maniera univoca una funzione sinusoidale sono tre: ampiezza o
valore efficace, pulsazione e fase, la determinazione dellintegrale particolare si riduce quindi al
calcolo di questi tre parametri.
y p = 2Yp sin(t + )
(8.33)
In realta dei tre parametri uno e noto a priori, infatti derivando una funzione sinusoidale di
pulsazione si ottiene una nuova funzione sinusoidale che cambia il valore efficace e la fase, ma
mantiene inalterato il valore di pulsazione, come ad esempio si puo vedere nella (8.31). Quindi il
calcolo dellintegrale particolare si riconduce alla definizione del valore efficace e della fase della
funzione incognita. Questi due parametri sono contenuti proprio nel fasore della funzione incognita.

Yp = Yp e j

(8.34)

8.3 Soluzione di un circuito con il metodo simbolico


Per spiegare lutilizzo del metodo simbolico nella soluzione di un problema circuitale con ingresso
sinusoidale si utilizza lo stesso circuito RC visto nel capitolo precedente ma considerando che qui il
generatore non abbia un valore costante bensi una forma donda sinusoidale.

iR

a(t)

t=0

iC
v

Fig. 8.4 Circuito con generatore sinusoidale

a(t ) = 2 Asint

(8.35)
la forma donda del generatore ha fase nulla, ovvero il generatore viene preso come riferimento di
fase assumendo che lorigine dellasse dei tempi (t=0) coincida con un passaggio della corrente
crescente del generatore per lo zero.
Si sono gia scritte nel capitolo 7 le equazioni del circuito (7.7) che vengono riportate, con lunica
differenza del generatore:
dv v
C
+ = 2 Asint
dt R

v (0) = 0
(8.36)
ovviamente non ce differenza nella risposta dellomogenea associata che non dipende dal
generatore:

vOA (t ) = Ke

t
RC

(8.37)
Per quanto riguarda lintegrale particolare questo va ricercato nelle funzioni sinusoidali di
pulsazione :

Elettrotecnica

8.7

M. Repetto

v p (t ) = 2Vsin (t + )

(8.38)

e i valori incogniti da determinare sono il valore efficace V e la fase .


Esattamente come nel caso del generatore costante visto nel capitolo precedente, i valori incogniti
vanno determinati imponendo che la funzione v p (t ) soddisfi lequazione differenziale, ovvero

sostituendo la funzione e le sue derivate nellequazione differenziale:

d
dt

( 2Vsin(t + ))+ R1

2Vsin(t + ) = 2 Asint

(8.39)
la soluzione dellequazione (8.39) permette di ricavare le due incognite attraverso la soluzione di
unequazione trigonometrica, cioe non algebrica. Lutilizzo dei fasori permette invece di
ricondurre la soluzione a quella di unequazione algebrica a valori complessi. Il fasore della
funzione incognita e:

v p (t ) = 2Vsin(t + ) = Im 2Ve je jt

(8.40)
sostituendo il numero complesso al posto di v p (t ) nellequazione (8.39) e calcolando le derivate
come nella (8.31) si ottiene:

] R1 Im[ 2Ve

C Im 2 jVe je jt +

]= Im[ 2Ae

j jt

j 0 jt

(8.41)

si puo notare a questo punto che:


- il termine 2 compare in tutti i termini e puo essere eliminato;
- il termine e jt compare in tutti i termini, nonostante sia una funzione, anche questo puo
essere eliminato perche la v p (t ) deve soddisfare lequazione differenziale per ogni istante
di tempo t.
Si ottiene quindi:

Im jCVe j + Ve j = Im Ae j 0
R

[ ]

(8.42)
Imponendo che i due membri dellequazione siano uguali non solo nelle parti immaginarie, si ricava
unequazione a valori complessi:
1
jCVe j + Ve j = Ae j 0
R
(8.43)
mettendo in evidenza il fasore della funzione incognita V = Ve j si ha:
1
jCV + V = A
R

(8.44)
Lequazione (8.44) e unequazione algebrica a valori complessi, la cui soluzione consente di
terminare il modulo e la fase di V , la sua soluzione ovviamente deve utilizzare le regole
dellalgebra dei numeri complessi, come nel seguito:

1
A jC
A jC
A
R

R
V =
=
=
1
1
1
+ jC + jC jC 1 +(C)2
R
R2
R
R

(8.45)
dallespressione (8.45) si possono ricavare il modulo e la fase del fasore come:

Elettrotecnica

8.8

M. Repetto

[]2 + Im[V]2 =

V = Re V

A
1
R

V = tan1

+ (C )2
(8.46)

[]
[]

Im V
= tan 1( RC )
Re V

(8.47)
Come si e visto, con semplici operazioni di algebra complessa e stato possibile ricavare le
grandezze volute.
Ad esempio sostituendo valori numerici ai parametri circuitali: f=50 Hz, =314 rad/s R=40 k,
C=0.159 F, A=10 mA si ottiene:
0.01
= 133.5V
V =
2
1
+ 314 * 0.159 * 10 6
2
4 * 10 4
(8.48)

V = tan 1 314 * 2 * 10 4 * 0.159 * 10 6 = 1.1rad = 63o


(8.49)
Una volta che sia stato determinato l'integrale particolare si puo' ottenere la risposta complessiva del
circuito:
t
RC
v (t ) = vOA + v p = Ke
+

2 * 133.5sin(314t + 1.1)

(8.50)

da cui imponendo la condizione iniziale i ricava la costante incognita K:

v (0) = K + 2 * 133.5sin(1.1) = 0 K = 168.2V


considerando che la costante di tempo del circuito vale:

= RC = 4 * 10 4 * 0.159 * 10 6 = 6.36ms
la risposta del circuito e completamente determinata, come riportato in figura.

integrale
particolare
soluzione
complessiva
omogenea
associata
Fig. 8.5 Andamento della tensione sul condensatore

(8.51)

Elettrotecnica

9.1

M. Repetto

Capitolo 9 Metodo simbolico


Dopo aver visti i vantaggi della trattazione delle funzioni sinusoidali mediante i numeri complessi, in questo capitolo si
riscrivono le equazioni topologiche e dei componenti direttamente in termini di fasori delle grandezze di rete, ottenendo
un metodo per la soluzione delle reti in regime sinusoidale.

9.1 Metodo simbolico


Il metodo simbolico, ovvero la rappresentazione delle funzioni sinusoidali mediante numeri
complessi, e stato utilizzato per la determinazione dellintegrale particolare di un circuito lineare
sottoposto ad un ingresso sinusoidale. Come si e gia accennato in precedenza, in molti circuiti di
interesse tecnico la determinazione della risposta di regime e di gran lunga piu importante rispetto
alla risposta transitoria. Questo perche, date le costanti di tempo tipiche dei circuiti elettrici, il
periodo transitorio puo essere molto breve rispetto al tempo di funzionamento medio di un
dispositivo. Se si vuole calcolare solo la risposta di regime, ovvero la risposta del circuito a
transitorio estinto, e possibile evitare di scrivere la equazione differenziale del circuito e,
nellipotesi che tutte le variabili di rete siano funzioni sinusoidali isofrequenziali, calcolare
direttamente la risposta del circuito.
Lipotesi che sta alla base di tutto quanto verra detto in seguito e che il circuito sia lineare e che
quindi si possano applicare ad esso i concetti sulle equazioni differenziali esposti nel capitolo 7.
Per risolvere un circuito direttamente in termini dei fasori, e necessario scrivere le equazioni
topologiche e le equazioni dei componenti in funzione dei fasori delle variabili di rete.
9.2 Leggi di Kirchhoff in termini di fasori
Le leggi di Kirchhoff esprimono dei legami istantanei tra le variabili di rete. Ad esempio, la legge di
Kirchhoff delle correnti applicata ad un nodo arbitrario si puo scrivere come:
i1(t ) + i 2 (t ) i 3 (t ) = 0 t
(9.1)
nellipotesi che il circuito in studio sia in regime sinusoidale, le tre correnti saranno date da:
i1(t ) = 2I1sin(t + 1)

i 2 (t ) = 2I 2sin(t + 2 )
i 3 (t ) = 2I3 sin(t + 3 )

(9.2)
dove i valori efficaci e le fasi sono arbitrarie mentre la pulsazione e imposta dalla funzione forzante
del circuito.
La LKC dellequazione (9.1) diventa percio:
2I1sin(t + 1) + 2I 2sin(t + 2 ) 2I3 sin(t + 3 ) = 0
(9.3)
Sfruttando lespressione delle tre funzioni sinusoidali in funzione dei numeri complessi, la stessa
LKC puo essere scritta come:
j
Im[ 2I1e j1 e jt ] + Im[ 2I2e j2 e jt ] Im[ 2I3e 3 e jt ] = 0

(9.4)
come gia visto nel capitolo 8, lequazione contiene molti termini comuni che possono essere
semplificati:
2 compare in tutti i termini;

jt
e
compare in tutti i termini e puo essere eliminato perche la (9.4) deve essere
soddisfatta t
loperatore parte immaginaria puo essere eliminato imponendo lannullamento di tutto il
numero complesso

Elettrotecnica

9.2

M. Repetto

si ottiene quindi che:

I1e j1 + I 2e j2 I3e j3 = 0
ovvero, richiamando la definizione di fasore:
I1 + I 2 I3 = 0

(9.5)

(9.6)
Lequazione ottenuta e equivalente allequazione nel tempo (9.3) e quindi impone che i legami
topologici espressi dalle equazioni di nodo possono essere scritti in funzione dei fasori delle
grandezze di rete.
Lo stesso ragionamento si puo ovviamente applicare alle LKT e quindi si ricava che i legami
topologici possono essere formulati direttamente in termini di fasori.
9.3 Equazioni dei componenti in forma fasoriale
Le equazioni costitutive esprimono un legame tra tensione e corrente ai capi di un componente.
Facendo nuovamente lipotesi che tensioni e correnti siano funzioni sinusoidali si possono ricavare
nuove relazioni espresse in termini dei fasori delle grandezze ai morsetti.
a) componente resistore
Considerando un componente resistore lineare, lequazione ai morsetti e data da:

v (t ) = Ri (t )

(9.7)

se la corrente e una funzione sinusoidale:


i (t ) = 2Isin(t + I )

(9.8)

la sua espressione complessa diventa:

i (t ) = Im[ 2Ie j I e jt ] = Im[ 2I e jt ]

(9.9)

sostituendo la (9.9) nella (9.7) si ottiene:

v (t ) = R * Im[ 2Ie j I e jt ] = Im[ 2RI e jt ]


il fasore della tensione diventa percio, eliminando i fattori

2 ee

jt

(9.10)

V = RI

(9.11)

le caratteristiche del fasore di tensione sono pertanto:

V = RI
V = RI Ve jV = RIe j I
V = I

(9.12)
Riportando i fasori di tensione e corrente nel piano complesso si ottiene il diagramma riportato in
figura. Va messo in evidenza come i due fasori sono sicuramente paralleli dato che gli angoli di fase
sono gli stessi. Non si puo dire nulla invece riguardo alle ampiezze che vanno misurate su due
scale diverse, in Volt per la tensione ed in Ampere per la corrente, le ampiezze relative sono quindi
indicative.

I=V
Fig. 9.1 Diagramma dei fasori ai capi di un resistore nel piano complesso

Elettrotecnica

9.3

M. Repetto

v(t)
i(t)

Fig. 9.2 Andamento temporale di tensione e corrente ai capi di un resistore


Come si puo notare dallesame della figura (9.2), il fatto che le due forme donda abbiano lo stesso
valore di angolo di fase si traduce in un passaggio sincrono per lo zero. La tensione e la corrente si
dicono in fase.
b) componente condensatore
Il componente condensatore ha unequazione costitutiva di tipo differenziale:

i (t ) = C

dv
dt

(9.13)

anche in questo caso, facendo lipotesi che la tensione sia sinusoidale, si ottiene:
v (t ) = 2Vsin(t + V )

(9.14)

esprimendo la tensione in funzione dei numeri complessi:

v (t ) = Im[ 2Ve jV e jt ] = Im[ 2V e jt ]


la derivata della tensione riguarda solo il termine e
moltiplicare per il termine j:

jt

(9.15)
per cui loperazione di derivata equivale a

i (t ) = C * Im[ 2 jVe jV e jt ] = Im[ 2 jCV e jt ]

(9.16)

da cui si ricava che il fasore della corrente vale:

I = jCV Ie

j I

j (V + )
2
CVe

I = CV

I = V +

(9.17)
come si vede dallequazione il fasore della corrente e della tensione in questo caso non sono
paralleli ma sfasati di novanta gradi. Questo fatto e una conseguenza delloperazione di derivata
presente nella (9.13).

Elettrotecnica

9.4

M. Repetto

V
Fig. 9.3 Diagramma vettoriale dei fasori di tensione e corrente in un condensatore

i(t)
v(t)

Fig. 9.4 Andamento temporale di tensione e corrente ai capi di un condensatore


Le due forme donda sono in questo caso sfasate di /2 e vengono per questo dette in quadratura,
come si vede dal diagramma vettoriale. Dato che solitamente nei circuiti la tensione viene assunta
come riferimento di fase, in questo caso si dice che la corrente e in anticipo rispetto alla tensione.
c) componente induttore
Per il componente induttore valgono considerazioni duali rispetto a quelle fatte per il condensatore,
in questo caso, infatti, e la corrente a comparire derivata nellequazione costitutiva:
di
v (t ) = L
dt
(9.18)
assumendo una corrente sinusoidale:
i (t ) = 2Isin(t + I )
(9.19)
la tensione diventa:

v (t ) = L * Im[ 2 jIe jI e jt ] = Im[ 2 jLIe jI e jt ]


da cui il fasore della tensione si ricava essere:

(9.20)

Elettrotecnica

9.5

V = jLI Ve

jV

j ( I + )
2
LIe

M. Repetto

V = LI

= I +
V
2

(9.21)
anche in questo caso, come nel precedente, i due fasori sono sfasati di /2, questa volta e la
tensione a precedere la corrente. Come pero si e gia accennato in precedenza, la tensione viene
assunta come riferimento di fase e quindi in questo caso la corrente si dice in ritardo sulla tensione.

I
Fig. 9.5 Diagramma vettoriale dei fasori di tensione e corrente in un induttore

v(t)

i(t)

Fig. 9.6 Andamento temporale di tensione e corrente ai capi di un induttore


d) equazioni ai morsetti
Riassumendo i risultati ottenuti nel caso di componenti R, C e L, si vede come il legame tra i fasori
di tensione e corrente sia in ogni caso un legame algebrico a valori complessi. Componente per
componente cambiano i coefficienti della relazione ma la forma resta identica. In figura sono
riportati in maniera sintetica i risultati ottenuti.

V = RI L

V = jLI

Elettrotecnica

9.6

M. Repetto

I = jCV V =

I
j
=
I
jC C

Fig. 9.7 Relazioni tra i fasori delle grandezze ai morsetti dei componenti
9.3 Impedenza
La struttura delle equazioni ai morsetti dei componenti trovate permette di dire che esiste una legge,
simile alla legge di Ohm per i componenti resistori, che lega le grandezze ai morsetti dei
componenti in regime sinusoidale. Questa legge, detta legge di Ohm in forma simbolica, puo essere
scritta come:

V = ZI

(9.22)
dove il parametro complesso Z viene detto impedenza del dipolo. Limpedenza assume valori
diversi in funzione del componente e, viste le relazioni riassunte in Fig. 9.7, vale nel resistore:

Z =R

(9.23)

nel condensatore:

Z =

j
C

(9.24)

nellinduttore:

Z = jL

(9.25)
Il numero complesso Z nei componenti fondamentali R, L, C puo avere solo parte reale o solo
parte immaginaria, come si vedra in seguito sara pero possibile avere componenti dipolari con
impedenza generica. In questo caso, indipendentemente dalla natura del componente si potra
scrivere:
Zeq = R + jX
(9.26)
dove il parametro R, parte reale dellimpedenza, viene detto resistenza, mentre il parametro X, parte
immaginaria dellimpedenza viene detto reattanza.
Limpedenza e legata ai fasori di tensione e corrente, il suo modulo e la sua fase sono quindi dati
da:

Z = Ze j =

V Ve jV V j (V I )
=
= e
j I
I
I
Ie

(9.27)
Il modulo dellimpedenza, che come si vede dalla (9.27) e il rapporto tra il valore efficace della
tensione e quello della corrente, si misura in . Langolo di fase dellimpedenza esprime la
differenza angolare che e presente tra il fasore della tensione e quello della corrente. Le fasi di
tensione possono quindi essere messe in relazione attraverso langolo di fase dellimpedenza, come
risulta da:

= V I
9.4 Collegamento dei componenti

I = V

(9.28)

Elettrotecnica

9.7

M. Repetto

La struttura della legge di Ohm in forma simbolica riconduce lanalisi di qualsiasi circuito in regime
sinusoidale ad un circuito retto da equazioni algebriche a valori complessi. Una delle prime
conseguenze di questo fatto e che si possono collegare in serie o in parallelo componenti anche
diversi tra loro. Ad esempio il collegamento in serie di due impedenze da luogo ad una formula
simile a quella del collegamento di resistori.

Z2

Z1

Fig. 9.8 Collegamento serie di due impedenze


La LKT in forma simbolica applicata al collegamento serie fornisce:

V = V1 + V2 = Z1I + Z 2I = Z1 + Z 2 I

(9.29)

da cui si ricava limpedenza equivalente serie data da:

Zeq = Z1 + Z 2

(9.30)

Ad esempio, dato il collegamento dei due dipoli in figura

Z1 = R Z 2 = jL
Fig.9.9 Collegamento serie di due impedenze
si ottiene limpedenza equivalente:

Zeq = R + jL

(9.31)
limpedenza serie espressa in forma binomia, puo essere espressa in forma esponenziale attraverso
la trasformazione:

Z = R 2 + (L)2
eq

1 L
= tan

R
Considerazioni analoghe si possono fare per il collegamento parallelo di impedenze.

Z1

Z2

Fig. 9.10 Collegamento parallelo impedenze

(9.32)

Elettrotecnica

9.8

M. Repetto

Dalla LKC in forma simbolica si ottiene:

I = I1 + I 2 =

1
1
V
V
V
+
=
+
Z1 Z 2 Z1 Z 2

(9.33)
anche in questo caso, come nel parallelo dei resistori, e conveniente introdurre linverso
dellimpedenza:
1
Y =
Z
(9.34)
la grandezza Y e detta ammettenza del dipolo. Nel caso del collegamento parallelo si ha quindi:

Yeq = Y1 + Y2

ZZ
1
1
1
=
+
Zeq = 1 2
Zeq Z1 Z 2
Z1 + Z 2

(9.35)

j
C

Fig. 9.11 Collegamento parallelo di due impedenze


Ad esempio, nel caso di parallelo di due impedenze resistiva e capacitiva, si ottiene:
Yeq =

1
1
R
+ jC Zeq =
=
=
1
1 + jCR
R
+ jC
R
R (1 jCR )
R jCR 2
=
(1 + jCR )(1 jCR ) 1 + (CR )2

(9.36)

9.5 Diagrammi vettoriali


Le grandezze fasoriali sono vettori nel piano complesso, questo implica che per essi le regole di
somma e differenza seguono le regole dellalgebra vettoriale e quindi nella somma, ad esempio, si
applica la regola del parallelogramma.
La somma di due fasori V1 e V2 puo essere rappresentata nel piano complesso come:

Fig. 9.11 Somma vettoriale di due fasori

9.6 Soluzione di circuiti con il metodo simbolico


Il metodo simbolico si propone come tecnica per ottenere direttamente la risposta di regime di un
circuito alimentato da generatori isofrequenziali. Come si e gia affermato, la tecnica per la

Elettrotecnica

9.9

M. Repetto

soluzione del circuito rimane la stessa vista nel capitolo 4. La particolarita principale in questo caso
pero e legata alluso dei numeri complessi e alle loro regole di composizione.
a) Circuito ohmico-induttivo
Va sotto il nome di circuito ohmico-induttivo un circuito composto da impedenze resistive e
induttori.

Z1 = R

+
E

Z 2 = jL
Fig. 9.12 Esempio di circuito ohmico-induttivo
Nel circuito in figura si considerano noti: i valori R e L dei componenti, il valore efficace della
tensione del generatore e la sua pulsazione e si vuole determinare il fasore della corrente che circola
nella maglia. Va messo in evidenza come del generatore non sia stata specificata la fase, questo
consente ad esempio di fissare arbitrariamente questa a zero, ovvero di assumere che il fasore della
tensione del generatore sia diretto lungo lasse reale. Questa operazione puo essere fatta
arbitrariamente per una variabile di rete nel circuito e questa assunzione equivale ad agganciare
listante t=0 al passaggio della tensione per lo zero. Ovviamente tutte le altre varabili di rete
verranno ad assumere un valore di angolo di fase riferito a questa. Assumendo quindi la tensione
del generatore come riferimento di fase il fasore diventa:

E = Ee j 0

(9.37)

E = (R + jL)I

(9.38)

lequazione di maglia diventa:


da cui il fasore di corrente:

I =

E
R + jL

(9.39)
lequazione algebrica a valori complessi e a questo punto risolta, rimangono da effettuare alcune
operazioni per determinare le grandezze di interesse: modulo e fase di I .
Elaborando la (9.39) si ottiene:

I =

E
E (R jL )
E (R jL )
=
=
R + jL (R + jL )(R jL ) R 2 + (L )2

(9.40)

da cui il modulo di I :

I=
e la sua fase:

E
R 2 + (L )2

R 2 + (L) 2 =

E
R 2 + (L)2

(9.41)

Elettrotecnica

9.10

M. Repetto

L
I = E + tan 1

(9.42)
come si puo vedere la fase della corrente e negativa e quindi e in ritardo rispetto alla tensione.
Una volta ricavato il fasore della corrente si possono calcolare i fasori delle tensioni ai capi del
resistore e dellinduttore:

VR = RI = RIe jI

(9.43)

j ( I + )
2
VL = jLI = LIe

(9.44)
e si puo quindi disegnare il diagramma vettoriale delle grandezze del circuito, dove si nota come la
corrente sia sfasata in ritardo rispetto alla tensione.

Fig. 9.13 Diagramma vettoriale del circuito ohmico-induttivo


b) Circuito ohmico-capacitivo
Una soluzione con procedimento analogo puo essere effettuata per un circuito costituito dalla serie
di un resistore e di un condensatore.

+
E

j
C

Fig. 9.14 Circuito ohmico-capacitivo


Anche in questo caso si puo prendere il fasore del generatore come riferimento di fase e scrivere
lequazione di maglia in termini di fasori come:

E = (R

j
)I
C

(9.45)

il fasore della corrente diventa percio:

I =

E
R

j
C

(9.46)
dallespressione di I si puo arrivare al suo modulo e fase attraverso qualche passaggio algebrico:

Elettrotecnica

9.11

I =

E
R

j
C

M. Repetto

CE (CR + j )
CE (CR + j )
=
(CR j )(CR + j ) (CR )2 + 1
(9.47)

da cui il modulo risulta essere:

I=

CE
2

(CR ) + 1

(CR ) 2 + 1 =

CE
(CR )2 + 1

(9.48)

e la fase:

I = E + tan 1

1
CR

(9.49)
in questo caso, contrariamente a quanto ottenuto per il circuito ohmico-capacitivo, l'angolo di fase
della corrente e' positivo e quindi la corrente e' sfasata in anticipo rispetto al fasore della tensione.
Nuovamente, una volta ottenuto modulo e fase della corrente si possono ricavare i valori delle
tensioni sui componenti:

VR = RI = RIe jI

(9.50)

j ( I )
j
I
2
e
I =
VC =
C
C

(9.51)

da cui si puo disegnare il diagramma vettoriale dei fasori.

I
Fig. 9.15 Diagramma vettoriale del circuito ohmico-capacitivo
c) Linea di trasmissione
Come esempio di utilizzo del metodo simbolico per la soluzione di circuiti in regime sinusoidale, si
prende in considerazione un caso di interesse ingegneristico. Nella pratica, i generatori sono
collegati ai carichi mediante linee di trasmissione. In teoria si vorrebbe che queste linee di
collegamento fossero dei corto-circuiti, componenti quindi ininfluenti sul circuito. In realta le linee
presentato una certa impedenza al passaggio della corrente tra i generatori e i carichi. Questa
impedenza dipende sia dalla resistenza ohmica della linea che da impedenze legate ai campi elettrici
e magnetici che circondano la linea. Su linee abbastanza corte, il termine prevalente di impedenza
e legato a termini induttivi cioe dovuti al fatto che la linea percorsa da corrente produce un flusso
magnetico. In pratica il collegamento dei generatori e dei carichi con una linea di trasmissione e
disegnato in figura.

Elettrotecnica

9.12

Rl

M. Repetto

Xl

Fig. 9.16 Linea di trasmissione interposta tra generatori e carichi


Quando la linea e percorsa da corrente la sua impedenza fa si che la tensione sui carichi sia diversa
da quella dei generatori. Dal punto di vista impiantistico e importante calcolare questa differenza di
tensione tra i carichi ed i generatori perche si vuole garantire al carico una tensione il piu possibile
costante e pari al livello nominale imposto dal contatto di fornitura dellenergia elettrica, ad
esempio per unutenza domestica il valore efficace nominale di 230 V.

Rl

Xl

Fig. 9.17 Circuito utilizzato per il calcolo della caduta di tensione


Il calcolo dellimpianto puo essere impostato considerando che la tensione sul carico VU sia, in
valore efficace, pari a quello nominale. In questo modo, nota limpedenza del carico si puo
conoscere la corrente assorbita come si e fatto nei paragrafi precedenti, limpedenza di un carico
industriale o domestico e di tipo ohmico-induttivo e quindi la corrente sara sfasata in ritardo
rispetto alla tensione VU che si puo prendere come riferimento di fase. Una volta noto il fasore
della corrente, come ad esempio nella (9.39), si puo calcolare il contributo dei termini di linea
utilizzando lequazione LKT della maglia riportata in figura:
VG = VU + Rl I + jX l I
(9.52)
I fasori delle tensioni ai capi dellimpedenza di linea sono uno in fase con la corrente ed uno in
quadratura. Concatenando questi contributi con il fasore noto VU , si ottiene il fasore incognito VG ,
come dal diagramma vettoriale in figura.

I
Fig. 9.18 Diagramma vettoriale della linea di trasmissione

Elettrotecnica

9.13

M. Repetto

Una volta determinato il fasore della tensione VG , si puo calcolare la caduta di tensione relativa tra
generatore e carico, data da:
VG VU
V =
(9.53)
VG
Non sempre questa caduta di tensione e positiva, infatti in caso di carico capacitivo in fondo alla
linea si puo avere un aumento di tensione. Si puo verificare subito costruendo il diagramma
vettorial e considerando che la corrente assorbita dal condensatore e sfasata di /2 in anticipo
rispetto alla tensione VU , come si ottiene dalla:

I = jCVU = CVU e 2
j

(9.54)
Il diagramma vettoriale, costruito in maniera analoga a quello precedente cambiando
opportunamente le direzioni dei fasori, consente di trovare la nuova ampiezza delle tesnioni sui
componenti.

VG < VU

Fig. 9.19 Diagramma vettoriale della linea di trasmissione con carico capacitivo

Elettrotecnica

10.1

M. Repetto

Capitolo 10 Risposta in frequenza


In questo capitolo vengono studiati alcuni semplici circuiti in regime sinusoidale il cui comportamento cambia in
funzione della pulsazione dei generatori applicati. Questi comportamenti possono essere utilmente sfruttati
nellelaborazione dei segnali.

10.1 Risposta in frequenza


I circuiti lineari presentano valori di impedenza che dipendono dal valore di pulsazione applicata. Si
puo vedere ad esempio che il modulo dellimpedenza del condensatore:

ZC =

j
C

(10.1)

diminuisce allaumentare di , mentre per linduttore:

Z L = jL

(10.2)

aumenta al crescere di .
Queste variazioni di impedenza possono dare luogo a diversi comportamenti rispetto ad
alimentazioni con valori diversi di pulsazione. Si intende quindi con risposta in frequenza lo studio
dellandamento della variabili di rete in un circuito in funzione della frequenza del segnale in
ingresso. Si considera sempre la risposta di regime alle diverse pulsazioni tralasciando ogni
fenomeno transitorio.
La risposta in frequenza e molto importante per lanalisi di segnali che contengono piu pulsazioni
ad esempio costituiti da una sommatoria di segnali sinusoidali:

f (t ) =

k =1

2 Ak sin(kt + k )

(10.3)
questa forma di segnale puo ad esempio essere ottenuta da una espansione in serie di Fourier di un
segnale periodico. Dato che i circuiti in studio sono lineari, la sommatoria di ingressi, grazie al
teorema di sovrapposizione, puo essere ottenuta sovrapponendo le risposte ai singoli ingressi
sinusoidali. Nel seguito si analizzeranno le risposte di alcuni circuiti semplici.
10.2 Filtro RC passa-basso
Si consideri il circuito in figura, composto da un resistore e da un condensatore alimentato da un
segnale di tensione a pulsazione variabile di fasore Vi .

Fig. 10.1 Circuito filtro passa-basso


Si vuole determinare lampiezza della tensione ai capi del condensatore Vo al variare del parametro
. Per determinare la risposta si puo scrivere il fasore della tensione Vo lasciando indicata la . La
risposta si puo ottenere utilizzando il partitore di tensione tra limpedenza resistiva e quella
capacitiva.

Elettrotecnica

10.2

j
j (RC + j )Vi
(1 jRC )Vi
j
Vo = C Vi =
Vi =
=
j
RC j
(RC j )(RC + j ) 1 + (RC ) 2
R
C

M. Repetto

(10.4)

elaborando la (10.4) si puo facilmente ottenere il rapporto tra i moduli delle tensioni:

1 + (RC ) 2
Vo
1
=
=
Vi
1 + (RC ) 2
1 + (RC ) 2

(10.5)

e la differenza di fase tra le due tensioni:

= tan 1( RC )

(10.6)
Come si puo vedere dallesame della (10.5) il rapporto diminuisce allaumentare di , mentre la
fase aumenta, tendendo a /2 per .
Per mettere in evidenza quantitativamente la differenza di risposta del circuito si puo esaminare un
esempio numerico.
Si consideri che i valori dei parametri del circuito siano: R=1k, C=1 F e che la tensione in
ingresso sia data dalla somma di due funzioni sinusoidali:

f (t ) = 2 Asin(2 * 250t ) + 2 Asin(2 * 2000t )

(10.7)

sostituendo i valori numerici nelle risposte trovate in precedenza si ottiene che:

Vo
1
=
= 0.537
3
6 2
Vi f =250
1 + (2250 * 10 * 10 )

(10.8)

f =250 = tan 1( 2250 * 103 * 10 6 ) = 1.00rad

(10.9)

Vo
1
=
= 0.039
3
6 2
Vi f = 2000
1 + (22000 * 10 * 10 )

(10.10)

f = 2000 = tan 1(22000 * 103 * 10 6 ) = 1.53rad

(10.11)
In figura sono riportate in un grafico le forme donda della tensione in ingresso v i (t ) e della
tensione in uscita v o (t ) .

Elettrotecnica

10.3

M. Repetto

Vi
Vo

Fig. 10.2 Forme donda delle tensioni di ingresso e di uscita dela passa-basso
Come si puo vedere nella forma donda della tensione di ingresso, le ampiezze delle due sinusoidi
sono uguali, mentre nella forma donda in uscita, grazie alla maggiore impedenza mostrata dal
dipolo, la forma donda a pulsazione piu elevata e fortemente attenuata, come si ricava dalla
(10.10). Il comportamento del circuito quindi viene detto passa-basso grazie alla sua proprieta di
lasciare praticamente inalterati i segnali a frequenza piu bassa attenuando invece fortemente le
componenti a frequenza elevata. Questo comportamento puo essere spiegato fisicamente con la
diminuzione dellimpedenza del condensatore a frequenze alte, come evidenziato nella (10.1), che
riduce la caduta di tensione ai suoi morsetti.
10.3 Filtro RC passa-alto
Un comportamento duale del circuito precedente si ottiene con lo schema in figura.

C
R
Fig. 10.3 Circuito RC passa-alto
In questo caso il segnale di uscita viene prelevato ai capi del resistore. Applicando nuovamente il
partitore di tensione, si puo calcolare il rapporto tra i fasori:
RC(RC + j )Vi
RC (RC + j )Vi
RC
R
=
Vo =
Vi =
Vi =
j
RC j
(RC j )(RC + j )
1 + (RC )2
R
C
(10.12)
da cui il rapporto tra i moduli:

Vo RC 1 + (RC ) 2
RC
=
=
2
Vi
1 + (RC )
1 + (RC )2
e lo sfasamento:

(10.13)

Elettrotecnica

10.4

= tan 1(

M. Repetto

1
)
RC

(10.14)
Utilizzando un esempio numerico con: R=1k, C=1 F e considerando che la tensione in ingresso
sia data dalla funzione:

f (t ) = 2 Asin(2 * 25t ) + 2 Asin(2 * 500t )

(10.15)

Vo
225 * 103 * 10 6
=
= 0.156
3
6 2
Vi f = 25
1 + (225 * 10 * 10 )

(10.16)

Vo
2500 * 103 * 10 6
=
= 0.951
3
6 2
Vi f =500
1 + (2500 * 10 * 10 )

(10.17)

f =25 = tan 1( 225 * 103 * 10 6 ) 1 = 1.41rad

(10.18)

f =500 = tan1( 2500 * 103 * 10 6 ) 1 = 0.31rad

(10.19)

si ricava che:

Il grafico delle forme donda diventa pertanto:

Vo
Vi

Fig. 10.3 Forme donda delle tensioni di ingresso e di uscita del passa-alto
Come si vede, questa volta ad essere attenuata e la forma donda a frequenza inferiore mentre
risulta abbastanza invariata quella a frequenza maggiore.
10.4 Risonanza
Il fenomeno della risonanza si verifica nei circuiti in cui sono contemporaneamente presenti termini
capacitivi ed induttivi, come ad esempio nel circuito in figura.

Elettrotecnica

10.5

M. Repetto

C
Fig. 10.4 Circuito risonante serie
Il comportamento del circuito, puo essere descritto dalla sua impedenza ai morsetti:

Z = R + jL

j
=R+
C

j L

(10.20)
come si puo notare, mentre la parte reale dellimpedenza in questo caso non varia con , la
reattanza e funzione della pulsazione attraverso la somma algebrica di due termini di andamento
contrastante, uno induttivo crescente con ed uno capacitivo di andamento opposto. Ad un
particolare valore di pulsazione i due termini si elidono:

2
L
= 0 LC 1 = 0 =
C

1
LC

(10.21)

questo valore di pulsazione viene detto pulsazione di risonanza 0 = 1/ LC .


Come si puo facilmente notare, alla pulsazione di risonanza, limpedenza del dipolo coincide con
la sua resistenza, dato che la reattanza e nulla. Per valori di pulsazione diversi da 0 il circuito ha
comportamenti diversi. Si esaminano i casi limite:
0 il termine 1/ diverge portando a il modulo di Z
il termine diverge portando a il modulo di Z
per valori intermedi il dipolo presenta un modulo di impedenza compreso tra e R. Landamento
del modulo dellimpedenza nel caso di un circuito con parametri: R=100 , L=0.1 H, C=1 F, si
ha:

0 =

1
1
=
= 3162rad / s f0 = 503Hz
1
6
LC
10 * 10

(10.22)
il modulo dellimpedenza, riportato in scala semi-logaritmica per poter apprezzare le variazioni alle
impedenze basse, diventa:

10000
8000
6000
4000
2000
0
1000
10000
100000
Pulsazione [rad/s]
Fig. 10.5 Andamento del modulo dellimpedenza in scala semilogaritmica

Elettrotecnica

10.6

M. Repetto

10.5 Antirisonanza

Fig. 10.6 Circuito antirisonante


Il circuito serie RLC assume un minimo di impedenza in prossimita della pulsazione di risonanza.
Il circuito RLC parallelo invece assume in corrispondenza dello stesso valore un minimo di
ammettenza e quindi un massimo di impedenza, come si puo calcolare attraverso la:

Y =

j
1
1
1
1
1

+
+ jC =
+ jC = + j C

R jL
R L
R
L

(10.23)
come si puo vedere la parte immaginaria dellammettenza si annulla, come nel caso precedente, per
un valore di pulsazione pari a:
1
0 =
LC
(10.24)
detto anche in questo caso pulsazione di risonanza.

Elettrotecnica

11.1

M. Repetto

Capitolo 11 Potenza in regime sinusoidale


Lo studio dei circuiti in regime sinusoidale e molto importante per le applicazioni industriali di potenza elevata. Per
questo risulta basilare esprimere le potenze e le energie di questi sistemi in maniera efficiente. Si definiscono quindi
alcune formule ricavate dalla definizione di potenza nellipotesi di regime sinusoidale e se ne investigano le ricadute
pratiche.

11.1 Potenza in regime sinusoidale


La formula della potenza in un dipolo, ricavata nel capitolo 6:

p(t ) = v (t )i (t )

(10.1)
e valida anche nel regime sinusoidale. Se la corrente e la tensione sono espresse da funzioni
sinusoidali si puo ottenere dalla (10.1) una espressione semplificata.
In regime sinusoidale la tensione e la corrente ai capi di un dipolo sono date da:

v (t ) = 2V sin(t + V )

i (t ) = 2I sin( t + I )

(10.2)

il loro prodotto e dato da:

p(t ) = v (t )i (t ) = 2V sin(t + V ) 2I sin( t + I ) =


= 2VI sin(t + V ) sin(t + I )

(10.3)
questa ultima formula puo essere elaborata tenendo conto delle formule di prostaferesi che
impongono:

sin sin = 21 (cos( ) cos( + ))

(10.4)

assumendo che nella (10.3) valga:

= t + V

= t + I

(10.5)

si ottiene:

p(t ) = 2VI

1
2

[cos(V I ) cos(2t + V + I )]

(10.6)
la (10.6) contiene termini costanti e termini dipendenti dal tempo. Il parametro piu importante della
(10.6) e costituito dalla differenza degli angoli di fase di tensione e corrente, definito come angolo
di sfasamento:

= V I

(10.7)

sostituendo langolo nella (10.6) si ottiene:

p(t ) = VI [cos cos(2t + V + I )]

(10.8)
Vale la pena di notare che lo sfasamento definito nella (10.7) coincide con langolo di fase
dellimpedenza del dipolo data dalla (9.28).
Il termine cos viene solitamente detto fattore di potenza dellimpedenza.
Dato che langolo e fisicamente legato alla natura del dipolo, si vuole farlo comparire anche nel
secondo termine. Questo si puo fare ricorrendo ad una manipolazione dellargomento del coseno:

2t + V + I = 2t + V + (I I ) + I = 2t + + 2I

(10.9)

da cui sostituendo si ottiene:

p(t ) = VI [cos cos(2t + + 2I )]

(10.10)
Il secondo termine della parentesi puo essere ulteriormente scomposto utilizzando la regola per la
somma degli angoli:

Elettrotecnica

11.2

M. Repetto

cos( + ) = cos cos sin sin

(10.11)

in questo caso si puo assumere:

= , = 2(t + I )

(10.12)

per cui la (10.11) diventa:

p(t ) = VI cos VI cos cos 2(t + I ) + VI sin sin 2(t + I )

(10.13)
raccogliendo i termini in cos e sen, si arriva finalmente ad unespressione molto compatta:

p(t ) = VI cos [1 cos 2(t + I )]+ VI sin sin 2(t + I )

(10.14)

Nellespressione compaiono due termini dipendenti dallangolo di sfasamento .


La (10.14) puo essere riscritta come la somma di due termini:
p(t ) = pa (t ) + pr (t )

(10.15)

dove:

pa (t ) = VI cos [1 cos 2(t + I )]

pr (t ) = VI sin sin 2(t + I )

(10.16)
la pa (t ) viene detta componente attiva della potenza istantanea, mentre la pr (t ) componente
reattiva della potenza istantanea.
Nei componenti fondamentali, le componenti vengono ad assumere valori particolari grazie al fatto
che gli angoli di fase dellimpedenza valgono 0 o /2.
Nel resistore infatti:

Z =R

(10.17)
langolo di fase dellimpedenza, e quindi , vale 0, da cui si vede che la componente reattiva della
potenza, che dipende da sin, e nulla.
Le cose vanno in maniera opposta nei componenti C ed L, dove langolo dellimpedenza vale /2.
Segnatamente nel condensatore:

Z =

j
C

e langolo di fase vale =-/2, la componente attiva si annulla mentre sin=-1.


Nellinduttore:

Z = jL
langolo di fase, in questo caso, vale =/2, la componente attiva si annulla mentre sin=+1.

(10.18)

(10.19)

a) componente resistore
Nel componente resistore, essendo =0, la potenza diventa:

p(t ) = pa (t ) = VI [1 cos 2(t + I )]

(10.20)
assumendo arbitrariamente che la corrente sia presa come riferimento di fase e percio valga i = 0 ,
si possono riportare in un grafico gli andamenti della variabili di rete ai morsetti del resistore.

Elettrotecnica

11.3

M. Repetto

p(t)
i(t)
VI

v(t)

Fig. 10.1 Andamento di tensione, corrente e potenza in un resistore


Dallesame del grafico di figura 10.1 si puo notare che:
- la potenza e sempre positiva, il fatto non stupisce perche, come si e messo in evidenza nel
capitolo 6, la potenza in un resistore deve sempre essere maggiore di 0. Questo, in un
componente descritto dalla convenzione degli utilizzatori equivale ad una potenza sempre
assorbita;
- la potenza non e costante ma oscilla con pulsazione 2 attorno ad un valor medio dato dal
prodotto dei valori efficaci di tensione e corrente VI .
Nota la potenza assorbita dal resistore si puo, integrando nel tempo, ottenere lenergia assorbita dal
resistore.
sin 2t
)
w (t ) = pa (t ' )dt ' = VI (1 cos 2t ' )dt ' = VI (t
2
(10.21)
Lintegrale della (10.20) da quindi luogo ad un termine lineare, integrale del termine costante, e ad
un termine oscillante a valor medio nullo.

tempo
Fig. 10.2 Andamento temporale dellenergia assorbita dal resistore
Come si puo vedere dallesame della figura, il termine oscillante crea delle differenze rispetto al
termine medio che si annullano 4 volte in un periodo. Queste differenze sono trascurabili, se

Elettrotecnica

11.4

M. Repetto

rapportate al valore dellenergia data dallintegrale del termine costante. Solitamente, dal punto di
vista ingegneristico si trascura la parte oscillante e si considera:

w (t ) = pa (t ' )dt ' VIdt ' = VIt

(10.22)

b) componente induttore
Nel caso dellinduttore si ottiene:

ZL = jL = Le

V
= V I =
I
2

(10.23)

le potenze diventano percio:

pa (t ) = 0, pr (t ) = VI sin sin 2(t + I ) = VI sin 2t

(10.24)
da cui, prendendo nuovamente la corrente come riferimento di fase, si puo ricavare il grafico.

v(t)
i(t)

p(t)

Fig. 10.3 Andamento di tensione, corrente e potenza in un induttore


Dallesame della figura si ottiene che:
- il valor medio della potenza e nullo, questo e comprensibile se si considera la natura
reversibile del componente che non consuma potenza ma assorbe e cede energia in funzione
della corrente che lo attraversa;
- ad ogni quarto di periodo il componente cambia segno della potenza che significa che il
componente per un quarto di periodo si carica assorbendo potenza dallesterno (la corrente
cresce in valore assolto), mentre nel quarto successivo si scarica cedendo potenza
allesterno;
- il termine sin e positivo e questo implica che, assumendo la corrente come riferimento di
fase, la potenza sia assorbita nel primo quarto di periodo.
c) componente condensatore
Nel condensatore si ripropongono le stesse considerazioni fatte per linduttore con la differenza che
questa volta =-/2, percio si ha che:

pa (t ) = 0, pr (t ) = VI sin sin 2(t + I ) =VI sin 2t

(10.25)

Elettrotecnica

11.5

i(t)

v(t)

M. Repetto

p(t)

Fig. 10.4 Andamento di tensione, corrente e potenza in un condensatore


Si puo notare che:
- anche qui, come nellinduttore, il valore medio della potenza e nullo;
- il termine sin e negativo e questo implica che, assumendo la corrente come riferimento di
fase, la potenza sia ceduta nel primo quarto di periodo.
11.2 Potenza attiva
Come si e visto dallanalisi dettagliata dei fenomeni energetici in regime sinusoidale, la potenza
istantanea si divide in due componenti. Solo una, la pa (t ) ha valor medio diverso da zero e quindi
puo dare luogo ad un trasferimento non nullo di energia dai generatori ai componenti. Si e anche
visto che il termine medio di questa componente e responsabile del valore netto di energia
trasferita, mentre il termine oscillante da luogo a termini trascurabili. Dal punto di vista tecnico,
questo fatto viene tenuto in conto eliminando il termine oscillante dalla espressione dellenergia
(10.21) ed assumendo che la potenza assorbita sia pari al suo valor medio:

W (t1, t 2 ) =

t2

t1

pa (t )dt = VI cos (t 2 t1 ) = P (t 2 t1 )

(10.26)

il valor medio viene chiamato potenza attiva, ed e dato da:

P = pa (t ) = VI cos

(10.27)

la potenza attiva P, responsabile del trasferimento di potenza al dipolo si misura in Watt.


11.3 Potenza reattiva
Mentre la componente attiva della potenza istantanea e responsabile del trasferimento di energia, la
componente reattiva tiene conto degli scambi reversibili di energia tra i componenti L e C ed i
generatori. Questo termine di potenza non da luogo a trasferimento di energia al componente.
Ciononostante, gli scambi di potenza legati alla pr (t ) sono presenti nel circuito e, come si vedra in
seguito, non possono essere trascurati. Per questo si introduce una nuova grandezza detta potenza
reattiva pari allampiezza del termine sinusoidale di pulsazione 2 della (10.16).

Q = VI sin

(10.28)

Elettrotecnica

11.6

M. Repetto

Anche se la Q ha le dimensioni fisiche di una potenza, come si e gia affermato, essa non e legata
ad un trasferimento netto di energia dai generatori ai carichi. Per mettere in evidenza questo fatto, la
Q non viene misurata in Watt, bensi in VoltAmpere reattivi (Var).
11.4 Potenza in unimpedenza
La potenza in unimpedenza e stata ricavata partendo dalle forme donda di tensione e corrente nel
tempo. In realta essa puo essere ricavata anche dai loro fasori.
Considerando unimpedenza il cui fasore di tensione valga:

V = Ve jV

(10.29)

e quello di corrente valga:

I = Ie jI

(10.30)
si vuole ricavare unespressione della potenza. Si puo vedere che nellespressione (10.16) compare
lo sfasamento tra tensione e corrente. Per ottenere questo valore si puo considerare il fasore
coniugato della corrente dato da:

I * = Ie jI

(10.31)

moltiplicando il fasore della tensione per il fasore coniugato della corrente, si ottiene:

V I * = Ve jV Ie jI = VIe j (V I ) = VIe j

(10.32)

applicando la formula di Eulero si ottiene:

V I * = VIe j = VI (cos + jsin) = VI cos + jVIsin = P + jQ

(10.33)
come si vede, nella (10.33) compaiono contemporaneamente la potenza attiva P e quella reattiva Q.
La quantita della (10.33) viene detta potenza complessa ed ha come parte reale la potenza attiva e
come parte immaginaria quella reattiva.

S = V I * = P + jQ

(10.34)

il modulo della potenza complessa viene detto potenza apparente:

S=S =

(VI cos )2 + (VIsin)2

= VI

(10.35)
Dalla (10.33) si puo ottenere, data unimpedenza generica Z = R + jX , lespressione della potenza
complessa assorbita attraverso la:

V I * = Z I I * = Z I 2 = (R + jX )I 2 = RI 2 + jXI 2 = P + jQ

(10.36)

P = RI 2

Q = XI 2

(10.37)

da cui:

oppure, in funzione della tensione:

S = Z I 2 = (R + jX )
da cui:

V2
Z2

V 2 R + jX V 2
(cos + jsin)

=
Z Z Z

(10.38)

Elettrotecnica

11.7

V2
cos
P =
Z

2
Q = V sin

M. Repetto

(10.39)

Elettrotecnica

12.1

M. Repetto

Capitolo 12 Teorema di Boucherot e rifasamento


In questo capitolo, partendo dalle nozioni di potenza in regime sinusoidale ricavate nel capitolo precedente, si presenta
un teorema di conservazione delle potenze simile al teorema di Tellegen, e a partire da questo si affronta la soluzione di
alcuni problemi di interesse tecnico nei circuiti di potenza.

12.1 Teorema di Boucherot


Le definizioni di potenza attiva e reattiva, ottenute nel capitolo precedente, sono di interesse pratico,
ad esempio per la contabilizzazione delle energie assorbite da un utente alimentato in regime
sinusoidale. La loro definizione pero assume un significato piu importante se si considera che
queste potenze rispettano unequazione di bilancio del tutto equivalente a quella stabilita dal
teorema di Tellegen. In questa maniera, le potenze attive e reattive potranno diventare uno
strumento utile anche per la soluzione dei circuiti come si vedra nel seguito.
Il teorema di Boucherot esprime la conservazione delle potenze complesse in un circuito. Dato un
circuito con Ngen generatori descritti dalla convenzione dei generatori e Nutl utilizzatori descritti
dalla convenzione degli utilizzatori, il teorema di Boucherot afferma che:
Ngen

Nutl

k =1

n =1

Sk = Sn
(12.1)

sostituendo alla potenza complessa la sua forma binomia, si ottiene:


Ngen

Nutl

k =1

n =1

Pk + jQk =

Pn + jQn

(12.2)
il vincolo di uguaglianza tra numeri complessi espresso dalla (12.1) si traduce in due vincoli di
uguaglianza a valori reali, uno sulle parti reali ed uno su quelle immaginarie, ovvero:
Nutl
Ngen
Pk = Pn
k =1
n =1
Ngen
Nutl

Q
=
k Qn
n =1
k =1

(12.3)
che esprime luguaglianza tra le potenze attive dei generatori e quelle dei carichi e lo stesso bilancio
per quelle reattive. Va messo in evidenza che nel termine relativo alle potenze reattive dei carichi,
possono comparire termini di segno diverso, infatti va ricordato che le capacita danno luogo a
potenze reattive negative mentre le induttanze a potenze reattive positive.
Il teorema di Boucherot puo diventare un utile strumento per la soluzione di circuiti di topologia
semplice, come di solito si trovano nei circuiti industriali.
a) identificazione dei carichi
Nei sistemi di interesse tecnico molto spesso i carichi non vengono definiti sulla base delle loro
impedenze ma attraverso i dati ai morsetti. Infatti frequentemente il gestore del sistema puo non
conoscere la natura del carico alimentato da una linea, ma puo sicuramente misurarne, ad esempio,
la tensione applicata e la potenza assorbita.
Le quantita misurabili ai morsetti di un carico sono generalmente cinque:
- il valore efficace di tensione applicata V ;
- il valore efficace di corrente assorbita I;
- la potenza attiva P;
- la potenza reattiva Q;
- il fattore di potenza cos

Elettrotecnica

12.2

M. Repetto

Non tutte queste quantita sono pero indipendenti, infatti esistono dei vincoli che le legano, ad
esempio:
P = VI cos
(12.4)
lega tra loro la potenza, tensione, corrente e fattore di potenza. In maniera analoga:
Q VI sin
=
= tan
(12.5)
P VI cos
lega langolo di sfasamento a potenza attiva e reattiva.
In generale su cinque variabili del carico solo tre sono indipendenti, le altre possono essere ricavate
di conseguenza dalle formule, come verra esemplificato in seguito.

b) esempio di circuito risolto con Boucherot

Si suppone dato un circuito con un carico connesso al fondo di una linea di cui si conosce la
tensione di alimentazione, la potenza attiva e reattiva, si vuole conoscere la tensione in partenza alla
linea. Questo problema e identico a quanto visto nel capitolo 9 per la linea di trasmissione, in
questo caso pero verra risolto in maniera diversa non facendo ricorso ai calcoli con i numeri
complessi.

Z l = Rl + jX l
+
PG, QG

P,Q
PU , Q U

Dati del problema


V = 230V , Z l = 0.15 + j 0.2
P = 10kW ,Q = 10kVAr

Fig. 12.1 Circuito con carico a fondo linea


Il teorema di Boucherot impone luguaglianza tra la potenza complessa assorbita dai carichi e quella
ceduta dai generatori.
Le potenze dei carichi si possono ottenere sommando le potenze richieste dal carico a fondo linea e
dalla impedenza di linea Zl . Per ricavare questultima si deve ottenere la corrente che scorre nella
linea. Questa si puo ricavare dai dati del carico, infatti note la P e la Q del carico si ottiene:
P = VI cos
Q
tan =
P
Q = VIsin
(12.6)
sostituendo i valori numerici:

tan =

Q 10000
2
=
= 1 cos =
P 10000
2

(12.7)
noto il fattore di potenza, si puo ricavare il valore efficace della corrente assorbita dal carico come:
P
10000
=
= 61.5 A
P = VI cos I =
V cos 230 * 2
2
(12.8)
Questa corrente attraversa limpedenza di linea che quindi, secondo la (10.37), assorbira le
potenze:

Elettrotecnica

12.3

M. Repetto

Pl = Rl I 2 = 0.15 * 61.5 2 = 567W


Ql = X l I 2 = 0.2 * 61.5 2 = 756VAr

(12.9)
A questo punto, nota dai dati la potenza del carico e calcolata quella della linea, si puo ricavare la
potenza totale richiesta dai carichi:

PU = P + Pl = 10000 + 576 = 10576W


QU = Q + Ql = 10000 + 756 = 10756VAr

(12.10)

per il teorema di Boucherot, queste potenze sono bilanciate da quelle dei generatori:
PG = PU , QG = QU

(12.11)
Il generatore eroga quindi le potenze della (12.10) ed e attraversato dalla corrente di maglia
calcolata nella (12.8). Si puo quindi ricavarne il fattore di potenza come:
Q
10756
= 1.017 cos = 0.701
tan G = G =
PG 10576
(12.12)
e il suo valore efficace attraverso la:
PG
10576
PG = EI cos G E =
=
= 245.3V
I cos G 61.5 * 0.701
(12.13)
Utilizzando quindi solo equazioni bilancio delle potenze e stato possibile ricavare la tensione del
generatore senza effettuare alcun calcolo con i numeri complessi.
c) rendimento di trasmissione

La linea di trasmissione considerata nellesempio precedente e un componente che trasporta la


potenza dal generatore al carico. Come tale e soggetta ad un rendimento energetico dovuto al fatto
che una quota parte della potenza in transito viene dissipata sulla resistenza di linea.

Z l = Rl + jX l
PIN

POUT

Fig. 12.2 Linea di trasmissione


Il rendimento della linea di trasmissione, o rendimento di trasmissione, viene definito come la
potenza in uscita dalla linea divisa quella in ingresso. Sfruttando il teorema di Boucherot si puo far
comparire esplicitamente nella formula la potenza dissipata nella linea:
P
POUT
t = OUT =
PIN
POUT + Pl
(12.14)
nel caso dellesercizio precedente, ad esempio, il rendimento vale:

t =

POUT
10000
=
= 0.945
POUT + Pl 10000 + 576

(12.15)

Elettrotecnica

12.4

M. Repetto

rendimenti cosi elevati non devono stupire. Risiede infatti nella facilita di trasporto della potenza
il successo dei sistemi elettrici che, grazie a questo fatto, permettono di disaccoppiare il luogo di
produzione dellenergia dal suo posto di utilizzo.
12.2 Importanza tecnica della potenza reattiva
Come si e visto nel capitolo precedente, la potenza reattiva e un indicatore dei flussi di potenza
che vengono reversibilmente scambiati tra i generatori ed i condensatori ed induttori. La
reversibilita di questi scambi potrebbe erroneamente portare a dire che questi fenomeni, dato che
non producono potenza utile per un utente, non hanno influenza sul sistema. Purtroppo, la presenza
di elementi dissipativi nel sistema rende questi flussi di potenza non solo inutili ma anche dannosi
per il suo rendimento globale.
Questo concetto puo essere messo in evidenza con unanalogia meccanica. Si consideri un profilo
su cui puo scorrere, senza attrito, una massa, come riportato in figura.

Fig. 12.3 Profilo senza attrito su cui puo scorrere la massa


Lasciata cadere la massa da unaltezza h sul fondo della buca, questa converte la sua iniziale
1
energia potenziale gravitazionale Mgh in energia cinetica Mv 2 , nellistante di passaggio sul
2
fondo della buca lenergia cinetica sara massima. Risalendo il profilo dopo il punto piu basso
nuovamente lenergia cinetica viene convertita in energia potenziale e la massa si riporta ad
unaltezza h identica a quella di partenza. Il fenomeno, lasciato evolvere, assume un andamento
periodico con continui pendolamenti tra energia potenziale e cinetica.
Il fenomeno e simile a quello che avviene in un circuito dove un generatore sinusoidale alimenta
un induttore ideale.

Fig. 12.4 Circuito con generatore ed induttore ideale


A regime il sistema pendola tra due istanti: un istante in cui la corrente e massima e quindi
1 2
linduttore ha la massima energia magnetica immagazzinata Li max
ed uno in cui la corrente e
2
nulla e linduttore ha restituito tutta lenergia al generatore. Anche in questo caso il sistema evolve
tra due stati indefinitamente senza che il generatore debba fornire potenza durante un periodo.
A fronte di questo caso ideale, nella realta le cose vanno diversamente. Un profilo reale presenta
comunque un certo coefficiente di attrito per cui nel movimento il corpo dissipa energia. Come
risultato si ha che lasciato cadere il grave da unaltezza h questo raggiunge dalla parte opposta
unaltezza h<h. La differenza tra le due energie potenziali W=Mg(h-h), e proprio lenergia
dissipata per vincere le forze di attrito. Lasciato evolvere autonomamente quindi il sistema riduce
gradualmente lampiezza delle sue oscillazioni fino a fermarsi sul fondo della buca. Per mantenere

Elettrotecnica

12.5

M. Repetto

il sistema in regime periodico si deve prelevare ad ogni oscillazione energia da una fonte esterna e
ricaricare il sistema, come ad esempio nello scappamento degli orologi.
Un sistema elettrico analogo a quello descritto e dato da un circuito con un resistore che
rappresenta il termine dissipativo.

R
L

Fig. 12.5 Circuito ohmico-induttivo


In questo caso, la corrente per fluire tra il generatore e linduttore deve passare attraverso il resistore
dissipando ad ogni ciclo:

W = Ri 2dt
T

(12.16)
se si vuole mantenere il sistema in evoluzione periodica, il generatore dovra fornire ad ogni ciclo
lenergia dissipata sul resistore. Questa energia deve essere fornita senza che alcuna potenza utile
venga prodotta. Si capisce quindi come il flusso di potenza reattiva, nonostante sia in linea di
principio reversibile, solleciti il sistema.
12.3 Carico ohmico-induttivo a fine linea
Il caso considerato nellesempio precedente non e infrequente nella pratica. Infatti molti carichi
industriali si presentano come carichi ohmico-induttivi, questo e dovuto, ad esempio nei motori
elettrici, al funzionamento che richiede la presenza di flussi magnetici allinterno della macchina e
quindi lassorbimento di potenza reattiva induttiva. In questo caso i flussi reversibili di energia tra
l'induttore del carico ed il generatore devono transitare sulla linea dando luogo a dissipazioni.
Lente distributore dellenergia e molto sensibile a questo fenomeno, infatti la potenza attiva
assorbita dal carico viene contabilizzata e pagata dellutente mentre quella reattiva, che non da
luogo ad assorbimento di energia, non viene pagata dallutente ma peggiora il rendimento del
sistema aumentando le perdite sulle linee.
Fermo restando che il carico richiede per il suo funzionamento lassorbimento di potenza reattiva
induttiva si puo intervenire sul sistema tentando di produrre localmente la potenza reattiva richiesta
senza che questa debba transitare sulla linea. Questo procedimento va sotto il nome di rifasamento.
12.4 Rifasamento
Si considera di avere un carico ohmico-induttivo collegato a valle di una linea dissipativa, si
suppone imposta la tensione sul carico e che la potenza assorbita sia P = VI cos .

Z l = R l + jX l
ZU = RU + jX U

Elettrotecnica

12.6

M. Repetto

Fig. 12.6 Carico ohmico-induttivo a fine linea


Dato che limpedenza di carico e ohmico induttiva, la corrente sara assorbita in ritardo rispetto
alla tensione.

I cos

Fig. 12.7 Diagramma vettoriale ai morsetti del carico


Una volta determinata la corrente si puo calcolare la potenza dissipata sulla linea come:
Pl = Rl I 2

(12.17)
Si puo vedere come la potenza attiva dipenda dalla componente della corrente in fase con la
tensione I cos , detta anche componente attiva, mentre le perdite dipendano dal modulo della
corrente. Si dovrebbe quindi trovare un modo per ridurre il modulo della corrente senza peraltro
ridurne la componente attiva.
Per fare questo si puo collegare in parallelo al carico un condensatore. Questo componente
collegato alla stessa tensione del carico, assorbe corrente in anticipo rispetto alla tensione.

Zl
ZU = RU + jX U

Fig. 12.8 Sistema rifasato


La corrente in transito sulla linea e I ' che puo essere calcolata attraverso la composizione
vettoriale delle correnti di carico e del condensatore.

'

Fig. 12.9 Diagramma vettoriale delle correnti nel sistema rifasato


Come si vede dal diagramma vettoriale, la corrente in transito sulla linea e minore in modulo
rispetto alla corrente di carico pur lasciando inalterata la componente attiva.

Elettrotecnica

12.7

M. Repetto

12.5 Dimensionamento del condensatore di rifasamento


Il problema del progetto del sistema di rifasamento di un carico ohmico-induttivo, parte dalla
conoscenza dei dati del carico, di cui si suppongono noti tensione, potenza attiva e reattiva, e dalla
conoscenza del fattore di potenza che si vuole raggiungere con il rifasamento cos.
Per determinare la capacita del condensatore che permette di raggiungere queste condizioni si fa
riferimento al teorema di Boucherot e si impone il bilancio delle potenza tra due sezioni del
circuito.

Zl
ZU

P', Q'

P, Q

Fig. 12.10 Sistema rifasato


Tenendo conto che il condensatore non puo assorbire potenza attiva il teorema di Boucherot
applicato tra le due sezioni di figura 12.10 fornisce:

P' = P
Q' = Q + QC

(12.18)

da cui si puo ricavare il fattore di potenza visto dalla linea:


Q'
tan ' =
Q' = P ' tan ' Q + QC = P tan '
P'

(12.19)
dato che si vuole determinare quanta potenza reattiva sia richiesta dal condensatore, si puo
calcolare:
QC = P tan 'Q = P tan 'P tan = P (tan ' tan )
(12.20)
Una volta nota la potenza reattiva del condensatore si puo ricavare, dalla (10.39) il valore di
capacita del condensatore:
V2
V2
= CV 2
QC =
sin =
1 / C
Z
(12.21)

C=

QC
V 2

(12.22)

12.6 Esempio di calcolo di rifasamento


Prendendo in considerazione lesempio di calcolo sviluppato al paragrafo 12.1, si puo veder
leffetto del sistema di rifasamento sul rendimento di trasmissione.
I dati del carico erano:

Elettrotecnica

12.8

M. Repetto

P = 10kW ,Q = 10kVAr tan = 1

(12.23)
e si suppone di voler raggiungere con il rifasamento un valore di fattore di potenza pari a cos=0.9.
Al valore di cos=0.9 corrisponde un valore di tan=0.484, percio si ha che:
QC = P (tan ' tan ) = 10000(0.484 1) = 5160VAr
(12.24)

C=

QC
5160
=
= 310F
2
V
314 * 230 2

(12.25)

in queste condizioni la corrente in transito sulla linea diventa:

P
10000
=
= 48.3 A
V cos ' 230 * 0.9

(12.26)

Pl ' = Rl I '2 = 0.15 * 48.32 = 349W

(12.27)

I' =
la potenza dissipata sulla linea:
ed il rendimento di trasmissione:

t ' =

10000
= 0.966
10349

che e maggiore di quello calcolato senza rifasamento che valeva 0.945.

(12.28)

Elettrotecnica

13.1

M. Repetto

Capitolo 13 Sistema trifase


Il sistema trifase e un particolare sistema di alimentazione in regime sinusoidale di notevole importanza nei sistemi
industriali. In questo capitolo se ne metteranno in evidenza gli aspetti piu importanti considerando la struttura dei
generatori e dei carichi, le particolarita del metodo di soluzione e le potenze assorbite.

13.1 Sistemi polifase di alimentazione


I sistemi polifase di alimentazione sono formati da piu generatori sinusoidali isofrequenziali
collegati tra loro e ad un circuito di carico. La contemporanea presenza di piu generatori permette,
come si vedra nel seguito, di ottenere positive sinergie che consentono di aumentare il rendimento
del sistema e di migliorarne le caratteristiche rispetto ad un sistema di alimentazione con un solo
generatore detto monofase.
Un sistema polifase di generatori e costituito da un insieme di N generatori sinusoidali
isofrequenziali collegati elettricamente le cui tensioni sono sfasate tra loro di un angolo pari a:
2
=
N
(13.1)
ad esempio per un sistema con N=4, langolo di sfasamento tra i generatori vale /2.

E2 +

E1

+
E3

E4

Fig. 13.1 Sistema polifase di generatori con N=4

Fig. 13.2 Diagramma vettoriale dei generatori di fig. 13.1


Un sistema di generatori polifase si dice puro se la somma dei fasori dei suoi generatori e nulla.
N

Ek = 0

k =1

(13.2)

Elettrotecnica

13.2

M. Repetto

Fig. 13.3 Esempio di sistema puro con N=4


Un sistema di generatori polifase si dice simmetrico se i moduli dei fasori dei suoi generatori sono
tutti uguali tra loro. Si puo facilmente dimostrare che un sistema simmetrico e anche puro.
Se N=3 il sistema viene detto sistema trifase, questo sistema e quello di gran lunga piu utilizzato
dal punto di vista tecnico anche se non mancano applicazioni del sistema bifase (N=4) e del sistema
esafase (N=6).
Per un sistema trifase langolo di sfasamento tra i generatori e dato da:
2
=
= 120o
3
(13.3)
Esiste piu di un modo di costruire un sistema trifase simmetrico, infatti rispettando le definizioni
date in precedenza, entrambi i sistemi presentati in figura sono sistemi trifase simmetrici.

2
E1 = Ee j 0 , E2 = Ee 3
2
+j
E3 = Ee 3
-j

a)

E1 = Ee j 0 , E2 = Ee
E3 = Ee

+j

2
3

2
3

b)
Fig. 13.4 Sistema trifase simmetrico: a) terna diretta, b) terna inversa.

Le due terne di generatori danno luogo ad una diversa disposizione delle tensioni sinusoidali
sullasse dei tempi. Nella terna diretta arrivano al massimo in sequenza le fasi 1, 2, 3, in quella
inversa 1, 3, 2.
Nel seguito si considerera sempre di avere a che fare con generatori simmetrici di terna diretta.

Elettrotecnica

13.3

e1(t)

M. Repetto

e2(t)

e3(t)

Fig. 13.5 Andamento temporale delle tensioni dei generatori nella terna diretta

e3(t)

e1(t)

e2(t)

Fig. 13.6 Andamento temporale delle tensioni dei generatori nella terna inversa
13.2 Collegamento dei generatori
Un sistema trifase viene costruito collegando 3 generatori ideali di tensione. Un collegamento
possibile e quello detto a stella dove tutti i generatori hanno in comune un punto, come ad esempio
riportato in figura.

3 E3
E1

0
2

+ 1

E2

Fig. 13.7 Collegamento a stella di tre generatori monofase


Nella pratica, molto spesso il generatore trifase si presenta come ununica struttura che al suo
interno contiene i tre generatori.

Elettrotecnica

13.4

M. Repetto

E1

generatore
trifase

E2

E3

Fig. 13.8 Generatore trifase


La struttura rappresentata in figura si presenta quindi, dal punto di vista elettrico, come un unico
componente da cui emergono tre morsetti.

1
2
3
Fig. 13.9 Generatore trifase come un unico componente
13.3 Tensioni di fase e concatenate
Un generatore trifase collegato a stella e composto da tre generatori monofase. La tensione di
questi generatori viene detta tensione di fase. Queste tensioni non sono pero le uniche tensioni a
essere presenti nel sistema. Infatti si possono definire anche le tensioni tra i morsetti del sistema,
dette tensioni concatenate, come riportato in figura. Va messo in evidenza come, nel caso di
componente unico senza accessibilita al morsetto centrale, queste tensioni sono le uniche
direttamente misurabili nel sistema.

E1

E2

E3

Fig. 13.10 Tensioni di fase E e tensioni concatenate V


Facendo riferimento alle maglie formate da due generatori e la tensione concatenata in esame si
possono scrivere tre equazioni che legano le tensioni fase a quelle concatenate.
V12 = E1 E 2

V23 = E2 E3
V31 = E3 E1

(13.4)

Elettrotecnica

13.5

M. Repetto

Note le tensioni di fase che formano un sistema trifase simmetrico si puo trovare una relazione
geometrica tra i due sistemi di tensione.

Fig. 13.11 Tensioni di fase e tensioni concatenate


Per costruzione geometrica si vede che se le tensioni di fase formano un sistema simmetrico anche
le tensioni concatenate sono simmetriche:
V12 = V23 = V31 = V
(13.5)
Esiste anche una relazione tra i moduli dei due sistemi di tensioni. Prendendo in considerazione un
triangolo isoscele formato dai fasori di due tensioni di fase e da un fasore delle tensioni concatenate
si ottiene che:
V
3
= E cos 30o =
E V = 3E
2
2
(13.6)

E
V/2
Fig. 13.12 Costruzione geometrica della tensione concatenata
Le tensioni concatenate vengono privilegiate nel sistema trifase, sia perche sono sempre
direttamente misurabili, sia perche essendo piu elevate in valore assoluto, definiscono in maniera
conservativa il livello di tensione del sistema.
13.4 Carichi trifase
Il sistema di generatori trifase viene solitamente accoppiato ad un sistema di carichi ripartiti
anchessi in tre sezioni dette fasi. I carichi presenti su queste fasi sono impedenze opportunamente
collegate. Dal punto di vista tecnico ci sono due tipi di collegamento: il collegamento a stella ed il
collegamento a triangolo.

Elettrotecnica

13.6

Z1

Z2

Z3

M. Repetto

Fig. 13.13 Collegamento a stella dei carichi

1
Z1

Z3
Z2

3
Fig. 13.14 Collegamento a triangolo dei carichi
Se un sistema di carichi e formato da tre impedenze uguali in modulo e fase viene detto
equilibrato.
13.5 Collegamento generatori/carichi
Considerando un generatore trifase simmetrico collegato a stella si vuole determinare il
comportamento del circuito quando questo e collegato ad un sistema di carico.
a) collegamento stella/stella

+
+

1
2
3

Z1

Z2

0'
Z3

Elettrotecnica

13.7

M. Repetto

Fig. 13.15 Collegamento stella/stella


Dato il collegamento generatori/carichi riportato in figura, si voglio determinare le correnti che
scorrono nelle impedenze di carico. Come si puo vedere dalla figura, il sistema risulta formato da
tre rami in parallelo collegati tra i nodi centri stella dei generatori e dei carichi. In questa
configurazione, e conveniente utilizzare il teorema di Millmann per determinare il fasore della
tensione tra i centri stella.
E1 E 2 E3
+
+
Z1 Z 2 Z3
V0'0 =
1
1
1
+
+
Z1 Z 2 Z3
(13.7)
Una volta determinata la tensione V0'0 si possono scrivere le equazioni per ciascun lato del circuito.

Z1

0'

Fig. 13.16 Circuito di fase


Dalla LKT si ottiene:

E1' = E1 V0'0

(13.8)

E ' E V
I1' = 1 = 1 0'0
Z1
Z1

(13.9)

da cui si ricava:

analogamente si ricavano le correnti negli altri due lati.


b) esempio di collegamento stella/stella
Si prende in considerazione il circuito stella/stella in cui il carico e definito da 3 resistori diversi.

R1

R2

0'
R3

Fig. 13.17 Esempio numerico di circuito stella/stella


Supponendo che: E=230 V, R1=1000 , R2=10 , R3=10 , applicando Millmann si ottiene:

Elettrotecnica

13.8

E
E1
E
+ 2+ 3
V0'0 = 1000 10 10
1
1
1
+
+
1000 10 10

M. Repetto

(13.10)

Svolgendo i calcoli si perviene al valore numerico della tensione:


j

2
3

2
230e 3
j

2
2
230e
j
j
+
3
230e
+ 230e 3
10
10
V0'0
=
=
1
1
2
+
10 10
2
2
2
2
230(cos
+ jsin( ) + cos
+ jsin )
3
3
3
3 = 230 = 115V
=
2
2

(13.11)

Fig. 13.18 Diagramma vettoriale delle tensioni dellesempio


Calcolando le tensioni sulle impedenze si ottiene:
E1' = E1 V0'0 E1' = 345V

E 2 ' = E 2 V0'0 E 2 ' = 200V


E3 ' = E3 V0'0 E3 ' = 200V

(13.12)

da cui le correnti nelle impedenze:

E '
345
I1 = 1 I1 =
= 0.345 A
R1
1000
E '
200
I2 = 2 I2 =
= 20 A
R2
10
E '
200
I3 = 3 I3 =
= 20 A
R3
10
c) carico equilibrato a stella

(13.13)

Elettrotecnica

13.9

M. Repetto

Nel caso di carico equilibrato a stella, il procedimento di soluzione visto in precedenza si semplifica
notevolmente. Infatti, applicando Millmann ad un caso di tre impedenze uguali si ha:
= 0448
6447
1
E1 E2 E3
+
+
(E1 + E2 + E3 )
Z
Z
Z
Z
=
=0
V0'0 =
1 1 1
3
+ +
Z Z Z
Z

(13.14)
dato che il sistema di alimentazione simmetrico e puro.
La prima conseguenza della (13.14) e che ogni impedenza e soggetta alla tensione del suo
generatore di fase, quindi tutte le impedenze sono sottoposte alla stessa tensione. La seconda
conseguenza e che tutti i centri stella di carichi equilibrati sono equipotenziali tra loro e con il
centro stella dei generatori.
In caso di sistema trifase costituito da generatori simmetrici e da carichi equilibrati, si puo
utilizzare un sistema di soluzione semplificato che prende in considerazione una sola fase alla volta
detto del circuito monofase equivalente.
Infatti, se due nodi del circuito sono equipotenziali, dal punto di vista elettrico essi sono coincidenti.
Il circuito di fase di figura 13.16 puo essere ridisegnato quindi come:

0=0'
Fig. 13.19 Circuito monofase equivalente
la corrente di fase puo essere quindi calcolata immediatamente come:
E
I1 = 1
Z

(13.15)
le correnti nelle altre fasi, dato il carico equilibrato sono uguali a questa in modulo e sfasate di 2/3.
d) collegamento stella/triangolo

+
+

1
2
3

Z1

Z3
Z2

Fig. 13.20 Collegamento stella/triangolo

Elettrotecnica

13.10

M. Repetto

Dallesame del circuito si ricava immediatamente che le impedenze del carico sono sottoposte alle
tensioni concatenate, si possono quindi immediatamente calcolare come:
V
V
V
I31 = 31
I23 = 23
I12 = 12
Z3
Z2
Z1
(13.16)
queste correnti vengono dette correnti di fase. Le correnti di fase non sono pero le correnti che
circolano nelle linee di collegamento tra i generatori e i carichi che si possono ricavare da queste
attraverso la LKC applicata ad ogni nodo del triangolo:
I1 = I12 I31

I2 = I23 I12
I3 = I31 I 23

(13.17)
queste correnti vengono chiamate correnti di linea. Noti quindi i valori delle impedenze di carico si
possono ricavare prima le correnti d fase e dopo quelle di linea.
Nuovamente in caso di carico equilibrato, la procedura si semplifica. Le tre correnti di fase sono
infatti uguali in modulo ed ugualmente sfasate rispetto alle tensioni applicate formando quindi i
vertici di un triangolo equilatero. Le correnti di linea, che sono le differenze di quelle di fase,
formano invece i lati di questo triangolo e stanno quindi alle correnti di fase nella stessa relazione
che intercorre tra le tensioni di fase e quelle concatenate, percio:
Ilinea = 3Ifase
(13.18)

Fig. 13.21 Diagramma vettoriale delle correnti di linea e di fase nel triangolo equilibrato
13.6 Potenza nei carichi trifase
La potenza nei carichi trifase puo essere ricavata applicando il teorema di Boucherot alla sezione di
ingresso del carico.

Elettrotecnica

13.11

Z1

Z2

Z3

M. Repetto

P, Q
Fig. 13.22 Carico trifase e potenze assorbite
Ad esempio, per un carico a stella si ha che:
S = S1 + S2 + S3
P = P1 + P2 + P3

Q = Q1 + Q2 + Q3

(13.19)
nel caso di carico equilibrato alimentato da un sistema simmetrico di generatori, le potenze
assorbite dalle singole impedenze sono uguali, si ottiene quindi:
P = 3EI cos

Q = 3EIsin

(13.20)

volendo far comparire le tensioni concatenate e considerando che E = V / 3 , si ottiene:

P = 3VI cos
Q = 3VIsin

(13.21)
considerando la potenza complessa data da S = P + jQ , si ha che la potenza apparente e data da:

S = P 2 + Q 2 = 3VI

(13.22)

13.7 Vantaggi e svantaggi del sistema trifase


Il sistema trifase ha diversi vantaggi che lo rendono piu efficiente nellalimentazione dei carichi
industriali, per contro non e particolarmente adatto allalimentazione di tutti i tipi carichi. In
estrema sintesi si puo affermare che i vantaggi del sistema trifase possono essere elencati in:
- maggiore efficienza nella trasmissione dellenergia;
- costanza della componente attiva della potenza istantanea;
- flessibilita nelle trasformazioni elettromeccaniche dellenergia.
Gli svantaggi in:
- non efficiente alimentazione dei carichi monofase.
Nel seguito si dimostreranno i primi due vantaggi e le modifiche che devono essere attuate per
rendere il sistema trifase in grado di alimentare carichi monofase, viene lasciato invece a corsi
successivi la problematica riguardante le trasformazioni elettromeccaniche.
a) trasmissione della potenza

Elettrotecnica

13.12

M. Repetto

Si vogliono confrontare due sistemi di trasmissione della potenza effettuati mediante linee
monofase e trifase. Si considera che entrambe le linee forniscano la stessa potenza a fine linea con
lo stesso fattore di potenza e lo stesso valore di tensione. Si considera altresi che le linee abbiano la
stessa lunghezza e siano realizzate con lo stesso materiale cioe abbiano la stessa conducibilita
elettrica.

R1
P
cos
l
Fig. 13.23 Sistema monofase di trasmissione dellenergia

R3
P
cos
l
Fig. 13.24 Sistema trifase di trasmissione dellenergia
La prima differenza tra i due sistemi e data dal valore efficace delle correnti circolanti sulle linee.
Nel sistema monofase:
P
I1 =
V cos
(13.23)
nel sistema trifase:
P
I3 =
3V cos
(13.24)
come si vede la corrente del sistema trifase e minore rispetto al monofase.
Considerando le resistenze dei fili di linea, si utilizza la seconda legge di Ohm e si lascia come
variabile il valore della sezione:
l
l
R3 =
R1 =
S3
S1
(13.25)
le potenze dissipate sulle linee diventano quindi:

l
l P
P1 = 2 I12 = 2

S1
S1 V cos

(13.26)

Elettrotecnica

13.13

l 2
l
P3 = 3
I3 = 3
S3
S3

M. Repetto
2

P
l P

3V cos = S V cos

(13.27)
per confrontare i due sistemi si puo a questo punto determinare il valore di sezione che rende
uguali le perdite di linea e quindi il rendimento di trasmissione:
2

l P
l P
2
=

S1 V cos
S3 V cos

(13.28)

da cui si ricava:

2
1
=
S1 = S3
(13.29)
S1 S3
cioe, nel sistema trifase e sufficiente una sezione pari alla meta del sietsma monofase per avere lo
stesso rendimento di trasmissione. Nonostante nel sistema trifase siano presenti tre fili, il risparmio
di materiale in termini di volume e dato da:
S1 = 2S3 V1 = 2S1l = 4S3 l, V3 = 3S3 l
(13.30)
da cui si ricava che:
V3 3
=
V1 4
(13.31)
risulta quindi conveniente realizzare le linee di trasmissione delle potenze mediante sistemi trifase.
b) costanza della potenza istantanea
Nei sistemi trifase, con carico equilibrato, le tre componenti delle potenze istantanee, danno luogo
ad una compensazione dei termini tempovarianti legati alle tre fasi, infatti:
pa (t ) = pa1(t ) + pa2 (t ) + pa3 (t )
(13.32)
tenendo conto dello sfasamento di 2/3 tra le fasi, si ricava che:
2
pa (t ) = EI cos [1 cos 2t ] + EI cos [1 cos 2(t )] +
3
2
= + EI cos [1 cos 2(t +
)]
3
(13.33)
i tre termini pulsanti danno luogo ad una terna simmetrica e quindi a risultante nulla, quindi:
pa (t ) = 3EI cos

(13.34)
Nei carichi trifase equilibrati la componente istantanea della potenza attiva coincide con la potenza
attiva. Questo fatto risulta importante nellalimentazione di carichi industriali.
c) alimentazione di carichi monofase
Se il sistema trifase e preferito per i suoi vantaggi nel trasporto dellenergia e nei sistemi
industriali, esso e invece troppo complesso dal punto di vista impiantistico per lalimentazione di
carichi di utenze non industriali come impianti civili o terziari. Come si e messo in evidenza nel
paragrafo 13.5 lalimentazione da parte di un sistema trifase di carichi monofase puo dar luogo a
problemi se il carico risulta squilibrato sulle tre fasi. Nellesempio citato, a fronte di un sistema
simmetrico di alimentazione, una fase aveva un valore di tensione superiore dl 50% rispetto a quella
del generatore. Questo fatto e inaccettabile per la sicurezza degli impianti e deve essere evitato.

Elettrotecnica

13.14

M. Repetto

Una modifica che evita il problema citato, pero in parte riduce gli effetti positivi del sistema trifase,
e costituita dallaggiunta di un quarto filo al sistema. Questo filo viene chiamato filo di neutro e
viene collegato tra il centro stella dei generatori e quello dei carichi.

Z1

Z2

0'
Z3

n
Fig. 13.25 Sistema trifase con neutro
Lo scopo del filo di neutro e quello di annullare la tensione tra i centri stella, in questa maniera
ogni impedenza vede sempre applicata la tensione del generatore di fase indipendentemente dal
valore degli altri carichi. La corrente del neutro e data da:
In = I1 + I2 + I3
(13.35)
il valore della corrente di neutro dipende dal grado di squilibrio del carico, infatti in caso di carico
equilibrato la somma delle tre correnti di fase e naturalmente nulla, quindi In = 0 , mentre in caso
di un unico carico che assorbe corrente diventa uguale alla corrente di linea.
13.8 Struttura delle rete di trasmissione dellenergia
Come si e visto nei paragrafi precedenti, il sistema trifase di alimentazione e di gran lunga
preferibile per la generazione e la trasmissione dellenergia elettrica, mentre non e particolarmente
adatto alla distribuzione agli utenti finali. Per trarre il massimo vantaggio da entrambe le
alimentazioni nella rete esse vengono fatte coesistere. La parte di generazione e trasmissione di
potenza a livello nazionale e regionale viene fatta con sistemi trifase a tre fili. In ambito urbano
invece si procede alla distribuzione di potenza mediante un sistema trifase con neutro. Come
riportato nello schema in figura, il punto di congiunzione tra i due sistemi e effettuato in un
trasformatore. Il trasformatore e una macchina elettrica in grado di variare il livello di tensione tra
due parti della rete. Nel trasformatore che abbassa il livello di tensione da media (MT) a bassa
tensione (BT), viene creato il filo di neutro per la distribuzione.

Elettrotecnica

13.15

M. Repetto

trasformatore MT/BT
3 fili4 fili

MT

AT

MT

BT

G
carichi
industriali
Fig. 13.26 Schema di principio della rete elettrica

carichi
civili

Elettrotecnica

14.1

M. Repetto

Capitolo 14 Cenni di sicurezza elettrica


Come tutte le attivita tecniche, luso dellenergia elettrica comporta rischio di danni per le strutture e per le persone. La
sicurezza elettrica si occupa di fornire le regole per la realizzazione dei sistemi elettrici al fine di ridurre i rischi di danni
in caso di malfunzionamento o guasto al sistema. Nel seguito verranno solo accennati i principali concetti di sicurezza
elettrica.

14.1 Sicurezza elettrica


La sicurezza elettrica e la parte dellingegneria elettrica che si occupa di definire le regole per la
progettazione e realizzazione di componenti e di sistemi elettrici in modo che il loro uso non
comporti danni per gli impianti stessi, le strutture ad essi collegati e le persone che li utilizzano.
Alla base della sicurezza elettrica stanno quindi considerazioni rivolte alla sicurezza degli impianti,
per garantire la loro affidabilita e il loro comportamento corretto in eventuali condizioni di guasto,
e alla salvaguardia delle persone e dei beni da danni possibili derivanti dallenergia elettrica.
Ogni apparecchiatura non e esente da possibilita di guasto, compito della sicurezza e fare si che
al guasto non segua un danno. Dato che i danni, soprattutto alle persone, possono avere in questo
caso conseguenze incalcolabili e necessario fornire le regole per la progettazione, la produzione e
lesercizio delle apparecchiature e sistemi elettrici. Questa via puo essere perseguita in diversi
modi, attraverso lo strumento legislativo o attraverso la normativa tecnica.
Lo strumento legislativo, spesso lento e sostanzialmente immutabile, non consente di seguire gli
sviluppi della tecnica, pertanto, con la legge 186 del 1968, lo stato italiano ha delegato la
regolamentazione della materia elettrotecnica alla normativa tecnica emessa dal Comitato
Elettrotecnico Italiano (CEI). La legge citata contiene solo due articoli, il primo stabilisce che i
sistemi elettrici debbano essere realizzati a regola darte, il secondo articolo stabilisce che i
sistemi realizzati secondo le norme CEI sono a regola darte. Il CEI e' un ente che raggruppa
diversi soci (Consiglio Nazionale delle Ricerche, ENEL ed enti produttori e distributori, Ass.
Nazionale Industrie Elettrotecniche, Ass. Elettrotecnica Italiana etc.) che hanno interesse nella
regolamentazione della materia. Il CEI si articola in Comitati Tecnici specialistici che si occupano
di normare l'attivita' delle diverse discipline elettrotecniche (ad esempio CT64 Impianti elettrici a
bassa tensione). L'aderenza alle Norme nella progettazione e realizzazione di un'apparecchiatura
non e' obbligo di legge, ma le Norme garantiscono una protezione per il progettista e il produttore di
fronte a possibili danni derivanti dallutilizzo dellapparecchiatura.
Il contenuto delle norme riguarda principalmente due filoni: la sicurezza elettrica degli impianti e
quella delle persone.
14.2 Sicurezza degli impianti
La sicurezza degli impianti deve garantire che, in funzionamento normale ed in condizioni di
guasto, non si verifichino danni che possono pregiudicare il funzionamento del sistema e
dell'ambiente circostante. Tra le diverse problematiche che si incontrano in questo argomento, il piu'
importante e' legato alla protezione delle condutture che trasportano la potenza elettrica allinterno
di un impianto. Nel progetto delle linee di trasmissione bisogna infatti tenere conto che e' necessario
un dimensionamento corretto in modo che, nellalimentazione dei carichi, esse non si danneggino.
Nel caso di sistemi elettricine in ambito civile ed industriale il rischio piu' elevato per il
funzionamento delle linee e' costituito dal loro riscaldamento in seguito al passaggio della corrente,
soprattutto di correnti in valore assoluto piu elevate del valore per cui la linea era stata
dimensionata o sovracorrenti.
Una linea di distribuzione industriale e solitamente realizzata in cavo, dove con cavo si intende un
conduttore composto da unanima in materiale conduttore ed un rivestimento in materiale isolante.

Elettrotecnica

14.2

M. Repetto

isolante

conduttore
Fig. 14.1 Cavo per la trasmissione dellenergia elettrica
Dal punto di vista termico, la parte piu delicata del cavo e costituita dal materiale isolante che,
essendo realizzato in materiale organico, non sopporta temperature molto elevate (Tmax=90130).
Superando queste temperature il cavo si danneggia e puo portare ad altre conseguenze provocando
danni elevati, ad esempio corto circuito, propagazione incendio alle strutture circostanti etc.. Per
ogni tipo costruttivo di cavo viene fornita una temperatura massima di esercizio.
La potenza dissipata allinterno del cavo dipende dalla sua resistenza e dalla corrente che lo
attraversa ( PJoule = RcavoI 2 ), questo calore dissipato provvede a fare aumentare la temperatura fino a
che non si raggiunge un equilibrio termico con lambiente circostante. Tipicamente laumento di
temperatura del cavo avviene con andamento esponenziale, simile al caso dei transitori del primo
ordine, e costanti di tempo dellordine dei minuti per valori di corrente nel cavo non troppo elevate.
Il punto di equilibrio con lambiente si realizza a temperature diverse in funzione dello scambio
termico: ad esempio a parita di potenza dissipata un cavo ventilato raggiungera livelli di
temperatura minori di uno chiuso in un cunicolo.
La temperatura massima di esercizio, le condizioni di scambio con lesterno, la sezione del cavo
concorrono a determinare un valore massimo di corrente che puo circolare nel cavo senza
comportare pericoli. Questo valore di corrente viene definito portata del cavo.
Nel progetto di un impianto vengono pertanto scelti cavi la cui portata sia in ogni caso superiore
alla corrente nominale dellimpianto, intesa come corrente massima di progetto e dipendente dalla
potenza dei carichi da alimentare.
Stabiliti i cavi e messo in opera limpianto ogni corrente che supera la corrente nominale crea le
condizioni di sovracorrente che possono essere dannose. Le sovracorrenti possono essere dovute
essenzialmente a due cause:
- sovraccarico: il carico a fondo linea richiede una corrente maggiore della nominale IN<I<8IN.
Questo dipende da una diminuzione dell'impedenza di carico applicata ad una linea integra
dal punto di vista elettrico;
- corto circuito: l'impedenza del carico a causa di un guasto e' esclusa dal circuito e la linea e'
chiusa solo sulla sua impedenza interna. La corrente in questo caso puo' diventare 10-20
volte la corrente nominale dando luogo a intenso riscaldamento per effetto Joule.

Fig. 14.2 Linea in condizioni di corto circuito


a) interruttori automatici
Gli interruttori automatici sono dispositivi in grado di riconoscere la condizione di sovracorrente e
di interrompere il circuito prima che questo subisca danni permanenti. Sono composti da due unita:

Elettrotecnica
-

14.3

M. Repetto

un dispositivo per linterruzione di forti correnti, la presenza di elementi induttivi nel


di
circuito puo creare sovratensioni elevate in presenza di termini
ragguardevoli;
dt
un elemento sensibile (rele) che e in grado di percepire la sovracorrente e inviare il
comando di apertura del circuito. Gli elementi sensibili devono essere in grado di intervenire
tempestivamente in caso di sovracorrenti di sovraccarico o di corto-circuito.

b) interruttore termico e magnetico


In caso di sovraccarico la temperatura del conduttore aumenta in maniera graduale, dato che le
costanti di tempo termiche del sistema sono solitamente dell'ordine delle decine di secondi, e'
importante interrompere la corrente solo quando la temperatura diventa effettivamente pericolosa.
In questo modo si possono tollerare sovraccarichi temporanei e garantire la continuita' del servizio
senza interruzioni non necessarie. Per fare questo il rele termico agisce valutando lenergia termica
nel cavo. Considerando che la corrente di sovraccarico sia costante in valore efficace, lenergia
dissipata in un certo tempo e data da:

WJ = PJ dt = RI 2dt = RI 2t

(14.1)
come si puo vedere dalla formula, dato un certo livello di energia a cui il rele invia il comando di
apertura, il tempo richiesto per raggiungere questo valore dipende dal valore quadratico di corrente
che transita nel cavo.
Quando la corrente che transita nel cavo e molto elevata, la temperatura del sistema puo salire
vertiginosamente in frazioni di secondo dando luogo a fenomeni distruttivi. In questo caso il tempo
di intervento dellinterruttore termico puo risultare troppo lungo e si preferisce usare un rele
magnetico che garantisce linterruzione della corrente non appena questa supera un certo valore di
soglia.
Dato che entrambe le caratteristiche di intervento sono richieste nellimpianto, molto spesso i due
rele vengono combinati in ununica apparecchiatura detta interruttore magneto-termico. La
caratteristica di intervento di un interruttore magneto-termico e riportata in figura.

zona di non
intervento

interruttore di
potenza

intervento
termico

rele' termico

intervento
magnetico

rele' magnetico

Fig. 14.3 Caratteristica di intervento di un interruttore magneto-termico

Elettrotecnica

14.4

M. Repetto

14.3 Sicurezza elettrica delle persone


L'utilizzo dell'energia elettrica e' potenzialmente pericoloso, come testimoniano i numerosi incidenti
che avvengono sia in ambiente lavorativo che domestico. Compito della sicurezza elettrica e'
mantenere minimo il rischio di danno per le persone in caso di guasto. Al fine di definire i livelli di
pericolosita e le sicurezze necessarie in un impianto, e necessario prima definire quali siano i
rischi.
a) effetti della corrente elettrica sul corpo umano
La pericolosita delle corrente elettrica che attraversa un essere vivente e legata al fatto che gli
esseri viventi utilizzano impulsi elettrici per trasmettere i comandi dalle unita' nervose centrali e
periferiche agli organi attuatori (muscolatura). Lentita di queste correnti fisologiche e molto
piccola, dellordine dei A, qualsiasi corrente di origine esterna che passi allinterno dellorganismo
crea quindi disturbi ed interazioni con le funzioni vitali dellorganismo, piu o meno gravi in
funzione della sua intensita, della durata della corrente e del percorso.
I principali effetti della corrente possono essere riassunti in:
- tetanizzazione: la corrente elettrica viene interpretata dai muscoli come uno stimolo di
contrazione, se la corrente e' elevata la contrazione puo' essere spasmodica e non
controllabile dalla persona;
- asfissia: se la corrente interessa i muscoli del torace la mancanza di movimenti respiratori
puo' condurre all'asfissia;
- fibrillazione cardiaca: se la corrente interessa il muscolo cardiaco si puo' instaurare un
movimento incoerente del muscolo caridaco che non e' piu' in grado di pompare il sangue, il
fenomeno e' irreversibile anche alla rimozione della corrente;
- ustioni: il passaggio della corrente puo' creare riscaldamento per effetto Joule e quindi
ustioni anche molto profonde dato che il calore e' generato all'interno del corpo.
b) livelli normativi
In seguito a queste caratteristiche e a studi scientifici, le norme elettriche stabiliscono alcuni limiti:
- Limite di percezione: valore limite al di sotto del quale la corrente non viene percepita: 0.5
mA;
- Limite di pericolosita': valore limite al di sopra del quale la corrente puo' innescare
fenomeni fisiologici e danni irreversibili: 10 mA;
- Curva di pericolosita': relazione tempo-corrente che stabilisce la durata massima di una
corrente che non innesca fenomeni irreversibili, data da:
10
[I]=mA, [t]=s
I = 10 +
t
(14.2)
-

Impedenza del corpo umano: e' un valore variabile in funzione della frequenza e della
tensione, a 50 Hz e 230V si assume
ZU RU = 1000
(14.3)
Una volta che siano stabiliti i valori massimi di corrente ed il valore di impedenza del corpo umano
si puo definire quale sia il valore di tensione massimo sopportabile da una persona senza incorrere
in danni permanenti. Applicando la legge di Ohm, si ottiene:

V = RU I = 1000 * 10 * 10 3 = 10V

(14.4)
questo valore limite di tensione, molto basso rispetto ai valori di tensione presenti ad esempio in un
impianto domestico, si intende applicato direttamente alla persona. In realta', a parte casi particolari,

Elettrotecnica

14.5

M. Repetto

la persona ha una serie di isolamenti supplementari che ne aumentano la resistenza (calzature,


vestiario, pavimenti isolanti etc.), percio le norme specificano valori lievemente piu alti.
La tensione di contatto UL viene definita come il valore massimo di tensione, a cui puo' essere
sottoposta una persona, dato che si e detto questo valore dipende da eventuali resistenze
addizionali che il corpo umano presenta alla corrente, le norme specificano valori diversi in
funzione dellambiente in cui la persona si trova:
- in ambienti ordinari (civile, terziario), dove la persona ha solitamente un valore di resistenza
addizionale piu elevato:
UL = 50V
(14.5)
- in ambienti speciali, bagni, piscine, cantieri, luoghi ad uso medico etc., dove la persona puo
venire direttamente in contatto con la tensione senza protezioni addizionali:
UL = 25V
(14.6)
Le norme specificano anche due tipi di contatto tra la persona e la tensione:
- contatto diretto: contatto con una parte nominalmente in tensione dell'impianto, ad esempio
un conduttore senza isolamento; questo contatto e' solitamente prevenuto da barriere isolanti
che dovrebbero impedire il contatto accidentale;
- contatto indiretto: contatto con una parte conduttrice normalmente non in tensione
dell'impianto; questo contatto e' causato da un difetto di isolamento delle parti in tensione
all'interno dell'apparecchiatura. Si definisce massa quindi una parte conduttrice che puo'
andare in tensione in seguito ad un difetto di isolamento.

+
E
Fig. 14.4 Parte metallica in tensione in seguito ad un difetto di isolamento
c) potenziale di terra
Le tensioni sono definite come differenze di potenziale tra due punti. Nel caso di contatti tra un
circuito ed un punto esterno e necessario definire un potenziale di riferimento. Il terreno circostante
uninstallazione e in maniera minore o maggiore un materiale conduttore, percio, in condizioni
statiche, si comporta come una superficie equipotenziale. Questo potenziale viene definito
potenziale di terra ed un punto al potenziale di terra, solitamente preso come valore di zero Volt, e
definito dal simbolo riportato in figura.

V=0
Fig. 14.5 Simbolo di un punto a potenziale di terra
I circuiti in bassa tensione, utilizzati ad esempio nella distribuzione domestica, sono per legge messi
a terra in un punto in modo da vincolare il loro potenziale a quello della zona circostante.
Se, in caso di guasto, una corrente viene dispersa nel terreno, questa incontra una resistenza dovuta
alla resistivita' del terreno ed alle sezioni di passaggio. A questo punto, il terreno non e piu
equipotenziale, dato che sussiste una caduta di tensione ohmica. Noto il valore di resistenza che la

Elettrotecnica

14.6

M. Repetto

corrente incontra fluendo dal punto di iniezione fino allinfinito, detto resistenza di terra, si puo
determinare il valore di potenziale a cui si porta il punto di iniezione rispetto al potenziale di terra.

P
RT
V=0
Fig. 14.5 Collegamento di terra
VP = RT I

(14.7)

d) circuito di guasto
Come si e accennato in precedenza, un circuito di distribuzione e collegato a terra in un punto. Un
collegamento a terra dovuto ad un guasto in un altro punto, crea una maglia attraverso cui puo
circolare corrente, come descritto in figura.

fase

+
E
neutro

terreno
Fig. 14.6 Circuito di guasto verso terra
Dal punto di vista elettrico, la corrente di guasto puo essere calcolata dalla LKT applicata al
sistema circuitale riportato in figura:

Elettrotecnica

14.7

M. Repetto

RU

RTN

RTU
V=0

Fig. 14.7 Equivalente elettrico del circuito di guasto


E
Ig =
RTN + RU + RTU

(14.8)
dove: RTN e la resistenza della messa a terra del circuito, solitamente trascurabile, RU e la
resistenza del corpo umano e RTU e la resistenza addizionale interposta tra il corpo umano e la
terra. Nel caso peggiore la RTU e nulla, ad esempio nel caso di una persona sotto la doccia, e quindi
la corrente di guasto diventa:
E
230
Ig =
=
= 0.23 A >> 10mA
RU 1000
(14.9)
questo valore di corrente molto superiore al limite di pericolosita' imposto dalle norme per le
persone, non viene interrotto dalle protezioni magnetotermiche dato che il suo valore assoluto e'
basso rispetto alla corrente nominale dellimpianto, e puo' quindi permanere nel circuito con
conseguenze letali.
e) protezione differenziale
Al fine di evitare che il guasto crei quindi danni irreparabili e' necessario identificare il circuito
affetto da guasto ed interrompere l'alimentazione prima che la corrente superi la curva di
pericolosita', pero, come si e' gia' messo in evidenza, le correnti pericolose sono molto piccole e
quindi non si possono utilizzare le protezioni adottate per le sovracorrenti.
La protezione differenziale e costituita da un interruttore automatico con rele differenziale che
permette di identificare un circuito che, a causa di un difetto di isolamento, disperde corrente al di
fuori del circuito, Questo tipo di protezione viene anche comunemente chiamato interruttore
salvavita. La protezione, infatti, puo' essere tarata per intervenire per correnti dell'ordine delle
decine di mA e quindi puo' efficacemente prevenire i danni alle persone.
La protezione differenziale agisce in base alla considerazione che in un circuito elettricamente sano
tutta la corrente che arriva allimpianto sul filo di fase ritorna al generatore sul filo di neutro. In
caso di guasto verso terra, invece, si ha la formazione di un nodo con conseguente dispersione di
corrente nel terreno. In questo caso la corrente di fase e la corrente di neutro sono diverse e questo
e indice di un malfunzionamento del circuito che viene interrotto. Nei rele' differenziali
comunemente utilizzati negli impianti civili la corrente differenziale I e' solitamente tarata a 30
mA. Anche se questo valore e superiore alla soglia di pericolosita di 10 mA, il tempo di intervento
dell'interruttore garantisce di essere all'interno della curva di sicurezza.

Elettrotecnica

14.8

M. Repetto

f) impianti di terra
Il rele' differenziale permette rilevare un difetto di isolamento verso terra, ma questa indicazione ha
bisogno di una corrente che fluisca nel terreno. Se la massa dell'utilizzatore e' isolata da terra il
difetto di isolamento verso massa puo' permanere nel sistema fino a quando, accidentalmente, non
si stabilisca un collegamento a terra che fa scattare il differenziale, ad esempio una persona entra in
contatto con la massa. Un contatto deliberato di tutte le masse con la terra garantisce che:
- la protezione differenziale scatti non appena si verifica il difetto di isolamento;
- il potenziale di tutte le masse sia vincolato ad essere lo stesso e vicino a quello dellambiente
circostante, garantendo lequipotenzialita di masse metalliche che possono essere toccate
da una persona;
- il valore di resistenza di terra sia tale da far scattare sicuramente la protezione differenziale.
Limpianto di terra e quindi tutto il sistema di conduttori che consente di collegare a terra le masse
dellimpianto contemporaneamente al loro collegamento alla rete elettrica. Lo schema di massima
di un impianto di terra e riportato in figura.

filo giallo-verde

fase

massa

neutro
masse
estraneee

collettore, nodo
principale di terra

collegamento
equipotenziale

dispersore

conduttore
di terra

pozzetto
dispersore

Fig. 14.8 Schema di principio di un impianto di terra.

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