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GIOVANNI PASCOLI

'

sfcr

BENEDETTO CROCE

GIOVANNI PASCOLI
STUDIO CRITICO

NUOVA EDIZIONE CON AGGIUNTE

GIUS.

BARI
LATERZA & FIGLI

TIPOGRAFI-EDITORI-L1BRAI

1920

PROPRIET LETTERARIA

MAGGIO MC'MXX- 55614

AVVERTENZA

La buona accoglienza
lume separato del saggio

fatta alla

sul

ristampare nella stessa forma


scoli

il

ristampa in vo-

Carducci
il

ci

muove a

saggio che sul Pa-

Croce pubblic nel 1907 e raccolse poi nel

1915 nel quarto volume della Letteratura della nuova


Italia.

Abbiamo
nello stesso

due

scritti

fatto

seguire ad esso la risposta che

anno 1907

il

Croce fece

ai suoi critici,

pubblicati nel 1919 e nel 1920, nei quali

egli ritorna sul

suo vecchio giudizio per ribadirlo e

particolareggiarlo. In appendice

un cenno e un

saggio delle discussioni sollevate di recente sul Pascoli,

a proposito di questi

scritti del

Croce.

L'EDITORE.

GIOVANNI PASCOLI

I.

Leggo alcune

delle

pi celebrate poesie di

Giovanni Pascoli, e ne provo una strana impressione. Mi piacciono? mi spiacciono? SI, no: non
so. Non mi smarrisco per questo, e non me la
prendo n con la insufficienza mia n con quella
del poeta. So bene che il giudizio dell'arte, bench si fondi sulla ingenua impressione, non si
esaurisce nelle cosiddette prime impressioni, e
che Ruggero Bonghi fraintese quando scambi
e critic

Tuna per

le altre, la logica della fan-

tasia per la illogica del capriccio.

so

bene che

prima, il
s'impegna come una lotta tra l'anima
conquistatrice e un'altra che non vuole
eppur
vuole,
lasciarsi conquistare: lotta di amori
estetici, arieggiante quasi quella dei sessi che
corre attraverso tutto il mondo animale e che
test il De Gourmont ci ha descritta in un suo
artisti assai energici disorientano, alla

lettore:

B. Croce, Giovanni Pascoli.

I -

libro

GIOVANNI PASCOLI

mi smarrisco, mi

popolare. Dunque, non

rimetto all'opera, rileggo e rileggo ancora. Ma,

per quanto rilegga, per quanto torni a quella


lettura dopo lunghe pause, la strana perplessit
si

rinnova. Odi et

amo: come mai? Nescio: sed

fieri sentio et excrucior.

Non

ha concepito
due cugini? I due bambini giocano tra loro,
e si amano: quando si vedono, corrono, anzi
poeta grande colui che

volano l'uno verso

l'altro,

con tale impeto di

gioiosit infantile abbracciandosi, che


retti
cioli.

cascano e

Ma

capelli biondi

loro ber-

mescolano

ric-

quei giuochi, quegli amori sono spez-

zati: l'uno dei due,

il

maschietto, muore:

appassi come rosa


che in boccio appassisce nell'orto.

l'altra resta legata

del piccolo morto

lui:

la piccola sposa

La bambina

cresce:

si

cresce

rapidamente

in quegli anni:

si

fa giovinetta, gi

quasi donna.

Ma

si

fermato: col

no:

l'altro

dove l'hanno deposto, non si cresce. Sembra che,


quando rivede la sua cuginetta, che si svolge e
fiorisce col misterioso irrefrenabile

impulso della

vita e del sesso, egli le stia innanzi tra

mera-

vigliato, smarrito e umiliato:

al

col capo non giunge


seno tuo nuovo, che ignora.

Quella l'ama sempre: sempre


torno a s

morto non

la

fretta

dei

le sorride: la

le

par

di udir in-

taciti piedi.

Ma

il

giovinetta fiorente non

pi, per

che

GIOVANNI PASCOLI

la

lui,

compagna

di

che non

gli

gli sfuggita,

una

volta; sente

appartiene pi:

piangendo l'antica sventura,


tentenna il suo capo di bimbo.

Movimenti ed immagini di grande bellezza, certamente. Ma, per un altro verso, gi nel metro
adottato, la terzina di novenari,

avverte qual-

si

cosa non saprei se di ballato o di ansimante,

che stona con la calma sospirosa e dolorosa del


piccolo idillio triste. La struttura generale
spiacevolmente simmetrica: divisa in tre parti,
che paiono
Il

le tre

principio

proposizioni di un sillogismo.

un ex-abrupto, non

libero di enfasi

o di teatralit:

S'amavano

bimbi cugini;

l'immagine, che segue, leziosa:


pareva l'incontro di loro
l'incontro di due lucherini.

L'insistenza soverchia, e anche di


bidi.

stupendamente

effetti tor-

detto:

Tu, piccola sposa, crescesti;

man mano
man mano

il

intrecciavi

capelli,

allungavi le vesti.

crescere veduto realisticamente,

di gentilezza:

non

ci

vorrebbe

altro.

metro continua per suo conto:


Crescevi sott'occhi che negano
ancora; ed i petali snelli

cadevano:

il

fiore

gi lega:

ma soffuso
Ma no: il

I -

GIOVANNI PASCOLI

fatica di paragoni, che ottenebra e non potenzia


l'immagine gi perfettamente determinata. E il
metro continua ancora, come un cavallo che,
nonostante gli abbiate fatto sentire il morso, vi
trasporta per un altro tratto di via, che non si

doveva percorrere:

Ma l'altro non crebbe. Dal mite


suo cuore, ora, senza perch,
fioriscono le margherite

dove quel

non

ti

scordare di me;

senza perch

senza perch; e la

fiorita

vieta, resa pi vieta

mi sembra davvero
tomba roba

sulla

ancora dalla romanticheria

non ti scordare di me che cascano


mollemente formando la chiusa del paragrafetto.

di

quei

Ahi!

lo

specchio tersissimo

si

appannato:

il

ca-

polavoro rimasto a mezzo,

come rosa
che in boccio appassisce nell'orto.

Valentino un altro bambino. Solo un occhio


di

poeta pu scoprire e far valere un'immagine

tanto graziosa.

nuovo,

un

contadinello tutto

vestito

ma

a piedi scalzi: la madre, che lo


ha visto tremar di freddo durante il gennaio,
di

ha messo da parte a soldo a soldo un piccolo


gruzzolo; e il gruzzolo bastato per comprare
il panno della veste e non gi anche per la spesa
delle scarpe: il grande sforzo di quella veste lo
ha esaurito:

GIOVANNI PASCOLI

Costa che mamma gi tutto ci spese,


quel tintinnante salvadanaio:
ora esso vuoto, e cant pi d'un mese,
per riempirlo, tutto il pollaio.
:

Un

ben collocato

solo aggettivo

una

rire

atto a sugge-

serie d'immagini: quasi

si

vede

vera donna, che scuote e fa tintinnare

il

la po-

rozzo

salvadanaio di creta, per accertarsi del tesoretto

che vi ha accumulato con tanto stento:

ma
La

figura

si

nudi

tu,

magro

mezzo,

restasti a

con

come un

piedi

contadinello,

cos,

le

penne,

uccello...

raggentilisce in questo sorriso, fatto

d'intenerimento:

il

contadinello magro, diventa

naturalmente all'immagine
dell'uccello. Come un uccello, egli non prova
impaccio n sente il ridicolo del suo abbigliamento a mezzo:
leggiero,

associa

si

come

l'uccello venuto dal

che tra
ch'oltre
ci

il

il

mare,

ciliegio salta, e

beccare,

il

non sa

cantare, l'amare,

sia qualch'altra felicit.

Capolavoro? Neppur

qui. Io

ho

riferito versi

e strofe singole, trascegliendo nel piccolo

com-

ponimento. Ma, se ve l'avessi letto intero, ve ne


avrei dato forse un concetto assai minore. Lascio
stare

il

lungo ricamo che

il

Pascoli fa sul partico-

Piedini nudi

dice tutto;

lare dei piedini nudi.

ma

non senza giuoco

il

Pascoli, invece,

solo ai piedini provati dal rovo


porti la pelle dei tuoi piedini...

di parole:

I -

E non

si

GIOVANNI PASCOLI

contenta:
porti le scarpe che

mamma

ti

fece,

che non mutasti mai da quel d,


che non costarono un picciolo...
, che faccia poi un simile ricamo
anche al pollaio, che aveva cosi bene e sobriamente evocato:

Insopportabile

e le galline cantavano:
ecco ecco

Il

un

delicato poeta

polli!

si

cocco

si

un

Un

cocco!

cocco per te!

messo a rifare

il

verso ai

resta con quel grido fastidioso negli

non

orecchi, che pur

fa

dimenticare del tutto

il

tintinnante salvadanaio.

Non meno

il Sogno
Anche la donna che non ha avuto
vergine, una madre, madre in potenza:

originale, ossia poetico,

della vergine.
la

figli,

esistono

non

non nati,

solo

bella

figli

quanto credo, creata


suoi versi.
in lei

per

le

come

che sono

nati,

immagine che
lui,

sogna in quel sonno:


le si

il

le

tigli

e la

madre che

sangue, che scorre

trasmuta e addolcisce

in latte:

Stupisce

ma

Pascoli ha, a

e che ritorna in molti

La vergine dorme,

sue membra,

il

placide vene

quel flutto soave e straniero,


quel rivolo labile, lene,

d'ignota sorgente, che sembra


che inondi di blando mistero
le pie sigillate sue membra...

I -

un

si concreta in un piccolo
sogno s'intensifica: accanto, ella sente

La vaga
essere:

GIOVANNI PASCOLI

aspirazione

il

un piccolo vagito:

alito,

Un

che posa sul letto


e cerca assetato
fonti del vergine petto
figlio!

suo vergine
le

E com' materno

Il bambino non
bambino ha bisogno

quel sogno!

sorride, trionfante di vita:

il

sogna
quanto pi le par di doverlo difendere:
egli piange il suo tacito pianto >. Tacito: un
pianto veduto nel sogno.
Ma come, d'altro canto, lungo quel compodella difesa di sua madre, che tanto pi lo
e l'ama

nimento, la cui sostanza poetica sta tutta nelle

poche immagini ora ricordate!

diviso in cinque

parti: vi si descrive in principio la vergine dor-

mente e

il

lume che

vacilla

nell'ombra della

stanza: quasi che tale messa in iscena possa pre-

parare in alcun modo


solo
Il

la poesia, la

quale comincia

con l'immagine del sangue che si fa latte.


non se ne sta alla espressione delle

Pascoli

pie

membra

sigillate: spiega:

le gracili

membra non sanno

lo schianto,

non sanno

l'amplesso...

e la spiegazione ridondante, in materia cos sca-

Neppure sta pago ad esclamare, all'improvviso sorgere del bambino che


brancola cercando avidamente il seno della madre:
brosa, era da evitare.

fiore

d'un intimo riso

dell'anima!

I -

GIOVANNI PASCOLI

che forse gi un comento piuttosto eloquente


che poetico; ma coraenta il comento e d in argutezze o agudezas:
o fiore

non nato

da seme, e sbocciato improvviso


Tu fiore non retto da stelo,
tu luce non nata da fuoco,

tu simile a stella del cielo,


del cielo dell'anima...
Il

bambino

allontanato dal fianco

riposto fantasticamente in

una

culla.

materno e

la culla

assume una grande importanza, tanto che


rifa

il

verso

come

le si

altra volta al pollaio:

Si dondola dondola dondola


senza rumore la culla
nel mezzo al silenzio profondo;
il

che inopportuno,

ma

chiaro.

al Pascoli

non

par chiaro, e aggiunge un paragone:


cosi

come

tacita al vento,

lume di luna,
dondola un cirro d'argento.

nel tacito
si

E
al
il

vi ha, nel resto del componimento, esortazioni


bimbo perch sorrida un istante; e vi si narra

sorgere dell'alba e lo svanire del sogno

zione per lo

meno

narra-

altrettanto esuberante, quanto

prima la descrizione
da notte.

della stanza e della

lampada

padre del Pascoli fu assassinato, una sera,


mentre tornava alla sua casa.
La mattina di quel giorno d'inenarrabile strazio
e terrore, l'ultima volta che i suoi lo videro vivo,
Il

sulla via campestre,

GIOVANNI PASCOLI

ricordata in ogni

minimo

\)

particolare: con quel

perduto dolore dell'animo che dice:

potevamo

non lasciarlo andar via, quel mattino, e sarebbe


ancora tra noi!
E la memoria scopre, o l'illusione fa immaginare, particolari quasi profetici.
Il padre stava per salire sulla carrozza, circondato dai suoi, dalla moglie, dai figliuoli grandi
e piccini, usciti sulla strada a salutarlo. Ma, nel-

l'appressarsi ch'egli fece al suo cavallo:


la pi piccina a lui tocc la

Gli prese

il

come per
Non voleva

bastone,

e ruppe in pianto.

mazza.
tirarlo

indietro,

ch'egli

andasse

via: non voleva, cos, irragionevolmente, come


bimba che era; ed egli dovette ingannarla, per

acchetarla: farle credere che rientrava in casa,

ed uscire da un'altra porta. Quella manina

bimba
lit

un

propria dell'artista, che coglie con

tratto

di

indimenticabile. Si sfiora quasi la genia-

un mondo

tanto, e

si

di sentimenti.

Ma

si

sol

sfiora sol-

perde daccapo. Che cosa diventa quel

tocco affettuoso e spaventato di debole

manina

presaga?
presa egli sent, ma poco
canna, come in un vignuolo,
come v'avesse cominciato il nodo
un vilucchino od una passiflora...

E un poco

poco

la

Diventa Io-Studi o di una presidi manojnfantile.


Al quale segue lo studio della mano:
S: era presa in una mano molle,
manina ancora nuova, cos nuova
che tutto ancora non chiudeva a modo.

10

I -

Andiamo

GIOVANNI PASCOLI

innanzi:

chiamando com'
Egli poneva
e in

bambini attorniano

lor uso:
il

un gruppo

e si senti:

Quell'episodio

padre,

il

piede sul montante;

tubarono,

le tortori

Pap!

Pap! Pap!

commovente

accentuato in tal

modo, e cosi materialmente, nelle sue minuzie,


che ogni commozione sfuma. Tanto che io mi
distraggo, e mi par d'avere udito altra volta un
simile voco bambinesco,

gra;

s,

ma

in un'arte pi alle-

per l'appunto, in un'opera buffa napole-

emesso da un gruppo di bambini che attornia il pap che li ha condotti a una fiera. Solo
che i bambini dell'opera buffa cantano bene, perch si tratta di opera buffa; e quelli del Pascoli,

tana,

nell'angoscioso ricordo, stonano.

poi, se altro

non

fosse,

basterebbe anche

qui, a turbare tutta l'ispirazione,

il

metro ado-

prato: un metro quasi epico, lasse di dieci en decasillabi con assonanze.


Lo stesso sbaglio

fondamentale nell'altro episodio della medesima


tragedia domestica: La cavalla storna, svolto
^jiel metro di un'antica romanza. Eppuxe. c' l'abbozzo, o il_ncciolo, di u na g rande poesia! La
madre, rimasta priva del marito vilmente am-

mazzato da uno sconosciuto, ha sempre

fisso

il

pensiero in quel caso d'orrore. Chi, e perch,


gliel'ha ucciso?
ciso

aveva con

Nessuno era presente;

ma

s la sua cavalla prediletta,

l'uc-

una

cavallina storna, che riport verso casa il corpo


sanguinante del suo padrone. Quella cavallina

I -

sempre

ha

nella scuderia:

l,

quel pensiero in capo e con


folle

che accompagnano

silente nella scuderia, e si

il

visto, sa,

racolo potrebbe farla parlare.

da

11

GIOVANNI PASCOLI

un mi-

donna, con

la

quegli atti quasi


dolore,

va a notte

pone accanto

alla ca-

piange e supplica: e vuole


ci che sa. Pronuncia un
significare
a
aiutarla
nome, il nome che ella sospetta: lo pronuncia
vallina, e le parla e

solennemente: alz nel gran silenzio un dito:...


disse un nome... . Ed ecco s'ode subito, alto, un
nitrito di

conferma!

La

poesia

si

trascina non

senza fastidio con la solita descrizione iniziale,


con l'allocuzione verbosa della madre, ripartita
in quattro parti e pause. Ma l'ansia della povera
dolente resa con tratti di grande efficacia. Sotto
quell'ansia, sotto quell'implorante confidenza, la
cavallina

umanizza, diventa una persona

si

casa, cara tra

suoi cari, partecipe della

di

comune

sventura:
la

scarna lunga testa era daccanto

al dolce viso di

quadro

mia madre

d'infinita c ommozion e.

in pianto:

E la donna incalza

nella sua preghiera, presa dalla


di sapere, di

brama

furiosa

veder chiaro:

stava attenta la lunga testa

fiera...

Essa l'abbraccia come si fa a un figliuolo nel


'-momento che stato vinto dalla parola affettuosa e sta per confessarsi:
mia madre l'abbracci

sulla criniera.

12

GIOVANNI PASCOLI

La madre muore
morta
il

il

anch'essa, e la voce della

come

Pascoli la risente

suo nome,

il

suo

nome

di

chi chiami

nel diminutivo fami-

liare e dialettale, per parlargli di cose

domestici.

Non

ed

affetti

difficile intendere che quel di-

minutivo familiare e dialettale non pu essere


ripetuto, nell'alta

par

commozione

di sentirlo nella realt.

entrare nella lirica


di quell'invocazione,

il
il

cosi

lirica,

come

Perch ci che deve

valore sentimentale
suo accento intimo e

fa-

miliare, che la riproduzione fonica delle sillabe

contraffa e

non rende.

Il

Pascoli

spontan eo, commosso e vi vo:

ha un

inizio

C' una voce nella mia vita,


che avverto nel punto che muore:
voce stanca, voce smarrita,
col tremito del batticuore:

voce d'una accorsa anelante,


che al povero petto s'afferra
per dir tante cose e poi tante,
ma piena ha la bocca di terra.

questa veramente l'immagine della madre nel

suo gesto d'abbandono al petto fidato del Aglio,


per isfogare ci che le preme sul cuore: della

madre, cos come riappare attraverso la morte


il cimitero, deturpata dalla morte, bagnata di

pianto.

Ma

il

Pascoli riattacca:

tante tante cose che vuole


ch'io sappia, ricordi,

Ma

di

non sento che un


(*)

s...

s...

tante e tante parole

Giovannino

>

soffio...

in dialetto

Zvani...

romagnolo.

).

GIOVANNI PASCOLI

13

codesta una profanazione, che non accrescer


col mio comento: come l'accresce per suo conto

l'autore, che aggiunge altre sei parti, della medesima lunghezza della prima che ho trascritta,
e tutte sei finiscono con quel nome, con quel
Zvani. Il soffio della voce della morta si volgarizzato in un ritornello! Pure, il ritornello, cos
malamente scelto, non soffoca del tutto il suono
di quella voce di morta:

voce stanca, voce smarrita,


col tremito del batticuore...

Ai suoi morti dedicato ancora TI giorno (\,p,i


morti, cosi pesantemente sceneggiato e drammatizzato, in cui ciascuno dei morti parla a sua

compiangendo e lodando s stess o. Vi sono


accenti commossi: il padre, ammazzato a tradivolta

mento, dice:
figli,

vedessi io mai!
che in quel solo istante

figli! vi

io vorrei dirvi,

per un'intera eternit v'amai.

Ma, pronunziate appena quelle parole, par che

ne

resti

come

affascinato, e le volta e rivolta in

varia forma:
In quel minuto avanti che morissi
mano al capo sanguinante,

portai la

tutti,

figli

Io gettai

mi pianse

miei, vi benedissi.

un grido
il

cuore:

in quel minuto, e poi,

come pianse

e pianse

e quel grido e quel pianto era per voi.

Oh le parole mute ed infinite


che dissi! con qual mai strappo
la vita viva delle vostre vite...

si

franse

14

I -

GIOVANNI PASCOLI

affinando, dunque, quel grido perfino in un bisticcio e, in un'allitterazione.


Il

ciocco un'altra delle ispirazioni profonde

del Pascoli, che pur lascia

dando
sia.

alla

composizione e

La prima parte

mal

al

soddisfatti, guarcomplesso della poe-

stata biasimata pei tanti

oscuri vocaboli del contado lucchese che l'autore


vi ha introdotti, e che hanno resa necessaria nelle
nuove edizioni l'aggiunta di un glossarietto. Ma
non sarebbe poi gran male se fossimo costretti

a studiare qualche centinaio di vocaboli per giuri


gere all'intendimento di un'opera bella. Coraggio,
pigri lettori!

ben altre fatiche

di

preparazioni

Senonch
le,
quella taccia, come accade, ne nasconde un'altra,
che la vera, concernente rejccesaiva_preoccupazione dell'autore per inezie di costumi e di rela ti vj_ej^rjssioni, inconciliabile col motivo fondamentale, della, poesia, che si svolge nella seconda
parte, in cui l'anima si eleva nella contemplazione del cielo stellato. E anche questa seconda
parte, che ha tratti assai felici, offende per le
immagini incongrue o troppo dilatate, e per le
ripetizioni stucchevoli. Cos gli astri, che girano
pel cielo, suggeriscono al Pascoli un sottile paragone con le zanzare e coi moscerini, che girano
intorno a una lanterna accesa, penzolante dalla
mano di un bambino che ha perduto una monetina in una landa immensa e la va cercando e
singhiozza nel buio. Al supremo momento lirico
si giunge, quando alla mente del contemplatore
si affaccia il pensiero della morte avvenire delle
godimenti

artistici sogliono richiedere.

I -

GIOVANNI PASCOLI

15

a fine d ell'uni verso; e nel suo cuore


sorge una deserta angoscia pel morire non gi
dell'individuo, ma della vita stessa: per l'indicose tutte,

viduo che muore senza che


accanto a

lui,

Anima

altri faccia

splendere

riaccesa, la fiaccola della vita:

nostra! fanciulletto mesto!

nostro buono malato fanciulletto,

che non t'addormi

s'altri

non desto

'
!

bianco letto
s'indugia la tua madre che conduce
felice, se

la tua

vicina

manina

al

dalla fronte al petto

contenta almeno, se per te traluce


l'uscio da canto, e tu senti il respiro
uguale della madre tua che cuce...

Il

sentimento di questa inquietezza e di questo

quietarsi puerile
si

compiutamente espresso. Che

possa continuare ancora, indefinitamente, nel-

l'enumerazione o nella gradazione ascendente e


discendente di

tutti

segni di vita che valgono

a rasserenare un fanciullo nella sua paura della


solitudine e a farlo addormentare tranquillo, nes-

suno dubita: ma la lirica non enumerazione.


Il Pascoli non sembra di questo parere, e prosegue:
il

respiro o

il

sospiro

o almeno che tu oda

uno

per casa, o almeno per

anche il sospiro
in faccende

le

strade a giro

veda almeno un lume che s'accende


da lungi e senta un suono di campane,
che lento ascende e che dal cielo pende...
o

fermer a quest'ultimo verso, del quale evidentemente, cantandolo, si compiaciuto? Ta-

Si

16

I -

GIOVANNI PASCOLI

cera contento di quest'ultima dolcezza che

Non ancora: ha
riprende il lume :

sazia?

ripreso

il

<

lo

sospiro, e

Almeno il lume, e l'uggiolo d'un cane:


un fioco lume, un debole uggiolo:
un lumicino: Sirio: occhio del Can.e
che veglia sopra

Ora,
oltre

il

limitar di Dio!

almeno, ha finito? Neppure; perch pi


ripiglia lo stesso motivo, rimandolo in

quartine.

Potrei non finire neppur

io,

e addurre altri

esempi, facilissimi a moltiplicarsi; e da

tutti usci-

rebbe la stessa conclusione: la perplessit,


gettano l'animo

le

in cui

poesie del Pascoli, che sem-

brano perpetuamente oscillare tra il capolavoro


e il pasticcio, senza che le parti belle vincano
e facciano dimenticare le brutte, ma anche senza
che le brutte facciano dimenticare le belle; dando
al lettore e al critico quel tormento, al quale ho
accennato in principio.

II.

Artisti

opere
rica,

il

che mescolano pi o meno nelle loro

bello e

il

brutto, la lirica

e la retto-

l'impeto e lo stento, la semplicit e Ya,f>\&*

fettazione, sono caso assai frequente; e rari sono

invece coloro la cui opera complessiva

si

pre-

senta con carattere di perfezione e di sceltezza,-*/**

perch hanno lavorato solo nei momenti di piena

GIOVANNI PASCOLI

17

interna armonia, o hanno esercitato

tale vigi-

lanza sopra s stessi da tener celate o da sop-

primere

le

cose loro imperfette.

pi affidano la

cernita al tempo galantuomo e alla critica.

E la critica suggerisce a questo propositojiue


nti, che pi volte i lettori mi hanno
rocedime
p
visto adoperare in queste pagine. Il primo di
tentare una divi sione nel te mpo, e il secondo di
tentarla (per cosi esprimermi) n ello spa zio. Vi
sono, infatti, artisti che da una torbida e divagante produzione giovanile giungono, nella maturit, al possesso di s medesimi; o che a una
produzione geniale fanno seguire l'imitazione di
s medesimi, e, volendo, validius inflare sese,
come la rana di Fedro, rupto iacent corpore;
e, in tali casi, si possono distinguere, con limiti

Ma ve ne
ha altri i quali, durante tutta la lor vita, alternano le varie personalit, e, per esempio, nel
periodo stesso che cantano commosse poesie
d'amore, ne compongono altre falsamente eroiche e politiche. Essi posseggono due strumenti,
cronologici, le loro varie personalit.

l'uno sinfono e l'altro asinfono, per dirlo nobil-

mente

in greco, o l'uno accordato e l'altro scor-

dato, per dirlo

umilmente

in volgare, e

ora sull'uno ora sull'altro;


scordato, su cui

si

e,

forse,

suonano

di

travagliano e sudano,

tano assai pi che non di

quello
si

van-

quello accordato e

Per costoro la divisione si


deve condurre secondo i motivi d'arte, gli spontanei e gli artificiosi, che muovono la loro prodocile alle loro dita.

duzione.
B. Croce, Giovanni Pascoli.

18

GIOVANNI PASCOLI

I -

Al Pascoli si cercato di applicare ora l'uno


ora l'altro procedimento; e, per cominciare dal
primo, si detto, e si scritto anche, che chi
voglia avere innanzi a s il Pascoli vero, il Pa-

deve lasciare

scoli poeta,

in disparte la

sua pro-

duzione degli ultimi anni, e risalire a quella pi


vecchia, ai Poemetti, alle Myricae, quali com-

parvero in pubblico nel modesto volumino del

1892.

poich,

si

le

sa,

opinioni variano,

si

anche manifestato il parere inverso, che il Pascoli vero non bisogni cercarlo nelle poesie giovanili,

ma

nelle ispirazioni della piena maturit,

culminanti nei Poemi conviviali e negli Inni.

Ed

io

dicazione;

mi provo a seguire
e,

dapprima, risalgo

Myricae. Rileggo

la

l'una e l'altra inai

Poemetti e

Senignj a, che tra

pregiati e pregevoli dei poemetti:


di

un poema georgico

come

alle

pi

prima parte

stato chiamato.

Accostarsi a quei versi e respirare l'aria della

campagna, aspirarne

effluvi, vedere il casodomestiche


e rurali dei
lare,
campi,
opere
contadini, udirne i discorsi infiorati di proverbi
e di sentenze, sentire dappertutto il profumo
agreste delle cose e delle anime; un'impresi

gli

le

poemetto s'inizia con un risveglio mattinale in una casa di contadini: una


delle fanciulle apre l'imposta, i rumori della vita
ricominciano e vi sono orecchi che li raccolgono:
sione immediata.

la cappellaccia

Il

manda

dal cielo

il

suo garrito,

raspa sul ciglio di un fosso,

cane di
guardia s'alza, scuote la brina scodinzolando, con
uno sbadiglio: si odono per la campagna i pennati

la gallina

il

I -

GIOVANNI PASCOLI

19

che squillano sul raarrello. La fanciulla


al davanzale,

monda

d'amorino; e

poi, a

le piante, coglie

si

accosta

una spiga

quel davanzale stesso, co-

mincia a ravviarsi i capelli, come contadina,


alla grande aria, in faccia al sole:
ombra

or luce or

si

sentia sul viso;

che il sol montando per il cielo a scale,


appariva e spariva all'improvviso.

Cos descritta l'intera giornata.

Il

fruscio stri-

dulo delle granate passa e ripassa per la casa,

che ha ormai tutte

le

governa

dove

la cucina,

imposte spalancate:
le stoviglie

si ri-

paiono

ris-

sare tra loro nel silenzio del mattino. Pi tardi,


si

apparecchia

desinare per gli uomini che

il

lavorano nei campi:


sul tagiier pulito
lo staccio balzell

rumoreggiando.

bianco fiore ella ammucchi col dito


aperse il mucchio, e vi gettava il sale
Il

e tiepid'acqua dal paiolo avito.

Poi ch'ebbe intriso, rimen l'uguale


la parti: stacc dal muro
il matterello, strinse il grembiale;
e le spianate assottigli col duro
legno, rotondo, a una a una; e presto
s le portava al focolare oscuro.
Via via la madre le ponea nel testo,
sopra gli accesi tutoli; e su quello
le rigirava con un lento gesto
n cessava il rullo del matterello.
pasta e poi

Tutti

gesti,

tutti

gli

oggetti, tutte le colloca-

zioni spaziali, sono individuati con nitidezza

non

20

GIOVANNI PASCOLI

facilmente superabile.

assiste cos

si

anche

alla cottura degli erbaggi all'olio:

Ora

la

madre ne

la teglia

un muto

rivolo d'olio infuse, e di vivace

uno spicchio vi trit minuto.


Pose la teglia su l'ardente brace,
col facile olio, e solo intenta ad esso
un poco d'ora l'esplor sagace.
L'olio cant con murmure sommesso;
un acre odore vapor per tutto.
Fumavano le calde erbe da presso,
aglio

nel tondo, ch'ella inebri del flutto


stridulo, aulente; e poi nel canovaccio

nitido e grosso avviluppava

E Rosa
poneva

il

tutto.

in tanto sospendea lo staccio,

pani sopra un bianco lino,

stringea le cocche, e v'infilava

Torn Viola

La scena

ci sta

e furono in

il

innanzi agli occhi

quadro: larver vita campestre.


tonazione, cio

il

braccio.

cammino.

come
S:

ma

in

un

e l'in-

significato estetico, cio l'anima,

di queste descrizion i e d ell'intero

poemetto?

Il

compone egloghe pi o meno allecome nel medioevo e nel Rinascimento;

Pascoli non
goriche,

non vuol rinfrescare le sensazioni erotiche immergendole nella vita della campagna; non si
accosta ai contadini per curiosarne

come

le goffaggini,

nelle nostre vecchie poesie rusticane, dalla

Nencia

del magnifico

Lorenzo gi gi

fino ai

Cecchi da Varlungo degli epigoni e tardi imitatori del Seicento. Se non m'inganno, il suo precedente ideale piuttosto in quel rifacimento
dell'intonazione omerica, che gi gli studiosi di

I -

Omero

nella

GIOVANNI PASCOLI

Germania

21

della fine del secolo de-

cimottavo tentarono, e che consigli a Volfango


Goethe lo Hermann und Dorothee. L'intonazione
omerica si sente non solo in certi collocamenti
di epiteti

(il

primo verso dice: Allorch Rosa

dalle bianche braccia: leucolena, dunque,

Hera), e in certe ripetizioni e minuterie,


tutto l'andamento.

metro non l'esametro,

Il

di coda, alla fine delle


/

in

ma

dell'ultimo verso

la terzina, col serrarsi deciso

come

ma

brevi riprese:

t.

monte

mare

ella

guard

guardato

ch'ebbe, ella disse (udiva sui marrelli


a quando a quando battere
aria a scalelli,

acqua a

il

pennato)

pozzatelli.

Domani voglio il mio marrello in mano:


che chi con l'acqua semina, raccoglie
poi col paniere; e cuoce fare in vano
pi che non fare. Incalciniamo, o moglie.
L'intonazione omerica, trasportata alla vita umile

ha del gioco letterario; come


pu notare finanche nella meravigliosa ope-

e alle umili cose,


si

ricciuola del Goethe.

mescola

altres

Ma

presso

il

Pascoli vi

si

qualcosa ora di fine e squisito:

andava, ne l'ombra, pian piano:


qualche stella vedea l'opera lenta...
(l'aratro

una campana
si

sentiva sonare dal paese:

non pi che un'ombra pallida e lontana);


e ora di affettato,

come

nel racconto che

il

cac-

ciatore fa della fiaba della cinciallegra, soldato

22
di

I -

GIOVANNI PASCOLI

guardia degli uccelli; o nella preghiera del-

l'Angelus:

Tu
da

che nascesti Dio dal piccolo Ave,

la sorrisa paroletta alata:

voce tremolando grave)


ne l'aia bianca e soleggiata
eri e non eri, seme che vi avesse
sperso il villano da la corba alzata;
ma poi l'uomo ti vide e ti soppresse,
t'uccise l'uomo, o piccoletto grano;
(disse la

tu che

tu facesti la spiga e poi la

messe

e poi la vita...

o in quest'altro suono di

campane:

Era nel cielo un pallido tinnito:


Dondola dondola dondola/ A nanna
Il giorno era finito.
a nanna a nanna!
Ed il fuoco accendeva ogni capanna,
e i bimbi sazi ricevea la cuna,
col sussurrare de la ninna nanna.
E le campane, A nanna a nanna! l'una;
l'altra Dondola dondola! tra il volo

de' pipistrelli per la costa bruna.

nanna

il

bimbo, e dondoli

il

paiuolo

poemetto parrebbe legato da un filo sottile,


storia d'amore: Rosa ed Enrico il cacciatore
s'innamorano. Un amore che prova pudore a
mostrarsi: appena accennato nel pensiero di
Rosa, che non pu pigliar sonno e, quando s'addormenta, sogna:

Il

una

Pensava: i licci de la tela, il grano


de la sementa, il cacciatore; e Rosa
lo ricercava; dove mai? lontano.
In una reggia. E risogn... Che cosa?

23

GIOVANNI PASCOLI

Similmente, nella seconda parte intitolata l'Accestire, significato l'amore del giovinotto:

la

sua strada seguit pian piano,

e ripensava dentro s: che cosa?

ch'era gennaio... ch'accestiva

il

grano,

ch'era gi tardi... ch'eri bella, o Rosa!

un
non

come

episodio nel quadro; ma,

l'afflato

animatore del

questo poemetto

si

notato,

tutto. Cosi

ci lascia perplessi:

anche

nitidissimo

prima specie, e tuttavia non lo comprendiamo bene. Ora ha dell'esercitazione letteraria,


ora della lirica tormentata: il tono ora ci sembra

alla

quasi scherzoso, esagerato di proposito nelle mi-

nuzie come a prova di bravura, ora grave e solenne. di un poeta? di un virtuoso? Dove
il poeta? dove comincia il virtuoso?
Se dalla Sementa risalgo ancora pi su, alle
prime Myricae, trovo, tra l'altro, un intero ciclo
di piccoli componimenti di dieci versi ciascuno:

finisce

L'ultima passeggiata, che

si

pu dire

idea del poemetto ora esaminato.


fanciulla,

che

vi

bianche braccia

accennata,

una

La

la

prima

figura di

la reginella dalle

sorella di Rosa, anzi

Rosa medesima. Sono quadretti minuscoli: l'aratura, la massaia con le sue galline, la via ferrata e il telegrafo che percorrono le campagne
recando l'impressione della rumorosa vita lontana, le comari che ciarlano in capannello, l'osteria campestre sull'ora del mezzod, il partir delle
rondini, l'apparecchio e cottura del pane di cruschello, la ragazza che aiuta la madre nelle fac-

24

I -

GIOVANNI PASCOLI

cende domestiche e

fa

da piccola madre

ai

mi-

nori fratelli e tiene le chiavi del cassone della

biancheria odorata di lavanda, e vede accumu-

dentro

larsi col

prossime

le nozze.

corredo che fa presentire

il

E sono quadretti

non v'ha niente

perfettamente

che stride o
appare incerto nei poemetti. Arano:
intonati:

di

ci

Nel campo dove roggio sul filare


qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinai fumare,
arano a lente grida, uno le lente
vacche spinge, altri semina: un ribatte
le porche con sua marra paziente:
che il passero saputo in cor gi gode
e il tutto spia dai rami irti del moro
:

il

pettirosso: nelle siepi s'ode

il

suo

Le comari

sottil tintinno

d'oro.

capannello:

in

Cigola

come

il

lungo e tremulo cancello

e la via sbarra: ritte allo steccato


le comari in capannello
parlan d'uno, eh' un altro scrivo /scrivo,
del vin, che costa un occhio, e ce n' stato;

cianciano

mal cattivo;
grande ch' sui venti;
del maiale, che mangia e non ingrassa
Nero avanti a quegli occhi indifferenti
il traino con fragore di tuon passa.
del governo; di questo
del piccino; del

Di poesie come queste sono ricche


ricae, e ce n'e

anche nella serie

che ne continuano

la

le

maniera, aggiunte nelle

posteriori edizioni. Un'impressione di

mentre

soffia

il

prime My-

di quelle altre

campagna,

vento freddo e agita un piccolo

25

GIOVANNI PASCOLI

bucato di bimbo, messo ad asciugare presso un


tugurio:

Come

tetra la sizza, che

gli alberi brulli e fa

combatte

schioccar

secche, e sottile fischia tra

le

rame

le fratte!

Sur una fratta (o forse un biancor


un corredino ride in quel marame:
fascie, bavagli, un piccolo guanciale.

Ad

ogni

le fascie si

Una

soffio del

d'ale?)

rovaio che romba,

disvincolano lente,

da un tugurio triste come tomba


giunge una dolce nenia paziente.

fanciulla cuce

il

suo abito di sposa; a un

tratto leva la testa e ride:

Erano in

fiore

lilla

e l'ulivelle;

sposa
n l'aria ancora apria bocci di stelle,
n s'era chiusa foglia di mimosa:
ella cuciva l'abito di

quand'ella rise: rise, o rondinelle


nere, improvvisa: ma con chi? di cosa?

con gli angioli: con quelle


nuvole d'oro, nuvole di rosa.

rise cos

nemmeno

onomatopee
rumori offendono j3i. Perch, a mio parere, hanno avuto
torto i critici quando per quelle onomatopee
hanno aperto contro il Pascoli uno speciale processo: le cosiddette onomatopee sono legittime
o illegittime secondo i casi; e quando il Pascoli
le adopera fuori luogo (ed^u-JL-dir vero, il cas o
pijij[requen.te), l'error suo una delle tante forme
di quella tendenza al l'insist ere e ccessiv o, alla
In queste poesiole,

le

di voci d'uccelli e di altri suoni e

minuteria, alla riproduzione materiale, ossia di

26

I -

GIOVANNI PASCOLI

quell'affettazione e disposizione asinfonica che


in lui.

Ma

quando, nelle prime Myricae, scrive

per la prima volta l'ormai famigerato scilp dei


passeri e viti videvitt delle rondini, io non trovo

luogo a scandalo, perch in quel caso

il

Pascoli

mantiene un'intonazione bassa e pacata; nota


l'impressione immediata della cosa, e aggiunge
un'osservazione quasi riflessiva:
Scilp:

passeri neri sullo spalto

corrono molleggiando. Il terren sollo


rade la rondine e vanisce in alto:
vitt,

l'aia,

videvitt.
il

Per

uni

gli

il

casolare,

pagliaio con l'aereo stollo;

ma

per l'altra il suo cielo ed il suo mare.


Questa, se gli olmi ingiallano la frasca,
cerca i palmizi di Gerusalemme:
quelli allor che la foglia ultima casca,

restano ad aspettar le prime

non pu scandalizzare

l'aristofaneo n

xi,

gemme.

rosignolo, che ripete

il

topoid XiX(;

o bisogna aver

dimenticato che la poesiola del Pascoli, da cui


tolto

esempio
il

il

particolare

tante

di stravaganza,

volte

citato

come

un apologo scherzoso

rosignolo allegoria del poeta, le ranocchie

del grosso pubblico. Comincia, infatti, cosi:

Dava moglie
Or con
il suon

la
lo

la

Rana

al

suo figliuolo.

pace vostra, o raganelle,


chiese ad un cantor del brolo...

In tale apologo, in siffatta intonazione, la cercata

reminiscenza aristofanesca sta perfettamente a


posto e conferisce grazia.
Il risultato

medesimo

si

ha ove

si

confrontino

poemetti, quelli di

altri

27

GIOVANNI PASCOLI

morale, con le Myricae

contenuto filosofico e
contenuto. Il

di simile

Libro vuol far sentire l'ansiosa e vana ricerca


del vero, che l'uomo persegue: un libro (l'immagine deve essere stata attinta a un noto luogo
del Wilhelm Meister, circa i drammi dello Shakespeare), un libro, aperto sul leggio nell'altana,
e le cui pagine sono rimescolate dal vento, suggerisce la presenza di

un uomo

invisibile

che

frughi e frughi e non trovi la parola che cerca.

Ma

vorrebbeottenere^ impedita dalla realt determinata di quel


libro, sul leggo dfquercia, roso dal tarlo, di quel
l'impressione solenn e, ch e

si

a venti a trenta a cento,


avanti indietro, indietro
con mano
avanti ; e dalla freddezza allegorica onde il volume cos determinato si trasfigura, in fine, nel

rumore

di fogli voltati

impaziente,

libro del mistero , sfogliato sotto le stelle.


Nei Due fanciulli, malamente si lega alla scenetta dei due fanciulli, che litigano e si graffiano
e che la madre manda a letto, ed essi nel buio
si cercano e si rappaciano e dormono abbrac-

che d l'interpetrazione
ed esorta gli uomini
alla concordia: il quadretto idillico impiccolisce
l'ammonizione solenne, questa appesantisce il
quadretto. Ma i versi gnomici delle Myricae sono,
l'ultima

ciati,

parte,

allegorica della scenetta

nella loro tenuit, incensurabili. Li ravviva, an-

che nella loro tristezza, un lieve sorriso.

il mondo va per la sua strada,


rodiamo, e in cuor doppio l'affanno,
che pur vada, e si, che lento vada.

Noi, mentre

noi
s,

Il

ci

cane:

"

28

Tal,

GIOVANNI PASCOLI

quando passa

del casolare, che

il

il grave carro avanti


rozzon normanno

stampa il suplo con zoccoli sonanti,


sbuca il can dalla fratta, come il vento;
10 precorre,
11

l'

insegue; uggiola, abbaia.

carro dilungato lento lento,


e

cane torna sternutando

il

all'aia.

Parrebbe dunque che dicano bene coloro che


soltanto nel Pascoli delle prime

Myricae

ritro-

vano un poeta armonico e compiuto. Ma si osservi: che cosa sono quelle poesie? Sono pensieri
sparsi, schizzi, bozzettini: un albo di pittore, che
pu essere di molto pregio, ma che rappresenta,
piuttosto che l'opera d'arte, gli elementi di essa.

Le Myricae sembrano spesso pochi tratti segnati


a lapis da un pittore che vada in giro per la
campagna
:

Lungo

la strada vedi sulla siepe

ridere a mazzi le vermiglie bacche:

nei campi arati tornano al presepe

tarde le vacche.

un povero che il lento


passo tra foglie stridule trascina:
nei campi intona una fanciulla al vento:
Fiore di spina!...

Vien per

la strada

lo schizzo

ha

la

sua attrattiva, ed anche la

sua compiutezza: quasi una compiutezza dell'incompiutezza. Sono anch'io dell'avviso che nelle

prime Myricae soltanto


dell'artista.

Ma

Pascoli abbia la

il

calma

bisogna essere pienamente con-

sapevoli di ci che cos

si

pi n meno, questo: che

afferma, e che
il

meglio dell'arte del

Pascoli nella sua riduzione a frammenti, nel

GIOVANNI PASCOLI

I -

20

suo sciogliersi negli elementi costitutivi. Di fram-

menti stupendi sono conteste anche

abbiamo ricordate e

criticate

le

come

poesie che

deficienti di

fusione e di armonia: solo che nel contesto ar-

perdono la loro naturale virt.


E gi nelle prime Myricae l'arte del Pascoli,
non appena tenta maggiori voli, scopre il suo
solito difetto. In alcune saffiche, ma specialmente
poi nei sonetti, egli ancora sotto il freno e la
disciplina del suo grande maestro Carducci, sicch, tolta la costrizione di quel modello, non ha
scritto pi sonetti. Ha continuato invece le oditificioso

cine tra l'agreste e l'oraziano, tra la

campagna

e la letteratura, che formarono


fiori, al

il ciclo Alberi e
quale alcune nuove sono state aggiunte

volume di Odi e inni. In qualche


breve componimento, c' un'ispirazione

fin nell'ultimo

altro

come nel Crepuscolo, in


doppio momento del giorno,

er.ojifa:
il

monto, quando

la bella

e con man vela


nelle braccia,
glia .

La

si

cui egli celebra


l'alba e

il

tra-

snoda dalle sue braccia

le ridenti ciglia, o l'accoglie


il

dolce nido

come

suol pispi-

reginella dalle bianche braccia

guardata con occhio indifferente,

come

la

non
Rosa

degli anni pi tardi. C' nei versi a lei dedicati,


in

mezzo alle reminiscenze dell'omerica Nauun calor di sentimento, che fa di quelle

sicaa,

tre poesiole

alcune delle migliori pagine delle

Myricae.
Felici
i

vecchi tuoi;

tuoi fratelli

chi sua

e pi,

felici

quando

ancora
a te piaccia,

sua dimora,
o reginella dalle bianche braccia!
ti

porti nella

30
Il

GIOVANNI PASCOLI

I -

poeta

si

raffigura

non senza trepidazione

le

prossime nozze:
Quella sera
quella notte

tuoi vecchi...

tuoi vecchi

soffocheranno contro

Per un momento

le

un dolor

pio

lenzuola.

sogna di esser

lui

lo

sposo

felice:

Al camino, ove scoppia la mortella


sogno o veglio teco:

tra la stipa, o ch'io

mangio teco radicchio


Al

e pimpinella.

soffiar delle raffiche

sonanti

l'aulente fieno sul forcon m'arreco


e visito

miei dolci ruminanti:

poi salgo e teco

Vano sogno:

vano sogno!...

lo scolaro costretto

a tornare al

suo latino e al suo calepino.

Ma

io

sento in questa lirica amorosa l'eco

dell'Idillio

maremmano

del Carducci, e pi an-

cora della poesia di Severino Ferrari; la quale

giustamente stata pi volte ricordata negli


ultimi anni, a proposito del Pascoli

l
(

Sul Ferrari,

si

veda

il

volume secondo

tura della nuova Italia, pp. 280-9.

Lo

( ).

ogni

della Lettera-

stato d'animo dei due poeti

prima ampia raccolta dei Versi del Ferentrambe nel 1892) era, per molti rispetti ed anche per molte circostanze estrinseche, simile. Gli
autori infatti si dimostrano scolari del Carducci nella predilezione per le forme della poesia trecentesca e popolare, in

(le

prime Myricae

e la

rari furono pubblicate

certe

movenze

di stile, in quel piglio robusto e semplice in-

sieme, che fece gi lodare la poesia carducciana come la pi


parlata > di tutte le nostre. Erano, inoltre, quasi compaesani,
con le medesime fonti materiali d'ispirazione: i paesaggi, i

costumi,

sono

le

consuetudini di vita, cui alludono nei loro versi,


nel poeta di San Pietro a Capofiume e in

gli stessi

I -

modo,

il

31

GIOVANNI PASCOLI

la lirica

mente

moMyricae

Pascoli non ha pi ripreso^ codesti

tivi: anzi, dalle'posteriori edizioni delle

Crepuscolo

stata_espunta.

ne stato espunto

un

Ed

egual-

sonetto, in

poeta prendeva atteggiamento e

nome

cui

il

di ribelle

a un principe; come non ha mai raccolto i versi rivoluzionari, pei quali era noto tra
i suoi condiscepoli di Bologna e dei quali conosco

di fronte

alcuni, che credo inediti e

che cominciano:

Soffriamo! nei giorni che il popolo langue


il sorriso, la gioia vilt!

insulto

mani nel sangue,


che accenna non teme o non sa.
Prometeo sull'alto del Caucaso aspetta,
aspetta un hel giorno che presto verr;
un giorno del quale sii l'alba, o Vendetta!
un giorno il cui sole sii tu, Libert!...
Sol rida chi ha posto le

il

fato

quello di San Mauro, nel campagnuolo dell'estremo bolognese e in quello della confinante estrema Romagna: en-

trambi sbalzati come insegnanti nelle pi lontane regioni


d'Italia, e portanti nel cuore l'uno il piccolo borgo dove
non che un argine, cinque olmi e quattro case*, e l'altro
sempre un villaggio, sempre una campagna, il paese dominato dalla azzurra vision di San Marino E furono, infine,
coetanei, condiscepoli ed amici, e si scambiavano versi, e l'uno
ricord l'altro nelle proprie poesie. Per la comunione d'anime
che si forma tra giovani fervidi di disegni e di speranze,
alcuni atteggiamenti artistici doverono passare dall' uno all'altro; n detto che il succubo fosse sempre il Pascoli,
quando gi nel Mago il Ferrari celebrava l'amico come l'artista dalla lima d'oro, dalle fresche armonie, dai baldi
voli , e simboleggiava l'arte di lui nel canto di un lieto coro
di giovani capinere e usignuoli . Accade quindi che, alcune
volte, leggendo il Ferrari, par di leggere il Pascoli della
prima maniera. Cosi in certe impressioni di campagna: C'
un zufolar s tremulo che viene Di fondo ai fossi... ; in certe
.

32

Ma

GIOVANNI PASCOLI

da questo Pascoli amoroso

Pascoli
\

preistorico

e ribelle,

tornando

allo

da questo
storico

dicevamo, dunque, che nelle prime Myricae, e


soprattutto nella serie che le segu, gi si vede
com'egli si sforzi ad una poesia pi complessa

come

e personale ed intensa, e

dia

subito in

buon piovano, che passa pei campi


salutando e benedicendo. tutti, una figura che
ha tocchi esagerati. Benedice
disarmonie.

anche

Il

falco,

il

anche

(nero in

mezzo

anche

corvo, anche

il

il

falchetto

al ciel turchino),

becchino,

il

poverino,

che lass nel cimitero


il giorno intero.

raspa raspa

Anco per poco ondeggerete, o


canapa verde...; in certi interni di case rucucine L splendeva co '1 giorno nei decenti

visioni di opere agricole:

chiome De
stiche e di

Costumi

la

; e finanche nella descrizione della vita degli uccelli, nei pensieri dei rosignuoli o
negli amori delle capinere: Come un argenteo tinn di cam-

la virt della massaia...

panello...

Ferrari:

D'altra parte, nel Pascoli

Cantano a gara intorno a

risentono accenti del

si

lei stornelli

Le

fiorenti

ragazze occhipensose... ; Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti.... Ma la poesia del Ferrari, se mostra una cerchia
di pensieri e di sentimenti pi ristretta di quella del Pascoli
ed alquanto inferiore a questa per maturit di forma, poi
fortemente dominata dal sentimento d'amore, che manca
quasi affatto nel Pascoli:
Se corso d'acqua o ben

fiorito

ramo

6 strepito di venti o di bell'ale

chieda l'onor del breve madrigale,


non l'ottiene per se una gioconda
forma di donna a la romita scena

non dia

'1

senso d'amor ond'ella

piena.

GIOVANNI PASCOLI

33

L'affettazione gi nel Morticino:

Andiamoci a mimmi,
lontano lontano...

Din

^on

don...

oh

ma

vedi ch'ho in

dimmi:

mano

cercine novo,

il

le

scarpe d'avvio?...

e nel Rosicchiolo (la

un pezzo

madre morta ha accanto

di pane, serbato pel figlio), tutto rotto

e ansante di esclamazioni:
Per
per

te l'ha serbato, soltanto

povero angiolo; ed eccolo

te,

o pianto!

vedi? un rosicchiolo secco.


Moriva sul letto di strame;
tu, bimbo, dormivi, sicuro.
Che pianto che fame
lo

Ma

c'era

un

rosicchiolo duro...

e in altre molte. Gi vi sono le inopportune

ma-

terialit. I versi Scalpitio:

si

sente

un galoppo lontano

( la...?)

che viene, che corre nel piano


con tremula rapidit;

non sono da riprovare (come stato fatto) per


l'ardimento metrico, ma perch la previsione
della Morte che sopraggiunge diventata in essi
qualcosa di prosaico, quasi di un treno che arrivi; e il verso, lodato per bellissimo: con treB. Croce, Giovanni Pascoli.


34

I -

mula

GIOVANNI PASCOLI

rapidit, di una precisione sconcordante

come sconcordante

soggetto;

col

triplice

il

grido ultimo: la Morte! la Morto! la Morte!,

che ricorda quello del madrigale

Au

Lo

di Mascarille:

au voleur! au voleur! au voleur!

voleur!

strafare appare gi per molti segni. Alla

breve poesiola:

II

cuore del cipresso, sono state

aggiunte, nella seconda edizione, altre due parti

per rincupirla e renderla enfatica; con raffinati

come: l'ombra ogni sera prima entra


nell'ombra, e con interrogativi a pi riprese:
E il tuo nido? il tuo nido?.... Finanche la
giochetti

ottava quasi in tutto bella delle prime Myricae:


Lenta

la

neve fiocca fiocca fiocca:

una zana dondola pian piano.


Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c' rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s'addormenta.
La neve fiocca lenta lenta lenta;
senti:

stata esagerata,

non potendosi

altro, nel titolo.

S'intitolava semplicemente: Neve, e fu poi intitolata: Orfano; laddove evidente che nessuna
ragione artistica costringeva a privar dei genitori

quel caro piccino, che piange,

il

piccol

bocca
Allorch, dunque, nelle Myricae si prescinda
da ci che eco o incidente passeggero o semdito in

plice schizzo e quadretto minuscolo, vi


in

embrione

il

si

trova

Pascoli con le sue virt e coi suoi

I -

difetti.
si

GIOVANNI PASCOLI

Le Myricae contengono

svilupperanno

Canti

di

poemetti georgici e morali;

mano

ai

Poemi

35

motivi da cui

Castelvecchio e
quali

danno poi

la

conviviali e agli Inni.

III.

da ved ere

perci se non convenga seguire

l'altra

indicazione, che

cio

Pascoli

ci stata offerta: che


vero sia da cercare nella sua
poesia ultima e degli anni maturi, neLJPascoli

il

maggiore contrapposto

al

minore

in quello

delle solenni composizioni in terzine e in endecasillabi sciolti.

da vedere

se di quei difetti,

di cui libero nelle prime Myricae perch si


appaga del piccolo, non sia riuscito poi a liberarsi anche e meglio per altra via, lavorando
in grande, componendosi un gran corpo.
E poich non diletta sfondare porte aperte,
lascio da banda g l'Inn i, che per comune e con

corde giudizio sono la parte pi debole della sua


produzione ultima, e vado difilato ai Poemi convi-

Nei quali, a tutta prima, sorprende un'aria


compostezza, una facilit ed egualit d'into-

viali.
di

nazione, onde

par

persona, o tale che

di

avere

innanzi

un'altra

improvvisamente e magnificamente che non lascia riconoscere l'antica. Che cosa mai accaduto? Il
Pascoli, oltre che poeta, anche umanista: conforme alla tradizione della nativa Romagna (classi

sviluppata cosi

sicheggiante, pi forse che altra regione d'Italia

36

GIOVANNI PASCOLI

decimonono),

secolo

nel

all'indirizzo

Non

della

un pensatore, e
nemmeno propriamente quello che si dice un
dotto, perch la sua solida cultura letteraria non

scuola

Carducci.

del

orientata verso la ricerca scientifica o storica,

ma

godimento del gusto e la riproduzione della fantasia. Perci ha qualcosa di anverso

il

tiquato rispetto al
e,

modo moderno

della filologia;

insieme, qualcosa di raro e di sorprendente.

scolaro, faceva meravigliare

cevano

ch'egli attendesse a mettere in prosa attica

l'autobiografia del Cellini; e ancora


le

Ha

si

narrano

sue prodezze di versificazione latina e greca.


presentato pi volte poemetti latini alla gara

internazionale di Amsterdam, e pi volte ha


portato
di

Da

condiscepoli che di-

primo premio.

il

Ha

ri-

compilato antologie

poesia latina, e postovi introduzioni critiche,

nelle quali

gli

si

trovano brani e pagine descrittive,

aedi, Achille morente, l'agone tra

Omero

ed Esiodo, Solone vecchio che vuol imparare un


che ricompaiono
canto di Saffo e morire, ecc.

nei

Poemi conviviali

(*).

Ora, in questi poemi

(*) Un esempio. L'aedo viaggia per l' Hellade divina e


per le isole. Si aggira spesso lungo il molto rumoroso mare
per trovare una nave bene arredata, che lo tragitti: egli
paga i nocchieri con dolci versi, se accolto... Ma, se respinto, maledice... Cos a tutti si rivolge l'aedo, che a tutti
canta, uomini e dei: entra come nella casa dei re, cos nella
capanna del capraio chiede con la maest del sacerdote s
ai pescatori che tornano, s ai vasai che accendono la fornace e canta. Qualche volta dorme sotto un pino della campagna: qualche volta, sorpreso dalla neve, vede risplendere
in una casa'ospitale la bella fiammata, che orna la casa come
;

I -

GIOVANNI PASCOLI

37

sposa la sua ispirazione poetica alle forme

egli

poesia greca,

della

nella

riproduzione ha

cui

Come

acquistato pratica meravigliosa.

nei poe-

metti presentati alle gare olandesi parla latino,


e in latino

Ciocco, dei

Due

primi abbozzi o

sizioni italiane, cos nei

giri,

ma

assimilatrice,

con tutte
lungo

sottintesi di chi si a
Il libro un
un capolavoro

nutrito di poesia greca.

virt

varianti del

compoPoemi conviviali parla

greco: greco con parole italiane,


le inflessioni,

le

fanciulli e di altre sue

trionfo' della

aultura

di

Questo linguaggio greco, adottato


dal Pascoli, conferisce alla sua nuova o/pera un
umanistica.

aspetto

meno

agitato e dissonante.

Ma, quando

si

afferma, com' stato affermato,

che nel passare dalla lettura


dei

non

si avverte diversit di
bisogna rispondere di star bene attenti a

lasciarsi

ingannare dalle apparenze. Sotto

l'acqua limpida e cheta

turbinosa

Omero:

anzi, la sua,

il

a quella

Poemi conviviali non

sorta,

dell' Odissea

figli

l'uomo,

si

muove

torbida. Pascoli

le torri le citt,

mare. (Epos,

p.

xxi).

mare; sotto un pino

io

dorino

m'annunzi, per luoghi soli, stalle


di mandriani, un subito latrato;

mentre erravo tra la neve e il vento,


vampa da un aperto uscio improvvisa
nella sua casa mi svel la donna,
che fila nel chiaror del focolare.
la

'

'jf /)

non'l^y*/

cavalli la pianura, le navi

Si ascolti ora II cieco di Ohio:

dai pomi avari; se non se talora

o,

di pi dissimile

Io cieco vo lungo l'alterna voce


del grigio

corrente

Pascoli

quanto

la

)J^

38
si

GIOVANNI PASCOLI

possa pensare dalla

poesia omerica:

ingenuamente umana, quella

cos

questa

sapiente

cosi

nella sua umanit, cosi sorpresa e stupita della

sua ingenuit che sta a guardarla e a riguardarla


ad ammirarla; e non le par vera!
Si pu scegliere a piacere qualsiasi dei suoi
poemi, giacch il loro valore press 'a poco si equi-

in viso, e

vale. Anticlo nato

da due versi

mezzo

del-

nel cavallo di legno, sta per

l'Odissea.'. Anticlo,

rispondere alla voce di Elena che contraffa quella

quando Ulisse

della moglie di lui,

mano

nella gola

),

Il

gli

caccia la

Pascoli comincia con l'ese-

Le due
prime parti del poemetto sono quasi ripetizioni
l'una dell'altra: un granellino di poesia diluito
in molta acqua:

guire variazioni intorno a questo motivo.

E con un
dentro

il

urlo rispondeva Anticlo,


cavallo, a quell'aerea voce,

se a lui la bocca

non empia

col

pugno

Odisseo, pronto...

La voce dilegua chiamando ancora


finch

.per

nome,

non s'ode pi nulla:

finch all'orecchio degli eroi

che

il

non giunse

loro corto anelito nel buio;

come, all'ora del tramonto, mentre essi se


ne stavano chiusi nel gran cavallo, udirono lontanare i cori delle vergini; e poi si fece sera, e
cos

4
(

''AvxikX,05 5 a y' 0X05 [igCi|>ac8ai jieaaiv


fj8EXv,

XV

'Ovaaevq

:tl

naxaxa xeQoi

Jite^ev

VO)X8|la)5 KQaT8QT<Jl.

Odiss., iv, 286-8.

I -

nella sera
al cavallo,

chiamava intorno
una voce dolce che aveva la pi pos-

si

ud una voce che

sente attrattiva sui cuori.

modo

39

GIOVANNI PASCOLI

siamo a questo
primo verso,

ricondotti alla situazione del

che viene chiarita:


Era

la

donna amata, era

la

donna

lontana, accorsa in quell'ora di morte,

da molta ombra

di monti,

e tutti correvano gi

onda

come a

case, rispondendo all'appello;


al

mari

rientrar nelle loro

ma

cenno d'Odisseo. Anticlo no:

tra le fatiche e le glorie

di

si

contennero

egli pi di tutti,

della guerra, nutriva

in cuore la nostalgia della casa; e apr la

bocca

a rispondere e strinse con la bocca il pugno di


Odisseo. Non solo la narrazione cos girata e
rigirata (direi che

ma

poeta non procede

vi si culla dentro):

poche preziosit.
lito

ma

il

anche infiorata

Si sar notato quel

oltre,

di

non

corto ane-

degli eroi nel buio, bellissimo di evidenza,

che

ci

mostra

la

consueta ipersensibilit del

Pascoli per le impressioni minute e piccine; e

si

la
voce... che suonava al
voce dolce pi che niuna, Come
ad ognuno suona al cuor sol una, e Anticlo
che era forte s, ma per forza, e non avea
la gloria loquace a cuore... , e simili. L'impressione, che prova Anticlo alla voce che lo chiama
per nome, resa con un balenio d'immagini

noteranno ancora
cuore

Come

la

leggiadre:

come ud

la

voce

della sua donna, egli sbalz d'un tratto

su molta onda di mari, ombra di monti;

40

I -

ud

lei

GIOVANNI PASCOLI

nelle stanze alte

spinger da

il

telaio

scendere l'ardue scale;


e schiuso il luminoso uscio chiamare
lui che la bocca apri...
s,

il poemetto si svolge allo stesso


modo, tra fine e prezioso. Anticlo ferito a morte
e prega che venga a lui Elena, a rifargli la voce
della sua donna. Sentite di nuovo la preziosit

Nelle altre parti,

nell'incesso di Elena:

E cos, mentre gi moriva Anticlo,


veniva a lui con mute orme di sogno
Helena. Ardeva intorno a lei l'incendio,
su l'incendio brillava il plenilunio.
Ella passava tacita e serena,
come la luna, sopra il fuoco e il sangue.
Le fiamme, un guizzo, al suo passar, pi
spremeano un rivo pi sottil le vene...

alto:

il finale a sorpresa: il Pascoli ha composto


un poemetto senz'essere fortemente posseduto
da un sentimento detepminato. Anticlo, al vedersi accanto la raggiante belt di Elena, mentre

ella

schiude la rosea bocca:

ricordar te sola

No

(disse),

E un epigramma sulla

voglio

bellezza

di Elena.

La

cetra d'Achille

dell'eroe,

(il

canto dell'ultima notte

a cui la morte sopra)

una sequela

di descrizioni: la

la situazione. Si resta

si

risolve in

decorazione soffoca

ora col barbaglio nell'oc-

chio di particolari troppo minuti:


sbalz attento Achille

su dal suo seggio, e il morto lion rosso


gli rasp con le curve unghie i garretti...;

GIOVANNI PASCOLI

romba

ora con la

41

nell'orecchio di versi che suo-

nano quasi musica, se anche non creano


magine:
Passava

il

canto tra la morte e

Similmente, l'Ultimo viaggio:

il

l'im-

sogno.

si

ricordano squi-

sitezze moltissime di particolari,

come quei vec-

chi marinai
al

remo

cantano

al

compagni di Ulisse che si rimettono


comando del loro vecchio duce e

cantavano, e il lor canto era fanciullo


de' tempi andati: non sapean che quello...
e tanti e tanti altri;

ma

Ulisse, cos nitido nel-

V Odissea, diventato una figura evanescente.

Nel primo dei Poemi di Aie, la descrizione dell'omicida inseguito da Ate l'amplificazione di

una sensazione: l'uomo corre tentando invano


di sfuggire alla

Ma

tristo e

sempre

vecchia Ate, che

gli

vien dietro

secco gli venia da tergo

lo steso calpestio

discorde,

misto a uno scabro anelito...


...

dietro di se picchierellare

il

passo

eterno con la sbita eco breve.

Le Memnonidi

una lunga allocuzione lam-

biccata dell'Aurora ad Achille, che le ha ucciso


tiglio e al quale essa predice
mincia con un'antitesi:

il

Disse:

non

Uccidesti

il

figlio

rivedrai ne la sua

la

morte. Co-

dell'Aurora:

madre ancora;

42

GIOVANNI PASCOLI

continua variando artificiosamente di metro, con


troppo abile progressione; intesse immagini, de-

gne

un poeta decadente

di

non della dea Au-

rora:

vedeva predatore impube


immerso nella tua
anima azzurra come in una nube;
Io

ti

correre a piedi,

lunghe descrizioni come quella dell'Aurora che

desta gli uomini alle opere di vita; e finisce con

un rifacimento verboso del dialogo di Achille con


Il Sogno di Odisseo ci d l'esem-

Ulisse nell'Ade.
pio

del

ritornello

in

versi

sciolti:

tanto

le

forme metriche non sono qualcosa di superficiale, e non si pu sperar di coglierne il valore
tenendosi alla superficie. E di ritornelli chi abbia
orecchio fine ne trova in tutte le pagine di questi
poemi, che si perdono spesso in una vaga musicalit verbale: il ritornello, non meno qui che nelle
poesie del Pascoli rimate, serve (come stato da

bene osservato) a dare un'unit estrinseca


che altrimenti si disgregherebbe perch
privo di vera complessit e di unit intima.
In Alexandros dovrebbe essere svolto il concetto leopardiano che, conosciuto, il mondo non
cresce anzi si scema; ma Alessandro, giunto al
confine della terra, non suggerisce al poeta se
non argutezze di pensieri e fragori d'immagini,
con alternativa di estrema determinatezza ed
estrema indeterminatezza:

altri

a ci

E cos piange, poi che giunse anelo:


piange dall'occhio nero come morte,
piange dall'occhio azzurro come cielo;

che

fa

si

43

GIOVANNI PASCOLI

sempre

(tale la

sua sorte)

nell'occhio nero lo sperar, pi vano;


nell'occhio azzurro

il

desiar, pi forte.

Egli ode belve fremere lontano,

ode forze incognite, incessanti,

egli

passargli a fronte nell'immenso piano,

come

trotto di

mandre

d'elefanti.

Ma, a questo punto, lo stento e lo sforzo cedono;


il
Pascoli, con un intanto, congiuntivo o
avverbiale che sia, emette la sua nota lirica:
e

Intanto nell'Epiro aspra e montana


filano le

sue vergini sorelle

pel dolce assente la milesia lana.

tarda notte, tra le industri ancelle,

torcono il fuso con le ceree dita,


e il vento passa e passano le stelle.
Olympis, in un sogno smarrita,
ascolta il lungo favellio d'un fonte,
ascolta nella cava
le

Eppure

ombra

infinita

grandi querce bisbigliar dal monte.

anche

no:

sieme vedersi

il

in queste terzine possono in-

pennello di un gran pittore e

un pennellino pi

delicato,

che

si

tinge in qual-

cosa che simile al belletto.


Cosi
dei
le

il

difettivo, e

Poemi conviviali

pure ricco

ci

di fascino, libro

rida l'ansia che suscitano

opere anteriori del Pascoli: anche in esso

particolari sono sentiti, troppo sentiti, troppo ac-

carezzati, e la sintesi deficiente. I

maggiori

lodatori di questo libro, nel quale, secondo essi,


il

Pascoli

ha toccato

tuttavia avvertito che


canti che lo

le

cime

dell'arte,

hanno

forse nessuno dei singoli

compongono

perfetto .

l'osser-

44

GIOVANNI PASCOLI

vazione giusta, e

Un

.la

confessione importante.

dunque, composto di singoli canti


imperfetti: come mai? Gli che la bellezza
dei frammenti, e dal libro se ne raccolgono tanti
e tanti, che sorge l'impressione della ricchezza
e della grandezza. E con acume stato racco-

gran

libro

stato questo

poema

ellenico del Pascoli al

Laus
poeta frammentario per

ellenico del D'Annunzio, alla

poema

rtae, libro

un altro
indole, bench diversamente frammentario: di un sensuale,
che non pu mai dominare il dramma umano,
il quale invece dal
Pascoli sentito bensi, ma
di

solo in guizzi e rapidi bagliori.

Per ragioni di compiutezza, bisognerebbe dare


uno sguardo a un'altra delle manifestazioni cronologicamente ultime del Pascoli: al Pascoli prosatore, che stende ampie prefazioni alle sue raccolte, fa discorsi e conferenze, scrive saggi critici.

La sua prosa

tutta riboccante d'intenzioni sot-

che si sforzano tanto ansiosamente


verso l'effetto da non raggiungerlo. Vi abbondano
tolineate,

gl'interrogativi, seguiti subito dalle relative risposte, su questo tipo:

Tu

Come?

Col contentarci

sarai pi lieto, sai perch?

Il

perch

...;

questa tela che sar? Quella del pensiero

umano...
bini:

. Il

tono spes so di chi parla a

La prima capanna che uomo

bam-

costru, di

terra seccata al sole, alla sua donna, gli insegn

una coppia di rondini a costruirla. Ci fu al


tempo dei nomadi Vi s' incontrano le riproduzioni foniche di suoni, come hTI^psie Quel
campaniletto c' stato tempo in cui non lo sen.

GIOVANNI PASCOLI

I -

45

tivamo annunziare la festa del domani? Dindon...


din din don din din don... . Gli sgriccioli che...
parlano romagnolo? dicono magne, magne, magne?.... Vi s'incontrano le piccinerie d'imma-

come

gini,

nei versi. Discorre della giustizia so-

No, non

ciale:

perle prima.

che

ci

non

ci

possono aggiustare l'anima e


rotte: bisogna non rom-

si

umana, una volta

la vita

bisogna che ci

son cose che non

si

sappia e

si

veda,

possono riparare. Se

si

romperebbero
meno stoviglie Mettete d'accordo il padre ucciso e la giustizia sociale con le stoviglie rotte
fossero

concini, chi sa?

si

e coi concini! Parla, nientedimeno, di Garibaldi;


e,

rivolgendo

discorso ai giovani siciliani, co-

il

addormentato nella sua isola.


Due bambine sue gli fanno compagnia. Il mare
instancabile si muove azzurreggiando intorno a
mincia:

Egli

si

quell'immobilit, e s'alza

s'abbassa, e s'alza

ancora e sempre, come per vedere che . Nulla


Nulla! E il mare non cessa mai di parlare intorno
a quel silenzio, sciusciuliando (come dite voi)
!

sulla

sabbia,

gemendo tra le scogliere... .


il mare di Caprera con lo sciu-

Mettete d'accordo

sciuliare del dialetto

siciliano!

Questa

la

prosa del Pascoli; la quale di rado diventa semplice e armonica, e forse soltanto in alcune delle

pagine introduttive alle antologie dei poeti romani.


In qualunque

modo

la

si

tenti, la divisione

merc delimitazione
ammettere che, in alcuni dei suoi volumi ultimi,
siano componimenti che mostrano i suoi difetti

critica dell'opera del Pascoli

cronologica

si

chiarisce ineseguibile. Si pu

46

I -

GIOVANNI PASCOLI

grado da rasentare la stravaganza:


un ritornello piglia
a rifare onomatopeicamente il vagito del neonato
(Ov' , ov'?); nei Poemetti aggiunti, quell'orrida
ltaly, col gergo angloitalico degli emigranti recresciuti a tal

nei Canti di Castelvecchio,

duci dall'America; negli Inni, l'inno Per le bat-

Ma

terie siciliane]

negli ultimi

bisogna dire anche che, se

volumi crescono

scono anche

dalle piccole

Myricae

e ai

Poemi conviviali
anche

la

suoi difetti, cre-

il cammino percorso
Canti di Castelvecchio

suoi pregi:

dell'affettazione

ma

ai

considerevole.

Il

seme

svolto in pianta rigogliosa;

si

virt immaginativa ed espressiva

ha avuto il suo rigoglio.


Proviamo ora se sia applicabile l'altro proce-

del Pascoli

dimento

critico, pel

quale la parte schietta viene

separata da quella artificiosa, nell'opera di un

secondo il vario carattere del contenuto


quale l'artista si ispirato o ha cercato

artista,

al

d'ispirarsi.

IV.

La concezione che il Pascoli ha


come una forma

stata considerata
ticismo, e tratta

a paragone

di

differenze con le concezioni del

Ma

della vita
di

roman-

somiglianze e

Manzoni

del

romantica essa non mancando


dell'essenza stessa del romanticismo sentimentale,
il disquilibrio: manzoniana nemmeno, perch la
rassegnazione manzoniana ha per suoi rappresentanti fra Cristoforo e Federico Borromeo, diLeopardi.

GIOVANNI PASCOLI

47

sposti a spiegar l'unghia e insanguinarle labbia,

a lottare sempre che

si

debba. L'ideale del Pascoli

invece antiromantico, perch chiaro e determinato; e, d'altra parte, esclude la lotta. Perci,

considerando in genere, non pu definirsi


menti che ideale idillico.

La

altri-

disposizione idillica appunto questo:

il

rifuggire dalla pienezza della vita, l'aborrire

il

mare con le sue tempeste e tenersi alla terra.


Non gi, beninteso, ch'essa riesca ad escludere
da cui rifugge: se volesse
muterebbe in un ideale
di morte, laddove pur sempre ideale di vita.
Ma ideale di una vita, nella quale la lotta e l'agitazione siano ridotte al minimo, conservandone
del tutto quella lotta

escluderla del tutto,

si

solo quel tanto indispensabile al carattere stesso


della vita: la fatica

che

fa

assaporare la dolcezza

non possibile
superamento del male e trepidare
nel ricordo; o (come dice il Pascoli stesso, con
le solite sue immagini alquanto materialotte) la
passeggiata per la viottola del dolore, che d un
del riposo,

il

dolore, senza cui

confortarsi nel

giovanile appetito di gioia e fa parer

anche una crosta


legumi. L'anima
che si astrae dalle
chiuso agone dove
neppure l'anima

buon cibo

ammuffita e una scodella di


idillica

non

quella ascetica

cose contingenti ed entra nel

combatte sola con Dio; e non


del gaudente placido, che si
restringe egoisticamente in s stesso, a coltivare
i
suoi piaceri e capricci. Essa ama le cose, ama
il mondo; ma le piccole cose, un piccolo mondo,
mutevole il meno possibile o il meno rapidamente:

48

GIOVANNI PASCOLI

non si sottrae ai doveri, ma chiede quelli semplici,


ben determinati, regolari, privi di grosse burrasche. Perci anche il sentimento idillico si mostra
congiunto, nel corso delle sue manifestazioni sto-

con l'aspirazione alla vita rustica dei pastori, dei contadini o dei pescatori: a quella vita
che, aspra e feroce che sia nella sua realt genuina, appare, per ovvie cause, all' immaginazione
dell'uomo culto (esperto di ben altri contrasti),
ricca di armonia e di pace, d'innocenza e di
riche,

bont.

Se dunque

si

vuol riattaccare

famiglia di spiriti

affini,

si

il

Pascoli a una

lascino da parte e

Leopardi e Manzoni, e altre anime siffatte, energiche e tumultuose e grandiose pur nella depressione della tristezza o nella
sit,

si

operi

il

calma

della religio-

ricongiungimento con

la serie

ha ragione nel procontro coloro che lo hanno chiamato ar-

dei poeti idillici. Il Pascoli

testare

cade; l'arcadia la rettorica

dell'idillio,

come

il

sentimentalismo la rettorica del sentimento,

la

romanticheria dell'amor passionale e del dolore

passionale e del dolore universale,

patriottar-

il

dismo del patriottismo; e il suo sentimento idillico


non rettorico, ma profondo. Minore ragione,
per altro, egli ha, quando afferma che il suo
ideale di vita ideale di forza: forza ci ho messo,
non avendo nel mio essere, semplificato dalla
sventura, se non forza da metterci Come mai
forza, se un ideale che aborre le forme stesse
onde la forza si manifesta? Il Pascoli vorr dire
che la sua aspirazione morale pure una forza,
.

I -

la

GIOVANNI PASCOLI

49

sua lotta contro la lotta pure una

lotta;

ma

bisogna star-bene attenti a non farsi illudere da


giuochi di parole, pigliando un vocabolo mede-

simo in doppio significato.


Senonch, la disposizione idillica, l'amor della
quiete, si colora variamente secondo la varia
proporzione degli elementi di gioia e di dolore
onde contesta quella breve cerchia di vita in
cui l'animo si chiuso e a cui fortemente si
attacca.

Sono

l'idillio

gaio di chi,

infinite gradazioni,

come

si

che vanno dal-

suol dire, privo di

ambizioni, favorito dalla sorte, vive tra


cari,
i

suoi

suoi vecchi, la sua consorte,


fratelli,

suoi

suoi bambini,

esercitando un'attivit sana ed

eguale, appena turbata dalla malinconia di qual-

che ricordo e dal timore della futura perdita di


alcuna delle cose amate; via via sino alla disposizione idillica di chi giunto alla calma dopo
angosce terribili, e gusta una pace su cui stende
ancora le sue ombre il dolore. A questo estremo
della serie sta il Pascoli, la cui concezione della
vita un idillio doloroso, o una georgica tragica >, come stata argutamente chiamata.
E l'idillio di un animo piagato; una pace di
conquista, non di natura.

La
gini

casetta e la famigliuola, che sono le

consuete

dell'idillio,

imma-

hanno accanto a

s,

nella visione del Pascoli, un'altra casa e un'altra

famiglia in cui egli vive non

meno che

in cui trascorre la vita materiale:

il

in quelle

cimitero, e

fantasmi dei suoi morti. Questi morti sono sempre con lui: tornano sempre a quelle pareti doi

B. Croce, Giovanni Pascoli.

50

GIOVANNI PASCOLI

raestiche da cui furono crudelmente strappati:


toccano e riconoscono le loro masserizie, i loro

che tesserono e cucirono,


che generarono e lasciarono bambini,
abiti, le tele

figliuoli

fratelli

prime gioie brevi e i primi


pungenti dolori. Immagini di morti, che si tirano
dietro, nell'animo del poeta, altre immagini affini:
mendichi, vecchi, ciechi, bambini deboli e piangenti. un idillio, irrigato di pianto: il tesoretto
coi quali divisero le

domestico, sul quale egli vive,

formato dal

ricordo dei mali e delle angosce sofferte. L'ere-

mita

(del

lungo

il

poemetto cosi intitolato), nello scendere


fiume della morte, grida:
Signore, fa ch'io mi ricordi!

Dio, fa che sogni! Nulla pi soave,

ma molto
duole obliarlo; che gettare grave
il fior che solo odora quando clto.
Dio, che la fine del dolor;

Da

questa contemplazione, fatta fine e abito di

vita, sorge

una forma

non

di serenit: l'animo,

pi interiormente dilaniato, pu volgersi al

mondo

esterno, e guardare ed osservare e comentare, in

un modo per

altro

vicende: calmo,

s,

sempre intonato alle


ma non gaio: sereno,

sofferte

ma

non

agile e leggiero.

sorgono insieme

le gioie

modeste:

l'attitu-

dine a godere delle cose piccole, del riposo giornaliero,

della

mensa, della passeggiata,

studio; a scoprire in esse

ascosa, che

non

altri,

dello

un sapore, una virt

pi fortunati o pi sfortunati,

vi scoprirebbero:

come

nel fior d'acanto, che

le api regali
il

disdegnano,

te

le

51

le api legnaiole

contadinella sugge

miele e la

GIOVANNI PASCOLI

gemme n

il

trovano

nettare ignoto.

gli ori

forniscono dolce ospite, vero;


ma fo che ti bastino i fiori
che cgli nel verde sentiero,
nel muro, sulle umide crepe
dell'ispida siepe.

Non

reco al tuo desco

lo

spicchio

fumante di pingue vitella;


ma fo che ti piaccia il radicchio,

non senza

la sua selvastrella,
con l'ovo che a te mattutina

cant

la gallina.

Questa disposizione d'animo stata dal Pascoli, negli ultimi tempi, innalzata a una teoria
etico-sociologica, che egli non si stanca di predicare in tutte le occasioni: tanto che, per questo
rispetto, stiamo per avere, anche noi italiani, il
nostro Tolstoi (purtroppo, solo il Tolstoi che filosofeggia!). La natura una madre dolcissima che
sa quel che fa, che ama i figli suoi, e dal male
ricava per essi

il

bene.

non

La

vita bella, o sarebbe,

Ma

uomini
avvelenano ogni cosa con la discordia, con l'odio,
con la guerra, e con la cupidigia insaziabile, che
il movente riposto e ultimo. Bisogna dunque
dichiarar guerra alla guerra; non ammettere divisioni fatali, esser di nessun partito, addetti solamente alla causa dell'umanit: non ridere delle
parole carit e filantropia, ma accettarle meglio
che quelle di socialismo, individualismo e simili;
se gli uomini

la guastassero.

gli

52
il

I -

GIOVANNI PASCOLI

vero socialismo

continuo incremento della

il

piet nel cuore dell'uomo. Tutte le cose

sono identiche, o s'identificano:

non

sta contro

il

patriottismo

socialismo, e viceversa:

cialismo dev'essere patriottico, e


socialistico.

il

buone

il

il

so-

patriottismo

Tutto affar di cuore, di dolcezza,

Anche

la

scienza e la fede non debbono

rissare: la scienza

deve tener della fede e la fede


non gi transvalutazione,

di piet.

della scienza. Codesta

ma

adeguazione o depressione di valori, sug-

gellata dalla virt del contentarsi: contentarsi

poco solo
Uomini, contentatevi del poco

del poco, perch, se

il

molto piace,

il

che appaga.
vuol dire si abbastanza e s molto: filosofia
della lingua!), e amatevi tra voi nell'ambito della
famiglia, della nazione e dell'umanit.
Una
filosofia, che gi bella e criticata, quando si
mostrato che nasce da uno stato d'animo in ci

(assai,

dividuale; e del resto,

il

Pascoli stesso, pratica-

mente, come uomo, la contradice quando, appena

qualcuno tocca ci che gli caro (la sua arte,


suoi convincimenti critici), corre alle difese
o
e alle offese; non esita a chiamare stolti o
sciocchi i suoi accusatori (si veda la prefazione ai Poemi conviviali)) e, insomma, conserit
proelia, viene alle mani: di che non lo biasimer
io certamente, perch mi par naturale che ognuno
protegga, come pu, le cose che ama.
Nasce da uno stato d'animo e ci conferma
questo stato d'animo, che quello che abbiamo
definito come una variet del sentimento idillico.
Ora, il sentimento idillico costante in tutta
i,

53

GIOVANNI PASCOLI

qua e
Myriprimissime

l'opera letteraria del Pascoli: involuto, e


l

lievemente sorridente, nelle

cae,

chiaramente spiegato nelle poesie posteriori.

Non fanno eccezione


contenuto sono

Poemi

la natura, la

conviviali,

il

cui

morte, la bont, la

piet, l'umilt, la poesia; e la poesia e la

pi d'ogni altra cosa: pensieri

morte

e delicati,

tristi

che risuonano sulle labbra dei personaggi del


mito, della leggenda e della storia ellenica. Per

bocca dell'antico Esiodo parla sempre

il

Pascoli:

E sol com'ora anco felice


l'uomo infelice: s'egli dorine o guarda: N
quando guarda e non vede altro che stelle,
quando ascolta e non ode altro che un canto;
il

Pascoli stesso effigiato in Psiche, che solitaria

nella sua casa intende l'orecchio al canto di Pan:

Eppur

talvolta ei soffia

dolce cos nelle palustri canne,

che tu
s,

ma

e perse
la

l'ascolti, o

Psiche, con un pianto

ch' dolce, perch fu gi pianto


il

triste nel

passar degli occhi

prima volta;

o nell'aedo Femio, che parla ad Ulisse e dice


della poesia, quel che gi era stato detto nelle

varie allegorie ed apologhi delle Myricae:

Un
tortile nicchio,

nicchio vile, un lungo


aspro di fuori, azzurro

di dentro, e puro,

non, Eroe, pi grande

del nostro orecchio; e tutto

con

le

burrasche e

ha dentro

le ritrose

calme,

il

mare,

54

I -

GIOVANNI PASCOLI

coi venti acuti e

Una
il

il

ciangottio dell'acque.

conchiglia breve, perch l'oda

breve orecchio, ma che tutto l'oda;


Pure a te non piacque.

tale l'aedo.

La medesimezza
viviali, e nelle

dell'ispirazione nei

Myricae

Poemi con-

e Poemetti, stata con-

cordemente riconosciuta; e in questo senso si


bene affermato che il Pascoli ellenico un elleno-cristiano.

Diversa opinione stata manifestata per gli


che il Pascoli vuol tentar in
essi la corda eroica, e fallisce. E gli si dato
Inni', e si detto

sulla voce, consigliandolo (per parlare col

poeta) a meditare silvestrem

musam

suo

tenui avena,

deductum Carmen, al calamos


non voglia stridenti miserum
stipula disperdere carmen Ma gl'inni, nel loro
ad attenersi

al

inftare leves, se

complesso, contengono nient'altro che la predi-

cazione del solito vangelo pascoliano:


quelli

sull'anarchico

assassino

si

ricordino

dell'imperatrice

Elisabetta, sul negro di Saint-Pierre, sulla ucci-

sione di
e la

re

Umberto, sul Duca degli Abruzzi

spedizione al Polo, sulle stragi civili del

maggio 1898.
E si deve concludere che non

vi

ha luogo a

distinguere, nell'opera del Pascoli, filoni diversi


di pensieri, correnti diverse di sentimento, e

assegnare

la

ad

parte geniale della poesia di lui

all'una delle correnti, e l'artificiosa all'altra. Si

deve concludere che anche il secondo dei due


procedimenti critici, che abbiamo ricordati, si
chiarisce inapplicabile al caso suo.

GIOVANNI PASCOLI

55

V.

par che serbi sempre


un problema. La genialit e l'artificio,

cos l'arte del Pascoli

l'aspetto di

la spontaneit e l'affettazione, la sincerit e la

smorfia, appaiono uniti negli stessi componimenti,


nelle stesse strofe, talvolta in
Il

male attacca

un

singolo verso.

la lirica nelle sue radici e nelle

sue fibre pi intime, nel metro; talch in moltissime

come
che,

poesie del Pascoli la mossa metrica

staccata dall'ispirazione: quasi

appena sorto

il

vi si sia precipitato

germe

di vita,

si

direbbe

un microbio

sopra a contaminarlo. L'im-

pressione del lettore quella che io ho notata in

rapimento
avvicendano. Abbiamo insieme
un poeta ingenuo e uno bambinesco; un lirico
del dolore e un assassinato di dolore come
avrebbe detto Pietro Aretino; un commoso cantore della pace e un predicatore alquanto untuoso;
un uomo santo e un sant'uomo, uno spirito religioso e un prete. Stiamo a momenti per gridargli
principio: l'attrattiva e la repulsione,
e

il

disgusto

il

si

reddam pr
Carmine donaci, e donargli la nostr'anima (unico
dono degno che possa farsi ai poeti); ma, nelentusiasmati: Quae Ubi, quae tali

l'istante seguente, lo slancio del

donatore resta

messo in imbarazzo: press'a


poco nella situazione di Gargantua, quando gli
nacque il figlio e gli mori la moglie, che non
sapeva se dovesse ridere o piangere: *Et ledbufe
qui troubloil san en tende meni esloit assavoir
sospeso.

il

critico

53

I -

mon

s'il

GIOVANNI

devoit pleurer

femme, ou rire pour


coste et d'aulire,

qui

il

por

le

deuil de

sa

de son filz. D'un


argumens sophistiques

la joie

avoit

suffoquoient, car

le

modo

l'AS

il les

faisoit tres nen in

mais il ne les pouvoit souldre.


Et, par ce moyen, demeuroit empestr cornine
la souris empeige, ou un milan pris au lacet.
Ma il critico non vuole escogitare argumens
sophistiques: vuol vederci chiaro, e non gli
et figura,

riesce.

Non

una consolazione osservare che questa

incertezza

cernente

il

si

ritrova nell'opinione generale conPascoli. Coloro che pi ponderata-

mente hanno scritto della sua opera, mostrano


sempre, in modo espresso o tra le linee, una tal
quale insoddisfazione: e ora concludono che il
Pascoli

non giunge

alla

creazione spontanea e

^geniale; ora riconoscono quel


fetto nelle

che c' d'imper-

sue pi belle creazioni; ora lo consi-

derano piuttosto come precursore che come artista compiuto in s stesso; ora lamentano che
nel Pascoli ci sia l'imitazione di s medesimo,
il pascolismo. Pi volte ho potuto osservare che
alcuni dei maggiori estimatori e lodatori di lui
non sanno celare la loro dubbiezza e cercano

come

di essere rassicurati sulla legittimit della

ammirazione; o alcuni dei pi risoluti avversari non si sentono, nella manifestazione del loro
dispregio, in completa buona coscienza.
Tanta questa incertezza, che si ode lamentare non essere stato finora il Pascoli giudicato
degnamente perch la critica italiana inferiore
loro

al

GIOVANNI PASCOLI

compito suo; ed

altri

scusano la critica con-

siderando l'arte del Pascoli


venire, che solo in

57

come

una nuova

un'arte dell'avfase

spirituale

potr essere compresa a pieno. Sar dunque cos?

Fallimento della critica? o rinvio all'avvenire?

Ma, prima

a codeste ipotesi da

di ricorrere

disperati (da disperati,

perch non

verificabili),

bisogna esaminare un'ipotesi pi semplice. La


, che ci che si presenta come problema
una soluzione; che ci che sembra una domanda, sia gi una risposta che questa mia censura critica, che finora sembra tutto un prologo,
sia gi una conclusione.

quale

sia

Il

Pascoli

per l'appunto, quale

lo

siamo

venuti osservando: uno strano miscuglio di spon-

un grande-piccolo poeta, o,
un piccolo-grande poeta (cosi

taneit e d'artifizio:
se piace meglio,

come, in una delle sue poesie,

la terra a lui appaun piccoletto-grande presepe !). In lui,


anche dopo le prime Myricae, sono sorti motivi

risce

poetici felicissimi, anzi pi ricchi forse e pi pro-

fondi dei suoi primi;

ma

codesti motivi

non ven-

gono padroneggiati e ridotti a unit artistica, e


non acquistano quell'intonazione armonica, che
la manifestazione dell'unit.

Era uno

squisito

poeta nelle prime Myricae, restio a scrivere e a


stampare, tanto che si denominava da s Bee, sfiducioso, non cercava la fama. Ma!
fama l'ha raggiunto, e lo ha eccitato a una
produzione abbondante e artificiale. Spirito poetico qual egli , non riesce mai a diventare del
tutto un retore; ma non riesce neppure alla poe-

lacqua,
la

58
sia

compiuta, e s'indugia in una semi-poesia.

Perci anche
alla

GIOVANNI PASCOLI

I -

non vede nessun termine

egli, ora,

sua produzione: smarrito

prima che

sia diventata

produzione

si

senso della sin-

veramente

lirica,

tale: la

resa facile e meccanica.

numero vorrei che

pi di

il

ogni commozione fa una

tesi artistica, di

sua

Quanto

fossero! (scrive nella

prefazione di Odi e inni, che pure son troppi

non avervi ancor detto nulla


vostri cuori. E temo di
disperatamente
addietro
andarmene, volgendomi
per dirvi ci che non dissi, e che sempre e
ancora il tutto. Bisogna affrettarsi, ora. Gli anni
non vengono, ora: vanno . Perci, non s'acqueta
in nessuna delle sue creazioni. Ogni materia die troppi). Io sento di

di ci

che avevo per

venta per
_padre

gli

lui

inesauribile.

tragi co

Il

fato d el

fonte perpetuajd^__pjoesia^,appunto

per ch nessuna p e rfetta poesia ne nat a. Egli


il rimprovero per quel suo inces-

sente nell'aria

sante verseggiare

casi della propria famiglia; e

difende: Io devo (il lettore comprende) io


devo fare quel che faccio. Altri uomini, rimasti
impuniti o ignoti, vollero che un uomo non solo
si

innocente

ma

virtuoso, sublime di lealt e bont,

e la sua famiglia, morisse.

voglio

che siano morti

non voglio. Non


non si tratta di

io

non l'accusano di parlar troppo


di suo padre, ma di non parlarne abbastanza
poeticamente; ed egli forse insiste nel tema, non
perch spinto da dovere domestico, ma perch
avverte, sia pure confusamente, che non giunto
ancora a concretare il suo sentimento nelle imquesto:

lettori

GIOVANNI PASCOLI

I -

59

magini. Quella tragedia familiare

gli sta

dinanzi

come un grosso blocco di marmo, che non sa


come lavorare: ne fa con lo scalpello saltare

ma

non v'incide una volta per


gruppo. Per la stessa raopera
poetica ha l'aria di
sua

qualche scheggia,

sempre

la statua o

gione, infine, la

il

una poesia dell'avvenire:

motivi, che vi sono

abbozzati e non perfettamente elaborati, paiono


aspettare e provocare l'artista, che

li

ripiglier.

VI.

Come

dal suo stato d'animo idillico

ha tratto una
suo

un'estetica e
di essa, e
si

ed

che la conferma

filosofia

stato, cosi dalla

una

di

quel

critica,

che

il

riflesso teorico

insieme una conferma dell'analisi che

compendio),

l'anima che

campagna

Pascoli

sua arte imperfetta ha tratto

tentata in queste pagine.


io

il

poeta jegli dice

poeta vero un fanciullo:

il

ama

piccola,

Il

il

il

poco, le piccole cose, la

campicello, l'orto con

fonte e con un po' di selvetta,

il

una

cavallino, la

E l'ama con la dolcezza della


perch il poeta non solo il fanciullo, ma
anche il poverello dell'umanit, spesso cieco
e vecchio. Per conseguenza, in quanto poeta,
sempre ispiratore di buoni e civili costumi, d'amor
carrozzina, l'aiolina.

piet:

patrio e familiare e

umano:

sempre

socialista,

perch umano: esclude l'impoetico, e alla fine


si trova che l'impoetico quello appunto che
la morale riconosce cattivo e l'estetica dichiara

60

GIOVANNI PASCOLI

I -

non ragionando,
ma cosi istintivamente, perch ne ha paura o
schifo. Ci che esce fuori di questo amore pel
piccolo) non poesia. Le armi, le aste bronzee,
brutto: l'esclude non di proposito,

carri di guerra,

lunghi viaggi,

le

traversie,

perch sono cose che il fanciullo ricerca con


avida curiosit, e le vagheggia palpitando di
gioia. Ma tale non l'amore, l'eros; tale non
s,

tutta la

Ci

il

moltitudine irosa delle altre passioni.

Pascoli chiama non pi elemento poetico,

ma drammatico;

non pi poesia pura,

applicata; non pi

di

Con

tasia.

sentimento,

ma

di

ma
fan-

l'introduzione dell'elemento erotico,

l'essenza poetica diminuisce: le figure omeriche

sono pi poetiche

di quelle della

tragedia ellenica:

Rolando della Chanson pi poetico dell'Orlando


innamorato e furioso dei romanzieri italiani. La

Comedia dantesca, come

tutti i grandi poemi, i


grandi romanzi, poesia applicata: un gran mare, nel quale di tanto in

grandi drammi,
tanto

si

pesca una perla, un prodotto

di poesia

pura; com', per esempio, nel Purgatorio la


descrizione
viganti

dell'

ora che volge

il

desio ai

na-

Questa estetica la base della sua critica


letteraria. Di Omero mette in mostra l'intonazione fanciullesca:

descriveva

particolari

l'uri

dopo l'altro, e non ne tralasciava uno, nemmeno,


per esempio, che le schiappe da bruciare erano
senza foglie. Che tutto a lui pareva nuovo e bello,
ci che vi aveva visto, e nuovo e bello credeva
avesse a parere agli uditori. La parola

bello

I -

'

grande

ricorreva a ogni

'

61

GIOVANNI PASCOLI

momento

novellare, e

sempre

una nota a

cui riconosceva la cosa.

egli

nel suo

incastrava nel discorso

Diceva che

navi erano nere, che avevano


che galleggiavano perch ben bilanciate, che
avevano belli attrezzi, bei banchi; che il mare
era di tanti colori, che si moveva sempre, che
era salato, che era spumeggiante.... L'Eneide
dipinta la prora,

le

di Virgilio

diventa pel Pascoli quasi un duplicato


si, guerra e bat-

della Georgica: l'Eneide canta,


taglie;

ma

tutto

il

senso della mirabile epopea

in quel cinguetto mattutino di rondini o pas-

che sveglia Evandro nella sua capanna, l


dove avevano da sorgere i palazzi imperiali di
Roma. Nelle sue introduzioni aXY Epos e alla
Lyra, il Pascoli evoca la Grecia primitiva coi
seri,

suoi aedi e mendicanti, ricchi di meravigliose


storie, fanciulli parlanti

ad

sveglianti nell'uomo adulto

altri fanciulli, o
il

fanciullo:

ri-

evoca

il

Lazio primitivo, con la sua vita agreste piuttosto

che guerresca.
da notare un'altra dottrina letteraria del
Pascoli, che si lega alla precedente. Egli afferma
che per la poesia vera e propria agli italiani
manca, o sembra mancare, la lingua; e che bisogna riproporsi il problema posto e studiato dal
Manzoni: il problema della lingua. La lingua, che
si adopera, troppo generica e grigia. Pensate
uccelli, che sono de' fanciulli la
grande e consueta: che nome hanno?
S'ha sempre a dire uccelli, si di quelli che fanno
tottav e si di quelli che fanno crocrol Basta

ai fiori e agli

gioia pi

62

GIOVANNI PASCOLI

dir fiori o fioretti, e aggiungere, magari, vermigli

non

e gialli, e

far distinzione tra

un greppo co-

perto di margherite e un altro gremito di cro-

Ed insegna

chi?.

ai fanciulli

il

segreto per di-

ventar valenti in poesia: Chiedete sempre

nome

di ci

altri,

e solo

quando

chiedetelo a voi stessi,


il

nome

il

che vedete e udite; chiedetelo agli


e,

non

altri

se

non

c',

sappiano,

lo

ponetelo voi

Anche questa dottrina base


critici. Esamina il Sabato del vil-

alla cosa

ai suoi giudizi

gli

laggio del Leopardi, e trova indeterminato e vago


il

un mazzolin

verso

di

rose e di viole;

avrebbe desiderato maggiore precisione per


sere in grado cos di stabilire a quale

l'anno

si

corregge

riferiva

il

mese

&

es-

del-

poeta con la sua descrizione:

Leopardi, che accenna al


notando che nella valle di
odono invece le cingallegre; l'Elogio

altrove

il

canto degli usignoli,

Recanati

si

degli uccelli gli suggerisce l'esclamazione

un nome

di

uccelli:

uccelli,

tutti

tutti

mai
can-

terini! .

Ora

evidente, per quanto riguarda la dot-

che il Pascoli ha equivocato,


scambiando e confondendo in uno l'ideale fanciullezza, che propria della poesia la quale
trina

si

estetica,

libera dagl'interessi contingenti e s'affisa ra-

pita nelle cose,

la

fanciullezza che

gine della contemplazione pura,


listica fanciullezza, che

si

mondo perch non conosce

con

immarea-

la

aggira in un piccolo
e

non

in

grado di

lo ha
dominarne uno pi vasto. E
menato diritto a negare carattere d'arte pura

l'equivoco

I -

a quasi tutta

GIOVANNI PASCOLI

l'arte;

63

a distinguer l'arte dalla

fantasia confinandola al sentimento, e a mutilare

sentimento stesso confinandolo a quel solo

il

sentimento che non sia erotico o passionale, al


sentimento

idillico.

La sua

dottrina sulla lingua ha stretta

nit con quella di


altri linguai;

Edmondo de Amicis

vale a dire,

si

affi-

e degli

riduce in fndo

al-

l'eretismo delle piccole cose, agli alberi che im-

pediscono la vista della selva. Dice

il

Leopardi

Vita solitaria:

nella

Talor m'assido in solitaria parte


sovra un rialto, al margine d'un lago
di taciturne piante incoronato.

E un De Amicis
Piante?

ma

un Pascoli a domandare

quali piante? di quale specie e sot-

tospecie e famiglia e variet? Qui c' l'indeter-

minato

l'impreciso!

dovesse essere,

in

quasi

che Leopardi

quel momento, non gi un'anima

assorta nel problema del dolore e del fine dell'universo,

ma un

dilettante di botanica;

come

prima, nel caso degli uccelli, non un filosofo pessimista,


lo

ma un

cacciatore, esperto a riconoscere

voci e le forme degli

con

lo

La

uccelli,

a cui mirer

schioppo!
critica

del Pascoli,

infine,

unilaterale

ed esagerata. Dove egli s'incontra con poeti e


con situazioni poetiche che rispondono al suo
proprio ideale e alla sua angusta teoria, li sente
e interpreta bene, e vi fa intorno osservazioni
assai

fini.

Ma, trovandosi pi spesso innanzi a

64

GIOVANNI PASCOLI

I -

un'arte diversa, costretto

a tacere o a

ri-

durla sofisticando alla sua personale visione. Rare

sono

dovute

le eccezioni,

allo

spontaneo irrom-

pere di un pi compiuto senso dell'arte. Ma


veramente l'Eneide quella che egli ci presenta
nel giudizio
il

di

riferito

sopra? E, per esempio,

passionale episodio di Didone, cosi importante

come

e significante,

si

veduta

concilia con la

georgica dell'essenza del poema? E, veramente,

Omero

lo stile di

scritto, o

non

di

puerile?

Anche

scoli ci

ha

il

Pascoli

un Omero reso da

ha de-

ci

lui

alquanto

saggi di traduzione che

dati dei

desimi dubbi.
l'originale,

quello che

Non

il

Pa-

me-

istituir sottili confronti

con

poemi omerici destano

convinto come sono che

rigorosamente parlando, non

si

la

traduce;

poesia,
o,

come

stato detto di recente e assai bene da un critico


d'arte tedesco, che chi traduce con la pretesa di
sostituire l'originale, fa

come uno che

volesse

dare a un innamorato un'altra donna in cambio


di quella
o,

che egli ama: una donna equivalente


ma l'innamorato inna-

su per gi, simile;

morato proprio
lenti.

di

non degli equivagrande che avr


possedere un Omero

quella e

contester

l'utilit

per la cultura italiana

il

messo in italiano da un profondo grecista e


da un espertissimo letterato, quale il Pascoli:
anzi affretto coi miei voti

il

compimento

del-

Ma, considerando quelle traduzioni per


d'arte che stiano da s, a me
che tra l'Omero alquanto rimbambinito

l'opera.
s,

come opere

pare

del Pascoli, e quello

un

po' enfatico e accade-

mico,

ma

GIOVANNI PASCOLI

pur grandioso,

di

65

Vincenzo Monti, chi

legga per mere ragioni di godimento artistico


preferir

sempre

il

secondo:

Elena dunque venire vedevano verso

la torre,

e l'uno all'altro parlava parole dall'ale d'uccelli

Torto non che Troiani ed Achei dalle belle gambiere


da

gran tempo per

tale

una donna sopportino

il

male...

Monti ha soppresso le ali di uccello e le belle


gambiere, sentendo che il loro valore si falsifica
nella letterale versione italiana; ha aggiunto
Il

qualche suo tocco: ne uscito un quadro o una


David o alla Canova, ma, a ogni

statua alla

modo, una pagina d'arte:

Come

vider venire alla lor volta

donna, i vecchion gravi


con sommessa
voce tra lor venian dicendo
In vero
biasmar n i Teucri n gli Achei si denno
se per costei si diuturne e gravi
sopportano fatiche...
la bellissima

alla torre seduti,

non c' pi;

ma

Il

fanciullesco

in

Omero? L'omerico neanche

c'era

veramente

c' pi;

poteva rendere? e l'ha reso poi


Parla Achille ad Ettore caduto:

il

ma

Pascoli?

si

mio Patroclo morto,


non ti davi
bimbo! ma in parte da lui c'era un molto pi forte compagno
presso le navi cavate, c'ero io dietro ad esso rimasto,
che i tuoi ginocchi snodai! I cani e gli uccelli da preda
Ettore, tu lo credevi spogliando

d'esser salvo, e di

me

strascicheranno ora te;

il

ch'ero lungi, pensier

lui

B. Croce, Giovanni Pascoli.

seppelliranno gli Achei!


6

66

GIOVANNI PASCOLI

Anche qui mi pare che

gustare

sia pi facile

il

Monti, che traduce nello stile neoclassico, non

senza qualche svolazzo accademico:


Ettore,

il

giorno che spogliasti

Patroclo, in salvo
terror

ti

ti

morto

prese del lontano Achille.

Stolto! restava sulle navi al


trafitto

il

credesti, e nullo

amico un vindice,

di

mio
molto

pi gagliardo di lui: io vi restava,


io, che qui ti distesi. Or cani e corvi
te strazieranno turpemente, e quegli
avr pomposa dagli Achei la tomba.

Comunque, la critica del Pascoli, quando non


pu interpretare in modo rispondente al suo
ideale di vita le opere poetiche, divaga, come
pu vedersi nei citati discorsi introduttivi alle
raccolte dell'Epos e della Lyra,

quali sono

suoi migliori lavori critici: serie di

note sugli

aedi dell'Eliade, sulla condizione dei poeti nella

primitiva societ romana, sulle leggende di

Roma

confrontate con quelle dell'epos ellenico, su Enea

e Odisseo, su questioni biografiche e cronologiche, sulle varie redazioni del testo dell' Eneide,
e simili, che

non stringono dappresso

il

problema

critico.

Nella sua inesatta idea dell'arte anche

gine di quella singolare opera critica,


i

parecchi volumi da

lui

dedicati

l'ori-

che sono

dall'esegesi

non sembra ancora investito


dello spirito della critica moderna, per la quale
il pensiero poetico e la grandezza di Dante non
dantesca.

Il

Pascoli

sono riposti nelle allegorie e nei concetti morali.

GIOVANNI PASCOLI

67

La sua Minerva oscura (prendo questo libro


come esempio) discute ancora con gravit e come
di

problemi

il

sistema delle

medesimo

nell'Inferno,

importanza, se

di alta

pene e dei premi

sia

il

nel Purgatorio e nel Paradiso; se delle tre fiere

lonza rappresenti l'incontinenza,

la

violenza, la lupa la frode; se


sia

Enea; perch

il

il

il

leone la

messo del

conte Ugolino

cielo

stia nell'An-

tenora e non nella Caina, e via dicendo: questioni

nessuno o di assai scarso significato non solo

di

per l'intelligenza artistica di Dante, ma anche


per la conoscenza della vita medievale e delle
intenzioni e dei sentimenti appartenenti alla biografa di

Dante

inezie, che, di giunta,

lo pi questioni insolubili,
di fatto sufficienti;

sono per

per mancanza

di dati

onde rendono possibile quel

raziocinare all'infinito, che piace ai perditempo,


e

quell'acume a buon

mercato, che

piace ai

vanitosi.

Ed

ecco

accennato,

Aver

il

Pascoli, per le scoperte del

raggiante

di

solitario

genere

orgoglio

visto nel pensiero di Dante!... (dice nella

prefazione alla

Minerva

oscura). Io, la vera sen-

tenza, io l'ho veduta! Si: io era giunto al


del

mondo

dantesco, di quel

sapienti indagano
Io

aveva scoperto,

vit di quest'altra
la

mondo che

come opera
in certo

Natura;

di

modo,

polo

tutti

un altro Dio!
le leggi di

gra-

e quest'altra natura,

ragione dell'universo dantesco, stava per sve-

larsi

tutta!.

Sembra anche qui Edmondo de

Amicis, quando, dopo aver veduta e toccata a

Granata

la cassetta delle gioie d'Isabella di

Ca-

68

stiglia,

si

GIOVANNI PASCOLI

guardava

incredulo o

le

mani, esclamando come


Io l'ho toccata, con

trasognato:

queste mani!.

Ma

il

Pascoli

si

ricorda, subito

dopo, del doveroso sentimento di modestia: scaccia via con piglio risoluto l'orgoglio, bench, nello

scacciarlo, gli accada (disavventura in cui incap-

pano

di solito

modesti) di accentuarlo pi for-

Cancelliamo quelle superbe parole!


Mi perdoni chiunque ne sia rimasto scandalizzato!
Oh, se la gloria ombra di vanit... Via dal
cuore cosi perverso fermento!. Il che non impedisce che, qualche anno dopo, egli non sappia
tenersi dal contare la sua scoperta e la sua gloria
temente:

ai fanciulli delle scuole d'Italia:

io vi dico,

tempio (la Divina Commedia)


ancora in piedi, e che bello dentro e fuori,
e pi bello nel suo complesso che nei suoi particolari che sono pur bellissimi, e che nel tempio
e si gode molto, per la grande bellezza, e s'impara molto per la ingegnosa verit; e che vi si
pu entrare, perch la chiave si trovata. E se
o fanciulli, che

il

vi soggiungessi che l'ho trovata

superbo? Quanti

trovano,

io,

figliuoli

mi

direste

miei,

una

chiave, in questo mondo, e non sono detti superbi


se dicon d'averla trovata e la riportano!

poi,

sapete dove l'ho trovata? Nella serratura. Era


nella toppa, la chiave del gran tempio!

Era

l,

e bastava appressarsi un poco per vederla e gi-

rarla ed entrare!

Ma nessuno

appressato assai

s'era,

a quanto pare,

(Fior da flore, prefaz.). E, an-

cora qualche tempo dopo, con rapida mutazione


di stile, rivolgendosi ai critici, e

alludendo

ai suoi

GIOVANNI PASCOLI

volumi danteschi,

scritti

e da

69

Essi

scrivere:

furono derisi e depressi, oltraggiati e calunniati

ma

vivranno. Io morr: quelli no. Cos credo,

cosi

mia tomba non sar

la

so:

silenziosa.

Il

genio di nostra gente, Dante, la additer ai suoi


figli .

In questi giubili, in questi vanti, in queste


stizze, in

questa virt che

si

nasconde

ma

se

cupit ante videri, abbiamo innanzi, veramente,

non

fanciullo divino e poetico,

il

realistico e prosaico.

Pascoli

come

c'

solo

il

E neppure

ma

il

fanciullo

nelle poesie del

divino infante.

Anche

nella sua dottrina estetica e critica,

esseri, cos

col,
i

due

all'apparenza simili, cos nel profondo

stretti in un amplesso
Questo amplesso del poeta ut puer
e del puer ut poeta forse il simbolo pi adeguato dell'arte di Giovanni Pascoli.

diversi,

sono abbracciati e

indissolubile.

1906.

II

INTORNO ALLA CRITICA


DELLA LETTERATURA CONTEMPORANEA
E ALLA POESIA DI G. PASCOLI.

Il

me

mio giudizio sul Pascoli ha suscitato

le

aspettavo

vivaci

opposizioni e contro-

a proposito di esso si ripreso a discutere di quel che sia o debba essere la critica
letteraria, e dei vantaggi e degli inconvenienti
versie.

metodo, e del metodo in gedunque buona occasione per meglio

di questo e di quel

nere. Ecco

chiarire le idee non ancora del tutto chiare (seb-

bene molto meno confuse


anni addietro)

sull'ufficio

quanto fossero alcuni


della critica, e anche

di

per aggiungere qualche cosa circa

la

poesia del

Pascoli.

metodo di critica, che si professa


in queste pagine, pu compendiarsi in poche
parole, quasi in un catechismo. una critica
fondata sul concetto dell'arte come pura fantasia
o pura espressione, e che per conseguenza non
Quale

sia

il

esclude dalla cerchia dell'arte nessun contenuto

72

II

INTORNO ALLA CRITICA

d'animo, sempre che

o stato

sia concretato in

un'espressione perfetta. Fuori di tale concetto,


quella critica non ha alcun altro presupposto
teorico, e

come

rifiuta

arbitrarie le cosiddette

regole dei generi e ogni sorta di leggi letterarie

non conosce

e artistiche. Per giudicare d'arte

altra via che quella d'interrogare direttamente

l'opera stessa e risentirne la viva impressione;


e a questo fine, e solo a questo fine, crede

am-

messibili, anzi indispensabili, le ricerche

che

chiamano storiche

hanno

ermeneutico

valore

come

o filologiche, le quali

si dice,

si

servono a trasportarci,

nelle condizioni di spirito dell'au-

tore nell'atto che form la sua sintesi artistica.

Ottenuta la viva impressione, ossia

gimento

con

ulteriore

non pu

minare

ci

spirito

lo

esempio,

le

artistico,

come

si

contiene

sarebbero, per

che l'autore

violenze

visione per intenti

lavoro

se

che nell'oggetto

non veramente

il

non nel deterche si esamina

esplicarsi

schietto prodotto di arte, e ci che vi


di

congiun-

il

dell'artista,

fa

alla

sua

sovrapposti, le oscurit e

vuoti che lascia sussistere per ignavia, le gonfiature e fiorettature che introduce per far colpo,
i

segni dei pregiudizi di scuola, e tutta

insomma

la varia sequela delle deficienze e viziature artistiche. Il risultato di

questo lavoro l'esposi-

zione o ragguaglio critico, che dica semplice-

mente
es

(e,

nel dir ci, ha insieme giudicato) wie

eigentlich

propriamente

gewesen,

come sono andate

secondo la definizione,
geniale nella sua semplicit, che Leopoldo Ranke
le

cose

II

dava

INTORNO ALLA CRITICA

73

della storia. Perci critica d'arte e storia

d'arte, a

mio vedere, s'identificano: ogni tenta-

tivo

critica

di

una pagina
parola

d'arte tentativo di scrivere

storia

dell'arte

storia

di

(intendendo

la

nel suo senso alto e compiuto,

La

cio nel suo senso vero).

critica distingue e

caratterizza le forme prese dallo spirito artistico


nel corso della realt, che svolgimento e storia.

Mi ha recato dunque meraviglia leggere su


metodo vuol misurare
la fantasia e l'estro di un poeta col metro di
o che esso applica
preconcetti pedanteschi

logici che sono propri della


all'arte
i criteri
critica della scienza o che si fonda sui caquando
ratteri estrinseci dell'opera d'arte;
vero proprio l'opposto, cio che esso sorto

pei giornali che questo

per discacciare preconcetti pedanteschi e abitudini di confusione tra arte e scienza, e per
ricondurre lo sguardo dall'estrinseco all'intrinseco.

E non

so che cosa

si

voglia dire con l'ac-

cusare quel metodo come sistematico, giacch,


per quel ch'io

so,

la

mente umana

vale a dire ordine; e

si

sistema,

potr censurare

imperfetto un particolare sistema,

ma non

come

perci

sopprimere mai l'esigenza sistematica, la quale


conviene a ogni modo appagare. Non potrei neppure ammettere che il metodo da me professato
sia bensi buono, ma che accanto ad esso ve
ne siano altri egualmente buoni per giudicare
dell'arte , perch non intendo come una funzione

dello

spirito

metodo che non

umano

possa

sia quell'unico,

che

avere altro
le

proprio;

74

II

INTORNO ALLA CRITICA

quando poi leggo, che di un


non si dovrebbe neppur par-

e resto stupito

metodo

in critica

lare, perch rispetto troppo

qui faccio per considerarlo

mestiere che

il

come cosa capricciosa

e priva di metodo, cio di giustificazione e di


valore.

Ma

maggiore

confesso che la meraviglia

me dal timore manifestato dal Garche questo metodo, risolvendosi in un


formolario , metter d'ora innanzi alla por-

nata in

gano

('):

tata di tutti l'esame di ogni produzione letteraria,


di coloro

specialmente che, sforniti della dote

essenziale del critico, cio del gusto, crederanno

buona fede di poter giudicare applicando severamente i principi della logica . Lasciando
in

stare l'ovvia risposta gi da altri anticipata al

Gargano (che

di qualsiasi

metodo

si

pu abusare

dagli incapaci), io osservo che la vecchia critica,

fondata sulle regole e


facilissima e

modelli, quella,

alla portata di tutti

s,

era

perch non

voleva molto a sentenziare: la tale opera


non risponde alle regole della tragedia, e perci
merita condanna; ovvero: il tale personaggio
si conduce in questa situazione precisamente
ci

come

il

merita lode di

pius Aeneas, e perci

decoroso eroe da epopea.

Ma

la

critica

mo-

derna, richiedendo insieme idee filosofiche sull'arte,

di

cultura storica, sensibilit estetica,

analisi

diffcile

(i)

che

io

non

Nel Marzocco

l'ho vista

acume

Tanto
mai attuata se non

forza di sintesi,

di Firenze, del 31

difficile.

marzo

1907.

II

tratti

INTORNO ALLA CRITICA

75

e lampi; e non conosco se non

molte

critico (l'ho detto gi

volte),

un

sol

che l'abbia

degnamente esercitata sopra un'intera

lettera-

tura: il De Sanctis. Per quel che concerne me


che, in mancanza di altri volenterosi, mi sono
provato ad adoprarla per la contemporanea letteratura italiana, io sono di continuo travagliato

mia inadeguatezza all'alto ufficio. Faccio del mio meglio,


m'invigilo, procuro di correggermi; ma non ho
mai la sensazione di correre un campo libero di
dal dubbio (igienico dubbio)

ostacoli, o di scivolare

come

della

in islitta sul ghiaccio.

prova questo godimento, beato lui!


Ma come mai l'enunciato metodo critico, che
il pi liberale che sia stato mai concepito, il

Se

altri

pi rispettoso verso tutte

le

infinite individua-

che non prenda il passo


sull'arte, viene ad assumere agli occhi di molti
aspetto minaccioso di forza e di prepotenza,
tanto da spingerli alle proteste e alle accuse
zioni artistiche,

il

solo

malamente formolate con le parole di sistematismo , logicismo , preconcettismo pedantesco, e simili? Chi non ignora che le medesime accuse sono state date
vigorosi

filosofi,

ai

metodi dei pi

e le lodi contrarie largite in copia

ai filosofi molli e contradittorl e

chi

rammenta

guiti

di

inconcludenti,

quanto odio siano

stati prose-

Spinoza o Hegel, e di quante simpatie Mill

o Spencer, non dura grande fatica a spiegarsi


il

caso.

La ragione

delle

accuse, non

potendo

essere fondata nella qualit di quel metodo, deve


cercarsi nelle disposizioni degli animi e degl'in-

76

II

telletti degli

INTORNO ALLA CRITICA

accusatori: in quelle tendenze che

riassumere con

io soglio

la

parola pigrizia.

l'umana pigrizia che fa preferire un metodo


pi comodo, o almeno rivendica il diritto di un
metodo pi comodo e benigno accanto all'altro
troppo severo; la pigrizia, che rifiuta il peso e
scansa la responsabilit del concludere, e tenta
di

eludere

all'arte,

il

problema, girandolando

cogliendone solo qualche

leggiadramente o sviandosi
L'orrore

di

molti

lato,

intorno

divagando

in questioni estranee.

cosiddetti

eruditi

per

la

cosiddetta critica estetica l'istintiva paura

per un esercizio troppo aspro e periglioso. Mettere insieme la cronaca dei pettegolezzi di Recanati

zare

si sa, molto pi facile che non analizCanto del pastore errante.

il

La

per altro

pigrizia

nella critica della

letteratura contemporanea, rafforzata da motivi


particolari. Quella critica, a dir vero, conside-

rata intrinsecamente, non ha problema diverso

da ogni altra forma

di critica,

che concerna

le

letterature pi da noi remote nel tempo; e anch'essa,

come

di scrivere

si

detto, consiste nel tentativo

una pagina

di storia letteraria.

vi s'incontrano condizioni sfavorevoli, che

se

non

trovano nella letteratura pi remota, presenta


altres alcune condizioni favorevoli, che mancano
si

nell'altro caso: se nella letteratura contemporanea assai malagevole cogliere il carattere


e il valore di certi processi che sono ancora in
fieri o si sono appena conclusi, laddove per

l'antica si

hanno innanzi

serie

di

svolgimenti

II -

INTORNO ALLA CRITICA

77

compiuti e nitidamente assegnabili, d'altro canto


per la letteratura contemporanea si ha una agevolezza d'interpretazione e comprensione, che
nella pi antica si ottiene di solito con grandi
stenti e solo in parte.

somma, su per gi

Vantaggi e svantaggi, incompensano, e gli uni e

sono poi affatto contingenti.

altri

gli

si

cosa non sta allo stesso


soggettive, o meglio

modo

sentimenti e

individuali; le quali, a dir

Ma

la

circa le condizioni
le

passioni

vero, nella lettera-

tura contemporanea, operano assai di frequente

una vera pressione psicologica per impedire


la posizione esatta e la soluzione giusta

problema critico.
Vi hanno, per esempio, tra gli autori di versi
e prose letterarie, personaggi o ragguardevoli
per situazione sociale o rispettabili per altre
del

forme della loro attivit o attraenti e cari per


la loro bont e amabilit, la cui opera artistica
non risponde in modo degno alle altre loro forze
che pi o meno tutti avvertono, ma
tutti o quasi tutti, come per tacito accordo, si
propongono di non dire. A questo intento si

e virt.

Il

ricorre a

una sorta

si

di critica diplomazia, la

perde in vani suoni o gira

il

quale

problema o

somiglia al linguaggio di Alete, pieno di strani

modi,

che sono accuse e paion lodi . Si lasci


il pi lieve
accenno di critica seria

balenare

innanzi a codesto tessuto di frasi abili e sfug-

ne nascer uno scompiglio, come io stesso


ho potuto sperimentare in pi occasioni pei miei
giudizi. Per esempio, ho mostrato che nei volumi
genti, e

78

II -

INTORNO ALLA ORITIOJ

un egregio uomo, scrittore

di

versi,

di

vi

ha

cultura, elevatezza di pensieri e d'intendimenti,

pratica dello scrivere,

sostanza

la

Ed

ma

difetta quasi del tutto

poetica, l'intimo

ritmo e

il

canto.

ecco una schiera di amici a scandalizzarsi


Quello
scrittore una

e a darmi sulla voce.

nobile personalit. D'accordo;

ma non

poeta.

Quello scrittore sta solo in parte, intatto dall'applauso volgare Ci vorr dire che uomo

ma

dignitoso,

non che

sia poeta.

Quello scrit-

un aspetto tra di monaco e di guerriero,


e avrebbe potuto, se fosse vissuto nel secolo decimosesto, comandare una galea in battaglia
turchi . Sar, quantunque sia difficile
contro
provarlo; ma non poeta. Quella sua poesia

tore ha

attinge

il

pi alto segno della poesia degli acca-

che vorr dire che gli


accademici e i professori, in quanto tali, debbono
astenersi dalla poesia; ma non gi che quegli
sia poeta. Se verr tempo che non si guarder
demici e professori

Il

pi a un libro di poesia da un punto di vista


estetico secondo la moda corrente, il suo libro

sar studiato

come un

interessantissimo

docu-

mento psicologico. E

ci

conferma, per l'ap

punto, che non poesia,

ma

semplice documento

biografico.

Sono giudizi codesti che, per quanto


documentare, coi nomi degli
altre relative citazioni; ma prego

strani, potrei tutti

autori e con le
i

lettori di

dispensarmene per non allontanarci

troppo dalla questione che sola ora c'interessa.


Sembra, in verit, che il problema che i pi

cercano di risolvere, sia di trovare

il

modo

di

II

INTORNO ALLA CRITICA

pur dandosi

non fare

critica,

Innanzi a

siffatto proposito,

l'aria

79
di

farne.

tenace quantunque

nascondere la verit
nasconde la gravit della
sua malattia, il critico ingenuo, che ripeta il
vecchio e arrogante Hic Rodhus, hic salta,
che cerchi determinare chiaramente
il critico
se una data opera o non poesia, il critico
che, insomma, voglia adempiere il dover suo,
desta fastidio e impazienza come personaggio
importuno, e, non sapendosi come combattere i
spesso

inconsapevole, di

come a un malato

suoi giudizi,

si

si

rifiuta addirittura

todo: quel metodo che procede o

il

si

suo

me-

accinge a

procedere in guisa tanto indiscreta. Guai a chi

prova ad accendere una luce sfolgorante dove


desidera l'ombra o la penombra.
Ma il contrasto del metodo da me professato
con quello che consueto nelle trattazioni della
letteratura contemporanea, e la parvenza di rigidit e violenza che il primo assume, possono
avere origine anche da altre cagioni. La pi parte
degli scritti sulla letteratura contemporanea sono
meramente occasionali; concernono questa o quell'opera di uno scrittore, non il complesso della
sua attivit; e provengono da persone, che di
solito propugnano o avversano l' indirizzo di
quello scrittore o di quella scuola. Non dico che
per ci siano privi di buona fede e di qualsiasi
verit; e anzi concedo che offrano sovente ossersi

si

vazioni delicate o

sottili

e giudizi giusti.

come

Ma

sono

di necessit

unilaterali,

io stesso se,

per esempio, amico ed estimatore

unilaterale sarei

80

II

INTORNO ALLA CRITICA

mio desiderio o l'altrui inun nuovo volume di


questo poeta unilaterale e non bugiardo o falso,
perch mi basterebbe spigolare nel volume moseguendo

del Pascoli,

il

vito, scrivessi l'annunzio di


:

tivi e strofe e versi di

molta bellezza (dei quali

sempre abbondanza), per conciliare


qualche modo miei sentimenti personali con

nel Pascoli
in

tacendo sul resto, ossia schivando

la verit:

vero ed intero problema

gone

di

il

Messa a para-

critico.

quegli scritti occasionali e polemici, la

parola di chi,

come me,

del suo

lit stessa

costretto, per la qua-

assunto, a

esaminare tutta

l'opera di uno scrittore (la peggiore e la migliore,


il

periodo di genialit e quello di artifizio o de-

cadenza), e a determinarne

tutti gli aspetti

per

darne giudizio compiuto, sembra ora troppo severa, ora troppo indulgente. I lettori equanimi
bene informati se ne sentiranno soddisfatti
gli autori di quelle recensioni e annunzi
(e chi non autore di qualche recensione o
annunzio?), no. Per ciascuno di essi, a volta a
e

ma

volta,
essi

il

critico

invoca

fice. Cos,

il

pei dannunziani, io che ho definito

D'Annunzio un dilettante
a stento,

una met di
met il carne-

stato ingiusto:

panegirista, l'altra

il

migliore tra

D'Annunzio, incapace

di

critici

io,

volgari del

penetrare

fondo idealismo della sua arte;

dannunziani, avendo

il

di sensazioni, sono,

ma

com'era mio

riconosciuto le bellissime cose che

il

nel

pro-

dagli anti-

dovere,

D'Annunzio

ha prodotto nella sua ristretta cerchia d'ispirazione, mi odo invece proclamare un bollente

II

INTORNO ALLA CRITICA

SI

dannunziano, il pi gran dannunziano sotto


la cappa del sole . Ho parlato con sincera simpatia dei versi di Severino Ferrari; ma ci non
basta a chi stato amico del Ferrari e della
sua poesia si fatto una predilezione o un sacro
ricordo; ed ecco che di quelle mie pagine laudative, ma non ditirambiche, non si sa dare pace
qualche cuore tenero, che sul Ferrari ha stampato opuscoli col

titolo: Il

rosignolo di Alberino,

e vede con isdegno che io considero

uomo

Severino come un

il

valente

non come un augello.

via discorrendo, perch gli esempi

si potrebbero accrescere. Che cosa fare? Io non me ne


dolgo, perch non mi dolgo dell'inevitabile; e

poi ci ho fatto la pelle; e poi ancora ho qualche

compenso, non solo nella mia coscienza ( coscienza parola rettorica, e non bisogna pronunziarla!), ma anche nelle inaspettate e dolcissime manifestazioni che ho ricevute da parte di
alcuni degli autori da me liberamente criticati,
i

mi hanno ricambiato

quali

col farmi l'amiche-

vole confidenza delle loro lotte e dei loro dubbi


e

dei

loro scontenti,

conferma

di

quanto

quasi

io

ad illustrazione e

aveva spregiudicatamente

osservato.

Ancora

un'altra cagione che fa apparire

gido ed eccessivo
nel

il

che

metodo da

me

ri-

adoperato,

prolungata consuetudine
con la letteratura del giorno tende ad alterare
il senso della grande arte e a deprimere lo stansta

dard of

fatto

faste,

questo pericolo

il

io

la

livello

della

Di

vita estetica.

sono consapevole, e per mia

B. Croce, Giovanni Pascoli.

82

II

INTORNO ALLA CRITICA

parte cerco premunirmene, rileggendo di tanto


i classici e giovandomi di
tale lettura
un esercizio spirituale (di una praeparatio ad missam) pel mio ufficio di critico. Non-

in tanto

come

di

dimeno, penso che

miei saggi

critici sulla lette-

ratura contemporanea siano alquanto indulgenti,


e che tali saranno giudicati da chi
fra

un mezzo

secolo.

Ma, se

io

abbastanza esigente, oso dire che


colleghi in critica,

sempre

li

forse
i

rilegger

non sono

pi dei miei

tuffati nella letteratura

hanno addirittura fatto l'abito a conOdo frequenti parole sulla divina bellezza della forma del Pascoli. Chi dice
questo, quanto tempo che non rilegge un'ottava
di messer Ludovico? Il D'Annunzio ha osato
del giorno,

tentarsi di poco.

ricordare V Aiace sofocleo, a proposito del suo

ultimo dramma.

Ma ha

la tragedia di Sofocle?

egli avuto ben presente


Quanto a me, avendola

al

mano dopo aver letto la prefazione


Pi che l'amore, giunto appena alle parole

di

Odisseo:

ripresa tra

sedia e

TCotxteipw

D'Annunzio:
E,

viv,

ecc.,

balzai

dalla

mi sorpresi a gridare dantescamente

come

il

Fa', fa'

che

le

ginocchia

al

cali!... .

senso della classicit, nella consue-

tudine con la letteratura contemporanea

si

smar

risce sovente quello della storia, ossia della len-

tezza e faticosit dello svolgimento e della rarit


del prodotto

Tu

veramente geniale:

che '1 diamante


pur generi, lenta, in tua mole,
tu sai su l'eterno quadrante
quante ore di secoli, e quante

INTORNO ALLA CRITICA

II -

vigilie e

che doglia

si

83

vuole,

o laboriosa gestante,

per dare un cervello di Dante,


o

La

un cuore

di Shelley, al tuo sole!

letteratura italiana (che

una grande

lette-

ratura) in sei secoli non offre dieci o quindici


veri poeti; e
vassi

si

sarebbe preteso che

una cinquantina,

io

ne

ritro-

non addirittura un
un quarantennio o di

se

centinaio, nel periodo di

un cinquantennio, che quello che sono andato


investigando. Quale meraviglia se, per la maggior parte degli scrittori che hanno avuto voga
e riputazione, il mio giudizio o negativo o
circondato da molte restrizioni? Ripeto: anche
per tale rispetto credo di essere piuttosto indul
gente che severo; e sono indulgente perch com-

prendo

le

angosce

tengo conto anche


segno non raggiunto, e

dell'arte, e

delle approssimazioni al

persino ho qualche simpatia per


inglorioso. Chi nei secoli

non

le disfatte

venturi riscriver la

storia letteraria dello stesso periodo trattato

da

me, avr (oh, non dubitate!) la mano assai pi


ruvida e pesante della mia.
Per queste e per altre cagioni simili a queste,
che, non volendo andare per le lunghe, lascio
di

me

enumerare e

illustrare,

il

professato sembra, e non

un'altra cagione

sembra

metodo
,

critico

da

Ma

per

violento.

poi talora sbagliato: per

l'incompiuta preparazione mentale della maggior


parte dei critici che trattano di letteratura del
giorno. I quali sono di solito (avverto che
faccio allusioni e

non penso a nessuno

in

non
par-

84

II

ticolare)

mente

INTORNO ALLA CRITICA

hanno tentato

o persone^ che

hanno

infelice-

smesso (peggio se continuano a farne, perch in tal caso sono tratte


a preparare a s medesime l'ambiente della compiacenza); o uomini di gusto che, leggendo poesie
per proprio diletto e acquistando cosi esperienza
e pratica dell'arte, via via passano dal discorrerne oralmente allo scriverne sui giornali, e
diventano per tal modo, senz'averci mai pensato,
critici di professione. Ma a costoro, pur tra molte
l'arte e

poi

belle qualit particolari,

manca

quello studio e

quella annosa meditazione sui problemi dell'arte


e della critica, e quelle cognizioni di storia della
critica d'arte,
bili;

e ci

casi,

pei

li

che spesso

mena

quali

il

si

provano indispensa-

a confondersi innanzi a certi

gusto naturale e

buon senso non sono

il

semplice

bastevoli. Talvolta, essi

riescono a intendere

esattamente

termini, che adopera

il

critico

non

nemmeno

addottrinato e

meglio informato dell'odissea secolare della sua


disciplina.

Se ne desidera qualche esempio? E io ne dar,


restringendomi a quelli che mi vengono forniti
dalle dispute intorno al mio saggio sul Pascoli.

Nel quale aveva scritto tra l'altro, di passata,


che il pensiero poetico e l'importanza di Dante

non

. E un
mi redarguiconcetti morali non son

nelle allegorie e nei concetti morali

fervente ammiratore del Pascoli


sce:

(!)

Le

allegorie e

(*)

Lettera aperta del prof. Pietrobono a . C. sulla poesia

di G. P., nel Giornale d'Italia, del 1 aprile 1907.

INTORNO ALLA CRITICA

II

85

sappiamo: ma senza quelle e


questi Dante non pi lui. Chi rinunzia a rendersene ragione, rinunzia semplicemente a capirlo.
Ora qual critico mai s' sognato d'insegnare che
il pensiero dei poeti non importa conoscerlo?.
Se si tolE qui, un argomento irresistibile
gono le allegorie, l'arte di Dante si riduce a
frammenti; resta una ruina, sebbene una nobile
Dante,

tutto

lo

ruina.

Ora,

come spiegare

in quattro parole

mio contradittore che il pensiero artistico


non ha che fare col pensiero allegorico o extrartistico, e che la sintesi, l'elemento unificatore,
data nell'arte di Dante dalla sua possente fantasia
e non gi dalle sue escogitazioni di moralista e
di teologo? Questa distinzione di pensiero artial

stico

una

(intuizione)

di pensiero

extrartistico

delle pi sudate conquiste della scienza este

tica.

E come

che
impotente a comprendere la

spiegargli, in quattro parole,

la critica stata

grandezza di Dante fintanto che ha

insistito sulle

sue allegorie e sulle sue intenzioni, e ha fatto

un gran passo solo quando (nel periodo romanha guardato Dante non come un dotto e
un filosofo, ma come un poeta dell'anima passionale, quasi uno Shakespeare in anticipazione?

tico)

e che perci

il

Pascoli,

che crede

di

poter assi-

dere su pi solide basi la grandezza di Dante

scoprendo
,

un

la

sua

mdvota,

il

nella storia della critica,

suo pensiero riposto,

un

ritardatario, anzi

fossile?

Un altro esempio ci fornito dalla questione


che stata mossa: se valga la pena, nella critica,

86

II

INTORNO ALLA CRITICA

che

di far tutte le fatiche

sificare

e mettere nel

per

io faccio

casellario

gli

clas-

scrit-

che bisogna invece soltanto gustare e far


gustare. Dapprima, a questa opposizione, sono
tori,

cascato

Ma

dalle

se io

radicale

non

nuvole.
classifico

avversario

casellario?

Classificare?

mai!

delle

Ma

se sono

il

pi

classificazioni

dei

casellari (dei generi, delle arti, della

rettorica,

e di quanti altri se ne conoscono di questa sorte),

che

mi

sia

mai comparso nel campo

estetico!

8e

a raccogliere gli scrittori, di


cui tratto, in gruppi di lirici, drammaturgi, roMa, poi, ho capito i
manzieri, e via dicendo
rifiuto perfino

miei contradittori avevano confuso Vintelligere

comprensione col casellario,


un abisso, perch
morte della critica e il primo il

col classificare, la
tra
il

quali due procedimenti c'

secondo

suo

la

ufficio proprio.

Anche

come spiegare

qui,

in

poche parole una differenza, che non si pu giustificare se non risalendo alle teorie fondamentali della logica? Prendiamo il sonetto: Solo
e pensoso i pi deserti campi . Se io dico che
l'ho classificato in uno degli
una lirica
,

schemi delle vecchie istituzioni letterarie; se dico


che un sonetto l'ho classificato secondo la
metrica. E quella lirica o sonetto rimane ancora
,

criticamente intatto.
stato d'animo

bello o brutto? e quale

esprime? La classificazione, facen-

dosi per caratteri esterni, impotente a rispon-

dere a queste domande.

Ma

se

si

determina

la si-

tuazione psicologica del Petrarca (e determinarla

non

si

pu

se

non ricorrendo a

concetti, giacch,

II -

INTORNO ALLA CRITICA

87

per sentirla cos com', non c' da far altro che


leggere

sonetto stesso), e se

il

quella situazione

come

sonetto, e

tutto

bene l'esprima, non


di

comprendere

tica.

si

mostra come

svolta nelle varie parti del

si

il

bene

si

si

accordi ad essa e

classifica,

ma

si

cerca

sonetto, cio di farne la cri-

Ora, bene o male, questo e non altro io mi

sono sforzato di fare pel Pascoli e per gli altri


scrittori, che sono andato esaminando. Il clas non c'entra; e la confusione tra i due
procedimenti di quelle in cui possono cascare
soltanto le menti non abbastanza disciplinate.

sificare

talun altro

il

fondo, non dispiace;


e

modo

ma

gli

della mia critica, in


sembra troppo freddo

ragionatore e polemico,

esempio,

preferirebbe,

per

e l'eloquenza di Giuseppe
andrebbe bene, se io fossi Mazzini; ma, essendo Cecco come sono e fui,
non posso discorrere se non nel tono, che proprio al mio temperamento. Cos il De Sanctis,
educatore e maestro nell'anima, non poteva scri-

Mazzini.

vere

calore

il

ci

di critica al

modo

del Carducci, poeta nel-

l'anima. Voglio dire, che non bisogna confondere


il metodo della
temperamento

che dev'esser uno, coi


dei critici, che non pu non
esser vario; e non bisogna (codesto ci mancherebbe!) mettere tra i requisiti della critica un
particolare

critica,

temperamento.

All'osservanza

del

ma nessuno tenuto
a sforzarsi a un tono a lui estraneo: che anzi
ci gli assolutamente vietato sotto pena di
cadere nell'artifizio, nella rettorica e nella l'aimetodo

tutti

sono obbligati;

b
sita.

II

Amo

le idee

INTORNO ALLA CRITICA

il

Mi

De

Sanctis e ne accolto

ma mi

sarebbe impossibile

grandemente

fondamentali;

imitare
tarlo.

mi guardo pur dal tenprenda dunque come sono, con la

suo
si

il

stile,

mia simpatia per

gli

schiarimenti e le digres-

con la mia tendenza alla polemica e alla controcritica, col mio tono prosastico

sioni filosofiche,

e talvolta sarcastico, col mio dilettarmi talvolta

Bioneis sermonibus et sale nigro, perch posso


bensi correggere

accorgo,

mio

ma non

miei errori quando

me

posso e non debbo mutare

ne
il

Cos

anche non so come si sia


potuto far questione di bont di metodo pel fatto
che, nell'esaminare il Pascoli, ho esaminato
essere.

altres le opinioni dei critici intorno

a lui: dico
anche, perch non vero che quello sia stato
il mio punto di partenza: il punto di partenza
(e l'introduzione stessa del mio scritto ci mostra
chiaro) fu l'impressione diretta, prodottami dalla
lettura dei versi di lui. Vi ha questioni vessate
o pregiudicate, perch gi molte volte tentate

e trattate; e lo scrittore (che

si

sempre
dialoga) non

riattacca

con essi
pu non tenere conto di quanto altri intelletti
hanno osservato e pensato intorno al suo argomento, non solo per trarne aiuto, ma anche per
conoscere verso quali punti deve orientare la
sua esposizione critica.
E basti di ci. Mi sembra di aver difeso il
metodo da me professato contro gli appunti, in
verit non gravi, che gli sono stati mossi, e
posso concludere con tanto maggiore sicurezza
agli scrittori precedenti e

II

INTORNO ALLA CRITICA

e franchezza, che quel

il

metodo buono,

mia privata invenzione

esso non

ma

89
in

quanto

e possesso,

risultamento della storia della critica.

Tu hai difeso
So bene che mi si osserver:
metodo, ma, nel caso del giudizio circa il
Pascoli, non si tratta di metodo, sibbene di appliil

padre Zappata predicava bene, ma

mi proverbia il Gargano in
un secondo suo articolo (*); senonch, nel primo,
aveva invece rifiutato, mi sembra, il metodo e
non l'applicazione, o questa solamente come
effetto di quello. Dunque, procediamo per divisione. Di metodo non si parla pi? Il metodo
buono? Si? Questo mi premeva soprattutto. E la
questione terminata; e siamo d'accordo.
E possiamo ora passare all' applicazione,
cazione.

Il

razzolava male

ossia

caso particolare del

al

mio giudizio sul

Pascoli.

Dove mi

si

para innanzi una pregiudiziale,

perch, a detta di taluno dei miei contradittori,

a me sarebbe accaduta una piccola disgrazia,


per la quale potrei bens utilmente discettare in
teoria, ma non potrei accostarmi ai casi particolari.

Il

Croce, grazie alla prolungata rifles-

sione e al ripensamento della filosofia hegeliana,

non

si

trova pi nello stato

ginit,

di docilit

seguire

ci)

2
(

poeti

di

fresca ver-

amorosa, che necessaria per

nelle loro fantasie...

Nel Marzocco, del 7 aprile.


G. A. Sartini, nella rivista Studium,

aprile 1907.

di

2
(

).

Vera-

Milano, 30

INTORNO ALLA CRITICA

90

II -

mente, una

siffatta verginit,

che consisterebbe

non meditare, non che io l'abbia perduta,


non l'ho mai posseduta; e sono per questo
nel

rispetto

in

condizioni gravi,

quasi

direi

nelle

medesime condizioni di quella Quartina saceresclamava appo Petronio: Junonem


meam iratam habeam, si unquam me meminerim virginem fuisse. Ma conosco e posseggo

dotessa, che

un'altra verginit, che

si

rinnova ogni qual

il mio animo corre a dissetarsi nella poesia:


una verginit, che potr somigliare alquanto a
quella di Marion de Lorme (come si vede, non
intendo esaltarmi merc
personaggi coi quali
mi paragono):

volta

Ton souffl a relev mori me.


.... Prs de toi rieri de moi n'est reste,
et ton amour m'a fait une virginit!

Ma, naturalmente, concedo subito che io possa


avere sbagliato nel giudizio sul Pascoli; anzi
questa concessione gi implicita in quel che
ho detto di sopra circa le difficolt della critica
d'arte. E non solo per ci che riguarda il Pascoli.
Ho esaminato finora, nei miei saggi, l'opera
complessiva di parecchie decine di contemporanei scrittori italiani; e, quantunque abbia adoperato ogni diligenza, se pensassi di non essermi
mai distratto, di aver semptre reso esatta giustizia

a tutti quegli scrittori e a tutte

loro opere, sarei

un

E, se avessi sbagliato circa

me

le

singole

fatuo.
il

Pascoli, certo

ne dorrebbe, e ne proverei una qualche con-

II

trariet e

mortificazione di

stia tranquillo

blicato test

un

sin

amor

bell'articolo sul Pascoli


si

('),

nel

d pensiero della possibilit

un mio postumo pentimento,


ora, per incoraggiarmi,

da

ma

proprio;

dottor Rabizzani, che ha pub-

il

quale, tra l'altro,


di

91

INTORNO ALLA CRITICA

il

mi ricorda

nobile atto di

contrizione che lo Chateaubriand recit pel suo


giudizio,

nientemeno,

fiducia che troverei in

sullo

me

Shakespeare

ho

la quantit di corag-

gio necessaria, e saprei consolarmi, pensando che,

non poche
mie pagine di prosa, l'Italia avrebbe assodato io
cambio la gloria di un suo forte e perfetto poeta.
Ma ho poi sbagliato? Temo di no, a giudicare
anzitutto dai modi tenuti nelle loro risposte dai
miei avversari. Uno dei quali, il Gargano (un
critico con cui in altre questioni letterarie ho
avuto il piacere di andar d'accordo), in un primo

costretto io a lacerare cinquanta delle

articolo, in luogo di difendere


il

metodo

in

genere, che,

il

come

Pascoli, assal
si

visto,

un secondo articoletto,
farmi passare per uno che sfuggisse

incolpevole; in

affatto

cerc di

alla discussione (laddove

il

vizio

del quale, se

mai, debbo correggermi, l'opposto); in un terzo,


finalmente, cav fuori uno strano pensiero

che

sembra avere io ora scelto come bersacio


glio dei miei colpi i poeti pi celebri dell'Italia
2
di mezzo ( ): il che suona un appello, vero e

(!)

Nella Nuova rassegna di Firenze, aprile-maggio 1907,

pp. 457-479.
2
(

Nel Marzocco, del 21

aprile.

92

II -

INTORNO ALLA CRITICA

proprio, alle brutte passioni del campanilismo.

E mi

pare perci che

abbia, questa volta,


di stizza

l'affetto pel

gli

verso chi di avviso alquanto diverso

dal suo: e la stizza (ecco

non giova alla causa che


Vediamo, a ogni modo,
quali

suo poeta

mosso nell'animo sentimenti

un adagio ben

trito)

difende.

si

controcritiche

le

le

sono aggirate quasi sempre sui partidelle analisi che io ho date di alcune

si

colari

poesie del Pascoli per illustrare

generale sull'opera di

il

mio giudizio

lui.

Nella poesia La voce ho mostrato come quel


Zvani, che fa da ritornello, rompa bruttamente la delicatezza dell'ispirazione. Il prof. Pietrobono (*) d al mio giudizio questo significato:
che io non ammetta l'uso del dialetto nella poesia
e nella prosa colta; e mi ricorda il miscuglio dialettale omerico, con erudizione alquanto remota,
quando poteva semplicemente citare ci che io

ho scritto pi volte

stesso

dialetto e

il

miscuglio dei

2
(

per difendere

dialetti.

Ma

il

no: quel

mi spiace come mi spiacciono di freonomatopee ornitologiche del Pascoli,


quente
non perch dialetto, ma perch mi sembra un
modo alquanto comodo e semplicistico di risolvere
il problema artistico, offrendo la materialit
della cosa invece del suo spirito. Come mai il

Zvani

le

Pascoli, che freme e

(i)

( )

Si

veda

trema

voce della morta,

la citata Lettera aperta del rev. prof. Pietrobono.

Si veda, tra l'altrev

Letter. d.

alla

nuova

a proposito del Di Giacomo, in

Italia, in, 97-100.

II -

INTORNO ALLA CRITICA

93

sua madre, pu, nel medesimo


freddamente a contraffare
quella voce e rimodulatia dilettautescamente
dentro di s? Quella voce dovrebbe sentirsi
alla

voce

di

mettersi

istante,

dappertutto nella

lirica, e

non

mai

lasciarsi

fis-

sare nella sua determinatezza estrinseca e nel

un

suo contorno preciso.


scia
finito

di

nostalgia,

e tascabile.

Il

che quel Zvani...


si

pronunzia

infinito

di

>

ango-

che non bisogna rendere


mio contradittore afferma

ci

sta d'incanto,

dovere;

specie se

e cos scopre egli

stesso la sollecitudine di salvare, per virt di

pronunzia,
dirgli? Io

l'effetto

di quel ritornello.

mi provai a pronunziarlo

pi varie intonazioni;

me

Che cosa

in tutte le

lo feci perfino

leggere

da un amico, valente lettore di versi: e la stonatura mi parve e mi pare sempre gravissima.


Forse, se lo sentissi pronunziare da lui, sarei
vinto, e qualche lacrima mi sgorgherebbe; ma
anche in quel caso mi resterebbe il dubbio di
avere reso omaggio non alla virt del poeta, ma
a quella del bravo declamatore, che sa come si
tappino

buchi o

si

scivoli sulle asprezze del-

l'espressione poetica.
Si

dica lo stesso del:

dell'altra

poesia

Un

Pap, pap, pap

ricordo.

Qui

il

Gargano

anche osserva che io mi son fatto lecito di


associare ad una delle pi soavi elegie pascoliane il ricordo di una canzonetta napoletana
volgaruccia anzi che no Mi son fatto lecito?
Si posseggono non so quante parodie di Omero
e di Dante, anzi quasi non c' verso di quei
.

94

II

INTORNO ALLA CRITICA

grandi che non sia stato parodiato e cui non


sia appiccato un ricordo buffo; eppure non mi

accade mai di ricordarmene quando leggo Omero


e Dante. Quella reminiscenza di opera buffa mi
stata suscitata, e comandata, a quel punto, dal Pascoli stesso, per l'imperfezione, pel vano sforzo,
in quel punto, della sua arte. Che poi (come nota
Un ricordo e la
il precedente contradittore)
Cavalla storna seguiteranno a commovere
tori

anche quando noi saremo

fatti

let-

vecchi, ecc.

ma

sono affermazioni con le


quali il dibattito non fa un passo innanzi.
Per dare un piccolo e curioso e quasi scherzoso esempio del modo in cui il Pascoli tende
sar e non sar:

a strafare, ho notato
dell'ottava

Neve

il

mutamento

del

in quello di Orfano. Il

titolo

Gargano

Quel bimbo non soltanto ora divenquando lo cullava


neppure
allora era
vecchia,
che
quella
sempre
sua madre. Perch? La situazione della poesia
risponde:

tato orfano; lo era gi prima,

nel contrasto tra lo squallore nivale della realt

il

bel giardino della fantasia, la

dura vita reale

che quell'essere umano dovr una volta affrontare


e l'illusione in cui viene cullato. La vecchia pu
essere la nonna o la balia, e lasciar presupporre
vivente o morta la madre. Tutto ci non cangia
nulla all'essenza poetica
titolo

dell'ottava.

Il

nuovo

lagrimoso, che richiama una sventura al-

quanto contingente e individuale del bambino,


mi sembra che impicciolisca e non rafforzi.
L'altro contradittore mi fa notare che io ho
sbagliato nel parlare, a proposito della poesia

II -

INTORNO ALLA CRITICA

95

sogno della vergine, della culla come di una

Il

culla reale, laddove

ha ragione, e

una

lo ringrazio di

culla metaforica.

avermi

fatto accorto

della svista in cui sono incorso nello stendere


i

miei appunti;

(altra svista)

composte
ger.

mia

Ma

come anche

che

le strofe

di dieci e

non

di

di
di

avermi avvertito

Un ricordo sono

nove

versi.

Correg-

non tocca il punto sostanziale della


che sta nel notare la soverchia accen-

ci

critica,

tuazione data alla figurazione metaforica o no

che sia
culla:

(e

peggio ancora se metaforica) della

Si dondola, dondola, dondola

ecc.,

una lunga poesia di un


non nati), del quale un gran poeta
appena un incidente e un tocco,

l'eccessiva dilatazione in

motivo (i figli
avrebbe fatto
che in questa sua rapidit sarebbe rimasto indimenticabile.
Cos nella poesia: / due cugini, io
credo che dopo la strofa:

Tu, piccola sposa, crescesti:

man mano
man mano
l'altra

intrecciavi

allungavi

capelli,

le vesti,

che segue:
Crescevi sott'occhi che negano
ancora; ed i petali snelli
cadeano: il flore gi lega;

uno stento d'immagini, che ottenebra e non


potenzia le immagini della strofa antecedente.
Il mio contradittore vuole che il Pascoli, in quella
seconda strofa, faccia sorgere accanto alla bambina l'immagine della madre, con quel suo
sia

96

II

sentimento

di

a desiderare,

si

grande delicatezza, ond' mossa

come

mamme, che la figliuola

tutte le

sempre piccina

le resti

INTORNO ALLA CRITICA

sentimento che

fa eco

ormai
morto. Sarebbe un
e una lambiccatura; e,

sostituisce al desiderio inespresso e

inesprimibile

piccolo

del

parallelismo artifizioso

a ogni modo, si veda se tutto ci poi detto


con la frase oscurissima
:

Crescevi sott'occhi che negano


ancora...

metodo ermeneutico qui adoperato dal mio


mi ricorda quello di un erudito
campano, il quale, una trentina d'anni fa, intestato che Pier della Vigna fosse nato a Caiazzo,
avendo trovato col alcuni frammenti di marmo
con le lettere nus M., aul, reas f. r., coraggiosamente integr: Dominus Magister Petrus de
Vinea Magne Imperialis Aule Protonotarius
Edes Marmoreas Fecit Restituii e pretendeva
aver ragione contro il Capasso, che non gli menava buona la troppo abbondante integrazione.
Vuole ancora il mio contradittore che il
Il

contradittore

cadere dei petali

snelli, della fiorita d'ali

che

la

rassomigliava a un lucherino, esprima un nuovo


dolore per il morto, che vede cadere quello che
in lei principalmente
di

metafore, onde

petali di

fiori,

am

come

metaforiche

se
ali

il

pasticcio

diventano

accresca, e non piuttosto confonda,

le belle e dirette

mano

le

man
man mano le

immagini dell'intrecciare

capelli e dell'allungare

vesti. Vuole, inoltre,

che

la pennellata sobria

II -

e pudica del

'

INTORNO ALLA CRITICA


fiore

che lega

dica

'

97

come

la fan-

cominci a diventar donna e annunzi quel


nuovo seno che il bimbo ignora come se,

ciulla
c

'

prima bellissima strofetta, ci


vieto paragone del fiore per fare inten-

sempre dopo
volesse

dere

il

il

la

formarsi della bambina a donna.

Ma

perch non essere schietti e non confessare la


semplice e prosaica verit? Al Pascoli, dopo la

prima strofetta uscitagli di getto, manc la vena


e, non sapendo come riempire la seconda, che
pure il prefisso schema strofico richiedeva, con;

tinu alla peggio nella primitiva redazione:


Crescevi,
I petali

come erba

nel prato.

dai ramoscelli

gi caddero, e

il

fiore

ha legato

(')

Questa strofetta, assai scialba e sciatta, non


poteva contentarlo; e procur di rabberciare,
sostituendole quella che abbiamo or ora esaminata. Ma il lavoro di rappezzo poetico non gli
riusci, come non riesce ora il rappezzo critico
al

suo difensore.

lascio

d'inseguire altri

particolari,

mi

il mio contradittore
ha frainteso il mio pensiero circa i metri, quando
ha creduto che io volessi stabilire che un soggetto
non pu essere trattato se non in una determinata forma metrica, mettendo in rapporto i metri
in astratto e i soggetti in astratto. Tutti sanno

restringo ad osservare che

(!)

la

Con questa variante

la lirica 1

prima volta nel Marzocco,


B. Ckocb, Giovanni Pascoli.

a.

i,

due cugini fu pubblicata

n. 20, 14

giugno

1896.

98

INTORNO ALLA CRITICA

II -

ho sostenuto sempre l'opposto,

c;he io

ogni valore alla dottrina

ho negato

metrica come

fonda-

('). Io ho inteso sempre


disarmonia di molte poesie del
Pascoli, la quale dalla disannonia nel metro si
stende a quella nelle proporzioni del componimento e nelle accentuazioni delle immagini, alle
materialit inopportune, e via dicendo; e, se ho

mento

di giudizio estetico

parlare

della

come

parlato di queste cose

distinte, l'ho fatto

per semplice espediente espositivo o didascalico.


L'osservazione enfatica che

ha

gittato

lino, la

il

bronzo

nella terzina

Farinata, l'odio di

timida preghiera della Pia e

l'aquila portata

profani,

di

Dante

ma

da Cesare

lascia freddo chi

pu fare

il

Ugo

volo del-

effetto sui

come me ha sempre

affermato che non solo ogni terzina diversa

da ogni altra
verso, anzi

terzina,

anche quelle che


tiche: l'

amore

Amor che

ma

ogni verso da ogni

ogni parola da ogni


il

altra

vocabolario pone
di

parola,

come

iden-

Francesca, nelle terzine:

a cor gentil

ecc.,

(dice benissimo

mio amico Vossler) non una stessa parola


tre volte ripetuta, ma sono tre parole diverse.
Tanto il Gargano quanto il Pietrobono e il
dottor Rabizzani si meravigliano che io, dopo
avere approvato come belle alcune descrizioni
il

nei poemetti georgici del Pascoli, resti perplesso

sull'insieme e

mi domandi: Dov' il mondo


Ebbene, in questo caso

interno del poetar.

(!)

Si veda, per es., Problemi di estetica, pp. 163-66.

II

(scrive, e

INTORNO ALLA CRITICA

99

pi efficacemente degli altri

Rabizzani, a cui do la parola)

il

mondo

due,

il

interno

il
mondo che sta fuori di
che solo per opera d'intuizione vien riprodotto. Dinanzi alla cosa veduta c' l'occhio che
vede e modifica inconsciamente e sceglie scientemente eliminando la scoria delle impressioni
inutili per far luogo solo a quelle che possono
determinare la sua visione. Cos la descrizione
obbiettiva per gli elementi che la costituiscono,
ma subiettiva per il modo nel quale sono costituiti. Ed inutile cercare dietro ad esso una
corrispondenza morale propria del poeta; tanto
varrebbe cercare
regni celesti oltre la zona

del poeta proprio

lui e

del padiglione costellato. C' nella nostra

fisica

coscienza estetica un residuo di simbolismo per


il

quale la natura ha diritto di vivere nell'arte

solo a patto

che un'allegoria

la giustifichi

Per-

fettamente d'accordo nel principio che non bisogni cercare nelle poesie l'allegoria, e che, se un
residuo di allegorismo resta in fondo alla coscienza
estetica,

occorra liberarsene,

io

non sono poi

d'accordo nel credere al valore delle descri-

zioni oggettive in poesia. Se una descrizione


non soggettiva, ossia non ha afflato lirico (e s'intenda pure la lirica in tutte le sue gradazioni fino
alla ironia e allo scherno),

non poesia. E poich

questo afflato lirico non

manca

in molti punti

dei poemetti georgici del Pascoli, io


rati;

difetto

poich non

che in

lui

e nelle sottigliezze),

li

di

investe

tutti

li

ho ammi(pel

solito

perdersi nei particolari

ho notato in quei poemetti

100
il

II -

INTORNO ALLA CRITICA

miscuglio di un poeta vero con un verseggia-

meramente
Poemi

tore e descrittore

Nel
il

giudizio

sui

virtuoso.

anche

conviviali,

Pietrobono riconosce esatta la caratteristica

da

me

data dell'atteggiamento spirituale tutt'al-

che omerico, anzi sommamente raffinato, del


Pascoli; e solamente crede che io faccia di ci
un rimprovero al Pascoli, il che non mi mai
tro

passato pel capo. Io ho insistito invece sul modo


di concezione e composizione di quei poemi, che

sembrano mucchi

di

frammentini delicati: tutta

carne molle, e manca l'ossatura; di qui la scarsa


loro efficacia. Chi ripensi, per esempio, ai Sepolcri del Foscolo, intender ci di cui lamento la

mancanza
dittore

vato

E quando

nel Pascoli.

duole che n

si

io

il

altri

mio contraabbia osser-

che lungo e che grande amore debba esser

costato

Poemi

al

Pascoli

conviviali, in

rivive a

ispirazione

la

di

quei suoi

rinovera, analizza e

cui

una a una ordinatamente

Omero
Poemi

le et di

e di Esiodo, quella dei tragici greci nei

di Ate, quella dell'arte plastica in Sileno,

samenti

di

pen-

Platone nei poemi di Psiche, e

denuda l'anima

ci

dell'et di Alessandro, di Tiberio,

dei popoli di Oriente in

mente canta l'annunzio

Magog, e

final-

assommano
civilt moderna ,

sono

una

che egli

nella quale tutte le altre

fluiscono a produrre la

Gog

dell'era novella cristiana,


si

costretto a rispondere ancora

dimentica un principio di

volta,

critica, pel

e con-

quale la

ricchezza di erudizione, l'ordine storico sapiente,


la giustezza del colore storico, e via dicendo,

II

INTORNO ALLA CRITICA

101

sono cose tutte estranee all'arte tanto vero,


che si trovano anche in poeti mediocri, i quali,
incapaci di scrivere dieci bei versi d'amore,
;

nel comporre trilogie


drammi, cicli di poemi e legcon relative annotazioni stori-

sono poi resistentissimi


e decalogie di

gende

di secoli,

che dottissime.
e

Senonch, qual poi il giudizio complessivo


che i miei contradittori hanno

conclusivo

opposto a quello da

me

proposto e dimostrato

intorno all'opera del Pascoli?


i

parecchi

articoli,

mio

posito del

che

si

Ho

innanzi a

me

sono pubblicati a pro-

studio; e cerco

una conclusione

diversa dalla mia, e non la trovo. Ecco

il

Rabiz-

e probabile conversazione:

una mia possibile


Pur non accettando

conclusioni a cui giunge

il

Croce nella crudit

zani,

le

che

si

dava pensiero

di

della formola e nel rigore dello spinto,

ammettere

il

dobbiamo

carattere frammentario dell'opera

poeta ha uu grande mondo,


ma non ancora riuscito ad esprimerlo
compiutamente. Per ora, la sua sovranit
nell'abisso della sua mente. E quand'anpascoliana. Il

che non riuscisse a farnela uscire, noi gliene


daremmo il merito, sebbene l'Amiel abbia detto
che le genie latent rest qu'une prsomption:
tout ce qui peut tre, doit devenir, et ce qui
ne devieni pas n'tait rien. Mi pare giudizio
assai pi severo del mio; e, se mai, ho paura
che il dottor Rabizzani dovr fare una penitenza
pi grossa della mia. Ecco la Rivista di cultura
di don Romolo Murri, non certo avversa al

102

II -

Pascoli

INTORNO ALLA CRITICA

a ogni modo, assai equanime:

e,

dividiamo, a

proposito del Pascoli,

il

Non

giudizio

recentemente datone dal Croce: giudizio giusto nella sostanza, se riguarda, nell'insieme, l'opera e l'ispirazione poetica del
Pascoli, ma ingiusto per rapporto a molte particolari poesie. E vogliamo dire questo: che il
Pascoli non ha una cos ricca e possente
ispirazione poetica che non gli venga mai
meno nel suo molto versificare, n un cosi fine
e sicuro gusto da non dare al pubblico, della
molta opera sua, se non quello che Anito o
perfetto; ma, dall'altra parte, quello che il Croce
concede di strofe e di brani di poesie, che sono
di un vero e grande poeta, noi pensiamo si possa
raramente estendere a poesie intere ( ). Non
dividiamo; ma, viceversa, dividiamo. Un altro e
temperato critico affaccia un dubbio, ma comincia col concedere: Il Croce ha messo il dito
i

sulla piaga: lo smarrirsi dell'ispirazione univer-

mare dei particolari , presso il Pascoli,


un caso non infrequente. Ma non sarebbe questo
un segno de' tempi, non sarebbe la parte caduca

sale nel

dell'arte pascoliana, la quale vivr

ad onta

ne' secoli

di tutti

egualmente

suoi difetti,

ombra

appena

percettibile a petto ai suoi grandissimi

pregi?

2
).

Perfino

il

Pietrobono non sa dire

carattere generale della poesia del

altro circa

il

Pascoli

non che quella

1
)

2
(

se

Rivista di cultura, 19

maggio

una gran

bella

1907.

F. Pasini, nel Palvese, di Trieste, del 14 aprile 1907.

II -

INTORNO ALLA CRITICA

103

poesia; lode che, nella sua indeterminatezza,


potrei concedere anch'io. Perch, se alla poesia

non avessi riconosciuto valore, e


le avrei fatto (questo ben
chiaro) l'onore di un lungo esame, e di questa
non breve discussione, che ora gli ha tenuto dietro.
del Pascoli

molto valore, non

1907.

Ili

DODICI ANNI DOPO

1.

Ancora sulla poesia del Pascoli (*).

Da una

dozzina d'anni non avevo letto quasi

pi nulla del Pascoli, saziato dallo studio che

un tempo feci delle cose sue per scrivervi intorno un saggio, il quale, quando fu pubblicato,
nel 1907, parve, peggio che severo, ingiusto.

con curiosit ho

tolto

tra

mano

la

delle poesie di lui ha test curata

il

scelta

che

Pietrobono

{Poesie di Giovanni Pascoli, con note di Luigi

Pietrobono, Bologna, Zanichelli, 1918); con curiosit (prego

il

lettore di credermi) assai bene-

vola, animata dal desiderio di scoprire nel Pascoli, dopo tant'anni, aspetti che allora potevo
non avere scorti, e di giudicare, dopo tant'anni,
con mente rinfrescata, non solo la poesia di quel

()

Dalla Critica, XVII, 1919, pp. 320-28.

106

III

ma

DODICI ANNI DOPO

Il Pascoli non
viveva e il
ancora
pi; e tra
presente sono accaduti tanti straordinari avve-

poeta,

stesso giudizio mio.

lo

il

tempo

ch'egli

nimenti, che hanno respinto assai indietro, nel

remoto,

gli

anni anteriori al 1914, comprimen-

un periodo gi chiuso, quasi con lo stesso


cangiamento di prospettiva che la Rivoluzione
doli in

francese fece per gli anni anteriori al

789.

Ho

dunque gli occhi verso il Pascoli come


verso un autore del vecchio tempo (del buon
vecchio tempo ?), pel quale non si pu non esser
levato

disposti a simpatia; e perfino l'averlo

nei giorni lontani accresceva

simpatia, perch anche questo

criticato

sentimento

il

di

mi formava un

legame con lui, anche questo me lo faceva parte


di una parte della mia vita passata. S'aggiunga
che il compilatore del volume, il Pietrobono, ha
molto amato il Pascoli ed colto e fino ingegno, e m'invogliava perci

a rileggere

quelle

poesie sotto la sua guida bene informata, esperta

ed affettuosa;

e,

a dir vero, per questo riguardo,

non mi toccata alcuna delusione, e credo che,


posto che giovi adornare di comento le opere
del Pascoli, non si poteva eseguir tale compito
in

modo

migliore di quello tenuto dal Pietro-

bono, che non pu esser tacciato se non

forse

di sottigliezza e ingegnosit eccessive, effetti di

eccessivo amore.

Ma, pel

resto, ahi, ahi,

intenzione, la

come

la

mia buona

mia mite e sentimentale e malin-

conica disposizione d'animo, stata presto tutta


sconvolta! Come mi son sentito riprendere di

DODICI ANNI DOPO

Ili -

107

colpo dall'antica ripugnanza, e risospingere all'antica riprovazione, fotta pi acuta e pi violenta dalla stessa serenit con la quale

mi ero

messo a riconsiderare, dalla stessa aspettazione


che avevo carezzata di poter temperare il mio
antico giudizio o integrarlo col riconoscimento di
alcune cose belle
zione

si

di quella poesia!

la

riprova-

volta in isdegno, ricordando di aver

su pei giornali letterari, che ormai venuto il tempo d'introdurre il Pascoli nelle scuole
italiane, a modello o incitamento stilistico per la
letto

nuova generazione. Oh, no! Noi non abbiamo il


propagare nella nuova generazione le
malsanie e i vizi nostri; non abbiamo, in ogni

diritto di

caso,

che

il

diritto di toglier d'innanzi

la tradizione dei secoli

surrogarvi

per

delle

gl'idoli

esaltazioni, dei nostri

ad essa quelli

ha consacrati

classici,

nostre fuggevoli

morbosi sentimentalismi,

e dei nostri capricci.

Ci che altra volta ebbi a notare, ci che

sempre mi era sommamente spiaciuto nei versi


del Pascoli, e mi aveva fatto dubitare della sua
virt poetica, mi s' ripresentato subito agli
occhi, appena aperto il volume, alle prime pagine.

quasi la caratteristica della sua arte

il

metro il ritmo del sentimento


che richiede un certo andamento, che s'intravvede, si presente, si attende, e il metro che gliene
d un altro. Donde anche, introdotta questa prima
dissidio tra ritmo e

scissione nell'inscindibile,

il

compiacersi nel par-

ticolare per s fuori della nota fondamentale,

per un altro verso, caricare

il

e,

tono per ottenere

108

III -

DODICI ANNI DOPO

cercato disarmonia ed affettazione. Vedo


comentatore insiste su ci, che la poesia
del Pascoli poesia di dissidio; e teorizza
che il dubbio uno stato d'animo anch'esso,
e il poeta che n' vittima, e vuol essere sincero,
bisogna pure che, come sente, cos si esprima,
e non rifugga dall'apparire nel tempo stesso ot-

l'effetto

che

il

timista e pessimista, ecc.


e

non

ci

sarebbe niente da

starebbe benissimo,

ridire, se si trattasse

ma

solo di contrasti psichici;

contrasti psichici

debbono, in arte, essere composti

in

armonia

estetica: ci che l'uomo divide, e ci che divide

l'uomo, la dea dell'arte congiunge.

Che

poi per

l'appunto quel che al Pascoli, per infelicit d'in-

gegno, non veniva mai


Si tagli
triste
'

Si

ma

la fronte,

fatto.

da una siepe

dolce

mosse per

ma

un mattino
e,

volta

suo cammino.

il

sente che lo scrittore

plice,

era

suo bordone,

il

vorrebbe esser sem-

la terzina, invece, si gira e si dondola,

come compiacendosi

di s

stessa.

Si

noti quel

che atteggia il personaggio


volta
come un attore, che prende a rappresentare la
sua parte. E non pago di aver dato quest'atla fronte,

teggiamento,

lo scrittore vi

calca sopra:

SI: mosse.

Al che

il

comentatore

Si accorge di

aver ado-

perata una parola forse superba, e la ripensa

come per
la

correggerla;

sua superbia,

ma

ma

trova invece che non

la verit glie l'ha posta sulle

Ili -

DODICI ANNI DOPO

labbra, e la conferma

vede qual superbia

lito,

Ora, veramente, non

ci sia

nel

cammino; ma ben

proprio
scoli

ha

109

si

si

moversi per il
vede che il Pa

sua parola, ossia, al sol'ha vezzeggiata, compiacendovisi.

ripensata

la

quella era la siepe folta

d'un camposanto, ed era il camposanto,


quello, dove sua madre era sepolta.

Affettazione di semplicit che s'impaccia

ampie pieghe

nelle

verso e della strofa, e affet-

del

tazione di sentimentalit, in quella fantasia del

bordone, tagliato dalla siepe, e proprio da quella


del camposanto, e proprio del

camposanto

in cui

giaceva la madre morta.


D'allora ha errato. Seco avea soltanto

suo bordone.

il

qua

la porse.

E qua tese la mano,


E ha gioito e pianto.

Solennit apparente, vuoto sostanziale, tutte frasi

generiche che paiono dire grandi cose e dicono


nulla.

le frasi

generiche continuano nella ter-

zina che segue:

vidi

il

fiume,

il

mare,

il

monte,

il

piano:

tutto...

S,

tutto,

perch non ha visto niente

di

parti-

colare e di significante.
e a tutto era pi presso
di

quanto

il

il

cuore

piede n'era pi lontano.

Sentimento, che potrebbe esser vero,


in

forma

ma

di antitesi, e perci falsato in

reso

un

gio-

110

III

DODICI ANNI DOPO

chetto. Invece di sentirci

quel sentimento,

con

lo scrittore,

Cos

perch
dica,

si

il

riempire l'animo da

soffermiamo ad analizzare,

ci

giochetto.

va innanzi sino

alla fine: peggiorando,

bordone mette poi foglie, germina, rasenza diventare simbolo vivente, s' in-

il

e,

goffisce in cattiva allegoria.

secondo componimento del volume quello


de Le ciaramelle. Chi non sente come liquefarsi
l'anima al loro suonoj^Jfla appunto chi questo
Il

-Tret*ter~c1

le

preso da un soave palpito al riudire

ciaramelle, palpita cos perch non lui

ciaramella,

ma

una

un'anima, che, ormai diversa e

matura, riportata

alle

immagini

e alle

com-

mozioni della fanciullezza. Ricordo la vigilia di


"Natale, evocata dal Di Giacomo in una sua lirica d'amore: la Napoli, verso sera, tripudiente,
rumoreggiante, piena di lumi, guardata dal poeta
dal mezzo della collina, che le sovrasta. Ci sono

anche

le

zampogne:

Saglieva 'a dinto Napule, nzieme, cu tanta voce,


cunfusa 'int' a na nebbia na luce 'e tanta lume:

sentevemo 'e zampogne, c''o suono antico e ddoce


jenghere ll'aria, e tutti sti voce accumpagn...

Ma

il

Pascoli

si

fa

lui

ciaramella, e ciaramel-

leggia con esse:


Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.

Ili

DODICI ANNI DOPO

111

Sono venute dai monti oscuri


ciaramelle senza dir niente;

le

hanno destata nei suoi tuguri


tutta la buona povera gente...

Una

filastrocca tutta ripetizioni di concetti, ar-

piagnucolamento

guzie, insistenze, affanno,

una

bruttura.

sorvolo sul terzo componimento {La voce)


perch l'altra volta gi
di Zvani ,

quello

ne mostrai la sconvenienza e sconcezza

appena

e libo

quarto, in cui l'abbaiar di un cane a

il

notte alta chiuso in istrofe di questa spontaneit:


l nell'oscura valle

dov'errano

da niuno viste, le lucciole,


sonava da fratte lontane
velato il latrare d'un cane;

sole,

e,

scontorcimento e balloncane abbaia davvero, fa bau-bau:

in tanto artificio e

zolamento,

il

Va! va! gli dice


sonando irosa di

la

voce vigile,

tra le tenebre...

incontrandomi nel quinto componimento {Valentino)


con le galline che schiaE, infine,

Un

mazzano:

cocco per

te!

cocco! Ecco ecco

mi arresto e non

Cio, smetto di percorrere

volume e

lo sfoglio

qua

e l;

un cocco un
procedo

oltre.

ordinatamente il
e su qualunque

cosa poso l'occhio, ritrovo le stesse affettazioni.

Ecco

il

scrittore

tanto celebrato Aquilone: nel quale

lo

vorrebbe ritrarre un momento della

112

III -

DODICI ANNI DOPO


noi

propria vita di fanciullo, risvegliatosi

suo

ricordo alla vista di una bella mattina, piena di

che lo riconduce ad altra simile di quei


tempi lontani. Ma la sua incapacit a fecondare
un motivo poetico, si che produca la propria forma, si dimostra qui chiara dal suo ricorrere (cosa
che sfuggita al Pietrobono) a una forma bella
sole,

maremmano

fatta,

Il

canto del Carducci comincia:

all'Idillio

del

Carducci.

Col raggio del mattin novo eh' inonda


roseo la stanza, tu sorridi ancora

improvvisa

il

al

mio cuore,

Pascoli, sebbene

col

Maria bionda!

solito

tono di appa-

recchio e d'affettazione, comincia

allo

stesso

modo:
C' qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d'antico: io vivo altrove, e sento

che sono intorno nate le viole.


Son nate nella selva del convento
dei cappuccini...
Il

Carducci termina:
Meglio era sposar te, bionda Maria!
Meglio ir tracciando
Meglio oprando obliar

il

Pascoli:

Meglio venirci ansante, roseo, molle


come dopo una gioconda
corsa di gara per salire al colle!
Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,

di sudor,

ti

pettin co' bei capelli a

onda

tua madre... adagio, per non

farti

male.

Ili

Ma

le

DODICI ANNI DOPO

113

parole del Carducci sono schiette,

il

tono

eguale; e quelle del Pascoli una sequela di abi-

da virtuoso, frigidissime: versi troppo vibrati non si sa perch, specie il terzo di ciascuna
terzina; versi che, non si sa perch, fanno spicco:

lita

tra le

che

al

immagini

morte foglie

ceppo delle quercie agita


leziose,

come

il

vento;

l'aquilone che s'innalza:

il filo dalla mano,


fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano;

s'innalza; e ruba

come un

di

falsit

impedi-

ritmo e leziosaggini, che

scono alle pi gentili immagini di acquistare la


loro musica:

una dolce aria che scioglie


dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch'erbose hanno le soglie
un'aria d'altro luogo e d'altro mese
Si respira

le

(bello!):

e d'altra vita: un'aria celestina

che regga molte bianche

ali

sospese {troppo
[cincischiato !)...

tutto

il

componimento ha un aspetto

gegnato, di preparato (S,


sta

una mattina Che non

gli aquiloni!

c'

di

con-

que-

scuola...), direi,

vera poesia.
a proposito del Carducci e del Pascoli. Mi
fu raccontato, da chi v'era presente (uno dei nostri
pi fini artisti), che un giorno il Carducci, trat-

di ginnastico, alienissimo della

tenendosi in casa di amici e trovato sul tavolino


B. Croce, Giovanni Pascoli.

114

III

DODICI ANNI DOPO

un volume

del Pascoli, ne lesse qua e l ad alta


voce alcune pagine, e poi, richiudendolo d'un
colpo e posandovi su la mano, ammoni gli
astanti:
La stessa
Questa, non poesia!
sentenza mi sale dai precordi, dopo avere rias-

saggiato

contro di

le

composizioni

me quanto

vi

del

Pascoli.

piace:

questa,

Gridate

non

poesia.

se

non

poesia,

eppure ha avuto tanta

voga, ed ha ancora tanti ammiratori, donde la

ragione della sua fortuna? Credo

da ci, che
grande
poesia italiana,
essa giunse opportuna: la
merc i diversi ma del pari alti esemp del

Manzoni

e del Leopardi, era stata salvata dallo

scompiglio romantico,

e,

merc quello del Car-

ducci, dalle mollezze dell'ultimo

romanticismo.

l'esempio del Carducci oper anche sul D'An-

nunzio (non solo nel giovanile Canto novo,

ma

anche qua e l di poi) come freno, e come freno


oper nel primo e nel miglior Pascoli (le prime
Myricae): ma, pi tardi nel D'Annunzio e pi
presto nel Pascoli, quel freno s'allent, e proruppe
in essi la letteratura decadente, che era in agguato dietro le loro anime, e l'uno e l'altro diventarono precursori e avviatori del futurismo.
Il Pascoli, meno vigoroso del D'Annunzio, il quale
ha avuto una sua forza di gioia sensuale, che
stata la sua sanit e si guastato soprattutto
con l'intellettualismo dell'eroico e ora del religioso; il Pascoli, che era disposto al sentimentalismo, doveva pi gravemente soggiacere al decadentismo e futurismo, alla spinta analitica, alla

Ili

DODICI ANNI DOPO

115

disarmonia, al disgregamento, alle smorfie e alle

sconcezze dell'impressionismo inconcludente. E


poich la sua corruttela estetica prendeva per

materia la piet,
stezza, la
il

quale

si

scandalo

la bont, la tenerezza, la tri-

morte (diversamente dal D'Annunzio


compiaceva di altre cose, che davano

ai

timorati), al Pascoli stato possibile

soddisfare in

modo decente

quel ch'era di mal-

sano nelle anime timorate, e persino nei preti

come,

Fogazzaro stato
il D'Annunzio dei cattolici, ed ha scritto per le
famiglie cattoliche il Piacere e il Trionfo dello
morte sotto i titoli di Daniele Cortis, di Malombra e di Piccolo mondo moderno.
Con quali aspettazioni abbiano accolto il Pascoli i cattolici si pu vedere dalla prefazione
stessa del Pietrobono, che preso da quella conper un altro verso,

il

dizione di lui tra la fede e l'incredulit, interpe-

trandola quasi presentimento di cielo, quasi per-

secuzione che

il

Signore faceva di un'anima, che

ancora gli riluttava. E da essa si pu vedere


quanto potere il sentimentalismo, lo spirito di
piet e di carit,

pace, della quale

il
il

desiderio e le esortazioni alla

Pascoli

si

era fatto professio-

nale rappresentante, abbiano avuto sui cuori teneri,

a segno da far dimenticare che tutto ci in

poesia non vai nulla se non diventa poesia, ed


addirittura odioso
al

mancante valore

quando procura

di

surrogare

di poesia materiali valori di

sentimento.
Cos ora

decadenti,

gli stilisti

(che sono poi

decadenti, perch sol essi pensano allo

stile

116
i

III

grandi,

DODICI ANNI DOPO

hanno

classici lo

vorrebbero introdurre

non

vi pensano),

la poesia e la

prosa del

Pascoli nelle scuole, nelle scuole classiche,


ideale di finezza artistica; e

come

scuole elementari,
e

fetti,

di

Y Adelchi

(di

educatrici a gentili af-

non vi si parla
che persino nelPromessi sposi]). Ma per le

quell'amore

nei

elementari

Pascoli?

Non

Non

il

c'

come

cuori teneri, nelle

preti nelle loro, perch

amore

scuole

proprio

c' di

indispensabile

il

pi vecchio e di meglio?

poeta che facevano leggere a noi ra-

imparare a mente, il buon canonico


di Ariano di Puglia? Se necerti
usi una poesia non poetica,
cessaria per
una poesia pratica, quella del Parzanese fa seme

gazzi,

Parzanese, gloria

pre perfettamente al caso e quasi mi vuol parere


che essa dia, per questa parte, la realt di ci
;

che

il

Pascoli invano

si

sforz di raggiungere.

Volete onomatopee?
Suona, o campana, suona, o campana,
suona vicina, suona lontana.
Tu sei la musica del poveretto,
che nel sentirti piange d'affetto;

comprende la tua parola,


quando sonora per l'aria vola.
Dig din, dog don,
ei sol

T'allegra, o povero, questo

il

Volete riproduzioni di movimenti?


Dote non ho n panni,
e pur vo' farmi sposa.

Passati son tre anni

che

la

mia man non posa.

tuo suon!

Ili

Ma
e

il

il

DODICI ANNI DOPO

tempo via sen

117

va,

caro d verr

che tanto

il

ciel sospira;

Filatoio, gira, gira.

Volete ninna-nanne?
Dormi. La bella luna
prende del ciel la via;
passa, e sulla tua cuna
un bianco raggio invia.
Pe' poveri Iddio vuole

che splenda luna e sole.


Dormi, fanciullo mio,
dormi, ti veglia Iddio.

Volete figurini di curati?


Zitto! Cessi lo strepito e

che!
8'

non vedete

il

'1

baccano:

nostro buon pievano?

inoltra passo passo

il

vecchierello:

traetevi

cappello.

il

di poverelli?

Se vedete un vecchierello
d'occhi cieco e d'anni stanco,

senza scarpe n mantello,


che alla figlia appoggia il fianco,
nel recinto del castello

date loco al vecchierello...

di

sventurati? Chi non ha lagrimato per la

cieca del Parzanese?

Non mi

dite

che torna

il

mattino

a svegliare le cose dormenti

non mi
sono

dite che d'oro e rubino

lembi del cielo ridenti.

mio ciglio il Signor non aprio...


Deh! sia fatto il volere di Dio.

Il

118

Ed

III -

DODICI ANNI DOPO

era molto gentile, quella cieca:

Quando sento il profumo d'un giglio,


voi mi dite ch' bianco qual neve.
Com' il bianco? In pensier lo somiglio
a quel senso che l'alma riceve

quando ascolta
d'un liuto

il

sull'ala del vento

lontano lamento...

Che cosa mai sono venuto recitando? Vecchi


dell' infanzia, anche questi
ma, al tempo

suoni

stesso, cosette

modeste, adatte al loro

pratico

ben intonate, che mi ridanno quel senso


di equilibrio, che gli spasmodici ritmi del Pascoli mi avevano tolto: del Pascoli che (per dir
tutto in una parola) in arte era un atassico, ossia
non coordinava i suoi movimenti.
Quiconque ne sent pas ce defaut est sans
aucun got ; et quiconque veut le justifier se
rnent lui mrne. Ceux qui m'ont fait un
crime d'tre trop sevre, m'ont force Vtre
vritablement et n'adoucir aucune vrit
intento,

(Voltaire, commento sul Corneille).

2.

Il

Paulo Ucello

( ).

Il Pascoli lesse nel Vasari che Paolo di Dono


dipingeva storie di animali, de' quali sempre

si dilett,

(i)

e per fargli bene vi mise grandissimo

Dalla Critica, XVIII, 1920, pp. 60-64.

Ili

DODICI ANNI DOPO

119

che pi, tenne sempre per casa dipinti uccelli, gatti, cani, e d'ogni sorta animali strani che potette avere in disegno, non
potendo tenerne de' vivi per esser povero; e
studio,

e,

perch

si

dilett pi degli uccelli

cognominato Paulo Ucello


II,

208). Lesse e fraintese,

perch

volle punto dire che Paolo


gli altri

animali

che d'altro, fu

(Vite, ed. Milanesi,

>

biografo

il

amasse

non

gli uccelli e

non potendo farne acquisto, imli dipingesse per suo gaudio


casa, ma che amava dipingere
e,

pedito da povert, se
sulle pareti di

uccelli ed altri animali (compresi

penti e ogni sorta di brutte

essendo in grado di possederne

aveva adunato

leoni

bestie) e che,
i

vivi

ser-

non

modelli,

sua quanti disegni potesse procurarsene. La notizia, data dal Vasari,


si

riferisce alla

in casa

comune

vita degli artisti, ed

ma

psicologicamente comprensibile e naturale;


zione o
rifletta

non

pu affermare della interpetrafraintendimento del Pascoli, perch (si


un istante) a quale verit psicologica

lo stesso

si

risponderebbe questa surrogazione del dipingere


possedere? Chi desidera un uccellino reale,

al

desidera qualcosa di pratico,

non potendo otma non troun sostituto omoe,

tenerlo, si dorr o si rassegner;

ver mai un equivalente o


geneo a quell'oggetto nell'attivit
trascende l'uccellino

come

realt

artistica,

compiace nel proprio creare. Chi

ama una

ama

.la

quella donna, la desidera,

che

vivente e

si

donna,

brama; ma,

si mette a dipingerla, l'abbassa a materia o


modello che si chiami, e, in quell'atto, trascende

se

120

III

DODICI ANNI DOPO

suo amore e ogni altra cosa terrena, ed Innadi una donna, ma di un'idea.
Tanto vero che raccoglitori e amorevoli curatori
il

morato, non pi

di animali domestici

mali,

ma

tari; e

la

le

il

non sono mai

vecchie signorine e

Ma

ma

gatti,

forse

il

sul

pittori di ani-

vecchi celiba-

festosi

la

casa di

gatti,

non

paesaggi di Napoli.

Pascoli non fraintese per isvista

di lettura, e volle

ossia

pittore Dalbono, famoso in Napoli per

sua mania di riempirsi

dipingeva

deliberatamente fraintendere,

del Vasari ide quella sua im-

testo

maginazione di un Paolo Ucello, desideroso di


avere uccelli in casa, e sfogantesi nel ritrarli,
e tuttavia tornante sempre al suo desiderio.
Perch? Perch quell'immaginazione gli parve
commovente, leggiadra, tenera. Pensate un po'!
Un gran pittore, che passa pel mercato, vede

un

fringuello in gabbia, rosso in petto e nero

mantello, che

il

somigliava un fraticino di san


Marco, vorrebbe portarselo a casa, ma non ha
un grosso per comperarlo, e tira innanzi con
gli

quel mortificato desiderio nel cuore, e va alla


sua opera della giornata, ma la sbriga il pi
presto che pu, per tornare a casa e aggiungere
ai tanti uccelli
ai

che ha gi dipinti sulle pareti,


sopra un

tanti suoi desideri insoddisfatti, l,

ramoscello di melo, quel

Quanta gente non

si

monachino rosso.

lascia subito prendere

queste immaginazioni leggiadre, tenere,

da

commo-

Quanta? Moltissima: tutta la legione dei


che, da alcune settimane in qua,
stanno dando prova dei gentili sentimenti che
venti!

pascoliani,

Ili

DODICI ANNI DOPO

121

immaginazioni educano negli animi, e li


dimostrano nelle loro mansuete, francescane pasiffatte

role,

indirizzate

a Sorella Critica!

Ma

quella

moltissima gente anche di facile contentatura;

come

compiace nel verso che suona e non


crea, cos sdilinquisce per le immagini che paiono
attraenti e sono vuote, vuote di schietto e profondo sentire. Che vi sia o non vi sia una realt
psicologica nell'atto attribuito a Paolo di Dono,
essa non cura si attiene alla superfcie e scatta
in entusiasmi, che altro non chiedono e non
e,

si

aspettano che di scattare.

Comunque, ideata quella prima arguzia o


il Pascoli non si ferm.
E perch avrebbe dovuto fermarsi? Con lo stesso
metodo, e con lo stesso buon successo, poteva
foggiarne quante altre voleva. E immagin che
acutezza sentimentale,

Paolo Uccello fosse terziario, e che nel suo irrefrenabile desiderio di

anche

un possesso terreno, fosse


un uccellino, pec-

di quello -tenuissimo di

casse; e che, dunque, san Francesco

gli

appa-

tra la sua pittura o dalla

risse, l, sulla parete,

sua pittura, e lo rimproverasse e lo ammonisse,


e lo purgasse di profani desideri, e poi, andando
via, attingesse

briciole

gna, e

di

del

suo cappuccio

e le spargesse

per la campa-

dallo

pane

gli uccelli

scollo

volassero a quel lieto convito,

e Paolo, quetato alfine,

sogno.

La

si

addormentasse nel suo

poesia s'iunalzava cos, a suo credere,

a idealit francescana.
Tale fu, per chiunque abbia qualche pratica
di poeti e poesia, la

genesi di questo Paulo

Ucello,

122

DODICI ANNI DOPO

III -

lodatissimo tra

componimenti del

come

mentalistica,

di solito in quel

Ed

Pascoli.

chiaro che non fu una genesi poetica,

ma

tempo

produzione pascoliana, quando l'autore

senti-

della

si

era

dato tutto in balia a certe sue impoetiche tendenze, incoraggiato e traviato da false

da quelle

di amici,

che par

si

lodi,

specie

fossero proposto di

addensargli intorno un velo e fargli perdere

il

senso della realt, e un po' lo vagheggiavano at-

traverso quel velo, un po' celiavano sulle sue

non pu nascere
che siano, perch tutte

bizzarrie. Senonch, la poesia

da intenzioni, per

gentili

le intenzioni sono, in
rali,

astratte;

ma

questo caso, aride, unilate-

nasce dalla piena umanit com-

mossa, come suono tra

i suoni, accordato con gli


non mai tutta tenera o tutta gentile

altri suoni,

o tutta leggiadra.

Anche

la poesia dell'idealit

francescana; della quale uno dei pi vivi esempi

che mi vengano ora a mente un verso e mezzo


di Tommaso Campanella, in un suo duro e nodoso sonetto, dove, ritratto l'orrore dell'umano
egoismo, le

lotte,

le

insidie, le

di tutto, gl'infingimenti interiori

stesso

annichilando

si

e, pi
per cui l'uomo

calunnie,

converte alfine in

improvvisamente esclama, come


spieghi innanzi un lembo di paradiso:

istnge,
si

Tu, buon Francesco,

se gli

pesci anche e gli uccelli

frati appelli!...

E, se

si

corder

vuole un esempio pi a noi vicino,


il

ri-

sonetto del non professionale france-

scano Carducci, quel sonetto, in cui

il

poeta,

Ili

DODICI ANNI DOPO

alla vista della fertile costa

basio, considera

commosso

123

che pende dal Su-

su]

piano laborioso,

risuona di canti d'amore,

che al sol
Santa Maria degli Angeli:
di

luglio

Frate Francesco, quanto d'aere abbraccia


questa cupola bella del Vignola,
dove incrociando a l'agonia le braccia

nudo giacesti su

la terra sola!...

ma

Poich la genesi non fu poetica


nale,

o,

come

io dico, intellettualistica,

non pot indovinare

forma poetica,

la

intenzioil

Pascoli

la

quale

tutt'uno con l'ispirazione, e nell'ispirazione


gi delineata e mossa.

prese a stendere

il

suo

estratto quintessenziale di tenerezze e dulcitudini


e

francescanerift

in

una forma

artificiosa

estrinseca, che subito dimostrata tale dalla

notonia

dell'

ed

mo-

intonazione, dalla semplicit troppo

semplice, che in essa

si

osserva. Si desiderano

prove di ci? Come darle a chi non ha orecchio


per sentire il tono falso? Come fissare in alcune
parole ci che diffuso in ogni snodatura e spezzatura della sintassi,

in ogni

inflessione

della

voce? La critica (l'ho detto tante volte) ha un


limite o un presupposto che si chiami: il presupposto che si abbiano occhi per ben vedere e
orecchi per ben udire. Tutt'al pi, essa pu
aiutare con qualche indicazione:
sulla parete, al

la sua bella maniera


fiammeggiar del cielo.

rosso, ecco,

Dipingea con
il

monachino

era,

posato sopra un ramuscel di melo.

Che

la parete verzicava tutta

d'alberi..

124

III

DODICI ANNI DOPO

anche:
Oh! non voglio un podere in Cafaggiolo,
come Donato: ma un cantuccio d'orto,
s, con un pero, un melo, un azzeruolo.
Ch'egli pur, credo,

un capodaglio per
Ma un rosignolo

il

singoiar conforto

chi l'ha piantato!...


io lo vorrei di buono...

Un altro aspetto di questa forma, senza intimo freno, senza intima sua legge, e che ha
accattato una legge dall'esterno, da un proposito
della mente, da
licare

il

uno

sforzo,

da uno stento

di vel-

cuori teneri e tenerli in dolce spasimo,

frazionamento nei particolari, le lungherie,


inopportune. Il Pascoli, anche in

le materialit

questo caso, non

di uccelli,

le

ci

risparmia n

le

nomenclature

sensazioni fsiche, per

es.,

dei

miche sparse ( E, come


un bruscinar di primavera, Rimase un trito becchettio sonoro), n il solito usignuolo onomabecchi che beccano

le

topeico, che, alla dipartita del santo, canta chie-

dendo dov'era ito... ito... ito....


E conseguenza di ci la perplessit nel lettore, che non sa se il poeta scherzi o dica sul
serio, se sia in un momento di festevolezza o
non piuttosto di accoramento, se voglia dilettare
con un rifacimento arcaico che susciti un sorriso, o se esprima un suo serio sentire. Che cosa
quel san Francesco, che favella con vocaboli
e formole tolte di peso ai Fioretti e gestisce con

attucci che

una

mal traducono

follettino,

le pitture

trecentesche?

una caricaturina, un
da divertir bimbi, o il santo del gran

figurina grottesca,

Ili -

DODICI ANNI DOPO

125

cuore, che deve riempirci di riverenza? No: nella

mi riempie di
riverenza e di amore, ma non posso dir neppure
che mi diverta. E quale impressione, dunque, mi
figurazione del Pascoli egli non

suscita?

Buona

codesta, color foglia secca,

ha

la tua sirocchia santa,

la lodoletta,

che ben sai che becca

tale qual

due grani in

terra, e vola in cielo, e canta...

sminuiva, e gi di

lui

non

c'era,

cinque stelline d'oro...

sui monti, che

Quale impressione? Non altra che quella, poco


piacevole, della poesia stentata e sbagliata.
Sbagliata, ho detto;

ma

sbagliata dal Pascoli,

non gi da un qualsiasi arfasatto: dal Pascoli


che non solo era un letterato studiosissimo, ma
era, o almeno era stato una volta, poeta, il poeta
e

idilliaco e triste delle

primissime Myricae, e di

tempo aveva come un'apertura di cuore


gli uccelli, le modeste opere
agricole e casalinghe, e un senso di gioia e di
malinconia schiette. Di questo fondo spirituale
di lui, guasto da sovrapposte cattive tendenze e
dal cangiamento dello spontaneo nel professionale, si scorgono le tracce anche nel Paulo Vcello,
tempo

in

verso la campagna,

particolarmente nel
ritrae

(e.

2) la

modo simpatico

in cui egli

parete dipinta da Paulo, quella

parete che verzicava tutta d'alberi, d'erbe, di


fiori,

falci,

qua vi
qua l'aratura e

di frutta, e

si

vedevano zappe

messi biondeggianti,

e due bovi messi in prospettiva che

e l

parevano

126

III -

DODICI ANNI DOPO

grandi ed erano pi piccoli di un leprotto che

fuggiva nel primo piano. Peccato che anche qui


la

lamentela del tono turbi

l'effetto, e la

troppa

semplicit tolga semplicit.

questo quanto

intorno al Paulo

come un

esaltano

si

pu onestamente dire
coloro che oggi lo

Ucello. A

capolavoro

come

>,

sotto silenzio, e

bosit),

ca-

insolentiscono contro di

poesia

una
puuna divina poesia francescana > e

polavoro dei capolavori pascoliani


rissima

il

di

poca

me

perch l'ho passato

mi tacciano

sensibilit

mi contento

di

di
*

non
(o di

rispondere:

sentire la

poca morEh, via!

APPENDICE

Da qualche accenno che

nelle noterelle critiche

raccolte nella terza parte di questo volume,

let-

avranno agevolmente inferito che anch'esse fecero


scandalo e suscitarono un uragano di proteste e d'invettive, maggiore e peggiore di quello che si ebbe
nel 1907, quando fu pubblicato il saggio ristampato
in primo luogo. Cosa naturalissima: nel dodicennio
corso fra le due date si era maturato e svolto a
pi^no il futurismo, del quale il Pascoli , a mio
avviso, da considerare precursore e promotore, nella
nostra letteratura; e la reazione contro il mio giudizio, dopo tanta devastazione e perversione prodotta
nel gusto, doveva essere, come fu, violentissima.
tori

Una
come un

delle accuse

che, in

quel grido, risonava

me, concerneva la mia


insensibilit. Confesso candidamente che dapprima non compresi di che cosa mai si volesse, con
questa parola, lamentare in me l'assenza. Ma, con
ritornello contro di

pazienza filologica ravvicinando

testi (e quali testi

!),

cercandone l'interpetrazione, ho poi non solo compreso, ma, quel ch' meglio, mi sono trovato affatto
d'accordo con gli accusatori. Mi si tacciava, in fondo,
e

APPENDICE

128
di

essere

insensibile

alle seduzioni del pascoli-

amo, del semifuturismo e del futurismo. Insensibilissimo: sono, per questa parte, addirittura un pezzo
di

marmo.
Dopo di

ci, non avrei niente da aggiungere, non


parendomi che quella critica d'opposizione abbia
apportato lume alcuno allo schiarimento dei problemi
artistici da me trattati. Ma, poich, per fortuna una
rivista letteraria, La ronda di Roma, fu invogliata
dalle mie noterelle critiche ad aprire una discussione
o referendum sul Pascoli, che venne inserendo nei

suoi fascicoli tra


a.

n.

II,

1),

il

1919 e

1920

il

mi piace rinviare

(a.

nn. 7 e

I,

a quelle pagine, che contengono molte cose

diosi

istruttive e, nel
dizio. Anzi,

complesso, confermano

come saggio

mio giu-

il

di queste cose istruttive,

trascriver qui alcuni brani dell'articolo di

coloro che presero parte alla discussione,


il

8,

curiosi e gli stu-

quale ebbe, tra

mere

il

il

uno

di

Gargiulo,

buon pensiero

di spre-

succo dei principali studi sul Pascoli, pub-

dopo

blicati

l'altro,

il

il

mio del 1907,

e,

diversamente dal mio,

intonati ad ammirazione, o addirittura a

commossa

tenerezza, pel poeta romagnolo.

recente, solo di qualche

anno

fa,

scrive dun-

lo scritto

che cominci a pubblicare


que
nella Voce l'Onofri, sotto forma di commento estetico
perpetuo alle poesie del Pascoli. Fu arrestato a mezzo
il

Gargiulo

delle Myricae.

dopo,

Quando mi occorse di leggerlo, tempo


candidamente domandare all'autore

io dovetti

fatto a continuarlo, e qual vantaggio


sarebbe ripromesso per la fama del poeta, nel
proseguire. Da quel che se ne vide, la negazione

come avrebbe
si

risultava pressocch totale; d'altra parte, nel modo,


talvolta

perfino

un

po' ingenuo, con cui rari versi

restavano additati all'ammirazione, non

si

ricono-

APPENDICE

129

sceva punto l'Onofri, che pur aveva dato prova di


possedere,

alquanto con

mal non rammento,

un atteggiamento

tro

d'indifferenza.

saggi di poesia, scaltrite

in

critiche. Discussi

facolt

rari versi e, se

conosciamo

quella sensibilit che

oltre

investita direttamente

Ma

di resistenza passiva, se

conclusi

certo

era passato dall' Onofri

anche

lui

il

urtai infine con-

che per

quasi entusiastico

non

meno
momento
lo

aveva dato lena per proporsi quel

di fiducia, che gli

lunghissimo lavoro destinato a discriminazione e


volgarizzamento delle bellezze pascoliane.
Di R. Serra
del quale non mi esagero il valore
critico, ma riconosco alcune buone per quanto disgregate disposizioni,
richiamiamo un po' il saggio
sul Pascoli, del 1909. da notare che il Serra, giustamente, fu detto un temperamento pascoliano; e

forse quel saggio,

le

da

solo,

basterebbe a provare

le

Ora, in tutta la parte negativa, che ampia,

affinit.

abbondano, n certo l'amor

osservazioni giuste

dell'argomento riesce ad attenuarne l'acutezza. Si


porta all'evidenza, nella parte

positiva, la

man-

canza di forma del Pascoli, che sarebbe la forma


propria di lui: i versi del poeta non si cantano,

non
gna

si

ricordano, non

e dolce verso
in

si

'.

citano, se

non

forse

uno o pochi versi rappresentata quasi

la virt

propria di

Roma-

che veramente un bello


se noi, richiesti, dovessimo offrire

solatia, dolce paese,

lui, ci

in iscorcio

rifiuteremmo; per quanti

ce ne potessero passare innanzi, sappiamo bene che di

nessuno saremmo contenti a pieno. Anzi, dicendone


e mostrandone ad altri, mi par che sempre si senta
il bisogno di soggiungere a ogni tratto: a questo non
badar troppo, non ti fermare su quel particolare;
che il poeta non l '.E dov' mai?
dimandiamo
al Serra, caduto in cos profondo oblio del proprio

B. Croce, Giovanni Pascoli.

APPENDICE

130

umanesimo?

cosidetto

nelle cose:

La

poesia del

qualche cosa che fuori della


letteratura, fuori dei versi presi a uno a uno; essa
di cose, nel cuore stesso delle cose '. Ed lo
stesso Serra che in altro scritto, in difesa della forma,
c
Le cosel
o della letteratura, ebbe questo scatto:
Pascoli consiste in

tutto quello che c' in

me

dispettosamente. Nulla
cluderite, retorico,

ed anche

la

come

persona;

' un

vederlo:

di

meno

le

cose

cio,

ingrato

si

rivolta

vago, goffo, incon-

cos

il

'.

Le cose dunque;
bisognava

Pascoli

poeta. Ogni timore, ogni

inquietu-

dine che la lettura poteva aver lasciato dietro di


s, subito cade; in lui non c' falsit, maschera,

non possono

posa, artifizio. Tali cose non esistono;

aver luogo in quest' uomo eh' io vedo. Altri potr


giudicare, pesare, classificare... \ C' altro ancora,
e forse di peggio, che tralascio, nello scritto del
Serra; ma non mi mai accaduto d'incontrarmi
nella condanna di un artista concepita in una forma
pi cruda e radicale di quella che trascrivo: Questa
la sua gran forza e la sua gran debolezza. Secondo
che l'uomo accetti la poesia di lui per quello che
o per quello che vuole essere. Poich se io accetto
la poesia di lui, col significato ch'essa ebbe per lui

quando

la fece, se

mi

trasporto,

come

altri

direbbe,

nel suo punto di vista, allora il valore ne diviene incommensurabile: non valore di cosa d'arte, ma di

cosa viva

si arriva? Eppure il Pascoli del Cecchi,


ha queste parole nell'epilogo, che non sono

Dove

del 1912,

meno preoccupanti

di quelle ora riferite del

gli aspetti torbidi e contrastanti,

Bisogna rifondere

nei quali questa poesia viene,

landosi, in

mano a mano,

un misterioso aspetto

sue contraddizioni,

le

Serra:
rive-

solo nel quale le

sue incertezze,

suoi errori,

APPENDICE
b

siano

stratti

131

del nostro affetto, della

all'ardore

comprensione nostra '. Osservavo, in una recensione che feci del libro nella vecchia Cultura, che
in tale giudizio

come una confessione

al lettore,

quale suona: l'aspetto misterioso, in questo libro,


rimasto misterioso; il mistero non stato svelato '.
Di quello studio dicevo in genere (mi permetto di
la

autocitarmi, perch resto precisamente a quel punto

ora che l'ho

riletto)

c
:

e indulgenti intenzioni;

animato dalle pi benevoli


ma riesce ad una condanna,

quasi tutta esplicita, in

minima parte

l'opera pascoliana. Pare che

il

gnato in questo suo studio tutta

inventiva, che

molta, e

implicita, del-

Cecchi abbia impela

propria sensibilit

residui di un'antica sim-

patia pel poeta, che doveva essere ingenua, non criticamente illuminata. Pure, il risultato quello che
, vale a dire negativo '. Non mancai di rilevare
la sproporzione tra la parte negativa e quella che
voleva essere positiva: Egli non si neppure accorto
che uno studio costituito in massima parte da una
violenta negazione, e diretto, nel tempo stesso, ad
una affermazione energica, doveva essere assai pi
svolto nella parte affermativa, anche sotto il rispetto
che sembra puramente materiale, del numero delle
pagine. Il Pascoli , pel Cecchi, un poeta coperto da
una corazza di falsit? Ha sotto la corazza una emotivit delicatissima e nuova? Ebbene bisognava che
lo studio critico riuscisse solidamente poggiato ed
equilibrato sulla parte affermativa '. Concentravo
naturalmente l'attenzione sulla parte del libro che
c

voleva essere di sicura affermazione, dedicata

alla

definizione della particolarissima, intima ispirazione

pascoliana, di cui poi quasi tutta l'opera del poeta

sarebbe una deformazione


si

'.

risolveva pel Cecchi in

Tale ispirazione centrale

una disposizione

iniziai-

APPENDICE

132

mente sensuale, oggettiva,

pura dedizione

di

alle

cose, attraversata poi dal brivido del dolore e del mistero.

E dovevo

concludere:

Lo

sforzo grande,

ma

vano, del critico consiste nel rendere questo brivido '.


Ma ecco che il Cecchi, invece di svolgere e scioc

gliere fino all'evidenza l'asserito sentimento di dolore


di mistero, il quale resta, nei termini indicati,
ancora sotto una forma schematica, dura ed ambigua;
invece di trarlo alla vita piena, immergendo in esso
le opere del poeta; impegna tutta la sua sensibilit
inventiva, ed anche tutta la sua industria stilistica,
nel ridurre quel dolore e quel mistero alle pi fugaci

ed inafferrabili espressioni ad un brivido, un attimo,


un baleno, e via dicendo '. Il critico aveva paura
di fermare il brivido; le poche citazioni restarono
:

anch'esse sorde all'invito di rivelarlo. Sulla poesia


che ha il privilegio del pi lungo commento, la
Digitale purpurea, io avrei ora curiosit di sentire

da capo

giudizio del Cecchi >.

il

Cos
in parte

Del resto, la lode ottenuta, e


ancora mantenuta, dalla poesia pascoliana,
Gargiulo.

il

e la difficolt di far prevalere

un diverso

e pi pa-

cato giudizio, richiamano moltissime altre vicende

consimili della storia letteraria.

innanzi
fanatici

alle

asserzioni

dei

Ci

vuol pazienza

poco perspicaci e dei

voce pi ch'ai ver drizzan

li

volti,

e cos ferinan sua opinione

prima ch'arte

ragion per lor s'ascolti.

Cos fer molti antichi di Guittone,


di grido in grido pur lui dando pregio,

fin che l'ha vinto

il

ver con pi persone


(Purg.,

Marzo

1920.

XXVI,

124-6).

INDICE

Avvertenza dell'editore
Giovanni Pascoli
I.
II.

III.

Pag.

vii
1

Intorno alla critica della letteratura con-

temporanea ed alla poesia di G. Pascoli.


Dodici anni dopo
1. Ancora sulla poesia del Pascoli
2. Il Paulo Ucello
.

Appendice

71

105

105

118

127

EDIZIONI LATERZA
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(Estratto del Catalogo Settembre 1920)

SCRITTORI D'ITALIA
A cura

di

ELKGANTE RACCOLTA CHK

81

DEDICATA A

ARETINO
(Il

P.,

S.

FAUSTO NICOLINI
COMPORR DI OLTRE SEICENTO VOLUMI

M. VITTORIO EMANUELE

Cartggio

(Il I

libro delle lettere), voi. I (n. 53).

parte

II libro delle lettere),

AMENTI

III

e II (n. 76 e 77).

Le Porretane, (n. 66).


BALBO C, Sommario della Storia d'Italia, voli. 2 (n. 50,
BANDELLO M., Le novelle, voli. 5 (n. 2, 5, 9, 17, 23).
(degli) S.,

BARETTI

La

60).

G., Prefazioni e polmiche, (n. 13).

scelta delle lettere familiari, (n. 26).

BERCHET

G., Opere, voi. I: Poesie, (n. 18).

Voi. II: Scritti aitici e letterari, (n. 27).

BLANCH

L., Della scienza militare, (n. 7).

BOCCACCIO

G., Il Contento alla Divina Commdia e gli altri


a Dante, voli. 3 (n. 84, 85, 86).

scritti intorno

BOCCALINI

T.,

Ragguagli

di

Parnaso e Pietra

del

paragone

politico, voli. I e II (n. 6, 39).

CAMPANELLA
BARO

T., Poesie, (n. 70).

A., Opere, voi. I (n. 41).

COCAI M.

(T.

Commedie

dei Cinquecento, voli. 2 (n. 25, 38).

Folengo), Le maccheronee,

voli. 2 (n. 10, 19).

CUOCO

V., Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del


1799, seguito dal Rapporto al cittadino Carnot, di Francesco Lomonaco, (n. 43).

Platone in Italia, voi.

DA PONTE

L.,

Memorie,

I (n. 74).

voli. 2 (n. 81, 82).

Editori GIUS.

LATERZA & FIGLI

Bari

DELLA PORTA G. B., Le commedie, voli. I e II (n. 4,


DE SANCTIS F., Storia della lettor, ital., voli. 2 (n. 31,
Economisti del Cinque e Seicento,

FANTONI

21).
32).

(n. 47).

G., Poesie, (n. 48).

Fiore di leggende. Cantari antichi ed. e ord. da E. Levi,

FOLENGO T.,
FOSCOLO IL,

Prose, voli.

FREZZI

Quadriregio,

Opere

F., Il

(n. 64).

italiane, voli. 3 (n. 15, 28, 63).


II e III (n. 42, 57, 87).

I,

(n. 65).

GALIANI F., Della moneta, (n. 73).


GIOBERTI V., Del rinnovamento civile

d'Italia, voli. 3 (n. 14,

16, 24).

GOZZI C, Memorie inutili,


La Marflsa bizzarra, (n.

GUARINI

voli. 2 (n. 3, 8).


22).

G., Il Pastor fido e

gicomica,

GUIDICCIONI

G.

compendio della poesia

COPPETTA BECCUTI

IACOPONE

(fra) da TODI,
rentina del 1490, (n. 69).

LEOPARDI

il

tra-

(n. 61).

F.,

Le laude secondo

Rime, (n.
stampa

la

35).
fio-

G., Canti, (n. 83).

Lirici marinisti, (n. 1).

LORENZO IL MAGNIFICO, Opere, voli. 2 (n. 54,


MARINO G. B., Epistolario, seguito da lettere di
tori del Seicento, voli.

Poesie

59).
altri

scrit-

2 (n. 20, 29).

varie, (n. 51).

METASTASIO

P., Opere, voli. I-IV (n. 44, 46, 62, 68).

Novellieri minori del Cinquecento

G. Parubosco

e S. Erizzo,

(n. 40).

PARINI

G., Prose, voi. I e II, (n. 55-71).

Poeti minori del Settecento (Savioli, Pompei, Paradisi, Cerreta ed altri) (n. 33).

(Mazza,

Rezzonico, Bolidi,

Fiorentino,

Cassoli, Mascheroni,

(n. 45).

POLO
PRATI

M., Il Milione,

(n. 30).

G., Poesie varie, voli. 2 (n. 75, 78).

Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, dei secoli XVI,

XVII, XVIII,

voli. I, II, IIIi-ii (n. 36, 49, 79, 80).

Riformatori italiani del Cinquecento, voi.


Rimatori siculo- toscani, voi. I (n. 72).

I (n. 58).

Editori GIUS.

LATERZA & FIGLI

Bari

SANTA CATERINA DA SIENA,

Libro della divina dottrina,


volgarmente detto Dialogo della divina provvidenza, (n. 34)
STAMPA G. e FRANCO V., Rime, (n. 52).
Trattati d'amore del Cinquecento,

(n. 37).

Trattati del Cinquecento sulla donna,

VICO
(n.

G. B., L'autobiografia,

(n. 56).

carteggio e le poesie varie,

il

11).

Le

orazioni inaugurali,
lemiche, (n. 67).

VITTORELLI
Prezzo

De italorum sapientia

il

e le po-

Poesie, (n. 12).

I.,

di ogni

volume

Si fanno

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a serie di dieci volumi degli SCRITTORI D'ITALIA


a scelta dell'acquirente.

Prezzo d'abbonamento: L. 75 per i volumi in brochure e L. 130


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SCRITTORI STRANIERI.
CAMOENS L., I Sonetti, traduzione di
CERVANTES M., Novelle, traduzione
Drammi

T. Cannizzaro, (n. 10).


di

A. Giannini,

elisabettiani, traduzione di R. Piccoli, (n.

ECKERMANN
nadoni,

(n. 1).

9).

G. P., Colloqui col Goethe, traduzione di E. Do-

voli. 2 (n. 4, 6).

ERASMO DA ROTTERDAM,

Elogio della pazzia e Dialoghi


famigliari, traduzione di vari a cura di B. Cuoce, con illustrazioni di H. Holbein, (n. 8).

GOETHE
di R.
Il

W., Le esperienze di Wilhelm Meister, traduzione


Pisankschi e A. Spaini, voli. 2 (n. 7, 11).

Cantare del Cid, con appendice di romanze, traduzione di


G. Bortoni, (n. 3).

PAPARRIGOPULOS D., Opere, traduzione di C.


POE E. A., Opere poetiche complete, traduzione
Olivero,

(n.

5).

Prezzo

di ogni

volume

L. 7,50.

Cessi, (n.
di

2).

Federico

Editori GIUS.

LATERZA & FIGLI

Bari

OPERE DI BENEDETTO CROCE.


Estetica, come scienza dell'espresFilosofia dello spirito.
I.

sione e linguistica generale (4* edizione)

Logica come scienza del concetto puro


duta dall'autore)

II.

III. Filosofia della pratica.

Economica ed etica

(2 a ediz.)

IV. Teoria e storia della storiografia (2 a ediz.)

Saggi

filosofici.

I.

Problemi

L. 18,

edizione rive-

(3*

La

filosofia di

12,

di estetica e contributi alla sto-

16,

ria dell'estetica italiana


II.

15,
15,

Giambattista Vico

Saggio sullo Hegel, seguito


della filosofia

III.

da

12,
altri scritti

storia

di

15,
Economia marxistica (in ristampa).
Scritti di storia letteraria e politica. I. Saggi sulla letteratura italiana del Seicento
15,

IV. Materialismo storico ed

La rivoluzione napoletana del 1799


ricerche (3 a edizione aumentata)

II.

III.

Biografie, racconti e
16,

La letteratura della nuova Italia -Saggi

critici, voi. I 15,

15-

IV.

voi. II

V.

voi.

IH

VI.

voi.

IV

15,
15,

VII. I teatri di Napoli dal rinascimento alla fine del secolo

decimottavo
VIII.

12,

La Spagna nella vita

italiana durante la rinascenza 12,

IX-X. Conversazioni critiche. Serie

e II. Voli. 2

XI.

Storie e leggende napoletane (in ristampa).

XII.

Goethe

XIII.

Una

.30,
12,

famiglia di patrioti ed altri saggi storici e

XIV.

cri-

12,

tici

Ariosto, Shakespeare e Corneille

Scritti varii.

I.

16,50

Primi saggi

8,

Breviario di estetica (Quattro lezioni), (2 edizione).


3,50
Gli scritti di Francesco de Sanctis e la loro varia fortuna,
saggio bibliografico
4,
.

Montenerodomo, Storia

di

un comune e

di

due famiglie 3,50


Editori GIUS.

LATERZA & FIGLI

Bari

CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA.

BERKELEY

G., Principii della conoscenza e dialoghi tra


Hylas e Filonous, trad. da G. Papini, (n. 7) (in ristampa).
BRUNO G., Opere italiane, con note di G. Gentil I. Dia-

loghi metafisici, (n. 2) (in ristampa).


IL Dialoghi morali, (n. 6)

CUSANO
P.

16,

12,
Candelaio
N., Della dotta ignoranza, testo latino con note di

-III.

Rotta,

8,50

(n. 19)

DESCARTES

R., Discorso sul metodo e Meditazioni filosofiche,


24,
traduzione di A. Tilgher, voli. 2 (n. 16)

FICHTE
(n.

....

G. A., Dottrina della scienza, tradotta da A. Tilgher,

12,

12)

GIOBERTI

Nuova

protologia, brani scelti da tutte le sue


24,
opere, a cura di G. Gentile, voli. 2 (n. 15)
V.,

HEGEL

G. G. F., Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, tradotta da B. Croce, (n. 1) (in ristampa).
Lineamenti di filosofia del diritto ossia Diritto naturale e
scienza dello stato in compendio, tradotta da F. Messineo,
(n.

18)

16,

HERBART
dossich,

HOBBES

G. F., Introduzione alla


(n. 4)

filosofia,

tradotta da G. Vi-

12,

T., Leviatano, tradotto

da M. Vinciguerra,

voli. 2

24,

(n. 13)

HUME

D., Ricerche sull'intelletto umano e sui principii della


morale, tradotte da G. Prkzzolini, (n. 11) .
12,
.

JACOBI

KANT
mero

F.,

E., Critica del giudizio, tradotta


3) (in ristampa).

10,
da A. Gargiulo, (nu-

Lettere sulla dottrina dello Spinoza,

Critica della ragion pratica, trad. da F.

Capra

(n. 21)

(n. 9) (2* edi-

zione)

Critica

7,50

Gentile e G. Lombardo-Radice, voli. 2 (n. 10) (2 a edizione)


24,
LEIBNIZ G. G., Nuovi saggi sull'intelletto umano, tradotti
da E. Cecchi, voli. 2 (n. 8)
20,
Opere varie, scelte e trad. da G. Db Ruggiero, (n. 17) 12,
della ragion pura, tradotta da G.

....

SCHELLING

F.,

Sistema dell'idealismo trascendentale,

dotto da M. Losacco, (n.

SCHOPENHAUER

A., Il

mondo come volont

tazione, traduzione di P. Savj-Lopbz, voli. 2

tra-

12,

5)

e rappresen(n. 20).

18,


LATERZA & FIGLI

Editori GrUS.

SPINOZA

B., Ethica,

con note

latino

testo

Bari
di

G. Gentile,

15,

(n. 22)

VICO

G. B., La scienza nuova, con note di F. Nicolini, voi. I


(in ristampa).

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Voli. II e III

FILOSOFI ANTICHI E MEDIEVALI.


ARISTOTELE,

Poetica, traduzione, note e introduzione di


L. 10,

M. Valoimigli

Politica,

traduzione di V. Costanzi

D'AQUINO,

TOMMASO

annotati da

12,

Opuscoli e testi

Bruno Nardi

(voli.

ed

filosofici, scelti

3B,

3)

EPICURO, Opere, frammenti, testimonianze

sulla sua vita,


da E. Bignone
15,50
PLATONE, Dialoghi - Voi. IV: Eutidemo, Protagora, Gorgia,
Menone, Ippia maggiore, Ippia minore, Ione, Menesseno, tradotti da F. Zambaldi
15,
Voi. V: II Clitofonte e la Repubblica, tradotti da Carlo
Oreste Zu retti
15,
Voi. VI: Timeo, Crizia e Minosse, tradotti da C. Giartradotti

ratano

6,

ANNO XVIII

1920

LA CRITICA
RIVISTA

DI

LETTERATURA, STORIA
(serie seconda)

FILOSOFIA

DIRETTA DA

BENEDETTO CROCE
(Si

pubblica

il

giorno 20 di

Abbonamento annuo: per

un

l'Italia L. 15;

fascicolo separato

L'abbonamento decorre

Sono disponibili

tutti

mesi dispari)

per V Estero

Frs. 18;

L. 3.

dal 20 gennaio e si

paga anticipato.

le annate III (seconda edizione) e VII a


quindici ciascuna. Della prima e seconda
annata (1903-1904) esaurita anche la seconda edizione, ma
saranno ristampate, come anche le annate IV, V, VI, XIII,
XVI e XVII non appena si avr un numero sufficiente di ri-

XVI

al

chieste.

prezzo

di lire

LATERZA & FIGLI

Editori GIUS.

Bari

BIBLIOTECA DI CULTURA MODERNA.


ABIGNENTE

La riforma dell'Amministrazione pubblica

G.,

L. 10,

in Italia, (82)

ALLASON
ANILE

Caroline Schlegel, (n. 91)


A., Vigilie di scienza e di vita,
B.,

BALFOUR
BARTOLI

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(47) (in

Le basi della fede, (19)


Leggende e novelle de l'India

ristampa).

A. J.,
E.,

6,50
6.50

antica, (74)

BERGSON E., Il riso, (84)


BORGOGNONI A., Disciplina

6 50

e spontaneit nell'arte, saggi


letterari raccolti da B. Croce, (60)
6,50

CARABELLESE
CARLINI

F.,

Nord e Sud attraverso

La mente

secoli, (16)

6,50

Giovanni Bovio, (77).


6,50
CARLYLE T., Sartor Resartus (2* edizione) (15), (in ristampa).
CASTELLANO G., Introduzione allo studio delle opere di
A.,

B. Croce,

di

7,50

(93)

CESSI C, La poesia ellenistica, (56)


CITANNA G., La poesia di Ugo Foscolo

8 50
(99)

....

6,50

COCCHIA
tura

CROCE

E., Introduzione storica allo studio della letteralatina, (78)


8.50

Cultura e vita morale,


Carducci (95)

B.,

Giosu

-Giovanni Pascoli (98)


CUMONT F Le relijr. orient.

DE COURMONT

5,50

6,50
nel

pagane *, romano,
1

R. Fisica dall'amore,

DENTICE CECILIA DI ACCADIA,


E Knnt, (96)
DE LOLLIS C, Letteratura

6,50

(69)

6.50

(61)

9,50

(8)

razionalismo religioso

Il

di

6,50

francese, (97)

14,50

DE LORENZO G., India e buddhismo antico, (6), (ristampa).


DE RUGGIERO G., La filosofa contemporanea (2* edizione
con aggiunta

Storia

di

un appendice)

della filosofia

Parte I:

voli. 2 (59)

La

filosofia

....

greca

lumi, (89)

DE SANCTIS
DI SORAGNA
EMERSON R.
(49),

15,

-Duo

vo-

12,
F.,

Lettere a Virginia,

A.,

Le profezie

\V\,

L'anima, la

5,50

(87)

d'Amoz, (83) 7,50


natura e la saggezza. (Saggi),

d' Isaia figlio

(in ristampa).

FARINELLI A., Hebbel e i suoi drammi, (62)


FERRARELLI G Mem. milit. del Mezzog. d'Itali*, (45).
FESTA G., Un galateo femminile it. del Trecento, (36).
FIORENTINO F., Studi e ritratti della Rinascenza, (44)
FORMICHI C, Aovaghosa poeta del Buddhismo, (54)
.

7,50
5.50
5 50

8,50

8,50

<

Editori GIUS.

GALIANI

GENTILE

pensiero dell'Abate). Antologia


ed inediti, (29)

(Il

scritti editi

GEBHART

LATERZA & FIGLI

Bari

di tutti

suoi
8,50

E., L'Italia mistica, (40)

G., Il

modernismo e

6,50

rapporti tra religione e

filo-

sofia, (35), (in ristampa).

Bernardino

Telesio, (51)

4,50

I problemi della scolastica e pensiero italiano,


La riforma dell'educazione (94)
il

GIOVANNETTI E.,
GNOLI D., I poeti

HEARN

tramonto del liberalismo,


della scuola romana, (63)
Il

Kokoro

L.,

LABRIOLA A., Socrate, (32)


LACHELIER G., Psicologia e
De Ruggiero, (76)
darwinismo,

MARTIN
MATURI

(25), (in rist).

e bizzarrie satiriche, (24)

cura di B. Crock,
G., Moderni problemi del diritto, (33)

T.,

8,50

4,50

(in ristampa).

MISSIROLI

MORELLI

6,50

L'economia politica e la odierna

crisi

M.,
-

Un

filosofia,

(60)

(5).

....

5,50

secolo di scoperte archeologiche, (55) 8,50

La monarchia socialista. (Estr. destra), (72) 6,50


E., La scuola napoletana di pittura

DALBONO

nel secolo decimonono ed altri scritti d'arte, (75)

NIETZSCHE
NITTI

F.,

La

nascita della tragedia,

(23)

F., Il capitale straniero in Italia, (80)

ONORATO

R., L'Iliade di

Omero,

lazzo Carignano,

RENSI

ROHDE
ROYCE

La

11

moribondi del pa5,50

....

8,50
.

5,50

20,
15,

E., Psiche, voli. 2 (71)

Lo

spirito della

fllos.

moderna,

filosofia della fedelt, (48)

mondo

6,50
6,50

critici, (39)

G., Il genio etico ed altri saggi, (50)

J.,

7,50
4,50

8,50
I

(68)

Svaghi

6,50

6,50

PUGLISI M., Ges e il mito di Cristo, (53)


REICH E., Il successo delle nazioni, (11)
R.,

(90)

PARODI T., Poesia e letteratura (81)


PETRUCCELLI DELLA GATTINA F.,

RENIER

del

10,
10,

(57)

A.,

D.

Guido

Metafisica, traduzione di

Introduzione alla

MICHAELIS

8,50

(52)

A., L'educazione del carattere (2 a ediz.),


S.,

5,50

8,50

Spigolature nei campi di Buddho,

MARTELLO

6,50

(22)

IMBRIANI V., Studi letterari


Fame usurpate, 3 a ediz. a

KOHLER

6,50

(86)
.

6,50

(65)

e l'individuo, voli. 4 (64)

voli. 2 (38)

6,50

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LATERZA & FIGLI

Editori GIUS.

SAITTA

G.,

Le

SALANDRA

origini del neo-tomismo nel sec.

Bari

XIX,

(58) 6,50

Politica e legislazione. Saggi raccolti da

A.,

10,
(79)
W., La preoccupazione ossia La malattia del

G. Fortunato,

SALEEBY

C.

secolo, (26)

7,50

SOREL G., Considerazioni sulla violenza,


SPAVENTA B., La filosofia italiana nelle
europea,

la filosofia

Logica

(31) (in ristampa).

sue relazioni con


7,50

(30)

e metafisica, (46)

SPAVENTA

8,50

....

La politica della Destra, (37)


Le origini e il cammino dell'arte,

S.,

SPINAZZOLA

8,50
(7) (in

V.,

ristampa).

STEINER R., La Filosofia della libert, (92) ....


TARI A., Saggi di estetica e metafisica, (42) ....
TOMMASI S., Il naturalismo moderno. (Scritti varii), (67)
TONELLI L., La critica letteraria italiana negli ultimi
quantanni,

(70)

6,50
7,50

6,50
cin8,50

TREITSCHKE

E., La Francia dal primo Impero al 1871.


Saggi tradotti da E. Ruta, voli. 2, (85)
15,

La

25,

Politica, voli. 4, (88)

VOSSLER

K., Positivismo e idealismo nella scienza del linguaggio, traduzione italiana di T. Gnoli, (27)
7,50
.

La Divina Commedia
pretata),

voi.

filosofico,

(34-i)

I,

(studiata nella sua genesi ed interparte I: Storia dello svolgimento religioso


7,50

Voi. I, parte II: Storia dello svolgimento etico- politico ,


7,50

(34-n)

Voi. II, parte I:


media, (34-in)

ZjMBINI
lia,

B.,

W.

(73)

La

genesi letteraria della Divina

Com7,50

E. Gladstone nelle sue relazioni con l'Ita7,50

LIBRI D'ORO.
I.

LIIOTZKY

II.

Il

III.

IV.
V.

H.,

L'anima del

fanciullo, (3 ed.)

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libro del matrimonio, (3* ed.)

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HIPPIUS A., Il Medico dei fanciulli come educatore


ANILE A., La salute del pensiero, (3* ed.)
DUBOIS P., L'educazione di se stesso, (2 ed.)
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PICCOLA BIBLIOTECA FILOSOFICA


ARISTOTELE, Dell'Anima,
zio-Allmayer,

(n. 2)

passi scelti e contentati da V. Fa4,50

principio logico, a cura di A. Carlini, (n. 3).


L'Etica Nicomachea, a cura di A. Carlini,
6)
Introduzione alla filosofia a cura di A. Carlini.
Il

(ri.

BACONE, Novuin Organuni,


mayer,

II.,

G. Saitta,
E.,

3,50

(n.

L. 3,50

1)

Pensiero ed esperienza, a cura

di G.

De Ruggiero
3,50

A., Il principio della morale, a cura di G. Gentile,


6,50

OPERE DI ALFREDO 0RIANI.


(Ristampe)
Vortice,

6,50

10,50

Discorso sul metodo, tradotto e comentato da

(n. 6)

ROSMINI
(n. 7)

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a cura di V. Fazio-Ai.l-

(n. 4)

CARTESIO

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estratti

romanzo


LATERZA & FIGLI

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BATTELLI

OCCHIALINI

A.,

CAMPIONE F., Per


CARABELLESE P.,
Saggi di

G.,

CHELLA

S.,

La

11

radioatti-

16,
germi della specie
10,50
L'e9sere e il problema religioso
4,
una bibliografia per la storia delle arti

vit

CECI

A.,

Bari

figurative nell'Italia meridionale

8,

CERVESATO A., Contro corrente


CHIMENTI G., Commercial English &

3,
Correspondence

(in

ristampa).

COTUGNO

La

R.,

4,

sorte di G. B. Vico

Ricordi, Propositi e Speranze

DE CUMIS

T., Il

1,

Mezzogiorno nel problema militare dello

Stato

3,50

DE LEONARDIS R., Occhi sereni, (novelle per giovinette) 5,50


DE LORENZO G., Geologia e Geografia fisica dell'Italia meridionale

6,50

Gotamo Bnddho (2
Fiume e la Liburnia

discorsi di

DEPOLI

G.,

DE SANCTIS
DI GIACOMO
FORTUNATO

edizione)

....

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F.,

Lettere a Virginia

S.,

Nella Vita, novelle (esaurito).

G., Il

Mezzogiorno e

5,50

lo Stato italiano, 2 vo-

lumi

15,

FUSCO

E. M., Aglaia o

GAETA

F.,

GENTILE

il

II libro delle poesie

Poesie d'amore

di

pedagogia come scienza


(n. 2-i)

6,50
6,50

Teoria generale dello Spirito come atto puro

LOPEZ
LARCO
LORIS

politiche (di)

La Russia
Elementi

e la sua rivoluzione

15,50

6,50

D., Canti baresi


R.,

2,50

voi. I:

filosofica,

voi. II: Didattica, (n. 2-n)

JUNIUS, Lettere

6,
12,

G., Il carattere storico della Filosofia italiana

Sommario

Pedagogia generale,

35,

....

3,50
9,50

commerciale italiano
6,50
LORUSSO B., La contabilit commerciale (4 ediz.)
10,
MARANELLI C, Dizionario Geogr. dell'Italia redenta 8,50
MEDICI DEL VASCELLO L., Per l'Italia
4,NAPOLI G., Elementi di musica
1,
NAUMANN FR., Mitteleuropa. Trad. di G. Luzzatto,
2 volumi
15
G.,

di diritto

NENCHA

P. A., Applicaz. pratiche di servit prediali

6,50

NICOLINI

F., li studi

OLIVERO

LATERZA & FIGLI

Editori GIUS.

12

Saggi

F.,

Bari

sopra Orazio dell'abate aliani

di letteratura inglese

Studi sul romanticismo inglese


Sulla lirica di Alfred Tennyson

Traduzioni dalla poesia Anglo-Sassone

5,
5,
4,
4,
4,

PANTALEONI

M., I. Tra le incognite


IL Note in margine della guerra

5,50

III.

Politica: Criteri ed Eventi

6,

IV.

La

un'epopea

fine provvisoria di

PAPAFAVA

F., Dieci

anni

7,50

di vita politica it., 2 voi.

PASQUALI G., Socialisti tedeschi


PLAUTO M. A., L'anfitrione Gli

5,50

7,50

asini

2,50

Commedie

2,50

PRATO G., Riflessi storici della Economia


QUARTO di PALO L., La civilt
RACIOPPI

di

guerra

G., Storia dei moti di Basilicata e delle provi noie

RAMORINO

6,

La Borsa; sna origine; suo


MUIR, La espansione europea
A.,

RAMSAY
RATHENAU
E.,

3,50

7,50

W., L'economia nuova

3,50

Versi e lettere

G.,

SCHUR

funzionare

3,

U., Protezionisti e liberisti italiani

SABINI

6,50

18,50

contermini nel 1860

RICCI
RICCI

15,

Saggi

di Diritto

E.,'1 grandi iniziati, (4 a edizione)

Santuari d'oriente

6,50

Pubblico

4,

....

16.50

10,00

SCORZA, Complementi

di geometria
6,50
Stima dei terreni a colture arboree
3,
TITTONI T., Conflitti politici e Riforme costituzionali 7,50
TIVARONI J., Compendio di scienza delle finanze.
8,50
I monopoli governativi del commercio e le finanze dello

SOMMA

U.,

Stato

TOSO

3,50

....

Che cosa l'Acquedotto Pugliese


1,50
WEBER M., Parlamento e Governo nel nuovo ordinamento
della Germania
6,50

584

A.,

University of Toronto

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