PRIMO SOCCORSO
COSA FARE (E NON FARE)
NEI CASI DI EMERGENZA
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ISBN 978-88-203-5565-4
Premessa
APPENDICI
COSA METTERE NELLA CASSETTA DEL PRONTO SOCCORSO
COSA FARE IN CASO DI TERREMOTO
COSA FARE IN CASO DI ERUZIONE VULCANICA
COSA FARE IN CASO DI INCENDIO
COSA FARE IN CASO DI DISASTRI IDROGEOLOGICI
Circa l’autore
PREMESSA
Norme per la sicurezza sul lavoro. La “legge sulla sicurezza nel lavoro”
del 1994, comunemente nota come la 626 (D.Lgs. 626/94), ha introdotto nel
campo della salute e della sicurezza delle importanti innovazioni rispetto al
passato, trasformando la precedente normativa incentrata sugli interventi
“riparatori” in un nuovo approccio basato sull’informazione e sulla
prevenzione, che obbliga le aziende a nominare un Responsabile del
Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP). La legge, successivamente, è
stata modificata e abrogata dal decreto legislativo numero 81 del 9 aprile
2008 che ha introdotto il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro. L’art. 37 del
D.Lgs. 81/08 specifica che i dipendenti scelti per ricoprire il ruolo di
addetto al primo soccorso devono seguire un corso di formazione specifico
e certificato, alla fine del quale devono sostenere e superare un esame.
4. RACCOMANDAZIONI: LA TEORIA NON
BASTA SENZA LA PRATICA
IL CUORE
Fisiologia. Il cuore umano ha le dimensioni di un pugno chiuso e, al di là
delle raffigurazioni romantiche, ha una forma simile a una pera con la punta
rivolta verso il basso. Si trova all’interno della gabbia toracica, tra i due
polmoni. Sotto c’è il diaframma, il muscolo che divide la cavità toracica da
quella addominale. Dietro si trova l’esofago e poi la colonna vertebrale.
Davanti c’è lo sterno, l’osso del torace dove si uniscono le costole.
La membrana esterna che ricopre il cuore è il pericardio, mentre quella
interna si chiama endocardio. Tra le due membrane è presente il miocardio,
il muscolo involontario che lo fa pompare.
La cavità cardiaca è attraversata da una parete longitudinale che la divide in
due parti: a destra scorre il sangue venoso, a sinistra quello arterioso.
Ciascuna delle due metà è poi a sua volta divisa da una parete orizzontale
che forma l’atrio, la parte superiore, e il ventricolo, quella inferiore. Tale
parete orizzontale non è però continua come quella longitudinale, contiene
delle valvole unidirezionali che permettono al sangue di passare
esclusivamente dall’atrio al ventricolo. La valvola che mette in
comunicazione atrio e ventricolo destro si chiama tricuspide, perché è
formata da tre lembi; l’altra, che mette in comunicazione atrio e ventricolo
sinistro, si chiama bicuspide (è formata da due lembi) o mitrale.
LA GRANDE CIRCOLAZIONE
La circolazione del sangue segue due diversi circuiti: la grande e la piccola
circolazione.
La grande circolazione consiste nell’insieme dei vasi che portano il sangue
dal cuore alla periferia e da qui nuovamente al cuore.
Il sangue parte dal ventricolo sinistro carico di ossigeno, spinto dalla sistole,
ed entra nell’aorta, l’arteria più grande. Questa si dirama in due vie, la
carotide destra e quella sinistra, che portano il sangue alla testa. Le altre
successive importanti diramazioni si hanno attraverso le due succlavie, che
portano il sangue alle ascelle (arterie ascellari) e alle braccia (arterie
omerali) e, dopo il gomito, si dividono ulteriormente in arterie radiali e
ulnari. L’aorta continua a ridosso della colonna vertebrale fino all’addome
da dove partono le arterie che vanno verso i visceri: la splenica irrora la
milza, le renali i reni, l’epatica il fegato e le mesenteriche gli intestini. Più
in basso, l’aorta si dirama nella zona lombare nelle arterie iliache,
attraverso l’inguine, e queste continuano irrorando le gambe, come arterie
femorali, poplitee (all’altezza del ginocchio) e tibiali.
Dopo che il sangue ha raggiunto le parti più periferiche del corpo attraverso
vasi sempre più piccoli, e dopo avere effettuato gli scambi nutrizionali con i
tessuti attraverso la rete capillare, torna verso il cuore attraverso il sistema
venoso. Il sangue che proviene da testa, torace e arti superiori, nel suo
viaggio di ritorno confluisce nella vena cava superiore; quello che proviene
dai visceri e dalle gambe nella vena cava inferiore. Entrambe le vene
sboccano nell’atrio destro del cuore chiudendo la grande circolazione.
LA PICCOLA CIRCOLAZIONE
La piccola circolazione consiste nell’insieme dei vasi che portano il sangue
dal cuore ai polmoni e da qui nuovamente al cuore.
In questo viaggio il sangue, ricco di anidride carbonica, se ne libera
caricandosi invece dell’ossigeno che successivamente cederà ai tessuti.
Quando, attraverso le vene cave superiore e inferiore, entra nell’atrio destro,
scorre attraverso la valvola tricuspide nel ventricolo sottostante per poi
salire attraverso le arterie polmonari dove giunge ai polmoni. Qui passa
attraverso i capillari degli alveoli polmonari dove si purifica e si libera
dell’anidride carbonica per caricarsi di ossigeno, attraverso la respirazione
(→). Dopo questo scambio gassoso ritorna al cuore attraverso le vene
polmonari che sboccano nell’atrio sinistro. Da qui tutto il circolo della
grande e della piccola circolazione ricomincia.
Figura 6.3 – Lo schema della doppia circolazione
IL SISTEMA LINFATICO
L’apparato linfatico è connesso a quello circolatorio e comprende una
fittissima rete di canali, vasi linfatici e piccoli organi a forma di fagiolo, i
linfonodi, che svolgono un importante ruolo nelle difese immunitarie. La
linfa ha una composizione che varia a seconda delle zone del corpo e
comprende sostanze nutritive, di rifiuto, globuli bianchi e altro.
I vasi linfatici hanno un funzionamento simile a quello delle vene, con
valvole a nido di rondine, e trasportano la linfa che, al termine del suo
percorso, confluisce nel sangue attraverso la vena cava superiore. Ma la
linfa è presente anche al di fuori delle cellule, deriva ed è conseguenza della
corrente sanguigna e avvolge costantemente nel suo fluido ogni singola
cellula. A differenza del sistema di circolazione sanguigno, quello della
linfa non è chiuso. Una parte viene assorbita (per osmosi) dai capillari
sanguigni e un’altra è raccolta nei capillari linfatici le cui estremità a fondo
cieco assorbono il liquido negli interstizi tra cellule e vasi sanguigni.
7. L’APPARATO RESPIRATORIO
L’aria entra nel corpo di solito attraverso il naso: la bocca infatti ha soltanto
una funzione accessoria nella respirazione. All’interno delle narici viene
filtrata dal pulviscolo atmosferico attraverso le vibrisse, i piccoli peli che
trattengono le particelle più grosse. La mucosa presente nelle nari serve a
riscaldare e a umidificare l’aria. Questa poi, attraverso la faringe, il
condotto in comune con l’apparato digerente (→), entra nella laringe che ha
una forma a imbuto ed è sostenuta da uno scheletro di cartilagine.
L’epiglottide è una cartilagine che serve a evitare che il cibo penetri nella
trachea durante la deglutizione. Se per caso qualche particella di cibo
penetra ugualmente, il contatto con la mucosa delle vie respiratorie, molto
sensibile, provoca violenti colpi di tosse con cui le particelle vengono
espulse. Alla laringe fa seguito la trachea, una sorta di tubo lungo circa 10
centimetri che si divide poi in due grossi condotti, i bronchi, che a loro
volta si ramificano in canali fitti e sottili, i bronchioli, terminanti in circa 3
o 400 milioni di alveoli polmonari. Qui avviene la respirazione: ovvero lo
scambio di ossigeno (O2) e anidride carbonica (CO2) per opera dei globuli
presenti nel sangue che si caricano dell’ossigeno di cui è ricca l’aria
inspirata e rilasciano l’anidride carbonica che hanno accumulato nel loro
percorso all’interno dell’organismo umano.
Figura 7.1 – Le vie aeree superiori
LA RESPIRAZIONE
L’aria che inspiriamo è formata per il 78% da azoto e per circa il 20% da
ossigeno; il restante 2% comprende idrogeno, gas vari e soltanto uno 0,04%
di anidride carbonica. Anche l’aria che espiriamo è composta dalle stesse
percentuali, con l’unica differenza che la percentuale di ossigeno è scesa al
16% e l’anidride carbonica è salita al 4%. La respirazione utilizza perciò
l’ossigeno eliminando anidride carbonica (e vapore acqueo). Tale processo
avviene negli alveoli polmonari: qui il sangue carico di CO2 rilascia
anidride carbonica e si carica di ossigeno per poi trasportarlo
nell’organismo.
La respirazione è regolata da stimoli nervosi: se nel corpo c’è abbondanza
di ossigeno rallenta, se c’è abbondanza di anidride carbonica accelera.
Nell’inspirazione il diaframma si abbassa e la gabbia toracica si espande,
grazie ai muscoli intercostali che si contraggono. Questo movimento
richiama aria, proprio come in un mantice, così i polmoni si espandono e si
riempiono. Durante l’espirazione, invece, diaframma e muscoli intercostali
si rilassano e i polmoni, contraendosi, espellono l’aria ormai ricca di
anidride carbonica.
LA DIGESTIONE GASTRICA
Lo stomaco è un allargamento del tubo digerente. Possiede un orifizio di
ingresso, dall’esofago, detto cardias e uno di uscita verso l’intestino detto
piloro. È formato da strati di fibre muscolari in grado di contrarsi per
rimescolare il cibo. La superficie interna si presenta a pieghe, sotto le quali
sono presenti le ghiandole che secernono i succhi gastrici.
In presenza di svariati stimoli, tra i quali la vista e l’odore del cibo, alcuni
impulsi nervosi del cervello stimolano le ghiandole dello stomaco che
secernono il succo gastrico. Questo è composto da acido cloridrico, in grado
di scomporre il cibo e di uccidere ogni organismo vivente che viene ingerito,
e un enzima, la pepsina, che trasforma le proteine in sostanze più semplici: i
peptoni. Al termine della digestione che, a seconda delle sostanze ingerite e
della loro quantità, può durare da mezz’ora a sette ore, il cibo immesso nello
stomaco è stato trasformato in chimo, una sostanza poltigliosa e biancastra,
che tramite le contrazioni dello stomaco stesso passa attraverso il piloro e
giunge nell’intestino.
LA DIGESTIONE INTESTINALE
La prima parte dell’intestino è l’intestino tenue, un tubo dal diametro di circa
3 centimetri, lungo 7 o 8 metri. A sua volta l’intestino tenue si divide in tre
parti: il duodeno, il digiuno e l’ileo. Nel duodeno, lungo circa 25/30
centimetri, ha inizio la digestione intestinale. Qui affluiscono i condotti di
fegato e pancreas. Nel suo passaggio attraverso il duodeno, sul chimo –
ancora una volta a causa di differenti stimoli nervosi – si riversano: il succo
duodenale (prodotto dal duodeno), il succo pancreatico (prodotto dal
pancreas) e la bile (prodotta dal fegato). Il succo duodenale è composto da
enzimi che trasformano il chimo in sostanze semplici: i peptoni vengono
ridotti ad aminoacidi e il maltosio viene trasformato in glucosio, ovvero lo
zucchero semplice.
Il succo pancreatico, invece, è quello più completo ed efficace: non solo
trasforma i peptoni in aminoacidi e l’amido sfuggito all’azione della saliva in
maltosio (che diverrà poi glucosio), ma aggredisce anche i grassi,
riducendoli a un miscuglio di glicerina e acidi grassi, affinché possano essere
assorbiti dai villi intestinali.
La bile, infine, contribuisce a sciogliere i grassi, ne favorisce l’assorbimento
e stimola i movimenti dell’intestino. Il chimo, trasformato in questo modo,
passa per il digiuno e quindi per l’ileo, la parte più lunga e ingarbugliata
dell’intestino dove avviene l’assorbimento delle sostanze ingerite attraverso
cinque milioni di villi intestinali, minuscole sporgenze al cui interno
scorrono i capillari che trasportano il nutrimento ai vari organi.
L’ASSORBIMENTO INTESTINALE
La parte terminale dell’intestino è l’intestino crasso, comunicante con quello
tenue attraverso la valvola ileo-cecale, che lascia passare le sostanze in una
sola direzione. A sua volta, anche l’intestino crasso è diviso in tre parti:
l’intestino cieco, il colon e il retto, che termina all’esterno attraverso lo
sfintere, un anello muscolare in parte volontario e in parte involontario che
permette di regolare l’apertura anale.
Nell’intestino crasso viene assorbita l’acqua residua, mentre miliardi di
batteri scompongono la cellulosa degli alimenti vegetali che non viene
intaccata dai succhi gastrici. In una piccola percentuale questa
scomposizione porta alla formazione di glucosio, che viene assimilato,
mentre la massa rimanente, insieme alle altre sostanze indigeribili, viene
espulsa sotto forma di feci.
IL FEGATO
Il fegato è la ghiandola più grossa del nostro corpo, pesa oltre un chilo e
mezzo ed è largo circa 20 centimetri. È posto nella cavità addominale a
destra, dietro le ultime sette/otto costole. Secerne la bile, il liquido di colore
giallastro che, come abbiamo spiegato, viene utilizzato durante la digestione.
Tra un pasto e l’altro la bile si raccoglie nella cistifellea o colecisti, un
piccolo “sacchetto” che si trova sotto il fegato. Da qui, attraverso un
apposito condotto giunge nel duodeno. Il fegato ha anche la funzione di filtro
tra il tubo digerente e il sistema circolatorio. Le sostanze assorbite
nell’intestino, infatti, attraverso il sangue trasportato dalla vena porta
arrivano al fegato che le filtra e le trasforma. Quelle tossiche, come l’alcol,
vengono neutralizzate, mentre le altre vengono qui accumulate per poi essere
rilasciate nel sangue nel momento in cui si rendono necessarie. Il glucosio,
che è lo zucchero semplice, per esempio, viene immagazzinato e trasformato
in glicogeno, uno zucchero più complesso. Quando l’organismo necessita di
zuccheri, il glicogeno viene nuovamente trasformato in glucosio e rilasciato
nel sangue.
IL PANCREAS
Il pancreas è una grossa e importante ghiandola del nostro corpo la quale,
come abbiamo spiegato, produce il succo pancreatico che, riversato
nell’intestino tenue, contribuisce al processo digestivo.
Figura 8.4 – Il pancreas
LE ARTICOLAZIONI
Le ossa si uniscono tra loro attraverso le articolazioni, fisse o mobili. Le
articolazioni fisse, per esempio quelle che congiungono le varie ossa del
cranio, non permettono alcun movimento. Quelle mobili alle loro estremità
sono rivestite da una cartilagine che consente i movimenti grazie a una
capsula fibrosa e grazie ai legamenti, come nel caso di gomito, spalla o
femore.
Figura 9.1 – Le articolazioni mobili dei femori nel bacino
IL CRANIO
Il cranio è una sorta di scatola che contiene il cervello. In alto,
anteriormente c’è l’osso frontale e ai lati le ossa parietali. Più in basso si
trovano le ossa temporali e posteriormente c’è l’osso occipitale. Sotto
l’osso frontale ci sono le 16 ossa della faccia, tra cui la mascella, la
mandibola e l’etmoide.
GLI ARTI
Gli arti superiori sono collegati alla colonna vertebrale mediante le scapole
e le clavicole. La scapola è un osso piatto triangolare nella cui cavità si
inserisce l’omero, ovvero l’osso lungo della parte superiore del braccio. La
clavicola è invece un osso allungato che si trova tra sterno e scapola e
delimita il margine del collo. Sotto l’omero, che forma il braccio, si trovano
radio e ulna, le ossa dell’avambraccio, e poi carpo, metacarpo e falangi
della mano.
Le ossa degli arti inferiori, invece, sono collegate al cinto sacrale o bacino,
formato da osso sacro e coccige, posteriormente, e dalle ossa iliache laterali
a loro volta costituite da tre porzioni saldate: ileo, ischio e pube. La parte
alta degli arti inferiori, la coscia, è costituita dal femore, l’osso più lungo del
corpo umano, mentre la parte bassa, la gamba, è formata da tibia e perone.
Infine c’è il piede composto da tarso, metatarso e falangi. Tra la coscia e la
gamba, nell’articolazione del ginocchio, si trova la rotula.
Figura 9.3 – Il sistema osseo degli arti
LA GABBIA TORACICA
La gabbia toracica ha la funzione di proteggere organi vitali come cuore e
polmoni, ma è anche flessibile e mobile grazie all’elasticità delle
articolazioni tra costole e vertebre, in modo da potersi espandere e
permettere la respirazione. È costituita lateralmente dalle 24 coste (o
costole), anteriormente dallo sterno e posteriormente dalle vertebre
toraciche. Le prime sette coppie di coste (destra e sinistra) sono congiunte
direttamente allo sterno e sono chiamate vere. Le tre coppie seguenti, dette
fluttuanti, sono tra loro unite da una cartilagine a sua volta congiunta allo
sterno. Le ultime due coppie, dette fluttuanti, non raggiungono lo sterno.
LA COLONNA VERTEBRALE
È l’asse mediano dello scheletro, costituito da 33 o 34 vertebre sovrapposte.
La parte superiore si articola con il cranio e quella inferiore con il bacino.
Poiché le vertebre sono forate, la sovrapposizione dei 33 o 34 fori
determina il canale vertebrale che contiene il midollo spinale.
Figura 9.5 – La colonna vertebrale
Gli occhi sono due globi dalla consistenza elastica formati da vari strati.
All’esterno c’è la cornea, una membrana trasparente con al centro l’iride, il
cui colore varia da persona a persona, e la pupilla, un foro che lascia
passare la luce e che si dilata o restringe come il diaframma di una
macchina fotografica a seconda degli stimoli luminosi. La parte posteriore è
invece la sclera da cui esce il nervo ottico, mentre il nucleo è composto da
materiali liquidi e da piccoli organuli. Il bulbo oculare contiene anche il
cristallino e il corpo vitreo, oltre alle camere anteriore e posteriore che
contengono a loro volta l’umore acqueo.
L’osservazione delle pupille è un elemento molto importante per la
valutazione di alcune patologie o problematiche, in caso di infortunio. Il
restringimento delle pupille che avviene per esempio davanti a una luce
intensa, si chiama miosi. La midriasi, al contrario, è la dilatazione delle
pupille. Una midriasi accentuata e una non reattività alla luce (per esempio
quella di una torcia) sono fattori che aiutano a indicare quando si è in
presenza di un arresto cardiaco (→ Parte terza). Se invece le pupille sono
asimmetriche, stato di anisocoria, indicano la presenza di un trauma cranico
(→ Parte terza) o di una lesione cerebrale.
Figura 10.1 – Valutazione di alcuni infortuni mediante l’osservazione delle pupille
11. IL SISTEMA NERVOSO
I NEURONI
Le cellule nervose che costituiscono il sistema nervoso e che collegate tra
loro sono in grado di trasmettere gli impulsi nervosi sono i neuroni. Tali
cellule, al contrario delle altre, non hanno la capacità di riprodursi né di
rigenerarsi. Ne possediamo migliaia di miliardi sin dalla nascita, ma quando
un neurone è leso o muore è per sempre. Ogni trauma o patologia che
determina la distruzione di neuroni produce perciò dei danni irreversibili.
Figura 11.1 – Lo schema di un neurone
I RENI
I reni hanno la forma di due grossi fagioli e sono situati nella regione
lombare a destra e a sinistra della colonna vertebrale. Sono costituiti da
circa un milione di glomeruli all’interno dei quali si trovano dei gomitoli di
capillari. Ogni glomerulo possiede un canaletto tortuoso, chiamato tubulo;
glomerulo e tubulo costituiscono un nefrone.
La funzione dei reni è quella di filtrare il sangue e di depurarlo dalle
sostanze tossiche, dalle scorie e dall’eccesso di sali e di acqua che vengono
eliminati attraverso l’urina. I reni inoltre contribuiscono alle trasformazioni
chimiche di alcune sostanze che restituiscono al sangue.
AIDS
Cos’è. In inglese la sigla significa sindrome da immunodeficienza acquisita
(Acquired Immuno-Deficiency Syndrome). Semplificando, è un insieme di
manifestazioni provocate dalla contrazione di un virus (HIV) che intacca le
difese immunitarie: il corpo non è perciò più in grado di proteggersi dalle
infezioni e di reagire.
Il contagio avviene per via ematica (attraverso il sangue) e attraverso il
contatto tra sperma e sangue. Il virus si può perciò contrarre per esempio
attraverso rapporti sessuali non protetti o attraverso lo scambio di siringhe
non sterili. Una volta contratto il virus, il sieropositivo non ha alcun
sintomo. La fase di latenza della malattia può durare anche molti anni prima
che inizi quella conclamata, ma in questo periodo il sieropositivo è
ugualmente contagioso.
EPATITE
Cos’è. L’epatite è un’infiammazione del fegato dovuta a molteplici cause e
si distingue in vari tipi (A, B, C e altre). La contrazione, a seconda delle
tipologie, può avvenire per via alimentare, per abuso di farmaci o alcol, per
via virale attraverso lo scambio ematico o i rapporti sessuali.
Sintomi. A seconda del tipo di epatite si possono avere disturbi che vanno
dal vomito e la diarrea sino alla completa asintomaticità. Spesso, dunque,
chi ha l’epatite non lo sa.
AVVELENAMENTO DA ALCOL
L’eccessiva assunzione di alcol porta euforia, loquacità, stati di alterazione
della personalità e dei comportamenti, sonnolenza, nausea o sonno
profondo che può anche degenerare in coma. In questi casi è necessario
stimolare il vomito e somministrare abbondante caffè. Nei casi più gravi è
necessario ospedalizzare la persona e ricorrere a una lavanda gastrica.
AVVELENAMENTO DA FUNGHI
Le tossine presenti nei funghi possono agire rapidamente, dopo 1/6 ore, ma
anche dopo 8/48 ore.
Nel primo caso i sintomi sono generalmente nausea, vomito, diarrea (→),
tremori muscolari, eccitazione psichica, tachicardia. Con il vomito e la
diarrea le tossine vengono eliminate. È bene comunque ospedalizzare
d’urgenza, se possibile con i residui del cibo ingerito che saranno analizzati.
Nel secondo caso le tossine portano a sintomi come vomito, diarrea, dolori
addominali, shock (→). È inutile provocare il vomito, perché dopo 8/48 ore
le tossine sono state completamente assorbite. È necessario ospedalizzare
d’urgenza, se possibile con i residui del cibo ingerito che servono per le
analisi.
AVVELENAMENTO DA CAUSTICI
Può avvenire per inalazione o ingestione di sostanze come benzina,
candeggina e simili che provocano lesioni, ulcere e perforazioni. I sintomi
sono: dolori violenti a bocca, esofago e stomaco.
In questi casi bisogna assolutamente evitare il vomito, perché le sostanze
ingerite danneggerebbero ulteriormente le pareti dell’esofago e della bocca.
È necessario chiamare immediatamente i soccorsi e può essere utile cercare
di diluire le sostanze ingerite con latte – per le sostanze come acido
muriatico e solforico – e acqua e limone nel caso sia stata ingerita
dell’ammoniaca.
AVVELENAMENTO DA ANTIPARASSITARI
Può avvenire per assunzione o inalazione di sostanze velenose utilizzate per
frutta e ortaggi.
I sintomi possono manifestarsi attraverso tremori, convulsioni e alterazioni
della respirazione. In questo caso è importante evitare l’ingestione di latte o
grassi che facilitano l’assorbimento di tali sostanze. È utile provocare il
vomito (ma è sempre meglio consultare un medico per assicurarsi che le
sostanze non siano caustiche) e ricoverare d’urgenza all’ospedale.
23. COLICHE
COLICA GASTRICA
Sintomi. L’infortunato è in preda a crampi allo stomaco ed è pallido e
sudato; talvolta la crisi è accompagnata da persistenti conati di vomito. I
dolori sono localizzati nella “bocca dello stomaco”, la parte alta e mediana
dell’addome.
COLICA RENALE
Sintomi. È caratterizzata da un improvviso dolore acutissimo a un fianco
che si propaga dalla regione lombare in avanti e in basso verso l’inguine.
Questo sintomo è importante per distinguere la colica renale da quella
epatica che si irradia invece verso l’alto. Spesso i sintomi sono
accompagnati da vomito, febbre, minzione difficoltosa o dolorosa, talvolta
con emissione di sangue.
Sintomi. Intensa sete, cute molto calda, volto arrossato, respiro affannoso,
torpore e shock (→).
Cos’è. Una contusione è una lesione del corpo prodotta da un urto contro un
corpo contundente, senza lacerazione della cute.
Gravità. La crisi isterica non presenta particolari rischi per l’individuo, che
non si ferisce mai. È sufficiente isolarlo e calmarlo. Se ciò non avviene è
bene consultare un medico.
36. DIABETE
Cos’è. Il diabete è una malattia che consiste in una carenza di insulina, una
sostanza prodotta dal pancreas (→ Parte seconda) senza la quale il glucosio
non può essere trasformato in glicogeno, uno zucchero più complesso che
viene immagazzinato nel fegato (→ Parte seconda) e restituito sotto forma
di glucosio nei momenti di necessità. Il glucosio, perciò, si accumula nel
sangue e compare nelle urine.
Un individuo diabetico è soggetto a crisi che possono sfociare in stati di
coma (→) ipoglicemico o iperglicemico. Se il paziente è trattato con dei
farmaci che abbassano la glicemia, come l’insulina, può succedere che in
condizioni particolari il tasso degli zuccheri scenda troppo e si abbia un
coma ipoglicemico. Viceversa, se la dose di insulina manca o è insufficiente
il diabetico rischia un coma iperglicemico o diabetico, che avviene perché
nel sangue ci sono troppi zuccheri.
Gravità. Dipende dalle cause. È minima nel caso di lievi disturbi digestivi,
è alta nel caso di certe gravi patologie infettive, intossicazioni alimentari o
avvelenamento (→).
38. DISTORSIONE
Cos’è. Un’emorragia (→ ferite) è una fuoriuscita del sangue dai suoi vasi.
A seconda che il sangue si riversi all’interno o all’esterno del corpo si ha
un’emorragia interna o esterna. Se la fuoriuscita del sangue avviene da
un’arteria si ha un’emorragia arteriosa, altrimenti può essere venosa o
capillare, a seconda dei vasi interessati. Poiché arterie e vene scorrono
vicine, il più delle volte le emorragie sono miste.
EMORRAGIA CEREBRALE
Cos’è. Un’emorragia cerebrale è una rottura di un vaso sanguigno nella
zona del cervello che può avvenire per cause traumatiche o patologiche.
Intervento. Dipende dai casi. Si vedano le voci ictus (→) e trauma cranico
(→).
EMORRAGIA ESTERIORIZZATA
Cos’è. Un’emorragia esteriorizzata si ha quando il sangue, raccolto in una
cavità interna del corpo, defluisce attraverso gli orifizi naturali. La più
comune è l’epistassi (→), che consiste nella fuoriuscita di sangue dal naso.
Ci sono poi emottisi (→), ematemesi (→), ematuria (→), metrorragia (→),
otorragia (→), melena (→).
Figura 46.1 – A sinistra la corretta postura in caso di epistassi, a destra quella da evitare
Gravità. Se l’emorragia non si argina, conviene recarsi in ospedale.
47. FEBBRE
Intervento. Per prima cosa il soccorritore deve fare molta attenzione a non
rimanere a sua volta folgorato. Se l’infortunato è rimasto attaccato alla fonte
elettrica e l’interruttore è a portata di mano bisogna immediatamente
interrompere la corrente, altrimenti è necessario staccare la vittima dalla
fonte elettrica con molta cautela.
Figura 54.1 – Irradiamento del dolore che generalmente si presenta durante un infarto cardiaco
Figura 61.1 – La vipera si riconosce, tra le altre cose, soprattutto dalla pupilla verticale
Talvolta il morso può presentare anche altri segni: oltre ai fori dei denti
veleniferi possono essere presenti anche dei forellini molto più piccoli
lasciati dagli altri denti, molto meno profondi ed evidenti. Il morso di altri
serpenti non velenosi, invece, non presenta i due fori maggiori. In questi
casi, la ferita va dunque semplicemente disinfettata e medicata, anche se
una visita al pronto soccorso è sempre consigliabile e, se non si è più che
sicuri che il morso appartenga a un serpente non velenoso, è meglio agire
con prudenza.
Cos’è. Il parto è il momento in cui una donna dà alla luce il figlio. Talvolta
è preceduto dalla rottura delle acque e da un periodo più o meno lungo di
doglie e di travaglio.
Durante il parto bisogna prestare attenzione sia alla madre sia al figlio. È
bene fare attenzione che il cordone ombelicale non si attorcigli intorno al
collo del bambino col rischio di soffocarlo.
Una volta nato, il piccolo va coricato tra le cosce della madre e, se la bocca
è ostruita, va pulita delicatamente con una garza. Se il bambino non respira
si può battere delicatamente con le mani sui piedini: questa manovra, per
riflesso, stimola la respirazione. Se ciò non dovesse bastare bisogna
procedere alla respirazione bocca a bocca-naso (→ “Respirazione
artificiale”, Parte quarta).
Se entro 10/15 minuti i soccorsi non intervengono è necessario tagliare il
cordone ombelicale, operazione che legalmente spetterebbe soltanto al
medico. Per farlo è bene effettuare due legature con del filo molto
resistente, a circa 20 centimetri dall’ombelico del neonato, e poi tagliare tra
le due legature con delle forbici.
La madre, dopo il parto va sorvegliata per evitare che entri in stato shock.
Inoltre, di solito nel giro di mezz’ora, rilascia la placenta, che va conservata
per le successive analisi del medico.
Sintomi. L’infortunato non parla, non sente, non risponde. A volte reagisce
a stimoli dolorosi, per esempio pizzicotti in zone particolarmente sensibili
come il capezzolo o il collo. Ci sono vari livelli di perdita di coscienza: la
lipotimia (→), il coma (→) e la sincope (→).
Gravità. Nel caso che le parti colpite siano molto delicate, per esempio
l’occhio o i genitali è bene recarsi in un pronto soccorso o consultare un
medico. Analogamente, se la zona colpita è la lingua o la gola si corre il
rischio che il gonfiore possa impedire la respirazione ed è bene recarsi
immediatamente in ospedale. La stessa urgenza si presenta nel caso
l’infortunato sia allergico alle sostanze iniettate.
69. RABBIA (IDROFOBIA)
Sintomi. L’infortunato avrà delle lesioni gravi ai tessuti e alle ossa. Ma una
volta liberato dai pesi che lo schiacciano rischia un’emorragia, uno stato di
shock molto grave e una diminuzione (o un blocco) delle urine o
un’insufficienza renale che può essere mortale. I muscoli lesionati, infatti,
liberano una sostanza detta mioglobina che, entrando in circolo, è
responsabile del blocco renale. L’urea che non viene più eliminata si
accumula nel sangue e porta alla morte.
MANOVRA DI HEIMLICH
Il soccorritore si pone alle spalle dell’infortunato e lo cinge ponendo il
pugno chiuso alla bocca dello stomaco, tra lo sterno e l’ombelico. A questo
punto preme in modo rapido, forte e ripetuto il pugno verso la testa
dell’infortunato facendo contemporaneamente anche pressione sull’addome.
La manovra deve essere energica e violenta, se è il caso, e può essere
ripetuta più volte fino a che non provoca il vomito e l’espulsione
dell’oggetto che ostruisce la respirazione. Se l’infortunato è incosciente la
manovra di Heimlich si può effettuare ponendolo in posizione supina
(sdraiata a pancia in su) e comprimendo (come sopra) con le mani aperte o
sovrapposte a pugno nella zona addominale tra ombelico e sterno
esercitando una serie di pressioni ritmiche.
Cos’è. Un’ustione è una lesione della cute e dei tessuti provocata dal calore.
Può essere causata da un contatto diretto col fuoco, con liquidi bollenti, con
sostanze chimiche ma anche da un’eccessiva esposizione al sole o da una
folgorazione.
Intervento. Nel caso di lievi disturbi digestivi, ci si può lasciar guidare dal
buon senso, evitando di assumere cibi, rimanendo a riposo, al caldo,
aiutandosi con appositi farmaci. Nel caso di vomito prolungato o
incoercibile, soprattutto se è accompagnato da addominalgie e dolori è
invece necessario consultare il medico.
Se c’è il sospetto di un’intossicazione alimentare grave o di un
avvelenamento – da funghi, da alcol, da sostanze tossiche – è necessario
recarsi in ospedale con sollecitudine.
DISINFEZIONE
Per prima cosa si deve lavare la ferita sotto un getto di acqua e con sapone.
In questa fase è bene rimuovere eventuali oggetti estranei, come schegge o
terriccio. Successivamente bisogna disinfettare la ferita con acqua
ossigenata. Va evitato invece l’uso di alcol o della tintura di iodio: sono
sostanze nocive se applicate direttamente sulle ferite, in parole povere, oltre
a eliminare i batteri eliminano anche gli anticorpi e sono dannose per le
cellule del corpo. L’alcol è invece indicato per disinfettare una zona del
corpo prima di un intervento, oppure per disinfettare gli strumenti da
utilizzare nella medicazione, come pinzette, forbicine, aghi e simili.
MEDICAZIONE
Ricoprire la ferita con garze sterili. Al di sopra di queste, ma non a diretto
contatto con la ferita, si può porre del cotone idrofilo con funzione di
tampone. Il cotone idrofilo rilascia infatti numerosi filamenti che restano
appiccicati alla ferita ed è perciò consigliabile evitare il contatto diretto. La
medicazione, infine, può essere fissata mediante bende o cerotti. Il cerotto
non deve mai essere applicato sopra la ferita, che deve “respirare”, ma
sempre di lato, per fissare la garza. Le medicazioni devono sempre avere
un’estensione maggiore della ferita, che deve essere interamente ricoperta.
Figura 78.1 – Nelle medicazioni i cerotti non vanno mai applicati sopra la ferita, ma sempre di lato
79. BENDAGGI E FASCIATURE
Figura 79.2 – bendaggio e immobilizzazione del braccio al collo mediante benda triangolare
80. BLOCCO DELLE EMORRAGIE MASSIVE
I PUNTI DI COMPRESSIONE
Figura 80.10 – Come improvvisare un laccio emostatico “a torchio” con un pezzo di stoffa e un
legnetto (o una penna)
Fratture degli arti. Nel caso di una sospetta frattura di un arto si può
cercare di steccarlo con mezzi di fortuna come delle stecche di legno o
comunque dei sostegni rigidi, avvolti in stracci, giornali o indumenti
successivamente bendati e fasciati. Nel caso di una frattura di una gamba, in
mancanza di meglio, si può usare l’arto sano come sostegno.
Figura 81.2 – Immobilizzazione di un arto con mezzi di fortuna: stracci, coperte, cravatte, lacci o
spille da balia
Figura 81.3 – Tenere in trazione la colonna in caso di fratture evita le lesioni al midollo
Figura 81.4 – Trasporto di emergenza in caso di sospetta frattura alla colonna (5 soccorritori)
82. TRASPORTO DI UN INFORTUNATO
Figura 82.1 – La posizione delle mani “a seggiolino” e il trasporto di un infortunato che viene
sorretto dietro la schiena
Figura 85.1 – La testa iperestesa (a sinistra) permette la respirazione che potrebbe essere invece
pregiudicata dall’ostruzione della lingua (a destra)
A cosa serve. Per evitare che una persona in stato di incoscienza rischi di
non respirare a sufficienza o di soffocare per il rovesciamento della lingua o
per delle ostruzioni delle vie aeree causate per esempio dal vomito, si
utilizza la posizione laterale di sicurezza. Attuando tale manovra si evita
questo rischio mantenendo una postura corretta in modo che l’eventuale
vomito possa defluire all’esterno e che la lingua non si rovesci grazie
all’iperestensione della testa. In presenza di un infortunato incosciente (con
le funzioni vitali inalterate) è consigliabile porlo in tale posizione.
Chiudere con due dita (indice e pollice) il naso dell’infortunato per evitare
che l’aria insufflata fuoriesca. Senza queste due premesse la respirazione
non avrà successo.
Figura 88.3 – Respirazione bocca a bocca. Secondo: chiudere il naso
Figura 88.4 – Respirazione bocca a bocca. Terzo: insufflazione della durata di un secondo
Quindi alzare la testa e controllare che il torace si sollevi per poi abbassarsi
immediatamente dopo. Il rischio, se la testa dell’infortunato non è iperestesa
o se la manovra è eseguita male, è che l’aria finisca nello stomaco anziché
nei polmoni (rendendo l’operazione inutile). La verifica dell’innalzamento
del torace aiuta a comprendere che ciò non accada.
Figura 88.5 – Respirazione bocca a bocca. Quarto: verificare l’innalzamento del torace
Dopo aver steso l’infortunato a pancia in giù su un piano rigido, con la testa
iperestesa e gli arti superiori piegati, il soccorritore, inginocchiato,
posiziona le mani sulle scapole dell’infortunato, con le dita ben aperte e,
sfruttando il peso del proprio corpo, esercita una compressione sulla schiena
che serve a far espirare l’aria. Successivamente afferra i gomiti
dell’infortunato tirandoli verso di sé per favorire l’allargamento della gabbia
toracica e quindi l’inspirazione. L’operazione va ripetuta con un ritmo di 15
atti al minuto.
Figura 88.6 – La respirazione manuale di Nielsen
Figura 89.1 – Il massaggio cardiaco permette il funzionamento del cuore in modo manuale,
comprimendo la cassa toracica di 4/5 cm
Questa manovra deve anche essere accompagnata dalla respirazione bocca a
bocca (ma con ritmi differenti da quando è eseguita da sola), per continuare
a ossigenare il sangue che viene pompato in modo meccanico attraverso il
massaggio cardiaco.
Il colpo precordiale, una manovra che non si usa più. Spesso l’arresto
cardiaco non è totale, il cuore è in fibrillazione, comincia cioè a tremolare
senza più riuscire a mandare in circolo il sangue. Questo stato è
particolarmente frequente nei casi di folgorazione. Fino a una decina di anni
fa, prima di iniziare il massaggio si tentava perciò il ripristino dell’attività
cardiaca attraverso il colpo precordiale che consiste in un colpo forte e
secco assestato col pugno chiuso circa alla metà dello sterno che potrebbe
far riprendere la circolazione. Ma con i nuovi protocolli di pronto soccorso
questa manovra non si usa più.
25 Una distorsione è:
a. La momentanea fuoriuscita dalla sua sede articolare di un osso, che vi
rientra immediatamente dopo.
b. La fuoriuscita di un osso da un’articolazione.
c. Uno strappo o una contusione dei legamenti e dei tessuti muscolari,
per lo più causata da un evento traumatico.
27 Cos’è l’ematemesi?
a. La fuoriuscita di sangue dall’orecchio o dal naso. Implica la presenza
di un’emorragia o una lesione a livello cranico.
b. La fuoriuscita di sangue dalla bocca con il vomito. Implica la
presenza di un’emorragia dello stomaco o dell’esofago.
c. La fuoriuscita di sangue dall’ano e dall’orifizio urinario. Implica la
presenza di un’emorragia intestinale o renale.
28 Cos’è l’ematuria?
a. La perdita di sangue dal naso in seguito a una rottura di capillari.
b. L’espulsione di sangue attraverso le urine, in seguito a un’emorragia
renale, della vescica o dell’uretra.
c. La fuoriuscita di sangue attraverso gli orifizi naturali – naso, bocca,
orecchie, sfinteri – in seguito a un’emorragia interna.
29 Cos’è l’embolia?
a. Un’ostruzione parziale o totale di un vaso sanguigno per opera di un
embolo solido, liquido o gassoso che produce disturbi circolatori
locali o generali.
b. Una malattia che colpisce frequentemente i sommozzatori che si
spingono a una profondità eccessiva, dove, a causa della pressione, si
verifica una rottura dei vasi sanguigni.
c. Un’occlusione degli alveoli polmonari per opera degli emboli, bolle
di ossigeno e anidride carbonica che in condizioni particolari non
riescono a essere espulsi attraverso la respirazione.
30 Nelle emorragie:
a. Il sangue esce in modo continuo se l’emorragia interessa i capillari, a
fiotti se è venosa o arteriosa.
b. Il sangue esce in modo continuo se l’emorragia è arteriosa, a fiotti se
è venosa.
c. Il sangue esce in modo continuo se l’emorragia è venosa, a fiotti se è
arteriosa.
33 Cos’è l’emottisi?
a. Un’emorragia esteriorizzata che consiste nella fuoriuscita di sangue di
colore rosso vivo e schiumoso dalla bocca attraverso colpi di tosse.
b. Il tamponamento di una ferita o di un’emorragia.
c. Una patologia dell’apparato renale e urinario.
36 Cos’è l’iperpiressia?
a. Una patologia che consiste nell’eccessiva pressione arteriosa.
b. Un eccessivo sforzo e rigonfiamento della ghiandola tiroide.
c. Il termine scientifico per indicare la febbre.
38 In caso di folgorazione:
a. Se l’infortunato è ancora attaccato alla fonte elettrica bisogna
immediatamente allontanarlo con una spinta rapida, decisa e forte.
b. Se l’infortunato è ancora attaccato alla fonte elettrica, bisogna
allontanarlo dopo essersi isolati con cattivi conduttori (guanti di lana,
stracci bagnati…) e servendosi di oggetti di legno o metallici (scope,
ombrelli…).
c. Se l’infortunato è ancora attaccato alla fonte elettrica, prima di
intervenire bisogna staccare la corrente.
40 In caso di ictus:
a. In attesa dei soccorsi, sdraiare l’infortunato con il capo sollevato per
diminuire l’afflusso di sangue al cervello. Tenere sotto controllo le
funzioni vitali.
b. In attesa dei soccorsi porre immediatamente l’infortunato in posizione
antishock per irrorare il cervello. Tenere sotto controllo le funzioni
vitali.
c. In attesa dei soccorsi, se il paziente è ancora cosciente,
somministrargli bevande e liquidi. Se non è cosciente fare degli
impacchi freddi sui piedi.
41 Cos’è l’idrofobia?
a. Una patologia non contagiosa nota anche col nome di botulismo.
b. Un disturbo psichico che consiste nella paura di annegare nell’acqua.
c. Una malattia contagiosa nota anche col nome di rabbia.
45 In caso di lipotimia:
a. Fare rinvenire l’infortunato attraverso stimoli acustici (chiamarlo) e
fisici (scossoni e schiaffi). Per farlo riprendere si può anche fargli
annusare dell’aceto o bagnarlo con acqua fredda.
b. Porre l’infortunato in posizione antishock. Slacciare gli indumenti
che possono costringere, evitare che si alzi immediatamente non
appena si riprende.
c. Cercare di sollevare l’infortunato, sorreggerlo e metterlo in posizione
seduta. Non appena riprende i sensi fargli bere qualcosa di forte come
un superalcolico, ma non in grande quantità.
47 Cos’è la melena?
a. La melena è un’emorragia esteriorizzata che consiste in una
fuoriuscita di sangue dall’ano insieme alle feci. Se il sangue fuoriesce
a zampilli la melena è arteriosa, se fuoriesce in modo continuo è
venosa.
b. La melena è un’emorragia esteriorizzata che consiste in una
fuoriuscita di sangue dall’ano insieme alle feci. L’aspetto del sangue è
di colore rosso vivo. La causa è un’emorragia presente nello stomaco,
nel duodeno, nell’intestino o nel retto.
c. La melena è un’emorragia esteriorizzata che consiste in una
fuoriuscita di sangue dall’ano insieme alle feci. L’aspetto del sangue è
di colore scuro. La causa è un’emorragia presente nello stomaco, nel
duodeno o nell’intestino.
50 L’occlusione intestinale è:
a. Una patologia intestinale che nella fase acuta è molto grave.
b. Un disturbo abbastanza comune che si può risolvere con l’assunzione
di un purgante.
c. Una forma acuta di stitichezza che produce coliche e calcoli.
51 L’otorragia è:
a. Una grave infezione dell’apparato auricolare che si manifesta con
improvviso abbassamento dell’udito e vertigini.
b. Un’emorragia esteriorizzata che consiste nella fuoriuscita di sangue
dall’orecchio in seguito a traumi cranici o dell’orecchio stesso.
c. Un’ostruzione dei canali dell’orecchio per il cerume che se trascurata
degenera in otite.
52 In caso di palpitazioni:
a. In attesa dei soccorsi, somministrare ossigeno in alto dosaggio. Alle
palpitazioni spesso segue un attacco cardiaco.
b. Chiamare i soccorsi o recarsi urgentemente in ospedale per un
elettroencefalogramma.
c. Non bisogna farsi prendere dallo spavento, raramente questo
fenomeno è collegato a reali cardiopatie. Consultare un medico.
63 In caso di ustioni:
a. Poiché il calore uccide tutti i batteri, le ustioni, difficilmente sono
soggette a infezioni. Per questo non bisogna mai disinfettare
un’ustione con l’alcol.
b. Sono molto soggette alle infezioni. Bisogna sempre ricoprire la parte
con appositi teli e garze sterili e, se si manifestano le classiche bolle,
non bisogna mai bucarle.
c. Le ustioni vanno medicate con garze sterili. Quando,
successivamente, si manifestano le classiche bolle bisogna
tempestivamente bucarle per far uscire il siero.
67 Il massaggio cardiaco:
a. Se l’infortunato presenta anche un arresto respiratorio deve essere
intervallato dalla respirazione artificiale, altrimenti no.
b. Deve essere sempre intervallato dalla respirazione artificiale.
c. Non deve mai essere intervallato dalla respirazione artificiale.
69 La respirazione artificiale:
a. Deve essere sempre intervallata dal massaggio cardiaco.
b. Non deve mai essere intervallata dal massaggio cardiaco.
c. Se l’infortunato presenta anche un arresto cardiaco deve essere
intervallata dal massaggio cardiaco, altrimenti no.
70 La manovra di heimlich è:
a. Una tecnica per l’estrazione rapida del nascituro durante il parto
mediante taglio cesareo.
b. Una tecnica di respirazione artificiale che prevede delle compressioni
della gabbia toracica e dei movimenti degli arti superiori.
c. Una tecnica per liberare le vie aeree ostruite da un corpo estraneo che
consiste in una violenta compressione alla bocca dello stomaco.
IL CORPO UMANO
1B
2A
3A
4C
5C
6A
7A
8C
Per quanto riguarda il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, all’interno del
quale è confluita la legge 626 del 1994, può essere utile dare uno sguardo
alle disposizioni che regolamentano il contenuto minimo della cassetta di
pronto soccorso e del pacchetto di medicazione che devono essere presenti
nelle aziende, a seconda delle tipologie in cui la legge le classifica.
Di seguito riportiamo gli allegati 1 e 2 del Regolamento recante disposizioni
sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell’articolo 15, comma 3, del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modificazioni,
tratto dalla Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 Febbraio 2004 (Ministero della
Salute, decreto 15 luglio 2003, n. 388).