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CAP 1 VIVERE IN EMERGENZA

1 LEMERGENZA

_1.1 AFFRONTARE LEMERGENZA
LA SINDROME DELLIMMUNITA
LA CONDIZIONE DI EMERGENZA
LEMERGERE DELLEMERGENZA

_1.2 AFFRONTARE UN EVENTO CRITICO
IL CONCETTO DI EVENTO CRITICO
COME REAGISCE UNA PERSONA COINVOLTA IN UN EVENTO CRITICO

_1.1 AFFRONTARE LA SOFFERENZA
INTRODUZIONE
LE STRATEGIE DI COPING

2 UNA RISPOSTA ALLEVENTO CRITICO


_2.1 LA PSICOLOGIA DELLEMERGENZA
DI CHE COSA SI OCCUPA

OBIETTIVI

3 ASPETTI PSICOLOGICI CONNESSI ALLA RISPOSTA EMERGENZIALE

_3.1 GLI EFFETTI DEL TERREMOTO
IL TERREMOTO VISIBILE
IL TERREMOTO INVISIBILE

_3.2 COME PERCEPIAMO IL PERICOLO IN CASO DI EMERGENZA
LALLARME
LA PAURA
IL PANICO

_3.3 REAZIONI PSICOLOGICHE NELLE SITUAZIONI DI CRISI
LO STRESS

_3.5 LE VITTIME
OGNI SUPERSTITE E UN INDIVIDUO UNICO
TIPOLOGIE DI VITTIME
LA SINDROME DEL SOPRAVVISSUTO

4 FASI DI RISPOSTA PSICOLOGICA A UN EVENTO CATASTROFICO

_4.1 FASE DI EMERGENZA E FASE IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVA
FASE DI AVVERTIMENTO
FASE DI ALLARME
FASE DI IMPATTO
FASE DELLINVENTARIO

_4.1 FASE DI POST-EMERGENZA
FASE DELLEROISMO
FASE DELLA LUNA DI MIELE
FASE DI DISILLUSIONE
FASE DI RICOSTRUZIONE

_4.2 MODELLO DELLA REAZIONE BIOPSICOSOCIALE
FASI TEMPORALI

_4.3 UN CASO STUDIO
EFFETTI SULLA SALUTE DEL TERREMOTO DI S. GIULIANO, 2002

5 INTERVENIRE NELLEMERGENZA

_5.1 SOPRAVVISSUTI, NON VITTIME
RIPRISTINARE LE ROUTINE QUOTIDIANE

_5.2 POPOLAZIONE A RISCHIO
_5.2.1 BAMBINI
LIMPORTANZA DELLA RIAPERTURA DELLA SCUOLA

6AP 2. AUT0608TRU|RE PER PARTE6|PARE: PARTE6|PARE PER AUT0608TRU|RE




lNTR00uZl0NE

1 AUTOCOSTRUIRE
lNTR00uZl0NE

_1.1 FATTORI CHE MOTIVANO LAUTOCOSTRUZIONE


_1.1.1 MOTIVAZIONI FISIOLOGICHE
0E3l0ERl0 0l C0NTR0LLARE L'AV8lENTE C03TRulT0

_1.1.2 MOTIVAZIONI CONTINGENTI
AuT0C03TRuZl0NE C0VE P033l8lLlTA' Rl30LuTlvA 0EL PR08LEVA-CA3A

_1.2 CARATTERI DELLA TECNOLOGIA


_1.2.1 ASPETTI SOFT
V00ELLl TECNlC0-0R0ANlZZATlvl

_1.2.2 ASPETTI HARD
LA TECN0L00lA APPR0PRlATA
LA C03TRuZl0NE FAClLlTATA
lL LlvELL0 TECN0L00lC0

_1.3 TRE CASI STUDIO
E0lLlZlA Ev0LuTlvA

_1.3.1 AUTOCOSTRUZIONE PAUCA: Progetto AUtocostruzione CArpenedolo (Brescia)
_1.3.2 AUTOCOSTRUZIONE A ZELARINO (Venezia)
_1.3.3 AUTOCOSTRUZIONE A CORCIANO (Perugia):


2 PARTECIPARE


_2.1 PROMUOVERE LA PARTECIPAZIONE
_2.1.1 INDICAZIONI PER LA PROMOZIONE DELLA PARTECIPAZIONE
lL Vu3E0 TECN0L00lE 3EVPLlCl A VA0RA3

_2.2 ESPERIENZE DI PARTECIPAZIONE

_2.2.1 LABORATORIO DI QUARTIERE DELLUNESCO. OTRANTO 1979











































Paro|e cr|ave:

lrrovaz|ore lecro|og|ca, raler|a|| |rroval|v|, FRP, |eggerezza, l|ess|o|||la, revers|o|||la de|
s|slera coslrull|vo, progello lecro|og|co, rodu|o, cala|ogo, serp||l|caz|ore coslrull|va.


A8TRA6T 0ELLA TE8|


0uardo s| |rlerv|ere |r caso d| erergerza, ror o|sogra sollova|ulare || serso d| d|speraz|ore, d| perd|la d|
sperarza e d| purl| d| r|ler|rerlo v|ssulo da cr| ra suo|lo |a ca|ar|la. La rarcarza d| ur adegualo |rlerverlo
progellua|e aggrava u|ler|orrerle || o||arc|o |r lerr|r| d| sollererza.
Progellare ur |rred|alo purlo d| r|ler|rerlo per |a corur|la s|r|slrala, rappreserla ur oll|ro |rcerl|vo per
corserl|re || ralura|e recupero de||e all|v|la quol|d|are e sollo||reare qu|rd| |'usc|la da||a lase de||e slrella
erergerza.
Le sce|le d| carallere uroar|sl|co, |egale a||'a||esl|rerlo del|r|l|vo de||'area d| r|covero, e que||e d| carallere
arcr|lellor|co, corresse cor va|or| s|roo||c| rad|cal| re||a reror|a co||ell|va, devoro lac|||lare e proruovere
|a r|sposla erol|va de||e persore, lavor|re |a soc|a||la, e lerdere a r|creare ur aro|erle uroaro lurz|ora|e e
corlorlevo|e, larlo p|u |a perrarerza |r cord|z|or| d| precar|ela e pro|urgala re| lerpo.
0uesl| | presupposl| cre rarro del|r|lo |e pr|re d|rell|ve progellua|| per |a r|a proposla cre cors|sle re|
progello d| ur 'Laooralor|o d| quarl|ere |rleso core slrullura l|ess|o||e e revers|o||e |r grado d| |rlegrare |a v|la
assoc|ala e d| corl|gurars| a||'occorrerza core 'scuo|a per perrellere || recupero de||a lasc|a de||a
popo|az|ore ragg|orrerle co|p|la cre e rappreserlala da| oaro|r|.
La rea||zzaz|ore d| la|e slrullura evo|ul|va, o|lre a proruovere |a parlec|paz|ore de||a popo|az|ore co|p|la,
v|ere qu| persala per essere ressa everlua|rerle |r pral|ca allraverso ura lorra d| aulocoslruz|ore
ass|sl|la. lr queslo caso, |'|rlerverlo aulocoslrull|vo s| corl|gura core ur processo cre pore |'|rd|v|duo a||a
r|cerca d| ura esper|erza parlec|pal|va d|rella a||'orgar|zzaz|ore de||o spaz|o l|s|co e a||a sce|la deg|| e|ererl|
d| larporarerlo, rappreserlardo |ro|lre ura occas|ore per lar erergere g|| |rleress| co||ell|v| |r |uogo d|
que||| |rd|v|dua||.
ur e|evalo ||ve||o lecro|og|co proposlo puo pero porlare g|| ulerl| aulocoslrullor| verso ur es|lo la|||rerlare.
Per perrellere |a lac|||la coslrull|va de||'|rlero s|slera ro adollalo ur s|slera coslrull|vo revers|o||e e a oasso
corlerulo lecro|og|co, cosl|lu|lo da e|ererl| rodu|ar| assero|ao||| e srorlao||| per rezzo d| ades|v|
slrullura|| revers|o|||.
ur a|lro parad|gra progellua|e caraller|zzarle || progello e rappreserlalo da||a |eggerezza: lull| g|| e|ererl|
soro cosl|lu|l| da raler|a|| p|asl|c| ed e|ererl| slrullura|| |r FRP.
L'ul|||zzo de||a p|asl|ca ra |ro|lre corcorso a dare r|||evo a uro de| pr|r| parad|gr| progellua|| da re proposl|:
|a l|ess|o|||la coslrull|va e corpos|l|va. La |eggerezza |rlr|rseca a queslo raler|a|e, dala da||'e|evalo rapporlo
res|slerza reccar|ca/peso, e |a sua dull|||la lorra|e r| rarro perresso d| persare a deg|| e|ererl| d|
larporarerlo parl|co|arrerle |egger| e persora||zzao||| lrar|le co|oraz|ore |r rassa, slarpo d| |rrag|r| e
lerrolorralura. 0uesl| e|ererl| s| soro r||eval| lordarerla|| per perrellere ur arp|a var|ela corpos|l|va
de||a lacc|ala dorardo ur parl|co|are va|ore agg|urlo |r lerr|r| arcr|lellor|c| a ura slrullura provv|sor|a per
|'erergerza.












- lu/v - TE$l 0l l/uRE/ lh /R0llTETTuR/ - // 2005/2006 Ell$/3ETT/ 0/R/TTlh n marr 2J9262
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

1














LA SINDROME
DELLIMMUNITA



















LA CONDIZIONE DI
EMERGENZA












LEMERGERE
DELLEMERGENZA












VIVERE IN EMERGENZA





1 LEMERGENZA



_1.1 AFFRONTARE LEMERGENZA


Dalla lettura di numerosi fatti di cronaca, si ricava limpressione che in Italia, ma anche
nel resto del mondo, stiano esplodendo con esiti catastrofici, una dietro l'altra, situazioni
che erano comunque a rischio. Palazzi che crollano, tubature del gas che perdono ed
esplodono nonostante i controlli, allagamenti continui a causa di cattiva manutenzione
delle condotte, incendi, crolli di strutture in seguito a eventi sismici, eccetera.
In tutti questi casi la mancanza di una adeguata organizzazione e gli errori umani hanno
aggravato ulteriormente il bilancio in termini di vite e di sofferenza; in genere, ci si
verifica perch la prevenzione che riguarda la sicurezza delle persone viene
considerata come una parola senza contenuto, usata spesso solo con fini
propagandistici.
Purtroppo, bisogna aggiungere che nella maggior parte delle persone radicata una
convinzione, non del tutto consapevole, che fa persuadere dal fatto che un evento
temuto possa colpire chiunque, in qualsiasi momento.
Le persone, infatti, hanno la tendenza a esorcizzare le situazioni di potenziale rischio
sviluppando una artificiosa sindrome dellimmunit: tale convinzione ha la funzione di
negazione del pericolo.
E opportuno, invece, mettere in evidenza come le situazioni di pericolo (spesso
incentivate da un terreno favorevole) si verifichino inevitabilmente e inneschino, di
conseguenza, una condizione di emergenza.
Negli ambienti quotidiani di vita e di lavoro si possono verificare condizioni
straordinarie o impreviste verso le quali non abbiamo, o pensiamo di non avere,
strumenti idonei per farvi fronte.
Nel lessico comune queste situazioni vengono identificate con il termine emergenza,
condizione che si determina al verificarsi improvviso di avvenimenti indesiderati o fuori
dalla consuetudine, che possono mettere in pericolo lintegrit fisica o psicologica delle
persone che si trovano in un ambiente, oppure danneggiare o distruggere beni o cose.
1
Le notizie di cronaca, in merito agli eventi emergenziali, mettono anche in evidenza
come di frequentemente gli individui, di fronte a catastrofi naturali, attentati o incidenti,
siano confusi, inermi, incapaci di soluzioni; le stesse notizie, per, cominciano
finalmente anche a riportare anche alcune novit nel campo dell'emergenza che, se
fino a ieri erano state di esclusiva compentenza medica, oggi stanno necessariamente
per diventare multidisciplinari, con particolare attenzione agli aspetti psicologici.



______________________________________________________________________
4
DAngelo Benedetto, DAngelo Nicola, Tatano Valeria, Zanut Stefano, La sicurezza nelle
scuole e il piano di emergenza, Sistemi Editoriali, Napoli, 2005, Vol 2, pg 85
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

2
















IL CONCETTO DI
EVENTO CRITICO















COME REAGISCE
UNA PERSONA
COINVOLTA IN UN
EVENTO CRITICO
















Si stanno infatti cominciando a mettere in evidenza gli aspetti psicologici connessi con
la risposta emergenziale: l'emozione, il forte turbamento, la preoccupazione e
l'inquietudine che produce la paura sulla persona un'esperienza selettiva di intensit
rilevante, accompagnata da modificazioni fisiologiche spesso importanti e per lo pi tali
da modificare il comportamento volontariamente o involontariamente [] pi il trauma
intrusivo, maggiore sar l'impatto emotivo e fisico sulla persona [].
2

Nelle politiche di prevenzione nei confronti dei disastri si comincia ad affrontare un
processo analitico e conoscitivo dei modelli di comportamento delle reazioni della
collettivit nei confronti degli eventi disastrosi.



_1.2 AFFRONTARE UN EVENTO CRITICO


Al fine di comprendere cosa possa significare vivere in condizione di stato di
emergenza, opportuno definire da subito il significato di evento critico.
Per evento critico si pu intendere qualsiasi situazione capace di produrre nella
persona un grave sconvolgimento e una grave preoccupazione.
Da questo punto di vista si considerano tra gli eventi critici situazioni come:

coinvolgimento in una catastrofe o in un disastro di vaste proporzioni,
incidente automobilistico,
coinvolgimento in un atto criminale sia come vittima, sia come semplice
testimone diretto,
perdita improvvisa di una persona cara,
incidente automobilistico,
abusi durante l'infanzia,
violenza sessuale,
ecc.
3



Di fronte a un evento critico, anche estremamente tragico, la persona sviluppa delle
reazioni che rappresentano, in primo luogo, il tentativo di dare un senso a quello che
avviene, in modo da non esserne psicologicamente sopraffatto.
Tali reazioni sono dovute al fatto che, di fronte a un evento particolarmente tragico, le
strategie di coping, successivamente accennate, non saranno pi sufficienti; la persona
fa, quindi, di tutto per ridurre, in un modo o nell'altro, la sua sofferenza e il pericolo
distruttivo che prodotto da questo evento che risulta essere molto pi influente, sul
piano cognitivo e comportamentale, rispetto alle sue capacit difensive.
E doveroso comunque ricordare come queste reazioni possano essere considerate
normali in quanto proprio quello che accaduto ad essere patologico
4







_______________________
2
Lo Iacono Antonio, Psicologia dellemergenza, Editori Riuniti, Roma, 2002, pg

7

3
Zuliani Antonio, Psicologia dellemergenza (in corso di stampa)
4
Ibidem
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

3







Figura 1.
Reazioni di un individuo a
seguito di un evento
critico.
5











INTRODUZIONE











LE STRATEGIE DI
COPING













































_1.1 AFFRONTARE LA SOFFERENZA

Nel corso dell esistenza di ognuno inevitabile che si presentino situazioni dolorose
che possono, di conseguenza, dare avvio a sofferenze intime.
Per fare fronte a questa condizione di sofferenza, arriviamo a sviluppare una o pi
modalit, o strategie, sia operative sia psicologiche le quali, pure non essendo in grado
di evitare il disagio, ne limitano certamente sia gli effetti quantitativi che qualitativi. Per
spiegare questo fenomeno, con un esempio alla portata del nostro vissuto quotidiano,
basti pensare a come una persona, quando alle prese con una difficolt o con una
delusione, cerchi di attenuare la sofferenza: essa si dedicher probabilmente a un
hobby, agli acquisti, a una attivit sportiva ect.
Le reazioni che le persone mettono in atto sono denominate con il termine inglese
coping e, in senso generale, possono essere inserite in alcune categorie generali:

la distrazione: attenuazione dellattenzione verso il problema pensando ad altro
o intraprendendo una qualche attivit;

la ridefinizione della situazione: tentativo di considerare il problema sotto
unottica diversa al fine di farlo apparire pi tollerabile o di farlo, comunque,
ricadere allinterno di una situazione gi nota o che si precedentemente
affrontata con successo;

lazione diretta: raccolta di informazioni sul problema in modo da pensare a
tutte le possibili soluzioni per risolverlo;

la catarsi: esprimere le proprie emozioni al fine di ridurre la tensione, lansia e la
frustrazione collegate al problema;

la rassegnazione: accettare che il problema sia irrisolvibile;

la ricerca di un supporto sociale allinterno del quale trovare un supporto
emozionale;

il rilassamento, ottenuto con tecniche distensive e attivit tranquillizzanti;

_______________________
5
Organizzazione Mondiale della Sanit, Handbook for Emergency Field Operation pg 204
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

4

















DI CHE COSA SI
OCCUPA


















OBIETTIVI















la fede: ricorsa a un supporto spirituale.

Queste strategie agiscono molto bene fino a quando si devono gestire crisi causate da
eventi ordinari, ma quando la persona si trova a far fronte a un evento critico queste
stesse tattiche rischiano di non funzionare come previsto e di non riuscire a contenere
la sofferenza, che diventa molto elevata.




2 UNA RISPOSTA ALLEVENTO CRITICO




_2.1 LA PSICOLOGIA DELLEMERGENZA



La Psicologia dell'Emergenza una disciplina recentissima, nata in Italia, nel maggio
del 1999, contemporaneamente all'organizzazione del Convegno Psicologia ed
Emergenza, tenutosi presso l'aula magna dell'Universit degli Studi La Sapienza di
Roma.
Si occupa di strutturare un adeguato sostegno psicologico e logistico alle popolazioni
coinvolte in una situazione emergenziale e racchiude, al suo interno, competenze
derivanti non solo dal campo della psicologia ma anche da altri settori quali
larchitettura, lingegneria etc in modo da fornire risposte in interventi ad ampio
spettro.
La P.E. ha come propria finalit lo studio, la prevenzione e il trattamento dei processi
psichici, delle emozioni e dei comportamenti che si determinano prima, durante e dopo
gli eventi critici.
Oggetto di studio e di intervento di questo settore della psicologia sono tanto il singolo
individuo, di cui tende a ripristinare e a tutelare l'assetto cognitivo ed emozionale per
preservarlo dall'azione destabilizzante dell'angoscia traumatica, quanto la comunit nel
suo complesso, per la prevenzione o il superamento di quei fenomeni psichici che si
determinano nei grandi gruppi umani, come la sindrome da disastro, il panico collettivo,
l'esodo di massa etc..
6


La P.E. interviene a dare supporto alle popolazioni sinistrate non solamente nella fase
immediatamente successiva allevento ma opera anche come forma di prevenzione
(intesa come informazione) in quella che lo precede e in quella che si sussegue nel
lungo periodo, fino al ristabilimento delle condizioni pre-catastrofe.
Il verificarsi della condizione di emergenza genera domande a una velocit molto
superiore a quella necessaria per elaborare risposte []. Per gestire unemergenza
occorre sapere imparare rapidamente. Per imparare rapidamente, nel corso di
unemergenza, necessario avere gi imparato prima.
7



_______________________
6
Lo Iacono Antonio, Psicologia dellemergenza, Editori Riuniti, Roma, 2002, pg. 37.
7
M. Caliguri, Comunicare lemegenza, in Atti del IV COMP-P.A., Salone della comunicazione
pubblica e dei servizi al cittadino, Bologna, 1997, citato in, DAngelo Benedetto, DAngelo Nicola,
Tatano Valeria, Zanut Stefano, La sicurezza nelle scuole e il piano di emergenza, Sistemi
Editoriali, Napoli, 2005, Vol 2, pg 85pg 85]
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5




















IL TERREMOTO
VISIBILE




















IL TERREMOTO
INVISIBILE









Lintervento di soccorso si articola in varie fasi:

prima: preparazione delle persone a rischio a fronteggiare gli eventi che si
prevede possano accadere.

durante: attuazione di interventi di pronto soccorso psichico volti al sostegno
dell' Io e della persona coinvolta


dopo: attivit volta a ridurre o superare i danni psicologici riportati dalle vittime
attraverso interventi di riabilitazione del loro quadro psichico.
8




3 ASPETTI PSICOLOGICI CONNESSI ALLA RISPOSTA EMERGENZIALE



_3.1 GLI EFFETTI DEL TERREMOTO

Nella cultura europea loggetto della memoria pi emblematico la casa, la
costruzione in cui si abita. Per essa, soggettivamente almeno, il tempo di riferimento
leternit. Si acquista la casa per s e per i propri figli. Nessuno arriva a prevedere che
un giorno sar abbattuta.
Ma a questo caso limite si affiancano altri oggetti del paesaggio quotidiano, come alcuni
mobili e alcune suppellettili, che entrano profondamente nella sfera affettiva. A essi si
affida (o si vorrebbe affidare) il compito di durare, di accumulare memoria, di fornire una
specie di riferimento temporale, di funzionare come un orologio analogico, che con il
suo lento decadimento segna il trascorrere dei tempi lunghi dellesistenza [].
9

Premettendo che un evento tragico ha effetti distruggenti per qualsiasi essere umano, il
valore che la cultura occidentale, in particolare, attribuisce agli oggetti dovuto al fatto
che in essi si ripone la capacit di essere testimoni della nostra vita; essendo concepiti
per essere durevoli, rappresentano un punto di riferimento della vita familiare e spesso
un valore assoluto in termini economici.
Nel caso in cui venga a mancare il confronto con tali preesistenze diviene quindi
facilmente immaginabile cosa si prova nel momento in cui la propria casa
improvvisamente distrutta: la perdita della parte muraria coincide con la perdita degli
aspetti pi intimi e privati della propria vita quotidiana (la cucina, la camera da letto,
larmadio con i propri vestiti, gli oggetti che costituiscono un ricordo).
10


La vittima che sopravvive a una catastrofe, anche se supera levento senza subire
danni o menomazioni fisiche, riporta ferite non visibili, ma non per questo meno
profonde e dolorose, sotto forma di psico-traumi legati alla paura prodotta dallevento o
che lo stesso possa ripetersi.

_______________________
8
Lo Iacono Antonio, op. cit., pg. 38.
9
Manzini, Ezio, Artefatti. Verso una nuova ecologia dellambiente artificiale, Domus Academy
ed., Milano, 1990, pg. 55.
10
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, Linee guida per
lindividuazione delle aree di ricovero per strutture prefabbricate di Protezione Civile, Direttiva
del Presidente del Consiglio dei Ministri (Pubbl. nella G.U. n. 44 del 23 febbraio 2005), pg. 6.
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LALLARME
















LA PAURA
















E opportuno tenere in considerazione che il sisma non provoca danni solamente a
livello fisico, e quindi empiricamente osservabili (su persone, strutture, etc.), ma anche
a livello cognitivo e comportamentale.
Si tratta, come lo definisce M. Grignani, di un terremoto invisibile
11
, ovvero di reazioni
psicologiche alla catastrofe paragonabili a un metaforico sisma che nemmeno si vede
e nemmeno si ode
12
che avviene allinterno della sfera psicologica dellindividuo
coinvolto nella catastrofe.
Sulla base di quanto affermato, comunque necessario riportare nuovamente a
memoria come le reazioni di una persona di fronte a un evento particolarmente critico
rientrino nella norma delle reazioni biopsicosociali, lelemento a essere insolito proprio
quello che accaduto.



_3.2 COME PERCEPIAMO IL PERICOLO IN CASO DI EMERGENZA


Quando ci si sente esposti a situazioni che si ritiene possano arrecare un danno, o una
menomazione, a se stessi o a gruppi di persone, il primo comportamento fisiologico
che si mette in atto lo stato di allarme; si tratta di una modalit di risposta atavica che
prepara lorganismo a mobilitare le energie e le difese al fine di preservare la propria
sicurezza, attivando comportamenti di attacco-fuga.
In caso di emergenza i comportamenti fisiologici attivati dallo stato di allarme sono
connessi con l'attivazione emotiva (arousal)
13
la quale, elevando il livello di attivazione
del cervello corticale, la parte pi evoluta del nostro cervello, consente di mantenere
questa in uno stato di vigilanza e quindi di adeguata ricezione degli stimoli provenienti
dal mondo esterno.
In questo modo si predispone lorganismo a elevare lo stato di tutela in modo da
consentire tempestivi comportamenti di azione-reazione, consentendo anche di
avvertire altri indididui dell'eventuale pericolo, dando quindi il tempo di organizzarsi per
affrontare la situazione.


La paura un sentimento che pu essere considerato sia come causa che come effetto
di situazioni di pericolo, sia quando queste sono presenti sia quando se ne percepisce
solamente la presenza.
La paura prodotta dalla repentina situazione di cambiamento causata dallesposizione
alla situazione di emergenza: in casi estremi questa condizione psicologica pu inibire
la volont di vivere in quanto pu far venir meno la capacit adattativa nei confronti
dellintorno.
L'essere umano proprio perch non nasce perfetto nel senso dell'autonomia
istintuale e locomotoria (la maggior parte degli animali sono abbastanza indipendenti
dopo la nascita) si sente disadattato in un nuovo ambiente ed destinato, di tanto in
tanto, a ripercorrere questo iniziale disadattamento. E' come se ogni tanto avesse
bisogno di chiedersi: dove sono? chi sono? cosa sto facendo qui? . Ci succede
soprattutto quando tende a razionalizzare e a prendere le distanze dai processi istintuali
ed emotivi.
14


_______________________
11
http://www.psiconline.it/article.php?sid=62
12
Ibidem
13
termine inglese difficilmente traducibile (letteralmente risveglio)
14
Lo Iacono Antonio, Psicologia dellemergenza, Editori Riuniti, Roma, 2002, pg. 17
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7




























IL PANICO























Naturalmente, la percezione della paura funzione di molte variabili tra cui:
caratteristiche del fenomeno (pericolo);
scenario, contesto, situazione in cui presente il pericolo;
stadio dello sviluppo delle personalit (bambino, adolescente, adulto);
abitudini/attitudini mentali, condizione psicologica (equilibrio) dei singoli;
ruoli psicologici svolti abitualmente dai singoli (ruolo sociale, ruolo nel lavoro)
condizioni socio-culturali del sistema;
conoscenza, vissuto singolo e collettivo del fenomeno.
15




La paura un agente endogeno: come tale pu essere conosciuta e quindi affrontata.
La paura infatti un nostro regolatore emotivo e controllandola pu paradossalmente
rivelarsi come uno straordinario sistema difensivo: la paura ha infatti il vantaggio, come
daltro canto il dolore, di attivare il livello di vigilanza, segnalare uno stato di allarme: di
fronte a un pericolo spesso ci si predispone automaticamente all'azione facendo leva su
tutte le possibilit individuali di sopravvivenza. Va quindi sottolineato come la paura
possa considerarsi uno strumento di conoscenza: un fattore incentivante per affrontare
la complessit della vita e per prevenire i rischi reali che si presentano
quotidianamente.
E opportuno, comunque, tenere presente che inevitabile avvertire un aumento della
sensazione di pericolo, e quindi di ansia, quando ci si sente vulnerabili. In seguito,
secondo la sensibilit di ciascuno, questansia suscettibile di modificarsi in paura, in
angoscia, fino ad arrivare, in casi estremi, al panico e al terrore.



Quando lorganismo non in grado di elaborare il meccanismo di risposta sopra citato,
la conseguenza che ne deriva il tramutarsi della paura in panico. Questa condizione si
espone come un cortocircuito fisiologico e comportamentale, unoverdose di emozione:
lindividuo, o il gruppo, perde il controllo razionale e si comporta in modo anomalo,
incongruo e non efficiente con la situazione che sta vivendo.
16
















_______________________
15
Zanut Dario, Il comportamento umano in caso di emergenza in

DAngelo B., DAngelo N.,
Tatano V., Zanut S., La sicurezza nelle scuole e il piano di emergenza, Sistemi Editoriali,
Napoli, 2005, Vol 2, pg. 54.
16
Ibidem, pg. 55
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

8



LO STRESS





















































_3.3 REAZIONI PSICOLOGICHE NELLE SITUAZIONI DI CRISI


Le reazioni di stress possono essere la conseguenza di eventi traumatizzanti di vario
tipo. Prima, durante e dopo una calamit, i superstiti possono aver subito altri traumi,
come incidenti gravi, violenze e abusi di vario tipo. E importante non partire dal
presupposto che una calamit comporti esperienze dello stesso tipo e della stessa
intensit per tutte le persone, n che tutti i superstiti subiscano la calamit avendo alle
spalle storie simili di traumi passati.
La percezione del disagio funzione del vissuto di ogni singolo individuo. Non bisogna
dimenticare che ciascun superstite percepisce il disastro in modo personale e unico:
persone che hanno vissuto insieme levento calamitoso possono essere state esposte a
eventi traumatici specifici di tipo diverso.
Successivamente a un evento disastroso, le persone che subiscono le conseguenze
pi gravi sono quelle esposte direttamente ai pericoli e al rischio di morire. Infatti
quanto maggiori sono la minaccia di morte percepita e lesposizione sensoriale (cio
quanto pi si vedono immagini stressanti, si percepiscono odori stressanti, si odono
suoni stressanti o si subiscono lesioni fisiche) tanto maggiore la probabilit che si
manifesti una condizione di stress post-traumatico.
17
































_______________________.
17
Young Bruce H., Lassistenza psicologica nelle emergenze. Manuale per operatori e
organizzazioni nei disastri e nelle calamit, Edizioni Erickson, Trento, 2002, pg. 31.
18
Ibidem pg 33
Figura 2:
reazioni
comuni di
stress in
condizioni di
calamit
18

- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

9



















































L'interesse verso le reazioni psicologiche generate da situazioni critiche va rintracciato
nel fatto che, conseguentemente a un avvenimento traumatizzante, pu verificarsi nella
persona un quadro psicopatologico tale da danneggiare profondamente la qualit della
vita del soggetto. Questi stati psichici, infatti, per la loro natura spesso progressiva e
invalidante possono determinare un marcato effetto destabilizzante sia del modo di
essere, di sentire e di agire del soggetto, sia della sua capacit di far fronte alle
richieste della vita.
19

E comunque opportuno tenere in considerazione che qualunque avvenimento insolito
pu essere considerato come fattore di stress (almeno per il periodo di tempo
immediatamente conseguente allaccaduto) ma che poi, quando la situazione comincia
a divenire ordinaria, la persona coinvolta si rassicura e la include nel proprio mondo.



Nel caso in cui la situazione non si ristabilizzi in un arco di tempo relativamente breve
(come nel caso delle prolungate attese per ritornare a una condizione ordinaria dopo il
verificarsi di un evento critico), i comportamenti fisiologici attivati dallorganismo per fare
fronte alla situazione di emergenza, se protratti eccessivamente nel tempo, possono
provocare un accumulo negativo di stress che destabilizza le condizioni fisiche e
psicologiche.



______________________
19
Lo Iacono Antonio, Psicologia dellemergenza, Editori Riuniti, Roma, 2002, pg. 38.
20
Tabelle: Organizzazione Mondiale della Sanit, Handbook for Emergency Field Operation
pg 204
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

10




OGNI SUPERSTITE
E UN INDIVIDUO
UNICO





TIPOLOGIE DI
VITTIME












LA SINDROME
DEL
SOPRAVVISSUTO


























_3.5 LE VITTIME


Dallanalisi della letteratura internazionale, in merito alla P.E., si ricava che lelenco
delle persone suscettibili di subire gli effetti indotti da una situazione di emergenza sono
molteplici. Naturalmente, a causa dei trascorsi esperenziali propri di ogni persona,
opportuno avere presente che ciascun superstite conosce il disastro in modo personale
e unico; tuttavia, appare utile osservare che esistono delle situazioni comuni nelle quali
le persone possono trovarsi a essere coinvolte.
A partire da questa considerazione, al fine di semplificare la comprensione dell
argomento preso in esame, opportuno riportare una classificazione tipologica delle
vittime:

vittime di primo livello: persone che sono state esposte direttamente all'evento
critico,
vittime di secondo livello: persone che hanno stretti legami famigliari o
personali con le vittime di primo livello,
vittime di terzo livello: i soccorritori chiamati a intervenire sulla scena dell'evento
traumatico i quali, a loro volta, riportano danni psichici per la traumaticit delle
situazioni cui devono far fronte,
vittime di quarto livello: i membri delle comunit al di fuori dellarea colpita che,
in qualche modo, si sono interessati od occupati dellaccaduto

Oltre alle quattro categorie sopra riportate, si presenta interessante aggiungerne
ulteriori due portate in evidenza dal prof. Antonio Zuliani (docente di "Psicologia della
famiglia e del bambino nelle situazioni di emergenza" presso l'Universit degli Studi di
Padova). La prima riguarda le persone che essendo state vittime di un evento
disastroso ne conservano [] una traccia psichica tale da sentire riaffiorare la
sofferenza non appena altre persone sono coinvolte nello stesso evento
21;

la seconda considera le persone che potevano essere coinvolte [] che
ordinariamente avrebbero dovuto essere sul posto del disastro, ma che, per motivi del
tutto indipendenti dalla loro volont, trovandosi altrove, si sono salvati.
22

















______________________
21
Zuliani Antonio, Psicologia dellemergenza (in corso di stampa)
22
Ibidem
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

11



















































4 FASI DI RISPOSTA PSICOLOGICA A UN EVENTO CATASTROFICO


Quando avviene un disastro, generalmente, lattenzione si focalizza unicamente sulla
fase acuta, che si manifesta quando l'evento attua il suo impatto sul territorio o sulla
popolazione. Questa visione , per, riduttiva e non fa cogliere molte delle
caratteristiche importanti delle reazioni psicologiche delle persone, che non sono
determinate solamente da quanto avviene nel momento dell'impatto con l'evento
disastroso, ma anche da una serie di situazioni personali e sociali precedenti.
Queste reazioni si sviluppano in fasi non sempre chiaramente percepibili le une dalle
altre, sia perch si susseguono senza soluzione di continuit, sia perch singoli
individui, o gruppi, possono avere dei tempi di evoluzione diversi e una nuova fase pu
presentarsi quando quella precedente non ancora del tutto superata.




_4.1 FASE DI EMERGENZA E FASE IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVA

In questa fase si verifica unalta frequenza di reazioni di stress di grado lieve e
moderato poich i superstiti riconoscono bene il grave pericolo che la calamit ha
comportato. Bench le reazioni di stress possano apparire estreme e possano
provocare sofferenza, generalmente non diventano problemi cronici. La maggioranza
delle persone si riprende pienamente da una situazione di stress di intensit moderata
in un arco di tempo compreso fra 6 e 16 mesi.
23


All'interno del processo che precede e segue un evento disastroso si possono
identificare le seguenti fasi:

avvertimento,
allarme,
impatto,
inventario


______________________

23
Young Bruce H., Lassistenza psicologica nelle emergenze. Manuale per operatori e
organizzazioni nei disastri e nelle calamit, Edizioni Erickson, Trento, 2002, pg. 32.
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

12

FASE DI
AVVERTIMENTO


















FASE DI ALLARME
















FASE DI IMPATTO















Precedente al disastro: periodo di latenza tra avviso e possibile evento disastroso.

In questa fase sia il singolo, sia la comunit, sviluppano una serie di reazioni in
previsione della eventualit che l'evento si realizzi.
Durante questa fase si manifestano tutta una serie di comportamenti che non sempre
sono idonei per affrontare la situazione in atto.
Possono scattare meccanismi:
di negazione del pericolo: le persone esorcizzano il potenziale rischio
sviluppando una fittizia sindrome dellimmunit,
psicosomatici (determinati dalla paura) quali: aumento della frequenza
cardiaca e respiratoria, irrigidimento muscolare, aumento della sudorazione,
secchezza della bocca, nausea, tremori, vomito, etc. Su queste reazioni
influiranno sia le passate esperienze di fronte ad eventi traumatici, sia la
possibilit di accedere a informazioni su quanto sta accadendo e alla
conoscenza dei mezzi di protezione possibili. In questa fase di fondamentale
importanza la modalit nella quale vengono fornite le informazioni che devono
essere, per quanto possibile, brevi, chiare, coerenti e precise.
24



Poco prima dell'evento critico.

In questa fase il pericolo, precedentemente paventato, diviene imminente e percepito
come inevitabile. Questa fase, spesso di breve durata, caratterizzata da tati di ansia
molto intensi, tensione e timore per la propria sorte e quella delle persone pi care. Le
persone sono facilmente orientate all'azione in modo tale da attivare comportamenti
spesso non idonei (fughe, ingorghi stradali, ecc.).
Indipendentemente dal fatto che l'evento disastroso si realizzi o meno, gli effetti
psicologici di questa fase di allarme sono notevoli, e si manifestano anche a lungo
termine, pur rimanendo, anche in questo caso, la possibilit di una massiccia negazione
della presenza del pericolo.
Uno degli aspetti ricorrenti in questa fase il rifiuto delle persone, in specie se residenti
da lungo tempo nel luogo come sono gli anziani, di lasciare le loro case di fronte a un
pericolo.


Contemporaneamente allaccadimento dellevento disastroso: pu durare da alcuni
istanti fino a pochi giorni.

Le reazioni possibili in questa fase sono le pi diverse.
Da un lato le persone che sono coinvolte in queste situazioni presentano una sorta di
distorsione del tempo che si manifesta attraverso la sensazione che il tutto stia
accadendo al rallentatore. Gli stimoli sensoriali sono estremamente intensi a tal punto
che ci che essi vedono, ascoltano, gli odori che percepiscono non saranno mai del
tutto dimenticati. Vi una forte predominanza della paura. Tutto ci sfocia in ansia,
stupore, comportamenti automatici, incredulit, ottusit emotiva.




______________________
24
Zuliani Antonio, Psicologia dellemergenza (in corso di stampa)
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

13
FASE
DELLINVENTARIO


















































Immediatamente dopo l'impatto.

In questa fase i sopravvissuti sono impegnati in una grande opera di verifica delle
conseguenze dell'evento su se stessi, sui familiari e sugli amici. Le conseguenze di
questo atteggiamento comportano a unattivit di ricerca altamente stressante sia dal
punto di vista fisico, sia da quello emotivo. Alcuni sopravvissuti si muovono senza meta,
vagando, temporaneamente disorientati in una sorta di ambiente nel quale tutto
appare inizialmente avvolto da un terribile silenzio dal quale a mano a mano
emergono con sempre maggior vigore pianti, urla e lamenti e tutti quei rumori che
rimarranno ben presenti a lungo nell'esperienza personale. Altri possono sperimentare
sollievo e gratitudine per essere sopravvissuti, fino a giungere ad un senso di euforia.
Si tratta di una fase importante perch il primo momento nel quale le persone cercano
di razionalizzare ci che sta accadendo e quindi di convogliare le proprie risorse verso
lassistenza degli altri sopravvissuti.



_4.1 FASE DI POST-EMERGENZA


E emerso che superata la fase di prima emergenza, la consegna dei container
rappresenta un momento importante per gli utenti accolti nei campi, corrispondente
allassunzione di una piena consapevolezza psicologica nel nuovo ruolo di terremotato.
Uno stato, questo, che mette tutti quanti sullo stesso piano psicologico e
comportamentale, in una sorta di livellamento della condizione sociale e dello status
posseduto prima dellevento calamitoso.
25

Il campo e la sua gente da questo momento rappresenteranno, e per moltissimo
tempo, un ambito abitativo fuori dallordinario con un conseguente nuovo nucleo
sociale, nuove regole e rapporti interpersonali, nuove difficolt.
Linterazione con gli altri terremotati e gli elementi di socialit arrivano a livelli minimi:
lincertezza nel futuro genera nella popolazione stanchezza e chiusura psicologica. Le
persone cercano di ritrovare la propria identit chiudendosi in se stesse a allinterno del
proprio ambito familiare.
Per i minori e i giovani permane una situazione di disagio, di caduta delle regole e
perdita dei punti di riferimento.
La consapevolezza per la perdita del proprio ambiente sociale aumenta lo stato di
insofferenza nei confronti di questa nuova vita che costringe, tutti ugualmente, a vivere
una realt non scelta ma imposta da eventi non governabili.
______________________
25
Cavallari Luigi, Abitare e costruire in emergenza. Tecnologie per ladeguamento dellhabitat
provvisorio, Sala Editori, Pescara, 2003, pg. 61.
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

14










FASE
DELLEROISMO

















FASE DELLA LUNA
DI MIELE





















All'interno del processo che si sviluppa, nel lungo periodo, in seguito a un evento
disastroso si possono identificare le seguenti fasi:


delleroismo,
della luna di miele,
della disillusione,
della ricostruzione


Da subito ad alcuni giorni dopo levento:


La fase eroica caratterizzata dal fatto che sia le singole persone che le comunit
manifestano un altruismo e un'iperattivit volta al soccorso degli altri. Si tratta di
un'attivit spesso frenetica e senza la necessaria attenzione verso la protezione di se
stessi e per la propria sicurezza. Questa attivit pu durare da alcune ore fino ad alcuni
giorni. Un aspetto essenziale di aiuto per la popolazione colpita, potrebbe essere
rappresentato dal ripristino delle routine quotidiane delle persone coinvolte in un
disastro. In questo modo si favorisce il fatto che la vita riprenda il suo senso
fondamentale, proprio attraverso il recupero delle cose di ogni giorno che sottolineano il
significato della continuit, cos bruscamente interrotta dall'impatto con l'elemento
disastroso.
26

Spesso sono necessari solo comportamenti cui si d solitamente poca importanza, ma
non per questo poco significativi, come il rispetto di alcuni orari, la rispesa della
scansione tra i periodi di attivit e quelli di riposo etc...


Da due settimane a due mesi:


Dopo la fase eroica si manifestano situazioni nella quali si realizza una identificazione
euforica con il gruppo, descritta dalla letteratura statunitense come luna di miele.
Malgrado le perdite e i lutti recenti, questa fase generalmente caratterizzata da
ottimismo sia individuale che collettivo. In questa fase si sviluppa una forte solidariet
tra le persone, le differenze sociali sembrano scomparire a favore di un sentirsi l'uno
accanto all'altro. Questa situazione favorita dalla massiccia affluenza di soccorsi,
dall'attenzione dei media e dalla visita di personaggi importanti. Le vittime iniziano a
credere che tutto ritorner come prima, che le loro case, che la loro comunit sar
ricostruita velocemente e senza complicazioni.

Gli addetti a fornire soccorso tendono ad andarsene con limpressione che la
popolazione sia in grado di gestire autonomamente la situazione.
La situazione comincia a manifestare lacune, per, gi a partire dalla terza settimana:
le risorse cominciano a diminuire, linteresse dei media si riduce e la complessit della
ricostruzione e le difficolt della rispesa diventano sempre pi evidenti. Allo stesso
tempo, laumento di energia conosciuto inizialmente dai superstiti e dalla comunit
inizia a calare e compare la fatica, preparando il terreno per la terza fase.
27

______________________
26
Zuliani Antonio, Psicologia dellemergenza (in corso di stampa)
27
Young Bruce H., Lassistenza psicologica nelle emergenze. Manuale per operatori e
organizzazioni nei disastri e nelle calamit, Edizioni Erickson, Trento, 2002, pg. 34.

- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

15
FASE DI
DISILLUSIONE






















FASE DI
RICOSTRUZIONE


























Da molti mesi a un anno o pi:

Questa fase chiamata la seconda catastrofe.
28

In questa fase vengono alla luce le reazioni delle vittime al disastro. Dopo l'iniziale
ottimismo prende il posto una sorta di consapevolezza che i tempi e i modi del ripristino
delle condizioni di vita saranno lunghi, che le sofferenze patite non verranno cos
facilmente cancellate: si tratta di un fondamentale confronto con la realt.
L'identificazione euforica si trasforma in disagio sempre maggiore: le persone prendono
atto dellillusione di essere aiutate. Se nella fase di luna di miele le differenze
scomparivano, ora vengono sottolineate. Se prima una diversa distribuzione dei
soccorsi all'interno di una stessa comunit non costituiva un problema, ora diviene fonte
di attriti e ostilit.
29






Fino al totale ripristino delle condizioni pre-catastrofe :

Questa fase fa riferimento alla ricostruzione fisica delle case, delle infrastrutture e dei
servizi e a quella psicologica. Il fatto che il processo di ricostruzione ambientale abbia
inizio ha una particolare funzione nel favorire anche il processo emotivo di adattamento
alla nuova situazione del post disastro.
In questa fase importante ristabilire gli elementi associati alla normalit quotidiana
(ripristino del ritmo sonno veglia, del tempo dedicato all'alimentazione e al riposo etc.).
Quanto gi detto sul valore delle routine quotidiane, ora diviene veramente decisivo
perch esse sottolineano l'uscita dalla fase delle stretta emergenza e scandiscono
importanti elementi di normalit.
Questo elemento di ripristino risulta ancora pi importante soprattutto per la
popolazione pi debole di fronte a eventi critici: i bambini e gli anziani.



_____________________
28
Cavallari Luigi, Abitare e costruire in emergenza. Tecnologie per ladeguamento dellhabitat
provvisorio, Sala Editori, Pescara, 2003, pg. 69.
29
Zuliani Antonio, Psicologia dellemergenza (in corso di stampa)
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

16



FASI TEMPORALI















































_4.2 MODELLO DELLA REAZIONE BIOPSICOSOCIALE


E stato pi volte constatato che la reazione biopsicosociale normativa che si verifica
negli individui e nelle comunit a seguito di una calamit assume la forma di un modello
relativamente predicibile, osservabile nellarco di tempo compreso fra lesordio del
disastro e i 18-36 mesi successivi. Questo modello si compone di quattro fasi
relativamente distinte. Tuttavia queste fasi possono avere una durata variabile e,
allinterno do ciascuna fase, esistono significative differenze individuali nella reazione
dei superstiti.




































_____________________
30
Young Bruce H., Lassistenza psicologica nelle emergenze. Manuale per operatori e
organizzazioni nei disastri e nelle calamit, Edizioni Erickson, Trento, 2002, pg. 34.

Tabella: Modello della reazione biopsicosociale e fasi temporali
30



- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

17




EFFETTI SULLA
SALUTE DEL
TERREMOTO DI S.
GIULIANO, 2002














































_4.3 UN CASO STUDIO
31



Il terremoto che ha colpito duramente il Molise, nel 2002, ha offerto lopportunit di
migliorare le conoscenze e la comprensione degli effetti delle calamit naturali.
In questo contesto le AUSL di Campobasso e Termoli hanno avviato allo scopo di
monitorare lo stato di salute della popolazione residente, esposta al sisma.
Utilizzando le informazioni in possesso della Protezione Civile stata disegnata una
mappa della zona divisa in 3 aree concentriche, usando il criterio dellimportanza dei
danni causati dal sisma (pesantemente colpite, moderatamente colpite, non colpite).
In ciascuna area sono stati selezionati tre Comuni con caratteristiche socio-
demografiche simili:

San Giuliano di Puglia pesantemente colpito
Petrella Tifernina moderatamente colpito
Castropignano non colpito

Per due anni sono state seguite le fasce di popolazione (6-18 anni e 19-65 anni e oltre)
residenti al momento del sisma neiComuni di Petrella e Castropignano, mentre nel
comune di San Giuliano stata seguita tutta la popolazione residente.
Lindagine consistita nella somministrazione, da parte di personale delle AUSL di
Campobasso e Termoli, di due questionari che per indagare la condizione
sociodemografica, i comportamenti e le azioni intrapresi immediatamente dopo il sisma,
e lo stato degli intervistati.




I risultati ottenuti hanno evidenziato negli adulti/anziani la presenza di effetti psico-fisici
pi evidenti a San Giuliano, con un deterioramento dello stato di salute percepita pre e
post sisma. A San Giuliano si rilevato, inoltre, un 14% degli intervistati con possibili
disagi causati da stress, dei quali oltre il 50%ha cercato sostegno allesterno della
propria famiglia, ma solo un terzo si rivolto a personale specializzato o a centri di
ascolto opportunamente predisposti. La popolazione infantile ha manifestato alti livelli di
Sindrome da stress a San Giuliano, con valori di gran lunga superiori a quelli registrati
nella popolazione adulta (49% vs 14%); bambini con alti livelli di stress si sono
osservati anche a distanza dallepicentro del sisma (Petrella 39%, Castropignano 35%),
in aree in cui si sono registrati danni fisici considerevolmente inferiori.
_____________________
31
FONTE: Istituto Nazionale di Epidemiologia
http://www.epicentro.iss.it/ben/2003/settembre2003/2.htm
Tabella - Variazioni delle
condizioni psicologiche dichiarate
pre e post sisma.
I dati rappresentano la differenza
tra la percentuale pre e post
terremoto

- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

18




RIPRISTINARE LE
ROUTINE
QUOTIDIANE













































5 INTERVENIRE NELLEMERGENZA

_5.1 SOPRAVVISSUTI, NON VITTIME

Quando si interviene in caso di emergenza, non bisogna sottovalutare il senso di
disperazione, di perdita di speranza e di punti di riferimento vissuto da chi ha subito la
calamit, di conseguenza la risposta da fornire deve sottolineare la transitoriet di tali
sentimenti.
Le persone vanno incoraggiate a sentirsi dei sopravvissuti, capaci di resistere a
un'esperienza avversa, e non vittime di questa: agenti attivi, capaci di superare il
disastro e le sue conseguenze immediate, senza abbandonarsi alla perdita della
speranza e alla depressione
Sotto questottica, laspetto essenziale di aiuto rappresentato dal ripristino delle
routine quotidiane delle persone coinvolte in un disastro. In questo modo si favorisce il
fatto che la vita riprenda il suo senso fondamentale, proprio attraverso il recupero delle
cose di ogni giorno che sottolineano il significato della continuit, cos bruscamente
interrotta dall'impatto con l'elemento disastroso.
















Progettare un immediato punto di riferimento per la comunit sinistrata, rappresenta un
ottimo incentivo per consentire il naturale recupero delle attivit quotidiane.
Uno dei pi recenti progetti per lemergenza di Shigeru Ban, ad esempio, uno degli
architetti che maggiormente si adoperato per progettare strutture per le persone
coinvolte in eventi critici, fondamentalmente un casa costruita per fare fronte alla
prima fase dellemergenza. La struttura stata progettata per essere localizzata
allinterno di aree di ricovero coperte e per permettere da subito alle persone di
ricavarsi, al suo interno un luogo accogliente in cui sentirsi rassicurati. In un primo
momento era previsto che venisse realizzata una casa per ogni famiglia ma alla fine la
casa stata usata anche per altri scopi quali day-care per i bambini o come luogo in cu
permettere agli studenti di ritirarsi per studiare, etc.


_____________________
32
Verticalia, Mostra catalogo dei materiali e delle soluzioni innovative per le pareti e le
facciate in architettura, Supplemento della rivista Frames Architettura dei serramenti, n.
114, Gruppo Editoriale Faenza Editrice, Faenza, 2005, pg. 19
Figura 32:
la Paper House progettata
daShigeru Ban per i
terremotati di Niigata nel
2004.
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

19
INCENTIVARE LA
SOCIALITA



















































Premesso che la tempestivit e lefficienza nellorganizzazione dei lavori di
allestimento delle strutture per lemergenza costituiscono un fattore psicologico
altamente positivo per il superamento dello choc post emergenziale, le scelte di
carattere urbanistico e quelle legate allallestimento definitivo dellarea di ricovero
devono facilitare e promuovere la risposta emotiva delle persone, favorendo la socialit,
devono tendere a ricreare un ambiente urbano funzionale e confortevole, tanto pi la
permanenza in condizioni di precariet prolungata nel tempo, devono smorzare il
senso di confinamento delle persone in unarea ristretta e isolata dal contesto urbano.
Come accennato sopra, per il ripristino delle attivit ordinarie, importante impegnare
la popolazione disastrata in attivit collettive materiali che consentono di trascorrere
efficacemente il tempo di attesa al ritorno alla condizione ordinaria.
Il senso di appartenenza alla comunit consente di recuperare o rafforzare lidentit
personale e collettiva, dando grande valore alle attivit che creano occasioni di incontro
sociale, soprattutto tra culture diverse, il terremoto non soltanto distrugge e allontana,
ma paradossalmente riesce a creare e avvicinare. La paura riunisce le persone,
costruisce legami pi forti di una insipida quotidianit.
2



Gi verso la met del secolo Le Corbusier aveva intuito la necessit di progettare un
modello urbano con contenuti relativi alla costruzione di spazi e strutture per la vita
associata per le popolazioni disastrate. Nel progetto di alloggi di emergenza Le
Murondins, pensato nel 1940 per i sinistrati della Seconda Guerra Mondiale, Le
Corbusier, infatti, non tralascia di risolvere lalloggio nel contesto di un insediamento pi
complesso in riferimento a preesistenze infrastrutturali e in funzione di una attivit
lavorativa da svolgere. Per incentivare la vita associata e la ripresa delle attivit
caratterizzanti la comunit, il progetto propone di un insediamento di fattorie sulla route
national, a poca distanza dal villaggio disastrato.


_____________________
33
Cecere Tiberio, Guida Ermanno, Mango Roberto, Labitabilit transitoria. La ricerca
archiettonica per nuove strategie abiataive, Fratelli Fiorentino, Napoli, 1984, pg. 31.
Figura 33: Le Corbusier,
Le Murondins
33

- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

20






LIMPORTANZA
DELLA
RIAPERTURA
DELLA SCUOLA











































_5.1 POPOLAZIONE A RISCHIO


_5.1.1 BAMBINI

Nella fase di post-emergenza, i bambini, insieme agli anziani, rappresentano una fascia
di popolazione psicologicamente a rischio: in particolare per loro, quindi, il ripristino
delle routine quotidiane, veramente decisivo perch esse sottolineano l'uscita dalla
fase delle stretta emergenza e scandiscono importanti elementi di normalit.

Le stesse abitudini quotidiane, gli incontri con le medesime persone appaiono come
elementi fondamentali in questa stabilit.
Generalmente pi piccoli sono i bambini e pi sono considerati vulnerabili a causa delle
limitata capacit di esercitare un controllo sui processi mentali ed emozionali e fanno
quindi molta fatica a comprendere gli eventi.
Il bambino non ha ancora sviluppato un senso di autonomia e consapevolezza dei suoi
comportamenti, fondamentalmente dipendente dalladulto.
I principali riferimenti affettivi sono i genitori e la maestra cio la persona che, per una
parte consistente, della sua giornata, li sostituisce e li rappresenta.
La riapertura delle scuole a fronte di un disastro , dunque, molto importante. Il ritorno a
scuola, se l'emergenza ha colpito un solo bambino o un gruppo di essi, rappresenta un
importante elemento di ripristino della quotidianit.
E quindi importante progettare una scuola che sia per loro un rifugio sicuro, anche se
esso pu essere solamente simbolico.





Nelle architetture per lemergenza, il ricorso a rimandi simbolici molto frequente. Uno
degli esempi pi recenti riguarda il progetto per la casa trasferibile Future Shack di
Sean Godsell, in cui la tettoia parasole appare immediatamente come simbolo
archetipo della casa.
_____________________
34
Leon Van Schaik, Sean Godsell. Opere e progetti, Electa, Milano, 2004, pg. 31.
Figura
34
: Sean
Godsell, Future
Shack, 1995-2001
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

21



PSICOLOGIA
DELLEMERGENZA























FUTURE SHACK,
SEAN GOSELL


PAPER HOUSE,
SHIGERU BAN



LE MURONDINS,
LE CORBUSIER















BIBLIOGRAFIA


Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, Linee guida
per lindividuazione delle aree di ricovero per strutture prefabbricate di Protezione
Civile, Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri (Pubblicata nella G.U. n. 44
del 23 febbraio 2005)

World Health Organization, Handbook. Emergency field operation

Young Bruce H., Lassistenza psicologica nelle emergenze. Manuale per operatori e
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Bologna Roberto (a cura di), La reversibilit del costruire. Labitazione transitoria in una
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Cavallari Luigi, Abitare e costruire in emergenza. Tecnologie per ladeguamento
dellhabitat provvisorio, Sala Editori, Pescara, 2003

Claudio Claudi de Saint Mihiel, Progettazione e produzione di strutture temporanee
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Foti Massimo, Progettare per lautocostruzione. Unesperienza didattica nella Scuola
di specializzazione Tecnologia, architettura e citt nei paesi in via di sviluppo del
Politecnico di Torino, Edizioni Clut, Torino, 1991

Zuliani Antonio, Psicologia dellemergenza (in corso di stampa)

DAngelo Benedetto, DAngelo Nicola, Tatano Valeria, Zanut Stefano, La sicurezza
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Leon Van Schaik (a cura di), Sean Godsell. Opere e progetti, Electa, Milano, 2004



Verticalia, Mostra catalogo dei materiali e delle soluzioni innovative per le pareti e le
facciate in architettura, Supplemento della rivista Frames Architettura dei
serramenti, n. 114, Gruppo Editoriale Faenza Editrice, Faenza, 2005.


Cecere Tiberio, Guida Ermanno, Mango Roberto, Labitabilit transitoria. La ricerca
archiettonica per nuove strategie abiataive, Fratelli Fiorentino, Napoli, 1984, pg. 31.




Manzini, Ezio, Artefatti. Verso una nuova ecologia dellambiente artificiale, Domus
Academy ed., Milano, 1990








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SITOGRAFIA

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http://www.sipem.org/content/templates/articoli.asp?articleid=1290&zoneid=46

http://www.shelterproject.org/shelter/home/home.jsp

http://www.reliefweb.int/rw/lib.nsf/AllDocsByUNID/e4fe896afff16709c1256cb10056558e

http://www.architectureforhumanity.org/

http://www.protezionecivile.it/

http://www.croceblu.org/home/

http://www.who.int/bulletin/volumes/83/6/infocus0605/en/index.html

http://www.epicentro.iss.it/ben/2003/settembre2003/2.htm

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1








INTRODUZIONE






















INTRODUZIONE





















2. AUTOCOSTRUIRE PER PARTECIPARE: PARTECIPARE PER AUTOCOSTRUIRE




Nel precedente capitolo si visto come la Psicologia dellEmergenza sia in grado di
permettere la comprensione dei modelli di comportamento e delle reazioni della collettivit
nei confronti degli eventi disastrosi.
La valutazione di questi processi reattivi dellindividuo ha messo in luce come le reazioni
psicologiche delle persone in seguito a un evento critico si sviluppino in fasi temporali che,
anche se non del tutto definite, permettono comunque di fissare un modello
rappresentativo.
Progettare una struttura architettonica su queste basi pu volere dire anche scoprire che
linput caratterizzante la tipologia del prodotto, del sistema, possa essere, per esempio,
non il riuscire a dare il tutto pronto per luso e immediatamente disponibile nella sua totalit,
ma forse riuscire a dare un semilavorato che si evolva nel tempo, di modo che limpatto
psicofisiologico dellindividuo di fronte allevento disastroso possa essere controllato e
orientato nella giusta direzione.
1

La realizzazione di una tale struttura evolutiva, oltre a promuovere la partecipazione della
popolazione colpita, potrebbe addirittura mettersi in pratica attraverso una forma di
autocostruzione. In questo caso, lintervento autocostruttivo si configurerebbe come un
processo che pone lindividuo alla ricerca di una esperienza partecipativa diretta
allorganizzazione dello spazio fisico (inteso anche come solo intervento diretto nel
processo di progettazione) e come occasione per far emergere gli interessi collettivi in
luogo di quelli individuali.


1 AUTOCOSTRUIRE

I temi dellautocostruzione e della costruzione facilitata hanno cominciato a comparire su
testi e riviste specializzate verso la fine degli anni Sessanta ma dopo una fase di crescenti
considerazioni, che hanno portato alla formazione di veri e propri centri di lavoro e di
approfondimento, gli interessi sono progressivamente diminuiti, le speranze restano
ancora a livello di singolo esperimento, i contributi teorici sembrano non portare pi nulla di
nuovo [].
2

La causa del calo di considerazione nei confronti dellautocostruzione pu essere
sicuramente ricercata nel fatto che si tratta, ormai, di un processo costruttivo abbastanza
estraneo al nostro contesto e che, comunque, quando viene messo in pratica si manifesta
generalmente attraverso forme di abusivismo edilizio che non risultano interessanti in
quanto non riportano indicazioni utili n dal punto di vista tecnologico, n da quello
procedurale n da quello delle motivazioni.
Bisogna, inoltre, aggiungere che nelle citt del mondo industrializzato lautocostruzione si
spesso tradotta unicamente in un processo preferenziale di intervento per risolvere il
problema abitativo e raramente, da parte dellutente autocostruttore, stata sfruttata
(anche a causa di tecnologie non appropriate) la possibilit di progettare e realizzare la
modificabilit nel tempo dello spazio fisico.
_______________________
1
Bologna Roberto (a cura di), La reversibilit del costruire. Labitazione transitoria in una prospettiva
sostenibile, Maggioli Editore, Rimini, 2002, pg. 38.
2
Raiteri Rossana (a cura di), C.N.R. Progetto Finalizzato Edilizia. Relazione finale del triennio di ricerca.
Criteri e principi per la costruzione facilitata e lautocostruzione con limpiego di processi costruttivi, di strumenti
e di tecnologie innovative, BE-MA editrice, Milano, 1994, pg. 150.
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2






DESIDERIO DI
CONTROLLARE
LAMBIENTE
COSTRUITO











































_1.1 FATTORI CHE MOTIVANO LAUTOCOSTRUZIONE



_1.1.1 MOTIVAZIONI FISIOLOGICHE


Il disagio generato dalla mancanza di corrispondenza tra le propensioni e le esigenze
dellabitante e le caratteristiche dello spazio costruito pu essere risolto attraverso la
partecipazione dellutenza al processo costruttivo dellambiente stesso.
Quando gli utenti hanno la possibilit di dare un loro contributo alla progettazione o alla
realizzazione dellambiente costruito si creano le condizioni base per stimolare il benessere
individuale e sociale, dal momento che il valore del prodotto fisico, oltre a consistere nelle
sue qualit materiali, funzione anche dei rapporti che si determinano con chi lo usa.
Lintervento diretto degli utenti nella costruzione non si pratica necessariamente solo
attraverso la realizzazione del manufatto con le proprie mani (bisogna, anzi, ricordare che
questa una condizione che si verifica esclusivamente quando le possibilit economiche
sono molto limitate); infatti sufficiente che gli utenti siano in grado di intervenire almeno
nel processo di progettazione o di gestione per poter ottenere risultati migliori. In tale modo
si d la possibilit allutenza di definire le esigenze prestazionali, variabili nel breve e nel
lungo periodo, che il prodotto dovr soddisfare.

Approfondimenti inerenti al controllo degli utenti sullambiente costruito sono stati espressi
anche negli anni Settanta da John F.C. Turner. Questi studi, pure se riguardanti quasi
esclusivamente casi di acquisizione dellabitazione tramite autocostruzione, hanno
rappresentato loccasione per mettere in evidenza i valori dellabitare determinati dalle
esigenze variabili dellutenza.
Tuner esprimeva questo punto nei termini della teoria dei sistemi descrivendo labitare
come un processo simultaneo avente luogo in un contesto modificato da degli attori
(rappresentati dal settore commerciale, dal settore pubblico e dal settore dellutenza in
cerca di abitazione) dalle loro azioni e dalle loro realizzazioni. Il contesto potr essere
modificato fino a un certo limite dallazione degli attori; per esempio dalle realizzazioni che
diventano parte del contesto. Per rappresentare realisticamente il processo nella sua
globalit essenziale un ulteriore elemento: il circuito di feedback, in questo caso le
aspettative che motivano allinizio gli attori
3






_______________________
3
Turner John.F.C., Fichter Robert, Libert di costruire, il Saggiatore, Milano, 1979, pg.192.
Figura 1.
Definizione dellabitare
secondo la terminologia
della teoria dei sistemi.
3

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3





AUTOCOSTRUZIO
NE COME
POSSIBILITA
RISOLUTIVA DEL
PROBLEMA-CASA


































MODELLI
TECNICO-
ORGANIZZATIVI










_1.1.2 MOTIVAZIONI CONTINGENTI


Come si accennato in precedenza, l acquisizione dellabitazione mediante la costruzione
in proprio ormai, in linea generale, una caratteristica delle citt dei paesi in via di
sviluppo, che denotano unutenza molto povera che non ha alternative per risolvere il
problema della casa se non tramite la realizzazione con le proprie mani; nelle citt del
mondo industrializzato, infatti, lautocostruzione raramente viene considerata come
processo preferenziale di intervento per risolvere il problema abitativo.
E comunque opportuno sottolineare che anche oggi, nel nostro contesto, si presenta
loccasione di osservare, anche se ormai pi sporadicamente, fenomeni autocostruttivi; si
ritiene, infatti, che lautocostruizone possa rappresentare ancora, per la fascia della
popolazione economicamente pi debole, un processo alternativo alle normali prassi di
acquisizione della casa, dal momento che offre la possibilit di attuare un consistente
risparmio sul costo della costruzione.








_1.2 CARATTERI DELLA TECNOLOGIA


_1.2.1 ASPETTI SOFT

I processi organizzativi dellautocostruzione sono distinguibili fondamentalmente in base al
grado di riduzione delle deleghe che lutenza vuole e pu mettere in atto. Si possono
distinguere in:

autogestione: lutenza si assume il compito di gestire lintervento senza
impegnarsi in lavori manuali, quindi la sua attivit si manifesta per lo pi in un
controllo di tipo economico-amministrativo



_______________________
4
fonte: www.autocostruzzione.net/archivio.htm
Figura 2.
Autocostruttori presso il
cantiere Ripa a Perugia
(2004).
4


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4




















































autofinitura e autoallestimento: lutenza attua personalmente i lavori di
allestimento interno e di finitura degli alloggi, partendo dalla realizzazione degli
edifici al rustico, attuato da unimpresa, con la possibilit naturalmente di
intervenire anche nella gestione economica,
autocostruzione parziale: gli utenti delegano allimpresa solo la parte pi
impegnativa e di maggiore responsabilit, cio la struttura, e realizzando da
soli chiusure esterne, coperture e opere interne dellalloggio
autocostruzione totale: lutente assume su di s praticamente tutto il lavoro
manuale, con o senza la gestione economico-amministrativa dellintervento.
5


I casi reali di autocostruzione possono collocarsi in tutte le situazioni intermedie sopra
citate e possono essere realizzati sia da un singolo che da una cooperativa di
autocostruttori; comunque opportuno sottolineare che data la complessit del manufatto
edilizio, che frutto di diversi apporti specialistici, se si vuole ottenere un risultato che
abbia lo stesso valore di mercato e caratteristiche analoghe alla produzione edilizia
normale, lautogestione deve uscire dallo spontaneismo del singolo per darsi una
organizzazione che fornisca assistenza procedurale e tecnica
6
allinterno di una struttura
composta da tutti i soggetti partecipanti.




_______________________
5
Raiteri Rossana (a cura di), Criteri e principi per la costruzione facilitata e lautocostruzione con limpiego di
processi costruttivi, di strumenti e di tecnologie innovative, BE-MA editrice, Milano, 1994, pg. 98
6
Corsini Costantino, Aiello Lorenzo, Novi Fausto, Pereira Luisa, Raiteri Rossana, Progetto e tecnologia per
lautocostruzione, Opera universitaria ed., Genova, 1984, pg 62
7
Corsini Costantino, Aiello Lorenzo, Novi Fausto, Pereira Luisa, Raiteri Rossana, op. cit., pg. 57

Figura 3:
Gradi di riduzione delle
deleghe da parte
dellutenza.
7

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5



LA TECNOLOGIA
APPROPRIATA












LA COSTRUZIONE
FACILITATA



















IL LIVELLO
TECNOLOGICO





























_1.2.2 ASPETTI HARD


Lautocostruttore lutente della tecnologia: il processo di autocostruzione, per essere
quindi praticabile, dovrebbe avere come presupposto fondamentale la facilit di impiego
delle tecnologie. Gli interventi di autocostruzione, infatti, sono spesso limitati dalle difficolt
pratiche che implicano.
Anche se sempre possibile prevedere un intervento autocostruttivo a partire da una
tecnologia del tutto tradizionale e realizzata anche con sistemi pesanti, con linizio degli
anni Sessanta un ampio settore dellinnovazione tecnologica ha cominciato a riguardare
studi di prodotti, semilavorati e processi costruttivi rivolti allambito della costruzione
facilitata, in modo da consentire la semplificazione costruttiva.
La tematica della costruzione facilitata ha cominciato ad apparire nel periodo successivo
allultimo dopoguerra, momento in cui si stava assistendo a uno stato di trasformazione del
settore delledilizia. A causa di imprese edili di piccole dimensioni e di scarsa manodopera,
la capacit di garantire un manufatto qualitativamente accettabile, usando tecnologie
costruttive tradizionali, cominciava a diminuire; da questo momento, la tecnologia inizia a
ridefinirsi per fare ricorso a questo problema.
A partire da questo periodo sar infatti linnovazione tecnologica a essere vista come la
possibile soluzione ai problemi di un settore edilizio ancora in condizione di proto-
industrializzazione. In funzione di questi obiettivi si cominciano a proporre metodi per
permettere alloperaio edile di diventare lutente della tecnologia: il lavoro diviene pi rapido
e semplice da eseguire, ad esempio, incrementando le lavorazioni a secco e utilizzando
elementi leggeri e facilmente manovrabili.
La costruzione facilitata rappresenta la possibilit estrema dellautocostruzione.
Quando si attua un intervento di autocostruzione il livello tecnologico dovrebbe essere
appropriato e gestibile dallutente (ed eventualmente adeguato anche al luogo e alla
tradizione locale).
Lautocostruzione si pu realizzare attraverso tecnologie industriali sofisticate (in questo
caso si parla di autocostruzione avanzata/spinta) oppure pu anche comportare un basso
contenuto tecnologico.
Linnovazione tecnologica deve essere accettata dagli utenti: di fondamentale
importanza, infatti, coniugare linnovazione tecnologica con la facilit di impiego delle
tecnologie. Infatti, sar pi semplice, per un utente autocostruttore, controllare e
comprendere il processo costruttivo se questo ammette un contenuto tecnologico non
eccessivamente avanzato.


_______________________
8
McQuaid Matilda, Shigeru Ban, Phaidon Press Limited, Londra, Londra, 2003 pg.36
Figura 4.
La Paper Log House di
Shigeru Ban.
La facilit costruttiva
permessa dallimpiego di
tecnologie non spinte.
8

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6




EDILIZIA
EVOLUTIVA
























































_1.3 TRE CASI STUDIO


Un aspetto rilevante dellautocostruzione che questo procedimento costruttivo,
presupponendo la gestibilit e la flessibilit degli elementi costruttivi, dovrebbe permettere
la modificabilit nel tempo del manufatto stesso, consentendo allutente autocostruttore di
intervenire nel processo di progettazione e di costruire, successivamente, le parti in
crescita del volume in base alle sue esigenze e disponibilit.
Questo processo di accrescibilit nel tempo si dovrebbe articolare in pi sequenze
consecutive: una volta superato il primo stadio collettivo di intervento autocostruttivo, gli
stadi successivi di autocostruzione singola dovrebbero essere agevolati proprio in rapporto
allesperienza acquisita.
Lelevato livello tecnologico proposto agli utenti autocostruttori pu per portare questo
criterio verso un esito fallimentare.
I casi esaminati in seguito, infatti, metteranno in luce il loro risultato contrario alle
aspettative proprio a causa della mancata accettazione e gestione della tecnologia da
parte dellutenza se non, e con qualche difficolt, unicamente nella fase in cui tutta la
cooperativa di autocostruttori era seguita in cantiere dai tecnici della cooperativa di
appartenenza e aveva quindi a disposizione assistenza tecnica, amministrativa e
commerciale.
Tre casi studio, relativi allesperienza italiana, paradigmatici in quanto portano tutti in
evidenza il problema concernente limpiego di tecnologie e scelte processuali non
appropriate con la conseguente rinuncia al processo di partecipazione alla progettazione
dellambiente costruito da parte dellutenza.



_______________________
9 F.I.L.L.E.A. C.G.I.L., Federazione Territoriale Lavoratori Legno, Edili e Affini di Bologna, Il sindacato e
lautocostruzione. Un possibile contributo, Atti del Convegno del 23 aprile 1982, Centro Produzione Stampa
Sindacale, Bologna, 1983 pg.97
Figura 5.
Vignetta ironica riguardante
la realizzabilit e la qualit di
un intervento di
autocostruzione .
9

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7
















































Figura 6.
Alcune delle ipotesi
di crescita nel tempo
proposte agli
autocostruttori dal
gruppo di
progettazione.
10
















_1.3.1 AUTOCOSTRUZIONE PAUCA: Progetto AUtocostruzione CArpenedolo (Brescia)


Anno del progetto: 1981.
Criterio costruttivo: autocostruzione parziale spinta.
Progettisti: archh. Fausto Novi, Rossana Raiteri, Ettore Zambelli.


Agli inizi degli anni Ottanta i mutui erano ancora rari e troppo costosi; una Cooperativa di
abitazione con circa ottocento soci, accomunati dalla scarsit di risorse economiche,
formula di conseguenza il progetto di giungere in possesso di una casa per mezzo di un
intervento di autocostruzione.
Attraverso la partecipazione al processo costruttivo, il gruppo vuole inoltre sperimentare la
possibilit di mutarsi da destinatario passivo della propria abitazione a operatore
partecipante personalmente e fisicamente nella definizione della propria casa, nella sua
concezione, nella sua programmazione e organizzazione e nel suo sviluppo progressivo.






Anche se lacronimo dellintervento allude a unimmagine di povert, limpiego della
costruzione facilitata, in questa occasione, non ha alcuna attinenza con una
semplificazione costruttiva ottenuta mediante lutilizzo di tecnologie semplici.
Si infatti optato per una autocostruzione parziale spinta; meno spinta, comunque, di
quanto il gruppo di autocostruttori avrebbe voluto inizialmente.

_______________________
10
Novi Fausto, Raiteri Rossana, Zambelli Ettore, Costruzione facilitata. Autocostruzione pauca, BE-MA
editrice, Milano, 1985, pg. 20.
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8









































Intervento dellimpresa:
realizzazione delle fondazioni, del primo solaio e dei setti in c.c.a. di
separazione tra le singole unit abitative.

Intervento degli autocostruttori:
Solai: travi di legno e doghe in legno realizzabili completamente a secco
(inusuale in Italia in quel periodo)
Chiusure esterne: mattone in laterizio stampato e montato a secco
mediante spinotti di plastica. Era necessario comunque saldare le cortine
di mattoni con getti di malta liquida.
Partizioni interne: pannelli di gesso protetto su nido dape e su telaio
metallico.



A causa dellinesperienza riguardo a queste tecniche costruttive, per potere sperimentare e
fare pratica, stato adibito un alloggio di testata a vera e propria scuola laboratorio; in esso
si sono potute, infatti, rilevare le imprecisioni costruttive di prova.
Dopo aver definito la distribuzione spaziale e tipologica insieme al gruppo di progettazione,
la cooperativa di autocostruttori abbandona con esplicita volont il criterio di accrescibilit
nel tempo, fornendo prova della mancata accettazione, e capacit di gestione, della tecnica
costruttiva non appropriata.





_______________________
11
Novi Fausto, Raiteri Rossana, Zambelli Ettore, op. cit., pg. 38
12
Ibidem, pg. 27
Figure 7 e 8.
Immagini della
realizzazione della
muratura esterna.
11


Figura 9.
Spaccato
assonometrico del
progetto
definitivo.
12


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9










































_1.3.2 AUTOCOSTRUZIONE A ZELARINO (Venezia)


Periodo dellintervento: 1987
Criterio costruttivo: autocostruzione parziale spinta.
Progettista: arch. Ettore Zambelli


Anche questo intervento di autocostruzione, in vista di un ulteriore risparmio sul costo di
realizzazione della casa, prevedeva il criterio di accrescibilit dellunit abitativa nel tempo,
programmato per lattuazione di estensioni progressive fino alla saturazione del lotto
riservato al singolo alloggio.






_______________________
13
Comune di Venezia, Assessorato Edilizia Convenzionata, Progetto autocostruzione Zelarino, pg. 26
14
Ibidem
Figura 10.
Assonometria dei
primi nuclei abitativi
base minimi.
13


Figura 11.
Assonometria dei
successivi stadi
singoli di
completamento.
14


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10














































La prima fase realizzativa sarebbe dovuta consistere in un nucleo abitativo base minimo
costruito dallintero gruppo di autocostruttori a cui sarebbero dovuti seguire una serie di
successivi stadi individuali di completamento (autocostruzione in crescita) da realizzarsi
attraverso le stesse tecnologie a secco precedentemente previste per lintervento di
autocostruzione a Carpendolo.







Mentre il primo stadio di costruzione dei nuclei minimi stato gestito e realizzato dallintero
gruppo di autocostruttori, senza distinzioni tra gli alloggi (ognuno ha edificato le case non
sapendo quale, alla fine, sarebbe divenuta di sua propriet) i successivi interventi di
ampliamento sarebbero dovuti essere differibili nel tempo a seconda della disponibilit e
della volont dei singoli nuclei di utenza.
_______________________
15
Comune di Venezia, Assessorato Edilizia Convenzionata, Progetto autocostruzione Zelarino, pg. 13
Figura 12.
Schema spaziale di
crescita nel
tempo.
15


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11










































Allo stato di fatto, per, il complesso residenziale non si presenta come quellinsieme di
interventi di ampliamento, diversi da alloggio ad alloggio, che lacquisizione e la
padronanza della tecnica costruttiva, da parte degli utenti autocostruttori, avrebbe potuto
rendere possibile.
Figura 13.
Foto dellintervento
realizzato.
Novembre 2005.
E. Carattin

Figura 14.
Foto dellintervento
realizzato.
Novembre 2005.
E. C.

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12




















Figura 15.
Due immagini del
cantiere con gli
autocostruttori al
lavoro.
16






















Anche in questo caso il particolare impegno che la fase di esecuzione ha comportato agli
autocostruttori ha atrofizzato il criterio di accrescibilit della residenza nel tempo. Tutti gli
alloggi, infatti, sono stati realizzati esattamente secondo gli stessi caratteri distributivi e nel
medesimo momento.

Un altro aspetto di differenza che si riscontra nella realt rispetto al progetto originario
riguarda la struttura dei solai. Come nella precedente realizzazione presso Carpendolo,
anche in questo progetto erano state previste delle travi di legno e delle doghe in legno
realizzabili completamente a secco.
Nell esecuzione definitiva si optato invece per un solaio laterocementizio dal momento
che la soluzione progettuale proposta nellintervento Pauca sarebbe risultata, in questo
caso, economicamente svantaggiosa (a Carpenedolo avevano avuto la possibilit di
acquistare una partita di legname canadese a basso costo).











_______________________
16
Rainteri Rossana, Trasformazioni tecnologiche dell'architettura : note sul ruolo della tecnologia nella
progettazione, BE-MA editrice, Milano, 1992, pg 105!

Figura 16.
Foto di un interno.
Novembre 2005.
E. C.

- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

13



















































_1.3.3 AUTOCOSTRUZIONE A CORCIANO (Perugia):


Complesso residenziale Il Rigo: sistema costruttivo industrializzato EH per abitazioni a
tipologia evolutiva.

Progettisti: Studio Piano & Rice & Associati, S. Ispida, N. Okabe, L. Custer, E. Donato, G.
Picardi, O. Di Blasi.


Anno del progetto: 1978 (prima proposta progettuale)




1985 (seconda proposta progettuale)




_______________________
16
Sistema costruttivo EH, Vibrocemento

Perugina S.p.a.


PRIMA PROPOSTA PROGETTUALE
Figura 17.
Prima proposta
progettuale.
16

Figura 18.
Seconda proposta
progettuale.
Foto dellintervento
realizzato.
Aprile 2005.
E. Carattin
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14





























































Liniziativa partita dalla considerazione del fabbisogno di abitazioni conseguente
essenzialmente a due fattori: lalto coefficiente di industrie presenti nel territorio rispetto al
numero degli abitanti e la necessit di rinnovo edilizio.
Lo scopo del piano di zona era quello di fornire edilizia evolutiva a carattere economico-
popolare.




I progettisti hanno tentato di realizzare un insediamento che configurasse un modo di
abitare tale da integrare la vita privata con la vita associata, incentivando la partecipazione
di ciascun abitante, alle attivit e allo sviluppo del proprio quartiere attraverso la gestione
della propria abitazione, degli spazi comuni, delle attrezzature, delle attivit cooperative
come, ad esempio, il Laboratorio di Quartiere.
Lintera area risulta organicamente divisa in due parti destinate alle residenze e
cointeressate da una unica zona centrale destinata a servizi di interesse comune (impianti
sportivi, centro sociale, centro culturale, scuola materna, etc). Allinterno di questa area
presente anche il sopraccitato Laboratorio di Quartiere: un organismo che contiene utensili
e attrezzi per lautocostruzione parziale e per le modifiche e le manutenzioni dei singoli
alloggi e delle dotazioni comuni.


Figura 19.
Assonometria
dellinsediamento.
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15























































I criteri informatori della progettazione urbanistica sono nati dallo studio della realt storica
dellUmbria e del comune di Corciano in particolare. I progettisti si sono ispirati alla densit,
alle volumetrie, alle tipologie, agli spazi di sosta e alle percorrenze tipici dei piccoli centri
storici umbri.




Figura 20.
Il centro storico di
Corciano e il
Quartiere
residenziale Il
Rigo.
Aprile 2005.
E. Carattin.
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16






























































Il modulo abitativo base (sperimentale) era composto da un doppio elemento
tridimensionale prefabbricato in c.c.a. a forma di U che formava un tunnel di 6 metri di
altezza per 12 di lunghezza.





Allinterno linvolucro scatolare (fisso) poteva essere gestito dagli utenti attraverso la
manipolazione di travi leggere, di pannelli-pavimento e attraverso la mobilit della chiusura
verticale trasparente.




Lo spazio abitativo risultava quindi dalla combinazione tra uno spazio primario (lelemento
tridimensionale in c.c.a.) costruito e progettato dagli specialisti, e uno spazio secondario,
quello interno a doppia altezza, attrezzabile e trasformabile dagli stessi utenti
dellabitazione, anche attraverso la modificazione di elementi tecnologici provenienti dal
Laboratorio di Quartiere.

Grazie al presupposto di evolutivit, lo spazio abitativo interno non pi una dimensione
assoluta, irreversibile. La casa in questo modo potrebbe riuscire ad adattarsi, nel suo
interno, alle esigenze mutevoli dellutente.
La conformazione degli spazi interni infatti libera e affidata allintervento diretto degli
abitanti attraverso un processo di autocostruzione parziale spinta.


_______________________
17
Donin Giampiero, Renzo Piano. Pezzo per pezzo. Casa del libro, Roma, 1982, pg, 32
18
Sistema costruttivo EH, Vibrocemento

Perugina S.p.a.


Figura 21.
Assemblaggio degli
elementi
prefabbricati
tridimensionali
tramite addizione
diretta.
(fonte:
www.rpbw.com)
Figure 22 e 23.
Mobilit della
parete-finestra
17
.

Costruzione di un
solaio intermedio.
18

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17

































































Figura 24.
Piante e sezioni
indicanti i quattro
stadi evolutivi di
ogni singola unit
abitativa.
Figure 25 e 26.
La parete-finestra,
(la sua traslazione
avviene lungo
langolare
dappoggio della
partizione
orizzontale
interna).

Esperienze di
autocostruzione
parziale.
Montaggio di una
trave leggera.
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18


SECONDA
PROPOSTA
PROGETTUALE



















































Contrariamente alla prima proposta progettuale, in questa nuova soluzione, vengono perse
sia lorganica distribuzione funzionale dellinsediamento, sia la potenzialit di realizzare
moduli abitativi evolutivi.
La caratteristica pi saliente che caratterizza questa esperienza di Renzo Piano il
completo fallimento del principio ordinatore del progetto: la possibilit di edilizia evolutiva
autocostruita.







Lesperimento si risolto in una suggestione di natura tecnologica e assolutamente non in
un reale processo di partecipazione dellutenza alla progettazione.
E necessario evidenziare come un altro limite fondamentale di questo intervento risieda
pure nel motivo che allutente sia stata data la possibilit di variare solo linterno del modulo
abitativo e non linvolucro che invece rimaneva fisso.
Lesperienza legata allevoluzione fallita anche per il basso costo complessivo di questi
tipi di abitazione. Le sovvenzioni statali, infatti, permettevano di realizzare la casa gi allo
stadio pi complesso e vista la diffusa cultura della casa nel contesto socio-culturale
italiano, pochi hanno voluto rinunciarci.
Viene dunque ora adottato un sistema pi tradizionale e meno costoso di prefabbricazione:
il sistema costruttivo a elementi pesanti prefabbricati bidimensionali (meglio noto come
sistema a banches plus tables).




Figura 27.
Fotografie di alcuni
prospetti.
Aprile 2005.
E. Carattin.
- IUAV - TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA AA 2005/2006 ELISABETTA CARATTIN n matr 239262

19


















































Le partizioni, che prima erano mobili e leggere, sono ora invece fisse; la chiusura esterna
non pi trasparente ma opaca e riporta a memoria storica i montanti e i traversi della
parete-finestra sulla superficie esterna.






Figura 28.
Fotografie
dellinterno di un
alloggio.
Aprile 2005.
E. C.


E
Figura 29
Fotografia del
particolare di un
prospetto
Aprile 2005.
E. C.


E
Figura 30
Fotografia di quello
che sarebbe
dovuto essere il
Laboratorio di
Quartiere
Aprile 2005.
E. C.


E
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20



















































2 PARTECIPARE




_2.1 PROMUOVERE LA PARTECIPAZIONE



La differenza fondamentale che connota i processi di partecipazione attuali da quelli degli
anni passati (soprattutto negli anni 60 e 70) la perdita di una forte motivazione
ideologica e dimostrativa che teneva uniti i gruppi di persone anche attraverso una sorta di
indottrinamento pluralistico .
19

Abbandonata da tempo la vocazione ideologica, ancora possibile stimolare le risorse dei
soggetti partecipatori, e ci pu ora manifestarsi attraverso la dotazione di strumenti di
conoscenza che permettono di esprimersi criticamente nellinteresse delle decisioni
progettuali.
Linformazione, sebbene costituisca il livello pi basso di partecipazione, rappresenta il
requisito minimo per accedere a forme di coinvolgimento attivo di coloro che desiderano
intervenire in questo processo.
Attraverso lo sviluppo di forme di comunicazione e di partecipazione della popolazione
possibile definire soluzioni spaziali appropriate, stabilire soluzioni tecnologiche differenziate
ed soprattutto possibile la definizione del tipo di processo che si intende attuare
(considerando tutte le condizioni di contesto come labilit dei candidati autocostruttori e
soprattutto la loro capacit di coesione e collaborazione) un punto critico, questo ultimo,
per la buona riuscita di programmi di questo genere.
La partecipazione alla definizione dei progetti deve necessariamente avvenire nelle fasi
iniziali delle ipotesi progettuali, ossia quando la partecipazione esprime il massimo dei
contributi per lindividuazione di soluzioni efficaci e per la costruzione positiva del
consenso.
20



Per aumentare il grado di partecipazione attiva dunque fondamentale:
- permettere ai partecipanti di accedere alle informazioni riguardanti i
processi di pianificazione e progettazione
- dotarli di spazi fisici e relazionali in cui ci possa realizzarsi
- individuare allinterno del gruppo i soggetti che gi esprimono istanze
partecipative e sostenerli nella loro azione



Un elemento di ostacolo nella possibilit di accesso alle informazioni da parte di una
persona comune spesso costituito dalla difficolt tecnica dei documenti di pianificazione
e progettazione, occorre dunque provvedere alla traduzione delle informazioni di tipo
tecnico in forme semplificate e comprensibili anche ai non addetti ai lavori.




_______________________
!)
Raiteri Rossana (a cura di), Trasformazioni dellambiente costruito. La diffusione della sostenibilit. Gangemi
Editore, Roma, 2003, pg 15.
20
Ibidem, pg 47.
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IL MUSEO
TECNOLOGIE
SEMPLICI A
MADRAS

































Figura 31
Indicazione
schematica delle
sezioni e dei
prospetti
21










_2.1.1 INDICAZIONI PER LA PROMOZIONE DELLA PARTECIPAZIONE




Anche se relativo a unesperienza svolta in un contesto estraneo al nostro ambito di
intervento, interessante riportare, in questa sede, una vicenda riguardante unazione di
incentivazione alla partecipazione e allautocostruzione, promossa dallarchitetto
ungherese Yona Friedman e resa possibile dallutilizzo degli strumenti di comunicazione (in
questo caso disegni semplificati) come modalit per divulgare, al pi vasto numero di
persone possibile, le informazioni grafiche e tecniche per la realizzazione di un manufatto
edilizio.
Lesperienza nasce da unattivit, svolta dal 1972, dallONU che consiste nel diffondere dei
manuali illustrati con vignette animate con cui si insegnano le tecniche pi semplici per
controllare il territorio umanizzato e lhabitat con le risorse a disposizione.
Il museo delle tecnologie semplici unindicazione su come costruire ambienti destinati a
illustrare le tecnologie di sopravvivenza nella natura. C una sapienza tecnica alle spalle,
da parte degli architetti, e c una conoscenza delle reali possibilit economiche e
tecnologiche delle comunit a cui ci si rivolge. Qui sta i piccolo o grande miracolo: la
rispondenza della gente e linvenzione dellarchitettura attraverso lartigianato tradizionale,
a partire da una semplice idea strutturale, comunicata e verificata insieme su modelli.
Il museo delle tecnologie semplici stato realizzato in massima parte da maestranze
illetterate che non avevano mai lavorato prima nel settore delle costruzioni e proprio per
questo non si fatto uso in cantiere dei consueti disegni architettonici come le piante gli
alzati le sezioni e cos via. I disegni sono stati schizzati durante le fasi di realizzazione e
non prima.
21
Invece di essere prefigurato sulla carta ledificio stato realizzato in base a
modelli e verificato su scala reale con prototipi poi ricopiati in cantiere dalle maestranze
dopo averne compreso il principio costruttivo. Il museo delle tecnologie semplici
levidente dimostrazione che il metodo principale di trasmissione dei concetti architettonici
non il disegno tecnico in se stesso, che resta comunque di grande importanza, ma il
prototipo [inteso come idea concettuale].







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21
LArca Plus, n 8, pg 34
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Figura 32: il
laboratorio in
funzione
22































_2.2 ESPERIENZE DI PARTECIPAZIONE




_2.2.1 LABORATORIO DI QUARTIERE DELLUNESCO. OTRANTO 1979

progettisti: Piano & Rice Associates








Lesperimento di Otranto, con il Laboratorio di Quartiere, ha dimostrato come possa essere
possibile operare nel tessuto storico urbano attraverso tecnologie (sofisticate ma agili e
maneggevoli da adoperare) e modalit di intervento innovativi. La finalit dellintervento
stata quella di rendere possibile a una comunit tradizionale, insieme ai propri artigiani, di
riparare la propria antica citt in modo autonomo.
La risorsa principale adottata stata proprio la partecipazione, intesa come il prender parte
ai procedimenti almeno quanto al prodotto.
Il progetto per Otranto cercava di lasciare che fossero gli abitanti del luogo a determinare la
forma futura della loro citt e delle loro case e che fossero essi stessi a seguire questa
trasformazione. Attraverso questo processo la comunit avrebbe conseguito spirito di
iniziativa e una rinnovata coesione. In questa occasione stato accuratamente evitato di
ridurre la partecipazione a una mera esercitazione intellettuale svolta nelle fasi iniziali di un
progetto e chiedendo a una comunit non preparata di prendere decisioni vincolanti, come
era accaduto nella precedente esperienza di Corciano, con conseguente esito fallimentare.
Dallesperienza di Perugia in avanti, infatti lo stesso Piano rifiuter esplicitamente la
possibilit di accogliere processi partecipativi, laddove questi pretendano di influire sulla
sintesi progettuale.

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Figura 34:
sistemazione
del laboratorio
23















Al contrario quel che si cercava di realizzare a Otranto era un coinvolgimento continuo che
raggiungeva il suo momento pi alto nella partecipazione materiale. Le persone
fondamentali da coinvolgere erano gli artigiani e le maestranze locali. La loro
partecipazione era stimolata introducendo attrezzi specificamente individuati perch essi
potessero facilmente maneggiarli. Il laboratorio non concepito per essere usufruito
passivamente dalla gente ma come uno strumento che consente agli individui di
concorrere attivamente a formare il loro ambiente e il loro futuro in modo autonomo.
Il laboratorio mobile era un cubo multifunzionale, definito dal suo autore come utensile
multiplo, di due metri e quaranta centimetri, trasportato su un camion e sistemato in una
piazza. Era suddiviso in quattro sezioni dimostrative in cui svolgere un ampio ventaglio di
attivit (analisi e diagnostica, informazione e didattica, progetto, lavoro e costruzione) che
si offrivano alla curiosit e stimolavano la partecipazione degli abitanti del luogo. Di
particolare interesse risultava essere il secondo lato, in cui alla comunit e agli artigiani
venivano spiegati i nuovi metodi per fare le cose dopo che erano state formulate le
proposte e sperimentata la loro fattibilit. Qui la risorsa principale non risiedeva tanto nelle
risorse materiali ma nellesperienza dei consulenti: non nelle attrezzature bens nel
prodotto.

















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Bibliografia:


Novi Fausto, Raiteri Rossana, Zambelli Ettore, Costruzione facilitata. Autocostruzione pauca, BE-MA
editrice, Milano, 1985

Corsini Costantino, Aiello Lorenzo, Novi Fausto, Pereira Luisa, Raiteri Rossana, Progetto e tecnologia per
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Turner John.F.C., Fichter Robert, Libert di costruire, il Saggiatore, Milano, 1979

Raiteri Rossana (a cura di), Trasformazioni dellambiente costruito. La diffusione della sostenibilit. Gangemi
Editore, Roma, 2003

Zambelli Ettore (a cura di), Il sistema edilizio aperto, Franco Angeli Editore, Milano, 1982

McQuaid Matilda, Shigeru Ban, Phaidon Press Limited, Londra, Londra, 2003


F.I.L.L.E.A. C.G.I.L., Federazione Territoriale Lavoratori Legno, Edili e Affini di Bologna, Il sindacato e
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Sindacale, Bologna, 1983

Comune di Venezia, Assessorato Edilizia Convenzionata, Progetto autocostruzione Zelarino,

Donin Giampiero, Renzo Piano. Pezzo per pezzo. Casa del libro, Roma, 1982

Buchanan Peter, Renzo Piano Building Workshop. Opera Completa, vol. 1, Phaidon Press Limited, Londra,
1983

Raiteri Rossana (a cura di), C.N.R. Progetto Finalizzato Edilizia. Relazione finale del triennio di ricerca.
Criteri e principi per la costruzione facilitata e lautocostruzione con limpiego di processi costruttivi, di
strumenti e di tecnologie innovative, BE-MA editrice, Milano, 1994

Raiteri Rossana , Trasformazioni tecnologiche dell'architettura : note sul ruolo della tecnologia nella
progettazione, BE-MA editrice, Milano, 1992.

LArca Plus, n 8, pg 34




Sitografia:

www.autocostruzzione.net/archivio.htm

www.rpbw.com











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