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Bra4003 _______________________________________________________________________________________________ Questo brano seguito da alcuni quesiti riguardanti il suo contenuto.

. Per ciascun quesito, il candidato deve scegliere, tra le alternative proposte, quella che ritiene corretta (una sola corretta). Tale scelta deve essere operata soltanto in base alle informazioni contenute (esplicitamente o implicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sullargomento.

La dilatazione temporale del periodo di dipendenza dalla famiglia dorigine ha causato un diffuso orientamento delle giovani generazioni a posticipare sempre di pi la conquista dellautonomia abitativa. I dati a livello europeo mostrano il consolidamento e la diffusione di questo comportamento in tutti i Paesi dellEuropa meridionale (Italia, Spagna, Grecia e Portogallo) e con peculiarit specifiche rispetto alle altre nazioni dellUnione Europea, tanto che si consolidato lapproccio che contrappone due modelli di transizione alla vita adulta: il modello mediterraneo e quello nordico. A questi due modelli Galland aggiunge il modello britannico, caratterizzato dalla maggiore precocit nel raggiungimento delle varie fasi. La transizione dei giovani britannici, quindi, contraddistinta dal precoce accesso al mercato del lavoro e da una pi giovane et media di matrimonio, mentre, allopposto, la maternit e la paternit sono eventi tendenzialmente rinviati. Il modello mediterraneo, di cui lItalia lesempio pi emblematico, caratterizzato da un accentuato prolungamento della transizione e, soprattutto, del periodo di permanenza nella famiglia dorigine. Il modello nordico, diffuso nei Paesi dellEuropa centro-settentrionale, si presenta pi complesso perch meno lineare, in quanto alcune fasi possono sovrapporsi ad altre e avere un carattere transitorio. Una delle differenze pi rilevanti con il modello precedente che labbandono della casa dei genitori avviene precocemente, in quanto prevale ladozione di diverse strategie abitative, anche solo in via sperimentale. Le convivenze con il/la partner o con amici, la vita da single o la sistemazione in residenze universitarie per tutta la durata degli studi sono forme residenziali molto diffuse tra i giovani. Per il loro carattere temporaneo, tuttavia, non sempre danno esito allacquisizione definitiva dellautonomia abitativa. In Italia e negli altri Paesi del Sud Europa, invece, lasciare la famiglia dorigine impone quasi sempre una scelta definitiva, motivata, nella maggior parte dei casi, da eventi socialmente legittimati, quali il matrimonio o un cambiamento di residenza per ragioni di lavoro.

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Secondo la medicina darwiniana o evoluzionista, che si occupa di analizzare il significato delle malattie alla luce dei possibili vantaggi evolutivi, ammalarsi pu anche fare bene. Soprattutto quando la malattia sviluppata fa da scudo ad altre pi gravi, prevenendole. Come nel caso dellanemia falciforme, una patologia di origine genetica dagli effetti mortali, che tuttavia pu diventare unutile antagonista della malaria. In che modo? Un portatore sano di anemia falciforme, ossia che possiede una sola copia del gene mutato che provoca la malattia, non solo non sviluppa lanemia ma anche tre volte pi resistente al contagio della malaria. Certo il vantaggio evolutivo si annulla immediatamente qualora il portatore abbia entrambi i geni compromessi: in questo caso, infatti, sarebbe comunque pi resistente alla malaria ma morirebbe di anemia. E questo vero tanto per luomo quanto per i batteri. Un microrganismo eccessivamente virulento, che porta alla distruzione dellorganismo ospite prima di essersi diffuso per contagio, sarebbe destinato allestinzione. La malaria uccide perch non ha bisogno dellindividuo contagiato per diffondersi, il raffreddore non uccide perch il contagio avviene da persona a persona. Secondo George Williams, docente di Ecologia dellevoluzione alla State University di New York, questa dinamica del contagio potrebbe dimostrarsi uneccellente strategia terapeutica per talune malattie come lAids. Al momento linfezione da Hiv si manifesta in una forma virulenta, mortale, solo perch la sua diffusione alquanto facile spiega Williams. Ma una buona profilassi preventiva che ne limiti la diffusione, costringerebbe il virus a evolversi verso una forma meno violenta, poich necessiterebbe della sopravvivenza pi prolungata dellorganismo ospite per trasmettersi. Conoscere il tracciato evolutivo di una malattia spiega Williams aiuta anche a individuarne i punti deboli. Le ragioni di una malattia possono dunque essere molteplici e non tutte attentano alla sopravvivenza umana. Non esiste un singolo organismo sano, ma quadri clinici e mutazioni pi o meno proficue allevoluzione della specie. Lunico intento dellorganismo sopravvivere quel tanto che gli necessario per riprodursi. Costi e benefici di una malattia devono essere calcolati solo sulla base delle necessit adattative.

Bra4017 _______________________________________________________________________________________________ Questo brano seguito da alcuni quesiti riguardanti il suo contenuto. Per ciascun quesito, il candidato deve scegliere, tra le alternative proposte, quella che ritiene corretta (una sola corretta). Tale scelta deve essere operata soltanto in base alle informazioni contenute (esplicitamente o implicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sullargomento.

Del resto lo stesso grande sistema allinterno del quale la vita si manifesta e si sviluppa, e cio la biosfera, nel suo insieme un complesso meccanismo di trasformazione e traduzione, come Vernadskij non si stanca di sottolineare. In quanto sistema specifico la biosfera si riferisce alla zona della crosta terrestre che occupa la superficie del nostro pianeta e accoglie tutto linsieme della materia vivente. Si tratta di un sistema interconnesso con quello planetario e profondamente interrelato con lambiente che lo circonda, per cui non pu essere studiato prescindendo da questo contesto globale nel quale si colloca. Esso costituisce uninfiltrazione nellidrosfera (vita acquatica) e nella parte pi superficiale della litosfera (vita terrestre) espandendosi per unaltezza di circa 5 km nella parte pi bassa dellatmosfera (nella troposfera). Se anche ammettiamo che occupi le profondit abissali delle acque e uno spessore di un paio di chilometri della litosfera, rappresenta pur sempre una sottile pellicola, in confronto alle dimensioni complessive della Terra. Eppure questa minuscola presenza assume unimportanza enorme per le attivit chimiche che svolge incessantemente e che condizionano la composizione stessa dellatmosfera, delle rocce e di vasti giacimenti minerari. Basterebbe ricordare che forse tutto lossigeno dellatmosfera prodotto dalla fotosintesi e che comunque tutto lossigeno dellaria e delle acque ha pi volte attraversato la biosfera compiendo una circolazione dallatmosfera allidrosfera dai tempi remoti a cui risale lapparizione delle prime piante verdi. Se si pensa che proprio la fotosintesi agisce ormai da alcuni miliardi di anni utilizzando lenorme disponibilit dellenergia solare e le grandi riserve originarie di anidride carbonica dellaria per formare composti organici essenziali a tutta la vita del mondo, ci si pu fare unidea dellimportanza fondamentale di questo fenomeno nel divenire della biosfera.

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Se per un verso la societ il fine dellindividuo, lindividuo il fine della societ. Se cio per un verso ci che d valore alle capacit e ai poteri degli individui limpiego che essi ne fanno per dare incremento alla vita e alla cultura degli altri, per laltro verso la societ lhumus naturale su cui sorge il valore delle persone. Cos scrive Lamberto Borghi di John Dewey, filosofo e pedagogista, il quale ha largamente influenzato lazione pedagogica ed educativa nel suo Paese, gli Stati Uniti dAmerica, e in Europa. Particolare attenzione va posta alla sua famosa scuola-laboratorio di Chicago. John Dewey matura un vero e proprio interesse verso i problemi delleducazione e verso la pedagogia in occasione del passaggio, nel 1894, allUniversity of Chicago. Pur continuando a insegnare filosofia, egli inizi a indagare scientificamente nellambito della pedagogia e, nel 1896, con il contributo della moglie Alice Chipman, fond la University of Chicago Elementary School, una Scuola-laboratorio di psicologia e pedagogia sperimentale. Per Dewey, sono educative quelle attivit che puntano al soddisfacimento dei bisogni e degli interessi degli alunni. Tali attivit impegnano e sviluppano le facolt intellettuali dellallievo; interessi ed esperienza dellalunno costituiscono, quindi, il focus su cui incentrare lazione educativa, facendo leva su quattro tipi dimpulsi riscontrabili nellallievo e che sono importanti nella scuola: gli istinti sociali, listinto indagativo, listinto operativo, del fare, e listinto artistico. Secondo Dewey, questi quattro tipi di istinti [...] sono le risorse naturali, il capitale non ancora investito, dal cui impiego dipende lattiva crescita del fanciullo. [...] Lo stesso processo di vivere insieme scrive Codignola, riferendosi alla pedagogia di J. Dewey [...] educa. Fino a che un ordinamento sociale [...] non impone ai suoi membri la passiva conformit [...] educa i suoi membri. Ma c un divario capitale tra leducazione accidentale e leducazione diretta, deliberata, formale. [...] Questo divario cresce col complicarsi della civilt ed profondissimo oggi [...], il trapasso dalleducazione della vita a quella diretta della scuola implica gi in s gravi pericoli. Leducazione diretta e formale tende a staccarsi dalla sua matrice, dalla immediata e vissuta esperienza sociale [...] per farsi remota, astratta, libresca [...].

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Fino ai primi anni Ottanta le case editrici di libri erano considerate parte di un segmento dai confini ben definiti allinterno del settore editoriale e si caratterizzavano per logiche gestionali particolari. I due elementi in comune fra leditoria libraria, periodica e quotidiana erano le caratteristiche del contenuto (linformazione, sotto forma di testo e immagini) e lutilizzo della carta come supporto per trasferire le informazioni. I volumi delle tirature, la diversa durata del ciclo produttivo e le caratteristiche fisiche del prodotto determinavano strutture aziendali e processi molto dissimili tra loro. La principale differenza fra i prodotti dei tre segmenti era rappresentata oltre che dalle caratteristiche fisiche dalla durata del ciclo di vita dei singoli titoli, connessa alla frequenza di aggiornamento delle informazioni contenute. La necessit di sostituire il prodotto sul punto vendita con diversa frequenza aveva inoltre portato alla specializzazione dei canali di distribuzione: ledicola per i titoli e le testate ad altissima rotazione, la libreria per i prodotti di catalogo. Il relativo isolamento delle case editrici di libri, la limitata possibilit di sfruttare sinergie fra i libri e gli altri prodotti editoriali da parte dei gruppi editoriali, la matrice culturale omogenea degli editori, la specificit delle professionalit richieste hanno contribuito al consolidamento di regole di funzionamento tipiche, spesso poco attente alle implicazioni economico-finanziarie delle scelte aziendali. Le strategie di molte case editrici anteponevano il raggiungimento di obiettivi sociali allottenimento di risultati competitivi ed economici. Parte degli editori reputava che la natura del prodotto non consentisse alle case editrici una gestione secondo economicit, mentre altri ritenevano che la povert strutturale del settore non consentisse alle imprese grandi guadagni, ma neppure grandi perdite.

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Ridere un altro modo di piangere, dice Radu Mihaileanu a proposito di Train de vie (Francia, 1998). E che cosa il comico, se non il tragico che si manifesta in un altro modo? bene qui non fraintendere. Il tragico non si annulla e nemmeno si occulta nel comico: piuttosto, in esso si manifesta, sebbene con lineamenti che non sono immediatamente i suoi. Il grande comico ma, come il poeta, il comico o grande o non ha dunque bisogno del tragico. Non si ride davvero se non sentendo il sapore delle lacrime. Il comico non nasconde n banalizza la sofferenza. Al contrario, trasfigurandola, la rammemora e la onora. Di quello di cui s pianto e ancora si piangerebbe, ora, invece si ride. Il segreto sta in questa piccola parola, invece. Il comico invece meraviglioso, ch rendendo leggero il dolore, non lo attenua, ma gli mette le ali. Cos fa appunto Mihaileanu la cui famiglia fu internata in un lager con un dolore che anche il suo. Questa compresenza di comico e tragico, e anzi questo loro rispecchiarsi, in Train de vie costante. Lo si sente addirittura, lo si soffre fin dalla prima sequenza. Schlomo corre dai campi verso il suo shtetl, verso il suo villaggio. Qui, di fronte al rabbino, non riesce a esprimere in parole lorrore che ha visto al di l dei monti, in un altro shtetl. Pu solo rappresentarlo in gesti: concitati, assurdi, parossistici. folle Schlomo. Anzi il matto dello shtetl. E noi sappiamo quanto vicine siano tra loro poesia e follia. [] Ed Schlomo, appunto, che narra la storia meravigliosa e leggera di Train de vie: la sua voce narrante che ci introduce al film, sar il suo volto che ci congeder. Il cuore dei suoi racconti , esso stesso, insieme comico e tragico. Per salvarsi, gli uomini e le donne dello shtetl accettano il consiglio saggio del folle Schlomo: farsi simili ai loro persecutori, assumerne le sembianze, i modi, la lingua. certo comico, il loro gran daffare: il loro cercar di parlare come tedeschi, il loro cercar di marciare come le SS. Ma anche tragico. Lo perch cos, talvolta, fa la vittima di fronte al persecutore: cerca di imitarlo per passare inosservata, per mimetizzarsi. E lo ancora di pi perch, capovolto, del persecutore mostra il comportamento. [] Sono le lacrime, dunque, che danno sapore alle risate con cui, in platea, ci godiamo la favola narrata da Schlomo e messa in scena da Mihaileanu. Ridiamo per la partenza in gran segreto dallo shtetl, e soffriamo del congedo del rabbino dalla sinagoga. Ridiamo dei nazisti beffati, e inorridiamo della loro rabbia. Ridiamo, ancora, quando nella pianura immensa alcuni partigiani allibiscono vedendo, da lontano, deportati ebrei e SS intenti a far gli stessi gesti strani. Stanno tutti pregando lo stesso Dio, ariani e semiti. I primi soprattutto sono comici, con i loro elmetti calcati in testa: tanto comici da chiamare il pianto. Ridere un altro modo di piangere, appunto. In Train de vie questo altro modo si manifesta come un gran gioco elusivo, come una dolorante civetteria che, per pudore, sta e ci tiene sul confine dellorrore: un confine che, con lultima immagine, Schlomo e Mihaileanu, folli e saggi, dimprovviso ci costringono a varcare.

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Alla base del film c lidea, che pu essere originale oppure ispirarsi ad altre forme artistiche e letterarie; in questultimo caso, lidea andr opportunamente rielaborata per poterla realizzare cinematograficamente, attraverso immagini in movimento. In ogni caso, al centro della storia che verr sviluppata, ci deve essere un conflitto esteriore (tra personaggi, fra ambiente e personaggio ecc.) oppure interiore (sul piano morale, esistenziale, ideologico ecc.), per determinare la tensione drammatica del film. Limmagine filmica deve essere funzionale alla narrazione: ciascuna inquadratura racconta e comunica emozioni, da sola e in sequenza con altre inquadrature. Nel passaggio dallidea alla stesura della sceneggiatura si definiscono sempre pi precisamente largomento, i luoghi, lepoca, i personaggi, le azioni. La sceneggiatura descrive tutte le scene in cui si dipana il film, le azioni e le battute dei personaggi. Preparatorio al film lo Story board, che rappresenta, tramite vignette, tutte le scene. In genere la narrazione cinematografica condensa la storia, utilizzando frequentemente lellissi ed eliminando i momenti meno significativi, dato che il film dura mediamente da unora e trenta minuti a tre ore, pur se la storia narrata dura anni o secoli. A volte si pu scegliere se far coincidere tempo della storia e tempo della narrazione, costruendo il film in tempo reale, come avviene in Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann del 1952. Le battute, data la limitata durata di un film, devono essere particolarmente ricche di significato e sintetiche; attraverso di esse si stabiliscono i legami fra i personaggi, si comprendono antefatti, si svelano segreti; talvolta chi parla resta fuori campo, come accade per la voce del narratore nelle sequenze girate in soggettiva o nei documentari. Il registro adottato (solenne, scientifico, familiare, gergale ecc.) connota i personaggi e contribuisce allambientazione. Alcuni registi, tuttavia, preferiscono avere solo un canovaccio e procedere alla definizione della sceneggiatura nel corso delle riprese.

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Chi ha un interesse professionale per le lingue classiche, ma segue anche le vicende dellitaliano contemporaneo, non pu non notare ogni giorno un fatto che pu apparire a prima vista paradossale. Da una parte, le lingue classiche tramontano sempre pi dal nostro orizzonte culturale: dalla scuola vengono estromesse in maniera a volte progressiva, a volte brusca e, in misura corrispondente, diminuisce quel tanto della loro conoscenza che, fino a venti anni fa, era lecito presupporre nei rappresentanti della cultura media o medio-alta. Dallaltra parte, parole dotte di origine classica, grecismi, latinismi o greco-latinismi abbondano sempre pi nella lingua dogni giorno, quella del giornalismo o addirittura della conversazione. Oggi, il liceale insofferente ormai anche al grechetto stentato che la scuola tenta di trasmettergli, sempre pi debolmente e con sempre minore convinzione, va a ballare la sera in una discoteca, o addirittura in una mega-discoteca, illuminata da luci psichedeliche. Sua madre, intanto, pratica forse una dieta macrobiotica, e sua sorella si allena in una palestra di ginnastica aerobica. Come si vede, sono tutti grecismi, di conio antico, moderno o modernissimo, ma quasi tutti di diffusione relativamente recente, spesso pi recente di quel che molti immaginerebbero. Il fenomeno un po meno appariscente per il latino, che ha spesso il torto di somigliare troppo allitaliano; ma anche qui non manca loccasione di sciacquarsi la bocca alle sorgenti classiche. Veniamo chiamati a votare in un referendum; se concorriamo a un posto di lavoro dobbiamo presentare un curriculum; il tecnico che ci accomoda il televisore parla in termini di video e audio; se rinnoviamo lassicurazione dellautomobile ci faranno un conto di bonus e malus. Naturalmente, tutto questo riguarda meno la storia della cultura classica in Italia che laccresciuta comunicazione tra i vari settori del lessico nellitaliano contemporaneo e la sua apertura agli influssi stranieri. Le parole greche e latine sono per loro natura spesso europeismi: pensiamo a sponsor, perfettamente latino ma venuto allitaliano dallinglese; nella coscienza di tutti il plurale fa sponsors e non certo sponsores, come corners e non come iuniores. Ci non toglie che le vicende delle parole delle lingue classiche, soprattutto dei grecismi, siano un ottimo terreno di osservazione, una spia e un segno dei tempi, tale da aiutarci a tentare anche noi una risposta al quesito principale che ci stato posto: Dove va la lingua italiana?.

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Dopo i quattordici, quindici anni aumenta nei ragazzi la spinta verso una maggiore libert e autonomia, con notevoli perplessit e preoccupazioni da parte dei genitori che si trovano improvvisamente a confrontarsi con esigenze del tutto nuove: le uscite serali, lacquisto del motorino, una somma di denaro da amministrare da s, le prime vacanze da soli. Si tratta di stabilire nuove regole, permessi e divieti. Il desiderio di emancipazione costituisce una spinta vitale, biologica, che assume un profondo significato esistenziale. Ladolescente sa di essere di fronte a una tappa importante della sua vita, che egli deve vivere in tutta la sua complessit se vuol lasciarsi alle spalle la nicchia protettiva dellinfanzia e diventare adulto. La posta in gioco alta: si tratta infatti della definizione di s, della possibilit di plasmare la propria identit e la propria vita indipendentemente, per quanto possibile, dal desiderio dei genitori e dalle aspettative dellambiente. Dora in poi i legami familiari possono apparire in contrasto con le naturali esigenze della crescita; le manifestazioni di affetto, di cura, di tutela non hanno pi il segno positivo che avevano nellinfanzia, ma appaiono inopportune e controproducenti per ladolescente. I riti, le consuetudini familiari gli appaiono insopportabili, gli danno un senso di soffocamento: vuole andare via, lontano dallo sguardo amorevole e apprensivo dei suoi genitori. E per fare questo, allontanarsi, prendere le distanze, vivere in prima persona la propria vita, necessario mobilitare le energie aggressive. In realt quello che vogliono i ragazzi non spezzare il filo rosso che li lega ai genitori, ma allentarlo quel tanto che basta per renderlo pi elastico, flessibile. Le pulsioni aggressive si alternano cos a ritorni in porto che consentono di prendere le distanze dalla famiglia gradualmente, riducendo spesso la guerra a conflitti di confine.

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Luomo del Rinascimento ha molti volti ben individuabili. [] La donna del Rinascimento, invece, sembra quasi senza volto. Un uomo pu essere principe o guerriero, artista o umanista, mercante o ecclesiastico, saggio o avventuriero. La donna assume solo raramente tali ruoli e, se lo fa, non sono questi i ruoli che la definiscono, ma altri: madre o figlia o vedova; vergine o prostituta, santa o strega, Maria, o Eva, o Amazzone. Queste identit (che le derivano soltanto dal sesso a cui appartiene) la sommergono completamente ed estinguono qualsiasi altra personalit cui ella aspira. La donna, per tutto il periodo del Rinascimento, combatte per esprimere s. Ma una lotta destinata allinsuccesso, dato che, dalla fine del Rinascimento, la fissit dei ruoli sessualmente definiti della donna stata riaffermata a ogni livello della societ e della cultura, e la condizione femminile non avanzata ma si avviata a un progressivo declino. La gran parte delle donne del Rinascimento divennero madri, e la maternit ha costituito la loro professione. La loro vita adulta (dai venticinque anni circa nella maggior parte dei gruppi sociali, dalladolescenza nelle lites) tra un ciclo continuo di parti, allattamenti e ancora parti. Le donne che appartenevano alle classi superiori davano alla luce un figlio ogni ventiquattro o trenta mesi. Gli intervalli tra un parto o laltro erano scanditi dai periodi di allattamento, che limitano la fertilit: quando il bambino era ormai svezzato, si poteva avere un nuovo concepimento. Le donne ricche partorivano anche pi figli di quelle povere. Il bisogno di procurarsi un erede, corollario alla necessit di trasmettere efficacemente la ricchezza, le costringeva alla fertilit. Dato che esse non allattavano i loro bambini, gli intervalli tra un parto e laltro potevano essere pi brevi. [] Portare un figlio un privilegio e un fardello della donna. In Italia e in Francia, la donna che aveva appena partorito un bimbo veniva festeggiata e coccolata. Il canonico milanese Pietro Casola, nel 1494, descrive la camera di una donna della nobile famiglia Dolfin di Venezia che era appena divenuta madre. La stanza era stata addobbata con ornamenti del valore di almeno duemila ducati, mentre le donne che si prendevano cura della partoriente indossavano gioielli il cui valore raggiungeva almeno i centomila ducati. La donna che aveva appena partorito, come una sposa novella il giorno delle nozze, occupava per un momento transitorio una posizione di onore che non conosceva confronti. Essere incinte costituiva comunque un segno di onore. [] Dalle donne delle classi superiori ci si aspettava anche che amassero i figli, e in effetti molte di loro lo facevano: nutrivano i figli e li educavano sino allet di sette anni (le figlie fino al matrimonio) trovando cos nella maternit unoccasione di creativit e di espressione. [] La preoccupazione per la morte del bambino era sempre in agguato a ogni nascita. Il neonato era in qualche modo considerato dalle madri del Rinascimento come un essere transitorio al quale si poteva dedicare solo un affetto provvisorio, anche se molto intenso.

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Cera una volta, cos iniziano tantissime fiabe. Prendete una cipolla, una carota e una costa di sedano, tritatele, fatele rosolare ecc., cos iniziano uninfinit di ricette. Questa preparazione si chiama soffritto. Serve a dare corpo e spessore ai piatti. Va cotto a bassissima temperatura, io uso dire: sopra una candela, quella elevata lo brucia e lo rende amarognolo e indigesto. Quando sentite un retrogusto di cipolla dopo aver gustato un piatto, vuol dire che al 99 per cento dei casi stata cotta a una temperatura troppo elevata. A volte, per esempio nel caso di un risotto, abbinare bene il soffritto al riso praticamente impossibile. Infatti, se il soffritto richiede sempre una temperatura di cottura pi bassa possibile, il riso diventa risotto solo grazie a una tostatura iniziale fatta a fuoco pi che allegro: salvare capra e cavoli impossibile, o la cipolla brucia o il riso non si tosta bene. Se si deve rosolare una carne per un brasato, cipolle e verdura non solo si bruciano, ma impicciano questa rosolatura, attenuandone il successo. Sono molti i casi come questi. Qual la soluzione? Semplice. Fare il soffritto come si deve, a fuoco dolcissimo, levarlo dalla casseruola, tritarlo, tenerlo da parte e unirlo alla preparazione quando la temperatura di cottura sar meno elevata. Ma c una soluzione anche migliore. Fate il soffritto, con calma, nella solita giornata uggiosa, quando non avete niente di meglio da fare. Conservatelo in frigo, dove dura senza problemi una settimana o in freezer, diviso in dosi standard, dove dura tre mesi, e aggiungetelo dove e quando serve, al momento giusto. Questa procedura fa guadagnare sempre tempo, lingrediente pi prezioso, e migliora la qualit di un piatto, senza mai peggiorarla. inutile riscaldarlo prima di utilizzarlo, toglietelo dal freezer due ore prima di utilizzarlo. Non spaventatevi e arrabbiatevi con me quando troverete nelle mie ricette lindicazione di unire il soffritto a cucchiaiate. Se non lavete pronto, basta farlo in un pentolino a parte e tritarlo, tutto qui. Calcolate che con una cipolla si fanno circa quattro cucchiai di soffritto di cipolle e con una cipolla, una carota e un gambo di sedano circa sei cucchiai di soffritto allitaliana. Due piccoli consigli finali. Un soffritto va preparato col burro, caso mai con lo strutto, molto pi leggero di quanto chiunque pensi. Se proprio volete usare lolio, dovr essere extravergine doliva, ma non saporito, altrimenti il sapore doliva dominer.Il soffritto non si sala, tanto non lo si rimangia a cucchiaiate e salerete il piatto dove lo utilizzerete. In tutti i libri di cucina si consiglia di usare le spezie con moderazione. giusto fare cos. Ma c una spezia di cui tutti sempre abusiamo: il sale. Ne va messo poco, se e quanto necessario e allultimo momento.

Bra4070 _______________________________________________________________________________________________ Questo brano seguito da alcuni quesiti riguardanti il suo contenuto. Per ciascun quesito, il candidato deve scegliere, tra le alternative proposte, quella che ritiene corretta (una sola corretta). Tale scelta deve essere operata soltanto in base alle informazioni contenute (esplicitamente o implicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sullargomento.

Lavvocato Utterson era un uomo dallaspetto rude, non silluminava mai di un sorriso; freddo, misurato e imbarazzato nel parlare, riservato nellesprimere i propri sentimenti; era un uomo magro, lungo, polveroso e triste, eppure in un certo senso amabile. Nelle riunioni di amici, quando il vino era di suo gusto, gli traspariva negli occhi qualcosa di veramente umano; qualcosa che non trovava mai modo di risultare nelle sue parole, e che si manifestava, oltre che in quella silenziosa espressione della faccia dopo una cena, pi spesso ancora e pi vivamente nelle azioni della sua vita. Lavvocato era severo nei riguardi di se stesso; quando si trovava solo, beveva gin, per mortificare linclinazione verso i buoni vini; e, sebbene il teatro lo attirasse, non aveva mai varcato la soglia di un teatro in ventanni. Nei riguardi del prossimo era tuttavia di una grande indulgenza; talvolta si meravigliava, quasi con invidia, della forza con la quale certi animi potevano venire spinti alla malvagit; e, in ogni occasione, era disposto pi ad aiutare che a disapprovare. Io tendo alleresia di Caino, soleva dire argutamente, lascio che mio fratello se ne vada al diavolo come meglio gli piace. Avendo un simile carattere, gli accadeva spesso di essere lultimo conoscente stimato, e di esercitare lultima buona influenza nella vita di uomini perduti. Costoro, sinch frequentavano la sua casa, venivano trattati senza il minimo mutamento di modi. Indubbiamente questo contegno riusciva facile al signor Utterson, poich egli era riservato al massimo grado, e anche le sue amicizie parevano fondate su una simile dottrina di bont. proprio delluomo modesto accettare il cerchio delle amicizie, cos come sono, dalle mani della sorte; questo era il caso dellavvocato. I suoi amici erano persone del suo stesso sangue, oppure gente che conosceva da lungo tempo; i suoi affetti, come ledera, si sviluppavano con il tempo, e non implicavano particolari qualit nel loro oggetto. Di tal genere senza dubbio doveva essere il legame che lo univa al signor Richard Enfield, suo lontano parente, uomo molto conosciuto in citt. Per molti restava un mistero cosa quei due potessero trovare uno nellaltro, e quali argomenti di conversazione potessero avere in comune. Coloro che li incontravano nelle loro passeggiate domenicali riferivano che non parlavano, e parevano singolarmente tediati, e salutavano con evidente sollievo lapparire di un comune conoscente. E tuttavia, i due uomini tenevano in gran conto quelle passeggiate, considerandole il maggior svago della loro settimana, e non solo scartavano ogni altra occasione di divertimento, ma resistevano persino al richiamo degli affari, per goderne senza interruzione. In uno di quei vagabondaggi accadde che passassero per una strada secondaria di un quartiere affollato di Londra. La via era piccola, e quel che si dice tranquilla, ma nei giorni feriali era piena di gente affaccendata.

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Linvenzione della moneta relativamente recente. Gli uomini primitivi non la conoscevano e utilizzavano il baratto come mezzo per lo scambio. Questo fu superato dallintroduzione della moneta naturale, consistente in un animale o in una cosa esistente in natura e considerata utile da tutti. Anticamente nel bacino del Mediterraneo si usava, per esempio, come moneta naturale il bestiame. Le testimonianze di questa forma pre-monetale sono molte; basti ricordare che il termine latino pecunia (denaro) deriva dal vocabolo pecus, che significa gregge. Ben presto per apparve chiaro che questa forma di pre-moneta aveva grandi difetti: il bestiame, infatti, consentiva un accumulo di ricchezza, ma il suo mantenimento era costoso e impegnativo. Si pass allora alla cosiddetta moneta utensile, ovvero a oggetti lavorati, i quali mantenevano intatti nel tempo il loro valore. Ad esempio, nella Grecia antica la moneta utensile fu rappresentata principalmente dagli spiedi e dalle asce, mentre in Cina si usarono vanghe e coltelli. A poco a poco gli oggetti usati a questo scopo persero ogni funzione pratica, legata al lavoro, e diventarono puri mezzi di scambio. A modificare la storia dei mezzi di scambio fu la scoperta del metallo. Esso, fuso in forma di piccoli pani o lingotti, possedeva infatti tutti i requisiti necessari a diventare mezzo di scambio. Lintroduzione della moneta di Stato rappresent il punto di arrivo di unevoluzione degli scambi commerciali del popolo greco. Nel corso del VII secolo a.C., infatti, i Greci emigrati verso le colonie del Mediterraneo diedero vita a un intenso rapporto commerciale con la madrepatria. Lo sviluppo degli scambi in termini quantitativi indusse gli operatori economici a sveltire le contrattazioni adottando mezzi di pagamento pi rapidi, diversi dalle forme di pre-moneta allora in uso. Nacque cos la nuova merce-campione, costituita da globetti di metallo di dimensioni minime, pi agili e facili da trattare rispetto ai pani di rame. I metalli nobili (loro, largento e lelettro, una lega ottenuta dai due metalli precedenti) vennero preferiti agli altri per il fatto di essere rari, di essere pressoch inalterabili, in quanto non ossidabili, e di essere riconoscibili facilmente, oltre che dal suono e dallaspetto, anche dal peso specifico, superiore a quello di tutti gli altri metalli allora conosciuti. Luso quotidiano di pezzi del genere aveva per un limite. Non presentando infatti nessuna marca di valore e nessun segno di garanzia, ogni volta che venivano ricevuti in pagamento, i pezzi dovevano essere pesati per stabilirne il valore e saggiati per verificarne la purezza. Questo inconveniente fu superato con lintroduzione di globetti contromarcati garantiti da banchieri, mercanti o altri operatori economici. A questo punto (intorno al 620-600 a.C.) intervenne il governo di una delle citt ioniche, forse Mileto, che si appropri dellidea emettendo una moneta statale con il suo simbolo. In circa un secolo, la moneta statale invase la Grecia continentale, poi divenne patrimonio di tutte le economie del Mediterraneo. Quella greca fu la prima moneta della storia, in tutte le altre aree la sua introduzione fu successiva.

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I classici si trasformano con noi, che oggi ci emozioniamo davanti alle statue greche non pi coperte di vernice, a Mozart suonato con sonorit da lui forse non previste. E a uno Shakespeare sempre attualizzato (gi nel Settecento Garrick recitava Macbeth in parrucca incipriata e calze di seta). Tuttavia il sogno di ricreare il passato lecito, e nel caso del Bardo culminato nella costruzione, a Londra, di un nuovo Globe, ossia di una playhouse simile a quelle elisabettiane distrutte e dimenticate nei secoli. Certo, ledificio di cemento e non di legno. Ma lo spettacolo si svolge allaperto e di giorno, con la luce naturale (allimbrunire qualche faro viene acceso); non ci sono amplificazioni (ma, purtroppo, arrivano i rumori del traffico); il pubblico della platea in piedi; la scena fissa, e per movimentarla si fa uso di suppellettili e del dialogo; qualche volta, anche se non sempre, gli uomini recitano parti da donna. Una visita allistituzione dunque unesperienza istruttiva, raccomandabile alle scolaresche e amata dai turisti una Disneyland benintenzionata, gestita con passione. Come Bach suonato sugli strumenti antichi: lo si accetta, una tantum, ma poi si torna ai Berliner. Non peregrina, comunque, lidea di invitare un allestimento del Globe, nella fattispecie uno Hamlet, sul palcoscenico dellOlimpico di Vicenza, ossia di un monumento di solito molto difficile da utilizzare, e che fu inaugurato ai tempi di Shakespeare. Lo spettacolo diretto da Giles Block vi si adattato con perfetta naturalezza, anche se avendolo concepito per la luce del sole, il regista lo ha illuminato a giorno, con effetto vagamente sconcertante allinizio, quando le sentinelle vedono arrivare lo spettro di Amleto padre. Qui lo scrupolo filologico apparso eccessivo, quando si trasferivano in un luogo chiuso Shakespeare e compagni usavano certamente torce e candele. Per il resto, la recuperata elisabettianit risultata in energia, ritmo e agilit sfoggiata da tutta la compagnia; in costumi colorati, volutamente anche un po ridicoli (Amleto in particolare si maschera spesso da puffo); in suoni di cornamuse, trombe e tamburi; in scene di interpreti quasi tutti non giovani e fisicamente non particolarmente attraenti lirrequieto, duttile, ironico protagonista Mark Rylance piccolo e stempiato, pi simile a Bing Crosby che a Laurence Olivier. Il testo porto con chiarezza e precisione, limando su sfumature e approfondimenti, anche se i monologhi sono indirizzati direttamente agli spettatori. Il meglio arriva con leccellente concertato delle scene di massa, particolarmente con i duelli e la strage finale, e con il ballo conclusivo di tutta la compagnia, una Totentanz con teschi al posto della tradizionale giga. Tre ore e venti con due intervalli, buona occasione per ripassare ancora una volta il testo, e alla fine grandi e meritati festeggiamenti agli ospiti.

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Blakelok un pittore americano del tardo 800 che divenne noto solo quando, a mezza et, perse la ragione e non fu pi in grado di riconoscere le proprie opere. Tanto che da allora fu impossibile distinguerle da quelle che nel frattempo erano state copiate o imitate nello stile (da Innes, Ryder, Kitchell e altri). Solo dopo il 1970 a Brookaven, con laiuto di una tecnica radioisotopica molto usata in biologia e in metallurgia (lautoradiografia), si dimostrato che i suoi dipinti autentici risultano inconfondibili per la costanza nelluso dei materiali e per la tecnica di applicazione dei colori. Questo solo un esempio di come le tecniche radioanalitiche possano aiutare identificazione, conservazione e restauro delle opere darte sia antiche che attuali, offrendo procedimenti di analisi molto sensibili e, quel che pi conta, non distruttivi. Sono gi noti i metodi di datazione archeologica (al carbonio 14 o altri) o lo studio con lanalisi per lattivazione dei colori. Oggi le tecniche di radioanalisi al servizio dellarte sono ancora cresciute, mutuando metodologie da campi diversi, come la medicina e lindustria. Queste tecniche possono essere rivolte sia alla determinazione della struttura delloggetto (analisi morfologica) che alla sua composizione (analisi chimica), e finalizzate tanto alla sua identificazione quanto alla sua conservazione.La composizione strutturale si pu studiare sfruttando la trasparenza dei corpi alla radiazione elettromagnetica ad alta energia, cio con la radiografia o la Tac. La radiografia viene applicata ai quadri, e permette di mettere in evidenza tutti i componenti come la tela, la stesura di gesso, le colle e i pigmenti con i loro leganti; si pu cos conoscerne non solo la tecnica adottata e deciderne lattribuzione nel caso di incertezza, ma anche lo stato di conservazione e programmare leventuale restauro con cognizione di causa. Lapparecchio a raggi X usato non differisce, a parte lenergia dei raggi, da quelli impiegati per la radiodiagnostica umana, cos come la lastra radiografica di un tipo comune, e viene messa a contatto con il dipinto creando fra i due strati una leggera depressione in modo da avere una perfetta aderenza. Quando lopera sotto studio tridimensionale, come una statua, un vaso, un sarcofago, si mutua invece dalla medicina la tomografia assiale computerizzata (Tac). Con essa si riesce a visualizzare la struttura interna delloggetto, altrimenti visibile solo con interventi distruttivi. Data la grande variet dei campioni da esaminare, la Tac sulle opere darte ha subito, rispetto alla Tac clinica, notevoli variazioni: per statue e oggetti metallici di grandi spessori (fino a 30 centimetri) i normali raggi X di 0,1-0,3 MeV vengono sostituiti da raggi di 12 MeV. Le tecniche radioanalitiche che consentono lanalisi chimica sono invece quelle basate sulla fluorescenza indotta e sullanalisi per attivazione. La prima normalmente pi agevole della seconda perch si pu eseguire con strumenti portatili. In sostanza essa consiste nello stimolare con radiazioni poco penetranti gli atomi superficiali dellopera in esame. Gli atomi cos stimolati rispondono emettendo a loro volta una radiazione che come una loro carta di identit e si rivelano quindi come tipo e quantit. Normalmente la radiazione usata per la stimolazione consiste in raggi X o gamma e la tecnica si chiama X Ray Fluorescence (XRF), ma ultimamente stata sviluppata una interessante variante, la Pixe alfa. In essa la stimolazione degli atomi viene realizzata con una sorgente di particelle alfa (da Po-210), che percorrono circa 5 centimetri in aria e non richiedono particolari precauzioni di radioprotezione, salvo il non venirne a contatto.

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Invasa di benessere per il vino rosato della colazione, Nicole Diver pieg le braccia abbastanza in alto perch le camelie artificiali sulla spalla le sfiorassero la guancia, e usc nel bel giardino senzerba. Il giardino, da una parte era delimitato dalla casa, da cui si usciva ed entrava, da due parti dal vecchio villaggio, e dallultima parte dalla rupe che scendeva a terrazze fino al mare. Lungo i muri dalla parte del villaggio tutto era polveroso, le viti contorte, i limoni e gli eucalipti, le carreggiate casuali lasciate un momento prima ma connaturate al sentiero, secche e lievemente friabili. Nicole era invariabilmente sorpresa dal fatto che svoltando nellaltra direzione oltre unaiuola di peonie, si entrasse in una zona cos verde e fresca che foglie e petali vi si arricciavano di tenera umidit. Annodata alla gola portava una sciarpa lilla che anche nella luce incolore del sole le accendeva il viso e i piedi in unombra lilla. Aveva il viso duro, quasi severo tranne per il raggio morbido di dubbio pietoso che le usciva dagli occhi verdi. I capelli, una volta biondi, si erano scuriti; ma era pi bella adesso a ventiquattro anni di quanto non lo fosse stata a diciotto, quando i suoi capelli erano pi chiari di lei. Seguendo un sentiero bagnato da una nebbia intangibile di fiori che seguiva il limite di pietre bianche, giunse a uno spiazzo sovrastante il mare dove vi erano lanterne addormentate tra i fichi e una grande tavola e sedie di vimini e un grande ombrellone da mercato di Siena, il tutto raccolto intorno a un pino enorme, lalbero pi grande del giardino. Si ferm un momento guardando distrattamente la vegetazione di nasturzi e iris aggrovigliata ai suoi piedi, come scaturita da una manciata sbadata di semi, ascoltando le lamentele e le accuse di una disputa infantile in casa. Quando questa mor nellaria estiva, procedette tra le peonie caleidoscopiche ammassate in una nuvola rosa, tulipani neri e marroni e fragili rose dallo stelo violaceo, trasparenti come fiori di zucchero nella vetrina di un pasticciere; finch lo scherzo di colore, come se non potesse raggiungere unintensit maggiore, irrompeva improvvisamente a mezzaria e gradini umidi conducevano a un piano un paio di metri pi in basso. Qui cera un pozzo la cui sponda era bagnata e sdrucciolevole anche nei giorni sereni. Nicole sal i gradini che conducevano nellorto; camminava piuttosto in fretta; le piaceva essere attiva anche se a volte dava unimpressione di riposo che era insieme statica ed evocativa. Questo dipendeva dal fatto che conosceva poche parole e non credeva in nessuna, in mezzo alla gente era piuttosto silenziosa, fornendo la sua parte di humor educato con una precisione che rasentava laridit. Ma nel momento in cui gli estranei incominciavano a sentirsi a disagio di fronte a questa economia, si impadroniva dellargomento e vi si lanciava febbrilmente, sorpresa di se stessa; poi lo riportava indietro e lo abbandonava bruscamente come un obbediente cane da caccia che abbia fatto quel che doveva e anche qualcosa di pi. (Francis Scott Fitzgerald, Tenera la notte, Einaudi).

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Soltanto i giovani hanno momenti del genere. Non dico i pi giovani. No. Quando si molto giovani, a dirla esatta, non vi sono momenti. privilegio della prima giovent vivere danticipo sul tempo a venire, in un flusso ininterrotto di belle speranze che non conosce soste o attimi di riflessione. Ci si chiude alle spalle il cancelletto dellinfanzia, e si entra in un giardino dincanti. Persino la penombra brilla di promesse. A ogni svolta il sentiero ha le sue seduzioni. E non perch sia questo un paese inesplorato. Lo sappiamo bene che lumanit tutta passata di l. piuttosto lincanto delluniversale esperienza, da cui ci aspettiamo emozioni non ordinarie o personali, qualcosa che sia solo nostro. Si va avanti ritrovando i solchi lasciati dai nostri predecessori, eccitati, divertiti, facendo tuttun fascio di buona e cattiva sorte zuccherini e batoste, si pu dire il pittoresco lascito assegnato a tutti, che tante cose riserba a chi ne avr i meriti, o forse a chi avr fortuna. Gi. Si va avanti. E anche il tempo va, fino a quando innanzi a noi si profila una linea dombra, ad avvertirci che bisogna dare addio anche al paese della giovent. Questo il periodo della vita in cui pi facile sopraggiungano i momenti che ho detto. Che momenti? Be, momenti di noia, di stanchezza, dinsoddisfazione. Momenti davventatezza. Voglio dire momenti in cui, chi ancora giovane, si trova a commettere azioni avventate, come ad esempio sposarsi allimprovviso o abbandonare senza un motivo un posto di lavoro. Questa non la storia di un matrimonio. Non mi and poi cos male. Per quanto avventata la mia azione fu piuttosto qualcosa come un divorzio, quasi una diserzione. Senzalcuna ragione comprensibile alla luce del buon senso, abbandonai il posto di lavoro sbaraccai la mia cuccetta lasciai una nave di cui il peggio che si poteva dire che era una nave a vapore, e dunque forse non degna della cieca lealt cheMa inutile adesso voler abbellire ci che io stesso allepoca sospettai fosse soltanto un capriccio. Fu in un porto dOriente. DOriente era la nave, in quanto apparteneva a quel porto. Commerciava tra le scure isole dun mare azzurro solcato da scogliere, col rosso vessillo mercantile sulla corona di poppa, e sullalbero maestro una bandiera di compagnia, parimenti rossa, ma con orlo verde e bianca mezzaluna al centro. Infatti il suo armatore era un arabo, e per giunta un capo. Da cui il verde orlo della bandiera. Era costui il capo di una grande casata di Arabi degli Stretti, ma e Est del canale di Suez non si trovava suddito pi fedele del composito impero britannico. La politica mondiale non lo toccava n punto n poco, godendo egli bens dun forte e oscuro potere tra la sua gente. Ma poco a noi importava chi fosse larmatore di quella nave. Egli aveva dovuto impiegare dei bianchi al suo servizio, per i compiti di navigazione, e molti di questi si erano congedati senza averlo visto manco una volta. Io stesso lo vidi una volta soltanto, del tutto casualmente su un molo: un vecchietto scuro, cieco dun occhio, con candida casacca e pantofole gialle. Una folla di pellegrini malesi, cui aveva concesso favori in forma di cibo o denaro, si lanciava a baciargli la mano. Mi dissero che spandeva le sue elemosine a destra e a manca, fino a coprire quasi tutto lArcipelago. Infatti non forse scritto che Luomo caritatevole amico di Allah? Ottimo (e pittoresco) armatore con cui si poteva star tranquilli, ottima nave scozzese perch tale era dalla chiglia in su ottima imbarcazione, facile da tener pulita, maneggevole sotto ogni aspetto, e salvo per la faccenda della propulsione a vapore, degna daffetto in modo assoluto, ancora oggi la venero con profondo rispetto per la sua memoria. Quanto al genere di commerci cui era adibita e ai miei compagni, se un mago benefico mi avesse concesso di scegliere una vita e degli uomini di mio gradimento, non avrebbe potuto toccarmi di meglio. E allimprovviso abbandonai tutto questo. Labbandonai alla maniera di un uccello che, senza logica per noi, se ne va da un comodo ramo. Fu come se, pur senza rendermene conto, avessi udito un sussurro o visto qualcosa (Joseph Conrad, La linea dombra, Mondadori).

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Intorno alla questione delle costituzioni si gioc una parte notevole dello scontro politico nel XIX secolo. La storia costituzionale ne quindi un capitolo importante. Lidea di costituzione era parte integrante del concetto liberale dello Stato, uno Stato che fosse governo della legge e non degli uomini e che si fondasse sulla certezza del diritto e sulla rigorosa divisione dei poteri. Lesistenza di una costituzione scritta che stabilisse in forma certa, imperativa anche per il sovrano, le caratteristiche fondamentali dello Stato, il funzionamento dei suoi organi e i diritti-doveri dei cittadini appariva in questo senso indispensabile. La presenza di una costituzione segna la differenza tra lo Stato assoluto e lo Stato costituzionale. Nella monarchia assoluta il sovrano al di sopra della legge; egli regna per grazia di Dio e concentra nelle proprie mani tutto il potere. limitato vero dalla forza della tradizione, ma non esiste alcuna norma scritta che ne regoli loperato. Nella monarchia costituzionale, invece, il sovrano regnando per grazia di Dio e volont della nazione accetta di governare secondo una Carta, che ne stabilisce le prerogative, e di assoggettarsi a una parziale divisione dei poteri tra re e Parlamento. Il primo nella formazione dei governi continua a scegliere e nominare i ministri che, a loro volta, rispondono solo al sovrano, ma una parte dellattivit legislativa trasferita allorgano rappresentativo. Un esempio classico di monarchia costituzionale rappresentato dal regime di Luigi XVIII. Egli accett lidea di costituzione, ma respinse il progetto formulato dal Senato e volle che il sistema costituzionale dipendesse solo dalla sua generosit, concedendo unilateralmente la Carta (di qui il termine Charte octroye, concessa). La monarchia parlamentare infine fondata sulla sovranit popolare e sul pieno rispetto del principio rappresentativo: il sovrano regna ma non governa, e spetta al Parlamento eletto dai cittadini approvare con il voto di fiducia (o respingere) i governi e fare le leggi. La differenza e il grado di democrazia dei diversi tipi di monarchie parlamentari consisteranno nella maggiore o minore ampiezza del diritto di voto. NellEuropa del 1813 poche erano le forme di governo costituzionali, concentrate eccetto lesempio francese esclusivamente nel Nord Europa: il regno dei Paesi Bassi, la Svezia e la Norvegia. La Danimarca invece restava una monarchia assoluta. Nellarea tedesca lAtto di confederazione del 10 giugno 1815 non pu essere considerato una vera e propria costituzione, e la Dieta germanica non era elettiva. Le uniche costituzioni furono concesse dai principi della Germania meridionale in Baviera, Wrttemberg, Assia-Darmstadt, Nassau, Brunswick e Sassonia-Weimar. In Austria, Prussia, Russia e negli Stati italiani vigeva il regime assoluto mentre in Polonia lo zar ammise una carta costituzionale. In Spagna la costituzione del 1812 (la pi radicale delle costituzioni del tempo) fu abrogata da Ferdinando VII. La Svizzera era lunico esempio di repubblica. In Inghilterra, pur non esistendo una costituzione nel senso formale del termine, vigeva un sistema relativamente liberale fondato sullequilibrio tra re e Parlamento (elettivo), in evoluzione tra il modello di monarchia costituzionale e quello di monarchia parlamentare. Essa costituiva un apparente paradosso: il sistema politico pi moderno dEuropa si reggeva non su una costituzione scritta ma sulla consuetudine e la tradizione. Alla base stavano leconomia e il sistema sociale pi dinamici del mondo.Liberamente tratto da: Archivio Selexi - Storia

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Il predominio persistente degli Stati Uniti nella produzione aeronautica rappresenta un potente simbolo della potenza tecnologica di quel Paese. inoltre un simbolo particolarmente evidente per gli uomini politici, che passano molto del loro tempo a volare da una riunione allaltra. Non quindi sorprendente che da lungo tempo i governi europei abbiano tentato di sviluppare industrie aeronautiche in grado di competere con quelle statunitensi. Negli anni Cinquanta e Sessanta tentativi di questo tipo furono effettuati a livello nazionale, ma con poco successo. A partire dalla fine degli anni Sessanta, tuttavia, in Europa si sono avuti due significativi sforzi di cooperazione per sviluppare il settore. Uno di questi sforzi si concretizz nella promozione congiunta, da parte di Gran Bretagna e Francia, della produzione di un aereo supersonico, il Concorde. Dal punto di vista tecnico, la costruzione di un aereo supersonico per servizio passeggeri divenne possibile verso la fine degli anni Sessanta, ma i produttori privati non erano convinti della profittabilit dellimpresa. Una campagna politica per indurre il governo statunitense a finanziare la produzione di un aereo di questo tipo fall. Ma in Europa la Gran Bretagna e la Francia si accordarono per sostenerne finanziariamente lo sviluppo. La logica sottostante a un accordo del genere era complessa. In qualche misura, si sperava in consistenti esternalit tecnologiche. Pi significativi, tuttavia, erano il prestigio associato al progetto e lutilit del Concorde come simbolo della cooperazione europea. In termini commerciali i risultati si rivelarono disastrosi. I Concorde risultarono estremamente costosi da gestire e il risparmio di poche ore di volo non fu sufficiente a coprire la differenza di costi. Solamente pochi Concorde vennero venduti e quei pochi furono acquistati delle aviolinee nazionali (pubbliche) britanniche e francesi. La valutazione pi generosa che pu essere fatta sul Concorde che esso gener esternalit tecnologiche sfruttate nel successivo tentativo europeo di ingresso nella produzione aeronautica, realizzatosi con lAirbus. LAirbus rappresenta un consorzio di governi europei finalizzato alla costruzione di grandi aerei passeggeri, in diretta concorrenza con il punto di forza della produzione statunitense. Le spese in conto capitale, insieme ad alcune altre componenti di costo, sono state sussidiate dai governi aderenti allaccordo. A differenza del progetto del Concorde, quello dellAirbus ha avuto successo nella produzione di aerei commercialmente adeguati: la serie A300 jet passeggeri di ampia dimensione per voli a medio raggio , per costi operativi e prestazioni, del tutto paragonabile agli equivalenti aerei prodotti negli Stati Uniti. Le vendite sono risultate significative. Sfortunatamente, dopo anni di sussidi lAirbus continua a presentare costi di produzione sostanzialmente pi elevati di quelli del Boeing, il principale concorrente statunitense. LAirbus riuscito ad assicurarsi consistenti quote di mercato, ma al costo di ricorrenti sostegni pubblici.Ci che rende lesperienza dellAirbus particolarmente interessante la sua rilevanza nella precedente discussione sulla politica commerciale strategica. Le economie di scala nella produzione degli aerei passeggeri di grande dimensione sono cos enormi che nellintero mercato mondiale esiste spazio per solamente uno o due produttori che ottengano profitti positivi. Il sussidio europeo a sostegno dellAirbus potrebbe essere considerato come un tentativo di superare il vantaggio iniziale della Boeing per sottrarle a favore dellEuropa parte di quel profittevole mercato. Purtroppo, fino a oggi il risultato stato questo: la Boeing non stata indotta a lasciare il mercato, e lAirbus assorbe un rilevante ammontare di denaro pubblico.

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Quando Goldoni intraprese la sua attivit di scrittore per il teatro, la scena comica era dominata dalla Commedia dellarte, in cui gli attori improvvisavano le battute, senza seguire un testo scritto, solo sulla base del canovaccio, una sorta di scaletta che indicava le azioni della commedia. Goldoni, come lui stesso afferma in alcune opere di carattere teorico (Il teatro comico e i Mmoires), si mostrava molto critico verso la commedia dellarte. I motivi del suo rifiuto erano: la volgarit in cui era caduta la comicit, la rigidezza stereotipata a cui si erano ridotti i tipi rappresentati dalle maschere, la ripetitivit della recitazione (gli attori ripetevano sempre gli stessi lazzi, le stesse azioni e battute convenzionali oramai prevedibili). Ma la ragione della riforma non si appoggiava su queste degenerazioni, quanto sullimpianto stesso della commedia dellarte e sulla visione del reale che proponeva. Il bisogno di una riforma nasce gi nello spirito del razionalismo arcadico che aspirava alla semplicit, allordine razionale e al buon gusto. Gi in ambito arcadico erano nati tentativi di riforma da parte di alcuni autori toscani (Giovan Battista Fagiuoli, Iacopo Angelo Nelli, Girolamo Gigli) ma i loro tentativi erano solo letterari e confinati nel chiuso delle accademie. Goldoni invece non era un letterato, ma un uomo di teatro che lavorava a diretto contatto con il pubblico, di cui conosceva i gusti e le preferenze. Goldoni ebbe anche la fortuna di vivere a Venezia, dove il teatro era molto radicato. La riforma non vuole solo modificare un genere letterario, ma vuole incidere sullo spettacolo, nei suoi rapporti con la vita sociale. Goldoni, nella prefazione alle commedie, afferma che nella sua riforma non si ispirato a modelli libreschi, ma che gli unici libri su cui ha studiato erano il mondo e il teatro; la realt e la scena. Goldoni vuole proporre testi che piacciano al pubblico ma che allo stesso tempo siano verisimili, cio attinenti alla realt. Per questo Goldoni si oppone alle maschere, troppo stereotipate; a esse sostituisce i caratteri, colti nelle loro individualit e variet psicologiche. Per Goldoni i caratteri sono finiti in base al genere (per esempio lavaro, il geloso, il bugiardo) ma infiniti nella specie, ci sono infatti infiniti modi di essere avari, gelosi e bugiardi. La ricerca dellindividualit propria della civilt borghese: larte classica rappresentava categorie di individui, quella borghese rappresentava i singoli individui. (...)La riforma vuole quindi restituire una dignit al teatro in generale, contrapponendosi sia alleccessiva frivolezza della commedia dellarte sia alleccessiva tendenza eroica della tragedia. Il rifiuto dellimprovvisazione nasce dal fatto che gli attori, seguendo semplicemente il canovaccio, non potevano fornire una rappresentazione completa del reale. Goldoni incontr delle opposizioni alla sua riforma: in primo luogo quella degli attori, che si trovavano a ricoprire un ruolo secondario e che non erano abituati a imparare a memoria un testo scritto; in secondo luogo quella del pubblico, oramai affezionato alle maschere e alle battute della commedia dellarte. La riforma, proprio per ovviare a queste avversit, fu graduale: Goldoni scrisse prima solo la parte del protagonista (la prima commedia con queste caratteristiche fu il Momolo cortesan); in seguito pass alla stesura delle parti di tutti i personaggi (La donna di mondo). Egli fu molto abile nel mantenere le maschere modificandole per dallinterno e facendole assomigliare sempre pi a caratteri individuali, fino a giungere alla loro completa eliminazione.

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Si detto spesso che, per lEuropa, lOttocento il secolo dei nazionalismi. in quel periodo, infatti, che lideologia nazionalista fa da primo veicolo dellentrata graduale delle masse in politica e che le lotte per lindipendenza nazionale segnano profondamente levoluzione del sistema statale europeo. Gli ideali nazionalisti vengono considerati parte integrante di una fase di sviluppo politico che vede il riscatto di nazioni storiche proiettate alla costruzione di un proprio Stato. Saranno poi le due guerre mondiali del XX secolo, ancora fortemente intrise di ideologie nazionaliste (anche se non solo di quelle), ad avvalorare e confermare sempre pi limmagine del nazionalismo come unideologia politica patologica e negativa, non pi conquista e riscatto dellindipendenza nazionale, ma anche aggressivit, prevaricazione e imperialismo. Il nazionalismo che si sviluppa nel corso dellOttocento trova il suo culmine e la sua esasperazione nei totalitarismi del XX secolo, passando da una dimensione strettamente territoriale a una mirante allesaltazione dellanima nazionale, ovunque essa sia identificabile. Gli esiti della Seconda guerra mondiale hanno poi contribuito a diffondere lidea che il nazionalismo fosse, nel mondo sviluppato, una patologia ormai in declino, una frattura superata e meno intensa e importante di quella di classe: la frattura territoriale sarebbe stata ormai soppiantata dalla pi universale frattura fra datori di lavoro e prestatori dopera. Cos, nel corso degli anni Cinquanta, anche fra gli scienziati sociali si era fatta strada lidea che i conflitti etno-nazionali nei Paesi occidentali fossero destinati a spegnersi gradualmente e a perdere dimportanza. Da una parte, cera la convinzione che i processi di modernizzazione, dopo essere stati indicati come una delle principali cause dello sviluppo dei nazionalismi, avrebbero in realt condotto a unintegrazione definitiva della societ e reso cos sempre pi anacronistica ogni rivendicazione nazionalistica. Dallaltra, la fine ormai annunciata delle ideologie avrebbe fatto esaurire anche i nazionalismi. A rafforzare queste convinzioni stavano poi i processi in atto di integrazione sovrastatale e sovranazionale che, almeno in Europa, sembravano destinati a indebolire ogni forma di particolarismo etnico. La comparsa di una serie di fenomeni di mobilitazione etnica in Europa occidentale a partire dalla met degli anni Cinquanta ha poi costretto le scienze sociali a riconsiderare la rilevanza delle fratture etniche. In particolare, si ricominci a osservare come i processi di centralizzazione, omogeneizzazione socio-culturale e integrazione nazionale ottenessero in certi casi effetti opposti a quelli previsti: la crescita dei contatti con il mondo esterno, favorita dalla mobilit degli individui e dai mass media, ha in certi casi accentuato lidentit e la coscienza etnica e dato spazio, quindi, a nuove aspirazioni e domande di specificit etnica. Dal canto suo la scienza politica si sempre pi interessata allincidenza delle fratture etniche sulle scelte di voto.Pietro Grilli di Cortona, Stati, nazioni e nazionalismi in Europa, Il Mulino, Bologna, 2003

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La storia medievale dellItalia aveva gi preso un avvio singolare rispetto a quello degli altri Paesi europei con linvasione dei Longobardi nel 568. Da allora si erano determinati alcuni caratteri destinati a diventare permanenti nella vita del Paese. In primo luogo, i Longobardi non conquistarono interamente il Paese. Lintero Mezzogiorno, Roma, gran parte dei litorali adriatico e tirreno rimasero a lungo nelle mani di Bisanzio, cos come le isole. I Longobardi che penetrarono nel Mezzogiorno subirono largamente linfluenza bizantina, specialmente dopo la conquista franca del regno longobardo. Nacque cos una divisione del Paese in due grandi parti (la meridionale e insulare, e la centrale e settentrionale), contraddistinte da sviluppi politici e istituzionali diversi. In secondo luogo, i rapporti tra la Chiesa di Roma e i Longobardi, anche dopo la loro conversione al Cattolicesimo, furono sempre improntati a diffidenza o ad aperta ostilit, per cui si posero le radici di un altro antagonismo ricorrente nella storia italiana: quello tra la Chiesa e la potenza o il potere politico prevalente nella Penisola. E, come dice Dante Alighieri, quando il dente longobardo morse la Santa Chiesa, questultima, non potendosi pi appellare alla ormai troppo lontana Bisanzio, si appell alla monarchia franca, finch Carlomagno abbatt e sottomise il popolo longobardo, secondo uno schema pi volte ripetutosi in seguito. In terzo luogo, nel regno longobardo, lautorit dei sovrani, emanata da Pavia, la capitale, non riusc a farsi valere sempre e appieno sulle varie fazioni e parti del popolo e del Paese. I duchi e altri signori si comportavano verso il re con un forte grado e spirito di autonomia. La tradizione del potere centrale fu perci assai debole fin dallinizio nello Stato, che pure giunse ad assoggettare (tranne Venezia e Roma) quasi tutta lItalia centro-settentrionale.La conquista franca non riusc a superare, nella sostanza, queste condizioni di fondo. Nella dissoluzione dellImpero carolingio il particolarismo si manifest in Italia con una forza ancora maggiore che altrove, finch, a met del X secolo, Ottone I di Sassonia non riusc a ristabilire nel Paese la sovranit imperiale. Non era pi lImpero di Carlomagno, perch si estendeva solo sui territori italici e germanici dello stesso. Da allora nuovo elemento di caratterizzazione della storia italiana e per alcuni secoli, le vicende politiche italiane furono strettamente intrecciate con quelle della Germania, cos come gi lo erano con quelle della Chiesa. E, tuttavia, la riorganizzazione ottoniana dellImpero e dellItalia avrebbe a sua volta lasciato una traccia profonda nella storia del Paese. Alla fine del X secolo, quando Bisanzio gi da tempo si era riaffacciata in forze nel Mezzogiorno e i musulmani avevano conquistato la Sicilia, poche altre parti dEuropa apparivano in tanto fermento e pullulavano di tante spinte ed energie come la penisola italiana.

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Assieme alla tragedia, la commedia fu la principale invenzione letteraria che Atene consegn alla cultura successiva. La commedia (la parola significa probabilmente canto di festa) si svilupp da processioni e rituali collegati alle feste di fertilit, durante le quali il riso, il motteggio e il linguaggio osceno avevano il preciso significato rituale di favorire magicamente la fecondit della natura. La commedia assunse poi forma teatrale a partire dallanno 486 a.C. Anchessa fu rappresentata ad Atene durante due ricorrenze: le feste Lenee in febbraio e le Dionisie alla fine di marzo, quando si rappresentavano anche le tragedie. La commedia antica fu una diretta espressione della democrazia ateniese: essa era infatti una commedia politica, vale a dire trattava elementi di attualit che erano accaduti durante lultimo anno e che venivano proposti sulla scena in modo comico o deformato. Sulla scena comparivano non personaggi del mito eroico (come nella tragedia) o di fantasia, ma individui reali di cui veniva fatta la caricatura: uomini politici messi alla berlina, privati cittadini derisi per i loro vizi, poeti o filosofi beffeggiati. La commedia era dunque lespressione della parresia, cio della libert di parola che era il diritto pi caro a ogni cittadino democratico. Ma poich alle rappresentazioni comiche assisteva la grande massa dei cittadini, la commedia era anche uno strumento per controllare e influenzare lopinione pubblica. Scriveva un anonimo sostenitore dellopposizione oligarchica: Gli Ateniesi non permettono che si porti sulla scena comica il popolo o che se ne parli male perch non vogliono apparire in una luce negativa. Ma apprezzano e richiedono che si rivolgano attacchi personali contro privati cittadini, ben sapendo che chi viene deriso dai comici non uno del popolo o della massa, ma un ricco o un nobile o un cittadino influente. Il massimo esponente della commedia antica fu Aristofane (circa 440-385 a.C.); egli esord sulla scena deridendo ferocemente Cleone, luomo forte della democrazia, tanto che fu da questi querelato. Continu per a bersagliarlo anche in seguito: nella commedia I Cavalieri immagina che il potere sia conteso tra due personaggi infimi e volgari (perch da gente cos, dice Aristofane al pubblico, che volete essere governati): un conciapelli (che rappresenta Cleone, il quale esercitava questa professione nella vita reale) e un venditore di salsicce. Costoro gareggiano in furfanteria per conquistarsi la benevolenza del loro padrone, il vecchio Demo (il popolo) e alla fine prevale il pi imbroglione dei due. Nella commedia La Pace Aristofane immagina che un cittadino, Trigeo, salga a bordo di un enorme scarafaggio alato e dia la scalata al cielo per riportare sulla terra la Pace, che gli dei avevano recluso lontana dagli uomini per punirli; negli Uccelli immagina che due cittadini si alleino con gli uccelli per fondare una citt perfetta tra cielo e terra, dove non arrivano i demagoghi che invece infestano Atene; nelle Nuvole deride il filosofo Socrate e la cultura dei giovanotti impomatati che seguono le lezioni dei sofisti. Ancora pi paradossali sono due commedie, Lisistrata e Le donne allassemblea: nella prima Aristofane descrive uno sciopero sessuale attuato dalle donne ateniesi e spartane, alleatesi per costringere i loro mariti a smettere di scannarsi in guerra e stipulare la pace; nella seconda descrive un colpo di Stato delle donne ateniesi che, davanti ai disastri provocati dallincapacit dei loro mariti, prendono il potere e fondano una citt ideale, in cui non esiste famiglia n propriet privata e in cui prima di soddisfare una giovane gli uomini sono obbligati a farlo con una vecchia. La commedia antica era dunque il rispecchiamento, sia pure deformato comicamente, della vita politica ateniese e dei grandi eventi del tempo.

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La pace con la Russia rendeva ora finalmente possibile ai tedeschi di volgere tutte le proprie forze verso occidente. Nonostante le perdite, lesercito tedesco era ancora un possente organismo militare che non aveva subito mai vere sconfitte. Fra il 21 marzo e il 17 luglio 1918 i tedeschi rinnovarono le loro offensive in Piccardia e nella Champagne contro le posizioni nemiche. Essi ottennero una serie di brillanti vittorie parziali, anche grazie al fatto che disponevano della superiorit numerica in conseguenza dellafflusso di truppe da quello che era stato il fronte orientale. In giugno avevano fatto centinaia di migliaia di prigionieri e si erano impadroniti di circa 2500 cannoni. Eppure il fronte occidentale non cedette. I franco-britannici riorganizzarono alla fine di marzo i loro comandi affidando il comando supremo al generale francese Foch. Nel frattempo, sotto la spinta del gigantesco urto offensivo tedesco, gli americani accelerarono linvio di truppe. In sostanza, alla fine di giugno si ripeteva la situazione che era stata propria delle grandi offensive occidentali tedesche dellinizio della guerra. I tedeschi avevano conseguito brillanti successi parziali, senza per riuscire a raggiungere lobiettivo dello sfondamento, la conquista di Parigi o di Calais (cos da isolare gli inglesi dai francesi). Il 15 luglio essi sferrarono lultimo colpo, decisivo per le sorti future della guerra, e attaccarono in direzione della Marna. Era questa la seconda battaglia della Marna, dopo quella del 1914. Foch il 17 luglio contrattacc con le sue riserve, costringendo gli esausti tedeschi a indietreggiare e iniziando una controffensiva generale. Inglesi, francesi e americani poterono contare su una schiacciante superiorit di mezzi. Le truppe alleate gettarono nella lotta un gran numero di carri armati e di aerei, senza che i tedeschi potessero contrapporre mezzi analoghi. I tedeschi subirono cos, fra la met di luglio e la met di agosto, la loro prima grande disfatta. Nella battaglia di Amiens (8-11 agosto) gli inglesi fecero una profonda breccia nelle linee tedesche gettando nella fornace 450 carri armati. Ludendorff defin quella battaglia la giornata nera dellesercito tedesco. Le truppe ebbero cedimenti su vasta scala e sintomi di ribellione aperta misero a nudo come anche per i soldati tedeschi fosse venuto il momento della rivolta contro la guerra e le sue stragi. Il 14 agosto Guglielmo II prese in considerazione la possibilit di intavolare, con la mediazione dellOlanda, trattative di pace. Ma gli alleati, ormai, forti della loro superiorit, pretendevano la capitolazione totale degli Imperi centrali; il che la Germania non intendeva accettare. La situazione dei tedeschi era ulteriormente aggravata dal fatto che i loro alleati, lImpero austro-ungarico, la Turchia e la Bulgaria, si trovavano ormai in uno stato di crisi vicino al collasso. Mentre in Siria e in Palestina i turchi subivano continue disfatte a opera degli inglesi, truppe alleate si apprestavano allattacco finale contro la Bulgaria, la quale capitol il 24 settembre 1918. Francesi e inglesi poterono contare in agosto, quando il generalissimo Foch diede inizio allavanzata che doveva culminare nellordine di offensiva generale del settembre, sullappoggio di un milione di soldati americani, e su un aiuto materiale degli USA gigantesco (armamenti, viveri ecc.). I tedeschi non erano pi assolutamente in condizione di resistere. Pur senza abbandonarsi al panico e retrocedendo disciplinatamente e ordinatamente, furono costretti a sgomberare le zone occupate della Francia del Nord e il Belgio occidentale. La catastrofe militare imminente ebbe profondi riflessi nella politica interna. Mentre limperatore Guglielmo II entrava nellombra, si form agli inizi di ottobre un governo presieduto dal principe Max von Baden, che godeva fama di essere di orientamenti democratici.

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Nellopinione pubblica, il fatto che in Europa ci sia in generale una forte disoccupazione diffusamente percepito, anche se non tutti hanno unidea precisa della consistenza quantitativa del fenomeno. Nel contempo, si ha unidea meno chiara del fenomeno occupazionale che, contrariamente a ci che pu sembrare a prima vista, non complementare a quello disoccupazionale, ma segue una sua dinamica autonoma. In realt, lanomalia peggiore del mercato del lavoro europeo rispetto alla situazione del Giappone e degli Stati Uniti, pi che dai dati sulla disoccupazione, appare in tutta la sua evidenza dai dati sulloccupazione. Il tasso di occupazione medio, espresso come rapporto tra il numero di occupati rispetto alla popolazione complessiva di et compresa tra i 15 e i 64 anni, infatti, mentre nel 1977 era identico (con un valore del 63%) sia in Europa sia negli Stati Uniti, ventanni dopo, nel 1997, mentre negli Stati Uniti aumentato al 74% e in Giappone al 74,7%, nellUnione Europea diminuito a un livello leggermente al di sopra del 60%, ma che scende a livelli intorno al 50% in Paesi come lItalia e la Spagna. Ci significa che, mentre negli USA e in Giappone, esclusi i bambini e i pensionati, lavorano mediamente tre persone su quattro, in Italia e Spagna lavorano solo due persone su quattro. Questa differenza non di poco conto, perch significa che, a parit di popolazione, il potenziale produttivo del lavoro negli USA e in Giappone superiore del 50% a quello italiano e spagnolo e del 23% a quello medio europeo. Una considerazione degna di nota che, dove i tassi di occupazione sono pi elevati, sono maggiormente diffuse le forme di lavoro atipiche, come i contratti stagionali, a tempo determinato, part-time, di job sharing ecc. Se si trasformano queste forme contrattuali atipiche nelle corrispondenti forme full-time equivalent (cio nellequivalente di posti di lavoro a tempo pieno), allora la variabilit dei tassi di occupazione nei vari Paesi dellUnione Europea diventa meno marcata. In alcuni Paesi, i contratti di lavoro atipici consentono di migliorare notevolmente i tassi di occupazione soprattutto femminili, come ad esempio in Olanda (dove il tasso di occupazione femminile aumenta di oltre 20 punti percentuali), nel Regno Unito (pi 16,1%), in Svezia (pi 12,1%), mentre in Italia laumento pari a un modesto 1,9%. La morale che se ne trae che i contratti di lavoro atipici, introducendo evidenti elementi di flessibilizzazione, contribuiscono in misura rilevante a migliorare le performance del mercato del lavoro. In ogni caso, tra gli occupati parttime si possono distinguere quelli volontari (essenzialmente madri di famiglia, studenti e anziani vicini alla pensione), da quelli involontari, che accettano il lavoro part-time solo perch non trovano di meglio. Questi ultimi si calcolano nel 20% in media europea, mentre la percentuale per Paese oscilla tra un 10% dellOlanda e un 40% in Italia, Grecia e Finlandia. Unaltra considerazione molto importante riguarda la distribuzione delloccupazione tra i vari settori produttivi. Dal confronto con gli Stati Uniti emerge al riguardo una sostanziale identit di comportamento per quanto riguarda il settore primario e il settore industriale. In agricoltura, infatti, viene impiegato il 3% della popolazione in Europa e il 2% negli Stati Uniti, mentre nellindustria le percentuali sono sostanzialmente identiche. Dove invece sussistono grosse differenze nel settore terziario che ha un tasso di occupazione del 39% in Europa e del 54,3% negli Stati Uniti. I famosi 14 punti percentuali di scarto tra i tassi di occupazione dei due sistemi, quindi, stanno tutti nel settore terziario, dove la maggiore vitalit occupazionale degli americani si manifesta in tutta la sua evidenza.

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Comunque, e in conclusione, una cosa mi sembra debba risultare ben chiara. Per quanto possano essere stretti i legami della filosofia con la politica, per quanto la filosofia possa e debba essere politica, ci non significa e non significher mai (a meno di alterare in modo totale il significato tradizionale delle parole) che il filosofo, come tale, possa trasformarsi in propagandista politico. E questo per due motivi. La propaganda come tale mira alla persuasione, comunque ottenuta (o, se si vuole, ottenuta con mezzi segnici discorsi, immagini ecc., ma comunque usati); la filosofia come tale mira anchessa a ottenere la persuasione, ma uno, e un solo tipo di persuasione (quindi con il solo impiego dei mezzi discorsivi atti a questo scopo): la persuasione razionale, fondata sulla verifica. Ora, se si vuole chiamare propaganda qualsiasi attivit volta alla persuasione altrui, anche il filosofo un propagandista: ma la sua persuasione pu essere solo razionale e logica (concerne la verit, non le emozioni), e i soli mezzi che pu impiegare sono quelli della dimostrazione e della prova. Il che, ovviamente, non corrisponde affatto a ci che di solito si intende con la parola propaganda, cio con un discorso avente fini pratici immediati, facente leva su emozioni di massa, tale che non si appella alle abitudini di verifica e deduzione, ma piuttosto a quelle di associazioni immediate tra certi segni e certi comportamenti ecc.Ma forse c stato di pi. Cultura azione consapevole consapevole non solo dei mezzi usati, ma dei fini perseguiti e del loro valore. La propaganda pura tecnica: il propagandista, come tale, un tecnico, e come tutti i tecnici (come tali) o ignora i fini per cui opera o li accetta senza proporsi unindagine intorno al loro valore come ogni tecnica, la propaganda subisce una certa situazione e opera in essa senza sottoporla a critica. Essa rischia quindi di essere anticultura, quindi, a fortiori, di essere antifilosofia.

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In fondo ci sono due grandi categorie di scrittori. Ci sono quelli che hanno bisogno di una preparazione molto forte e che, prima di cominciare a scrivere seriamente, devono dedicarsi a un lungo periodo di riflessione e di ricerche preliminari per informarsi, per documentarsi, elaborando al termine di questo periodo uno schema di programmazione della loro redazione: schema che servir loro da guida durante tutto il lavoro di scrittura. Ci sono poi quelli che lavorano in modo pi istintivo e meno programmato seppur con un minimo di schizzi e di abbozzi preparatori che hanno bisogno soprattutto di una sorta di scatto iniziale, non nella forma di una programmazione nella quale sentirebbero una restrizione alla loro libert, ma piuttosto nella forma di un nucleo embrionale. Uno scrittore come Jean Giono dichiara di non poter cominciare a scrivere un libro se non dopo aver trovato il titolo, che spesso una formula enigmatica: per esempio Deux cavaliers de lorage; il titolo deriverebbe direttamente dallispirazione, come, per il poeta, quel primo verso donato dagli di di cui parlava Paul Valry. Una volta trovato il titolo, tutto il lavoro consiste nel tentativo di giustificarlo restando allo stesso livello di qualit. Giono ha una bella immagine per evocare questo fenomeno: Se scrivo una storia prima di averne trovato il titolo, in generale essa mi abortisce. Mi occorre assolutamente un titolo, perch il titolo quella sorta di bandiera verso cui ci si dirige; spiegare il titolo la meta che si deve raggiungere. Tutta la redazione dellopera consister nel rendere significante questo titolo, nel risolverne lenigma, nel conferire una necessit a questo dono del caso. Nello stesso spirito, ci sono altri scrittori, come Aragon, che non riescono a scrivere unopera finch non hanno trovato lincipit, la prima pagina. Una volta trovata la prima pagina, per cosa che pu richiedere un numero considerevole di stesure preliminari come se avesse cominciato a costruirsi una sorta di prima necessit: lembrione ormai formato, e si svilupper spontaneamente. In effetti, a ben riflettervi, questi modi di procedere non sono affatto interpretabili in termini di padronanza, e complicano singolarmente questa famosa dialettica fra caso e necessit. Nel ritrovamento dellincipit o del titolo c, beninteso, una parte di aleatoriet; nello stesso tempo, per, questo primo scatto dipende verosimilmente da una necessit interna, inconscia, fantasmatica; e, infine, tutto il resto del lavoro la redazione propriamente detta consister nel trasformare questa falsa alea del dono iniziale (che daltronde non sempre viene donato) in una vera logica che sar quella dellopera, ma che perverr a svilupparsi solo a partire da un principio in origine oscuro. Gli scrittori pi numerosi sono comunque quelli che lavorano con documenti di programmazione. In questo caso si ha un vero lavoro da geometra, consistente nel definire il progetto di un senso che si deve costruire dal nulla: una sorta di scommessa, e di lotta formidabile dello spirito, per costruire, contro il non-senso dellambiente, una forma significante avente la sua logica e la sua necessit. Ma, una volta inventato lo schema e posta una sorta di assiomatica di partenza, il lavoro dello scrittore consister non solo nello sviluppare il modello (passando dal progetto alla sceneggiatura, dalla sceneggiatura a una prima stesura ecc.) ma anche nel problematizzarlo, reiniettando nel testo quel minimo di non-senso e di aleatorio senza il quale la struttura, logica e necessaria, resterebbe inerte. Si vede allora, paradossalmente, che la scrittura si sforza di conseguire un nuovo tipo di rapporto con il caso: quel coefficiente dincertezza senza il quale il certo diventa artificioso

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Le vicende alimentari dellEuropa del Settecento sembrano ripercorrere cammini noti: espansione demografica, insufficienze produttive, sviluppo agricolo. Una storia che ricorda da vicino quella dei secoli XI-XII, o del XVI. Solo che questa volta le dimensioni del fenomeno sono ingigantite. La popolazione europea, che aveva raggiunto a met del Trecento una punta di forse 90 milioni di individui, e che attorno al 1700 (dopo la grande crisi e la successiva lenta ripresa) era attestata sui 125 milioni, cresce da allora in poi rapidissimamente: 145 milioni a met del XVIII secolo, 195 alla fine. Il sistema produttivo messo a dura prova, le carestie si abbattono a intervalli regolari sulla popolazione. Alcune di esse (tristemente celebre quella del 1709-10) colpiscono lintera Europa, dalla Spagna allItalia, dalla Francia allInghilterra, dalla Germania alla Svezia, ai Paesi dellEst. Altre investono territori pi circoscritti: quella del 1739-41 colp soprattutto Francia e Germania; quella del 1741-43 lInghilterra; quella del 1764-67 fu particolarmente grave nelle regioni meridionali (Spagna, Italia); quella del 1771-74 nei Paesi del Nord. Nellinsieme, gli anni difficili del XVIII secolo sembrano numerosi come non mai (a eccezione forse che nellXI secolo). Ci non vuol dire che la gente muoia di fame: se cos fosse stato, lexploit demografico sarebbe a dir poco incomprensibile. Siamo invece di fronte a un malessere diffuso, a uno stato di sottonutrizione permanente che viene per cos dire assimilato (fisiologicamente e culturalmente) come condizione normale di vita. Allaumentata richiesta di cibo si rispose, per cominciare, nel modo pi semplice e tradizionale: lespansione dei coltivi. In Francia, nei decenni precedenti la Rivoluzione, le terre a coltura passarono da 19 a 24 milioni di ettari nel giro di trentanni. In Inghilterra, nella seconda met del secolo, furono recintati e messi a coltura centinaia di migliaia di ettari di terreni incolti e boschivi. In Irlanda, in Germania, in Italia si prosciugarono paludi e acquitrini. Contemporaneamente si misero a punto nuove tecniche produttive, in un clima di fervore scientifico e di sperimentazione agronomica che per la prima volta riusc a incontrarsi con gli interessi imprenditoriali dei proprietari terrieri. Si parla a ragione, per questepoca, di una vera rivoluzione agricola: tale fu, dal punto di vista tecnico, labbandono della pratica del maggese e limpiego delle leguminose da foraggio in regolare rotazione con i cereali. Ci consent, da un lato, di integrare le pratiche zootecniche nel sistema agrario, superando la tradizionale separazione fra attivit pastorali e attivit agricole; dallaltro, di accrescere sensibilmente i rendimenti del suolo, reso pi fertile sia dalla presenza delle leguminose (che possiedono la propriet di fissare lazoto nel terreno) sia dalla maggiore disponibilit di concime animale. Queste e altre trasformazioni segnarono lavvio del capitalismo agrario, che in certe regioni europee soprattutto lInghilterra e poi la Francia fu il primo passo verso laffermarsi delleconomia industriale. Allampliamento dei terreni coltivati e al perfezionamento delle tecniche produttive si affianc lo sviluppo di colture particolarmente robuste, sicure e redditizie: quelle stesse che avevano trovato una prima timida diffusione (in ambiti localmente limitati) fra Quattro e Cinquecento, e che vengono ora riscoperte come soluzione a basso costo di pressanti esigenze alimentari. Il riso, dopo un certo declino nel XVII secolo, legato anche alle polemiche sullopportunit igienica e ambientale di far ristagnare lacqua nei campi, torna in auge nel Settecento come alternativa ai cereali tradizionali: in certe zone esso viene introdotto per la prima volta; in altre viene per cos dire reintrodotto. Analoga destinazione sociale ha il grano saraceno, anchesso riscoperto nel Settecento oppure, in certe regioni, introdotto per la prima volta. Ma sono soprattutto il mais e la patata a conquistare un ruolo di assoluto primo piano, sbarazzando il campo da molti antichi concorrenti: fra XVIII e XIX secolo, la tradizionale variet di cereali inferiori base millenaria della dieta popolare viene progressivamente riducendosi a favore dei nuovi protagonisti.

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Si tenuto a Berlino, dal 18 al 27 agosto 1998, un avvenimento eccezionale per i matematici: il Congresso Internazionale che, nella tradizione olimpica, riunisce una volta ogni quattro anni i migliori specialisti, e ne sceglie quattro a cui assegnare lonorificenza pi ambita, un vero e proprio analogo del premio Nobel, che non esiste per la matematica. Quando Alfred Nobel decise di finanziare i premi che oggi portano il suo nome, egli stabil, infatti, che venissero dati per la letteratura, la fisica, la chimica, la medicina e la pace. Nel 1968 la Banca di Svezia, in occasione del suo terzo centenario, affianc ai precedenti un premio per leconomia. La matematica invece, bench sia la regina delle scienze, la Cenerentola del premio Nobel, e non mai stata inserita nel novero delle materie premiate. Per capire come mai dobbiamo, come spesso accade, chercher la femme. La leggenda vuole infatti che Nobel, bench inventore della dinamite, non fosse poi cos esplosivo in camera da letto. Il risultato, ovvio, fu che la moglie fin per cercarsi un amante, e lo trov nella persona del matematico svedese Gsta Mittag-Leffler. Al momento della stesura del suo testamento il povero Nobel, che evidentemente sapeva della tresca, si inform se Mittag-Leffler avrebbe potuto vincere uno dei premi che intendeva istituire. Avutane conferma egli non volle, comprensibilmente, aggiungere il danno alle beffe, ed escluse la matematica dalla sua lista. Negli anni Trenta del Novecento, in considerazione della mancanza del premio Nobel, lUnione mondiale dei Matematici decise di istituire un proprio premio apposito, da assegnare in occasione dei Congressi Internazionali. La Medaglia Fields, cos chiamata in onore di colui che la ide, differisce in modo essenziale dal premio Nobel. Anzitutto, comporta soltanto un assegno simbolico di pochi milioni, invece di uno sostanziale di due miliardi. Inoltre, viene assegnata soltanto a matematici al di sotto dei quarantanni, invece che senza limiti det. Le due restrizioni mostrano che la matematica molto diversa dalle altre discipline, intellettuali e non. In un mondo che vive orgogliosamente di professionismo, in cui cio lamore si vende sui marciapiedi, lo sport si pratica per gli sponsor, i programmi televisivi si producono per lAuditel, la letteratura si scrive per le classifiche, le ricerche si fanno per il mercato, e la scienza al soldo dei finanziamenti, i matematici sono ancora modestamente dei dilettanti nel senso di De Coubertin, fanno il loro lavoro per il solo piacere di farlo, hanno come unico scopo il raggiungimento della conoscenza, e non perseguono altri interessi economici che uno stipendio che permetta loro di sopravvivere. Insomma, se la cultura unattivit intellettuale che si fa gratuitamente, i matematici sono forse gli unici uomini di cultura rimasti.

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Chi ebreo? Chi sia lebreo lo sa soltanto il persecutore. Per il resto, diventato impossibile saperlo. Ogni definizione pu essere, al massimo, una provvisoria convenzione. Ebreo non necessariamente chi di religione israelitica o mosaica, dal momento che tantissimi ebrei sono atei o agnostici, e che, anche ammesso che si possa parlare di religione israelitica, non esiste nessun criterio di tipo dogmatico per riconoscere lappartenenza o meno a un determinato credo. Lebreo sarebbe definibile, semmai, in relazione allosservanza dei precetti: ma la stragrande maggioranza degli ebrei non osserva pi i precetti, e fra questi prevale lopinione che importi soltanto losservanza dei precetti etici, non di quelli rituali che costituiscono il tessuto dellosservanza in senso tradizionale. Ma non possiamo certo concludere che sono ebrei coloro che si impegnano nellosservanza della legge morale. Ci sono, ovviamente, molti ebrei, e molti non ebrei, che non se ne preoccupano affatto. Dobbiamo allora ricorrere a un criterio etnico per definire lebreo? Ma a parte gruppi come i caraiti, i falasci e gli yemeniti, ebrei etnicamente incerti, fin dal tempo di Mos la Bibbia attesta lappartenenza a tutti gli effetti al popolo ebraico di uomini di stirpe diversa, come Caleb, e lebraismo considera ebree le donne che, sposate ad ebrei, vogliono essere ebree: i figli che nascono da queste donne, essendo la discendenza ebraica matrilineare, sono ebrei, mentre non sono ebrei i figli di un ebreo nati da una non ebrea. Ad alcune condizioni, poi, diventano ebrei i proseliti che sottomettendosi alla Torah si circoncidono (mentre Israele toglie la cittadinanza israeliana a chi, ebreo in tutti i possibili altri sensi, si converte ad altra religione). Eppure Mos, con ogni verosimiglianza, non era circonciso (Es 4, 24-26). Resterebbe da considerare, come criterio discriminante, anche se in pratica sarebbe impossibile applicarlo, lappartenenza alla tradizione culturale e al costume ebraico. Ma esistono ebrei lontanissimi dalla loro tradizione e dal loro costume, che non conoscono n lebraico n lebraismo, o che addirittura lo ripudiano violentemente; mentre esistono ormai anche coloro che, non essendo ebrei ma, ad esempio, cristiani, hanno per lebraismo un amore talmente profondo da accogliere nella loro vita cultura, tradizioni, costumi ebraici, celebrando il sder pasquale o altri riti con gli ebrei che li accettano, pregando con la kippah sul capo antiche preghiere ebraiche. Chi , dunque, ebreo? Chi ormai lebreo, quellebreo nomade ed esule da sempre che incarna nel mondo contemporaneo la consumazione di ogni identit, tanto pi quanto pi a lungo e pi accanitamente perseguita? Forse un miscuglio, uno di quegli ibridi di cui lebraismo ha orrore, uno degli infiniti miscugli in proporzioni variabili di tutti gli elementi che ho considerato, e di altri ancora ai quali non ho pensato. Il persecutore ha fiuto, coglie lebreo in una qualunque di queste mescolanze, in cui presente in qualche modo quel lievito. Lebreo forse non esiste pi nella storia del mondo, esiste solo quel lievito disperso ovunque nella pasta.

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La storia di ogni societ sinora esistita storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che fin sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la societ o con la rovina comune delle classi in lotta. Nelle prime epoche della storia troviamo quasi dappertutto una completa divisione della societ in varie caste, una multiforme gradazione delle posizioni sociali. Nellantica Roma abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo signori feudali, vassalli, maestri darte, garzoni, servi della gleba, e per di pi in quasi ciascuna di queste classi altre speciali gradazioni. La moderna societ borghese, sorta dalla rovina della societ feudale, non ha eliminato i contrasti fra le classi. Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche. Lepoca nostra, lepoca della borghesia, si distingue tuttavia perch ha semplificato i contrasti fra le classi. La societ intera si va sempre pi scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte luna allaltra: borghesia e proletariato. Dai servi della gleba del medioevo uscirono i borghigiani delle prime citt; da questi borghigiani ebbero sviluppo i primi elementi della borghesia. La scoperta dellAmerica e la circumnavigazione dellAsia offrirono un nuovo terreno alla nascente borghesia. Il mercato delle Indie orientali e della Cina, la colonizzazione dellAmerica, lo scambio con le colonie, laumento dei mezzi di scambio e delle merci in generale, diedero un impulso prima dallora sconosciuto al commercio, alla navigazione, allindustria, e in pari tempo favorirono il rapido sviluppo dellelemento rivoluzionario in seno alla societ feudale che sandava sfasciando. Lorganizzazione feudale o corporativa dellindustria da quel momento non bast pi ai bisogni, che andavano crescendo col crescere dei nuovi mercati. Subentr la manifattura. I maestri di bottega vennero soppiantati dal medio ceto industriale; la divisione del lavoro tra le diverse corporazioni scomparve davanti alla divisione del lavoro nelle singole officine stesse. Ma i mercati continuavano a crescere, e continuavano a crescere i bisogni. Anche la manifattura non bastava pi. Ed ecco il vapore e le macchine rivoluzionare la produzione industriale. Alla manifattura subentr la grande industria moderna; al medio ceto industriale succedettero gli industriali milionari, i moderni borghesi.La grande industria ha creato quel mercato mondiale che la scoperta dellAmerica aveva preparato. Il mercato mondiale ha dato un immenso sviluppo al commercio, alla navigazione, alle comunicazioni via terra. Quello sviluppo, a sua volta, ha reagito sullespansione dellindustria; e in quella stessa misura in cui si sono andate estendendo lindustria, il commercio, la navigazione, le ferrovie, anche la borghesia si sviluppata, ha aumentato i suoi capitali e sospinto nel retroscena tutte le classi, che erano una eredit del medioevo.

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Circondarono il cespuglio ma la scrofa se ne and, portandosi via unaltra lancia nel fianco. Quello strascico di lance la impacciava, e le punte aguzze, infilate di sbieco, erano un tormento. Essa and a sbattere contro un albero, cacciandosi ancora pi addentro una delle lance; dopo di che chiunque dei cacciatori poteva inseguirla facilmente, tanto copioso era il sangue che perdeva. Il pomeriggio passava, nebbioso e paurosamente soffocante; la scrofa continuava a scappare davanti a loro, perdendo sangue, barcollando come pazza, e i cacciatori le andavano dietro, posseduti da una gioia feroce, eccitati del lungo inseguimento e da tutto quel sangue. Ormai la potevano vedere, quasi la raggiungevano, ma essa saett via con le sue ultime forze e riprese una certa distanza. Le erano proprio dietro quando essa arriv, barcollando, ad una radura dove crescevano dei bei fiori e delle farfalle danzavano una intorno allaltra e laria era calda e ferma. Qui, abbattuta dal calore, la scrofa piomb al suolo, e i cacciatori si gettarono su di lei. Quella spaventosa irruzione fuori da un mondo conosciuto la rese frenetica: strillava e saltava, e laria era piena di sudore e di fracasso e di sangue e di terrore. Ruggero correva intorno al mucchio, spingendo con forza la sua lancia ogni volta che vedeva la carne della scrofa: Jack le balz sul dorso e piant gi il coltello: Ruggero trov un punto che cedeva e cominci a spingere, buttandosi sul bastone con tutte le sue forze. Adagio adagio la lancia penetrava e gli strilli terrorizzati divennero un grido solo, altissimo. Poi Jack trov la gola, e il sangue gli sprizz sulle mani, caldo caldo. La scrofa si accasci sotto di loro ed essi le furono sopra con tutto il loro peso, appagati finalmente. Le farfalle danzavano sempre, distratte in mezzo alla radura. (Da: W. Goldin, Il signore delle mosche, Bibliotex)

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Ermes aveva fama di essere il pi ingegnoso fra gli dei, e certo fu anche il pi precoce di tutti i neonati. Appena deposto nella culla, si divincol dalle fasce, si rizz sui piedini e usc a respirare laria fresca. Vide una tartaruga nellerba, e la salut con garbo: Salve, amabile creatura, compagna delle danze, amica dei banchetti! una gioia vederti: che bel giocattolo!. Ma nelle gentili parole si celava un presagio minaccioso poich, con la rapidit di un genio, il dio bambino aveva compreso la futura funzione di quello splendido guscio. Egli lo afferr e ne tolse la polpa, vi tese una pelle di bue, fiss due bracci congiunti da una traversa, e applic al guscio sette corde fatte con budello di pecora, intonandole in armonia. Aveva inventato la cetra; e si mise a cantare, accompagnando la voce a quel dolce suono. Poi gli venne un formidabile appetito, e per saziarlo rap le mandrie di Apollo; ma costui prese malissimo la prodezza di quellinsolente bambino. Ermes dovette placare la sua ira con il dono del nuovo strumento; e da allora Apollo il dio della musica, che suscita la gioia, lamore e il dolce sonno. Cos lInno omerico a Ermes narra il mito, collegando la scoperta della musica con linvenzione dello strumento musicale. I trattatisti antichi preferivano identificare il primo strumento nella voce umana, da cui in seguito sarebbero derivati per imitazione tutti gli altri. Saffo invoca la sua cetra (chelys, propriamente tartaruga) perch diventi parlante; e Platone paragona la voce di Socrate a quella del flauto. Ma fino dai tempi pi remoti laccompagnamento strumentale era ritenuto una necessit imprescindibile per lesecuzione della poesia, tanto che una volta Archiloco, in mancanza di un citaredo, imit il suono della cetra con il ritornello onomatopeico tnella. Daltro lato, altrettanto antico era luso di composizioni per strumenti assolo; e ancora una volta il precedente ricorre in un episodio del mito, allorch Atena imit con il flauto il pianto delle Gorgoni immortali sulla loro sorella mortale Medusa, decapitata da Perseo. La dea fece dono di questa musica agli uomini perch la possedessero per sempre; e Pindaro la ascolt dal flautista Mida di Agrigento in un concorso musicale, lasciandone fulgida memoria nel carme composto per celebrare la vittoria dellartista, la XII Pitica. La cetra e il flauto sono gli esemplari tipici delle due famiglie, a corda e a fiato, in cui i musicologi greci suddividevano gli strumenti; mentre non tutti sono daccordo nellintrodurre un terzo gruppo per gli strumenti a percussione, considerati affini a quelli a corda poich in entrambi i casi il suono era prodotto da un contatto. Ma accanto a questo sistema fondamentale esistevano altri criteri di classificazione: in base allaltezza dei suoni prodotti, oppure mediante lopposizione di maschile e femminile in rapporto al carattere dellintonazione, o secondo lorigine indigena o straniera, o secondo luso che distingueva fra gli strumenti di citt e di campagna, da convito o da guerra. Molte cose sappiamo della musica greca; ma dai rari testi corredati di notazioni musicali non riusciamo a ricostruirne il suono. A fomentare questo rimpianto contribuisce la consapevolezza del ruolo centrale che la musica occupava nella vita dei Greci. Non soltanto essa valeva come autonoma emozione artistica, e come imprescindibile complemento del testo nella poesia lirica e nel teatro tragico e comico; ma il suo primato si affidava anche ai significati religiosi ed etici, psicologici ed educativi, che nella cultura greca erano attribuiti allesperienza musicale. Nel complesso dei Moralia di Plutarco rientra un opuscolo di dubbia attribuzione, ma certamente di buona attendibilit, in cui si tratta sia la storia della musica antica sia gli ardui problemi teorici e tecnici di unarte che era pervenuta a un formidabile livello di complessit.

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Nella prima cantica si rappresenta il peccato con le sue rispettive pene. lumanit fermata allo stato bruto, quando si fatta immemore della natura celeste da cui proviene lanima dei singoli individui. Sono le genti dolorose channo perduto il ben de lintelletto. Nel canto undicesimo sviluppata la dottrina morale che vige nel regno infernale. Essa derivata dallEtica aristotelica, che Dante conobbe attraverso il commento di san Tommaso. Per Dante, non si dimentichi, Aristotele rappresenta (come si verificava nella cultura scolastica dellEuropa da circa mezzo secolo) il pi grande filosofo. Si pu dire che nella sua coscienza si profilava una triforme realt intellettuale: Aristotele era il massimo esponente del pensiero, cos come al vertice della vita spirituale si trovava il vicario di Cristo e al sommo della societ politica limperatore. Aristotele aveva formulato la teoria del mondo morale per tutti i secoli e per tutti gli uomini; san Tommaso ne aveva tratto le leggi per letica cristiana; ora Dante ne sanzionava le sentenze individuali. La sua esperienza ambiva a porsi in un arco completo, poich mentre i primi due pensatori, il classico e il cristiano, si muovevano entro la sfera teoretica e universalistica, Dante intendeva conseguirla anche lui, partendo per dallabisso del mondo, dallassoluta negativit. LInferno impersona leternit del male immortalato nel giudizio di Dio: e, pertanto, anchesso specchio della giustizia coeterna al creato. Si intende che nelle immagini infernali e nei protagonisti del peccato la vita tocca lempirico, il contingente, il frammento, diventa pulviscolo di atomi che hanno smarrito il loro centro e sono precipitati nelle gore oscure dellirrazionale, nel caos degli istinti e delle passioni. Ciascuno resta lattore di se stesso, la testimonianza irrevocabile della propria sorte, nei secoli dei secoli, immobilizzato nella sua attitudine pi personale e irriducibile; ma partecipi tutti quanti, dello stesso ordine universale, e, loro malgrado, solidali nel registrare ed esemplificare le inalterabili finalit della giustizia e sapienza divina. LInferno per la sua stessa struttura risulta la cantica pi realistica del Poema. I peccatori e le pene hanno unestrema evidenza fisica. Si pu dire che Dante rappresenti la realt intensificata, esasperata, in continuo oltraggio di se stessa. In rapporto al grado di peccato e della pena, il realismo dantesco si accentua da un cerchio allaltro, a mano a mano che si scende nel fondo dellabisso. Il suo atteggiamento, e con esso lo stile, si fa sempre pi spietato, impassibile, quasi sadico. Il suo linguaggio tocca nellInferno le punte estreme del verismo. il trionfo espressivo della fisicit, della corporeit, della carne colpita, fustigata, strappata, dilaniata, snaturata, alla fine congelata, inerte, spenta. Lumanit si fa pura animalit, confina nella natura vegetale e minerale. Se Dante si fosse limitato a questa sola sceneggiatura, avrebbe espresso la pi potente poesia realistica. Ma per aumentare il contrasto e ribadire lirreparabile perdizione del peccato, Dante ha collocato in mezzo a questa materia in disfacimento gigantesche individualit, che continuano a conservare massicci retaggi di umanit e saldi simulacri spirituali. Pu sembrare un controsenso, ma nellInferno si sconta il peccato e insieme si celebra il peccatore. Molte figure di dannati hanno una statura esemplare e una tempra psichica di spessore granitico. Quel che sorprende che ciascuna di esse non rappresentata nellatto del peccato e dellerrore, cio nella sua interna maledizione, bens nel fiore della propria esperienza, al colmo della vitalit, nellacceso valore della coscienza. E, tuttavia, anche questo un monito: nessuno si salva, se il peccato lo acceca, se lerrore lo trascina.

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Uscita esangue e traumatizzata da trentanni di guerra, la Cambogia cerca oggi di ricostruirsi. I problemi attuali, fra cui spiccano lestrema povert e una classe politica troppo abituata a gestire con violenza il potere, restano gravi, ma sembrano poca cosa rispetto alla ferocia omicida dei Khmer Rossi, allinvasione vietnamita, o alla guerra civile che ha diviso il Paese fino allaltro ieri. Il compito di ricostruzione complesso: la Cambogia si ritrova priva di strutture di base, e sia il corpo legislativo, sia il sistema educativo e sanitario, sia leconomia del Paese rappresentano altrettanti lavori in corso che cominciano solo ora a uscire dallemergenza. Tuttavia, il Paese pu contare su uno dei maggiori potenziali turistici dellintera regione: la costa non sfigurata dalla speculazione immobiliare, e le citt offrono unatmosfera unica, tra i fasti del passato coloniale e gli eccessi odierni da ultima frontiera della legalit, che si mescolano allarchitettura tradizionale e al profumo degli onnipresenti gelsomini. E in Cambogia si trova il principale tesoro della regione, racchiuso nel parco archeologico di Angkor, dove furono costruite le citt imperiali di epoca Khmer, dal IX al XII secolo. Oggi, quello che rimane dellimpero Khmer (che si estendeva su unarea che comprende il Vietnam, il Laos, la Birmania e la Thailandia attuali) sono 400 chilometri quadrati di giungla, dove si trovano circa 1550 templi fra i pi seducenti e spettacolari del pianeta, passati dal 1992 sotto protezione dellUnesco in quanto patrimonio artistico dellumanit. I templi vennero costruiti in diverse tappe. Fino al XII secolo i sovrani Khmer, induisti, dedicano le loro opere architettoniche a Shiva e a Vishnu. Nel 790 appare Jayavarman II, il quale, riscattatosi dalla dominazione di Giava, stabilisce la capitale ad Angkor e inizia la santificazione dei luoghi, richiamandosi alla divinit Shiva, la cui protezione sancita con ledificazione di un tempio in cima a una montagna. Ma il successore di Jayavarman II, Indravarman (877-889), che getter le basi della gloria di Angkor, caratterizzata non solo dai templi, ma anche da un sofisticato sistema idraulico che render fertilissima e ricca una zona poco favorita dalle condizioni naturali. Con la costruzione di Angkor Wat, cattedrale vishnuita fatta erigere da Suryavarman II (1113-1145), larchitettura dei re Khmer sviluppa uno stile e unopulenza mai visti prima. Dominata da cinque torri scolpite, Angkor Wat interamente ricoperta di bassorilievi che rappresentano eleganti apsara (danzatrici celesti), sinuosi naga (serpenti mitologici) e alcune scene del poema epico indiano Ramayana. Vista dallalto la cattedrale forma un mandala, una rappresentazione del cosmo per lo sguardo esclusivo degli dei. Dopo le delicate torri di Angkor Wat, il massimo momento di gloria architettonica Khmer arriva con la conversione al buddhismo di Jayavarman VII, che, trascinato dalla sua devozione, costruisce pi templi di quanto limpero possa permettersi: nasce la citt murata di Angkor Tom (Angkor la Grande). Larghi viali fiancheggiati da animali mitologici portano al centro, dove si trova il Bayon, uno dei monumenti pi belli ed enigmatici di Angkor, caratterizzato dalle 54 torri dei volti, ognuna decorata con quattro imponenti ritratti dal sorriso dolcissimo e misterioso del Buddha Avalokiteshvara. Cos, allapogeo dello splendore architettonico di Angkor corrisponde il declino militare e la prima invasione delle truppe Cham thailandesi. Dopo una seconda invasione, un secolo dopo, la corte Khmer si sposta verso sud, per stabilirsi poi a Phnom Penh, e fino agli inizi del 1900 il territorio consacrato dai re Khmer in mano thailandese. Durante mezzo millennio il fasto di Angkor resta un ricordo, che si stempera con il passare degli anni. I templi, ricoperti in breve tempo da una giungla fitta, sono meta dei pellegrinaggi dei pi devoti, e continuano a essere visitati dai contadini che abitano nella zona e che depositano offerte di fiori, riso e incenso ai piedi delle statue buddhiste. Non di meno dallepoca del protettorato francese fino a oggi, la storia Khmer e la grandezza artistica di quellepoca riscoperta come la base stessa della nazione cambogiana: un passato glorioso tramite il quale credere alle possibilit per il futuro. Oggi le cinque torri di merletti del tempio di Angkor Wat sono divenute il simbolo della Cambogia, riprodotte al centro della bandiera nazionale.

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Il termine rivoluzione industriale indica il processo iniziatosi con il massiccio investimento di capitali nel nuovo tipo di industria, chiamato sistema di fabbrica o factory system, che nasce in Inghilterra attorno al 1770 e in cui per la prima volta le operazioni fino allora compiute dalluomo vengono eseguite in prevalenza dalle macchine. In questo nuovo modo di produzione viene resa definitiva quella separatezza tra il produttore diretto (loperaio) e i mezzi di produzione (le macchine) che, secondo Marx, tipica del modo di produzione capitalistico. A causa delle trasformazioni tecniche, si instaurano dei rapporti di produzione, economici e sociali radicalmente nuovi, e si vengono a formare due classi contrapposte: quella degli imprenditori capitalisti e quella degli operai, cio della grande massa dei prestatori di manodopera salariata. Tra i settori produttivi che accumularono i capitali da investire nella nuova industria e che sicuramente interagirono va ricordata lagricoltura. Sin dallinizio del 1700, si erano andati in essa accentuando vari fenomeni di razionalizzazione e di ristrutturazione aziendale, per cui crebbe lampiezza media delle aziende, si estesero le migliorie agronomiche e tecniche, e venne liquidato il sistema comunitario prevalente dei campi aperti e delle terre comuni, con la conseguente emarginazione della yeomanry, cio di quella classe di piccoli proprietari terrieri e di piccoli affittuari che fino al secolo precedente costituivano il nerbo dellagricoltura inglese. Le complesse trasformazioni agricole ricordate portarono sicuramente a un aumento della produttivit e quindi a una maggiore disponibilit di cibo, dalla quale probabilmente fu favorito il forte incremento demografico che ebbe inizio in Inghilterra attorno al 1760. Un terzo fattore, oltre al progresso agricolo e allo sviluppo demografico, contribu al decollo industriale: lindustria della lana. Essa, nella sua forma domiciliare, era gi molto diffusa, anche nel secolo precedente, un po dovunque, ma principalmente nello Yorkshire, con le citt di Leed e Halifax. Ma il sistema domiciliare non era lunico in Inghilterra. Il Rapporto sulla manifattura della lana del 1806 ci informa che, particolarmente nelle contee occidentali e settentrionali, era gi da lungo tempo praticata una sorta di manifattura domiciliare organizzata dai mercanti di panni, i quali acquistavano la lana nazionale ed estera e, per tesserla, radunavano nella propria abitazione o in edifici annessi molti operai che lavoravano a tempo pieno, con parecchi telai e gi con una notevole suddivisione di compiti. I mastri manifatturieri riuscivano ad accumulare in tal modo anche ricchezze considerevoli, giungendo a impiantare delle vere e proprie manifatture fin dai primi del 1700. Queste tre forme di organizzazione della produzione laniera rappresentarono anche gradini successivi dellaccumulo dei capitali e dellindustrializzazione del settore. Specie nel gradino pi alto si andavano affinando quei processi lavorativi e compiendo quelle innovazioni e scoperte tecniche che furono decisive per il decollo industriale. Altro fattore non trascurabile dellaccumulazione furono i grandi profitti realizzati dagli inglesi nei commerci internazionali. Sin dalla seconda met del 1500 erano state fondate delle grandi compagnie di commercio e di navigazione e nel 1600 era stata costituita la Compagnia delle Indie. Il Navigation Act del 1651 fu lo strumento dellenorme potenza marittima e commerciale dellInghilterra. Infatti, proibendo a qualsiasi navigatore straniero di importare in Inghilterra prodotti che non fossero del proprio Paese di origine decretava in sostanza che ogni commercio tra lInghilterra e i Paesi extraeuropei (Asia, Africa, America) doveva essere svolto con navi inglesi, fabbricate in Inghilterra e senza alcun intermediario. Fu organizzata cos quella economia mercantilistica che, nel porre al centro di ogni interesse dello Stato la bilancia dei pagamenti, di fatto sanciva che la ricchezza e la potenza della nazione dipendevano in primo luogo dai commerci, dalle speculazioni, dai monopoli e dai protezionismi.

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Dominata, in vetta al colle, dallantica cattedrale normanna, dedicata a san Gerlando, dal Vescovado e dal Seminario, Girgenti era la citt dei preti e delle campane a morto. Dalla mattina alla sera, le trenta chiese si rimandavano con lunghi e lenti rintocchi il pianto e linvito alla preghiera, diffondendo per tutto unangosciosa oppressione. Non passava giorno che non si vedessero per via in processione funebre le orfanelle grigie del Boccone del povero: squallide, curve, tutte occhi nei visini appassiti, col velo in capo, la medaglina sul petto, e un cero in mano. Tutti, per poca mancia, potevano averne laccompagnamento; e nulla era pi triste che la vista di quella fanciullezza oppressa dallo spettro della morte, seguito cos ogni giorno, a passo a passo, con un cero in mano, dalla fiamma vana nella luce del sole. Questo il ritratto che Pirandello disegna, nel romanzo I vecchi e i giovani, di Girgenti (oggi Agrigento) lamata e odiata sua citt natale. Akrgas per i Greci coloni di Gela, Agrigentum per i Romani, Kerkent per gli Arabi e infine Girgenti. Luigi Pirandello vi nacque il 28 giugno 1867 (lanno del colera) e vi trascorse gli anni dellinfanzia e linizio delladolescenza. Gli anni della prima infanzia di Luigi sono avvolti nel buio. Sensibile, precoce, psicologicamente fragile, il bambino ha un estremo bisogno di affetti familiari. Ne ricever dalla madre, dai fratelli e dalle sorelle, non dal padre. Insicuro, attender dagli altri, con ingenua fiducia, ripetutamente delusa, quella sicurezza che sa di non possedere. Intorno ai tredici anni Luigi dovette lasciare Girgenti per Palermo, a causa di un rovescio finanziario del padre, travolto dal fallimento di due produttori di zolfo ai quali aveva anticipato quasi tutto il suo capitale. Luigi soffr del distacco: Girgenti era pur sempre il paese dellinfanzia e gli rimase nel cuore. Ed Girgenti il teatro dei due avvenimenti pi importanti (e drammatici) della vita di Pirandello. Dopo Palermo, Luigi venne a Roma, per frequentarvi luniversit, ma uno screzio con il rettore lo convinse a trasferirsi a Bonn in Germania, dove si laure con una tesi in filologia romanza, Suoni e sviluppi di suoni nella parlata di Girgenti. Poco dopo il ritorno in Italia ricevette dal padre la proposta di sposare la figlia di un socio in affari. Antonietta Portulano era bella, giovane, onestissima e portava una cospicua dote. Luigi non sollev obiezioni; and a vederla, gli piacque e dette il suo consenso. Il matrimonio ebbe luogo nel gennaio 1894, in chiesa e in municipio. Poi gli sposi partirono per Roma, dove andarono ad abitare nella casa che Luigi aveva preparato, allangolo tra via Sistina e via del Tritone. Nel 1895 nacque Stefano, e, a distanza di due anni luno dallaltro, Lietta e Fausto. Intanto, Luigi era stato nominato docente di linguistica al Magistero Femminile di Roma e viveva con la tranquiliit economica derivante dagli interessi della dote di Antonietta, affidata al padre perch la investisse nel commercio dello zolfo. Ma un brutto giorno accadde lirreparabile. Una nuova miniera di zolfo, acquistata dal padre, e nella quale aveva messo tutto il denaro della dote oltre al suo capitale personale, fu allagata e il capitale perso. La notizia del disastro provoc ad Antonietta una paralisi. Una rivista letteraria, La Nuova Antologia offriva mille lire per un romanzo inedito e Luigi si mise a scrivere perch aveva bisogno di quel denaro: il romanzo era Il fu Mattia Pascal ed ebbe un successo straordinario. Antonietta, intanto, non migliorava: la paralisi era in parte scomparsa, ma al suo posto erano subentrati i sintomi della follia. Una follia che raggiunse le forme di una gelosia paranoica, nei confronti prima delle allieve del Magistero, poi della figlia Lietta, la quale, accusata di avere un rapporto incestuoso con il padre, tent il suicidio. Fu allora che Antonietta venne internata in una clinica, dove rimase fino alla morte, avvenuta molti anni dopo quella del marito. In seguito, negli anni dellattivit teatrale, Pirandello ebbe modo di conoscere Marta Abba, lattrice del suo ultimo grande amore, non ricambiato. In una lettera del 30 marzo 1930, lautore scriveva alla Abba che si apprestava a recitare in Sicilia: Se ti avvenisse di toccare per qualche giorno Girgenti salutami il bosco del Caos e la vecchia bicocca dove sono nato. Forse non li vedr pi. Moriva sei anni dopo, il 19 dicembre 1936.

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Il presidente R. Reagan e alcuni dei suoi ministri o consiglieri usano il linguaggio della guerra fredda; denunciano lespansionismo sovietico, vedono la presenza sovietica in tutti i tumulti che agitano lumanit attraverso il mondo. Ma la retorica antisovietica non permette di trinciar giudizi sulle diverse scuole di pensiero negli Stati Uniti. In realt, la classe politica, i commentatori delle relazioni internazionali, restano profondamente divisi su certi dati (a esempio, il rapporto di forze), sulla politica e i progetti del Cremlino. Cominciamo con i fatti e le discussioni che essi suscitano. LUnione Sovietica si assicurata una superiorit militare sugli Stati Uniti? A una domanda del genere non pu essere data nessuna risposta semplice e categorica, visto che noi conosciamo in anticipo le quantit ma non le qualit; il valore delle armi e degli eserciti si rivela solo in combattimento. Detto questo, le quantit note, le qualit valutate alla luce dellesperienza autorizzano un giudizio almeno probabile. A meno di rifiutare le cifre pubblicate nel fascicolo Soviet Military Power dal ministero americano della Difesa, mi pare incontestabile che lUnione Sovietica possieda uno stock di armi molto superiore a quello degli Stati Uniti e una capacit di produzione industriale di armi ugualmente superiore. Bisogna dare una grande importanza ai cinquantamila carri armati, ai ventimila cannoni, ai cinquemila elicotteri? Si potrebbe obiettare che queste cifre globali non significano un granch, che la logistica non permetterebbe lo spiegamento di tutte queste armi in campo di battaglia, che comunque le forze armate sovietiche sono distribuite su molti fronti e che le grandi battaglie, paragonabili a quelle della seconda guerra mondiale, sono ormai inconcepibili, perlomeno tra le grandi potenze che dispongono di armi nucleari. Lasciamo da parte le cifre globali e diamo uno sguardo alla bilancia centrale. Il SALT 2, non ratificato dal Senato americano, verrebbe di fatto rispettato dalle due parti (supponendo che la verifica via satellite sia veramente attendibile). Secondo il trattato, gli Stati Uniti possiedono 1054 missili intercontinentali di cui 550 con MIRV, 656 missili sui sottomarini (SLBM) di cui 469 con MIRV e 573 bombardieri pesanti, alcuni dei quali dotati di missili da crociera; da parte sua, lUnione Sovietica possiede 1398 ICBM di cui 608 con MIRV e 950 SLBM dei quali 144 dotati di MIRV e 156 bombardieri pesanti. Esiste un equilibrio? La triade americana comporta una parte relativamente ridotta di ICBM, probabilmente perch i dirigenti americani pensano che non colpiranno mai per primi, e contano di pi sui missili dei sottomarini, meno vulnerabili al primo colpo. Lequilibrio stabilito, se a definirlo la capacit di ciascuna delle due Superpotenze di infliggere allaltra, come reazione a un primo colpo, distruzioni inaccettabili. Ma, ribattono i pessimisti, reagire a un primo colpo contro le basi americane con il bombardamento delle citt significa attirare sulle citt americane bombardamenti della stessa potenza.

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Nella comune vita quotidiana i numeri costituiscono una realt problematica che acquista le connotazioni pi varie. Si va dai conti della spesa agli sforzi per far quadrare il bilancio di fine mese, al computo delle tasse da pagare, alla previsione delle ore di lavoro occorrenti per montare gli scaffali in cantina. Queste situazioni sono caratterizzate dallessere padroneggiabili, cio dal fatto che ciascuno pu valutare senza eccessiva difficolt lestensione e la portata dei dati. Esse non sollevano problemi particolari. Spesso per la dimensione numerica ha un che di effettistico o di misterioso. A seconda dei casi pu essere portatrice di messaggi trionfalistici, esoterici o inquietanti, come quando si parla di armamenti, e la sua reale identit si colloca su un piano secondario. A un significato improprio dei grandi numeri si assiste in tema di macrocosmo: i milioni di anni luce che costituiscono misure frequenti di distanze interstellari sono cos al di l della comune immaginazione da destare soprattutto una meraviglia un po attonita, una indefinita sensazione di orgoglio per le conquiste scientifiche e tecnologiche che consentono di inviare in esplorazione satelliti, sonde, impulsi di varia lunghezza donda e natura. Potremmo dire che il dato numerico assume una connotazione piuttosto trionfalistica. A sensazioni simili si esposti quando ci si avvicina al microcosmo: velocit dellelettrone, tempi di rotazione, nanosecondi e concetti affini hanno un che di molto esoterico. Anche il mondo della finanza, in cui si parla di investimenti da migliaia di miliardi e si computano a milioni le ore lavorative perse per uno sciopero, d luogo a percezioni pi cromatiche che tratte dallanalisi attenta del reale. Sembra fondata una delle leggi di Parkinson (notazioni umoristiche e assai acute in tema di organizzazioni e di costume) secondo cui quanto pi una cifra da impiegare alta, tanto meno probabile che il consiglio di amministrazione dia luogo a opposizioni ben strutturate. I grandi numeri sgomentano, specialmente quando si tratta di denaro. Per piccole spese, quali le somme da pagare per la riparazione di un muro di cinta o per coprire con una tettoia il recinto in cui si lasciano le biciclette, invece facile che si scatenino dispute vibrate tra i vari consiglieri in nome del risparmio e della bont delle realizzazioni. Effettivamente ci si avvale in modo proprio dei dati soltanto quando essi vengono utilizzati per cogliere un certo fenomeno nella sua esatta dimensione. Le capacit in gioco sono quelle consuetamente impegnate nelle prove di livello a contenuto numerico: abilit di calcolo, prontezza nel cogliere gli elementi essenziali, individuazione di aspetti generali sulla base dei valori che vengono forniti. Con le grandi cifre occorrono disponibilit e un po di attitudine. Quanti alberi vengono impiegati per stampare un giornale da un milione di copie?Basta sapere quanto pesa il giornale e quale la quantit media di legno occorrente per ottenere la cellulosa necessaria per una copia. Si tratta poi di fare qualche semplice operazione aritmetica. Quanti piani ha un certo grattacielo? possibile rispondere dividendo laltezza, conosciuta o stimata, per i tre metri che in generale costituiscono laltezza media di un appartamento.

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Non esiste nulla di pi vivo dellambiente minerale. Questaffermazione pu suonare paradossale, ma in proposito i geologi raccontano un breve apologo: Una farfalla vola e si posa su un ramo di un albero. Le chiediamo: Secondo te, lalbero sul quale ti trovi un essere vivente?. La farfalla risponde: No di certo: tutta la vita che sto qui e non lho mai visto crescere!. Il concetto che vorremmo porre in evidenza ora comincia ad apparire pi chiaro. Esattamente come per la breve vita della farfalla il ritmo di crescita dellalbero troppo lento per essere avvertito, cos per la nostra breve vita, levolversi e il continuo modificarsi dellambiente geomorfologico sono eventi assolutamente impercettibili. Nellarco dei tempi geologici, invece, laspetto esteriore del globo terrestre ha subito unincredibile serie di variazioni: i terremoti, i fenomeni vulcanici e termali, i fenomeni erosivi possono essere considerati come fotogrammi singoli di uninterminabile pellicola cinematografica. Potremmo forse visionare questo film ipotetico e straordinario facendo scorrere i fotogrammi, scattati uno ogni secolo, alla velocit di trenta al secondo. Anche a questa velocit occorrerebbero oltre 17 giorni per vedere tutta la pellicola che ci narra la storia della Terra fin dalla nascita, 4500 milioni di anni or sono. Gli esseri viventi propriamente detti sono entit in grado di duplicarsi. La loro comparsa sulla Terra risale a oltre tre miliardi di anni fa, almeno per quanto riguarda le pi semplici forme batteriche, ma gli esseri superiori sono apparsi in tempi molto pi recenti. Ecco quindi che la terra, intesa qui proprio come terreno, roccia, acqua e aria, cio mondo minerale, stata la culla e la madre della vita. Una delle pi recenti teorie sulla nascita delluomo ipotizza che le prime strutture autoduplicanti si siano evolute proprio da alcuni minerali delle argille, quali halloisite, illite, caolinite e altri. Una grande rivincita, dunque, per i minerali, definiti sempre come freddi cristalli senza palpiti di vita. chiaro che non possiamo immaginare sassi che respirano, per queste considerazioni ci devono far capire come i confini tra i regni animale, vegetale e minerale siano ben pi labili di quanto possa sembrare. Se la cosa risaputa per quanto riguarda il confine vegetale-animale, al punto che ad esempio alcuni biologi classificherebbero i funghi nel regno animale, meno nota la problematica riguardante il confine tra questi due regni e il regno minerale, sempre che tale confine esista. A questo proposito va citato il caso di alcuni organismi (ma si possono definire cos?) ultramicroscopici, i batteriofagi o fagi. Queste entit, le pi piccole strutture in grado di riprodursi, sia pure a spese dei batteri che parassitano, sono costituite da un numero di atomi variabile tra solo 300 mila e 22 milioni, e sono quindi visibili esclusivamente al microscopio elettronico. Ci che stupisce maggiormente di questi fagi la forma. La loro testa un poliedro di tipo cristallino sormontato da una bipiramide. Sono minerali o animali? Si dice che la caratteristica prima della materia vivente sia la estrema variabilit chimico-fisica, mentre il mondo minerale sarebbe caratterizzato da cristalli regolari e immoti. Ci per vero solo nella teoria, in quanto i difetti reticolari, cio le irregolarit nella struttura dei cristalli sono la norma e non leccezione. Il carbonio lelemento base della vita; il silicio lelemento base del mondo minerale. Le differenze tra questi due elementi sono scarsissime, ma il silicio, a differenza del carbonio, realizza con gli altri elementi legami singoli di grande stabilit che non gli consentono di evolvere in tempi brevi. Gli scienziati tuttavia hanno ipotizzato anche una vita basata sul silicio, enormemente pi lenta, ma teoricamente possibile.

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Allinizio del Settecento, con la morte di Carlo II di Spagna e con il pericolo di unegemonia dei Borboni, lequilibrio europeo si rompe e si fronteggiano due gruppi di potenze: Austria, Inghilterra, Olanda da una parte, Francia e Spagna dallaltra. La morte dellimperatore Giuseppe I capovolge la situazione ed perci necessario giungere alla pace tra Inghilterra, Francia e Austria. La Francia ormai in crisi e la vera vincitrice di questi conflitti solo apparentemente dinastici lInghilterra, che si assume per qualche decennio il ruolo di suprema moderatrice del difficile e complesso gioco degli equilibri, in cui poco alla volta entrano con peso crescente due nuove potenze, la Russia e la Prussia. Nel lungo periodo di pace che lEuropa gode verso la met del secolo raggiunge il culmine la potenza che lInghilterra in grado di esercitare con il dominio dei mari e con la conseguente supremazia politica ed economica, ma soprattutto con il suo grandioso sviluppo scientifico, culturale e letterario. La pubblica opinione di quel Paese d la misura e lesempio di una moderna societ civile che ha il suo fulcro nella borghesia e nel ceto dirigente che essa esprime in tutti i sensi e in tutti i campi. Lo stesso fenomeno di emancipazione dei ceti borghesi delle caste e degli ordini chiusi tradizionali si sviluppa successivamente anche in Francia e, pi lentamente, in Germania e in Russia. La borghesia mercantile e intellettuale incontra talora lapprovazione di certa aristocrazia e ottiene lappoggio di alcuni sovrani: lancien rgime comincia a sgretolarsi. Il pensiero si articola sui nuovi modelli forniti dallo scientismo, dal razionalismo, dal laicismo e dallindividualismo, che saranno i fondamenti dellIlluminismo, la pi grande svolta filosofica, politica e sociale del mondo moderno. Il primo impulso verr dalla riflessione di Locke e dalla ricerca di Newton, ma lapprofondimento e la divulgazione del nuovo modo di pensare tutta opera francese. Lesigenza di rinnovamento nellambito della societ europea provoca lalleanza tra le classi pi avanzate e i sovrani illuminati, mentre in Francia il partito dei filosofi formula pi precise rivendicazioni di libert politica. Intanto in Inghilterra la rivoluzione industriale, segnando il passaggio dal capitalismo mercantile al grande capitalismo moderno, produce il triste fenomeno del proletariato e fa crollare lipotesi della collaborazione tra le classi. La rivoluzione ormai alle porte: dallAmerica passer ben presto alla Francia e diventer un problema europeo. La letteratura di questo periodo tra le pi ricche di fermenti e di suggestioni: riflette la vivacissima situazione della societ contemporanea e vi si immerge con lempito della partecipazione. Il Settecento fu un secolo prosastico con interessi filosofici, sociali, politici, economici; in una parola di solidariet umana e di rinnovamento civile e sociale. Voci diverse si scontrano e pur nella diversit dei toni e delle impostazioni collaborano alla fondazione della societ moderna. Secolo per eccellenza razionale, il Settecento conobbe infatti anche il fascino della commozione sentimentale, del languore e dellabbandono alla voce del cuore: e questa, anticipatrice della avanzata sensibilit romantica, anchessa pienamente settecentesca e, a suo modo, rivoluzionaria.

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Economia una parola chiave del vocabolario degli uomini della nostra epoca. Non lo era per gli uomini dellAntichit o del Medioevo. Con essa ci si riferisce a quel vasto e complesso campo di beni, strumenti, comportamenti, rapporti fra le persone che riguardano i bisogni materiali delluomo e il modo di soddisfarli. Oggi sappiamo bene che i bisogni delluomo variano nel tempo: non tutte le epoche hanno gli stessi bisogni e ogni et soddisfa i propri in modo diverso. Ma luomo di qualsiasi tempo ha avuto dei bisogni e ha dovuto soddisfarli, a cominciare da quelli elementari: cibo, vestiario, abitazione. Dunque, ogni comunit umana ha dovuto (e deve) affrontare problemi economici. Per la loro importanza, anzi, costituiscono una delle dimensioni decisive della storia dei popoli. Non meraviglia perci scoprire che fin dallAntichit ci siano tracce di una riflessione sulleconomia. Meraviglia piuttosto constatare qualcosa daltro. Per molto tempo queste riflessioni sono frammentarie, affogate in opere che soccupano daltro. Manc a lungo uno sforzo per comprendere se le singole parti del processo economico (produzione, distribuzione, consumo dei beni) fossero tra loro legate e come, secondo quali regolarit o leggi. una domanda che ci si comincia a porre in modo esplicito intorno ai secoli XVI-XVII. Ne spia un nuovo termine: economia politica. Ha notato giustamente J.A. Schumpeter (1883-1950), economista e storico del pensiero economico: nel Cinquecento, e persino pi tardi, oeconomia significa ancora governo della casa, secondo letimologia greca della parola. Ma gi nel 1615 troviamo in Francia un libro intitolato Traict de lconomie politique (Trattato deconomia politica), un titolo destinato a divenire classico: da allora in poi moltissimi libri deconomia si chiameranno appunto cos. Lautore del Traict, Antoine Montchrtien de Watteville, era un modesto economista che non ha portato contributi allavanzamento delle conoscenze economiche. Ma proprio per questo quel titolo un indizio: Montchrtien probabilmente lus perch il termine si stava gi diffondendo. Leconomia stava divenendo economia politica: ci si cominciava a chiedere oramai come si formino, crescano, si distribuiscano i mezzi atti a soddisfare i bisogni (le ricchezze, dicevano gli economisti dellepoca) dellintero corpo sociale. Il 600 e il 700 sono secoli di grande fervore di ricerca economica. Vengono individuate le questioni decisive dellanalisi economica e trovati abbozzi di risposte di notevole rilievo scientifico. Perch tanto interesse per leconomia proprio in quei secoli? Una delle pi convincenti risposte a tale quesito lha fornita Karl Marx. Secondo Marx nelle societ precedenti il capitalismo (o pre-capitalistiche) i rapporti economici fra gli uomini erano velati, nascosti sotto altre apparenze. Nel Medioevo, ad esempio, fra signore e servo della gleba cera una differenza di grado dorigine divina (si ricordi lordine trinitario). Fra capitalista e operaio il rapporto apertamente economico: luno possiede i mezzi per produrre i beni e ha bisogno dellaltro per azionarli; il secondo ha la forza-lavoro che serve al capitalista per mettere in moto i mezzi di produzione e ha la necessit di ricevere per il suo lavoro un salario che il capitalista pu pagargli. Una volta venuti in primo piano, senza pi veli, i rapporti economici nella realt, la riflessione sulleconomia si libera anchessa da altre preoccupazioni.

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Come paragonare il mondo dei nostri giorni con quello del 1914? Oggi sulla terra vi sono cinque o sei miliardi di persone, forse tre volte di pi di quante ve ne fossero allo scoppio della prima guerra mondiale, e questa crescita avvenuta nonostante che durante il secolo breve siano stati uccisi o lasciati morire per decisione delluomo tanti esseri umani quanti mai prima nella storia. Una stima recente delle grandi stragi del nostro secolo registra 187 milioni di morti (Brzezinski, 1993), che equivalgono a un rapporto di pi di uno su dieci sul totale della popolazione mondiale del 1900. Ai nostri giorni la popolazione non solo cresciuta numericamente, ma anche in peso e in altezza rispetto alle generazioni precedenti; inoltre meglio nutrita e vive pi a lungo, nonostante che le catastrofi avvenute in Africa, in America latina e nellex URSS negli anni 80 e 90 sembrerebbero indicarci il contrario. Il mondo incomparabilmente pi ricco di quanto lo sia mai stato prima, sia nella capacit di produrre beni e servizi sia nella loro variet illimitata. Se cos non fosse, non potrebbe sussistere una popolazione mondiale assai pi numerosa di quanto sia mai accaduto sinora nella storia. Fino agli anni 80 la maggior parte delle persone ha avuto un tenore di vita superiore a quello dei propri genitori e, nelle economie avanzate, superiore alle loro aspettative o perfino a quanto avessero mai potuto immaginare. A met del secolo, per alcuni decenni, sembr che si fosse trovato il metodo per distribuire con una certa equit almeno una parte di questa enorme ricchezza alle classi lavoratrici dei Paesi pi ricchi, ma alla fine del secolo lineguaglianza ha preso di nuovo il sopravvento. Essa si anche massicciamente introdotta nei paesi ex socialisti, dove in precedenza regnava una certa eguaglianza dovuta a una generale povert. Oggi lumanit ha un grado di istruzione di gran lunga pi alto di quello che aveva nel 1914, visto lenorme e crescente divario che esiste tra il grado minimo di istruzione ufficialmente richiesto per essere considerati alfabetizzati, spesso prossimo a un analfabetismo effettivo, e lalta padronanza nella lettura e nella scrittura che si richiede a livello delle lite. Il mondo permeato da una tecnologia rivoluzionaria in costante progresso, basata sui trionfi della scienza, che poteva essere prevista nel 1914, ma che allora era appena iniziata a livello pionieristico. Forse la conseguenza pratica pi evidente di questo progresso tecnologico stata una rivoluzione nei trasporti e nelle comunicazioni che ha pressoch annullato il tempo e la distanza. Oggi nel mondo le informazioni e gli spettacoli sono disponibili ogni giorno, ogni ora, in ogni casa, a un grado superiore a quello concesso alle stesse famiglie imperiali nel 1914. Le persone possono parlarsi attraverso gli oceani e i continenti premendo pochi pulsanti e, dal punto di vista pratico, quasi tutti i vantaggi culturali della citt sulla campagna sono stati annullati. Perch, dunque, il secolo non finito con la celebrazione di questo progresso meraviglioso e incomparabile e invece si diffonde un senso di disagio e di inquietudine? Perch tante menti pensose guardano al secolo trascorso senza soddisfazione e certamente senza fiducia nel futuro? Non solo perch si trattato del secolo pi sanguinario che la storia ricordi, per la dimensione, la frequenza e la durata delle guerre che lo hanno costellato le quali cessarono solo per un attimo negli anni 20 ma anche perch esso ha prodotto catastrofi umane senza precedenti, dalle pi grandi carestie mai avvenute nella storia al genocidio sistematico.

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Perch abbiamo sempre parlato della velocit della luce o di velocit minori, ma mai di velocit maggiori di quella della luce? Perch, secondo la teoria della relativit, non ci pu essere una velocit maggiore di quella della luce. Secondo la meccanica classica, se una particella si muove con una certa velocit, nellautobus della Quinta strada, la sua velocit rispetto allosservatore esterno sar uguale alla velocit rispetto allautobus pi la velocit dellautobus. Dunque, qualunque velocit pu aumentare. Ma, come abbiamo visto, la legge classica della somma delle velocit incompatibile con le ipotesi su cui si basa la teoria della relativit. Infatti, se la luce si muove con la velocit c rispetto allautobus, la sua velocit rispetto allesterno cio allosservatore posto sulla Quinta strada sar sempre la costante c, qualunque sia la velocit dellautobus. La legge classica della somma delle velocit deve dunque essere cambiata. Una importante deduzione tratta dalla teoria della relativit quella che Einstein cita nel suo primo lavoro e sulla quale ritorna in seguito in un altro breve lavoro apparso con il titolo Linerzia di un corpo dipende dalla sua energia?. Se dicessi che le idee espresse in questo lavoro hanno scosso tutto il mondo, sarei certo di non esagerare poich qui troviamo per la prima volta lenunciazione teorica di un possibile nuovo fenomeno che ha aperto orizzonti sconfinati nel campo della scienza e della tecnica di guerra e di pace. Questo breve lavoro afferma: luso dellenergia atomica , in linea di principio, possibile. Quarantanni pi tardi il lavoro di molti scienziati ha confermato praticamente questa possibilit e oggi ognuno pu rendersene conto osservando le fotografie dellesplosione avvenuta nel deserto del Nuovo Messico e la devastazione di Hiroshima. Sembra quasi unironia che i semi per la futura utilizzazione dellenergia atomica siano stati piantati dalluomo pi pacifico del mondo, da un uomo solitario che aveva orrore della violenza e disprezzava la forza bruta. Einstein dimostr che luso dellenergia atomica teoricamente possibile, ma nessuno, lui compreso, sapeva se e quando sarebbe stato possibile in pratica: questa certezza stata raggiunta solo di recente. lecito supporre che la risposta avrebbe anche potuto essere diversa e che luso dellenergia atomica avrebbe potuto rivelarsi possibile solo in teoria. In tal caso il nome di Einstein non sarebbe stato legato alla bomba atomica o allo sviluppo della tecnica, senza tuttavia perdere nulla della sua importanza nella storia della nostra civilt. La creazione della teoria della relativit segna la nascita della fisica moderna; essa ha determinato un profondo cambiamento nelle nostre idee filosofiche fondamentali e unaccurata revisione dei fondamenti su cui costruita la scienza moderna. Il fisico classico del diciannovesimo secolo credeva in due leggi di conservazione: la legge di conservazione della massa e la legge di conservazione dellenergia. La prima afferma che, per quanto un corpo sia riscaldato, deformato, trasformato chimicamente, la sua massa totale rimane sempre la stessa. Se si riscalda un bicchiere dacqua, la temperatura e la quantit di calore variano. Varier anche la massa di questo bicchiere dacqua? Il fisico classico risponderebbe di no. La teoria della relativit conduce a una risposta completamente diversa.

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Leditore la vera anima di una casa editrice. Non solo la maggior parte delle volte le d il nome, ma pensa a imprimerle le necessarie spinte di sviluppo. Leditore un imprenditore a tutti gli effetti e, anche se qualcuno vorrebbe smentire, possiamo senza dubbio dire che lo scopo del suo operato il profitto. Nella nostra epoca si verificata la graduale scomparsa delleditore intellettuale e letterato, attento esclusivamente al valore culturale delle proprie pubblicazioni, mentre si decisamente imposta la figura delleditore manager, molto pi pragmatico, che commisura le scelte alle possibilit reali del mercato e a sani equilibri di bilancio. La trasformazione cominciata negli anni Sessanta. Prima di allora esisteva uneditoria, certo minore ma importante, che seguiva linee proprie senza porsi come scopo prioritario il profitto. Alcuni editori, appartenenti a prestigiose famiglie di imprenditori, consideravano leditoria libraria solo un fiore allocchiello, un omaggio alle arti, in quanto traevano i loro redditi da altre attivit, specie la stampa periodica, che allora aveva ingenti introiti pubblicitari. Con il tempo cominciarono a diffondersi nel settore dei libri alcuni criteri di gestione pi orientati allaspetto economico. Oggi la visione si completamente ribaltata: fare leditore significa essere imprenditore e, come tale, compiere delle scelte strategiche riguardanti il prodotto, prima di tutto, quindi il mercato al quale indirizzarsi, la ricerca dei collaboratori, dei fornitori, la scelta tecnologica e la creazione di unimmagine aziendale che sar il biglietto da visita per loperato attuale e futuro. Obiettivi molto pratici e un occhio particolare al mercato, dal quale prendere tutte le informazioni necessarie per svolgere al meglio la propria attivit: notizie sulla concorrenza, statistiche, novit, strategie di marketing che hanno avuto successo, nuovi canali di distribuzione e molto ancora. Un progetto editoriale, per quanto originale e creativo, dovr sempre fare i conti con un pubblico e con un mercato in cui collocare il prodotto. Lidea iniziale delleditore, la sua scelta di indirizzarsi verso un tipo di produzione piuttosto che un altro deve essere pianificata in modo strategico e dovr nel tempo mantenere la coerenza prefissata. Eventuali cambiamenti saranno dettati da ragioni circostanziate, quali una variazione nei gusti dei lettori, ragioni economiche, dunque di mercato. Lobiettivo sar quello di creare una linea editoriale, il segno che permetter di riconoscere la casa editrice in mezzo alle circa tremila che ci sono in Italia. Si inizier con lideazione della sigla editoriale, primo passo verso la concretizzazione del progetto delleditore. Poi verr la suddivisione in collane che rifletter motivazioni organizzative e contenutistiche.Il pubblico da tenere in considerazione per creare un progetto editoriale fondamentalmente quello dei lettori. In Italia, a differenza dei maggiori Paesi europei, il numero dei lettori esiguo rispetto allofferta vastissima di titoli sul mercato; questo il dramma principale che attraversa la nostra editoria. Per avviare unattivit con probabilit di successo necessario incanalare lofferta verso un target definito di lettori. Si tratta in sostanza di compiere delle scelte mirate che tengano conto non di un pubblico generico che spesso rimane solo potenziale, ma di tipologie di pubblico ben individuate, a cui indirizzare proposte idonee, supportate da un preciso piano di comunicazione e diffusione. Tale esigenza nasce soprattutto per un certo tipo di editoria, medio-piccola, che, per continuare a produrre, deve orientarsi su una produzione specializzata, plasmata sui bisogni di alcuni segmenti di clientela. Uneditoria di nicchia, dunque, tesa a soddisfare e conquistare un pubblico in termini di qualit di offerta e di servizio e, attraverso queste due leve, creare una sorta di legame di fidelizzazione con i propri lettori.

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Ogni volta che qualcuno mi chiede di parlare del metodo scientifico sono in imbarazzo. Non tanto perch nutra dubbi fayerabendiani sullesistenza del metodo, quanto perch non so bene n di che cosa il mio interlocutore vuole che parli, n se vuole che ne parli in senso storico. Che cosa si intende quando si chiede qualcosa intorno al metodo? Forse quali sono le regole grazie alle quali uno scienziato persegue un suo qualche fine da identificare? Forse proprio qualcosa intorno a tale fine? O forse qualcosa di pi generale? Si vuole una storia del metodo scientifico attraverso i secoli? Si vuole la situazione dello stato dellarte? Perch tutte queste domande per una richiesta apparentemente non ambigua, almeno stando allintendere comune? Ebbene perch lintendere comune, qui in Italia, stato viziato da uneducazione non perfettamente in linea con ci che si fa e si discute quando realmente ci si occupa di filosofia della scienza. Innanzitutto la filosofia della scienza non solo lo studio del metodo scientifico inteso quale insieme di ricette pi o meno definite o definibili che indicano prescrittivamente o descrittivamente il processo della ricerca scientifica. In secondo luogo, anche chi si occupa di metodologia non detto che si debba occupare di metodo. Infatti con metodologia si dovrebbe intendere la filosofia della scienza generale, per distinguerla dalla filosofia delle scienze particolari. La filosofia della scienza generale si occupa di problemi riguardanti concetti che, pi o meno, sono presenti in ogni ambito scientifico: la spiegazione, il realismo con i connessi problemi della sottodeterminazione teorica a causa dei dati, il problema delle notazioni equivalenti, linferenza alla miglior spiegazione o alla miglior causa o alla miglior corroborazione, la natura delle leggi di natura, il problema della controfattualit, la teoreticit della conoscenza e il problema del confronto fra teorie diverse, il progresso scientifico, i rapporti fra scienza e altri domini conoscitivi o valutativi ecc. Invece la filosofia delle scienze particolari si occupa dellanalisi filosofica di concetti di particolari ambiti scientifici (il problema della massa, del tempo, dello spazio ecc.) o di particolari teorie scientifiche (i problemi filosofici della relativit, della meccanica quantistica, della biologia teorica ecc.). Una volta specificato quanto sopra, mi pi facile proporre delle riflessioni sullo snodo metodo/scienza/filosofia. Dapprima parler della filosofia che di principio non dovrebbe essere fatta senza scienza, ossia della filosofia della scienza. Cos discuter dellutilit di soffermarsi ancora sul metodo e delle due fallacie che derivano dal fare filosofia della scienza senza scienza e filosofia della scienza senza filosofia. Infine, brevemente, mi soffermer sulla questione se sia possibile fare scienza senza filosofia e filosofia senza scienza. Affrontare la questione del metodo scientifico comporta innanzitutto trovarsi davanti a un trivio: fare storia del metodo? Utilizzare un approccio descrittivista? Proporre una via prescrittivista? Inoltrarsi lungo la prima possibilit significa vestire i panni dello storico e tentare di capire qual il metodo scientifico teorizzato da un particolare autore in una particolare epoca, oppure vedere come allinterno di una data comunit scientifica, ben localizzata temporalmente, gli scienziati si sono comportati. Un lavoro quindi perfettamente legittimo, che vede storici delle idee, storici della filosofia e storici della scienza al lavoro. Si studia qual era il metodo cartesiano, o quello baconiano. Si analizza il dibattito che c stato in Inghilterra nella prima met dell800 fra John F.W. Herschel, William Whewell e John Stuart Mill. Oppure le discussioni, ormai avvenute quasi una trentina di anni fa, fra, da una parte Karl Popper e dallaltra Paul K. Feyerabend, Imre Lakatos e Thomas S. Kuhn.

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Nellottobre 1918 Wilson, in occasione delle elezioni per il Congresso, si rivolse agli elettori statunitensi chiedendo loro un voto massiccio per il partito democratico; fu clamorosamente sconfessato e i repubblicani conquistarono la maggioranza sia al Senato sia alla Camera dei rappresentanti. La sconfitta del presidente, che era stato eletto anche in base alla convinzione che egli avrebbe tenuto il paese fuori del conflitto, fu probabilmente dovuta al modo in cui la politica interna era stata condotta durante i due anni di guerra e al suo atteggiamento che mostrava di voler monopolizzare la vittoria imminente e la pace futura a vantaggio della propria parte politica. Per tutta la durata dellimpegno bellico americano la nuova libert teorizzata da Wilson era stata messa da parte e una pesante legislazione repressiva aveva intaccato alcuni capisaldi della tradizione politica statunitense, colpendo vessatoriamente cittadini classificati bravamente come responsabili di reati antipatriottici e che al massimo potevano essere accusati di avere opinioni non conformiste. Quando il presidente part per lEuropa per partecipare alla conferenza della pace, fu accompagnato dallavvertimento di Teodoro Roosevelt che le sue enunciazioni e i suoi ormai famosi quattordici punti non rappresentavano affatto lespressione della volont dei cittadini degli Stati Uniti. Quando torn con il trattato di Versailles e col covenant della Societ delle Nazioni le sue speranze di vederli ratificati dalla nuova maggioranza repubblicana erano puramente illusorie: il minimo che si potesse dire era che, a parte un ristretto numero di suoi fedelissimi seguaci, entrambi i rami del Congresso non intendevano approvare il trattato nella forma che esso aveva. Il clima di crociata democratica era mutato, sia per la fine dellartificioso entusiasmo che aveva contraddistinto lintervento, sia per i risultati delle trattative di pace, sia per il diffuso timore dun possibile coinvolgimento in futuri conflitti che non mettevano in gioco interessi americani. Le argomentazioni repubblicane contro la Societ delle Nazioni erano in parte speciose, ma destinate a far breccia nellopinione pubblica: ... quando avrete impegnato questa repubblica ad un piano di controllo mondiale fondato sulla forza, sulla forza militare unita delle quattro grandi nazioni del mondo - argomentava il senatore W. E. Borah, il principale oppositore di Wilson in questa materia, - voi avrete per ci stesso distrutto latmosfera di libert, di fiducia nella capacit di autogoverno delle masse in cui soltanto la democrazia pu allignare. Quando questa coalizione sar formata, quattro grandi potenze, che rappresenteranno i dominatori, governeranno met degli abitanti della Terra: sar un governo fondato sulla forza e noi ne faremo parte. Per i repubblicani non si trattava soltanto di questioni di principio (per esempio il diritto del popolo di decidere della guerra e della pace) ma anche di una valutazione strettamente politica del trattato che con inaudita spietatezza violava almeno in una dozzina di casi la divina legge della nazionalit e precostituiva cos i fomiti di un nuovo conflitto: quantunque enfaticamente espressa, la loro convinzione che la Societ delle Nazioni rappresentasse la garanzia dellordine (ingiusto) di Versailles non era fondamentalmente sbagliata; dove essi si sbagliavano era nel ritenere che gli Stati Uniti potessero effettivamente condurre una politica isolazionistica, ma probabilmente non era questo il senso da attribuire alla loro volont di non compromettersi in alleanze.

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Tab una parola polinesiana che ci difficile tradurre, perch non possediamo pi il concetto a cui tale termine si riferisce. Per gli antichi romani il concetto era ancora familiare: il latino sacer concetto identico al tab dei polinesiani. Anche lo hgos dei greci, il kodausch degli ebrei deve aver coinciso, quanto a significato, con ci che i polinesiani definiscono mediante il termine di tab e che molti altri popoli dAmerica, dAfrica (Madagascar), dellAsia settentrionale e centrale esprimono attraverso analoghe definizioni. Per noi il significato del tab si distingue in due accezioni opposte. Da un lato vuol dire: santo, consacrato. Dallaltro lato: inquietante, pericoloso, proibito, impuro. Lopposto del tab si chiama in lingua polinesiana noa, ossia usuale, generalmente accessibile. Di conseguenza nel concetto di tab implicita unidea di riserva: infatti il tab si esprime essenzialmente in divieti e restrizioni. Il significato del tab potrebbe coincidere spesso con la nostra espressione orrore sacro. Le restrizioni derivanti dal tab sono diverse dai divieti religiosi o morali. Non vengono ricondotte al comandamento di un dio, ma propriamente parlando si vietano da se stesse; ci che le distacca dalle proibizioni morali il mancato inserimento in un sistema che dichiari necessarie, in termini assolutamente generali, certe astensioni e che giustifichi anche tale necessit. Le proibizioni derivanti dal tab sono prive di qualsiasi giustificazione; la loro origine sconosciuta; incomprensibili ai nostri occhi, appaiono ovvie a coloro che vi sono soggetti. Wundt definisce il tab come il pi antico codice di leggi non scritte dellumanit. unipotesi generalmente accettata che il tab sia pi antico degli dei e che risalga a tempi anteriori a ogni religione. Poich ci occorre una descrizione imparziale del tab, se vogliamo farne oggetto di un esame psicoanalitico, citer qui alcuni estratti dallarticolo che lEnciclopedia britannica dedica alla voce Taboo, redatta dallantropologo Northcote W. Thomas. In senso stretto il tab comprende soltanto: a) il carattere sacro (o impuro) di persone o di cose, b) il tipo di proibizione che risulta da questo carattere e c) la santit (o impurit) che deriva dallinfrazione di questo divieto. Lopposto del tab si chiama in lingua polinesiana noa, vale a dire generale o comune... In senso pi lato si possono distinguere diversi generi di tab: 1) naturale o diretto, che il risultato del mana (forza misteriosa) inerente a una persona o cosa; 2) trasmesso o indiretto, che procede anchesso dal mana, ma o a) acquisito oppure b) imposto da un sacerdote, da un capo o da qualcun altro; 3) intermedio, ove sono presenti entrambi i fattori, come nel caso di una moglie fatta propria dal marito. Il termine tab viene usato anche per altre limitazioni rituali, ma non si dovrebbe far rientrare nel tab tutto ci che potrebbe essere meglio definito come interdizione religiosa. Non vi dubbio che allinizio la punizione per la trasgressione di tab affidata a una disposizione interiore che opera in maniera automatica: il tab violato si vendica da s. Quando successivamente sorgono rappresentazioni di di e di spiriti, con i quali il tab entra in relazione, ci si aspetta una punizione automatica dalla potenza della divinit. In altri casi, probabilmente in conseguenza di unulteriore evoluzione del concetto, la societ che si assume il compito di punire il temerario, il cui modo di procedere ha messo in pericolo i compagni. In tal modo anche i primi sistemi penali dellumanit si riallacciano al tab.

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La luce e il calore che una stella emette nello spazio sono manifestazioni della sua presenza che ci permettono di percepire appunto lesistenza dellastro alla distanza di migliaia di anni luce se osserviamo a occhio, e di milioni se ci aiutiamo con i telescopi. Inoltre, se attorno alla stella si trovano dei pianeti, essa li illumina; nel caso della Terra questa luce sorgente di vita. Quando allinterno di una stella hanno luogo processi energetici, si usa dire che la stella viva anche se questi processi non hanno nulla a che fare con la vita in senso biologico. Ma la vita di una stella non dura in eterno. Tutte le stelle muoiono; dopo quanto tempo dalla loro nascita dipende solo dalla loro massa. Quelle di massa minore di quella del Sole possono vivere a lungo, anche decine di miliardi di anni; quelle della stessa massa del Sole una decina; quelle di massa superiore sono destinate a vita breve e a morte precoce. Una stella dieci volte pi ricca di massa del Sole pu vivere solo qualche decina di milioni di anni. Un nulla a confronto con i tempi in gioco nei fenomeni astronomici. Anche il modo con cui la stella perde vita, cio cessa di produrre energia, diverso dalluna allaltra e dipende solo dalla massa. Se questa minore di quella solare la morte della stella interverr per lenta estinzione. Nel caso del Sole, o di stelle di massa simile, la morte interviene dopo una serie di esplosioni che si susseguono a distanza di centinaia di milioni di anni (o qualche miliardo). Alla fine la stella si contrae in un astro di piccole dimensioni (per esempio circa come la Terra). Se la stella di massa molto superiore a quella del Sole la fine catastrofica: una colossale esplosione la divider in due parti: una che si contrae, al centro, in un astro di diametro di pochi chilometri e formato di materia iperdensa (un pulsar o addirittura un buco nero) e laltra rappresentata da un involucro esterno che viene proiettato a distanza sotto forma di una gigantesca superficie sferica che continua a dilatarsi fino a disperdersi nello spazio interstellare. Qua e l, nello spazio, si osservano delle tenui nebulose a forma di bolla sferica, molto sottili e perlopi trasparenti. Al centro di queste nebulose spesso si trova un pulsar che si pu osservare per la sua radioemissione cadenzata e talvolta anche per la sua tenue luce. La costellazione del Cigno che si pu osservare nelle calde notti destate fino allinizio dellautunno una di quelle in cui finita una stella che si estinta per esplosione. Se il fenomeno avvenuto di recente (per esempio meno di una decina di migliaia di anni), allora nel centro della nebulosa si trover un pulsar che conferma lorigine della nebulosa. Se lesplosione pi remota (come nel nostro caso), allora il pulsar pu essersi estinto; in questo caso rimane solo la nebulosa ad anello. Per osservare lanello del Cigno occorrono cieli dotati di estrema limpidezza e strumenti molto luminosi: per esempio un telescopio con un obbiettivo molto grande, almeno venti centimetri di diametro. La bellezza di questa nebulosa contrasta con la tragica fine che ha fatto la stella che le ha dato origine. E la stessa fine devono aver fatto i pianeti, se ce nerano, che giravano attorno a essa.

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I telefoni cellulari mettono in comunicazione gli utenti valendosi dellemissione di microonde, le stesse che permettono ai forni a microonde di cuocere gli alimenti: da qui il timore che esse possano agire allo stesso modo sullorecchio e sul cervello dei maniaci del telefonino. La potenza di un forno a microonde per di parecchie centinaia di watt, quella di un telefonino non supera mai i due watt. Per fare chiarezza sono stati condotti degli studi scientifici, finanziati in particolare dai costruttori di telefonini e dagli operatori della telefonia mobile, preoccupati di mettere fine alle voci. Anni di ricerche di dosimetria hanno dimostrato che i telefonini non provocano alcun riscaldamento di tessuti. Lassenza di riscaldamento potrebbe per essere una semplice conseguenza dellattivazione del sistema di termoregolazione del corpo umano: la circolazione sanguigna si intensificherebbe e agirebbe come un circuito di raffreddamento. Questa attivazione sarebbe generatrice di stress e potrebbe, a lungo termine, indurre altri effetti biologici. Ma per il momento nessuno di questi effetti stato riscontrato. E che ne dei sospetti di eventuali effetti cancerogeni dei portatili? I vari studi si contraddicono e non sono facili da interpretare. Si dice che le microonde abbiano la capacit di eccitare le molecole. In dosi elevate possono perfino rompere i loro legami atomici. Il dottor Henry Lai, dellUniversit di Washington, ha per esempio mostrato che, nel ratto, lesposizione alle microonde aumentava del 25% il numero di rotture delle molecole di DNA del cervello. Una cifra simile dovrebbe inquietare, dato che queste rotture cromosomiche possono rendere le cellule cancerose. Ma uno studio condotto da unquipe californiana ha fornito indicazioni opposte, provando che queste radiazioni limitavano la proliferazione di cellule tumorali nei ratti ai quali era stata inoculata una sostanza cancerogena! Ricerche francesi non hanno riscontrato nessun effetto. E se i lavori dellquipe australiana di Michael Repacholi del Royal Adelaide Hospital hanno rilanciato i sospetti, essi non permettono pi degli altri studi di trarre una conclusione netta. Il telefonino allora esente da rischi? Certamente no. I telefoni cellulari introdotti nel complesso sanitario devono essere tenuti spenti, perch rischiano di perturbare le apparecchiature mediche funzionanti con sistemi elettronici, recita un avviso allingresso degli ospedali. una circolare della Direzione degli ospedali emessa il 6 ottobre 1995, che raccomanda ladozione di questo accorgimento per salvaguardare il corretto funzionamento delle pompe a perfusione, delle apparecchiature per la dialisi e dei respiratori, tutti apparati che potrebbero risentire delle interferenze dovute alle microonde dei telefonini. Si tratta di una semplice misura prudenziale, non essendosi verificato in Francia nessun grave incidente.

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Res severa, verum gaudium (La vera gioia nella cosa seria). Questo motto ripreso da Seneca il motto della Gewandhaus di Lipsia da pi di duecentocinquantanni. Quando si entra nella grande sala di questa illustre orchestra, le parole latine, scritte sul frontone di un immenso organo, attirano immediatamente lo sguardo. Questo un luogo di raccoglimento in cui la musica non ha nulla del passatempo. Basta venire un gioved o un venerd sera preferibilmente, quando sono in programma Bruckner, Mendelssohn o Brahms per capire come la musica occupi un posto importante nella vita della gente di Lipsia. Qui si viene in famiglia. Latmosfera non affatto mondana come pu esserlo talvolta a Monaco o a Berlino. Durante le pause si parla soprattutto di musica e il tono delle conversazioni basso come un mormorio in chiesa. Ancora prima che Felix Mendelssohn-Bartholdy assumesse la direzione della Gewandhaus con il titolo di Kapellmeister fra il 1835 e il 1847, questorchestra era gi una delle pi prestigiose dEuropa. Le molte grandi opere che vi sono state eseguite per la prima volta, come il Quinto concerto per pianoforte di Beethoven, conferiscono al luogo una dimensione particolare. Qui il fatto di andare al concerto sempre stato vissuto come un evento, unesperienza interiore coronata dai tradizionali concerti del 29, 30 e 31 dicembre, in cui viene eseguita ogni anno, da quando lo fece per primo Arthur Nikisch nel 1918, la Nona sinfonia di Beethoven. Nella vicinissima chiesa di San Tommaso, unaltra tradizione quella di Bach, il cui corpo riposa sotto la navata viene attivamente tenuta in vita dal celeberrimo coro di bambini che rappresenta, anchesso, lorgoglio della citt. Qui, non ascoltare musica significa trascurare la cura della propria anima. Non avere un abbonamento alla Gewandhaus un attentato al giusto ordine delle cose. In questo, nulla cambiato dal 1743, anno in cui i ricchi commercianti della citt si quotarono per fondare un grande concerto ben presto battezzato Gewandhausorchester, perch suonava in un mercato coperto di tessuti. Si tratta della pi antica orchestra borghese di tutta la Germania, dal momento che gli altri antichissimi organismi come la Staatskapelle di Dresda sono stati fondati da case principesche. In realt questa tradizione borghese non mai stata interrotta, neppure dal regime comunista di Berlino Est. Questultimo fece anzi grandi sforzi per allargare il pubblico popolare della grande musica: per la prima volta nel 1958, la Gewandhaus allora diretta dal leggendario Fritz Konwitschny tenne un concerto nel kombinat petrolchimico Otto Grotewohl di Bhlen, nellambito di un programma battezzato Larte aiuta il carbone. In seguito ci sarebbero stati altri concerti sindacali. Sbaglierebbe tuttavia chi pensasse che il periodo comunista sia stato ideale per i musicisti: Non avevamo a disposizione i migliori strumenti, Le partiture erano razionate, Mai la possibilit di sorridere durante un concerto, dicono oggi quando li si interroga sul passato. Ma, malgrado tutti i suoi difetti, il regime comunista, che non aveva nei confronti della musica lo stesso atteggiamento di rifiuto che aveva verso la Chiesa, ha fatto costruire senza badare a spese la nuova sala della Gewandhaus sulla grande piazza del re Augusto di Sassonia a Lipsia. Inaugurata nel 1981, dotata di unacustica eccezionale, questa sala una delle migliori di tutto il Paese riunificato.

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Mai come oggi i clienti hanno premiato o rifiutato venditori di beni o di servizi basando il proprio giudizio sul valore dellacquisto. In passato il valore di un prodotto o di un servizio veniva giudicato soprattutto sulla base del prezzo o della qualit, mentre oggi i consumatori mettono in primo piano anche fattori quali rapidit, comodit e servizio. Per avere servizio unazienda deve essere in grado di trovare nuovi modi per fornire valore. Come? Non necessario andare lontano: basta dare unocchiata al proprio computer e alla connessione a Internet. Il commercio elettronico sembra aprire le porte a una nuova ondata di creazione di valore. Un buon esempio in proposito fornito da Amazon.com, una libreria virtuale. I libri si possono acquistare tranquillamente da casa, via computer, 24 ore al giorno, senza bisogno di negozi, impiegati, magazzini e intermediari. Lo stesso dicasi per la musica, le automobili, i fiori e innumerevoli altri prodotti. Per quanto Internet stia ancora attraversando il periodo dellinfanzia, sono molte le aziende che si stanno gi adoperando per offrire valore ai propri clienti in modi prima impensabili. I principi legati al valore non vanno assunti esclusivamente dalle aziende. Si pensi, per esempio, alla Repubblica di Singapore: negli ultimi cinque anni ha investito pi di due miliardi di dollari per la realizzazione di una modernissima infrastruttura tecnologica, destinata ad attirare le imprese straniere. Gli sforzi fatti stanno ora ricevendo le giuste ricompense: sono molte infatti le multinazionali che hanno deciso di stabilire il proprio centro regionale proprio nella nuova isola intelligente. La capacit di cambiare e di operare il cambiamento giusto sono spesso gli elementi che contraddistinguono il vincitore dal perdente, non solo in termini individuali, ma anche nel mondo delle imprese. I vincitori sono coloro che riescono a vedere con debito anticipo la necessit di un cambiamento e hanno la capacit di metterlo in atto, sia quando la posta in gioco il futuro successo di unazienda sia, molto pi semplicemente, quando si tratta di una questione di routine. Queste persone sono talmente orgogliose della propria azienda da cercare di cambiarla. Basta dare unocchiata alle principali aziende statunitensi. Delle 100 pi grandi societ presenti allinizio del secolo ne sono rimaste solo 16. Le sopravvissute sono qui perch hanno deciso di cambiare per adeguarsi al mercato in cui operano; hanno capito che non potevano starsene con le mani in mano e sperare ancora di resistere. Non hanno importanza il settore o larea geografica in cui si opera: viviamo tutti e vivremo sempre in un mondo che si nutre di cambiamenti: Hong Kong, malgrado le recenti turbolenze, sta iniziando un nuovo capitolo della propria storia economica come leader asiatico; LEuropa si avvicina a grandi passi alla moneta unica; il settimanale The Economist prevede che la Cina sar la prima potenza economica mondiale entro il 2020; lespansione della Nato spinge lEuropa Orientale a emergere. E si potrebbe continuare a lungo.

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sempre rischioso, almeno per chi non abituato a giocare troppo disinvoltamente con le idee, valutare i tempi in cui viviamo come se fossimo sempre alla vigilia di dirompenti sconvolgimenti. Il fatidico anno 2000, a prescindere dai valori simbolici riguardo lingresso nel nuovo millennio, non altro, in fin dei conti, che lanno successivo al 1999 e precedente allanno 2001. Questa elementare avvertenza, con il suggerimento alla prudenza nellannunciare proclami, dovrebbe valere ancor pi nel campo delle previsioni economiche e di mercato, dove domina, come noto, lincertezza. Lo stesso Keynes sosteneva che il prevedibile non si avvera mai e limprevisto sempre. Nel campo dei media sono innumerevoli gli esempi di previsioni errate e di falsi annunci su presunte svolte rivoluzionarie. Molti pseudo-strateghi avevano preconizzato, a titolo di esempio, la fine della radio e del cinema con lavvento della televisione, il declino di questultima con la nascita dellhome-video, la rottamazione alla fine degli anni ottanta della vecchia televisione a seguito del rivoluzionario sistema della tv ad alta definizione, pi recentemente la marginalizzazione progressiva della tv generalista, come tipologia di offerta e come modello incentrato sulla pubblicit a vantaggio delle varie forme di televisione a pagamento. inutile ricordare che levoluzione del sistema ha sempre determinato lintegrazione tra i vari mezzi di comunicazione e che in molti casi le previsioni non sono state rispettate (la stessa tv generalista, in un mercato maturo come quello Usa, pur perdendo quote, non ha smesso di macinare utili), mentre una quantit non indifferente di risorse stata inutilmente impegnata e dispersa in irrealistici progetti. Pur con tutte le cautele suggerite da questa doverosa premessa, non si pu non rilevare che il sistema televisivo, in tutti i Paesi, si trovi di fronte a una svolta, essendo in una fase di passaggio tra due epoche televisive. Vi infatti la percezione, se non la sicurezza da parte dei pi, che lattuale modello televisivo sia in una fase declinante, avendo perso anche le energie e le capacit di un tempo; nel contempo appare incerto e nebuloso lapprodo finale di un nuovo modello di cui si intravvedono solo i contorni. In effetti la televisione non pi il luogo tranquillo di un tempo. E forse proprio questa tranquillit molti rimpiangono. Cos era la tv del monopolio pubblico, dichiaratamente pedagogica, di buona qualit e molto rispettosa del pubblico. Lo stesso periodo iniziale, molto pi dinamico, della concorrenza tra pubblico e privato negli anni Ottanta si caratterizzato per le forti spinte innovative nel linguaggio ideativo e produttivo. Ora alla tranquillit di quei periodi subentrata una forte turbolenza. Cerchiamo quindi di capire le tendenze di fondo del sistema televisivo cos da individuarne i percorsi pi ragionevolmente possibili. Sono tre, a mio parere, i grandi vettori portanti di una profonda modificazione della televisione. Primo: la tv, come tutto il sistema delle comunicazioni di massa, assume sempre pi i connotati e le peculiarit di un vero e proprio mercato. Secondo: si assiste da alcuni anni allo sbriciolarsi dei confini nazionali. Il terzo elemento di rottura con il passato la forte turbolenza tecnologica.

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La struttura e le tendenze attuali della famiglia in Italia sono in linea con quelle degli altri Paesi europei e in genere dei Paesi di cultura e di stile di vita occidentali, ma con caratteristiche differenziate che rendono da noi il quadro non del tutto coerente com invece negli altri Paesi. Lasciamo pure da parte i Paesi scandinavi dove abitudini e stili matrimoniali sono sempre stati abbastanza diversi e molto allavanguardia, ma consideriamo, ad esempio, la Francia. Qui il quadro coerente e tutto denuncia unaccentuata disaffezione verso il matrimonio e listituzione familiare in generale: il matrimonio sempre meno scelto come modo di vivere e perci calano i matrimoni e anche per questo le nascite; sono diffusi e crescenti tanto la coabitazione quanto i divorzi; diminuisce la proporzione di divorziati che si risposano; elevata e in aumento la proporzione di figli naturali; va crescendo la proporzione di famiglie con un solo genitore; in forte calo la dimensione media familiare; aumenta sensibilmente let media dei componenti la famiglia. Si potrebbe gi forse prefigurare per il futuro una famiglia costituita senza alcun legame formale e unalta e crescente mobilit coniugale nel corso della vita di ognuno. In Italia invece il quadro non coerente; ci sono elementi di disaffezione, che sono la forte diminuzione dei matrimoni e anche il pi intenso calo delle nascite, ma ci sono anche elementi di non disaffezione: i divorzi restano molto pochi; la coabitazione in unioni consensuali ridottissima e, in particolare, praticamente nulla la coabitazione giovanile; la proporzione di figli naturali crescente ma tuttora bassissima cos come la proporzione di famiglie con un solo genitore non vedovo; il numero dei divorziati che si risposa molto elevato. E ancora: nelle indagini di opinione i giovani in maggioranza hanno dichiarato che il matrimonio la forma pi adeguata per vivere insieme (salvo poi scioglierlo se le cose non vanno). Nel 1987 l8% di tutti gli intervistati ha detto che il calo dei matrimoni un bene (il 19% nel 1983) e il 46 un male. difficile dire come si disegner il futuro, anche perch, sia pure nel quadro di un modello occidentale di formazione delle famiglie, non vi dubbio che emergano nettamente specificit nazionali legate alla tradizione e alla cultura dei singoli popoli. Se in Italia il calo dei matrimoni pu essere visto come il fenomeno leader che da un lato il sinonimo di un profondo e radicato cambio di mentalit e dallaltro un evento che trascina dietro di s, a cascata, tutta una serie di conseguenze (coabitazione, figli naturali ecc.), allora il futuro di tipo nordeuropeo. Se invece il calo dei matrimoni il frutto di una lunga fase congiunturale negativa legata a difficolt contingenti, come lelevata disoccupazione giovanile e la difficolt a trovare casa, e se lo sviluppo della societ nei prossimi anni far scemare limportanza dellindividuo come unit sociale di base, potenzier pertanto la necessit di ricorrere a una strategia familiare di organizzazione della vita quotidiana e la sicurezza sar il futuro anche delle reti interfamiliari, allora quella attuale potrebbe risultare solo una fase di aggiustamento. Il matrimonio, impegno reciproco e legalizzato di un uomo e di una donna davanti alla societ visto in opposizione alla precariet di unioni episodiche, non mai stato unistituzione inattaccabile n ben sopportata, ma sembra imperitura. La si vilipendia, si sogna di annientarla, ma essa perdura, anche perch la continuit delle tradizioni quasi sempre riaffiorata sotto le apparenze degli elementi di rottura. Gi nel 1907 Lon Blum in un libro che fece scalpore si interrogava su questa istituzione che funziona male, al fine di sapere se era preferibile abbandonarla del tutto o se era possibile emendarla. Nel passato listituzione stata emendata pi volte e a renderla dinamica e vitale sono stati gli emendamenti che mutamenti tecnologici, cultura e costume hanno imposto agli individui e alla societ. Per il futuro la risposta, ovviamente, verr con gli anni, ma si deve essere ben consapevoli che in ogni caso le politiche adottate non sono certo neutrali rispetto alla soluzione che verr trovata e alla conseguente risposta che verr data.

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Difficile pensare che esista qualcosa di pi caldo del cuore del Sole e pi denso del nucleo di un atomo. Eppure, proprio quanto hanno ottenuto i fisici del CERN di Ginevra nei loro acceleratori. Gli esperimenti mostrano prove convincenti dellesistenza di un nuovo stato della materia, in cui persino neutroni e protoni si disintegrano e i quark che li costituiscono si muovono liberamente in un plasma 20 volte pi denso di un nucleo e 100 mila volte pi caldo del Sole. Il risultato stato annunciato con una conferenza stampa il 10 febbraio scorso cui ha partecipato lo stesso direttore del CERN Luciano Maiani. Sarebbe la prima volta che questo plasma di quark e gluoni (o pi brevemente Qgp) viene osservato e, se confermato, il risultato sarebbe unulteriore conferma della teoria del Big Bang, lesplosione primordiale che avrebbe dato inizio alluniverso tra 12 e 15 miliardi di anni fa. Secondo i fisici, infatti, questo stato della materia esistito solo nei primissimi istanti successivi al Big Bang. Poi, appena la materia ha iniziato a espandersi e raffreddarsi, il Qgp si condensato formando i neutroni, i protoni e le altre particelle elementari, pi o meno come accade al vapore acqueo quando raffreddandosi si condensa in goccioline dacqua. La caccia al Qgp iniziata nel 1994 con un progetto che i ricercatori hanno scherzosamente battezzato Little Bang. La prima difficolt era raggiungere la temperatura e lenergia sufficiente a disintegrare le particelle nucleari liberando i quark che le costituiscono. Il risultato stato ottenuto facendo collidere tra loro nuclei di piombo a unenergia di 3,5 Teraelettronvolt (mille miliardi di elettronvolt). I nuclei di piombo, il cui peso atomico 208, sono molto pi pesanti delle particelle che normalmente circolano negli acceleratori. I fisici del CERN, composto da scienziati provenienti da Repubblica Ceca, Francia, India, Italia, Germania, Svezia e Svizzera, hanno dovuto progettare e costruire strumenti del tutto nuovi, nonch adattare alcuni vecchi acceleratori del laboratorio di Ginevra, come il Proto Sincrotrone e il Super Proto Sincrotrone. Ma laspetto pi complesso dellimpresa stato senza dubbio riuscire a osservare effettivamente il Qgp. Il problema che i fisici possono osservare direttamente solo i frammenti del Little Bang, cio le particelle che raggiungono i rivelatori. Da questi segnali bisogna poi ricostruire cosa avvenuto prima e capire se le particelle rilevate sono state effettivamente generate dal plasma di quark e gluoni. La faccenda non affatto facile e al CERN sono giunti al risultato finale solo dopo aver confrontato e integrato le osservazioni di ben sette esperimenti indipendenti, ciascuno dei quali doveva cercare una particolare firma del Qgp. Le conclusioni assomigliano dunque a un gigantesco puzzle e sebbene i comunicati del CERN parlino di prove circostanziali i ricercatori sono piuttosto fiduciosi di aver osservato effettivamente il Qgp. Infatti, ogni tentativo di interpretare i risultati dei sette esperimenti utilizzando le normali teorie sullinterazione delle particelle sono falliti, mentre le osservazioni sono compatibili con lesistenza del Qgp. Questo risultato un importante passo avanti nella comprensione dellevoluzione iniziale delluniverso, ha dichiarato Maiani, ora la sfida passa ai nostri colleghi del Relativistic Heavy Ion Collider (Rhic) del Brookhaven National Laboratory e pi tardi al Large Hadron Collider (Lhc) lacceleratore del CERN. Infatti, tutte le propriet dello stato della materia appena scoperto rimangono ancora da studiare ed proprio questo il compito che toccher ai nuovi acceleratori di Brookhaven e del CERN.

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Augusto si era accontentato di una semplice dimora accanto a quella di Livia, sul Palatino; il primo vero palazzo imperiale, situato sul lato occidentale del colle Palatino, fu quindi la Domus Tiberiana, sede dei Giulio-Claudi. Questo fino a Nerone: dopo lincendio del 64 d.C. infatti, limperatore volle costruire per s un nuovo palazzo sfruttando il largo spazio lasciato nel centro di Roma dai quartieri distrutti dal fuoco, che aveva imperversato pi giorni. Il progetto, dovuto, secondo la testimonianza di Tacito, agli architetti Severo e Celere, si ispirava alle grandi ville marittime costruite sul Golfo di Napoli, ma era di una grandiosit inusitata: adagiati tra le colline del Palatino e della Velia, gli edifici occupavano parte del colle Oppio, gli horti imperiali sullEsquilino e arrivavano fino al Celio, dove il tempio del divo Claudio era stato trasformato in ninfeo. Al centro, nella parte pi bassa della valle, era stato creato un lago artificiale, sul quale digradavano i giardini e i boschi che erano parte integrante del progetto. Ben poco oggi rimasto della fastosa casa di Nerone, che gi 34 anni dopo la costruzione fu distrutta in parte da un altro incendio. Nel 104, infatti, Traiano costru sopra il padiglione del colle Oppio le sue terme, usando le strutture neroniane come costruzioni; e proprio questa circostanza ha salvato dalla totale distruzione il grande padiglione conservatosi al di sotto delle terme traianee, lunico edificio rimastoci della Domus Aurea. Si tratta di una lunga struttura di circa 150 stanze, affacciate sui giardini digradanti; gli ambienti, privi di porte, di servizi e di riscaldamento, dovevano avere una funzione di rappresentanza pi che di dimora vera e propria. Sebbene i lavori di costruzione delle terme traianee abbiano in parte creato divisioni e muri allinterno di essi e questi abbiano perduto, con linterramento, tutto il fascino della luce che ne esaltava le decorazioni e i colori, ancora oggi le strutture di questo edificio sorprendono per la loro grandiosit. Le pareti anticamente rivestite di marmo, le pitture e gli stucchi delle volte, luso del calcestruzzo per le ardite coperture a botte e a cupola, la decorazione raffinata ed elegante riempirono di ammirazione anche coloro i quali, alla fine del Quattrocento, entrarono per caso attraverso i fori delle volte, calandosi letteralmente nei vani riempiti di terra e riscoprendo la casa di Nerone. La fortuna che nel Rinascimento ebbero le decorazioni delle grottesche (cos erano chiamate le stanze neroniane per il loro interramento) si riscontra nei numerosi disegni rimastici e nelle imitazioni che ne sono state fatte allinterno di palazzi e dimore rinascimentali. Pittori come Perugino, Filippino Lippi, Pinturicchio, Ghirlandaio copiarono le eleganti colonnine, i candelabri, le ghirlande e linesauribile diffondersi di viticci, disegni vegetali, animali e quadretti di genere inseriti in appropriati punti della decorazione generale. Molti dei disegni cinquecenteschi sono oggi preziosi per avere unidea pi completa della decorazione, allora molto meglio leggibile e ora spesso del tutto offuscata. Oltre alle pitture la riscoperta della Domus Aurea port alla messa in luce di opere darte che la decoravano: tra le statue rinvenute allora nelle sue sale vi sono, per fare qualche esempio, il Galata suicida e il Galata morente, il Laocoonte: splendidi ma limitati resti di una decorazione scultorea che doveva raccogliere il meglio dei capolavori della statuaria antica. Oggi la visita del padiglione della Domus Aurea permette di ammirare sia la grandiosit dellinsieme che la preziosit dei particolari e di farsi unidea di quello che doveva essere al momento della sua realizzazione il palazzo di Nerone.

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Citt del Messico una citt di superlativi: insieme la pi antica (669 anni) e la pi alta (2240 metri) citt del continente nordamericano e, con i suoi 22 milioni di abitanti, la pi popolosa del mondo. il centro della vita culturale, politica e finanziaria del Messico, in cui ancora molto radicata leredit azteca. Per capire Citt del Messico, necessario conoscere comera prima dellarrivo dei conquistatores spagnoli nel XVI secolo: la raffinata e prospera capitale della civilt azteca. Un migliaio di anni dopo la fine della grande citt tolteca di Teotihuacan, gli Aztechi, che vagavano in cerca della terra promessa da una profezia, costruirono la loro citt dopo avere incontrato unaquila, che teneva un serpente nel becco, appollaiata sul ramo di uno spinoso ficodindia. Nel 1325, la data ufficiale della fondazione di Citt del Messico (su cui per non tutti gli storici sono daccordo), la citt fu fondata in quello stesso luogo. Tenochtitlan, questo era il suo nome, era perfino allora la pi grande citt dellemisfero ovest e, secondo gli storici, una delle tre pi grandi della terra. Tenochtitlan occupava quella che era allora unisola nel basso lago Texcoco, unita ad altre citt satellite sulle rive (oggi quartieri) da una rete di calzadas (canali e sopraelevate; oggi superstrade). Quando il conquistador spagnolo Hernan Corts mise gli occhi sulla citt per la prima volta, fu abbagliato dalla splendida metropoli, che a lui e ai suoi uomini ricordava Venezia. La conquista fu resa possibile da una serie di fattori: il superstizioso imperatore azteco Montezuma II credette che il bianco, barbuto Corts a cavallo fosse un discendente del potente serpente-dio Quetzalcoatl, il quale, secondo una profezia tragicamente ironica, era atteso dallest nellanno 1519 per governare quella terra. Di conseguenza, Montezuma accolse il forestiero, offrendogli oro e una sfarzosa sistemazione. Come ricompensa, Corts inizi lo sterminio della popolazione di Tenochtitlan, che and avanti per almeno due anni. Si un a lui un enorme esercito di indios che odiavano Tenochtitlan, raccolti da altre colonie, ormai stanchi di sopportare il dominio e di pagare le tasse dellimpero azteco. Corts riusc a distruggere Tenochtitlan con la forza del loro esercito, un sistema di brigantini costruiti appositamente per attraversare il lago, con i cavalli, con le armi da fuoco e con le armature importate dallEuropa; il vaiolo e il raffreddore, inoltre, contribuirono a falcidiare la popolazione. Solo due secoli dopo la sua fondazione, la giovane capitale azteca giaceva in rovina, con circa met della sua popolazione decimata dalla battaglia, dalla fame e dalle contagiose epidemie europee contro cui non avevano difesa. La conquista port alla formazione di una nuova cultura, che qualcosa di pi della combinazione delle sue distinte componenti etniche; una filosofica targa del 1964 nella Plaza de las Tres Culturas (Piazza delle Tre Culture), a nord del centro, riassume molto bene la fisionomia generale della citt, affermando: Il 13 agosto 1521, difesa dalleroico Cuauhtmoc (successore di Montezuma), Tlatelolco cadde sotto il potere di Hernan Corts. Non fu n un trionfo n una sconfitta. Fu la nascita sofferta della nazione messicana. Corts inizi a costruire Citt del Messico, la capitale di quella che lui chiam patriotticamente Nuova Spagna, la colonia dellImpero spagnolo destinata a espandersi verso nord, coprendo quelli che sono ora gli Stati Uniti del sud e, verso sud, in direzione di Panama. Nel luogo del distrutto centro rituale azteco oggi lo Zocalo cominci a costruire una chiesa (antenata della gigantesca Cattedrale Metropolitana), ville ed edifici governativi.

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Una piccola schiera di figure nude, di selvaggi, cammina attraverso lerba alta della steppa. Portano lance dalla punta dosso, alcuni hanno persino arco e frecce. Fisicamente somigliano, vero, agli uomini dei nostri giorni, ma il loro comportamento ha qualcosa di animalesco, gli occhi sono inquieti, impauriti, da selvaggina che si sente continuamente braccata. Non sono ancora uomini liberi, non sono i signori della terra, ma creature inseguite che in ogni cespuglio temono un pericolo. Sono anche avviliti. Trib pi forti li hanno da poco costretti ad abbandonare il loro territorio di caccia e a ripiegare nella steppa verso occidente, in una regione ignota dove le belve sono assai pi numerose che nella loro terra di un tempo. Per di pi, poche settimane prima, lanziano del gruppo, lesperto cacciatore che li guidava, stato ucciso da una tigre dai denti a sciabola. Ma la sofferenza maggiore per lorda la mancanza di sonno. Nella terra dove vivevano prima, avevano sempre dormito raccolti intorno al fuoco, circondati a una certa distanza da quei fastidiosi sciacalli, che per facevano per lo meno buona guardia.(Da: Konrad Lorenz, E luomo incontr il cane, Adelphi)

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Poich mi sarebbe stato necessario risalire la corrente almeno per cinquecento metri, prima di trovare un luogo sgombro di erbe e di giunchi dove poter prender terra, verano per me nove probabilit su dieci di non poter dirigermi in quella bruma e di affogare, per buon nuotatore che fossi. Cercavo di ragionare. Mi sentivo la volont fermissima di non aver per nulla paura, ma in me cera unaltra cosa, oltre la mia volont, e questaltra cosa aveva paura. Mi chiedevo di che cosa potessi temere; il mio io coraggioso derise il mio io codardo, e mai colsi cos bene, come in quel giorno, il contrasto di due esseri che sono in noi, luno che vuole, laltro che resiste, e ognuno, di volta in volta, vittorioso. (Da: Guy de Maupassant, Sullacqua, Bietti Editore)

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In guerra i civili sono sempre stati esposti a rischi, ma i metodi della guerra moderna aumentano tali rischi e colpiscono un maggior numero di persone. Le guerre recenti sembrano caratterizzate da flussi interminabili di fuggiaschi che cercano di sottrarsi alle violenze e alla fame e vengono rinchiusi in campi di raccolta. Le agenzie occidentali tentano di dispensare aiuti e protezione, spesso in concorrenza luna con laltra e con autorit politiche o militari che mirano a dominare i profughi. Molte di queste agenzie fanno del loro meglio, in condizioni spaventose, e spesso con buoni risultati. Ma troppo spesso laiuto che esse sono in grado di offrire tuttal pi un palliativo a breve termine. La loro opera e le intenzioni caritatevoli dei loro membri vengono sfruttate a fini politici e spesso le agenzie sono costrette a diventare parte del problema. (Da: William Shawcross, La protezione dei civili nei conflitti, Limes)

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Biblioteca senza fine, ipermercato per acquisti, ambiente per socializzare, alcova virtuale, rifugio per criminali, droga che d dipendenza. Definire il ruolo preciso di Internet nei meccanismi della vita quotidiana sempre pi difficile. E non finisce qui: il diffondersi della rete sembra contribuire a un nuovo modello di sviluppo sostenibile. A questa conclusione giunto uno studio riguardante esclusivamente la realt statunitense, del Center for Energy and Climate Solutions (Cecs), societ con sede in Virginia, che collabora con numerose agenzie federali e grandi organizzazioni ambientaliste. I dati della ricerca evidenziano una crescita economica nel 97 e 98 del 4% annuo. Nello stesso biennio la richiesta di energia cresciuta in maniera quasi impercettibile, facendo registrare lincremento pi basso da cinquanta anni a questa parte. Ma il dato veramente singolare un altro. Nonostante limpennata, lenergia necessaria per ottenere lequivalente di un dollaro di Prodotto Interno Lordo diminuita. Facendo misurare sia nel 97 che nel 98 una flessione del 4%. Tutto questo avvenuto in un biennio in cui il costo dellenergia era quanto mai conveniente, considerando che dal 1986 i prezzi erano in discesa continua e costante. E sorpresa gradita agli ambientalisti, e non solo, lemissione, nel 1998, dei greenhouse gas - i gas ritenuti responsabili delleffetto serra - cresciuta solamente dello 0,2 per cento. Come dichiarano gli autori, se, come molti credono, esiste una nuova economia (ovvero leconomia legata alle nuove tecnologie di cui Internet attore fondamentale) deve esistere anche una nuova economia dellenergia che dovrebbe avere profondi impatti sulle risorse energetiche e sullambiente. Secondo le prime analisi dellEpa, lagenzia federale per la protezione dellambiente, e dellArgonne National Laboratory la riduzione di energia per dollaro di PIL figlia, per un terzo, del settore al momento trainante delleconomia americana: linformation technology. Un settore intrinsecamente a bassa intensit energetica se si considera il tipo di produzione: per produrre un software, infatti, necessaria meno energia che per unautomobile. I rimanenti due terzi provengono da una maggiore efficienza del ciclo produttivo dei settori tradizionali di produzione. La bacchetta magica di tutto ci? Internet. Nello studio del Cecs si sottolinea come lavvento della rete rende pi efficace il sistema di produzione, trasporto e vendita: Non esiste spreco pi grande di energia che fabbricare il prodotto sbagliato, trasportarlo in negozio e lasciarlo invenduto, afferma Joseph Romm, uno degli autori del documento. E le nuove tecnologie di comunicazione permettono di prevedere in tempo reale le richieste dei consumatori riducendo le sovrapproduzioni e le scorte inutili di materie prime. E si risparmia anche nelle infrastrutture. Un esempio su tutti: la pi grande libreria del mondo oggi virtuale, Amazon.E poi ancora il telelavoro che contribuisce a ridurre gli spostamenti del personale. Questo significa meno uffici, meno macchine in giro e trasporti merci ridotti. Ovvero minore necessit di combustibile e conseguente risparmio di energia. Con una ricaduta ambientale non da poco vista la dipendenza delleconomia da combustibili di origine fossile, fonti primarie dei gas serra.

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Sia in termini geografici che in termini socioculturali, la definizione del mondo arabo, che coincide per certi aspetti con la ricerca di identit degli arabi, presenta notevoli problemi. Storicamente il cuore di questa realt, che insieme un popolo e una civilt, sarebbe la penisola arabica. Ma a parte il prestigio che la Mecca e i luoghi santi dellIslam hanno comunque mantenuto nel corso dei secoli, assicurando di conseguenza un potere misurabile anche sul piano politico ed economico alle dinastie che si sono assunte la funzione di loro custodi (si formato qui il solo Stato che porta il nome di Arabia, bench con un aggettivo, Saudita, che ne limita la portata) il centro di gravit della nazione araba andato spostandosi con il tempo nella regione siro-palestinese, Mezzaluna o Crescente fertile, estendibile alla Mesopotamia, dove (a Beirut, Damasco e Gerusalemme) sorto, attraverso lelaborazione degli intellettuali e lattivit di organizzazioni politiche, il nazionalismo arabo moderno. Con lapparizione della potenza petrolifera, la struttura del mondo arabo si nuovamente rimodellata a vantaggio dellarea del Golfo. Un altro polo fuori del Vicino o Medio Oriente ravvisabile nel Nord Africa, che ha sempre conosciuto una vicenda autonoma rispetto alle capitali dellislamismo o dellarabismo, ma che ciononostante appartiene a pieno titolo alla loro storia. Il caso dellEgitto (o della Valle del Nilo se si vuole considerare anche il Sudan) si pone a s, perch oltre a essere dotato di un suo nazionalismo territoriale non riconducibile n allIslam n allinsieme dei popoli arabi (e che alle volte viene detto appunto faraonico) fa in un certo senso da elemento di congiunzione fra i due o tre sottosistemi regionali. Il mondo arabo fortemente caratterizzato dallIslam, che una religione-ideologia con la pretesa di regolare le istituzioni pubbliche e la vita sociale. La rilevanza politica dellIslam uscita ancora ravvivata dallesperienza coloniale, con i suoi effetti alienanti. La cultura islamica si ripropone anche attraverso la lingua araba, che in fondo il criterio pi sicuro per qualificare gli arabi (chi parla arabo arabo). Tuttavia, sebbene per molti motivi sia lIslam lavvenimento centrale per gli arabi, che anche nellepoca moderna e contemporanea troveranno nellIslam una personalit storico-culturale da contrapporre in toto allOccidente, il mondo arabo non va confuso con il pi vasto universo musulmano, di cui parte integrante e determinante, sia perch esiste unetnia araba prima dellIslam e lo stesso Maometto si riferiva agli arabi come a un popolo gi costituito, sia perch delluniverso islamico fanno parte, in Asia e nellAfrica subsahariana, Stati e popoli molto diversi dagli arabi anche ai fini delle vicende della colonizzazione e della decolonizzazione.Lindipendenza dei Paesi arabi segue tragitti alquanto tormentati, dando vita a entit statali che trovano la loro ragion dessere in compromessi di carattere pattizio o dinastico, nel contesto generale dellemancipazione della nazione araba dalla sua dipendenza e dalla sua crisi. Meglio definiti sono i contorni nazionali degli Stati arabi nel Nord Africa. Se negli anni fino alla prima guerra mondiale il termine antagonistico della rinascita era stato lImpero ottomano, il movimento indipendentista si rivolto in seguito contro il colonialismo della Francia e della Gran Bretagna o in termini pi globali contro limperialismo di parte occidentale. Si passa cos al secondo livello del nazionalismo arabo. Comunemente si parla di panarabismo, ma non si tratta a rigore di una somma di pi nazionalismi territoriali perch la nazione araba preferisce definirsi nella sua totalit, attribuendo a circostanze indebite, accidentali o predeterminate a soddisfare interessi altrui, la frammentazione della nazione araba in Stati. Poich per lindipendenza avvenuta su basi territoriali o subnazionali, e anche la lotta per lindipendenza si svolta avendo intanto come finalit lo spazio nazionale limitato della colonia o del mandato, il panarabismo ha finito per presentarsi come un movimento parallelo, persino posteriore al nazionalismo.

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Fabrizio si butt gi per le scale, poi, arrivato sulla piazza, si mise a correre. Era appena arrivato davanti al castello di suo padre che il campanile suon le dieci. Ogni colpo gli echeggiava dentro, a mettergli addosso uno strano turbamento. Si ferm. Voleva riflettere, anzi, voleva lasciarsi andare alla commozione che la vista di quella casa, guardata con tanta freddezza il giorno prima, gli ispirava adesso. Un rumore di passi venne a risvegliarlo dalle sue fantasticherie. Si guard intorno. Era in mezzo a quattro gendarmi. Fabrizio aveva intorno alla cintura due ottime pistole appena caricate. Alz il cane. Il rumore attir lattenzione dei gendarmi, gli fece correre il rischio di essere arrestato. Era in pericolo e decise che avrebbe sparato per primo. Per fortuna, i gendarmi, che stavano girando per il paese a far chiudere le osterie, non si erano certo dimostrati insensibili alle premure che gli erano state usate in molti di quei simpatici locali, e cos non furono molto pronti a fare il loro dovere. (Da: Stendhal, La certosa di Parma, Garzanti)

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Vladimir Nabokov nacque il 23 aprile 1899 a San Pietroburgo, al 47 di via Morskaia (attualmente via Herzen), in un ambiente aristocratico liberale e anglofono. Figlio maggiore di una famiglia di cinque ragazzi, Vladimir Nabokov beneficia, con i suoi fratelli e le sue sorelle, di una educazione trilingue. Questo trilinguismo dellinfanzia sar determinante per la sua opera di scrittore russo, poi americano. Lautore viaggia al principio del secolo in Europa con i suoi genitori, scopre la passione per i lepidotteri e gli scacchi, la felicit di vivere vicino a una biblioteca di diecimila opere. Tra il 1911 e il 1917 segue i corsi dellIstituto Tnichev a San Pietroburgo, e la sua prima opera, una raccolta di poesie stampate in 500 esemplari, comparve a titolo privato nel 1916. La Rivoluzione del 1917 interrompe brutalmente questa infanzia idilliaca. Il padre dellautore, Vladimir Dimitrivitch Nabokov, eminente giurista e figlio di un anziano ministro della Giustizia, era membro del Partito costituzionale democratico e della prima Duma del 1906 (il primo ed effimero parlamento russo). Oppositore determinato del dispotismo dello zar, aveva conosciuto la prigione nel 1908. Al principio del 1917, fa parte del Governo provvisorio di Kerenski e della nuova Assemblea costituente. La Rivoluzione dottobre costringe i Nabokov a rifugiarsi dapprima in Crimea. Il 15 aprile 1919, la famiglia lascia definitivamente la Russia con destinazione Londra. Tra il 1919 e il 1923, Vladimir Nabokov studia letteratura russa e francese a Cambridge (Trinity College). Suo padre, che si installato a Berlino con il resto della famiglia per dirigere con Hessen il giornale emigrato Roul, assassinato da fascisti russi nel marzo 1922. in questo giornale di Berlino, cos come nei giornali russi emigrati di Parigi, che Nabokov fa comparire poesie, articoli di critica, traduzioni dal francese o dallinglese, poi le sue prime novelle e estratti dei suoi primi romanzi. A partire dal 1923, con la comparsa della sua traduzione russa di Alice nel Paese delle meraviglie, poi dei suoi propri romanzi, in particolare La difesa di Luzin (1930), Camera oscura (1932), La svista (1936) e soprattutto Il dono (1937), Nabokov si impone come il pi eccezionale romanziere russo del suo tempo. Residente a Berlino dal 1923 al 1937, lautore che ha sposato Vera Evseievna Slonim il 15 aprile 1925 si installa, per fuggire il nazismo, a Parigi allinizio del 1937, dove alcuni suoi libri sono gi stati tradotti in francese. Lo scrivano poliglotta, che firmava le sue opere russe con lo pseudonimo di Sirine, comincia a metamorfizzarsi in uno scrittore in lingua inglese. Dopo aver tradotto, non senza rimaneggiarli, due suoi romanzi russi in inglese, La svista che diviene Disperazione (Londra, 1937) poi Camera oscura ribattezzata Risa nel buio (New York, 1938), Nabokov scrive a Parigi nel 1938 il suo primo romanzo in lingua inglese, La vera vita di Sebastian Knight, che comparir solo nel 1941, cio un anno dopo il suo arrivo in America, il 28 maggio 1940. Tutta lopera di Nabokov sar ormai scritta in inglese.Nominato professore alla Stanford Univeristy nel 1941, accetta successivamente un posto di entomologo al Museo di zoologia comparata di Harvard, tenendo tuttavia lezioni di letteratura al Wellesley College. Lamicizia e il sostegno di Edmund Wilson e di Mary McCarthy, poi dei responsabili del New Yorker, gli permettono di acquisire un ascolto che non aveva mai sperato. Nominato professore di letteratura alla Cornell University nel 1948, tiene lezioni su I grandi maestri europei del romanzo, e questo fino al 1959, un anno dopo il successo dello scandalo di Lolita (pubblicato prima in inglese a Parigi, da Olympia Press, nel 1955), che gli permette di vivere grazie alla sua penna e fa scoprire unopera immensa.

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A Gabriele DAnnunzio fu chiesto una volta se sapeva il tedesco. Rispose di no, ma aggiunse che se lo immaginava. Un granduca russo, alla fine di un recital a corte di un valentissimo giovane pianista e compositore, gli chiese di suonargli il Chiaro di Luna di Cajkoskij. Gli astanti musicalmente smaliziati rimasero di sasso. Sua altezza aveva grossolanamente equivocato sul nome del compositore. Infatti, di chiari di Luna noti e amati ce ne sono solo due, quello di Beethoven e quello di Debussy. Nessuno, ovviamente, si azzard a correggere il granduca. Il pianista, imperterrito, tra la stupefazione generale, suon un piacevole brano che nessuno seppe riconoscere. Finiti gli applausi, il granduca mormor deluso: Bello, ma non era questo che volevo sentire. Il pianista si inchin: Altezza, penso che, se Cajcoskij avesse scritto un Chiaro di Luna, lo avrebbe scritto pi o meno cos. Questa facolt di immaginativa ricostruzione ci pu consentire di classificare, alla buona, tra di noi, le scienze naturali. A un polo troviamo quelle che, come la chimica, sono rette da pochi principi basilari, e da una ferrea logica interna. Scienze nelle quali si tratta essenzialmente di applicare questi principi e questa logica a una sequela di fatti concreti. Sono scienze non troppo lontane dalla matematica, i cui fatti si possono in larga misura, appunto, immaginare, cio ricostruire in proprio con il ragionamento. Di solito, per caratterizzarle, si usa il termine di scienze deduttive. La regina di queste , naturalmente, la fisica. Anche la biologia si progressivamente conquistata un posto solido tra queste. Oggi si studiano, anche nelle scuole secondarie, testi di biologia che partono dai meccanismi dellevoluzione, dalla struttura dei geni e dagli equilibri genetici, deducendo da questi una sequela di interessanti applicazioni specifiche.Al polo opposto troviamo, invece, le scienze che, come la botanica e lanatomia, collezionano fatti e li raggruppano in modo sistematico. I fatti di queste scienze non si possono immaginare in alcun modo. Qui il ragionamento non pu supplire alla memoria. Di solito si caratterizzano con il termine di scienze tassonomiche o sistematiche.

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Nel 1962, il controllo degli armamenti non andava oltre gli studi accademici. La crisi di Cuba dellottobre-novembre 1962, il primo accordo americano-sovietico di sospensione parziale degli esperimenti nucleari del luglio 1963. Quanto a me, io mostravo un grande scetticismo circa le probabilit di disarmo o di riduzione degli armamenti. Gli avvenimenti non hanno contraddetto il mio scetticismo: su questo punto pi che su ogni altro la Repubblica americana non pu venire considerata un attore individuale. Prima di fare qualche osservazione sul controllo degli armamenti, torno alla crisi di Cuba. G.A. Allison ha scritto un libro appassionante sui giorni trascorsi fra la scoperta dei missili sovietici a Cuba e la decisione, prima, della quarantena, poi della liquidazione della crisi. Il libro dimostra fino a che punto le persone hanno avuto peso nelle discussioni, sino a che punto ciascuno obbediva agli interessi del settore cui apparteneva. Forse il libro vuol suggerire che si sarebbe potuta prendere unaltra decisione, che avrebbe comportato rischi enormi. La pace o la guerra dipendevano forse da quelle lunghe discussioni; lamministrazione non era assediata dal tempo; poteva riflettere. Anche in questo caso, straordinariamente favorevole alla tesi suggerita, mi pare legittima unaltra prospettiva sulla crisi. Il Presidente aveva dichiarato che non avrebbe tollerato armi offensive a Cuba. Era gi deciso che J.F. Kennedy avrebbe preteso e ottenuto il ritiro dei missili. Si discuteva dei modi per arrivare allo scopo correndo il minimo di rischio. Il Presidente escluse lattacco alle rampe di lancio per due ragioni, ciascuna delle quali bastava probabilmente a scartare lipotesi. Gli aviatori non garantivano una distruzione del 100%, certi consiglieri condannavano limmoralit di una simile operazione. Una volta escluso lintervento chirurgico, rimaneva la pressione diplomatica, sostenuta dalla minaccia di una invasione preparata con ostentazione. LUnione Sovietica cedette a un semi-ultimatum, ma ottenne in cambio il ritiro dei missili americani dalla Turchia e la promessa americana di non attaccare Cuba (promessa teoricamente caduta per il rifiuto di Fidel Castro di accettare il controllo che J.F. Kennedy esigeva come contropartita della promessa). Il Presidente dipendeva dai suoi informatori (furono commessi errori, le informazioni essenziali giunsero con un ritardo di tre settimane); dipendeva dalla CIA, dai Capi di Stato Maggiore delle tre armi, dai suoi consiglieri personali. Ma, dettagli a parte, lo svolgimento corrispose alla razionalit dellattore: bisognava obbligare i sovietici a togliere i loro missili nel modo pi civile possibile (per quanto questa esigenza non si basasse su alcuna regola di diritto internazionale).Ci riusc, ma scendendo a un compromesso, a concessioni, dato che giudicava rischioso umiliare una grande potenza, capace di reagire se spinta allestremo. Probabilmente le concessioni non erano necessarie, ma risultavano dal codice dinterpretazione del Presidente e dei suoi consiglieri.

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Le drammatiche vicende della guerra sul suolo italiano avrebbero mostrato che tre forze si sarebbero contese il dominio del Paese: gli Alleati, i comunisti, la Democrazia cristiana. Cominciamo con losservare in dettaglio ognuna di loro visto che le rispettive strategie determinarono in larga misura il futuro assetto politico della penisola. Dallestate del 1943 gli Alleati, e gli inglesi in particolare, rivendicarono per s lItalia. Il controllo del Mediterraneo era un obiettivo strategico tradizionale dellInghilterra, e gli americani accondiscesero al desiderio britannico di avere un ruolo preponderante in quellarea. I Russi furono rapidamente esclusi da ogni controllo diretto sui destini della penisola. Malgrado le rabbiose proteste di Stalin, lidea di una commissione congiunta dei tre grandi per decidere i termini dellarmistizio con lItalia fu presto abbandonata. La forza delle armi decideva ormai tutto. Quando Churchill e Stalin si incontrarono al Cremlino nellottobre 1944, si divisero lEuropa tra loro: gli Alleati in Occidente, i russi in Oriente. Laccordo non era del tutto chiaro rispetto allo status di alcuni paesi, soprattutto la Iugoslavia e la Grecia, ma non sussistevano dubbi circa il destino dellItalia. Churchill confid casualmente a Stalin che non aveva un gran rispetto per il popolo italiano. Stalin concord affermando che era il popolo italiano che aveva prodotto Mussolini, un commento difficilmente inseribile in qualsiasi conosciuta analisi di classe sulle origini del fascismo. Gli inglesi erano dunque lelemento esterno che aveva maggiore influenza sullItalia, e qualsiasi riassunto dei loro atteggiamenti non ispira un giudizio incoraggiante. Churchill era stato in passato un ammiratore di Mussolini e aveva elogiato, persino dopo il 1945, il modo in cui questi aveva salvato il popolo italiano dal bolscevismo a cui si stava abbandonando nel 1919, mettendo lItalia in una posizione che essa non aveva mai avuto allinterno dellEuropa. Il primo ministro inglese si era molto rammaricato che il Duce avesse scelto lalleato sbagliato: non cap mai la forza della Gran Bretagna, n le sue capacit di resistenza e la sua forza marittima. Per questo procedette verso la rovina.La principale preoccupazione di Churchill era di difendere ci che egli chiamava i tradizionali rapporti di propriet dalla minaccia aggressiva del comunismo. Egli voleva che il re rimanesse al suo posto, o che vi restasse perlomeno il figlio Umberto. Non era interessato a sradicare il fascismo dallapparato statale italiano ed era contento, come ha scritto Pavone di offrire limmunit in cambio dellobbedienza. Per lo statista inglese, Vittorio Emanuele e Badoglio costituivano la migliore garanzia di continuit dellordinamento tradizionale, ed anche i pi compiacenti interlocutori che gli inglesi potessero trovare. Churchill dava poca importanza allantifascismo italiano. Di Croce aveva detto che era un professore nano, e nel febbraio 1944 fece un discorso famoso ed offensivo, schierandosi a favore della monarchia e contro il Cnl: Quando bisogna tenere in mano una caffettiera meglio non romperne il manico fino a quando non se ne trovato uno nuovo altrettanto conveniente e utilizzabile o almeno fino a quando non c uno strofinaccio per le mani.

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Il parlare dello scopo dellattivit scientifica pu forse suonare un po ingenuo; chiaro, infatti, che scienziati differenti si propongono scopi differenti, e che la scienza in se stessa (qualunque cosa ci possa significare) non ha scopi. Tutto questo lo ammetto. E tuttavia sembra che quando parliamo di scienza ci rendiamo conto pi o meno chiaramente che esiste qualcosa che caratteristico dellattivit scientifica; e poich lattivit scientifica ha tutto laspetto di unattivit razionale e lattivit razionale deve avere qualche scopo, pu darsi che il tentativo di descrivere lo scopo della scienza non sia del tutto futile. Secondo ci che intendo proporre, lo scopo della scienza quello di trovare spiegazioni soddisfacenti di tutto ci che ci colpisce come bisognoso di spiegazione. Per spiegazione (o spiegazione causale) si intende un insieme di asserzioni, una delle quali descrive lo stato di cose che si deve spiegare lexplicandum, mentre le altre, le asserzioni esplicative, costituiscono la spiegazione nel senso pi stretto della parola (lexplicans dellexplicandum). Possiamo ritenere, di regola, che la verit dellexplicandum sia pi o meno ben nota o che si assuma che lo sia. Non ha infatti molto senso il chiedere la spiegazione di uno stato di cose che pu rivelarsi del tutto immaginario (possiamo illustrare un caso del genere ricorrendo allesempio dei dischi volanti: ci di cui abbiamo bisogno non , forse, la spiegazione dei dischi volanti, ma quella dei resoconti delle apparizioni dei dischi volanti; tuttavia, se i dischi volanti esistessero davvero, non ci sarebbe pi bisogno di altre spiegazioni di tali resoconti). Daltra parte lexplicans, che costituisce loggetto della nostra ricerca, non sar, di regola, noto, ma dovr essere scoperto. Cos, la spiegazione scientifica, in tutti i casi in cui costituisca una scoperta, sar la spiegazione del noto mediante lignoto. Per essere soddisfacente (lessere soddisfacente pu essere questione di grado) lexplicans deve soddisfare un certo numero di condizioni. In primo luogo deve implicare logicamente lexplicandum. In secondo luogo lexplicans devessere vero, anche se, in generale, la sua verit non nota; in ogni caso non deve risultare falso, neanche in seguito allesame critico pi serrato. Se non sappiamo che vero (e di solito accade proprio cos), devono esistere prove indipendenti in suo favore; o, in altre parole, lexplicans deve poter essere controllabile indipendentemente: sar tanto pi soddisfacente quanto pi indipendenti e quanto pi severi saranno i controlli che ha superato. Cos, devo ancora chiarire luso che io faccio dellespressione indipendente e quello delle espressioni opposte: ad hoc e (nei casi estremi) circolare. Sia a un explicandum che sappiamo vero; poich, come evidente, a segue da a stesso, possiamo sempre offrire a come spiegazione di se stesso. Ma ci sarebbe altamente insoddisfacente, anche se, in questo caso, sapremmo che lexplicans vero e che lexlicandum segue da esso. Dobbiamo perci escludere le spiegazioni di questo tipo, a causa della loro circolarit.Ma il tipo di circolarit che ho in mente questione di grado. Consideriamo il dialogo che segue: Perch oggi il mare agitato? Perch Nettuno molto arrabbiato. Ma quale prova puoi portare a sostegno della tua asserzione che Nettuno molto arrabbiato? Oh, ma non vedi come agitato il mare? E il mare non sempre agitato quando Nettuno arrabbiato? Troviamo insoddisfacente questa spiegazione, perch (proprio come nel caso della spiegazione pienamente circolare), la sola prova dellexplicans lexplicandum stesso.

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Alla vigilia della prima guerra mondiale tutta lindustria automobilistica italiana, cos come gran parte di quella europea, non ancora in grado di andare oltre la fase di produzione in piccola serie, a differenza di quanto sta accadendo allindustria automobilistica statunitense gi avviata alla produzione di massa. Come noto, le ragioni di questa situazione sono rintracciabili nella relativa modestia del mercato interno, con le sue caratteristiche dlite, che ancora non ha fatto uscire il nuovo mezzo di trasporto dalleccezionalit di un prodotto rivolto a sportivi e appassionati. La personalizzazione della vettura ancora il tratto dominante e questo influenza la mentalit dei primi imprenditori, orientata prevalentemente agli aspetti tecnici del prodotto e ben poco alle esigenze della produzione e della commercializzazione. Ma mentre per la Fiat questa circostanza vissuta come un limite al quale si cerca di porre rimedio fin dai primi anni di vita, cosicch lazienda si trova pronta a cogliere le opportunit della grande produzione bellica, nel primo conflitto mondiale, non solo nelle sue strutture ma soprattutto nella mentalit e predisposizione organizzativa del suo vertice, la Lancia tende consapevolmente a rimanere agganciata a un modo di produrre meno standardizzato e invece pi attento alle richieste di una fascia ristretta del mercato. Di qui il permanente interesse per le gare sportive in quanto luogo di confronto con i processi innovativi, la precoce presenza sui mercati internazionali, la costante ricerca delleccellenza tecnica che finisce per influenzare direttamente e indirettamente tutte le funzioni aziendali, dalla produzione al marketing alla finanza, fino a costruire una vera e propria cultura aziendale.Lanalisi dei dati estratti dalle cartelle del personale impiegatizio potr confermare o meno questa ipotesi; essa certo gi emerge dagli organigrammi funzionali ricavati indirettamente dalla stessa fonte: non si spiegherebbe altrimenti la relativa precoce complessit strutturale della Lancia a fronte della centralizzazione gestionale attuata da Vincenzo Lancia. Per tale ragione non credo si possa parlare di un ritardo della Lancia che si protrae nel tempo, secondo una visione evoluzionistica dellindustria automobilistica; si ha limpressione di essere di fronte invece a una consapevole scelta industriale fondata su parametri del tutto peculiari, quali la propensione intellettuale del suo fondatore, la remunerativit precoce del mercato interstiziale prescelto, laccumulo in azienda di una vocazione tecnica da valorizzare. Questultimo fattore in particolare espresso in forme singolari dalliconografia raccolta e commentata dalla Valtorta. Qui ancora una volta si dimostra limportanza della fotografia industriale come fonte interpretativa sia delloggetto ripreso sia del soggetto promotore del documento fotografico. Non di rado la fotografia supplisce alle lacune ormai irreparabili nella documentazione su alcuni aspetti fondamentali della storia aziendale, si pensi soltanto alle tecnologie, agli impianti, alle condizioni di lavoro. certo il caso della Lancia per il periodo tra la prima guerra mondiale e gli anni trenta. C tuttavia da chiedersi se sapranno mai gli storici con la loro attuale professionalit sfruttare appieno questa fonte.

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Assumere una maschera triste oppure allegra, cos come travestirsi con abiti aristocratici o plebei, implica una scelta di ruolo; chiunque abbia partecipato a una festa in maschera, al Carnevale di Venezia, alla sfilata di Viareggio, sa che il comportamento di ciascuno si modella sul personaggio interpretato. A loro volta gli osservatori si attendono che Arlecchino sia saltellante, il Vampiro terrifico, Messalina seducente, il Doge regale. Nellassunzione del ruolo si esprime una ricerca di identificazione, spesso il desiderio di sperimentare, sia pure per un breve tempo e in un contesto particolare, unaltra vita. Desiderio di tutti e di tutte le epoche, come testimoniato dalle rappresentazioni drammatiche e teatrali e, perch no, dalla complicit con cui vengono accolte le maschere. Il travestimento una cosa seria. Bisogna stare al gioco sia da interpreti che da spettatori. Si d luogo a un effetto catartico, di scarica delle tensioni cui condanna la consueta realt: il dirigente dazienda si veste da Pierrot e leducatrice da Angelica o da Gianburrasca; a loro volta uno studente del primo anno di fisica pu impersonare Einstein, manifestando unambizione che non confesserebbe neppure a s stesso, e un impiegato di banca travestirsi da Gengis Khan. Per qualche ora, per un giorno, ci perfettamente lecito. D il piacere dellinsolito. Permette allaltra parte di s di manifestarsi e lesperienza non fonte di ansia perch non viene posto davvero in discussione il proprio modo di essere. Gli altri non conoscono la nostra vera identit; si pu ridere, parlare forte, lasciarsi andare a scherzi un po spinti. E se la conoscono fa lo stesso. Tutti stanno al gioco. A questo complesso di sensazioni proprie e altrui si deve probabilmente limmenso successo delle celebrazioni di Carnevale che ogni anno coinvolgono uomini e donne a milioni in una sarabanda di canti, di colori, di clamore. Purtroppo lallentarsi delle inibizioni pu anche condurre a eccessi pericolosi e asociali. Non a caso lindossare in pubblico una maschera vietato da molte legislazioni. Mutarsi il volto con unimmagine tragica o buffonesca sia pure di cartapesta, con un viso anonimo o celebre, costituisce anche una rivalsa della gente comune. Come sarebbe altrimenti possibile a chi non professionista della parola e del gesto impersonare dignitosamente stati danimo, personaggi, situazioni? La maschera d sicurezza, permette di calarsi nella parte prescelta senza troppi problemi e di tornare se stessi in modo assai semplice: basta toglierla. Addestramento e sensibilit interpretativa sono invece richiesti in abbondanza agli attori. Essi devono saper evidenziare le azioni (movimenti, parole, discorsi) che le persone pongono in essere per averle coscientemente apprese oppure assimilate in maniera inconsapevole o perch innate. E cos pure devono individuare gli atti, ovvero i contenuti intenzionali delle azioni. Accentuare taluni aspetti o certi altri, a seconda dei casi, significa interpretare tipi umani diversi.Nellosservazione del comportamento altrui lattore si comporta dunque come un etologo attento a cogliere azioni, atti, gesti caratteristici. E su questi ultimi si sofferma specialmente quel tipo particolare di attore che il mimo. Egli infatti comunica con il pubblico mediante idonei segnali visivi che, secondo le classificazioni proposte dal noto etologo Desmond Morris, rientrano principalmente nelle categorie dei gesti espressivi, schematici, simbolici e propriamente mimici.

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La conoscenza ha due forme: o conoscenza intuitiva o conoscenza logica; conoscenza per la fantasia o conoscenza per lintelletto; conoscenza dellindividuale o conoscenza delluniversale; delle cose singole ovvero delle loro relazioni; , insomma, o produttrice dimmagini o produttrice di concetti. Continuamente si fa appello, nella vita ordinaria, alla conoscenza intuitiva. Si dice che di certe verit non si possono dare definizioni; che non si dimostrano per sillogismi; che conviene apprenderle intuitivamente. Il politico rimprovera lastratto ragionatore, che non ha lintuizione viva delle condizioni di fatto; il pedagogista batte sulla necessit di svolgere anzitutto nelleducando la facolt intuitiva; il critico si tiene a onore di mettere da parte, innanzi a unopera artistica, le teorie e le astrazioni e di giudicarla intuendola direttamente; luomo pratico, infine, professa di vivere dintuizioni pi che di ragionamenti. Ma a questo ampio riconoscimento che la conoscenza intuitiva riceve nella vita ordinaria, non fa riscontro un pari e adeguato riconoscimento nel campo della teoria e della filosofia. Della conoscenza intellettiva c una scienza antichissima e ammessa indiscussamente da tutti, la logica; ma una scienza della conoscenza intuitiva appena ammessa, e timidamente, da pochi. La conoscenza logica si fatta la parte del leone; e, quando addirittura non divora la sua compagna, le concede appena un umile posticino di ancella o di portinaia. Che cosa mai la conoscenza intuitiva senza il lume della intellettiva? un servitore senza padrone: e, se al padrone occorre il servitore, ben pi necessario il primo al secondo, per campare la vita. Lintuizione cieca; lintelletto le presta gli occhi. Ora, il primo punto che bisogna fissare bene in mente che la conoscenza intuitiva non ha bisogno di padroni; non ha necessit di appoggiarsi ad alcuno; non deve chiedere in prestito gli occhi altrui perch ne ha in fronte di suoi propri, validissimi. E se indubitabile che in molte intuizioni si possono trovare mescolati concetti, in altre non vi traccia di un simile miscuglio; il che prova che esso non necessario. Limpressione di un chiaro di luna, ritratta da un pittore; il contorno di un Paese, delineato da un cartografo; un motivo musicale, tenero o energico; le parole di una lirica sospirosa, o quelle con le quali chiediamo, e comandiamo e ci lamentiamo nella vita ordinaria, possono ben essere tutti fatti intuitivi senza ombra di riferimenti intellettuali. Ma, checch si pensi di questi esempi, e posto anche si voglia e debba sostenere che la maggior parte delle intuizioni delluomo civile siano impregnate di concetti, v ben altro, e di pi importante e conclusivo, da osservare. I concetti che si trovano misti e fusi nelle intuizioni, in quanto vi sono davvero misti e fusi, non sono pi concetti, avendo perduto ogni indipendenza e autonomia. Furono gi concetti, ma sono diventati, ora, semplici elementi dintuizione. [...]Lattivit intuitiva tanto intuisce quanto esprime. Se questa proposizione suona paradossale, una delle cause di ci senza dubbio nellabito di dare alla parola espressione un significato troppo ristretto, assegnandola alle sole espressioni che si dicono verbali; laddove esistono anche espressioni non verbali, come quelle di linee, colori, toni: tutte quante da includere nel concetto di espressione, che abbraccia perci ogni sorta di manifestazioni delluomo, oratore, musico, pittore o altro che sia.

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La gente ha sempre sostenuto che il matrimonio fondato sullinnamoramento migliore di quello per interesse o per dovere. Gli psicologi e i sociologi invece hanno sempre diffidato della passione amorosa. Io sono a favore della concezione popolare e sosterr la mia tesi nel prossimo Congresso della Societ italiana di sessuologia clinica che avr luogo a Torino. La domanda che ci poniamo questa: perch la maggior parte delle coppie entrano in crisi nei primi anni, talvolta nei primi mesi di convivenza o di matrimonio? Io penso che avvenga perch non c amore o non c vero innamoramento. In molti casi la gente si sposa perch si sente sola, o per abitudine, o per consolarsi di una delusione. In altri casi innamorato uno solo dei due. Ma non basta nemmeno che i due si amino. Infatti vi sono diversi tipi di amore. C lamore fiducioso dellamicizia. C un tenero voler bene. Ci sono le infatuazioni divistiche. Poi ci sono gli amori appassionati. Ma anche questi sono diversi. Abbiamo le cotte improvvise che durano pochi giorni o pochi mesi. Ci sono amori che sembrano legati ad un luogo, per esempio ad una vacanza. Quella persona ci appare stupenda nel suo ambiente, al mare o in montagna, ma, rivedendola in citt, perde tutto il suo fascino. Vi sono poi amori intensi, febbrili - le infatuazioni - che hanno la propriet di scomparire improvvisamente. Dopo molti anni di studi sono giunto alla conclusione che queste forme di amore devono essere considerate esplorazioni, tappe iniziali del processo amoroso che, se procede fino in fondo, produce il vero innamoramento bilaterale. Solo allora avviene il processo di fusione che produce una nuova collettivit in cui si compie la ricreazione delle due personalit e lelaborazione di un unico progetto. Questo processo per non affatto semplice. Ciascuno vi porta i suoi sogni, vuol realizzare i suoi desideri pi profondi. Lamore si sviluppa attraverso prove, pressioni reciproche. Poi si consolida in regole di convivenza, fiducia reciproca. Conservando per al suo centro il brivido, il batticuore, il mistero. Solo se questo processo viene compiuto per intero la coppia ha molte probabilit di restare viva e vitale. Recentemente mi sono arrivati i risultati di una ricerca fatta da Jrg Willi, lo psichiatra di Zurigo, secondo cui sono pi stabili e pi felici le coppie nate dallinnamoramento. E, in questi giorni, ho avuto la possibilit di compiere un ulteriore approfondimento della mia teoria attraverso una ricerca empirica finanziata dalla societ XXX. Abbiamo studiato circa 500 giovani dai 13 ai 30 anni, maschi e femmine. Quasi tutti costoro avevano un ragazzo o una ragazza. Circa il 20 per cento confessavano di non essere innamorati. Ma, studiando a fondo anche coloro che dicevano di essere innamorati, abbiamo potuto accertare che, in realt, quelli veramente innamorati erano molto meno. In sostanza, nel nostro campione, su 100 coppie, i veri innamoramenti bilaterali non erano pi del 30 per cento. Questo anche nelle et pi avanzate, verso i 30 anni. Quindi vero: moltissime coppie si avviano alla convivenza e al matrimonio senza essere veramente innamorate. Ma se cos fragile il loro rapporto allinizio, come potr durare in seguito? Quante crisi precoci, quanti divorzi devastanti sono in incubazione fin dallinizio, perch non c amore o c amore incompleto, o perch il processo amoroso si fermato ad una fase iniziale, insufficiente a creare una vera comunit amorosa?

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Medioevo significa letteralmente et di mezzo. Questo termine di norma usato dagli storici per delimitare il periodo di circa mille anni compreso tra la fine del mondo classico e linizio dellet moderna. Per maggiore precisione, i limiti per linizio e la fine del Medioevo furono stabiliti nella caduta dellimpero romano dOccidente (476 d.C.) e nella scoperta dellAmerica da parte di Cristoforo Colombo (1492). Si tratta per di una delimitazione convenzionale, prodotta da una visione della storia, per molti aspetti, oggi messa in discussione. Lidea di Medioevo, infatti, si affacci per la prima volta durante il Rinascimento quando lentusiasmo per la riscoperta del mondo antico port a considerare il lunghissimo periodo intermedio come unepoca di decadenza. Per la cultura dei secoli XV e XVI, infatti, lepoca successiva al crollo del mondo antico appariva come una notte della civilt, durante la quale si erano spente la bellezza e la sapienza antica, considerate dagli intellettuali e dagli artisti del Rinascimento il culmine pi alto raggiunto dalla civilt umana. A questa visione negativa del Medioevo contribu pure la diffusione del protestantesimo: per i protestanti il Medioevo, che fu fortemente caratterizzato dalla presenza politica e temporale del papato, appariva come un lungo periodo di corruzione spirituale dopo la fase pura e nobile che aveva caratterizzato il cristianesimo primitivo. Il termine Medioevo si diffuse grazie allerudito tedesco Cristoforo Cellario, autore nel 1688 di una fortunata Storia del Medioevo. Lo storico tedesco dava dellet di mezzo un quadro desolante: decadenza delle arti e delle lettere, crisi della vita cittadina, imbarbarimento e regresso complessivo dellEuropa. Soltanto verso la fine di questo periodo la societ si sarebbe a poco a poco risollevata per risorgere poi nellepoca del Rinascimento. Questo ancora il presupposto dellopera storica pi importante del secolo XVIII, La decadenza e la caduta dellimpero romano dellinglese Edward Gibbon, secondo il quale, per circa 1000 anni, la storia dellEuropa si era sviluppata allinsegna di una barbarie solo parzialmente attenuata da fugaci momenti di ripresa. Questidea rimase indiscussa sino agli inizi dellOttocento, quando il movimento romantico favor una rivalutazione complessiva del periodo medievale, soprattutto a causa del fatto che proprio durante questepoca erano maturate le radici pi autentiche delle varie culture europee: infatti, come il mondo romano era stato accentrato e unitario, cos la societ medievale fu articolata e complessa, tale da non poter essere considerata come una sola identit socio-politica. Si riscopr inoltre che anche la cultura e larte medievale avevano avuto momenti di vario splendore e originalit.La storiografia pi recente tende a recuperare tutta la complessit e la ricchezza della vita culturale, economica e politica di questet. Vi da chiedersi, comunque, quali siano i limiti cronologici di questepoca. Se indubbio che molti fenomeni storici furono tipici del Medioevo (ad esempio, lapporto demografico di popolazioni come i Germani, i Franchi, i Normanni o gli Slavi, oppure la nascita delle lingue moderne), pure vero che let di mezzo prosegu sviluppi gi in atto nellultima fase del mondo antico. Ad esempio, laffermazione del cristianesimo come religione unitaria per tutto il mondo europeo, limpoverimento delle campagne, la crisi della vita cittadina.

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La maggior parte degli esseri umani si comporta come lo storico: riconosce la natura della propria esperienza solo alla fine, retrospettivamente. Nel corso degli anni 50 molte persone, soprattutto nei paesi sviluppati sempre pi prosperi, divennero consapevoli che i tempi erano notevolmente migliorati, soprattutto se con la memoria riandavano agli anni precedenti la seconda guerra mondiale. Un politico conservatore inglese combatt e vinse le elezioni politiche nel 1959 con lo slogan: Non siete mai stati cos bene. Unaffermazione che era indubbiamente corretta. Tuttavia solo quando il grande boom termin, nei travagliati anni 70, in attesa dei traumatici anni 80, gli osservatori - a cominciare soprattutto dagli economisti - cominciarono a capire che il mondo, particolarmente il mondo del capitalismo avanzato, aveva attraversato una fase del tutto eccezionale della propria storia; forse una fase unica. Cercarono i nomi per descriverla: i trentanni di gloria dei francesi; il quarto di secolo di Et delloro degli angloamericani. Loro luccic di pi sullo sfondo opaco e scuro dei successivi decenni di crisi. Per diverse ragioni ci volle cos tanto tempo a riconoscere il carattere eccezionale dellepoca. Per gli USA, che dominarono leconomia del mondo dopo la seconda guerra mondiale, quellepoca non fu cos rivoluzionaria. Essa semplicemente continu lespansione degli anni di guerra che, come abbiamo visto, furono anni favorevoli solo per quel Paese. Gli USA non avevano subito danni, avevano accresciuto il prodotto nazionale lordo di due terzi e alla fine della guerra la loro produzione industriale rappresentava quasi i due terzi della produzione industriale mondiale. Inoltre, proprio in ragione della dimensione e del progresso delleconomia americana, i suoi risultati durante gli Anni doro non furono cos impressionanti come lo fu il tasso di crescita di altri paesi, che partivano da una base assai pi piccola. Fra il 1950 e il 1973 leconomia americana crebbe pi lentamente delleconomia di ogni altro Paese industriale a eccezione della Gran Bretagna e, ci che pi significativo, la sua crescita non fu superiore a quella realizzata nei pi dinamici periodi passati del suo sviluppo. In tutti gli altri paesi industriali, compresa perfino la fiacca Gran Bretagna, lEt delloro infranse tutti i record precedenti. Infatti, per gli USA quella fu, economicamente e tecnologicamente, unepoca di relativo arretramento, piuttosto che di avanzamento. Il divario di produttivit per ora di lavoro tra leconomia americana e quella di altri paesi diminu e se nel 1950 la ricchezza nazionale pro capite era il doppio di quella francese o tedesca, cinque volte pi alta di quella del Giappone e la met pi grande di quella britannica, gli altri stati stavano recuperando velocemente e continuarono ad avvicinarsi ai livelli americani negli anni 70 e 80.La priorit maggiore per i paesi europei e per il Giappone era di riprendersi dalla guerra e, nei primi anni dopo il 1945, essi misurarono il loro successo semplicemente guardando ai punti di riferimento del passato e non al futuro. Negli stati non comunisti la ripresa significava anche superare la paura della rivoluzione sociale e dellavanzata comunista, eredit della guerra e della resistenza. Mentre la maggior parte dei paesi (ma non la Germania e il Giappone) era tornata con il 1950 ai livelli di prima della guerra, linizio della Guerra fredda e lesistenza in Francia e in Italia di potenti partiti comunisti scoraggiavano ogni euforia. In ogni caso ci volle del tempo prima che i benefici materiali della crescita si facessero sentire. In Gran Bretagna divennero tangibili solo a met degli anni 50. Prima dallora nessun politico avrebbe potuto vincere le elezioni con lo slogan adottato da Harold Macmillan. Persino in una regione italiana prospera come lEmiliaRomagna, i benefici della societ opulenta non divennero generali fino agli anni 60. Inoltre larma segreta per costruire una societ opulenta di massa, cio il pieno impiego, non si generalizz fino agli anni 60, quando il tasso medio di disoccupazione nei paesi dellEuropa occidentale si assest all1,5%.

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Nessuna epoca storica stata pi dipendente dalle scienze naturali e pi permeata da esse del ventesimo secolo. Tuttavia nessuna epoca, dopo la ritrattazione di Galileo si trovata pi a disagio con la scienza. Questo il paradosso con cui deve scontrarsi lo storico di questo secolo. Ma prima di addentrarmi nel merito, occorre definire le dimensioni del fenomeno. Nel 1910 tutti i fisici tedeschi e inglesi messi insieme ammontavano a forse ottomila persone. Alla fine degli anni 80 il numero di scienziati e ingegneri impegnati effettivamente nella ricerca e nello sviluppo sperimentale nel mondo stato stimato a circa cinque milioni, di cui quasi un milione negli USA, la potenza scientifica trainante, e un po pi di un milione negli stati dellEuropa. Anche se gli scienziati, perfino nei paesi sviluppati, continuavano a formare una frazione minuscola della popolazione, il loro numero saliva vistosamente e raddoppi allincirca nei ventanni dopo il 1970, anche nelle economie pi avanzate. Comunque, alla fine degli anni 80, essi formavano la punta di un iceberg assai pi grande: quello che si poteva definire la potenziale manodopera scientifica e tecnologica, riflesso della rivoluzione dellistruzione della seconda met del secolo. Esso rappresenta forse il 2% della popolazione mondiale e forse il 5% della popolazione nordamericana. I veri e propri scienziati sono sempre pi selezionati per mezzo di ricerche avanzate, i cui risultati vengono esposti in una dissertazione di dottorato che divenuta il biglietto dingresso nella professione. Negli anni 80 il tipico Paese occidentale sviluppato sfornava qualcosa come 130-140 dottori di ricerca in ambito scientifico per ogni milione di abitanti. Questi paesi spendevano somme molto elevate per le attivit di ricerca, tratte per lo pi dal bilancio dello stato anche nei paesi capitalistici. Le forme pi costose della grande ricerca scientifica sono di fatto al di fuori della portata di qualunque singolo Paese tranne che degli USA (fino ai giorni nostri). C per una novit ancor pi importante. Nonostante il fatto che il 90% delle pubblicazioni scientifiche (il cui numero raddoppia ogni 10 anni) compaia in quattro lingue europee (inglese, russo, francese e tedesco), la scienza eurocentrica finita nel ventesimo secolo. LEt della catastrofe e specialmente il temporaneo trionfo del fascismo trasferirono il suo centro di gravit negli USA, dove poi rimasto. Fra il 1900 e il 1933 solo sette Premi Nobel per materie scientifiche sono stati assegnati agli USA che ne hanno invece ricevuti 77 tra il 1933 e il 1970. Gli altri paesi di colonizzazione europea si sono affermati anchessi come centri indipendenti di ricerca - Canada, Australia, la spesso sottovalutata Argentina - , anche se alcuni di loro, per ragioni politiche o per la loro dimensione ridotta, esportano la maggior parte dei loro scienziati (Nuova Zelanda, Sudafrica). Nello stesso tempo il crescere degli scienziati non europei, specialmente di quelli dellAsia orientale e del subcontinente indiano, stato impressionante. Prima della seconda guerra mondiale solo un asiatico aveva vinto un Premio Nobel per le materie scientifiche (C. Raman, Premio Nobel per la fisica nel 1930); dopo il 1946 i Premi Nobel sono stati assegnati a pi di dieci scienziati asiatici, tra i quali vi sono giapponesi, cinesi, indiani e pakistani, e questo dato non permette di valutare pienamente la crescita della scienza in Asia, cos come il dato relativo ai Premi Nobel statunitensi prima del 1933 faceva torto alla crescita della scienza negli USA. Alla fine del secolo ci sono ancora aree del mondo che producono pochissimi scienziati in termini assoluti e ancor meno in termini relativi, ad esempio la maggior parte dellAfrica e dellAmerica latina.E tuttavia impressionante che almeno un terzo dei premi Nobel asiatici non compaiano come cittadini dei loro paesi dorigine, ma come scienziati americani.

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Lesplosione delle conoscenze e lintroduzione di indagini di laboratorio sempre pi raffinate rendono davvero difficile tratteggiare la storia della medicina di questo secolo, che si caratterizza comunque come periodo nel quale avvengono in successione due fatti fondamentali: la riconduzione della fisiologia allinterazione tra molecole e questo fa esplodere la biochimica come metodologia essenziale nellavanzamento delle conoscenze; la riconduzione della produzione delle molecole al codice genetico e al DNA, cio al programma scritto anchesso su molecole e memorizzato in ogni cellula e questo segna lingresso della biologia molecolare nella medicina. Selezionare i principali contributi non semplice. Si potrebbe cominciare ricordando Mendel, anche se i suoi studi vengono per alcuni decenni dimenticati, sicch assumono importanza rilevante dopo la loro riscoperta allinizio del Novecento. Si alternano in questo secolo scoperte di meccanismi biologici e patologici fondamentali che trovano rapida applicazione nella clinica e nascono cos dietro alle nuove tecnologie per indagare organi e tessuti nuove branche mediche specialistiche (per esempio radiologia, medicina nucleare); analogamente, dietro le emergenti tecnologie cellulari e molecolari si sviluppa la medicina molecolare. Dal 1901 gli avvenimenti pi salienti per la medicina sono scanditi il 10 dicembre di ogni anno (anniversario della morte di Alfred Bernhard Nobel), dallassegnazione da parte dellapposito Comitato del Karolinska Institute di Stoccolma dei premi Nobel per la medicina o la fisiologia. Talvolta avvengono anche premiazioni Nobel da parte dellAccademia delle Scienze svedese per la fisica o la chimica per scoperte che hanno rilevante applicazione nella biomedicina: si vedano tra tutti i riconoscimenti conferiti in questi settori a Lord Ernest Rutherford nel 1908 e a Marie Curie Sklodowska nel 1911 per la scoperta degli elementi radioattivi. Nelle assegnazioni vi sono anche un paio di infortuni, con premi rivelatisi decisamente immotivati, come a Finsen nel 1903 per la cosiddetta finsenterapia o fototerapia. C da rilevare che nella motivazione del premio compaiono sempre due elementi: limportanza della scoperta e, almeno nei primi tempi dassegnazione, il beneficio che da essa deriva allumanit. Nel corso del ventesimo secolo la tecnologia, sia per la disponibilit di nuovi e raffinati strumenti diagnostici, sia per la possibilit di assistenza del malato critico, porta ad altre importanti innovazioni. La chirurgia inizia a divenire sostitutiva di organi malati mediante i trapianti. Il primo trapianto di rene avviene tra due gemelli, Richard e Ronald Herrick, nel 1957 a Boston. Nel 1967 avviene il primo trapianto di fegato, eseguito da Thomas Starzl a Denver, Colorado; a dicembre dello stesso anno Christian Barnard a Citt del Capo esegue il primo trapianto cardiaco. Quando il rigetto diviene largamente controllabile mediante luso, a partire dal 1978, della ciclosporina A, la possibilit di trapianto si estende rapidamente alle isole pancreatiche, al midollo osseo, al polmone e al complesso cuore-polmone, mentre si tentano trapianti di cellule embrionali (per esempio cellule di ghiandole surrenali nel cervello di persone affette da morbo di Parkinson). Si avvicina sempre pi, nel passaggio dalla ricerca di base allapplicazione clinica, la possibilit per il medico di modificare processi fondamentali dellessere umano, come e quando si generati o si nasce o si muore.La medicina si ritrova di fronte ad antichi dilemmi, che riguardano come conciliare il rispetto dellindividuo con le possibilit offerte dalla tecnologia, come rispettare la volont dellindividuo, conciliandola con lantico giuramento di Ippocrate che prescrive di non dar morte neppure a chi lo chieda.

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La biologia scienza, e in quanto tale lespressione di unattitudine essenziale dellumanit, quella di cercare, di scoprire, di andare sempre pi avanti. La scienza simboleggia lo spirito che ha spinto il progresso durante i millenni e che incarnato nelle scoperte essenziali della storia dellumanit: il fuoco, la ruota, le correnti del contatto dei metalli e cos via. In tutti i casi c stata unosservazione acuta, unestrapolazione audace, un adattamento ingegnoso della tecnologia esistente. E poi la nuova conquista incorporata in nuove tecnologie, in nuove applicazioni e in conoscenze che formano la base della nostra filosofia del mondo e della vita. E chi lo scienziato? Non un dio o un mago; luomo. Qualunque uomo uno scienziato; quel che pu fare dipende dalle circostanze. Nel progresso della ricerca, nel fare le scoperte, sono tre i fattori importanti: le conoscenze precedenti, unosservazione acuta e, quasi sempre, qualche elemento accidentale. Questa triade si pu riconoscere nella scoperta della penicillina da parte di Fleming, che apr un importante campo di ricerca, quello degli antibiotici. Fleming studiava certi batteri che faceva crescere su scatole di vetro in cui cera uno strato di agar nutritivo, e che l producevano piccole colonie dorate. Un giorno not una grossa chiazza di color grigiastro che copriva buona parte dello strato nutritivo. Era un contaminante, un fungo microscopico derivante dallaria, che avrebbe dovuto rovinare lesperimento. Ma invece Fleming not che nelle vicinanze di quel contaminante non cerano le solite chiazze dorate. Molti altri ricercatori forse non lavrebbero nemmeno notato. Lui, al contrario, pens che il fungo producesse una sostanza che impediva ai batteri di crescere, e ne riconobbe la possibile importanza medica. Di l venne la penicillina, dal nome del fungo contaminante. Che il fattore caso debba essere importante chiaro, perch allo stato attuale della biologia una scoperta non pu essere prevedibile soltanto sulla base delle conoscenze precedenti, altrimenti non sarebbe una scoperta. Ma per fare una scoperta essenziale il fattore uomo, perch limportanza di unosservazione occasionale, come quella di Fleming, pu essere riconosciuta solo da una mente attenta, preparata e aperta a concetti nuovi, a nuove sfide. Un fattore essenziale per il progresso della biologia, e della scienza in generale, linterazione della ricerca con la societ. Infatti questultima responsabile della formazione dello scienziato e della sua possibilit di lavorare nel campo che gli interessa, procurandogli i mezzi per portare avanti la ricerca e soprattutto preparando lambiente in cui si deve sviluppare il suo lavoro. Lambiente in cui si svolge la ricerca ha infatti unimportanza fondamentale per il suo successo. Ci si deduce dallosservazione che le scoperte pi importanti avvengono solo in certi Paesi, in certe citt, in certe universit. Se si considerano i premi Nobel come il paradigma di coloro che fanno le scoperte pi riconosciute, si vede che essi non sono distribuiti a caso nel mondo, ma sono concentrati solo in un alcuni laboratori. Non solo: si possono anche riconoscere dei veri e propri alberi genealogici dei premi Nobel.Generalmente un maestro di grande statura produce allievi anchessi di grande statura, e anchegli proviene da un maestro di grande distinzione. Queste genealogie esistono perch i maestri costituiscono lambiente adatto, mantenendo laboratori di alta attivit e produzione scientifica, dove si affrontano problemi nuovi ed eccitanti con grande rigore, usando concetti e tecnologie nuove.

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Gi 70 anni fa, Bertrand Russell affermava che bisogna distinguere nettamente le proposizioni riguardanti cose dalle proposizioni che esprimono una relazione. Questa mela rossa una proposizione riguardante una qualit di questa mela. Questa mela pi grossa di quella una proposizione che riguarda la relazione tra le due mele e quindi non ha nulla a che fare con luna o laltra mela presa in se stessa. La qualit dellessere pi grande non appartiene a nessuna delle due mele, e sarebbe una pura assurdit volerla attribuire a una di esse.Questa importante distinzione venne pi tardi ripresa e ulteriormente sviluppata dallantropologo e studioso dellinformazione Gregory Bateson. Egli stabil che in ogni comunicazione sono presenti sempre entrambe le proposizioni, o in altre parole, che esiste in essa un livello oggettivo e uno relazionale. Con ci egli ci ha aiutato a comprendere meglio come si possa giungere in breve tempo ad avere delle difficolt con il partner chiunque esso sia, ma quanto pi intimo tanto meglio. Supponiamo che una donna chieda al marito: Questa minestra lho fatta in una maniera nuova. Ti piace? Se gli piace pu rispondere senzaltro S e lei ne sar contenta. Se invece non gli piace e non teme di deludere la moglie, pu dire: No. Problematica per la situazione, statisticamente pi frequente, in cui la minestra disgustosa, ma egli non vuole offendere la moglie. A livello oggettivo (quello cio che si riferisce alloggetto minestra) il marito dovrebbe dire: No; a livello relazionale dovrebbe dire S per non ferirla. Cosa dir dunque? La sua risposta non pu essere S e No, perch la parola Ni esiste soltanto come battuta scherzosa. Egli cercher cos di trarsi fuori dai guai in qualche modo, magari dicendo: Ha un sapore interessante, nella speranza che la moglie capisca. Ma le probabilit sono minime. Conviene tenere presente lesempio di un uomo sposato di mia conoscenza la cui moglie, al ritorno nella nuova casa dalla luna di miele, gli mise sul tavolo una grande scatola di Corn Flakes come prima colazione, supponendo in buona fede (a livello relazionale) ma erroneamente (a livello oggettivo) che li avrebbe mangiati volentieri. Non voleva ferirla e si propose, se proprio bisognava, di mandare gi quella roba e poi di pregarla, una volta finita la scatola, di non comprarne unaltra. Come una brava moglie, per, ella ne prese nota e prima ancora che la scatola finisse ne aveva gi presa unaltra. Oggi, 16 anni dopo, ha abbandonato la speranza di farle capire con tatto che lui detesta i Corn Flakes. La reazione della moglie sarebbe inimmaginabile.

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nella politica francese che appaiono pi evidenti i legami tra il governo e le banche, soprattutto a causa dellammontare degli investimenti francesi negli altri Paesi europei. Sebbene fosse ancora lInghilterra il paese che vantava la quantit maggiore di investimenti allestero, meno del 6% del totale riguardava lEuropa, contro il 62% della Francia. Ci non impediva che gli imprenditori francesi con interessi nelle colonie francesi o in Marocco godessero di uninfluenza sproporzionata alla loro effettiva importanza finanziaria, ma indicava che, a causa della gran quantit di denaro francese investita negli altri paesi europei, la connessione tra politica dinvestimento delle banche e politica estera del governo stava diventando molto stretta. Anche al governo tedesco sarebbe piaciuto sostenere la propria politica con pressioni di tipo finanziario; ma mentre la Germania soffr di una penuria permanente di capitali dopo gli anni di rapida espansione industriale della seconda met dellOttocento, i risparmiatori francesi (anche se talvolta erano accusati dai nazionalisti di investire pi allestero che in patria) disponevano di forti quantit di risparmio accumulato. Le tendenze degli investitori inglesi erano del tutto diverse, poich la maggior parte dei capitali britannici fuori del Regno Unito si volgeva allImpero e allAmerica del Nord e del Sud, per cui la politica britannica in Europa rest, in una certa misura, indipendente dai condizionamenti finanziari che invece influenzarono i francesi.Pi di ogni altro schieramento internazionale antecedente il 1914, lalleanza franco-russa fu cementata da vincoli che erano, oltre che politici e strategici, anche finanziari. Sebbene la stipulazione dellalleanza (del 1893) allorigine fosse la conseguenza di pressioni strategiche e politiche su entrambi i contraenti, i negoziati coincisero con il lancio della prima serie di grandi prestiti russi sul mercato finanziario francese. I prestiti iniziali del 1888, 1889 e 1890 furono seguiti da investimenti francesi in altri settori delleconomia zarista - crediti alle amministrazioni locali, ferrovie, miniere e imprese industriali di ogni tipo - col risultato che nel 1914 quasi un quarto di tutti gli investimenti francesi allestero riguardavano la Russia. impossibile che da vincoli finanziari di tali proporzioni non derivassero conseguenze politiche, anche se si prescinde da condizioni particolari connesse ad alcuni prestiti, come ad esempio la costruzione di ferrovie strategiche o la promessa di commesse alle imprese francesi. Le banche che incoraggiavano i clienti a investire i loro risparmi nei titoli o nelle miniere o nelle ferrovie russe avevano tutto da guadagnare nel dipingere la Russia come un paese forte, stabile politicamente ed economicamente in espansione, avvalorando insomma limmagine di un alleato valido. Ad onta degli attacchi della Sinistra francese contro lautocrazia e loppressione zarista, e nonostante i reiterati rifiuti dei Rothschild e di altri banchieri ebrei di partecipare ai prestiti russi come segno di protesta contro i maltrattamenti cui erano fatti segno gli ebrei in Russia, la fiducia francese nellalleato orientale rimase sorprendentemente alta fino allo scoppio della guerra, anzi fino a tutto il 1917.

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Quando il diploma universitario fu introdotto in Italia, attraverso la legge 341 del 1990, nei pi importanti paesi industrializzati i corsi di studio di analoga natura rappresentavano una realt gi consolidata, anche se avevano caratteristiche differenziate nei contesti educativi. Ma, nonostante questa eterogeneit, ovunque listruzione superiore di primo livello forniva titoli a contenuto pratico-professionale, pi o meno specialistico, il cui carattere fondamentale era quello di essere rapidamente spendibili sul mercato del lavoro e di essere fondati su curricoli diversi rispetto a quelli che caratterizzano i diplomi di secondo livello (le lauree), soprattutto per il minore spessore teorico e per il pi alto livello di specializzazione. Va anche detto che la percentuale di studenti dei cicli brevi, sul totale di quelli interessati alla formazione superiore, nei paesi industrializzati abbastanza elevata: si va da un 17% della Svezia a un 33% del Regno Unito; percentuali queste che ancora oggi, a oltre tre anni di attuazione del corso di diploma universitario, sono notevolmente lontane da quelle riscontrabili nel nostro paese. La direttiva Cee 89/49 del 21/12/88, recepita in Italia con decreto legislativo n.115 del 27/1/1992, ha avuto certamente un ruolo decisivo nellindurre anche lItalia ad attrezzarsi per essere in linea con gli altri Paesi europei: secondo questa direttiva, infatti, per poter svolgere unattivit professionale nei paesi della UE occorre aver svolto un corso di studio post secondario di almeno tre anni, anche se non necessariamente in strutture universitarie. Mancando in Italia un segmento formativo di questo tipo, si rendeva necessario introdurlo, per potersi uniformare agli altri paesi europei. Certo, esistevano gi nel nostro paese alcune forme di istruzione post-diploma, come la formazione professionale di secondo livello, il post-diploma secondario della formazione professionale regionale, le Scuole dirette a fini speciali concentrate soprattutto nel settore delle professioni paramediche, i corsi di livello superiore delle Accademie musicali e quelli dellIsef; ma in ogni caso queste esperienze, di dimensioni complessivamente modeste, erano solo in parte collocabili allinterno dellIstruzione superiore (per esempio, le Scuole dirette a fini speciali avevano il compito di formare specifiche professioni, ma non quello di fornire una preparazione metodologica scientifica). Quando fu realizzata la riforma del 1990, lItalia era quindi priva di unistruzione superiore di primo livello, che desse il giusto spazio non solo agli aspetti professionalizzanti, ma anche alla teoria e alla dimensione professionale o almeno semi-professionale. A livello internazionale ci si trovava di fronte a una realt variegata, in cui esistevano diverse tipologie di istruzione superiore di primo livello; queste, come stato opportunamente osservato, erano sostanzialmente riconducibili a tre fondamentali modelli: binario, integrato e misto. Il primo prevede lesistenza di un settore non universitario a fianco di quello accademico; il secondo un processo di diversificazione istituzionale allinterno delluniversit; il terzo, la presenza di un intreccio tra i due precedenti modelli. In Italia fu scelto il modello integrato, fondato sullesistenza di ununica istituzione, senza differenze a livello funzionale, nel senso che i corsi di diploma universitario sono gestiti dalla stessa istituzione accademica senza la creazione di uno specifico organismo, sia pure allinterno delluniversit. Questo carattere fortemente integrato ha comportato implicitamente la scelta della serialit, ossia la possibilit di osmosi tra il corso di laurea e quello di diploma, e quindi limplicita accentuazione di motivi di coerenza e di continuit tra queste diverse offerte formative.

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La tecnologia classica ci lascia perplessi di fronte ai risultati che riusc a ottenere e alle sorprendenti intuizioni che a quel tempo ebbero i tecnici e gli scienziati. Tuttavia ci si chiede come mai, a fronte di tali conoscenze accumulate nel corso dei secoli, non corrisponda una adeguata diffusione di macchine. Anzi, se si prescinde dalla ruota, dal telaio, dalla pressa (usata sia per i panni che per la trasformazione dei prodotti agricoli quali le olive e luva), dagli argani e dalle gru (usati per la realizzazione di imponenti opere monumentali) si pu affermare che lantichit era un mondo senza macchine. Il mondo antico disdegnava il lavoro manuale e luomo libero si dedicava alla cosa pubblica e alla politica, alla scienza pura e alle arti. Il lavoro artigianale e la creazione tecnica erano considerati compiti esclusivi degli stranieri e degli schiavi. Le cose di questo mondo erano considerate il riflesso di un lontano mondo delle idee, di conseguenza il metodo sperimentale non ebbe una grande importanza. Sola eccezione era la geometria i cui principi appartenevano al mondo delle idee. Nel libro Problemi di meccanica della fine del IV secolo, attribuito ad Aristotele, si parla appunto di molti problemi di meccanica e di applicazioni tecniche, ma non fini a se stessi, bens come mere discussioni per la soluzione dei cosiddetti aforismi che erano poi annullati in partenza dalle contraddizioni insite nella speculazione filosofica come, ad esempio, la possibilit di muovere un grosso carico con una piccola forza. Aristotele considerava la tecnologia unattivit contro natura: tecnica significa machinatio, e cio astuzia. Infatti nei problemi di meccanica tecnica si dovevano compiere azioni, o macchinazioni, a danno della natura, sottraendo a essa con grande astuzia i procedimenti, e superando man mano le difficolt che si incontravano. Tutti i meccanismi descritti da Aristotele vengono riportati al principio della leva ed egli giunge a dimostrare che il fatto meraviglioso di smuovere un grosso peso con una piccola forza, trova la sua spiegazione dialettica e paradossale nel cerchio. Infatti, sia la leva che il carico si spostano con archi cerchi. Quindi il cerchio contribuisce con le sue peculiari caratteristiche a formare il principio della leva. In questo modo possibile compiere, in ununica armonia, azioni opposte e apparentemente contrastanti. Non solo, ma quando con unasta di ferro si fa leva sotto una massa pesante e con uno sforzo relativamente piccolo solleviamo tale massa, si nota la sproporzione tra lo spostamento in altezza della massa e lo spostamento percorso dallaltra estremit dellasta. Al contrario avviene, per esempio, quando si solleva per appoggiarla a un muro, una lunghissima scala. La parte pi alta pi lontana dal punto in cui si appoggiano le mani, e molto pi lunga della parte che va dal punto di appoggio delle mani alla fine della scala. In questi casi descritti vi una compensazione fra spazio e forza che stabilisce un equilibrio della natura. Equilibrio che si ottiene con il dispositivo della leva che crea con linganno il modo di attuare grandi effetti con piccolo sforzo. La leva diviene cos il simbolico capostipite delle cosiddette macchine semplici quali la vite, il cuneo, la carrucola e largano. Questi dispositivi sono la base delle macchine pi complesse che si svilupparono nel corso dei secoli successivi. Tuttavia questo sviluppo fu lentissimo e lintroduzione delle macchine nelle industrie produttive fu trascurabile.Nella Grecia di et ellenistica si ha notizia di stabilimenti nei quali lavoravano molti schiavi e dove venivano prodotti coltelli, falci e parti di mobili. La grande produzione era prevalentemente a carattere artigianale domestico, e non si sentiva ancora la necessit della macchina come elemento sostitutivo del lavoro.

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noto che, con gli attuali vaccini anti-influenzali la copertura dura due-tre mesi: si spiega come, ad esempio, nellepidemia dellanno scorso che durata per un periodo di tempo pi prolungato rispetto a quello degli anni precedenti si siano avuti casi in cui linfluenza stata contratta due volte nella stessa annata o come, in alcuni casi, la malattia si sia manifestata in persone che in precedenza, ma assai anticipatamente, si erano sottoposti alla vaccinazione. Con questo nuovo vaccino si risolve anche il dubbio di quando vaccinare: utilizzandolo gi in settembreottobre, si ha una copertura che si estende fino a febbraio. La maggior durata dellimmunizzazione stata ottenuta nei laboratori della ditta americana Chiron dal dottor Rino Rappuoli, aggiungendo al vaccino tradizionale una nuova sostanza cosiddetta adiuvante, chiamata mf59, costituita da unemulsione di acqua e olio contenente squalene (un derivato del colesterolo) e due surfattanti. Con laggiunta di questo adiuvante il rilascio della sostanza avviene solo allinterno della cellula, potenziando quindi al massimo lattivit del vaccino. Comunque, o utilizzando questo tipo di vaccino (pi costoso di circa il 50% rispetto a quello classicamente in uso) o utilizzando quello tradizionale, che mantiene intatta tutta la sua efficacia, si sottolinea ancora una volta limportanza della vaccinazione, unica arma in nostro possesso per combattere linfluenza. Occorre tenere presente che in Italia questa malattia costituisce la terza causa di morte per patologie infettive e che, secondo i dati dellINPS, in media, ci sono nel nostro Paese, ogni anno, tre milioni e duecentomila lavoratori colpiti, con un costo per ogni caso di non meno di 600.000 lire. Anche per il prossimo inverno le previsioni non sono favorevoli, dato che circa il 20 per cento della popolazione ne verr colpito. Il vaccino utilizzato questanno costituito dai ceppi: A/Wuhan/359/95, A/Bayer/7/95, B/Beijing/184/93 e potr essere somministrato ad adulti e bambini oltre i 3 anni in una sola dose iniettata per via intramuscolare; per i bambini da 6 mesi a 3 anni prescritta met dose. A tutti coloro mai precedentemente vaccinati contro linfluenza (adulti e bambini) deve essere somministrata una seconda dose dopo 4-6 settimane. La vaccinazione anti-influenzale particolarmente raccomandata in quelle categorie di persone, adulti e bambini, in cui le eventuali complicanze dellinfluenza possono produrre gli effetti pi gravi e precisamente: soggetti con malattie croniche dellapparato respiratorio, come bronchiti croniche ed enfisema, asma bronchiale, bronchiectasie, mucoviscidosi, tubercolosi polmonare; soggetti con patologie renali croniche; soggetti diabetici; pazienti con deficienza immunitaria congenita o acquisita. La vaccinazione raccomandata anche ai pazienti che vivono in istituti nei quali lintroduzione dellinfezione potrebbe diffondersi rapidamente. La vaccinazione inoltre raccomandata, oltre che alle persone anziane, anche per quei soggetti che possono trasmettere il virus influenzale a soggetti ad alto rischio e al personale addetto a pubblici servizi di primario interesse con particolare riguardo, nel mondo della scuola, a insegnanti, personale amministrativo, bidelli.

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Lo scorso anno lEconomist ha pubblicato i dati fondamentali di una ricerca condotta in 170 Paesi relativamente a quello che potremmo chiamare lo stato di salute dei Paesi stessi. Sono interessanti le indicazioni che possiamo trarne per i quindici Stati che attualmente fanno parte dellUnione Europea. Sette Paesi, tra i quali lItalia, sono nella lista dei primi venti che presentano le economie pi forti. Sempre tra i primi venti, otto Paesi dellUnione fanno registrare il pi alto PIL pro-capite; in questo caso, lItalia occupa la diciannovesima posizione. Tra quelli che presentano gli indici pi alti di sviluppo umano, la cosiddetta qualit della vita, dodici Paesi dellUnione sono tra i primi venti. Dieci Paesi dellUnione Europea, sempre tra i primi venti, sono considerati i paesi leader nel commercio mondiale; lItalia in questo caso occupa la sesta posizione. Sette Paesi, con lItalia al quinto posto, sono compresi tra i primi venti con la pi alta produzione industriale. Le statistiche dellEconomist rilevano per che nella lista dei primi venti Paesi soltanto tre dellUnione Europea la Germania, la Svezia e la Danimarca hanno la percentuale maggiore di popolazione in forza lavoro. Anche i tassi relativi allandamento della disoccupazione negli ultimi dieci anni dimostrano una situazione di forte malessere nella quale versano quasi tutti i Paesi dellUnione Europea. Tra le sfide pi rilevanti che i Paesi, soprattutto quelli avanzati, devono oggi affrontare quella della disoccupazione ha, dunque, caratteri di crescente problematicit e drammaticit. Le statistiche ufficiali di Eurostat segnalano la persistenza di alti tassi di disoccupazione in tutti i Paesi dellUnione Europea, con un aumento degli stessi tassi nel periodo 1991-1995. Per lItalia si passati dall8,8 all11,9. Imponenti i dati riguardanti la disoccupazione delle persone con meno di 25 anni: si va dal 3,9 per il Lussemburgo al 31,9 per la Spagna, con il 21,6 per lIrlanda e il 18,6 per la Francia. LItalia al 29,2. Nonostante le varie misure adottate per aumentare loccupazione, questultima non si sviluppata; si sostiene che la possibilit di creare posti di lavoro stia in uneconomia europea pi flessibile e nelleliminazione o nella riduzione dei costi o dei rischi a carico delle imprese. Sta di fatto che la situazione complessiva non sembra migliorare, anche se si citano come eccezioni i casi dellIrlanda, della Gran Bretagna e dellOlanda dove i metodi della concertazione sociale, della flessibilit del mercato del lavoro, del risanamento dei conti pubblici hanno contribuito a contenere o ridurre la disoccupazione. Rispetto alle modificazioni che il mercato del lavoro sempre pi subir, alle innovazioni tecnologiche e alle trasformazioni del quadro dei bisogni formativi e dei profili professionali, occorre prestare attenzione a quella che la pi rilevante riforma strutturale che ha effetti anche sul mercato del lavoro: quella dellistruzione e della formazione. P. Flynn, Commissario europeo agli Affari Sociali e firmatario con E. Cresson del Libro Bianco Insegnare e Apprendere: verso la societ della conoscenza fa notare che entro 10 anni l80% della forza lavoro europea avr abbandonato per sempre ogni contatto con il sistema scolastico-universitario e non avr alcuna occasione di apprendimento e riqualificazione professionale. quindi nella formazione che lEuropa deve investire.

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Un grande popolo era alle prese con un inverno difficile. Immersa nella nebbia e nella malinconia, quel 1 gennaio 1947 Londra tremava dal freddo. Mai, forse, la capitale britannica aveva conosciuto un Capodanno tanto lugubre. In quel mattino festivo, erano rare le abitazioni in cui ci fosse acqua calda sufficiente a riempire una vasca da bagno, e ancora pi rari i londinesi che si svegliavano con lobbligatorio cerchio alla testa dopo una notte di bisboccia. Il poco whisky posto in vendita per le feste era andato a ruba al prezzo di otto sterline a bottiglia, poco pi di trentamila lire italiane attuali. Nelle vie deserte scivolavano pochissime automobili, fuggitivi fantasmi di una nazione priva di benzina. Intabarrati nei loro cappotti lisi e fuori moda dopo sei anni di guerra o in fruste uniformi smesse, pochi erano i passanti frettolosi, con la testa incassata e laria tetra. Quando pioveva, un odore particolare impregnava le strade, ed era il tanfo di marciume e di bruciato che emanava dalle rovine disseminate per tutta la citt. I dock e i quartieri attorno alla cattedrale di San Paolo erano ancora un cumulo di macerie, lugubri casematte di cemento continuavano a levarsi ad alcuni incroci, barriere di filo spinato costellavano i prati del Green Park. Tuttavia quella citt triste e martoriata era la capitale di un Paese vittorioso. Diciassette mesi prima, lInghilterra aveva trionfato nella pi spaventosa guerra della storia dellumanit. Leroismo del suo popolo, il suo coraggio nelle avversit e la sua indomabile tenacia le erano valsi lammirazione del mondo intero; adesso, per, stava pagando il prezzo esorbitante di quella vittoria.La sua industria era paralizzata, le casse vuote, pi di due milioni di inglesi erano disoccupati. Lanno che cominciava sarebbe stato lottavo vissuto in un regime di restrizioni draconiane. Quasi tutti i beni di consumo erano sottoposti a un severo razionamento: i generi alimentari, i combustibili, lalcool, la corrente elettrica, il vestiario, persino la celebre stout dei pub e le palle da cricket. Sui giornali si leggevano i consigli degli umoristi per riciclare la carta igienica. Cinghia e geloni era la nuova parola dordine del popolo che aveva abbattuto Hitler ostinandosi a formare con le dita la V della vittoria. Solo una famiglia su quindici era stata in grado di concedersi il lusso di un tacchino e, poich sui giocattoli gravava una tassa del cento per cento, moltissime calze di bambini appese al caminetto erano rimaste vuote. Molto spesso sugli scaffali e nelle vetrine dei negozi cerano cartelli che annunciavano lesaurimento di questa o di quella scorta. Terminati le patate, la legna, il carbone, le sigarette, la pancetta. La cupa realt con la quale quel mattino di Capodanno, lInghilterra si trovava a fare i conti, era stata perfettamente riassunta da unimpietosa frase del suo maggiore economista: Siamo un paese povero aveva detto Jonh Maynard Keynes ai suoi compatrioti e dobbiamo imparare a vivere di conseguenza.

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La guerra mondiale fece precipitare la crisi nella quale si dibatteva da tempo lImpero russo. Sarebbe naturalmente erroneo ritenere che il conflitto avesse in qualche misura determinato questa crisi; ma sarebbe altrettanto erroneo ritenere che esso abbia avuto una scarsa importanza nel determinare il collasso dellautocrazia zarista, responsabile di uno stato di arretratezza che si traduceva in una inferiorit tecnica e produttiva che era alla radice dei rovesci militari. I sintomi della debolezza dellImpero zarista si erano registrati nei primi anni del secolo in occasione della guerra russogiapponese: gi allora la negativa prova militare aveva avuto come contraccolpo uninsurrezione che aveva denunciato il profondo fossato che divideva lautocrazia del paese, ed aveva posto il problema di soddisfare non solo delle rivendicazioni di carattere sociale, ma anche delle fondamentali esigenze di natura politica. Un processo di industrializzazione era cominciato in Russia nellultimo ventennio dellOttocento. In connessione con linizio di questo processo, lintellettualit si era resa conto che levoluzione del paese non poteva essere frutto di azioni individuali sfocianti nel terrorismo, ma sarebbe stata frutto dellevoluzione dei rapporti economici, i quali tuttavia erano segnati da unintrinseca contraddizione, dal momento che nello stesso tempo in cui la politica economica si orientava verso lindustrializzazione, non si intendeva intaccare i rapporti di tipo precapitalistico esistenti nelle campagne. Il decollo industriale fu reso possibile dalladozione di una politica protezionistica, dalla compressione dei salari operai e dallancoraggio del rublo alloro, fattori che richiamarono in Russia capitali stranieri attratti dai profitti molto elevati che in tale contesto era possibile realizzare. Il settore che registr gli investimenti pi cospicui fu quello delle costruzioni ferroviarie: il suo sviluppo determin lincremento delle industrie estrattive del ferro e del carbone e la formazione duna industria metalmeccanica, mentre si ebbero considerevoli progressi anche nel settore tessile e in quello della produzione petrolifera nella zona transcaucasica. Lafflusso del capitale estero fu molto massiccio: esso nel 1890 costituiva 1/3 del capitale delle societ russe e nel 1900 addirittura il 50%. Lindustria russa nacque con un alto livello di concentrazione, che non fu per determinata da un processo di selezione operato dalla concorrenza e venne a creare un forte squilibrio tra poche regioni industrializzate e il resto del paese, nel quale rimasero pressoch intatti rapporti di produzione di tipo assolutamente arretrato. Questa situazione pose il problema dei rapporti tra un proletariato industriale, dotato, per la sua stessa concentrazione, duna notevole forza durto sociale e politico, e un mondo contadino in preda a una profonda miseria e dotato di istituzioni e strutture comunitarie passibili, in prospettiva, di sviluppo o di distruzione. Si affacci allora lidea che non esistesse uno schema unico di sviluppo che obbligasse tutti i paesi ad attraversare una fase capitalistica simile a quella che avevano attraversato i paesi industrializzati dellEuropa occidentale, e che la Russia sarebbe potuta arrivare al socialismo percorrendo una via diversa.I socialdemocratici russi tuttavia, con alla testa Plechanov, criticarono questa prospettiva e sostennero che il passaggio attraverso uno stadio di capitalismo sviluppato sarebbe stato inevitabile anche per la societ russa, e che quindi le forze veramente rivoluzionarie dovevano essere identificate nella borghesia liberale e nella classe operaia, mentre il proletariato doveva favorire la rivoluzione liberale borghese.

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Quando apr lo stabilimento di Highland Park, Henry Ford era ancora per lo pi un assemblatore. Acquistava motori e telai dai fratelli Dodge, quindi per completare ogni veicolo aggiungeva una miriade di articoli ordinati presso altre aziende. Entro il 1915, tuttavia, Ford aveva portato tutte queste attivit allinterno dello stabilimento ed era sulla buona strada verso lintegrazione verticale completa (ossia, fabbricare autonomamente tutto ci che inerente alle automobili, partendo dalle materie prime). Questevoluzione raggiunse la sua conclusione logica nel complesso di Rouge a Detroit, che apr nel 1931. Ford persegu lintegrazione verticale in parte perch aveva perfezionato le tecniche della produzione di massa prima dei suoi fornitori e poteva ottenere un considerevole risparmio sui costi facendo tutto da solo. Ma aveva anche altre ragioni, fra cui la sua particolare natura che lo rendeva profondamente diffidente nei confronti di tutti. Il motivo principale restava comunque il fatto che gli servivano pezzi con tolleranze pi ridotte e termini di consegna pi ravvicinati di quanto fosse pensabile fino ad allora. Limitarsi ad acquistare quanto era disponibile sul mercato, aveva riflettuto, sarebbe stato irto di difficolt. Il problema, come vedremo, fu che la totale integrazione verticale introdusse la burocrazia su scala cos vasta che provoc a sua volta altri problemi, non facilmente risolvibili. La dimensione del potenziale produttivo possibile, e necessario, del sistema di Ford si scontr con una difficolt organizzativa, questa volta causata da problemi di spedizione e dalle barriere commerciali. Ford desiderava produrre la vettura completa nello stesso posto e venderla al mondo intero. Ma i sistemi dellepoca non erano in grado di trasportare a basso costo immense quantit di automobili finite senza danneggiarle. Inoltre le politiche dei governi, oggi come allora, imponevano spesso barriere allimportazione di unit finite. Cos Ford decise di disegnare, progettare e produrre i pezzi a Detroit. Le automobili, invece, sarebbero state assemblate in localit lontane. Nel 1926, le automobili Ford venivano assemblate in pi di trentasei citt degli Stati Uniti e in diciannove paesi stranieri. Non pass molto tempo che questa soluzione cominci a incappare in un altro inconveniente. Il prodotto standard non era adatto indistintamente a tutti i mercati del mondo. Per esempio, per gli americani il modello T della Ford era unautomobile piccola, in particolare dopo che la scoperta del petrolio nel Texas aveva fatto crollare i prezzi della benzina rendendo economicamente fattibili lunghi viaggi in automobile. Al contrario, in Inghilterra e negli altri paesi europei, con le loro citt affollate e le strade strette, il modello T sembrava molto pi grande. In pi, non avendo trovato giacimenti di petrolio in patria, negli anni Venti gli europei cominciarono a gravare la benzina di pesanti imposte per scoraggiarne limportazione. Gli europei iniziarono ben presto a chiedere a gran voce unautomobile pi piccola di quella che Ford voleva vendere.Oltre a ci, massicci investimenti diretti nei paesi stranieri fomentavano il risentimento nei confronti del predominio di Ford sullindustria locale. In Inghilterra, per esempio, dove nel 1915 Ford era diventato il principale produttore di automobili, il suo pacifismo nella prima guerra mondiale fu denunciato apertamente e i dirigenti inglesi dellazienda riuscirono infine a convincere Detroit a offrire una cospicua partecipazione di minoranza agli inglesi per smorzarne lostilit. Ford incontr barriere in Germania e Francia anche dopo la prima guerra mondiale. Le imposte sui pezzi e sui veicoli finiti continuavano ad aumentare. Cos per gli inizi degli anni Trenta Ford aveva creato tre impianti produttivi totalmente integrati in Inghilterra, Germania e Francia. Queste aziende fabbricavano prodotti speciali secondo i gusti nazionali ed erano gestite da dirigenti del posto che cercavano di minimizzare le ingerenze di Detroit.

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Il comico stato a lungo considerato come un genere minore, adatto al massimo per i bambini e per le persone meno colte e quindi non degno di essere preso seriamente in considerazione. E questi pregiudizi non sono scomparsi del tutto nemmeno ai nostri giorni, nonostante il fatto che, per esempio, uno scritore come Giovanni Boccaccio sia considerato uno dei padri fondatori della nostra letteratura. Comico, in generale, tutto ci che fa ridere. E anche se i meccanismi da cui nasce il riso sono molto diversi tra loro, possiamo individuarne di tre tipi fondamentali: quelli relativi alle situazioni raccontate (per esempio un tizio che scivola su una buccia di banana); quelli relativi al linguaggio utilizzato (come i giochi di parole); e infine quelli che dipendono dalla relazione tra linguaggio e situazioni (come nel caso di un picnic che venga raccontato utilizzando il gergo militare). Il primo caso di situazione comica appunto quello delle torte in faccia, delluomo che scivola sulla buccia di banana, e di tutte quelle situazioni che fanno ridere perch ci colgono alla sprovvista e costituiscono una sorpresa. Questo, per lo meno, il motivo per cui ridiamo la prima volta, perch visto che si tratta di situazioni del tutto prevedibili impariamo ben presto a riconoscerle in anticipo. A partire da quel momento, quindi, a farci ridere il fatto che sia il personaggio a essere preso alla sprovvista, mentre noi abbiamo gi capito cosa gli succeder. Un altro caso quello di situazioni quali lo scambio di persona, in cui il malinteso fa s che dalle azioni di un personaggio proprio perch viene scambiato con un altro scaturiscano negli altri delle reazioni spropositate e non pertinenti. E anche in questo caso ridiamo per via della nostra posizione di superiorit, vale a dire perch sappiamo benissimo chi sia realmente quel personaggio. Un ulteriore meccanismo quello dellesagerazione, che consiste nel gonfiare i fatti a tal punto da renderli del tutto inverosimili, sproporzionati rispetto alla norma e spesso anche rispetto ai limiti naturali delle cose. E infine, cos come ci sono situazioni comiche, ci sono anche personaggi comici, come quello di chi qualsiasi cosa faccia combina immancabilmente un pasticcio. I meccanismi del comico relativi al linguaggio sono invece i giochi di parole, i doppi sensi, i paradossi ecc. Se qualcuno dice: Mio nonno cadde durante la prima guerra mondiale, poi si rialz e cominci a scappare, fa un gioco di parole, che funziona grazie al fatto che in un primo tempo crediamo che il verbo cadere significhi morire in battaglia, mentre in seguito scopriamo che significa finire per terra. Se consideriamo la famosa storiella di Woody Allen che racconta di essere andato a pesca di tonni e di averne pescate quattro scatolette, abbiamo un paradosso, vale a dire una frase che non pu essere presa nel suo significato letterale. I meccanismi che dipendono dalla relazione tra linguaggio e situazioni, infine, consistono nel contrasto fra gli eventi e lo stile con cui vengono raccontati, e sono essenzialmente di due tipi: linnalzamento, che consiste nellutilizzare un linguaggio altisonante per raccontare banalit che accadono a persone qualunque, e labbassamento, che consta, allopposto, nellutilizzare un linguaggio popolare per raccontare eventi di grande importanza che accadono a eroi e a personaggi valorosi.Unultima considerazione: il contrasto su cui il comico si basa ha la funzione di fare riflettere sulla differenza tra le realt e le apparenze, sul funzionamento del linguaggio e sul fatto che basta vedere le cose da un altro punto di vista per scoprire in esse dei nuovi aspetti. Anche il comico, quindi, una cosa seria.

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Galileo fin dai primi anni del suo insegnamento padovano, divenne un convinto copernicano, ma tenne dapprima celato il suo pensiero poich come scrisse in una lettera a Keplero mi spaventa la sorte del nostro maestro Copernico diventato oggetto di riso e di scherno. Le sue scoperte astronomiche del 1610 gli fornirono nuovi e pi probanti argomenti a favore della teoria copernicana. Infatti, per esempio, lesistenza dei satelliti di Giove era una prova che nel cosmo si trovano pi centri di rotazione. Le opere pi squisitamente copernicane di Galileo furono: il Dialogo sopra i due massimi sistemi (1632) e i Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (1638). In questi scritti egli smantella i principi della fisica aristotelica: i gravi cadono tanto pi velocemente quanto pi sono pesanti; per conservare il moto e la velocit di un corpo necessaria lazione costante di una forza motrice. Questi principi erano stati ricavati da una falsa generalizzazione fondata sullosservazione di alcuni fenomeni quotidiani male interpretati. Ma lopera di Galileo grande sia nella polemica distruttrice sia nel pensiero costruttivo. Egli infatti pone le basi di una nuova dinamica e ne enuncia alcune leggi, anche se queste vengono formulate per un particolare campo di forze, quello della gravit terrestre. In questo campo a lui si devono le seguenti scoperte: la legge di caduta dei gravi e il moto parabolico dei proietti; il principio di inerzia da lui formulato nella sua accezione parziale inerente al piano orizzontale terrestre e il principio di relativit, che gli serve per una stringente critica alle pi ricorrenti obiezioni formulate contro il movimento della Terra. Fra queste ricorderemo il disaccordo apparente fra il movimento della Terra e uno dei fenomeni pi comunemente osservati: quello della caduta verticale dei gravi lanciati verso lalto. Infatti, obiettavano gli oppositori di Copernico, se la Terra si muove, il grave dovrebbe ricadere a occidente dal punto di lancio, poich essa si sarebbe spostata contemporaneamente verso oriente. Egli invece non dar alcuna risposta al problema delle cause del moto circolare dei pianeti, considerando tale moto naturale. Fu Keplero ad affrontare in forma rudimentale tale problema e a spodestare il predominio del moto circolare introducendo quello ellittico, che ripugnava allideale platonico di perfezione, e stabilendo le leggi del moto dei pianeti intorno al Sole. Spetta a Newton la gloria di avere realizzato una prima vasta sintesi in cui fisica, matematica e astronomia si collegano in un sistema coerente e unitario, nel quale i concetti di spazio, tempo, materia, forza e gravitazione universale vengono precisati e si inseriscono in una concezione razionale della natura e delluniverso. Legati a questa concezione e anche ad alcune vedute teologiche di Newton sono i concetti di tempo e di spazio, considerati assoluti e indipendenti sia dalluomo come dai fenomeni. Per Newton, il tempo assoluto, vero, matematico, in s e per sua natura senza relazione ad alcunch di esterno e rimane sempre uguale e immobile. Questa concezione dello spazio e del tempo muter solo con la relativit di Einstein. Lopera fondamentale di Newton, i Principi matematici di filosofia naturale (1687), pu essere considerata il primo trattato di meccanica razionale, nel quale, partendo da alcuni assiomi, che ancora oggi in larga parte sono alla base dellinsegnamento elementare, si deducono per via matematica tutte le leggi che regolano una molteplicit di fenomeni. Certo, senza Keplero e le sue tre famose leggi, Newton non sarebbe giunto a enunciare la legge della gravitazione universale, come, senza lopera di Galileo, non avrebbe potuto formulare i principi della dinamica. Del resto, egli stesso ebbe a dichiarare: Sono un nano che poggia sulle spalle di giganti.

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La Francia della prima met del 1600 era lontana dal formare un insieme omogeneo sotto le stesse leggi e la stessa amministrazione. La monarchia si reggeva su una serie di contratti con gruppi sociali, gruppi economici, istituzioni ecclesiastiche. Molte province avevano un loro parlamento con il potere di approvare o meno lentit delle imposte da pagare al sovrano. N vi era una sola giustizia, giacch restavano ancora una sessantina di diritti consuetudinari. La vendita degli uffici pubblici, divenuti ereditari nel 1601-1602 dietro pagamento di una somma annua chiamata paulette, aveva concentrato nelle mani dei privati le funzioni di giudici e ripartitori delle imposte. Da circa quattro secoli i sovrani capetingi avevano cercato di uniformare la legislazione e le consuetudini, di ridurre allobbedienza citt, province, sudditi. In particolare, lobiettivo fondamentale della politica di Luigi XIII (1610-1643) e di Luigi XIV (1643-1715) fu quello di organizzare uno Stato centralizzato ed efficiente; ma la piena attuazione di questo complesso programma si sarebbe realizzata solo con la rivoluzione del 1789 e con Napoleone. Luigi XIII si avvalse della collaborazione, in qualit di primo ministro, del cardinale Richelieu, il quale cerc di abbattere tutti gli ostacoli che si frapponevano allesercizio di un potere monarchico assoluto. La sua politica di graduali riforme e nuove iniziative in campo economico dovette per passare al secondo posto rispetto al problema della sicurezza del regno, minacciato dalla potenza asburgica. In vista di un conflitto con gli Asburgo, due erano i problemi da affrontare: quello finanziario e quello dellunit nazionale. Perci i parlamenti delle province vennero privati della prerogativa di bloccare la raccolta di fondi per la guerra e furono ridotti alla semplice funzione giudiziaria; in tal modo, alle province venne sottratto contemporaneamente lo strumento fondamentale della loro autonomia rispetto al governo centrale. Un altro grave colpo fu inferto agli ufficiali addetti alla riscossione delle imposte, ai quali vennero affiancati con lo scopo di sostituirli gradualmente dei commissari regi, gli intendenti, con il compito di ripartire in modo pi equo il carico fiscale. Questi provvedimenti attuavano una vera e propria rivoluzione, che colpiva soprattutto la classe borghese detentrice degli uffici. Alla morte di Richelieu (1642) il Paese aveva ampliato i suoi territori a spese dellImpero asburgico con lacquisto dellAlsazia, del Rossiglione e dellArtois, e la monarchia aveva rafforzato il proprio potere, senza avere tuttavia eliminato le resistenze interne. Nel periodo 1648-52 essa dovette sostenere una breve ma violenta guerra civile per respingere, prima, lattacco dei parlamenti e della nobilt di ufficio e di toga, diretto a limitare il potere del re (Fronda parlamentare), e poi la rivolta dei principi (Fronda dei principi). Il cardinale Mazzarino che aveva preso il posto di Richelieu, riusc a battere lopposizione armata, ma il Paese rimase stremato. Alla morte di Mazzarino (1661) Luigi XIV non volle pi accanto a s primi ministri troppo violenti e per oltre cinquantanni il Paese fu dominato dalla sua volont centralizzatrice. La parte essenziale della sua opera fu pensata e decisa nel giro di un decennio (dal 1661 al 1672), periodo che corrispose a una politica di pace verso lesterno. Dopo il 1672 la nuova macchina statale aliment invece una politica di guerra, che rese pressoch vane le conquiste economiche di quel decennio. Molto del merito di quellopera fu di Jean Baptiste Colbert, che, con la qualifica di Controllore generale delle Finanze, ebbe in mano tutta la vita economica del Paese, dallamministrazione finanziaria allagricoltura, dallindustria ai lavori pubblici, al commercio.

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Sullorigine della vita dal mondo inorganico si discusso interminabilmente, e tuttora si discute. Ma i dati sperimentali di cui dispone la biologia moderna sono tali da far ritenere che la soluzione di questo problema appaia oggi meno vaga di quanto non lo fosse una cinquantina di anni or sono. In antico si riteneva possibile che da sostanze inorganiche o da sostanze organiche in decomposizione si originassero animali, come mosche, anguille, rane, topi. J. B. Van Helmont, nel secolo XVII, affermava che basta lasciare alcuni stracci vecchi e sudici in una soffitta, perch da questi nascano topi. La generazione spontanea era pacificamente ammessa da filosofi e naturalisti. Il primo a porsi il problema in termini scientifici fu il celebre medico e poeta aretino Francesco Redi, che si propose di risolvere la questione mediante lesperimento. Prese carni di diverse specie, le lasci andare in putrefazione, e vide che dopo un certo tempo da esse nascevano mosche. Immagin allora lesperimento di porre le carni entro vasi di vetro la cui apertura fosse chiusa con carta strettamente aderente, e constat che in questi vasi mai singenerano mosche. Ripetute infinite volte le esperienze, il Redi, nella sua celebre opera Esperienze intorno alla generazione degli insetti pot concludere che le mosche nascono dalla carne putrefatta soltanto quando altre mosche vi abbiano precedentemente deposto le uova. I sostenitori della generazione spontanea opposero argomentazioni ed esperimenti: tutti fallaci. Il padre gesuita Athanasius Kircher, per esempio, diede la seguente ricetta per far nascere le rane: prendi la polvere della melma di quelle paludi dove le rane avevano fatto i nidi, impastala con acqua piovana, e nelle mattine di estate mettila ad un tepido calore di sole, innaffiala con acqua piovana e vedrai formarsi certe bolle che si trasformeranno in ranuzze bianche. Il Redi dichiar di non aver mai avuto lonore di veder riuscire questi esperimenti, ancorch lavesse reiteratamente provati. Le osservazioni e le conclusioni negative del Redi furono poi confermate ed estese da altri naturalisti e specialmente da A. Vallisnieri. Verso la met del Settecento quasi tutti i naturalisti erano ormai convinti della inesistenza della generazione spontanea delle rane, dei vermi, degli insetti. Ma di recente erano stati scoperti altri organismi minutissimi, visibili soltanto al microscopio, che si sviluppano prodigiosamente nelle infusioni di sostanze organiche in acqua. Per questa ragione furono chiamati Infusori, nome che loro rimasto: oggi sono classificati fra gli esseri unicellulari, o Protozoi. Si pens che questi organismi microscopici si originassero per spontanea aggregazione delle particelle organiche che si distaccano dalle erbe, o altre sostanze messe in infusione. Questa ipotesi fu sostenuta in base a osservazioni ed esperimentisbagliatidallinglese J. T. Needham e il Buffon vi costru sopra una teoria. Il grande biologo Lazzaro Spallanzani, poco persuaso della verit dei fatti asseriti dal Needham, istitu esperimenti accurati e giunse alla conclusione che se si portano a temperatura elevata le infusioni, i recipienti che le contengono e laria che giunge a contatto del liquido, esse non dnno origine ad alcun infusorio. Questi animalcoli nascono soltanto da microscopici germi preesistenti: se questi vengono distrutti col calore, le infusioni rimangono sterili. Queste ricerche furono oggettocome gi un secolo prima quelle del Redidi vivace polemica: ma le conclusioni erano giuste, e infine tutti furono costretti ad accettarle. La disputa rinacque ancora una volta a distanza di un secolo, a proposito dei batteri. L. Pasteur, con lo stesso metodo usato da Spallanzani, dimostr che anche i batteri si originano da germi piccolissimi, presenti nel pulviscolo atmosferico, e che, a loro volta, provengono da altri batteri. Essi possono venire uccisi col calore o con altri mezzi, e allora il brodo di cultura rimane sterile.

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Tutti noi siamo convinti di saper distinguere immediatamente e senza ambiguit, tra vari oggetti, quelli naturali e quelli artificiali: una roccia, una montagna, un fiume o una nube sono oggetti naturali; un coltello, un fazzoletto, unautomobile sono oggetti artificiali. Ma appena si analizzano tali giudizi ci si accorge che essi non sono n immediati n del tutto obiettivi. Sappiamo che il coltello stato forgiato dalluomo per un uso, per una prestazione progettata in precedenza. Loggetto materializza quindi lintenzione preesistente da cui ha tratto origine e la sua forma giustificata dalla prestazione a cui era destinato ancor prima della sua effettiva realizzazione. Nulla di simile per il fiume o per la roccia che sappiamo o pensiamo modellati dal libero gioco di forze fisiche alle quali non sapremmo attribuire alcun progetto. Tutto ci naturalmente valido se si ammette il postulato fondamentale del metodo scientifico secondo cui la Natura oggettiva e non proiettiva.

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La metacognizione la consapevolezza che lindividuo ha dei processi cognitivi, e che si manifesta sia nella conoscenza delle operazioni e dei procedimenti di cui fa uso, sia nella capacit di osservarsi mentre si esegue un compito, ponendolo sotto controllo. Grazie allattivit metacognitiva, il soggetto in grado di riconoscere che cosa sta facendo, interviene per scegliere la strategia pi adatta in ogni fase del compito, ne controlla lapplicazione, verifica se i risultati sono soddisfacenti e se il lavoro pu ritenersi concluso, e cos via. Varie ricerche sperimentali hanno dimostrato che nellesecuzione delle attivit complesse riescono meglio quei soggetti che impiegano pi tempo nelle fasi di riflessione e di controllo e, relativamente, un tempo minore in quelle di esecuzione. Gli apprendimenti innescati con largo impiego di capacit metacognitive sarebbero, inoltre, pi duraturi. Per quanto riguarda in particolare la scrittura, molti sostengono che prendere coscienza dei propri processi cognitivi sarebbe una base importante per lo sviluppo di una competenza matura. Gli studenti, difatti, assumerebbero un ruolo pi attivo e motivato nelle attivit di composizione e, soprattutto, il loro sforzo per acquisire strategie pi complesse acquisterebbe un significato grazie alla consapevolezza degli obiettivi cognitivi che si propongono, delle potenzialit delle strategie che ancora non padroneggiano e dei progressi via via realizzati. Si pu concludere, di qui, che non sufficiente che gli studenti imparino a usare delle tecniche. Occorre, anche, che ne divengano coscienti e acquisiscano la conoscenza del processo di composizione nelle sue varie componenti, cos da essere in grado di governarlo. La scrittura non infatti unattivit compatta e indivisibile, ma unazione complessa che coinvolge una pluralit di operazioni: costituisce un processo. Lidea che essa comprenda pi fasi risale tuttavia alla retorica classica, che distingueva, come noto, cinque stadi operativi: linventio (reperimento delle idee e dei dati), la dispositio (organizzazione e ordinamento dei materiali in funzione dello sviluppo del discorso), lelocutio (messa a punto verbale), la memoria (memorizzazione del discorso) e lactio (esecuzione conclusiva). Di questi cinque stadi, solo i primi tre interessano direttamente la composizione. Gli ultimi due, infatti, sono riferiti allesecuzione del testo, destinato a una pubblica performance orale nelle assemblee politiche o giudiziarie. Nel quadro di tale impostazione si collocano anche le proposte, pi recenti, della manualistica neo-retorica, diffusa soprattutto in ambiente anglo-americano. Il modello classico viene qui per ulteriormente articolato, con lattribuzione di uno spazio specifico allattivit di revisione del testo prodotto. Questa concezione tradizionale alla base di tutte le elaborazioni successive, che si propongono tuttavia di superarne la staticit. Nellimpianto retorico vi lidea infatti che le diverse attivit implicate nello scrivere si susseguano in modo rigidamente lineare, e che ciascuna di esse rappresenti un momento chiuso del processo complessivo. Chi scrive, invece, non segue una sequenza di tipo rigorosamente progressivo, ma si muove con una certa libert da uno stadio allaltro, torna su stadi precedenti, anticipa stadi successivi. Per esempio, dopo aver preparato la scaletta ed aver dato inizio alla stesura del testo, pu avere dei ripensamenti e modificare di conseguenza il piano precedentemente elaborato. Oppure, durante la fase di revisione, pu cogliere un vuoto informativo e retrocedere alla ricerca di dati e idee. Le operazioni di scrittura, insomma, non vengono affrontate in sequenza lineare, ma piuttosto in maniera ricorsiva. Oggi si preferisce perci considerare la composizione come un processo costituito di sotto-processi, ognuno dei quali si distingue per un compito specifico che viene affrontato (ad esempio elaborare idee, pianificare, revisionare ), ma non vincolato a una posizione rigida in una sequenza di atti scritturali. Chi scrive spezza lazione complessiva in sotto-azioni, per ridurre la complessit del compito, ma si muove in modo elastico e flessibile fra le diverse componenti operative, coordinandole mediante un sistema di regolazione che gli permette di tenere sotto controllo linsieme dellattivit.

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Dennis Charles, responsabile dellufficio acquisti di una grande azienda americana, famoso per le sue strategie commerciali un po fuori del comune: per stabilire i budget da destinare ai vari settori di vendita non fa affidamento su proiezioni economiche, demografiche o di marketing, ma usa i dati diffusi dagli enti che si occupano di previsioni meteorologiche a lungo termine. In base alle informazioni cos ottenute stabilisce, per esempio, quanti ventilatori o condizionatori ordinare in vista dei mesi estivi senza correre il rischio di avere giacenze di magazzino. E, a quanto dice, la sua tattica si rivelata vincente nella maggioranza dei casi. Del resto, la storia insegna che la vita dei popoli sempre stata strettamente legata alle condizioni climatiche. Il biblico esodo degli ebrei verso la Palestina fu determinato tra laltro dalla grande siccit che, intorno al 1300 a.C., colp la zona del Nilo. Nel 1450 in Groenlandia tutti gli abitanti morirono a causa delleccessiva rigidit del clima, ma se ne ebbe notizia solo cinquanta anni dopo perch lisola rimase a lungo circondata da unenorme barriera di ghiaccio che impediva di raggiungerla. Ma qual lefficacia delle previsioni meteorologiche? Dipende da quella che in termini scientifici si chiama validit della previsione, spiega Antonio Ghezzi, esperto di climatologia dellOsservatorio Meteorologico di Milano Duomo. Le previsioni a breve termine, cio fino a 18-24 ore, hanno una percentuale di successo pari al 95%. Quelle a medio termine, su un periodo compreso tra 24 e 72 ore, ci danno unidea dellevoluzione generale della situazione atmosferica, per quel che riguarda in particolare la temperatura ed eventuali precipitazioni. Infine, le cosiddette previsioni a lungo termine, cio fino a 168 ore, ci dicono solo la tendenza di singoli parametri, quali appunto la temperatura e le precipitazioni. E superate le 168 ore? Oltre questi termini si passa alle cosiddette previsioni climatologiche, distinguibili, a loro volta, in tre categorie: a breve termine, riferite a periodi da 10 a 30 giorni; a medio termine, stagionali o annuali; a lungo termine, ovvero pluriennali o addirittura secolari. Comunque queste previsioni ci forniscono soltanto stime di massima, cio non sono in grado di stabilire se un determinato giorno ci sar il sole o piover. Ovvio che la loro attendibilit diminuisca con laumentare del periodo temporale preso in considerazione. In ogni caso, i meteorologi hanno obiettivi molto ambiziosi: la ricerca sta gi esplorando nuove strade per ottenere previsioni certe su scala stagionale. Lottimismo degli scienziati in questo campo si basa essenzialmente su tre fattori: il costante miglioramento nella comprensione dei processi chimico-fisici che regolano latmosfera, la continua evoluzione dei modelli matematici che simulano gli eventi climatici a partire dai dati forniti dalle stazioni meteorologiche sparse in tutto il mondo e il crescente progresso nel campo della tecnologia dei satelliti destinati alle osservazioni ambientali del pianeta. Occorre sottolineare che negli ultimi anni in tutto il mondo si verificano sempre pi frequentemente eventi meteorologici che sembrano sfuggire al controllo dei ricercatori. Basta ricordare la nevicata avvenuta a Milano il 17 aprile 1991. Quellepisodio, spiega Ghezzi, fu effettivamente imprevedibile. Fu provocato da un improvviso afflusso di aria artica, probabilmente proveniente dalla Groenlandia, che in sole 3 ore e mezza provoc un abbassamento di temperatura pari a 16,5 gradi centigradi. Un evento con caratteri estremi, ma inquadrabile nella normale variabilit climatica o unindicazione del fatto che latmosfera del nostro pianeta sta cambiando?Nella comunit scientifica molti sono ormai convinti che il clima del nostro pianeta stia attraversando una fase di forte instabilit afferma Ghezzi, come se la terra fosse sotto stress e, purtroppo, il quadro generale lascia supporre che eventi meteorologici anomali si ripeteranno sempre pi spesso che nel passato.

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Alla fine degli anni sessanta, allimmobilit del governo si erano aggiunti gli scandali provocati dalla corruzione di una classe politica da troppo tempo al potere. Immobilit e scandali avevano intaccato poco limmagine e il potere della classe politica, mentre la situazione sociale era radicalmente cambiata: gli italiani ormai sapevano che le riforme di cui il centrosinistra si era riempito la bocca per quasi un decennio non sarebbero arrivate, e intanto il miracolo economico si stava spegnendo senza nuove prospettive. La gente doveva adeguarsi, cercando da sola le soluzioni che la politica era incapace o disinteressata a dare. Per stava avvenendo qualcosa: la riforma della scuola aveva portato allistruzione di massa ma aveva abbandonato unenorme quantit di studenti a programmi, strutture e docenti che non potevano e soprattutto non volevano prendere atto del cambiamento. Se le difficolt erano gravi nelle scuole medie e superiori, diventavano gravissime alluniversit, a cui, dopo la riforma, poteva accedere chiunque avesse frequentato una qualsiasi scuola superiore. Nel quinquennio 1962-1967 gli studenti universitari raddoppiarono superando il mezzo milione: ununiversit pensata per poco pi di 125.000 non poteva reggere limpatto. Solo i professori avrebbero potuto e dovuto fare qualcosa, rivolgendosi ai politici responsabili di un simile squilibrio. Se non era una strada facile, era lunica seria e possibile, ma per i docenti mettere in discussione il sistema universitario avrebbe significato rivedere la legislazione che regolava il loro rapporto di lavoro. Per un salario medio-alto e unottima posizione bastavano 52 ore allanno di presenza: troppe, perch la maggior parte dei docenti era occupata anche in altri impegni professionali, pubblici o privati, comunque pi lucrosi. I professori rovesciarono cos la responsabilit di tutto sugli studenti. Dopo la riforma i docenti divennero non solo pi autoritari e sfuggenti, ma trasformarono il momento dellesame da meccanismo per la valutazione in strumento per risolvere il sovraffollamento, in una farsa in cui lautoritarismo dei metodi e il soggettivismo dei giudizi erano spinti alleccesso, rendendo gli esami insuperabili specialmente per i pi deboli e i pi poveri, che spesso erano anche i pi volenterosi e desiderosi di promozione sociale, gli studenti-lavoratori. Fin dallinizio lo Stato si era reso conto della situazione e aveva trovato un pessimo rimedio per una cattiva legge: non fissare un limite di tempo per raggiungere la laurea, come avveniva in quasi tutti i paesi occidentali. Studenti demotivati e fuori corso contrapposti a professori assenti e non disposti ad accettare la nuova realt divennero la regola di ununiversit senza regole, in luogo dove si premiavano non i migliori ma i pi abbienti. Inoltre la laurea non garantiva a nessuno di inserirsi in un mercato del lavoro difficilissimo che, per la maggiore offerta di diplomato o laureati e la congiuntura economica sfavorevole, era governato dalla politica. Tutto ci, infatti, avvenne quando le contraddizioni basilari e lipocrisia dellintero sistema economico e politico, alla fine del Boom, erano ancora pi evidenti.La maggioranza degli studenti poteva ritrovarsi ed esprimere la propria frustrazione soltanto alluniversit, dove era cresciuta e dove trasferiva le sue amare esperienze. Per la prima volta nella storia italiana, luniversit si trasformava da luogo di formazione della classe dirigente a luogo di critica del sistema e dei partiti, sia quelli che lavevano prodotto, sia quelli che non erano stati in grado di trovare unalternativa. Gli studenti cominciarono a pensarsi non pi come protagonisti della societ futura ma come oggetti di uno scambio incontrollabile da loro, merce intellettuale venduta e comprata da un sistema in cui non si riconoscevano.

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Con la partenza di molti inglesi durante la guerra dei CentAnni e di numerosi tedeschi al momento del Grande Scisma, lUniversit di Parigi tendeva a reclutare personale francese. Dal tempo del regno di Filippo il Bello, almeno, essa occupava un posto politico di primo piano. Carlo V la chiamer la figlia maggiore del Re. Essa ufficialmente rappresentata nei concili nazionali della Chiesa di Francia e nelle assemblee degli Stati Generali. La sua mediazione sar chiesta nel momento della lotta tra tienne Marcel e i parigini da una parte e la corte dallaltra, e al momento dellinsurrezione dei Mollotiens; essa sar uno dei firmatari del Trattato di Troyes. Il suo prestigio immenso. Questo prestigio non le viene soltanto dai suoi membri effettivamente discenti o docenti, ma da tutti i maestri che occupano in Francia e allestero posti di grande importanza e che hanno mantenuto con essa legami assai stretti. Tuttavia essa resta legata al papato, tanto pi che i papi di Avignone, tutti francesi, la favoriscono notevolmente. Essi la legano a s per via di donazioni sempre pi imponenti. Ormai ogni anno parte, diretto alla Corte di Avignone, un ruolino contenente i nomi dei maestri per i quali lUniversit chiede al papa di attribuire rendite o titoli per assegnazione dei benefici ecclesiastici. Se essa la figlia primogenita del re di Francia altres la prima scuola della Chiesa e occupa un posto di arbitrio internazionale in materia teologica. Lo scisma turb questo equilibrio. Da principio lUniversit opt per il papa di Avignone poi, stanca delle sempre maggiori esazioni del papato e preoccupata di ristabilire lunit della Chiesa, essa fece s che il re di Francia lo abbandonasse, sia pure momentaneamente, e reclam senza sosta che venisse adunato un concilio per metter fine allo scisma con abdicazione dei pontefici rivali. Nello stesso tempo essa diveniva il campione della superiorit del concilio rispetto al papa e dellindipendenza relativa della Chiesa nazionale nei riguardi della Santa Sede, del gallicanesimo. Le agitazioni, da cui fu caratterizzato il regno di Carlo VI, culminarono con la rivoluzione della fazione borgognona, detta dei cabochiens, dal nome del suo capo, il beccaio Caboche, scoppiata a Parigi e determinarono la spartizione del paese tra inglesi e francesi. Parigi era la capitale del re inglese. certo che lUniversit non abbracci subito n tutta intera il partito borgognone. Il duca di Borgogna si appoggiava sugli ordini mendicanti cui lUniversit era tradizionalmente avversa. Essa aveva condannato e perseguitava Jean Petit, che aveva fatto lapologia dellassassinio del duca dOrlans. Al momento della conquista inglese molti dei maestri abbandonarono Parigi e formarono lossatura amministrativa del regno di Bourges e popolarono la nuova Universit di Poitiers.Quelli che erano rimasti a Parigi, dopo essersi accostati ai borgognoni, si sottomisero alla volont degli inglesi. Il pi famoso episodio di questo periodo inglese dellUniversit di Parigi lazione che essa condusse contro Giovanna dArco. Manifestando a Giovanna la propria ostilit essa faceva soltanto ci che piaceva al suo padrone straniero. Essa seguiva anche lopinione popolare che era molto ostile alla Pulzella, come testimonia, tra gli altri, il Bourgeois de Paris, e mostrava inoltre sino a che punto questi intellettuali imbevuti della propria importanza fossero incapaci a liberarsi della loro alterigia di dotti dinanzi alla gloriosa ingenuit, alla candida ignoranza di Giovanna. Si sa che lUniversit diresse il processo contro la Pulzella e annunci la sua condanna al re dInghilterra con una non dissimulata soddisfazione.

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Alcuni economisti negli anni settanta ritenevano che, con il trascorrere del tempo, il divario esistente tra il mondo economicamente sviluppato e quello sottosviluppato fosse destinato a ridursi. Il motivo fondamentale risiedeva nella considerazione che i Paesi poveri, caratterizzati dalla presenza di manodopera a basso costo, avrebbero attirato i capitali stranieri mediante i quali iniziare una fase di ammodernamento e di progresso. Queste previsioni si sono per dimostrate errate ed il differenziale di benessere non accenna a diminuire, anzi: dal secondo dopoguerra ad oggi esso ha registrato incrementi pressoch ininterrotti e continua ad aumentare, nonostante in questi ultimi anni alcuni Paesi una volta poveri abbiano dimostrato incredibili capacit di sviluppo e stiano diventando nazioni industrializzate e moderne a tutti gli effetti. Il problema delle aree nelle quali regna la miseria la necessit di investimenti ingentissimi, senza i quali non pensabile un ribaltamento della situazione. Ora, se questi Paesi non possono contare su entrate dovute alla cessione di risorse interne (es. materie prime), peraltro in genere estremamente soggette alla fluttuazione delle quotazioni, dipendono totalmente dalle politiche di investimento di altri Paesi e quindi, poich non esiste una programmazione di interventi concertata in maniera tale da soddisfare la loro necessit di investimenti, da variabili assolutamente incontrollabili. Alcuni casi hanno per dimostrato che una politica di riforme economiche, anti-inflattiva e di apertura ai capitali stranieri in un regime di agevolazioni fiscali per le attivit produttive possono, se non risolvere tutti i problemi, porre le basi per lo sviluppo; tutto ci fermo restando il fatto che il basso costo della manodopera un requisito essenziale.

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Mama o non mama? Milioni di romantici innamorati cercano una risposta, forse illusoria, sfogliando disciplinatamente la regolamentare margherita; ed motivo di meraviglia che esistano ancora margherite con i petali tutti al loro posto, stante il numero elevato degli innamorati e stante il fatto che in amore le certezze sono davvero poche. Ma se negli affari di cuore ogni cosa appare sfuggente, incerta, contraddittoria, possiamo almeno consolarci al pensiero che in altri campi ci sono sicurezze assolute e indiscutibili? Se ci pensiamo bene, dobbiamo riconoscere che le situazioni che consentono di mettere tranquillamente la mano sul fuoco sono meno di quanto si potrebbe credere a prima vista. Nel giorno di ferragosto a Roma, far caldo? Quasi certamente s. Lanciando 100 volte una moneta verr sempre testa? Quasi certamente no. Per... per c pur sempre un quasi che ci separa dalla certezza, perfino davanti a eventi piuttosto scontati! La verit fastidiosa, ma inesorabile che nella vita molto raro che si possa essere proprio certi di qualcosa. Ci non toglie che noi tutti saggiamente rifiutiamo di farci paralizzare dal margine di incertezza che insito nelle cose, e scommettiamo sul verificarsi di certi eventi: i romani prenotano alberghi in localit di mare o di montagna per il ferragosto, i giocatori puntano sul fatto che il numero di teste e di croci, in 100 lanci, sia pi o meno equilibrato. Insomma, pur consapevoli dellesistenza di un margine di rischio, non ci tiriamo indietro e operiamo scelte in condizioni di incertezza. Le decisioni che prendiamo nelle numerosissime situazioni in cui disponiamo di una quantit di informazioni non sufficiente per avere la certezza del verificarsi o meno di un evento sono guidate da una valutazione probabilistica. Per millenni tale valutazione anche nei casi pi semplici stata condotta a occhio, sulla base di ragionamenti informali o di esperienze non quantificate. Ad esempio, labitante di una popolosa citt dove ogni anno, attraverso un sorteggio, venivano scelti i dieci cittadini tenuti a sacrificare ciascuno un vitello alla divinit locale, avrebbe potuto giudicare tale usanza molto nobile e pia, nella (fondata) speranza che nel corso della sua vita non sarebbe mai toccato a lui privarsi del vitello: il gran numero degli abitanti della sua citt e la positiva esperienza degli anni precedenti fornivano un sufficiente conforto alla sua magnanimit (e al suo ottimismo). Solo in tempi relativamente recenti (a partire dal diciassettesimo secolo) si sviluppa il tentativo di basare le valutazioni di probabilit su considerazioni di tipo quantitativo. Tale tentativo coincide con la fondazione di un capitolo della matematica del tutto nuovo e originale, il cosiddetto calcolo delle probabilit. La nascita del calcolo delle probabilit sollecitata da curiosit e problemi che prendono forma in ambienti piuttosto lontani da scuole e accademie: furono gli accaniti giocatori che passavano le loro serate nelle sale da gioco o nelle taverne ad avvertire per primi lesigenza di un modo rigoroso e scientifico di valutare la probabilit.Paradossale? Non troppo. In effetti, a ben rifletterci, sale da gioco e taverne costituivano i laboratori ideali della nuova scienza. Infatti nel gioco che i problemi della probabilit si presentano in forma semplice e pulita, allinterno di esperienze ripetibili e indipendenti da circostanze esterne e accidentali. Prendiamo ad esempio il gioco dei dadi: possibile analizzare in modo sistematico le configurazioni che si possono presentare, effettuare calcoli, fare previsioni e verificarle attraverso delle prove; in una parola, possibile e abbastanza naturale procedere in direzione di una matematizzazione. Altra cosa, ben diversa e ben pi difficilmente formalizzabile, fare previsioni e calcoli rispetto al prossimo raccolto di riso o rispetto alle reazioni della popolazione a un determinato provvedimento delle autorit.

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Negli anni immediatamente successivi alla prima Guerra Mondiale la Germania conobbe una grave crisi economica, dovuta in particolar modo alla pesante eredit del conflitto. I debiti di guerra risultarono essere ingentissimi ed i vincitori, sebbene ne avessero tutto il diritto, presentarono una lista di richieste assolutamente impossibile da soddisfare per un Paese quasi allo stremo. Linflazione prese rapidamente a galoppare, raggiungendo livelli vertiginosi, tanto che nel novembre 1923 il cambio dollaro/marco era di 1 contro 4.200.000.000. Il futuro non prometteva nulla di buono poich, sempre a causa della sconfitta, la Germania aveva perso lintera flotta mercantile, i pescherecci dalto mare, il 25% della propria produzione di carbone ed il 75% della produzione di minerali ferrosi. Nonostante questa pesante eredit, a partire dal 1923 si riusc a stabilizzare la quotazione della moneta e la qualificata manodopera tedesca pot nuovamente iniziare a produrre con profitto, tanto che, nel giro di sei anni, venne ricostituita la flotta mercantile ed intrapreso un piano di riassetto urbanistico che fece scuola nel mondo. Le ragioni della svolta del 1923 sono forse soprattutto di ordine psicologico: quando linflazione raggiunse livelli praticamente fantascientifici, il pensiero dominante nelle coscienze tedesche divenne quello di considerare che le cose, peggio di cos, non potevano andare e che tanto valeva, quindi, tentare di risollevare la situazione con i mezzi a disposizione. Vennero introdotti nuovi macchinari e nuovi metodi di lavoro; vennero investiti i capitali esteri, soprattutto statunitensi, che affluirono nuovamente nel Paese e leconomia conobbe uno slancio poderoso, ma fragile. Fragile perch le risorse impiegate nel periodo del Wirtschaftswunder, il miracolo economico, erano pressoch interamente derivanti da prestiti stranieri a breve termine e come tali portavano dentro di loro quegli elementi di incertezza, instabilit, che non tardarono a produrre effetti. A ci va aggiunto un quadro politico tuttaltro che chiaro, a causa della mancanza di una guida forte ed autoritaria alla testa del Paese, tanto cara ai tedeschi vecchio stampo, e della presenza di forze politiche senza iniziativa e tutto sommato non disposte ad assumersi lonere che la guida di un Paese nel quale serpeggiava il malcontento avrebbe comportato. Il partito socialdemocratico, infatti, pur rappresentando al termine del conflitto la principale forza politica tedesca, manteneva un atteggiamento di minima resistenza sia a livello di politica estera che di politica interna, senza considerare il fatto che, avendo firmato il trattato di Versailles, si era indirettamente assunto la responsabilit del conflitto agli occhi dei tedeschi. La seconda forza politica era rappresentata dai democratici, ma questi si proponevano con un programma, i tratti salienti del quale erano decisamente inaccettabili per la maggior parte della popolazione: esso prevedeva una serie di accordi con Francia e Gran Bretagna, argomenti certamente non facili da sostenere in quel periodo tanto che, nellarco di circa tredici anni, la percentuale di voti a loro favore diminu dal 16% all1% circa.

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