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Darwin e la teoria dell’evoluzione della specie per selezione naturale

La teoria evoluzionista proposta da Darwin decostruiva le teorie creazioniste e fissiste,


secondo cui ciascuna specie era stata creata da Dio e rimaneva immutabile nel tempo.
Secondo Darwin invece, da un antenato comune, per variazioni, selezione naturale e
adattamenti, si sono originati tutti gli organismi viventi.
La selezione naturale agisce in base a un criterio utilitaristico di conservazione delle
variazioni utili ed eliminazione di quelle inutili: la «sopravvivenza del più adatto».
Ma «più adatto» non significa migliore in senso assoluto; quando le condizioni
cambiano, chi era adatto prima può infatti cessare di esserlo. In sostanza «più adatto»
significa spesso «più differenziato e specializzato» e dunque «più complesso», anche
se questo non impedisce a specie meno evolute di essere perfettamente adattate e
sopravvivere; soprattutto in condizioni relativamente semplici, dove un’organizzazione
più elevata può risultare inutile o addirittura dannosa.
La «lotta per la vita» non avviene soltanto fra specie diverse, ma anche fra individui o
varietà di una stessa specie che competono per le stesse risorse nello stesso
ambiente (competizione sessuale fra individui di un sesso per accaparrarsi i favori
dell’altro etc.)
Questa sorta di selezione sessuale fa in modo che una volta selezionata una
variazione, l’isolamento in una regione ad essa favorevole degli individui modificati
tenderà a fissarla, e l’effetto cumulativo di più variazioni tenderà a produrre specie
diverse.

-Il tutto può essere raffigurato con l’immagine dell’albero della vita le cui foglie
rappresentano le specie viventi, e il tronco e i rami secchi i percorsi evolutivi estinti
Darwin: «Nella lotta per la vita le variazioni, per lievi che siano e da qualsiasi causa provengano, purché
siano utili in qualche modo agli individui di una specie, nei loro rapporti con gli altri organismi e con le
condizioni fisiche della vita, tendono alla conservazione di questi individui e a trasmettersi ai loro
discendenti».

I fattori essenziali da tenere presente sono quindi:


- Variazione
- Ereditabilità delle variazioni favorevoli
- Scarsità delle risorse e conseguente lotta per la vita
- Selezione naturale

L’ereditarietà delle nuove varianti rappresenta un presupposto cruciale della teoria


La selezione naturale: una variazione casuale dà all’organismo un vantaggio, per quanto lieve, che lo
rende più idoneo a lasciare una progenie in grado di sopravvivere più facilmente e di trasmettere quello
stesso vantaggio ai propri discendenti.
Gli individui che possiedono caratteri più favorevoli all’ambiente, sopravvivono

«sopravvivenza del più adatto»


Per l’elaborazione della sua teoria sulla selezione naturale Darwin fu ispirato
dall’idea di un’analogia con la selezione artificiale degli incroci da parte degli
allevatori; sarà questa procedura infatti a fornirgli inizialmente gli strumenti per
capire il meccanismo con cui la natura trasforma la specie. La costruzione di tale
tesi lo porterà a divenire un evoluzionista convinto che non vi fosse alcun piano
provvidenzialistico in natura e che tutta la specie, umana compresa, fosse legata
da una parentela genealogica, cioè da una discendenza comune con successive
modificazioni prodotta dalla sopravvivenza differenziale delle varianti più dotate
nella sopravvivenza e nella riproduzione. In tal modo «le bizzarrie della natura
cessano di essere il capriccio di un Creatore che insegue ogni dettaglio»: la
selezione naturale è concepita come un processo senza scopi e senza intenzioni.
Rispetto all’ipotesi creazionista, Darwin non afferma che essa sia necessariamente
falsa per via scientifica. Semmai sottolinea che la sua teoria della selezione naturale
è indifferente rispetto alla questione religiosa. Darwin attraverso il suo rigoroso
naturalismo di metodo pensava che non vi fosse alcuna necessità di introdurre entità
sovrannaturali o salti ontologici per spiegare l’evoluzione della mente umana. La sua
era una posizione agnostica che verrà strutturata in una doppia modalità.
Inizialmente egli aderì a quello che possiamo definire un agnosticismo deistico: non
credeva in alcun Dio personale né nell’immortalità dell’anima, ma non escludeva, in
linea teorica, che una causa prima inattingibile razionalmente potesse aver dato
inizio al mondo. Successivamente giunse a pensare che era contro ogni evidenza
pensare che un piano divino si manifestasse attraverso variazione e selezione; da
qui ne derivò un rifiuto delle tesi creazionistiche, delle cause finali, della tesi di un
progetto intenzionale inscritto in un presunto processo di creazione.
Freud ed il significato filosofico delle tesi di Darwin:

«Nel corso dei tempi l’umanità ha dovuto sopportare due grandi


mortificazioni che la scienza ha recato al suo ingenuo amore di sé.
La prima, quando apprese che la nostra terra non è al centro
dell’universo, bensì una minuscola particella di un sistema cosmico
(Copernico). La seconda mortificazione si è verificata quando la
ricerca biologica annientò la pretesa posizione di privilegio
dell’uomo nella creazione, gli dimostrò la sua provenienza dal regno
animale e l’inestirpabilità della sua natura animale. Questo
sovvertimento di valori è stato compiuto sotto l’influsso di Darwin,
non senza la più violenta opposizione dei suoi contemporanei.
Ma la terza e più scottante mortificazione, la megalomania
dell’uomo è destinata a subirla da parte dell’odierna indagine
psicoanalitica, la quale ha intenzione di dimostrare all’Io che non
solo non è padrone in casa propria, ma deve fare assegnamento su
scarse notizie riguardo a quello che avviene inconsciamente nella
sua psiche.»
Secondo il filosofo della scienza Telmo Pievani «la radicale contingenza storica e
geografica dell’evoluzione umana, lungi dal consegnarci a un’insensatezza nichilistica,
ci restituisce al contrario un concreto senso di appartenenza alle dinamiche fisiche ed
ecologiche di un pianeta attivo, che proprio in virtù della sua instabilità, ha posto, molto
tempo fa, le condizioni per la nostra comparsa.»

A parere di Pievani la teoria darwiniana va letta come «un’occasione di emancipazione


dalle ingannevoli consolazioni finalistiche; nessuno ha saputo dirlo meglio di Leopardi
nelle Operette morali in quel Dialogo della natura e di un islandese, in cui la prima
apostrofa il secondo: - Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa
vostra?»
«Essere darwinisti, accettando una qualsiasi versione della teoria
dell’evoluzione, significa considerarsi fatti della stessa sostanza di
cui sono fatti i corpi degli altri viventi. Questa sostanza, che dà
forma alla vita, e che è comune agli altri animali e vegetali,
ridimensiona l’uomo catapultandolo definitivamente fuori
dall’antropocentrismo: dopo aver perso la superiorità morale (con
l’antispecismo), e finiti alla periferia dell’universo (con il
copernicanesimo), gli umani si scoprono prodotti del caos (grazie
al pensiero di Darwin) e nel caos devono abituarsi a regolare le
loro esistenze».

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