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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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art. 32: “La repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
art. 35: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni….”;
art. 41: “ L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con
l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana….”.
art. 2050: “Chiunque cagiona danni ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa,
per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento se non prova
Dottrina e giurisprudenza hanno chiarito che il termine “imprenditore” va inteso nel senso
punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni; se dal fatto deriva un disastro o un
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Il Decreto legislativo 9/4/2008 n.81, noto come “testo unico sulla sicurezza nei luoghi di
lavoro” riporta norme generali e particolari di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro; il
decreto contiene, con significative novità, le prescrizioni che erano comprese in disposizioni di
Tra le altre disposizioni di legge in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro è opportuno
segnalare in particolare:
il DPR 22/10/2001 n.462 sulle verifiche degli impianti di terra, dei dispositivi
di protezione contro le scariche atmosferiche e degli impianti nei luoghi con pericolo di
esplosione;
radiazioni ionizzanti.
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Le Norme emanate dal CEI sono classificate in base al Comitato Tecnico compilatore e
contrassegnate dal numero distintivo, dall’anno di edizione e dal numero di fascicolo. Per esempio,
la Norma CEI 64/8, dal titolo ‘Impianti Elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a
1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua’, è stata redatta dal Comitato Tecnico
64. Tale Norma è di particolare importanza in quanto costituisce il riferimento per la realizzazione
degli Impianti Elettrici secondo la regola dell’arte, seguendo quanto espressamente previsto dalla
L.186/68 e dal D.M.37/08 in merito alla sicurezza degli Impianti tecnici degli Edifici.
Allo scopo di pervenire ad una normalizzazione per quanto possibile armonica è sorta
l’International Electrotechnical Commission (IEC), che raccoglie tutti i paesi industrializzati del
mondo. La diversità delle norme nazionali costituisce un problema, per la cui eliminazione sono
sorti il CEN (Comitato Europeo Norme) e, per il settore elettrico, il CENELEC (Comitato Europeo
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normativi a livello nazionale (per l’Italia, CEI), europeo (CENELC) e mondiale (IEC).
La conformità alle norme assume aspetti diversi, a seconda che riguardi i singoli componenti
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Esistono due segni grafici corrispondenti a due diversi accertamenti della conformità del
prodotto alle norme CEI: il contrassegno CEI ed il marchio IMQ. Il Contrassegno CEI viene
applicato dal costruttore ai prodotti che, secondo il suo parere, corrispondono alle norme CEI
Su alcuni prodotti il costruttore può richiedere la concessione d’uso del marchio IMQ
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approvazione del prototipo: il prototipo supera le prove di tipo previste nelle norme
CEI corrispondenti;
Il marchio di qualità fornisce, quindi, maggiori garanzie all’utente rispetto al contrassegno CEI.
La sicurezza potrebbe avere grandi incidenze commerciali, cosicché per evitare intralci allo
scambio fra gli Stati membri, la Comunità Europea ha emanato la cosiddetta “direttiva bassa
tensione”. La direttiva in questione è stata recepita in Italia con la legge 18-10-1977 n.791.
Condizione sufficiente per ritenere un prodotto sicuro secondo la legge 791/77 è la rispondenza alle
norme armonizzate del CENELEC. Un prodotto conforme alle prescrizioni di una direttiva deve
portare il simbolo CE (Figura 4), qualora la direttiva stessa lo preveda. E’ il costruttore ad apporre il
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indicati nel decreto stesso. Oltre certi limiti dimensionali, stabiliti in funzione del tipo di impianto, è
L’impresa installatrice deve rilasciare al termine dei lavori una dichiarazione di conformità
La regola dell’arte non necessariamente si identifica con la norma CEI. Seguire le norme
CEI è condizione sufficiente, ma non necessaria, per costruire un apparecchio o per realizzare un
impianto a regola d’arte. Le norme CEI costituiscono un preciso riferimento tecnico, ma non
esclusivo, stabilendo esse un livello di sicurezza ritenuto sufficiente, con il quale occorre
Se è vero che le norme CEI non sono norme di legge, va precisato che, secondo la
legge 186/68, al DLgs 81/08 e DM 37/08 le norme CEI sono riconosciute regola dell’arte nel settore
Le norme CEI si “applicano agli impianti nuovi ed alle trasformazioni radicali degli impianti
esistenti”, così come esplicitamente chiarito nell’oggetto delle norme per gli impianti elettrici. Per
quanto riguarda gli impianti preesistenti, occorreranno comunque attente valutazioni per conseguire
un livello di sicurezza che, seppure inferiore a quello di un nuovo impianto, dovrà pur essere
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Infortuni elettrici
Gli infortuni elettrici sono equamente divisi tra domestici e non domestici. I luoghi più
pericolosi, dal punto di vista elettrico, sono i cantieri edili ed i locali da bagno o per doccia. La
maggior parte degli infortuni sono causati dagli impianti di bassa tensione non conformi alla regola
dell’arte, ed in minor misura dai componenti elettrici e dall’errore umano che prevale nei lavori
elettrici. Gli infortuni elettrici sono più frequenti nei mesi estivi, a causa di calzature e vestiti più
Senza pretesa di essere esaustivi, almeno per il momento, si può osservare che gli infortuni
derivanti dall’utilizzo di dispositivi connessi agli impianti elettrici, dipendono, essenzialmente, dal
Come sarà chiarito nel seguito del corso, il primo caso è riconducibile ai cosiddetti contatti
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si riferisce, ad esempio, al contatto con l’involucro metallico di un apparecchio utilizzatore (si pensi
ad esempio un elettrodomestico) che a sua volta, benché normalmente non intensione, può venire a
trovarsi in tensione qualora, ad esempio, per perforazione dell’isolante di un cavo, c’è contatto tra
l’involucro e un conduttore.
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Per ciascuna delle condizioni descritte, le Norme CEI stabiliscono specifici accorgimenti da
approntare al fine di garantire i requisiti minimi di sicurezza. L’oggetto di questo corso è dunque, lo
studio degli strumenti atti a comprendere ed affrontare le tematiche inerenti alla sicurezza negli
tematiche inerenti alla sicurezza negli impianti elettrici, è necessario conoscere il sistema elettrico, i
suoi componenti costituenti e le sue modalità di funzionamento. Inoltre, per lo studio di tali
tematiche è necessario avere solide conoscenze dei fenomeni elettrici e della risoluzione dei circuiti
elettrici, per mezzo dei quali è possibile analizzare, progettare e gestire gli impianti elettrici.
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Bibliografia
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“BREVI RICHIAMI DI ELETTROTECNICA”
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1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 POTENZA ED ENERGIA ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3 CORRENTE CONTINUA E CORRENTE ALTERNATA ----------------------------------------------------------- 11
4 I BIPOLI NEI CIRCUITI IN CORRENTE CONTINUA ------------------------------------------------------------- 12
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16
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1 Introduzione
Il funzionamento dei componenti elettrici impiegati per la produzione, il trasporto, la
fenomeni elettromagnetici.
studio delle forze che agiscono sulle cariche ferme e in movimento. In particolare, si può definire un
campo elettrico misurando la forza che agisce su una carica ferma e un campo magnetico misurando
la forza che agisce su una carica in movimento. Lo studio dei fenomeni elettromagnetici si basano
sulle leggi di Maxwell, che legano le interazioni tra i campi elettrici e magnetici, e sulle leggi che
Allo scopo di semplificare, dove possibile, la realtà fisica pur garantendo l’accuratezza dei
risultati ottenuti, è possibile anche condurre lo studio sulla base della teoria dei circuiti elettrici: è
questo l’approccio proposto dall’Elettrotecnica. Nell’ambito della teoria dei circuiti, i sistemi
soggetti a fenomeni elettromagnetici sono modellati con dispositivi elettrici collegati tra loro
dispositivi elettrici. I dispositivi elettrici sono oggetti fisici a due o più terminali utilizzati per
collegarli elettricamente tra loro. I terminali prendono anche il nome di morsetti; il dispositivo
caratterizzato da due terminali prende anche il nome di bipolo. Esempi di dispositivi elettrici sono:
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carico elettrico.
tensioni tra i terminali dei singoli componenti che costituiscono il circuito. Le correnti che circolano
all’interno dei conduttori costituenti, ad esempio, le linee elettriche, possono essere concepite come
dei movimenti ordinati di cariche, dovuti alla differenza di potenziale esistente tra gli estremi del
conduttore stesso (ovvero i terminali delle linee). La conoscenza di tensioni e correnti permette di
conoscere tutte le informazioni necessarie ad analizzare o a progettare i sistemi così costituiti. Per
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2 Potenza ed Energia
In un circuito elettrico, altre grandezze fondamentali sono la potenza e l’energia che,
tuttavia, possono essere derivate dalla conoscenza di tensioni e correnti. Per introdurre
intuitivamente il concetto di energia e potenza, si faccia riferimento alla Figura 3, in cui è riportato
Le due linee si assumono essere ideali, ovvero non dissipano alcuna energia.
Nel semplice circuito di Figura 3, il generatore immette una potenza elettrica nel circuito, partendo
dalla potenza fornita da una fonte esterna. Il carico, invece, assorbe potenza dal circuito e la eroga
verso l’esterno. Ad esempio, il generatore elettrico potrebbe essere una batteria, che fornisce
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Il trasferimento dell’energia dal generatore al carico avviene per mezzo delle linee, al cui interno si
muove il flusso di cariche, ovvero circola una corrente. Tale flusso è rappresentato in Figura 4.
Nella Figura 4 è mostrato la corrente elettrica che circola nel circuito. Il flusso di cariche
entra nel generatore dal morsetto a potenziale minore (morsetto negativo), aumenta la sua energia
potenziale grazie al lavoro fornito dal generatore stesso (sfruttando cioè l’energia immessa dalla
fonte esterna) e, poi, esce dal morsetto a potenziale maggiore (morsetto positivo). L’opposto accade
al carico elettrico, dove la corrente entra attraverso il morsetto positivo, diminuisce spontaneamente
la propria energia potenziale cedendo energia all’esterno e poi esce dal morsetto negativo.
Sulla base di tali premesse è ora possibile definire la potenza e l’energia elettrica.
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L’energia elettrica può essere, quindi, definita come una forma di energia dovuta ad un
flusso di cariche che si muovono all’interno di un conduttore elettrico quando ai suoi capi c’è una
differenza di potenziale. L’energia elettrica si indica con E(t) e, in accordo al Sistema Internazionale
(SI) è misurata in Joule, il cui simbolo è J. La potenza elettrica è indicata con P(t) ed è definita
La potenza elettrica si misura nel SI in Watt (il cui simbolo è W). Ne deriva che l’unità di
simbolo è kWh.
Ovviamente, esiste una relazione matematica che lega la potenza, la corrente e la tensione: la
potenza P(t) fornita o erogata da un dispositivo elettrico è data, istante per istante, dal prodotto della
Da tale espressione deriva che l’unità di misura della potenza è pari al prodotto dell’unità di
W=A ∙V
Per la potenza elettrica scambiata da un dispositivo elettrico con il resto del circuito occorre
scegliere una convenzione di segno. A partire dal verso della tensione e della corrente che si
misurano ai morsetti di un dispositivo, è possibile definire due convenzioni di segno per la potenza:
la convenzione del generatore e quella dell’utilizzatore. In Figura 5 sono mostrate le seguenti due
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- nella convenzione del generatore il verso della corrente i(t) è concorde con il verso
- nella convenzione dell’utilizzatore il verso della corrente i(t) è discorde con il verso
sceglie, invece, la convenzione dell’utilizzatore si dirà “potenza assorbita”. Si noti che il segno della
Figura 6, con i versi di corrente e tensione indicati, ne consegue che sul generatore è stata scelta la
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Una volta risolto il circuito, se, come nel caso rappresentato, la tensione e la corrente hanno
effettivamente i versi indicati in figura, il bipolo “generatore elettrico” erogherà potenza P G(t) verso
il circuito elettrico (per cui la PG(t)>0) mentre il bipolo “carico elettrico” assorbirà potenza PC(t) dal
circuito elettrico (per cui PC(t)>0). Si noti infine, che per il “principio di conservazione delle
potenze” la potenza erogata dal generatore PG(t) deve essere uguale a quella assorbita dal carico
PC(t), essendo le linee prive di perdite (ovvero anche, la somma di tutte le potenza assorbite (o
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nel tempo delle grandezze elettriche che ne caratterizzano il funzionamento, quali la corrente e la
tensione.
Nel caso che tutte le correnti e le tensioni nel circuito assumono valori costanti nel tempo,
Un caso di notevole importanza applicativa nel caso in cui tutte le tensioni e correnti
assumono valori variabili nel tempo è quello in cui la legge di variazione delle grandezze elettriche
“correnti alternate” e “tensioni alternate”, rispettivamente, e si dice che il circuito opera in “regime
15 40
20
10
tensione (V)
tensione (V)
5
-20
0 -40
0 2 4 6 8 10 0 20 40 60 80 100
tempo [s] tempo [s]
Fig. 7. Andamento nel tempo nel caso di tensione: continua (a), regime sinusoidale (b).
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sono modelli che descrivono il comportamento di un dispositivo elettrico dotato di due morsetti per
la loro connessione. La Figura 8 rappresenta un bipolo, dove sono evidenziate la corrente I in uscita
Fig. 8. Bipolo.
Un bipolo è caratterizzato da una legge fisica, nota come la “caratteristica del bipolo”, che
V=f(I)
In particolare, un bipolo si dice ideale se la sua caratteristica è una funzione f lineare, con un
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il resistore ideale,
conduttore percorso da una corrente elettrica si riscalda. Ciò è dovuto ad una trasformazione di
energia elettrica in calore: tale è il cosiddetto “effetto Joule”. Il resistore è un bipolo dissipativo che
rappresenta un conduttore elettrico che trasferisce all’esterno, sottoforma di calore dovuta all’effetto
La caratteristica del resistore è data dalla legge di Ohm che, nel caso della convenzione
dell’utilizzatore, si scrive:
V=RI
dove R è detta resistenza del bipolo ed è misurata in ohm (Ω). Il simbolo grafico del
R V
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dimensioni del conduttore stesso. Nel caso di un conduttore cilindrico è possibile applicare la ben
nota relazione
R= l/S
dove si è indicato con l la lunghezza del conduttore e con S l’area della sua sezione
P=V I
P=R I2
qualunque valore di potenza elettrica mantenendo sempre costante la tensione ai suoi morsetti. La
V=E
ovvero, la tensione V che si misura ai capi del generatore è sempre costante e pari alla forza
rappresentato il simbolo del bipolo generatore di tensione (a) ed il simbolo del corto circuito (b).
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a) b)
Fig. 10 Simbolo grafico del generatore di tensione ideale (a) e del corto circuito (b)
qualunque valore di potenza elettrica mantenendo sempre costante la corrente circolante tra i suoi
I=J
corrente è il generatore ideale di corrente nulla, ovvero il cosiddetto circuito aperto la cui
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“BREVI RICHIAMI SUI CIRCUITI IN
CORRENTE CONTINUA”
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continua
1 Principi di Kirchhoff
Un circuito elettrico è formato da una rete di bipoli connessi tra loro. Un esempio di circuito
convergono almeno due bipoli e le maglie, cioè tutti i possibili percorsi chiusi costituiti da bipoli.
Oltre alle caratteristiche dei bipoli, vi sono altre due leggi che regolano le tensioni e le
in un nodo la somma algebrica delle correnti dei bipoli che vi confluiscono è in ogni istante
in una maglia la somma algebrica delle tensioni relative ai bipoli che formano la maglia è in
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continua
Per applicare questi principi occorre definire arbitrariamente un verso positivo per le correnti
che attraversano un nodo e un verso per le tensioni presenti in una maglia come riportato in Figura
3, per le correnti, ed in
Con riferimento alla Figura 3, se scegliamo come positivo il verso delle correnti entranti dal
I1-I2-I3=0
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Con riferimento alla Figura 4, se scegliamo come positivo il verso di circolazione antiorario
-V1+V2+V3=0
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continua
2 Bipoli equivalenti
Due bipoli si dicono collegati “in serie” quando hanno un morsetto in comune e in essi
Due bipoli si dicono collegati “in parallelo” quando hanno due morsetti in comune e in essi,
Si noti che in entrambi i casi, le relazioni si possono generalizzare per un qualsiasi numero
di bipoli.
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continua
3 Teorema di Thévenin
Un circuito comunque complesso, costituito da bipoli ideali, può essere, poi, ridotto ad un
circuito elementare costituito dalla serie di un generatore ideale di tensione Eeq e di un resistore Req,
Tale riduzione può essere fatta per mezzo del teorema di Thévenin. In tal caso:
e B della rete originaria, cioè è la tensione che si registra tra A e B quando tali morsetti sono
aperti;
generatori di tensione con corto circuiti e sostituire i generatori di corrente con circuiti aperti.
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i1 R1 B
A
v1 i2 ic
R2
vt v2 vc
i3
D C
v3
Fig. 7 Esercizio
Dati noti:
R1 = 10 Ω
R2 = 40 Ω
vt = 100 V
ic = 10 A
Risposta
Risolvere un circuito vuol dire determinare correnti e tensioni in tutti i lati del circuito. Nel
i lati sono costituiti dai bipoli costituenti il circuito (nel caso in esame due generatori,
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i nodi sono i terminali (o morsetti) dei bipoli, attraverso cui si collegano i bipoli tra
loro (nel caso in esame sono stati indicati con le lettere A, B, C e D).
Si può dimostrare che, per il primo principio di Kirchhoff è possibile scrivere (n-1)
equazioni linearmente indipendenti (nel caso in esame, quindi, 3) e per il secondo principio di
nodo A:
nodo B:
nodo D:
, ovvero
maglia ABCD:
maglia vc, R2 :
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(chiaramente, ne sono in egual numero al numero di bipoli, quindi l=5, nel caso in esame).
lato AB :
lato BC:
lato CD:
lato AD:
Al fine di verificare la correttezza della soluzione trovata, è possibile verificare che sia
soddisfatto il principio della conservazione delle potenze. All’uopo si può calcolare la potenza
Generatore di tensione:
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Generatore di corrente:
Resistore R1:
Resistore R2:
È interessante notare che, mentre i due resistori assorbono entrambi potenza positiva, com’è
naturale che sia, dato che si tratta di bipoli passivi, per i generatori il segno della potenza è discorde
nei due casi: nel caso del generatore di tensione la potenza assorbita è positiva, nel caso del
generatore di corrente è negativa. Ciò vuol dire che, mentre tutta la potenza occorrente al circuito è
fornita interamente dal generatore di corrente, quello di tensione si sta invece comportando da
al circuito di Figura 8.
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R1 R2 R3
Fig. 8 Esercizio
Dati noti:
Risposta
Figura 9 con i principi di Kirchhoff o altri metodi più rapidi, che, tuttavia, non sono oggetto dei
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A
i1 i2 i3
R1 R2 R3
Fig. 9
Tuttavia, si può osservare che per uno dei tre lati del circuito si può applicare la legge di
A
i2
v2 R2
vAB
vt2
Fig. 10
ovvero
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da cui:
Vale la pena osservare che la formula così derivata vale per un qualsiasi numero di bipoli
del tipo rappresentato in Figura 9 (costituiti, cioè dalla serie di un generatore e da un resistore) e
collegati in parallelo. Per n bipoli, la formula così ottenuta può essere generalizzata come:
La formula così derivata, prende il nome di teorema di Milmann che, come si vedrà, sarà
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Infine, per calcolare la Req, sarà sufficiente calcolare il bipolo equivalente delle tre resistenze
collegate in parallelo del circuito di Figura 11 (dove, cioè, ciascun generatore di tensione è stato
R1 R2 R3
Fig. 11
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Re i
q
A
Vo
v
Fig. 12
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Bibliografia
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“BREVI RICHIAMI SUI CIRCUITI IN
CORRENTE ALTERNATA”
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 I BIPOLI ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3 L’IMPEDENZA ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
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1 Generalità
Una generica grandezza a(t) si dice in regime sinusoidale se la sua variazione nel tempo può
casi di nostro interesse, l’unità di misura adoperata è il volt per la tensione e l’ampere per la
corrente;
compiere una intera oscillazione, ovvero è il tempo che separa due ‘picchi’ successivi della
funzione;
(rad/s);
- la fase iniziale φA, che è lo spostamento sull'asse delle ascisse della sinusoide
rispetto ad una generica origine dei tempi o ad una analoga grandezza, presa come
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ФA/ω
T
Am
valore efficace è definito come il rapporto tra l’ampiezza massima AM della sinusoide e il
coefficiente √2.
Molto utile nel campo della risoluzione dei circuiti elettrici in regime sinusoidale è la
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Ф = Ф A ̅ Ф B.
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2 I bipoli
In regime sinusoidale i bipoli ideali che compaiono nei circuiti sono:
• il resistore ideale,
• l’induttore ideale,
• il condensatore ideale.
Il generatore ideale di tensione è un bipolo attivo che mantiene fissa la tensione ai suoi
corrente, indipendentemente dalla tensione che si registra ai suoi morsetti; la sua caratteristica è:
In Figura 17 sono rappresentati i simboli grafici del generatore di tensione (a) e di corrente (b).
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potenza elettrica che lo attraversa in calore per “effetto Joule”; la sua caratteristica è:
v(t) = R × i(t)
dove R è la resistenza del bipolo resistore. La potenza elettrica P(t) assorbita all’istante t da
un resistore R è data dal prodotto della tensione v(t) per la corrente i(t):
P (t)= R i2(t).
spire, che, creando un campo magnetico quando è attraversato da una corrente variabile nel tempo,
caratteristica dell’induttore è:
dove L, il coefficiente di proporzionalità tra tensione e variazione nel tempo della corrente
mezzo costituito da un materiale dielettrico. Tale bipolo è in grado di immagazzinare energia al suo
interno sotto forma di campo elettrico e di cederla nuovamente al circuito. La sua caratteristica è:
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dove il parametro C, coefficiente di proporzionalità tra corrente e variazione nel tempo della
tensione ai capi del condensatore, è detto capacità del bipolo e si misura in farad (F). L’energia
In Figura 18 sono rappresentati gli schemi grafici dei bipoli resistore (a), induttore (b) e
condensatore (c).
Fig. 18. Schemi grafici dei bipoli resistore (a), induttore (b) e condensatore (c)
Fig. 18. Schemi grafici dei bipoli resistore (a), induttore (b) e condensatore (c)
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3 L’impedenza
Il concetto d’impedenza è utile nei circuiti in regime sinusoidale poiché permette di ottenere,
esattamente come accade per il resistore, un legame di proporzionalità pura tra tensione e corrente
Dette, quindi, v(t) e i(t) la tensione e la corrente, entrambe sinusoidali, del generico bipolo,
l’impedenza, indicata con (Figura 19), è una grandezza fisica che identifica il bipolo in
regime sinusoidale, e che è in grado di esprimere un legame di pura proporzionalità tra le due
- il modulo Z è pari al il rapporto tra i valori massimi della tensione v(t) e della corrente i(t)
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Chiaramente, il modulo dell’impedenza si misura in ohm (Ω) e la sua fase in radianti (rad).
Nel caso del resistore, quindi, essendo lineare il legame tensione corrente:
v(t) = R i(t)
ne consegue che l’impedenza ha modulo pari al valore della resistenza e fase nulla.
Nel caso dell’induttore, invece, tale bipolo sfasa la corrente in quadratura di fase rispetto alla
tensione (cioè esiste tra tensione e corrente uno sfasamento di 90° ovvero π/2 rad); inoltre, la
corrente è in ritardo rispetto alla tensione. In questo caso, quando la tensione è massima (o minima)
e la sua fase è
Nel caso del condensatore, tale bipolo sfasa la corrente in quadratura di fase ma, a differenza
del caso precedente, in anticipo sulla tensione. Anche in questo caso, quando la tensione è massima
pari a
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e la sua fase è
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Bibliografia
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“IL METODO SIMBOLICO”
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 I FASORI ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 4
3 IL METODO SIMBOLICO -------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
BIBLIOGRAFIA ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
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1 Generalità
Nei circuiti in regime sinusoidale, la presenza di bipoli quali l’induttore e il condensatore
ideale, fa sì che le equazioni di nodo e di maglia, che in regime stazionario sono algebriche,
sistema di equazioni differenziali. In tal caso, la generica corrente o tensione incognita a(t) è data
da:
a(t)=at(t)+ap(t)
avendo indicato con at(t), la soluzione dell’equazione omogenea associata e con ap(t) un
Per il momento, la soluzione da noi cercata è quella di regime e, quindi, possiamo trascurare
Ovviamente, se i generatori del circuito elettrico operano tutti alla frequenza di 50 Hz, tutte
le correnti e le tensioni misurabili nel circuito sono anch’esse sinusoidali ed aventi frequenza di 50
Hz. Quindi, a regime, qualunque corrente e tensione del circuito è una sinusoide di frequenza nota
(nel nostro esempio 50 Hz), di cui occorre determinare solamente l’ampiezza e la fase rispetto ad un
riferimento comune.
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2 I fasori
Si faccia ora riferimento al semplice circuito in Figura 1, in cui uno dei tre bipoli è un
generatore sinusoidale che, a regime, determina la circolazione di tre correnti sinusoidali i1(t), i2(t) e
i3(t).
L’andamento nel tempo delle tre correnti rappresentate in Figura 1 è fornito dalle seguenti
relazioni:
Si noti ora che una generica sinusoide può essere ottenuta dallo sviluppo di un vettore
AM e lo si faccia ruotare nel tempo in senso antiorario con velocità angolare ω. L’argomento del
vettore è dato da (ωt+φ), dove φ è l’argomento del vettore al tempo t=0. Per ogni valore di ωt, si
riporta sul diagramma cartesiano il punto avente, come ordinate, la proiezione del vettore sull’asse
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delle ordinate e, come ascissa, il valore di ωt. Il vettore rotante, quindi, descrive in modo univoco la
sinusoide.
a(t)= AM sin(ωt+φ).
Tale procedimento può essere applicato ad una qualsiasi grandezza sinusoidale e, quindi,
anche alle tre correnti del circuito di Figura 1. Le tre correnti i1(t), i2(t) e i3(t) possono, quindi,
essere descritte da tre vettori rotanti, di ampiezze I1M, I2M, I3M, come illustrato, qualitativamente,
nella Figura 3, in cui al tempo t=0 gli argomenti dei tre vettori sono pari a φ1, φ2, φ3.
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Ovviamente, al variare del tempo t, gli sfasamenti reciproci dei tre vettori rimangono
costanti, così come accade per le sinusoidi. Per usare un’immagine suggestiva, è come se i tre
dall’istante in cui “fotografiamo” il disco, le relazioni tra i vettori non mutano. Non ha dunque
importanza la dipendenza dal tempo in quanto le grandezze che caratterizzano ciascuno dei tre
vettori di corrente (modulo e fase) sono costanti. I vettori che rappresentano sinusoidi sono detti
fasori.
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3 Il metodo simbolico
I vettori che rappresentano sinusoidi sono detti fasori. Su di essi è basato il metodo di studio
dei circuiti in regime sinusoidale che è detto appunto metodo dei fasori o, anche, metodo simbolico.
Esiste, quindi, una corrispondenza biunivoca tra una grandezza sinusoidale a(t):
a(t)= AM sin(ωt+φ)
ed un fasore. Un fasore può essere rappresentato da un numero complesso , che può essere
rappresentazione è:
Nella pratica, tuttavia, per rappresentare il fasore si utilizza una forma più sintetica della
“rotante” ejωt può essere trascurato, poiché comune a tutti i fasori che caratterizzano un circuito;
nelle applicazioni pratiche è convenzione rappresentare il modulo del fasore mediante il suo valore
efficace A; ne consegue che il fasore corrispondente alla grandezza che nel tempo varia con legge
sinusoidale a(t) è:
Proseguendo con la notazione polare, le tre correnti del circuito rappresentato in Figura 1
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La rappresentazione fasoriale preserva la validità dei principi di Kirchhoff, per cui è ancora
possibile scrivere il principio di Kirchhoff per le correnti al nodo del circuito come:
Inoltre, il principio di Kirchhoff può essere rappresentato graficamente mediante una terna
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“POTENZA IN REGIME SINUSOIDALE”
Indice
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Università Telematica Pegaso Potenza in regime sinusoidale
1 La potenza istantanea
In regime sinusoidale, la presenza dei bipoli conservativi (induttore e condensatore)
determina degli scambi di potenza, a valor medio nullo nel periodo, che interessano i soli dispositivi
elettrici presenti all’interno del circuito elettrico, senza cioè interazione con l’ambiente esterno. Pur
non avendo interazioni con l’ambiente esterno, tali scambi di potenza influenzano il comportamento
i(t)
v(t)
p(t)=v(t) i(t)
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Università Telematica Pegaso Potenza in regime sinusoidale
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Università Telematica Pegaso Potenza in regime sinusoidale
P=V I cos φ
scambiata con l’ambiente esterno. La sua unità di misura è il watt (W). Il termine cos φ è detto
fattore di potenza. Si noti, inoltre, che l’espressione derivata per la potenza attiva, che, a meno del
fattore di potenza, è simile all’espressione derivata per la corrente continua, è stata ricavata solo
(ovviamente ha valor medio nullo nel periodo). Tale termine rappresenta la carica e scarica
delle’energia dei bipoli conservativi (e non riguarda scambi di energia con l’esterno).
Analogamente alla potenza attiva, si può tener conto di questo scambio di potenza tra i bipoli
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Q=V I sen φ
Q si definisce potenza reattiva e si misura in voltampere reattivi (var) per differenziarla dalla
potenza che, misurata in watt, rappresenta quella effettivamente scambiata con l’ambiente esterno
(cioè, la potenza attiva). Chiaramente, la potenza reattiva è legata alla presenza di condensatori e
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3 Potenza complessa
È notevole osservare che, applicando il teorema di Pitagora, con potenza attiva e reattiva, si
infatti,
= =VI
A
Q
φ
P
rappresentativo della potenza apparente è detto potenza complessa che, con notazione cartesiana, ha
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dove è il valore complesso della tensione e è il coniugato del valore complesso della
corrente. Va precisato, tuttavia, che la potenza complessa non è un fasore, poiché non rappresenta
una grandezza sinusoidale alla stessa frequenza delle altre grandezze del circuito.
A questo punto, è possibile dedurre le espressioni per il calcolo delle potenze attiva, reattiva
Nel caso del resistore, si ricorda che non esiste sfasamento tra tensione e corrente, cioè φ=0.
Ne consegue che:
Q=0
Nel caso dell’induttore, in cui corrente è sfasata di π/2 in ritardo rispetto alla tensione, si ha:
Nel caso del condensatore, in cui corrente è sfasata di π/2 in anticipo rispetto alla tensione, si
ha:
In sintesi, quindi, il resistore mette in gioco solo potenza attiva, il condensatore e l’induttore,
invece, solamente potenza reattiva (con segno opposto nei due casi).
Nel caso di circuiti rappresentativi di dispositivi del mondo reale, hanno fondamentale
parte reale ed immaginaria non nulle. Lo schema di una impedenza generica è rappresentata in
Figura 3.
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P P R VR
Q Q
X VL
Senza ledere la generalità della trattazione, si consideri come esempio il caso in cui Q>0,
ovvero il bipolo è del tipo ohmico-induttivo. Supponendo noto il valore della tensione V e delle
potenze P, Q e, quindi, anche della potenza apparente A, si può subito calcolare il modulo e
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Università Telematica Pegaso Potenza in regime sinusoidale
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“SISTEMA TRIFASE”
Indice
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Università Telematica Pegaso Sistema trifase
1 Definizioni fondamentali
Allo studio dei sistemi trifase è necessario premettere alcune definizioni riguardanti le terne
di fasori, poiché, come si vedrà, il loro impiego sarà ripetutamente richiesto nello studio degli
impianti elettrici.
Una terna di fasori può essere spuria, pura, simmetrica diretta o simmetrica inversa. Una
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alimentata da una n-pla di generatori di tensione, di modulo uguale e sfasati gli uni rispetto agli altri
di 2π/n. Un caso di notevole importanza nei casi pratici è il sistema trifase, rappresentato in Figura
2.
Il sistema trifase di Figura 2 è, quindi, costituito da una terna simmetrica di generatori ideali
di tensione simmetrica e da una terna di impedenze di carico tutte uguali e pari a . Per
convenzione, le terne dei generatori dei sistemi trifase sono simmetriche e dirette, quindi, ogni
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vettore rappresentativo delle tensioni è sfasato di ±2/3π rispetto agli altri. Prendendo come
riferimento di fase la prima tensione, le tre tensioni sono, quindi, rappresentati dai tre fasori:
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possono misurare sia le tensioni tra due morsetti di due generatori diversi, e sia la tensione tra un
morsetto di un generatore ed il morsetto in comune tra i tre generatori (che prende il nome di centro
tensioni di fase .
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fasoriali delle tre tensioni concatenate rispetto a quelle stellate, prese a riferimento. Ad esempio, si
ottiene che:
Le altre tensioni concatenate sono facilmente deducibili essendo parte di una terna
simmetrica diretta. Le tensioni concatenate, quindi, risultano avere un modulo volte maggiore di
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3 Esercizio n. 1
I tre generatori riportati in Figura 5, sono caratterizzati dalle seguenti tensioni stellate:
Esercizio n. 1
Risposta.
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4 Esercizio n. 2
Con riferimento ai tre generatori di tensione dello schema riportato in Figura 5, determinare
le tensioni concatenate nel caso in cui la terna di tensioni stellate sia simmetrica diretta (si assuma il
Risposta.
Essendo simmetriche dirette, le tre tensioni stellate possono essere scritte come:
fase, ,e
Da cui:
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espressioni:
simmetrica diretta (nell’ordine così scritto). Il valore efficace della tensione concatenata è
ovvero circa 400 V e sfasate in anticipo di rispetto alle tensioni stellate. Un diagramma dei fasori
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Bibliografia
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“STUDIO DI UN SISTEMA TRIFASE”
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 SISTEMA TRIFASE SIMMETRICO ED EQUILIBRATO----------------------------------------------------------- 7
3 STUDIO DI UN SISTEMA TRIFASE SIMMETRICO ED EQUILIBRATO ------------------------------------ 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
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1 Introduzione
Il collegamento dei tre generatori in Figura 1 è detto a stella. Nel circuito in oggetto, si
prime sono anche dette tensioni di linea, le seconde tensioni di fase, mentre il punto O è detto centro
stella.
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fasoriali della tre tensioni concatenate rispetto a quelle stellate prese a riferimento:
equivalente, rispetto ai tre morsetti 1, 2 e 3, al sistema dei tre generatori di Figura 1, purché i tre
generatori alimentino il sistema con una terna di tensioni che siano esattamente le tensioni
concatenate risultanti dal sistema di Figura 1. In definitiva, una terna di generatori può essere
sostanziale sta nel fatto che nel caso del collegamento di Figura 3 non esiste il centro stella.
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Anche per i carichi, in analogia a quanto mostrato per i generatori, le terne di impedenze
Ī1
Ī2
Ī3
Ī1
Ī2
Ī3
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Se le tre impedenze, a stella o a triangolo che sia, sono uguali il carico si dice equilibrato;
terna di tensioni simmetrica diretta assorbe una corrente anch’essa simmetrica e diretta.
di lato Ī12, Ī23 ed Ī31. Esattamente come per le tensioni di fase e di linea, esistono le stesse relazioni
tra le correnti di lato e di linea. Ad esempio, in Figura 7 è rappresentata la relazione grafica fra le
due terne; i moduli sono ancora nel rapporto di e per la correnti Ī1 e Ī12 vale la relazione
fasoriale:
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generatori simmetrica e da terne di carichi equilibrati (Figura 8). In tale sistema, anche le correnti
Per calcolare le correnti e le tensioni circolanti nei sistemi trifase, si può partire dal “teorema
di Millman”. Tale teorema, infatti, permette di calcolare agevolmente la tensione esistente fra i due
centri stella del sistema di Figura 8: quello cioè dei generatori (O) e quello delle impedenze dei
Nel caso, come quello che stiamo analizzando, la terna di tensioni è simmetrica ed il carico è
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così, le tensioni sulle impedenze di carico possono essere ricavate facilmente scrivendo le
Le tre correnti risulteranno formare una terna simmetrica, in quanto risultano da una terna di
tensioni simmetriche divise per una stessa impedenza. La terna di correnti simmetriche,
ovviamente, risulterà sfasata rispetto alla terna di tensioni di uno stesso angolo φ (l’angolo
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Nel sistema simmetrico ed equilibrato, dunque, i fasori tensione e corrente di ogni ramo del
circuito sono uguali in modulo a quello degli altri rami e sono sfasati, rispetto ad essi di ±2/3π: tale
condizione determina che ogni ramo del circuito trasferisce esattamente un terzo della potenza
richiesta dai carichi. Il sistema trifase simmetrico ed equilibrato rappresenta, dunque, il sistema
trifase per eccellenza e, nelle applicazioni pratiche, la maggioranza dei sistemi trifase appartiene a
questa categoria.
La simmetria del sistema implica, come visto, che la tensione fra i due centri stella è nulla,
quindi, che le tre fasi risultano disaccoppiate tra loro. Infatti, essendo la tensione fra i centri stella
nulla, i due punti del sistema trifase A ed O coincidono elettricamente e, il circuito di Figura 8 può
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Per quanto inusuale, lo schema di Figura 10 mostra chiaramente che le tre maglie (e le tre
fasi), essendo collegate tra loro in un sol punto, non sono in grado di trasferirsi potenza. Da ciò
una sola delle tre fasi. Normalmente, quindi, si rappresenta un’unica fase, andando a costituire
Una volta calcolate le tensioni e le correnti del circuito monofase equivalente è immediato
derivare le correnti e le tensioni nelle altre fasi osservando che i loro fasori sono reciprocamente
sfasati di ±2/3π.
Nel caso di un sistema trifase simmetrico ma non equilibrato, chiaramente, non è possibile
risolvere il solo circuito monofase equivalente ed è quindi necessario risolvere l’intero sistema
contemporaneamente. In tal caso, il teorema di Milmann è centrale per il calcolo della tensione
esistente tra i due centri stella che, ovviamente, in tal caso non sarà più zero. Dalla tensione
esistente fra i due centri stella, infatti, è necessario partire per il calcolo di tensioni e correnti in
ciascuna fase. Benché molto frequente nella pratica, la trattazione di tali argomenti esula dai
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Bibliografia
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“POTENZA NEI SISTEMI TRIFASE”
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 ESERCIZIO --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3 POTENZA ISTANTANEA -------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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Università Telematica Pegaso Potenza nei sistemi trifase
1 Generalità
Nel caso di un sistema trifase simmetrico ed equilibrato (Figura 1), la potenza trifase, ovvero
la potenza transitante complessiva, può essere facilmente dedotta calcolando la potenza complessa
nel circuito monofase equivalente di Figura 2.
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Università Telematica Pegaso Potenza nei sistemi trifase
Nel caso del circuito equivalente monofase, come già noto, la potenza complessa è data da:
La potenza transitante complessiva (potenza trifase) è data dalla somma delle potenze
transitanti sulle singole fasi (teorema di Boucherot):
I valori così calcolati rappresentano, rispettivamente, la potenza trifase attiva (P), la potenza
trifase reattiva (Q) e la potenza trifase apparente (A) del sistema.
Così come nei sistemi monofase, anche nel caso trifase è possibile estendere alcune
considerazioni fatte in merito al caso di impedenze generiche. In tal caso una terna d’impedenze
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Università Telematica Pegaso Potenza nei sistemi trifase
generiche (Figura 3.a) può essere arbitrariamente considerata come una terna di impedenze
collegate a stella (Figura 3.b).
Nel caso di una terna d’impedenze equilibrate si può dunque calcolare il modulo e
l’argomento di ciascuna impedenza come:
Se il carico è costituito da tre impedenze uguali collegate a triangolo, per ottenere il loro
modulo e argomento è sufficiente osservare che, essendo uguali, assorbono potenze uguali, e la
tensione ad esse applicate è quella concatenata. Quindi, una volta calcolata l’impedenza nel caso di
collegamento a stella (ZY), il valore di quella collegata a triangolo (ZD) può essere facilmente
dedotta:
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Università Telematica Pegaso Potenza nei sistemi trifase
2 Esercizio
Sia data la rete trifase simmetrica ed equilibrata di Figura 4. Noto il valore efficace della
corrente I’1=20A e le potenze attive e reattive dei due carichi (P1=10 kW, Q1=10 kVar e P2=0 e
Q2=-10 kVar) determinare i valori efficaci delle tensioni concatenate ai morsetti 1, 2 e 3 e delle
correnti di linea I1, I2, I3.
Risposta.
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Si ha allora:
Per il carico 2:
e inoltre:
ovvero
da cui
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e quindi
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3 Potenza istantanea
Si può dimostrare che in un sistema elettrico trifase simmetrico ed equilibrato, la potenza
istantanea è costante (ovvero senza componenti alternative a valor medio nullo). All’uopo, si
Assumendo che i generatori del circuito riportato in Figura 5 costituiscano una terna di
generatori simmetrica diretta, le tre tensioni si possono scrivere come (si assume la prima tensione
come riferimento):
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Nella ulteriori ipotesi di carico equilibrato, come ben noto, la terna di correnti di linea
possono essere scritte come:
La potenza istantanea trifase (ovvero quella complessiva), è data dalla somme delle tre
potenze istantanee monofasi:
Ovvero:
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costituiscono tre sinusoidi di uguale ampiezza e sfasate tra loro di (o, equivalentemente,
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Bibliografia
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“ESERCIZI SULLE RETI TRIFASI”
Indice
1 ESERCIZIO N. 1 --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 ESERCIZIO N. 2 --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
2.1 OSSERVAZIONE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------10
3 ESERCIZIO N. 3 -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
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1 Esercizio n. 1
Nell’ipotesi che la rete trifase di Figura 1 sia alimentata ai morsetti 1, 2 e 3 da una terna di
tensioni concatenate simmetrica diretta, il cui valore efficace è 400 V, calcolare le correnti di linea
sapendo che R = 3 Ω e XL = 4 Ω.
XL
i1 R
1
i2 R XL
2
i3 R XL
3
Risposta.
XL
1 i1 R
i2 R XL
O’ 2
O
i3 R XL
3
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Nel circuito di Figura 2, i fasori delle tre tensioni stellate sono date da (si assume che la
dove .
Ne deriva, che anche le correnti di linea costituiscono una terna simmetrica diretta, ed il cui
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Inoltre, le correnti sono sfasate in ritardo rispetto alle tensioni stellate di un angolo:
Fig. 3 Esercizio n. 1
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2 Esercizio n. 2
Nell’ipotesi che la rete trifase di Figura 4 sia alimentata ai morsetti 1, 2 e 3 da una terna di
tensioni concatenate simmetrica diretta, il cui valore efficace è 400 V, calcolare le correnti di linea e
XL
1 i1 R i12
i2 R i23 XL
2
i3 R i31 XL
3
Risposta.
proposta in Figura 5.
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i1
1
XL
R
i31
i12 R
XL
i2
2
R i23
i3 XL
3
Fig. 5 Esercizio n. 2
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fase, si ha:
Con riferimento alle correnti di lato (in Figura 6 è derivato il loro diagramma fasoriale
assieme a quello delle tensioni), si può osservare che la terna , e è simmetrica diretta. Il
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tensioni concatenate.
3 φ 2
Fig. 6 Esercizio n. 2
Con riferimento alle correnti di linea, il cui diagramma fasoriale è derivato in Figura 7, la
π/6
π/6
π/6
Fig. 7 Esercizio n. 2
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2.1 Osservazione
Il calcolo delle correnti di linea può anche essere condotto osservando che la rete di Figura
4, poiché costituita da una terna di impedenze equilibrate esercite in regime trifase simmetrico, può
XL/3
1 i1 R/3
i2 R/3 XL/3
2
i3 R/3 XL/3
3
riferimento di fase):
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3 Esercizio n. 3
Sia data la rete trifase simmetrica ed equilibrata di Figura 9, in cui P=50 kW e Q=25 kVar.
Determinare le correnti assorbite dal carico trifase equilibrato (Ī1, Ī2, Ī3), sapendo che le tensioni
Ī1
1
Ī2
P
2
Q
3 Ī3
Fig. 9 Esercizio n. 3
Risposta.
Le potenze attive, reattive e apparenti possono essere espresse attraverso le ben note
espressioni:
Il valore efficace delle correnti di linea può quindi essere calcolato come:
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o, alternativamente,
Assegnando direzione e verso del fasore la tensione della fase 1 coincidente con l’asse
immaginario e supponendo che la terna di tensioni sia diretta, le tre tensioni possono essere scritte
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Fig. 10 Esercizio n. 3
Fig. 11 Esercizio n. 3
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“RETI TRIFASI : ALCUNI CASI NOTEVOLI”
Indice
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Università Telematica Pegaso Reti trifasi: alcuni casi notevoli
1 Esercizio n.1
.
Ż1 = 4+j3
Ż2 = 3+j4
Ż3 = 3-j4
I generatori determinano ai loro morsetti una terna simmetrica diretta di tensioni, di valore
Ż1
Ī1
Ż2
Ī2
O O’
Ī3 Ż3
Fig. 1 Esercizio n. 1
Risposta
I fasori delle tre tensioni stellate sono date dalle seguenti espressioni (si assume che la
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Fig. 2 Esercizio n. 3
L’utilizzo del teorema di Milmann permette di calcolare lo “spostamento del centro stella”:
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O
O’
Fig. 4 Esercizio n. 3
Una volta calcolato lo spostamento del centro stella, è immediato il calcolo delle tensioni
Ovvero:
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2 Esercizio n. 2
Risolvere l’esercizio precedente, nel caso ci sia un conduttore di collegamento tra i due centri
Ż1
Ī1
O
Ż2 O’
Ī2
Ī3 Ż3
Fig. 5 Esercizio n. 2
Risposta
collegamento tra i due centri stella per mezzo del conduttore impone ai due centri stella lo stesso
potenziale. Di conseguenza, ai capi di ogni impedenza è imposta la tensione di fase (basta applicare
il secondo principio di Kirchhoff alle maglie del circuito). Il calcolo dei valori efficaci delle
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L’utilizzo del collegamento fra i due centri stella ha quindi l’effetto di impedire che si
trasferisca potenza fra i tre rami del circuito. In pratica, anche se in presenza di carico squilibrato,
ciascun ramo della rete trifase è indipendente dagli altri, esattamente come accade nel caso di carico
equilibrato.
Nei casi pratici di nostro interesse, il conduttore utilizzato per il collegamento dei centri
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3 Esercizio n. 3
Per la rete trifase mostrata in Figura 6, determinare il valore che devono avere le capacità
rad/s
potenza a cos φ=1 (o comunque trasformarlo in valori più alti di quello del carico in assenza di
R XL
1
R XL
2
R XL
3
C C
Fig. 6 Esercizio n. 3
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Risposta.
Prima dell’inserimento della ‘batteria di condensatori’, l’angolo di fase del carico equilibrato
è pari a:
Poiché
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dove V rappresenta il modulo della tensione ai morsetti di ciascun condensatore, che nel
si ha
Quindi
Infine, possiamo calcolare il valore della capacità che consente di rifasare completamente il
carico:
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E’ interessante osservare che avremmo anche potuto scegliere di collegare la batteria dei tre
Se si trascurano altri termini di costo (ad esempio quelli di isolamento), a parità di potenza
reattiva assorbita, il costo di un condensatore cresce al diminuire della tensione ai suoi morsetti e al
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Bibliografia
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“CENNI SUI TRANSITORI NELLE RETI
LINEARI’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 ESEMPIO DI UNA RETE LINEARE DEL PRIMO ORDINE ------------------------------------------------------- 7
3 ANALISI DI UNA RETE LINEARE DEL PRIMO ORDINE ------------------------------------------------------- 12
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
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1 Generalità
In questa lezione sono proposti alcuni brevi richiami sullo studio dei transitori nelle reti
elettriche lineari. Chiaramente non esaustivi dell’argomento, i contenuti di questa dispensa hanno lo
scopo di sintetizzare alcune nozioni e procedimenti di calcolo utili alla comprensione di taluni
Si osservi, preliminarmente, che le reti cui faremo riferimento sono costituite da soli bipoli
resistori, induttori e condensatori i cui valori di resistenza, induttanza e capacità sono assunti
costanti. Ciò assicura la linearità delle reti di bipoli cui faremo riferimento. A titolo d’esempio, si
osservi il caso della Figura 1, dove è riportato il tipico bipolo induttore la cui induttanza è una
costante L.
v
L
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da cui, si può subito derivarne la linearità. Infatti, assegnati due valori di corrente i 1(t) ed
È banale, a questo punto, verificare che per due scalari qualsiasi, α1 e α2, alla generica
ovvero:
correnti. Analoga proprietà vale, evidentemente, nel caso del condensatore e del resistore con
Benché non di nostro interesse, si può facilmente verificare che la linearità di un bipolo
induttore, condensatore o resistore, si conserva anche nel caso di induttanza, capacità e resistenza
dipendenti dal tempo. Si consideri, a titolo d’esempio, il caso di un induttore la cui induttanza è
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variabile nel tempo secondo la legge L(t). In tal caso, assegnati due valori di corrente i1(t) ed i2(t),
Analogamente a quanto fatto in precedenza, per due scalari qualsiasi, α1 e α2, alla generica
corrisponde la tensione:
ovvero:
Analoga proprietà vale, evidentemente, nel caso del condensatore e del resistore con
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Esempi di bipoli non lineari, sono gli induttori, la cui induttanza dipende dalla corrente, i
condensatori, la cui capacità dipende dalla tensione e i resistori con resistenza dipendente dalla
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Con riferimento al circuito di Figura 2, si assuma che all’istante t=0 l’induttore è scarico
vt = V0.
t=0 i
vi
R vR
vt
L vL
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Si noti che si sta assumendo che, alla chiusura dell’interruttore in t=0, istantaneamente, ai
suoi morsetti è . Nei casi pratici, tale ipotesi è ben distante dalla realtà, come meglio chiarito
nel capitolo dedicato all’interruzione delle correnti. Tuttavia, in tale ipotesi, che per il momento non
lede la generalità della trattazione, si ottiene la seguente equazione differenziale che governa il
circuito di Figura 2:
Quella ottenuta è un’equazione differenziale del primo ordine (come, appunto, è anche detto
un circuito governato da tale tipologia di equazione). La funzione i(t) che soddisfa l’equazione
differenziale trovata (associata alla condizione iniziale i(t=0)=0), sappiamo, dall’analisi matematica,
che esiste ed è unica. Per trovarla esiste un metodo generale valido per tutte le equazioni lineari e,
quindi, valido per una qualsiasi rete, purché lineare. In tal caso, il metodo è di trovare l’integrale
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ovvero:
da cui, banalmente
H/Ω, ovvero secondi. Tale grandezza è una caratteristica del circuito ed è detta ‘costante di tempo’
del circuito.
Per calcolare , invece, basta osservare che si è assunto vt = V0, con V0 costante, quindi si
può assumere, come soluzione generica, , con B costante, per la quale l’equazione:
diventa:
e quindi
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o anche
Nel caso in cui l’induttore fosse stato inizialmente carico, ovvero il caso in cui il valore
iniziale della corrente è I0 non nulla, si può facilmente verificare che l’integrale generale
Si noti che nel valutare la costante A, abbiamo assunto che la funzione i(t) fosse una
continua anche per t=0. Ciò è sicuramente vero, in quanto, la corrente determina in maniera
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e dalla fisica, sappiamo che le grandezze che determinano univocamente, col proprio valore,
evidentemente, accade per la tensione nel caso del condensatore. Al contrario, tale proprietà non è
valida per le altre grandezze (tensione per l’induttore e corrente per il condensatore).
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In Figura 3 è riportato, con riferimento al caso della rete di Figura 2 e con induttore
variabile).
15
10
=1
i(t) [A]
1 2
3
5 4
0
0 2 4 6 8 10
tempo (s)
Chiaramente la corrente, in ogni caso, è crescente fino ad arrivare alla soluzione ‘di regime’,
raggiunge dopo circa 5-6 s. Al crescere di L cresce il tempo necessario a raggiungere il regime
(ovvero il tempo necessario a caricare l’induttore). Al contrario, per valori di L piccoli, al limite L =
conseguentemente, la funzione della corrente nel tempo tende ad avere una forma a gradino
con quanto detto, quindi, la corrente non può, se non nel caso ideale, istantaneamente portarsi al
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valore di regime (cosa che, appunto, accade per costanti di tempo che tendono a zero). In altre
parole, la componente transitoria della corrente (cioè la componente dell’integrale generale che si
annulla nella fase di regime) si estingue tanto più rapidamente quanto più piccola è l’induttanza del
circuito.
In Figura 4 è riportato il diagramma dell’andamento della corrente nel tempo nel caso V0 =
I0 = 5 A.
15
10
5
i(t) [A]
-5
-10
-15
0 2 4 6 8 10
tempo (s)
- la condizione di regime non dipende dalla condizione iniziale ma solo dal termine noto
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- la condizione di transitorio ha una durata che dipende dalla costante di tempo, che è una
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Bibliografia
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“INTRODUZIONE AGLI IMPIANTI
ELETTRICI’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 CORRENTE CONTINUA E CORRENTE ALTERNATA ------------------------------------------------------------ 5
3 CONFRONTO ECONOMICO ---------------------------------------------------------------------------------------------- 6
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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1 Generalità
Il sistema elettrico per l'energia italiano é costituito dai subsistemi di produzione,
I suddetti subsistemi sono tra di loro interagenti e sottoposti a differenti livelli di controllo
delle varie grandezze elettriche che ne caratterizzano il funzionamento. Tali controlli hanno il fine
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tempo reale. A detti centri affluiscono informazioni dai subsistemi; da essi si dipartono le istruzioni
Il trasferimento dell’energia elettrica dai luoghi in cui viene prodotta a quelli in cui viene
utilizzata avviene, salvo casi particolari, in corrente alternata trifase. Nel seguito, pertanto, sono
riportate alcune delle considerazioni che hanno portato alla scelta della corrente alternata rispetto a
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di esempio:
nel sistema elettrico, i livelli di tensione più adatti alla produzione, trasmissione,
sincrono, che, tra l’altro, è una macchina più affidabile delle dinamo, utilizzate invece in
corrente continua.
Oltre a tali vantaggi tecnici, si deve inoltre considerare il fatto che, se si esclude il caso di
trasmissione dell’energia a grandissima distanza (ovvero per distanze superiori ai 700-800 km), la
trasmissione in corrente alternata conviene anche dal punto di vista economico. Infatti, pur essendo
perdite e maggiore sezione conduttrice rispetto a quella in corrente continua, quest’ultima presenta
costi complessivi maggiori (almeno fino a quando non si raggiungono le suddette distanze di
trasmissione molto elevate) per la presenza delle stazioni terminali in cui avviene la conversione da
trasmissione in corrente continua a due nodi del sistema elettrico in corrente alternata.
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3 Confronto economico
Volendo entrare più in dettaglio sul confronto economico tra la trasmissione in corrente
continua e quella in alternata, si faccia riferimento a due nodi di una rete di trasmissione in corrente
alternata posti a distanza L (Figura 2.a), e ci si ponga il problema di confrontare, dal punto di vista
economico, le possibilità di collegarli tramite una linea trifase in corrente alternata con tensione
nominale Ut e tramite un collegamento in corrente continua (Figura 2.b) con tensione verso terra dei
due conduttori attivi (quello di andata e quello di ritorno) pari a ±Vc. Un collegamento in corrente
continua, come già accennato in precedenza, è costituito da due stazioni di conversione che lo
collegano al sistema elettrico in corrente alternata: una nel nodo di partenza e uno nel nodo di
arrivo. Ciascuna stazione di conversione è dotata di convertitori statici necessari alla conversione
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nodo di partenza e uno nel nodo di arrivo. Ciascuna stazione di conversione è dotata di convertitori
statici necessari alla conversione dalla corrente alternata in corrente continua e viceversa.
Per il confronto tra le due soluzioni si suppone, ovviamente, che la potenza attiva trasmessa
(1)
concatenata della linea trifase) e quella del collegamento in corrente continua Vc;
la densità di corrente nella linea trifase δt e quella nella linea in corrente continua δc.
prima approssimazione, si traduce nell’assumere uguali i livelli di isolamento nelle due soluzioni a
L’eguaglianza delle densità di corrente, invece, è conseguente ai criteri con cui si progettano
I costi del materiale conduttore nei due casi in esame sono legati al volume complessivo di
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nelle linee trifase in corrente alternata ed in quella in corrente continua, rispettivamente, che
(2)
essendo e le sezioni del singolo conduttore, rispettivamente, della linea trifase e del
(3)
realtà dei casi pratici), e tenendo conto dell’eguaglianza dei valori massimi delle tensioni verso terra
(4)
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(5)
(6)
(7)
dove si è indicata con la resistività del materiale conduttore utilizzato (assunto uguale in
(8)
Dall’analisi delle relazioni ottenute appare evidente che la trasmissione in corrente alternata
continua richiede, però, la realizzazione delle stazioni di conversione nei due nodi del sistema. Per
distanze in genere inferiori ai 700-800 km, gli aggravi economici che derivano dal maggior costo
del materiale conduttore e delle perdite vengono più che compensati dal maggior costo dovuto alla
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presenza delle stazioni di conversione, per cui la trasmissione in corrente alternata si fa preferire
anche per questi motivi; quando le distanze diventano ancora più elevate, l’aggravio di costi dovuti
alle stazioni è, invece, più che compensato dai minor costi del materiale e delle perdite, il che rende,
I vantaggi tecnici dei sistemi elettrici trifase rispetto a quelli monofase sono legati
Vi è, inoltre, da considerare che i sistemi trifase hanno costi del materiale conduttore delle
linee inferiori a quelli del sistema monofase, come sarà meglio chiarito nel seguito. È bene, però,
osservare che, pur essendo gli impianti in corrente alternata trifase in pratica quelli universalmente
impiegati ormai da quasi cento anni, esistono alcuni casi, tutt’altro che di importanza trascurabile,
sistema monofase in corrente alternata trova impiego nell’ambito degli impianti per la trazione
elettrica (sistemi in corrente alternata monofase, utilizzati nell’alta velocità) e nel caso della
distribuzione in bassa tensione, mentre la corrente continua viene impiegata ancora una volta
nell’ambito degli impianti per la trazione elettrica (sistemi in corrente continua) e negli impianti di
trasmissione dell’energia elettrica in altissima tensione sia quando è necessario trasmettere energia
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elettrica a grandi distanze, per i motivi accennati in precedenza, sia quando, dovendo attraversare il
Volendo entrare più in dettaglio sul confronto economico tra la trasmissione in corrente
alternata monofase e trifase, si faccia riferimento ad una linea trifase e ad una linea monofase che
alimentano un carico di potenza attiva P e fattore di potenza cos φ; si assuma, inoltre, al fine di
concatenata della linea trifase e con la tensione della linea monofase (sia V il valore di tale
tensione).
I costi del materiale conduttore nei due casi in esame sono legati, come già detto, al volume
complessivamente impiegate nelle linee trifase e monofase, rispettivamente, che risultano legati
(9)
essendo e le sezioni del singolo conduttore. Poiché nell’ipotesi fatte risulta che:
(10)
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si ha:
(11)
ovvero
(12)
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Bibliografia
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“COSTITUZIONE DEL SISTEMA ELETTRICO
PER L’ENERGIA’’
Indice
1 PRODUZIONE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 TRASMISSIONE --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3 DISTRIBUZIONE-------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
4 UTILIZZAZIONE ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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Università Telematica Pegaso Costituzione del sistema elettrico per
l’energia
1 Produzione
Il subsistema di produzione comprende tutti gli impianti di produzione dell’energia elettrica
l’energia ‘idraulica’,
Esistono anche gli impianti idroelettrici di produzione e pompaggio, che nella fase di
pompaggio impiegano energia elettrica disponibile in modo da avere energia idraulica disponibile
nella fase di produzione. Inoltre, va ricordata la produzione che utilizza, come fonte di energia
primaria, l’energia solare e l’energia eolica. In tali casi, quindi, si hanno gli impianti solare ed
eolico.
dell’energia o un solo stadio di conversione. Nel primo caso, tipico degli impianti di grossa potenza
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Università Telematica Pegaso Costituzione del sistema elettrico per
l’energia
(ad esempio gli impianti termoelettrici), prima l’energia della fonte primaria viene convertita in
energia meccanica e, poi, quest’ultima viene convertita in energia elettrica; nel secondo caso (per
esempio gli impianti solari di tipo fotovoltaico) vi è conversione diretta di energia primaria in
Senza scendere troppo in dettagli che esulano dagli scopi di questo corso, gli impianti di
produzione concentrata sono in genere impianti di grossa taglia, normalmente collegati alla rete di
trasmissione dell’energia; sono, invece, impianti di produzione distribuita, quelli di taglia limitata,
collegati alle reti di distribuzione. Si noti, solamente, che quest’ultima tipologia d’impianti di
produzione riveste, oggigiorno, un’importanza fondamentale, poiché, nella maggioranza dei casi
reali, gli impianti di produzione da fonte alternativa e rinnovabile, rientrano in questa categoria.
Nelle Figure 3 e 4 sono riportati gli schemi riassuntivi degli impianti di produzione
concentrata e distribuita, rispettivamente. Si noti, tuttavia, che in Figura 4 non sono indicate altre
tipologie d’impianti, quali, ad esempio, quelli che impiegano le biomasse o gli idroelettrici di
piccola taglia. Tali impianti, rivestono oggigiorno un ruolo di importanza sempre più crescente.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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2 Trasmissione
Il subsistema di trasmissione comprende tutte le linee di trasmissione presenti nel sistema
configurazione magliata, i cui lati sono le linee elettriche. La tensione utilizzata per la trasmissione
è normalmente 380 kV o 220 kV; la tendenza attuale, in Italia, è di realizzare nuove linee a 380 kV.
riportato in Figura 5.
Con riferimento alla rete di Figura 5, i nodi 1 e 3 sono i nodi in cui viene riversata l’energia
prodotta dagli impianti di produzione dopo essere stata trasformata dalla tensione idonea al
funzionamento dei generatori sincroni (in genere 20-30 kV) alla tensione della rete di trasmissione.
nodo di interconnessione con un’altra rete di trasmissione (ad esempio, la rete di trasmissione della
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3 Distribuzione
Il subsistema di distribuzione include sia la cosidetta distribuzione primaria (a volte
distribuzione a bassa tensione (BT); spesso, nel gergo usuale, si fa riferimento a tale subsistema con
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La rete di distribuzione primaria è esercita generalmente alla tensione di 150 o 130 kV,
riceve energia dai nodi della rete di trasmissione attraverso le stazioni primarie (normalmente dotate
sono molti valori di MT ancora in uso, ad esempio 6, 9, 12, 15 kV), origina dalle cabine primarie e
Ciascuna rete di distribuzione in BT è esercita alla tensione di 400 V, origina da una cabina
MT/BT e realizza l'ultima fase della distribuzione fino alla consegna alle piccole utenze in BT.
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numerose linee, in serie tra loro, che vanno ad alimentare le varie utenze (carichi elettrici) collegate
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4 Utilizzazione
Un subsistema di utilizzazione è costituito dalle diverse utenze elettriche. In dipendenza
Tra le utenze elettriche, infatti, si includono, nel loro complesso, i sistemi elettrici industriali
e quelli di trasporto. I primi sono alimentati dalle stazioni primarie, dalle cabine primarie o, infine,
dalle cabine MT/BT in dipendenza della loro potenza; i secondi sono in genere alimentati dalle
stazioni primarie.
Per quanto riguarda i sistemi elettrici industriali, nel loro caso bisogna pensare, più che ad
un impianto di (auto)produzione.
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Nella Figura 8 si riporta un esempio di sistema industriale alimentato da un nodo della rete
primaria attraverso una stazione AT/MT (cabina primaria) che, a sua volta, alimenta una linea ad
anello in MT.
È interessante osservare che spesso alle reti di distribuzione in media e bassa tensione (che
sono di proprietà dei distributori dell’energia elettrica) ed alle linee in media e bassa tensione negli
impianti utilizzatori (che sono, invece, di proprietà degli utenti) viene dato il nome di impianti
potenza più elevata e, attraverso trasformatori abbassatori, ad una linea in MT cui si collegano i
motori di potenza più elevata e da cui si diparte un trasformatore MT/BT per l’alimentazione di
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piccoli motori. Può essere presente una piccola centrale di produzione dell’energia elettrica che può
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Bibliografia
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“IL QUADRO LEGISLATIVO ITALIANO’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 I PRODUTTORI, IL GESTORE DELLA RETE DI TRASMISSIONE E I DISTRIBUTORI ----------------- 6
3 IL MERCATO DELL’ENERGIA ELETTRICA ------------------------------------------------------------------------ 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
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1 Introduzione
Il 16 marzo 1999 è stato emanato il Decreto Legislativo n. 79 (Decreto Bersani) volto a
recepire la direttiva europea 96/92/CE che imponeva ai Paesi membri di definire le regole per la
liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica. Il Decreto Legislativo n. 79, nel recepire la
direttiva europea, ha tenuto, poi, in conto i vincoli stabiliti dall’articolo n. 36 della legge 128/98 con
cui il Parlamento Italiano delegava il Governo ad emanare i decreti legislativi per l’attuazione della
ampio, all’interno del quale ciascun paese membro poteva scegliere tra più opzioni possibili.
Alcune delle principali linee guida di tale quadro si possono così riassumere:
elettrica, nonché la costruzione e l’uso delle linee di trasporto, con il divieto di attribuire diritti
esclusivi;
sviluppo delle reti di trasmissione e distribuzione, a cui debbono poter accedere gli altri
operatori del mercato in condizioni di parità e senza discriminazioni. I gestori di tali reti, inoltre,
devono garantire la sicurezza e l’affidabilità del servizio elettrico; essi sono scelti dallo Stato o
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Le novità introdotte dalla nuova direttiva riguardano principalmente l’apertura completa del
mercato dal lato della domanda e l’adozione di una serie di misure concrete per garantire parità di
condizioni dal lato dell’offerta al fine di ridurre il rischio di posizioni dominanti (ad esempio,
Alcuni dei principali vincoli stabiliti dalla legge delega 128/98 si possono così riassumere:
deve essere applicata una tariffa unica nazionale ad utenti, detti “clienti vincolati”, i
quali stipuleranno contratti di fornitura con il distributore che esercita il servizio nella loro area
territoriale;
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Tenendo conto della direttiva europea 96/92/CE e della legge delega 128/98, il decreto
legislativo 79/99 ha definito gli elementi fondamentali del nuovo assetto dell’energia elettrica in
i Produttori;
i Distributori;
l’Acquirente Unico;
La situazione attuale, oltre che dal DL 79/99 e dai suoi provvedimenti di attuazione, è anche
determinata da altre innumerevoli leggi e decreti emanati successivamente al suddetto decreto, quali
il DM 29 aprile 2009 del Ministero dello Sviluppo Economico dal titolo “Indirizzi e direttive per la
riforma della disciplina del mercato elettrico ai sensi dell’art. 3 della legge 28 gennaio 2009 n. 2.
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consentito di produrre o importare più del 50% del totale dell’energia elettrica prodotta e importata
in Italia. A tal fine l’ENEL S.p.A.1 ha ceduto circa 15000 MW della propria potenza installata (circa
il 25% del suo parco impianti); sono stati individuati gli impianti da cedere (14 termoelettrici e 7
sono stati conferiti impianti per circa 7000, 5000 e 2500 MW, rispettivamente. Nel nuovo assetto di
libero mercato della produzione di energia elettrica furono eliminate le forme di incentivo previste
quanto gli incentivi statali possono creare delle deformazioni del mercato concorrenziale. Per
favorire la produzione da fonti rinnovabili, il decreto n. 79/99 ha inizialmente imposto l’obbligo per
i produttori che immettono nel sistema elettrico quantità di energia che eccedono i 100 GWh/anno
(al netto della cogenerazione e degli autoconsumi) di immettere anche una quota di energia prodotta
da nuovi impianti da fonti rinnovabili in misura di valore pari al 2% della quantità di energia
eccedente i 100 GWh stessi; questa quota è stata, aumentata dal 2003 al 2006 dello 0,35% e, poi,
1
Dopo oltre 35 anni dalla sua nascita, avvenuta nel 1962, l’ENEL si è trasformata in società per azioni assumendo la
denominazione di ENEL S.p.A., a cui sono state trasferite in concessione le attività del vecchio ente.
2
Legge n. 10 del 9/1/91, nella fase di realizzazione, e provvedimenti del CIP e dell’Autorità per l’energia e per il gas,
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dal 2007 dello 0,75% (superando negli ultimi anni il 6%). Tali fonti di energia, essendo a
ridotissimo impatto ambientale, hanno anche la priorità assoluta di immissione in rete; dopo tale
impianti da fonti rinnovabili attraverso la creazione di un libero mercato dei cosiddetti certificati
verdi. I certificati verdi sono emessi dal Gestore dei Servizi Energetici per un periodo massimo di
otto anni a favore dei produttori che ne fanno richiesta. Questi ultimi potranno a loro volta vendere i
certificati agli operatori soggetti ad obbligo, ad un prezzo determinato dal mercato. Il Gestore,
potendo a sua volta emettere certificati propri, assume una funzione di stabilizzatore del mercato
compensandone eventuali fluttuazioni del prezzo. Gli impianti aventi diritto alla certificazione sono
quelli alimentati da fonti rinnovabili pure (escluse le fonti assimilate) entrati in esercizio dopo l’11
trasmissione e ripartizione della produzione, ivi compresa la gestione unificata della rete di
trasmissione nazionale, sono state riservate allo Stato e attribuite inizialmente in concessione ad
un’unica Società per Azioni, che fu a suo tempo denominata “Gestore della Rete di Trasmissione
Nazionale” (GRTN). Il GRTN, tra le sue varie funzioni, ha gestito per alcuni anni la rete di
manutenzione e di sviluppo della rete, ha assicurato l’accesso alla rete in termini paritetici a tutti gli
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A seguito del DPCM 11 maggio 2004, invece, la società responsabile in Italia del
dispacciamento e della trasmissione dell’energia elettrica sulla rete ad alta tensione su tutto il
territorio nazionale è diventata “Terna - Rete Elettrica Nazionale S.p.A”. Tale assetto è il risultato
dell’acquisizione nel mese di novembre 2005, da parte di tale ultima Società, del ramo di azienda
del GRTN che fino ad allora aveva svolto tali compiti. Terna-RTN, oltre alle suddette funzioni, ha
anche la proprietà di oltre il 90% della Rete di Trasmissione Nazionale cioè della rete ad alta
tensione.
Il GRTN è scomparso e le sue competenze connesse alle fonti rinnovabili sono passate al
GSE – Gestore dei Servizi Energetici, che, come si vedrà nel seguito, è titolare anche di altri
significativi compiti.
tariffe stabilite dall’Autorità. Essi sono obbligati a connettere alle proprie reti tutti i soggetti che ne
facciano richiesta, senza compromettere la continuità del servizio e purché siano rispettate le regole
tecniche nonché le disposizioni emanate in materia di tariffe, contributi ed oneri. Al fine di ridurre,
almeno nei comuni dove ENEL e municipalizzate operavano insieme, la posizione di preminenza
dell’ENEL sul territorio nazionale, il Decreto n. 79/99 prevedeva l’unicità della concessione per
ambito comunale e favoriva, nei comuni dove operavano più distributori, iniziative di aggregazione
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grossista, sia in Italia sia all’estero. Nei vari anni e a diverso titolo, nella categoria sono stati
comprese svariate tipologie di utenti, i cui consumi, inizialmente, erano particolarmente elevati (ad
esempio, non inferiori a 9 GWh). Attualmente, la legge 239/04 prevede, in linea con la direttiva
comunitaria 2003/54/CE, che, a decorrere dal 1/7/2007, è cliente idoneo ogni cliente finale. Oggi,
I clienti vincolati erano, invece, quelli legittimati a stipulare contratti esclusivamente con il
distributore della zona territoriale dove essi si trovavano. Ad essi era assicurata parità di
Acquirente Unico, che è stata costituita il 5/11/99 e che ha, appunto, il compito di stipulare e gestire
contratti di fornitura ai clienti vincolati, garantendo loro parità di trattamento. Attualmente il GSE
controlla il 100% dell’Acquirente Unico. L’Acquirente Unico (AU) prima del luglio 2007 aveva il
compito di stipulare e gestire contratti di fornitura per i clienti vincolati garantendo loro parità di
trattamento. Dopo il luglio 2007 l’AU ha il compito di stipulare e gestire contratti di fornitura per i
I Clienti aventi diritto al servizio di maggior tutela sono, dal 1° luglio 2007, tutti i clienti
finali domestici e le piccole imprese con i punti di prelievo nella titolarità della singola impresa
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connessi in bassa tensione. I Clienti aventi diritto al servizio di salvaguardia sono quei clienti finali
che si trovino senza un fornitore di energia elettrica sul mercato libero e risultino essere:
imprese che non abbiano ancora esercitato il diritto di scegliere il proprio fornitore
sul mercato libero e siano intestatarie di almeno un sito in media tensione o alta tensione;
imprese titolari di soli siti in bassa tensione con oltre 50 dipendenti o con un fatturato
Società per azioni, oggi denominata Gestore dei Mercati Energetici (GME). Ad essa è affidata la
gestione delle offerte di vendita e di acquisto dell’energia elettrica e di tutti i servizi connessi. Il
GME è interamente controllato dal GSE (a sua volta controllato dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze). Il GME organizza il mercato sulla base di criteri di neutralità, trasparenza e non
attuare il cosiddetto “modello di dispacciamento misto”, così definito per distinguerlo dal “modello
di dispacciamento passante puro” che non prevede la borsa e dal “modello di dispacciamento di
In poche parole, gli operatori del mercato (produttori/importatori da una parte e acquirenti
dall’altra, ad esclusione dei clienti vincolati) possono stipulare contratti bilaterali in cui l’entità e le
condizioni di fornitura sono negoziate liberamente tra le parti. Altra forma di contrattazione
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vendita/acquisto che sono dettati dalle regole proprie della borsa stessa.
Senza entrare nel dettaglio della organizzazione del Mercato Elettrico, si vuole evidenziare
che l’organizzazione del Mercato è denominata “a mercato decomposto” e prevede la presenza del
“Mercato dei servizi primari” e del “Mercato dei servizi ausiliari”. Nel primo avvengono le
transazioni “di massima”, il secondo permette la realizzazione in sicurezza dell’equilibrio fisico tra
offerta e domanda, consentendo di far fronte agli sbilanciamenti tra i flussi programmati e quelli
reali e di acquisire le risorse per costituire le riserve varie per le regolazioni e per il riavviamento in
vendita di energia elettrica. Le transazioni si svolgono su una piattaforma telematica alla quale gli
operatori si connettono attraverso la rete internet, con procedure di accesso sicuro, tramite certificati
Mercato del Giorno Prima (MGP) dove i produttori, i grossisti ed i clienti finali
idonei possono vendere/acquistare energia elettrica per il giorno successivo (nel seguito il
giorno successivo, che è quello a cui si riferiscono le transazioni, verrà denominato “stesso
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giorno”). Tale mercato si apre alle 8.00 del 9° giorno antecedente e si chiude alle 9.00 del
giorno prima.
due sedute che si svolgono con orari di chiusura differenti ed in successione. Le due sedute si
aprono alle 10.30 del giorno prima e si chiudono una alle 12 e l’altra alle 15 dello stesso giorno.
dei servizi di dispacciamento necessari alla gestione ed al controllo del sistema elettrico. Il MSD
MSD ex-ante si apre alle 15.30 del giorno prima, non dura meno di 1 ora e può arrivare a
chiudersi alle 17.00 del giorno prima. Il Mercato di bilanciamento si svolge in più sessioni
2) Mercato elettrico a termine dell’energia elettrica con obbligo di consegna e ritiro (MTE),
dove gli operatori possono vendere/acquistare forniture future di energia elettrica. Tale mercato
consente di negoziare energia elettrica su orizzonti temporali più estesi di quelli giornalieri di cui al
3) Piattaforma per la consegna fisica dei contratti finanziari conclusi sull’IDEX (CDE), dove
segmento del mercato degli strumenti finanziari derivati di Borsa Italiana S.p.A. dedicato alla
l’operatore abbia richiesto di esercitare l’opzione di consegna fisica sul mercato elettrico.
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affidata, inoltre, l’organizzazione delle sedi di contrattazione dei certificati verdi (attestanti la
produzione di energia da fonti rinnovabili), dei titoli di efficienza energetica (cosiddetti “certificati
bianchi”, attestanti la realizzazione di politiche di riduzione dei consumi energetici) e delle Unità di
Emissione.
Il GME gestisce, inoltre, ai sensi dell’Allegato A alla Delibera AEEG n. 111/06 e ss.mm.ii
la Piattaforma dei conti energia a termine per la registrazione di contratti bilaterali a termine di
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Bibliografia
http://www.autorita.energia.it/
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“CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI
ELETTRICI’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 STATO NEL NEUTRO ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3 MESSA A TERRA NEGLI IMPIANTI DI BT --------------------------------------------------------------------------- 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
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1 Generalità
Gli impianti elettrici si possono classificare in base:
- al tipo di alimentazione;
Per quanto riguarda la classificazione in base alla tipologia di alimentazione, della corrente
seguenti categorie:
neutro.
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Nella categoria 0 rientrano anche dei particolari sistemi a bassissima tensione che hanno
Con riferimento alle tensioni nominali adottate nell’ambito del sistema elettrico italiano, la
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Un impianto elettrico può anche essere classificato in base al valore di potenza impiegata.
d’impianto:
Quest’ultima classificazione è largamente usata nei sistemi elettrici poiché spesso, una volta
numero di conduttori e il sistema di protezione che deve adottare l’impianto, nonché tutte le norme
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nelle reti trifasi a 4 conduttori il neutro è costituito dal conduttore che fa capo al
centro stella del secondario del trasformatore o del generatore che alimenta la rete;
nelle reti trifasi a tre conduttori il neutro può essere materializzato in ogni punto con
neutro isolato;
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In Figura 2 è riportato una rappresentazione delle diverse modalità di stato del neutro.
secondario a stella e centro stella connesso francamente a terra. Il collegamento franco a terra è
dettato, come meglio sarà chiarito nel seguito del corso, da ragioni di sicurezza.
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Infine, si noti che la Norma CEI 11-1 n°5025 prescrive che i sistemi elettrici a tensione
con neutro messo a terra con bassa impedenza (non superiore a 100 Ω).
i sistemi con tensione superiore a 100 kV debbano funzionare con il neutro messo
efficacemente a terra;
in assenza di Norma specifica, il centro stella dei sistemi trifase di categoria I del
distributore in corrente alternata con tensione nominale uguale o superiore a 400 V deve essere
messo a terra.
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è importante per la scelta del livello di isolamento e delle caratteristiche dei dispositivi limitatori.
Per quanto riguarda gli impianti elettrici di BT è in uso un’altra classificazione riferita allo
stato del neutro e allo stato delle masse. Per massa s’intende una parte conduttrice di un
componente elettrico che può essere toccata e che in condizioni ordinarie non è in tensione ma che
può diventarlo in condizioni di guasto. Con riferimento allo stato del neutro e allo stato delle masse,
TT
TN-S
TN-C
IT
dove con la prima lettera si indica lo stato del neutro (T, neutro connesso francamente a
terra; I, neutro isolato da terra o a terra tramite impedenza), con la seconda lettera lo stato delle
masse (T, masse connesse a terra; N, masse connesse al neutro), con la lettera S l’esercizio
dell’impianto TN con il neutro separato dal conduttore di protezione PE, e con la lettera C
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Università Telematica Pegaso Classificazione degli impianti elettrici
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Università Telematica Pegaso Classificazione degli impianti elettrici
Bibliografia
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“CONDIZIONI DI FUNZIONAMENTO’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 IL CORTOCIRCUITO-------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5
3 LE SOVRATENSIONI ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
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Università Telematica Pegaso Condizioni di funzionamento
1 Introduzione
In funzione del valore assunto dalle grandezze elettriche tensione, corrente e frequenza, per
regime hanno valori contenuti in intervalli stabiliti ai fini del buon funzionamento del sistema;
In particolare, la frequenza deve discostarsi molto poco dal valore di 50 Hz. Il modulo delle
tensioni non deve superare intervalli prestabiliti dipendenti dalle applicazioni (ad esempio ± 5% o ±
10%). Il modulo delle correnti non deve superare i valori massimi imposti dai componenti (ad
risoluzione dei quali sono utilizzati i modelli matematici del sistema, che vanno formulati
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Università Telematica Pegaso Condizioni di funzionamento
Per gli impianti elettrici di media e bassa tensione sono da considerare in particolare:
trasmissione, essendo strettamente legato alla regolazione del moto dei generatori.
quelle legate a scostamenti dei valori delle correnti (sovracorrenti) o delle tensioni (sovratensioni,
vuoti di tensione o interruzioni della tensione) dai valori che garantiscono il buon funzionamento
del sistema.
elettricamente “guasto”, e cioè in condizioni anormali del circuito elettrico. Nel primo caso la
sovracorrente viene detta corrente di sovraccarico mentre nel secondo caso essa viene detta corrente
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2 Il cortocircuito
Per cortocircuito s’intende la condizione di funzionamento anormale provocata da un
normali) che viene ad instaurarsi tra punti del sistema elettrico caratterizzati da differenti valori
Il verificarsi di questa circostanza può determinare correnti di valore più elevato di quelle in
condizioni di funzionamento normali, che per effetto termico o elettrodinamico possono portare al
caso di un corto circuito causato dalla perforazione dell’isolamento delle singole anime di un cavo
bipolare. La perforazione dell’isolante causa il contatto tra i due conduttori a tensione differente (è
questo, ad esempio, il caso di una linea monofase in cui fase e neutro alimentano un carico
monofase).
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Università Telematica Pegaso Condizioni di funzionamento
Fig. 1. Corto circuito causato dalla perforazione dell’isolamento delle singole anime di un
cavo bipolare.
2.a) è rappresentato schematicamente il caso di un generico carico di una utenza alimentata dalla
bassa impedenza, nel caso peggiore ad impedenza nulla. La rappresentazione in termini circuitali
più rigorosa del problema analizzato, può essere dedotta applicando il teorema di Thevenin, ed è
riportata in Figura 2.b). Tra i nodi A e B sono quindi collegati il bipolo corto circuito (attraverso cui
si modella, appunto, il corto circuito ad impedenza nulla), il carico e il bipolo equivalente secondo
impedenza trascurabile (nel caso ideale nulla), si parla di cortocircuito netto o franco (questo caso è
adottato, per ovvi motivi, in caso, ad esempio, di progettazione); quando invece il valore
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ic
A
rete di Rc
distribuzione Vc carico
cto cto
Xc
B
a)
Re Xe A ic
i1 q q
Δv
Rc
icc Vc carico
veq
Xc
B
b)
Usualmente, i cortocircuiti in un punto del sistema sono classificati in base al numero di fasi
interessate dal guasto ed in base all’eventuale coinvolgimento della terra. Nel caso di un impianto
bifase, in cui sono coinvolte due fasi del sistema e che può coinvolgere anche
la terra;
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monofase, in cui nel caso più generale della bassa tensione è coinvolta una
Nelle Figure 3 e 4 sono rappresentate due condizioni di corto circuito monofase nel caso,
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Nel caso del sistema TT, in Figura 3 si evidenzia come, a seguito del guasto, si instaura una
corrente di corto circuito attraverso l’anello di guasto costituito dalla terra di cabina (collegamento a
terra del centro stella), la terra delle masse, le masse stesse, i conduttori costituenti l’impianto e
l’avvolgimento del trasformatore. Nel secondo caso (Figura 4), a seguito del guasto, l’anello di
circuito ad impedenza decisamente inferiore rispetto al caso TT (e, quindi, una corrente di corto
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3 Le sovratensioni
I valori delle tensioni nei punti di un sistema elettrico sono compresi, in condizioni di
abbastanza ristretto (±5 - ±10 %) attorno alla tensione nominale. In condizioni di funzionamento
anormali, invece, sia in regime permanente che in quello transitorio, il valore della tensione tra due
fasi o tra una fase e la terra può superare, in certi punti del sistema e per tempi più o meno lunghi, i
valori di tensione previsti nel funzionamento normale; in tal caso si hanno, nei punti in questione, le
sovratensioni.
atmosferici;
sovratensioni di origine interna, che derivano da cause connesse con l'esercizio del
sistema.
Le sovratensioni di origine interna hanno un’ampiezza che dipende dalla tensione nominale
quest’ultima.
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sovratensioni atmosferiche;
di manovra;
sostenute.
fulminazione delle linee aeree con conduttori nudi, per le sollecitazioni particolarmente intense che
derivare dalla scarica del fulmine che colpisce direttamente la linea elettrica (fulminazione diretta),
oppure per induzione causata dalla scarica del fulmine che colpisce il suolo o oggetti posti nelle
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a)
b)
Fig. 6 Sovratensione di origine atmosferica: caso di fulminazione diretta (a) e per induzione
(b).
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A seguito dell’evento della fulminazione si generano nella linea colpita delle onde migranti
che si propagano lungo la stessa con la velocità della luce. L'ampiezza iniziale di tali onde dipende
naturalmente dalla quantità di carica che il fulmine scarica sulla linea, e, quindi, dalla durata e
dall'intensità del fulmine stesso. Questo tipo di sovratensione può raggiungere valori elevatissimi e
costituisce un grave pericolo per gli impianti; in particolare, per le suddette linee aeree si possono
raggiungere tensioni di picco dell'ordine di 1000 kV con correnti, durante le scariche, che possono
arrivare fino a valori prossimi a 200 kA, mentre la durata del fenomeno è di qualche centinaio di µs.
sia di elevato che di limitato valore, all’interruzione di correnti capacitive (apertura di impianti di
rifasamento o di una linea a vuoto), e quelle dovute alla chiusura degli interruttori per la messa in
industriale o armonica. La loro pericolosità è dovuta soprattutto all’alto contenuto energetico che le
caratterizza.
Le sovratensioni causano sollecitazioni anormali sugli isolamenti dei diversi componenti del
sistema e possono provocare cortocircuiti. Esse, pertanto, comportano numerosi problemi quali, ad
esempio, quello della scelta dei sistemi di protezione e del dimensionamento dell’isolamento dei
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Bibliografia
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“IL CORTOCIRCUITO’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 STUDIO DELLA CORRENTE DI CORTOCIRCUITO --------------------------------------------------------------- 4
3 ANALISI DELLA CORRENTE DI CORTOCIRCUITO -------------------------------------------------------------- 7
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
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1 Introduzione
Per un impianto elettrico si definiscono due condizioni di funzionamento:
“sano”;
“guasto”.
normali) che viene ad instaurarsi tra punti del sistema elettrico caratterizzati da differenti valori
della tensione.
Il verificarsi di questa circostanza può determinare correnti di valore più elevato di quelle in
condizioni di funzionamento normali, che per effetto termico o elettrodinamico possono portare al
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i morsetti A e B. Si noti che, nelle applicazioni pratiche di nostro interesse, a seconda della tipologia
di cortocircuito e configurazione dell’impianto (stato del neutro e delle masse), cambiano i valori di
teorica.
e(t) icc
(1)
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(2)
che è una equazione differenziale del primo ordine a coefficienti costanti non omogenea (i
componenti del circuito si assumono lineari) in cui la funzione incognita è i(t), ovvero la legge di
variazione della corrente di cortocircuito nel tempo. Come ben noto l’integrale generale di tale
(3)
(4)
(5)
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precisamente:
Come si vedrà nel seguito del corso, il valore efficace è importante per questioni energetiche
(il calore che si dissipa per effetto Joule); il valore di picco, invece, è legato agli sforzi
Dall’analisi della corrente di cortocircuito, appare evidente che, per fissati valori
dell’impedenza del circuito di alimentazione (e, quindi, per assegnati valori di Z, φ e τ) e per un
fissato valore della tensione di alimentazione E, l’andamento nel tempo della corrente di
cortocircuito totale dipende dall’angolo β e, cioè, di fatto, dall’istante in cui si stabilisce la corrente
di cortocircuito rispetto al passaggio per lo zero della tensione di alimentazione. Poiché non è
possibile, in nessun modo, prevedere quale sarà nella realtà il valore che assume β, nello studio dei
sistemi elettrici per l’energia si è soliti porsi nelle condizioni più gravose, e cioè in quelle
condizioni a cui corrispondono gli andamenti nel tempo delle correnti di cortocircuito totali più
gravosi. È possibile dimostrare che tali condizioni, qualunque sia il valore di φ, si verificano quando
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alimentazione passa per lo zero; a tale condizione si fa sempre riferimento nello studio delle
Quanto detto si può verificare anche graficamente. Si faccia, ad esempio, riferimento a due
semplici casi, nell’ipotesi che il circuito riportato in Figura 1 sia puramente induttivo (R = 0, φ =
(6)
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Tale caso si verifica, ovviamente, ogni volta che β = φ e, quindi, anche quando
β = φ = 0.
(7)
il valore massimo e non si smorza, mentre la corrente di cortocircuito assume un andamento nel
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(8)
(9)
considerando la componente alternativa della corrente di corto circuito totale a valore efficace
costante, vale:
(10)
dove il coefficiente p da utilizzare può essere ricavato dalla curva riportata in Figura 5 in
funzione del rapporto X/R, dove X e R sono la reattanza e la resistenza del circuito in esame (Figura
1).
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Fig. 5. Coefficiente p per il calcolo del massimo valore della corrente di corto circuito.
La corrente di cortocircuito così calcolata è detta corrente di corto circuito presunta, poiché
è quella che circolerebbe qualora non esistessero interruttori o altri componenti elettrici destinati, in
interrompere la corrente).
In condizioni di cortocircuito si pongono vari problemi tra cui, ad esempio, quello della
scelta degli interruttori, del dimensionamento degli impianti di terra e, per gli impianti di alta
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“ BREVI RICHIAMI SUL TRASFORMATORE’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 CIRCUITI DEL TRASFORMATORE ------------------------------------------------------------------------------------ 6
3 FLUSSO DI DISPERSIONE ------------------------------------------------------------------------------------------------ 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
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Università Telematica Pegaso Brevi richiami sul trasformatore
1 Introduzione
Il trasformatore è una macchina elettrica statica in grado di trasferire la potenza tra due
grado di innalzare ed abbassare il valore della tensione senza eccessive perdite, garantendo così
elevati valori efficienza. Infatti, trattandosi di una macchina elettrica statica, ovvero senza parti in
L’importanza rivestita dal trasformatore, è legata al fatto che grazie al suo impiego si
possono adottare, nel sistema elettrico, i livelli di tensione più adatti alla produzione, trasmissione,
Il trasformatore può essere impiegato sia in impianti monofase che trifase e, quindi, esso
può essere visto, essenzialmente, come un doppio bipolo, il cui simbolo circuitale è mostrato in
Figura 1.
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Università Telematica Pegaso Brevi richiami sul trasformatore
In Figura 1, si noti che per entrambe le porte (dette, per ovvi motivi, primaria e secondaria)
si è fatto uso della convenzione dell’utilizzatore. In tale ipotesi, le relazioni che definiscono il
v1 (t ) av2 (t )
i2 (t ) ai1 (t ) 1)
descritto dalle relazioni riportate in 1), è un numero reale. Se supponiamo, per semplicità, di essere
nella condizione di utilizzare tensioni di porta positive, allora possiamo identificare due modalità di
funzionamento:
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Università Telematica Pegaso Brevi richiami sul trasformatore
Volendo discutere più nel dettaglio, si osservi che, passando dalla porta primaria a quella
secondaria, se |a| < 1, la tensione aumenta ed il valore assoluto della corrente diminuisce. Al
contrario, se |a| > 1, la tensione alla porta secondaria diminuisce ed il valore assoluto della corrente
aumenta.
Il trasferimento della potenza elettrica, dal primario al secondario, avviene per mezzo di una
coppia di avvolgimenti mutuamente accoppiati, come riportato in Figura 2. Nel gergo comune, a tali
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Università Telematica Pegaso Brevi richiami sul trasformatore
N 1 L1i1 Mi2
N 2 L2i2 Mi1 2)
Per chiarire meglio il concetto legato ai coefficienti di auto e mutua induzione si osservi la
Figura 3, dove sono riportati due circuiti elettromagneticamente non accoppiati (a) ed accoppiati
(b).
(a)
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Università Telematica Pegaso Brevi richiami sul trasformatore
(b)
Figura 3 Circuiti elettromagneticamente non accoppiati (a)) ed accoppiati (b)
Con riferimento alla Figura 3, nel caso (a), i campi magnetici sostenuti da ciascuna spira non
interagiscano reciprocamente (si pensi al caso, per esempio, di spire poste a grande distanza tra
essi). In questo caso, ai capi delle due spire si applicano le ben note relazioni del bipolo induttore:
di1
v1 L1
dt
di
v2 L2 2
dt 3)
Nel caso rappresentato nella Figura 3. b), i campi prodotti dalle due spire interagiscono
reciprocamente. È questo il caso di spire vicine, come accade, appunto, nel caso delle spire
costituenti gli avvolgimenti primario e secondario di un trasformatore. In tal caso, alle relazione (3)
si deve tener conto di un secondo contributo dovuto al campo prodotto dalla corrente circolante
nella seconda spira. Di questo contributo, si tiene conto attraverso il coefficiente di mutua induzione
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di1 di
v1 L1 M 2
dt dt
di di
v2 L2 2 M 1
dt dt 4)
(Wm) è:
1 2 1 2
Wm L1i1 L2i2 Mi1i2
2 2 5)
M 2 L1L2
6)
Si definiscano, ora, i flussi medi di auto e mutua induzione prodotti da ciascuno dei due circuiti:
L1i1 M i1
11 , 21
N1 N2
M i2 Li
12 , 22 2 2
N1 N2 7)
dove 11 e 22 sono i flussi medi di auto induzione, 21 e 12 sono i flussi medi di mutua
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Università Telematica Pegaso Brevi richiami sul trasformatore
Quando i flussi medi di auto e mutua induzione prodotti da ciascuno dei due circuiti sono
uguali, si ha:
M N1 M N2
L1 , L2
N2 N1 8)
M k L1L2 9)
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Università Telematica Pegaso Brevi richiami sul trasformatore
3 Flusso di dispersione
E’ molto utile introdurre il concetto di flusso di dispersione. Il flusso di dispersione del
1d=11-21 10)
Si può definire, quindi, il coefficiente di dispersione parziale del primo circuito ( 1 ) come:
1d M N1
1 1 21 1
11 11 L1 N 2 11)
2d=22-12 12)
come:
2d M N2
2 1 12 1
22 22 L2 N1 13)
A questo punto, si possono definire le induttanze di dispersione parziali, che possono essere
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Università Telematica Pegaso Brevi richiami sul trasformatore
N 11d
L1d 1 L1
i1
N 2 2 d
L2 d 2 L2
i2 14)
secondario, rispettivamente
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“ STUDIO DEL TRASFORMATORE’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 TRASFORMATORE IDEALE ---------------------------------------------------------------------------------------------- 5
3 ACCOPPIAMENTO NON PERFETTO --------------------------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
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Università Telematica Pegaso Studio del trasformatore
1 Introduzione
Il trasformatore monofase in regime sinusoidale può essere rappresentato dal circuito del
I due avvolgimenti possono essere descritti attraverso le relazioni caratteristiche del doppio
V1 Z11 I1 Z12 I 2
1)
V Z I Z I
2 21 1 22 2
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Se ci poniamo, almeno per il momento, nell’ipotesi che i due avvolgimenti siano costituiti
da spire realizzate con conduttori elettrici perfetti (cioè prive di perdite), le resistenze delle
Z11 j L1
Z 22 j L2 2)
Z12 Z 21 j M
L1 M
Nel caso di accoppiamento perfetto ( M 2 L1L2 ), ponendo a , le relazioni del
M L2
I
V1 jL1 I1 2
a
3)
I
V2 jL2 a I1 2
a
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2 Trasformatore ideale
Dalle relazioni 3), consegue che:
V1
a
V2
4)
V1 I
I1 2
j L1 a
V1
Il doppio bipolo caratterizzato dal soddisfacimento della condizione 1 viene detto
L1
trasformatore ideale. Esso è perfettamente “trasparente” per le potenze (ovvero la potenza misurata
al primario e secondario è la stessa) e può essere rappresentato con lo schema equivalente di Figura
2.
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V1
a
V2
I2
I1
a
5)
e quindi, facendo il rapporto membro a membro delle due relazioni in 5), si può derivare
che:
V1 V
a 2 2
I1 I2 6)
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Se l’impedenza di uscita, cioè quella connessa ai morsetti 2-2’ del secondario, è pari a
V
Z e 2
I 2 , si ottiene il ben noto risultato:
V1
a 2 Z e
I1 7)
In altri termini, l’impedenza connessa al secondario, vista dal primario, è pari ad a2 volte
l’impedenza
Z e .
V1
1
Qualora la condizione L 1 non dovesse essere soddisfatta, si può fare riferimento allo
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V1
Nel circuito di Figura 3, infatti, la corrente che attraversa l’induttanza L1 vale e,
j L1
V1
a
V2
8)
V1 I
I1 2
j L1 a
V12 V22
potenze reattive e sono uguali.
L1 L2
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magnetizzanti e possono essere riguardate come correnti assorbite da una coppia di morsetti quando
l’altra è aperta.
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L1 L'1 L'1'
L2 L'2 L'2' 9)
imponendo che M L1 L2 .
2 '' ''
In forza di quanto già detto nel caso di accoppiamento perfetto, è immediato il significato
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L'1' L1
M2
L'2' k 2 L2
L1 10)
L'2 L2 (1 k 2 )
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Se si sceglie L2 0 , si ottiene:
'
L'2' L2
M2
L'1' k 2 L1
L2 11)
L'1 L1( 1 k 2 )
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L'1 L1d
L'2 L2 d 12)
L'1' L1 1 1
L'2' L2 1 2 13)
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Bibliografia
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“FUNZIONAMENTO DEL
TRASFORMATORE REALE”
PROF.FABIO MOTTOLA
Università Telematica Pegaso Funzionamento del trasformatore reale
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 ELEMENTI DISSIPATIVI--------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3 DIAGRAMMA FASORIALE------------------------------------------------------------------------------------------------ 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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1 Introduzione
relativo a trasformatori ad accoppiamento non perfetto quale è, appunto, il caso dei trasformatori
reali.
Nel caso di Figura 1, ancor più significativo è il caso in cui si pone neel condizioni per cui:
L'1 L1d
L'2 L2 d 1)
L1d L2 d
con e le induttanze di dispersione. In questo caso, si può derivare che:
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L'1' L1 1 1
L'2' L2 1 2 2)
Passando ora alla descrizione del funzionamento del trasformatore reale a regime
monofase.
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X1 X2
Ῑ1 N1 : N2 Ῑ2
1 2
Ῑ0
V1 Ᾱ
jωN1Φ Ᾱ
jωN2 Φ
X0 V2
Ū 1
Ū
1
1 1
1’ 2’
1’
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Il flusso può essere espresso in termini di forza magnetomotrice totale tramite la relazione:
N1I1 N 2I 2
R 3)
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2 Elementi dissipativi
Quando si tiene conto degli elementi dissipativi, il circuito equivalente del trasformatore
diventa quello riportato in Figura 5, ove le due resistenze R1 e R2 sono rispettivamente le resistenze
X1 N1 : N2 R2 X2
Ῑ1 R1
X1 R2 X2 Ῑ2
X1
Ῑ0
Ż0
V1 V2
Fig. 5
con l’impedenza
Z e Re jX e , il circuito equivalente diventa quello di Figura 6.
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X1 R2 X2
Ῑ1 R1 Ῑ2
Ῑ0
Re
V1 Ż0 V2
Xe
Fig. 6
V1 ( R1 jX 1 )I1 jN1
V2 ( R2 jX 2 )I 2 jN 2
V2 ( Re jX e )I e 4)
funzionamento.
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3 Diagramma fasoriale
E’ molto utile rappresentare il funzionamento del trasformatore attraverso il diagramma dei
T Q
S N
P
Ῑ1
Φ1
A
O M
ψ2 θ
C
F
B
Supponiamo che il flusso sia noto a priori, rappresentato dal vettore OA. Possono
E 1 jN 1
E 2 jN 2 5)
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E1 N
1
E2 N 2 , 6)
Una volta assegnati i valori di R2, X2, Re e Xe è possibile calcolare la corrente che circola al
E2
I2
R2 Re j ( X 2 X e ) 7)
X2 Xe
arctg
2 = R2 Re 8)
Conviene a questo punto definire il concetto di corrente legata alla magnetizzazione del
I0
nucleo . Essa è la corrente che circolando nel primario produce la stessa forza magnetomotrice
N2
N 1I 0 N 1I1 N 2I 2 I 0 I1 I2
N1 9)
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sono assegnate le caratteristiche del nucleo, si può determinare la riluttanza complessa Ṙ. Si può
R
I0
N1 10)
T Q
S N
P
Φ1 Ῑ1
Ῑ0 A
O M
ψ2 θ
C
F
B
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N2
I1 I 0 I2
N1 11)
Il fasore I 1 è rappresentato dal vettore ON, somma del vettore OM e del vettore OP
N2
I2
N1 . 12)
R1 I 1
jX 1 I 1 13)
T Q
S N
1 P
Φ1 Ῑ1
Ῑµ A
O M
ψ2 θ
C
F
B
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Bibliografia
I. Marongiu, E. Pagano, “I trasformatori. Appunti dalle lezioni”, Editore: Liguori,
1994
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“IL TRASFORMATORE:
ALCUNE OSSERVAZIONI”
PROF.FABIO MOTTOLA
Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
Indice
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Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
1 Condizione di funzionamento
Il funzionamento del trasformatore al cui secondario è collegato un carico (Figura 1), può
Ῑ2
Ῑ0
Re
V1 V2
Xe
Figura 1
T Q
S N
P
Φ1 Ῑ
A
O M
ψ2 θ
C
F
B
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Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
I2 0 1)
T Q
S
Φ0 A
M
O
V1 ( R1 jX 1 ) I 0 jN1
2)
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Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
Tuttavia, le cadute resistive ed induttive sono trascurabili, per cui può ritenersi
V1 E1 3)
V2 V20 E2 4)
V1 N 1
V2 N 2 5)
Re=Xe=0 6)
funzionamento in cortocircuito.
In questo caso, assumendo le correnti I1 ed I2 valori più elevati rispetto alle condizioni di
I1 N
2
I2 N1 7)
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5 di 12
Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
tensione di cortocircuito. Essa è definita come il valore della tensione da applicare ai morsetti del
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Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
2 Circuito equivalente
Si consideri lo schema circuitale del trasformatore di Figura 4.
X1 R2 X2
Ῑ1 R1 Ῑ2
Ῑ0
V1 Ż0
V2
Figura 4
facilmente dedurre moltiplicando quest’ultima per il quadrato del rapporto del numero di spire,
Z 2 R2 jX 2 8)
2
N
Z12 R12 jX 12 1 R2 jX 2
N2 9)
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Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
Ῑ12 N1 : N2 Ῑ2
1 N1 : N2 2
1 Ῑ0
V1 V12 V2
1’ 2’
1’
Figura 5
N2
I 12 I2
N1
N
V12 2 V
N1 10)
fare riferimento alle grandezze secondarie, ci si riferisce alle grandezze secondarie riportate al
V
Z e 2
I2 11)
X1 R12 X12
Ῑ1 R1 Ῑ12
Ῑ0
V1 Z 0 V2
Figura 6
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Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
Tenendo conto che l’impedenza Z0 è molto più grande delle impedenze Z1 e Z12, si può fare
riferimento allo schema semplificato di Figura 7. I parametri di queste due impedenze sono
Ż1CC
Ῑ1 Ῑ12
CC
Ῑ0
V1 Ż0
V2
Figura 7
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Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
3 Caduta di tensione
la caduta di tensione nel caso che la corrente secondaria riportata al primario sia pari a:
Ż1CC
Ῑ1 Ῑ=- Ῑ12
CC
Ῑ0
V1 Ż0
V2
Figura 8
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Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
V1 C
j X1cc Ῑ1
V12 E
O
φ1cc A D
F
Ῑ1 R1cc Ῑ1 B
Figura 9
corrispondente al modulo del vettore AD, con il modulo del vettore AF. In tale ipotesi, che è ben
ottenendo:
Si osservi, in fine, che i trasformatori possono essere dotati di variatore di rapporto spire per
regolare la tensione. Esso è in genere predisposto lato del trasformatore il cui avvolgimento è
collegato alla tensione più alta. In tal modo, le minori correnti agevolano la commutazione da una
presa all’altra.
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11 di 12
Università Telematica Pegaso Il trasformatore: alcune osservazioni
Bibliografia
I. Marongiu, E. Pagano, “I trasformatori. Appunti dalle lezioni”, Editore: Liguori,
1994
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“TRASFORMATORE TRIFASE”
PROF.FABIO MOTTOLA
Università Telematica Pegaso Trasformatore trifase
Indice
“
1 IL NUCLEO E GLI AVVOLGIMENTI ----------------------------------------------------------------------------------- 3
2 RAFFREDDAMENTO E ASPETTI INERENTI AL RISCALDAMENTO ---------------------------------------- 6
3 MODELLO TERMICO SEMPLIFICATO ------------------------------------------------------------------------------ 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
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2 di 11
Università Telematica Pegaso Trasformatore trifase
collegamento a zig-zag ( Z o z) che esula dalla presente trattazione. Le lettere maiuscole indicano il
secondario. L’accessibilità del neutro è indicata con l’aggiunta della lettera n. Essi sono avvolti
attorno a colonne di nuclei ferromagnetici che possono essere a tre, quattro o cinque colonne.
In Figura 3 è riportato un trasformatore trifase con tre nuclei monofasi indipendenti, con
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3 di 11
Università Telematica Pegaso Trasformatore trifase
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4 di 11
Università Telematica Pegaso Trasformatore trifase
E’ bene evidenziare che le tensioni nominali primaria e secondaria sono quelle concatenate.
Deve essere specificato il gruppo orario del trasformatore che rappresenta la differenza di fase in
ritardo, in multipli di 30°, delle tensioni secondarie rispetto alle omonime tensioni primarie. In
Figura 4 è evidenziato il diagramma dei fasori per la determinazione del gruppo relativo al
collegamento triangolo stella Dy. In tal caso, il gruppo è 11, e l’indicazione tipica corrispondente
A B C
ĒA
Ēa
330°
O Ēb
Ēc
O
ĒC ĒB
a b c
Figura 4
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5 di 11
Università Telematica Pegaso Trasformatore trifase
secco. Per il primo tipo gli avvolgimenti isolati in carta ed il nucleo sono immersi all’interno del
cassone in olio. I trasformatori a secco hanno gli avvolgimenti isolati in resine solide e sono posti
riscaldamento dell’olio, per il calore prodotto dagli avvolgimenti e dal nucleo, comporta il moto
dell’olio stesso verso l’alto all’interno del cassone ed il conseguente convogliamento verso i
avvengono per convezione naturale, il raffreddamento viene detto ONAN, ove tale sigla sta a
significare olio a circolazione naturale e aria a circolazione naturale. Potrebbero essere previsti, al
questo caso si parlerà di raffreddamento OFAF. Altro raffreddamento esistente è quello di tipo
ONAF, intendendosi con tale sigla olio a circolazione naturale e aria a circolazione forzata.
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Figura 7
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8 di 11
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Figura 8
Figura 9
molto difficile perché a causa della struttura complessa occorrerebbe tenere conto di una
molteplicità di fattori. Una trattazione semplificata, che ad ogni modo riesce a mettere in evidenza
alcuni aspetti significativi, è quella che riguarda il trasformatore come un corpo omogeneo.
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Università Telematica Pegaso Trasformatore trifase
d
C A Ptot
dt 1)
t0 = 0
Se si ha:
A
Ptot t
(t ) 1 e C
A 2)
C
A 3)
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Università Telematica Pegaso Trasformatore trifase
Bibliografia
I. Marongiu, E. Pagano, “I trasformatori. Appunti dalle lezioni”, Editore: Liguori,
1994
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“DATI DI TARGA DEI TRASFORMATORI’’
PROF.FABIO MOTTOLA
Università Telematica Pegaso Dati di targa dei trasformatori
Indice
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essere riportati in una targa apposta al trasformatore stesso, assieme alle Norme di riferimento
stesse.
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I dati più significativi, con specifico riferimento ai trasformatori a due avvolgimenti, sono:
avvolgimenti.
il valore delle correnti ha incidenza sulla scelta della sezione degli avvolgimenti, nonché sul
la potenza nominale:
Sn=
3V1n I1n = 3V2n I 2n 1)
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la tensione di cortocircuito:
primario) la corrente nominale. Tipicamente, è fornita in termini percentuali rispetto alla tensione
nominale. La sua conoscenza permette di determinare il valore dei parametri del circuito
equivalente.
Spesso, anche se non previsto espressamente dalle norme, vengono riportati altri dati che
consentono in ogni caso di fornire una caratterizzazione più completa delle prestazioni dello stesso.
le perdite di cortocircuito
spesso espresse in termini di percentuale della potenza nominale, sono pari sostanzialmente
alle perdite nel rame quando il trasformatore è alimentato da un lato dalla tensione di corto circuito
e l’altro è cortocircuitato. Le perdite nel ferro, infatti, possono ritenersi trascurabili, considerato il
il cosφcc
le perdite a vuoto
la corrente a vuoto.
il cosφ di esercizio
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è quello corrispondente al carico nominale per il quale è stata valutata la caduta di tensione
nel funzionamento a carico. Qualora non siano state fornite indicazioni a riguardo, si intende che
la frequenza nominale;
il sistema di raffreddamento;
il tipo di servizio;
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2 Relazioni fondamentali
Nel seguito si riportano alcune relazioni fondamentali tra grandezze caratteristiche di un
trasformatore trifase. A tal fine, si consideri un trasformatore trifase di potenza nominale Sn, con
tensioni nominali V1n e V2n. Siano altresì vcc% e cosφcc rispettivamente la tensione di cortocircuito
percentuale ed il coseno dello sfasamento tra la tensione e la corrente in condizioni di corto circuito.
Con riferimento al circuito equivalente monofase di Figura 3 (si ipotizza che gli avvolgimenti siano
collegati a stella) e nel caso si riferiscano tutte le grandezze al primario, sussistono le seguenti
relazioni:
vcc %
V1cc V1n
100 2)
V1cc
E1cc
3 3)
Sn
I 1n
3V1n 4)
V1cc E1cc
Z1cc
3I1n I1n
5)
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Ż1CC
Ῑ1 Ῑ=- Ῑ12
CC
Ῑ0
E1 Ż0
E2
riportato in Figura 4.
I1n
E1cc R1cc
X1cc
R1cc O R1cc
X1cc X1cc
Figura 4
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E’ abbastanza agevole dimostrare che in luogo del cosφcc possono assegnarsi le perdite di
3R1cc I 12n
100
p cc % Sn R
1cc cos cc
vcc % Z 1cc I 1n Z 1cc
100
V1n
3
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tensione nominale, ossia V2Vn2. Le variazione delle perdite del trasformatore al variare del carico
saranno ascritte conseguentemente alle perdite per effetto Joule negli avvolgimenti. Se I2 è la
corrente secondaria e R2cc è la resistenza equivalente riferita al secondario, le perdite per effetto
I 22
Pcc' 3R2cc I 22 3Rcc I 22n 2 Pcc
I 22n 9)
avendo indicato:
I2 P
2
I 2 n P2 n 10)
La condizione di funzionamento per cui si ha il massimo rendimento è quella per cui si ha:
Pfe
M
Pcc
12)
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Università Telematica Pegaso Dati di targa dei trasformatori
trasformatori a perdite normali o a perdite ridotte può essere efficacemente operata confrontando il
costo di acquisto dei trasformatori ed il costo delle perdite. Per procedere al confronto bisogna
tenere conto che i costi si presentano in tempi diversi e, più specificamente, il primo all’atto di
acquisto delle macchine ed il secondo ogni anno. A tal fine il costo delle perdite al momento di
acquisto del trasformatore (costo attualizzato Ca) può essere calcolato con la relazione seguente:
1 1 1 (1 i) n 1
Ca c .... c
(1 i) (1 i) (1 i) n i(1 i) n
2
13)
dove:
i è il tasso di attualizzazione;
Il costo annuo delle perdite può essere calcolato nel seguente modo:
Sj
2
c k hPfe Pcc h j
j Sn
14)
dove k è il costo del kilowattora, Pfe = perdite nel ferro, Pcc= perdite nel rame corrispondenti
alla prova di corto circuito, hj è il numero di ore per cui si utilizza la potenza Sj, Sn è la potenza
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perdite, rispetto al trasformatore a perdite normali, compensa il maggior costo iniziale del
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Bibliografia
I. Marongiu, E. Pagano, “I trasformatori. Appunti dalle lezioni”, Editore: Liguori,
1994
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“ESERCIZI SUI TRASFORMATORI’’
PROF.FABIO MOTTOLA
Università Telematica Pegaso Esercizi sui trasformatori
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1 Esercizio n.1
Un trasformatore trifase ha i seguenti dati di targa:
Frequenza nominale f = 50 Hz
Tipo di collegamento Dy
Tensione di cortocircuito: Vcc = 312 V (indica il lato dal quale è stato alimentato il
Determinare:
Risposta
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Il circuito equivalente è quello riportato in Figura 1. Esso è riferito ad una fase, per cui tutti i
valori di tensione e corrente devono essere riportati al rispettivo valore di fase a seconda che il
Ż1CC
Ῑ1 Ῑ=- Ῑ12
CC
Ῑ0
E1 Ż0 E2
Figura 1
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Nel caso della prova di cortocircuito, si possono derivare facilmente le correnti che circolano
al primario e secondario:
4) Rendimento
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Nel caso in esame il trasformatore alimenta un carico pari al 70% del carico nominale con
Con buona approssimazione le perdite nel ferro, ovvero quelle che competono alla R0
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2 Esercizio n.2
I dati di targa di un trasformatore trifase sono:
V1n/V2n=1.60/0.4 kV
f=50 Hz
collegamento Yy
V0 = Vn
P0 = 3% Sn
I0 = 4% In
Vcc = 6% Vn
Pcc = 3.2% Sn
Icc = In
Determinare:
tensione.
2. La tensione ai morsetti del carico quando questo assorbe una corrente pari a
Risposta
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Ż2CC
Ῑ12 - Ῑ2
CC
Ῑ0
E21 Ż0 E2
Figura 2
Dai dati della prova a vuoto, possiamo calcolare i parametri dell’impedenza Ż0:
Ricordando che
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Dai dati della prova di cortocircuito, possiamo calcolare i parametri dell’impedenza Ż2cc:
Nel caso della prova di cortocircuito, si possono derivare facilmente le correnti che circolano
al primario e secondario:
Ricordando che
Ricordando che
2) La tensione ai morsetti del carico quando questo assorbe una corrente pari a quella
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3) Rendimento
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3 Esercizio n. 3
1
2
3
Figura 3.
V1n/V2n=20/0.4 kV
f=50 Hz
collegamento Yy
Vcc = 4%
Pcc = 1.3%
Determinare:
secondario;
Risposte
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mostrato in Figura 4.
Ż2CC
Ῑ21 Ῑ2
CC
E12 E2
Figura 4
Ricordando che
Si ottiene:
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Ricordando che
Quindi, si ottiene:
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Bibliografia
I. Marongiu, E. Pagano, “I trasformatori. Appunti dalle lezioni”, Editore: Liguori, 1994
Cortina, 2010
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“LINEE ELETTRICHE’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 CLASSIFICAZIONE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
3 IL MODELLO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche
1 Generalità
Le linee elettriche sono impiegate per il trasferimento dell’energia elettrica dai punti in cui
linee in cavo.
Le linee con conduttori nudi sono impiegate per la trasmissione aerea dell'energia elettrica.
Le linee in cavo sono impiegate diffusamente negli impianti elettrici in media e bassa tensione in
i conduttori di potenza, che servono per il trasferimento dell'energia e che sono tesati
nell'aria;
di potenza;
i sostegni, che svolgono una funzione di sostegno degli isolatori e dei conduttori di
origine atmosferica.
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche
In Figura 1 è rappresentata una porzione di linea elettrica con conduttori nudi con sostegno a
traliccio. In Figura 2 è rappresentata una porzione di linea elettrica con conduttori nudi con sostegno
su palo.
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collegare il cavo ad una linea aerea o ad un sistema di sbarre (accessori di estremità) o due tratti di
conduttori (evitando, così, amplificazioni localizzate del campo elettrico) o ad uniformare le linee
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche
conduttore
isolante
guaina di
protezione
Le linee elettriche in cavo possono essere costruite sia in posa aerea che in altre tipologia di
posa. In Figura 4, è rappresentata una linea in cavo in posa aerea. In Figura 5 sono mostrate alcune
applicazioni di linea in cavo in posa interrata. In Figura 6 sono mostrate due differenti tipologie di
posa di linee in cavo per applicazioni interne. In particolare, in Figura 6. a) è mostrata la posa in
canaline annegate nella muratura; in Figura 6.b), è mostrata la posa in canali o canaline. Simile a
potenza.
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(a) (b)
Fig. 6 Esempi di tipologie di posa per linea in cavo
Nelle Norme, si fa chiaro riferimento, per motivazioni che saranno più chiare nel seguito,
alla specifica tipologia di posa. Alcuni esempi di tipologia di posa in opera per linee elettriche in
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche
cavo sono rappresentati in Figura 7, con riferimento ad alcune applicazioni previste dalla Norma
64-8.
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche
2 Classificazione
Come visto, le linee elettriche possono essere classificate in base alle caratteristiche di posa
in opera (aeree ed in cavo) ed in base alle modalità con la quale sono esercite (corrente continua e
E’ anche importante la classificazione prevista dalla norma CEI 11-4, che prevede le
seguenti categorie:
linee di classe I (linee esercite fino a 1kV o linee in cavo per illuminazione
kV)
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche
3 Il modello
Il modello circuitale di una linea è un doppio bipolo del tipo rappresentato in Fig. 8.
Il doppio bipolo che rappresenta una linea elettrica può essere visto, nella sua forma più
generale, come una rete di bipoli dissipativi (resistori) e conservativi (condensatori ed induttori).
Come si vedrà nel dettaglio, nelle lezioni ad essi dedicati, per una specifica linea si possono definire
introduttive, si vuole solo enfatizzare che la presenza di elementi dissipativi (e quindi, resistenze e
conduttanze), rende la trasmissione di una certa potenza P2 soggetta a delle perdite Δp, definite dalla
differenza:
essendo P1 la potenza in ingresso alla linea (figura 6). Conseguentemente, si può anche
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche
o anche
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche
Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“LE COSTANTI PRIMARIE’’
Indice
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Università Telematica Pegaso Le costanti primarie
1 Induttanza di servizio
Una linea elettrica può essere approssimata ad un sistema di conduttori rettilinei percorsi da
correnti (Figura 1). In tal caso, quindi, le correnti producono un campo magnetico le cui linee di
forza dipendono dalla geometria del sistema. Nella stragrande maggioranza dei casi pratici di nostro
Poiché la linea può essere vista come una spira di raggio infinita, le linee si concatenano con
il conduttore stesso inducendovi una forza elettromotrice che, nel caso di regime sinusoidale può
E ̅=jωlI ̅
dove si è indicato con E ̅ il fasore della tensione indotta sulla linea, ω la pulsazione, I ̅ la
corrente che percorre la linea ed l il coefficiente di autoinduzione della linea. In tal caso, si può
X=ωl
Nel caso siano presenti anche altri conduttori, è da temere in conto anche l’interazione tra i
campi prodotti dalle correnti che percorrono i conduttori limitrofi. Di questo effetto se ne tiene
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Università Telematica Pegaso Le costanti primarie
Il caso di nostro interesse è chiaramente quello trifase, in cui l’interazione è conseguente alla
Nel caso trifase, il legame tra le correnti e le tensioni di fase è espresso dalle seguenti
espressioni:
In Figura 3 sono riportate due geometrie tipiche per le linee aeree trifase. Tipicamente le
linee aeree hanno una disposizione secondo i vertici un triangolo equilatero (Figura 3.a) o lineare
(Figura 3.b).
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Università Telematica Pegaso Le costanti primarie
In entrambi casi rappresentati in Figura 3, assumendo che i tre conduttori siano identici
〖l^'〗_1=〖l^'〗_2=〖l^'〗_3
Focalizzando l’attenzione al caso di Figura 3.a), la simmetria della disposizione dei tre
conduttori(tutti posti alla stessa distanza D), determina l’uguaglianza anche dei coefficienti di
mutua induttanza:
m_12=m_23=m_13=m^'
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Università Telematica Pegaso Le costanti primarie
quindi,
si può anche esprimere la relazione tra la tensione di fase e le correnti di linea come:
Gli effetti dell’induzione reciproca fra le correnti che percorrono la terna di conduttori sono
l_s=l^'-m^'
reattanza di servizio:
x_ls=ωl_s
Nel caso di geometria simmetrica della terna (Figura 3.a) si può anche generalizzare una
In particolare, il termine K vale K=0.05 vale per linee a conduttori lisci. Nel caso di
Nei casi di disposizione della terna non simmetrica (Figura 3.b), si può applicare ancora la
stessa formula, per il calcolo dell’induttanza di servizio con l’accortezza, però, di utilizzare, al posto
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Per linee elettriche aeree valori tipici dell’induttanza di servizio e reattanza di servizio (f=50
Hz) sono:
Per le linee in cavo, invece, è più difficile fornire delle formule specifiche o valori tipici,
poiché le possibili geometrie e distanze tra i conduttori sono molto più variabili. Tuttavia, come
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2 Capacità di servizio
Il complesso dei conduttori costituenti una linea può essere vista come un insieme di
condensatori elementari costituiti da superfici conduttive (i conduttori stessi) fra cui è interposto un
materiale dielettrico (l’isolante dei vari conduttori o l’aria, nel caso delle linee elettriche aeree).
Anche il terreno, può essere visto come un materiale conduttore così determinando, quindi, altri
accoppiamenti capacitivi con i conduttori delle linee. Nel caso di una linea aerea costituita da una
terna di conduttori tali accoppiamenti capacitivi possono essere sintetizzati come i Figura 4.
Con riferimento al caso riportato in Figura 4, la corrente che circola nelle fasi può essere
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C_10=C_20=C_30=C_0
C_12=C_23=C_13=C'
A questo punto, considerando che nelle condizioni pratiche di nostro interesse, il sistema di
Figura 5.
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Dal diagramma di Figura 5, si evince chiaramente che, se si assume V ̅_10≡E ̅_1 (e così,
Posto:
C_s=C_0+3C'
dove B_c=ωC_s è la suscettanza di servizio. Tale relazione, chiaramente, è valida anche per
le altre fasi. In particolare, nel caso di linee aeree a geometria simmetrica, l’espressione della
capacità di servizio è:
D/2h≅0
Per cui:
Nel caso in cui le linee siano a geometria dissimmetrica, con buona approssimazione si
possono ancora utilizzare le formule precedenti con l’accortezza di utilizzare, come distanza tra i
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Valori tipici della capacità di servizio per linee di trasmissione aeree, sono:
Nelle linee in cavo, la capacità è nettamente maggiore rispetto a quelle aeree, poiché
l’isolante interposto tra i conduttori ha caratteristiche dielettriche migliori di quello interposto nel
caso delle linee elettriche aeree (l’aria) e, inoltre, la distanza tra i conduttori è molto minore. Come
ordine di grandezza, i valori di capacità ottenuti nel caso delle linee aeree devono essere
incrementate fino a 20÷30 volte per ottenere quelli delle linee in cavo. Normalmente, nel caso del
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dispersione in quadratura in anticipo rispetto alle tensioni, nelle linee si può osservare anche la
presenza di componenti correnti di dispersione in fase con la tensione che, quindi, causano
dissipazione di energia. Di tali componenti di dispersione si tiene conto per mezzo di conduttanze di
dispersione. Nel caso delle linee aeree le correnti di dispersione sono riconducibili, sommariamente,
a due fattori:
- effetto corona;
periferia esterna del conduttore. Tale effetto è dovuto al campo elettrico che si crea in conseguenza
della corrente che percorre il conduttore stesso e si innesca solo quando il gradiente di potenziale
del campo elettrico (che misura la sua intensità) sulla superficie del conduttore supera la rigidità
dielettrica dell’isolante che circonda il conduttore. Nel caso di linee aeree con conduttore nudo, tale
fenomeno è normalmente limitato alle zone periferiche del conduttore e si manifesta con una luce
bluastra ed un caratteristico ronzio. Le perdite conseguenti all’effetto corona sono valutabili per
dove
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- Ec è il valore di tensione critico (kV), a sua volta legato al valore critico di gradiente di
potenziale del campo elettrico per cui si manifesta l’effetto corona (tale valore dipende sia dalla
- f è la frequenza ;
〖E>E〗_c
Le perdite dovute alle scariche superficiali sugli isolatori determinano la richiusura a terra,
attraverso i sostegni delle linee, di una piccola corrente. Il valore di tale corrente aumenta con
l’aumentare della tensione e al diminuire della distanza del conduttore dal sostegno. Il loro valore
può essere contenuto adottando opportuni accorgimenti costruttivi. Alcuni fattori, talvolta
fortemente aleatori, quali inquinamento, salsedine, ecc., provocano valori di correnti di dispersione
più elevata. A causa di tali aleatorietà, è difficile poter fornire dei valori tipici. Al fine di fornire dei
valori orientativi, come ordine di grandezza, si consideri che nei casi pratici estremi, le perdite
Una volta note le potenze di dispersione dovute sia all’effetto corona che alle scariche
superficiali, può essere dedotta un valore di conduttanza equivalente, che tenga conto
Nel caso delle linee in cavo, eventuali correnti di dispersione sono imputabili, nel caso di
regime sinusoidale, al fenomeno dell’isteresi dielettrica. Di tale fenomeno si porta in conto per
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mezzo di conduttanze di dispersione che sono, tuttavia, trascurabili nella maggioranza dei casi
conseguentemente, esso oppone una resistenza al passaggio della corrente. Il valore di tale
resistenza, nel caso di conduttori cilindrici, è data dalla ben nota formula:
R=ρ l/S
dove
Con riferimento a lunghezze unitarie, è possibile fornire la resistenza delle linee per unità di
lunghezza. Inoltre, il valore della resistenza così calcolato, può essere modificato da dei fattori
correttivi per poter ancora utilizzare la formula scritta nel caso di geometrie del conduttore non
perfettamente cilindriche.
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Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“MODELLO DELLE LINEE’’
Indice
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1 Il circuito equivalente
Oggetto di questa lezione è la messa a punto dei circuiti equivalenti delle linee elettriche da
Si consideri, a tal fine, la linea monofase di Figura 1, alimentata ad una estremità con un
generatore di tensione sinusoidale tra linea e terra. All’altra estremità della linea è collegato un
carico di impedenza generica . La tensione alle due estremità della linea è (lato generatore) ed
(lato carico).
Il modello della linea permette di valutare il legame fra le tensioni alla partenza (p) e
all’arrivo (a) della linea. Allo scopo di determinare tale modello, si consideri un elemento di
lunghezza dx della linea cui corrisponde il circuito elementare di Figura 2. In entrambe le Figure, 1
e 2, la linea si assume parallela all’asse x dalla partenza (x=0) fino all’arrivo (x=a).
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Nel circuito di Figura 2, l’impedenza longitudinale percorsa dalla corrente Ῑ(x) lungo il tratto
di linea di lunghezza dx è:
ż dx =(rl+jxl)dx
L’ammettenza trasversale che tiene conto della corrente derivata verso terra relativa al tratto
In particolare:
la resistenza per unità di lunghezza rl tiene conto della natura dissipativa del
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la conduttanza per unità di lunghezza gl tiene conto delle perdite per isteresi
dielettrica negli isolamenti della linea (isolatori, isolanti dei cavi, aria, ecc.), dell’effetto
La conduttanza, tuttavia, è assai più piccola della reattanza capacitiva e, perciò, tranne che
nel caso di elevati valori di tensione, viene generalmente trascurata nei calcoli. I valori dei suddetti
parametri dipendono dalla tipologia di linea, per ognuna delle quali, devono essere opportunamente
derivati. I parametri di resistenza, induttanza, capacità e conduttanza per unità di lunghezza sono
Si noti che, nel caso di linee trifasi è ancora possibile ricondursi al circuito elementare di
Figura 2, purché i parametri per unità di lunghezza siano opportunamente calcolati: in tal caso si
parla di parametri di servizio; mentre le tensioni da considerare in Figura 2 sono quelle stellate.
Considerando poi:
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dove
la cui soluzione è:
dove si è posto
nota come impedenza caratteristica della linea. Si noti che si è inoltre indicato con:
Le equazioni così derivate sono di notevole interesse al fine di valutare tensioni e correnti in
ogni punto della linea; nel caso specifico, è di nostro interesse la loro valutazione ad inizio e fine
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avendo posto e .
Attraverso tali quantità, note come costanti secondarie delle linee elettriche, si ottengono le
seguenti espressioni:
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Ῑp Ῑa
Ēp Ēa
Ῑp Ῑa
Ēp Ēa
Ῑp Ῑa
Ēp Ēa
Figura 5, è detto “circuito a T”. La preferenza verso il modello a π è dettato dal fatto che quello a T
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introduce un nodo in più per ogni linea. I valori delle impedenze ed ammettenze nei due circuiti
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3 Linee corte
Nel caso di linee non molto lunghe (a < 400 km) si può pervenire ad un circuito equivalente
le espressioni dei parametri del circuito equivalente di Figura 4 si possono esprimere nella
forma:
per linee corte il prodotto è piccolo e, pertanto, il seno iperbolico si può confondere
con il rispettivo argomento, e il coseno iperbolico si può approssimare con i primi due termini del
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avendo posto , , e .
È utile osservare che il circuito equivalente riportato in Figura 4 può subire un’ulteriore
tali linee sono caratterizzate da lunghezze al più di qualche km e da tensioni di esercizio non
Ῑp Ῑa
Ēp Ēa
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Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“LINEE ELETTRICHE CON CONDUTTORE
NUDO’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 GLI ISOLATORI -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5
3 SOSTEGNI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
4 CONDOTTI A SBARRE ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche con conduttore nudo
1 Generalità
i conduttori di potenza, che servono per il trasferimento dell'energia e che sono tesati
nell'aria;
di potenza;
i sostegni, che svolgono una funzione di sostegno degli isolatori e dei conduttori di
origine atmosferica.
Nel seguito, verranno illustrati alcuni dettagli relativi a ciascuna delle suddette componenti,
con particolare riguardo al caso delle linee adottate negli impianti di distribuzione ed utilizzazione.
proprietà meccaniche:
resistenza alla trazione, modulo di elasticità, allungamento (importante per le linee aeree),
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proprietà termiche:
l’Alluminio.
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2 Gli isolatori
La funzione degli isolatori è di collegare meccanicamente il conduttore di potenza ed il
metallici. Il nucleo isolante è soggetto, dal punto di vista elettrico, ad una differenza di potenziale
I materiali impiegati per il nucleo isolante sono la porcellana ed il vetro ricotto o temprato;
questi materiali, quantunque fragili, sono quelli che fino ad ora hanno dato i migliori risultati in
esercizio.
isolatori rigidi;
isolatori sospesi.
Gli isolatori rigidi hanno come limite di applicazione quello della media tensione, e sono, a
loro volta, suddivisi in ulteriori due categorie: gli isolatori rigidi per tensioni fino a 1 kV e quelli per
Tra gli isolatori sospesi, rivestono particolare importanza quelli detti a "cappa e perno".
Gli isolatori rigidi sono caratterizzati dalla presenza di un unico pezzo di materiale isolante
ed hanno la caratteristica forma a campana (Figura 1); nella parte superiore sono presenti due
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a) b)
Negli isolatori a cappa e perno, la cappa collega l'isolatore al sostegno o ad un altro isolatore
un isolatore a cappa e perno (Figura 2.a) e la modularità di tale tipologia di isolatori (Figura 2.b).
a) b)
Fig. 2 Isolatore a cappa e perno (a) e catena di isolatori a cappa e perno (b).
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In Figura 3 sono riportati i tipici isolatori adottati negli impianti di distribuzione in media e
bassa tensione in Italia. Alcuni dettagli di isolatori in porcellana sono mostrati in Figura 4. In Figura
5 sono mostrati alcuni dettagli di come sono utilizzati gli isolatori nelle applicazioni pratiche.
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3 Sostegni
I sostegni si possono classificare secondo i materiali usati in sostegni:
in legno;
in acciaio;
in cemento armato;
in vetroresina.
I sostegni in legno sono oggi impiegati molto raramente ed, essenzialmente, per le linee in
I sostegni in acciaio (Figura 7) sono diffusi nel campo della bassa e media tensione; si
impiegano pali ad asse rettilineo, ottenuti mediante tubi senza saldatura (tipo Mannesman).
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Nei sostegni in cemento armato (Figura 8) gli elementi rettilinei, costituenti il sostegno, sono
dei pali in cemento armato centrifugato, aventi una sezione trasversale di forma anulare riempita di
Nei pali in vetroresina, infine, il materiale utilizzato è di tipo composito, costituito da resine
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4 Condotti a sbarre
I condotti a sbarra, utilizzati per lo più in impianti industriali di elevata potenza, sono
apparecchiature prefabbricate di serie costituite da barre conduttrici nude (rame o alluminio) isolate
tra loro e verso l’esterno. Tali barre sono racchiuse in involucro metallico, sono montate
blindo sbarra;
isolsbarra;
blindo trolley.
Le blindo sbarre (Figura 9) sono barre nude di rame posate entro un involucro metallico
Fig. 9 Blindosbarra
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche con conduttore nudo
Le isolsbarre (Figura 10) sono sbarre di rame isolate singolarmente mediante materiale
Fig. 10 Isolsbarra
Le blindo trolley (Figura 11) sono blindo trolley sono analoghe alle blindo sbarre, ma con un
lato aperto e provvisto di guide sui cui viene montato un carrello scorrevole per alimentare carichi
mobili o spostabili.
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Sono regolamentati dalle Norme CEI 17-13/1 e 17-13/2 (Norme relative ai quadri)
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Università Telematica Pegaso Linee elettriche con conduttore nudo
Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“I MATERIALI CONDUTTORI’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 IL RAME E L’ALLUMINIO ------------------------------------------------------------------------------------------------ 8
3 LE APPLICAZIONI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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Università Telematica Pegaso I materiali conduttori
1 Introduzione
In queste note sono riassunte le principali caratteristiche richieste ai materiali utilizzati come
proprietà meccaniche:
resistenza alla trazione, modulo di elasticità, allungamento (importante per le linee aeree),
proprietà termiche:
l’Alluminio.
Nei confronti dei fenomeni di trasporto della corrente elettrica, un materiale si caratterizza
per:
mm 2
Resistività elettrica (ρ) m
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Università Telematica Pegaso I materiali conduttori
m
2
Conducibilità elettrica (σ=1/ρ) mm
temperatura,
sollecitazione dielettrica,
sollecitazioni meccaniche,
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Università Telematica Pegaso I materiali conduttori
Quando è necessario limitare il livello di approssimazione, si tiene conto della non linearità
0 2 1 (1 ) 2 1
1
1 0 1 0
Per avere un’idea dell’ampio intervallo entro il quale può variare il valore di resistività, o
conducibilità, in Figura 2 sono riportati i valori che la resistività può assumere per differenti
materiali.
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Università Telematica Pegaso I materiali conduttori
Focalizzando l’attenzione sui materiali conduttori, alcune caratteristiche più specifiche sono
riportate nella tabella 1. In particolare, in tabella sono riportati i valori di resistività, coefficiente di
temperatura (utile ad avere una misura della sensibilità della resistività (o conducibilità) alla
temperatura) e del peso specifico. I materiali rappresentati in tabella sono il rame, alluminio
(entrambi nelle due possibili forme, ricotto e crudo) e altri materiali metallici.
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6 di 13
Università Telematica Pegaso I materiali conduttori
Come detto, però, i materiali conduttori più impiegati nell’ambito delle linee aeree sono il
Rame e l’Alluminio.
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Università Telematica Pegaso I materiali conduttori
2 Il rame e l’alluminio
Il rame costituisce il materiale largamente più usato. Ciò è dovuto alle sue caratteristiche, fra
cui:
L’Alluminio è l’unica seria alternativa al rame come conduttore elettrico nelle applicazioni
alta malleabilità sia a caldo che a freddo; tuttavia qualche difficoltà si ha nella
trafilatura, per cui non è molto adatto per la realizzazione di fili sottili.
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alluminio.
elettrica;
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elettrica leggermente inferiore (circa 15%) a quella dell’Al puro, ma una resistenza
connessioni di linea.
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3 Le applicazioni
In termini generali, le principali applicazioni del rame e delle sue leghe sono:
cavi elettrici in bassa, media ed alta tensione per la trasmissione sia di piccole che di
grandi potenze;
Nelle Figure 3 e 4 sono riportate alcune caratteristiche dei conduttori utilizzati in alcune
linee.
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acciaio. Tali conduttori sono costituiti da un nucleo di fili di acciaio, zincati e cordati, intorno al
quale sono disposti fili di alluminio trafilati, anch'essi cordati; i fili di alluminio sono disposti
all’esterno per aumentare il diametro esterno della parte conduttrice e perché l’alluminio resiste
l'alluminio quella della conducibilità elettrica; in tal modo si uniscono i vantaggi dei due metalli,
senza averne gli inconvenienti. Questo tipo di conduttore trova vastissimi campi di applicazione, in
quanto, si possono variare le sue caratteristiche meccaniche ed elettriche con la sola variazione della
composizione (numero dei fili elementari e loro sezione) dei componenti che lo costituiscono.
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Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ LINEE IN CAVO’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 IL CONDUTTORE ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 6
3 ISOLANTI, GUAINE ED ARMATURE ---------------------------------------------------------------------------------- 8
4 GRANDEZZE ELETTRICHE CARATTERISTICHE --------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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1 Introduzione
Le linee in cavo sono impiegate per la trasmissione dell’energia elettrica e negli impianti in
in posa sotterranea;
in posa sottomarina;
in posa aerea.
Le linee elettriche aeree sono costituite dai cavi e dagli accessori di raccordo
conduttori;
isolanti;
guaine;
armature di protezione;
schermatura.
dall’isolamento funzionale (si viene così a costituire un cavo unipolare senza guaina). Alcuni
esempi di cavi a costituzione più complessa sono quelli riportati in Figura 1. Le parti costituenti il
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Corda rigida di
rame stagnato
Guaina di PVC Gomma butilica
gomma etilenpropilenica
Corda compatta
di rame stagnato
Strato semiconduttore
Gomma etilenpropilenica
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isolante = anima);
riempitivo: materiale estruso per riempire gli interstizi tra le anime nei cavi con più
conduttori;
da un’armatura o fasciatura;
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2 Il conduttore
I materiali più largamente impiegati per la parte conduttrice di un cavo sono il rame e
l’alluminio. Il confronto tra questi due materiali nell'ambito dei cavi si diversifica notevolmente in
Nel campo della bassa tensione, il costo del conduttore può essere un’aliquota significativa
del costo totale del cavo e, in tali casi, il confronto economico potrebbe anche essere a vantaggio
dell’alluminio; d’altra parte, per le alte tensioni il volume dell’isolante e la complessità dell’intero
cavo è tale che il costo del conduttore non è che una frazione piuttosto piccola del costo totale, e,
Nel campo delle medie tensioni, fino a 20 kV, i conduttori di alluminio possono consentire a
volte una certa economia nel costo totale del cavo, soprattutto se la guaina, invece che di piombo, è
anch'essa di alluminio.
In Figura 4 sono rappresentati alcune forme caratteristiche che il conduttore può assumere
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In Figura 5 e 6, sono rappresentati due cavi, uno tripolare ed uno multipolare, che adottano
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gli isolanti estrusi. I cavi in isolante estruso sono quelli principalmente impiegati negli impianti
elettrici a media e bassa tensione. La carta usata nell’isolamento dei cavi deve essere di pura
cellulosa per possedere qualità elettriche soddisfacenti e proprietà assorbenti tali da assicurare un
perfetto impregnamento. Gli impregnanti più usati per la carta sono gli olii.
la gomma butilica.
carta impregnata che costituisce un isolante stratificato e non omogeneo, perché composto da due
È interessante confrontare il comportamento dei diversi isolanti estrusi, per i diversi livelli di
rigidità dielettrica;
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Il PVC ha una rigidità dielettrica bassa e perdite eccessive, che ne rendono sconsigliabile
l’impiego per tensioni maggiori di 10-15 kV. Ha una ottima resistenza alle scariche parziali.
dielettriche, appena accettabile per quanto riguarda la resistenza alle scariche parziali. Si ossida
Tra i materiali derivati dal polietilene, il PE reticolato è assai interessante, per le sue
Tra le gomme sintetiche, le proprietà migliori sono quelle della gomma etilenpropilenica
(EPR) che, infatti, presenta un sempre più largo impiego. Ha una rigidità dielettrica superiore a
quella del PVC, perdite dielettriche un po’ elevate, anche se decisamente inferiori a quelle del PVC,
scariche parziali per poterne allargare il campo di impiego oltre la media tensione.
I materiali più largamente impiegati per le guaine sono il piombo, il policloroprene e il PVC.
L'armatura di un cavo può essere costituita da nastri di acciaio o da fili di acciaio; gli
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elettriche (tensione, corrente, ecc.) cui corrispondono i valori delle sollecitazioni ammissibili per un
Poiché tra le varie parti costituenti un cavo quella più sensibile a qualunque tipo di
la sollecitazione termica, legata alla temperatura e che, a sua volta, dipende dalle
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coppia di valori di tensione (U0, U) che designano il cavo sotto l’aspetto dell’isolamento; ad
esempio si usa la dicitura di “cavo a 0,6/1 kV”, “cavo a 12/20 kV”. I valori attribuiti dai costruttori
alle suddette grandezze elettriche individuano le sollecitazioni elettriche ammissibili del cavo in
sopportare.
osservi che i conduttori presenti in un cavo quando sono percorsi da corrente sono sede di
dissipazioni di potenza per effetto Joule; tali dissipazioni avvengono non soltanto nei conduttori di
potenza veri e propri, ma anche in tutte le altre parti metalliche del cavo, per effetto di induzione da
rappresentata dall’isolante. Infatti, il materiale isolante ha una "vita utile", indicata con Lu, che è
legata alla temperatura di esercizio, ϑ. Il decadimento della vita utile di un cavo in funzione della
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Fissato il tipo di materiale isolante e il valore minimo della durata utile dello stesso
(tipicamente 25 – 30 anni), per ogni tipo di isolante, e di conseguenza per ogni tipo di cavo, rimane
fissato, in base alla legge di Arrhenius, un valore massimo della temperatura del conduttore ϑn, detta
temperatura massima di servizio del conduttore (nel caso di PVC essa vale 70 °C, nel caso di EPR e
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Università Telematica Pegaso Linee in cavo
Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ COMPORTAMENTO TERMICO DEI CAVI’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 PORTATA DI UN CAVO ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 4
3 TIPO DI POSA------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 7
4 CORTOCIRCUITO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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Università Telematica Pegaso Comportamento termico dei cavi
1 Introduzione
I conduttori presenti in un cavo, quando sono percorsi da corrente, sono sede di dissipazioni
di potenza per effetto Joule. Inoltre, dissipazioni di potenza, sempre per effetto Joule, avvengono
anche in tutte le altre parti metalliche del cavo, per effetto delle correnti indotte dalle correnti che
normali di funzionamento, determina la durata di vita del cavo. Infatti, in un cavo, la parte sensibile
alla temperatura è rappresentata dall’isolante, la cui "vita utile", indicata con Lu, è legata alla
temperatura di esercizio, ϑ. Il decadimento della vita utile di un cavo in funzione della temperatura
con A e b costanti che dipendono dal tipo di materiale isolante. È opportuno sottolineare che
la temperatura di esercizio dell'isolante va considerata pari a quella del conduttore, essendo egli
Fissato il tipo di materiale isolante e il valore minimo della durata utile dello stesso
(tipicamente 25 – 30 anni), per ogni tipo di isolante, e di conseguenza per ogni tipo di cavo, rimane
fissato, in base alla legge di Arrhenius, un valore massimo della temperatura del conduttore ϑn, detta
temperatura massima di servizio del conduttore. A titolo d’esempio, nel caso di alcuni materiali
isolanti tipicamente adottanti nelle applicazioni pratiche di nostro interesse, si hanno temperature
massime di servizio di 70 °C, nel caso del PVC e 90 °C nel caso di EPR.
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Università Telematica Pegaso Comportamento termico dei cavi
2 Portata di un cavo
Per ogni valore di sezione del conduttore del cavo, è possibile individuare, attraverso
l’impiego di opportuni bilanci termici, la massima corrente che può circolare continuativamente,
Con riferimento alla situazione di regime, si può ipotizzare che tutta la potenza generata nel
conduttore per effetto Joule venga dissipata verso l'ambiente esterno. Si consideri, a titolo di
esempio, un cavo unipolare di bassa tensione costituito dal conduttore di potenza, dall’isolante e da
una guaina. Una modellizzazione semplificata del circuito termico corrispondente alla geometria di
potenza dissipata Pd
Per l'analisi del comportamento termico a regime del cavo in oggetto, è quindi sufficiente
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Università Telematica Pegaso Comportamento termico dei cavi
la temperatura ambiente
la potenza dissipata
Relazione più complesse, ma basate sullo stesso principio del bilancio termico, si possono
ricavare per tutte le geometrie possibili dei cavi. Si noti che, sia la resistenza elettrica del conduttore
si può calcolare, per una assegnata sezione S della parte conduttrice del cavo, la massima corrente
che a regime può circolare in esso; detta corrente è definita portata del cavo, indicata con Iz ed è
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avendo indicato con la somma delle resistenze termiche (si è voluto evidenziare la
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3 Tipo di posa
Particolarmente significativa è l’influenza che ha il tipo di posa; quest’ultima può essere di
vario tipo, tra cui rivestono particolare importanza nelle applicazioni pratiche:
posa interrata;
posa su mensole;
Alcuni esempi sono riportati nella Figura 2, previste dalla norma CEI 64-8 per le
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Un modo più semplice di gestire la relazione appena considerata è quella di tabellare, fissato
massima ammissibile per il tipo di isolante impiegato, la portata dei cavi per sezioni commerciali,
per tipo di materiale conduttore, per tipo di isolante e per tipo di posa. Nella tabella 1 è riportato un
esempio qualitativo di come può essere strutturata una tale tabella, al variare del tipo di posa; le
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4 Cortocircuito
Nel caso il cavo sia percorso da sovracorrenti e, più in particolare, da correnti di
cortocircuito, viene definita come grandezza elettrica caratteristica del cavo l’energia termica
specifica WT, cioè quella per unità di resistenza del conduttore, che il cavo è in grado di sopportare
infatti, essendo il fenomeno normalmente di breve durata per la presenza dei sistemi di protezione,
si ammette come temperatura massima ammissibile un valore maggiore di quello relativo alle
eliminazione del guasto molto breve, il calcolo della suddetta energia può condursi ritenendo
trascurabile la quantità di calore trasmessa dal conduttore al mezzo isolante e considerando, quindi,
Sotto tali ipotesi, tutta l'energia termica prodotta nel conduttore contribuisce ad elevarne la
R = ρL/S e percorso dalla corrente di cortocircuito i(t), si ha che l'incremento infinitesimo della
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temperatura dϑ che il conduttore subisce per effetto dell'energia accumulata per effetto Joule
avendo indicato con il coefficiente di variazione della resistività e con la resistività del
conduttore alla temperatura 0°C. In questo caso, l’equazione di bilancio termico può essere scritto
come:
ovvero:
Integrando tale equazione tra gli istanti di inizio del cortocircuito (t=0) e l’istante in cui
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La grandezza a secondo membro rappresenta, di fatto, l’energia specifica, cioè quella per
unità di resistenza del conduttore, che interessa il cavo durante il cortocircuito. Tale energia, se si
assume come temperatura di inizio del cortocircuito quella massima ammissibile in condizioni di
funzionamento normale ϑn, raggiunge il suo valore massimo WT con una temperatura finale per
l’isolante pari a quella massima ammissibile ϑmax in condizioni di cortocircuito; in tal caso
metallo con cui è realizzato il conduttore. Alla massima energia termica WT che il cavo è in grado
viene spesso anche dato il nome di integrale di Joule del cavo. Alcuni valori di K, nell'ipotesi che
all'istante iniziale di cortocircuito il cavo si trovi alla massima temperatura di servizio ϑi = ϑn, sono
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ϑn, perché, quando si verifica il cortocircuito, è percorso da una corrente inferiore alla
portata relativa alle sue condizioni d'installazione, i valori di K indicati nella tabella sono a
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Bibliografia
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“ DESIGNAZIONE DEI CAVI’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 CAVI ARMONIZZATI ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5
3 CAVI NON ARMONIZZATI ------------------------------------------------------------------------------------------------ 8
4 CRITERI DI SCELTA DEI CAVI ----------------------------------------------------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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2 di 13
Università Telematica Pegaso Designazione dei cavi
1 Introduzione
Per designazione dei cavi si intende la sigla alfanumerica, composta cioè da lettere e numeri
caratteristiche costruttive e funzionali dei cavi elettrici per l’energia. La sigla di designazione viene
apposta sulla guaina esterna del cavo in maniera tale che risulti chiara e leggibile (Figura 1).
designazione
La Norma CEI 20 - 27 e la Tabella CEI - UNEL 35011 stabiliscono le regole per designare
un dato tipo di cavo fornendo una descrizione abbreviata della configurazione del cavo stesso.
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La norma CEI 20 – 27 si applica ai cavi unificati nell’ambito delle direttive CE che, per
questo, sono detti cavi armonizzati: in tal caso il sistema di designazione deriva dalle regole di
armonizzazione del CENELEC. La norma CEI-UNEL 35011 si applica, a livello europeo, ai cavi
non armonizzati.
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2 Cavi armonizzati
Nel caso dei cavi armonizzati, in accordo alla Norma CEI 20 – 27, la sigla di designazione è
materiale isolante, quindi, dopo un trattino (-) materiale e forma dei conduttori (cioè procedendo
In tabella 1, è riportato il complesso di simboli utilizzati nel caso dei cavi armonizzati e il
relativo significato.
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Per la designazione del numero e della sezione dei conduttori sono previsti i seguenti
simboli:
con :
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(colore giallo-verde);
La sigla deve essere preceduta dalla denominazione cavo e seguita dalla citazione del
Ad esempio cavo H07V-K 16 (Fig. 2) designa un cavo armonizzato per tensioni nominali
450/750 V con isolamento in PVC, costituito da un conduttore di rame a corda flessibile per posa
fissa da 16 mm2.
Altro esempio è il cavo H07V-U 2x2.5 designa un cavo armonizzato per tensioni nominali
450/750 V con isolamento in PVC, costituito da due conduttori di rame a filo unico da 2.5 mm2.
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(-).
In Tabella 2, è riportato il complesso di simboli utilizzati nel caso dei cavi non armonizzati e il
relativo significato
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Ai fini della designazione completa di un cavo, la sigla deve essere preceduta dalla
denominazione CAVO e seguita dalla citazione del numero della tabella UNEL, ove questa esista.
Nel seguito, sono riportati alcuni esempi di sigle di designazione relative ai più comuni cavi
Cavi per media tensione tripolari ad elica visibile (X) in alluminio isolati con
gomma etilenpropilenica ad alto modulo elastico, schermati, sotto guaina di PVC (sigla:
Cavi per media tensione tripolari ad elica visibile (X) isolati con gomma
etilenpropilenica ad alto modulo elastico, schermati, sotto guaina di PVC (sigla: RG7H1RX-
12/20 kV);
Cavi per media tensione unipolari isolati con gomma etilenpropilenica ad alto
Cavi per bassa tensione quadripolari, con tre anime di fase e conduttore di
neutro concentrico di rame, isolati con gomma etilenpropilenica ad alto modulo elastico,
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concentrico di rame, isolati con gomma etilenpropilenica ad alto modulo elastico, sotto
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garantire i livelli di sicurezza e funzionalità che si devono raggiungere. I fattori più importanti cui
tensione;
luogo d’istallazione;
modalità di posa.
U0/U. La sezione corrisponde alla portata di corrente desiderata. La presenza del conduttore di
protezione dipende dalla tipologia di impianto che si è scelto per l’utilizzo dell’energia elettrica. Per
quanto riguarda il luogo d’istallazione, le norme stabiliscono normative specifiche per luoghi
specifici. Si pensi, ad esempio, ai luoghi con pericolo esplosione o a maggior rischio d’incendio. In
tal caso, è possibile che sia necessario utilizzare cavi specifici, quali, ad esempio, i cavi resistenti al
fuoco, cavi a basso sviluppo di fumo e gas tossici e corrosivi, ecc. La modalità di posa, invece, si
riferisce alla tipologia di guaina e degli altri sistemi di protezione del cavo.
Nei riguardi del comportamento all’incendio, i materiali usati per gli isolanti e le guaine
bruciano con facilità e producono fumi. Gli effetti nocivi dei prodotti della combustione sono:
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Il CEI ha definito specifiche prove per attestare la qualità dei cavi e per evitare la
propagazione dell’incendio:
Norme CEI 20-35 “prove su cavi sottoposti al fuoco” (cavi non propaganti la
fiamma)
Norma CEI 20-22 “Prove dei cavi non propaganti l’incendio” (cavi non
propaganti l’incendio)
Norma CEI 20-36 “Prove di resistenza al fuoco dei cavi elettrici”: (continuità
Norma CEI 20-37 “Prove sui gas emessi durante la combustione dei cavi
elettrici”.
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F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ APPARECCHI DI MANOVRA’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 APERTURA DI UN CIRCUITO -------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3 ARCO ELETTRICO ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
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1 Introduzione
cortocircuito.
sezionatori, quando sono costruiti per aprire o chiudere, in modo visibile o mediante
Fra queste due principali categorie di apparecchi di manovra ve ne sono altre intermedie:
gli interruttori di manovra, che sono costruiti per aprire un circuito sano o per
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quali deve essere possibile verificare la posizione di aperto in modo visibile o mediante un
I circuiti elettrici a media e a bassa tensione possono essere aperti anche per mezzo di
valore per un tempo prefissato. I fusibili, pur non costituendo in senso stretto apparecchi di
manovra, sono considerati tra questi in quanto svolgono alcune delle funzioni proprie degli
In tabella 1 è riportato uno schema riassuntivo degli apparecchi di manovra qui discussi.
INTERRUTTORE SI SI SI SI
INTERRUTTORE NO
SI SI SI
DI MANOVRA
IMS SI NO SI SI
CONTATTORE SI NO SI NO
FUSIBILE SI(**) SI NO NO
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Dall'esame della tabella si nota anche che ciascun apparecchio di manovra è caratterizzato
da funzioni differenti. Possono, quindi, nascere delle combinazioni di due apparecchi che,
congiuntamente, sono in grado di svolgere la somma delle funzioni che ciascun apparecchio è in
nel circuito svolgere le stesse funzioni di un interruttore: questo apparecchio viene denominato
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2 Apertura di un circuito
In un interruttore sono presenti due contatti (Figura 1), che vengono allontanati quando si
vuole aprire il circuito in cui l’interruttore è inserito. Il distacco dei contatti non è in generale
seguito immediatamente dall’interruzione della corrente, che, invece, continua a fluire per qualche
tempo, a causa di un arco elettrico che si adesca tra essi, come descritto graficamente in Figura 2.
in modo da ridurre a zero definitivamente la corrente che circola tra i contatti: questo processo si
Il processo di interruzione si attua, come si vedrà nel seguito, con modalità differenti nel
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nel caso della corrente alternata si ha che il passaggio periodico per lo zero della
questo caso il principale problema da risolvere nel processo di interruzione è quello di evitare
nel caso della corrente continua, non vi è alcun passaggio naturale per zero della
dell'arco.
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3 Arco elettrico
Non appena i contatti cominciano a separarsi, diminuisce la pressione di chiusura che si
esercita su di essi e la corrente passa attraverso superfici di dimensioni sempre più piccole
(praticamente le asperità superficiali, la cui estensione si modifica con la pressione di chiusura), con
la conseguenza che la resistenza elettrica offerta dai contatti al passaggio della corrente aumenta
gradualmente. Il calore sviluppato per effetto Joule aumenta a sua volta fino al punto da rendere i
contatti incandescenti; vengono così a crearsi le condizioni fisiche necessarie affinché, non appena i
contatti si separano, si adeschi tra essi un arco elettrico. Nei primi istanti questo arco è composto
prevalentemente da vapori metallici che provengono dai contatti, ma, in seguito, principalmente per
effetto termico o per collisione, esso si arricchisce di particelle ionizzate del mezzo interposto tra gli
stessi. Il successivo sviluppo dell’arco, che si ha man mano che i contatti si allontanano, è un
fenomeno molto complesso, ancora non completamente chiarito in tutti i suoi aspetti; esso dipende
da numerosi fattori, quali la natura del mezzo in cui l’arco si sviluppa, il materiale e la velocità di
allontanamento dei contatti, le caratteristiche del circuito in cui l’apparecchio è inserito, e così via.
Vi è, poi, da tenere in conto che l’arco persiste solo se il circuito in cui è inserito fornisce l’energia
sufficiente a compensare quella dissipata nell’arco stesso. L’arco nella sua lunghezza può essere
la zona catodica;
la zona anodica.
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comprende quasi tutta la lunghezza dell’arco. La zona catodica è quella a diretto contatto con
l’elettrodo a potenziale negativo (catodo), mentre quella anodica è a diretto contatto con l’elettrodo
Più in particolare, poi, le zone catodica e anodica si possono dividere in altre due zone: una
di transizione (raccordo) con la colonna positiva e una seconda, detta “settore della carica spaziale”,
più a diretto contatto con gli elettrodi: chiaramente la carica spaziale prospiciente l’anodo è
Per quanto riguarda la colonna positiva essa è macroscopicamente neutra. Dal punto di vista
elettrico, un arco si può caratterizzare con una curva caratteristica, detta caratteristica volt-
amperometrica, nel seguito chiamata sinteticamente caratteristica dell’arco. Tale curva riporta i
valori della tensione necessari a sostenere l’arco al variare della corrente che lo percorre.
La caratteristica in regime statico, detta caratteristica statica, riporta i valori della tensione
necessari per mantenere l’arco al variare della corrente, quando, per ogni valore della corrente, si
vi è un equilibrio stabile e permanente nel tempo tra l’energia prodotta nell’arco e quella dissipata.
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condizioni variabili nel tempo, quali quelle che si hanno, ad esempio, quando variano, più o meno
condizioni, nella determinazione del valore della tensione necessario a sostenere l’arco in
corrispondenza di un determinato valore di corrente, non si può prescindere dalle vicissitudini che
l’arco ha subito prima di essere percorso da quel particolare valore di corrente. Entrano cioè in
ionizzazione dello stesso; quando varia la corrente, infatti, la temperatura dell’arco e degli elettrodi
nonché lo stato di ionizzazione del mezzo presentano una inerzia per cui tendono a mantenere le
condizioni di partenza.
È importante osservare che mentre in corrente continua si fa riferimento, almeno dal punto
di vista teorico, alle caratteristiche statica e dinamica dell’arco, in corrente alternata, stante le
condizioni di variabilità nel tempo della corrente, si fa sempre riferimento alla caratteristica
dinamica dell’arco.
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“ ARCO ELETTRICO’’
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mezzo della legge di Ayrton, ricavata sperimentalmente e valida per archi corti e correnti continue
essendo:
D/I è la caduta di tensione per unità di lunghezza della colonna positiva, dipendente
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La Figura 1 mostra una famiglia di tali caratteristiche per diversi valori di lunghezza d’arco.
Fig. 1 Caratteristica statica dell'arco per valori crescenti della lunghezza d'arco.
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può notare che se la corrente prima cresce (a) e poi decresce (b) la tensione d’arco assume valori
differenti; è presente, cioè, un fenomeno che prende il nome di isteresi dell’arco elettrico.
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Si noti che sono interessati due quadranti, in quanto la corrente può assumere valori sia
positivi che negativi. La curva del primo quadrante è percorsa in corrispondenza dei valori positivi
della corrente, prima crescenti e poi decrescenti. Dualmente per quanto riguarda la curva del terzo
quadrante; anche qui è presente il fenomeno dell’isteresi dell’arco per valori di corrente crescenti e
decrescenti. I tratti di raccordo tra le curve dei due quadranti si hanno in corrispondenza degli istanti
A partire dalla caratteristica d’arco della Figura 3 e assumendo che la corrente che percorre
l’arco abbia un andamento sinusoidale, si può pervenire facilmente all’andamento nel tempo della
tensione d’arco; quest'ultimo e l'andamento nel tempo della corrente sono riportati nella Figura 4.
Dall'analisi della Figura si nota che la tensione d’arco è in fase con la corrente, ed è anche per
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nell’arco. Questo processo, come già detto, si attua con modalità diverse in corrente continua ed in
corrente alternata.
alimentato da una tensione continua E e nel quale circola, a interruttore chiuso, la corrente continua
un transitorio elettrico determinato dall'allungamento dell'arco e, quindi, dalla variazione nel tempo
della tensione d'arco ua; tale transitorio sarà regolato dalla equazione differenziale:
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Nell’equazione così ricavata i nota subito che il segno della caduta di tensione induttiva
definisce il segno della variazione della corrente i che si vuole interrompere: se esso è positivo la
corrente aumenta, se è negativo la corrente decresce. La condizione che deve essere, quindi,
verificata affinché l'arco si estingua definitivamente è che la caduta di tensione induttiva sia
stabilmente negativa così da avere una corrente nell'arco che decresce nel tempo fino ad annullarsi.
Per comprendere in che modo la suddetta condizione può verificarsi, si assuma che la
tensione d’arco sia data, al variare di i, dalla caratteristica statica dell’arco riportata nella Figura 1.
Se l’arco raggiunge una lunghezza, ad esempio la lunghezza l2 nella Figura 7, tale da far sì che la
sua caratteristica statica giaccia tutta al di sopra della retta di carico, ovvero la retta di equazione
per cui la caduta di tensione induttiva è negativa e, quindi, la corrente non può che
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a diventare costante al variare della corrente e che la resistenza può assumere valori variabili, anche
piccoli (si veda, ad esempio, quanto accade in condizioni anormali del circuito elettrico), la suddetta
condizione di buon fine del processo di interruzione si può anche cautelativamente enunciare
dicendo che affinché l'arco si estingua definitivamente è necessario che l’arco raggiunga una
lunghezza l2 tale che la tensione d'arco assuma, per ogni valore di corrente, valori superiori ad E
(Figura 8).
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Nelle Figure 9 e 10 si riportano, rispettivamente gli andamenti nel tempo della tensione ai
La espressione analitica della corrente nella fase successiva in cui tra i poli dell’interruttore è
presente l’arco può facilmente ricavarsi risolvendo l’equazione dell’equilibrio elettrico ai valori
istantanei valida in tale fase; essa è stata ricavata ipotizzando nella Figura 9 una tensione d’arco
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Discorso analogo vale nel caso in cui si debba interrompere la corrente continua in
induttanza L. L’equazione che descrive la fase dell’interruzione nel circuito di Figura 11 diventa:
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Nelle Figure 12 a) e b) si riportano, rispettivamente gli andamenti nel tempo della tensione
Fig. 12 Andamenti nel tempo della tensione ai capi dell'interruttore (a) e corrente (b)
L’espressione analitica della corrente nelle varie fasi può facilmente ricavarsi risolvendo le
equazioni dell’equilibrio elettrico ai valori istantanei valide nelle varie fasi che caratterizzano il
processo di interruzione. In Figura 12 a) si è ancora una volta ipotizzata una tensione d’arco
costante Ua* di valore superiore ad E. Si noti che la tensione d’arco Ua* si stabilisce all’istante t1 > 0
in cui si separano i contatti; ciò avviene con un certo ritardo rispetto all’istante t = 0 in cui è
avvenuto il cortocircuito, a seguito di inevitabili ritardi tra l’istante in cui si verifica la condizione di
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“ PROCESSO DI INTERRUZIONE’’
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differenziale:
La soluzione del circuito in esame è descritta graficamente in Figura 2, dove sono riportati,
rispettivamente, gli andamenti nel tempo della tensione ai capi dell’interruttore ui e della corrente
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Fig. 2 Andamenti nel tempo della tensione ai capi dell'interruttore (a) e corrente (b)
Si noti che in Figura 2.a) si è ipotizzata una tensione d’arco costante Ua* di valore superiore
ad E. Inoltre, la tensione d’arco Ua* si stabilisce all’istante t1 > 0 in cui si separano i contatti; ciò
avviene con un certo ritardo rispetto all’istante t = 0 in cui è avvenuto il cortocircuito, a seguito di
inevitabili ritardi tra l’istante in cui si verifica la condizione di guasto e l’istante in cui cominciano a
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2 Energia d'arco
Al fine di dimostrare la criticità del processo d’interruzione, si prenda in considerazione
l'energia messa in gioco dalla presenza dell'arco, detta "energia d'arco" ( ). Essa è data da:
in cui:
ua è la tensione d’arco;
Il tempo d’arco può essere osservato in Figura 2.b), dove ta=t2 – t1.
( ) si ha che:
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di due termini:
dissipata per effetto Joule, che dipende dall’interruttore attraverso la durata dell’arco ta:
obiettivo si può conseguire (Figura 2.b) riducendo la corrente i1 attraverso una congrua riduzione
del tempo t1; questo è possibile se si impiegano interruttori i cui tempi di apertura siano quanto più
La scelta del tempo t1 più opportuno, poi, va fatta anche in dipendenza delle caratteristiche
del circuito in cui l'interruttore è inserito, ed in particolare in funzione della costante di tempo
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Ta=L/R dello stesso. È interessante, infatti, notare che l’andamento nel tempo della corrente di
cortocircuito nell’intervallo (0, t1) (Figura 2.b), quando cioè i contatti non si sono ancora separati, e
quindi anche il valore che la corrente raggiunge all’istante t = t1 (e cioè i(t1) = i1), dipendono, tra
l’altro, anche dalla suddetta costante di tempo Ta = L/R e, quindi, dalle caratteristiche del circuito in
cui l’apparecchio è inserito: più piccola è la costante di tempo, maggiore è, a parità di t1, il valore di
i1, e viceversa. È questo il motivo per cui i costruttori di interruttori destinati ad interrompere una
corrente continua forniscono anche il valore limite della costante di tempo per cui sono garantite le
prestazioni dell’interruttore.
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quello in corrente continua. Nel caso della corrente alternata, infatti, la corrente che attraversa l’arco
favorevole circostanza rende l’interruzione in corrente alternata, a parità di corrente, più facile di
quella in corrente continua, in cui non esiste nessun istante di passaggio naturale per zero della
corrente L’obiettivo del processo di interruzione in corrente alternata è quello di evitare che, dopo
lo spegnimento naturale dell’arco, questo si riadeschi, ripristinando così la continuità elettrica tra i
contatti.
Molteplici sono le teorie, alcune anche molto recenti, che hanno cercato di spiegare, in modo
più o meno rigoroso, il processo di interruzione in corrente alternata e, in particolare, cosa accade
seguito si farà riferimento ad una di tali teorie, detta "teoria del riadesco dielettrico
dell'arco", che, seppure non abbraccia tutti gli aspetti di dettaglio del processo di interruzione in
Si analizzi cosa succede negli istanti immediatamente successivi a quando la corrente passa
per lo zero e, quindi, l’arco si spegne naturalmente. Tenendo conto del fatto che lo
spazio tra i contatti fino ad un istante prima era fortemente ionizzato per la presenza
dell’arco, si comprende che tale spazio non può ripristinare istantaneamente la sua piena rigidità
dielettrica. La ionizzazione residua che è ivi presente non scompare istantaneamente, ma tende a
decrescere gradualmente nel tempo; altrettanto gradualmente nel tempo il mezzo interposto tra i
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contatti tende a ripristinare la sua rigidità dielettrica con la conseguenza che aumenta il valore di
tensione vd necessario a
riadescare l’arco. La curva che riporta l’andamento della tensione vd al variare del tempo
(Figura 3) è detta curva di ripristino della rigidità dielettrica; lo zero dell’asse dei tempi corrisponde,
A parità di distanza tra i contatti, quanto più rapida è l’attitudine del mezzo interposto tra i
contatti a perdere ionizzazione (o per caratteristiche proprie o per azione prodotta dall’esterno) tanto
più rapidamente crescerà nel tempo la sua rigidità dielettrica e, quindi, la tensione necessaria a
riadescare l’arco. Con l’aumentare della distanza tra i contatti, è evidente, poi, risultano ancor più
elevati i valori di tensione necessari a riadescare l’arco: la curva di ripristino della rigidità dielettrica
tenderà a spostarsi verso l’alto (Figura 4) e, quindi, nei successivi passaggi per zero della corrente si
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È evidente che l’arco si riadescherà o meno in dipendenza dei valori di tensione che il
circuito in cui avviene l’interruzione impone ai morsetti dell'interruttore negli istanti successivi allo
spegnimento naturale dell’arco. A tale ultima tensione verrà nel seguito data la denominazione di
Detto vd(t) l’andamento nel tempo della tensione necessaria a riadescare l’arco e vr(t) quello
della tensione di ristabilimento, vi sarà riadesco dell'arco se esiste un istante di tempo t* tale che
(Figura 5.a):
non vi sarà riadesco dell'arco se, negli istanti successivi allo spegnimento naturale dell'arco
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principalmente dalle caratteristiche del circuito in cui avviene l’interruzione, come si vedrà
in seguito.
nella pratica, poiché l’interruttore deve essere in grado di intervenire con successo in tutti i casi
reali. Tali situazioni sono molteplici (ad esempio, cortocircuito ai morsetti dell’interruttore); esse si
ottengono dallo studio del transitorio elettrico dei circuiti equivalenti attraverso i quali è possibile
esclusivamente, come potrebbe sembrare, dalle caratteristiche del circuito; infatti, due interruttori
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diversi inseriti nello stesso circuito e sottoposti alla stessa operazione di manovra possono
presentare differenti andamenti della tensione di ristabilimento. Ciò è dovuto al fatto che la
presenza dell’interruttore altera le condizioni di funzionamento del circuito in cui esso è inserito:
l’interruttore con la sua tensione d’arco, se questa è significativa, modifica l'andamento nel tempo
della corrente; inoltre, subito dopo lo zero di corrente, esiste ancora una conducibilità residua, detta
variabile che, a sua volta, può essere causa di riadesco dell'arco per effetto termico.
L’influenza della tensione d’arco sull’andamento della corrente di cortocircuito può essere
significativa nel campo della bassa tensione. In tale ambito questo fenomeno assume una particolare
importanza in quanto viene sfruttato in alcuni tipi di interruttori che, come si vedrà meglio nel
seguito, sono detti limitatori. Tali interruttori evitano che la corrente di cortocircuito assuma valori
particolarmente elevati facendo in modo che la tensione d'arco assuma in tempi brevissimi un
valore superiore al valore massimo della tensione di alimentazione. Per comprendere tale fenomeno
si faccia riferimento alla Figura 6. In essa si è indicato con i(t) l'andamento nel tempo della corrente
di tale effetto; inoltre, nella stessa figura si è indicato con v(t) la tensione di alimentazione e con ua
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tempi brevissimi, si avrà che la tensione d'arco ua (t) compare ai capi dei poli dell'interruttore
pochissimi istanti dopo il cortocircuito (in Figura 6 nell'istante t1); a partire da questo istante, man
mano che i poli dell'interruttore si allontanano, la tensione d'arco cresce rapidamente; nelle solite
ipotesi semplificative, essa raggiunge istantaneamente (al tempo t = t1) un valore superiore al valore
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la derivata della corrente iL(t) diventa negativa, per cui la corrente di cortocircuito tende a
Come appare dalla Figura 6 la corrente di cortocircuito limitata iL(t) assume un valore
massimo decisamente inferiore al valore massimo ip che assume la corrente di cortocircuito i(t) in
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Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ INTERRUTTORE’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 GRANDEZZE CARATTERISTICHE ------------------------------------------------------------------------------------- 6
3 CLASSIFICAZIONI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
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1 Introduzione
L'interruttore, il cui simbolo grafico CEI è riportato nella Figura 1, è un apparecchio
guasto.
Si noti che dalla definizione, nel caso dell’interruttore sono previste tre funzioni:
interrompere:
è la funzione che l'interruttore compie passando dalla posizione di chiuso a quella di aperto
(manovra di apertura);
stabilire:
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è la funzione che l'interruttore compie passando dalla posizione di aperto a quella di chiuso
(manovra di chiusura);
portare:
Per uno specifico interruttore, tali funzioni sono svolte dall'interruttore senza alcuna
limitazione nella durata o nell'entità della corrente, nel caso di un circuito sano; nel caso, invece, di
un circuito guasto, quali quelle che derivano dalla presenza di un cortocircuito, le suddette funzioni
possono essere svolte con qualche ovvia limitazione; infatti, le correnti di cortocircuito:
che, come si vedrà meglio nel seguito, stanno a rappresentare i limiti di buon funzionamento
dell'interruttore;
possono essere portate solo per una durata specificata (stabilite dalle norme).
interruttore chiuso;
interruttore aperto.
È importante notare, poi, che l'interruzione o lo stabilirsi delle correnti avviene all'interno
dell'interruttore, per cui nulla è visibile dall'esterno se non per la presenza di apposite indicazioni.
Delle complicazioni relative alla manovra di apertura gia si è trattato in precedenti lezioni. Nel
seguito, invece, sono forniti alcuni dettagli relativi alla chiusura di un circuito.
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Quando un interruttore chiude un circuito che si trovi in cortocircuito, prima che si chiudano
i contatti si stabilisce tra essi l'arco elettrico, attraverso il quale passa una corrente che può essere
molto intensa.
Le forze elettrodinamiche che conseguentemente agiscono sui contatti possono essere tali da
rallentarne la chiusura e ridurre la pressione sui contatti quando la chiusura è avvenuta. Queste
azioni fanno aumentare l'energia dissipata nell'arco per la maggiore durata dello stesso e sulla
superficie dei contatti per la minore pressione su di essi. Se gli organi di chiusura non esercitano,
quindi, forze adeguate, i contatti possono danneggiarsi o al limite incollarsi e l'apparecchio può
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2 Grandezze caratteristiche
Al fine di riferire le caratteristiche dei vari interruttori ad un'unica corrente di cortocircuito,
che sia indipendente dall’interruttore stesso, si suole introdurre la corrente presunta di cortocircuito,
che è la corrente di cortocircuito che circolerebbe nel circuito, qualora l’interruttore fosse sostituito
espressa dai costruttori con riferimento alla corrente di cortocircuito presunta che è la stessa per tutti
gli interruttori in quanto non dipende dalla loro presenza nel circuito. È evidente che un discorso
analogo vale se si fa riferimento al caso in cui l'interruttore, invece di interrompere una corrente di
potere di chiusura.
In particolare:
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Si fa riferimento nel primo caso al valore efficace e nel secondo al valore massimo, perché
l’interruzione è legata all’energia associata all’arco mentre la chiusura è legata agli sforzi
elettrodinamici che si generano tra i contatti. Al fine di chiarire meglio tali definizioni, in Figura 2,
apertura e chiusura di un circuito, riguardano la durata delle suddette manovre. Tra l'istante in cui
scocca l'arco passa un intervallo di tempo, che dipende dal tempo proprio di funzionamento
dell'interruttore e da quello del dispositivo che consente l'apertura: questo intervallo di tempo è
detto tempo di apertura. L'arco, una volta adescato, dura, poi, per un certo periodo di tempo;
l'intervallo di tempo intercorrente tra gli istanti di inizio e di estinzione definitiva dell'arco viene
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chiamato durata (tempo) d'arco. L'intervallo somma del tempo di apertura e della durata d'arco è
Per quanto riguarda le operazioni di chiusura, l'intervallo di tempo tra l'istante di comando di
chiusura ed il congiungimento dei contatti in tutti i poli viene chiamato tempo di chiusura.
Con riferimento alle manovre di apertura e di chiusura, vi è anche da fare una osservazione
molto importante relativa al fatto che per eliminare i guasti transitori delle linee (cioè quelli che si
autoestinguono), che fra l'altro sono i più frequenti, è particolarmente utile dotare gli interruttori di
guasto permane, dopo una ulteriore apertura, in alcuni casi l’interruttore si richiude
automaticamente dopo un tempo di attesa maggiore (richiusura lenta). Se il guasto permane ancora
si ha una definitiva apertura. I benefici che si ottengono in termini di continuità del servizio sono
evidenti. In pratica, ad esempio negli interruttori a tensione superiore a 1 kV, i valori dei poteri di
interruzione e di chiusura così come sono stati definiti in precedenza, sono riferiti ad una sequenza
O t CO t' CO
dove:
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apre
Valori tipici per t sono 0.3 s per richiusura rapida automatica e 3 minuti negli altri casi;
valori tipici per t' sono 1 minuto per gli interruttori con t = 0.3 s oppure 3 minuti.
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3 Classificazioni
Una classificazione molto importante degli interruttori è legata al tipo di dielettrico
l'olio
l'aria compressa
l'esafluoruro di zolfo
il vuoto.
interruttori in olio;
Gli interruttori possono, poi, classificarsi anche in base al valore della tensione d'arco che si
stabilisce tra i poli durante il loro intervento. Si parla, in tal caso, di:
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la tensione d'arco non è una aliquota trascurabile della tensione del sistema.
Negli interruttori ad alta resistenza d'arco, la tensione d’arco assume valori tali da
modificare significativamente l’andamento nel tempo delle grandezze che interessano il fenomeno
dell’interruzione (si veda, ad esempio, quanto detto a proposito dell’effetto limitatore della tensione
d’arco nella bassa tensione) per cui è possibile impiegare, come mezzo dielettrico tra i contatti dopo
lo spegnimento naturale dell'arco stesso, un mezzo di qualità non eccelse quale l'aria. In questa
Negli interruttori a bassa resistenza d'arco, in cui non si hanno i benefici derivanti dalla
elevata tensione d'arco, è necessario, invece, impiegare come mezzo dielettrico tra i contatti dopo lo
spegnimento naturale dell'arco un dielettrico di buona qualità che garantisca un rapido ripristino
della rigidità dielettrica. Di questa categoria di interruttori fanno parte gli interruttori in olio, quelli
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“ TIPOLOGIE DI INTERRUTTORI’’
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interruttori di questo tipo sono apparsi alla fine del XIX secolo. Le tecniche di spegnimento
dell'arco impiegate a quell'epoca sono ancora oggi in uso. In Figura 1, è mostrata una
rappresentazione di un interruttore di tal tipo. Quando il contatto mobile lascia il contatto fisso,
scocca l'arco che si trasferisce per effetto termico sulle corna disposte superiormente per, poi,
traslare verso l'alto. Il conseguente aumento della lunghezza dell'arco è tale da garantire lo
Dal momento che l’aria non è un dielettrico di elevate prestazioni, l’interruttore in aria a
pressione atmosferica richiede taluni accorgimenti costruttivi atti ad aumentare la tensione d’arco.
Per rendere particolarmente elevato il valore della tensione d'arco si ricorre a particolari
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presenti due camere di estinzione, una superiore e l'altra inferiore, in cui i due archi, che scoccano
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Gli interruttori in aria sono praticamente gli unici impiegati nei sistemi di prima categoria.
Trovano poche applicazioni nel campo dei sistemi di seconda categoria e nessuna nel campo dei
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2 Interruttori in olio
In questi interruttori l'arco si forma nell'olio che, a spese dell'energia posseduta dall'arco
grazie soprattutto alla sua grande conducibilità termica dovuta alla elevata velocità delle sue
leggerissime molecole.
Negli interruttori detti in gergo a volume d'olio ridotto (VOR), il processo di interruzione
viene confinato entro camere di dimensioni ridotte, dette di interruzione, capaci di sopportare
pressioni anche elevatissime (100 - 150 bar). In Figura 3 sono riportate le fasi del processo di
assiale.
a) b) c) d)
Fig. 3 Fasi del processo di interruzione in un interruttore a volume d'olio ridotto
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b) formazione dell’arco;
c) allungamento dell’arco;
d) arco estinto.
Gli interruttori in olio trovano applicazione nel campo dei sistemi di seconda e terza
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scoccare dell'arco, quest'ultimo viene investito da un getto di aria compressa, che lo allunga e lo
raffredda, e che provvede a sostituire, una volta spento l'arco, l'aria ionizzata con aria non ionizzata
dell’interruttore.
a) b)
Fig. 4 principio di funzionamento dell’interruttore ad aria compressa: interruttore chiuso (a);
Gli interruttori in aria compressa oggi trovano impiego molto raramente, perché sono molto
rumorosi - il che ne sconsiglia l'uso nei centri abitati - e costosi, e precisamente solo nei sistemi di
seconda e terza categoria quando sono richieste prestazioni molto spinte, ad esempio in climi molto
rigidi, anche al disotto di – 40 °C, dove si può sfruttare l'assenza di tendenza alla liquefazione
dell'aria compressa.
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rigidità dielettrica dell’ SF6 raggiunge quella dell’olio isolante dei trasformatori =>
o La molecola di SF6 cattura elettroni liberi dando luogo ad uno ione pesante
L’interruttore, una cui rappresentazione è riportata in Figura 5, si basa su una tecnica che
consiste nell’inviare un getto di esafloruro di zolfo sull’arco provocato dall’apertura dei contatti. In
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La curva di ripristino della rigidità dielettrica in tali interruttori, per i motivi citati all'inizio,
si qualifica per una ottima risposta nel caso di tensioni di ristabilimento a fronte ripido.
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Ulteriori vantaggi dell'esafloruro di zolfo risiedono nel fatto che mantiene le caratteristiche
dielettriche nel tempo e, quindi, richiede pochissima manutenzione; inoltre, ha modeste dimensioni
d'ingombro.
ad autocompressione:
quando il getto di gas sull’arco è provocato da pistoni fissati sul contatto mobile
dell’interruttore;
quando è l’arco stesso a far aumentare la pressione all’interno della camera di estinzione e
mentre l'SF6 non è tossico, i prodotti della sua decomposizione sono aggressivi
a una pressione di 18 atm, l'SF6 diventa liquido alla temperatura di 14 °C, per cui se
l'interruttore funziona a questa pressione e deve essere usato all'aperto, deve essere riscaldato;
L’applicazione più ampia degli interruttori in SF6 sono nell’ambito della III categoria.
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a) b)
Fig. 7 Principio di funzionamento dell’interruttore sotto vuoto: interruttore chiuso (a);
Il vuoto è un dielettrico ideale. L’assenza di elettroni non dovrebbe far nascere l’arco. Nella
realtà il vuoto non è assoluto e si forma un piccolo arco; l’energia sviluppata dall’arco è modesta
così come l’usura. Nelle aperture di elevate correnti si può verificare lo strappamento dell’arco con
Gli interruttori sotto vuoto hanno fatto la loro prima comparsa nel campo dei sistemi di
seconda categoria e qui hanno trovato le loro principali applicazioni, inizialmente limitate dai
maggiori costi.
In conclusione, s riporta, in tabella 1, uno schema riassuntivo della applicazioni tipiche degli
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Catego
ria
I II III
categoria categoria categoria
interru
ttore
Aria
pressione SI POCHE NO
atmosferica
Olio NO SI SI
Aria
NO POCHE POCHE
compressa
SF6 NO POCHE SI
Sotto
NO SI NO
vuoto
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“ SEZIONATORI ’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 SEZIONATORI A COLTELLI --------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3 SEZIONATORI A ROTAZIONE ------------------------------------------------------------------------------------------- 9
4 SEZIONATORI A PANTOGRAFO E A GINOCCHIO -------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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1 Generalità
Il sezionatore, il cui simbolo grafico CEI è riportato in Figura 1, è un apparecchio di
guasto.
devono essere di modesta entità, ad esempio quelle capacitive di isolatori, sbarre o cavi di breve
di modesta entità l'intensità della corrente che il sezionatore è chiamato ad interrompere o stabilire.
Quindi:
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funzionamento:
sezionatore chiuso;
sezionatore aperto.
Il principale motivo che giustifica la presenza dei sezionatori nei sistemi elettrici è legato al
fatto che ogni volta che su un componente elettrico devono eseguirsi operazioni di sostituzione o
riparazione o manutenzione è necessario avere, per ovvii motivi di sicurezza, la certezza che il
componente su cui l'operatore interviene sia isolato elettricamente dalla parte rimanente del sistema
elettrico. Questa certezza si ottiene con i sezionatori, in quanto essi, in posizione di aperto,
di sezionamento, infatti:
superficiali;
devono essere tali da poter verificare la loro posizione di aperto in modo visibile
Per quanto riguarda le distanze di isolamento, esse garantiscono che una eventuale
aperto non dia luogo ad una scarica tra i poli dello stesso.
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Per quanto riguarda la verifica della posizione di aperto, essa garantisce la certezza che il
componente su cui interviene l'operatore sia effettivamente isolato dalla parte restante del sistema
elettrico.
Esiste una ulteriore prescrizione delle norme che impone l'impiego di un particolare tipo di
sezionatore allorquando un operatore interviene su di una linea elettrica; tale prescrizione recita che
in tali casi la linea deve essere collegata a terra, sempre per motivi di sicurezza, affinché non vi
Per ottemperare alla suddetta prescrizione vengono impiegati i sezionatori di terra, che sono
interbloccati con quelli messi in serie alla linea, onde impedire false manovre.
La Figura 2 mostra le posizioni di aperto e chiuso di due coppie di sezionatori posti alle
estremità di una generica linea, nel caso di linea in funzionamento e nel caso di intervento sulla
stessa. Un ultimo campo di impiego dei sezionatori riguarda il caso in cui si vogliano modificare
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I sezionatori possono essere classificati, a seconda delle loro caratteristiche costruttive, in:
sezionatori a coltelli;
sezionatori a rotazione;
sezionatori a pantografo;
sezionatori a ginocchio.
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2 Sezionatori a coltelli
In Figura 3 è riportato un esempio di sezionatore a coltelli per sistemi di prima e seconda
categoria. Tale sezionatore è costituito dalla lama (coltello) 6 incernierata nel punto 4, che può
esterno 3 attraverso la cerniera 4 ed il contatto metallico 5, con il tutto sostenuto dagli isolatori 2. Il
coltello può essere manovrato con comando diretto o rinviato; quest'ultima soluzione si impiega
quando l'organo che comanda l'apertura del sezionatore non è posto in prossimità, ma ad una certa
distanza dal sezionatore stesso. In questi sezionatori, al crescere della corrente nominale, si
aperto, dal lato non in tensione. In alcuni casi i sezionatori a coltelli trovano impiego anche nei
sistemi di terza categoria. In questi sezionatori, per ogni fase, sono presenti due colonne isolanti
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portanti, una colonnina di manovra ed un coltello che, in fase di intervento, subisce un movimento
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3 Sezionatori a rotazione
I sezionatori a rotazione possono essere a due o tre colonne.
Nei sezionatori a due colonne (Figura 5) ognuna delle colonne è dotata di movimento di
posizione di chiuso si ha incernierando tra loro le due estremità dei semicoltelli. Questi sezionatori
sono detti a semplice interruzione, in quanto con essi si interrompe il circuito elettrico in cui sono
terza centrale che sostiene e fa ruotare un unico coltello secondo un movimento che si svolge in un
del coltello su appositi contatti disposti sulle due colonne fisse. Questi sezionatori sono detti a
doppia interruzione, in quanto con essi si interrompe il circuito elettrico in cui sono inseriti in due
punti.
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.
Fig. 6 Sezionatori a pantografo
In Figura 7.a) è descritto un sezionatore a pantografo i posizione chiuso; in Figura 7. b) è
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negli impianti elettrici. I sezionatori a coltelli trovano applicazione nei sistemi di prima, seconda e
terza categoria; quelli a rotazione nei sistemi di seconda e terza categoria, quelli a pantografo e a
ginocchio nei sistemi di terza categoria. Tali considerazioni sono riassunte in tabella 1.
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Università Telematica Pegaso Sezionatori
Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ INTERRUTTORI DI MANOVRA E
CONTATTORI ’’
Indice
1 INTERRUTTORI DI MANOVRA------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 INTERRUTTORI DI MANOVRA-SEZIONATORI-------------------------------------------------------------------- 6
3 CONTATTORI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
1 Interruttori di manovra
Gli interruttori di manovra sono apparecchi di manovra capaci di:
In sintesi, gli interruttori di manovra svolgono tutte le manovre degli interruttori tranne
dell’interruttore di manovra.
stesse funzioni degli interruttori di manovra ed in più, nella posizione di aperto, soddisfano i
sono anche detti sezionatori sottocarico. Il loro simbolo grafico è mostrato in Figura 2.
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
potere di interruzione: valore efficace della più elevata componente simmetrica della
corrente in condizioni normali del circuito elettrico che essi sono in grado di interrompere;
In funzione del tipo di impiego e del numero di manovre previste si suddividono nelle
seguenti classi:
E3= in grado di stabilire e interrompere più volte correnti elevate e stabilire più volte
il corto circuito;
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
corrente nominale almeno uguale alla corrente di intervento del relè di massima
cortocircuito (trifase simmetrica) nel punto di installazione e durata almeno uguale al tempo di
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
2 Interruttori di manovra-sezionatori
esempio che, per la sua configurazione, è detto "a corna" e che viene impiegato in Italia nelle linee
Questi apparecchi sono dotati di due terne di isolatori che sono di amarro per la linea che si
vuole sezionare; esiste, poi, una terza terna di isolatori, quella centrale, la cui rotazione determina
l'apertura o chiusura dell'apparecchio: quando, infatti, la terna centrale è ruotata verso sinistra
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
dell'arco avviene entro camere di materiale speciale che, a contatto dell'arco, emettono un gas che
contatto mobile da quello fisso scocca l'arco, che viene investito da un soffio d'aria compressa che
L'aria compressa viene ottenuta da un pistone che si aziona all'atto dell'apertura dell'apparecchio.
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
dell'arco e di isolamento tra le parti a differente tensione l'SF6. Per i motivi già evidenziati nel caso
degli analoghi interruttori, con tali apparecchi si realizzano soluzioni estremamente compatte.
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3 Contattori
I contattori sono apparecchi di manovra capaci di interrompere, stabilire e portare correnti in
condizioni normali del circuito elettrico, incluse, quindi, specificate condizioni di sovraccarico.
I contattori hanno una sola posizione di riposo, generalmente quella di aperto, e passano
nell'altra posizione solo grazie ad una azione di comando non manuale, mantenuta da una sorgente
Per i contattori è possibile definire solo dei valori limite di corrente che sono in grado di
suddette grandezze si fa riferimento al valore efficace della più elevata corrente in condizioni
normali del circuito elettrico che essi sono in grado di interrompere o stabilire.
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
dell'energia elettrica, inoltre, possono essere facilmente telecomandati, il che li rende molto utili nel
motori;
condensatori;
reostati;
lampade.
I contattori sono capaci di eseguire un elevato numero di manovre senza usurarsi. Essi sono
contattori elettromagnetici;
contattori pneumatici;
contattori elettropneumatici;
contattori a semiconduttori.
Nei contattori elettromagnetici (Figura 6), la forza per la chiusura dei contatti normalmente
aperti è fornita da un elettromagnete, costituito da un nucleo fisso (1), da una ancora mobile (3) e da
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Quando la bobina non è percorsa da corrente, l'ancora mobile è spostata verso destra e la
molla di rimando (7) tiene il contatto mobile (4) lontano da quello fisso (5): il contattore è in
posizione di aperto.
mobile (3) verso sinistra, con la conseguente chiusura del contatto mobile su quello fisso: il
contattore passa in posizione di chiuso e permane in tale posizione fino a quando la bobina è
percorsa da corrente.
Nei contattori pneumatici la forza per la chiusura dei contatti normalmente aperti o per
l'apertura di quelli normalmente chiusi è fornita da un dispositivo che utilizza aria compressa, senza
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Nei contattori elettropneumatici la forza per la chiusura dei contatti normalmente aperti o
per l'apertura di quelli normalmente chiusi è fornita da un dispositivo che utilizza aria compressa e
Nei contattori sotto vuoto (Figura 7) i contatti principali aprono e chiudono entro un
involucro sotto vuoto. In questi contattori la forza per la chiusura dei contatti normalmente aperti o
per l'apertura di quelli normalmente chiusi è fornita da un elettromagnete. I contattori sotto vuoto,
così come gli analoghi interruttori, trovano impiego nei sistemi di seconda categoria.
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
Ad esempio, nel contattore riportato in Figura 8 sono presenti due tiristori in antiparallelo
che connettono o sconnettono il carico dalla linea; in particolare, il circuito di controllo comanda
l'accensione o meno della coppia di tiristori del circuito di potenza a seconda che si voglia o meno
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Università Telematica Pegaso Interruttori di manovra e contattori
Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ FUSIBILI’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO -------------------------------------------------------------------------------------- 7
3 FASI DI FUNZIONAMENTO ---------------------------------------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
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Università Telematica Pegaso Fusibili
1 Generalità
Il fusibile è un apparecchio in grado di interrompere le correnti di sovraccarico e di
cortocircuito. Mediante la fusione di una sua parte, interrompe automaticamente la corrente nel
circuito in cui è inserito quando questa supera un determinato valore per una durata sufficiente. Il
In Figura 2, sono mostrati alcuni tipici fusibili per sistemi di I categoria; in Figura 3, quelli
per sistemi di II e III categoria.
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Università Telematica Pegaso Fusibili
altri apparecchi di manovra. In esso, infatti, non sono presenti i contatti, fisso e mobile, che
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Università Telematica Pegaso Fusibili
allontanandosi determinano l'interruzione della corrente; è, invece, presente una "parte sottile"
(Figura 4.b), detta elemento fusibile, che è costituita da uno o più conduttori a forma di filo o di
nastro, e che, fondendo, determina l'interruzione della corrente, secondo un meccanismo che si
analizzerà in dettaglio nel seguito. È evidente che, affinché l'elemento fusibile fonda è necessario
che entri in gioco una opportuna quantità di energia termica; questo è il motivo per cui, nella
definizione di fusibile precedentemente data, compare esplicitamente il fatto che la corrente che
percorre il circuito può essere interrotta solo se supera un determinato valore per una durata
sufficiente.
(a)
(b)
Fig. 4 Rappresentazione schematica fusibile (a) e dell’elemento fusibile (b)
Poiché l'intervento del fusibile è legato alla fusione di una sua parte (l'elemento fusibile) e
poiché il processo di fusione è irreversibile, ne consegue che il fusibile, una volta intervenuto, va
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Si noti che è, a questo punto, necessario studiare il principio di funzionamento dei fusibili
poiché, per quanto evidenziato in precedenza, esso si discosta sostanzialmente da quello degli altri
impianto elettrico.
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2 Principio di funzionamento
Per comprendere il principio di funzionamento di un fusibile si faccia riferimento, a titolo di
particolare tipo di fusibile, detto a cartuccia; si farà riferimento a questo tipo di fusibile in quanto è
quello di gran lunga più diffuso e, comunque, il suo studio consente di porre in evidenza i principali
Nel fusibile a cartuccia, l'elemento fusibile - che è una sottile lama di argento o rame dotata,
metallici, destinati alla connessione elettrica del fusibile al circuito esterno. Quando il fusibile è
percorso da una corrente superiore ad un valore prefissato per una durata sufficiente, la temperatura
in alcune parti dell'elemento fusibile (Figura 5), nel caso in esame in corrispondenza delle sue
strozzature, cresce fino a raggiungere la temperatura di fusione, con la conseguenza che l'elemento
fusibile inizia a fondere e, poi, a evaporare secondo un processo che è chiaramente irreversibile.
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primi archi (AN nella figura 6.a), prende il nome di fase di pre-arco.
fusibile, si ha la nascita di un unico arco generalizzato a tutto l'elemento (AG nella Figura 6.b). Il
periodo che va dall'istante in cui scocca il primo arco all'estinzione definitiva dell'arco
generalizzato, prende il nome di fase d'arco. In questa fase assume un ruolo fondamentale la sabbia
che circonda l'elemento fusibile, in quanto essa assorbe la maggior parte dell'energia termica
Una volta estinto l'arco, circola nel fusibile, attraverso la massa di sabbia fusa e di residui
metallici dell'elemento fusibile, una debole corrente di conduzione che, dopo pochi istanti, cessa di
fase di pre-arco;
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fase d'arco;
fase di post-arco.
La fase di pre-arco ha una durata detta, appunto, di pre-arco, quella d'arco ha una durata
detta d'arco; la somma delle durate di pre-arco e d'arco è detta durata di funzionamento o di
interruzione. In Figura 7 è riportato uno schema di sintesi delle durate delle varie fasi di
funzionamento di un fusibile.
Fig. 7 Schema di sintesi delle durate delle varie fasi di funzionamento di un fusibile.
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3 Fasi di funzionamento
Durante la fase di pre-arco, si ha in successione:
temperatura di fusione;
la fusione;
l'evaporazione.
In questa fase la caduta di tensione ai capi del fusibile si mantiene molto bassa e l'andamento
nel tempo della corrente non subisce modifiche per la presenza del fusibile.
Quando l'intensità della sovracorrente non è molto elevata, il suindicato processo non si può
verso i conduttori propriamente detti cui il fusibile è posto in serie e trasversalmente verso il mezzo
in cui l'elemento fusibile è immerso. In questi casi la durata di pre-arco è significativa ed è tanto più
si svolge in un intervallo di tempo tanto breve da poter considerare trascurabile la quantità di calore
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non dipende dall'andamento nel tempo della corrente di cortocircuito, ma è una costante
La fase d'arco ha inizio, come già detto, nell'istante in cui compare il primo arco elettrico ed
ha fine allorquando l'arco generalizzato si estingue. In questa fase è presente ai capi del fusibile la
tensione d'arco, che svolge una chiara azione limitatrice della corrente.
L'azione limitatrice della corrente da parte della tensione d'arco è particolarmente utile nel
caso di interruzione di correnti di cortocircuito. Se, infatti, la tensione d'arco assume valori
sufficientemente elevati (maggiori del valore massimo della tensione di alimentazione), essa
impedisce, in modo del tutto analogo a quanto accade negli interruttori limitatori, che la corrente di
cortocircuito raggiunga il valore massimo della corrente di cortocircuito presunta. In Figura 8, dove
pre-arco e la durata d'arco sono dello stesso ordine di grandezza. Nel caso, invece, di interruzione di
sovracorrenti di valore non elevato, poiché la durata di pre-arco assume valori decisamente più
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elevati mentre quella d'arco rimane dell’ordine della decina di ms, si ha che la durata di pre-arco è
Nella fase d'arco riveste un ruolo fondamentale la sabbia che circonda l'elemento fusibile.
Essa, infatti:
forma uno schermo, nei riguardi dell'involucro della cartuccia, limitando effetti
costituisce, grazie alla sua porosità, un mezzo di dispersione controllata del metallo
vaporizzato dell'elemento fusibile, il che facilita la perdita di continuità elettrica del canale
Una volta estinto l'arco, è presente nel fusibile una miscela di sabbia fusa mescolata a vapore
metallico, che ha una proprietà particolarmente utile nella fase di post-arco: essa possiede una
conducibilità a caldo non trascurabile, il che permette di far circolare attraverso il fusibile, una volta
Questa corrente residua è giovevole, in quanto, nei primi istanti successivi allo spegnimento
successiva a quella di circolazione della piccola corrente di conduzione. Essa, infatti, ha un elevato
valore di resistenza a freddo (di svariati ordini di grandezza superiore del valore a caldo), per cui
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“ UTILIZZO DEI FUSIBILI’’
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tensione nominale: tensione più alta alla quale il fusibile può essere utilizzato;
tt=tp+ta;
gli integrali di Joule, detti nel gergo usuale sinteticamente nella fase di pre-
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Università Telematica Pegaso Utilizzo dei fusibili
Si osservi che tra le varie grandezze di interesse citate mancano il tempo d'arco e l'integrale
di Joule relativo alla fase d'arco, in quanto esse possono ricavarsi, per differenza, una volta noti,
A ciascuna delle grandezze da prendere in considerazione viene associata una diversa curva
caratteristica del fusibile fornita dal costruttore; in particolare, queste curve caratteristiche prendono
il nome di:
funzionamento;
limitata;
funzionamento.
in funzione del valore efficace Icp della componente simmetrica della corrente di cortocircuito
presunta. I motivi per i quali si fa riferimento alla corrente di cortocircuito presunta sono gli stessi
per cui essa è stata introdotta nella definizione del potere di apertura e di chiusura degli interruttori.
La Figura 1 mostra gli andamenti dei tempi di pre-arco (tp) e di funzionamento (tt=tp+ta) in
α=Icp/In
dove Icp è il valore efficace della componente simmetrica della corrente di cortocircuito
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Università Telematica Pegaso Utilizzo dei fusibili
È interessante notare dalla Figura 1 che, per valori di α non molto elevati (ovvero per valori
efficaci della componente simmetrica di corto circuito presunta, rapportata alla corrente nominale
coincidono: in questa zona, infatti, i tempi di pre-arco (tp), per quanto detto in precedenza, sono
molto lunghi mentre quelli d'arco (ta) sono bassi (al più una decina di ms), per cui:
tt=tp+ta≈ tp
fino a che, per valori elevati di α, il tempo di pre-arco diventa molto piccolo e dello stesso ordine di
grandezza del tempo d'arco; in questa zona, è fondamentale per lo studio della selettività, è molto
Un’altra curva caratteristica molto importante nella scelta dei fusibili è la caratteristica di
limitazione di un fusibile. Essa riporta il valore di picco della corrente limitata îL in funzione di Icp
o di α. In Figura 2 è riportata tale caratteristica, per differenti valori della corrente nominale, di un
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Università Telematica Pegaso Utilizzo dei fusibili
tipico fusibile utilizzato nei sistemi di prima categoria. Per ciascun valore nominale, la curva riporta
il valore di picco della corrente limitata (asse delle ordinate) in funzione del valore efficace della
Si noti, inoltre, che le due rette riportate in Figura 2 permettono di ricavare i valori di picco
della corrente di cortocircuito non limitata, sia in presenza che in assenza della componente
unidirezionale.
Altra curva caratteristica dei fusibili è la caratteristica I2t che possono essere riferite, come
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Università Telematica Pegaso Utilizzo dei fusibili
Nel primo caso (Fig. 3), la caratteristica si presenta, al crescere della corrente di
cortocircuito presunta, praticamente costante per i motivi già evidenziati; al decrescere della
corrente, non essendo il fenomeno adiabatico, assume valori crescenti per effetto degli scambi di
Nel caso dell'integrale di Joule di funzionamento, il suo andamento è variabile a seconda del
tipo di fusibile; nella Figura 4 è riportato il suo andamento nel caso di fusibili speciali.
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2 Classificazione
La classificazione dei fusibili può avvenire in base:
alla tensione;
alla costruzione.
Ritardati;
Extrarapidi.
a cartuccia;
a liquido;
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a soffiaggio.
seguente:
sono in grado di interrompere, in condizioni specificate dalle norme, tutte le correnti che
provocano la fusione dell'elemento fusibile fino al loro potere di interruzione, che è definito in
comprese tra la corrente K2In (con K2>1) e la corrente corrispondente al potere di interruzione
(cortocircuiti).
Fig. 5 Curva caratteristica tempo/corrente dei fusibili a a pieno campo e a campo ridotto
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E’ d’uso comune, poi, aggiungere, nella sigla dei fusibili una seconda lettera identificativa
di motore
di motore
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3 Fusibili ed interruttori
Un confronto tra fusibili ed interruttori permette di fare interessanti considerazioni che
il basso costo;
automatico può non garantire l'intervento se non è curata nel tempo la manutenzione.
nei circuiti trifasi può fondere il fusibile in una sola fase a seguito di un
guasto monofase; il circuito resta allora alimentato sulle altre due fasi: tale situazione è
il fusibile apre solo sovracorrenti, per cui debbono essere abbinati con altri
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Al fine di sfruttare i vantaggi dei fusibili e, allo stesso tempo superare gli svantaggi derivanti
dal loro utilizzo, tipicamente i fusibili vengono associati ad altri apparecchi di manovra in grado di
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Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ RELE’ ’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 RELÈ ELETTROMECCANICI -------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3 RELÈ TERMICI -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
4 RELÈ STATICI --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
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1 Generalità
Il verificarsi di condizioni di funzionamento anormali in un sistema elettrico potrebbe avere
conseguenze anche gravissime qualora non si intervenisse tempestivamente; ad esempio, nel caso di
elettrodinamici, abbassamenti di tensione, e così via. È, quindi, indispensabile che siano presenti
tempestiva eliminazione.
condizione anormale di funzionamento; essi, infatti, pur essendo capaci di effettuare la “manovra”
di interruzione della corrente, non hanno in sè alcun elemento che li comandi ad effettuare tale
manovra. In poche parole, gli apparecchi di manovra non sono in grado, da soli, di svolgere la
funzione completa di protezione se ad essi non si associa un altro componente capace di percepire la
stesso all’intervento. Il relè costituisce l'elemento sensibile del sistema di protezione: il suo compito
è di tenere sotto controllo una grandezza indicativa delle condizioni di funzionamento del sistema e
valori al di fuori dei valori ammissibili. In Figura 1 è riportato il simbolo grafico CEI del relè,
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Alcuni esempi di relè ed il relativo simbolo che sostituisce ‘*’ in Fig. 1 sono:
I relè possono essere classificati in base al tempo di intervento o in base alle caratteristiche
classificazione relè
tra l'istante in cui la grandezza controllata supera un valore di riferimento e l'istante in cui viene
inviato il segnale ai circuiti comandati dal relè. In base ai valori che assume il tempo di intervento si
hanno:
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Nei relè ad azione istantanea il tempo di intervento è praticamente nullo, ad esempio 15 ms.
Nei relè ad azione ritardata è presente un ritardo più o meno lungo; essi sono a loro volta
distinti in relè:
A ciascun tipo di relè si associa una diversa caratteristica di intervento che riporta
l’andamento del tempo di intervento del relè in funzione della generica grandezza Y cui il relè è
sensibile. In Figura 3, sono riportati gli andamenti qualitativi di alcuni tipiche caratteristiche di
intervento.
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I relè possono essere classificati, in base alle caratteristiche costruttive, in relè di:
tipo statico, il cui funzionamento avviene con l’ausilio di circuiti elettronici di tipo
Per ciascuna delle categorie sopra evidenziate, si individuano, poi, specifiche famiglie di
relè.
elettromagnetici
magnetoelettrici
ad induzione
a lamina bimetallica
a termocoppia
a resistenza
ad immagine termica
di tipo elettronico
di tipo a microprocessore
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2 Relè elettromeccanici
I relè elettromeccanici si possono dividere, a loro volta, in:
elettromagnetici;
magnetoelettrici;
ad induzione.
Circuiti comandati
dal relè
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formato dal nucleo, dal traferro e dall’armatura mobile un flusso. L’armatura mobile diviene,
Il modulo della forza Fm è proporzionale al quadrato del valore efficace del flusso al traferro.
A tale forza si oppone una forza resistente Fr esercitata da una molla antagonista: se la forza di
attrazione è maggiore della forza resistente, l’armatura mobile si sposta verso l’alto e viene data
Per ottenere un relè ad azione ritardata a tempo indipendente la parte mobile mette in
funzione un dispositivo di temporizzazione che interviene con il ritardo desiderato. Per ottenere un
relè ad azione ritardata a tempo dipendente, si agisce, invece, sul tempo richiesto al compimento
girevole montato tra le espansioni di due elettromagneti le cui bobine sono opportunamente inserite
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Gli avvolgimenti del relè sono alimentati in corrente alternata e creano due flussi che
inducono correnti nel disco. L'interazione tra queste correnti ed i flussi che le hanno generate dà
luogo ad una coppia elettromagnetica risultante (Cm). Se consideriamo la coppia resistente fornita
dalla molle (Cr), l’equilibrio del relè è data da dall’eguaglianza Cm=Cr. Diversamente, il disco tende
a ruotare e l'equipaggio mobile ad esso solidale può determinare la chiusura di contatti all’uopo
predisposti. Si noti che la rotazione del disco è determinata da una coppia proporzionale al prodotto
tensione, corrente e al loro sfasamento: tale relè, quindi, è sensibile sia alla potenza attiva che
reattiva.
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3 Relè termici
I relè termici sono intrinsecamente dei relè ad azione ritardata a tempo dipendente:
intervengono quando la grandezza controllata supera il valore di taratura, con un ritardo che è
inversamente proporzionale all'entità di tale grandezza (Figura 6). Poiché la temperatura è in genere
strettamente correlata alla corrente che interessa il componente protetto, la grandezza elettrica che
a lamina bimetallica;
a termocoppia;
a resistenza;
ad immagine termica.
Nei relè a lamina bimetallica è presente una lamina bimetallica che si incurva quando viene
riscaldata chiudendo o aprendo dei contatti fissi. Il riscaldamento della lamina bimetallica può
avvenire:
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(Figura 8).
bilamina si incurva.
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componente protetto in una corrispondente variazione di forza elettromotrice, che può essere
Nei relè a resistenza si sfrutta il fatto che la resistenza di un conduttore è funzione della sua
avente un alto coefficiente di variazione della resistenza con la temperatura. Il controllo della
temperatura nel punto in cui l'elemento sensibile viene disposto si riduce allora alla misura della
che appunto viene chiamato immagine termica dell'apparecchio protetto. Il controllo della
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4 Relè statici
I relè statici si possono dividere, a loro volta, in:
di tipo elettronico
di tipo a microprocessore
L'impiego del microprocessore nei relè statici ha permesso di realizzare notevoli progressi
rispetto a quelli di tipo elettronico. I relè statici a microprocessore (Figura 9) colloquiano con il
Tali relè, a volte, possono ricevere dal sistema elettrico anche informazioni direttamente in
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Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ SISTEMI DI PROTEZIONE IN MEDIA
TENSIONE’ ’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 STRUTTURA DI ESERCIZIO DELLE RETI --------------------------------------------------------------------------- 5
3 CORTOCIRCUITO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
4 SOVRACCARICO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 16
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
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1 Generalità
Un sistema di protezione (SP) percepisce la presenza di una condizione di funzionamento
SP contro le sovracorrenti:
SP contro le sovratensioni:
Rapidità di intervento;
Affidabilità;
Selettività.
condizione di funzionamento anormale, esso mette fuori servizio solo il componente o la parte di
impianto in cui si verifica la suddetta condizione, permettendo così alle rimanenti parti del sistema
caso di cortocircuito nel punto segnalato, l’intervento del sistema di protezione SP2, in anticipo
rispetto al sistema di protezione SP1 garantirà che la sbarra BT della cabina elettrica potrà
continuare ad operare, garantendo l’alimentazione alle linee 2 e 3, mentre si interviene sulla linea 1
a risolvere il guasto. E’ evidente, in tal caso, l’elevato livello di continuità di servizio garantito in
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Università Telematica Pegaso Sistemi di protezione in media tensione
questo modo e del conseguente impatto economico (si pensi ad esempio al caso di uno stabilimento
Fig. 1 Selettività
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esercito l’impianto. Nel caso della distribuzione e utilizzazione dell’energia elettrica in media e
bassa tensione, tipicamente sono impiegando strutture che si possono ricondurre essenzialmente alle
seguenti tipologie:
Rete ad anello
dell’energia elettrica. Di seguito sono sintetizzati vantaggi e svantaggi di tale tipologia di struttura.
Stazione AT/MT
Linea MT
Cabina elettrica
Linea BT
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Svantaggi:
La struttura radiale con richiusura (Figura 3) è costituita da due radiali semplici con
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Le strutture radiale con richiusura e ad anello sono più difficile da gestire e più
costose.
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3 Cortocircuito
Si analizzano, ora, i sistemi di protezione utilizzati in media tensione per la protezione delle
linee contro le correnti di cortocircuito. In tal caso, si devono considerare reti con neutro isolato o
Nei casi considerati nelle Figure 4 e 5, l’impedenza offerta dalle capacita C0 verso terra è
molto maggiore di quella offerta da conduttori di fase, per cui la corrente di cortocircuito monofase
è molto minore di quella polifase (bifase nel caso di Figura 5). Sono quindi necessari sistemi di
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Con riferimento ad guasti polifase, si faccia inizialmente riferimento al caso di una linea in
caratterizzato da un collegamento a stella con centro stella isolato: lo schema unifilare è riportata in
Fig. 6.
t*
P
SP
C
Fig. 6 Schema unifilare una linea con carico d’estremità
un interruttore.
Nel caso di più tratti di linea separati da sbarre (Figura 7), ogni linea deve essere protetto da
Tempo intervento relè SP2 > tempo intervento del relè di SP3
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Tempo intervento relè SP1 > tempo intervento del relè di SP2
Chiaramente, la differenza dei tempi di intervento deve essere maggiore del tempo di
interruzione dell’interruttore.
Al cortocircuito monofase a terra non sono associate correnti di valore elevato, per cui i
sistemi di protezione adottati per i guasti polifase non possono essere impiegati. Inoltre si osservi
che:
delle fasi non soggette a guasto per cui la sua intensità è tanto limitata da non dar luogo
costituire di per sé causa di pericolo per le persone o le cose, essa va comunque rilevata ed
eventualmente eliminata.
funzionamento normale:
le tensioni delle fasi rispetto a terra e quelle delle fasi rispetto al centro stella
la somma delle tensioni delle fasi rispetto a terra è uguale a zero (Figura 8.b).
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V1
V2
n
V3
AT MT C0 C0 C0
T
V3T V2T V1
T
(a)
1
T
V1 V1
n=T
3 2
T
V3 V3 T
V2 V2
(b)
Fig. 8
le due fasi non affette da guasto assumono verso terra un valore di tensione
la somma delle tensioni delle fasi rispetto a terra non è più nulla, ma pari alla
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V1
V2
n
V3
AT MT C0 C0 C0
T T
V3T V2 V1 Ig
T
(a) 1
V1T
V1T + V2T
T=3 2
V2T
Fig. 9
Il sistema di protezione che può essere impiegato nel caso in esame per la protezione contro
i guasti monofase è allora costituito dal dispositivo di (Figura 10) e composto da:
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V1
V2
n
V3
AT MT
Vo >
Fig. 10
In Fig. 10, si noti che il relè voltmetrico è collegato al sistema ‘di potenza’ attraverso un
Nel caso di struttura radiale con richiusura (Figura 11), si può verificare che il sistema di
protezione di Figura 10, benché ancora efficace, non può però garantire la selettività. In tal caso, è
necessario utilizzare un relè varmetrico direzionale (Figura 12): in tal caso, oltre ai trasformatori di
tensione, il relè, sensibile alla potenza, è collegato anche per pezzo di un trasformatore
(trasformatore di corrente).
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linea (b)
1
2
3
V1 C0b C0b C0b
V2
V3
AT MT linea (a)
1
2
3
Rg 0 Ig C0a C0a C0a
S S S
3 2 1
Fig. 11
V1
AT MT
Fig. 12
Nel caso di sistemi a struttura ad anello (Fig. 13), poiché il flusso dell’energia non è
unidirezionale è necessario istallare, sia a monte che a valle di ciascuna sbarra da cui sono derivate
linee o carichi sistemi di protezione costituiti da relè di massima corrente, relè direzionale ed
interruttore.
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B C
t A D
Fig. 13
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4 Sovraccarico
I sistemi di protezione per linee in media tensione contro le correnti di sovraccarico sono in
importanza;
relè di massima corrente a tempo dipendente, nel caso di linee di una certa
importanza.
corrente per le correnti di sovraccarico sono tarati per correnti minori e per tempi di intervento
Fig. 14
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“ SISTEMI DI PROTEZIONE DI BASSA
TENSIONE’ ’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETO-TERMICO ------------------------------------------------------- 4
3 SELETTIVITÀ ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
4 SOVRATENSIONI------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 12
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
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Università Telematica Pegaso Sistemi di protezione di bassa tensione
1 Generalità
Negli impianti eserciti in bassa tensione è quasi universalmente impiegata la struttura radiale
semplice. Il collegamento a terra del centro stella del secondario del trasformatore MT/BT comporta
che in bassa tensione anche i cortocircuiti monofasi sono caratterizzati da elevati valori di corrente.
Di conseguenza, negli impianti di bassa tensione è impiegato un unico sistema di protezione per
interruttori automatici;
fusibili a cartuccia.
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Università Telematica Pegaso Sistemi di protezione di bassa tensione
di un relè elettromagnetico e di un relè termico. Il relè così ottenuto è di uso pressoché universale
nel campo dei sistemi di prima categoria. In Figura 1 è riportata, qualitativamente, la caratteristica
per sovracorrenti non troppo elevate (fino a circa 8÷10 volte la corrente nominale del
della sovracorrente. In caso di sovracorrenti di modesta entità (sovraccarichi) che possono anche
E’ importante osservare che le norme non stabiliscono la forma che deve avere la
caratteristica d’intervento, ma solo alcune porte entro cui deve essere contenuta. Una di queste porte
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Università Telematica Pegaso Sistemi di protezione di bassa tensione
è delimitata dalla corrente convenzionale di non intervento (Inf) e dalla corrente convenzionale di
intervento (If):
tempo convenzionale;
convenzionale.
Per questo motivo si è soliti rappresentare le curve di intervento degli interruttori automatici
Fig. 2
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Fig. 4
1. Leva di comando
2. Meccanismo di scatto
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3. Contatti di interruzione
4. Morsetti di collegamento
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3 Selettività
Quando più sistemi di protezione sono disposti in serie, si pone anche negli impianti di bassa
tensione il problema di garantire la selettività. Per ottenere una selettività totale, il sistema di
protezione a valle avrà una caratteristica d’intervento opportunamente traslata rispetto a quella del
5);
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Si consideri, ad esempio, il caso di Figura 7: una linea alimenta una sbarra che, a sua volta,
alimenta due linee elettriche. Ciascuna linea, è protetta da un interruttore automatico: SPA è il
sistema di protezione della linea principale, SPB indica il sistema di protezione delle due linee a
Fig. 7
Affinché si abbia selettività, deve chiaramente accadere che uno dei due sistemi di
protezione SPB (chiaramente quello installato a protezione della linea su cui avviene il guasto)
intervenga prima dell’intervento del sistema SPA. Ciò si ottiene ‘coordinando’ opportunamente le
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caratteristiche d’intervento dei due sistemi di protezione. Un caso di coordinamento che garantisce
Sia la selettività amperometrica che quella cronometrica hanno dei limiti. La selettività
cronometrica, in particolare, si ottiene praticando temporizzazioni tanto più lunghe quanto più le
apparecchiature sono prossime alla sorgente di energia. Tale ritardo può essere eccessivo perché è
spesso incompatibile con le imposizioni dell’Ente Distributore dell’energia (che richiede un tempo
Per ovviare a tali limiti, possono adoperarsi unità programmabili a microprocessore che
gestiscono più interruttori in cascata. In questo caso a ciascun interruttore è associato un relè (relè
ogni relè logico a monte del punto di guasto emette un ordine di attesa logica
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dell’interruttore associato non ricevendo l’ordine di attesa logica da quelli posti a valle;
Con tale selettività logica le temporizzazioni possono essere ridotte al minimo e non sono
Icc
Icc
A S
Icc
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4 Sovratensioni
I sistemi di protezione contro le sovratensioni sono normalmente classificati in:
sovratensioni che si possono presentare nei sistemi elettrici (ad esempio: funi di guardia)
eccedono i livelli di isolamento, evitando che esse si propaghino con tutta la loro
opportuni apparati di protezione contro quelle sovratensioni che superano, in ampiezza, tale livello,
gli spinterometri
gli scaricatori
Essi hanno caratteristiche tali per cui, al verificarsi di sovratensioni prossime al livello di
isolamento previsto, la scarica avviene a terra attraverso di loro piuttosto che attraverso gli altri
tensione e terra (Figura 10). La distanza in aria tra gli elettrodi è tale che la differenza di potenziale
ad essi applicata in condizioni di funzionamento normale non è sufficiente ad innescare l’arco, che,
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Fig. 10 Spinterometro
Gli spinterometri, tuttavia, possono provocare disservizi in quanto non sono sempre in grado
di interrompere la corrente a frequenza industriale che fa seguito a quella ad impulso associata alla
scarica, per cui ogni loro intervento può provocare un corto circuito monofase a terra con
conseguente interruzione del servizio per intervento dei sistemi di protezione contro le
sovracorrenti.
Gli scaricatori (Figura 11) superano, con opportuni accorgimenti costruttivi, i problemi degli
Fig 11.
Gli scaricatori a resistore non lineare sono costituiti da materiali porosi semiconduttori (ad
esempio, la resorbite) ottenuti per impasto e cottura di materiale ceramico isolante e materiale
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conduttore (carburo di silicio) oppure, più recentemente, da ossido di zinco. Tali materiali
presentano una resistenza che diminuisce all'aumentare della corrente di scarica con legge
praticamente iperbolica.
circuito aperto;
una scarica con formazione di archi tra le varie resistenze componenti (il valore Vi di
scaricatore limita, quindi, la sovratensione nel punto in cui è inserito praticamente al valore
onda di sovratensione
V
caratteristica
approssimata
Vs= Vi
Figura 12
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Bibliografia
F. Iliceto, “Impianti Elettrici, Vol. I”, Pàtron Editore, Bologna, 1981
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“ CABINE ELETTRICHE’ ’’
Indice
1 DEFINIZIONE------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 CLASSIFICAZIONE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3 QUADRI ELETTRICI DI BASSA TENSIONE -------------------------------------------------------------------------- 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
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1 Definizione
Le cabine elettriche sono destinate ad una o più delle seguenti funzioni:
trasformazione,
conversione,
regolazione,
smistamento,
trasformazione, la cui funzione è quella di permettere il passaggio dalla media alla bassa tensione.
La Norma CEI 0-16 indica i criteri di allacciamento alla rete di media e alta tensione, per
trasformatore;
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Figura 2 è mostrato lo schema elettrico di principio di una cabina caratterizzata dalla presenza di
due trasformatori.
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Fig. 3 Cabina
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2 Classificazione
Nel caso in cui l’ente distributore consegna all’utilizzatore l’energia elettrica in bassa
Si ricorda che in bassa tensione il neutro è connesso francamente a terra. In tal caso, il
distributore si trova a dover gestire una propria cabina di trasformazione, detta cabina del
uno schema elettrico relativo alla consegna dell’energia elettrica in bassa tensione con cabina del
distributore.
Fig. 5 Consegna dell’energia elettrica in bassa tensione con cabina del distributore.
Nel caso in cui l’ente distributore consegna all’utilizzatore l’energia elettrica in media
tensione, ciò avviene per mezzo di una linea tripolare, generalmente in cavo. Si ricorda, infatti, che
il neutro è isolato o a terra tramite un’induttanza perché in media tensione. In tal caso, l’utilizzatore
si trova a dover gestire una propria cabina di trasformazione, detta cabina di utilizzatore, e un
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proprio impianto elettrico in bassa tensione. In Figura 6 è mostrata uno schema elettrico relativo alla
Nel caso in cui l’ente distributore consegna all’utilizzatore l’energia elettrica in bassa
tensione si pone il problema della messa a terra delle masse, sia lato media tensione sia lato bassa
tensione, del neutro lato bassa tensione da parte dell’ente distributore e della messa a terra delle
masse dell’impianto elettrico in bassa tensione da parte dell’utilizzatore. Risulta pertanto necessaria
Nel caso in cui l’ente distributore consegna all’utilizzatore l’energia elettrica in media
tensione, si pone il problema della messa a terra delle masse, sia lato media tensione sia lato bassa
tensione, del neutro lato bassa tensione da parte dell’utilizzatore e della messa a terra delle masse
cabina e dell’impianto elettrico in bassa tensione, per cui l’impianto elettrico in bassa tensione
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Relativamente alle parti della cabina esercite in bassa tensione, i montanti con i relativi sistemi di
protezione, le sbarre, le partenze linee con i relativi sistemi di protezione prendono posto in un
unico involucro denominato, nel caso particolare, “quadro elettrico generale di bassa tensione
(QGBT)”, e nel caso più generale quadro elettrico di bassa tensione. Al fine di migliorare la
sicurezza e l’affidabilità, le Norme spingono verso una maggiore industrializzazione dei quadri che,
pertanto, sono da considerare un componente dell’impianto alla stregua, per esempio, dei cavi.
Un quadro elettrico deve essere conforme alle Norme CEI 17-113 e CEI 17-114 oppure alla
norma oppure alla Norma sperimentale CEI 23-51 per i quadri ad uso domestico e similare (con
Per individuare il campo di applicazione delle due Norme occorre innanzitutto definire la
corrente nominale del quadro Inq. La corrente nominale del quadro Inq è il valore più basso tra la
Per corrente nominale in entrata Ine del quadro si intende l'85 % della corrente nominale del
sistema di protezione e/o dell’apparecchio di manovra di ingresso del quadro. La corrente nominale
in uscita Inu del quadro è la somma delle correnti nominali di tutti i sistemi di protezione in uscita
destinati ad essere utilizzati contemporaneamente. Se, come spesso accade, non è noto a priori quali
circuiti siano destinati ad essere utilizzati in modo contemporaneo, si considera, quale corrente in
uscita Inu la somma delle correnti nominali di tutti i sistemi di protezione in uscita.
Nelle Figure 7, 8 e 9 sono indicate, a titolo d'esempio, le correnti nominali Ine, Inu e Inq di tre
quadri.
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Come si può notare, nel primo quadro (Figura 7) la Inq coincide con Ine. Infatti, in tal caso si
ha:
Nel secondo quadro (Figura 8) la Inq coincide con Inu. Infatti, in tal caso si ha:
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Ine = 40 · 85/100 = 34 A
Inu = 10+25+16 = 51 A
Anche nel terzo quadro (Figura 9) la Inq coincide con Inu. Infatti, in tal caso si ha:
Inu = 16+10+25+32= 83 A
In Figura 10 e 11 sono riportati alcuni esempi di quadri e dei loro involucri. Agli involucri
(vuoti) dei quadri fissi per uso domestico e similare si applica la Norma sperimentale CEI 23-49.
Sulla base di questa Norma, il costruttore dell’involucro può stabilire qual è la potenza massima
superi in nessun punto della superficie esterna 30 °C. Il costruttore fornisce quindi all'installatore il
valore della massima potenza dissipabile dall’involucro e le istruzioni per il corretto montaggio.
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Nel seguito, è precisato il campo di applicazione delle diverse Norme citate. La norma CEI
23-51 si applica ai quadri di distribuzione per installazione fissa, per uso domestico e similare,
realizzati accorpando involucri vuoti, conformi alla norma sperimentale CEI 23-49, con sistemi di
protezione ed apparecchi che nell'uso ordinario dissipano una potenza non trascurabile, ad esempio
(occasionalmente 35 °C);
440 V;
uso domestico e similare con corrente nominale (In) non superiore a 125 A;
limitatori di corrente aventi corrente limitata (Ip) non eccedente 15 kA (valore di picco) in
Se il quadro non è con le caratteristiche suindicate esce dal campo di applicazione della
norma CEI 23-51 e si applicano le Norme CEI 17-113 e 114. Ad esempio, ritornando agli esempi di
quadro precedenti (Figure 5-7), il secondo ed il terzo quadro (Figure 6 e 7) rientrano nel campo di
applicazione della prima norma (CEI 23-51), mentre il primo quadro rientra nel campo di
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applicazione della seconda norma (CEI 17-113 e 114), perché anche se ogni sistema di protezione
di ingresso del quadro ha una corrente nominale minore di 125 A, la Ine supera il valore di 125 A.
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Bibliografia
V. Carrescia, “Fondamenti Di Sicurezza Elettrica”, Editore TNE, 2006
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“ ELETTROFISIOLOGIA ’’
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nervose (stato di shock); può determinare alterazioni permanenti nel sistema cardiaco (aritmie,
lesioni al miocardio), nell’attività cerebrale e nel sistema nervoso centrale; può arrecare danni
Gli effetti più frequenti e più importanti che la corrente elettrica produce sul corpo umano
tetanizzazione;
fibrillazione ventricolare;
ustioni.
(contrazione tetanica). Se la frequenza degli stimoli sorpassa un certo limite, gli effetti si fondono
(tetano fuso); il muscolo è portato alla contrazione completa ed in questa posizione permane finché
non cessano gli stimoli, dopo di che lentamente ritorna allo stato di riposo. La tetanizzazione è
presente in circa il 10% degli infortuni elettrici mortali. Anche la corrente continua, se di sufficiente
durata e valore, può produrre la tetanizzazione. Il più elevato valore di corrente per cui il soggetto è
ancora capace di lasciare la presa della parte in tensione prende il nome di corrente di rilascio.
segni di asfissia. Circa il 6% delle morti per folgorazioni è dovuta ad asfissia. Di qui l’importanza
della respirazione artificiale, della tempestività con la quale è applicata e della durata per cui è
sostiene, al pari di una pompa, la circolazione sanguigna nei vasi. La contrazione delle fibre
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posto nella parte superiore dell’atrio destro. E’ questo un vero e proprio generatore biologico di
impulsi elettrici che comandano il cuore. Tramite il tessuto specifico di conduzione (fascio di His,
fibre di Purkinje) gli impulsi di comando provenienti dal nodo senoatriale vengono trasmessi al
muscolo cardiaco. L’impulso raggiunge il nodo atrioventricolare, dal quale si diparte il fascio di His
che conduce lo stimolo alle fibre muscolari dei ventricoli (fibrille); queste si contraggono e
producono così la sistole ventricolare che spinge il sangue nel sistema arterioso. Se alle normali
correnti fisiologiche si sovrappone una corrente elettrica, di origine esterna, molto più grande, le
fibrille ricevono segnali elettrici eccessivi ed irregolari. Esse vengono sovrastimolate in maniera
sicché il cuore non riesce più a svolgere la sua funzione. E’ il fenomeno della fibrillazione
ventricolare, responsabile di oltre il 90% delle morti per folgorazione. La fibrillazione ventricolare
era ritenuta in passato un fenomeno irreversibile nel senso che non si arresta, anche se cessa la
causa che l’ha prodotto, ma prosegue fino alla morte dell’infortunato. E’ stato in seguito dimostrato
che una scarica elettrica violenta, opportunamente dosata, può arrestare la fibrillazione stessa. Agli
adatta per soccorrere l’infortunato entro breve tempo. Il tempo in questi casi gioca un ruolo
importante: cessata l’attività cardiaca entro circa tre minuti intervengono lesioni irreparabili al
muscolo cardiaco ed al tessuto cerebrale. Nella maggioranza dei casi, in tale breve intervallo di
prolungare l’intervallo di tempo utile con il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, ma
dell’opera di soccorso.
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2 Fibrillazione
Gli sforzi degli sperimentatori si sono, da tempo, concentrati nella ricerca delle minime
correnti capaci di innescare la fibrillazione, in relazione al tempo per il quale fluiscono attraverso il
corpo umano. Le maggiori difficoltà che impediscono una definizione precisa della soglia di
fibrillazione, è solo una frazione della corrente totale che fluisce attraverso il
corpo umano.
rapporto tra le due non è costante: esso varia da individuo a individuo e per lo stesso individuo
dipende dal percorso della corrente. In corrente alternata, per valutare l’influenza del percorso della
corrente sulla probabilità d’innesco della fibrillazione ventricolare è stato introdotto il fattore di
percorso F.
riferimento Irif e la corrente nel percorso che si considera hanno la stessa probabilità di innescare la
I rif
fibrillazione, il fattore per il percorso considerato è definito dal rapporto I . Il percorso mano
effetto Joule e il corpo umano non fa eccezione a questa regola generale. L’aumento di temperatura
dipende dal quadrato della densità di corrente e dal tempo per cui la corrente fluisce attraverso il
corpo umano. E’ facile arguire che le ustioni peggiori si hanno sulla pelle (marchio elettrico),
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poiché questa presenta una resistività più grande dei tessuti interni. Alle alte tensioni gli effetti
termici della corrente sono predominanti sugli altri effetti deleteri; lo sviluppo di calore provoca
estese distruzioni di tessuti superficiali e profondi, la rottura di arterie con conseguenti emorragie, la
distruzione di centri nervosi, ecc. le ustioni da folgorazione sono le più profonde e le più difficili da
guarire. Quando le ustioni sono estese la morte sopravviene per insufficienza renale. Il marchio
elettrico è presente nel 25% degli infortuni mortali in bassa tensione e nell’89% in alta tensione.
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3 Curve di pericolosità
In Figura 1 sono riportate quattro zone con le quali sono stati riassunti gli effetti principali
prodotti dalla corrente elettrica alternata, in funzione del tempo per cui fluisce attraverso il corpo
umano:
tetanizzazione.
Fig.1 Zone di pericolosità della corrente elettrica alternata (15100 Hz). Le curve c2 e c3
Per scossa elettrica s’intende comunemente la sensazione che la corrente elettrica produce al
suo passaggio attraverso il corpo umano. Lo shock elettrico si ha al di sopra della curva b.
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In Figura 2 sono indicate quattro zone con le quali sono stati riassunti gli effetti principali
Si definisce soglia di percezione, il valore minimo di corrente che causa una sensazione alla
persona attraverso cui fluisce la corrente. Sono stabiliti alcuni valori di massima che stabiliscono la
Si noti, inoltre, che la parte del corpo umano più sensibile della corrente elettrica è la lingua:
Si definisce soglia di rilascio il massimo valore di corrente a cui una persona può lasciare
gli elettrodi con i quali è in contatto. Nel caso della corrente alternata (50/60 Hz) viene assunto
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Nella pratica corrente sono molto più frequenti le correnti continue con un fattore di
ondulazione diverso da zero. Ai fini della pericolosità, si ritiene continua una corrente con
l’ondulazione non è sinusoidale è sufficiente che il valore di picco non superi 70 V o 140 V,
La pericolosità della corrente diminuisce con l’aumentare della frequenza; in una corrente ad
alta frequenza la durata dello stimolo è talmente breve, in confronto alla costante di tempo della
membrana cellulare, che la corrente non influisce praticamente sullo stato della cellula. La corrente
ad alta frequenza produce comunque effetti termici che possono divenire pericolosi, anche in
relazione alla disuniforme distribuzione della corrente nell’elettrodo di contatto e nel corpo stesso.
Il fattore per cui bisogna moltiplicare la soglia a 5060 Hz, cioè il minimo valore di corrente che
produce un determinato fenomeno, per ottenere la soglia corrispondente ad una frequenza superiore
prende il nome di fattore di frequenza Ff. In prima approssimazione si può assumere, a frequenze
Nelle Figure 3 e 4 sono riportati i valori del fattore di frequenza relativi alla soglia di
percezione per frequenze variabili entro i valori 50 Hz - 1 kHz (Figura 3) e 1 kHz -10 kHz (Figura
4).
Nelle Figure 5 e 6 sono riportati i valori del fattore di frequenza relativi alla soglia di rilascio
per frequenze variabili entro i valori 50 Hz - 1 kHz (Figura 5) e 1 kHz -10 kHz (Figura 6).
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Fig. 4 Fattore di frequenza relativi alla soglia di percezione per frequenze variabili entro i
valori 50 Hz - 1 kHz
Fig. 5 Fattore di frequenza relativi alla soglia di percezione per frequenze variabili entro i
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Fig. 6 Fattore di frequenza relativi alla soglia di rilascio per frequenze variabili entro i valori
50 Hz - 1 kHz
Fig. 7 Fattore di frequenza relativi alla soglia di rilascio per frequenze variabili entro i valori
1 kHz - 10 kHz
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Bibliografia
V. Carrescia, “Fondamenti Di Sicurezza Elettrica”, Editore TNE, 2006
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“ CURVE DI SICUREZZA ’’
Indice
1 GENERALITÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 LA RESISTENZA DEL CORPO UMANO ------------------------------------------------------------------------------- 5
3 LE CURVE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
4 TENSIONE DI CONTATTO A VUOTO --------------------------------------------------------------------------------- 12
5 TENSIONE DI PASSO ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
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1 Generalità
Spesso, più che alle correnti pericolose, ci si riferisce alle tensioni pericolose. Il corpo
il tessuto conduttore sottostante. In parallelo alla capacità si pone una resistenza Rp, dovuta
soprattutto ai pori della pelle, e in serie ad entrambe la resistenza interna del corpo umano Ri. La
soprattutto dal percorso della corrente e in minor misura dalla superficie di contatto degli elettrodi.
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piede (RB=2R). La resistenza del corpo umano varia al variare della tensione di contatto U T. I valori
pelle asciutta.
Tab.1: Resistenza del corpo umano per percorso mano-mano o mano- piede
Limiti massimi di resistenza del corpo, riscontrati sulle seguenti
Tensione di contatto percentuali di individui testati
UT (V)
5% () 50% () 95% ()
25 1750 3250 6100
50 1450 2625 4275
75 1250 2200 3500
100 1200 1875 3200
125 1125 1625 2875
220 1000 1350 2125
700 750 1100 1550
1000 700 1050 1500
valore asintotico 650 750 850
Per ogni valore della tensione di contatto i risultati delle misure sono riportati in tre colonne,
ognuna delle quali si riferisce alla probabilità che una determinata percentuale degli individui testati
non superi uno specifico valore RB. Le curve di sicurezza tensione-tempo in bassa tensione vengono
riferite al percorso di minore resistenza, vale a dire il percorso mani-piedi che rispetto al percorso
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mano sinistra-piedi, assunto per tracciare le curve corrente-tempo presenta un valore di RB 1.5 volte
inferiore.
Per quel che riguarda il valore della resistenza RB del corpo umano, dovendosi riferire al
Tab. 2: Confronto resistenza del corpo umano per percorso mano-mano o mano piede e mani-piedi
Tensione di contatto Limiti massimi di resistenza del corpo, riscontrati sul 5% di
UT (V) individui testati ()
Percorso mano-mano Percorso mani-piedi
o mano-piede
25 1750 875
50 1450 725
75 1250 625
100 1200 600
125 1125 562
220 1000 500
700 750 375
1000 700 350
valore asintotico 650 325
I normatori hanno stabilito che, in bassa tensione, per garantire una sufficiente salvaguardia
corrente IB entro un tempo tF tale da situare l’evento entro i limiti massimi delineati dalla curva
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Nel punto di appoggio sul terreno, i piedi della persona non assumono direttamente il
potenziale di terra, dovendosi perciò prevedere un valore di resistenza designato col simbolo REB
che dipende dalle caratteristiche di resistività del terreno (Figura 4). I normatori, per derivare le
curve di sicurezza, hanno stabilito che in condizioni ordinarie la resistenza REB sia uguale a 1000
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3 Le curve
A questo punto, le curve di sicurezza si possono ottenere molto semplicemente calcolando
applicando, quindi, la legge di Ohm per calcolare il valore della corrente di elettrocuzione IB. Si noti
che per elettrocuzione s’intende la scarica elettrica cui è sottoposto il corpo umano di una persona
che entri in contatto con una parte di impianto in tensione. Naturalmente si otterranno due differenti
curve:
In Tabella 3 sono riportati i valori calcolati per la derivazione delle curve di sicurezza
normatori hanno assunto ipotesi diverse da quelle previste nel caso della bassa tensione. Più
specificamente, il percorso della corrente attraverso il corpo umano è quello mano-piedi per cui RB
= 1.5 R, la resistenza addizionale REB è assunta uguale a zero, laddove per il valore della resistenza
RB del corpo umano sono stati assunti i valori non superati dal 50% della popolazione (Tabella 4).
In media e alta tensione è stato stabilito di assumere come curva limite corrente-tempo la
curva c2 (Figura 3), sussistendo pertanto il pericolo di fibrillazione ventricolare, anche se con
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Si ottiene, poi, la Tabella 5 che riporta i valori della tensione di contatto ammissibile nei
Tab. 3: Valori calcolati per la definizione delle curve di sicurezza tensione tempo in bassa tensione.
Tensione di Condizioni ordinarie Condizioni particolari
contatto a
RB+REB IB tF RB+REB IB tF
vuoto UST
[] [mA] [s] [] [mA] [s]
25 - - - 1075 23.2 5
50 1725 29.0 5 925 54.0 0.48
75 1625 46.1 0.60 825 90.9 0.30
100 1600 62.5 0.40 800 125.0 0.22
125 1562 80.0 0.30 762 164.0 0.18
220 1500 146.6 0.20 700 314.3 0.06
300 1480 202.7 0.12 680 441.3 0.02
400 1450 275.8 0.07 - - -
Tab. 4: Confronto resistenza del corpo umano per percorso mano-mano o mano- piede e mano-piedi
Tensione di contatto Limiti massimi di resistenza del corpo, riscontrati sul 50% di
UT (V) individui testati
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Tab. 5: Valori della tensione di contatto ammissibile nei sistemi di II e III categoria in funzione
della durata del guasto a terra.
Durata del guasto a terra tF (s) Tensione di contatto ammissibile UTp (V)
10.00 80
1.10 100
0.72 125
0.64 150
0.49 220
0.39 300
0.29 400
0.20 500
1.14 600
0.08 700
0.04 800
Nel caso in cui il guasto a terra dovesse perdurare per un tempo superiore ai 10 s, si può
La Norma CEI considera anche i casi in cui tra i piedi della persona e il potenziale di
terra si trovino delle resistenze aggiuntive dovute alla presenza delle scarpe e alla resistività del
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terra tra le masse ed il terreno quando queste masse non vengono toccate. L’obiettivo è quello di
calcolare la tensione di contatto a vuoto USTp in relazione alla durata del guasto. Il calcolo viene
condotto valutando inizialmente, per ogni valore di tF, il corrispondente valore della tensione di
U Tp
IB
RB
dove la componente Ra1 viene assunta pari a 1000 , mentre per la resistenza Ra2 (espressa
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5 Tensione di passo
La tensione di passo US si presenta tra i due piedi di una persona, disposti ad 1 m di distanza
l’uno dall’altro. La resistenza interna del corpo è assunta pari a RB=2R e la corrente di
elettrocuzione pari a:
US
IB
RB
fibrillazione ventricolare, il valore permissibile della tensione di passo viene assunto pari al triplo
USp=3UTp
Analogamente alla tensione di contatto, si può definire anche la tensione di passo a vuoto e
si indica con USS ed è quella applicata alle due gambe di una persona con le resistenze aggiuntive.
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Bibliografia
V. Carrescia, “Fondamenti Di Sicurezza Elettrica”, Editore TNE, 2006
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“ SICUREZZA E STATO DEL NEUTRO ’’
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1 Corrente di guasto
Ogni sistema elettrico risente dell’influenza della terra. In un sistema trifase, in condizioni di
funzionamento normale, se le capacità verso terra delle tre fasi sono uguali, il centro stella O e T di
Ec c
Eb a
O b
Ea
a
C C C
T a
Ea
O≡T
c b
Ec Eb
Fig.1
Quando si verifica un guasto a terra di una fase, le altre due si portano ad una tensione verso
terra maggiore che, nel caso di guasto franco, diventa pari al valore della tensione concatenata
(Figura 2).
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Ec c
a
Eb
O b
Ea
a
C C C
T a
Ea
O
c b
Ec Eb
Fig. 2
equivalente dove il guasto è modellato con una semplice resistenza R. Il circuito equivalente può
1
Z a
1
jC
R
1
Zb
jC
1
Zc
jC
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Ża
Īa≡Īg
Żb
Īb
O T
Īc Żc
1
jC Ea jCEb jCEc
Ya Ea Yb Eb Yc Ec R Ea
VTO
Ya Yb Yc 1 1 j 3CR
jC jC jC
R
dove
Ya 1 / Z a e così per le altre fasi.
Ea
Ea
Ea VTO 1 j 3CR j3CEa
Ig
R R 1 j 3CR
Il collegamento a terra del punto O (Figura 4), in caso di guasto a terra, si tramuterebbe in
un cortocircuito, con circolazione di correnti elevate. Correnti di guasto di valore elevato producono
in generale;
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riscaldamenti pericolosi;
O b
a
E
C C C
Fig. 4
a terra del sistema implica valutazioni accurate per la scelta della modalità più opportuna dello stato
del neutro.
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2 Neutro a terra
In generale possiamo dire che il collegamento a terra stabilisce un vincolo stabile tra
tensione verso terra e le tensioni del sistema. Il collegamento a terra presenta anche l’indiscutibile
vantaggio di drenare a terra le cariche statiche ed evitare la possibilità di tensione verso terra indotte
da altri circuiti. Si parla in questo caso di messa a terra di funzionamento per garantire un più
regolare esercizio del sistema. Se è vero che la connessione a terra implica generalmente un valore
più elevato della corrente di guasto, è pur vero che, proprio per il valore elevato della corrente, il
Il sistema di trasmissione ad altissima estensione viene esercito con neutro a terra. A questa
d’isolamento e la considerazione che se il neutro fosse isolato, a causa dell’estensione della rete, la
corrente capacitiva potrebbe essere più grande di quella che si avrebbe nel caso di collegamento a
terra.
Il sistema di distribuzione in bassa tensione è esercito ancora con neutro francamente a terra,
perché ciò limita la massima tensione verso terra delle fasi e garantisce un’efficace protezione nel
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3 Bobina di Petersen
Nei sistemi elettrici a media tensione, pur essendo d’indiscutibile interesse la limitazione
corrente di guasto. Ed è questa la motivazione che ha fatto preferire fino a poco tempo fa in Italia
estesamente l’esercizio dei sistemi a media tensione con la modalità di neutro isolato. Da alcuni
anni si è estesa la modalità di messa a terra tramite bobina, detta bobina di Petersen (Figura 5).
Ec
c
Eb a
O b
Ea
a
L C C C
Ig
IL Ic Ib Ia 0
T
Fig.5
La messa a terra tramite bobina consente, almeno in linea teorica, l’annullamento della
corrente di guasto, con il vantaggio che nel punto di guasto non si presentano tensioni di passo e di
di esso.
inizialmente osservare che la somma delle correnti, per il primo principio di Kirchhoff:
I L Ib I c I g 0
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Si noti che I a 0 perché il guasto è stato supposto franco: la capacità verso terra della fase
a è cortocircuitata.
I L Ib Ic 0
Ig 0
ne consegue che, necessariamente, .
Poiché:
ricordando che:
Ea Eb Ec 0
1 1
I L I b I c Ea j3C Ea j 3C
jL L
1
L
che si annulla per 32C . Conseguentemente I g sarà identicamente nulla.
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sono individuati con due lettere, la prima delle quali indica lo stato del neutro:
terra indipendente (Figura 6). Va sottolineato che il sistema è ritenuto TT anche quando l’impianto
di terra del neutro e delle masse non sono elettricamente indipendenti, come ad esempio avviene nel
caso di cabina MT/BT dell’Ente distributore inglobata nello stesso edificio degli impianti
utilizzatori.
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Fig. 6 Sistema TT
(conduttore PEN);
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collegate a terra.
E’ molto importante anche la classificazione degli apparecchi in relazione alla mobilità. Più
dell’operatore durante il suo impiego ordinario, e nel quale il motore, qualora esista, è parte
integrante dell’apparecchio.
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Bibliografia
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“ IMPIANTO DI TERRA ’’
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1 DEFINIZIONI ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2 IMPIANTO DI TERRA NEI SISTEMI DI II CATEGORIA --------------------------------------------------------- 6
3 IMPIANTO DI TERRA NEI SISTEMI DI I CATEGORIA ---------------------------------------------------------- 8
4 DISPERSORE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
5 RESISTENZA DI TERRA -------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
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1 Definizioni
Per impianto di terra si intende il sistema limitato localmente costituito da dispersori o da
parti metalliche in contatto con il terreno di efficacia pari a quella dei dispersori (per esempio
equipotenziali.
Il termine terra è utilizzato per designare il terreno sia come luogo che come materiale
conduttore di fase del circuito principale e la terra od una parte collegata a terra. Il collegamento
E’ anche importante la definizione di terra di riferimento (terra lontana), intesa come una
zona della superficie del terreno al di fuori dell’area di influenza di un dispersore o di un impianto
di terra, dove cioè tra due punti qualsiasi non si hanno percettibili differenze di potenziale dovute
La massa è una parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che in
Per massa estranea si intende una parte conduttrice che non fa parte dell’impianto elettrico
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Si definisce conduttore di terra, il conduttore che collega una parte dell’impianto che deve
essere messo a terra ad un dispersore o che collega tra loro più dispersori, ubicato al di fuori del
Per collegamento equipotenziale si intende un collegamento elettrico tra masse per ridurre al
masse estranee e dispersore (conduttore equipotenziale principale) e tra masse estranee (conduttore
equipotenziale supplementare).
Nel gergo, mettere a terra significa collegare una parte conduttrice al terreno tramite un
impianto di terra; per messa a terra, s’intende l’insieme di tutti i mezzi e di tutte le operazioni
richiesta per il corretto funzionamento degli impianti e dei suoi componenti elettrici;
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Nel seguito sono forniti alcuni cenni sugli impianti di terra di cabina e quelli relativi ad
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dispersori;
conduttori di terra;
conduttori equipotenziali.
Negli schemi elettrici, i dispersori (T) e i conduttori di terra (CT) sono rappresentati come in
Figura 1.
caratteristiche:
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Per quanto riguarda l’impianto di terra negli impianti di I categoria, esso può essere comune
con quello per impianti di II categoria oppure, in casi particolari, da esso separato. La prima, é la
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gli impianti elettrici in bassa tensione a servizio degli utilizzatori. L’insieme di tali componenti è
così definito:
Masse;
Masse estranee.
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masse;
masse estranee;
dispersore;
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4 Dispersore
Il dispersore è un conduttore posto in contatto elettrico con il terreno. Si individuano:
funzione originale.
dispersore orizzontale;
picchetto di terra;
può essere costituito di nastri, di tondini o di conduttori cordati che possono essere disposti in modo
superiore ad 1 m. Questo può essere costituito da un tubo, da una barra cilindrica o da altri profilati
metallici.
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Il cavo con funzione di dispersore è un cavo le cui guaine, i cui schermi o le cui armature
Il dispersore per il controllo del potenziale di terra è un conduttore che per la sua forma e la
sua disposizione è principalmente utilizzato per ridurre il gradiente del potenziale sulla superficie
del terreno piuttosto che per ottenere un definito valore di resistenza di terra.
elettrico con il terreno attraverso un’ampia superficie), le strutture in acciaio delle costruzioni.
mostrato un dispersore a picchetto e, in Figura 4(b) un cartello di indicazione della presenza del
dispersore.
Fig. 3
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(a) (b)
Fig. 4
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5 Resistenza di terra
Per resistenza di terra (RE) si intende la resistenza tra il dispersore (o il gruppo di dispersori)
Fig.5
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Bibliografia
V. Carrescia, “Fondamenti Di Sicurezza Elettrica”, Editore TNE, 2006
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“ PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI
INDIRETTI: SISTEMI TT ’’
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 PROTEZIONE NEI SISTEMI TT ------------------------------------------------------------------------------------------ 5
3 RELÈ DIFFERENZIALE ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
4 COORDINAMENTO DIFFERENZIALE – IMPIANTO DI TERRA ---------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
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sistemi TT
1 Introduzione
Si parla di contatto diretto quando il contatto avviene con parte del circuito normalmente in
tensione, laddove si riguarda come contatto indiretto il contatto con parte accidentalmente in
mortali è infatti simile nei due casi. Per comprendere meglio il significato di contatto indiretto e
distinguerlo facilmente dal contatto diretto occorre definire prima la massa. Si dice massa una parte
conduttrice, facente parte dell’impianto elettrico, che può essere toccata e che non è in tensione in
dell’isolamento principale. Una parte conduttrice che può andare in tensione durante un guasto
d’isolamento solo perché in contatto con una massa, non è da considerarsi una massa. Infatti non è
necessario proteggere tali parti, una volta protette le masse con le quali sono in contatto, potendo
Si dice massa estranea una parte conduttrice non facente parte dell’impianto elettrico
tensione per il tramite di una massa, cioè tra la persona e la parte attiva vi è interposta una massa. In
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sistemi TT
separazione galvanica;
vengono classificati in base al collegamento del neutro e delle masse degli impianti utilizzatori. A
tal fine si utilizzano due lettere, di cui la prima indica il collegamento a terra del neutro e la seconda
a terra attraverso un impianto di terra separato da quello di messa a terra del neutro;
I tre suddetti sistemi non hanno differenze nel normale funzionamento, mentre si
comportano in modo differente nel caso di guasto monofase a terra. Nel seguito ci si soffermerà
sulla problematica della protezione contro i contatti indiretti dei vari sistemi.
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sistemi TT
apparecchio è collegata a un dispersore di resistenza RE. Nel caso di guasto, quindi, il dispersore
disperde la corrente di guasto IE, così che la carcassa assume la tensione UE=RE IE che prende il
nome di tensione totale di terra. La tensione alla quale è soggetto il corpo umano in contatto con la
carcassa durante un guasto d’isolamento prende nome di tensione di contatto UT che è minore o al
B
U0
C
RN RB
RE REB
E
Fig.1
Al verificarsi del guasto, si supponga, che la persona sia sottoposta alla tensione totale di
terra UE, che è un’ipotesi a favore della sicurezza. La persona è “rappresentata” dalla serie RB+REB
(Figura 1). Si noti che l’impedenza del conduttore di fase è trascurabile rispetto alle resistenze RN e
R E.
Facendo ricorso al teorema di Thévenin, per quel che riguarda il comportamento tra M ed E,
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sistemi TT
U0 RR
Eeq RE , Req E N
RE RN RE RN 1)
Poiché RN e RE sono molto più piccole rispetto a RB ed REB si può affermare che il circuito
equivalente Figura 2.a) può essere ridotto a quello di Figura 2.b), in cui:
U0
E0 RE
RE R N 2)
M M
RB
RE RB
REB
U0 E0
RN REB
a) b)
Fig. 2
Ci si potrebbe porre la domanda se si sia possibile contenere la tensione sulla massa entro il
limite di sicurezza UL semplicemente scegliendo un valore opportuno della resistenza di terra RE. In
U0
RE U L
RE RN 3)
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sistemi TT
UL
RE RN
U0 UL 4)
trifase 230/400V e per UL=50V, la resistenza di terra dell’impianto utilizzatore dovrebbe essere
inferiore a 0.3 Ω. Ciò implica che occorrerebbero resistenze troppo basse e sussiste la dipendenza
del valore della resistenza di terra dalla resistenza di terra del neutro.
Conseguentemente anziché limitare il valore della tensione sulle masse, per ottemperare al
pericolosità del corpo umano, ovvero, più semplicemente, soddisfare la curva di sicurezza tensione-
tempo.
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sistemi TT
3 Relè differenziale
Il dispositivo previsto per la protezione delle persone dai rischi dell’elettricità nell’ambito
vettoriale delle correnti che circolano nei conduttori attivi del circuito, compreso il conduttore di
a b
risultante nullo. Nel caso si manifesti una differenza tra le correnti, il flusso risultante induce nel
terzo avvolgimento una corrente che produce l’intervento dell’interruttore, qualora la corrente
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sistemi TT
Oltre alla corrente differenziale nominale di intervento si definisce anche la corrente
differenziale nominale di non intervento Idn/2, che è il valore massimo della corrente differenziale
Id T
Idn 0.3 s
2Idn 0.15 s
5Idn 0.04 s
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Fig. 4
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sistemi TT
differenziale nominale di intervento Idn. Per il dimensionamento dell’impianto di terra deve essere
soddisfatta la condizione:
UL
RE
I dn 5)
tra protezione e impianto di terra, con valori di resistenza di terra facilmente realizzabili.
Le condizioni di sicurezza vengono meno allorquando la persona si trovi in contatto con una
parte metallica indipendente dall’impianto di terra (masse estranee), che abbia un valore di
Per comprendere meglio questa situazione di pericolo, basti ricordare che le curve di
sicurezza sono state dedotte supponendo che in serie al percorso mani-piedi sia posta una resistenza
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sistemi TT
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“ PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI
INDIRETTI: SISTEMI TN E IT ’’
Indice
1 SISTEMI TN -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 SISTEMI IT --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3 SISTEMI SELV, PELV E FELV -------------------------------------------------------------------------------------------- 8
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
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sistemi TN e IT
1 Sistemi TN
Si distinguono i seguenti sistemi TN:
U0
A
PE
RN
M
RB
REB
E
Fig. 1
Z f
Trascurando l’impedenza interna del trasformatore, se si indicano con e
Z p
rispettivamente le impedenze dei conduttori di fase e di protezione, si ha il circuito equivalente
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sistemi TN e IT
di Figura 2.a). Facendo ricorso al teorema di Thévenin, per quel che riguarda il comportamento tra
M ed E, si ha:
U0 Z f Z p
Eeq Z p , Z eq RN
Z f Z p Z f Z p
Z eq
Essendo il modulo dell’impedenza trascurabile rispetto a RB ed REB il circuito
M
U0
Zf
M
RB
Zp
U0
RB E0 Zp
Z f Zp
RN
REB RE
B
B
E E
a) b)
Fig. 2
di un anello (linea tratteggiata in Figura 1), sicché viene rappresentato tramite la propria impedenza
ricorrere ai dispositivi di protezione contro le sovracorrenti anche per la protezione contro i contatti
indiretti. Per l’efficacia della protezione occorre che il valore della tensione di contatto a vuoto:
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sistemi TN e IT
U0
U ST Z p
Z f Z p
sia sopportabile dal corpo umano fino all’eliminazione del guasto. Supponendo che:
Z f Z p
=
si avrebbe:
UST = 115 V.
definitiva il valore di 92 V, cui corrisponde sulla curva di sicurezza 0.4 s in condizioni ordinarie e
Z f Z p
L’ipotesi di = non è granché limitativa, poiché nell’impedenza del circuito di guasto,
formato da conduttori di sezione decrescente man mano che ci si allontana dal trasformatore, ha
maggiore incidenza l’impedenza dei conduttori di sezione minore. Poiché per sezioni inferiori a 16
mm2 la sezione del conduttore di protezione è uguale a quella del conduttore di fase, si ha che
Z f Z p
l’ipotesi = è sostanzialmente soddisfatta.
U0
Ia
Zs
l’intervento del dispositivo posto a protezione del circuito entro 0.4 s in condizioni ordinarie e 0.2 s
in condizioni particolari.
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sistemi TN e IT
2 Sistemi IT
Con riferimento al sistema di distribuzione rappresentato in Figura 3, la corrente di guasto a
terra ha carattere essenzialmente capacitivo, essendo dovuta soprattutto ai cavi. Il valore della
RE I d U L
quando la mancata erogazione dell’energia elettrica può causare ingenti danni o compromettere la
U0
C C C
M
RE Id
B
Fig. 3
In ogni caso il primo guasto va eliminato in tempi ragionevolmente contenuti, perché al
secondo guasto a terra su una fase diversa si viene a determinare una corrente di doppio guasto
alimentata dalla tensione concatenata, con il conseguente intervento dei dispositivi di protezione a
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sistemi TN e IT
massima corrente. Verrebbe in tal modo compromesso il vantaggio della continuità di servizio del
sistema IT.
terra, in modo da permettere una pronta individuazione ed eliminazione del primo guasto a terra. Il
modo più semplice è quello costituito da un sistema di tre lampade inserite tra le fasi e la terra,
Poiché l’intensità luminosa di ogni lampada dipende dal valore della tensione verso terra
della fase da cui è alimentata, nel caso di guasto a terra su una fase la lampada corrispondente si
spegne; le altre due lampade, a causa dello spostamento del centro stella, sono alimentate da
tensioni che hanno un valore 3 più grande, con conseguente aumento della luminosità.
Fig. 4
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sistemi TN e IT
superiore a 50 V in corrente alternata e a 120 V in corrente continua non ondulata, sono denominati
di categoria zero, sistemi elettrici a tensione ridotta o, meglio, sistemi a bassissima tensione.
La protezione combinata contro i contatti diretti e indiretti assicurata da questi sistemi deriva
Il sistema SELV (Safety Extra Low Voltage - bassissima tensione di sicurezza) è un sistema
L'obiettivo di questi tre requisiti è unico: evitare che il sistema, a bassissima tensione di
Con il termine PELV (Protective Extra Low Voltage - bassissima tensione di protezione) si
una separazione di protezione verso gli altri sistemi elettrici, ma con un punto collegato a terra. La
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sistemi TN e IT
bassissima tensione di protezione si adatta ai circuiti che devono avere un punto a terra, a volte per
ragioni funzionali, altre volte per ragioni di sicurezza come accade per i circuiti di comando.
La protezione PELV non è sicura come la protezione SELV, perché il circuito può assumere
tramite la messa a terra una tensione più grande della tensione secondaria. In Figura 5 e 6 sono
Se viene a mancare uno qualsiasi dei tre requisiti richiesti per classificare un sistema di
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sistemi TN e IT
Se il sistema a tensione ridotta non è alimentato da una sorgente autonoma o di sicurezza,
ovvero l'isolamento del circuito secondario verso i sistemi elettrici a tensione maggiore non è quello
prescritto, è da temere un passaggio della tensione primaria sul secondario. Deve essere pertanto
assicurata la protezione del circuito secondario contro i contatti diretti e contro i contatti indiretti.
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“ PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI
DIRETTI’’
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Università Telematica Pegaso Protezione contro i contatti diretti
1 Contatti diretti
Il contatto diretto si configura quando una persona entra in contatto con parti attive del
circuito elettrico. Si noti che con il termine parte attiva si intende ogni parte conduttrice in tensione
nel servizio ordinario, compreso il conduttore di neutro, ma escluso, per convenzione, il conduttore
PEN.
Le misure di protezione contro i contatti diretti in bassa tensione possono essere totali o
parziali.
Le misure di protezione totali sono destinate alla protezione delle persone profane di
Le misure di protezione parziali sono adibite alla protezione delle persone elettricamente
addestrate (qualificate) e vengono applicate nelle aree elettriche chiuse dove hanno accesso soltanto
queste persone. Si noti che per persona addestrata si intende una persona avente conoscenze
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isolamento;
involucri o barriere.
Ai fini della protezione contro i contatti diretti si utilizza l'isolamento principale. Il materiale
isolante deve ricoprire completamente le parti attive ed essere rimovibile solo mediante distruzione.
Il materiale isolante deve essere adeguato alla tensione nominale e verso terra del sistema elettrico,
deve resistere alle sollecitazioni meccaniche, agli sforzi elettrodinamici e termici, alle alterazioni
direzione. Esso è anche utilizzato per garantire la protezione contro le sollecitazioni esterne. La
barriera è un elemento che assicura un determinato grado di protezione contro i contatti diretti nella
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3 Grado IP
Il grado di protezione di un involucro, o barriera, è identificato dalle lettere IP (International
estranei;
liquidi.
Quando si vuole indicare solo uno dei due tipi di protezione, la cifra mancante è sostituita
con la lettera X. Nelle tabelle 1 e 2 sono riportate, per ciascuna cifra, le indicazioni delle prove
Un corpo estraneo che può penetrare nell'involucro è il dito di una persona, oppure il
truciolo prodotto da una macchina utensile. Al fine di valutare il grado IP di un involucro si utilizza
il dito di prova riportato in Figura 1 oppure una sfera. Ad esempio, un involucro ha grado di
protezione IP2X quando il dito di prova, premuto con forza di 10 N, mantiene una distanza
adeguata dalle parti attive, oppure quando una sfera di 12.5 mm di diametro, premuta con la forza di
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Cifra Prova
Protezione del materiale elettrico contro la
1
penetrazione di corpi estranei.
Il dito di prova non deve toccare parti in tensione o
2 in movimento. Inoltre una sfera di diametro di 12.5
mm non deve passare attraverso l'involucro.
Un filo di diametro 2.5 mm non deve passare
3
attraverso l’involucro
Un filo di diametro l mm non deve passare
4
attraverso l'involucro
Si tiene l'apparecchio, in condizioni specificate, in
una camera avente in sospensione polvere di talco.
5 La quantità di polvere che entra nell'apparecchio
non deve nuocere al buon funzionamento
dell'apparecchio.
La prova di cui al punto 5 non deve dar luogo a
6 depositi visibili di polvere nell'interno
dell'apparecchio.
l'apparecchiatura.
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Grado di protezione
Prova
Cifra Descrizione
Le gocce d'acqua che cadono
Protezione contro la caduta di
1 verticalmente non devono
gocce in verticale
provocare effetti dannosi.
Le gocce d'acqua che cadono
verticalmente non devono
Protezione contro la caduta di
provocare effetti dannosi quando
2 gocce con inclinazione
l'involucro è inclinato fino a 15°
massima di 15°
rispetto alla sua posizione
verticale.
L'acqua che cade a pioggia da una
direzione facente con la verticale
3 Protezione contro la pioggia
un angolo tino a 60° non deve
provocare effetti dannosi.
L'acqua spruzzata sull’involucro
4 Protezione contro gli spruzzi da tutte le direzioni non deve
provocare effetti dannosi.
L'acqua proiettata con un getto
sull'involucro da tutte le direzioni
5 Protezione contro i getti
non deve provocare effetti
dannosi.
L'acqua proiettata con getti
Protezione contro i getti potenti sull'involucro da tutte le
6
potenti direzioni non deve provocare
effetti dannosi.
Non deve essere possibile la
penetrazione d'acqua in quantità
Protetto per l'immersione dannosa quando l'involucro è
7
temporanea immerso temporaneamente in
acqua in condizioni specificate di
pressione e di durata
Non deve essere possibile la
penetrazione d'acqua in quantità
dannosa quando l'involucro è
immerso in acqua con continuità
Protetto per l'immersione
8 nelle condizioni concordate tra il
continua
costruttore e l’utente, ma che
sono più severe di quelle previste
dalla seconda cifra caratteristica
del punto 7.
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Nelle Norme di sicurezza degli apparecchi elettrici, oltre che al dito di prova, si fa
piccolo del dito di prova, attraverso cui una persona potrebbe venire in contatto con le
forchetta); le prove hanno la finalità di verificare che gli involucri rendano inaccessibili
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dal dito di prova, ha un diametro maggiore e una lunghezza minore del dito di prova.
Nell’indicazione del grado IP, possono essere presenti anche due lettere opzionali: la prima
indica la protezione contro l'accesso umano (p. es., protetto contro l'accesso con un filo); la seconda
si riferisce alla protezione del materiale (p. es., adatto all'uso in condizioni atmosferiche
specificate).
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Università Telematica Pegaso Protezione contro i contatti diretti
4 Codice IK
Gli involucri e le barriere devono inoltre avere sufficiente resistenza meccanica, in modo da
resistere alle sollecitazioni meccaniche prevedibili nell'uso ordinario, tenuto conto delle condizioni
ambientali, e da mantenere la prevista distanza di isolamento dalle parti attive. Per indicare la
resistenza agli urti degli involucri è utilizzato un sistema standardizzato di codifica costituito dalle
lettere IK seguite da un numero caratteristico da 01 fino a 10, relativo ad una specifica energia
Tabella: Codifica IK
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protezione contro i contatti diretti di parti attive in bassa tensione può essere parziale. La Norma
richiede che le aree elettriche chiuse siano chiaramente e visibilmente contrassegnate mediante
opportune segnalazioni.
Nelle aree elettriche accessibili soltanto con mezzi speciali non è richiesta alcuna protezione
contro i contatti diretti, ma bisogna rispettare determinate distanze. Inoltre le porte delle aree
elettriche devono permettere una facile uscita verso l'esterno (deve essere possibile aprirle
dall'interno senza l'uso di una chiave). Nelle aree elettriche chiuse, dove l'accesso è limitato soltanto
da un cartello, si deve attuare la misura di protezione parziale contro i contatti diretti mediante
ostacoli o per distanziamento e inoltre rispettare determinate distanze minime tra organi di comando
Si noti che, spesso, si parla di persone "autorizzate" nel senso di persone addestrate che
ricevono il permesso di accedere all'area elettrica chiusa, da sole o sotto la supervisione di altre
persone. Inoltre, la Norma distingue le aree elettriche chiuse "mediante mezzi speciali" che, ad
esempio, può essere semplicemente una chiave, dalle altre aree elettriche dove l'accesso non è
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Aree elettriche
chiuse
Acces
S N
sibile solo
i o
con mezzi
nessuna protezione
speciali
protezione parziale
sicurezze + mento
distanze +
Fig. 2
minime distanze
minime
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(protezione passiva). Se tuttavia avviene un contatto diretto, per imprudenza dell'utente o perché
viene meno la protezione passiva, la corrente che attraversa il corpo umano non è sufficiente per
L'unico dispositivo di protezione che può intervenire, in casi del genere, è l'interruttore
Fig. 3
Sono denominati ad alta sensibilità gli interruttori differenziali con corrente nominale
differenziale d'intervento Idn non superiore a 30 mA. Questo valore di corrente, comunque, non
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corrisponde a quello che il corpo umano può sopportare per un tempo indefinito, ma rappresenta un
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Bibliografia
V. Carrescia, “Fondamenti Di Sicurezza Elettrica”, Editore TNE, 2006
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“ PROTEZIONE CONTRO LE
SOVRATENSIONI’’
Indice
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1 Aspetti normativi
La protezione contro le sovratensioni è trattata dalla Norma CEI 81-10/1-4, relativa alla
protezione delle strutture contro i fulmini. La Norma compone di quattro parti aventi ciascuna uno
Parte 2: “Valutazione del rischio”: tratta della valutazione del rischio dovuto a
requisiti dell’impianto di protezione contro i danni alle cose e alle persone dovuti a
fulminazione.
degli impianti interni elettrici ed elettronici contro il rischio di danni permanenti associati
al fulmine.
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2 Sovratensioni
sviluppano nell’atmosfera;
a carattere oscillatorio;
a carattere impulsivo.
accoppiamento galvanico;
accoppiamento induttivo.
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(Figura 1). In tal caso, la corrente del fulmine si disperde a terra e attraverso le linee di
alimentazione. La resistenza del sistema di messa a terra, nel disperdere la corrente del fulmine,
provoca un aumento della tensione del conduttore di protezione (PE) fino a diverse migliaia di volt
(effetto ohmico). D’altra parte, il potenziale dei conduttori attivi rimane 230 V per le fasi e zero per
perdere isolamento ed attraverso esse fluisce parte della corrente del fulmine, con risultato il loro
danneggiamento.
Fig. 1
Nel caso dell’accoppiamento induttivo, il campo elettromagnetico, creato dalle scariche
atmosferiche nelle vicinanze delle linee aeree o degli impianti elettrici, genera una sovratensione in
atmosferiche di un edificio provocano una sovratensione nelle spire formate dai cavi dell’impianto
elettrico. In questi casi, i danni interessano in modo irreversibile le apparecchiature elettroniche più
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Per quanto riguarda le sovratensione di origine interna, è da osservare che le manovre degli
sovratensioni transitorie.
sovratensione di origine esterna, ma si manifestano con molta più frequenza e sono dannose in
quanto generate direttamente nella rete di alimentazione. La loro breve durata, il brusco fronte di
salita e il valore di picco (fino a qualche kV nel caso degli impianti di bassa tensione), provocano
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3 Sistemi di protezione
I sistemi di protezione contro le sovratensioni sono normalmente classificati in:
livelli di isolamento, evitando che esse si propaghino con tutta la loro intensità lungo il
sistema elettrico.
esempio, la messa a terra del neutro, l'adozione di resistenze di smorzamento negli interruttori e
Le funi di guardia producono un effetto schermante sui conduttori di potenza nei riguardi dei
fulmini.
Per un'efficace protezione preventiva contro i vari tipi di sovratensione occorre, infine,
coordinare l'isolamento dei diversi componenti del sistema. Ogni componente si trova, infatti,
continuità del servizio di fornitura dell'energia elettrica. Ad esempio, le linee con conduttori nudi
sono i componenti più esposti alle sovratensioni di origine esterna, mentre quelle di origine interna
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valori di tensione;
Per la cosiddetta protezione di tipo repressivo si usano apparati quali gli spinterometri e gli
scaricatori che hanno caratteristiche tali per cui, al verificarsi di sovratensioni prossime al livello
d’isolamento previsto, la scarica avviene a terra attraverso di loro piuttosto che attraverso gli altri
‘scaricatori’, o anche Surge Protective Device (SPD), sono progettati per salvaguardare i sistemi e
scaricatore non ha alcuna influenza sul sistema al quale e applicato: agisce come un
tempi molto brevi (alcuni nanosecondi) e devia la corrente impulsiva: in tali condizioni
a valle;
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Nelle Figure 2 e 3 è rappresentato un esempio degli effetti di una sovratensione con e senza
persone.
Con l’adozione di uno scaricatore (Figura 3) connesso tra conduttori attivi e terra (si
Fig. 2
Fig. 3
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Negli impianti elettrici utilizzatori in bassa tensione di piccola estensione gli scaricatori sono
installati all'ingresso della linea elettrica nell'edificio con i modi di connessione suggeriti dalla
scaricatori
scaricatori tra i conduttori di fase e il neutro; inoltre un altro scaricatore si collega tra il
questo tipo di connessione i collegamenti degli scaricatori vanno effettuati a monte del
Per impianti più complessi può essere necessario installare più scaricatori in cascata, con
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4 Zone di protezione
Il sistema di protezione completo di una struttura contro i fulmini è denominato Lightning
Protection System (LPS). Tale sistema ha lo scopo di ridurre il danno materiale dovuto alla
fune, dagli organi di discesa (calate) per condurre la corrente di fulmine al dispersore).
installazione di scaricatori).
Per decidere se è necessario o meno installare un sistema di protezione contro i fulmini per
la struttura in esame e per i servizi a essa collegati, occorre effettuare la valutazione del rischio.
Tale valutazione consiste nel confrontare il rischio (R) con il rischio tollerabile (Rr): la protezione
R > Rr
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Nel caso del rischio R4, la valutazione del danno tollerabile è un puro confronto
costi/benefici.
(LPZ – lightning protection zone), che dividono l’ambiente in funzione dell’effetto della
fulminazione.
LPZ 0A: zona all’aperto, non protetta dall’LPS esterno, in cui gli elementi
LPZ 0B: zona contenuta nel volume protetto dall’LPS esterno, per cui e
LPZ 1: zona interna alla struttura, in cui gli oggetti non sono esposti alle
scariche atmosferiche dirette e nella quale le correnti indotte sono minori in confronto
ulteriori scaricatori, sia ai confini delle diverse zone, sia a protezione delle utenze
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terminali, che consentono una riduzione delle correnti indotte, in relazione alle esigenze
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