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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE

LAUREA TRIENNALE IN INGEGNERIA CIVILE

DISPENSE DEL CORSO DI STRADE, FERROVIE ED AEROPORTI Parte I Geometria dellasse stradale

A.A. 2006/07 Ing. Paolo Perco

Corso di Strade, Ferrovie ed Aeroporti Laurea Triennale in Ingegneria Civile Universit degli Studi di Trieste Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 2006/2007

INDICE Introduzione Condizioni di rotolamento della ruota laderenza Il moto dei veicoli stradali Le distanze di visibilit Lequilibrio di un veicolo in curva La velocit operativa La progettazione dellasse della strada Landamento planimetrico dellasse Landamento altimetrico dellasse Il diagramma delle velocit Il coordinamento planoaltimetrico

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INTRODUZIONE La progettazione di una strada si divide sostanzialmente nello studio del suo asse geometrico e della sua sezione trasversale. La presente dispensa, dopo una necessaria panoramica sui principi che stanno alla base del moto di un veicolo, affronta la progettazione della linea dasse presentando i principi che la regolano e approfondendo le norme di riferimento italiane per la progettazione stradale (Norme Funzionali e Geometriche per la costruzione delle strade allegate al D.M. 05.11.2001). La necessit di definire delle regole per la progettazione dellasse stradale dovuta innanzitutto alla forte influenza che la geometria dasse ha sulla sicurezza stradale. Ogni anno in Italia gli incidenti stradali causano circa 6000 morti e 320.000 feriti. Questi valori presentano un trend decrescente negli ultimi anni grazie agli efficaci interventi che sono stati attuati su tutti tre i fattori che, interagendo tra loro, possono causare lincidente: la strada, il guidatore, il veicolo. La progettazione stradale, sia che si riferisca ad una nuova infrastruttura che alladeguamento di uninfrastruttura esistente, pu promuovere in modo significativo tale riduzione se correttamente condotta. Lattivit di progettazione dellasse della strada consiste, in sintesi, nella definizione di un andamento planimetrico ed altimetrico della linea dasse che, nel rispetto delle regole di composizione previste dalle norme di riferimento, consenta linserimento della strada nellambiente attraversato. Tale inserimento va inteso nel senso pi ampio del termine, ovverosia come orografia e geologia del territorio, presenza di altre infrastrutture, urbanizzazione ed antropizzazione, salvaguardia ambientale, il tutto nel contesto di un vincolo di tipo economico sostenibile. Il compito complesso e multidisciplinare poich la linea dasse della strada il primo elemento progettuale che si definisce nellaffrontare un progetto stradale, subito dopo averne definito la categoria. Solo una volta definito landamento della linea dasse possono essere sviluppate le diverse progettazioni specialistiche (ponti, viadotti, gallerie, opere idrauliche, opere di ripristino ambientale, ecc) che concorrono al completamento del progetto stradale. La presente dispensa deve essere affiancata dalle Norme Funzionali e Geometriche per la costruzione delle strade allegate al D.M. 05.11.2001 poich esse rappresentano le norme di riferimento e ad esse nel testo si fa spesso riferimento. Queste norme inoltre affrontano anche altri aspetti oltre a quelli approfonditi in questa dispensa che sono altrettanto importanti per la corretta definizione del progetto stradale. 3

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CONDIZIONI DI ROTOLAMENTO DI UNA RUOTA LADERENZA

Lattrito tra due superfici Si supponga un corpo di peso P appoggiato su un piano. Se si applica al corpo una forza Ft parallela al piano, il corpo resta fermo fino a che il valore di Ft non supera un certo valore limite Ft lim oltre il quale il corpo inizia a strisciare. Ci significa che il piano in grado di esercitare una reazione avente la componente A, parallela ad esso, capace di opporsi a Ft e di valore massimo Alim uguale a Ft lim.

Risulta che: Dove: fa Rn

Alim = fa Rn

il Coefficiente adimensionale di Attrito Statico dipende dai materiali e dalle condizioni delle due superifici a contatto. la componente della reazione normale al piano. Se la forza applicata Ft parallela al piano e questo orizzontale, Rn equivale al peso P del corpo.

Per cui, affinch non vi sia moto relativo tra le superfici deve valere: Ft = Alim fa Rn Lattrito tra due superfici a contatto causata dalle caratteristiche delle due superfici ed alla forza con la quale le due superfici sono schiacciate luna contro laltra. Infatti, le superfici sono in realt irregolari, sia a livello microscopico che a livello macroscopico, e larea reale di contatto solo una parte di quella apparente totale. Tanto maggiore la forza di compressione tra le due, tanto pi le deformazioni elastiche e plastiche delle due superfici aumentano larea di contatto reale e creano una sorta di incastro tra queste irregolarit. Dal punto di vista microscopico, esso dovuto alle forze di interazione tra gli atomi dei materiali a contatto. 5

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Le condizioni di rotolamento di una ruota Il moto di rotolamento di una ruota su un piano risulta dalla composizione del moto di rotazione intorno allasse della ruota e dalla traslazione dellasse parallelamente al piano. Se si considera la ruota motrice di un veicolo, sul suo asse agisce un momento torcente M trasmesso dal motore che tende a farla girare attorno allasse di rotazione O. Il momento torcente M pu pensarsi sostituito da due forze +T e T, di valore pari a M/r, applicate in O ed in C, punto di contatto ruota-piano. P il carico agente sulla ruota; R la somma di tutte le resistenze al moto che si oppongono allavanzamento del veicolo; A la reazione tra le due superfici a contatto (pavimentazione e pneumatico) nel punto C.

La ruota si comporta come un corpo vincolato in O ed in C in cui nascono delle reazioni vincolari le cui componenti parallele alla direzione del moto sono rispettivamente R ed A. Possono verificarsi tre condizioni diverse: T<R T < Alim T>R T < Alim T<R T > Alim Le forze di resistenza R e di reazione A sono superiori alle forze di trazione T applicate alla ruota per cui essa resta in equilibrio e non si muove

La resistenza R inferiore alla forza di Trazione T in O ma la reazione A superiore alla forza di trazione T in C: trasla solo il punto O ed il punto C resta fermo

La resistenza R superiore alla forza di trazione T in O ma la reazione A inferiore alla forza di trazione T in C: il punto O resta fermo e la ruota slitta

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Pertanto, affinch il veicolo si muova necessario che ci si trovi nella situazione 2, ovvero si verifichi una rotazione istantanea attorno al punto C, detto Centro di Istantanea Rotazione. In questo caso il moto della ruota la composizione contemporanea di due moti: traslazione del punto O e contemporanea rotazione attorno al punto O. In definitiva, affinch si abbia rotolamento e non slittamento, occorre che lo sforzo di trazione T sia almeno pari alle resistenze (M / r =T R) ma che sia inferiore alla reazione tangenziale della strada ((M / r =T < Alim).

Un esempio pu aiutare a comprendere: Per far slittare i pneumatici dellautomobile in partenza, a parit di condizioni della pavimentazione e dei pneumatici (Alim costante), necessario accelerare a fondo: ci significa che a parit di A, ovvero delle condizioni delle due superfici, bisogna aumentare T fino a che diviene T > Alim per trovarsi nella condizione 3. A parit di pressione sul pedale dellacceleratore (T costante) sulla pavimentazione asciutta i pneumatici non slittano ma sulla pavimentazione bagnata o ghiacciata invece i pneumatici slittano e lautomobile resta ferma: ci significa che a parit di T, ovvero del momento torcente trasmesso dal motore, nel primo caso si ha la condizione T > R e T < Alim, mentre nel secondo caso, anche se rimane T > R, ci si trova nella condizione T > Alim.

Le condizioni di equilibrio della ruota si possono valutare anche in altre due condizioni: Ruota Trainata (non motrice): il momento torcente pari a 0 e vi una sola forza T applicata nel punto O. Lunica forza resistente lattrito sui perni della ruota che pu essere considerato pari ad un momento torcente Ma applicato in senso contrario a quello del moto di rotazione. Affinch questo moto di rotazione possa verificarsi, necessario che Ma sia equilibrato dalla coppia formata dallo sforzo di trazione T, applicato in O, e dalla forza di reazione A, applicata in C, questa volta diretta in senso opposto a quello del veicolo, ovvero Ma Alim r . Ruota Frenata: non presente il momento torcente motore M, mentre viene applicato un momento torcente frenante Mf che va ad aggiungersi al momento resistente Ma del caso precedente. Non essendoci distinzione fra le ruote motrici e le ruote trainate, le resistenze al moto si distribuiscono in modo uguale su tutte le ruote. La ruota inoltre soggetta ad una forza di inerzia Fi applicata nel punto O. Affinch durante la fase di frenatura le ruote non si blocchino necessario che Ma + Mf sia equilibrato dalla coppia formata dalla forza di inerzia Fi e dalla forza di reazione A, anche questa volta diretta in senso opposto a quello del veicolo, ovvero che (Ma + Mf) Alim r.

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Il coefficiente di aderenza Quanto detto fino ad ora permette di comprendere limportanza della reazione A necessaria sia per permettere la traslazione del veicolo sia per garantirne la sicurezza in frenatura. A prende il nome di forza di aderenza ed il suo valore limite Alim proporzionale, attraverso un coefficiente di aderenza fa, alla componente perpendicolare al piano viabile della forza che grava sulla ruota. Questa forza corrisponde normalmente alla quota parte del peso del veicolo agente sulla ruota. Ne segue che per aumentare la forza di aderenza opportuno aumentare pi possibile il peso gravante sulle ruote. Alim = fa P
Proprio per aumentare il peso aderente, ovvero il peso che grava sulle ruote motrici, le autovetture sportive sono dotate di appendici aerodinamiche che permettono di generare la forza di deportanza che, diretta verso il basso, si aggiunge alla forza peso consentendo di aumentare la reazione di aderenza tra pneumatico e pavimentazione. Il fenomeno esattamente lo stesso che genera la forza di portanza che consente il sostentamento dellaeroplano, con la differenza che in questo caso il profilo alare rovesciato per generare la portanza verso il basso, detta appunto deportanza. Questa forza aumenta allaumentare della velocit con la quale il profilo alare si muove nel fluido (laria in questo caso). Pertanto, le dimensioni e langolo del profilo alare rispetto alla direzione del moto devono essere regolati in modo da fornire una sufficiente deportanza alle velocit di percorrenza delle curve, lungo le quali importante disporre di unelevata aderenza trasversale ma, al contempo, da non penalizzare eccessivamente la resistenza aerodinamica in rettifilo che penalizza la massima velocit raggiungibile dallautovettura.

Per valutare la reazione di aderenza, ovvero il coefficiente di aderenza fa, innanzitutto necessario rilevare che in realt, a differenza di quanto visto nel precedente schema teorico dellattrito radente, affinch si sviluppi una reazione di aderenza necessario che vi sia uno scorrimento relativo tra pneumatico e pavimentazione. Le modalit con cui si verifica tale scorrimento sono diverse nel caso di ruota motrice e ruota frenata.
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Ruota motrice Durante il rotolamento di una ruota motrice (T>0; a 0), ad un giro completo della ruota di raggio r (circonferenza 2r), lavanzamento effettivo del veicolo dato da (1-)2r e, contemporaneamente, si verifica uno scorrimento della ruota sulla strada di lunghezza 2r ove lo scorrimento (0 1): (1-) 2r = 2r - 2r
lunghezza effettivamente percorsa circonferenza della ruota lunghezza persa per lo slittamento

Ci significa, riferendosi allunit di tempo, che il prodotto r (velocit angolare raggio della ruota) maggiore della velocit di traslazione della ruota v. Lo scorrimento si definisce come:

v r v = 1 r r scorrimento velocit angolare della ruota [rad/s] raggio della ruota [m] velocit di traslazione [m/s] rotolamento puro rotazione intorno allasse e la ruota non trasla

Dove:

r v

Le condizioni limite per la ruota motrice sono:

= 0 v = r =1v=0
Ruota Frenata

Se si considera una ruota frenata (T=0; a < 0) la situazione si inverte: infatti, durante un giro completo di una ruota di raggio r (circonferenza 2r), lavanzamento del veicolo dato da (1+)2r poich si verifica anche uno scorrimento della ruota sulla strada di lunghezza 2r ove

lo scorrimento:
(1+) 2r = 2r + 2r
lunghezza effettivamente percorsa circonferenza della ruota lunghezza guadagnata per lo slittamento

Lo scorrimento in questo caso si definisce come:


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v r r = 1 v v scorrimento velocit angolare della ruota [rad/s] raggio della ruota [m] velocit di traslazione [m/s] rotolamento puro ruota bloccata che striscia sulla pavimentazione

Dove:

r v

Le condizioni limite per la ruota motrice sono:

= 0 v = r =1=0

Il coefficiente di aderenza fa Landamento del coefficiente di aderenza fa in funzione dello scorrimento rappresentato in figura 1. Le misure sono solitamente condotte in senso longitudinale, cio nella direzione del moto, oppure in senso ortogonale e danno origine ad un diverso andamento del coefficiente in funzione dello scorrimento.

fl longitudinale

ft trasversale

Figura 1

Landamento del coefficiente di aderenza in funzione dello scorrimento misurato in senso longitudinale ed in senso trasversale al piano di rotolamento del pneumatico

Il valore del coefficiente di aderenza fa molto variabile e dipende innanzitutto dalla natura delle superfici di contatto, ovvero dal tipo e dalle condizioni del battistrada (mescola, usura, scolpitura, ecc.) e della pavimentazione. Inoltre dipende anche dalleventuale presenza di uno strato di acqua o polvere, dalla pressione del pneumatico e dalla velocit di marcia. Le caratteristiche superficiali della pavimentazione sono individuate essenzialmente dalla regolarit del piano viabile e dalla sua rugosit o scabrezza (tessitura). Le caratteristiche superficiali si
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distinguono in funzione dellosservazione del profilo superficiale della pavimentazione. Tra esse, la macrotessitura (h 0.0120 mm) e la microtessitura (0,0010,5 mm) influiscono essenzialmente sulladerenza sviluppata allinterfaccia tra pneumatico e pavimentazione. La prima dovuta alle asperit superficiali della pavimentazione dovute a forma, dimensione e assortimento granulometrico dei diversi elementi lapidei presenti nella superficie della miscela bituminosa, mentre la seconda dovuta alla scabrezza della superficie dei singoli elementi lapidei. La figura 2 riporta landamento del coefficiente di aderenza fa in funzione della velocit v su pavimentazione bagnata con uno spessore del velo idrico pari ad s. Si nota che il valore di fa diminuisce al crescere della velocit e allaumentare dello spessore del velo idrico; inoltre, in funzione dello spessore s, esiste un valore della velocit v oltre la quale si verifica il sostentamento del pneumatico da parte del velo idrico, ovvero si manifesta il fenomeno dellaquaplaning. In tali condizioni si ha un valore di fa pressoch nullo e di conseguenza, il veicolo non pi controllabile. Il fenomeno dellaquaplaning si manifesta quando lacqua che si raccoglie davanti alla ruota, che in condizioni normali viene espulsa di lato e attraverso la scolpitura del pneumatico, a causa della alta velocit non riesce pi ad allontanarsi e viene compressa fino a raggiungere una pressione pari a quella di gonfiaggio del pneumatico. Nel caso di pavimentazione asciutta landamento del coefficiente di aderenza fa quasi costante con la velocit v. Per tutte le considerazioni sopra esposte, risulta evidente che il coefficiente di aderenza pu variare significativamente in funzione delle numerose variabili che influiscono sulla sua quantificazione. La sua misura sperimentale strettamente connessa al tipo di apparecchiatura utilizzata ed alle modalit operative del test (entit dello scorrimento, inclinazione della ruote rispetto alla direzione del movimento, superficie bagnata o asciutta, velocit, ecc..). Pertanto, nei casi in cui necessario assumere un valore del coefficiente aderenza fa, cos come avviene ad esempio per calcolare a distanza di arresto o lequilibrio di un veicolo in curva, necessario utilizzare un opportuno coefficiente di sicurezza.

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Figura 2

Landamento del coefficiente fa in funzione della velocit per pavimentazione bagnata

Lellisse di aderenza Su un veicolo in movimento non agiscono solamente forze longitudinali ovvero nel senso del moto, come quelle fino ad ora considerate (sforzo di trazione o di frenatura) ma anche forze trasversali, ovvero ortogonali al senso del moto, quali la forza centrifuga che agisce su un veicolo quando percorre una curva circolare, o la presenza di vento laterale. Ovviamente, anche tali sollecitazioni generano sulla superficie di contatto pneumatico-pavimentazione una reazione di aderenza che permette al veicolo di non traslare lateralmente. Nel caso di forze longitudinali si parla di aderenza longitudinale e quindi di coefficiente di aderenza longitudinale fl, nel caso di forze trasversali si parla di aderenza trasversale e quindi di coefficiente di aderenza trasversale ft. Il coefficiente di aderenza fa non , a rigore, uguale in tutte le direzioni , tuttavia la piccola differenza tra il valore longitudinale e quello trasversale pu essere trascurata nella pratica e si pu assume lipotesi di polarsimmetria (fa = fl = ft) : Il legame presente tra il coefficiente di aderenza longitudinale fl e il coefficiente di aderenza trasversale ft pu essere rappresentato mediante lellisse di aderenza che riporta landamento del coefficiente di aderenza al variare della risultante delle forze longitudinali e trasversali applicate al pneumatico:

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Figura 3 Lellisse di aderenza. La quota parte di aderenza longitudinale y e di aderenza trasversale x che possibile impegnare contemporaneamente quindi data da (equazione ellisse):
1= x2 ft
2

y2 fl
2

Il significato dellellisse di aderenza estremamente importante perch permette di calcolare, in base al coefficiente di aderenza impegnato in una direzione, quello disponibile nella direzione ortogonale. Infatti, tra il pneumatico e la pavimentazione si pu sviluppare al massimo una forza di aderenza Alim = fa P in qualsiasi direzione (a meno della piccola differenza che, come sopra gi accennato, pu essere trascurata), ma questa va scomposta tra le sue due componenti (lungo la direzione del moto Al e trasversalmente ad essa At) per valutare leffettiva aderenza disponibile per effettuare una specifica manovra. Ad esempio, se tutta laderenza disponibile (Alim = fa P) utilizzata in senso longitudinale per frenare (Alim = Al) non esiste una riserva di aderenza trasversale (ponendo nellequazione dellellisse y = fl ne segue x = 0) per compensare eventuali forze trasversali. Ci significa che nel caso queste si presentino (ad es. un colpo di vento o la necessit di una sterzata improvvisa), esse provocheranno la perdita del controllo del veicolo. Viceversa, se tutta laderenza disponibile (Alim = fa P) utilizzata in senso trasversale (Alim = At), ad esempio per percorrere una curva, non esiste una riserva di aderenza longitudinale (ponendo nellequazione dellellisse x = ft ne segue y = 0) per compensare eventuali forze longitudinali. Anche in questo caso pertanto, se queste si presentano (ad es la necessit di una frenata improvvisa) provocheranno la perdita del controllo del veicolo. Ne consegue che nei calcoli (ad es. per la distanza di arresto o per lequilibrio del veicolo in curva) si utilizza sempre solo una quota parte del coefficiente di aderenza longitudinale fl o,
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rispettivamente, trasversale ft al fine di garantire una riserva di aderenza a disposizione per altre eventuali manovre di emergenza. In particolare, il D.M. 05.11.2001 ipotizza di utilizzare lo 0,9 delladerenza disponibile in senso longitudinale per lazione di frenatura; la quota parte che rimane disponibile per compensare eventuali forze tangenziali si pu ottenere dallequazione dellellisse:

1=

x2 ft
2

y2 fl
2

poich si assume fa = fl = ft
1= x2 fa
2

(0.9 f a )2
fa
2

da cui
x 2 = f a2 (0.9 f a ) = 0.19 f a2
2

e pertanto la quota parte x disponibile trasversalmente pari a: x = 0.44 fa I coefficienti di aderenza impegnabili longitudinalmente fl previsti dal D.M. 05.11.2001 per tutte le strade ad eccezione della categoria A (autostrade) sono riportati in tabella 1. Da essi si possono ricavare i coefficienti di aderenza impegnabili trasversalmente ft [~ (fl / 0.9)0.44] previsti dallo stesso D.M. 05.11.2001 e riportati in tabella 2. Velocit km/h fl (cat. B-C-D-E-F)
*interpolato dai valori precedenti

25 0,45

40 0.43

60 0.35

80 0.30

100 0.25

120 0.21

140 0.18*

Tabella 1 Il coefficiente di aderenza impegnabile longitudinalmente (D.M. 05.11.2001). Velocit km/h ft (cat. A-B-C-F extraurbane) ft (cat. D-E-F urbane) 25 0,22 40 0,21 0,21 60 0,17 0,20 80 0,13 0,16 100 0,11 120 0,10 140 0,09 -

Tabella 2 Il coefficiente di aderenza impegnabile trasversalmente (D.M. 05.11.2001). La ripartizione del coefficiente di aderenza tra la componente longitudinale e quella trasversale prevista dal D.M. 05.11.2001 garantisce pertanto che sempre possibile percorrere una curva alla Velocit di Progetto e contemporaneamente avere una riserva di aderenza sufficiente per frenare con le modalit previste nello stesso D.M..

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IL MOTO DEI VEICOLI STRADALI

Le resistenze al moto

Come gi osservato, se ad una ruota motrice di un veicolo applicato un momento motore M il cui corrispondente sforzo di trazione T (T r = M) e sulla ruota grava il peso aderente P, il rotolamento della ruota si avr solo se fa P T R ove R rappresenta linsieme delle resistenze che si oppongono al moto. In particolare: moto uniforme (velocit costante) moto accelerato moto decelerato (solo se velocit iniziale > 0) T=R T>R T<R

La resistenza R data dalla somma di diverse resistenze: R = P i P + Rc P Dove: P i V g a Rc peso [kg] coefficiente per le resistenze al rotolamento pendenza longitudinale in valore assoluto [%/100] velocit [km/h] accelerazione di gravit 9,81 [m/s2] coefficiente per le resistenze di inerzia accelerazione [m/s2] Resistenza in curva [kg]

a + k S V 2

[kg]

In particolare, le resistenze che intervengono sono: Resistenza al rotolamento P La resistenza al rotolamento direttamente proporzionale al peso P ed dovuta alla deformazione del pneumatico, agli slittamenti tra le due superfici ed al movimento dellaria tra le due superfici. Dipende dalle condizioni del pneumatico e della pavimentazione, dalla pressione di gonfiaggio e cresce al crescere della velocit. Valori orientativi del coefficiente per le autovetture: = 0,015 [kg/kg] per V = 20 [km/h] = 0,020 [kg/kg] per V = 100 [km/h] 15

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Resistenza della pendenza longitudinale iP La resistenza dovuta alla pendenza longitudinale dovuta alla componente del peso P diretta nel verso contrario al senso del moto (in salita) con i pendenza longitudinale espressa in valore assoluto (sen tg = i). Ovviamente nel caso la componente del peso P sia diretta nel verso del moto (discesa) il suo contributo alle resistenze sar negativo (ovvero si somma allo sforzo di trazione T).

Resistenza aerodinamica dellaria KSV2 La resistenza che laria oppone allavanzamento del veicolo dovuta alle sovrapressioni che si generano di fronte al veicolo. Questa resistenza direttamente proporzionale alla sezione maestra del veicolo S (~ 1,2 2,2 m2 per le autovetture) ed alla velocit V (in km/h), attraverso un coefficiente K (0,0015 0,0025 per le autovetture).

K=

1 Cx g 2 3.6 2

dove: Cx coefficiente che dipende dalla forma del corpo massa volumica dellaria [kg/m3]

Resistenza dinerzia P/g a Ogni variazione della velocit (accelerazione a) induce una resistenza dovuta allinerzia a cui contribuisce anche la presenza di masse rotanti per tener conto delle quali utilizzato il coefficiente (1,05 1,10). Come nel caso della pendenza longitudinale, anche questa resistenza pu assumere un valore negativo nel caso il moto sia decelerato.

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Resistenze addizionali in curva Rc Un veicolo che percorre una curva soggetto a delle forze resistenti dovute alle deformazioni in senso trasversale del pneumatico ed inversamente proporzionali al raggio della curva. Tuttavia, questa resistenza, direttamente proporzionale al peso P attraverso il coefficiente di aderenza trasversale ft impegnato, per le autovetture che percorrono raggi superiori a 100m trascurabile rispetto alle altre resistenze. Tutte le resistenze, ad eccezione di quella aerodinamica, sono proporzionali al peso P. Pertanto, lEquazione delle Resistenze al Moto pu essere scritta come: R = P ( i + c

dv
g dt

) + k S V 2

[kg]

Mentre la corrispondente Equazione Generale del Moto T = R = P ( i + c

dv

) + k S V 2 g dt

[kg]

Le prestazioni dei veicoli stradali

Pendenza limite allavviamento La pendenza massima imax di una livelletta sulla quale un veicolo inizialmente fermo pu avviarsi si pu ricavare direttamente dallEquazione Generale del Moto: imax P = T P ( + c +

dv
g dt

) k S V 2

Da cui, trascurando il termine KVS2 poich nelle fasi iniziali di avviamento la velocit molto bassa, e ipotizzando di avviarsi in rettilineo: imax =

dv T ( + ) P g dt

Dallequazione possibile osservare che il valore di imax dipende dal massimo valore che pu raggiungere il rapporto T/P. Questo valore pu essere limitato dalla sforzo di trazione del veicolo T: Ad esempio:

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autovettura:

peso accelerazione

P = 1400 kg a = 0,4 m/s2

sforzo di trazione (a 20 km/h) T = 1000 kg (~10 KN) 1000 1.05 (0.02 + 0.4) = 0.65 = 65% 1400 9.81 peso accelerazione imax = 6000 1.06 (0.03 + 0.3) = 0.12 = 12% 32000 9.81 P = 32000 kg a = 0,3 m/s2

imax =

Autoarticolato medio:

sforzo di trazione (a 20 km/h) T = 6000 kg (~60 KN)

Daltra parte necessario che lo sforzo di trazione non sia superiore alla reazione delladerenza poich in caso contrario le ruote motrici slitterebbero senza far avanzare il veicolo (T = fa Pa): imax = f a Pa dv ( + ) P g dt

Assumendo un coefficiente di aderenza fa = 0,45 (pneumatico e pavimentazione in buono stato, pavimentazione bagnata, velocit inferiore a 40 km/h) autovettura: peso peso aderente accelerazione
imax = 0.45 750 1.05 (0.02 + 0.4) = 0.18 = 18% 1400 9.81 peso peso aderente accelerazione imax = 0.45 10000 1.06 (0.03 + 0.3) = 0.08 = 8% 32000 9.81 P = 32000 kg Pa = 10000 kg a = 0,3 m/s2

P = 1400 kg Pa = 750 kg a = 0,4 m/s2

Autoarticolato medio:

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Pendenza limite a velocit costante La massima velocit costante che un veicolo pu mantenere su una livelletta di pendenza costante o viceversa, la massima pendenza di una livelletta che pu essere affrontata ad una velocit costante possono essere ricavate a partire dallEquazione Generale del Moto: imax P = T P ( + c +

dv
g dt

) k S V 2

Da cui, eliminando il termine P costante: imax = T k S V 2 P

dv

relativo alla resistenza di inerzia poich la velocit g dt

Come nel caso dellavviamento in salita, anche in questo caso la pendenza massima dipende dallo sforzo di trazione T che per non pu superare il limite delladerenza fa Pa. Lo sforzo di trazione T direttamente proporzionale alla velocit del veicolo: T= N 3,6 V sforzo di trazione [kN] potenza effettiva alla ruota [kW] velocit [km/h]

Dove: T N V

Si ricorda in proposito che la potenza [Watt] data dal lavoro [Joule] svolto nellunit di tempo: potenza [W] = lavoro [J] / tempo [s] Lavoro [J] = Forza [N] Spostamento [m]

Ad esempio: autovettura: peso potenza alle ruote velocit Sezione maestra Coefficiente aerodinamico P = 16 KN N = 60 KW V = 100 km/h S = 2,0 m2 K = 1,8 10-5

imax

3.6 60 2.0 1.8 10 5 100 2 100 0.025 0.088 = 8.8% = 16

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19

Considerando invece il limite dato dal coefficiente di aderenza fa autovettura: peso peso aderente coefficiente di aderenza velocit Sezione maestra Coefficiente aerodinamico imax = P = 16 KN Pa = 8,80 KN fa = 0,26 V = 100 km/h S = 2,0 m2 K = 1,8 10-5

(0.26 8.80 2.0 1.8 10


16

100 2

) 0.025 0.093 = 9.3%

Pendenze inferiori al 6,0% hanno poca influenza sulle prestazioni delle autovetture. Al contrario, i veicoli pesanti, che dispongono di un rapporto potenza/peso (N/P) pi sfavorevole, sono fortemente penalizzati dalla presenza di pendenze elevate che li costringono a significativi rallentamenti. Allo scopo di fornire al progettista un utile strumento che consenta di valutare, sulla base del rapporto potenza/peso dei veicoli pesanti e della pendenza della livelletta, la massima velocit di marcia raggiungibile e lo spazio percorso al variare della velocit, sono disponibili (ad esempio nella Norma Svizzera o nel Highway Capacity Manual) degli appositi diagrammi simili a quello qui di seguito riportato.

Variazione della velocit in funzione della pendenza e della lunghezza della livelletta per autocarro pesante (W/N = 0,83 pari a 11 CV/t)

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LE DISTANZE DI VISIBILITA

Distanza di visibilit per larresto La distanza di visibilit per larresto pari al minimo spazio necessario perch un conducente possa arrestare il veicolo in condizioni di sicurezza davanti ad un ostacolo imprevisto (definizione D.M. 05.11.2001). Questa distanza di visibilit deve essere garantita lungo tutto lo sviluppo del tracciato. La distanza di visibilit per larresto data dalla somma dello spazio percorso durante il tempo di percezione e reazione e dallo spazio percorso durante leffettiva fase di frenatura:

Da = v t pr + s f
Dove:

[m]

v tpr sf

velocit iniziale [m/s] tempo di percezione e reazione [s] spazio di frenatura per passare dalla velocit iniziale v alla velocit 0 [m]

il tempo di percezione e reazione, che rappresenta il tempo che trascorre dal momento in cui il conducente percepisce lostacolo al momento in cui applicata leffettiva forza frenante, dipende dalla velocit pu essere calcolato come:

t pr = 2.8 0.01 V Dove: V velocit [km/h]

[s]

Lo spazio percorso durante lazione di frenatura sf si pu ricavare direttamente dallEquazione Generale del Moto, considerando che non vi lo sforzo di trazione (T=0) mentre presente una resistenza aggiuntiva dovuta al momento frenante Mf.
P ( i + c

dv
g dt

) + Ra +

Mf r

=0

Dove: Ra Mf r resistenza aerodinamica = k S V2 momento frenante raggio della ruota

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Il segno negativo della resistenza di inerzia dovuto al fatto che tale forza, nella fase di frenatura, tende a far proseguire il veicolo nel suo moto e quindi si oppone alla diminuzione della velocit. Volendo calcolare lo spazio minimo in cui arrestare il veicolo senza che le ruote si blocchino, necessario effettuare la frenatura al limite delladerenza. In particolare corretto utilizzare la componente longitudinale fl del coefficiente di aderenza fa (vedi ellisse di aderenza): Mf r Mf r fl P = fl P

Dove: momento frenante raggio della ruota coefficiente di aderenza longitudinale peso sulla ruota

Pertanto lEquazione Generale del Moto in fase di frenatura pu scriversi nella forma: P ( i + c

dv

+ f l ) + Ra = 0 g dt dv , tenendo presente che, oltre alla resistenza aerodinamica Ra, dt

Si pu ora ricavare la decelerazione

anche la resistenza al rotolamento ed il coefficiente di aderenza longitudinale fl dipendono dalla velocit mentre che la resistenza in curva c per le autovetture pu essere trascurata: R (v ) dv g = (v ) i + f l (v ) + a dt P Ricordando che v = dv ds = v a ds dv e che a = ne consegue che: dt dt
s1

ds = a dv
0
v0

v1

quindi la distanza di arresto sf a partire dalla velocit vi pu essere calcolata come:


s f =
0 vi

v g Ra(v) (v ) i + f l (v ) + P

dv

Il segno dovuto al fatto che

dv una decelerazione. dt

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In conclusione, esprimendo la velocit v in km/h, la pendenza longitudinale i in % e trascurando il coefficiente che tiene conto dellinerzia delle masse rotanti, si ottiene la formula della distanza di visibilit per larresto riportata dal D.M. 05.11.2001:
Da =
0 V0 1 t pr 3 .6 3 .6 2 0

V i Ra(V ) + f l (V ) + g (V ) 100 P

dV

Il D.M. 05.11.2001 prevede che la velocit V0 sia assunta pari alla velocit di progetto Vp desunta puntualmente dal diagramma della velocit. Il D.M. 05.11.2001 presenta una tabella ed un abaco che riportano i valori che possono essere utilizzati per il coefficiente di aderenza longitudinale fl per le autostrade e per tutte le altre categorie di strade. Tali valori sono compatibili anche con superficie stradale leggermente bagnata (spessore del velo idrico 0,5 mm). Per le autostrade sono stati adottati valori maggiori in considerazione del fatto che su tale categoria di strade, caratterizzati da standard geometrici elevati nonch da piani viabili di qualit, lutente tende ad impegnare laderenza disponibile in misura maggiore. (estratto dal D.M. 05.11.2001). Si sottolinea inoltre che il D.M. 05.11.2001 definisce il coefficiente fl , richiamando i concetti legati allellisse di aderenza, come: quota limite del coefficiente di aderenza impegnabile longitudinalmente per la frenatura.

Figura 5.1.2.a del D.M. 05.11.2001 23

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Velocit [km/h] fl Autostrade

25 -

40 -

60 -

80 0.44

100 0.40

120 0.36

140 0.34 -

fl Altre strade 0,45 0.43 0.35 0.30 0.25 0.21 Tabella 1 Il coefficiente di aderenza impegnabile longitudinalmente (D.M. 05.11.2001)

Figura 5.1.2.b del D.M. 05.11.2001 Distanza di visibilit per il sorpasso

Figura 5.1.2.c del D.M. 05.11.2001

La distanza di visibilit per effettuare in sicurezza una manovra di sorpasso pu essere stimata sulla base di un modello schematico di questa manovra. In particolare, questo modello pu essere di due tipi: Sorpasso in velocit: il veicolo sorpassante sopraggiunge a velocit costante e, raggiunto il veicolo pi lento, lo sorpassa senza modificare la propria velocit poich la strada nel senso opposto libera. Sorpasso in accelerazione: il veicolo pi veloce raggiunge il veicolo pi lento ed costretto ad accodarsi ad esso rallentando; quando la strada in senso opposto libera esso inizia la manovra di sorpasso accelerando a partire dalla velocit del veicolo pi lento.

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Entrambi i modelli calcolano la distanza di visibilit per effettuare in sicurezza il sorpasso come somma della distanza percorsa dal veicolo sorpassante per effettuare la manovra di sorpasso e rientrare nella corsia, pi la distanza percorsa nel medesimo tempo da un veicolo sopraggiungente in senso opposto, pi una eventuale ulteriore distanza di sicurezza. Il modello utilizzato dal D.M. 05.11.2001 prevede un sorpasso in velocit ed ipotizza che il veicolo sorpassante e quello proveniente in senso opposto viaggino alla stessa velocit v:

D s = d 1 + d 2 + d 3 + d 4 = v t1 + v

l a + lb + v t 3 + v (t1 + t 2 + t 3 ) v

Dove: v t1 t2 t3 la lb v velocit del veicolo sorpassante [m/s] tempo necessario per effettuare il cambio corsia: 4 secondi
t2 = l a + lb tempo necessario per sopravanzare il veicolo sorpassato: 2 secondi v

tempo necessario per effettuare la manovra di rientro: 4 secondi lunghezza del veicolo sorpassante lunghezza del veicolo sorpassato differenza di velocit tra il veicolo sorpassante ed il veicolo sorpassato

Il tempo t2 assunto pari a 2 secondi in considerazione del fatto che se lb grande (veicolo pesante) ragionevole presumere che anche v sia grande. Per esempio: due autovetture la = lb = 5 m ; v = 5 m/s (18 km/h) si ottiene t2 = 2 secondi autovettura la = 5 m ; mezzo pesante lb = 15 m ; v = 10 m/s (36 km/h) si ottiene t2 = 2 secondi Pertanto la distanza di visibilit per il sorpasso si pu assumere pari a: Ds = v 4 + v 2 + v 4 + v (4 + 2 + 4 ) = v 20 V 5.5
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Dove: v V velocit del veicolo sorpassante [m/s] velocit del veicolo sorpassante [km/h]

Il D.M. 05.11.2001 prevede che la velocit V sia assunta pari alla velocit di progetto Vp desunta puntualmente dal diagramma della velocit. Distanza di visibilit per la manovra di cambiamento di corsia La distanza di visibilit per la manovra di cambiamento di corsia serve per garantire allutente la necessaria visuale libera per il passaggio da una corsia a quella adiacente in corrispondenza di punti singolari del tracciato quali incroci, deviazioni, piste di uscita, ecc Tale distanza di visibilit deve essere garantita in presenza di pi corsie per senso di marcia e permette allutente che viaggia in corsia di sorpasso di vedere con un adeguato preavviso la situazione particolare (ad esempio luscita di uno svincolo a livelli sfalsati) in modo da poter rientrare nella corsia di marcia prima di compiere la manovra appropriata (ad esempio affrontare luscita). Si calcola come somma di un tempo psicotecnico, necessario a percepire e riconoscere la situazione che pu essere anche complessa (ad esempio la lettura di segnaletica di indicazione), pari a 5 secondi, e di un tempo necessario a compiere leffettiva manovra di cambiamento corsia, pari a 4,5 secondi. Pertanto, la distanza di visibilit per la manovra di cambiamento di corsia richiesta dal D.M. 05.11.2001 pari a: Dc = 9,5 v = 2,6 V Dove: v V velocit del veicolo sorpassante [m/s] velocit del veicolo sorpassante [km/h]

Il D.M. 05.11.2001 prevede che la velocit V sia assunta pari alla velocit di progetto Vp desunta puntualmente dal diagramma della velocit.

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LEQUILIBRIO DI UN VEICOLO IN CURVA

Velocit limite di sbandamento Un veicolo di peso P che percorre una traiettoria circolare, di raggio R, a velocit costante v soggetto ad una forza centrifuga pari a Fc =
P v2 . g R

In questo caso interviene la reazione di aderenza trasversale. Infatti, se non essa non si sviluppasse tra pneumatico e pavimentazione il veicolo sarebbe spinto dalla forza centrifuga verso lesterno della curva. Pertanto, affinch ci non avvenga, necessario che la forza centrifuga Fc non sia superiore alla massima reazione di aderenza che dipende dal coefficiente di aderenza trasversale ft (ellisse di aderenza), poich la forza trasversale rispetto alla direzione del moto della ruota. ft P Fc Pertanto, la velocit limite di sbandamento pari a: vlim sb = g R f t

Velocit limite di ribaltamento La forza centrifuga applicata al baricentro del veicolo mentre la reazione di aderenza applicata nel punto di contatto pneumatico pavimentazione. Pertanto, il veicolo soggetto ad un momento Mr che tende a ribaltare il veicolo a cui si oppone la forza peso P. Al limite del ribaltamento vale: M r = Fc h = P Dove: h D altezza del baricentro del veicolo dal piano viabile Distanza trasversale tra i due pneumatici D 2

Pertanto: 27

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vlim ri =

D gR 2h

Confrontando le due velocit limite si nota che esse sono uguali per f t =

D ; tuttavia le autovetture 2h

moderne presentano un baricentro molto basso e per esse si pu assumere D 2h da cui ne segue che vlim-ri = vlim-sb per ft = 1. Poich tale valore del coefficiente di attrito trasversale non raggiungibile, ne consegue che vale sempre vlim-ri > vlim-sb e pertanto un autovettura normalmente sbanda prima di ribaltarsi. La sopraelevazione trasversale Le due velocit limite sono state calcolate presupponendo il piano viabile orizzontale. In realt, per aumentare la velocit in curva o, a parit di velocit, per diminuire la quota parte di forza centrifuga compensata dalla reazione delladerenza, possibile sopraelevare il piano viabile rialzando il ciglio esterno della pavimentazione. In tal modo la componente della forza peso P parallela al piano si oppone alla componente della forza centrifuga parallela al piano.

Le forze P e Fc che agiscono su un veicolo che percorre a velocit costante una curva circolare di raggio R e con una sopraelevazione possono scomporsi nelle due componenti parallela e perpendicolare al piano viabile. Lequazione di equilibrio nella direzione parallela al piano pu quindi scriversi come: Fc cos P sen = f t (P cos + Fc sen ) Sostituendo Fc =
P v2 e semplificando il peso P si ottiene: g R

v2 v2 cos sen = f t cos + sen gR gR

Ovvero, dividendo tutto per cos:


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v2 v2 tg = f t 1 + tg gR gR v2 tg poich molto piccolo rispetto allunit (langolo assume valori Trascurando il termine gR

modesti nella progettazione stradale): v2 = g ( f t + tg ) R Esprimendo le velocit in km/h (v 3,6 = V), assumendo g = 9,81 m/s2 e ponendo tg q poich molto piccolo, si ottiene: V2 = 127 ( f t + q) R Questa equazione rappresenta la relazione che lega V, R, q ed ft al limite dello sbandamento ed utilizzata dal D.M. 05.11.2001. Lequazione proposta, ottenuta sulla base di un modello teorico semplificato, consente la determinazione della velocit di percorrenza V di una curva di raggio R e pendenza trasversale q, in funzione del coefficiente di aderenza trasversale ft adottato. Come gi stato esposto ai paragrafi precedenti, il valore ft pu variare sensibilmente in funzione delle modalit con le quali stato valutato che, peraltro, non corrispondono mai alle reali condizioni di esercizio di un veicolo. Pertanto, la velocit che si ottiene da tale equazione una velocit teorica che dipende sia dalle modalit di valutazione di ft che dal coefficiente di sicurezza adottato per questa valutazione.

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LA VELOCITA OPERATIVA

Le velocit istantanee dei singoli veicoli su una sezione stradale non sono tutte uguali ma seguono una distribuzione normale. Landamento di tale distribuzione ovviamente influenzato da molteplici fattori e pu variare sensibilmente in funzione delle condizioni ambientali, del traffico presente e della sua composizione nel periodo di osservazione. Tutti questi fattori influenzano infatti il guidatore nella scelta della velocit che avviene sulla base di una valutazione soggettiva del livello di rischio in funzione della situazione percepita. Tuttavia, esiste una velocit che, in assenza di condizionamenti esterni, cio quando il guidatore non condizionato dalla presenza di altri veicoli (sia nel proprio senso di marcia che in quello opposto) n dalle condizioni ambientali (pioggia, neve, nebbia, ecc) egli ritiene adeguata in base alle sole condizioni geometriche del tracciato e, pi in generale, dellambiente stradale (distanza di visibilit disponibile, ostacoli laterali, orografia, ecc..). Ovviamente, tale velocit varia da guidatore a guidatore, in base alla capacit sensoriale (vista, udito), alla propensione al rischio, allaggressivit, alla fretta, alla stanchezza, e a tutte le altre capacit o condizioni emotive che caratterizzano un soggetto. Anche la distribuzione su una sezione stradale di queste velocit desiderate segue un andamento normale. E quindi possibile identificare un indicatore proprio della loro distribuzione che le rappresenti. Lindicatore utilizzato per rappresentare tale distribuzione in campo stradale l85 percentile, ovvero il valore della velocit al di sotto del quale rimangono l85% delle velocit osservate. In pratica, scegliendo tale indicatore solo il 15% dei veicoli pi veloce della velocit presa a riferimento della distribuzione. L85 percentile delle velocit osservate sulla sezione detta velocit operativa e rappresenta il indicatore internazionalmente riconosciuto per rappresentare la reale velocit tenuta dai veicoli su una sezione stradale in condizioni di flusso libero. Cos come le velocit dei singoli utenti dipendono dalle caratteristiche geometriche della strada, anche la velocit operativa , che rappresenta la loro distribuzione, dipende da esse. In particolare, possibile individuare delle relazioni tra la velocit operativa e le caratteristiche geometriche dellelemento (curva o rettifilo) su cui stata rilevata. Tali relazioni sono di natura empirica poich si ricavano mediante unanalisi statistica (analisi di regressione) condotta sulle velocit operative e le caratteristiche geometriche di un campione di siti opportunamente scelto e quindi hanno validit solo in condizioni analoghe a quelle in cui stato raccolto il campione di dati (categoria della strada, strada urbana o extraurbana, numero di corsie per senso di marcia, rettifilo o curva, ecc). Tuttavia, il loro utilizzo estremamente utile poich, se utilizzate correttamente, permettono di 30

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stimare il valore della velocit operativa, ovvero della reale velocit tenuta dagli utenti, in base alle sole variabili geometriche della strada. Nel caso di una curva circolare (il caso pi studiato) la variabile che ha la maggior influenza sulla velocit operativa il raggio, sebbene anche altre variabili presentano una correlazione significativa con la velocit operativa (tra cui: lunghezza della curva, larghezza della piattaforma, velocit di avvicinamento, distanza di visibilit disponibile, ecc).

Figura

La velocit operativa in curva in funzione del raggio per le strade extraurbane secondarie (60 siti - R2 = 0.80) (Perco, 2006); La velocit ambientale in funzione del CCR per le strade extraurbane secondarie (11 siti - R2 = 0.85) (Crisman, Marchionna, Perco, Robba, Roberti, 2005).

Nel caso dei lunghi rettifili, ovvero quelli per i quali la lunghezza tale da consentire al guidatore di raggiungere e mantenere una velocit costante, la velocit operativa, detta in questo caso velocit ambientale, dipende principalmente dal CCR (Curvature Change Rate) del tronco di strada omogeneo, ovvero con simili caratteristiche geometriche lungo tutto il suo sviluppo, a cui il rettifilo appartiene. Il CCR rappresenta la tortuosit del tracciato ed ottenuto dal rapporto tra la somma degli angoli di deviazione delle curve del tratto e la lunghezza del tratto stesso (gon/m). Anche in questo caso vi sono altre variabili che influiscono sulla velocit operativa (tra cui: larghezza della piattaforma, distanza di visibilit disponibile, ecc). Questo approccio di tipo sperimentale, produce delle relazioni tra la velocit operativa e una o pi variabili geometriche della curva, che sono uninteressante alternativa allequazione di equilibrio del veicolo in curva ottenuta dal modello teorico semplificato presentata nel precedente paragrafo. Numerose norme hanno adottato relazioni di questo tipo e le hanno poste a base di modelli pi o meno complessi, per legare la velocit di percorrenza alle caratteristiche geometriche del tracciato.

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LA PROGETTAZIONE DELLASSE DELLA STRADA

La progettazione della linea dasse di una strada si realizza studiando separatamente landamento planimetrico (o tracciato orizzontale) e landamento altimetrico (o profilo longitudinale). Landamento planimetrico la proiezione dellasse della strada sul piano orizzontale. Landamento altimetrico la linea piana in cui si trasforma lasse stradale disegnato su una superficie cilindrica a generatrici verticali avente come direttrice il tracciato orizzontale. Insieme allandamento altimetrico si rappresenta lintersezione della superficie cilindrica con il terreno. Sebbene questi due andamenti siano studiati separatamente essi concorrono a creare ununica linea dasse tridimensionale che si sviluppa nello spazio e devono pertanto essere adeguatamente coordinati e compatibili. Inoltre, il progetto dellandamento planimetrico, che il primo ad essere sviluppato, deve essere affrontato valutando da subito le conseguenze che esso avr sul successivo andamento altimetrico. Infatti, un andamento planimetrico sviluppato senza considerare laltimetria del territorio attraversato pu non consentire la sovrapposizione di un accettabile andamento altimetrico. In generale, per le strade ad unica carreggiata si assume come linea dasse proprio lasse della carreggiata (che nella pratica rappresentato dalla linea bianca di mezzeria). Nelle strade a due carreggiate complanari e ad ununica piattaforma lasse si colloca a met del margine interno. Negli altri casi occorre considerare due assi distinti.

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ANDAMENTO PLANIMETRICO DELLASSE

Il tracciato planimetrico costituito da una successione di elementi geometrici che possono essere di tre tipi: rettifili, curve circolari, raccordi a raggio variabile. Tra due elementi a raggio costante (curva circolare o rettifilo) necessario inserire un raccordo a raggio variabile lungo il quale si ottiene la graduale modifica della piattaforma stradale cio della pendenza trasversale e della larghezza. Le definizione degli elementi costituenti il tracciato planimetrico connessa soprattutto a esigenze di sicurezza della circolazione. Tale definizione riguarda sia il singolo elemento geometrico (ad esempio il raggio di una curva circolare o la lunghezza di un rettifilo), sia la sequenza di due elementi geometrici che si susseguono lungo il tracciato (ad esempio il raggio della curva che segue un rettifilo in funzione della lunghezza di questultimo). Infatti, le caratteristiche geometriche degli elementi del tracciato planimetrico influiscono in modo significativo sulla velocit di percorrenza e quindi, sulla sicurezza della circolazione. Al contrario, numerose ricerche hanno dimostrato che landamento altimetrico non ha uninfluenza significativa sulla velocit fino a che le pendenze non superano valori del 56 %. Poich le caratteristiche geometriche degli elementi planimetrici influenzano la velocit di percorrenza, logico porre a base della progettazione di questi elementi una velocit da assumere quale riferimento per le scelte progettuali. In tal modo possibile garantire che tutti gli elementi del tracciato siano dimensionati coerentemente con questa velocit e che le sue variazioni lungo il tracciato non presentino pericolose incongruenze. Questa velocit di riferimento prende il nome di Velocit di Progetto nel D.M. 05.11.2001.

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La velocit di progetto

Il D.M. 05.11.2001, conformemente a quanto previsto dallart. 2 D.Lgs. n.285/1992 e s.m.i. (Codice della Strada), classifica le strade, per quanto riguarda le loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, nelle seguenti categorie: A - Autostrade (extraurbane ed urbane) B - Strade extraurbane principali C - Strade extraurbane secondarie D - Strade urbane di scorrimento E - Strade urbane di quartiere F - Strade locali (extraurbane ed urbane) Per ogni categoria il D.M. 05.11.2001 indica un Intervallo della Velocit di Progetto Vp che definisce il campo dei valori della velocit in base ai quali devono essere definite le caratteristiche dei vari elementi planimetrici (rettifili, curve circolari, curve a raggio variabile) ed altimetrici (livellette, raccordi verticali) del tracciato della strada. La Velocit di Progetto Vp pu essere definita come la massima velocit con la quale un veicolo isolato pu percorrere un elemento geometrico planimetrico (curva), in assenza di condizionamenti dovuti al traffico e in buone condizioni metereologiche, quando la velocit limitata dalle sole caratteristiche geometriche dellelemento stesso. Il limite superiore dellintervallo, detto Massima Velocit di Progetto Vp
max,

il limite di

riferimento per la progettazione degli elementi meno vincolanti del tracciato (rettifili, curve di grande raggio) ed pari alla velocit massima consentita dal D.Lgs. n.285/1992 e s.m.i. (Codice della Strada) per quella categoria di strada (limiti generali di velocit) aumentata di 10 km/h. Il limite inferiore dellintervallo, detto Minima Velocit di Progetto Vp min, il limite di riferimento per la progettazione degli elementi plano-altimetrici pi vincolanti. In particolare, la minima velocit di progetto definisce il Minimo Raggio Planimetrico Rmin che pu essere utilizzato per la categoria di strada prescelta. Il valore di questo raggio influisce direttamente sullinseribilit del tracciato nellambiente da attraversare poich pi esso piccolo, pi il tracciato pu essere plasmato per seguire la naturale conformazione del territorio ed evitarne i vincoli esistenti. Daltro canto, pi il tracciato tortuoso, meno si adatta a flussi di traffico elevati ed a spostamenti di lunga percorrenza, che prevedono alte velocit di marcia. Per tale ragione al diminuire della funzione della strada diminuisce il limite inferiore dellintervallo della Velocit di Progetto e quindi diminuisce anche il raggio minimo.
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Il rettifilo

La lunghezza di un rettifilo deve essere limitata poich lunghezze eccessive hanno conseguenze negative sulla sicurezza della circolazione. Infatti, lungo un rettifilo il guidatore soggetto ad un basso carico di lavoro (workload) e pertanto leffetto di monotonia che ne consegue porta ad un aumento progressivo della velocit e ad una diminuzione dellattenzione. Inoltre, in rettifilo il guidatore valuta con maggiore difficolt le distanze e la velocit di un veicolo in avvicinamento. Infine lungo il rettifilo si pone il problema dellabbagliamento durante la guida notturna. Per tutte queste ragioni il D.M. 05.11.2001 limita la lunghezza del rettifilo a: Lp = 22 Vp max Dove: Vp max limite superiore dellintervallo della velocit di progetto della strada [km/h]

Il D.M. 05.11.2001 richiede anche una lunghezza minima per un rettifilo affinch possa essere percepito come tale dallutente. La lunghezza minima si desume dalla seguente tabella; la velocit la massima raggiunta sul rettifilo considerato desunta dal diagramma di velocit.

Velocit [km/h] Lunghezza minima [m] Tabella 1

40 30

50 40

60 50

70 65

80 90

90 115

100 150

110 190

120 250

130 300

140 360

La lunghezza minima del rettifilo in funzione della massima velocit su di esso raggiunta (D.M. 05.11.2001).

La curva circolare

Il parametro geometrico che caratterizza le curve circolari il raggio di curvatura R. Il raggio lelemento geometrico che maggiormente condiziona la velocit e, di conseguenza, la sicurezza della circolazione. Il legame tra raggio e velocit sar analizzato ai paragrafi successivi. Il secondo parametro geometrico importante per la curva circolare lo sviluppo dellarco di cerchio. Infatti, affinch la curva possa essere correttamente percepita necessario che larco presenti uno sviluppo Lc maggiore dello sviluppo minimo Lc min che il D.M. 05.11.2001 fissa pari alla distanza percorsa in 2,5 secondi alla velocit di progetto della curva: Lc Lc min = 2,5 vp Dove: vp velocit di progetto della curva [m/s] 35

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I criteri di composizione dellasse stradale

Il D.M. 05.11.2001 riporta alcuni criteri di composizione dellasse stradale che regolano la sequenza con la quale elementi geometrici diversi possono essere accostati. Tali criteri sono necessari per evitare che la successione di elementi caratterizzati da velocit di percorrenza sensibilmente diverse richieda riduzioni di velocit non compatibili con la normale condotta di guida. Infatti, gli elementi caratterizzati da unelevata velocit di approccio rispetto alla propria velocit di percorrenza sono caratterizzate da unelevata incidentalit. Il caso pi evidente quello della curva di piccolo raggio che segue un lungo rettifilo sui cui possono essere raggiunte velocit elevate. Proprio per evitare il verificarsi di tale condizione il D.M. 05.11.2001 stabilisce, per la sequenza rettifilo-curva, una relazione tra la lunghezza del rettifilo LR ed il raggio R della curva: R > LR R 400 m per per LR < 300 m LR 300 m

Per limitare la variazione di velocit tra due elementi successivi, nonch per promuovere unadeguata regolarit del tracciato, il D.M. 05.11.2001 stabilisce una relazione tra i raggi R1 ed R2 di due curve circolari che, con linserimento di un raccordo a raggio variabile, si susseguono lungo il tracciato di strade di categoria A, B, C, D, F extraurbane. Tale relazione si deduce dalla seguente figura. Il rapporto tra i raggi R1 e R2 deve collocarsi nella zona buona dellabaco per le strade di categoria A e B, mentre pu collocarsi anche nella zona accettabile per le strade di categoria C, D ed F extraurbane.

Figura

figura 5.2.2.a (D.M. 05.11.2001) 36

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Il legame VP R q

Il D.M. 05.11.2001 utilizza lequazione di equilibrio del veicolo in curva per stabilire il legame tra le grandezze geometriche che intervengono nel dimensionamento della curva planimetrica, ovvero: la Velocit di progetto Vp, il raggio R e la pendenza trasversale q: V2 = 127 ( f t + q) R eq. (1)

In particolare, tale equazione trova applicazione per il calcolo del raggio minimo Rmin. Il D.M. 05.11.2001 fornisce due abachi che legano Vp, R e q:

Figura 5.2.4.a del D.M. 05.11.2001

Figura 5.2.4.b del D.M. 05.11.2001

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Lutilizzo di questi abachi, realizzati in scala bilogaritmica, avviene procedendo nel modo di seguito descritto: 1. In funzione della categoria di strada, e quindi della minima velocit di progetto Vp min e della massima velocit di progetto Vp max, si individua la curva da utilizzare. 2. Nel tratto compreso tra Rmin ed R*, la pendenza trasversale rimane costante, verso linterno della curva, pari alla massima pendenza trasversale qmax ammessa per la categoria di strada prescelta; Si utilizza lequazione (1) per calcolare la relativa velocit di progetto Vp che in questo intervallo passa da Vp min (per Rmin) a Vp max (per R*). 3. Per raggi superiori a R* la velocit di progetto non pu pi aumentare, essendo stato raggiunto il limite superiore dellintervallo della velocit di progetto Vp max; pertanto tra R* e R2,5 al crescere del raggio cala la pendenza trasversale fino ad arrivare allo 0,025 verso linterno della curva in corrispondenza di R2,5. 4. Per raggi superiori a R2,5, ormai fuori dallabaco, e fino al valore di R (tabellati nel D.M. 05.11.2001), la pendenza rimane costante, pari allo 0,025 sempre verso linterno della curva. 5. Per raggi superiori a R pu essere mantenuta la sagoma della piattaforma presente in rettifilo, cio pu essere mantenuta per la corsia esterna una pendenza dello 0,025 verso lesterno della curva. Lutilizzo dellequazione (1) e le modalit con le quali questi abachi sono stati ottenuti sono esposte nei successivi paragrafi. La pendenza trasversale q La pendenza trasversale in rettifilo nasce dallesigenza di allontanamento dellacqua meteorica dalla piattaforma stradale. A seconda della categoria di strada il D.M. 05.11.2001 adotta per la piattaforma stradale le sistemazioni riportate in figura 5.2.3.a.
STRADE TIPO
A, B, D a due o piu' corsie per carreggiata E a quattro corsie

PIATTAFORMA

PENDENZE TRASVERSALI

altre strade

Figura 5.2.3.A del D.M. 05.11.2001


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Indipendentemente dal tipo di strada, la pendenza minima delle falde della piattaforma, qmin, dello 0,025 (2,5%). Valori inferiori sono utilizzati, con gli accorgimenti previsti nel D.M. 05.11.2001, solo nei tratti di transizione tra elementi di tracciato caratterizzati da diverse pendenze trasversali (es. rettifilo-curva). In curva la piattaforma inclinata verso linterno e la pendenza la stessa su tutto larco di cerchio. Solo nel caso il raggio sia maggiore al valore R, riportato in tabella, possibile mantenere la sagoma in contropendenza, come in rettifilo.

Categoria strada R [m]

A 10250

B 7500

C F extraurbane 5250

D 2000

E F urbane 1150

TABELLA 1 (D.M. 05.11.2001) Il D.M. 05.11.2001 fissa il valore massimo della pendenza trasversale qmax in funzione della categoria della strada: Strade categoria A, B, C, F extraurbane e relative strade di servizio Strade categoria D Strade categoria E, F urbane qmax = 0,070 qmax = 0,050 qmax = 0,035

Nel caso le strade siano soggette a frequente innevamento il D.M. 05.11.2001 richiede di limitare la pendenza trasversale massima qmax allo 0,06. La pendenza trasversale massima qmax si utilizza nellintervallo tra Rmin e R*. Per raggi superiori a R* la pendenza trasversale q diminuisce al crescere del raggio secondo una legge che sar esposta nei prossimi paragrafi. La scelta di una pendenza trasversale massima qmax minore per le strade urbane rispetto a quelle extraurbane dovuta al fatto che al margine delle strade urbane possono essere presenti edifici, marciapiedi, accessi carrai eccDi conseguenza, una eccessiva differenza di quota tra i due lati della strada potrebbe comportare difficolt di inserimento della strada nellambiente attraversato. La pendenza massima qmax pari allo 0,07 deriva dalla condizione di equilibrio di un veicolo fermo in curva in condizioni di bassa aderenza trasversale (es. presenza di ghiaccio). In questo caso infatti la forza centrifuga Fc nulla e quindi, per evitare che il veicolo scivoli verso linterno, tutta la
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componente della forza peso P parallela al piano viabile deve essere compensata dalla reazione di aderenza: P sen = f t P cos Ovvero: f t = tg In tale situazione si ritenuto adeguato un coefficiente di aderenza trasversale ft = 0,07, che corrisponde alladerenza disponibile nelle peggiori condizioni (es. ghiaccio). Il coefficiente di aderenza trasversale ft Il D.M. 05.11.2001 presenta una tabella con il coefficiente di aderenza trasversale da utilizzare nellequazione (1) in funzione della velocit e della categoria della strada. Lo stesso D.M. definisce il coefficiente ft, richiamando i concetti legati allellisse di aderenza, come: quota parte del coefficiente di aderenza impegnato trasversalmente In particolare il testo riporta (estratto dal D.M. 05.11.2001): Per quanto riguarda la quota limite del coefficiente di aderenza impegnabile trasversalmente ft max, valgono i valori di seguito riportati. Tali valori tengono conto, per ragioni di sicurezza, che una quota parte delladerenza possa essere impegnata anche longitudinalmente in curva.

Velocit km/h aderenza trasv. max imp. ft max per strade tipo A, B, C, F extra urbane, e relative strade di servizio

25 -

40 0,21

60 0,17

80 0,13

100 0,11

120 0,10

140 0,09

aderenza trasv. max imp. ft max per strade tipo D, E, F urbane, e relative 0,22 0,21 0,20 0,16 strade di servizio TABELLA 2 coefficiente di aderenza impegnabile trasversalmente (D.M. 05.11.2001) Per le velocit intermedie fra quelle indicate si provvede allinterpolazione lineare.

Lequazione (1), e quindi i coefficienti ft riportati in questa tabella, sono utilizzati per calcolare il valore del raggio in funzione della velocit di progetto Vp nellintervallo tra Rmin e R*. Per raggi superiori a R* limpegno di aderenza trasversale diminuisce al crescere del raggio e non valgono pi i coefficienti ft tabellati.
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Il raggio minimo Rmin Il D.M. 05.11.2001 fissa, per ogni categoria di strada, un intervallo della velocit di progetto Vp. Pertanto, per ogni categoria di strada possibile calcolare il Raggio Minimo Rmin con lequazione (1) utilizzando la minima velocit di progetto Vp tabella 2 riportata nello stesso D.M..
V p min Rmin
2

min,

la massima pendenza trasversale qmax della


min

categoria di strada prescelta ed il coefficiente trasversale ft corrispondente a Vp

desunto dalla

= 127 ( f t max lim imp + q max )

Per esempio, per una strada di categoria C2: Vp min = 60 km/h ft max lim imp = 0,17 qmax = 0,07 da cui ne segue che Rmin
60 2 = = 118m 127 (0.17 + 0.07 )

Il raggio minimo R* per la massima velocit di progetto Vmax Il raggio R* il minimo raggio planimetrico che pu essere percorso alla massima velocit di progetto Vmax. Per ogni categoria di strada possibile calcolare il R* con lequazione (1) utilizzando la massima velocit di progetto Vp max, la massima pendenza trasversale qmax della categoria di strada prescelta ed il coefficiente trasversale ft corrispondente a Vp nello stesso D.M.
V p max R*
2

max

desunto dalla tabella 2 riportata

= 127 ( f t max lim imp + q max )

Per esempio, per una strada di categoria C2: Vp min = 100 km/h ft max lim imp = 0,11 qmax = 0,07 da cui ne segue che Rmin =
100 2 = 437 m 127 (0.11 + 0.07 )

Per un valore R del raggio compreso tra Rmin e R* (Rmin R < R*), la pendenza trasversale rimane constante e pari a qmax, mentre variano la velocit di progetto Vp, tra Vp min e Vp max, ed il coefficiente 41

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di aderenza trasversale limite impegnabile ft in funzione di Vp secondo la tabella 2. In questo intervallo del raggio il legame tra queste variabili rappresentato dallequazione (1). Il raggio R2,5 Il D.M. 05.11.2001 definisce il raggio R2,5 come il raggio per il quale la pendenza trasversale q pari allo 0,025 inclinata verso linterno della curva. Il raggio R2,5 varia in funzione della Vp max della categoria di strada e pu essere calcolato come: R2,5 = R* 5 Tale rapporto deriva dalle considerazioni che saranno affrontate nei prossimi paragrafi. Per valori del raggio R compresi tra R2,5 ed R (R2,5 R < R) la pendenza rimane costante, pari allo 0,025 verso linterno della curva. Variazione della pendenza q tra R* e R2,5 Per raggi maggiori di R* la velocit di progetto Vp rimane costante, pari alla Vp
max,

mentre cala la

pendenza trasversale q, che passa dalla qmax alla qmin (0,025). Tale riduzione della pendenza trasversale avviene imponendo un aumento relativo della accelerazione centrifuga compensata dalla sopraelevazione rispetto a quella compensata dalladerenza trasversale. Laccelerazione centrifuga V2 R dellequazione (1) si pu scomporre nelle due componenti

compensate rispettivamente dalla pendenza trasversale q e dalladerenza trasversale ft, dette z e w: V2 = 127 ( f t + q) R Da cui 1= R R R 127 ( f t + q ) = 2 127 f t + 2 127 q = w + z = 1 2 V V V R ft V2 eq. (1)

Dove: w = 127 z = 127 componente dellaccelerazione centrifuga compensate dalladerenza componente dellaccelerazione centrifuga compensate dalla sopraelevazione

R q V2

Il D.M. 05.11.2001 ricava il valore del raggio R2,5 imponendo che il rapporto tra la frazione di accelerazione centrifuga compensata dalla pendenza trasversale in corrispondenza di R2,5 e la
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frazione di accelerazione centrifuga compensata dalla pendenza trasversale in corrispondenza di R* sia uguale a 1,785 cio:
z 2 ,5 z 7,0 = 127 127 R2,5 V2 R* V2 0,025 0,070 = 1,785

Da cui si ottiene il rapporto gi visto: R2,5 = 5,0 R *


Il D.M. 05.11.2001 impone per z una variazione crescente del tipo:

z = k Rn

con 0 < n < 1

Imporre una funzione crescente per z allaumentare del raggio significa imporre, a velocit V costante, un aumento relativo di z rispetto a w, e quindi dallaccelerazione compensata dalla pendenza trasversale rispetto a quella compensata dalladerenza. Sostituendo questa funzione nellequazione di z si ottiene: 127 1 q = k R n 1 2 V eq. (2)

Si nota immediatamente che deve valere:

n<1
n>0

perch (n-1) deve essere negativo poich allaumentare di R, q decresce per V costante poich z = k R n deve essere una quantit crescente per lipotesi che z (R2,5) > z (R*), cio che la quota parte di accelerazione centrifuga compensata dalla pendenza deve crescere rispetto a quella compensata dalladerenza (vale z + w = 1 costante)

Lequazione (2) pu essere scritta come:


k V 2 log q = log 127 + (n 1) log R

Ovvero:

log q = a + b log R Che lequazione di una retta nel piano bilogaritmico R-q Il coefficiente angolare b = (n-1) si ottiene calcolando la retta, per ogni Vp (R*;qmax) e (R2,5;qmin): n 1 = log q min log q max log R2,5 log R *
max,

nei due punti

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Sostituendo i valori nellequazione si ottiene: n - 1 = - 0,64 n = 0,36 per tutti i valori di Vp max cio le rette sono tutte parallele Il termine k si calcola dallequazione (2) 127 1 V p max
2

q max = k R *n 1

Da cui si ottiene, per le categorie di strade previste dal D.M. 05.11.2001: Vp max = 60 km/h - qmax = 0,035 R* = 121 m Vp max = 80 km/h - qmax = 0,050 R* = 240 m Vp max = 100 km/h - qmax = 0,070 R* = 437 m Vp max = 120 km/h - qmax = 0,070 R* = 667 m Vp max = 140 km/h - qmax = 0,070 R* = 964 m
k V 2 Calcolando anche il termine costante b = log 127

k = 0,0266 k = 0,0331 k = 0,0435 k = 0,0396 k = 0,0368


possibile tracciare nel piano bilogaritmico

R-q le rette tra R* e R2,5 per ogni Vp 5.2.4.a e 5.2.4.b del D.M. 05.11.2001.

max

. Tali rette sono quelle riportate negli abachi di Figura

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LE CURVE A RAGGIO VARIABILE

Nel passaggio tra due elementi caratterizzati da una curvatura costante ma diversa tra loro, ad esempio un rettifilo ed una curva, vi una variazione puntuale della curvatura 1/R e quindi anche dellaccelerazione trasversale V2/R a cui sarebbe sottoposto un veicolo che dovesse muoversi seguendo rigidamente questi due elementi. Tale problema particolarmente rilevante per i veicoli ferroviari poich essi sono vincolati alla rotaie attraverso il bordino della ruota e la loro inscrizione in curva avviene con una serie di urti contro la rotaia esterna. Pertanto, fin dallorigine della trazione ferroviaria, si sent la necessit di inserire tra due elementi a curvatura costante un elemento caratterizzato da una curvatura progressivamente variabile da quella dellelemento precedente a quella dellelemento successivo. Questo elemento detto curva di raccordo o curva a raggio variabile. In campo stradale questo problema riveste una minore importanza poich il veicolo non vincolato alla strada ed il guidatore, sfruttando la larghezza della corsia, percorre una traiettoria a raggio variabile durante la rotazione dello sterzo. Tuttavia anche in campo stradale, derivando lesperienza dalla progettazione ferroviaria, sono utilizzate le curve a raggio variabile per raccordare elementi caratterizzati da diversa curvatura.

La clotoide multiparametro

La curva normalmente utilizzata la clotoide, che fa parte della famiglia delle spirali, la cui equazione intrinseca : r s n = A n +1 Dove: r s A n raggio di curvatura ascissa curvilinea parametro o fattore di scala fattore di forma

Le curve appartenenti a questa famiglia aventi 0 < n < sono convenzionalmente definite clotoidi multiparametro. Il fattore di forma n determina il modo con cui varia la curvatura 1/R: n = -1 n=0 n=1 n= r=s r=A r s = A2 r= Spirale Cerchio Clotoide Retta 45

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La lunghezza ridotta l e la curvatura ridotta , sono definite come: l=s/L =R/r dove R il raggio di curvatura in corrispondenza dellascissa curvilinea finale L.

r s n = A n +1

nel punto generico r; s

R Ln = A n +1 nel punto finale R; L Dividendo le due equazioni: r s =1 R L Da cui, sostituendo le variabili: 1


n

ln =1

Ovvero:

= ln
In figura 1 rappresentato landamento delle clotoidi multiparametro nel piano (l, )

FIGURA 1 Andamento delle clotoidi multiparametro nel piano (l, ) Si osserva che il diagramma di figura 1 rappresenta anche landamento dellaccelerazione centrifuga V2/r lungo la curva al variare dellascissa curvilinea s da 0 ad L, se si suppone la velocit V sulla curva costante.

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Per n 1 (retta) le curve sono tangenti nellorigine allasse l per n > 1 ed allasse per 0 < n < 1. Infatti, la derivata dellequazione, che corrisponde al coefficiente angolare della retta tangente, calcolata il l = 0 vale: 0 < n < 1; l = 0 n > 1; l = 0 1 d = n l n 1 = n 1 n = dl l d = n l n 1 = n 0 n 1 = 0 dl

Nel piano cartesiano x, y le curve sono tangenti nellorigine allasse x con curvatura 1/r = 0. Le curve, partendo dal cerchio per n = 0, si distendono allungandosi lungo lasse delle x al crescere di n fino a divenire una retta e coincidere con esso per n = .

FIGURA 1 Andamento delle clotoidi multiparametro nel piano (x, y) Lapplicazione delle clotoidi multiparametro nel campo della progettazione del tracciato stradale normalmente subordinata allipotesi che questa curva percorsa a velocit costante. Tale ipotesi normalmente non corrisponde alla realt poich, essendo la clotoide posta tra due elementi a curvatura costante, su di essa avviene parte della variazione di velocit necessaria per passare dal primo al secondo elemento (decelerazione in ingresso di curva e accelerazione in uscita di curva). Tuttavia, tale ipotesi (v = cost), consente di definire semplicemente gli andamenti delle grandezze caratterizzanti il moto del veicolo in curva: at = dv dt accelerazione trasversale at = v2 r 47

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c=

da t dt

contraccolpo, ovvero variazione di accelerazione trasversale per unit di tempo [m/s3]

da cui, avendo fatto lipotesi che v costante e ricordando il teorema della derivata di funzione di funzione (r=r(s) e s=s(t) allora dr/dt = dr/ds ds/dt), si ottiene:

v2 d r dat = c= dt dt alla lunghezza s.

1 d = v2 r = v2 dt

1 d r ds = v 3 ds dt

1 d r ds

Pertanto, a meno del fattore v3, il contraccolpo c coincide con la derivata della curvatura 1/r rispetto Ricordando che vale:

r s n = A n +1
Sostituendo s si ottengono le seguenti equazioni: Accelerazione trasversale at = v2 v2 sn = n +1 r A

Contraccolpo

1 d v 3 n s n 1 r c = v3 = ds A n +1

Lo studio dellandamento del contraccolpo c al variare dellascissa curvilinea s in funzione del fattore di forma n pu essere fatto ponendo A = R = L = 1 senza perdere di generalit poich A solo il parametro di scala della clotoide. Il diagramma di figura 2 riporta landamento del rapporto c/v3 , ovvero del contraccolpo c a meno della costante v3, al variare dellascissa curvilinea s tra 0 ed L:

FIGURA 2 Il rapporto c/v3 in funzione dellascissa curvilinea s e del fattore di forma n


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Lesame della funzione diagrammata

c = n s n 1 evidenzia che: v3

la clotoide (n = 1) presenta un valore del contraccolpo costante lungo tutto il suo sviluppo le iperclotoidi (n > 1) presentano un andamento crescente che parte da c = 0 per s = 0 e cresce fino ad arrivare ad un valore del contraccolpo c = n (a meno della costante v3) per s = 1; valutando la derivata prima si osserva che per (1 < n < 2) la tangente in s = 0 verticale mentre per (n > 2) la tangente in s = 0 orizzontale 1 < n < 2; s = 0 n > 2; s = 0 d (n s n 1 ) 1 = n (n 1) s n 2 = n (n 1) 2 n = ds s d (n s n 1 ) 1 = n (n 1) s n 2 = n (n 1) 2 n = 0 ds s

le ipoclotoidi (0 < n < 1) presentano un andamento decrescente, con asintoto iniziale s = 0 (c = ) per poi decrescere fino ad arrivare ad un valore del contraccolpo c = n (a meno della costante v3) per s = 1. 1 c = n s n 1 = n 1 n 3 v s poich (0 < n < 1) pertanto per s = 0 c =

Landamento del contraccolpo c in funzione del fattore di forma n permette di identificare quali clotoidi multiparametro possono essere utilizzate nella progettazione stradale. Infatti, necessario limitare il valore del contraccolpo c per evitare problemi di comfort per gli occupanti dei veicoli e, al limite, anche per evitare problemi di instabilit del veicolo dovuti ad uneccessiva rapidit nellapplicazione della forza centrifuga (impulso) che potrebbe compromettere lefficienza delle sospensioni. Le iperclotoidi (n > 1) presentano un valore del contraccolpo c finito, il cui valore massimo raggiunto nel punto finale. Pertanto, a condizione di scegliere un valore di n che rispetti il limite imposto al contraccolpo c, possibile utilizzarle nella progettazione stradale e la verifica sulla limitazione di c va condotta nel punto finale. Al contrario, le ipoclotoidi (n < 1) presentano nel punto di origine lasintoto verticale e quindi un contraccolpo c infinito; poich, come gi detto, necessario limitare il valore di c queste curve non possono essere usate nella progettazione stradale, con una significativa eccezione: il raccordo di continuit. In questo caso infatti la curva utilizzata per collegare due cerchi di raggio diverso, percorsi nello stesso senso. In tale raccordo la curvatura nel punto iniziale non nulla ma uguale a quella del primo cerchio e, di conseguenza, se la verifica del contraccolpo c soddisfatta proprio nel punto iniziale, la curva di raccordo pu essere utilizzata.
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La clotoide

La clotoide, che si ottiene ponendo il fattore di forma n = 1, la curva a raggio variabile normalmente utilizzata nella progettazione del tracciato planimetrico stradale. Lequazione della clotoide : r s = A2 dove A detto parametro della clotoide. La clotoide ha la caratteristica di variare linearmente la curvatura 1/r in funzione dellascissa curvilinea s, dal valore iniziale per s = 0 fino ad una valore finale R per s = L: 1 1 = s 2 r A Langolo rappresenta langolo che la tangente alla curva nel punto P di ascissa curvilinea s forma con lasse x delle ascisse. In base a questo angolo , detto angolo di deviazione, possibile determinare le funzioni parametriche della clotoide. Prendendo in esame un elemento infinitesimo ds immediatamente a sinistra di P e chiamando d langolo che tale elemento infinitesimo sottende, risulta: d = ds s ds = 2 r A

Integrando questa equazione (la costante di integrazione nulla poich per s = 0 vale = 0):
ds s ds s2 = d = = 2 = r 2A 2 0 0 0 A

s s

Ricordando lequazione della clotoide (r s = A2), langolo pu essere scritto anche come:

s2 s A2 = = 2 2 A 2 2r 2r 50

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Usando queste relazioni possibile scomporre lelemento infinitesimo ds nelle due componenti dx, parallela allasse delle ascisse che coincide con la tangente alla clotoide in O (s = 0; r = ), e dy, parallela allasse delle ordinate: dx = ds cos dy = ds sen
A 2 2 sostituendo ds = d , (ottenuto derivando s = A 2 ) le coordinate cartesiane del 2 generico punto P nel sistema xy si possono esprimere come
x p = cos ds =
0 0
s

A 2 2 cos d 2 A 2 2 sen d 2
1

y p = sen ds =
0 0

lo sviluppo in serie le funzioni seno e coseno : cos = ( 1)


i =1

i +1

(2i 2)! (2i 1)!


(2i 1)

(2i 2 )

sen = ( 1)
i =1

i +1

Pertanto, sostituendo al seno ed al coseno il corrispondente sviluppo in serie ed integrando si ottengono le espressioni delle coordinate del punto P:
i +1 (2i 2 ) x p = A 2 ( 1) (4i 3) (2i 2)! i =1

i +1 (2i 1) y p = A 2 ( 1) (4i 1) (2i 1)! i =1

Troncando lo sviluppo in serie al primo termine (i = 1) si ottengono le formule approssimate: x p = A 2 1 = s y p = A 2

s2 6r

Nella figura seguente sono riportate le grandezze geometriche caratteristiche della clotoide che sono utilizzate per realizzare il tracciamento della curva. Tutte queste grandezze possono essere calcolate conoscendo langolo di deviazione .

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Coordinate del centro M del cerchio di raggio R tangente in P alla clotoide: XM = xp R sen YM = yp + R cos = R +r Ovvero:
XM
i +1 (2i 2 ) 2 = A ( 1) (2i 1)!(4i 3) 2 i =1

YM = A

2 2

i +1 1 ( 2 i 1 ) + ( 1) (2i )!(4i 1) i =1

Troncando lo sviluppo in serie al primo termine (i = 1) si ottengono le formule approssimate: XM = L 2 L2 24 R

YM = R +

Scostamento r tra lasse x ed il cerchio: lequazione di r si ricava dallequazione di YM: r = yp + R cos - r = yp + R ( cos - 1) Ovvero
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A4 r = 24 R 3

i +1 1 6 (2 i 2 ) + ( 1) (2i )!(4i 1) i =1

Troncando lo sviluppo in serie al primo termine (i = 1) si ottiene la formula approssimata: r = L2 24 R

Tangente lunga Tl: Tl = xp yp cotg ovvero


i +1 (2i 2 ) Tl = A 2 ( 1) ....... (2i 1)!(4i 3) i =1 i =1

Troncando lo sviluppo in serie al primo termine (i = 1) si ottiene la formula approssimata: Tl = 2 L 3

Tangente corta Tk: Tk = yp / sen Ovvero


i +1 (2i 1) ( 1) (2i 1)!(4i 1) i =1 Tk = A 2 ........ i =1

Troncando lo sviluppo in serie al primo termine (i = 1) si ottiene la formula approssimata: Tk = 1 L 3

Le espressioni di tutte le grandezze geometriche caratteristiche della clotoide sono direttamente proporzionali al parametro A. Proprio per tale motivo A detto parametro di scala. Questo fatto ha reso possibile la costruzione di tabelle che riportano tutte le grandezze geometriche calcolate per la clotoide unitaria (A = 1); le grandezze relative ad una clotoide con parametro A 1 si ottengono moltiplicando quelle della clotoide unitaria riportate in queste tabelle per il valore del parametro A presecelto. Lavvento dei calcolatori ha reso inutili tali tabelle che non sono pi utilizzate. 53

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Il tracciamento della clotoide

Il tracciamento della clotoide si effettua per punti andando ad imporre un incremento costante allascissa curvilinea s, come raffigurato in figura.

La lunghezza L suddivisa in un numero adeguato di incrementi s quindi, partendo da s = 0 fino a s = L, per ogni lunghezza si si pu calcolare il relativo angolo di deviazione i e con esso, calcolare con le formule note le coordinate xi, yi del punto finale pi. Per si 0 L con incrementi s:
2

i =

si 2A 2

i +1 i (2i 2 ) x pi = A 2 i ( 1) (4i 3) (2i 2)! i =1

i +1 i (2i 1) y pi = A 2 i ( 1) (4i 1) (2i 1)! i =1

Dimensionamento della clotoide come elemento del tracciato stradale

La clotoide nel tracciamento di un asse stradale utilizzata per collegare due elementi caratterizzati da una curvatura 1/r costante (rettifili e archi di cerchio). Lutilizzo di una curva a raggio variabile permette di realizzare: la variazione dellaccelerazione centrifuga non compensata (contraccolpo) contenuta entro valori accettabili; la rotazione della pendenza trasversale limitando la velocit di rotazione della piattaforma ; la corretta percezione ottica dellandamento del tracciato. Dimensionare la clotoide significa, in pratica, sceglierne la lunghezza L in base al raggio dellarco di cerchio al quale deve essere tangente. Tale scelta deve rispettare alcune regole, o criteri secondo
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il D.M. 05.11.2001, per garantire i vantaggi sopra elencati. Peraltro, il D.M. 05.11.2001 impone le verifiche sul parametro A e non sulla lunghezza (ovviamente il principio il medesimo visto che, fissato il raggio R, i due termini sono legati: A2 = RL). Il D.M. 05.11.2001 richiede linserimento della clotoide ogni qualvolta sia necessario raccordare due elementi a raggio costante. In questa sede opportuno osservare che le principali normative dei estere non sempre richiedono obbligatoriamente lutilizzo della clotoide e, quando lo fanno, fissano un limite al valore del raggio oltre il quale non necessario ricorrere ad essa. La limitazione del contraccolpo c Laccelerazione centrifuga varia lungo la clotoide; una parte di essa compensata dalla pendenza trasversale q poich anche la rotazione della piattaforma avviene lungo la stessa clotoide. Pertanto, la quota parte di accelerazione centrifuga non compensata dalla pendenza pari a: a n ,c v2 = g q r

Il corrispondente contraccolpo c, facendo lipotesi che v costante e ricordando il teorema della derivata di funzione di funzione, pari a:
v2 d g q r da n ,c = = c= dt dt q f qi L v2 d r dt 1 d d (g q ) d (g q ) r = v3 v dt ds ds

eq. (1)

La variazione della pendenza trasversale q lungo la clotoide, supposta lineare, pari a: q (s ) = Dove: L qf qi s Lunghezza della clotoide lungo la quale avviene la rotazione pendenza trasversale finale per s = L pendenza trasversale iniziale per s = 0 ascissa curvilinea lungo la clotoide 0 s L s + qi

pertanto, derivando q(s) rispetto allo spazio e ricordando che (rs = A2), leq. (1) diviene:

s d 2 da n ,c A c= = v3 dt ds

3 3 v g d (q(s )) = v v g q f qi = v v g R q f qi ds L A2 A2 A2

Ovvero, il parametro A uguale a:

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A=

q f qi v3 vgR c c

eq. (2)

Questa la formula riportata dal D.M. 05.11.2001 per il criterio della limitazione del

contraccolpo.
Per ragioni di comfort degli occupanti del veicolo opportuno limitare il valore che pu assumere il contraccolpo c. Il D.M. 05.11.2001 assume un valore massimo del contraccolpo pari a: 14 v 50,4 V

c max =

[m/s3]

ovvero, con v espresso in km/h

c max =

[m/s3]

Trascurando il secondo termine dellequazione (2) ed assumendo questo valore massimo per il contraccolpo si ottiene la formula semplificata riportata dal D.M. 05.11.2001:

A 0.021 V 2

con V in km/h

La norma svizzera riporta una tabella con i valori limite del contraccolpo c in funzione della velocit di progetto della curva Vp, che possono essere utilizzati nellequazione 2:

Vp c

Km/h m/s3

40 0.85

50 0.79

60 0.68

70 0.62

80 0.51

90 0.45

100 0.41

110 0.36

120 0.30

La sovrapendenza longitudinale dei cigli


Il D.M. 05.11.2001 impone di realizzare la rotazione della sagoma trasversale lungo la clotoide per passare gradualmente dal valore della sopraelevazione dellelemento a curvatura costante posto prima della clotoide al valore della sopraelevazione dellelemento a curvatura costante posto al termine della clotoide (ad esempio, per passare dalla sagoma a tetto con pendenza del 2,5% in rettifilo, alla sagoma in curva inclinata verso linterno con una pendenza del 7,0%). La velocit angolare con cui la piattaforma ruota deve essere limitata per garantire il comfort degli occupanti il veicolo e per non compromettere la stabilit trasversale del veicolo durante la fase di ingresso in curva (eccessiva velocit di rollio). Limitare la velocit di rotazione corrisponde a fissare una lunghezza minima lungo la quale effettuare la rotazione della sagoma trasversale. Poich la variazione della pendenza avviene lungo la clotoide, ci significa fissare una lunghezza minima della clotoide. 56

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Figura

La rotazione della carreggiata in ingresso di curva ed il corrispondente diagramma con landamento dei cigli (fig. 5.2.6.b D.M. 05.11.2001).

Dove:

L qi qf Bi i

Lunghezza lungo la quale avviene la rotazione pendenza trasversale iniziale pendenza trasversale finale distanza tra lasse di rotazione e lestremit della carreggiata sovrapendenza longitudinale del ciglio esterno rispetto allasse di rotazione

Pertanto, la pendenza longitudinale del ciglio esterno rispetto allasse della strada (detta sovrapendenza) sulla distanza L pari a:

i =

Bi (qi + q f ) 100 L

[%]

Ovvero, la sovrapendenza i dipende dalla velocit con cui varia q:


i = dh Bi dq Bi dq = = ds v dt v dt

Ad esempio: strada categoria C2: sequenza rettifilo clotoide A = 193 m - curva R = 339 m. Quindi: Bi = 3,50 m L = 110 m qi = 2,50 % qf = 7,00 % e quindi la sovrapendenza longitudinale del ciglio i vale:
i = 3.50 (0.025 + 0.070 ) = 0.003 = 0.30% 110

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Per limitare il valore della sovrapendenza i si fissa un limite alla velocit di rotazione con cui ruota la pendenza trasversale q. Il D.M. 05.11.2001 calcola il valore di imax massimo in funzione della massima velocit di rotazione = dq/dt, pari a 0,05 rad/s:
imax = Bi dq B 100 = i 18 v dt V

[%]

La lunghezza minima L, su cui avviene la rotazione con la sovrapendenza imax pertanto pari a:

L=

Bi (qi + q f ) 100 imax

Ricordando che A2 = RL si ottiene la formula riportata nel D.M. 05.11.2001:

R Bi (qi + q f ) 100 imax

Il criterio ottico
Per garantire la corretta percezione ottica del raccordo si impone che langolo di deviazione della clotoide sia maggiore di: 1 rad 3 18

ovvero, ricordando la relazione che lega , R ed A: 1 A2 2 2 R = rad A R = 2 18 18 3 2R Inoltre, per garantire la corretta percezione dellarco di cerchio posto al termine della clotoide necessario limitarne la lunghezza e pertanto deve valere:

A R
In conclusione il criterio ottico prevede che il parametro A della clotoide sia compreso allinterno di un intervallo i cui estremi sono definiti da:

R A R 3

Linserimento della clotoide nel tracciato stradale

I casi in cui la clotoide pu essere utilizzata nel tracciamento di un asse stradale sono riassunti nella figura 5.2.5.c del D.M. 05.11.2001 e riportata di seguito. Alcune composizioni dellasse che possono influire negativamente sulla percezione della strada e, in particolare, della curvatura sono da evitare e sono indicati nella medesima figura. Deve essere osservato che anche i casi della
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continuit e, ancor peggio del raccordo tra cerchi secanti con cerchio ausiliario, possono in realt influire negativamente sulla corretta percezione della curvatura e pertanto andrebbero anchessi tralasciati sebbene permessi dal D.M. 05.11.2001. I tre casi pi comuni sono:

Transizione: la curva tra due rettifili costituita da un arco di cerchio e da due clotoidi che
raccordano il cerchio stesso ai due rettifili.

Flesso: due archi di cerchio da percorrere in senso opposto sono raccordati da due clotoidi tangenti
tra loro nel punto di origine.

Continuit: due archi di cerchio concentrici da percorrere nello stesso senso sono raccordati da un
tratto di clotoide tangente ad entrambi.

Figura

I casi in cui la clotoide inserita nel tracciato stradale (fig. 5.2.5.c D.M. 05.11.2001). 59

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La transizione
Il raccordo di transizione consente di collegare due rettifili che formano un angolo di deviazione nel vertice V mediante un arco di cerchio collegato ad essi da due clotoidi che possono avere parametro uguale, caso normalmente da preferire detto transizione simmetrica, oppure diverso.

Per tracciare il raccordo di transizione tra i due rettifili che formano un angolo di deviazione nel vertice V, noti il raggio R dellarco di cerchio ed i parametro A1 ed A2, scelti in funzione di R con i criteri visti in precedenza, si deve posizionare il centro del cerchio rispetto ai due rettifili. Per fare ci necessario calcolare la distanza dal vertice V delle origini O1 ed O2 delle due clotodi. La formula per calcolare tali distanze O1V ed O2V pu essere ottenuta per via grafica.

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Noti R, A1 ed A2, possibile calcolare gli scostamenti R1 e R2. Questi possono essere riportati parallelamente ai due rettifili e quindi possibile riportare sul lato del R maggiore come in figura, anche la loro differenza.

Quindi possibile tracciare lasse di simmetria passante per il centro C che divide in due angoli uguali, pari a /2, langolo al centro .

A questo punto possibile dimostrare che il triangolo VBD isoscele ed in particolare i due lati uguali di lunghezza l sono quelli lungo i due rettifili. Ci pu essere fatto considerando i suoi angoli come nella figura seguente, ricordando che la somma degli angoli interni ad un triangolo pari a 180 e che i due angoli sono uguali perch lasse che li divide di simmetria.

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Quindi langolo DBV uguale a e DV = BV = l e vale:


l cos(90 ) = R2 R1 l= R2 R1 sen

Pertanto, le distanze possono essere espresse come somme di:

O1V = O1P + PD + DV O2V = O2R + RB - VB


Quindi sostituendo si ottengono le formule finali

O1V = X M 1 + (R + R1 ) tg

+l l

O2V = X M 2 + (R + R2 ) tg

Particolare attenzione va posta nella scelta del segno per la lunghezza l poich, a seconda che R1 sia maggiore o minore di R2, il segno cambia.

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Il flesso
Il raccordo di flesso utilizzato per raccordare due archi di cerchio le cui curvature hanno segno opposto. Questo raccordo costituito da due clotoidi contrapposte le cui origini coincidono nel punto O (punto di flesso). Nel punto di flesso le due clotoidi sono tangenti tra loro, ovvero, sono entrambe tangenti al rettifilo degenere che si ridotto al solo punto O. Da notare che, essendo le due clotoidi tangenti tra loro in O, origine di entrambi i sistemi di riferimento, gli assi dei due sistemi di riferimento coincidono. La figura seguente pu aiutare a comprendere la costruzione del raccordo di flesso.

Per tracciare il raccordo di flesso, note le coordinate dei loro centri C1 e C2 ed i loro raggi R1 ed R2, e quindi la distanza D tra i due cerchi, necessario trovare i due parametri A1 ed A2 e la posizione dei sistemi di assi xy a cui essi sono riferite. Per risolvere questo problema necessario ipotizzare di conoscere la posizione del sistema di assi

Oxy e considerare il triangolo C1C2G riportato nella seguente figura. E importante osservare che,
ad eccezione del caso in cui il raccordo sia simmetrico (R1 = R2; A1 = A2), la retta congiungente C1 e

C2 non passa per lorigine O.

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Poich il triangolo un triangolo rettangolo, possibile applicare il teorema di Pitagora:

C1C 2 = C1G 2 + C 2 G 2
I due cateti, paralleli agli assi x ed y dei sistemi di riferimento a cui sono riferite le due clotoidi, possono essere scritte come la somma delle coordinate dei due centri espressi rispetto agli stessi sistemi di riferimento: ( R1 + D + R2 ) 2 = ( X c1 + X c 2 ) 2 + (Yc1 + Yc 2 ) 2 Tenendo conto delle equazioni per calcolare le coordinate del centro del cerchio nel sistema di riferimento della clotodie

Xc = xp R sen Yc = yp + R cos
E possible scrivere
( R1 + D + R2 ) 2 = [( x p1 R1 sen 1 ) + ( x p 2 R2 sen 2 )] 2 + [( y p1 + R1 cos 1 ) + ( y p 2 + R2 sen 2 )] 2

sostituendo a xp1, yp1 e xp2, yp2 le equazioni complete con lo sviluppo in serie e ricordando che vale

1 =

A1

2 2

2R1

e 2 =

A2

2 2

2R2

Si ottiene unequazione complessa con incognite A1 ed A2.

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Poich lequazione presenta due incognite necessario introdurre unulteriore relazione. Pertanto si deve fissare il rapporto tra A1 ed A2. Normalmente, questo rapporto deve essere scelto in modo che, noti R1 ed R2, le due clotoidi abbiano lunghezze simili e quindi pu variare tra 0.7 A1 / A2 1.3 non discostandosi troppo dallunit. Calcolate tutte le grandezze geometriche caratteristiche delle due clotoidi possibile posizionare nel piano rispetto ai due cerchi il sistema di riferimento Oxy per tracciare il raccordo. Infatti, langolo tra la congiungente i due centri e lasse y pari a:
X c1 + X c 2 Yc1 + Yc 2

Pertanto, si possono riportare a partire dai centri C1 e C2 i segmenti di lunghezza rispettivamente Yc1 e Yc2 inclinati di rispetto alla congiungente i due centri identificando i punti M ed N per i quali passa lasse x; spostandosi lungo lasse x da M della lunghezza Xc1 o da N della lunghezza Xc2 quindi possibile posizionare lorigine O del sistema di riferimento.

La continuit
Il raccordo di continuit costituito da un arco di clotoide che raccorda due archi di cerchio, uno interno allaltro ma non concentrici, le cui curvature hanno segno uguale, cio sono percorsi nello stesso senso. A differenza degli altri raccordi, nel raccordo di continuit il punto iniziale non ha curvatura 1/R infinita poich non tangente ad un rettifilo bens ad un arco di cerchio. Il raccordo di continuit costituito da una porzione di ununica clotoide di parametro A che parte dal punto P1 di curvatura 1/R1 tangente al cerchio di centro C1 e termina nel punto P2 di curvatura 1/R2 tangente al cerchio di centro C2. La seguente figura consente di meglio comprendere il raccordo di continuit.
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Per risolvere questo problema necessario ipotizzare di conoscere la posizione del sistema di assi

Oxy e considerare il triangolo C1C2G riportato nella seguente figura.

Poich il triangolo un triangolo rettangolo, possibile applicare il teorema di Pitagora:

C1C 2 = C 2 G 2 + C1G 2
I due cateti, paralleli agli assi x ed y del sistema di riferimento Oxy a cui riferita la clotoide, possono essere ottenuti dalle coordinate dei due centri: ( R1 R2 D) 2 = ( X c 2 X c1 ) 2 + (Yc1 Yc 2 ) 2 Tenendo conto delle equazioni per calcolare le coordinate del centro del cerchio nel sistema di riferimento della clotodie

Xc = xp R sen Yc = yp + R cos
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E possible scrivere
( R1 R2 D ) 2 = [( x p 2 R2 sen 2 ) ( x p1 R1 sen 1 )] 2 + [( y p1 + R1 cos 1 ) ( y p 2 + R2 sen 2 )] 2

sostituendo a xp1, yp1 e xp2, yp2 le equazioni complete con lo sviluppo in serie e ricordando che vale

1 =

A2
2 R1
2

e 2 =

A2
2 R2
2

Si ottiene unequazione complessa con incognita il parametro A. Calcolate tutte le grandezze geometriche caratteristiche della clotoide possibile posizionare nel piano rispetto ai due cerchi il sistema di riferimento Oxy per tracciare il raccordo. Infatti, langolo tra la congiungente i due centri e lasse y pari a:
X c 2 X c1 Yc1 Yc 2

Pertanto, si pu riportare a partire dai centri C1 e C2 i segmenti di lunghezza rispettivamente Yc1 e

Yc2 inclinati di rispetto alla congiungente i due centri identificando i punti M ed N per i quali
passa lasse x; spostandosi lungo lasse x da M della lunghezza Xc1 o da N della lunghezza Xc2 quindi possibile posizionare lorigine O del sistema di riferimento.

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Considerazioni critiche sullutilizzo e sul dimensionamento della clotoide

Le motivazioni per le quali la clotoide utilizzata nel tracciamento dellasse stradale sono gi state presentate. La motivazione principale, ovvero la limitazione del contraccolpo, trae origine dalla progettazione ferroviaria nella quale la geometria del binario deve comprendere dei raccordi a raggio variabile tra due elementi a curvatura costante poich il veicolo rigidamente vincolato ad esso. In campo stradale la traiettoria del veicolo non vincolata dalla via ma decisa dal guidatore che ruotando lo sterzo la imposta in base alla propria condotta di guida. In particolare, numerose osservazioni sperimentali dimostrano che il guidatore normalmente non segue la linea dasse della strada in ingresso ed in uscita di curva, nemmeno se la strada dotata di clotoidi. Pertanto, lipotesi secondo la quale la traiettoria del veicolo coincide con quella dellasse della strada , in realt, disattesa. In secondo luogo, le osservazioni sperimentali dimostrano che anche la sua velocit non in realt costante ma varia lungo la clotoide, decelerando in ingresso di curva ed accelerando in uscita di curva. Anche lipotesi di clotoide percorsa a velocit costante quindi disattesa. Queste evidenze sperimentali inficiano la validit delle valutazioni che portano alle limitazioni imposte dal criterio della limitazione del contraccolpo. In realt, i pochi studi che hanno valutato linfluenza della presenza della clotoide sullincidentalit hanno dato risultati contrastanti e, nel caso positivi, comunque molto modesti. Questa incertezza dovuta al fatto che non tanto la presenza della clotoide che pu significativamente influenzare lincidentalit, quanto piuttosto la sua lunghezza. In pratica, una clotoide posta in ingresso di curva pu avere un effetto positivo o negativo in funzione della sua lunghezza. Questo fatto dovuto alla forte influenza che la sua presenza ha sulla percezione visiva che il guidatore ha della curvatura. In avvicinamento ad una curva il guidatore, circa 1-2 secondi prima di iniziare la manovra di sterzatura, sposta il punto di osservazione sul margine interno della curva al fine di percepire le informazioni di cui ha bisogno per impostare la manovra stessa di sterzatura.

FIGURA Punto di osservazione dello sguardo per una curva destrorsa, un rettifilo ed una curva sinistrorsa (Land, 1994).

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In questa fase le informazioni visive utilizzate sono contenute in uno spazio temporale relativamente limitato, che secondo i diversi studi, varia da 2 a 4 secondi davanti al veicolo (cio entro una distanza che, alla velocit del veicolo, sar raggiunta in 24 secondi). La principale informazione visiva utilizzata la curvatura, in base alla quale il guidatore decide la manovra di sterzatura, ovvero la traiettoria di ingresso e leventuale riduzione di velocit. La manovra di sterzatura dura circa 23 secondi e, se le valutazioni fatte dal guidatore prima di sterzare sono state corrette, al termine di essa la traiettoria e la velocit impostate sono corrette per percorrere la curva.

FIGURA Tempi medi di sterzatura in ingresso di curva ottenuti da rilievi sperimentali su strade extraurbane secondarie (Perco, 2006). La clotoide pu intervenire in tale sistema falsando linformazione visiva e quindi inducendo il guidatore a delle valutazioni errate. Ci avviene quando la clotoide molto lunga e, in particolare, quando pi lunga sia della massima distanza alla quale il guidatore raccoglie le informazioni visive sia della distanza percorsa durante la sterzatura. In pratica ci avviene quando la clotoide ha una lunghezza superiore alla distanza percorsa dal veicolo in 3-4 secondi. In questo caso la curvatura che il guidatore percepisce ed utilizza per impostare la sterzatura non quella dellarco di cerchio ma valutata lungo un tratto di clotoide che presenta una curvatura minore di quella dellarco di cerchio successivo. Il guidatore pertanto imposta la sterzatura e la riduzione della velocit sulla base di una curvatura minore di quella che in realt ha la curva circolare. La sterzatura termina lungo la clotoide. A questo punto per la curvatura inaspettatamente continua a crescere poich la clotoide non finita ma il guidatore ha ormai esaurito la sterzatura che aveva impostato cos come il conseguente spostamento trasversale verso linterno della corsia( taglio dellingresso di curva). Il guidatore deve pertanto correggere la traiettoria impostata agendo sullo sterzo e, nei casi peggiori, anche ridurre la velocit. In caso di scarsa aderenza e di clotoidi molto lunghe questa correzione pu avere conseguenze molto negative. 69

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FIGURA 19 Una curva di raggio 200 m senza clotoide, vista da 72 m prima del suo inizio.

FIGURA

Una curva di raggio 200 m vista dallinizio di una clotoide lunga 72 m.

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FIGURA

Una curva di raggio 200 m vista dallinizio di una clotoide lunga 200 m.

FIGURA Studio before/after: numero di incidenti su una curva prima e dopo leliminazione delle lunghe clotoidi di ingresso (Stewart, 1990). Proprio tali evidenze sperimentali hanno portato molte norme a richiedere clotoidi corte in modo da non influenzare la manovra di sterzatura e, al contempo, da permettere comunque quei vantaggi che li sono riconosciuti (tratto lungo la quale effettuare la rotazione della piattaforma e possibilit di migliorare la rappresentazione ottica del tracciato evitando la presenza di punti angolosi). Poich il D.M. 05.11.2001 non riporta tali indicazioni, buona norma, nel rispetto dei criteri da esso previsti, scegliere clotoidi che non abbiano la lunghezza superiore alla distanza percorsa in 4 secondi alla velocit di progetto della curva. 71

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La variazione della pendenza trasversale

Nel passaggio tra due elementi planimetrici caratterizzati da diversa curvatura necessario ruotare la carreggiata per passare dalla pendenza trasversale del primo elemento a quella del secondo elemento. Il D.M. 05.11.2001 prevede che tale rotazione avvenga lungo la curva a raggio variabile che, come richiesto dallo stesso D.M., deve essere sempre inserita tra due elementi a curvatura costante. La rotazione della carreggiata avviene attorno al suo asse per le strade a carreggiata unica e per le strade a carreggiate separate con spartitraffico di larghezza superiore a 4,0 m. Per larghezze di spartitraffico minori, per evitare che lo spartitraffico acquisti uneccessiva pendenza trasversale, necessario far ruotare le due vie intorno alle estremit interne delle carreggiate. Gli elementi che fiancheggiano la carreggiata (banchina, corsia di emergenza, corsie specializzate, piazzole di sosta) presentano la stessa pendenza trasversale della carreggiata.

a
B >4.0

b
B <4.0

c
B B

Figura

Lasse di rotazione della carreggiata (fig. 5.2.6.a D.M. 05.11.2001).

Nelle strade ad unica carreggiata, la cui sagoma in rettifilo a doppia falda (detta anche a tetto), il passaggio dalla sagoma del rettifilo a quella della curva circolare e viceversa avviene in due tempi: in una prima fase ruota soltanto la semicarreggiata esterna intorno allasse della carreggiata fino a realizzare ununica superficie piana con la semicarreggiata interna, quindi ruota lintera carreggiata sempre intorno al suo asse. La rotazione avviene in modo da far variare linearmente la quota dei cigli rispetto allasse di rotazione come chiaramente indicato nella figura che riporta landamento dei cigli.

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72

Figura

La rotazione della carreggiata in ingresso di curva ed il corrispondente diagramma con landamento dei cigli (fig. 5.2.6.b D.M. 05.11.2001).

La variazione della pendenza trasversale rappresentata attraverso landamento o profilo dei cigli che di norma riportato nel medesimo elaborato progettuale del profilo longitudinale al di sotto di questo. Il profilo dei cigli realizzato riportando il profilo longitudinale dei bordi della carreggiata rispetto allasse intorno a cui avviene la rotazione che rappresentato orizzontale anche se in realt non lo poich ci che interessano sono le quote e le pendenze relative rispetto allasse di rotazione stesso. Per tale motivo la pendenza i del ciglio misurata rispetto allasse di rotazione detta

sovrapendenza: essa infatti non una pendenza assoluta rispetto allorizzontale ma una pendenza
misurata rispetto allasse di rotazione che, a sua volta, pu avere una pendenza longitudinale dovuta allandamento altimetrico della strada.

i =

qi B + q f B L
sovrapendenza del ciglio Distanza fra lasse di rotazione e lestremit della carreggiata [m] Lunghezza della clotoide lungo la quale avviene la rotazione [m] pendenza trasversale iniziale pendenza trasversale finale

Dove:

i B L qi qf

Nella figura seguente rappresentato landamento dei cigli nel caso di raccordo rettifilo-arco di cerchio. Il D.M. 05.11.2001 riporta la figura 5.2.6.c ove sono rappresentati gli andamenti dei cigli negli altri casi di raccordo che possono presentarsi che possono presentarsi.
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Figura

Landamento dei cigli per un raccordo tra rettifilo-arco di cerchio di una strada a unica carreggiata. Sono rappresentati anche il diagramma delle curvature e le sezioni trasversali.

Massima sovrapendenza longitudinale

Per limitare la velocit di rotazione trasversale, ovvero la velocit di rollio del veicolo, si fissa un limite alla velocit con cui varia la pendenza q da cui deriva un valore massimo della sovrapendenza i:

i =

dh B dq B dq = = ds v dt v dt

Dove: 74

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i B dq dt v

sovrapendenza del ciglio Distanza fra lasse di rotazione e lestremit della carreggiata [m] variazione della pendenza trasversale nellunit di tempo [rad/s] velocit di progetto [m/s]

Il D.M. 05.11.2001 fissa la velocit di rotazione massima

dq = 0.05 rad/s da cui dt

imax = 18
Dove:

B V

imax V

sovrapendenza massima del ciglio [%] velocit di progetto [km/h]

Pertanto, la lunghezza minima L, su cui avviene la rotazione con la sovrapendenza imax pari a:

L=

Bi (qi + q f ) 100 imax

Si nota che il rispetto del criterio della sovrapendenza longitudinale per la scelta del parametro della clotoide richiede proprio il rispetto della imax.

Minima sovrapendenza longitudinale

La minima pendenza trasversale prevista dal D.M., utilizzata in rettifilo e sulle curve di ampio raggio, pari al 2,50% poich questo valore consente di allontanare le acque meteoriche dalla piattaforma stradale. Tuttavia, nella fase di rotazione della piattaforma stradale la semicarreggiata esterna presenta per un una pendenza inferiore a questo limite quando ruota dal -2,50% fino al +2,50%. Questo caso si verifica nel tratto iniziale di un raccordo rettifilo-arco di cerchio (e viceversa) oppure nella parte centrale di un raccordo di flesso. Per evitare il ristagno dellacqua quindi necessario limitare la lunghezza della strada lungo la quale si presenta una pendenza trasversale inferiore al 2,50%. Pertanto, si fissa un limite inferiore imin alla sovrapendenza longitudinale pari a:

imin = 0,1 B [%]


Se la sovrapendenza i calcolata lungo la lunghezza L della clotoide risulta inferiore a imin necessario spezzare in due parti il profilo del ciglio esterno, realizzando il passaggio dal -2,50% fino al +2,50% utilizzando la sovrapendenza imin e completando quindi la rotazione del ciglio con la pendenza risultante che sar inferiore a imin.
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75

Figura

Landamento dei cigli per un raccordo tra rettifilo-arco di cerchio di una strada a unica carreggiata nel caso sia necessario spezzare il ciglio.

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ANDAMENTO ALTIMETRICO DELLASSE

Il tracciato altimetrico costituito da una successione di livellette (tratti a pendenza costante) e di raccordi concavi (sacche) e convessi (dossi). Le livellette sono definite dal D.M. 05.11.2001 attraverso la massima pendenza longitudinale poich questa ha effetto sulle prestazioni dei veicoli e quindi sulla massima velocit che possono essere mantenute in salita, con particolare attenzione per i veicoli pesanti. La scelta del raggio dei raccordi verticali dipende invece dalla accelerazione verticale a cui sono soggetti i veicoli che li percorrono e, soprattutto, dalla distanza di visibilit che deve essere garantita lungo il raccordo.

La livelletta a pendenza costante

La massima pendenza longitudinale che pu essere utilizzata per una livelletta dipende, come si visto nei paragrafi precedenti, dalle caratteristiche dei veicoli e, in particolare, dai valori minimi di velocit e accelerazione che possibile accettare sulla strada in progetto. Questa scelta dipende quindi fortemente dallimportanza, ovvero dalla categoria, della strada. Infatti, mantenere una pendenza limitata in terreni dallorografia complessa significa realizzare gallerie e/o viadotti che sono opere molto costose e, pertanto, giustificate solo se i volumi di traffico che impegneranno la strada sono rilevanti. Per questo motivo il D.M. 05.11.2001 prevede la massima pendenza longitudinale funzione della categoria della strada, oltre che dellambito attraversato. Categoria della strada A- Autostrada B Extraurbana Principale C Extraurbana Secondaria D Urbana di Scorrimento E Urbana di Quartiere F Locale Ambito Urbano 6% 6% 8% 10% Ambito Extraurbano 5% 6% 7% 10%

La norma permette di aumentare i valori contenuti nella tabella di ununit qualora, in base ad una verifica specifica, risulti che lo sviluppo della livelletta sia tale da non penalizzare eccessivamente la circolazione, in termini di riduzione delle velocit e della qualit del deflusso. Nei casi in cui non sia possibile evitare lutilizzo di livellette dalle pendenze elevate possibile ricorrere allutilizzo delle corsie di arrampicamento per i mezzi pesanti che in tal modo possono spostarsi dalla corrente di traffico delle autovetture e quindi non penalizzare la qualit del deflusso. 77
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In galleria, per le strade categoria A, B e D opportuno non superare la pendenza del 4%, ed ancor meno in caso di lunghe gallerie, per contenere le emissioni di sostanze inquinanti e dei fumi e per minimizzare il rischio di surriscaldamento (incendio) per i veicoli pesanti. Quando si utilizzano pendenze longitudinali elevate, importante verificare la pendenza geodetica J che la risultante della combinazione della pendenza trasversale it e di quella longitudinale il.

J = it + il

Infatti, per evitare che essa presenti valori eccessivi che potrebbero causare il scivolamento del veicolo in condizioni di bassa velocit e bassa aderenza (ad es. veicolo pesante fermo su pavimentazione ghiacciata) la pendenza geodetica J non deve superare il valore del 10% per le strade di categoria A e B e del 12% per le altre. Nel caso di frequente innevamento tale valore limite dell8%.
Ad esempio: strada categoria C2: curva di raggio R = 339 m. quindi la pendenza trasversale it = 7.0% livelletta il = 5.0% e quindi la pendenza geodetica vale:

J = 0.07 2 + 0.05 2 = 0.09 = 9.0%

Il raccordo verticale

I raccordi verticali si inseriscono tra due livellette a pendenza costante. Essi si suddividono in concavi (o sacche), quando la differenza tra le due livellette negativa e la concavit rivolta verso lalto, e in convessi (o dossi) quando la differenza tra le due livellette positiva e la concavit rivolta verso il basso. Tenendo conto degli usuali valori delle pendenze in campo stradale, raramente superiori al 10%, possibile fare la seguente semplificazione:

tg = i sen
Con espresso in radianti. Ad esempio

i = 10% tg = 0.10; = 0.0996rad ; sen = 0.0993; cos = 0.995


Conseguentemente, le lunghezze delle livellette e dei raccordi sono misurate in orizzontale, mentre langolo formato dale due livellette pari alla differenza algebrica delle pendenze: i = i2 i1 78

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I raccordi verticali possono essere circolari o parabolici. La differenza tra i due poco rilevante anche se i raccordi parabolici appaiono migliori poich hanno una variazione costante per unit di lunghezza della pendenza. Il D.M. 05.11.2001 richiede che il tracciamento dei raccordi verticali sia effettuato mediante archi di parabola quadratica. Assumendo come origine del sistema di assi cartesiani a cui riferita la parabola il punto iniziale del raccordo, cio il punto di tangenza tra la prima livelletta e la parabola, lequazione si scrive:

y = ax 2 + bx a < 0 per i raccordi convessi a > 0 per i raccordi concavi

Figura

Coordinate di un punto P della parabola 79

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Figura

Fig. 5.3.2.b del D.M. 05.11.2001

Dalla figura possibile osservare due propriet caratteristiche della parabola di secondo grado: 1. Le proiezioni sullasse delle ascisse delle due tangenti alla parabola condotte da un punto esterno hanno uguale lunghezza. Ne consegue che il raccordo di lunghezza L si divide in due lunghezze uguali pari ad L/2 rispetto al vertice V formato dalle due livellette; 2. una qualsiasi corda alla parabola tra due suoi punti parallela alla tangente alla parabola nel punto medio della corda. Dalla figura facile notare inoltre che il vertice della parabola A non ha, ovviamente, la stessa ascissa del vertice V formato dalle due livellette. La variazione totale di pendenza lungo il raccordo parabolico i = i2 i1, mentre la variazione unitaria lungo il raccordo parabolico vale i / L. I coefficienti a e b dellequazione della parabola si ottengono analizzando la derivata prima della parabola. Infatti, nel punto iniziale (x = 0) la tangente alla parabola ha pendenza i1, mentre nel punto finale (x = L) la tangente alla parabola ha pendenza i2.
dy = b = i1 dx x =0 dy = 2aL + i1 = i2 dx x = L

da cui

a=

i2 i1 i = 2L 2L

Pertanto, lequazione della parabola

y=

i 2 x + i1 x 2L

In cui le pendenze i2 ed i1 vanno prese con il proprio segno per cui risulta sempre i < 0 per i raccordi convessi e i > 0 per i raccordi concavi.
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80

Lascissa del vertice A della parabola si ottiene ponendo pari a 0 la derivata prima (tangente orizzontale):

dy i = 2 x + i1 = 0 dx 2 L

da cui

xA =

i1 L = 0 i

E quindi, sostituendo nellequazione della parabola, lordinata pari a

i i 2 yA = x A + i1 x A = 1 L 2L 2 i
Osservando lequazione della parabola si nota che per tracciare il raccordo parabolico tra due livellette di pendenza nota, sufficiente conoscere la lunghezza L del raccordo. La lunghezza L si calcola con lequazione

L = i Rv
Dove Rv il raggio del cerchio oscuratore nel vertice della parabola (cerchio che presenta il medesimo raggio di curvatura del vertice). Il D.M. 05.11.2001 definisce le regole per calcolare il valore minimo di Rv il cui scopo fondato su tre criteri: assicurare liscrizione geometrica del veicolo nel raccordo; assicurare il comfort degli occupanti il veicolo limitando laccelerazione verticale; assicurare le visuali libere necessarie alla sicurezza. E importante sottolineare che i valori del raggio Rv che si ottengono dalla verifica di questi criteri sono da intendersi come minimi, ma opportuno adottare valori anche sensibilmente maggiori, compatibilmente con i vincoli al contorno, al fine di garantire la miglior percezione ottica possibile del tracciato planimetrico, in particolare quando il raccordo verticale si sovrappone, o precede, una curva planimetrica.

Iscrizione della sagoma del viecolo


Il rispetto di questo criterio garantisce che nessuna parte del veicolo, eccetto le ruote, abbia contatti con la superficie stradale. Tale criterio origina dei raggi limite Rv molto bassi e quindi trova giustificazione soprattutto in condizioni particolari (ad es. rampe di parcheggi, strade urbane molto tortuose, ecc..). I valori limite sono:

Rv > Rv minimo = 20 m nei dossi Rv > Rv minimo = 40 m nelle sacche

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81

Limitazione dellaccelerazione verticale


Per il comfort degli occupanti il veicolo necessario che laccelerazione verticale av non superi un valore limite av
2

lim

che dipende dalla velocit con la quale percorso il raccordo (da desumersi

puntualmente dal diagramma della velocit di progetto):


av = vp Rv a v lim

Dove:

vp Rv av lim

velocit di progetto (desunta puntualmente dal diagramma di velocit) [m/s] raggio del raccordo verticale [m] accelerazione verticale limite pari a 0.6 m/s2

Visuali libere
Lungo tutto il tracciato della strada deve essere garantita la distanza di visibilit per larresto. Inoltre, nei tratti in cui prevista la manovra di sorpasso deve essere garantita la distanza di visibilit per il sorpasso. Prima delle intersezioni e degli svincoli deve essere garantita la distanza di visibilit per il cambiamento di corsia. Infine, lanalisi del diagramma di visibilit ha definito le distanze di visibilit di transizione da garantire in avvicinamento alle curve circolari. E quindi possibile definire lungo il tracciato un inviluppo delle distanze di visibilit richieste dal D.M. 05.11.2001 che ovviamente, non devono essere limitate dallandamento altimetrico della strada, ed in particolare dai raccordi verticali. Pertanto la scelta del raggio Rv deve garantire la distanza di visibilit D che altre considerazioni hanno imposto. Questa verifica deve essere fatta sia per i raccordi convessi che per quelli concavi. Locchio del guidatore posto ad unaltezza h1 (1.1 m) dal piano stradale, mentre loggetto da osservare posto ad un altezza h2 dal piano stradale. Laltezza

h2 pari a 0.1 m nel caso di distanza di visibilit per larresto, mentre pari a 1.1 m nel caso di
distanza di visibilit per il sorpasso. Il D.M. 05.11.2001 non fissa invece una regola per definire cosa il guidatore deve vedere per verificare la distanza di visibilit per il cambiamento di corsia o la distanza di transizione. Pare ragionevole affermare che egli deve vedere una porzione sufficiente dellelemento considerato dalla verifica per percepirne correttamente le caratteristiche. Nel caso di verifica della distanza di transizione egli dovr quindi vedere un tratto di arco circolare di lunghezza pari alla distanza percorsa in almeno 24 secondi per percepirne la corretta curvatura ed evitare la negativa influenza della clotoide sulla percezione (vedere il paragrafo relativo).

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Il raccordo convesso (dosso)


Il raccordo convesso effettivamente in grado di limitare la distanza di visibilit D per tutte le distanze di visibilit la cui verifica richiesta dal D.M. 05.11.2001. Il calcolo del valore del raggio

Rv in funzione della distanza D si distingue in due casi, a seconda che D sia minore o maggiore
della lunghezza del raccordo L. Nel primo caso il valore minimo del raggio Rv dipender solo dalla distanza di visibilit D da garantire, mentre nel secondo sar funzione anche della differenza di pendenza i. Caso D < L

Applicando il teorema di Pitagora ai due triangoli rettangoli si ha: ( R + h1 ) 2 = X 2 + R 2 ( R + h2 ) 2 = Y 2 + R 2 Ovvero


2

R 2 + h1 + 2 Rh1 = X 2 + R 2 R 2 + h2 + 2 Rh2 = Y 2 + R 2
Semplificando R2 e considerando che h1 << 2 Rh1 e h2 << 2 Rh2 poich h1 = 1.1 m, h2 = 1.1 m
2 2

(sorpasso) o h2 = 0.1 (arresto) m mentre R pari a centinaia o migliaia di metri, si ottiene 2 Rh1 X 2 2 Rh2 Y 2
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83

Da cui
D = X + Y = 2h1 R + 2h2 R

Quindi
D 2 = ( 2h1 R + 2h2 R ) 2 = 2 R (h1 + h2 + 2 h1 h2 )

Da cui si pu ricavare il valore di R, ovviamente indipendente da i


R= D2 2 (h1 + h2 + 2 h1 h2 )

(A)

Questa la relazione riportata dal D.M. 05.11.2001 per calcolare il raggio R del raccordo verticale convesso nel caso D < L. Caso D > L

D = EA + AB + BF
AB = R tg

(1)

+ R tg

EA =

h1 sen

BF =

h2 sen

poich le pendenze, e quindi gli angoli e , sono piccoli in ambito stradale 1 1 1 1 AB R tg + R tg = R (tg + tg ) = R i 2 2 2 2 Vale inoltre la relazione (2)

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AB sen = BC sen

e quindi

sen =

BC sen AB

Ricordando che gli angoli sono piccoli sostituendo AB con la (2) si ha

(pertanto vale la semplificazione sen tg i ) e

sen
inoltre

BC 2 2 i = BC i = BC tg AB R i R
2 R

sen tg tg tg i tg = i BC
Pertanto possibile esprimere EA e BF come

EA = h1

R 2 BC

BF = h2

R R i 2 BC

La (1) si pu quindi esprimere come

D = h1

1 R R + R i + h2 2 BC 2 R i 2 BC

(3)

Da questa equazione si osserva che la distanza D dipende non solo da R ma anche dalla lunghezza

BC, e quindi dipende dalla posizione del veicolo e dellostacolo rispetto al raccordo. Volendo
valutare il valore da assicurare al raggio R nella posizione pi sfavorevole poich necessario garantire sempre la distanza di visibilit D, necessario annullare la derivata prima rispetto a BC. 1 2R D R = h1 + R i + h2 =0 2 BC 2 2 BC ( R i 2 BC ) 2 La lunghezza BC per la quale questa derivata si annulla pari a

BC =

R i h1 h1 h2 2 (h1 h2 )

(4)

Sostituendo la (4) nella (3)


D= Ri h1 + h2 + 2 h1 h2 + i 2

Da cui

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85

R=

h + h2 + 2 h1 h2 2 D 1 i i

(B)

A differenza dellequazione ottenuta nel caso in cui D < L, in questo caso il raggio R del raccordo dipende dalla variazione di pendenza i. Lequazione presenta un andamento crescente al crescere della differenza di pendenza i, raggiunge il punto di massimo per D = L, oltre il quale decresce al crescere della differenza di pendenza i. Questa la relazione riportata dal D.M. 05.11.2001 per calcolare il raggio R del raccordo verticale convesso nel caso D > L. Le equazioni (A) e (B) danno origine, nel piano i-R per una distanza D fissata, a due curve valide nei rispettivi campi D < L e D > L, la cui unione genera le curva riportata nei due diagrammi proposti dal D.M. 05.11.2001 per il calcolo del raggio R dati i e D. I due diagrammi si differenziano poich il primo calcolato per la distanza di visibilit per arresto con h1 = 1.1 m e h2 = 0.1 m, mentre il secondo per la distanza di visibilit per il sorpasso con h1 = 1.1 m e h2 = 1.1 m.

Figura 5.3.3.a del D.M. 05.11.2001

Figura 5.3.3.b del D.M. 05.11.2001

Dai diagrammi si pu osservare che per i piccoli, quando D > L, la curva interseca lasse delle ascisse. Ci significa che la distanza di visibilit D garantita anche senza inserire un raccordo verticale. Ovviamente, anche in questo caso il raccordo deve essere utilizzato in base agli altri due criteri di dimensionamento del raggio minimo del raccordo verticale.

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Il raccordo concavo (sacca)


Il raccordo concavo, a differenza di quello convesso, non limita la distanza di visibilit in tutti i casi, ma solo in particolari condizioni. In effetti, di giorno, in condizioni di buona luminosit un oggetto posto sulla carreggiata pu essere visto dal guidatore indipendentemente dal valore del raggio Rv del raccordo, cos come un veicolo che proviene in senso opposto. Analogamente, anche di notte un veicolo che proviene in senso opposto identificato poich i suoi fari sono ben visibili nel buio. In effetti, lunica distanza di visibilit D che deve essere verificata per un raccordo concavo quella relativa allarresto ma limitatamente al caso notturno. Infatti, in questo caso necessario che il fascio di luce prodotto dai fari del veicolo illumini lostacolo posto sulla carreggiata ad una distanza superiore o, al limite uguale, alla distanza di visibilit per larresto. Caso D < L

Poich AA piccolo rispetto ad AC ed inoltre R grande si pu ritenere che:


AC A' C D

Con riferimento alla figura vale

BC = BB'+ B' C = h f + A' C sen h f + D sen


Con hf altezza dei fari ed semiapertura degli stessi fari; vale inoltre

AC = R sen 2 2
Langolo BAC vale

quindi

sen

AC D 2R 2R

(1)

e pertanto 87

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BC = AC sen

(2)

Unendo le equazioni (1) e (2) si ottiene

BC = AC

D D2 2R 2R D2 2R

Sostituendo BC

h f + D sen =

Da cui si pu ricavare il valore di R, ovviamente indipendente da i

R=

D2 2 (h f + D sen )

(C)

Questa la relazione riportata dal D.M. 05.11.2001 per calcolare il raggio R del raccordo verticale concavo nel caso D < L. Caso D > L Nel caso D > L, procedendo in modo simile a quello utilizzato per il raccordo convesso, si perviene alla seguente equazione:
R=

(h f + D sen ) 2 D i i

(D)

Lequazione dipende dalla differenza di pendenza i e presenta un andamento simile a quello della corrispondente equazione del raccordo convesso: cresce al crescere della differenza di pendenza i, raggiunge il punto di massimo per D = L, oltre il quale decresce al crescere della differenza di pendenza i. Analogamente al caso del raccordo convesso, le equazioni (C) e (D) danno origine, nel piano i-R per una distanza di visibilit D fissata, a due curve valide nei rispettivi campi D < L e D > L, la cui unione genera le curva riportata nel diagramma proposto dal D.M. 05.11.2001 per il calcolo del raggio R dati i e D. Il diagramma calcolato per la distanza di visibilit per arresto con h1 = 1.1 m e h2 = 0.1 m.

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Figura 5.3.4.a del D.M. 05.11.2001

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IL DIAGRAMMA DELLE VELOCITA

Numerosi studi hanno evidenziato la relazione che esiste tra il raggio della curva ed il tasso di incidentalit. All aumentare del raggio si riscontra una diminuzione significativa dellincidentalit fino a raggi dellordine dei 300400 m. Oltre tali valori lincidentalit decresce molto pi lentamente fino a raggiungere un tasso costante.

Figura

Landamento del rateo di incidentalit in funzione del raggio della curva circolare secondo diversi studi (Lamm et al. 1994).

In effetti, questo legame tra raggio ed incidentalit pu essere spiegato ricorrendo alla velocit. Infatti, tanto pi piccolo il raggio tanto maggiore la riduzione di velocit che, mediamente, deve essere realizzata per percorrere la curva in sicurezza. e, di conseguenza, tanto pi facile che un guidatore sottovaluti la riduzione necessaria provocando lincidente. Questa semplicistica spiegazione rivela che il legame tra raggio ed incidentalit complesso e non dipende solo dal raggio della curva ma anche dalla velocit di avvicinamento alla curva stessa. Infatti, una curva di raggio medio-basso non presenta un tasso di incidentalit particolarmente elevato se il tracciato della strada a monte permette velocit di avvicinamento comparabili con la velocit alla quale la stessa curva pu essere percorsa in condizioni di sicurezza. Sintetizzando, un elemento geometrico che presenta certe caratteristiche geometriche non pericoloso di per s, ma in base al tracciato nel quale inserito. Proprio per verificare la coerenza (consistency) di un tracciato stradale, cio lassenza di pericolose variazioni di velocit dovute ad un errato accostamento dei diversi elementi geometrici, si utilizza il diagramma delle velocit (speed-profile). Il diagramma delle velocit si realizza assegnando ad ogni elemento geometrico una velocit di percorrenza, unendo queste velocit sulla base di opportune leggi di accelerazione e decelerazione e verificando quindi che le
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differenze di velocit tra gli elementi contigui non superino determinati valori di riferimento. Inoltre, la disponibilit dellandamento delle velocit lungo tutto il tracciato permette anche la verifica delle distanze di visibilit (arresto, sorpasso, intersezioni, ecc). In letteratura esistono modelli di diagrammi delle velocit che utilizzano la velocit operativa (ad esempio lInteractive Highway Safety Design Module della Federal Highway Administration) oppure la velocit di

progetto desunta da modelli teorici di equilibrio.


Il diagramma delle velocit proposto nel D.M. 05.11.2001 per la verifica del tracciato si costruisce sulla base del solo tracciato planimetrico utilizzando la velocit di progetto. La sua costruzione si basa sulle seguenti ipotesi: 1. 2. 3. 4. In rettifilo, sugli archi di cerchio con raggio non inferiore a R2,5 e sulle clotoidi, la velocit tende al limite superiore dellintervallo della velocit di progetto Vp max; la velocit costante lungo gli archi di cerchio con raggio inferiore a R2,5 e corrisponde alla velocit di progetto Vp calcolata in funzione del raggio R della curva; i valori dellaccelerazione e della decelerazione sono pari a 0,8 m/s2; gli spazi di accelerazione alluscita delle curve circolari e quelli di decelerazione allingresso delle curve circolari ricadono soltanto sui rettifili, sugli archi di cerchio con raggio non inferiore a R2,5 e sulle clotoidi; 5. il profilo longitudinale non influenza la velocit.

La lunghezza di transizione DT la lunghezza che serve per passare dalla velocit Vp1 alla velocit

Vp2 di due elementi che si succedono lungo il tracciato:


DT = v p1 v p 2 2a
2 2

V Vm 12.96 a

Dove:

vp1 vp2 a V Vm

velocit di progetto del primo elemento [m/s] velocit di progetto del secondo elemento [m/s] accelerazione o decelerazione [m/s2] differenza di velocit tra Vp1 e Vp2 [km/h] velocit media tra Vp1 e Vp2 [km/h]

Affinch il guidatore in avvicinamento ad una curva inizi a decelerare per tempo, ovvero ad una distanza DT dalla curva, necessario che il guidatore veda la curva e quindi la distanza di visibilit disponibile DV che precede la curva deve essere maggiore della lunghezza di transizione DT;

DV DT
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Inoltre, la lunghezza di transizione DT deve essere minore della massima distanza di visibilit alla quale un guidatore pu vedere la curva e apprezzarne il raggio poich in caso contrario egli non inizierebbe la decelerazione. Tale distanza di visibilit, detta distanza di riconoscimento Dr, corrisponde alla massima distanza di visibilit entro la quale il guidatore riconosce le informazioni visive e le utilizza per modificare la condotta di guida ed pari alla distanza percorsa in 12 secondi alla velocit di avvicinamento:

DT Dr = 12 vp avv
La costruzione del diagramma delle velocit rappresentata nella figura seguente (tratta dal D.M. 05.11.2001) e si compone di diverse fasi. Innanzitutto, necessario redigere il diagramma delle curvature dellasse stradale. Ai tratti a curvatura costante si associano le relative velocit di progetto e quindi, identificati i punti di inizio accelerazione e termine decelerazione, si possono riportare le distanze di transizione DT.
A= 450 R= -1000
3

DIAGRAMMA DELLE CURVATURE


A1=550 A2=450 R= -730 R= -820 A= 450 A= 450 R= -546 R=1500 A= 360 A= 360 A= 450 A= 450
D7

A= 550

Curvatura 1/R X 10

2 1 0 -1 -2 -3

D1

D2

R= 667

D3

R= 880

D4

D5

D6

Progressive
Velocit di progetto (km/h)
150 140 130 120 110 100 90 80

DIAGRAMMA DELLE VELOCITA'-PRIMA FASE VP1


140

VP2

VP4 VP3
120

131

135

140

VP6

VP5

125

VP7

110

VP8

Progressive
150 140 130 120 110 100 90 80

Velocit di progetto (km/h)

DIAGRAMMA DELLE VELOCITA'-FASE FINALE VP1


140

VP2

VP4 VP3
120

131

135

140

VP6

R= -386

95

VP5

135

V* P6

VPmax = 140

125

VP7

110

VP8

95

3 Progressive

5 6 7 verso di percorrenza

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I casi che si possono presentare dipendono dalla distanza D esistente tra le due curve con velocit di progetto Vp1 e Vp2 e le relative distanze di transizione DT1 e DT2 calcolate tra la velocit di progetto della curva e la Vp max: D > DT1 + DT2 La Vp max raggiunta e mantenuta per una lunghezza pari a (D - DT1 + DT2) tra le due curve;

D = DT1 + DT2

La Vp max raggiunta in un unico punto tra le due curve;

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D < DT1 + DT2

con D max(DT1; DT2). La massima velocit raggiunta lungo D V*, che inferiore alla Vp max. La V* calcolata con il seguente sistema in cui le distanze di transizione dT1 e dT2 sono calcolate tra la velocit di progetto della curva e la velocit V*:
dT1 = dT 2 = v *2 v p1 2a
2 2

v * 2 v p 2 2a

D = dT1 + dT2

D < DT1 + DT2

con D < max(DT1; DT2). In questo caso landamento del diagramma delle velocit dipende dal rapporto tra Vp1 e Vp2 ricordando che non possibile percorrere una curva circolare a velocit superiore alla sua velocit di progetto. Se Vp1>Vp2 necessario iniziare a decelerare lungo la prima curva per arrivare sul punto di tangenza della curva successiva alla Vp2. Se Vp1<Vp2 tutta la prima curva percorsa alla Vp1 ma, accelerando a partire dal punto di tangenza finale, la Vp2 non raggiunta sul punto di tangenza della seconda curva e quindi laccelerazione continua allinterno di essa.

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Una volta costruito il diagramma delle velocit e verificato che per tutte le curve la lunghezza di transizione DT non sia superiore alla distanza di visibilit DV ed alla distanza di riconoscimento Dr, occorre verificare il diagramma per entrambi i sensi di marcia per assicurare lomogeneit del tracciato. Per strade con Vp max 100 km/h (autostrade, strade extraurbane principali secondarie, locali): nel passaggio da un tratto caratterizzato dalla Vp max ad una curva con una Vp inferiore, la differenza di velocit non deve superare 10 km/h. Tra due curve successive questa differenza, comunque mai superiore a 20 km/h, preferibile non superi i 15 km/h. Per strade con Vp max 80 km/h (strade urbane di scorrimento, di quartiere, locali): nel passaggio da un tratto caratterizzato dalla Vp max ad una curva con una Vp inferiore, la differenza di velocit non deve superare 5 km/h. Tra due curve successive questa differenza, comunque mai superiore a 20 km/h, preferibile non superi i 10 km/h.

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IL COORDINAMENTO PLANOALTIMETRICO

Nei capitoli precedenti sono stati illustrati i criteri per la progettazione separata dellandamento planimetrico e di quello altimetrico dellasse stradale. Tuttavia, la definizione separata di questi due andamenti, anche se si sono rispettati i criteri e le regole previste, pu non condurre ad una soluzione complessiva accettabile. Infatti, come gi osservato in precedenza, lasse stradale in realt una linea tridimensionale che si sviluppa nello spazio e pertanto una sfavorevole sovrapposizione dellandamento planimetrico e di quello altimetrico pu dar luogo a difetti di percezione ottica che possono avere conseguenze anche sulla sicurezza della circolazione. Infatti, il guidatore attinge la maggior parte delle informazioni visive che utilizza per definire la condotta di guida dallandamento del nastro stradale e della relativa segnaletica orizzontale. Ad esempio, la figura seguente permette di osservare come la sovrapposizione di un raccordo verticale ad una curva planimetrica possa influenzare la percezione della sua curvatura e indurre quindi lutente ad una errata valutazione sulla sua velocit di percorrenza.

Figura

Linfluenza sulla percezione della curvatura di una curva planimetrica (caso d) della sovrapposizione di un raccordo convesso (caso e) e concavo (caso f) (Lamm et al. 1994).

La migliore sovrapposizione dellandamento altimetrico a quello planimetrico si ottiene quando il raccordo verticale inserito solo in un tratto rettilineo e ad una distanza dalle curve circolari tale da non influire sulla loro percezione. In particolare, deve essere verificato che un raccordo convesso posto subito prima di una curva circolare non la nasconda agli occhi del guidatore in avvicinamento, ovvero che la distanza di visibilit in avvicinamento alla curva sia superiore alla lunghezza di transizione prevista dal diagramma delle velocit. 96

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Per evitare che lerrata sovrapposizione dellandamento planimetrico e di quello altimetrico crei condizioni che possono influire la percezione ottica o, nei casi peggiori, mascherare parte del tracciato, il D.M. 05.11.2001 riporta una serie di difetti di coordinamento che devono essere evitati o, perlomeno, limitati aumentando quanto pi possibile il valore del raggio del raccordo verticale. Infine, quando un raccordo concavo segue, anche con linterposizione di una livelletta a pendenza costante, un raccordo convesso lutente pu non vedere una parte del tracciato. Questa situazione si definisce come perdita di tracciato. La mancanza di un tratto di tracciato nel campo visivo del guidatore pu creare una condizione di incertezza e disagio, in particolare se la strada ricompare a breve distanza. Pertanto, il D.M. 05.11.2001 riporta una tabella che, in funzione della velocit di avvicinamento, riporta la distanza di ricomparsa, ovvero la minima distanza al di sotto della quale non pu ricomparire la strada. Occorre evitare che si verifichi la perdita del tracciato in particolare quando nella parte di strada al di fuori della vista del conducente vi sono curve o intersezioni.

Figura

La perdita di tracciato e la distanza di ricomparsa (fig. 5.5.3.a D.M. 05.11.2001).

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