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Universit degli Studi Milano- Bicocca Dottorato in Sociologia Applicata e Metodologia della ricerca sociale XXII ciclo

RITUALI E SIMBOLI DA DURKHEIM A GOFFMAN

Paper di Anita Bacigalupo Dicembre 2006

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Indice
1. Introduzione pag. 2

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Sacro e simboli

pag. 2

2. Rituali e sistemi simbolici 2.1 I rituali religiosi: la tradizione durkheimiana

pag. 4 pag. 4 pag. 6 pag. 9 pag. 11 pag. 11 pag. 13

2.1.1 Le forme elementari della vita religiosa 2.2 2.3 Transizione ai rituali secolarizzati I rituali della vita quotidiana: linterpretazione di Goffman

2.3.1 Linfluenza di Durkheim 2.3.2 I rituali dellinterazione

3. Utilizzo ritualistico dellautomobile 3.1 3.2 Liper-mobilit: una manifestazione del sacro? Interazioni rituali automobilistiche

pag. 15 pag. 16 pag. 17

4. Conclusioni

pag. 19

5. Bibliografia

pag. 20

1. Introduzione Sotto linfluenza della visione weberiana del disincanto del mondo, dellallontanamento dal pensiero magico e del predominio dellagire razionale rispetto allo scopo (Weber, 1995), in sociologia lo studio dei rituali e dei simboli nelle societ moderne stato per lungo tempo ignorato. La vita nelle societ complesse stata spesso vista come dominata dalla secolarizzazione, dalla cultura razionale e da unorganizzazione sociale fortemente burocratizzata in opposizione alla vita nelle societ semplici, tradizionale ambito di ricerca dellantropologia, caratterizzate dal pensiero magico, da una forte struttura rituale e dalla stregoneria. (Gusfiled e Michalowicz, 1984).
il significato e il simbolo non dipendono dal contesto come fossero cose; sono relazioni, non oggetti. Ignorare ci, e quindi vedere i significati e i simboli come cose, ha permesso agli studiosi delle cultura di innalzare una distinzione tra strutture simboliche e strutture concrete; di differenziare la religione, il mito e larte viste come essenzialmente forme simbolichedalleconomia, dalla politica, dalla struttura parentale o dalla vita quotidiana. (Dolgin et al 1977: 22. Cit. in Gusfiled e Michalowicz, 1984:418)1.

In questo paper cercher di mostrare come questa separazione netta tra forme rituali primitive e moderne e tra strutture rituali e strutture concrete fosse gi stata superata da Durkheim nel suo studio sulla religione Le forme elementari della vita religiosa (1912), e cercher di rintracciare nello studio dei rituali e dei simboli la continuit tra il pensiero dellultimo Durkheim e il pensiero di Goffman. Infine analizzer attraverso un approccio ibrido durkheimiano-goffmaniano lutilizzo ritualistico dellautomobile a partire dallipotesi che lipermobillit sia una forma moderna di manifestazione del sacro. 1.1 Sacro e simboli La distinzione tra sacro e profano operata da Durkheim e linterpretazione dei processi simbolici operata da Durkheim e Goffman sono questioni connesse allo studio dei rituali che nella trattazione del paper non avr spazio per approfondire ma che meritano qui di essere brevemente descritte. Lidea di sacro illustrata da Durkheim ne Le forme elementari della vita religiosa levoluzione del concetto gi espresso da Hubert e Mauss nel 1906 che individuavano nel sacro
un survalore, una carica aggiuntiva atta a modificare la natura e la struttura dellindividuo isolatamente inteso o dellindividuo non ancora inserito in un contesto sociale. [] Un sacro cos concepito si risolveva per in una forma di trascendenza non metafisico-ontologica, ma sociale e collettiva nel senso che lindividuo, per esprimere e per essere, doveva integrarsi

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necessariamente in un sistema sociale e avvertiva la socialit, la forza costituita nel gruppo, come una realt a lui superiore. (Enciclopedia Einaudi, 1981: 341)2

Questa definizione di sacro sociale viene raccolta, ampliata e sviluppata teoricamente da Durkheim nel suo studio sul totemismo3 nel quale afferma che il fatto religioso elementare pu essere interpretato come una dialettica tra sacro e profano. Secondo Durkheim la realt pensabile entro questa dicotomia e tutte le credenze religiose
presuppongono una classificazione delle cose reali o ideali che si rappresentano gli uomini, in due classi o in due generi opposti, definibili generalmente con due termini distinti tradotti abbastanza bene dalle designazioni di profano e sacro. La divisione del mondo in due domini che comprendono luno tutto ci che sacro, e laltro tutto ci che profano, il carattere distintivo del pensiero religioso. (Durkheim, 1963: 39)

Anticipando alcune considerazioni che verranno sviluppate in seguito, si pu dire che Durkheim vede nel rituale religioso una forma di venerazione del sacro, inteso - alla stregua di Hubert e Mauss - come sacro sociale. Ci che si venera non altro che la societ stessa, la comunit, lordine morale che permette coesione sociale allinterno del gruppo; il simbolo in questa visione funge da mediatore tra le due dimensioni del reale (vedi Fig. 1): per gli individui sarebbe impossibile venerare i principi astratti in cui essi credono se non attraverso la loro manipolazione simbolica.

individuo

simbolo

ordine morale: il sacro

Figura. 1 - Il modello durkheimiano del sistema simbolico (Birrell, 1981: 358).

Nella sua teoria dei rituali dellinterazione Goffman ipotizza che lordine morale consista sostanzialmente nei ruoli idealizzati a cui gli individui sentono di adeguarsi; durante i rituali dinterazione quotidiana gli individui accettano di ricoprire ed agire determinati ruoli - attraverso loro stessi (contegno) e i comportamenti verso gli altri (deferenza) diventando essi stessi simbolo

Voce Sacro e profano In Le forme elementari della vita religiosa Durkheim decide di concentrare il suo studio sulle religioni totemiche australiane attraverso i materiali etnologici ed etnografici allora noti. Il suo proposito quello si selezionare le pi primitive e semplici religioni come modello per interpretare la natura delle religioni a partire dalla loro manifestazione pi essenziale (Birrell, 1981).
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dellordine morale a cui aderiscono. Gli individui, quindi, sono sacri perch simboleggiano la societ, le sue regole e i suoi valori (Birrell, 1981: 360).

individuo

simbolo: il s (contegno) laltro (deferenza)

ordine morale: ruoli idealizzati

Figura 2 - Il modello durkheimiano applicato alla tesi di Goffman dellinterazione rituale (Birrell, 1981: 361).

Lobiettivo di questo paper quello di rintracciare le continuit e le discontinuit tra il pensiero di Durkheim e quello di Goffman nellambito di ricerca in cui esse sono identificabili pi immediatamente, cio nellanalisi dei rituali. A tal fine cercher di lavorare in prima istanza sulle letture critiche degli autori per poi avvicinarmi direttamente ai testi. 2. Rituali e sistemi simbolici 2.1 I rituali religiosi: la tradizione durkheimiana. Diversi autori (Alexander, 1988; Brown, 2003; Collins, 1996; Rosati e Santambrogio, 2002) concordano sul fatto che Durkheim (1858-1917) sia stato per lo pi conosciuto ed interpretato a partire dalle sue prime opere teoriche e ricerche empiriche (scritte attorno agli anni 90 dell800). Ne La divisione del lavoro sociale(1893), Le regole del metodo sociologico (1895) e Il suicidio (1897) Durkheim sviluppa il suo pensiero analizzando principalmente gli aspetti strutturali, esterni e coercitivi dei fatti sociali. Il pensiero di Durkheim venuto4 cos ad identificarsi con gli aspetti macro-sociologici, nonostante gi in questi testi fossero riconoscibili riferimenti alla ritualizzazione e alla solidariet, questioni che Durkheim svilupper maggiormente nelle ultime opere (Alexander, 1988). Esistono per diverse letture del suo pensiero: autori aderenti a diversi paradigmi interpretativi hanno trovato nellautore francese fonte dispirazione ed intuizioni ancora valide. Prima di iniziare ad analizzare nello specifico la sociologia delle religioni di Durkheim vorrei quindi illustrare la declinazione teorica che prender come riferimento.

Il processo storico ed intellettuale che ha prodotto questa lettura del pensiero di Durkheim rintracciabile da un lato nel modo in cui la comunit intellettuale francese negli anni 30 rifiut il pensiero durkheimiano, vedendo in esso unetnografia arcaicizzante e uno scientismo sociologico determinista; dallaltro nel modo in cui, sempre in quegli anni, Talcott Parsons present Durkheim ai sociologi statunitensi identificandolo come uno dei padri fondatori del pensiero funzionalista. (Alexander, 1988).

Secondo Alexander (1988) nella produzione teorica durkheimiana possibile identificare uno sviluppo delle tematiche microsociologiche che lo porteranno, nellultima fase del suo lavoro e in particolare ne Le forme elementari della vita religiosa, ad approfondire la sfera rituale del mondo sociale. Alexander afferma che linfluenza che il tardo Durkheim ha avuto sugli studiosi interessati ai cultural studies stata minimizzata in favore delle interpretazioni macro: riconoscere le peculiarit di questi ultimi lavori pu permettere di rintracciare leredit di Durkheim negli studi culturali contemporanei (Alexander, 1988:11)5. Collins (1996) afferma che da Le forme elementari della vita religiosa emergono due importanti implicazioni teoriche che ci aiutano a percepire il cambiamento e le continuit nel pensiero di Durkheim: la sociologia della conoscenza e la microsociologia. Durkheim sosteneva che la sociologia potesse fornire interpretazioni e spiegazioni del reale molto pi soddisfacenti della filosofia o di altre scienze umane, considerando lo studio dei rituali come spazio privilegiato per la comprensione del mondo. In questo senso Durkheim riconosce ai rituali il ruolo di produttori didee cariche di significato sociale il cui contenuto specchio della struttura della societ. Mentre allinizio della sua carriera Durkheim sosteneva che fosse la struttura sociale a determinare le idee, successivamente cominci ad attribuire alle idee una maggiore autonomia: un rituale trova la sua forza nella densit morale che produce (una comunit dindividui concentrati su una stessa cosa) pi che sulla densit fisica (che comunque necessaria).
le idee vengono prodotte e caricate di significato sociale nei tempi e nei luoghi in cui i rituali sociali si realizzano; [] Il modello di Durkheim ci presenta cos un mondo articolato in due livelli. Il pensiero si sviluppa allinterno delle nostre idee sociali e queste idee formano i contenuti della nostra coscienza (Collins, 1996: 138).

Le idee, quindi, sono da un lato le fondamenta della societ e dallaltro traggono la loro forza dal fatto di essere create nel mondo sociale, ricordando agli individui la collettivit di cui fanno parte. Approfondiremo in seguito le implicazioni teoriche dellinterpretazione del rapporto idee-mondo sociale quando esamineremo il concetto durkheimiano di rappresentazioni collettive. Secondo Collins laltro importante elemento della teoria durkheimiana riconoscibile in Le forme elementari della vita religiosa lapproccio microsociologico. Gi in La divisione del lavoro sociale (1893), oltre agli aspetti coercitivi della societ6, Durkheim aveva riconosciuto limportanza rituale della punizione (come riconoscimento delle leggi e monito per il resto della comunit); questa intuizione sar approfondita nellultima fase del suo lavoro, con lesame della
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T. d. A. Ossia linsieme di obblighi che vincolano gli individui appartenenti ad un collettivit e che diventano visibili principalmente quando vengono violati.

forza rituale positiva del mondo sociale e dei meccanismi rituali attraverso i quali una comunit si stringe attorno alle proprie credenze producendo densit morale. 2.1.1 Le forme elementari della vita religiosa In questo paragrafo esaminer direttamente il testo7, cercando di evidenziare le caratteristiche, i concetti e le interpretazioni collegate ai fenomeni religiosi e alla loro dimensione rituale e simbolica. Nel capitolo che intitola Questioni Preliminari, Durkheim critica alcune delle nozioni base che caratterizzavano le definizioni di religione dominanti al suo tempo, collegate allidea che la religione fosse connessa al soprannaturale e al trascendentale. In questa parte del lavoro, lautore critica latteggiamento dei contemporanei nei confronti degli studi sui fenomeni religiosi primitivi, affermando che in tutti i fenomeni religiosi esiste sempre una coerenza interna: per colui che vi crede non sono pi inintelligibili di quanto la gravit o lelettricit lo sono per il fisico (Durkheim, 1963:28). Scartate quindi le nozioni di religione che gli erano disponibili, Durkheim si pone il problema di definire le caratteristiche del fenomeno religioso:
In primo luogo si pu rilevare che in tutte queste formule si cerca di esprimere direttamente la natura delle religioni nel suo insieme, procedendo come se la religione formasse una specie di entit invisibile, mentre essa un tutto formato da parti, cio un sistema pi o meno complesso di miti, di dogmi, di riti, di cerimonie. (Durkheim, 1963:38)

Sono queste le pagine in cui lautore esprime pi chiaramente la sua idea di religione, elaborando le definizioni delle due principali categorie che la compongono: i riti e le credenze.
Le prime sono stati dopinione e consistono di rappresentazioni; i secondi costituiscono tipi determinati dazione. Tra questi due fatti c tutta la differenza che separa il pensiero dal movimento (Durkheim, 1963:39)

Le credenze esprimono la natura sacra delle cose, la loro storia, i poteri e le virt che gli esseri umani attribuiscono loro. Tale essenza pu essere riscontrata non solo in entit soprannaturali (dei o spiriti) ma anche in oggetti artificiali o naturali ai quali viene attribuito un significato simbolico particolare; le credenze sono rappresentazioni collettive definibili come
il prodotto di un immensa cooperazione che si estende non solo nello spazio, ma anche nel tempo; nella loro costruzione molteplici spiriti diversi hanno associato, mescolato, combinato le loro idee e i loro sentimenti; una lunga serie di generazioni vi hanno accumulato la loro esperienza e il loro sapere.[] luomo duplice. In lui vi sono due esseri: un essere
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Si fa riferimento a Le forme elementari della vita religiosa (1912). Le citazioni sono state prese dalla traduzione in italiano pubblicata da Comunit nel 1963.

individuale che ha la sua base nellorganismo, e il cui ambito dazione risulta quindi strettamente limitato, e un essere sociale che rappresenta in noi, nellordine intellettuale e morale, la realt pi alta che possiamo conoscere mediante losservazione, cio la societ (Durkheim, 1963:18)

Secondo Durkheim i riti sono definibili a partire dalloggetto particolare che li attiva e li caratterizza, cio il simbolo, la cui natura si esprime nelle credenze collettive. nel rituale che vengono esibiti gli oggetti religiosi, i simboli del sacro attraverso i quali gli individui possono rappresentare la loro idea di dio. I riti sono infine regole di condotta che prescrivono il modo in cui luomo deve comportarsi con le cose sacre (Durkheim, 1963:43). Abbiamo visto che per Durkheim il sacro la manifestazione simbolica della societ e i rituali sono particolari forme dellagire umano che servono a far rivivere e a rammentare periodicamente ai membri di una comunit le tradizioni e i valori morali collettivi. Le credenze riguardanti il sacro, quindi, sono rappresentazioni collettive il cui oggetto la societ, vista come la fonte delle obbligazioni morali e dei sentimenti di rispetto rappresentati nelle entit sacre; la divinit, quindi, simboleggia la societ, e i riti sacri sono modi di affermarla in azioni collettive.
La conclusione generale di questo libro che la religione una cosa eminentemente sociale. Le rappresentazioni collettive esprimono realt collettive; i riti costituiscono modi di agire che sorgono in mezzo a gruppi costituiti e sono destinati a suscitare, a mantenere o a riprodurre certi stati mentali di questi gruppi (Durkheim, 1963:11)

Gi nei suoi lavori precedenti Durkheim aveva sottolineato come la struttura sociale locale eserciti sui suoi membri un effetto morale ed emotivo: le societ stanno insieme attraverso la forza coesiva che lordine morale in grado di esercitare sui singoli. Il rituale un momento della vita sociale contraddistinta da una forte densit fisica (presenza di molte persone) e da una densit sociale estremamente alta.
Non appena gli individui sono raccolti, dal loro accastamento (sic) scaturisce una specie di elettricit che li trasporta con rapidit a un grado straordinario di esaltazione. Ogni sentimento espresso risuona senza resistenza in tutte queste coscienze aperte alle impressioni esterne: ognuna fa da eco alle altre e viceversa (Durkheim, 1963:238).

La densit morale definibile come la partecipazione (individuale e collettiva) alla vita in comune: le persone che prendono parte ad un rituale si trovano ad incanalare la loro coscienza contemporaneamente sullo stesso oggetto (il simbolo, il sacro, la societ) percependo la coesione del gruppo e la potenza dellagire collettivo (canti e danze).

Si capisce facilmente che, giunto a questo stato di esaltazione, luomo non si riconosca pi. Sentendosi trascinare da una specie di forza esterna, che lo fa pensare ed agire diversamente che in tempo normale, egli ha naturalmente limpressione di non essere pi se stesso.[] E dato che nello stesso momento tutti i suoi compagni si sentono trasfigurati nella medesima maniera, traducendo il proprio sentimento con le loro grida, i loro gesti, il loro atteggiamento, tutto accade come se egli fosse stato realmente trasportato in un mondo speciale, [], in un ambiente tutto popolato da forze eccezionalmente intense che lo invadono e lo trasformano. (Durkheim, 1963:241)

La religione dunque una potente forza dintegrazione sociale che fornisce agli individui i valori morali nei quali identificarsi; leffervescenza sociale diventa quindi il veicolo attraverso il quale il sacro riesce a penetrare negli individui e per essi il mezzo attraverso il quale esperire la parte sacra della duplicit che li caratterizza:
Rimane vero che la nostra natura duplice; c veramente in noi una scintilla di divinit perch c in noi una parte di quei grandi ideali che costituiscono lanima della collettivit. Lanima individuale non dunque altro che una porzione dellanima collettiva del gruppo; la forza anonima che alla base del culto, ma incarnata in un individuo la cui personalit si associa; il mana individuale (Durkheim, 1963: 289-290).

Il rituale non si colloca nello stesso spazio e nello stesso tempo della vita quotidiana del gruppo, ma si configura come uno spazio-tempo altro in cui vigono regole diverse dalla normalit, in cui i membri della comunit possono esperire la loro forza come collettivo e la potenza delle regole che si sono dati.
Luomo non pu avvicinarsi intimamente al suo dio quando porta ancora su di s i segni della vita profana; inversamente non pu tornare alle sue abituali occupazioni quando il rito lo ha appena santificato. (Durkheim, 1963:336)

Nella conclusione de Le forme elementari della vita religiosa, Durkheim utilizza i risultati ottenuti nel suo studio sui culti totemici per costruire un discorso pi generale sulla comprensione dei fenomeni religiosi.
Nella religione c quindi qualcosa di eterno, destinato a sopravvivere a tutti i simboli particolari di cui il pensiero religioso si successivamente circondato. Non pu esserci societ che non senta il bisogno di conservare e rinsaldare, a intervalli regolari, i sentimenti collettivi e le idee collettive che costituiscono la sua unit e la sua personalit. (Durkheim, 1963: 467)

Leffervescenza sociale dunque quellentusiasmo derivante dalla coscienza dei singoli individui di essere tutti insieme in uno stesso spazio-tempo particolare (liminale8) concentrati su uno stesso oggetto sacro speciale (simbolo). Questo concetto appare per la prima volta nel vocabolario di Durkheim proprio nel suo ultimo testo e, quindi, non ha avuto modo di essere ulteriormente sviluppato dallautore. La potenzialit euristica del concetto di effervescenza sociale, comunque, non ha esaurito la sua forza ed tuttora in grado di spiegare fenomeni collettivi secolari e contemporanei9. La religione , quindi, il modello che Durkheim ha scelto per spiegare la forza della coesione sociale e dellordine morale che regola la societ (Alexander, 1988): Come non esistono societ senza individui, cos le forze impersonali che scaturiscono dalla collettivit non possono costituirsi senza incarnarsi in coscienze individuali (Durkheim, 1963: 292). Su questo aspetto della teoria durkheimiana si sono concentrate le critiche pi forti: lapproccio evoluzionista adottato dallautore francese costituisce infatti la debolezza metodologica principale della sua ricerca. I dati su si fonda la teoria dei rituali religiosi sono frutto di selezioni operate da Durkheim su materiali etnografici raccolti da altri studiosi: egli, attraverso un approccio che potremmo definire essenzialista, si limita a scegliere certe popolazioni e ad analizzarne solo alcune strutture. Nonostante la limitatezza dei dati, le intuizioni di Durkheim sembrano aver avuto una grande forza esplicativa e unenorme autorevolezza sulle successive analisi dei rituali (Collins, 1996). 2.2 Transizione ai rituali secolarizzati
Un gran numero di problemi cambiano il loro aspetto nel momento in cui viene riconosciuto il loro legame con la sociologia delle religioni. (Durkheim, 1899. Cit. in Alexander, 1988: 2)10

Abbiamo visto che Durkheim parte dallanalisi dalle religioni per comprendere, pi in generale, il funzionamento dei processi di simbolizzazione e di ritualizzazione dei fenomeni religiosi. A partire del 1924 vengono pubblicate postume alcune delle lezioni tenute dallautore prima della sua morte (1914), nelle quali egli sviluppa ulteriormente il proprio pensiero sui simboli e sui rituali religiosi, dichiarando che i principi da lui evidenziati possono essere applicati anche ad ambiti non religiosi del mondo sociale, ossia ai fenomeni del mondo moderno secolarizzato (Alexander, 1988; Birrell, 1981).

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Per uno sviluppo del concetto di separazione rituale si veda Van Gennep. Ne sono un esempio le manifestazioni di piazza o raduni come i raves. 10 T. d. A.

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In una serie di profonde e fondate discussioni sulleducazione, la politica, le organizzazioni professionali, la moralit e la legge, Durkheim dimostra che queste sfere moderne devono essere studiate in termini di classificazioni simboliche (Alexander, 1988: 3)11

Durkheim lasci quindi uneredit che alcuni autori hanno sviluppato spostando il focus delle loro indagini dai rituali religiosi a quelli secolarizzati. Uno di questi autori il sociologo australiano W. Lloyd Warner che, convinto che le conoscenze sulle societ tribali fossero pi approfondite che non quelle che riguardano la nostra societ, si trasfer dallAustralia agli Stati Uniti per occuparsi di studi di comunit. Una tra le sue intuizioni pi preziose fu elaborata a partire dallo studio della stratificazione sociale, intesa da un lato come sistema di prestigio e dallaltro come insieme di comunit distinte; questo implica lesistenza di una moltitudine di gruppi sociali - gerarchicamente ordinati - ognuno dei quali sviluppa una sottocultura particolare12. Warner rielabora lapproccio durkheimiano allo studio dei rituali applicandolo allo studio delle comunit negli Stati Uniti (Collins, 1996): Warner ha mostrato che se guardiamo noi stessi attraverso gli occhi dellantropologo, troviamo dovunque dei rituali (Collins, 1996: 158). Nel suo studio Yankee city (1953) Warner intuisce la portata del ruolo svolto dallappartenenza religiosa nella stratificazione sociale.
I rituali religiosi riproducono la struttura di classe, influenzando la coscienza che gli individui hanno delle differenze morali e culturali e rafforzando la struttura delle forme di associazione e di esclusione interpersonali (Collins, 1996: 158).

In Yankee City Warner ha studiato anche rituali secolarizzati, mettendo in evidenza come i rituali patriottici (ad esempio il 4 luglio) siano strumenti del dominio di una classe sulle altre.13 Un altro esempio di studio su rituali secolari sviluppato a partire da una prospettiva durkheimiana la ricerca svolta da Shils e Young The Meaning of the Coronation (1953).
la coronazione era loccasione cerimoniale per laffermazione dei valori morali grazie ai quali la societ si riproduce. Era un atto di comunione nazionale []. La coronazione precisamente quel tipo di cerimoniale attraverso il quale la societ riafferma i valori morali che

T. d. A. Warner influenz il modo di condurre gli studi di comunit tanto che non esistono studi su gruppi locali che non abbiamo messo in luce la questione della stratificazione sociale. Un esempio di questa eredit il famoso studio condotto dai coniugi Lynd su una piccola comunit statunitense Middletown (Hannerz, 1992). 13 Nel rituale patriottico del 4 luglio viene coinvolta la comunit intera al di l delle stratificazioni sociali di classe o di ceto; i simboli manipolati durante questi rituali, allo stesso tempo, fanno riferimento al ruolo svolto da una specifica classe, che ha specifici valori (gli WASP), esaltandone le caratteristiche e riproducendo consenso sul loro stile di vita.
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la caratterizza come societ e rinnova la devozione a quei valori attraverso un atto di comunione (Birrell, 1981: 359)14.

Warner, Shils e Young, quindi, hanno rielaborato le teorie durkheimiane analizzando gli aspetti ritualistici delle cerimonie secolari; ma solo con Erving Goffman che si compie un decisivo passo in avanti, verso lanalisi delle interazioni della vita quotidiana come rituali aventi significativa portata morale15. 2.3 I rituali nella vita quotidiana: linterpretazione di Goffman (1922-1982) 2.3.1 Linfluenza di Durkheim

Attorno alla figura di Goffman si sviluppato un acceso dibattito per ricostruire le eredit e le radici teoriche di questo autore. Innanzitutto, bisogna sottolineare che, tra gli analisti, c accordo nellaffermare che Durkheim sia stata una figura di riferimento fondamentale per lo sviluppo del pensiero di Goffman; mentre alcuni autori enfatizzano maggiormente la vicinanza del pensiero goffmaniano a quello dei microinterazionisti simbolici (sottolineando il suo interesse per le questioni micro) (Trifiletti), altri ne evidenziano un mutamento che si sviluppa in almeno tre tappe (una antropologica, connessa allinfluenza della Scuola di Chicago, una conflittualista e una identificabile con la sociologia cognitiva) (Collins); unaltra posizione quella che evidenzia il carattere di unicit e originalit nel pensiero di Goffman, rintracciandone leredit teorica nella tradizione durkheimiana (Giglioli) (Straniero, 2004). In questa parte del saggio approfondir lanalisi di Goffman cercando di individuarne le eredit e gli aspetti innovativi, aderendo alla prospettiva che evidenzia linfluenza della teoria durkheimiana sul suo pensiero. Seguendo lo spunto di Giglioli (1984) possiamo rintracciare almeno due nodi teorici sviluppati da Durkheim e rielaborati creativamente da Goffman: da un alto lenfasi posta sul ruolo dellordine morale e quindi delle strutture esterne a - e vincolanti per - lindividuo e dallaltro linteresse per le pratiche rituali interpretate come momenti di conferma del sentire collettivo e della coesione sociale. Nellintroduzione al saggio su La natura della deferenza e del contegno Goffman esplicita questa eredit:
Sotto linflusso di Durkheim e Radcliffe-Brown alcuni studiosi della societ moderna hanno imparato a cercare il significato simbolico di ogni attivit sociale e il contributo di queste attivit per lintegrit e la solidariet del gruppo che ladotta. Tuttavia, distogliendo la loro
T. d. A. interessante notare come alcuni tra gli autori che fanno da ponte tra la teoria durkheimiana e quella goffmaniana hanno influenzato Goffman in modo diretto; infatti Warner fu il suo supervisore di tesi allUniversit di Chicago (Straniero, 2004) e con Shils collabor ad una ricerca sulla stratificazione sociale (Goffman, 1988).
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attenzione dallindividuo per concentrarla sul gruppo, questi studiosi sembrano aver trascurato un tema che presente nel capitolo di Durkheim sullanima16. In questo capitolo egli avanza lipotesi che la personalit dellindividuo possa essere considerata come una frazione del mana collettivo e che, come accenna nei capitoli successivi, i riti celebrati per le rappresentazioni della collettivit talvolta possono essere celebrati per lindividuo stesso. In questo saggio mia intenzione esaminare alcuni dei sensi in cui, nel nostro mondo urbano e secolare, allindividuo concessa una certa sacralit che viene manifestata e confermata da atti simbolici. (Goffman, 1988: 51)

Come Durkheim anche Goffman interpreta la societ come una comunit morale; se per il primo lambito despressione simbolica delle societ a solidariet meccanica17 la religione, il secondo si concentra sui rituali presenti nelle societ a solidariet organica. Come emerge dalle parole dellautore, nelle societ contemporanee loggetto del sacro non pi una divinit (prodotta attraverso il rituale) ma lindividuo stesso; al variare della struttura sociale varia il contenuto del simbolismo (Giglioli, 1984). Lintuizione di Goffman stata quella di utilizzare la struttura interpretativa di Durkheim spostando il focus dallambito religioso allambito microsociologico delle interazioni quotidiane, sviluppando un approccio secondo il quale ogni aspetto degli incontri sociali pu essere visto come un elemento del rituale della vita sociale. Nellinterazione Goffman individua una serie di regole esterne che disciplinano i comportamento degli attori sociali nelle loro performances quotidiane e che presuppongono un ordine morale vincolante per gli individui. Nellanalisi delle piccole cerimonie di gentilezza e cordialit, Goffman si lascia guidare18 dalla logica interna dei modelli durkheimiani dei rituali sociali: queste liturgie quotidiane si fondano, infatti, su una solidariet morale condivisa, seppur temporanea. Secondo Collins ogni conversazione una costruzione rituale di realt, in quanto impone che in quel momento tutta lattenzione (simbolica e materiale) degli interagenti sia rivolta alle regole formali che la caratterizzano (Collins, 1988) . Goffman, quindi, interessato prevalentemente ai micro-rituali che riescono a dare senso alle attivit umane, mentre vede nei grandi rituali una sempre pi profonda povert di significato. La sua analisi si concentra su quei micro-rituali apparentemente banali, quei gesti, quegli accorgimenti, quelle abitudini che caratterizzano la nostra vita quotidiana in comunit e che ci danno il senso della ritualit viva delle societ urbane e secolari. in questi contesti rituali che viene affermata la sacralit del self, il culto dellindividuo oggetto primario delle cerimonie contemporanee.
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Ne Le forme elementari della vita religiosa Nel caso di Durkheim abbiamo visto che si tratta delle societ australiane del suo tempo. 18 Soprattutto in alcuni suoi testi come ne Il rituale dellinterazione che sar lopera di riferimento in questo paper nellapprofondimento della teoria goffmaniana.

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Tutta la sociologia di Goffman () un tentativo minuzioso di individuare i rituali che nella societ contemporanea affermano la sacralit dellindividuo, di indagare la natura cerimoniale dellidentit, di esaminare i meccanismi mediante i quali questo equilibrio rituale viene ristabilito quando stato turbato (Giglioli, 1997: XIV)

2.3.2

Il rituale dellinterazione

Andiamo pi nello specifico ad analizzare alcune delle regole dinterazione enucleate da Goffman in uno dei suoi testi pi importanti, I rituali dellinterazione, ed in particolare nei due dei saggi in esso contenuti - Giochi di faccia (1955) e La natura della deferenza e del contegno (1956) - che a mio parere sono in grado di spiegare la complessit della teoria goffmaniana dei rituali. Abbiamo visto come in Le forme elementari della vita religiosa Durkheim intuisce limportanza dellattenzione rituale per lindividuo, percepito come frammento del mana collettivo; il salto interpretativo che il concetto durkheimiano di anima compie nella prospettiva goffmaniana un passaggio storico e culturale, perch risiede nel fatto che nelle societ secolarizzate il concetto di anima si sia trasformato nellidea di s (self) senza perdere la propria natura rituale (Hannerz, 1992). Lidea della sacralit dellindividuo di fondamentale importanza per capire alcuni concetti chiave dalla teoria di Goffman; egli, infatti, cerca di dare risposta al perch gli attori sociali mettano in atto le strategie appropriate affinch linterazione possa scorrere senza intoppi.
Le persone si venerano le une le altre come piccoli dei, in innumerevoli modi quasi impercettibili, dei quali ci accorgiamo solo quando sono assenti, quando cio non si osservano i rituali appropriati e il trattamento riservato allaltra persona allora visto come violenza simbolica (Hannerz, 1992: 360)

In Giochi di faccia Goffman introduce uno dei concetti fondamentali della sua teoria: la faccia un valore positivo che ogni individuo rivendica attraverso il proprio comportamento durante linterazione; la faccia limmagine che ogni interagente ha di s durante lincontro, e ognuno degli attori presuppone che la propria faccia (e in modo solidale quella dellaltro) non venga messa in discussione. Durante linterazione ci possono essere, tuttavia, delle situazioni di crisi: momenti in cui un attore pu trovarsi fuori posto; altri in cui non riesce a mantenere una faccia credibile rispetto gli altri; oppure momenti in cui esiste la possibilit che gli altri contestino la faccia che un individuo sta assumendo. Con il termine giochi di faccia Goffman indica tutte le strategie, le misure e le precauzioni che si mettono in atto per mantenere o salvare la faccia o per essere coerenti con limmagine che si ha o che si vuole dare di - s stessi.
Lattaccamento alla propria immagine e la facilit con cui questa immagine pu essere messa in dubbio spiegano in parte la ragione per cui ognuno trova che il contatto con altri sempre qualcosa di molto impegnativo. (Goffman, 1988: 8)

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Esiste per Goffman un equilibrio rituale che ogni attore cerca di mantenere, dimostrando da un lato di essere degno dellaltrui rispetto e dallaltro che gli interlocutori lo sono del suo; in questo senso la faccia di ogni individuo qualcosa di sacro e lordine espressivo necessario per conservala un ordine rituale (Goffman, 1988: 22).
La propria faccia e quella degli altri sono costrutti delle stesso ordine; sono le regole del gruppo e la definizione della situazione che determineranno lintensit e la distribuzione dei sentimenti che si proveranno per la propria faccia e per quella degli altri partecipanti (Goffman, 1988: 8).

Purtroppo in questa sede non abbiamo la possibilit di approfondire i tipi fondamentali di giochi di faccia (elusione e correzione) e le strategie che li caratterizzano (sfida, aiuto, ecc) ma importante sottolineare che esiste una forma di cooperazione e solidariet tra gli interagenti che fa si che gli individui non siano interessati a rompere il gioco se non in casi particolari19. In La natura della deferenza e del contegno Goffman individua delle regole di condotta (o guide per lazione) che influenzano ogni ambito dellattivit umana e che sono seguite per preservare la propria faccia e quella altrui. Usando le parole di Goffman, le regole di condotta che legano insieme attore e destinatario costituiscono i vincoli stessi della societ (Goffman, 1988:99). Esse sono di diversi tipi: si possono innanzitutto classificare come obblighi che un individuo ha nei confronti dei suoi interlocutori (e della societ) oppure come aspettative che lattore ha rispetto ai comportamenti messi in atto dagli altri nei suoi confronti. Il rispetto di tale regole permette agli attori sociali di non mettere in discussione ad ogni contatto le facce in gioco e di rendere routinarie le interazioni sociali; la faccia diventa quindi una gabbia che gli individui si costruiscono, amano e cercano di difendere nel momento in cui sentono minacciata la sua integrit. Gli individui partecipano alle azioni o alle interazioni sociali con innumerevoli facce; ognuna di esse associata alla particolare veste (ruolo) che lattore ricopre in un determinato momento. Abbiamo gi visto limportanza dei ruoli idealizzati nella teoria goffmaniana; gli individui accettano i valori morali e i comportamenti adeguati associati al determinato ruolo che stanno interpretando. Un'altra classificazione riguarda la gerarchia tra facce e distingue le regole simmetriche da quelle asimmetriche, ovvero uguale o diverso modo di essere trattati tra attore e destinatario. La distinzione pi complessa e pi importante quella tra regole sostanziali e cerimoniali; in breve, le regole sostanziali disciplinano la condotta nelle situazioni che hanno valore di per s stesse (la legge, la morale e letica) a prescindere dal giudizio di valore espresso sul s dellindividuo che agisce. Le regole cerimoniali sono mezzi convenzionali di comunicazione coi quali lindividuo
Non a caso Goffman sceglie come campo di studi privilegiato gli ospedali psichiatrici, luoghi in cui questo patto tacito viene continuamente rotto e rinegoziato.
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esprime il proprio carattere oppure il proprio giudizio sugli altri partecipanti della situazione (Goffman, 1988: 59); sono, cio, i comportamenti solitamente regolati dalletichetta. Le regole cerimoniali sono per Goffman quelle in cui la societ mette in atto la propria devozione nei confronti del self e si compongono di diversi elementi rituali, tra i quali la deferenza e il contegno. La deferenza uno strumento di devozione attraverso cui un individuo esprime il proprio apprezzamento nei confronti di un destinatario; ci si riferisce quindi a tutte quelle azioni apparentemente senza significato - come il salutare, riverire, ringraziare, scusarsi o complimentarsi - che costellano le relazioni sociali. Si tratta, quindi, di un atto di devozione rituale in cui un individuo manifesta la sacralit del destinatario. Unaltra componente delle regole cerimoniali costituita dal contegno, che Goffman definisce come quellinsieme di comportamenti che gli individui mettono in atto per comunicare ad altri che possiedono certe caratteristiche e qualit desiderabili. Deferenza e contegno sono rituali, luno guidato dagli obblighi e laltro dalle aspettative cerimoniali, che permettono la continuit e la circolarit delle interazioni sociali.20 In conclusione di questo paragrafo mi sembra interessante riprendere le parole che Goffman utilizza sul finire dellarticolo su La natura della deferenza e del contegno, che ben sintetizzano limportanza dei concetti di deferenza e contegno in linea di continuit con la tradizione durkheimiana.
In questo saggio ho avanzato lipotesi che la concezione durkheimiana della religione primitiva possa essere tradotta in concetti di deferenza e di contegno, e che questi concetti ci aiutino a meglio comprendere alcuni aspetti della vita urbana laica. () Ci siamo sbarazzati di molti dei ma lindividuo stesso rimane ostinatamente una divinit di notevole importanza. (Goffman, 1988: 104)

3 Utilizzo ritualistico dellautomobile In questo capitolo minteressa analizzare lutilizzo ritualistico dellautomobile come esempio empirico a cui tentare di applicare lanalisi di Durkheim sul sacro sociale e quella goffmaniana delle regole cerimoniali, concentrandomi sui concetti di deferenza e contegno. I piani regolatori di molte citt contemporanee sono disegnati per agevolare la mobilit (interna, in entrata e in uscita) e soprattutto per facilitare lo spostamento in automobile; quando siamo in strada
In questo breve saggio, non ho la possibilit di approfondire le complesse critiche che vengono mosse alla teoria di Goffman. Ad ogni modo, vale la pena di sottolineare come alcuni autori abbiano evidenziato la mancanza di contestualizzazione nelle analisi di Goffman, il quale non esplicita quale la societ a cui si riferisce nei suoi studi (le classi medie americane? Il modo anglofono? Loccidente?) (si veda Hannerz, 1992). La critica pi complessa e strutturata che viene fatta a Goffman, tuttavia, connessa alla sua concezione dellidentit. Secondo diversi autori, esiste unaporia nel modello del s proposto da Goffman: una confusione sulla formazione e fondazione dellidentit individuale, da un lato descritta come predeterminata a livello della struttura e dallaltra in continua negoziazione nelle interazioni faccia a faccia (Crespi, 1996; Straniero, 2004).
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possiamo subito notare che la maggior parte dello spazio pubblico occupato da infrastrutture utili per la viabilit veloce (su quattro o due ruote): strade, parcheggi, benzinai e autolavaggi costituiscono lurban scape delle metropoli occidentali. Ai pedoni o ai cicli riservato lo spazio che avanza, porzioni di strada ai margini del canale a scorrimento veloce (Dupuy, 1995). 3.1 Lipermobilit: una manifestazione del sacro? Lipotesi di partenza che lipermobilit, cio la possibilit - o la necessit - di spostarsi nel modo pi veloce e confortevole da un luogo allaltro, abbia assunto unimportanza sempre maggiore nella societ contemporanea21, fino a potersi considerare una manifestazione del sacro sociale. A livello di senso comune, lipermobilit un assunto che non viene messo in discussione: giusto che le persone si possano muovere velocemente e liberamente22 anche a costi sociali, umani, ambientali molto elevati (Jensen, 2006). Tutte le dimensioni della vita sociale si poggiano sulla certezza che anche oggi (come ieri e domani) non si debba mettere in dubbio il buon funzionamento del sistema della mobilit: senza un sistema di questo tipo, la riproduzione sociale non sarebbe possibile perch la complessit della struttura si inscindibilmente legata alle tecnologie logistiche, di comunicazione ed infrastrutturali. Ogni individuo organizza le attivit quotidiane in relazione alle proprie possibilit di mobilit e quindi il mantenimento dellordine sociale possibile solo attraverso lefficiente funzionamento e il corretto utilizzo di queste tecnologie23.
Con laumentare della capacit della tecnologia di dare forma ai circuiti di mobilit urbana (Graham & Marvin, 2001), cresce la sfida della fiducia nella citt a mobilit accelerata , anche se questo non assolutamente un dibattito nuovo (Jacobs, 1961). Inoltre, questo ci pu illustrare come gli schemi di mobilit nella vita urbana quotidiana sia unarena valida per studiare il pi ampio tema della coesione sociale (Jensen, 2006: 160)24.

La mia ipotesi che queste tecnologie abbiano popolato sia la struttura sociale che lordine morale esercitando sugli individui un potere straordinario. Seguendo lo spunto di Durkheim, possiamo rintracciare i simboli del nostro ordine morale negli idoli della societ contemporanea:

Nella seguente trattazione mi limiter a fare un discorso generale, anche se importante sottolineare che in molte nazioni, soprattutto del nord Europa, vengono promosse politiche per la mobilit che cercano di cambiare la traiettoria, attualmente dominante, di sviluppo autocentrico. 22 Un critica durissima allequazione velocit = libert la si pu trovare in Elogio della bicicletta di Ivan Illich (2006), testo in cui lautore mette in luce come il traffico, che paralizza le citt contemporanee, non sia altro che leffetto congenito dellipermobilit. 23 Si veda a questo proposito il discorso di Giddens sui sistemi esperti in Le conseguenze della modernit (Giddens, 1994). 24 T. d. A.

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un idolo una cosa santissima, e la santit il valore pi elevato che gli uomini abbiano mai riconosciuto. Eppure un idolo spesso non altro che una massa di pietra o un pezzo di legno in s assolutamente privo di valore (Durkheim, 1996: 212).

Lautomobile non altro che un oggetto di metallo, in s privo si senso; il significato simbolico delle macchine insito nella loro funzione di avvicinare gli individui a livelli di autonomia di spostamento maggiori rispetto a tutti gli altri veicoli (Dupuy, 1995). Si potrebbe affermare, quindi, che lautomobile sia un feticcio, intendendo con questo termine non tanto una caratteristica intrinseca delloggetto ma il valore particolare che gli individui gli attribuiscono25. Lutilizzo ritualistico dellautomobile, come pratica urbana quotidiana, una modalit attraverso cui gli individui celebrano la sacralit dellipermobilit e dellautonomia di spostamento26.

individuo

simbolo: automobile

ordine morale: ipermobilit autonomia individuale di spostamento

Riprendendo lo schema iniziale proposto per la comprensione della teoria durkheimiana sul sacro sociale, si potrebbe ipotizzare, quindi, che lutilizzo ritualistico dellautomobile stringa gli individui intorno alla coscienza collettiva dellimportanza (e della necessit) della libert individuale di spostamento creando cos coesione sociale e consenso. Lipermobilit qui intesa come uno dei molteplici elementi che compongono lordine morale, un aspetto complesso che coinvolge diverse dimensioni della struttura sociale e della vita quotidiana degli individui. 3.2 Interazioni rituali automobilistiche I modi in cui gli attori sociali entrano in relazione gli uni con gli altri quando sono a bordo di unautomobile possono essere utilizzati come esempio per applicare le regole goffmaniane di deferenza e contegno. In questo paragrafo, infatti, cercher di rispondere alla domanda: vero che in auto saltano le regole cerimoniali di deferenza e contegno? E, se s, per quale motivo?
Un esempio di profanazione simbolica (iconoclasta) di questo ordine morale sono le immagini di macchine bruciate in seguito a manifestazioni di contestazione urbana. Un indice del potere simbolico dellautomobile pu essere la reazione indignata e la conseguente stigmatizzazione mediatica di questi atti dopo i fatti di Genova 2001, le banlieux francesi o l11 marzo 2006 a Milano. 26 Non mia intenzione ridurre il significato simbolico dellautomobile alla particolare interpretazione che ne ho dato; la macchina stato loggetto chiave dello sviluppo industriale, della produzione e del consumo di massa (Featherstone, 2004): le automobili hanno ricoperto un ruolo centrale nella costruzione dellidentit nazionale in determinati periodi storici (si pensi alla FIAT negli anni 70 o alla Wolkswagen durante il periodo nazista) e sono sempre pi catalizzatori dellapparire e status symbols. A queste si aggiungono poi le letture psicanalitiche (Ballard, 1975), quelle che evidenziano il rapporto ibrido uomo-macchina attraverso la metafora dei cyborg (Haraway, 1991 e Latur, 1991), quelle urbanistiche (Dupuy, 1995) e quelle pi attente ai rischi connessi allutilizzo dellauto (Lupton, 2003; Douglas, 1991).
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Se osserviamo i comportamenti degli automobilisti capita spesso che le regole cerimoniali di deferenza e contegno proposte da Goffman siano violate. Per quel che concerne la deferenza, le persone nelle relazioni faccia a faccia mettono in atto delle liturgie atte a manifestare rispetto per laltro, mentre in strada, nelle interazioni mediate dalle automobili, non raro vedere individui che si insultano, gridano, litigano, sarrabbiano, minacciano o che arrivano a picchiarsi. Per quel che concerne il contegno, ordinariamente una persona cerca di assumere i comportamenti adeguati allimmagine di s (rispettabile) che vuole trasmettere agli altri, ma noto che in auto le persone adottino delle condotte che in contesti dinterazione normale sarebbero ritenute sconvenienti e strane, come parlare da soli o mettersi le dita nel naso27. Se vero che quando si in macchina non si inseriti in uninterazione strettamente definibile come faccia a faccia e, quindi, lindividuo pu sentirsi meno a rischio rispetto a quando di fronte ad un interlocutore, altrettanto vero che la strada uno spazio pubblico, per cui le persone sono comunque in relazione tra loro. Goffman, infatti, considera i veicoli come thick skin, corazze che permettono allindividuo una certa sicurezza rispetto agli impatti fisici, linguistici e simbolici con gli altri28. Per capire questa dimensione del fenomeno si potrebbe leggere i comportamenti in strada attraverso la metafora drammaturgica proposta da Goffman (1956). In breve, lautore descrive la realt della vita quotidiana come un teatro: gli individui preparano la rappresentazione del proprio self attraverso tecniche simili a quelle utilizzate dai teatranti, preparandosi ad impersonare la loro parte (retroscena o backstage) e interpretando le loro performances di fronte agli altri (ribalta o frontstage). Si potrebbe ipotizzare quindi che lautomobile sia vissuta dagli individui come un backstage, uno spazio privato in cui sentirsi protetti dagli sguardi esterni, in cui consentito togliersi la maschera e smettere di utilizzare la faccia come medium scenico. La strada come spazio pubblico ha delle regole di condotta specifiche sia formali, come ad esempio il codice della strada, che informali, come ad esempio ci che localmente viene definito come regole del vivere civile.
Lincontrarsi e il mescolarsi degli individui nelle abituali strade di citt significano per Goffman molto di pi che semplici flussi di cose e persone. Oltre ad esprimere il framework di regole formali in tutte le citt, la strada rappresenta niente di pi che le norme informali e

Gli esempi di trasgressione rituale alle regole di deferenza e contegno non sono gli unici comportamenti possibili, il self , infatti, ha unidentit situazionale e dato un contesto i singoli individui decidono quale identit interpretare; quindi non detto che tali regole siano violate da tutti gli individui. La mia proposta basata sullosservazione di atteggiamenti quotidiani messi in atto da alcuni (molti) ma non da tutti. 28 In opposizione al pedone che indossa come protezione solo i propri abiti.

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culturali delle interazioni sociali profondamente implicate nelle strutture psicologiche della percezione del s (Jansen, 2006. 152).29

Esiste quindi uno spazio normativo in cui regole informali e formali sintrecciano, si mescolano e si sovrappongono ma tendenzialmente le norme culturalmente determinate riescono ad influenzare maggiormente il comportamento collettivo30. Si potrebbe ipotizzare, quindi, che il progredire di forme altamente individualizzate di comportamento abbia contribuito al trasformarsi del valore attribuito al rispetto delletichetta negli spazi pubblici, quindi al consolidarsi di atteggiamenti aggressivi ed irrispettosi come comportamenti fortemente ritualizzati. Per cui essere in automobile costituisce di per s stesso un setting adeguato e legittimo per agire determinati tipi di comportamento. La risposta alla domanda se deferenza e contegno siano regole rispettate anche in automobile tuttaltro che scontata; credo che la prospettiva goffmaniana ci consenta uno sguardo interessante per leggere questo fenomeno: anche se deferenza e contegno restano invariate in taluni contesti e si modificano in altri, mantengono comunque una loro collocazione nellordine morale di riferimento. I livelli di accettabilit sociale di certi comportamenti sono posti su un continuum, tale per cui comportamenti normalmente disapprovati, quando vengono messi in scena nel contesto del traffico quotidiano vengono ritenuti ordinari. La logica goffmaniana ci aiuta a cogliere lo spostamento della soglia di compatibilit tra ordine morale e atteggiamenti messi in pratica dagli automobilisti, per cui determinati tipi di comportamenti vengono incorporati dagli attori sociali come condotte routinarie, ammissibili nel contesto automobilistico ma non in altri. 4 Conclusioni

Da quanto emerso nella trattazione di questo paper possibile rintracciare delle continuit storiche e concettuali tra il pensiero di Durkheim e quello di Goffman. Abbiamo visto che Durkheim ne Le forme elementari della vita religiosa definisce i caratteri distintivi dei rituali religiosi delle societ totemiche australiane per poi utilizzarli come modelli esplicativi del funzionamento e della funzione sociale di tutti i cerimoniali religiosi. Lintuizione fondamentale per la comprensione delle pratiche cerimoniali stata elaborata da Durkheim, secondo il quale possibile riconoscere nei rituali dei momenti di celebrazione del sacro sociale, momenti in cui ciascun individuo partecipa attivamente alla creazione di una forza collettiva (densit sociale, effervescenza sociale) in grado di riconfermare lordine morale (cio la fonte dellintegrazione e della coesione sociale) e quindi la societ stessa. A partire da questi spunti, autori come Warner e Shils hanno svolto ricerche
T. d. A. Si pensi ad esempio allattraversamento sulle strisce pedonali; se in Inghilterra percepita come una regola del vivere civile fortemente da rispettare in Italia non lo . interessante notare come, soprattutto in Italia, la trasgressione di certe regole formali culturalmente considerata legittima.
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applicando lapproccio durkheimiano allo studio dei rituali secolarizzati (feste nazionali, celebrazioni politiche, ecc.) cio quei grandi riti collettivi che riescono a stringere una collettivit intorno ai valori morali, ai simboli e alle rappresentazioni collettive dominanti. Sotto linfluenza di questi autori Goffman rielabora creativamente due nodi teorici sviluppati da Durkheim, ossia la questione dellordine morale come fonte dintegrazione sociale e limportanza dello studio dei rituali per la comprensione delle strutture morali che regolano la coesione sociale. Il sociologo statunitense sposta il centro dellinteresse dai grandi rituali (religiosi o laici) alle piccole pratiche cerimoniali quotidiane in cui gli individui ricoprono i ruoli che sentono pi adeguati al contesto, ovvero quelle interazioni faccia a faccia che permettono di celebrare la santit del proprio e dellaltrui self. Mi sembrato interessante cercare di applicare questi spunti teorici ad un esempio empirico, cio allutilizzo ritualistico dellautomobile, cercando di rintracciare la dimensione macro del sacro (ipermobilit) e quella micro delle pratiche dinterazione quotidiana (deferenza e contegno). Certamente n Durkheim n Goffman si sono mai occupati delluso che le persone fanno dellautomobile in citt, anche se Goffman si concentrato sulle relazioni in pubblico ed in particolare sulle relazioni tra pedoni e tra pendolari. Le conclusioni a cui sono giunta sono semplici suggestioni, frutto di osservazione e partecipazione quotidiana alla vita in citt, ma non possono essere lette come risultati di una ricerca empirica vera e propria. Credo comunque che questo argomento sia un tema innovativo e ricco di spunti interessanti per la comprensione di uno tra i pi diffusi rituali contemporanei. 5. Bibliografia Alexander, Jeffrey C. 1988. Durkheimian sociology: cultural studies. Cambridge: Cambridge University Press. Ballard, J. G. 1975. Crash. London: Panther. Trad. It. 1990. Crash. Milano: Rizzoli Birrell, Susan. 1981 - Dec.. Sport as Ritual: Interpretation from Durkheim to Goffman. Social Forces. Vol. 60, No. 2, Special Issue, pp. 354-376 Brown, David K. 2003 - July. Goffmans Dramaturgical Sociology: Developing a Meaningful Theoretical Context and Exercise Involving Embarrassment and Social Organization. Teaching Sociology: Vol. 31, No. 3, pp. 288-299 Douglas, Mary 1985. Risk Acceptability According to the Social Sciences. New York: Russel Sage Foundation. 1991 Trad. It. Come percepiamo il pericolo. Antropologia del rischio. Milano: Feltrinelli. Dupuy, Gabriel 1995. Automobile e citt. Milano : il Saggiatore. 21

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