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ANtroPoLogIA DELLE IStItUzIoNI

G(lobal) T(axonomic) S(ystems): sistemi tassonomici dellimmaginario globale. Prime ipotesi di ricerca a partire dal caso Unesco*
di Berardino Palumbo

1. Un po per gioco Diego, mio figlio, che ha da poco compiuto sette anni, per il suo compleanno ha ricevuto in regalo molti libri e, tra questi, il suo primo atlante geografico. I libri gli piacciono, ma la sua passione vera il calcio, attivit nella quale d gi buone prove di s, nei suoi due allenamenti settimanali. Latlante, per, in maniera per me inattesa, riuscito, per un attimo, a unificare la passione calcistica e lamore, per cos dire, intellettuale. Sfogliando le sue pagine, infatti, Diego si imbattuto nellelenco degli Stati nazionali, organizzato per continenti. Al fianco di ciascun nome di Stato, la bandiera nazionale, di modo che, per il suo occhio non ancora alfabetizzato, quello era almeno cos credevo un elenco di figure, simili ai regoli colorati che usa a scuola. In realt Diego dispone gi di chiavi di lettura sofisticate, per quanto non letterarie: scorrendo lelenco con il dito, si ferma su una bandiera e mi chiede: Pap, ma questa la squadra che ha giocato contro lItalia tanti anni fa?. In quellelenco di emblemi nazionali lui leggeva, o quantomeno cercava, delle nazionali di calcio: la bandiera italiana, sulla quale siamo poi andati, era per lui legata alla nostra nazionale di calcio, che ha avuto modo di seguire, in tv, per i Mondiali di calcio del 2006 e gli Europei del 2008. Questo aneddoto mi sembra contenere alcuni elementi di riflessione. Intanto sembrerebbe che Diego, il quale ha gi da tempo incorporato la presenza quotidiana e capillare delle istituzioni dello Stato nazionale, riesca ad averne una prima, aurorale forma di consapevolezza attraverso il calcio: lItalia si materializza con le sembianze della squadra. Nello stesso tempo, per, come nel pi classico schema simbolico delle bandiere nazionali1, la sua Italia* Per tutta la documentazione Unesco citata nel testo si veda www.unesco.org; per tutta la documentazione Fifa citata nel testo si veda www.fifa.com.

Meridiana, n. 68

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del-pallone gli si rivela nella contrapposizione con una diversa squadrabandiera, allinterno di una lista di altre possibili squadre, indicate da altrettanti colori. Da ragazzo ero anchio un attento conoscitore di bandiere e capitali nazionali, oltre che un appassionato di sport, ma non mi mai venuto in mente di associare le bandiere nazionali direttamente a un sistema-mondo calcistico, organizzato in squadre nazionali tra loro simili e contrapposte. Evidentemente, ai miei tempi, la logica strutturale dello Stato nazione con le sue tipiche tecnologie: mappe, confini, censimenti, numeri2 non ammetteva ancora deroghe: uno Stato nazione una bandiera, una bandiera una patria. Nel mondo di Diego, invece, in assenza di un possibile valore simbolico assegnato e assegnabile alla bandiera nazionale, il segno bandiera tende ad assumere un valore iconico, quasi indessicale, pur mantenendo il proprio carattere sistemico e differenziale. Certo, a sette anni non possibile costruire e vivere unadesione a un sistema di simboli cos stratificato e arbitrario come quello dei nazionalismi, ma la differenza non mi sembra legata solo allet. Quello che mi colpisce, infatti, della lettura di Diego, la facilit con la quale, al di l di ogni connotazione simbolico-nazionalista, il modello classificatorio iconico- segmentario del sistema calcio, evidentemente impiantato su quello dello spazio politico-diplomatico degli Stati nazionali, viene percepito e riconosciuto. Laneddoto, in altre parole, mi sembra possa essere indice sia della forza di alcune forme di classificazione di portata transnazionale, sia di alcuni effetti del loro operare. In questo scritto intendo iniziare a riflettere proprio su quelli che propongo di chiamare gts (global taxonomic Systems): sistemi tassonomici istituzionalizzati attraverso i quali agenzie transnazionali danno forma a, e organizzano un, immaginario di portata globale, agendo, cos, come strumenti di una governance planetaria capaci di plasmare attitudini, emozioni e valori di milioni di persone. Alcuni di questi sistemi hanno gi attirato lattenzione di antropologi e altri scienziati sociali. Penso, come detto, alluniverso iperstrutturato dello sport, con le sue federazioni mondiali (il Cio e la Fifa, ad esempio), a loro volta organizzate in federazioni continentali, nazionali, regionali, locali3; penso anche, per,
r. Firth, I simboli e le mode, Laterza, roma-Bari 1977 (ed. orig. citt??? 1973), p. 313. B. Anderson, Imagined Comunities, Verso, London 1991 (ed. orig. CITT?????? 1983); A. Appadurai, Modernity at Large. Cultural Dimension of Globalization, University of Minnesota, Minneapolis 1996. 3 Si vedano, ad esempio, loramai classica analisi del cricket indiano condotta ivi alle pp. 89-113 e alcune considerazioni di A. Bausinger, La cultura dello sport, Armando, roma 2008, in particolare alle pp. 185-225. Per unintroduzione di qualche anno fa allantropologia dello sport Anthropology, sport, and culture, ed. r. Sand, Bergin and garvey, Westport 1999. Per una presentazione italiana della letteratura antropologica sullo sport, cfr. A. Simonicca, Introduzione,
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a scenari apparentemente meno formalizzati, pi liberi come quello del turismo (con le sue stereotipizzazioni e specializzazioni areali)4 o, ancora, allo spazio sempre pi ampio coperto dalle classificazioni della tipicit alimentare (organizzate su scala mondiale, continentale, regionale e locale)5. Scenari, questi, accomunati dal carattere transnazionale, dalla presenza di agenzie istituzionali capaci di dare organizzazione al mondo attraverso precisi schemi tassonomici e dal condividere una spesso implicita adesione e unaltrettanto implicita capacit di dare corpo a uneconomia morale6, a una gerarchia globale di valori7 stretta-

in Bausinger, La cultura dello sport cit., pp. 9-34. tra i numerosi studi etnografici sul calcio, per quanto su posizioni teoriche diverse da quelle qui adottate, C. Bromberger, La partita di calcio. Etnologia di una passione, Editori riuniti, roma 1999 (ed. orig. citt??? 1995); E.P. Archetti, In search of national identity: Argentinian Football and Europe, in Tribal identities: nationalism, Europe, sport, a cura di J.A. Mangan, Frank Cass, London 1996, pp. 201-19 e Id., Masculinities: football, polo and tango in Argentina, Berg, oxford 1999. Per alcune analisi dei rapporti tra sistema sportivo e globalizzazione, si vedano t. Miller et al., Modifying tne Sign: Sport and Globalization, in Social text, 17, 3, 1999, pp. 15-33; Football culture: local contest, global visions, a cura di g.P. Finn e r. giulianotti, Frank Cass, London 2000; A. Bairner, Sport, nationalism, and globalization: European and North American perspectives, State University of New York Press, Albany 2001, r. giulianotti, r. robertson, The globalization of football: a study in the glocalization of the serious life, in the British Journal of Sociology, 55, 2004, pp. 545-68 e il volume monografico dedicato allargomento dalla rivista global Networks, 2, 2007. 4 Per unoramai classica analisi dei rapporti tra sistema turistico globale e forme di stereotipizzazione identitaria, E.M. Bruner, The Masai and the lion king: authenticity, nationalism, and globalization in African tourism, in American Ethnologist, 28, 4, 2001, pp. 881-908. Cfr. anche A. Simonicca, Antropologia del turismo. Strategie di ricerca e contesti etnografici, Nis, roma 1997; Id., Turismo e societ complesse. Saggi antropologici, Meltemi, roma 2004; Id., Viaggi e comunit. Prospettive antropologiche, Meltemi, roma 2006. 5 In questa direzione si vedano, oltre ai lavori di V. Siniscalchi (Il dolce paese del torrone. Economia e storia in un paese dellItalia del Sud, in Meridiana, 38-39, 2000, pp. 199-222; Id., Sapere antropologico, potere e patrimonializzazione dei saperi in Francia, in Gli oggetti culturali. Lartigianato tra estetica, antropologia e sviluppo locale, dir. da A. Caoci e F. Lai, Franco Angeli, Milano 2007, pp. 148-61; Id., Tempo e spazio nelle economie della tipicit, in Culture della sostenibilit, num. mon., III, 6, 2009, pp. ???-???; Id., Regimi di singolarit e politiche della ripetizione, in La ricerca folclorica, in corso di stampa CONTROLLARE.....; Id., I processi di tipicizzazione tra singolarit e ripetizione. Il caso dei Presidi Slow Food, in La ripetizione, a cura di P. Napoli, rubbettino, Soveria Mannelli in corso di stampa CONTROLLARE...), che disarticolano, da un altro punto di vista, le logiche classificatorie che sono alla base dei processi di tipicizzazione di prodotti, oggetti o luoghi, C. Papa, Il prodotto tipico come ossimoro: il caso dellolio extravergine di oliva umbro, in Frammenti di economie. Ricerche di antropologia economica in Italia, dir. da V. Siniscalchi, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2002, pp. 313-45; Les produits de terroir. Entre cultures et rglements, a cura di L. Brard e Ph. Marchenay, Cnrs, Paris 2004. Per la globalizzazione della tipicit alimentare cfr., tra gli altri, Golden Arches East. McDonalds in East Asia, a cura di J.L. Watson, Stanford U.P., Stanford 1997; r. Wilk, Home Cooking in the Global Village. Caribbean Food from Buccaneers to Ecotourists, Berg, oxford-New York 2006. 6 t. Asad, Formations of the Secular: Christianity, Islam, Modernity, Stanford U.P., Stanford 2003. 7 M. Herzfeld, The Body Impolitic. Artisan and Artifice in the Global Hierarchy of Value, University of Chicago Press, Chicago 2004.

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mente connesse con lespandersi di ideologie neoliberiste. Per quanto lintenzione implicita resti quella di muovere i primi passi di un percorso che possa portare a comprendere la strutturazione, gli effetti e il funzionamento di simili gts, gran parte dellanalisi verr svolta a partire dal caso delle classificazioni Unesco relative al patrimonio materiale e immateriale dellumanit intorno al quale ho avuto modo di condurre una prolungata ricerca etnografica8. Prima di inoltrarci in questo scenario, per, pu essere utile tracciare alcuni dei presupposti teorici che sono a monte del percorso qui delineato. 2. De-essenzializzare lo Stato nello scenario globale A partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso disponiamo, in antropologia, di ipotesi articolate attraverso le quali leggere, etnograficamente, i rapporti tra loperare dei diversi apparati istituzionali presenti nella contemporaneit, i processi di classificazione grazie ad essi messi in atto e larticolazione di livelli differenti di appartenenza sociale. Ispirati, almeno in parte, dalle tesi di Mary Douglas9, numerosi lavori hanno radicalmente rinnovato la lettura antropologica delle istituzioni, in generale, e, pi nello specifico, della principale istituzione politica della modernit, lo Stato nazione10. Herzfeld11, allontanandosi in questo da Douglas12, ha sostenuto che la differenza di dimensioni tra forme diverse di societ sia un elemento rilevante per una comprensione antropologica delle istituzioni statali. Questo non tanto perch, come ritiene una consolidata linea di pensiero sociologico, con il complicarsi

8 B. Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche sulle politiche di patrimonializzazione osservate da un luogo della Sicilia orientale, in upolis, 21-22, 1998, pp. 118-25; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali in Sicilia orientale, Meltemi, roma 2003; Id., Il vento del Sud-Est. Regionalismo, neo-sicilianismo e politiche del patrimonio nella Sicilia di inizio millennio, in Antropologia, 6, 7, 2006, pp. 43-91. 9 M. Douglas, Come pensano le istituzioni, Il Mulino, Bologna 1990 (ed. orig. citt??? 1986). 10 Cfr., ad esempio, M. Herzfeld Anthropology through the Looking-Glass, Cambridge U.P., Cambridge 1987; Id., The Social Production of Indifference. Exploring the Symbolic Roots of Western Bureaucracy, Chicago U.P., Chicago 1992; r. Handler, Nationalism and the Politics of Culture in Quebec, University of Wisconsin Press, Madison 1988; B. Kapferer, Legends of People, Myths of State, Smithsonian Institution Press, Washington & London 1988; D. Holmes, Cultural Disenchantments: Worker Peasantries in Northeast Italy, Princeton U.P., Princeton 1989; M. Abls, Anthropologie de lEtat, A. Colin, Paris 1990; D. Handelman, Models and Mirrors: Towards an Anthropology of Public Events, C.U.P., Cambridge 1990. 11 Herzfeld, The Social Production of Indifference cit., pp. 67-8. 12 Douglas, Come pensano le istituzioni cit., cap. 2.

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dei sistemi sociali e il costituirsi dello Stato, si sviluppino strutture organizzative e forme istituzionali razionali (o comunque pi razionali di quelle precedenti)13, quanto piuttosto perch, con il ridursi delle sfere di interazione faccia a faccia, si assiste a un processo di rarefazione, di idealizzazione (di stiracchiamento)14 dei simboli e delle classificazioni che in contesti pi ristretti esprimono e organizzano le forme di solidariet sociale. I sistemi (pi) elementari di classificazione, dunque, non scompaiono affatto con limporsi dello Stato nazionale e con il connesso processo di costruzione / imposizione della modernit, n quei simboli si incistano in maniera residuale allinterno di sistemi locali chiusi. Al contrario essi divengono elementi chiave degli ordini discorsivi che consentono di dire e di immaginare sia la comunit nazionale, sia, per associazione o pi spesso per contrasto, una certa idea di modernit e di globalit. E nello stesso tempo continuano a essere adoperati, allinterno, per, di un diverso regime semiotico e pragmatico, come operatori e marcatori disemici di pi intimi piani di appartenenza locale15. Il passaggio da un idioma sociale a uno culturale, nel quale i linguaggi familiari perdono il proprio senso letterale e sembrano diventare pi metaforici, meno reali16, un processo di portata generale intorno al quale si concentrata lattenzione di studiosi di diversa impostazione e sensibilit17, accomunati, per, dalla condivisione di alcune opzioni teoriche: a) una lettura post weberiana del processo di state building; b) il riferimento a una teoria della pratica e dellagency impostasi nel panorama internazionale delle scienze sociali a partire dai primi anni ottanta18;
Herzfeld, The Social Production of Indifference cit., pp. 53-5. Ivi. p. 68. Id., Anthropology through the Looking-Glass cit.; Id., Cultural Intimacy. Social Poetics in The Nation - State, routledge, New York 1997. 16 Herzfeld, The Social Production of Indifference cit., p. 68. 17 Si tratta, infatti, di un fenomeno comparabile sia al processo di oggettivazione culturale di cui ha scritto Handler (Nationalism and the Politics of Culture cit.), sia al disincanto culturale che, negli stessi anni, Holmes (Cultural Disenchantments cit.) aveva colto come strategia di adattamento / resistenza di operai-contadini friulani allallora incipiente processo di inserimento delle regioni del Nordest italiano nella nuova economia globale connotata da un capitalismo de-regolato e veloce. Processi che appaiono vicini infine, alla ri-rappresentazione delle categorie classiche dellappartenenza (sangue, famiglia, parentela) che, secondo Handelman (Models and Mirrors cit., p. 57), differenzia loperare degli eventi specchio da quello degli eventi modello. 18 Si tratta di un riferimento nodale, non tanto in s, quanto soprattutto perch lattenzione allagentivit umana si inserisce allinterno di precise modellizzazioni delloperare delle macchine istituzionali. La dialettica, che in alcuni casi pu assumere la forma dello scarto, in altri quella della contrapposizione, tra egemonizzazione e ideologizzazione (J. Comaroff, Je. Comaroff, Ethnography and the Historical Imagination, Westview Press, Boulder 1992), tra oggettivazione culturale e fluidit della vita sociale (Handler, Nationalism and the Politics of Culture cit.), tra distacco da / costruzione delle / proprie tradizioni e agency quotidiana (Holmes, Cultural
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c) una sempre maggiore sensibilit epistemologica che ha reso possibile esplicitare e criticare i nessi genealogici tra concetti basilari dellanalisi antropologica, campo accademico-intellettuale e il processo stesso di costruzione degli Stati nazionali europei19; d) lesplicitazione e la piena assunzione critica del carattere costruito, immaginato e politico, tanto delle classificazioni scientifiche, quanto delle tassonomie statali. Alla luce di tali assunti, nellantropologia politica contemporanea appare oramai chiaro che lo Stato nazionale, inteso come entit astratta e monolitica, sempre identica a se stessa nei diversi contesti socio-culturali , nello stesso tempo, sia una reificazione, realizzata e messa in atto anche da scienziati sociali, tecnici, media, uomini e apparati politici, sia una pretesa progetto, sempre inscritta in determinate contingenze storiche. Questo vuol dire, intanto, che lo Stato, i suoi apparati e le sue tassonomie sono delle costruzioni culturali specifiche, non meno arbitrarie di ogni altra istituzione20. In effetti, negli ultimi due decenni, attraverso lanalisi delle connotazioni culturali da quelle magiche e fantasmatiche21,

Disenchantments cit.), tra pretese formalizzanti (iconiche) delle strutture di potere e capacit poetiche che gli individui mettono in atto in concrete scene sociali (Herzfeld, Anthropology through the Looking-Glass cit.; Id., The Social Production of Indifference cit.), si rivela, infatti, decisiva per una comprensione etnograficamente e antropologicamente complessa dello Stato e delle altre forme contemporanee di governance. 19 In una simile prospettiva critica, gli apparati concettuali delle scienze sociali sono analizzati anche in quanto elementi interni al processo di classificazione istituzionale attraverso il quale, nelle societ statali contemporanee, il potere disciplina punti di vista, disposizioni e pratiche. Su questo punto si vedano: Au coeur de lethnie. Ethnies, tribalisme et tat en Afrique, a cura di J.-L. Amselle e E. MBokolo, La Dcouverte, Paris 1985, Herzfeld, Anthropology through the Looking-Glass cit.; Handler, Nationalism and the Politics of Culture cit., p. 15; E. Wolf, LEuropa e i popoli senza storia, Il Mulino, Bologna 1990 (ed. orig. citt??? 1982); Id., Perilous Ideas. Race, Culture, People, in Current Anthropology, 35, 1, 1994, pp. 1-11; V. Stolcke, Talking Culture: New Boundaries, New Rethorics of Exclusion in Europe, ivi, 36, 1, 1995, pp. 1-24; A. gupta, J. Ferguson, Anthropological Locations. Boundaries and Grounds of a Field Science, the University of California Press, Berkeley & Los Angeles 1997; Culture, Power, Place. Explorations in Critical Anthropology, a cura di A. gupta e J. Ferguson, Duke U.P., Durham - London 1999, e in particolare cfr. ivi, A. gupta, J. Ferguson, Beyond Culture: Space. Identity, and the Politics of Difference, pp. 33-51. In unaltra ramificazione del pensiero critico, si vedano: g.E. Marcus, M. Fisher, Anthropology as a Cultural Critique. Experimental Moment in the Human Sciences, Chicago U.P., Chicago 1986; Writing Culture. The Poetics and Politics of Ethnography, a cura di J. Clifford e g. Marcus, University of California Press, Berkeley 1986; g. Marcus, Ethnography trough Thick & Thin, Princeton U.P., Princeton 1998; Critical Anthropology Now. Unexpected Contexts, Shifting Constituencies, Changing Agendas, a cura di g. Marcus, School of American research Press, Santa Fe 1999. 20 Secondo A. Sharma, A. gupta, The Anthropology of the State, Blackwell, New York 2006, pp. 10-1, nella teoria politologica e sociologica lo Stato sempre essenzialmente la stessa cosa, variano le condizioni storiche di esercizio delle sue funzioni. 21 M. taussig, Shamanism, Colonialism, and the Wild Man. A Study in Terror and Healing, ?ALTRI DATI??, ??? 1987; Id., The Magic of the State, routledge, New York 2007; B. Aretxaga, Maddening States, in Annual review of Anthropology, 32, 2003, pp. 393-410.

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a quelle razionalizzanti22, spaziali e organizzative23 degli apparati istituzionali e delle procedure classificatorie dello Stato, la ricerca antropologica ha saputo fornire contributi innovativi allo studio delle strutture politiche della contemporaneit24. Le ricerche etnografiche hanno oramai delineato uno Stato molto diverso da quello rappresentato da prospettive disciplinari pi centrali (nel duplice senso di pi aderenti alle rappresentazioni ufficiali e pi efficaci nel renderle reali) nel campo politico-intellettuale. Per quanto, come detto, sia da un lato evidente che le forme di governance della contemporaneit tendano a fondare parte almeno della propria efficacia politica sulla costruzione e la messa in atto di classificazioni e simboli pi rarefatti rispetto a quelli propri di interazioni faccia a faccia, appare chiaro, dallaltro, che lo Stato degli antropologi non pi unentit data e trascendente rispetto alla societ. Lo Stato, con le proprie tecnologie del potere, si diluisce nellesperienza sociale dei suoi cittadini, controllandola25. Pi che una cosa fatta di apparati istituzionali, capaci di regolare razionalmente la vita sociale e di controllare, ideologicamente dei sottomessi, esso appare come un insieme di soggetti, di reti, di vincoli, di spazi formalizzati di interazione e di manipolazione, un insieme di tecnologie i media26 , di ideologie il nazionalismo, appunto27 , il patrimonialismo28, il liberalismo29, il cosmopolitismo30 e di rappresentazioni le metafore spaziali delle verticalit e dellincapsu-

22 P. rabinow, French Modern: Norms and Forms of the Social Environment, MIt Press, Cambridge 1989. 23 J. Ferguson, A. gupta, Spatializing States: Toward an Ethnography of Neoliberal Governmentality, in American Ethnologist, 29, 4, 2002, pp. 981-1002; Ferguson, Power Topographies cit. 24 A. ong, Clash of Civilizations or Asian Liberalism? An Anthropology of the State and Citizenship, in Anthropological Theory Today, a cura di H.L. Moore, Polity Press, Cambridge 1999, p. 50. 25 V. Daas, D. Poole, Anthropology in the Margins of the State, School of American research Press, Santa Fe 2004. 26 D. Boyer, Spirit and System. Media, Intellectual, and the Dialectic in Modern German Culture, Chicago U.P., Chicago 2005; L. Abu Lughod, Dramas of Nationhood. The politics of television in Egypt, University of Chicago Press, Chicago 2005. 27 E. ohnuki-tiernei, La vera storia dei kamikaze giapponesi. La militarizzazione dellestetica nellImpero del Sol Levante, Bruno Mondadori, Milano 2004 (ed. orig. citt??? 2002). 28 Handler, Nationalism and the Politics of Culture cit.; Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche cit.; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit. 29 ong, Clash of Civilizations or Asian Liberalism? cit.; J. gledhill, Neoliberalism, in A Companion to the Anthropology of Politics, a cura di D. Nugent, e J. Vincent, Blackwell, Malden - oxford - Carlton 2004, pp. 332-48. 30 U. Hannerz, Cosmopolitanism, ivi, pp. 69-95.

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lamento31, che, insieme ad altre agenzie istituzionali, contribuiscono alla governance sociale. Una simile lettura de-essenzializzante dellistituzione statale legata ad alcuni importanti fattori, interni ed esterni alla ricerca antropologica. Un ruolo centrale nellelaborazione di questa prospettiva di ricerca stato infatti giocato dal moltiplicarsi di analisi etnografiche dei processi di costruzione del soggetto moderno (processo di soggettivazione32, governamentalit e biopoteri)33 e di riflessioni, insieme etnografiche e teoriche, intorno a quelle che sono state variamente chiamate le economie morali34 o topografie morali35 o le implicite gerarchie globali di valori36 connesse ai processi di costruzione/esportazione della modernit occidentale37. Decisiva, poi, stata la possibilit di guardare allistituzione statale, alle sue tassonomie e ai rapporti tra queste e le classificazioni scientifico-disciplinari della stessa ricerca antropologica in una fase storica in cui lo Stato sembra aver perso la sua collocazione egemonica nello scenario politico globale ed essere stato affiancato da altre, importanti, agenzie di governance38. E in effetti, nel corso degli
31 Ferguson, gupta, Spatializing States cit.; Ferguson, Power Topographies cit.; gupta, Imagining Nations cit. 32 A. ong, Da rifugiati a cittadini. Pratiche di governo nella nuova America, raffaello Cortina, Milano 2005 (ed. orig. citt??? 2003), p. 41. 33 Numerose sono le ricerche etnografiche che hanno tratto ispirazione da queste riflessioni Ad esempio, tra i molti riferimenti possibili, oltre a ong, Da rifugiati a cittadini cit.; rabinow, French Modern cit.; D. Horn, Social Bodies: Science, Reproduction, and Italian Modernity, Basic Books, New York 1994; J. Schneider, P. Schneider, Festival of the Poor. Fertility, Decline, and the Ideology of Class in Sicily. 1860-1980, the University of Arizona Press, tucson 1996; D. Fassin, The biopolitics of otherness, in Anthropology today, 17, 1, 2001, pp. 3-7. Per una presentazione generale di questarea della recente ricerca antropologica, si veda Anthropology of modernity. Foucault, governmentality, and life politics, a cura di J. Xavier Inda, Blackwell, oxford 2005. 34 Asad, Formations of the Secular cit. 35 taussig, Shamanism, Colonialism, and the Wild Man cit., p. 287. 36 Herzfeld, The Body Impolitic cit. 37 Si vedano ad esempio: t. Asad, Genealogies of Religion. Discipline and Reasons of Power in Christianity and Islam, the Johns Hopkins U.P., Baltimore 1993; Id., Formations of the Secular cit.; Herzfeld, The Body Impolitic cit.; Schneider, Schneider, Festival of the Poor cit., gledhill, Neoliberalism cit., pp. 140-1. 38 Wolf, LEuropa e i popoli senza storia cit.; Appadurai, Modernity at Large cit., gupta, Ferguson, Anthropological Locations cit.; Culture, Power, Place cit.; B. Meyer, P. geschiere, Globalization and Identity. Dialects of Flow and Closure, Blackwell, oxford 1999; D. Holmes, Integral Europe. Fast Capitalism, Multiculturalism, Neofascism, Princeton U.P., Princeton 2000; D. Parameshwar gaonkar, Toward New Imaginaries: An Introduction, in Public Culture, 14, 1, 2002, pp. 1-19; C. taylor, Modern Social Imaginaries, ivi, pp. 91-124; Ferguson, gupta, Spatializing States cit.; J. Ferguson, Power Topographies, in A Companion to the Anthropology of Politics cit., pp. 383-99; A. gupta, Imagining Nations, ivi, pp. 267-81; A. Shryock, Off Stage / On Display: Intimacy and Ethnography in the Age of Public Culture, Stanford U.P., Stanford 2004; J. Friedman, La quotidianit del sistema globale, Bruno Mondadori, Milano 2005; The Retreat of the Social, a cura di B. Kapferer, Bergham Books, New York 2005; The Anthropology of

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ultimi anni, si sono moltiplicate le indagini etnografiche interessate a comprendere loperare delle agenzie transnazionali nello scenario mondiale, i modi attraverso i quali esse condizionano la vita di milioni di persone, ridefinendo gli spazi istituzionali e performativi. o anche quelle che hanno indagato le capacit di resistenza, gli spazi di agency che gli attori sociali soggetti alle politiche di sviluppo riescono comunque a mettere in atto39. In questa prospettiva, ad esempio, i lavori di James Ferguson40 sul continente africano, da un lato hanno spinto molto in l la critica epistemologica, politica e metodologica dellintero sistema categoriale che guida le agenzie preposte allo sviluppo; dallaltro hanno aperto nuove possibilit di ricerca sulle tecnologie di governo di istituzioni transnazionali e su nuove forme di azione politica41. Questi studiosi, esprimendo una tendenza diffusa, ritengono che lanalisi delle forme di governamentalit transnazionale debba essere condotta di pari passo con quelle delle forme di governo controllate dallo Stato, allinterno di una situazione storica che rende praticabile una decostruzione comparativa degli assunti culturali comuni a entrambe42. Lanalisi dello Stato, dunque, continua ad avere un posto centrale nella riflessione antropologica, pur assumendo, rispetto al quadro teorico delineato in precedenza, caratteri e valenze differenti. Diversamente da quanto troppo genericamente, o troppo in fretta, supposto da una letteratura politologica, filosofica o giornalistica43 che vorrebbe lo Stato nazionale fortemente in-

Globalization. A Reader, a cura di J. Xavier Inda e r. rosaldo, Blackwell, Malden 2008. Va detto che le prospettive di analisi della globalizzazione non sono affatto concordi e lo stesso concetto di globalizzazione va assumendo un carattere impreciso e a volte essenziale (A. tsing, The Global Situation, in Cultural Anthropology, 15, 3, 2000, pp. 327-60). Ad esempio Friedman (La quotidianit del sistema globale cit., pp. 11-35), assumendo una posizione fortemente critica, di taglio neo-materialista, ritiene che una visione idealista, superorganica, elitista, meccanica e implicitamente evoluzionista della globalizzazione sia un tratto comune a molte antropologie (statunitensi) degli ultimi anni. Per una presentazione della prospettiva che Friedman, con una certa dose di semplificazione, chiama culturalista, si veda invece The Anthropology of Globalization. A Reader cit. 39 Cfr. M. Edelman, A. Haugerud, Development, in A Companion to the Anthropology of Politics cit., pp. 86-106; M. Herzfeld, Antropologia, Seid, Firenze 2006 (ed. orig. citt??? 2001), cap. 7. 40 ???? 1999 ????????????; Ferguson, Power Topographies cit.; Ferguson, gupta, Spatializing States cit.; Culture, Power, Place cit. 41 Ferguson, infatti, ha riflettuto sullimmaginario politico e spazio-temporale che soggiace ai diversi, spesso contrapposti, modelli che guidano le politiche dello sviluppo, evidenziando i limiti conoscitivi di alcune delle dicotomie (basso/alto, locale/globale, rurale/urbano, societ civile/stato, statale / sovra-nazionale) che, caricandosi di volta in volta, di valori positivi o negativi, comunque li connotano (Ferguson, Power Topographies cit., pp. 386-7). 42 Ivi, pp. 397-8. 43 g. Marramao, Passaggio a Occidente. Filosofia e globalizzazione, Bollati Boringhieri, torino 2006.

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debolito e addirittura destinato a scomparire di fronte allimporsi di un ordine politico-economico globale, le ricerche etnografiche e le riflessioni degli antropologi sono decisamente pi caute44. riconoscono certo che loperare di processi economici, demografici, culturali, sistematici e di portata globale, insieme alla presenza di istituzioni transnazionali, pongono particolari problemi allazione dello Stato nazionale e alla sua stessa strutturazione45, ma si mostrano interessati a comprendere gli spazi di articolazione, disarticolazione e riarticolazione politica che questi processi vanno disegnando46. Dunque, la presenza di processi e agenzie transnazionali, piuttosto che minare o indebolire lesistenza dello Stato, offre, da un lato, loccasione per comprendere alcune dimensioni della sua intima strutturazione e alcuni piani di senso delle sue pratiche di governo che, altrimenti, in situazioni di egemonia statale, non sarebbero visibili; dallaltro pone il problema di indagare gli aspetti di reciproca interconnessione tra quelli che, con una serie di metafore per nulla neutre, continuiamo a pensare come livelli diversi e gerarchici di una stessa organizzazione sociale e politica47.

States cit. 46 Secondo Friedman (La quotidianit del sistema globale cit., pp. 25-6), ad esempio, lo Stato nazionale lungi dallo scomparire o dallindebolirsi in presenza dei flussi globali, resta il perno intorno al quale ruota la strutturazione sistemico-politica della globalizzazione; il problema della ricerca etnografica , dunque, comprendere larticolazione tra strutture locali, nazionali e carattere sistemico dei processi globali. In maniera simile, ma non identica, Ferguson (Power Topographies cit., p. 398) nellaffrontare lanalisi delle diverse topografie del potere che si manifestano allinterno dei processi di globalizzazione, sottolinea che: non si tratta di sapere se uneconomia politica globalizzante stia indebolendo lo Stato nazionale, rendendolo irrilevante, come hanno suggerito alcuni, o se piuttosto, come sostengono altri, lo stato rimane il principale edificio alla base del sistema globale. Il problema che il principale effetto delle nuove forme di governamentalit transnazionale non tanto quello di rendere deboli (o forti) gli Stati, quanto piuttosto quello di riconfigurare i modi attraverso i quali gli stati riescono a rendere operativa nello spazio la propria autorit e avanzano pretese di una propria superiore generalit e universalit. 47 Sharma, gupta, The Anthropology of the State cit., p. 6, ritengono che loperare di processi e agenzie non statali, soprattutto transnazionali, obblighi gli studiosi a mettere in discussione due aspetti basilari della ideale configurazione dello Stato nazionale: la territorialit e la sovranit. Per quanto riguarda il primo asse concettuale, in un importante saggio, Ferguson e gupta (Spatializing States cit., pp. 981-2) analizzano le metafore e le pratiche che rendono possibile la spazializzazione dello Stato. Lidea che lo Stato si trovi al di sopra della societ civile, della famiglia, della localit e quella, connessa, dellesistenza di processi che vanno dallalto al basso, e di forme di resistenza che seguono una direzione opposta, sono tutte espressioni di quella che Ferguson (Power Topographies cit.) ha chiamato una topografia verticale del potere, data di fatto per scontata dalle etnografie dello Stato e che, invece, diviene possibile, oltre che utile, indagare nel momento in cui si osserva lagire di agenzie non statali.

44 Aretxaga, Maddening States cit., p. 394. 45 Friedmann, La quotidianit del sistema globale cit., pp. 25-6; Ferguson, gupta, Spatializing

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3. Classificazioni Unesco: forme istituzionali e produzioni identitarie Allinterno di un simile scenario teorico, lo studio di forme transnazionali di classificazione e delle agenzie istituzionali che le producono e le rendono operative sembra aver ricevuto minore attenzione rispetto ai problemi e alle dimensioni sopra ricordati. Mentre disponiamo di analisi attente del funzionamento di specifiche istituzioni transnazionali (ad esempio le ong o le diverse agenzie dellUnicef), dei modi in cui esse si articolano con scenari nazionali, regionali e/o locali e delle loro implicite assunzioni ideologiche, conosciamo meno la specifica articolazione di quelli che qui propongo di chiamare sistemi tassonomici globali e i rapporti e dunque gli eventuali spazi di autonomia reciproca e/o di interconnessione - tra tassonomie elaborate da istituzioni transnazionali e sistemi di classificazioni che operano attraverso istituzioni di portata meno generale. In tale quadro lUnesco, con le sue politiche patrimoniali comunque unistituzione transnazionale sulla quale, negli ultimi anni, gli antropologi hanno iniziato a portare la propria attenzione48. Se in alcuni precedenti lavori ho provato a comprendere etnograficamente i modi in cui forme di governance messe in atto dallUnesco si compenetrassero con dinamiche politiche nazionali e regionali in una determinata area della Sicilia sottoposta a un intenso processo di patrimonializzazione dando corpo alla [ri]produzione di complesse dinamiche socio-politiche49, qui, invece, intendo indagare con maggiore attenzione la griglia categoriale di tipo transnazionale elaborata dallUnesco. In tal modo intendo comprendere larticolazione specifica e il funzionamento di un tale sistema classificatorio, nella speranza che lanalisi possa far poi emergere caratteristiche comuni ad altri sistemi tassonomici globali (gts). Nello schema concettuale Unesco, un bene materiale (culturale, naturale o misto), per essere inscritto nella World Heritage List (Whl) deve veder riconosciuto, allinterno di un corretto iter procedurale, un evidente valore universale dal punto di vista storico, estetico, etnologico o
48 Cfr. Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche cit.; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit.; Id., Il vento del Sud-Est cit.; I. Maffi, Pratiques du patrimoine et politiques de la mmoire en Jordanie, Payot, Lousanne 2004; A.C. Bunten, Sharing culture or selling out? Developing the commodified persona in the heritage industry, in American Ethnologist, 35, 3, 2008, pp. 380-95; J. Collins, But what if I should need to defecate in your neighborhood, Madane?: Empire, Redemption, and the Tradition of the Oppressed in a Brazilian World Heritage Site, in Cultural Anthropology, 23, 2, 2008, pp. 279-328. 49 Localismi, campanilismi e conflitti: Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche cit.; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit.; Id., Localit, identit, patrimonio, in Melissi, 14-15, 2007, pp. 40-51.

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antropologico50. La Lista del patrimonio mondiale quindi composta da quellinsieme di siti, monumenti, aree naturali che secondo lUnesco posseggono evidenti qualit universali che consentono loro di divenire icone, istituzionalmente garantite, di un nuovo, ideale soggetto politico collettivo: lumanit. In sostanza, fino a epoca recente, luniversalismo di questo progetto politico-culturale stato espresso attraverso una retorica di tipo estetizzante e di matrice tardo o neoidealista: quelli della Whl sono fonti inesauribili di vita e ispirazione e lasciti del passato [...] che lasceremo alle generazioni future, recita il primo punto della Convenzione Unesco51. A partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso (Recommendation on the Safeguarding of Traditional Culture and Folklore, Parigi, 15 novembre 1989) e nel corso di un ventennio segnato da dibattiti, conferenze ed elaborazioni concettuali, lUnesco ha affiancato alla retorica precedente una diversa costruzione teorico-ideologica, centrata su nozioni di pi diretta derivazione antropologica, come quelle di diversit culturale, autenticit, tradizione, identit, bene culturale immateriale52. Conseguenza di un simile processo di (solo apparente) apertura antropologica delle nozioni patrimoniali classiche la cui genealogia intellettuale pu essere fatta risalire alle riflessioni su razza e cultura messe a punto da Lvi Strauss53 per conto proprio dellUnesco stata la costituzione, nel 2003, trentanni dopo la Convenzione per il patrimonio culturale e naturale, della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e la conseguente creazione di una Lista mondiale del patrimonio immateriale (Ihl). In una simile, rinnovata, versione dellideologia patrimonialista Unesco, la definizione (ossia la costruzione), la protezione, a volte la rivitalizzazione di un bene immateriale si fonda su, e si giustifica attraverso, lidea che esso rappresenti un
50 Convention Concerning the protection of the World Cultural and Natural Heritage, 1972C, pt. 1, art. 1. 51 Convention Concerning the protection of the World Cultural and Natural Heritage, 1972C, pt. 1, art. 1. In una istituzione articolata come lUnesco una simile retorica estetizzante, per quanto a mio parere dominante, non ovviamente esclusiva. oltre alla tematica, specificamente antropologica, della tutela della diversit e dellautenticit, che ha portato alla costruzione di una Lista del patrimonio immateriale, sulla quale ci soffermeremo, ad essa, soprattutto negli ultimi anni, si affiancano una retorica ecologista, attenta alle tematiche della difesa degli ambienti naturali, una antropologico-giuridica, sensibile alla tutela dei diritti dei popoli nativi e dei loro rapporti con il contesto naturale, e una economico-manageriale, interessata ad una pianificazione sostenibile delle attivit turistico-culturali. Cfr. D. Audrerie, r. Sauchier, L. Vilar, Le patrimoine mondial, Puf, Paris 1998 e Aplim 2004. 52 Non posso qui entrare nel merito di tale processo e della sua storia; cfr. al riguardo: Guidelines for the Establishment of Living Human Treasures Systems, Unesco & Korean National Commission for Unesco, Paris 2002 53 C. Lvi-Strauss, Razza e cultura, in Lo sguardo da lontano, Einaudi, torino 1971, pp. 5-31.

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tratto costitutivo della diversit umana, elemento a sua volta decisivo nellesistenza stessa e nello sviluppo della specie. In questo caso, per poter essere inscritto nella lista, un bene immateriale deve esprimere forme specifiche di cultura che: a) siano trasmesse attraverso le generazioni, ossia siano dotate di autenticit; b) siano costantemente riplasmate dallazione di gruppi e comunit; c) forniscano un sentimento di identit, d) favoriscano il rispetto per la diversit culturale e la creativit; e) siano compatibili con il diritto umano internazionale; f) favoriscano il rispetto reciproco tra le comunit e lo sviluppo sostenibile54. Mentre il bene culturale materiale veniva definito in relazione a valori estetico-ideali universali, quello immateriale riceva valore a partire da un interessante incrocio di conoscenza universale e locale. Da un lato, infatti, listituzione Unesco ritiene la diversit culturale un tratto decisivo e universalmente valido dellesistenza sociale umana, dallaltro propone che i criteri di definizione e rilevanza di ogni specifica emergenza immateriale non possano che essere locali55. Non possibile, qui, proporre unanalisi pi approfondita di tali nozioni e delle loro molteplici e implicite assunzioni ideologiche. Possiamo solo notare come, in questa retorica che si associa costantemente ad unattenzione critica sugli effetti di quella globalizzazione della quale lUnesco una conseguenza e uno dei non minori agenti la localit (lidentit, lautenticit, la specificit) in s divenga un valore universale56. Al di l delle due diverse declinazioni (estetico-artistica e antropologico-identitaria) quello Unesco resta un sistema ideologico che produce tassonomie le quali, a loro volta, nel mondo attuale sempre pi spesso hanno effetti concreti sulle vite di molti esseri umani. tali tassonomie, sia nella loro versione materiale, sia in quella immateriale, presentano una serie di assunti comuni che, determinandone il passaggio dalla semplice dichiarazione di principio alla concreta articolazione istituzionale, ne rendono possibile la messa in opera. tra questi i pi importanti mi sembrano: 1) il sistema tassonomico transnazionale ha come suo elemento cardine lo Stato nazionale; 2) lintero sistema tassonomico-istituzionale si fonda sul nesso tra possesso e cultura57; 3) esso implica la necessaria trasformazione di processi, dinamiche e pratiche culturali in cose58.
54 Cfr. Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, 2003. ???????ALTRI DATI??????????? 55 Nara document on authenticity, 1994 ??????????????. 56 Herzfeld, The Body Impolitic cit. Su questo tema, per una riflessione interna allUnesco, cfr. Globalization and Intangible Cultural Heritage, International Conference, 26-27 agosto 2004, tokyo, Japan Unesco, Paris 2005. 57 Lindividualismo possessivo di Handler, Nationalism and the Politics of Culture cit. 58 Loggettivazione culturale di Handler, ivi; il disincanto culturale di Holmes, Cultural Disenchantments cit. o, con la terminologia qui adottata, liconicizzazione delle forme di vita.

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Antropologia delle istituzioni

Quando lo osserviamo da un punto di vista omogeneo allideologia che lo informa, quello disegnato tanto dalla Whl, quanto dalla Ihl, appare come uno spazio globale immaginario, nel quale ogni singolo bene inscritto si pone come icona patrimoniale, idealmente paritetica, delle capacit creative dello spirito umano nella e della molteplicit delle sue forme di vita. Quando lo guardiamo dal punto di vista della sua strutturazione istituzionale, la tassonomia Unesco, impone invece, anche se in forma non esibita dalle sue retoriche ufficiali, che le properties (i beni) per potersi trasformare in icone di una generale civilt umana o in indici della sua variabilit culturale, debbano essere preventivamente costruite e riconosciute come patrimonio, espressioni codificate e immobilizzate, iconiche a loro volta, di una sfaccettata identit nazionale. (solo) grazie alla presenza burocraticamente e categorialmente attiva dello Stato-Nazione che diviene possibile, infatti, fissare i rapporti tra beni collocati in un determinato contesto o patrimoni immateriali indici di autentiche identit locali, da un lato, e unestetica universale o il differenzialismo antropologico-universalista, dallaltro. Lumanit Unesco, colta nelle sue produzioni storico-artistiche o attraverso le diverse forme di vita che ne connotano la variet, appare dunque frammentata in entit politico-amministrative pi specifiche e concrete59. Le irrinunciabili unit alla base dei processi di patrimonializzazione transnazionale dellUnesco sono, infatti, gli stati nazionali firmatari della Convenzione. Lo spazio patrimoniale globale rivela lesistenza di unimmaginazione burocratica e normativa transnazionale, fondata sullelemento perno dello Stato nazionale, per la quale il mondo articolato in livelli istituzionali distinti, gerarchicamente differenziati e reciprocamentre incapsulati. Il primo ambito, idealmente inclusivo, quello dellumanit, la cui esistenza, nella molteplicit e variabilit delle manifestazioni immateriali e materiali, esibita / certificata dai beni iscritti nella Ihl e nella Whl ed garantita dallapparato burocratico Unesco. Lumanit viene per articolata in Stati nazionali che, firmatari delle Convenzioni Unesco e titolari dei diritti di propriet degli oggetti inseriti nelle liste, sono presentati come produttori, paritetici e legittimi, di storia, memoria e identit. Valori, questi, che gli apparati burocratici centrali e periferici degli Stati concretizzano, oggettivano, proteggono e valorizzano nel patrimonio storico-artistico, archeologico, naturalistico e antropologico nazionale. E che, soli, possono legittimamente aspirare a un riconoscimento universale. tutto questo mi
59 Cfr. Convention Concerning the protection of the World Cultural and Natural Heritage, 1972C, pt. 1, art. 3.

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sembra restare valido anche nel caso del patrimonio culturale immateriale definito, secondo la Convenzione e in maniera evidentemente tautologica, come: le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know how come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi che le comunit e i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del patrimonio culturale60. Sembrerebbe, in questo caso, che la centralit nel processo di patrimonializzazione venga attribuita a entit diverse (pi ristrette) dallo Stato nazionale: comunit, gruppi, addirittura singoli individui. Al di l, per, del nesso costitutivo che lega loggettivazione delle cose culturali alla essenzializzazione delle cose sociali, sul quale ritorneremo, resta il fatto che anche in questo caso i soggetti istituzionali attivi del processo restano gli Stati nazionali allinterno dei quali ricadono i beni classificati. I rapporti tra Stato e comunit, evidentemente importanti e non sempre ovvi o privi di tensioni e conflitti61, non vengono di fatto specificati, fatta eccezione per un invito a favorire la partecipazione di comunit, gruppi e organizzazioni non governative alla salvaguardia del bene62 e per la possibilit di partecipare alla Convenzione anche da parte di territori, dotati di autonomia interna completa, che non siano Stati nazionali ufficialmente riconosciuti63. Le comunit locali costituiscono comunque un terzo livello di articolazione del sistema. I loro membri, che lUnesco, nelle rappresentazioni ufficiali, immagina sempre come degli ideali e non problematici portatori di valori universali (in realt egemonici) concretizzati, quasi incorporati nei beni culturali materiali presenti nei loro territori o di fatto, e in maniera non contestabile, incorporati nelle pratiche (credenze, saperi) trasformate in beni culturali immateriali ed (eventualmente gi) protetti dallo Stato nazionale, sono chiamate a partecipare del processo di patrimonializzazione, sia che questo riguardi lasciti, oggetti del passato con i quali possono non avere un rapporto consapevole e diretto, sia che esso tocchi piani quotidiani della propria esistenza sociale e culturale. Qui, diversamente da quanto avviene sul piano sovra-nazionale e nazionale, allinterno del quale lUnesco prevede una propria presenza burocratica o comunque una connessione formalizzata tra le proprie proceIvi????????, Sez. 1, Art. 2. Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche cit.; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit.; g. Aplin, Kakadu National Park World Heritage Site: Deconstructing the Debate, 1997-2003, in Australian geographical Studies, 42, 2, 2004, pp. 152-74. 62 Sez. 3, Art. 15. ALTRI DATI......... 63 Sez. 9, Art. 33, 2. ALTRI DATI.........
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dure amministrative e gli apparati burocratici di ogni Stato nazionale, una parte dellazione di controllo e di quella di promozione patrimoniale demandata alla societ civile, attraverso la costituzione di una rete di club o lazione, riconosciuta e certificata, di ong. Lintera strutturazione burocaratica di unagenzia transnazionale come lUnesco si fonda, come detto, sulla centralit dello Stato nazionale e sulla sua capacit/volont di dare il via al processo di patrimonializzazione che porter un certo sito (naturale o culturale) o una certa pratica sociale a divenire un bene culturale (materiale o immateriale) dellumanit. Il nesso tra sistema classificatorio Unesco e logiche classificatorie dello Stato nazionale emerge, per, anche su altri piani. Innanzitutto la stessa nozione di bene culturale (o di patrimoine o heritage) che, come oramai sappiamo bene, fa riferimento a quel nesso tra possesso e definizione (giuridica) della persona che a fondamento delle ideologie occidentali dellappartenenza individuale e collettiva. A partire da questo nesso, che Handler64, oramai ventanni fa, chiamava individualismo possessivo, da un lato i beni culturali definiscono in maniera emblematica livelli collettivi di identit, istituzionalmente riconosciuti (la nazione, con le sue molteplici sfaccettature, lumanit, con la sua ricchezza e variabilit); dallaltro sono le istituzioni collettive (lo Stato nazionale e lUnesco) a stabilire quali cose, e in che modo, possano divenire beni che li rappresentano in scenari diversi. Con la messa a punto della nozione di bene culturale immateriale, come detto, sembrerebbe che al di l della centralit comunque riconosciuta allo Stato dalle procedure burocratico-istituzionali di riconoscimento del bene il nesso possessivo si stabilisca direttamente tra una comunit-gruppo e un proprio comportamento (pratica, sapere, saper fare) trasformato in patrimonio; e che, dunque, il principale livello di identificazione messo in atto sia quello comunitario. I beni immateriali, per quanto inseriti in una lista organizzata per Stati nazionali, sono tali nella misura in cui esprimono e fissano lidentit, la continuit nel tempo e lautenticit di un gruppo o di una comunit diversi e non coincidenti con gli Stati nazionali, sia perch pi ristretti rispetto a essi, sia anche perch, come avviene per alcuni beni inscritti nella Ihl, pi estesi. Sono le comunit, dunque, a possedere un bene immateriale e a essere da questo, e attraverso questo, identificate. In realt, la questione del possesso giuridico del bene immateriale lasciata nel vago dallUnesco, non essendo possibile attribuire alcun possesso a soggetti (gruppi e comunit) che non hanno personalit giuridica nello spazio pubblico e politico

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Handler, Nationalism and the Politics of Culture cit.

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internazionale. Solo gli Stati contraenti la convenzione hanno simili diritti e, non a caso, i rapporti tra Stati nazionali e comunit sono anchessi messi in secondo piano nei modelli ufficiali Unesco65. Nonostante questa apertura del discorso patrimoniale alle istanze comunitarie, per, il nesso possessivo tra unentit istituzionale e una property culturale non si scalfisce affatto. Come dice il documento di Nara66 che ha rappresentato un punto di svolta nelle retoriche e nelle strategie del patrimonio dellUnesco: Le culture e le societ si esprimono in forme e in modi despressione, sia tangibili che non tangibili, che costituiscono il loro patrimonio. Limmaginario transnazionale dellUnesco, nonostante il continuo richiamo retorico al carattere relazionale e non assoluto della diversit e grazie anche al suo fondarsi sullimmaginario teorico classico della nostra stessa disciplina, appare popolato di entit discrete come le culture e le societ e il patrimonio che si definiscono attraverso reciproci rapporti: un patrimonio definisce e rappresenta una cultura, una societ o una cultura definiscono e possiedono un patrimonio. Si tratta di entit oggettivate, di culture, societ e pratiche trasformate in cose, essenzializzate, in linea con quel processo di oggettivazione culturale che Handler considerava consustanziale sia alloperare delle classificazioni culturali statali, sia alle procedure conoscitive di una scienza sociale pre-critica67. I beni culturali oggettivati dalle classificazioni Unesco agiscono quindi come costruzioni simboliche piuttosto rarefatte che esprimono/costruiscono identit socio-culturali essenziali. Nel caso della Whl ho avanzato qualche anno fa lipotesi che i beni inscritti assumessero il carattere di icone dellidentit nazionale. La Whl appare come un elenco di beni divisi, secondo partizioni ineguali e gerarchiche, tra gli stati contraenti. ogni Stato nazionale possiede uno o pi beni, dotati ciascuno di uno specifico valore universale e differenziale, che ne fissano/esprimono la complessit spirituale e culturale. In effetti, ogni bene culturale inscritto nella Whl a partire dal suo esprimere specifiche e rarefatte qualit dello spirito umano, rese esplicite nella declaratoria che ne decreta la classificazione, ciascuna declinata, per, allinterno di unorganizzazione
65 Nella Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003 i soli protagonisti istituzionali delle procedure di patrimonializzazione, oltre allUnesco, sono gli Stati nazionali. Mentre tra i criteri che guidavano la proclamazione dei capolavori del patrimonio orale e intangibile dellumanit fino al 2003 era prevista la clausola che nessuna proposta di valutazione potesse essere avanzata da un Stato senza il consenso della comunit portatrice della pratica da patrimonializzare, questa scompare dai criteri previsti dalla Lista. La nozione di capolavoro, centrale fino al 2003, scompare anchessa dalla Convenzione per far posto a quella di rappresentativit. 66 1994, punto 7 ???????? altri dati (corsivi dellautore). 67 Handler, Nationalism and the Politics of Culture cit.

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Antropologia delle istituzioni

statale. ogni Stato nazionale viene cos a essere connotato dalle qualit che ogni singolo suo bene possiede e delle quali esso diviene icona (per lItalia, ad esempio, la trogloditicit dei Sassi di Matera, la grande arte di roma, Firenze o del Cenacolo di Leonardo, la ruralit dei trulli di Alberobello). In un simile sistema tassonomico, il carattere di uno stato nazione viene definito dalla variabilit e dalla ricchezza, burocraticamente costruite, dei suoi beni che, agendo come icone identitarie, si rivelano capaci di fissarne qualit morali astratte e stereotipate, comunque capaci di definire livelli interni ed esterni di aggregazione / differenziazione. Nel caso della Ihl il quadro e le procedure simboliche paiono, a prima vista, leggermente diverse. In assenza di criteri che etichettino qualitativamente il bene, questo viene inserito per la sua unicit e per il suo essere indice di diversit culturale. gli Stati, in questo caso, non sembrano etichettati qualitativamente dal possedere quel bene che del resto marca lidentit di una specifica comunit o di un singolo gruppo quanto, piuttosto, dallesprimere, attraverso il nesso un bene materiale/una comunit, una significativa articolazione socio-culturale interna. Se nella prima lista la complessit dellidentit statale deriva dalle rifrazioni iconiche delle sue innumerevoli, essenziali e stereotipiche qualit, nella seconda essa appare associata in maniera esplicita alla molteplicit delle differenze socio-culturali che lo Stato si dichiara disposto ad ammettere, proteggere, rivitalizzare, valorizzare. Qui la diversit-in-s che, patrimonializzata, assume valore iconico, capace di dare sostanza (e dunque visibilit e riconoscimento) a micro aggregazioni interne, comunque ufficialmente riconosciute. Al di l di queste differenze di stile, la classificazione transnazionale dellUnesco, in entrambe le sue forme, implica un processo di essenzializzazione delle pratiche culturali e dei gruppi sociali e la loro inscrizione in un regime segnico che ne muta status e significati. Se guardiamo a questo regime e al sistema tassonomico dal punto di vista dei sistemi di classificazione che abbiamo visto operare a livello dello stato nazionale sistemi con i quali condividono sia la necessit di forme di oggettivazione culturale, sia quella di fornire schemi formali e astratti di rappresentazione/costruzione della realt socio-culturale possiamo cogliere una prima, significativa, differenza. Nei modelli teorici che hanno indagato i rapporti tra classificazioni istituzionali e pratiche sociali negli Stati nazione, per quanto si riconoscesse il carattere rarefatto, stiracchiato68 dei simboli che esprimono una classificazione/immaginazione nazionale, questi conservano comunque piani di connessione

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Herzfeld, The Social Production of Indifference cit., p. 68.

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Palumbo, Sistemi tassonomici globali

simbolica69 con simboli e classificazioni legati a contesti di interazione pi ristretti (locali). Nel modello teorico proposto da Herzfeld70 sono proprio questi spazi di interconnessione a rendere possibile il funzionamento della macchina statale, mettendo in atto quella dialettica performativa e poetica (creativa) tra pretese iconiche delle formalizzazioni statali e letture indessicali degli attori sociali che connota la vita quotidiana dei concreti esseri umani. Nel caso delle tassonomie transnazionali Unesco i simboli che esse costruiscono non sembrano avere particolari assonanze con quelli che organizzano istituzionalmente lesistenza quotidiana delle persone nelle proprie concrete scene sociali: il trogloditismo dei Sassi di Matera o la medievalit ideale di Carcassonne non sono la famiglia, il sangue, il paese trasformati nei pi rarefatti concetti di enfants de la Patrie, fratelli dItalia e Bel Paese. Allo stesso modo, per quanto importante possa essere stato il teatro dei pupi siciliano nella vita quotidiana degli abitanti dellisola, una volta trasformata in simbolo (universale) di identit e di continuit culturale, questa forma teatrale difficilmente potr costituire uno spazio simbolico condiviso tra concreti attori sociali siciliani, italiani o mondiali. Mi sembra dunque si possa affermare che, in qualche modo, le tassonomie transnazionali operano una trasposizione su un piano astratto di pratiche, oggetti, luoghi cui, a un diverso livello (locale-comunitario o nazionale) si gi attribuito un valore culturale oggettivato. I beni Unesco sono simboli di simboli, costruzioni immaginarie che oggettivano pratiche, credenze, saperi, oggetti, luoghi o siti gi oggettivati e, dunque, gi trasformati in rappresentazioni essenziali. Sono oggettivazioni di oggettivazioni, essenzializzazioni di cose gi essenzializzate. Pu essere utile soffermarsi ancora un istante su questo punto. Abbiamo visto, infatti, che molte recenti letture antropologiche ritengono il processo di rarefazione dei simboli un tratto costitutivo della produzione di sentimenti di appartenenza e dellimmaginazione unitaria allinterno degli Stati nazionali71. Le classificazioni che danno forma allo, e insieme naturalizzano lo, Stato nazionale sono concordemente ritenute pi formali e astratte rispetto a quei simboli capaci di dire/fondare solidariet di tipo pi immediato e di scala pi ridotta. Inoltre, mentre per alcuni le classificazioni statali conservano forme di radicamento nei sistemi simbolici

radici simboliche comuni le chiama Herzfeld, ibid. Id., The Social Production of Indifference cit.; Id., Cultural Intimacy cit. Id., Anthropology trough the Looking-Glass cit.; Id., The Social Production of Indifference cit.; Id., Cultural Intimacy cit.; Handler, Nationalism and the Politics of Culture cit.; Holmes, Cultural Disenchantments cit.; Handelman, Models and Mirrors cit.; E.A. Piovinelli, Notes on Gridlock: Genealogy, Intimacy, Sexuality, in Public Culture, 14,1, 2002, pp. 215-38.
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(ambiguamente e significativamente pensati come pi) elementari72 e questo renderebbe conto della loro presa e del funzionamento pi intimo delle macchine statali per altri73 lo scarto tra classificazioni statali e sistemi simbolici comunitari74 netto e le dinamiche di potere allinterno degli stati nazione si fonderebbero proprio tra una simile disgiunzione. ora, una prima analisi del sistema Unesco ha mostrato come il processo di rarefazione, di stiracchiamento dei simboli identitari acquisisca un carattere ancor pi marcato quando si osservi il funzionamento di istituzioni e tassonomie che agiscono su scala transnazionale. Se ci vero, possiamo allora porci alcune domande: liper-rarefazione, la super-essenzializzazione di simboli e classificazioni un tratto esclusivo del sistema tassonomico Unesco o piuttosto non un aspetto comune ad altri gts? E ancora, una simile caratteristica potrebbe far pensare a una netta separazione tra tassonomie universalie forme di vita locali in concrete scene sociali; e, dunque, a una scarsa capacit delle prime di produrre sentimenti di adesione, appartenenza o di determinare a loro volta pratiche sociali significative. In altri termini, simboli formali e rarefatti come le stereotipizzazioni e le mercificazioni identitarie alla base delle Whl, sono ancora capaci di produrre e riprodurre emozioni, vita sociale e inquietudine politica? Sono in grado di produrre e riprodurre localit?75 E se si, come, attraverso quali specifiche dinamiche e modalit? Le risposte non possono che venire dalletnografia. E questa, almeno nel caso da me studiato, mostra con chiarezza come le tassonomie Unesco abbiano importanti effetti sullesistenza sociale delle persone connesse con i beni classificati, producendo emozioni, azioni e reazioni, senso e appartenenza, e dando forma a processi politici specifici che occorre indagare con attenzione. Nel caso dei processi di patrimonializzazione che hanno agito nel Sudest siciliano tra il 1996 e il 2006, portando allinscrizione di 10 siti nella Whl76, ho potuto mostrare come le classificazioni transnazionali, le procedure e le pratiche dei rappresentanti Unesco, quelle di esperti (urbanisti, economisti, storici dellarte,
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Handelman, Models and Mirrors cit. tra spettacoli e rituali, tra eventi specchio ed eventi modello cfr. Herzfeld, Antropologia cit., pp. 313-42. 75 Appadurai, Modernity at Large cit. 76 Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche cit.; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit.; Id., Localit, identit, patrimonio cit. Nel 2002 sono state inscritte le citt tardo barocche del Val di Noto (Noto, Caltagirone, Catania, ragusa Ibla, Sicli, Modica, Palazzolo, Militello Val di Catania), mentre nel 2005 sono entrate nella Whl Siracusa e la Necropoli rupestre di Pantalica.
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cit.

Holmes, Cultural Disenchantments cit.; Herzfeld, The Social Production of Indifference

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Palumbo, Sistemi tassonomici globali

archeologi, burocrati) si intreccino allinterno di un processo dinamico e creativo, con quelle di politici statali, regionali e locali, ma anche con le forme di vita di gente normale dellarea, producendo forme innovative, ed insieme sedimentate, di rivendicazione identitaria, di azione politica e di governance. Il processo di oggettivazione culturale, di iconicizzazione e di mercificazione delle identit patrimoniali, reso possibile dalla logica tassonomica Unesco, produce forme innovative di socialit e, nello stesso tempo, fa rivivere ambiti istituzionali silenti da secoli, riplasmandoli in forme del tutto nuove dentro spazi istituzionali che sono insieme locali, sopranazionali, statali e regionali. Nel caso delle citt tardo-barocche del Val di Noto, fatto salvo un ristretto numero di specialisti (architetti, storici, storici dellarte) n lidea di barocco, n la stessa nozione di Val di Noto, ancora sul finire degli anni novanta del secolo scorso, avevano un qualche valore per gli abitanti della Sicilia sud-orientale. tra il 2006 e il 2007, per, al termine del processo che ha portato alliscrizione di 9 citt dellarea nella Whl, in una serie di manifestazioni di piazza un numero significativo di persone comuni e di amministratori pubblici hanno protestato in difesa del territorio del Val di Noto, minacciato da una multinazionale petrolifera texana (dal nome minaccioso di Panther Oil) che aveva ottenuto dalla regione Sicilia la concessione per effettuare trivellazioni nellarea. Quella che era una non identit e una non realt amministrativa prima dellintervento patrimonializzante dellUnesco, nel giro di pochi anni, anche grazie a questo intervento, si trasforma in uno spazio di aggregazione identitaria e politica, in una localit, come la chiamerebbe Appadurai77, prodotta dalla dialettica, tutta contemporanea, tra media, mobilit umana, azione di agenzie globali e forme di interazione socio-politica di diverso livello. Il Val di Noto, dunque uno spazio identitario che, nel riattivare antiche linee di solidariet e di tensione, costruzione istituzionale nuova, frutto dellazione burocratica di unistituzione transnazionale e della sua immaginazione. Del resto, in un interessante film documentario contro le trivellazioni e la distruzione di questo antico e autentico territorio siciliano, prodotto da una delle associazioni sorte in difesa del Val di Noto, una coppia di texani, trasferitisi nella campagna siciliana dopo essere stati costretti a vendere la propria casa a una diversa multinazionale petrolifera, si vedono costretti a difendere la loro neolocalit, protetta da un ente transnazionale come lUnesco, dalle minacce di unennesima agenzia multinazionale.

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Appadurai, Modernity at Large cit.

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Diversamente da quanto suppone lideologia ufficiale Unesco che vede la globalizzazione come una minaccia della diversit e della ricchezza culturale, unanalisi etnografica rivela come lazione di unagenzia transnazionale quale la stessa Unesco che della globalizzazione effetto e insieme attrice produca effetti creativi di governance, che si intrecciano con lazione di istituzioni di portata diversa (lo Stato, le regioni, i comuni e le comunit locali). Letnografia, inoltre, inoltre in grado di mostrare altri piani del processo di patrimonializzazione transnazionale che lideologia ufficiale, con le sue tassonomie formali, tende invece ad occultare. tra questi il peso che i conflitti e le tensioni di natura politica hanno nellintero scenario patrimoniale. Se consideriamo la dimensione geo-politica dellazione Unesco, appare chiaro, infatti, come lelaborazione delle diverse liste sia lesito di una complessa trama di conflitti e mediazioni: tra le strutture burocratiche dellUnesco (ad esempio Whb, Whc, Ihc) da un lato, e Stati nazionali, dallaltro, sia in sede di iscrizione, sia nel corso della vita sociale di un oggetto riconosciuto patrimonio mondiale dellumanit; tra Stati nazionali che competono per il riconoscimento dei propri beni, ma anche tensioni interne ad ogni singolo Stato, tra i vari organismi periferici e/o gruppi locali di interesse che tentano di veder riconosciuta a livello nazionale la propria candidatura. La presenza e la legittimit di questi conflitti sono ammesse dal modello Unesco, che anzi sottolinea la rigidit e la selettivit delle procedure necessarie per poter presentare una candidatura di iscrizione78. La burocrazia Unesco sembra, invece, avere difficolt a gestire quelle tensioni, inevitabili, che si manifestino a livelli non congrui della sua articolazione. Una volta oggettivato a livello universale, il bene icona non deve lasciar trasparire alcuna delle fratture politicoistituzionali, e dunque di senso, interne, che pure lhanno accompagnato nel processo di patrimonializzazione79. A fronte di questa immagine istituzionale, lanalisi etnografica delle vicende che hanno portato alliscrizione delle citt tardo barocche del Val di Noto ha evidenziato, da un lato, lo scarto profondo esistente tra rappresentazione ufficiale e costruzione intima del processo di patrimonializzazione80; e dallaltro, la stretta connessione operativa tra i due piani in questione. In accordo con la tendenza
78 Nella Whl il solo sito che lascia trasparire la presenza di tensioni tra Stati nazionali La citt antica di Gerusalemme e le sue mura, iscritto nel 1981, non attribuito ad alcuno Stato nazionale, ma proposto per liscrizione dalla giordania. I conflitti tra burocrazia Unesco e Stati divengono pi frequenti una volta che il bene sia stato inscritto nella Whl. 79 Particolarmente interessante il caso del Kakadu National Park in Australia, iscritto nella Whl nel 1981 (con successive estensioni nel 1987 e nel 1992) in quanto bene naturale e culturale (misto), recentemente descritto da Aplin, Kakadu National Park World Heritage Site cit. 80 Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche cit.; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit.

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alla proliferazione delle linee di frattura che connota lo spazio pubblico nel Sudest siciliano e i suoi meccanismi di produzione di livelli identitari, i conflitti e le tensioni si sono sviluppati allinterno dellarea che si sarebbe dovuta compattare per poter aspirare allo status di unitaria e ufficiale candidatura nazionale, prima, e quello di bene della Whl, poi. Esse hanno accompagnato la procedura di costruzione della candidatura nazionale fin dentro le stanze del Ministero romano incaricato di redigerla, rischiando, pi volte, di farla saltare. In altri termini, il bene che sarebbe poi diventato una delle icone, culturali o naturali, dellidentit universale dellumanit con letichetta Citt tardo barocche del Val di Noto, faceva fatica a cristallizzarsi, continuamente rimodellato a partire dalle spinte fazionali provenienti dal basso: Noto, il Barocco del Val di Noto, Noto e il tardo barocco della Sicilia sud orientale, queste alcune delle definizioni proposte prima di quella finale, tutte legate alla composizione campanilistica dellarea da patrimonializzare (un solo centro, Noto; due centri, Noto e Caltagirone; cinque centri, Noto, Caltagirone, ragusa, Catania, Modica). I conflitti, inoltre, si sono protratti anche dopo linscrizione delle otto citt nella Whl, legati allintrecciarsi di tensioni politiche ed economiche tra i diversi centri e intrecciati, a loro volta, a conflitti tra fazioni dello scenario politico regionale e nazionale. gli effetti dellazione di governance patrimoniale transnazionale si sono protratti nel tempo, rendendo iridescente nel medio periodo lo scenario politico e politico-culturale del Sudest siciliano, divenuto del resto centrale nella recente vita politica regionale. 4. Classificazione Unesco e gerarchia (globale) di valori Possiamo a questo punto tornare alle tassonomie Unesco per provare a indagare una serie di assunzioni ideologiche implicite e la pi generale immaginazione che esse mettono in campo. Come detto, lUnesco, attraverso la costruzione della Whl, della Lwhd e dellIhl, proietta sullo spazio geo-politico mondiale una griglia classificatoria, strutturata a partire da nodi burocratico-amministrativi e identitari formalizzati (i singoli Stati nazionali). Quando proviamo a guardare pi attentamente lo schema tassonomico in s, ci accorgiamo di altre sue particolarit. Intanto i beni della Whl sono raggruppati in regioni geo-politiche, appunto, che non coincidono con le classiche ripartizioni continentali81. Se, in81 In alcuni documenti ufficiali lUnesco si sente il bisogno di giustificare ladozione di una simile organizzazione delle Liste attribuendole razionalisticamente a semplici ragioni di lavoro.

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Antropologia delle istituzioni

fatti, lAfrica compare come regione specifica, essa non comprende i paesi arabi, raggruppati, invece, in unaltra regione, che include anche Mauritania, Sudan, Siria, Iraq. Lesclusione di nazioni fortemente, se non egemonicamente islamiche, come lIran e lIndonesia, lascia pensare che la classe in questione non faccia riferimento ad unarea culturale islamica, ma abbia piuttosto una connotazione etnico-politica, indicando la centralit dei popoli arabi. Pi vicina alla categoria geografica appare lAsia, dalla quale, comunque, sono esclusi i siti di alcuni paesi mediorientali e quelli della turchia; in ogni caso la regione Unesco denominata Asia e Pacifico e comprende, dunque, siti di Stati nazionali del continente asiatico e di quello australe. Il continente americano diviso tra due regioni, una denominata America Latina e Caraibi, nella quale sono accomunati paesi di lingua ispano-portoghese, e laltra America Settentrionale, comprendente solo Canada e Stati Uniti (escluso dunque il Messico) e aggregata allultima regione, lEuropa. In questultima macro regione, Europa e Nord America troviamo alcune inclusioni che colpiscono: se la presenza dei siti della turchia pu comunque essere comprensibile, decisamente meno lo quella dei siti israeliani (in maniera significativa turchia e Israele fanno entrambe parte dellUefa e partecipano alle competizioni calcistiche europee). Siti nei quali non comunque compresa la citt di gerusalemme, inclusa, invece, nella lista dei Paesi arabi. Non facile, e forse nemmeno utile, individuare una logica unica alla base di una simile tassonomia. Essa sembra essere il frutto di una mediazione diplomatica tra mappatura geografica ed esigenze della geopolitica mondiale. Se, per, volessimo trovare un tratto guida, mi sembra centrale la contrapposizione tra the West (Europa e NordAmerica e, significativamente, Israele) e the Rest (articolato in Africa, Mondo Arabo, America Latina e Asia-Pacifico)82. Una simile connotazione occidentalista delle Liste UNESCo, gi segnalata dagli studiosi, diviene manifesta quando si considera la ripartizione dei beni inscritti tra le diverse aree geografiche83. Nel 2008 risultavano iscritte nella Whl 878 properties, delle quali 679 di tipo culturale, 174 di tipo naturale e 25 miste. Se proviamo ad articolare i rapporti tra i tipi di beni e la loro distribuzione regionale (tab.1), vediamo delinearsi una precisa gerarchia culturale mondiale. Il 50% dei beni inscritti nella Lista propriet di Stati europei e nordamericani (Canada e Stati Uniti dAmerica), mentre in Africa e nei Paesi arabi sono riconosciute, rispettivamente, 76 e 65 properties, per va82 83

Cfr. Carrier 1995 ???????????????????. Cfr. Audrerie, Sauchier, Vilar, Le patrimoine mondial cit., p. 95.

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lori percentuali che si aggirano (per ogni singola regione) intorno all8% del totale. Intermedie, ma nettamente staccate da quelle occidentali sono le percentuali asiatico-pacifiche e latino-americane. Il contributo del mondo euro-americano alledificazione del patrimonio mondiale dellumanit sembrerebbe, dunque, incomparabilmente maggiore rispetto a quello di ogni altra componente della nazione umana. Le ragioni normalmente addotte per rendere conto di tali scarti sono molteplici: le nazioni europee presentano pi candidature di ogni altra regione; i criteri di inscrizione sono fortemente improntati a una concezione monumentalista dellheritage, che favorisce la tradizione euro-americana; le procedure per avanzare candidature si fanno sempre pi complesse e costose, tali da rendere poco praticabili da parte di Stati poveri; la necessit di mantenere la conservazione nel tempo del bene inscritto, non sempre garantita o garantibile da stati meno ricchi84. Senza negare la pertinenza di simili osservazioni, mi sembra che sia lintero universo concettuale alle spalle del progetto di costruzione di una Whl a presentare evidenti propensioni occidentaliste85. Se torniamo alla tabella precedente, possiamo in effetti notare come gli scarti tra i contributi alla Whl da parte delle diverse regioni variano quando si differenziano i tipi di beni. Aumentano se prendiamo in considerazione i soli beni culturali. Qui la percentuale euro-americana sale di 5 punti, quella dei Paesi arabi di 2, mentre scendono tutte le altre (lAfrica perde 3 punti). La situazione si inverte per i beni naturali, dove la percentuale euro-americana scende al 31% (-25%, rispetto al valore relativo ai beni culturali)), mentre tutte le altre salgono (con leccezione dei Paesi arabi). Questi dati mi sembrano fornire spunti di riflessione a partire dai quali definire con maggiore precisione alcune coordinate ideologiche dellazione classificatrice dellUnesco. Intanto la centralit della dimensione culturale del patrimonio (il 77% dei beni iscritti), rispetto a quella naturale (20%); dato, questo, che, se da un lato rinvia allevoluzione teorico-concettuale della nozione di patrimonio e al suo graduale estendersi ad ambiti
Ivi, pp. 96-7. Nellultimo decennio allinterno dellUnesco si sviluppato un complesso dibattito sulla necessit di mettere a punto definizioni meno rigide, eurocentriche e monumentalistiche dellheritage, capaci di prendere in considerazione criteri locali e punti di vista differenti su cosa costituisca il patrimonio culturale/naturale di un determinato gruppo umano. Per una ricostruzione di questo percorso cfr. AA.VV. 2004 ??? e Audrerie, Sauchier, Vilar, Le patrimoine mondial cit. Punti importanti di tale tendenza autocritica sono: The Nara Document on Authenticity, Icomos, 1994; The Declaration of Sant Antonio, Icomos 1994; Budapest declaration on World Heritage, 2002. oltre ai limiti teoretici di simili tentativi di autocritica, sui quali torner tra breve, resta il dato della loro scarsa incidenza sulla reale conformazione della Whl.
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diversi da quello storico-artistico e monumentale, dallaltro mi sembra rivelatrice di una implicita gerarchia di valori, fondata sulla dicotomia cultura/natura, per la quale lazione (creatrice culturale) delluomo a costituire il nucleo definitorio della nozione di heritage, mentre la natura si definirebbe come dato, separato da quello culturale. Il peso di tale dicotomia confermato, a mio modo di vedere, dal rapporto tra tipi di beni e loro distribuzione regionale. Allinterno di una distribuzione gi ineguale e orientatata delle properties nei diversi continenti, con larea euro-americana iperrappresentata rispetto allAfrica o alle nazioni del Pacifico, la stessa regione occidentale appare ancora pi privilegiata quando si considerano i soli beni culturali. Nelle altre regioni, Africa in testa, la dimensione naturale assume, per converso, una maggiore rilevanza (relativa). Il quadro sembra modificarsi in maniera radicale quando prendiamo in considerazione la Ihl. Qui, pur prevalendo la stessa geografia immaginaria, i valori subiscono variazioni notevoli: mentre lEuropa-Nord-America scende al 15,5% (la stessa percentuale sulla quale si attesta lAfrica che sale di 6 pt.) lAsia-pacifico sale al 41% (+ 21 rispetto alla Whl), mentre le altre aree mantengono pi o meno costante la propria rappresentanza. Limmaterialit, dunque, per quanto paia aver intaccato limplicita predominanza patrimoniale delloccidente, non ha riequilibrato i rapporti tra aree allinterno della gerarchia globale. Diversamente da quanto ci si sarebbe potuto aspettare assumendo un punto di vista decisamente relativistico, ma in linea con la vicenda storica dellelaborazione della nozione allinterno della struttura Unesco, essa ha una spiccata connotazione asiatica (pi che africana o latina). A partire da queste banali constatazioni numeriche, lo spazio ideologico alle spalle delle procedure di classificazione Unesco sembra prendere forma: uno spazio nel quale alla dicotomia West/Rest, implicita nella geopolitica immaginaria a partire dalla quale si organizzano le scelte patrimoniali dellUnesco, si associa quella cultura/natura, che soggiace alla definizione stessa dei beni-icona di una istituenda identit umana. Disponendo gli apporti regionali lungo un ipotetico asse cultura-natura, sul primo polo troveremmo le nazioni europee, con quelle nordamericane leggermente pi spostate verso il polo naturale. Polo sul quale si collocano decisamente i contributi delle nazioni africane e asiatiche. ritroviamo qui, mi sembra, una serie di schemi concettuali, di taglio evoluzionista, molto vicini a quelli che hanno a lungo guidato, in maniera implicita, limmaginario delle stesse scienze antropologiche e che, solo di recente, esse hanno

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oggettivato e criticato86. La vicenda, la storia patrimonializzata dellumanit appare pi densa, calda, nel vecchio mondo europeo e in occidente in genere, e pi diradata, fredda, nel continente africano e nelle giungle dellAsia tropicale ed equatoriale. Qui la natura che prende il sopravvento, divenendo elemento connotante le identit patrimoniali degli Stati nazionali di quelle regioni. Del resto, soli 5 paesi europei (Italia, Spagna, Francia, germania, regno Unito) hanno visto riconosciuti 175 beni, pari al 19% del totale, mentre Italia (45 properties), Spagna (40) e Cina (38), Francia (33), germania (33) sono, nellordine, le nazioni nelle quali il genio creativo dello spirito umano sembrerebbe, a parere dellUnesco, aver lasciato il maggior numero di segni tangibili. La patrimonializzazione dellimmateriale, che avrebbe dovuto riequilibrare proprio queste implicite gerarchie di poteri, osservata nei suoi esiti concreti sembra piuttosto aver avuto come effetto quello di far emergere le nazioni asiatiche come competitors alternative alloccidente nel mercato globale dellheritage e delle identit mercificate, allinterno di una divisione della fetta patrimoniale lungo la contrapposizione materiale/immateriale che ha del resto una lunga storia oggi entrata probabilmente in una nuova fase politicoeconomica nei rapporti tra oriente e occidente. In tutti gli scenari, il perno della gt Unesco resta lo Stato nazionale, sia pure nelle sue diverse manifestazioni. Questa centralit appare un dato strutturale, legato non solo a esigenze procedurali e giuridiche, ma espressione di una complessa stratificazione di valori, allinterno della quale si intrecciano le nostre idee di individuo, di persona, di possesso, di appartenenza, di gruppo, di luogo, di tempo, di merce, di identit. Da questo punto di vista, i beni culturali e gli apparati istituzionali preposti alla loro classificazione/costruzione sono vettori impliciti di un simile immaginario. Sono concretizzazioni cristallizzate, che i discorsi ufficiali pretendono connotate iconicamente, di questi valori impliciti. Essi, inoltre, fluttuano su altre assunzioni implicite, proprie dei nostri modi di immaginare/costruire la realt sociale. Fanno infatti riferimento ad una versione cumulativa e lineare della storia: la storia, la civilt, nel loro progredire dal passato al presente, lasciano tracce, sedimentazioni che si concretizzano in oggetti e in siti, o costruiscono sedimentazioni culturali, tradizionali, messe a rischio del procedere della globalizzazione87. Sono
86 J. Fabian, Time and the Other. How Anthropology Makes its Objects, Columbia U.P., New York 1983; Herzfeld 2002 ???. 87 Sui rapporti tra poetiche della storia, nostalgia e patrimonializzazione, tra i numerosi riferimenti possibili, r. Handler, E. gable, The New History in an Old Museum. Creating the Past at Colonial Williamsburg, Duke U.P., Durham & London 1997, pp. 126-9; Herzfeld, Anthropology trough the Looking-Glass cit., p. 166; Bisell 2005 ??????????.

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queste cose, comunque provenienti dal passato88 che, riconosciute nel presente come beni identificanti allinterno di una poetica dominata dal cronotipo della nostalgia, devono essere preservati e trasmessi alle generazioni future89. Il passato, concretizzato oggi in tali beni, costruisce il futuro. Si tratta, daltro canto, di un tempo, di un passato e di tradizioni monumentalizzati90, incastonati e compattati in specifici concreta che, nel versante ufficiale del loro orizzonte di senso, sembrano non lasciar trasparire significati alternativi a quelli fissati dalle burocrazie nazionali e sovra nazionali e, quindi, appaiono incapaci di offrire appigli identitari ad altre forme di aggregazione sociale. Il monumentalismo delle concezioni patrimoniali Unesco, pi che una causa della ineguale distribuzione areale dei beni iscritti, sembra essere una conseguenza di modi non esplicitati attraverso i quali, con la mediazione delle cose del passato le nostre societ rappresentano il tempo e la storia. A una storia cumulativa, lineare, condensata e monumentale, fa eco uno spazio sociale e pubblico astratto, quantitativo la cui articolazione istituzionale i beni culturali contribuiscono a definire in termini netti e, in teoria, non equivoci, e la cui natura formale garantita dallazione classificatrice delle istituzioni statali. Uno spazio ufficiale nel quale tendono a essere messi in secondo piano quei punti iridescenti che producono tensioni e conflitti e nei quali, invece, pi evidenti e concrete si fanno le poetiche sociali messe in atto da persone reali. Uno spazio che si trasforma in contenitore formale nel quale poter mettere a punto la produzione di beni culturali nazionali e/o universali che divengono icone di piani ideali di appartenenza collettiva, di localit burocraticamente immaginate, di identit autentiche e tradizionali da porre/esibire nel mercato del turismo culturale91. Alla luce di questa lettura, dunque, la burocrazia internazionale dellUnesco, il suo progetto di costruzione di un patrimonio mondiale dellumanit, con le implicazioni e i presupposti ideologici che abbiamo visto connotarli, ci appaiono elementi importanti di quel processo politico-culturale di strutturazione/

D. Fabre, Domestiquer lhistoire. Ethnologie des monuments historiques, Msh, Paris 2000. Cfr. Convention Concerning the protection of the World Cultural and Natural Heritage, 1972C, pt. 1, art. 1. 90 M. Herzfeld, A Place in History. Social and Monumental Time in a Cretan Town, Princeton U.P., Princeton 1991. 91 In una prospettiva di analisi socio-economica dellheritage tourism, le considerazioni sulla logica del modello Unesco qui proposte farebbero parte di uno studio del solo versante dellofferta di beni culturali, mentre non stata presa in esame la dimensione della domanda (i molteplici e soggettivi punti di vista dei fruitori-compratori del bene): cfr. Apostolakis 2003. Per una presentazione in italiano dei problemi evidenziati dalle indagini, antropologiche e non, sullheritage tourism si veda Simonicca, Turismo e societ complesse cit., pp. 45-53 e pp. 56-78.
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imposizione di valori che Herzfeld92 ha recentemente definito come la produzione di una global hierarchy of values. gerarchia di valori interna e parte intima del processo di globalizzazione che tende, appunto, a fare della produzione di autenticit, tradizionalismo e localismo elementi decisivi del dispiegarsi di precise e nuove gerarchie di potere. E che, come ricorda lo stesso Herzfeld93, consente di fornire un contesto esplicativo generale a tutte quelle dinamiche politiche di produzione di forme di intimit culturale difese in nome della tradizione. 5. Schemi comuni La centralit performativa del conflitto, la sua rimozione dalle rappresentazioni ufficiali, e liper-rarefazione dei simboli, ci sono apparsi tratti costitutivi delle strutture tassonomiche Unesco. Un terzo aspetto, ai precedenti strettamente legato ed evidenziato anche da recenti ricerche94, la connessione tra il processo di iconicizzazione delle cose culturali e delle identit e la loro mercificazione. Lintero sistema tassonomico non si limita a produrre cose culturali oggettivate ed essenzializzate, ma, a partire dalla logica del suo stesso operare, trasforma tali cose patrimoniali in emblemi di identit collettive, anchesse immaginate in termini essenziali, astratti e rarefatti. Attraverso un simile processo di iconicizzazione, sia i beni culturali inscritti nelle tassonomie Unesco, sia le identi collettive che a essi sono associate divengono delle merci da vendere allinterno del mercato dellimmaginario globale95. Merci, i beni e le identit collettive, che proprio come la localit di Appadurai96 vengono ideologicamente rappresentati come realt puramente culturali, in qualche misura scisse dai concreti contesti sociali, quasi purificati da ogni ancoramento alle reali e spesso conflittuali dinamiche politiche. In un simile scenario, qualit culturali come la tipicit, lautenticit, la differenza, lantichit, lautenticit, lidentit si trasformano in risorse che le entit socio-politiche essenzializzate e i loro beni oggettivati devono possedere per esistere e agire allinterno
Herfeld, The Body Impolitic cit., pp. 3-11. Herzfeld 2003b: 289 ??????????????????. CollinsBut what if I should need to defecate in your neighborhood, Madane? cit.; Bunten, Sharing culture or selling out? cit. 95 Handler, Nationalism and the Politics of Culture cit.; Palumbo, LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit.; Id., Localit, identit, patrimonio cit.; Herzfeld, The Body Impolitic cit. 96 Appadurai, Modernity at Large cit.
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di uneconomia simbolica dellimmaginario. Il possesso e il controllo di tali qualit (pi ancora che dei singoli beni) conferiscono ai soggetti pubblici titolari di diritti negli scenari tassonomici transnazionali la possibilit di competere, in termini che definirei neo giurisdizionali, per il controllo delle forme di capitale politico-economico e simbolico attive nel mercato globale delle nuove forme di immaginazione politica e, dunque, il diritto a occupare una (qualche) posizione allinterno di quella che Herzfeld97 ha definito una gerarchia globale di valori. A partire da queste considerazioni forse possibile, ora, estendere lanalisi dalle tassonomie Unesco ad altri sistemi tassonomici globali allinterno dei quali sia pure a uno sguardo preliminare sembrano essere allopera analoghi processi di rarefazione, iconicizzazione e mercificazione sia delle identit collettive, sia delle qualit culturali a esse associate, sia, infine, dei concreta (i simboli concreti e operanti)98 interessati dai meccanismi classificatori. Come primo passo possiamo tornare al sistema sportivo globale e a quello calcistico in particolare dal quale, con lesperienza tassonomica di mio figlio Diego, eravamo partiti. Anche quello calcistico, come quello Unesco, un sistema istituzionalizzato di portata globale che appare organizzato da una rigida strutturazione tassonomica. La Fifa (Fderation Internationale des Association de Football) comprende sei Confederazioni continentali99, allinterno delle quali, nel 2007, erano affiliate 208 federazioni nazionali. Non possibile qui sviluppare unanalisi sistematica dellarticolazione istituzionale della Fifa. Possiamo solo constatare come larticolazione spaziale del sistema appaia pi vicina a quella delle classiche suddivisioni geografiche e, dunque, rispetto alla geografia immaginaria dellUnesco, sembri risentire molto meno di istanze geopolitiche. Per quanto il numero delle Federazioni europee risulti, insieme a quello delle Federazioni africane, il pi alto (53) questo dato sembra esprimere pi la forte frammentazione geopolitica dello spazio europeo, rispetto a quella di altri continenti (Asia e Americhe soprattutto), che non implicite assunzioni eurocentriche100.
Herzfeld, The Body Impolitic cit. J. Faubion, Modern Greek Lessons. A Primer in Historical Constructivism, Princeton U.P., Princeton 1993. 99 La Confederacin Sudamericana de Ftbol - Conmebol; lAsian Football Confederation - Afc; lUnion des associations europennes de football - Uefa; la Confdration Africaine de Football - Caf; la Confederation of North, Central American and Caribbean Association of Football - Concacaf; oceania Football Confederation - ofc. 100 Che pure certamente esistono, come si ricava facilmente da alcuni dati elementari: nessuna squadra non europea o sudamericana ha mai vinto una competizione calcistica mondiale, tutti i 9 segretari generali della Fifa finora eletti erano o sono cittadini di stati dellEuropa occidentale, cos come 7 su 8 dei suoi presidenti (con leccezione di un brasiliano). E da alcuni aspetti del re97 98

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Nel caso della Fifa, inoltre, lambiguit circa lattribuzione di un taxon del sistema (una federazione e una squadra nazionale, appunto) a uno Stato nazione sempre possibile, come abbiamo visto, nel caso Unesco, specie per quanto riguarda i beni culturali immateriali sembra essere quasi del tutto assente. Per poter essere accettata nella Fifa una Federazione calcistica deve organizzare lattivit calcistica:
in its country []. In this context, the expression country shall refer to an independent state recognised by the international community. Subject to par. 5 and par. 6 below, only one Association shall be recognised in each country101.

Dunque uno Stato, una federazione, a sua volta capace di organizzare i propri diversi campionati per club, da quelli professionistici a quelli per dilettanti: tutto il resto, come vedremo in conclusione, fuori classificazione. A ogni federazione (inscritta nelle pi ampie confederazioni continentali) corrisponde una squadra nazionale chiamata a partecipare alle competizioni continentali (Campionati europei, ad esempio, o Coppa dAfrica) e, ogni quattro anni, ai Campionati mondiali. Parallelamente alle competizioni per squadre nazionali, poi, la Fifa, le sue confederazioni continentali e ogni singola federazione nazionale organizzano quelle per squadre di club, articolate a loro volta in competizioni mondiali, continentali, nazionali, regionali, di diverso livello. Attraverso questa duplice articolazione (squadre nazionali/squadre di club) il sistema tassonomico in grado, da un lato, di costruire un immaginario calcistico transnazionale, fondato sullassociazione quasi automatica tra uno Stato nazione, una nazionale (maggiore) e una federazione, allinterno del quale pu competere ogni singolo Paese riconosciuto e associato; dallaltro esso riesce a produrre e strutturare spazi calcistici continentali e nazionali nei quali, alle spalle della sempre presente schermatura politico-diplomatica, facile intravedere le dinamiche economiche del mercato globale organizzato attraverso la competizione di club-aziende. In questo modo, coinvolgendo 265 milioni di giocatori attivi, 38 dei quali tesserati, miliardi di telespettatori, per un giro di affari (nel 2008) di 957 milioni di dollari (510 dei quali provenienti da diritti televisivi) e, appunto, attraverso la sua mediatizzazione, lo spettacolo calcistico sembra diventato uno dei principali attori dellimmaginario globale, plasmando

golamento che stabilisce la composizione di importanti organi interni allassociazione (lUefa ad esempio ha diritto alla presenza di 5 membri e 2 vicepresidenti nel Comitato esecutivo). 101 (Fifa Statutes, p. 10, c. 1). Fa eccezione il caso della gran Bretagna, nel quale esistono quattro federazioni, ciascuna per ognuna delle quattro nazionalit che compongono il regno Unito.

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Antropologia delle istituzioni

emozioni, passioni, vita quotidiana e valori di centinaia di milioni di esseri umani 102. Confrontato con quello Unesco, il sistema tassonomico calcistico rivela in maniera pi trasparente la propria strutturazione interna ed esplicita in forma quasi didascalica alcune delle assunzioni politico-ideologiche che ne sono a fondamento. Come il sistema di classificazione mondiale dei beni culturali, per, ed anzi forse pi di quello, le istituzioni del calcio globale sembrano avere leffetto (se non proprio il compito) di mettere in atto processi di oggettivazione, iconicizzazione, semplificazione culturale e, quindi di mercificazione identitaria, che, a loro volta, paiono connettere in un unico schema-progetto di governamentalit neoliberista diverse tassonomie dellimmaginario globale. In effetti il nesso tra calcio ed essenzializzazione delle identit nazionali, stato da tempo sottolineato da antropologi e sociologi: i lavori di Archetti103 sul calcio argentino, ad esempio, insieme a molti altri, hanno mostrato il peso che le pratiche e le passioni calcistiche hanno avuto nella formulazione e riformulazione delle identit nazionali104. Pi recentemente, per, linteresse degli studiosi si spostato proprio sul nesso tra nazionalismo e globalizzazione e sui modi in cui la cultura del calcio appare connessa a, e interviene a modellare, tale dialettica105. riflettendo su questo nesso, giulianotti e robertson106, nel segnalare come allinterno del sistema calcistico globale emerga la tendenza a produrre specifiche identit calcistiche nazionali, associate a particolari stili di gioco, ritengono questa una modalit di riarticolazione/riappropriazione locale di processi e dinamiche globali. Pi recentemente, Leckner107 ha indagato con attenzione il prodursi e larticolazione di un tale stereotipo identitario calcistico in olanda, il cui gioco totale ha rappresentato, a partire dalla fine degli anni settanta del secolo scorso, una delle essenzializzazioni nazionali pi ricorrenti nellimmaginario calcistico globale. Attraverso unanalisi
102 tutti i dati qui citati sono reperibili nel sito della Fifa (www.fifa.com). 103 E.P. Archetti, In search of national identity cit.; Id., Masculinities: football, polo and tango

in Argentina cit. 104 Cfr. Hosts and champions: soccer cultures, national identities and the USA World Cup, a cura di J. Sugden e A. tomlinson, Ashgate, Aldershot 1994; Bairner, Sport, nationalism, and globalization cit. 105 Football culture cit.; giulianotti, robertson, The globalization of football cit.; Iid., Sport and globalization: transnational dimensions, in global Networks, 7, 2, 2007, pp. 107-12; Iid., Recovering the social: globalization, football and transnationalism, ivi, pp. 144-86; g. Ben Porat, A. Ben Porat, (Un)bounded soccer: globalization and localization of the game in Israel, in International review for the Sociology of Sport, 39, 2004, pp. 421-36. 106 giulianotti, robertson, The globalization of football cit., p. 547. 107 F.J. Leckner, Imagined communities in the global game: soccer and the development of Dutch national identity, in global Networks, 7, 2, 2007, pp. 193-229.

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Palumbo, Sistemi tassonomici globali

dettagliata del caso olandese, Leckner mostra come il fenomeno dellessenzializzazione identitaria sia un tratto costitutivo di quello che qui chiamo sistema tassonomico calcistico:
For all their imagined distinctiveness, the Dutch follow a familiar global pattern. All soccer nations define themselves in relation to the global game, notably the World Cup tournament []. By claiming particular identities within soccers universal framework, they turn the global game into the glocal game[]. the global sporting system [] not only standardizes forms of play but also moulds the identities of participants in isomorphic ways108.

oltre a unidentica armatura categoriale (lorganizzazione tassonomica per livelli inclusivi che vanno dallumanit al pi ristretto scenario locale, passando per il nodo cruciale dello stato nazionale), nel cuore delle classificazioni del sistema sportivo globale ritroviamo quello stesso processo di essenzializzazione e stereotipizzazione che abbiamo visto allopera nel sistema classificatorio dei beni culturali Unesco. Il difensivismo speculativo del calcio italiano, il calcio ballato e spettacolare dei brasiliani, quello totale degli olandesi, quello agonistico dei britannici o lardore fisico (connesso ideologicamente con una presunta insipienza tattica) delle squadre africane sono essenzializzazioni stereotipate non molto diverse se non per il livello della tassonomia al quale si applicano dalla barocchitudine delle mie citt Unesco, dalla trogloditicit dei sassi di Matera, dallarcaismo della polifonia e delle danze tradizionali della regione di Shoplouk, in Bulgaria o dalla regalit del balletto reale Cambogiano. In entrambi i casi siamo in presenza di sistemi tassonomici istituzionalizzati che, pur facendo dello Stato nazione il perno del proprio operare, agiscono su scala globale mettendo in atto processi di oggettivazione culturale e di stereotipizzazione delle pratiche. Attraverso tali processi vengono istituzionalmente definiti particolari tipi di beni (culturali o sportivi) che, nello scenario transnazionale e mercificato dellimmaginazione globale, assumono cos il carattere di emblemi-icone di quelle entit collettive un gruppo sociale, un luogo, uno Stato nazionale alle quali sono univocamente e integralisticamente attribuiti. Lo scenario che si delinea, in entrambi i casi presi in considerazione, quello di una stretta compenetrazione tra processi di definizione della localit, dellautenticit e della specificit, da un lato, e azione dei processi globali, dallaltro. Leckner109, per il sistema calcistico mondiale, parla di un nazionalismo cosmopolita, volendo indicare il carattere
108 109

Ivi, pp. 221-2. Ivi, p. 227.

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Antropologia delle istituzioni

oramai globale dei processi di costruzione, rappresentazione e riplasmazione delle odierne identit nazionali. E insiste sulla necessit di ancorare sempre lanalisi delle dimensioni culturali di simili processi allo studio delle concrete interazioni sociali. In maniera analoga, fin dalle prime fasi della mia etnografia siciliana110, la possibilit di comprendere loperare delle classificazioni Unesco mi apparsa legata alla necessit di analizzare con attenzione i rapporti che, in una specifica contingenza storica, si venivano a stabilire tra tassonomie istituzionali e universali, da un lato, e pratiche politiche locali, dallaltra. La produzione di nuove forme di localit (il Val di Noto, il Sudest) e la riproduzione contemporanea di antiche dinamiche locali (i campanilismi) cos potuta apparire intimamente e inestricabilmente legata alloperare dei sistemi tassonomici globali di unagenzia transnazionale come lUnesco. La ricerca etnografica, ripensata in forme coerenti con la complessit dei processi111 resta, come detto, un elemento imprescindibile di qualsiasi analisi antropologica delle forme della globalizzazione. Questo sia perch, come ricordano Cuillerai e Abls112 ripercorrendo le tesi di Appadurai : Il est donc tout fait pensable quon continue produire du local dans un monde dterritorialis, sia anche perch solo unattenzione alle pratiche sociali di concreti esseri umani agenti negli spazi di interazione della contemporaneit pu, come sottolinea Herzfeld113, farci comprendere la pratica degli stereotipi, tratto decisivo nel funzionamento di sistemi sociali e politici che fondano una parte del proprio potere sulla stereotipizzazione delle pratiche. I sistemi tassonomici globali analizzati in queste pagine, proprio perch si rivelano formidabili strumenti di stereotipizzazione ed essenzializzazione identitaria, e quindi meccanismi decisivi nella produzione di sentimenti iconicizzati di appartenenza allinterno di processi geo-politici globali, devono essere colti nei concreti spazi di interazione sociale che essi producono, attivano, riattivano, inglobano. Ed esattamente questo che la mia etnografia dei rapporti dialettici tra la macchina classificatori dellUnesco e le pratiche sociali di alcuni iperluoghi siciliani, con le loro stratificazioni storiche e le loro ombrosit, ha cercato di fare.114 riconosciuto ci, per,

110 Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche cit.; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit. 111 Appadurai, Modernity at Large cit.; Marcus, Ethnographie cit. 112 M. Cuillerai, M. Abls, Mondialisation: du go-culturel au bio-politique, in Anthropologie et Socits, 26, 1, 2002, pp. 11-28 p. 18. 113 Herzfeld, Anthropology through the Looking-Glass cit., pp. 157-64. 114 Palumbo, LUnesco e il campanile. Riflessioni antropologiche cit.; Id., LUnesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali cit.; Id., Il vento del Sud-Est cit.

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Palumbo, Sistemi tassonomici globali

mi sembrato utile proporre, in questo scritto, una riflessione sistematica e comparativa, sui sistemi tassonomici in s, sui loro modi di operare e sulle assunzioni ideologiche che li fondano. riflessione che, facendo emergere alcuni tratti comuni ad alcuni di tali sistemi, sembrano lasciar intravedere il progressivo strutturarsi di forme organizzate, e sempre pi potenti, di egemonizzazione dellimmaginario globale. In ogni caso, molto resta ancora da comprendere su questa strada e solo il moltiplicarsi di indagini etnografiche su ciascuno dei diversi sistemi tassonomici globali potr consentirci una pi chiara percezione dei processi in atto.

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