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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 42 anno II
24 novembre 2010

edizione stampabile

L.B.G. - PD, CAVALLO CHE PERDE NON SI CAMBIA? Valerio Onida - LETTERA APERTA A MARCO VITALE Guido Martinotti - IL CANDIDATO LAICISTA Franco Morganti - ALBERTINI. PERCH NO? Eugenio Comincini - MILANO OLTRE I SUOI CONFINI Pietro Salmoiraghi - E SE COMUNE TORNASSE A VOLER DIRE DI TUTTI? /2 Giuseppe Ucciero - DOPO LE PRIMARIE: CALMA E GESSO Mario De Gaspari - CALCHI TAEGGI. EFFETTO DOMINO Sandro Antoniazzi - IL PD SI DIVERTA Laura Censi - FUOCO AMICO Video STEFANO BOERI: IL PD CHE VORREI VALERIO ONIDA: ALLARGARE I CONSENSI GIULIANO PISAPIA: UNA CONVENTION PER IL PROGRAMMA Musica Aretha Franklin You Make Me Feel Like (A Natural Woman) Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA Paolo Schipani e Marco Santarpia

Editoriale PD, CAVALLO CHE PERDE NON SI CAMBIA? L.B.G.


Pd: cavallo che perde non si cambia. Questo sembra essere il nuovo motto del Partito Democratico milanese. Niente dimissioni, tutto come prima. Non voglio qui mettere in discussione le capacit dei vertici, regionale, provinciale e cittadino e le loro responsabilit per i risultati delle primarie perch non conosco i meccanismi decisionali reali allinterno del Pd - a cominciare da quanto venga da Roma - e debbo solo giudicare da uomo della strada guardando ai risultati: il Pd non riuscito a far prevalere il suo candidato. Non bastano i numeri secchi del risultato per avviare un ragionamento e per questo ho scelto di mettere a disposizione dei nostri lettori lanalisi del voto realizzata da Termometro politico su iniziativa del Forum Nuovi linguaggi, nuove culture del Pd, i cui grafici sono in calce e nella Gallery. Anche i sondaggi non sono uno strumento perfetto e spesso divergono tra di loro ma sono una buona base di riflessione. Perch chiedere allora comunque le dimissioni? Perch quasi tutte le analisi del voto che abbiamo pubblicato noi, ma anche altri pi autorevoli fogli, hanno sottolineato che i votanti, alla fin dei conti, guardano pi allimmagine dei candidati che non ai loro programmi e di questopinione sembrano anche essere i dirigenti del Pd. Se le cose stanno cos e se si vuol dare del Pd unimmagine di rinnovamento bisogna seguire la via maestra di tutte le vicende dei piccoli e grandi partiti europei: chi appare responsabile di un cattivo risultato si deve dimettere. Inutili dunque i proclami allapertura del partito alla citt, al riconoscimento del ruolo della societ civile, allinclusione - richiami tardivi - se non sono accompagnati dalla prima mossa: la richiesta e laccettazione di dimissioni. Sono le dure leggi della politica piegata per necessit allo spettacolo. Anche i media hanno le loro responsabilit quando tendono alla spettacolarizzazione ad ogni costo, utilizzando sempre la parola e vittoria e sconfitta piuttosto che non maggioranza e minoranza e di questo linguaggio finiscono con lessere vittime anche i dirigenti di partito. Nulla di drammatico a patto che tutto questo non renda difficile o anche solo pi ardua la seconda fase delle primarie: la sintesi tra i programmi dei diversi candidati per accogliere le spinte e le sollecitazioni emerse dal voto nel suo distribuirsi sui singoli candidati e la collaborazione tra questi ultimi nella campagna elettorale per le prossime amministrative. Abbiamo scelto di mettere nella nostra homepage tre video interviste su questo tema ai candidati Boeri, Onida e Pisapia piuttosto che non riferirne il pensiero in unintervista scritta, per non falsarne il pensiero e perch ogni loro parola ha il suo peso solo nellesatto contesto in cui collocata. Ora spetta a loro e ai partiti, il Pd in particolare, scegliere la strada che si intende percorrere senza perdere di vista lobbiettivo vero: il centro sinistra di nuovo al governo della citt. .

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Lettera LETTERA APERTA A MARCO VITALE Valerio Onida


Caro Marco, ho letto il tuo articolo, e condivido le ragioni per le quali hai scritto che le primarie milanesi sono state unoccasione, e anche alcune delle critiche che ti inducono a parlare di una occasione perduta: in particolare il tuo rilievo sullerrore di avere trasformato le primarie in una competizione fra partiti, che anzi poi divenuta in buona parte un confronto a due volto a confermare o smentire la scelta del gruppo dirigente del Partito Democratico (che stata smentita anche e forse principalmente dalla stessa base di quel partito), introducendo cos nella competizione anche una componente di voto utile che credo ne abbia in parte condizionato il risultato. Non sono invece daccordo sulla tua valutazione secondo cui quello che mancato stato un progetto trasversale, che poi avrebbe potuto essere, in pratica, solo il tanto evocato terzo polo, che magari si manifester domani, e vedremo con quali contenuti e quali persone. Questo non perch io ritenga che non vi sia bisogno, a Milano e in Italia, di costruire un sistema politico in cui certi valori di base (legalit, imparzialit della pubblica amministrazione, autonomia delle istituzioni rispetto sia a poteri economici che a gruppi di potere partitico o para-partitico, buona amministrazione) siano diffusi e condivisi al di l degli schieramenti; ma perch mi pare difficile realizzare questo scopo continuando a ragionare in termini di composizione e scomposizione di famiglie politiche (un po pi al centro, un po pi a sinistra), invece che lavorando essenzialmente sui valori e sui contenuti: su quelli auspicabilmente comuni a pi schieramenti, e su quelli pi propri delle varie proposte politiche in campo. Io ho cercato di farlo, nellambito delle primarie del centro sinistra alle quali sono stato invitato a partecipare e ho deciso di partecipare. Tu mi imputi di avere, addirittura, tradito la citt sacrificando a una rispettabile lealt personale verso chi leale tu dici - non stato con me, una pi elevata lealt verso le aspettative che parte importante della citt mi avrebbe affidato. In realt, come tu sai, ho scelto di restare in campo in queste primarie, nonostante ne abbia denunciato chiaramente lo snaturamento, perch in esse comunque si sarebbero espressi, come si sono espressi, gli elettori, e perch in quell ambito e non certo in quello di una ipotetica diversa famiglia politica che mi collocavo e mi colloco personalmente: convinto come sono anche dell importanza di non lasciar disperdere, e della necessit di recuperare e rinnovare, tradizioni e patrimoni ideali preziosi (per

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dire: le culture politiche del cattolicesimo democratico e del socialismo), che le ventate di inconsulto nuovismo abbattutesi sul nostro paese rischiano di sostituire col nulla, o peggio con i frutti perversi di un pensiero politico tanto debole da non meritare nemmeno la qualifica di pensiero.

Sono anche convinto che queste idee siano condivise largamente fra gli elettori del centro sinistra, ben oltre il 13,4% che si pronunciato a favore della mia candidatura. In questo spirito, se ve ne sar la possibilit e la opportunit, mi batter ancora perch il candidato sindaco unitario del centro sinistra a Milano possa conquistare la maggio-

ranza nelle elezioni dellanno prossimo. Su queste strade spero potremo ancora incontrarci: e intanto ti ringrazio dellappoggio prezioso ed efficace che hai voluto dare alla mia candidatura. Cordialmente

Societ IL CANDIDATO LAICISTA Guido Martinotti


Caro Antoniazzi, non sono del tutto daccordo sulla tua analisi (Arcipelago del 16 Novembre) e soprattutto mi dispiace che avendo tu partecipato, come mi pare di aver capito, alle votazioni primarie, cominci subito a mettere paletti e a insinuare sospetti su Pisapia. Pisapia stato votato e da quel momento anche chi aveva votato altri candidati deve sostenerlo senza riserve mentali. La mela del centrosinistra si rompe solo se qualcuno la vuol rompere ed avvelenata solo se qualcuno il veleno ce lo vuol mettere. Se siamo tutti daccordo che lo scopo primario ora di liquidare la banda Morattiana, a questo dobbiamo dedicarci, non a rifare il pelo ai nostri rappresentanti ed io penso che Pisapia vada sostenuto e non inquisito. Avrei poi una preghiera, in senso proprio e se vuoi in ginocchio, da fare a voi amici cattolici. Basta con il termine spregiativo di laicista. Io ho diritto a non essere chiamato laicista esattamene come tu hai diritto a non essere chiamato clericale o baciapile. A suo tempo ti ho votato e sostenuto senza mai chiedere o chiedermi o chiederti, se tu fossi credente o meno, o che tipo di credente fossi. E poi, guarda, sul piano dei principi comuni (che lho detto e lo ripeto, non possono che essere principi cristiani perch siamo stati entrambi cresciuti da famiglie cristiane e almeno per me, perch sono stato cresciuto moralmente da un buon parroco cristiano) ti sfido a trovare una differenza tra me e te o qualsiasi altro del centrosinistra - che non sia espressamente appartenente a unaltra religione e quindi cresciuto con dettami diversi. E anche in questo caso bisognerebbe poi vedere principio per principio. Lunica vera differenza che io non riconosco su di me lautorit morale del Pontefice della Chiesa cattolica e quindi del Capo dello Stato del Vaticano, con tutto ci che ne deriva in termini di decisione delle questioni etiche di interesse comuni. Per me le questioni di etica che interessano tutti vanno decise sulla base dei principi della religione cristiana che entrambi conosciamo e rispettiamo e non sulla base dei dettami di una autorit che tu solo riconosci. Su questi temi dobbiamo trovare di volta in volta una intesa comune che non violi i principi comuni senza imporre allaltra parte principi non condivisi. Per essere pi concreto, io seguo con molto interesse i discorsi del Cardinale Tettamanzi e sono certo che sarebbe un buon sindaco di Milano ( gi avvenuto in passato) e se capitasse probabilmente lo voterei, come ho votato te, e come voter Pisapia, per non mi ricordo di aver mai trovato nelle sue parole (ma certo posso sbagliarmi non faccio di mestiere il teologo e non pretendo di conoscere la produzione di questa santa persona) qualche affermazione che entrasse in contraddizione con i miei principi cristiani in nome di una autorit che non riconosco. Ritornando a discorsi pi terra a terra, se vogliamo fare una battaglia comune occorre che da tutte le parti vi sia rispetto per chi ritiene di dover obbedire ad autorit non riconosciute da tutti, e non mi pare di aver mai sentito Pisapia o alcuno dei suoi sostenitori, dire nulla di offensivo della religione cattolica. Gli amici cattolici per devono lo stesso rispetto a chi non crede nellautorit del Vaticano e devono impegnarsi a discutere apertamente dei grandi problemi contemporanei della persona - lo stare bene materialmente e spiritualmente, le emozioni e gli affetti, lamore, il sesso, la condivisione dei destini e del quotidiano, la paternit, la maternit, la filiazione, il nostro rapporto generale con la vita (che non come sembrano credere molti integralisti qualcosa che comincia al momento del concepimento e finisce al momento della nascita) e che comprende anche indissolubilmente la morte. Insomma, su questi temi non si pu non trovare un terreno di intesa che deve essere sulla base di comuni principi di umanit senza che vi siano imposizioni assolute di Autorit: lassolutismo e lautoritarismo non sono buoni compagni di viaggio dellautorit morale e civica, che si basa invece sul convincimento e ladesione e sulla tolleranza delle diversit. Ma soprattutto si devono evitare le intolleranze dellassolutismo: o meglio lassolutismo va benissimo per chi crede in Dio e attribuisce a questo Dio norme inderogabili (salvo poi dopo qualche tempo dire contrordine, ci siamo sbagliati) ma non pu essere imposto ad altri su questioni terrene sulle quali poi di volta in volta la Chiesa assume posizioni diverse. Il matrimonio indissolubile? Benissimo, chi crede in questo precetto lo osservi; ma non si procurino sofferenze a innocenti che la pensino diversamente. Il vescovo di Prato ha fatto molto male a una giovane coppia, passa qualche anno e si scopre che la giovane coppia aveva ragione, o quantomeno che meglio lasciar correre. Chi paga i danni morali e materiali di queste inutili crudelt che poi finiscono quasi sempre a essere perpetrate sulle donne, la parte pi debole? La mancanza del divorzio non ha probabilmente salvato una che una unione, ma ha causato incalcolabili sofferenze a donne, uomini, figlie e figli genitori, obbligati a peccare e comunque a soffrire assieme da una norma obsoleta ed effimera, palesemente in contrasto con i principi di umanit e misericordia, se queste parole hanno un senso. E cos per il divorzio, laborto, il concepimento, le staminali, e altre norme convenzionali contrabbandate per dettami di un Dio pronto a cambiare opinione secondo convenienza. Ricordate la questione, ai limiti del ridicolo e della modestia intellettuale, del profilattico? Come era possibile considerare contrario alla volont divina o a un qualsivoglia valore assoluto luso di uno strumento di controllo del contagio di una grave epidemia in nome della possibilit che questo uso impedisse il concepimento, in una parte del mondo dove la vita pi che un dono appare

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come una condanna atroce? Ora, con mossa felpata, ci si dice che forse in alcuni casi si pu, che esattamente quello che dicevamo noi poveri laici peccatori (e allora anche i missionari in trincea). Ma intanto i danni alla credibilit universale del Pontefice e le incalcolabili insofferenze dovute al contagio, ma anche alla nascita di esserini infettati in paesi dove la salute un bene cos prezioso, chi li paga? E non potevate pensarci prima? E allora non sarebbe meglio discutere le diverse concezioni di umanit che si confrontano su questi temi accettandosi da parte dei credenti nella Chiesa roma-

na e di altre chiese lintento di trovare un terreno comune anche con gli illuministi relativisti invece di opporre assolutismi su temi che poi magari tra qualche anno verranno dalla Chiesa stessa recepiti? E andando pi al concreto ancora io voglio sapere se il mio amico DD che vive felicemente da molti anni con una compagna, con cui ha figli giovani adulti, possa essere riconosciuto come cittadino con tutti i diritti senza essere obbligato a inginocchiarsi di fronte a un ministro di un culto che non riconosce. Pisapia si offre di trovare soluzione per le migliaia di casi simili, quale il principio di umanit per cui

tu Antoniazzi (o chiunque altro di voi amici cattolici) ti debba persino rifiutare di discutere questa possibilit, definendola avvelenata? Ed credibile, in base a un comune senso delletica, che per evitare di discutere di questi problemi ci sia qualcuno di voi gi disposto ad allearsi con il sindaco in mutande, che avr forse i suoi meriti, ma che certo non uomo preclaro per i suoi sani principi religiosi. Io non ci posso credere, e me lo dovresti spiegare, come si dice, papale papale.

Primarie 4 ALBERTINI. PERCH NO? Franco Morganti


Quando gli amici duri e puri mi hanno sollecitato a sostenere Valerio Onida alle primarie del centro-sinistra a Milano ho risposto con i seguenti cinque aforismi: 1 Nessun candidato dei quattro proposti, tutti con adeguata targa di sinistra, ha la possibilit di battere la Moratti al ballottaggio. I milanesi da diciassette anni votano a destra. 2 Pu farcela invece un candidato di centro o di destra che, con una lista civica, entri in competizione con la Moratti e il PdL e prenda un voto pi del PD andando cos in ballottaggio: prenderebbe i voti del cosiddetto terzo polo, pi gli scontenti della Moratti, pi gli scontenti del PD. 3 Se questo candidato fosse un Croci o un Carrubba, tanto meglio, ma si pu ripiegare su un Tabacci o un Albertini, che prenderebbero pi voti. Albertini era accusato di essere un amministratore di condominio. Ben venga, almeno sbloccher i tombini. Diffido invece di quei candidati che pensano che Milano debba essere la citt della moda, o del design, o della ricerca, o della finanza. Sono i milanesi che decidono cosa fare del loro destino. In ogni caso meglio un piccolo imprenditore che la moglie di un petroliere, che dovrebbe diminuire le auto in citt (?!?!). 4 Ho fatto la campagna raccolta firme per i cinque referendum e ho capito che la gente ha un rifiuto dei partiti e anche delle eventuali ideologie sottostanti, che risalgono tutte, se va bene, al secolo scorso. Mentre i temi ambientali hanno grande popolarit e si sono raccolte con poche forze 25.000 firme quintuple, il 2,5% dellelettorato milanese. 5 Per questo progetto politico utile che Pisapia vinca le primarie e ostenti la sua amicizia per Vendola e Di Pietro, oltre che una vecchia nostalgia per Bertinotti. Faciliter lavvento di un avversario di centro-destra della Moratti. Anzi, se sar a Milano quella domenica 14, andr a votarlo anchio. Pisapia ce lha fatta contro il parere del PD e tutti adesso se la prendono coi dirigenti PD, Majorino in testa. Lappoggio del PD a un solo candidato non stato esemplare, ma con questo si vuol dire che, senza quellappoggio, Boeri avrebbe vinto? Non credo proprio. Boeri ha perso per la presenza di Onida, che gli amici duri e puri, che rappresentano lala votati-a-perdere della sinistra milanese, hanno sostenuto contro limpuro Boeri, lunico che aveva qualche probabilit di competere (quasi) con la Moratti. Adesso fatta e il quinto dei miei aforismi andato in porto. Vediamo se qualcuno si presenter per competere da destra o dal centro con la Moratti stessa. Pare che Albertini scioglier le sue riserve nel corso di un convegno previsto per il 27 novembre al Teatro Parenti (intestato a uno straordinario attore che alla radio interpretava Anacleto il Gasista, un altro vicino al condominio), ma potrebbe essere anche qualcun altro o altra. So che gli amici duri e puri votatia-perdere sosterranno Pisapia, malgrado la legge elettorale comunale maggioritaria. E nella loro natura. Io cerco qualcuno che sblocchi i tombini e metta in pratica le cinque richieste ambientali dei referendum: meno auto in citt, pi alberi, energia pulita, rimanga il parco Expo, riaprire i Navigli. Ci aggiungerei WiFi gratis per tutti. Vi sembra poco? In ogni caso costa poco.

DallArcipelago MILANO OLTRE I SUOI CONFINI Eugenio Comincini*


La corsa delle primarie milanesi ha messo in luce come nessuno dei candidati, nel tentativo di formulare proposte per affrontare i grandi problemi della citt, abbia considerato ricette che partissero dalla necessit di un confronto con i Comuni dellhinterland che vivono identiche situazioni. Per quanto attiene ai grandi problemi della metropoli mobilit, traffico, inquinamento, trasporti pubblici, abitazioni, governo del territorio, consumo di suolo, sviluppo sostenibile molti ritengono infatti non sia pi procrastinabile lesigenza di coordinare le azioni di Milano citt con quelle dei Comuni dellhinterland. Ma nessuno ha parlato di area metropolitana. La prima formulazione del termine area metropolitana risale alla Legge n142 del 1990. Quel testo, che avvi lunica vera e radicale riforma degli Enti Locali che il nostro Paese abbia finora conosciuto, avanzava finalmente lidea che le grandi citt italiane doves-

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sero non solo condividere, ma amministrare insieme ai Comuni che le circondano le numerose problematiche che affliggono il loro territorio. A confermare la dimensione sovracomunale che queste dinamiche rappresentano ci sono anni di statistiche e di cifre sui flussi di traffico e di pendolari, sugli effetti dellinquinamento e della conurbazione. Eppure, venti anni dopo quella Legge, le aree metropolitane sono rimaste sulla carta, mentre per molte di queste aree i flussi di traffico si sono intensificati fino a un livello quasi insostenibile e le inefficienze dei servizi di trasporto pubblico sono oggetto delle proteste quotidiane dei pendolari, lungo ferrovie e strade che attraversano cittadine, periferie e metropoli tra edifici senza soluzione di continuit. La lungimiranza del legislatore di ventanni fa non riuscita ad accendere nei parlamentari italiani un simile spirito di iniziativa e oggi siamo alle misure che mettono pezze temporanee senza che nel contempo si adottino processi di cambiamento strutturale. Ma se a Roma nessuno stato in grado di dare attuazione alla Legge 142, a Milano non ci si certo dati da fare. Dopotutto come potrebbe pensare a soluzioni

di respiro metropolitano una Amministrazione come quella che ha governato Milano negli ultimi quindici anni? Non ha saputo trovare soluzioni neppure fra i suoi confini al traffico che soffoca la citt e quel centro storico in cui lEcopass avrebbe dovuto fare miracoli. Nessuna soluzione allo stato di abbandono delle periferie, gestite solo come un problema di ordine pubblico. Nessuna idea innovativa su una dinamica di mobilit che persiste nel porre Milano al centro di un sistema che invece si sviluppa anche secondo direttrici che corrono attorno ai suoi confini e che Milano di fatto ignora. Questo fallimento risiede soprattutto nella scelta di non vedere la dimensione sovracomunale delle problematiche milanesi, scelta tanto illogica quanto anacronistica in un mondo in cui a farla da padrone sono non da oggi ma da oltre venti anni i processi di globalizzazione. Ebbene, a fronte di tutti questi elementi critici nessun candidato alle primarie ha posto laccento sulla dimensione sovracomunale dei problemi di Milano e sulla conseguente necessit di affrontarli congiuntamente ai Comuni dell hinterland. per ormai indispensabile leggere i problemi e le loro possibili soluzio-

ni in modo diverso da quanto sino ad ora si fatto. Milano deve saper guardare lontano, uscire dai propri confini per saper dare soluzioni adeguate a minacce ambientali e sociali che diventano semp re pi pericolose. Ora che abbiamo un candidato sindaco per Milano, con la speranza di poterlo presto annoverare tra i colleghi, voglio rivolgere un appello a Giuliano Pisapia perch spenda almeno una parte del tempo che deve dedicare a preparare programmi e parole chiave sulle quali giocare la sua prossima campagna elettorale, al confronto con i Sindaci dell hinterland sui grandi problemi di Milano, che sono ovviamente anche i nostri. Tutti ne abbiamo un disperato bisogno. E se Pisapia si accorgesse che da questo confronto potrebbero uscire proposte maggiormente convincenti per gli elettori milanesi, forse non si arriver a costituire larea metropolitana, ma certamente verrebbero poste solide basi perch finalmente nel prossimo futuro si possano affrontare alcune delle pi rilevanti problematiche che investono la vasta area del milanese.

*Sindaco di Cernusco sul Naviglio

Approfondimenti E SE COMUNE TORNASSE A VOLER DIRE DI TUTTI? /2 Pietro Salmoiraghi


Che dire in conclusione viste le considerazioni espresse nel numero precedente (n.40 ndr)? Considerati anche il numero e la multidimensionalit dei temi trattati e la necessit di offrirne possibilmente una visione diacronica e accurata? La letteratura mi venuta incontro ancora una volta, offrendomi lo spunto per una riflessione finale: qualcuno (non ricordo pi chi: e me ne scuso) si chiesto, infatti, perch Milano non pi Milano? Milano non pi Milano forse perch lidea stessa di citt si dovrebbe reggere innanzi tutto sulla categoria di cittadinanza, mentre oggi sono proprio i cittadini i principali esclusi - in molti casi autoesclusi - da ogni livello decisionale che riguardi il fare citt. A Milano i milanesi vivono, usano lo spazio urbano per muoversi, ma non si pu dire che abitino la citt. Vivere e abitare la citt non sono la stessa cosa. Labitare comporta in primo luogo il riconoscimento dello spazio pubblico come qualcosa di intimo, di vicino: anche se non necessariamente proprio. La crisi della citt, di Milano, si deve cercare nella dissoluzione di ci che ne costituiva lelemento principale: gli spazi pubblici e collettivi e le loro molteplici relazioni con quelli privati. La centralit nella pianificazione urbana stata al contrario riservata solo agli elementi infrastrutturali (secondo una visione esclusivamente funzionalista) e gli spazi pubblici si sono configurati come nonluoghi, spazi che non sono, e non saranno mai relazionali, storici, identitari. Milano non pi Milano perch i milanesi sono oggi persone estraniate, private della possibilit di riconoscersi: in una citt che sembra aver perso definitivamente una dimensione umana dello Spazio. Un esercito quasi invisibile per lo meno a livello di rappresentazione - di non cittadini ignorati dalla politica e che ignorano la politica; cui inibito vivere unesperienza collettiva quotidiana. Lassenza di una volont di dialogare, di capire, di interessarsi alla propria realt produce la disintegrazione della collettivit: sostituita dall atomizzazione del singolo. Ecco: individualismo, opportunismo e corruzione sono le categorie su cui oggi si regge il non-dialogo urbano: se per risolvere un problema bisogna in primo luogo assumerlo come tale, per costruire un dialogo bisogna in primo luogo riconoscerne le regole, prima delle quali che si tratti di un processo plurale. Milano non Milano: c la vetrina ma manca la citt. Ecco: veniamo presi da angoscia proprio quando si avvicinano le scadenze delle elezioni amministrative. E ci si accorge - dopo aver vivacchiato per anni - di essere assolutamente inadeguati e impreparati, senza idee precise, valide e alternative da proporre ai milanesi. N, in ultima analisi, attori in grado di contrastare le candidature dellavversario. vero, voci interessanti ce ne sono: ma da cui purtroppo non riesce a scaturire un nuovo racconto, una nuova narrazione. Viva e condivisa. Siamo, un per laltro, incapaci di raccontare il nuovo con efficacia. A una cittadinanza che ormai si (ma sar poi vero?) assuefatta: che delusa e sfiduciata subisce in silenzio, si astiene. Tanto Risultati? Dove? Il tutto che ci circonda testi-

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mone muto di indifferenza pubblica. E rinunzia privata. Ecco: la sudditanza della Politica rispetto allEconomia ha determinato rapidamente anche la crisi del modello di democrazia rappresentativa. Nessuno oggi pratica pi lutopia oggi: utopia concreta, da non intendersi come fuga (ovvero illusione incapace di superare la prova dei fatti) ma come ricerca di senso a livello collettivo. Perch meravigliarsi? Limmaginario collettivo stato letteralmente colonizzato dalla logica economica: Mercato, Impresa e Capitale sono presentati e percepiti quasi potessero esaurire il sistema naturale, universale. Lunico immaginario possibile. Ogni aspetto della vita - e quindi anche il territorio: la citt stessa - concepito come mera risorsa materiale, di cui contendersi lo sfruttamento per generare profitto. Costi quel che costi. Necessariamente, di conseguenza, assistiamo alla perversa commistione tra mercato senza regole e restringimento delle conquiste democratiche, civili e sociali: in presenza di una diffusa complicit tra potere politico, economicofinanziario e mafioso-criminale. In termini di citt, di territorio, di ambiente? Saccheggio a tutti i livelli. Urge la ricerca di nuovi significati, di modelli alternativi a livello collettivo. Che per, affinch diventino possibili, occorre che si cominci a narrarli: poich tutto ci che luomo non racconta non esiste. UN POSSIBILE FINALE. Mi piacerebbe poter dire (si dir che deliro): 1 - che imprescindibile orientarsi (tutti: intellettuali, politici, societ civile, semplici cittadini) verso una politica della speranza: pena il sentire un sempre pi

acuto senso di esclusione sociale; 2 che imprescindibile non abbandonarsi dunque al nichilismo: ma dare spazio (potr anche sembrare paradossale) a una disperazione orientata. In particolare: la politica rischia oggi di non trovare pi cittadinanza proprio perch si spenta la sua funzione civile, la sua azione demistificante: non appare sullo sfondo alcuna possibilit concreta di utopia sociale (che non sia quella, forse, di unambigua e riduttiva liberazione del singolo); 3 - che imprescindibile una politica in cui sia centrale la forza utopica del desiderio: nella convinzione che ci sia un rapporto tra forza desiderante e realt. Ovvero interpretare il desiderio quale fonte di visione: mezzo per conoscere il reale. Partendo dalla vita vissuta (che viviamo) andare oltre: trovare qualcosa che la ecceda, la amplifichi: questo uno dei compiti essenziali della politica. Il che significa, certo, la presa datto di una sconfitta della politica in atto: ma anche lapertura di una nuova prospettiva. Antimetafisica, antimessianica, liberatoria, utopica: ovvero - giustappunto attenta al desiderio. Ecco: desiderio non solo illusione utopica di unesistenza migliore. La forza utopica che anima il desiderio pu permettere una nuova narrazione del mondo che superi la visione attuale, per dar voce a modelli altri di pensiero, di relazione e di condivisione. Ma affinch questi nuovi modelli diventino possibili occorre cominciare a narrarli: tutti insieme. Quel che luomo non racconta non esiste: una nuova narrazione del mondo laboratorio in fieri fondato su un ampliamento di ci che si pensa sia la conoscenza, al di l del

modello tecnicistico/economico dominate. Fondare dunque narrazioni che abbiano la pretesa di non spiegare qualcosa - come i grandi testi fondativi di utopie e religioni e ideologie - ma, PIU SEMPLICEMENTE, di aggiungere senso. Per iniziare e insieme continuare con nuove forme e nuove voci il grande racconto della libert servono interpreti, servono organizzazioni in grado di intercettare le energie, ma soprattutto serve la capacit di tornare a raccontare il punto di arrivo. Serve una utopia realizzabile verso cui guardare, un sogno collettivo in cui credere: e, ripetiamolo, la capacit di raccontarlo. Serve ricordarsi che in ogni piccola battaglia si tratta di saper declinare alla singola realt questo grande, complessivo, quadro di riferimento. La narrazione della liberazione di ogni uomo e dell'umanit nel suo complesso dal giogo della forza bruta, dai vincoli della natura la storia di un cammino ancora tutto da percorrere, di grande attualit, un racconto che pu affascinare e muovere le coscienze e i cuori delle persone. P.S.: Non ho detto - e me ne scuso nulla di nuovo. Come ho premesso, ho saccheggiato senza ritegno quanto gi esplicitato dai molti amici e colleghi che scrivono in Eddymburg, in Arcipelago Milano, sui quotidiani... In particolare, nel finale, ho mutuato molte idee di Gabriela Fantato (poeta e critica milanese) e Gabriele Favagrossa (giovane sindacalista CGIL: impegnato nel sociale) espresse magistralmente nel n20 della rivista La Mosca di Milano dedicato al tema Desiderio e realt.

Primarie 2 DOPO LE PRIMARIE: CALMA E GESSO Giuseppe Ucciero


Gli esperti giocatori di biliardo raccomandano ai pivellini nei momenti pi critici una sola cosa: calma e gesso. Di fronte ad una situazione complicata, difficile, che richiede la lucida valutazione dei fattori e delle condizioni di campo, non utile procedere emotivamente, ma molto pi lastrarsi ed il ragionare il pi freddo possibile. Certo la politica non il biliardo, gioco sommamente di precisione e di nervi, quando invece quella mobilita le passioni, ma alla fine queste sono, e devono restare, la benzina che alimenta un disegno che prima di tutto razionale valutazione delle forze in campo, della loro interazione, e infine delle mosse che possono concretamente farle muovere nella direzione desiderata. Larmeggiare del gesso attorno allapice della stecca introduce e simboleggia cos lesigenza di un momento di sospensione, di distacco, indispensabile per procedere a unanalisi raziocinante, tanto pi indispensabile tanto pi il momento sia critico. Questo pensavo, mentre partecipavo al primo incontro post primarie del Comitato di Stefano Boeri allHUB di Paolo Sarpi. Tanta gente, certo, e tanta passione, come residuo adrenalinico sia della campagna che della bastonata presa. Tanta solidariet, tante spiegazioni dellaccaduto inatteso, ma soprattutto tanta voglia di voltare pagina e. dimenticare, passare avanti. Tanta, troppa, comprensibile ma inappropriata al momento. Si sono cos accavallati diversi umori, diverse motivazioni, diverse proposte, tutte con una parte di verit e di giustificazione: pochi votanti, il PD ci ha tradito, poco tempo, la lobby avvocatizia, non ci hanno capito, fino a qualche mal di pancia di troppo verso lunica cosa saggia che pubblicamente si deve dire da questo momento il leader Pisapia, a lui gli onori ma anche gli oneri della nuova fase. E specifico merito di Stefano Boeri laver messo in chiaro fin nellapertura questo snodo essenziale, ma la passione particulare ancora troppa in circolo e rischia, assieme alla non completa comprensione dei fatti, di favorire stra-

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tegie non adeguate al nuovo momento che ci accompagner per alcuni mesi fino alle elezioni comunali. Credo al contrario, e cos pare anche Piervito Antoniazzi intervenendo allincontro, che sia indispensabile riflettere attentamente sui perch e sui come, situandone gli esiti allinterno di un gioco che vede altri assumere la non agevole condizione di mazziere del gioco. Ora si gioca in contropiede e il contropiede richiede le mosse altrui come premessa essenziale del proprio gioco. Ma torniamo ai perch e ai come. Si dice che Boeri ha perso perch il PD vi ha impresso troppo fortemente il suo odioso marchio. Personalmente ritengo che, nelle specifiche condizioni date, sia vero il contrario e cio che il PD, una volta deciso lappoggio, non abbia calcato la mano, condannando cos il suo candidato e se stesso alla passivit e al mancato riconoscimento delle sue ragioni: insomma tutto il danno dellendorsement e nessun beneficio. Ne derivata una incolore campagna elettorale da estensori di libri dei sogni, arte in cui eccelle certa sinistra al tempo stesso tecnocratica e onirica. Non stato compreso, e, se s, la paura di turbare le anime belle ne ha impedito laffermazione ferma e ragionata, il fatto essenziale che una candidatura vincente in Milano, nella Milano di oggi, una candidatura che va oltre il riflesso identitario, oltre lorgogliosa ma alla fine vana riaffermazione di valori, pratiche e obiettivi, ben lontani dal sentire dei ceti che oggi popolano Milano, siano essi il terziario tradizionale o la neoborghesia dei servizi dellimmateriale: invece gli elettori hanno votato come alle vecchie elezioni su base proporzionale, quando si votava per dire cosa si era. Il PD ha avuto paura di dire quello che andava detto politicamente, e per parte sua il candidato Boeri, per prudenza, inesperienza e ingenuit, non ha saputo o voluto rispondere alle malevolenze

che lo denigravano restituendo i colpi ricevuti con almeno altrettanti e fondati. Su queste si gi detto su Arcipelago della settimana scorsa e non ritorno ancora. E questo peccato ha avuto effetti politici tanto pi pesanti considerando il poco tempo a disposizione per fare conoscere ancor prima che la proposta, il Candidato Boeri. Qui, bisogna dire, vi stata grande sottovalutazione. Giuliano Pisapia conosciuto nella comunit della sinistra milanese da decenni. Boeri godeva di una popolarit assai pi ristretta. A maggior ragione allora andavano segnati i confini tra le due proposte politiche e su questi condotta vera battaglia politica, compresa ad esempio una feroce contestazione dellindebita invasione di campo da parte del leader nazionale di Sel. Ma anche Stefano Boeri ha diciamo cos peccato, e il suo peccato consistito a mio parere nellaver interpretato la competizione sulla base di stili professionali piuttosto che politici. E sembrato quasi che lapproccio seguito fosse assai simile al processo di elaborazione di risposte progettuali a un bando piuttosto che una lotta politica, Si sono dedicate enormi energie alla elaborazione di contenuti e di proposte di modifica della citt, intendiamoci in se stesse assai importanti, ma che non hanno mosso nulla nel convincimento del popolo elettore. Si dir di nuovo che non c stato tempo, ma questo si sapeva fin dallinizio, e a maggior ragione avrebbe dovuto muovere la strategia di PD - Comitato Boeri verso l individuazione di 2-3 questioni su cui fare battaglia politica, stanando Pisapia dal comodo ruolo di testimone della memoria storica della sinistra e portando in evidenza le debolezze e le contraddizioni tra le sue componenti e il sentire democratico. Troppa attenzione, nel contesto dato, al Programma e troppo poca alla Politica come Battaglia sul programma. Troppa melassa e troppi compiacimenti tecnocratici.

Per il futuro, alla fine, la questione si situa diversamente per Stefano Boeri e per il PD. Per il primo, si tratta di avere chiarezza su cosa far da grande, se, del tutto legittimamente considera terminata la sua esperienza politica, ritornando nellalveo della sua attivit professionale, cos come hanno fatto tanti prima di lui, o se intende tenere il punto. Su questo, un flebile consiglio: lasciar passare un po di tempo, che le cose decantino. LAssociazione per fare un Dono alla citt, certo, formula ambigua quanto serve, ma la proposta di Lista Civica di tutto il centrosinistra suona un po intempestiva e fuori ruolo. Ora il mazzo nelle mani di Pisapia, a lui il compito immane di conciliare anime e interessi, strategia e tattica, nella ricerca di un equilibrio alla cui definizione Boeri siede gi fin dora, se lo vorr, come Convitato di Pietra. Per il PD, che, a differenza di Boeri, non pu abbandonare il suo mestiere di soggetto politico, si deve aprire una riflessione collettiva assai impegnativa sui motivi che hanno portato tanta parte del suo popolo, dei suoi militanti e del suo stesso gruppo dirigente a disattendere lindicazione di voto, non importa se verso Pisapia o Onida. C chi lo invita ad abbandonare la sua stessa identit di Partito, trasformandosi in una sorta di Circolo culturale che fornisce sedi e risorse organizzative alla societ civile. C chi non sa staccarsi da una forma partito o ancor peggio dalla sua perversione in sistema correntizzato e chiuso verso il basso. Avr voglia e capacit di valutazione e proposta Penati? Lo vedremo. Certo che anche per lui, come per tutti, vale la raccomandazione: calma e gesso. Infine la raccomandazione sembra inutile per Pisapia, che un vecchio giocatore di biliardo: non ha ancora detto una parola se non generiche formulazioni, dobbligo in questi casi. Ma a lui tocca ora la prima mossa.

Economia CALCHI TAEGGI. EFFETTO DOMINO Mario De Gaspari


Trascorsa la sfilata di buone intenzioni Prima domanda: cosa sta succedendo nel territorio e nelleconomia milanese? Seconda domanda: c un nesso tra le due cose? Le difficolt di Ligresti nella ristrutturazione del debito, i guai di Risanamento con il sequestro di Santa Giulia, lassegnazione commissariale della bonifica Sisas a Pioltello-Rodano, la svolta giudiziaria a Segrate nelloperazione Santa Monica, infine il sequestro dellarea Calchi Taeggi. Manca qualcosa? Certamente, ma limitiamoci ai casi scuola. Ligresti e Risanamento: senza entrare nel dettaglio, quello che tutti capiscono che lintreccio tra banche e mondo immobiliare ormai qualcosa che va oltre la mostruosa fratellanza siamese. Il finanziamento del dolo e del marcio negli anni venti e trenta si spiegava con le conseguenze della guerra e con la pigrizia del laissez faire, di cui non era ancora stata scritta la fine. E poi, in definitiva, si finanziavano le industrie, per quanto decotte. Oggi si finanzia il polo negativo delleconomia, si finanziano la rendita e il drenaggio di capitali. La teoria economica non lascia scampo. Lo

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aveva spiegato bene Schumpeter gi un secolo fa: il processo del credito fragile perch, creando potere dacquisto cui non corrispondono beni reali e men che mai nuovi beni, non pu che risolversi in una compressione del potere dacquisto stesso. Siccome il rischio linflazione da credito, la contropartita del rischio deve essere adeguata. Perch la contropartita sia adeguata, il credito deve finanziare lo sviluppo, anzi nella sua essenza il credito essenzialmente creazione di potere dacquisto al fine di cederlo allimprenditore. Non al rentier, che dello sviluppo rappresenta appunto il momento opposto, quello regressivo. In un contesto diverso, recentemente l'hanno spiegato altri economisti. Kobayashi propone uno stimolante parallelo tra questa crisi globale e la crisi giapponese degli anni novanta e sostiene che lunica strada, per ridare fiducia al sistema, quella di ripulire i bilanci delle banche e ammettere le perdite, soprattutto per quanto riguarda gli asset immobiliari, che nelle crisi non riescono pi a svolgere la funzione di mezzi di scambio. E con ancora maggior autorevolezza il premio nobel Stiglizt, a proposito degli Usa, ribadisce, per evitare la lugubre normalit di una crisi infinita, la necessit per le banche di deprezzare il valore delle ipoteche e ammettere le perdite. Non si capisce perch, se lItalia un paese abbastanza virtuoso dal punto di vista finanziario, si continui a percorrere la strada del non ritorno. Torniamo ai nostri casi scuola e vediamo perch sono tali. Debito Ligresti. La strategia sempre la stessa, fare soldi con le holding di famiglia e scaricare le perdite su azionisti e risparmiatori. La galassia societaria serve a questo e la ristruttuarazione del debito, in pratica, significa altri soldi e maggior compromissione col sistema bancario. per questo che gli istituti meno coinvolti sono pi restii: meglio perdere poco oggi o rischiare di perdere molto domani? Risanamento. A Santa Giulia si bonificato poco e male. Prima hanno trasformato i costi di bonifica in volu-

metrie edificabili e poi hanno imbrogliato anche sulle bonifiche e accumulato fondi neri. Hanno avuto i diritti, preso i soldi da Edison, hanno sovrafatturato, non hanno fatto le bonifiche e alla fine c stato lintervento della magistratura. Oggi il piano finanziario che quel fallimento ha evitato non regge, nemmeno alla luce della acrobatica cessione delle aree Falck, perch bisogna accantonare nuove risorse per le bonifiche. In questo caso il dolo e il marcio che le banche continuano a finanziare non sono per niente metaforici. Segrate Santa Monica. Pi che un caso scuola, limpresa immobiliare dei Siano la vera nave scuola del sistema immobiliare milanese. Per non pagare le tasse e per togliersi un peso hanno conferito loperazione in un fondo immobiliare chiuso. La Cassa di Risparmio di Ferrara gli ha dato 147 milioni e messo a disposizione una Societ di Gestione Risparmio. Poi per costruire, si fa per dire, pare che la banca abbia dato unaltra quarantina di milioni a questa SGR, che di nome fa Vegagest. Nel frattempo i Siano hanno avviato altre operazioni analoghe. Tutta roba grossa, il parco delle cascine a Pioltello preso dai Benetton, le aree ex Galbani di Melzo e chiss cosaltro. Ponzi era un ragazzino al confronto! La banca quasi fallita e comunque non d utili. Prima che venisse commissariata dalla Banca dItalia, erano quasi riusciti a scucire altri sessantacinque milioni a Enasarco. Sono riusciti a scucire 175mila metri cubi (per ora) al comune di Pioltello, che tanto non lo controlla nessuno. Nel 2007 il fondo immobiliare aveva gi tirato fuori dal nulla una plusvalenza di 10,6 milioni per una finanziaria che nel frattempo aveva ceduto a Grossi una societ, quotata in borsa e controllata dalla ndrangheta, che fa, cio dovrebbe fare, bonifiche. Se ne occupa la polizia valutaria. Avete presente quell'enorme voragine tra via Adda e via Pirelli? Sono sempre loro, anche la banca la stessa e anche la SGR. Il fondo immobiliare no: quello di Santa Monica si chiama Aster, questo Miluce. In via Adda il palazzo preesi-

stente era occupato dagli zingari. Lallarme sociale ha titillato la generosit del comune e ha accelerato le procedure. Niente lacci e lacciuoli! Risolta la pratica col comune di Milano, gli zingari li hanno dirottati a Pioltello. Adesso che hanno convinto anche il comune di Pioltello e che faticano a farsi dare soldi dalle banche per costruire altri quartieri modello li hanno dovuti mettere nelle roulotte. Intanto le famiglie che abitano lunico palazzo di Santa Monica completato pagano decine di migliaia di euro per mantenere in funzione le pompe che impediscono lallagamento dei box. Hanno costruito in falda e non hanno nemmeno impermeabilizzato, riuscendo persino nell impresa di creare unemergenza ambientale in una zona dove lunico rischio di prendere il raffreddore. Calchi Taeggi. Non da oggi che la normativa sulle cave prevede delle norme per il conferimento dei rifiuti. Era una cava della famiglia Cabassi, quelli di Assago e dellExp, ora larea appartiene alla Societ Acqua Marcia di Francesco Caltagirone, il cugino dell altro Francesco, quello di Monte dei Paschi, ecc. Anche qui, come per Risanamento, vale la legge del contrappasso. Risanamento doveva risanare Napoli gi nellottocento e centoventi anni dopo ha inquinato Milano. LAcqua Marcia, che si chiama cos non perch puzza ma perch prende il nome del pretore Quinto Marcio Re che un secolo e mezzo prima di Cristo aveva portato lacqua a Roma, la gloriosa societ che poco dopo lunit dItalia in meno di due anni realizz il nuovo acquedotto della capitale. la storia incompiuta della bella finanza nazionale, quella che aveva tentato di modernizzare e unire il paese: la Bastogi, Acqua Marcia, Risanamento, Beni Stabili. E che oggi d lavoro soprattutto alla magistratura: Talchi Taeggi, Santa Giulia, Ponte Lambro. Erano sorte per fare le ferrovie, per portare lacqua alle citt, per debellare il colera, per dare case decenti ai popolani. Oggi saccheggiano la citt e portano una montagna di zavorra alleconomia del paese.

Primarie 1 IL PD SI DIVERTA Sandro Antoniazzi


Prendo in prestito questo suggerimento di Rousseau nella Considerazioni sul governo della Polonia per proporre al PD che con un atto catartico esca da uno stato di afflizione e di prostrazione, che rischia di paralizzarlo e di togliergli energia e dinamismo nella battaglia che ci attende; anche considerando il fatto che la battaglia non costituita dalle primarie puro prologo interno ma dalle prossime e impegnative elezioni comunali. Non c nessun motivo di piangersi addosso. Quella di Boeri stata unottima scelta di cui il partito deve andare fiero e che deve tesaurizzare. Lunica discussione aperta riguarda il fatto se il sostegno doveva essere esplicito, come av-

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venuto, o implicito. In mancanza di regole chiare la scelta del PD stata legittima, mentre rimane in discussione la sua opportunit. Mi sembra comunque di dover rilevare che nel caso della seconda scelta, quella implicita, Pisapia avrebbe comunque vinto e probabilmente con un margine superiore. Dunque, di che cosa stiamo parlando? Il problema reale (la pietra di inciampo) proviene dalla concomitanza delle candidature di Boeri e di Onida (Pisapia si era presentato per tempo, molto prima) per unincomprensione e un irrigidimento dei proponenti, che ha dato vita a due posizioni contrapposte: una posizione critica a volte decisamente pesante di Onida nei confronti del PD, un fare quadrato del PD sul proprio candidato. In questo quadro ha vinto Pisapia, un ottimo candidato, che merita di essere appoggiato senza riserve e con convinzione. Naturalmente il modo con cui ci si presenta alle elezioni, le alleanze, la

squadra, il profilo, il senso generale della proposta da offrire a Milano sono tutte cose da elaborare e da definire e in questo sar rilevante il ruolo del PD, che continua a costituire la forza maggioritaria dello schieramento di centrosinistra. E necessario anche che i dissidi manifestatisi nel corso delle primarie vengano rapidamente chiusi: non si pu andare alle elezioni con un atteggiamento reciprocamente astioso tra Onida e il PD (tra i militanti del PD serpeggia il risentimento e Onida non perde occasione di ribadire le sue accuse). Al di l delle ragioni proprie di ognuno evidente che questa situazione provoca un grave danno alla coalizione che va risolto immediatamente e responsabilmente, riportando pace tra le forze alleate. Per quanto riguarda il PD, la figura e la proposta di Boeri rappresenta in s quanto di pi alto il partito ha saputo offrire alla citt da tanti anni a questa parte. Al di l del risultato delle prima-

rie, che nulla tolgono al valore di questo contributo, sarebbe un errore abbandonare questo patrimonio. Lideale sarebbe poter avere Boeri come rappresentante del partito e della sua proposta per le prossime elezioni, dando cos conferma e continuit al lavoro intrapreso. Boeri non sar candidato sindaco, ma il PD porta alle elezioni un contributo politico di grande rilievo, condiviso e di grande significato per la citt; dunque offriamo al centrosinistra e alla citt un ottimo lavoro e il meglio delle nostre capacit. Non c nulla da recriminare. Non c nessun bisogno di tutori, fin troppo pronti a intervenire e a dare una mano; sarebbe solo un ritorno al passato, un passo indietro. Abbiamo messo in campo unottima proposta. Dobbiamo dunque essere soddisfatti, continuare nell iniziativa e guardare con fiducia e con forza alla sfida che ci aspetta.

Primarie 3 FUOCO AMICO Laura Censi


Alle primarie ha vinto Pisapia. Il duello, che ha superato in suo favore il pi roseo dei sondaggi, era tra lui e larchitetto Boeri, candidato ufficiale del Pd. Questo elemento, probabilmente, stato il principale motivo della sua debacle, e materia su cui a lungo riflettere da parte del partito democratico e dei suoi giovani leaders, che non sanno intercettare le esigenze della loro base e accettano le direttive dallalto. Non intendo rimettermi a considerare gli errori del PD milanese degli ultimi anni e valutarne al microscopio le cause e gli effetti: stato gi detto e ridetto pi volte fino alla nausea. Mi stupisco, e rimango perplessa piuttosto, nellascoltare le reazioni dei milanesi in merito allelezione di Pisapia come aspirante sindaco di Milano. Molti commenti dei suoi sostenitori erano pi concentrati nel gioire della mancata vittoria di Boeri, e a disquisire degli errori del Pd, piuttosto che a esultare per il suo successo. Questo aspetto la dice lunga sul carattere degli Italiani e sulla loro incapacit collettiva di mobilitarsi per una causa comune, come evidenziato ampiamente, in passato, da numerosi e illustri commentatori tra cui Montanelli. Mi viene in mente, a proposito, un aneddoto citato poco tempo fa, da Blair, durante unintervista, in cui, parlando dellItalia con alcuni capi di Stato, rispose al ministro pakistano, che si chiedeva come mai il nostro paese fosse privo di un nemico, che lItalia ne aveva gi troppi al suo interno, per doverne creare uno, al di fuori dei suoi confini. Il nostro paese per questo, e per altri motivi, (anche peggiori e che non voglio elencare) guardato con sospetto e incredulit dagli altri che non hanno mai compreso soprattutto le alchimie della politica nostrana. Non capisco, a questo proposito, perch molti suoi detrattori e anche alcuni commentatori vogliano ridurre lelezione di Pisapia a una esclusiva vittoria della sinistra e del partito di Vendola, disperando ormai, per questo motivo, di vedere sconfitta la Moratti e il suo entourage. Pisapia, in campagna elettorale si sempre smarcato da un abbraccio troppo soffocante dei partiti, e forse stato eletto anche per questo. Si presentato con molta umilt e mitezza, senza fare sfoggio di apparati, senza farsi soffocare da parentele troppo vincolanti (quella di Vendola) ma dichiarando sempre di voler essere il sindaco di tutti. Milano ha bisogno di un buon amministratore, pi che di un politico, un sindaco che sappia correggere gli errori della Moratti e con ci dia un segnale di cambiamento avvertibile da TUTTI i cittadini, al di sopra delle parti e delle lobbies. Sar un compito molto difficile, che richieder laiuto anche e soprattutto di chi ha perso, di chi non ha partecipato, dei moderati, dei delusi. Mi auguro che la sua capacit di dialogare con tutti, maturata negli anni del suo impegno parlamentare, porti buoni frutti. Intanto i delusi non si strappino i capelli, ma cerchino di collaborare. Mi stupiscono anche a Roma, quei politici che parlano di un terzo polo per cercare di influire sulle elezioni milanesi. Si parla di pressioni di Fini, Casini, e Rutelli, per la ri-candidatura di Albertini contro la Moratti. Ma Albertini non il nuovo per Milano, i cittadini lo conoscono bene da molti anni e non ne sono affatto entusiasti. Anche altri, nel Pd, vogliono interferire sulle elezioni milanesi imponendo un candidato diverso da Pisapia: se Albertini non volesse ri-candidarsi, magari proporre una persona che piaccia allelettorato cattolico moderato. La rincorsa al voto cattolico non nuova tra le file del Pd, ma il suo elettorato non si riconosce pi nelle logore categorie destra-sinistracentro, e vuole una persona presente sul territorio indipendentemente dalle appartenenze. Una politica che si fonda su partiti tenuti insieme pi dal carisma delle persone che da programmi di governo concreti, portata a frammentarsi al suo interno in tante piccole correnti, tra loro antagoniste, che si evidenziano per la loro intrinseca fragilit, e decadono, non appena il loro leader viene

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oscurato. La gente non vuole pi questa vecchia politica, rissosa, fragile e senza contenuti, ma essere capita nei bisogni

concreti, nelle proprie esigenze, e a Milano vuole un sindaco che interpreti le sue reali necessit.

Scrive Roberto Mariani al Direttore


Caro LBG, come al solito non posso che sottoscrivere le sue considerazioni. Gli errori che a mio parere stava facendo il PD sostenendo Boeri, che era per altro il mio candidato, si sono rivelati fatali. Boeri non aveva bisogno del PD, ho avuto l'impressione che quest'ultimo lo abbia indirizzato in una campagna elettorale nobilissima ma troppo spostata verso tematiche che tendevano a separare i famosi pezzi di citt di cui sentivo spesso parlare, non a unirli. Voglio dire: non abbiamo mai sentito nominare una volta la Milano del ceto diciamo medioalto, quella borghesia tanto bistrattata ma che comprende una buona fetta di elettorato milanese. Non ho mai sentito parlare dell'illuminazione, pulizia, decoro urbano, servizi pubblici e culturali, musei, mostre e altro di quella parte di citt che io principalmente transito e vivo: la cerchia interna del naviglio. Vanno bene le periferie, rom e immigrati, precari e case popolari, giovani artisti e teatranti, ma Milano anche altro, e quest'altro merita di meglio di quello che ha. Ed stato dimenticato da un Pd che ho avuto la sensazione abbia intavolato una inconscia forma di autolesionistica lotta di classe fuori stagione. Il risultato, e lo dico a ragion veduta e che questa Milano si disamorata di Boeri, definito suo malgrado troppo radical chic, disinteressata delle primarie e la scarsa affluenza ai seggi lo ha dimostrato. Anche io in un certo senso ho votato Boeri a scatola chiusa. Che per favore ne prendano atto.

RUBRICHE MUSICA
Questa rubrica curata da Palo Viola @arcipelagomilano.org

Lonquich e Schumann
Un bel concerto prima ancora di essere ben eseguito deve avere un programma stimolante, un programma che permetta allascoltatore di seguire un filo logico e di essere coinvolto in un percorso di approfondimento; e il percorso inizia con quei momenti magici che precedono le prime note, gi seduti al proprio posto a leggere il programma di sala per entrare nellatmosfera che si creer di l a poco. Certo occorrerebbe arrivare con qualche minuto di anticipo, non avere pensieri molesti n vicini ciarlieri, avere un programma di sala fatto bene (cosa non sempre vera) e poi come dicevamo che vi sia un buon programma sul quale ragionare, che ci faccia approfondire un particolare momento della storia della musica, o il percorso di un autore, o levolversi di una forma musicale, o ancora una ricerca sulle influenze che le opere musicali esercitano nel tempo una sullaltra, o mille altri modi che comunque diano un senso al concerto. Non ci ripeteremo dicendo quanto siano insulsi quei programmi che hanno il solo scopo di mettere in evidenza la bravura dellinterprete o ci propongono di tutto un po per accontentare tutti i gusti del pubblico. Fatte queste premesse, vorremmo elevare un pubblico ringraziamento ad Alexander Lonquich che la settimana scorsa ci ha proposto un concerto di grande interesse e grandissima godibilit, a prescindere dalla capacit interpretativa sua e degli ottimi partner che si scelto. Dei due autori di cui ricorre il bicentenario della nascita nellanno che sta per concludersi, Chopin e Schumann, sicuramente del secondo che si trovano ancora opere ancora non troppo conosciute, o meglio poco eseguite, e dunque giusto che verso Schumann si siano indirizzati questanno i repertori dei concertisti; cos ha fatto Lonquich che laltra sera nella sala del Conservatorio di Milano, al pianoforte, ha eseguito i primi due Trii - lopera 63 e lopera 80, tralasciando il terzo e ultimo, lopera 110, che anche il pi noto - facendosi accompagnare da due magnifici musicisti, Hanna Weinmeister al violino e da Nicolas Altstaedt al violoncello. Diciamo facendosi accompagnare perch, come noto, il rapporto privilegiato di Schumann con il pianoforte era tale (si pensi alla sua storia di amore e di musica con Clara, grande pianista e sua fedele interprete) per cui a esso attribuiva fatalmente un ruolo da protagonista, immaginandolo sempre affidato alla adorata moglie, e relegava gli altri strumenti a ruoli da comprimari. Ciononostante la presenza e leleganza dei due archi era tale da assicurare un perfetto equilibrio fra le parti e le esecuzioni sono state emozionanti, nitide, coinvolgenti, insomma piene di fascino. Ma ecco che per dare al concerto quella marcia in pi che lo ha reso straordinario, fra un Trio e laltro Lonquich ha cambiato radicalmente compagine e insieme alla sua compagna di musica e di vita la brava pianista Cristina Barbuti ha eseguito dello stesso Schumann i molto poco noti Zwlf vierhndige Klavierstcke fr kleine und grosse Kinder (letteralmente i Dodici pezzi per pianoforte a quattro mani per piccoli e grandi bambini) Op. 85, che sono un curioso replay delle celeberrime Kinderszenen (Scene infantili) Op. 15. Si sa poco del rapporto di Schumann con i bambini: nei quattordici anni vissuti insieme, Robert e Clara hanno avuto ben otto figli, cosa miracolosa se si pensa che lei girava lEuropa come concertista, quasi sempre seguita da lui (in una sorta di conflitto permanente fra le esigenze di mobilit della pianista e quelle di stanzialit del compositore) e che il suo mestiere la costringeva, ovviamente, a esercitarsi in

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continuazione al pianoforte. Ed difficile immaginare che Robert, afflitto dalla depressione e da quella instabilit psichica che lo ha portato prima al tentativo di suicidio e poi a vivere gli ultimi due anni in un manicomio, potesse dedicare tanta attenzione ai suoi bambini; tuttavia, oltre a quelli citati, ha scritto altre tre opere per ragazzi - lAlbum op. 68 e le Tre Sonate op. 118 per la giovent, e il Kinderball (il Ballo dei bambini) op. 130 - tutte per pianoforte a due o quattro mani.

In queste opere generalmente composte da brevi pezzi hanno grande importanza i titoli, cos come accade per i quadri che in un certo senso imitano (come magistralmente ci ricorder Musorgskij), ed sempre sorprendente la loro apparente semplicit e il loro candore; e chi ha avuto la ventura di visitare lappartamento degli Schumann a Lipsia non potr, ascoltandole, non commuoversi allidea chesso sia diventato oggi un caldo e accogliente asilo infantile! Tornando al concerto di Lonquich, quellintermezzo dei Dodici pezzi -

che faceva trasparire la gioia del suonare insieme di Alexander e Cristina, con la deliziosa allusione a Robert e Clara che suonavano per i loro bambini grandi e piccoli - inserito fra le pagine ben pi complesse dei due Trii ha introdotto momenti di freschezza e di serenit assolutamente essenziali per il pieno godimento del concerto. Fantastico esempio di un programma concepito per servire la musica e gli ascoltatori piuttosto che la vanit e la civetteria dei suoi esecutori.

ARTE
Questa rubrica a cura di Virginia Colombo @arcipelagomilano.org

Filippo Lippi e il nuovo capolavoro per Milano


e paffuto che tende le braccia verso Maria, ma con unespressione del volto severa, quasi gi conoscesse il destino che lo aspetta. Sullo sfondo pastori inginocchiati, suonatori di corni e cornamuse, cori di angeli adoranti che cantano levento straordinario, il figlio di Dio nato sulla terra. Il paesaggio stesso speciale. Una distesa di rocce, una terra arida scavata a gradoni, che fa venire in mente gli innovativi paesaggi giotteschi. La scena risulta immobile, come cristallizzata, con i personaggi fermi nelle loro pose eterne, immersa in un silenzio denso di preghiera e novit. Due per sono i personaggi che Lippi aggiunge a questa scena sacra, inediti nel tema della Nativit. Il primo San Vincenzo Ferrer, sulla destra, abbigliato con labito tipico dei domenicani, un libro aperto in mano e lo sguardo rivolto verso un Cristo clipeato. E lelemento inquietante che rompe con questa armonia silenziosa proprio il versetto scritto su quel libro, Temete Dio perch verr lora del Suo giudizio. Un monito apocalittico, spiegabile forse con le angosce vissute da Lippi stesso. Monaco, pittore, dopo aver lavorato negli stessi cantieri toscani di Masaccio e aver conosciuto la lezione di Paolo Uccello e Donatello, nel 1456 incontra la monaca Lucrezia Buti, bellissima dicono le fonti, di cui si innamora. Da questo amore illegittimo nascono Filippino, pittore anche lui, e una figlia. Ecco il perch di un monito cos duro, che nasceva da un profondo senso di colpa, dovuto al fatto che i due amanti avevano tradito e abbandonato i loro voti monastici. E proprio Lucrezia e Filippino furono i modelli per la Vergine e il Bambino, in un continuo scambio tra amore sacro e profano, commovente omaggio alla sua famiglia. Inoltre la presenza di San Vincenzo spiegabile anche con la canonizzazione del santo avvenuta solo un anno prima e per questo motivo la sua figura fu richiesta formalmente dai committenti dell opera, i domenicani di San Domenico a Prato. Laltra figura uno strano San Giorgio, con armatura e vessillo ma senza drago ai piedi. E proprio questo santo pu essere letto anche come un san Michele arcangelo, ma senza ali, che nellApocalisse vince il drago, simbolo del male, proprio come san Giorgio. Insomma unopera che rompe con liconografia tradizionale, densa di significati. Addirittura ci sono delle corrispondenze con le Rivelazioni trecentesche di Santa Brigida di Svezia. Una bella opera, adatta pi che mai al prossimo periodo natalizio e a una visita con la famiglia. Con un occhio di riguardo anche ai pi piccoli, per i quali vengono realizzati ad hoc laboratori e attivit didattiche la domenica pomeriggio.

Per lottavo anno il Museo Diocesano di Milano porta in citt liniziativa Un Capolavoro per Milano. Una sola opera, significativa e importante, esposta in uno spazio riservato del museo, per permettere di osservare al meglio il capolavoro prescelto. Dopo nomi importanti come Caravaggio, Van Gogh e Mantegna, solo per citarne alcuni, il turno di fr Filippo Lippi, pittore fiorentino. Lopera proviene dal Museo Civico di Prato, ed la bella Nativit con San Giorgio e San Vincenzo Ferrer, datata 1456 circa. Unopera su tavola, tradizionale ma innovativa al tempo stesso. Leleganza dei personaggi, avvolti in morbidi manti, lespressione tenera e assorta insieme, lelemento naturale e naturalistico dello sfondo. Elementi che rendono questa opera affascinante e misteriosa. Il nucleo della scena senza dubbio la Sacra Famiglia. Giuseppe, accovacciato, le mani giunte, in preghiera davanti a quel figlio cos speciale; la Vergine, bellissima col suo profilo perfetto e nobile, intreccia il suo sguardo a quello del figlio, deposto a terra sullo stesso manto della madre. Un bambino tenero

La Nativit di Filippo Lippi 16 novembre 2010-30 gennaio 2011 Museo Diocesano di Milano corso di Porta Ticinese, 95 Orari: marted - domenica ore 10-18 Costi: intero 8, ridotto 5, marted 4

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Quelle fotografie che non riusciamo a guardare


Una mostra addirittura vietata ai minori di 14 anni quello di cui andiamo a parlare questa settimana. Una mostrashock, che riunisce insieme, nei bei spazi della Triennale, le brutture, le aberrazioni e aspetti del male in genere che ci circondano. Parole forti per immagini altrettanto forti. Il titolo della mostra spiega gi tutto: Disquieting images, cio Immagini inquietanti. E inquietanti alcune lo sono davvero, per non dire altro. Curata da Germano Celant e Melissa Harris, la mostra raccoglie una serie di fotografie, dagli anni 70 a oggi, in cui si affrontano i temi pi diversi e disparati, con un unico filo conduttore: metterci davanti agli occhi quello che invece tentiamo di rimuovere perch ci urta, ci colpisce nel profondo, ci sconvolge. Vari sono i soggetti, che rappresentano i temi pi scottanti e problematici della nostra attualit. Sesso, omosessualit, sadomasochismo, guerra, morte, mutilazioni volontarie, mafia e guerra tra bande, abusi sugli animali, disastri ambientali, genocidi, diversit fisica, identit sociale, razzismo, indifferenza verso gli altri. Una sfilza di immagini davanti alle quali si vorrebbe chiudere gli occhi e voltarsi dallaltra parte, pur sapendo che non si pu, che non si possono ignorare perch testimonianze del mondo reale. Si arriva alla fine quasi a fatica, con un peso dentro e unangoscia, uninquietudine appunto, che non abbandona lo spettatore neanche una volta uscito dalle sale. E l'opera o la circostanza a essere inquietante, oppure la risposta data dagli altri a darne questa chiave di lettura? Questa la domanda sottintesa a tutta la mostra, posta proprio dagli organizzatori. Sono fotografie scattate in ogni parte del mondo, quasi a dimostrazione che gli uomini sono tutti uguali e hanno comportamenti e ossessioni simili, indipendentemente dal paese, dalla razza, dalla propria storia personale. Accade cos di trovare perversioni sessuali diverse, dal sesso casuale di gruppo praticato in Giappone, alle celebri fotografie sul sadomaso estremo di Mapplethorpe, agli uomini di Elena Dorfman, compagni fedeli alle loro silenziose bambole gonfiabili, curate e amate come se fossero donne in carne e ossa. E in questa galleria degli orrori non potevano mancare le foto sugli orrori veri, cio morti, guerre, devastazioni e genocidi, come quello del Rwanda o dello Zaire, ritratti in una lunga sequenza da Gilles Peress nel 1994. Toccanti le foto di Stephanie Sinclair, che ritraggono donne irachene auto immolatesi col fuoco per sfuggire a una realt che di umano per loro non ha pi niente, neanche nella sfera familiare. Donne distrutte in ogni senso, morenti, ma che con grande dignit hanno deciso di farsi ritrarre per testimoniare con la loro sofferenza muta una grande piaga sociale. Immagini che davvero non si riesce a sopportare, sono i tanti bambini nati storpi e deformi in Vietnam, buttati in strada e costretti a chiedere lelemosina per vivere. Certe cose non si possono raccontare, bisogna vederle, sempre che si abbia abbastanza stomaco. Insomma linquietudine del titolo solo uno dei sentimenti che si prova davanti a queste foto. Per lo pi verso quei temi come la propria identit, verso i disagi familiari e i cambiamenti della vita di una persona, seguiti e documentati nelle fotografie di Lise Sarfatti e Mary Ellen Mark. Per le restanti immagini si prova molto pi che semplice inquietudine. Disquieting images/Immagini inquietanti fino al 9 gennaio 2011 Triennale di Milano viale Alemagna 6 Orari: marted-domenica 10.30-20.30; gioved e venerd 10.30-23.00 Costi. Intero 8, ridotti 6,50 e 5,50.

I nuovi volti della scultura contemporanea


Alla Fondazione Pomodoro fino al 30 gennaio 2011 in programma la mostra La scultura italiana del XXI secolo. Una mostra bella davvero, di quelle che vale la pena vedere. Ricca, interessante, interattiva, colorata. Nei grandi spazi della Fondazione si cercato di ricostruire il percorso svolto dalla scultura in questi ultimi anni. Chi si aspetta per una mostra piena di statue in marmo, gesso o bronzo, con i soliti soggetti neoclassici da museo, rimarr profondamente deluso. E sconcertato. A partire dai materiali. Chewing gum, copertoni, led, coriandoli, animali impagliati, piante, unghie finte, perfino le ombre sono incluse tra i materiali presenti nelle didascalie a descrizione delle opere. La scultura del XXI secolo pu essere fatta da qualsiasi cosa. E se il visitatore ostinato volesse mettersi a cercare qualcosa fatto con i materiali canonici della scultura (e ci sono), lo troverebbe anche, ma rimarrebbe lo stesso sconvolto dalla scelta molto poco classica dei soggetti. A cinque anni di distanza dalla mostra La scultura italiana del XX secolo ecco la sua ideale continuazione con unesposizione ospitante ottanta tra gli artisti italiani pi famosi e quelli emergenti. Una bella sfida per gli organizzatori e per chi si vuole imbarcare nellimpresa (a volte disperata) di capire in che direzione sta andando la scultura di oggi. Una mostra che vuole volutamente aprire e lasciare aperte domande e interrogativi, a partire proprio dal soggetto. Scultura il termine pi esatto per definire quello che il curatore Marco Meneguzzo ci propone? O forse non sarebbe meglio usare altri termini, da intersecare tra loro, come installazioni, architetture ed esperienze visive? Insomma una disciplina da definire di nuovo, tenendo conto dei suoi strumenti e dellibridazione dei linguaggi. Non c pi nulla di certo, non i soggetti, non di sicuro i materiali. Ci si pu cos trovare ad ammirare il cavallo tassidermico appeso al muro (senza testa) del solito Cattelan, per poi passare al bellissimo Il grande volante VIII di Corneli, creato con stampi in acciaio, lampade e ombre (quelle sul muro, che creano limmagine finale, di nessuna consistenza fisica), per giungere alluomo fatto di chewing-gum rosa shocking di Maurizio Savini (esperienza anche olfattiva). Una variet di materiali reperibili nella vita quotidiana ma soprattutto deperibili, come gli intrecci di carta di Stefano Arienti o il cubo di coriandoli di Lara Favaretto. Basterebbe un nulla per distruggerli, niente a che vedere con la solidit delle statue del passato che hanno attraversato i secoli per giungere fino a noi. Ma dopo tutto il solito problema dellarte contemporanea, in ogni sua forma. Come si fa a definire cosa arte e cosa non lo ? Ci sono ancora materiali nobili da preferire per creare unopera darte? Sicuramente no. Bisogna solo mettersi nellottica giusta, avere una mente aperta e dimenticarsi di cosa ci hanno insegnato a scuola. E finita lera del marmo, delle veneri e degli eroi mitologici. O meglio, se ci sono ancora non hanno sicuramente pi quel significato. E lora di accettare larte dei nostri tempi, non solo quella passata per una lunga e forzata storicizzazione. E non detto che si debbano per forza perdere tutti i nostri punti di riferimento. Un esempio? Il famosissimo David di Donatello presente anche

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qui. Solo che rosa, ha un seno abbondante e si chiama Donatella.

La scultura italiana del XXI secolo

fino al 20 gennaio 2011 Fondazione A.Pomodoro via Solari, 35 Orari: mercoled - domenica dalle 11 alle 19. Gioved dalle 11 alle 22. Costi: intero 8,00 . Ridotto 5,00

Ingresso libero la seconda domenica del mese

Dali superstar a Milano


Una folla da prima cinematografica ha invaso Palazzo Reale in questi giorni. Folla allinaugurazione, folla alla apertura al pubblico della mostra. E non poteva essere diversamente trattandosi di una super star dellarte, Salvador Dal, a Milano dopo 50 anni dallultima rassegna. La mostra, aperta il 22 e intitolata Dal. Il sogno si avvicina uninteressante panoramica su un aspetto poco analizzato della sua opera, il rapporto con il paesaggio, quello della sua terra natia, la Catalogna, le scogliere dellAlto Ampurdn, il golfo di Cadaques. La mostra, divisa in stanze tematiche un viaggio alla scoperta di un Dal non solo surrealista eccentrico ma anche poeta mistico e religioso. A modo suo. Dal nasce a Figueres, vicino a Girona nel 1902. Figlio di un notaio, inizia a dipingere gi da ragazzino con una tecnica che si avvicina ai neo impressionisti. Studia allAccademia di Belle Arti di Madrid da dove per viene cacciato dopo pochi anni per il suo comportamento troppo sovversivo. Da quel momento inizia a formarsi il vero Dalpersonaggio. Baffi a manubrio, abbigliamento stravagante, uscite e dichiarazioni ancor pi eccentriche. Si lega a Bretn e ai surrealisti. I suoi amici hanno contribuito alla storia dellarte e della cultura del Novecento:conosce Picasso, incontra Freud, lavora con Bunuel, Man Ray, collabora con Hitchcock, amico fraterno di Garcia Lorca, che, disse Dal, tent di farlo diventare il suo amante. Lincontro che cambi davvero la sua vita fu quello con Gala, sua futura moglie, musa, gemella, parte mancante di lui. Incontro galeotto, perch Gala era sposata col poeta surrealista e amico di Dal Paul Eluard. Questo fu solo il primo di una lunga serie di scandali. Personaggio fuori dal comune, stato un artista straordinario, completo. Pittore, scrittore, sceneggiatore e co-regista di film, disegna abiti per famosi stilisti, fa scene e costumi per balletti teatrali, produce un suo profumo, disegna gioielli, mobili, fu vetrinista speciale in un grande magazzino di New York. Gir anche degli spot pubblicitari. La differenza tra me e i surrealisti che io sono surrealista disse. Questa dichiarazione, insieme a molte altre, gli valse il ben servito dal gruppo di Bretn. In mostra, i paesaggi aridi catalani sono usati come sfondo teatrale alla miriade delle immagini-feticcio preferite da Dal: telefoni giganti, orologi molli, grucce, formiche, giocatori di baseball, limmancabile Gala e le uova. Uova da cui era ossessionato, secondo la sua teoria del molle e del duro. E un uovo gigante infatti accoglie il visitatore in mostra, a contenitore della prima opera del percorso, una super surrealista Venere di Milo con cassetti. E pon pon di pelliccia. Nelle varie stanze prende forma un Dal meno conosciuto. Non solo il surrealista ossessionato dalla sessualit e dai fluidi corporei ma soprattutto il fine conoscitore delle tecniche pittoriche e della storia dellarte, sperimentatore delle nuove scoperte ottiche. Dal profeta del clima bellico, lui, pittore apolitico per scelta e anzi opportunista. Quando scoppia la guerra civile spagnola, nel 1939, Dal va in esilio volontario in America e in Italia, dove ha la possibilit di approfondire il Rinascimento italiano, per lui la massima espressione della perfezione. Tutte le sue opere sono disseminate di riferimenti culturali, anfore antiche, busti e statue greche, citazioni-parodieomaggio a Velazquez, Michelangelo, Leonardo. Sconvolto dal lancio della bomba atomica, si innamora dellatomo, della fisica e i paesaggi diventano post atomici, le particelle atomiche compaiono nelle sue opere. Punto forte dellesposizione la ricostruzione del salotto surrealista da abitare (la prima versione a Figueres), la stanza col volto di Mae West, la diva americana degli anni Trenta. Dopo aver visto la sua foto su una copertina Dal crea un vero salotto, in cui il visitatore invitato a sedere sul Dalilips, divano a forma di rosse labbra carnose, vero oggetto di design prodotto in serie. Intorno un camino a forma di naso e boccoli biondi come tende, mentre un proiettore permette allo spettatore di vedersi in contemporanea sulla parete di fronte. Secondo esplicita volont di Dal. Lultima stanza mostra un Dal che non ti aspetti, cattolico ma agnostico al tempo stesso, su sua ammissione. Un crocifisso sospeso, angeli in una terra apocalittica, il volto di Gala, ormai morente, a indicare la spiritualit di un uomo che anelava a toccare il cielo, a trovare una strada per comunicare con Dio. Conclude il percorso il cortometraggio animato e inedito Destino, con i disegni creati nello studio Disney nel 1946 e realizzato per la prima volta nel 2003. Un mondo surreale, popolato dalle sue fantasie e ossessioni. Una chicca per la prima volta in Italia. Le opere provengono soprattutto dal Teatro-museo di Dal a Figueres, monumento e trionfo del kitch che progett e costru lui stesso e dove volle farsi seppellire, nel 1989. Non una retrospettiva n una mostra antologica. Unoccasione per conoscere meglio un artista troppo spesso banalizzato.

Dal. Il sogno si avvicina. Dal 22 settembre al 30 gennaio 2011. Palazzo Reale. Orari: marted- domenica 9.30/19.30 luned 14.30/19.30 gioved e sabato 9.30/22.30 Biglietti. Intero: 9 . Ridotto 7,5

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TEATRO
Questa rubrica a cura di Guendalina Murroni @arcipelagomilano.org

Muta Imago
I Muta Imago tornano a Milano al Pim Off con Displace # 1 La Rabbia Rossa il 27 e il 28 novembre. Il gruppo, tra i pi rinomati del teatro sperimentale italiano, metter in scena la prima parte di un grande progetto, appunto Displace due performance separate e autonome, mentre la seconda parte, Displace # 2 Rovine, andr in scena a fine novembre 2011 a Roma. Questo progetto tratta della rabbia che sta travolgendo tutti, la sensazione che pervade il nostro corpo in questo momento assieme allo spaesamento. La Rabbia Rossa una reazione a questo, una richiesta di poter esistere, la rabbia rossa anche quella che vediamo negli sguardi delle persone che incontriamo per caso nelle strade: la rabbia rossa gi l, un nucleo di violenza pronto a esplodere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, e per qualsiasi ragione.

In scena
Debutta al Teatro Filodrammatici Odissea 1. Il Ritorno regia di F. Visconti. UnOdissea in chiave moderna per riportare alla memoria la guerra dellEx-Yugoslavia. Sold-out di Toni Servillo con La Trilogia della Villeggiatura di Goldoni, in scena al Teatro Grassi fino al 12 dicembre

CINEMA Sraphine
di Martin Provost [Francia/Belgio, 2008, 125'] con Yolande Moreau, Ulrich Tukur, Serge Larivire, Nico Rogner
Una mano si immerge e sfiora l'acqua di un ruscello, quasi come una carezza delicata. Cos ha inizio Sraphine (Francia/Belgio, 2008, 125') di Martin Provost. Quella mano di Sraphine Louis (Yolande Moreau), sgraziata domestica di Senlis, cittadina non lontana da Parigi. Siamo nel 1913. Poi, lo sguardo di Sraphine viene attratto dal suono delle campane, e si posa con devozione su una chiesa poco sopra di lei. In poco pi di un minuto, Martion Provost regista e co-sceneggiatore del film descrive le due profonde passioni di Sraphine: natura e spiritualit. Forse per, dietro a quelle mani che si nasconde qualcosa, pi di una semplice carezza. Le mani di Sraphine. Le stesse mani con cui, tutti i giorni, si dedica ai lavori domestici in case borghesi che non si accorgono nemmeno della sua presenza. Lava, spolvera, cucina, raccoglie. Ma di notte, in solitudine, Sraphine si abbandona all'esigenza di dipingere. Unesigenza pi che un passatempo. solo attraverso la pittura che la donna raggiunge uno stato di serenit quasi divino. La sua misteriosa vena artistica esplode al contatto con la natura; un rapporto quasi carnale con il Creato. Abbraccia appassionatamente gli alberi, si rilassa camminando nei boschi, si immerge totalmente nel verde: una condivisione fisica e mentale che la trasporta in uno stato di trance. Dietro i modi fanciulleschi e gli occhi profondi di Sraphine c' un mistero. Un segreto intimo che si manifesta nei suoi dipinti. Ma lo sguardo di Provost non indagatore: il regista non vuole capire, ma semplicemente mostrare. Mostra come dietro alla quotidianit di una donna qualsiasi, si possa nascondere un genio incompreso. Mostra la sensualit di Sraphine nel rapporto con la natura, e la sua spiritualit religiosa. Mostra Sraphine Louis (conosciuta poi come Sraphine de Senlis), pittrice naf francese, il cui talento stato capito soltanto dal collezionista d'arte Wilhelm Uhde (Ulrich Tukor, gi protagonista in La vita degli altri di von Donnersmarck). A Uhde non piace il termine naf, preferisce definire lo stile di Sraphine primitivo. Molto pi calzante per un'artista che prepara i suoi colori con la terra e con il sangue degli animali. Wilhelm attratto, conquistato dalla follia artistica di Sraphine. Follia artistica che, col tempo, degenerer in pazzia. Contemplazione della natura ed estasi mistica sono le muse che scatenano l'arte di Sraphine. Ma dietro a ogni suo dipinto c' il lavoro delle mani. Quelle mani che lavano, spolverano, cucinano e raccolgono. Le mani che accarezzano. Le mani che pregano. L'unico mezzo attraverso cui Sraphine pu far convergere natura e spiritualit. Paolo Schipani In programmazione al Cinema Mexico ://www.cinemamexico.it/

Illegal
di Olivier Masset-Depasse [Francia/Belgio/Lussemburgo, 2010, 95'] con Anne Coesens, Esse Lawson
Illegal un film in cui il regista, Olivier Masset-Depasse, decide di trattare un tema quanto mai attuale e complesso, limmigrazione. La protagonista, una donna bielorussa, riuscita a emigrare in Belgio con suo figlio piccolo. I suoi continui sforzi per mettersi in regola sono sempre vani, il sistema che la sfrutta come lavoratrice-fantasma non le

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permette di ricevere lagognato permesso di soggiorno. La cattura della donna da parte della polizia e la conseguente detenzione allinterno dei centri di permanenza temporanea portano lo spettatore allinterno di un contesto sconosciuto, ci presentano spazi allinterno delle nazioni in cui viviamo dove etica e morale sono irrimediabilmente scomparsi. Tutte le tragiche esperienze di campi di lavoro e concentramento, di cui abbia-

mo vivido il ricordo attraverso film o fotografie, non hanno impedito alle persone di ricrearne delle copie tanto identiche nella loro disumanit. La crudelt del sistema espressa con grande forza, merito sia del genere scelto dal regista, che inserisce questa storia drammatica in un thriller che fino allultimo lascia spazio a ogni tipo di finale, sia della telecamera a mano che ci immedesima indissolubilmente in questa mamma disperata ma mai doma che vorrebbe

solo riabbracciare il proprio bambino di dodici anni. Marco Santarpia

In programmazione al Cinema Eliseo: orari 15.00, 16.50, 18.30, 20.30, 22.30

Festival del cinema muto


Da segnalare questo mese a Milano, il festival del cinema muto che si presenta con la sua prima edizione dedicata a Charlie Chaplin. Il festival si sviluppa con incontri e proiezioni a Milano e provincia dal 17 novembre al 16 dicembre. Da non perdere assolutamente, domenica 28 novembre alle ore 11.00 al cinema Anteo, la visione di Tempi moderni, il capolavoro di Charlie Chaplin in una versione restaurata con laudio originale. Chaplin un personaggio poliedrico, unico nel panorama cinematografico del 900. Questo festival offre unoccasione imperdibile per avvicinarsi a un artista di tale spessore, soprattutto per i giovani che difficilmente avranno potuto ammirare le sue pellicole sul grande schermo. Marco Santarpia Per maggiori informazioni e per il programma completo: .cinemamuto.it.

GALLERY

VIDEO STEFANO BOERI: IL PD CHE VORREI ://www.youtube.com/watch?v=XEbBuH0SwaI VALERIO ONIDA: ALLARGARE I CONSENSI ://www.youtube.com/watch?v=hCfzkfW6uvo GIULIANO PISAPIA: UNA CONVENTION PER IL PROGRAMMA ://www.youtube.com/watch?v=hicoKeWASC0
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