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N. 18 – 2023
TRACCE DI METALLO
STORIE DEL NOVECENTO ITALIANO
DAI DEPOSITI IN VALORI DIVERSI PRESSO
LA TESORERIA CENTRALE DELLO STATO
di Serafina Pennestrì
Dirigente del Servizio III – Tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico
Esmeralda Valente
Il Notiziario del Portale Numismatico dello Stato fa parte di una collana editoriale inserita nel
sistema Biblioteca Virtuale e promossa dal Ministero della Cultura, Direzione Generale
Archeologia, Belle Arti e Paesaggio.
In copertina:
Presentazione Luigi La Rocca, Direttore Generale Archeologia, belle arti e paesaggio . . Pag. 5
I. INTRODUZIONE
Tracce di metallo. Storie del Novecento italiano dai depositi in valori diversi
presso la Tesoreria centrale dello Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 9
Dalla Regia Tesoreria alla Regia Zecca. La cassa con gli scudi d’argento
accantonati per collezioni. 1907-1960 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 15
Appendice documentaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 73
“Con la spada e con l’aratro”. La conquista della terra dal 1928 al 1939. Medaglie
dell’Opera Nazionale Combattenti nella Tesoreria Centrale dello Stato . . . . . . . . » 93
Sommario
V. APPARATI
Abbreviazioni Generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 313
Abbreviazioni bibliografiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 314
Elenco delle tavole fuori testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 317
Crediti Fotografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 319
Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 327
Sommario
Il diciottesimo volume della collana “Notiziario del Portale Numismatico dello Stato” si
inserisce tra le iniziative di valorizzazione culturale promosse dagli Enti coinvolti al fine di
adempiere ad una delle principali finalità del decreto interministeriale che nel 2018 ha istitu-
ito la Commissione sui depositi in valori diversi presso la Tesoreria Centrale dello Stato.
Si conclude oggi la prima fase del lungo lavoro di ricognizione dei depositi a cui la
Direzione Generale ha inteso contribuire mettendo a disposizione le specifiche competenze
scientifiche e professionali di un proprio funzionario esperto in numismatica, ciò che ha con-
sentito oltre alla preliminare identificazione, classificazione e valutazione dei reperti esami-
nati, l’individuazione delle più idonee forme di valorizzazione, intesa sia in senso economico
che culturale, e la proposta sulla destinazione finale dei beni in deposito.
I quattro saggi e le prime due vetrine virtuali sui depositi infatti offrono un primo qua-
dro organico e completo dei materiali di interesse numismatico svelati dai depositi, consen-
tendo al tempo stesso, ad un ampio pubblico, nuove modalità di accesso e fruizione della
collezione che può essere visitata da remoto attraverso il Portale Numismatico dello Stato.
Il passo successivo, che terrà conto non solo del dibattito scientifico scaturito dalle
tematiche trattate, ma anche delle specifiche azioni di tutela e valorizzazione dei primi lotti
di beni che qui si presentano, è quello della loro musealizzazione nelle sedi che verranno
ritenute più idonee, affinché il processo di trasformazione dei beni individuati in patrimonio
culturale a disposizione di tutti sia davvero compiuto.
Luigi La Rocca
Direttore Generale Archeologia,
belle arti e paesaggio
Nel 2018 un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Mi-
nistro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, istituiva la Commissione Interministe-
riale depositi in valori diversi custoditi presso la Tesoreria centrale dello Stato, composta da
ventisei membri in rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento
della ragioneria generale dello Stato, Dipartimento del tesoro e Dipartimento dell’amministra-
zione generale, del personale e dei servizi, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e
del Turismo e della Banca d’Italia.
Tra i compiti della Commissione: “la ricognizione dei depositi in valori diversi custoditi
presso la Tesoreria centrale dello Stato, nei caveaux siti in Roma, nella sede della Banca d’I-
talia, via dei Mille n. 52; stilare un inventario completo dei singoli beni costituiti in deposito;
avviare il procedimento per l’acquisizione dei beni in discorso nel Conto generale del Pa-
trimonio dello Stato; avanzare proposte per una destinazione dei beni, singolarmente o per
blocchi, al fine di promuoverne la valorizzazione culturale, nonché quella economica; porre
in essere tutte le iniziative necessarie per giungere all’estinzione dei suddetti depositi”.
Le tipologie dei valori rinvenuti nei depositi ed esaminati dalla Commissione sono ap-
parse molto varie e, di fatto, non sempre caratterizzate da rarità o da interesse storico cultu-
rale.
Per quanto riguarda, in particolare, i materiali numismatici presenti nei depositi, databili
prevalentemente ad età moderna, il lungo e impegnativo lavoro di ricognizione svolto dalla
Commissione ha comportato la loro preliminare identificazione, la relativa stima e la valu-
tazione ai fini di idonee proposte di destinazione e di valorizzazione culturale o economica.
In qualità di esperto numismatico della Commissione designato dal Gabinetto del Mini-
stro, come responsabile dell’unità di tutela del patrimonio numismatico della Direzione Gene-
rale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, chi scrive ha avuto modo di seguire più da vicino la
ricognizione per tre delle cinque Sottocommissioni, dedicate a specifiche tipologie di depositi
contenenti prevalentemente valori di interesse numismatico (Sottocommissioni II e IV “Mone-
te”) o di interesse storico numismatico (Sottocommissione III “Documenti e oggetti storici”),
nonché di esprimere le valutazioni tecniche e le indicazioni di competenza della Direzione
Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, nel rispetto della normativa vigente in materia.
Nell’ambito della valutazione specialistica richiesta nell’esame dei materiali numismati-
ci, si è ritenuto interessante selezionare quattro depositi per proporre altrettante storie. Storie
esemplari per raccontare, da diverse angolazioni, alcuni aspetti inediti, curiosi o minori, “a
margine” del Novecento italiano, attraverso documenti, oggetti e raccolte di oggetti.
I materiali e la scarna documentazione hanno permesso di sviluppare differenti prospet-
tive di ricerca, che si è tentato di rappresentare, almeno preliminarmente, in questo volume.
L’obiettivo è quello di offrire ad un pubblico più ampio la fruizione e la consultazione online
di una selezione dei materiali di interesse storico numismatico, insieme al catalogo prelimi-
nare dei reperti rinvenuti nei due depositi della raccolta di scudi degli Stati preunitari e del
fondo denominato “Medagliere Mussolini”.
Tre dei saggi che qui si propongono sono ospitati, in versione ridotta e priva dei catalo-
ghi preliminari, nel volume collettivo curato dalla Commissione. Si tratta, in particolare, della
raccolta di scudi degli Stati preunitari conservata in una cassa della Regia Tesoreria presso la
Zecca, del sequestro effettuato nel 1941 dal Comando Militare Italiano a Spalato a bordo del-
lo Jadwiga, e del fondo “Medagliere Mussolini”. Quest’ultimo viene presentato, per la prima
volta, nella sua versione integrale, attraverso il catalogo delle medaglie e delle decorazioni
che lo componevano, con il relativo commento.
A questi tre fondi, si è aggiunta, in questo volume, una breve nota sulla raccolta delle
medaglie coniate per l’Opera Nazionale Combattenti tra gli Anni Venti e gli Anni Trenta del
Novecento.
La presentazione dei quattro depositi è stata possibile grazie alla costante e proficua
collaborazione di tutti i componenti della Commissione e del personale della filiale di Via
dei Mille della Banca d’Italia, sede della Tesoreria centrale dello Stato, che ha agevolato in
ogni modo l’apertura e l’esame dei depositi, insieme ai fotografi che ne hanno assicurato la
documentazione fotografica essenziale per il lavoro di ricerca e di edizione sfociato in questo
volume.
Il Poligrafico e Zecca dello Stato ha seguito, con la consueta dedizione e attenzione, la
realizzazione del progetto editoriale e dell’espositore virtuale, visitabile all’interno del Portale
Numismatico dello Stato (www.numismaticadellostato.it). Uno spazio articolato secondo un
percorso di visita che presenta i materiali esponendoli in sale e vetrine virtuali tematiche, che
si spera di implementare in futuro con altre risorse digitali, anche multimediali.
L’auspicio è che questo volume, unitamente alle due vetrine virtuali collegate al Portale
Numismatico dello Stato, possa andare incontro sin da ora al più ampio pubblico, nella let-
tura delle quattro storie proposte e nella visita virtuale dei materiali presentati. E che in un
futuro non lontano queste pagine possano continuare ad essere un’utile risorsa nelle sedi
espositive reali e museali di assegnazione definitiva dei reperti qui presentati, nell’ambito di
future iniziative di valorizzazione culturale, in linea con le finalità del decreto interministe-
riale del 2018.
Serafina Pennestrì
* Nino, Ettore, Pietro e Rossella, con la loro affettuosa presenza e con il loro incoraggiamento, hanno con-
tribuito ad alleggerire il mio lavoro. I cimeli e i racconti dei nostri nonni e dei nostri genitori, testimoni di
due terribili guerre e di molti altri avvenimenti del Novecento italiano, hanno ispirato la stesura di più di
una pagina. Questo libro è dedicato a loro.
1907-1960
Il deposito ex 491, aperto dalla Sotto Commissione “Monete 2” tra novembre e dicem-
bre 2019, ha restituito alcuni tra i materiali di maggior interesse esaminati1. Nel suo com-
plesso, è costituito da una raccolta di 1.504 monete d’argento, in uno stato di conservazione
generalmente da buono a fior di conio, prevalentemente emesse da zecche degli Stati
preunitari e distribuite in ordine di rispettiva classificazione, per autorità emittente, zecca e
millesimo, entro novantaquattro scatoline di cartone (tab. 1), custodite a loro volta dentro una
vecchia cassetta di legno con triplice serratura2 (fig.1).
La natura e le caratteristiche della raccolta, verisimilmente formata tra gli anni Trenta e
Quaranta del Novecento, è da ricondurre ad un episodio, sinora inedito e privo di ulteriori
riscontri documentali ed archivistici, di “accantonamento” per collezionisti di un cospicuo
numero di monete d’argento ritirate dalla circolazione3. Come il bigliettino incollato sulla cas-
setta di legno dichiara, si tratta infatti di “valute ricevute per la conversione e la riconiazione
e accantonate per collezioni”, presso la “cassa di riserva” della Regia Tesoreria Centrale o, più
probabilmente, della Regia Zecca di Roma4.
La raccolta, iniziata a partire dal 1927, fu ordinata e riscontrata nel 1939, anno a cui ri-
sale il registro su cui venne redatto l’elenco allegato al deposito, e fu chiusa definitivamente,
“per verifica e passaggio di gestione” nel 19605. Nonostante le intenzioni, la raccolta rimase
tuttavia intatta, come dimostra il puntuale riscontro di tutti i 1.504 esemplari elencati nel regi-
stro della “cassa di riserva” effettuato dalla Sottocommissione. Se ne deve dedurre che quell’i-
niziale progetto di accantonamento per i collezionisti degli “scudi” d’argento, ispirato ad una
prassi per quel che risulta insolita nell’àmbito delle attività della Regia Tesoreria Centrale e
della Regia Zecca, non venne mai attuato6. Fatto questo che ha permesso la sopravvivenza
dell’intero deposito e che ha consentito di recuperare una significativa testimonianza della
circolazione monetaria e del collezionismo numismatico in Italia tra la seconda metà dell’Ot-
tocento e i primi decenni del Novecento7.
Le monete degli antichi Stati d’Italia sono state per lungo tempo tra le più ricercate dai
collezionisti dopo l’Unità d’Italia e ancora oggi rappresentano uno dei principali filoni del
collezionismo numismatico “storico”, che veniva così rappresentato da Giovanni Carboneri
all’inizio del Novecento8:
Al ritorno degli austriaci la monetazione dei governi provvisori venne dichiarata illeggittima. Ma
quelle monete che erano ritenute allora illeggittime e condannate all’ostracismo non dovevano
scomparire; raccolte premurosamente quasi amuleti dai patriotti, rimasero custodite alcuni anni
per poi uscire alla luce più fulgide di prima, testimoni della fede che animava i nostri padri per
la causa dell’indipendenza italiana. Quel grido fatidico di “Italia libera – Dio lo vuole”, che il
Governo Provvisorio di Milano ordinava il 27 maggio 1848 di stampare sulle monete, non poteva
cadere nell’oblìo e undici anni dopo lo stesso grido, emesso da migliaia di petti sui campi di
battaglia, doveva avere il suo coronamento. Le monete d’oro e gli scudi d’argento del governo
provvisorio di Milano e Venezia del periodo 1848-1849 non si vedono in circolazione, benchè
abbiano tuttora corso legale; ma accresciute di valore, si vendono, specialmente le monete d’oro,
come rarità numismatiche.
Tutte le tipologie degli scudi d’argento rientrano nell’Elenco delle monete nazionali
ed estere e degli antichi Stati d’Italia, aventi corso legale nel Regno, che debbono essere ac-
cettate dalle casse pubbliche, allegato al Regio Decreto del Ministro del Tesoro del 7 marzo
1907, n. 149 (G.U. 18 aprile 1907, n. 92)9. In particolare, si tratta delle “monete d’argento a
900/1000, ossia gli scudi da lire 5, coniati a sistema monetario decimale nello scorcio del
secolo XVIII della Repubblica Francese anteriormente al 1800, e cioè nell’anno 1796 e se-
guenti. Nella prima metà del secolo XIX dagli antichi Stati d’Italia. Repubblica Subalpina,
Repubblica d’Italia e Regno d’Italia sotto Napoleone I, Regno di Napoli sotto Gioacchino
Murat, Principato di Lucca e Piombino creato da Napoleone I, con a capo Felice ed Elisa
Baiocchi, Regno di Sardegna, Ducato di Parma e Piacenza, Governi Provvisori di Milano e
Venezia, Regno d’Italia, Repubblica di San Marino” (cat. I-XIII; tavv. I-XXIV). Lo stesso de-
creto stabiliva inoltre che “Per effetto della Convenzione internazionale 6 novembre 1885,
approvata con legge 30 dicembre dello stesso anno, n. 3590, hanno pure corso legale gli
scudi degli Stati esteri facenti parte della lega latina, cioè Francia, Belgio, Sardegna e Gre-
cia”10 (cat. XIV-XV; tav. XXV).
Gli scudi d’argento cessarono il loro corso il 30 settembre 1927 con il Regio decreto-legge
23 giugno 1927 n. 1148, che introduceva il riordinamento della circolazione monetaria metal-
lica, il loro ritiro dalla circolazione e la loro prescrizione11. Il decreto proibirà anche da quel
momento “ a chiunque”, di “raccogliere, incettare e detenere, comunque, i predetti scudi da L
5 (...), salvo per gli esemplari detenuti in numero limitato, per raccolte o collezioni”12. Quest’ul-
tima concessione del Ministero del Tesoro può forse contribuire a chiarire le circostanze e
le motivazioni alla base di questo deposito, che ha permesso di salvare dalla fusione e dalla
riconversione monetaria numerosi esemplari delle nostre antiche zecche estremamente rari,
destinandoli alle collezioni dei medaglieri italiani14.
Fig. 1 – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. La cassetta di legno che custodiva le “valute ricevute per
la conversione e riconiazione e accantonate per collezioni”. © MEF-BdI.
Tabella 1 – Elenco delle monete accantonate per collezioni distinte per quantità e valore e
provenienti dalle valute ricevute per la conversione monetaria e la riconiazione.
XII. R
egno d’Italia: Vittorio Roma: 1876 cat. XII,
1 17
Emanuele II tav. XXIII-XXIV
XIII. R
epubblica S. Marino Roma: 1898 cat. XIII,
1 20
tav. XXV
XIV. F
rancia: Napoleone Parigi: 1868 cat. XIV,
1 1
III tav. XXVI
Grecia Parigi: 1901 1 1 cat. XV
Il catalogo che segue intende offrire una prima presentazione sintetica della raccolta degli scudi d’ar-
gento accantonati nella cassa, suddivisi per Stato, autorità emittente, tipologia, millesimo e zecca.
Questo primo resoconto ha ovviamente carattere di provvisorietà, in considerazione della ricogni-
zione necessariamente rapida degli esemplari che sono stati esaminati da parte della Sotto Commissione
“Monete” ai fini di un riscontro complessivo e della loro stima.
I numeri romani distinguono le emissioni degli antichi Stati rappresentati nella raccolta, mentre l’e-
lenco delle monete complessivamente “accantonate” riporta la zecca e il millesimo.
La documentazione fotografica del deposito, dato il tempo limitato a disposizione, è stata realizzata
a campione su alcune tipologie e su alcuni millesimi, talora molta consunti.
Pertanto, l’illustrazione delle varie tipologie, con differenti zecche e millesimi, è stata integrata con
le immagini di esemplari analoghi conservati nel Medagliere del Museo Archeologico Nazionale di Parma
e del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
I.
5 franchi, 1800-1802
Zecca: Torino
Argento, g 25
D/ Nel giro, GAULE – SUBALPINE La Gallia Subalpina, con palma e corona, cinge la spalla della Francia,
con picca sormontata da berretto frigio nella d. e con archipendolo nella s.; sulla linea d’esergo, a s., LAVY
R/ Nel giro, sopra LIBERTÉ EGALITÉ ERIDANIA (tra due rosette a sei petali); nel campo, entro due serti di
alloro e su due righe: 5 •/ FRANCS/data; sotto, cuore (simbolo del direttore di zecca)
Taglio: a fogliame in rilievo
a) R/ AN IX (1800-1801)
b) R/AN X (1801-1802)
Decreto di emissione: 13 marzo 1801 – 22 ventoso n.9 della Commissione esecutiva del Piemonte
Bibl.: Carboneri, pp. 92-94; sulla circolazione, pp. 530-531, 675; per il tipo, Pagani, 5 (a.IX) – 6 (a. X).
Monete accantonate: 2
1. 1800-1801
2. 1801-1802
Tav. I
5
© MiC-CMP
0
Tav. I – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Repubblica Subalpina, 5 franchi, a. IX (1801-1802), zecca di Torino.
Inv. MANPr 12976. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso Monumentale
della Pilotta.
REGNO D’ITALIA
II.
5 lire, 1807-1814
Zecche: Milano, Bologna, Venezia
Argento, g 25
D/ NAPOLEONE IMPERATORE E RE Testa nuda a d.; sotto, data tra segno di zecca e lampada ad olio
R/REGNO D’ITALIA Stemma in padiglione coronato con alabarde sagomate; sotto, nel giro, 5. LIRE
Contorno: DIO PROTEGGE L’ITALIA
Decreto di emissione: Decreto Imperiale 21 marzo 1806, n. 21, che determina la coniazione di una nuova
moneta decimale per il Regno d’Italia, conforme alle monete legali già in corso nell’Impero Francese.
Bibl.: Carboneri, pp. 117-118; per il tipo, 517, 531-2. Pagani, per il tipo in gen., 25-32 (zecca di Milano); 47-52a (zecca di
Bologna); 13-18a (zecca di Venezia).
Monete accantonate:
Zecca: Venezia
208-228. 1810. Leggenda piccola
229-249. 1811. Leggenda piccola
250-270. 1812. Leggenda piccola
271. 1813. Leggenda piccola
Tav. II
5
© MiC-MANN
0
Tav. II – Museo Archeologico Nazionale, Napoli. Regno d’Italia, Napoleone Imperatore e Re, 5 lire, 1808, zecca di
Milano. Inv. Fr 5257. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Na-
zionale di Napoli.
Tav. III – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Napoleone Imperatore, Regno d’Italia, Napoleone Imperatore e
Re, 5 lire, 1811, zecca di Milano. Con contromarca. Inv. MANPr 13330. © Riproduzione con autorizzazione del
Ministero della Cultura – Complesso Monumentale della Pilotta.
Tav
Tav
. III
.I
5
© MiC-CMP
0
III.
5 lire, 1812-1813
Zecca: Napoli
Argento, g 25
Monete accantonate: 1
Zecca: Napoli
1. 1813
Tav. IV
5
© MEF-BdI
0
Tav. IV – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Regno delle Due Sicilie. Gioacchino Murat, 5 lire,
1812, zecca di Napoli. © MEF-BdI.
Tav. V – Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Medagliere. Regno delle Due Sicilie. Gioacchino Murat, 5 lire,
1812, zecca di Napoli. Inv. Fr 9090. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Museo
Archeologico Nazionale di Napoli.
TTav
av..V
I
5
©©MiC-MANN
MiC-CMP
0
IV.
5 franchi, 1805-1808
Zecca: Firenze
Argento, g 25
Monete accantonate: 53
Zecca: Firenze
1-20. 1805
21. 1806
22-41. 1807
42-53. 1808
Tav. VI
5
© MEF-BdI
0
Tav. VI – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Principato di Lucca e Piombino. Elisa Bonaparte e
Felice Baiocchi, 5 franchi, 1806, zecca di Firenze. © MEF-BdI.
Tav. VII – Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Medagliere. Principato di Lucca e Piombino. Elisa Bonaparte e
Felice Baiocchi, 5 franchi, 1807, zecca di Firenze. Inv. Fr 5845. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero
della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Tav
T.av
VII
.I
5
©©MiC-MANN
MiC-CMP
0
REGNO DI SARDEGNA
V.
5 lire, 1816-1821
Zecca: Torino
Argento, g 25
a) I tipo
D/ VIC· EM· D· G· REX· SAR· CYP· ET IER Testa a d.; sul taglio del collo, A ·LAVY; sotto, data
R/ DVX SAB· IANVAE ET MONTISF· PRINC· PED· &· Stemma sannitico inquartato, coronato e circondato
dal Collare; in basso, L · – 5 tra L in losanga e testina d’aquila
Taglio: FERT FERT FERT alternati a nodi e rosette in incuso
Decreto di emissione: R. Patente del 6 agosto 1816 per la zecca di Torino, al taglio di 99405/11243 pezzi, titolo
den. 10.19. Il totale emesso per gli anni 1816-1820 fu di 258.228 pezzi.
Bibl.: Sul decreto, Carboneri, p. 268, nota 1; sul tipo, p. 535, f (fig. 103). Pagani, 10-14. Simonetti, 14/1-5.
Zecca: Torino
1-19. 1816
20-39. 1817
40-60. 1818
61-80. 1819
81-100. 1820
b) II tipo
D/ VIC· EM· D· G· REX· SAR· CYP· ET IER Testa a d.; sul taglio del collo, A· LAVY; sotto, data
R/ DVX SAB· GENVAE ET MONTISF· PRINC· PED· &· Scudo a cuore della croce, coronato e con Collare, tra
due rami d’alloro; in basso, L·5 tra L in losanga e testina d’aquila
Taglio: FERT FERT FERT alternati a nodi e rosette in incuso
Decreto di emissione: R. Patente del 4 dicembre 1820 per la zecca di Torino, al taglio di 40 pezzi, titolo
900 millesimi, e con la rappresentazione di un diverso stemma. La tiratura secondo Carboneri fu limitata
a 34.168 pezzi, compresi quelli a nome di Carlo Felice, che succedette a Vittorio Emanuele I subito dopo
l’abdicazione di quest’utimo, a marzo 1821.
Bibl.: Carboneri, p. 268, nota 1; sul tipo, p. 535, g (fig. 104). Pagani, 15. Simonetti, 15.
Monete accantonate: 20
Zecca: Torino
101-120. 1821
Tav. VIII
5
© MEF-BdI
0
Tav. VIII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele I, 5 lire,
1816, zecca di Torino. MEF.
Tav. IX
5
© MiC-MANN
0
Tav. IX – Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Medagliere. Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele I, 5 lire, 1819,
zecca di Torino. Inv. Fr 5061. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura –– Museo Archeolo-
gico Nazionale di Napoli.
TTav
av..X
I
5
©©MiC-MANN
MiC-CMP
0
Tav. X – Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Medagliere. Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele I, 5 lire, 1821, zec-
ca di Torino. Inv. Fr 5062. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura –– Museo Archeologico
Nazionale di Napoli.
REGNO DI SARDEGNA
VI.
5 lire, 1821-1830
Zecche: Torino, Genova
Argento, g 24.99
D/ CAR FELIX D G REX SAR CYP ET HIER Testa a d.; sul taglio del collo, A. LAVY; sotto, data
R/ DVX SAB GENVAE ET MONTISF PRINC PED & Scudo a cuore, inquartato e coronato, con Collare, tra
due rami di quercia. Nell’esergo il segno del valore tra quelli di zecca
Taglio: Tre FERT tra nodi e rosette in incuso.
Decreto di emissione: R. Patente del 3/XII/1821, notificata dalla Camera dei Conti con Manifesto n.1263 del
14/XII/1821.
Bibl.: Per il decreto, Carboneri, p.268, nota 1; per il tipo, pp. 263-264 (fig.24). Pagani, 22-38. Simonetti, 6/1-20. Secondo
Carboneri, p. 855, la tiratura a Torino fu di 34.618 pezzi: v. Simonetti, p. 279.
Tav. XI
5
© IPZS
0
Tav. XI – Museo della Zecca, Roma. Regno di Sardegna, Carlo Felice (1821-1831), 5 lire, 1826, zecca di Torino.
V. 10:185/3. © Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
REGNO DI SARDEGNA
VII.
5 lire, 1831-1849
Zecche: Torino, Genova
Argento, g 25.03-24.72 Titolo 900
D/ CAR ALBERTVS DG REX SARD CYP ET HIER Testa a d.; sul taglio del collo FERRARIS; sotto, data
R/ DVX SAB GENVAE ET MONTISF PRINC PED & Scudo semplice di Savoia coronato, col Collare attorno,
tra due rami d’alloro. Nell’esergo il segno di valore e della rispettiva zecca
Taglio: Tre FERT tra nodi e rosette in incuso
Tav. XII
5
© MiC-CMP
0
Tav. XII – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Regno di Sardegna, Carlo Alberto, 5 lire, 1837, zec-
ca di Genova. Inv. MANPr 12697. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso
Monumentale della Pilotta.
Tav. XIII – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Regno di Sardegna, Carlo Alberto, 5 lire, 1844, zec-
ca di Genova. Inv. MANPr 12698. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso
Monumentale della Pilotta.
Tav.TXIII
av. I
5
© MiC-CMP
0
REGNO DI SARDEGNA
VIII.
5 lire, 1850, 1852
Zecche: Torino, Genova
Argento, g 25.05-24.66; Titolo 900
D/ VICTORIVS EMMANVEL II D G REX SARD CYP ET HIER Testa a d., sotto, FERRARIS e data
R/ DVX SAB – GENVAE MONTISF PRINC PED & Scudo semplice di Savoia coronato, con Collare attorno,
tra due rami di alloro. Nell’esergo, il segno del valore e quelli di zecca.
Taglio: Tre FERT tra nodi e rosette in incuso
Monete accantonate: 33
Zecca: Torino
1-15. 1850
Zecca: Genova
16-17. 1850
18. 1852
Tav. XV
5
© MiC-CMP
0
Tav. XV – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele II, 5 lire, 1850,
zecca di Torino. Inv. MANPr 12698. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso
Monumentale della Pilotta.
Tav. XVI – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele II, 5 lire,
1852, zecca di Genova. © MEF-BdI.
TTav
av..V
I
5
© MiC-CMP
© MEF-BdI
0
IX.
5 lire, 1815, 1832
Zecca: Milano
Argento, g 25
D/ MARIA LUIGIA PRINC· IMP· ARCID· D’AUSTRIA Busto a s., con diadema; sotto, data tra melagrana e
lampada
R/ PER LA GR · DI DIO DUCH· DI PARM PIAC· E GUAST· Stemma coronato in padiglione; sotto, 5.LIRE
Taglio: DIRIGE ME DOMINE
a) Zecca: Milano, 1815 (coniate tra il 1819 e il 1830)
D/ sotto, 1815 tra melagrana e lampada
Le monete di Maria Luigia ricorrono con particolare frequenza nell’ambito del collezionismo numismatico
degli antichi Stati preunitari. Il 1815 è considerato comune; invece, di rarità media o alta, il 1832. Manca il
millesimo 1821, di estrema rarità, noto in soli tre esemplari, di cui il primo apparso in asta di Santamaria
nel 1961.
Bibl.: Per il decreto, Carboneri, p. 251, nota 1. per il tipo, p. 518 (fig. 66). Pagani, 5-7. Un falso di età moderna presente
al Museo Glauco Lombardi di Parma è segnalato da Sandrini 2018, pp. 48-57: p. 53.
Monete accantonate
Zecca: Milano
1-7. 1815
8-27. 1832
Tav. XVI
5
© MEF-BdI
0
Tav. XVII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Ducato di Parma e Piacenza, Maria Luigia
d’Asburgo (1814-1847), 5 lire, 1815, zecca di Milano. © MEF-BdI.
Tav. XVIII – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Ducato di Parma e Piacenza, Maria Luigia d’Asburgo
(1814-1847), 5 lire, 1815, zecca di Milano. Inv. MANPr 14938. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero
della Cultura – Complesso Monumentale della Pilotta.
Tav.TXVII
av. I
5
© MiC-CMP
0
X.
5 lire, 1848
Zecca: Milano
Argento, g 25, 00
D/ GOVERNO PROVVISORIO DELLA LOMBARDIA. Entro rami di quercia e di alloro, su tre righe: 5/LIRE/
ITALIANE; sotto, 1848
R/ ITALIA LIBERA DIO LO VUOLE L’Italia turrita stante che indica con la s. la legenda; sopra, stella; nell’e-
sergo, segno di zecca: M
Decreto di emissione: Decreto del Governo provvisorio di Lombardia 27 maggio 184,8, col quale si ordina
di far coniare nella Zecca nazionale di Milano monete d’oro da lire 40 e 20 e d’argento da L. 5, a sistema
decimale.
Bibl.: Per il decreto, Carboneri, p. 174, nota 1; per il tipo, p. 537 (fig. 107). Pagani, 213a-b.
Monete accantonate: 20
Zecca: Milano
1-20. 1848
Tav. VIII
5
© MEF-BdI
0
Tav. XIX – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Governo Provvisorio di Lombardia (1848), 5 lire,
1848, zecca di Milano. © MEF-BdI.
Tav. XX – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Governo Provvisorio di Lombardia (1848), 5 lire, 1848,
zecca di Milano. Inv. MANPr 13346. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso
Monumentale della Pilotta.
TavT
. av
XIX.I
5
© MiC-CMP
0
REPUBBLICA VENETA
XI.1.
5 lire, 22 marzo 1848
Zecca: Venezia
Argento, mm 37.5; g 25; Titolo 900
D/ All’interno di doppio cerchio: REPUBBLICA VENETA * 22 MARZO 1848 * Leone di S. Marco a s., su ter-
reno; sotto, a s. A. FABRIS F.
R/ UNIONE ITALIANA Entro rami di rovere e di alloro, su due righe: 5/LIRE
Taglio: DIO BENEDITE L’ITALIA
Decreto di emissione: 29 giugno 1848: “Il Governo provvisorio della Repubblica veneta, per contentare il
desiderio di molti cittadini di aver anche nelle monete una stabile memoria della nostra rigenerazione,
decreta: Nella Zecca nazionale si conieranno dei pezzi d’argento da lire cinque italiane, che equivalgono
nell’attuale tariffa a correnti lire 5.74 del peso legale di g 25, 000 al titolo 900, corrispondenti affatto a quelli
che sotto l’identica denominazione si battono in altre zecche d’Italia.
Nel diritto di questa moneta avvi la leggenda – Repubblica Veneta, 22 marzo 1848 – ed in mezzo il leone.
Nel rovescio avvi la leggenda – Unione Italiana – e dentro di una corona formata da due rami, uno d’alloro
e uno di quercia, è scritto – Lire 5 – Al di sotto la lettera V. Nel contorno vi sono le parole – Dio benedite
l’Italia – Venezia, 29 giugno 1848.
Tiratura: 10892.
Bibl.: Sul decreto, E. Bollati, Fasti legislativi e parlamentari delle rivoluzioni italiane nel secolo XIX, vol. I, Milano 1863,
p. 591-2, n. 209; Carboneri, p. 174. Sul tipo, p. 537, fig. 108; Pagani, 177. Monete emesse dai Governi provvisori del 1848,
adibite a scatola usata per nascondere corrispondenza clandestina o coccarde tricolori, vennero esposte nel Padiglione
del Risorgimento italiano: v. Catalogo 1888, p. 110.
Monete accantonate: 20
Zecca: Venezia.
1-20. 1848.
Tav. XX
5
© MEF-BdI
0
Tav. XXI – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Repubblica Veneta, Governo Provvisorio (1848),
5 lire, 1848, zecca di Venezia.
Tav. XXII – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Repubblica Veneta, Governo Provvisorio (1848), 5
lire, 1848, zecca di Venezia. Inv. MANPr 15761. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura –
Complesso Monumentale della Pilotta.
Tav. I
5
© MiC-CMP
0
REPUBBLICA VENETA
XI.2.
5 lire, 11 agosto 1848
Zecca: Venezia
Argento, mm 37.5; g 25; Titolo 900
D/ INDIPENDENZA ITALIANA * * Leone di S. Marco a s., su base iscritta: XI AGOSTO/ MDCCCXLVIII; nell’e-
sergo, VENEZIA; in alto a d., A. FABRIS
R/ ALLEANZA DEI POPOLI LIBERI * 1848* Entro rami di rovere e di alloro, su due righe: 5/LIRE
Taglio: DIO PREMIERÀ LA COSTANZA
Decreto di emissione: p. 697, n. 322: Decretazione di una Moneta commemorativa dell’Undici agosto 1848 –
27 novembre 1848:. Il Governo Provvisorio di Venezia /decreta/ A durevole memoria del giorno 11 agosto
1848, nella Zecca nazionale si conieranno monete d’argento da lire cinque italiane, equivalenti nell’attuale
tariffa a correnti lire 5.74, del peso legale di grammi 25,000, al titolo 900, corrispondenti affatto a quelle
che sotto identica denominazione si battono in altre zecche d’Italia.
La nuova moneta sopra una delle (sic) superficie mostra il Leone di San Marco di profilo volto a sinistra, con
ali, libro ed aureola, in piedi sopra un dado, sul quale sta scritto in cavo – XI agosto MDCCCXLVIII. Intorno
gira in rilievo l’iscrizione – Indipendenza Italiana – ed al basso – Venezia. Sull’altra superficie è una corona
di quercia, entro la quale sta scritto il valore – Cinque Lire – . Intorno, la leggenda in rilievo – Alleanza dei
Popoli liberi 1848 – . Nel contorno finalmente sta scritto in cavo – Dio premierà la costanza – . Venezia 27
novembre 1848 Manin – Graziani – Cavedalis.
Bibl.: Sul decreto, E. Bollati, Fasti 1863, p. 697, n. 322. Carboneri, p. 174; sul tipo, p. 538, fig. 109; Pagani, 178.
Monete accantonate: 13
Zecca: Venezia
1-13. 1848.
Tav. XXII
5
© MiC-CMP
0
Tav. XXIII – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Repubblica Veneta, Governo Provvisorio (1848),
5 lire, 1848, zecca di Venezia. Inv. MANPr 15762. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della
Cultura – Complesso Monumentale della Pilotta.
REGNO D’ITALIA
XII.
5 lire, 1876
Zecca: Roma
Argento, mm 37, g 25.05-24.80, titolo 900
Monete accantonate: 17
Zecca: Roma
1-17. 1876
Tav. XXIII
5
© MEF-BdI
0
Tav. XXIV – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Regno d’Italia, Vittorio Emanuele II, 5 lire, 1876,
zecca di Roma. © MEF-BdI.
Tav. XXV – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Regno d’Italia, Vittorio Emanuele II, 5 lire, 1876,
zecca di Roma. Inv. MANPr 12729. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso
Monumentale della Pilotta.
Tav. XXIV
Tav. I
5
© MiC-CMP
0
(1864-1938)
XIII.
5 lire; 1898
Zecca: Roma
Argento, g 25; Titolo: 900
D/ RESPVBLICA S. MARINI Stemma coronato di S. Marino entro due rami di alloro e di quercia, chiusi da
nastro con iscrizione: LIBERTAS. C.p.
R/RELINQVO VOS LIBEROS AB VTROQVE HOMINE San Marino stante con pergamena in mano; nell’eser-
go L. 5 tra rosetta e R; su linea d’esergo, a s., SPERANZA
Bibl.: Carboneri, p. 561 (fig. 157). Pagani, 357.
Monete accantonate: 20
Zecca: Roma
1-20. 1898
Tav. XXV
5
© MEF-BdI
0
Tav. XXVI – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Repubblica di San Marino, 5 lire, 1898, zecca di
Roma. © MEF-BdI.
XIV.
5 franchi, 1868
Zecca: Strasburgo
Argento; mm 37; g 25; Titolo 900
Monete accantonate
1. 1868
Tav. XXVI
5
© MEF-BdI
0
Tav. XXVII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Francia, Seconda Repubblica, Napoleone III
(1852-1870), 5 franchi, 1868, zecca di Parigi. © MEF-BdI.
Giorgio I (1863-1913)
XV.
5 dracme, 1901
Zecca: Parigi
Argento; g 24.9
Monete accantonate
Zecca: Parigi
1. 1901
NOTE
1
Sui lavori della ricognizione, si veda in generale il volume a cura della Presidenza della Commissione in-
terministeriale, ora in corso di preparazione.
2
Sulla funzione della cassa, si veda infra, nota 4.
3
Elenco delle monete accantonate per collezioni distinte per quantità e valore, s.d.
4
I valori nella Regia Zecca eranno custoditi nella “cassaforte di riserva”, munita di tre serrature di diversi
congegni, le cui diverse chiavi erano tenute dal direttore della Zecca dal controllore capo e dal tesoriere:
si veda, a tal proposito, si veda l’art. 44 “Custodia dei fondi” del Regolamento della Regia Zecca approvato
con R.D. 6 gennaio 1910, n. 4, pubblicato in G.U. 19 gennaio 1910, n. 14.
5
Elenco delle monete accantonate per collezioni distinte per quantità e valore, s.d.
6
Non è chiaro dalla documentazione allegata al deposito se la vendita avrebbe dovuto essere effettuata
direttamente dalla Regia Zecca, che poteva mettere in vendita alcuni suoi prodotti, come le medaglie: v.
Regolamento cit. supra, nota 4.
7
Sugli aspetti del collezionismo numismatico in questo periodo, si veda Gorini 2012.
8
Carboneri, pp. 177-178.
9
Sul decreto, Carboneri, p. 428, nota 1; p. 675, nota 1. Si veda Appendice documentaria, documento n. 5.
10
Sulle monete estere a corso legale in Italia per effetto dei citati decreti, v. Carboneri, pp. 554 ss.
11
G.U. 13 luglio 1927, n. 160. Si veda Appendice documentaria, documento n. 6.
12
Sulle proposte di destinazione a musei e archivi nazionali, si veda il volume curato dalla Presidenza della
Commissione interministeriale, in corso di preparazione.
DOCUMENTO N. 1
Legge fondamentale 24 agosto 1862, n. 788 sull’unificazione del sistema monetario,
pubblicata e messa in vigore nelle provincie Venete e di Mantova col R. D. 3 settembre
1868, n. 4573, e nella provincia di Roma col R.D. 5 ottobre 1862, n. 871.
VITTORIO EMANUELE II PER GRAZIA DI DIO E VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA
Titolo I
Art. 1
Le Zecche dello Stato coniano le seguenti monete (1):
Argento
Pezzo di lire 5 37 25.000.00 75
“ 2 27 10.000.00 50.00
“ 1 23 5.000.00 25.00
“ 0,50 18 2.500.00 17.50
“ 0, 20 16 1.000.00 10.00
Bronzo
Pezzo di cent. 10 30 10.000 1%
“ 5 25 5.000 1%
“ 2 20 2.000 1½%
“ 1 15 1.000
Art. 2
Le monete d’oro e il pezzo d’argento di lire 5 sono al titolo di millesimi 900, con la tolleranza
di due millesimi in più od in meno.
Art. 3
I pezzi di una e due lire, di venti e cinquanta centesimi sono al titolo di 835 millesimi con la
tolleranza di 3 millesimi in più od in meno.
Art. 4
La lega delle monete di bronzo è fissata nella proporzione di 960 millesimi di rame e 40 mille-
simi di stagno, con la tolleranza di 5 millesimi in più od in meno per ciascuno dei due metalli.
Art.5
La fabbricazione delle monete contemplate negli artcioli 3 e 4 non può aver luogo se non nei
limiti determinati da leggi speciali.
Art. 6
I pezzi da lire 5 al titolo di 900 millesimi non si conieranno se non per conto e sopra doman-
da dei privati ed avranno corso legale al pari delle monete d’oro.
Art. 7
Niuno è obbligato a ricevere nei pagamenti una somma maggiore di lire cinquanta in monete
divisionarie d’argento, le quali sono invece senza alcun limite ricevute nelle pubbliche casse.
La moneta di bronzo può essere impiegata nei pagamenti soltanto a compimento delle fra-
zioni di lira.
Art. 8
Le monete avranno nell’impronta “l’effigie del Re” e la leggenda “Regno d’Italia o Re d’Italia”.
Le altere condizioni delle impronte e il diametro di ciascuna specie delle monete saranno da
stabilirsi dal Governo con decreto reale.
Art. 9
Il Governo può con decreto reale ammettere in corso legale nello Stato monete estere della
specie contemplate nell’art.2 e 6 purchè coniate secondo il sistema stabilito dalla presente
legge.
Art. 10
Le monete calanti oltre la tolleranza determinata dalla legge, e tutte quelle tosate, bucate,
sfigurate e logore per modo che non sia più riconoscibile l’impronta da entrambi i lati o da
un solo, sono escluse dal corso, e ricevute solamente come pasta negli uffici di cambio delle
zecche.
Art. 11
Nei contratti e negli atti pubblici, nei registri di contabilità delle pubbliche amministrazioni, e
in ogni altro libro o documento che riguardi gli interessi del pubblico i valori devono essere
calcolati ed espressi in lire e centesimi della moneta italiana.
Ogni contravvenzione commessa da un ufficiale pubblico alla disposizione di questo articolo
è punito con la multa di lire 50.
Una medesima obbligazione di esprimere i valori in lire e centesimi della moneta italiana è
estesa a tutte le scritture private a datare dal 1° gennaio 1863.
Art. 13
Il Governo provvederà con decreto reale al ritiro e cambio di tutte le monete d’oro, d’argen-
to, di biglione e di rame di conio italiano a sistema diverso da quello stabilito dalla presente
legge, e farà cessare il corso legale di tutte le monete estere egualmente a sistema diverso dal
nazionale, che trovansi attualmente in circolazione nelle varie province del Regno.
Il ritiro delle monete si farà al loro valore legale, salvo le eccezioni per le monete ca-
lanti, sfigurate o logore che sono contemplate dalle stesse leggi che sono attualmente
in vigore.
Per sopperire alla spesa di ritiro, cambio e conversione in moneta decimale delle monete
d’oro, argento ed eroso misto a sistema diverso, è autorizzata la spesa di 18.466,350 lire da
stanziarsi nel bilancio passivo del Ministero di agricoltura, industria e commercio per una
terza parte a carico del corrente servizio, e per rimanere sull’esercizio 1863 sotto apposito
capitolo con la denominazione – Spese pel ritiro, cambio e conversione in moneta decimale
delle monete non decimali d’oro, argento ed eroso-misto di conio italiano.
Alla spesa di ritiro e cambio delle monete di rame sarà provveduto con la legge stessa che
ordinerà la fabbricazione dei nuovi pezzi di bronzo di dieci centesimi.
Art. 14
È abrogata qualunque disposizione vigente in opposizione ai precedenti articoli.
Titolo II
Art. 15
È autorizzata la fabbricazione e la emissione di una somma nominale di centocianquanta
milioni di lire in monete divisionarie di argento, secondo il sistema stabilito dalla presente
legge.
Art. 16
Il Governo determinerà con decreto reale la quantità proporzionale di ciascuna specie di tali
monete.
Art. 17
Alla spesa relativa sarà provveduto coi fondi assegnati al Ministero di agricoltura, industria e
commercio dal precedente art. 13.
Art. 18
È autorizzata la fabbricazione e la emissione di monete di bronzo secondo il sistema stabilito
dal reale decreto 20 novembre 1839, n. 3773, e dalla legge del 6 agosto 1862, n. 737, per un
valore nominale di otto milioni.
Art. 19
Per supplire alla spesa relativa ed a quella di ritiro della vecchia moneta di rame sarà aumen-
tato di lire 5,325,000 e ripartito in eguale proporzione il fondo stanziato nei capitoli 74 e 75
del bilancio passivo del Ministero di agricoltura, industria e commercio per l’esrcizio del 1862.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
VITTORIO EMANUELE II
v. Il Guardasigilli: R. Conforti
Gioacchino Pepoli
DOCUMENTO N. 2
Sa Majesté le Roi d’Italie, Sa Majesté le Roi des Belges, Sa Majesté l’Empereur des
Français et la Confédération Suisse, également animés du désir d’établir une plus
complète harmonie entre leurs législations monétaires, de remédier aux inconvénients
qui résultent pou les communications et les transactions entre les habitants de leurs
Etats respectifs de la diversité du titre de leurs monnaies d’appoint en argent, et de
contribuer, en formant entre eux une union monétaire, aux progrès de l’uniformité des
poids, mesures et monnaies, ont resolu de conclure une Convention à cet effet, et ont
nommé pour leurs Commissaires-Plénipotentiaires, savoir:
(...)
Lesquels après s’être communiqué leurs pleines pouvoirs respectifs trouvés en bonne
et due forme, sont convenues des articles suivants:
I. La Belgique, la France, l’Italie e la Suisse sont constituées a l’etat d’union pour ce qui
regarde les pods, le titre, le module et le cours de leurs espèces monnayées d’or et
d’argent.
Il n’est rien innové, quant à présent, dans la législation relative à la monnaie de billon
pour chacun des quatre Etats.
II. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à non fabriquer ou laisser fabriquer à leur
empreinte, aucune monnaie d’or dans d’autres types que ceux des pièces de 100 fr.,
de 50 francs, de 20 francs, de 10 francs et de 5 francs, determinés, quant au poids, au
titre, à la tolérance et au diamètre, ainsi qu’il suit: (……)
Elles admettront sans distinction dans leurs caisses publiques les pieces d’or fabriqués
sous les conditions qui precedent dans l’un ou l’autre des quatre Etats, sous réserve
toutefois d’exclure les pièces dont les poids aurait été réduit par le frai de ½ pour cent
au -dessous des tolerances indiqués ci-dessous, ou don’t les empreintes auraient disparu.
III.
Les Gouvernements contractants s’obligent à ne fabriquer ou laisser de fabriquer des
pièces d’argent de 5 francs, que dans le poids, titre, tolérance et diameter determines
ci-après: (….)
Ils recevront réciproquement les dites pieces dans leurs caisses publiques, sous reserve
d’exclure celles don’t le poids aurait été réduit par le frai de 1 pour cent au-dessous de
la tolérance indiqué plus haut, ou don’t les empreintes auraient disparu.
Ces pièces devront être refondues par les Gouvernements qui les auront émises,
lorsqu’elles seront réduites, par les frai, de 5 pur cent au-dessous des tolérance
indiquées ci-dessous, ou lorsque leurs empreintes auront disparu.
VIII.
Chacun des Gouvernements contractants s’engage à rèprendre des particuliers au des
caisses publiques des autres Etats les monnaies d’appoint en argent qu’il a émises et à
les échanger contre une égale valeur de monnaie courant (pièces) d’or ou pièces de 5
francs d’argent), à condition que la somme présenté à l’échange ne sera pas inférieure
à 100 francs.
Cette obligation sera prolongée pendent deux années, a partir à de l’expiration du
présent Traité.
IX.
Les Hautes Parties contractantes ne pourront émettre des pièces d’argent de 2 francs,
de 1 franc, de 0 fr. 50 centimes et de 0 fr. 20 centimes, frappées dans les conditions
indiqués par l’article 4, que pour une Valeur correspondent à 6 francs par habitant.
Ce chiffre, en tenant compte des derniers recensements effectués dans chaque Etat et de
l’accroissement présumé de la population jusqu’à l’expiration du present Traité, est fixé:
Sont imputées sur les sommes ci-dessous, que le Gouvernements ont le droit de
frapper, les valeurs déjà émises:
Par la France, en vertu de la loi du 25 mai 1864, en pièces de 0 fr. 50 centimes et 0.fr.
20 centimes, pour environ 16 milions;
Par l’Italie, en vertu de la loi du 24 août 1862, en pièces de 2 francs, 1 franc, 0 fr. 50
centimes et de 0 fr. 20 centimes pour environ 100 milion;
Par la Suisse en vertu de la loi du 31 janvier 1860, en pièces de 2 francs et de 1 franc
pour 10, 500,000 francs.
X.
Les millèsime de fabrication sera inscrit désormais sur les pièces d’or et d’argent
frappées dans les quatre Etats.
XI.
Les Gouvernements contractants se comuniqueront annualement la quotité de leurs
émissions des monnaie d’or et d’argent, l’état du retrait et de la refonte de leurs
anciennes monnaies, toutes les dispositions et tous les documents administratifs
relatifs aux monnaies.
Ils se donneront également avis de tous les faits qui intéressent la circulation réciproque
de leurs éspèces d’or et d’argent.
XII.
Les droit d’accession à la présente Convention est réservé à tout autre Etat qui en
accepterait les obligations et qui adopterait le système monétaire de l’Union, enc e qui
concerne les espèces d’or et d’argent.
XIII.
L’exècution des engagements réciproque contenus dans la presente Convention est
subordonnée, en tant que de besoin, à l’accomplissement des formalités est et règle et
établies par les lois constitutionnelles des celles des Hautes Parties contractantes, qui
sont tenues d’en provoquer l’application, ce quelles s’obligent à faire dans le plus bref
délai possible.
XIV. XIV. La présent Convention restera en vigueur jusqu’au 1er janvier 1880. Si, un an
avant ce terme, elle n’a pas été denoncée, elle demeurera obligatoire, de pleine droit,
pendant une nouvelle période de quinze années, et ainsi de suite, de quinze ans en
quinze ans, à défaut de dénonciation.
XV. La présente Convention sera ratifiée, et les ratifications en seront énchangées à Paris,
dans le délai de six mois, ou plus tôt, si faire se peut.
(...........)
Faites en quatre expéditions à Paris le 23 décembre 1865
(………………………..)
Ratificata da S.M.: Firenze, 2 giugno 1866. – Scambio delle ratifiche: Parigi, 19
luglio 1866.
DOCUMENTO N. 3
Legge 14 luglio 1866, n. 3087, che autorizza la piena esecuzione della Convenzione mone-
taria conchiusa a Parigi tra l’Italia, il Belgio, la Francia e la Svizzera il 23 dicembre 1865.
Eugenio
Principe di Savoja-Carignano
Luogotenente Generale di S.M.
VITTORIO EMANUELE II
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d’Italia
Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato;
In virtù dell’autorità a Noi delegata;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1
Il Governo del Re è autorizzato a dare piena ed intiera esecuzione alla qui annessa Conven-
zione conchiusa tra l’Italia, il Belgio, la Francia e la Svizzera, e sottoscritta a Parigi li 23 di-
cembre 1865 per l’unione monetaria dei quattro Stati.
Tav. I – Museo Archeologico Nazionale, Parma. Medagliere. Regno d’Italia, Vittorio Emanuele II, 5 lire, 1865, zec-
ca di Napoli. Inv. MANPr 12714. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso
Monumentale della Pilotta.
Art. 2
È abrogato l’articolo 10 della legge 24 agosto 1862, n. 788, restando in vigore quanto altro in
essa è disposto, salvo le modificazioni indicate negli articoli seguenti.
Art. 3
Le monete d’oro calanti di ½ per cento, e quelle d’argento di cinque lire calanti di 1 per cento
al disotto della tolleranza fissata dall’articolo 1 della legge suddetta, e tutte indistintamente
le medesime, se tosate, bucate, sfigurate, e logore per modo che non ne sia più riconoscibile
l’impronta da entrambi i lati, sono escluse dal corso e ricevute solamente come pasta metal-
lica negli uffizi di cambio delle zecche.
Art. 4
Per tutto il tempo durante il quale resterà in vigore la suddetta Convenzione internazionale e
per due anni ancora dopo seguita la scadenza della medesima saranno ammesse nelle casse
del Governo, fino a concorrenza di cento lire per ciascun pagamento, le monete d’argento di
una e di due lire, di venti e cinquanta centesimi coniate dagli altri Stati e dell’unione mone-
taria nelle condizioni determinate dall’articolo 4 della Convenzione.
Eguale trattamento riceveranno sino a tutto il 31 dicembre 1877 le monete di una e due lire
battute dalla Svizzera in virtù della legge 31 gennaio 1860, e le quali per lo stesso periodo di
tempo resteranno per ogni rapporto assimilate alle monete di valore corrispondente coniate
in Francia e nel Belgio.
Art. 5
La somma di lire 450,000,000 in monete divisionarie d’argento, di cui era autorizzata la fab-
bricazione e la emissione dall’art. 45 della mentovata legge dei 24 agosto 1862 è ridotta a
L. 441,000,000.
Art. 6
Il Governo è autorizzato ad estendere ad ogni altra Nazione, che entrasse ulteriormente nella
Unione monetaria, gli effetti della Convenzione approvata colla presente legge, la quale andrà
in vigore appena eseguite le ratifiche della Convenzione medesima.
Ordiniamo che la presente munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
DOCUMENTO N. 4
Relazione della Direzione Generale del Tesoro per l’esercizio 1890-1891 e 1891-1892,
Roma 1893.
Essendosi domandato se le monete d’argento a sistema metrico decimale da lire 5 coniate da-
gli ex – Stati italiani avessero corso legale del pari a quelle coniate nel Regno d’Italia dal 1861
in poi; fu dichiarato che le monete predette da lire 5 coniate dagli ex – Stati italiani avessero
corso legale del pari a quelle coniate nel Regno d’Italia dal 1861 in poi; fu dichiarato che le
monete predette da lire 5 coniate col sistema metrico decimale, dal principio del secolo, a Mi-
lano, a Venezia, nel Piemonte, a Parma, a Bologna, a Firenze ed a Napoli, dai caduti Governi
o dai Governi Provvisori nazionali, pei regi decreti 17 luglio 1861, n. 123 e 21 luglio 1866,
n. 3702, hanno tuttora corso legale in tutte le provincie del Regno.
Per effetto dei suddetti regi decreti hanno anzi riacquistato corso legale le monete coniate col
sistema metrico decimale, che in talune provincie lo avevano perduto, come per esempio, le
monete del primo Regno d’Italia in Piemonte per decreto 24 novembre 1829.
Sono eccettuate le monete di Lucca di qualunque conio, abolite già interamente dal Governo
granducale Toscano, succedendo al Ducato di Lucca nel 1847.
Siccome però negli altri Stati che fanno parte della lega monetaria latina, non si ricevono
generalmente che gli scudi di argento coniati in Italia coll’effigie di Vittorio Emanuele II ed
Umberto I, così si avvertivano i tesorieri, che ricevendo nei pagamenti gli scudi coniati dai
precedenti Governi italiani, non avessero a rimetterli in circolazione, ma dovessero trattenerli
in cassa, per poi spedirli quando riceveranno l’ordine, alla zecca di Roma.
DOCUMENTO N. 5
Regio Decreto del 7 marzo 1907, n. 149 (G.U. del 18 aprile 1907, n. 92)
Veduta la legge 29 marzo 1894, n. 114, che approva l’accordo monetario del 15 novembre
1893;
Veduti gli altri decreti reali 11 settembre 1891, n. 567, 19 giugno 1892, n. 273 e 5 febbraio
1893, n. 44;
Veduto l’articolo 14 delle legge 22 luglio 1894, n. 339;
Veduta la Convenzione tra l’Italia e la Repubblica di San Marino, approvata con legge 29 lu-
glio successivo, n. 446;
Veduto il decreto reale 8 febbraio 1900, n. 95;
Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Ministro del Tesoro;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Le monete nazionali ed estere e degli antichi Stati d’Italia, aventi corso legale nel Regno,
sono indicate nell’elenco allegato al presente decreto, visto, d’ordine Nostro, dal Ministro del
tesoro.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia insertito nella Raccolta
ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo
e di farlo osservare.
ALLEGATO
Elenco delle monete nazionali ed estere e degli antichi Stati d’Italia, aventi corso legale
nel Regno, che debbono essere accettate dalle casse pubbliche.
Tav. II – Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Medagliere. Repubblica Veneta, Governo Provvisorio (1848), 5 lire,
1848, zecca di Venezia. Inv. Fr 5480. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Museo
Archeologico Nazionale di Napoli.
Tav. III – Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Medagliere. Repubblica Veneta, Governo Provvisorio (1848), 5
lire, 1848, zecca di Venezia. Inv. Fr 5479. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Museo
Archeologico Nazionale di Napoli.
Tav. IV – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Medagliere. Governo Provvisorio di Lombardia (1848), 5 lire,
1848, zecca di Milano. Inv. Fr 5310. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Museo Ar-
cheologico Nazionale di Napoli.
Appendice documentaria
Verso e tra i privati non possono essere impiegate per una somma superiore a lire 50 per
ciascun pagamento.
È poi da tener mente che gli spezzati nazionali debbono presentare un millesimo non
anteriore al 1863 a quelli della Repubbica di San Marino in millesimo 1898 o 1906, in cui
venne effettuata la coniazione.
Le monete divisionali d’argento della Francia debbono presentare un millesimo non anteriore
al 1864, quello del Belgio e della Svizzera non anteriore al 1866 e infine quelle della Grecia
debbono presentare un millesimo non anteriore al 1867.
Monete di nichelio
Pezzi da centesimi 20 di conio italiano fabbricate nel 1894 e nel 1895, e da centesimi 25, pa-
rimente di conio italiano, fabbricate nel 1902 e nel 1903.
Monete di bronzo
Pezzi da centesimi 10, 5, 2 ed 1 coniati in Italia dal 1859 in poi, esclusi quelli coniati dai ces-
sati Governi provvisori.
Pezzi da centesimi 10 e 5 della Repubblica di San Marino coniati a Milano nel 1864, 1869 e
1875 ed a Roma negli anni 1893, 1894.
DOCUMENTO N. 6
Regio decreto – legge 23 giugno 1927, n. 1148, sul riordinamento della circolazio-
ne monetaria metallica.
(Gazzetta Ufficiale del 13 luglio 1927, n. 160)
Art. 1
Le monete di argento da L.2, 1 e da 50 centesimi di conio nazionale, che non saranno presen-
tate alle casse dello Stato, per il cambio con altra valuta avente corso legale nel Regno, entro
il 30 settembre 1927 saranno prescritte.
Art. 2
Gli scudi d’argento da L. 5 cesseranno di avere corso legale col giorno 30 settembre 1927.
Con decreto del Ministero delle Finanze saranno emanate le norme per il ritiro dalla circola-
zione delle monete stesse e per la la loro prescrizione.
Art. 3
Trascorsi i termini di cui agli articoli precedenti, e verificatasi la prescrizione delle monete di
cui trattasi, sarà senz’altro vietata la circolazione delle monete stesse.
Sarà anche proibito a chiunque, dopo i suddetti termini, di raccogliere, incettare e detenere,
comunque, i predetti scudi da L. 5, nonchè le monete da L. 2, 1 e cent. 50, salvo per gli esem-
plari detenuti in numero limitato, per raccolte o collezioni.
I trasgressori di tali divieto subiranno la confisca delle monete di cui verranno trovati in
possesso e saranno inoltre passibili delle penalità sancite negli articoli 1, 3 e 4 del Decreto
Luogotenenziale 1° ottobre 1917, n. 1550.
Art. 4
È autorizzata la fabbricazione e la emissione di monete di argento da L.20per un valore no-
minativo di 700 milioni di lire, in sostituzione di eguale quantitativo di biglietti di Stato da
L.10 e da L. 5.
Art. 5
Il grado di purezza, il peso, la tolleranza di peso e di titolo, il diametro, il contorno e le im-
pronte della nuova moneta da L. 20, nonchè tutte le modalità inerenti alla sua coniazione,
emissibilità ed emissione, saranno fissate con successivo Nostro Decreto, su proposta del
Ministro per le Finanze.
Art. 6
Per la coniazione delle monete di cui all’art. 4 del presente Decreto, potrà essere utilizzato
il metallo che verrà ricavato dalla demonetazione dei vecchi tipi di monete di argento di cui
agli articoli 1 e 2 dello stesso presente Decreto.
Art. 7
Con Decreto del Ministro per le Finanze saranno disposti i prelevamenti dalla Regia tesoreria
delle monete di argento fuori corso saranno introdotte in bilancio le variazioni necessarie per
l’attuazione del presente decreto
Il presente Decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Ministro
proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.
DOCUMENTO N. 7
Circolare n. 100103, in data 9 marzo 1928, della Direzione Generale del Tesoro, diretta
all’On. Direzione Generale della Banca d’Italia (Segretariato Generale). Alle Regie Pre-
fetture; Alle regie Intendenze di Finanza; alle Sezioni di Regia Tesoreria Provinciale e
Coloniale; alla Tesoreria Centrale del Regno
Ritiro dalla circolazione e prescrizione dalla circolazione degli scudi d’argento da L. 5
Con decreto Ministeriale in data 7 corrente, registrato dalla Corte dei Conti il giorno succes-
sivo e in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, è stato disposto che gli scudi da
L. 5 di conio italiano, nonchè quelli emessi dalle altre Nazioni già appartenenti alla disciolta
Unione Monetaria Latina, che, per effetto del Regio Decreto Legge 23 giugno 1927, n. 1148,
hanno cessato d’avere corso legale col 30 settembre 1927, a cominiciare dal 10 corrente, fino
a tutto il 30 aprile p.v., saranno ammessi al cambio presso la R. Tesoreria Centrale, le Sezioni
di R. Tesoreria Provinciale e Coloniale, i Contabili Finanziari e gli Uffici Postali e Ferroviari.
Ai portatori di detti scudi sarà corrisposta la somma di L. 5 in valuta legale corrente nel Regno
per ciascuno scudo presentato al cambio.
Decorso il 30 aprile 1928, i predetti scudi saranno prescritti e i detentori di tali monete sa-
ranno sottoposti alla penalità di cui all’art. 3 del citato Regio Decreto Legge 23 giugno 1927.
Si pregano pertanto le Regie Prefetture di dare la massima diffusione a quanto precede per
mezzo dei Sindaci e delle Autorità Ecclesiastiche e mediante ripetuti avvisi da inserirsi gratu-
itamente dai giornali della rispettiva Provincia.
I Contabili Finanziari e gli Uffici Postali e Ferroviari del Regno dovranno entro il 15 maggio
1928 versare in Tesoreria gli scudi ritirati; gli Uffici delle Colonie e delle Isole dell’Egeo do-
vranno versare gli scudi stessi entro il 25 maggio 1928.
Le Intendenze di Finanza daranno con ogni sollecitudine le opportune disposizioni ai Conta-
bili dipendenti; gli altri Uffici le riceveranno dalle rispettive Amministrazioni.
Il Direttore Generale
B. Azzolini
DOCUMENTO N. 8
Circolare n. 172621, in data 8 giugno 1931 – Anno IX – della Direzione Generale del
Tesoro diretta: Alle Intendenze di Finanza del Regno; Alle Sezioni di Regia Tesoreria
Provinciale del Regno; alla Tesoreria Generale; alla Direzione della Regia Zecca; al Mi-
nistero delle Comunicazioni – Direzione Generale Poste e Telegrafi; al Ministero delle
Comunicazioni (Direzione Generale Ferrovie); al Ministero delle Colonie; e per cono-
scenza: All’Amministrazione Centrale della Banca d’Italia. – Scudi d’argento e monete
divisionali.
p. il Ministro
Grassi
Tra gli eterogenei materiali depositati alla Tesoreria Centrale dello Stato in Banca d’Italia
si sono ritrovate numerose medaglie degli Enti soppressi, databili lungo un arco di tempo che
attraversa gran parte del Novecento1.
Particolare interesse storico riveste il fondo delle medaglie commissionate alla Regia Zec-
ca dall’Opera Nazionale Combattenti ed eseguite da Giuseppe Romagnoli, direttore della Scuola
d’Arte della Medaglia2. L’Ente, istituito per assicurare assistenza ai reduci con il decreto n. 1970
del 10 dicembre 1917 dal Ministro del Tesoro Francesco Saverio Nitti e Alberto Beneduce, finì
per identificarsi con l’imponente opera di bonifica dell’Agro Pontino che il regime fascista con-
cepì e realizzò tra la metà degli anni Venti e la fine degli Anni Trenta del Novecento3.
La politica agraria volta alla conquista di terra da bonificare e coltivare aveva richiamato
presso i cantieri dei Consorzi numerosi soldati reduci dal fronte della Grande Guerra4. La pro-
paganda di regime aveva saputo associare la guerra per la patria, appena vinta dai reduci, alla
conquista della terra e alla guerra contro la natura ostile delle paludi, considerata da secoli
inviolabile e invincibile e in cui regnava incontrastata la malaria5. Il soldato ex combattente,
arruolato in questa battaglia quotidiana, veniva proiettato, come tutti gli altri italiani, nel tem-
po del mito dell’antica Roma6 (tav. I). Diveniva così il diretto erede del miles agricola, dedito
alla coltivazione della terra, armato di spada e di aratro7.
In quella stessa terra promessa il reduce poteva recuperare le radici del suo passato
ideale, anche attraverso l’occasionale rinvenimento di resti e antichità8. Il 5 febbraio 1928, in
occasione della visita di Mussolini alla sede centrale dell’Opera Nazionale Combattenti, gli
viene consegnata “una piccola urna romana, ritrovata dissodando un incolto terreno nella
tenuta di Isola Sacra, alle foci del Tevere, di proprietà dell’Opera combattenti”, in cui era stata
racchiusa “una pergamena con le firme di tutto il personale dell’Opera”9.
Gli ex combattenti, quindi, “eredi della tradizione militare di Roma”, devono “esercitare
la virtù redentrice ed esaltatrice del lavoro dei campi, restituito da Benito Mussolini a dignità
ed orgoglio nazionali”10. La bonifica e la coltivazione da parte dell’Opera Nazionale Combat-
tenti viene intrapresa come una vera e propria guerra, condotta attraverso un programma
fittissimo di interventi finalizzati alla fondazione di centri rurali e urbani nell’Agro Pontino11.
Il compito di scandire le tappe del percorso vittorioso, di solcare la terra con l’aratro e
di seminarla, è affidato a Mussolini, eroe culturale dei riti propiziatori per la fondazione di
nuove città, sul modello della tradizione romana (tav. I), come lo rappresentano le cronache
e le immagini diffuse in quegli anni dal regime12 (figg. 1-4).
Il motto scelto dall’Opera, “Ense et spada” rimanda ai due strumenti che accompagnano
il reduce, che di fatto continua a combattere come un soldato arruolato contro le malefiche
paludi. L’aratro e la spada affiancheranno il fascio littorio negli stemmi araldici dei centri fon-
dati nell’Agro Pontino bonificato, come Littoria e Pontinia13.
Nel 1928, primo decennale della vittoria, sia i reduci che i mutilati di guerra si ritroveran-
no al centro di un intenso programma di celebrazioni voluto da Mussolini per legare indisso-
lubilmente il culto della patria e della vittoria al culto del littorio e della mitologia fascista che
proprio in quegli anni decolla ed impone il suo calendario, i suoi riti, i suoi simboli14. Il legame
verrà sottolineato dalla visita di Mussolini, il 5 febbraio 1928, alla sede centrale dell’Opera15.
Tav. II – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Scatola contenente le medaglie dell’Opera Naziona-
le Combattenti con emblema e motto dell’ONC, datate al 1928 (?), conservate nelle bustine con logo della Regia
Zecca. © MEF-BdI.
Tav. III – Museo della Zecca. Giuseppe Romagnoli, La vanga e l’elmetto, Regia Zecca, 1928. © Istituto Poligrafico
e Zecca dello Stato S.p.A.
1. 2.
3. 4.
Figg. 1-4 – Mussolini visita il 5 aprile 1932 i lavori di bonifica affidati all’Opera Nazionale Combattenti nell’Agro Pon-
tino. © ACS.
Per commemorare il decennale viene creato il simbolo dell’Ente, un aratro e una spada,
raffigurato sulla copertina della pubblicazione del decennale della Vittoria16. Con tutta proba-
bilità per l’occasione l’Opera commissionò, alla Regia Zecca, la coniazione di una medaglia
in metallo dorato, argentato e in bronzo, con i simboli dell’Opera: la spada accanto al fascio
littorio e l’aratro sul campo, sormontati dall’elmetto, entro una cornice ovale di spighe17. Nel
deposito della Tesoreria sono conservati numerosi esemplari con questa tipologia, ancora
dentro la bustina con il marchio della Regia Zecca (tav. II).
Sempre al 1928 risale, forse per celebrare la visita di Mussolini alla sede dell’Opera, un’al-
tra medaglia modellata da Giuseppe Romagnoli. La versione in metallo argentato dell’opera La
vanga e l’elmetto, conservata oggi al Museo della Zecca (tav. III), riporta la dedica simbolica
della medaglia a Benito Mussolini, e la data in era fascista, A.VI (1928)18. Gli esemplari con
una simile tipologia rinvenuti nel deposito in Tesoreria presentano invece al rovescio una targa
vuota, riservata all’iscrizione dedicatoria e alla data19. I tre diversi metalli, dorato, argentato e
bronzo, in cui erano state ordinate le medaglie, servivano, anche in questo caso, a differenziare
le occasioni e i destinatari della dedica a seconda della materia in cui erano state prodotte20.
Nel 1933 sono due gli eventi particolarmente rilevanti per l’Opera Nazionale Combat-
tenti. Il primo, la sfilata davanti al “sovrano vittorioso”, Vittorio Emanuele III, il 30 maggio,
nella città di Littoria21. E sempre da Littoria, Benito Mussolini, “artefice della grandezza della
Patria”, dopo aver fondato Littoria e Sabaudia, il 18 dicembre dell’anno XI dell’era fascista,
fissava i tempi dell’avanzata, che si connoterà sempre di più come una campagna di guerra
vinta nell’Agro Pontino dagli ex combattenti di Vittorio Veneto22.
Fig. 5 – Museo della Zecca. Repubblica Italiana, 2 lire, 1946, autore del modello: Giuseppe Romagnoli, incisore: Pietro
Giampaoli. © Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Fig. 6 – Museo della Zecca. Repubblica Italiana, lire 10, 1951, autore del modello: Giuseppe Romagnoli. © Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Dal 1932 al 1939 si susseguono rilevanti interventi tesi ad intensificare l’opera di bo-
nifica dell’Agro Pontino, in cui l’ONC svolge un ruolo determinante. Tra il 1933 e il 1940, si
registra la fondazione di cinque nuove città: Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia23.
Gli importanti traguardi di questo ambizioso programma agrario, edilizio e amministrativo,
vengono incorniciati nell’ambito di eventi e raccontati dalla propaganda di regime24, attraver-
so cronache, immagini, cinegiornali dell’Istituto Luce.
Anche le medaglie saranno utilizzate come potente strumento di celebrazione e di
comunicazione25. Come testimoniano i numerosi esemplari rinvenuti nel deposito del-
la Tesoreria, l’Opera Nazionale Combattenti commissionò alla Regia Zecca una serie di
medaglie, caratterizzate dall’onnipresente ritratto al dritto di Mussolini, modellato da
Giuseppe Romagnoli e occasionalmente anche di Vittorio Emanuele III e al rovescio
dall’emblema dell’ONC. Le medaglie con queste tipologie recano, al dritto, le date del-
le fondazioni che si intendono commemorare, espresse secondo la cronologia fascista,
dall’anno XI al XVIII26.
L’agro bonificato dalla vanga e dall’aratro con la coppia di buoi e il grano, frutto della
fatica dei reduci e delle donne mietitrici, domineranno ancora altre medaglie firmate da Ro-
magnoli, tra i maggiori medaglisti del Novecento. Figure e simboli che in parte sopravvive-
ranno, con qualche modifica, al ventennio fascista, arrivando sino alle prime emissioni della
Repubblica Italiana27 (figg. 5-6).
NOTE
1
Si tratta, più precisamente, del deposito 42/2021 (ex 482/1999) della Tesoreria Centrale dello Stato, com-
prendente medaglie di enti soppressi, prevalentemente riferibili all’ONC.
2
Su Romagnoli Direttore alla Scuola d’Arte della Medaglia, si veda Villani 2018, pp. 191 ss.
3
Per la documentazione sulla bonifica dell’Agro Pontino, con particolare riferimento a quella conservata in
ACS, e per una sintesi della relativa bibliografia, si rimanda a Boccini, Ciccozzi 2007.
4
Boccini, Ciccozzi 2007, pp. IX ss.
5
Sui progetti di bonifica dell’Agro Pontino, Boccini, Ciccozzi 2007, pp. LXXIV ss. Sull’inviolabilità di quelle
terre, ibidem, p. XXVIII, nota 52.
6
Sul mito della romanità durante il ventennio fascista, si veda in questo volume, la sezione dedicata a “L’ul-
timo medagliere di Mussolini”, Optimus Princeps (...), con i relativi rimandi bibliografici.
7
La spada e l’aratro, divenuti i simboli dell’ONC, saranno rappresentati, accanto alla vanga e all’elmetto,
sulle medaglie commissionate alla Regia Zecca: v. infra.
8
Nell’area dell’Isola Sacra, affidata all’ONC, vennero alla luce, in un’estesa area archeologica, sepolcreti e mate-
riali vari. Alcuni reperti numismatici, di epoca imperiale e medievale, conservati nel deposito 42/2021 della Te-
soreria, provenivano, secondo le indicazioni manoscritte delle buste che li contenevano, proprio dall’Isola sacra.
9
Mussolini, Opera omnia, vol. 23, p. 95.
10
“Annali del fascismo” n. 12, 1934, p. XXII.
11
Boccini, Ciccozzi 2007, pp. LXXIV ss.
12
La cronaca dell’inaugurazione della nuova provincia di Littoria è commentata attraverso significative im-
magini: “Annali del fascismo” n. 12, 1934, pp. XX ss.
13
L’araldica dei comuni dell’Agro Pontino è riesaminata da Rossi 2019, che evidenzia come la presenza
della corona di spighe e dell’elmetto nei primi stemmi di Littoria e di Sabaudia siano direttamente ispirati
all’emblema dell’ONC.
14
Gentile 2001, pp. 72-73: si veda in questo volume, la sezione dedicata a “L’ultimo medagliere di Mussolini”,
Il “bastone del comando” (...).
15
Sulla visita, Mussolini, Opera omnia, vol. 23, p. 95.
16
La pubblicazione ospita la presentazione dello stesso Benito Mussolini, e il suo ritratto con autografo: v.
Opera Nazionale Combattenti 1928.
17
Di questa particolare tipologia non è stato possibile rintracciare confronti nel repertorio di Casolari 1996.
18
Il tipo del “combattente agricoltore” è schedato da Casolari 1996, VI/33.
19
Stesse caratteristiche dell’esemplare pubblicato da Casolari 1996, VI/33. L’esemplare del Museo della
Zecca, che qui si riproduce, che recava la dedica a Benito Mussolini, aveva evidentemente il valore di un
prototipo.
20
Il tipo Casolari 1996, VI/33, registra tre versioni in oro, argento e bronzo.
21
“Annali del fascismo” n. 12, 1934, p. XXII.
22
“Annali del fascismo” n. 12, 1934, pp. XX ss.
23
Boccini, Ciccozzi 2007, p. XXXII, nota 63.
24
Un esempio illuminante è la cronaca della “Inaugurazione della nuova provincia di Littoria” in “Annali del
fascismo” n. 12, 1934, pp. XX ss.
25
Sul ruolo delle medaglie nella propaganda del regime fascista, si veda in questo volume, la sezione dedi-
cata a “L’ultimo medagliere di Mussolini”, Il sogno del duce e le medaglie per i nuovi italiani.
26
Il tipo della medaglia commemorativa della fondazione della provincia di Littoria, firmata da Romagnoli,
è schedato da Casolari 1996, XI/38, nelle sole due versioni del bronzo e del bronzo argentato.
27
Sulle prime monete della Repubblica Italiana firmate da Romagnoli, v. Balbi de Caro 2018, pp. 138-139.
1922-1945
Il 22 maggio 1941, quattro giorni dopo l’accoglienza a Palazzo Venezia della missione
croata guidata da Ante Pavelić (figg.1-2)1, il Servizio Informazioni Militare restituiva al Coman-
do della Regia Nave Illiria i documenti privati riguardanti Babette Maria Füstenberg, poichè
ritenuti privi di interesse, “per essere conservati unitamente ai valori rinvenuti a bordo dello
Jadwiga” 2. I valori a cui si fa cenno nel verbale si riferiscono ad un’operazione condotta dalla
cannoniera Illiria, al servizio del Comando Marina di Spalato, che aveva portato al sequestro
dei documenti e dei valori rinvenuti al bordo dello Jadwiga, tutti probabilmente detenuti dalla
stessa Babette Bloch3.
Non conosciamo altri dettagli dell’operazione, se non che essa dovette svolgersi il 18
maggio, giorno in cui fu redatto il verbale del sequestro. Certo è che i documenti e i valori
prelevati dallo yacht e trattenuti dal Comando di Spalato non vennero mai restituiti alla titola-
re o ai rispettivi proprietari, ma vennero esaminati con la dovuta attenzione, come dimostra-
no alcune sottolineature, rimanendo conservati per anni e dando quindi origine al deposito
giunto quasi integro sino ad oggi4.
I certificati e i documenti esibiti da Babette Bloch (tavv. I-II) tratteggiano a grandi
linee i suoi trent’anni di vita, scandita dalla nascita nel 1911, nella comunità ebraica di Ja-
gerndorf, al primo matrimonio ebraico nel 1933 e al suo divorzio nel 1935. In seguito, dalla
sua conversione alla religione ortodossa-serba nel 1938 al battesimo cattolico a Praga nel
1939, anno dell’invasione nazista della Cecoslavacchia. Ne emerge un’immagine di donna
dalla multiforme identità, viaggiatrice, di gusti sobri e raffinati, con un piccolo corredo di
gioielli ed una discreta riserva in titoli stranieri e valute di diversa nazionalità, sia monete
che banconote americane, francesi, ungheresi, svizzere, italiane e jugoslave5 (tavv. III-IV).
Babette Bloch sembra ricoprire quindi un ruolo centrale a bordo dello Jadwiga, dal mo-
mento che a lei si riferisce quasi tutta la documentazione sequestrata. Se è vero che i materiali
giunti sino a noi ci restituiscono una storia lacunosa quanto interessante che ruota intorno
a questa giovane donna, il contesto geografico, cronologico e storico in cui si svolge la sua
vicenda e il suo viaggio sullo Jadwiga si inseriscono invece in un quadro ben noto di ope-
razioni militari, di pattugliamento, di spionaggio e di controspionaggio sul fronte jugoslavo
(figg. 3-4) e in un’area strategica per il transito verso l’Egeo e le rotte del Mediterraneo, di cui
gli schieramenti delle potenze in guerra tentavano con ogni mezzo di assicurarsi il controllo6.
Gli eventi del 1941 trasformarono quelle rotte nel teatro delle attività dell’intelligence
inglese, il SOE (Special Operations Executive). Quest’ultimo, voluto da Churchill e avviato nel
1940, puntava a prevenire ogni mossa nemica attraverso un capillare servizio di spionaggio
attivo intorno al canale di Corinto7.
Il SOE utilizzava insospettabili coperture di compagnie di navigazione che effettuavano
trasporti di ebrei rifugiati “illegali” dalle coste dell’Europa a Cipro o in Palestina o in altri porti
del Mediterraneo. Le operazioni si servivano dell’associazione segreta di ebrei denominata “the
Friends”, in seguito nota come Haganah. A tale scopo, tra il 1940 e il 1941, furono requisiti
alcuni panfili, su cui venivano imbarcati ufficiali inglesi in veste di membri dell’equipaggio8.
Tav. I – Certificato di nascita di Babette Bloch rilasciato dalla Israelitischen Kultusgemeinde di Jägerndorf. © MEF-BdI.
Tav. II – Traduzione giurata del certificato attestante la conversione dalla religione cattolica alla religione serbo-
ortodossa di Babette Bloch. © MEF-BdI.
Tav. III – Oggetti sequestrati a Babette Bloch il 18 maggio 1941 dal Comando Marina Spalato. © MEF-BdI.
Tav. IV – Banconote jugoslave e francesi sequestrate a bordo dello Jadwiga dal Comando Marina Spalato. © MEF-BdI.
Tra i panfili requisiti, lo Jadwiga risultava al servizio del SOE a Spalato già dal giugno
1940 e veniva adoperato dagli inglesi per le attività di spionaggio9. Un’ulteriore conferma
proviene dal certificato del Consolato Britannico di Spalato del 7 aprile 1941, conservato
nel deposito: “Si conferma da parte del Regio Consolato britannico a Spalato, che il capi-
tano Karl Augustin svolge le mansioni di comandante delle navi britanniche, vale a dire
dello yacht “JADWIGA” e del motoscafo veloce “BAHATI” e che ambedue le imbarcazioni
sono state requisite da parte della marina britannica. Si pregano tutte le autorità compe-
tenti di dare aiuto al Capitano Augustin nello svolgimento delle sue mansioni, nonchè di
prestare necessaria tutela sia a lui che all’equipaggio dell’imbarcazione. Il Regio consolato
britannico” 10. In effetti, i pochi dati che emergono dalla documentazione sequestrata e
conservata nel deposito testimoniano che il Comando Marina di Spalato segnalò al Servi-
zio Informazioni italiano il caso dello Jadwiga, ma i sospetti di attività di spionaggio non
furono ulteriormente approfonditi nè confermati, in quanto ritenuti “privi di interesse” dal
controspionaggio italiano11.
Sulla base di quanto ricostruito, possiamo quindi ipotizzare con tutta probabilità che
Babette Bloch sia da identificare con una tra le tante giovani guide ebree che assistevano in
quegli anni nella fuga i gruppi di profughi ebrei “illegali” 12. Lo proverebbero le diverse valute
che forse venivano utilizzate per i viaggi e per gli spostamenti nei diversi paesi e che vennero
sequestrate insieme ai suoi gioielli e portafortuna, tra cui spicca la medaglietta di san Cristo-
foro, protettore dei viaggiatori13.
Non sappiamo se successivamente al sequestro, la donna fu trattenuta sull’“Illiria” o
fu invece condotta subito al Comando di Spalato, oppure lasciata libera di proseguire il suo
viaggio, priva dei documenti, dei suoi gioielli e dei soldi. Nè conosciamo quale fu la sorte del
comandante Karl Augustin, che aveva stipulato un’assicurazione di cui era beneficiaria la stes-
sa Bloch14. Ignoriamo anche la sorte dell’eventuale equipaggio e degli eventuali passeggeri,
di cui tuttavia non si fa mai cenno nei documenti giunti sino a noi.
Non sappiamo quale sia stata la sorte di Babette, e se, pur privata dei suoi documenti,
dei suoi gioielli e dei ricordi di una vita, abbia proseguito e concluso il suo viaggio e la sua
missione di “guida”.
Ci piace immaginare che anche lei, animata dal coraggio e dalla speranza, sopravvissuta
all’Olocausto come tanti altri ebrei che lasciarono l’Europa in quegli anni drammatici, seguen-
do le rotte della prima fase dell’immigrazione clandestina ebraica (Aliyah Bet), abbia trovato
la salvezza in un porto sicuro e la forza di ricominciare una nuova vita.
NOTE
1
Sulla deputazione dei dirigenti ustascia a Roma in missione a Roma il 18 maggio 1941 e il ruolo
di Pavelić, v. Gobetti 2013, pp. 20 ss.
2
Ministero della Guerra, Servizio Informazioni Militare, nota del 22 maggio 1941, prot. 2082.
3
Non è da escludere che la valuta fosse custodita dal comandante dello Jadwiga.
4
Nel 1942 vennero prelevati i titoli stranieri contenuti in 40 buste, come attestato dalla ricevuta
del sostituto Avvocato Generale dello Stato. Il deposito relativo ai valori e documenti sequestrati a
Babette Bloch, già n. 221, costituito il 3.12.1999, è stato riaperto ed esaminato dalla IV Sottocom-
missione “Monete”, il 4.10.2018, e contrassegnato con il nuovo numero 30/2018.
5
Un elenco delle banconote e delle monete, con la rispettiva stima, è allegato al verbale di rico-
gnizione del deposito esaminato dalla Commissione: v. supra, nota 4.
6
Alexiades 2015, pp. 8 ss.
7
Alexiades 2015, pp. 13 ss.
8
Alexiades 2015, pp. 17-18.
9
Alexiades 2015, p. 19.
10
Devo la traduzione alla cortesia della dottoressa Astrid Vitocolonna.
11
supra, nota 2.
12
Un ricco archivio fotografico è consultabile sul sito dell’United States Holocaust Memorial Mu-
seum al link https://collections.ushmm.org/search/?utf8=%E2%9C%93&q=kladova+transport&sea
rch_field=all_fields.
Tra i numerosi reperti, cimeli e documenti storici della Tesoreria Centrale dello Stato cu-
stoditi nei depositi della Banca d’Italia, la raccolta nota come “medagliere” di Benito Mussoli-
ni ha rivestito da sempre un ruolo di primissimo piano1. Le ragioni sono da ricercare nell’ec-
cezionale valore storico e documentario della raccolta nel suo complesso e dei singoli pezzi
che la compongono seppure parziale rispetto a quella originaria2. Il nucleo del medagliere
“storico” rappresenta infatti una testimonianza unica nel suo genere del percorso politico,
ideologico e personale di Mussolini3.
La storia stessa del valore culturale assunto nel tempo dal medagliere è una lunga storia,
in gran parte sotterranea, che va riletta insieme a quella dell’Italia repubblicana, dai giorni
della Liberazione, al primo dopoguerra, per arrivare sino ad oggi, in cui per la prima volta il
medagliere viene presentato nella sua piena emersione e consistenza, quale raccolta da ascri-
vere al patrimonio culturale dello Stato, e quindi da studiare, conservare e tutelare nel suo
contesto istituzionale e conservativo più idoneo4.
La visibilità pubblica della raccolta inizia a manifestarsi su un piano esclusivamente me-
diatico, a ridosso della sua scoperta dentro un “sacco” nascosto nel giardino di villa Mantero
a Como5.
Siamo nel 1945, un anno estremamente convulso e denso di accadimenti, che vede l’epi-
logo del regime fascista, della stessa vita di Mussolini e che è raccontato con una narrazione
spesso priva di riscontri, univoca e contraddittoria6. L’attenzione mediatica si concentra sia
sui documenti più riservati che l’ex duce cerca di salvare nella sua fuga, affidandoli a persone
di fiducia, o portandoli con sè nella famosa “valigia” recuperata dai partigiani, sia, soprat-
tutto, sull’“oro di Mussolini”, noto anche come “oro di Dongo”7. Un tesoro dall’entità e dalla
consistenza imprecisate e ancora oggi imprecisabili, che avrebbe dovuto garantire la soprav-
vivenza del regime fascista e dei suoi gerarchi, disperso in mille rivoli e recuperato solo in
minima parte8. Un tesoro che diviene simbolo del risarcimento di un’Italia divisa e stremata
dalla guerra e dalle privazioni, alla ricerca di un riscatto morale ed economico e di una verità
immediata ma ancora incerta, in cui privato e pubblico di Mussolini si intrecciano in un’unica
vicenda dai contorni oscuri, inafferrabili e talvolta leggendari9.
La prima lettura che viene offerta del medagliere risente quindi ancora del clima di quei
mesi e prevale quindi la sensazione che esso fosse da considerare un’altra parte recuperata
di quel tesoro al seguito dei capi del regime in fuga10, sottratto e disperso, e su cui ancora si
indagava senza sosta e senza risultati di rilievo.
Il nucleo superstite delle decorazioni può riassumere simbolicamente meglio di ogni al-
tro documento, ci sembra, il percorso politico e umano di Mussolini e racchiude ad un tempo
il suo passato, il suo presente e l’incerto orizzonte del suo futuro negli anni di Salò12.
La raccolta lo rappresenta e lo caratterizza infatti attraverso una scelta di decorazioni e
di simboli, alcuni dei quali un tempo ostentati nei ricevimenti di Palazzo Venezia o di Villa
Torlonia o nelle cerimonie pubbliche e solenni insieme al Re o ad altri capi di governo13.
Oggetti che compongono una sorta di testamento politico da tramandare ai posteri, con il
compito di custodire intatto il suo onore e di testimoniare i suoi valori e i suoi meriti. Oggetti
custoditi tenacemente e gelosamente, come i suoi libri, sino agli ultimi giorni della sua vita,
anche se ormai relegati ad una dimensione non più istituzionale ma quasi museale, certamen-
te privata, intima e persino dimessa13. Ai pezzi del medagliere “storico” di Benito Mussolini
Fig. 3 – Benito Mussolini e Adolf Hitler visitano la Mostra Augustea della Romanità al Palazzo delle Esposizioni, il 6
maggio 1938, accompagnati da Giulio Quirino Giglioli. © ACS.
Fig. 4 – Benito Mussolini e Adolf Hitler a Palazzo Venezia, il 6 giugno 1938, con Dino Alfieri. © ACS.
al valore alla Guardia Nazionale Repubblicana17 (figg. 6a-b). Scriverà in una delle note della
Corrispondenza repubblicana il 15 giugno 1944, a proposito della “morte della monarchia”,
che si era consumata l’8 settembre 194318:
Questa immane bufera, un giorno, per fortuna dei nostri figli, passerà. Soltanto allora lo storico
veramente imparziale dirà il suo giudizio; ma gli italiani che continuano la lotta a fianco dell’al-
leato germanico, fedeli alla parola data quattro anni or sono, alla parola consacrata nel proclama
dello stesso ex-sovrano, non temono il giudizio della storia. Noi non abbiamo tradito nessuno,
né il popolo, né la fede, né noi stessi. La nostra parola d’onore potrà essere ancora data e credu-
ta. Le medaglie al valore conquistate combattendo contro gli angloamericani potranno fregiare i
nostri petti e nobilitare i nostri animi. Non ci troveremo nella mostruosa alternativa di strapparci
dal petto i nastrini dei tre anni di guerra contro le plutocrazie e il bolscevismo o di allineare a
essi altri nastrini, ottenuti combattendo per le plutocrazie e per il boscevismo.
Negli stessi anni, la lotta militare e civile della Resistenza, che culminerà nella Libera-
zione del 25 aprile (tav. I), introdurrà nuovi simboli, sigle, iscrizioni e legende sui distintivi
dei reggimenti, dei corpi e delle brigate partigiane e sulle medaglie commemorative e al va-
lor militare, alle quali si affiancheranno le decorazioni conferite ai partigiani dagli Alleati19.
I protagonisti militari e civili di quella lotta si identificheranno interamente in quei segni di
distinzione e di valore e ne trasmetteranno la memoria individuale e collettiva sino agli anni
più recenti della nostra Repubblica. Il 29 aprile 1945, un giorno dopo l’esecuzione di Benito
Mussolini, il suo “medagliere” ritrovato dai partigiani a Villa Mantero veniva consegnato dal
colonnello Pinto al prefetto reggente della Provincia di Como, Virginio Bertinelli. Quest’ulti-
mo, “alla presenza del Capitano Leonard Osmond Ufficiale Finanziario Alleato”, lo consegna-
va il 22 giugno, per la cauta custodia, alla Succursale di Como della Banca d’Italia20.
Fig. 6a-b – Segreteria Particolare del Duce. Carteggio Riservato. Repubblica Sociale Italiana. B. 6, f. 28, 23-24. © ACS.
L’ultimo medagliere di Benito Mussolini entra così in una nuova fase della sua storia, in
cui sopravvive come insieme di “valori ed oggetti dichiarati di pertinenza del defunto Benito
Mussolini”, immesso nel deposito bloccato n. 33 e periodicamente riaperto e riesaminato per
i dovuti riscontri21.
Il 5 giugno 1953, come risulta dal Verbale di ricognizione dei valori di pertinenza del
defunto Benito Mussolini compresi nel deposito bloccato n. 33, intestato alla Prefettura di
Como, in essere presso la Banca d’Italia di Como per il valore indicativo di £. 1, fu redatto
un verbale nei locali della Banca d’Italia, succursale di Como. La richiesta della ricognizione
e della spedizione del deposito alla Tesoreria Centrale era stata disposta dal Ministero del
Tesoro a maggio dello stesso anno. Tutti i valori e gli oggetti descritti nel primo verbale del
Prefetto furono riscontrati esattamente corrispondenti a quelli indicati nel verbale di stima
del 26 ottobre 1946 e si procedette in quell’occasione alla chiusura della bisaccetta senza
cucitura, contenente tutti gli oggetti e il relativo elenco descrittivo22.
Successivamente il plico, contenente oggetti preziosi di Benito Mussolini arrivò alla Te-
soreria centrale di Roma, dove costituì il deposito provvisorio n. 884 del 17.10.1953, stimato
in £. 100, e dove risulta riaperto per i dovuti riscontri negli anni 1965, 1987 e 199923.
Nel 1999, in occasione del trasloco dei depositi dalla Tesoreria Centrale dello Stato del
Ministero del Tesoro alla Banca d’Italia, il plico contenente il medagliere, insieme ad altri
pertinenti al complesso di reperti noti come il “tesoro” Mussolini (in realtà valori pertinenti
a depositi diversi) venne esposto su un tavolo nella sala del Cipe al Ministero del Tesoro e
presentato nel corso di una conferenza stampa. La nuova risonanza mediatica decretata dalla
stampa nazionale e internazionale riporterà l’attenzione sul grande valore storico di quell’in-
sieme di valori conservato nel deposito n. 51924.
Nel 2010, grazie a Gianfranco Lijoi, dipendente della Succursale di Como della
Banca d’Italia, che aveva iniziato a raccogliere documenti, dati e notizie sul deposito, si
diffondono su internet notizie più dettagliate e viene avviata una discussione tra esperti
Fig. 7 – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. La cartella contenente il deposito n. 84/2020, “Medagliere
Mussolini”. © MEF/BdI.
NOTE
1
Per la risonanza mediatica della consegna del “medagliere” da parte dei partigiani, si veda, da ultimo,
Canali, Volpini 2019.
2
Per il catalogo, con il rispettivo numero di inventario assegnato a ciascun oggetto, v. infra, Il deposito “Me-
dagliere Mussolini”. Inventario e catalogo.
3
Il nucleo “storico” è certamente il risultato di una selezione di gran parte dei pezzi ritenuti significativi,
compiuta in un momento imprecisabile dallo stesso Mussolini da un medagliere formato nel lungo arco di
un ventennio. Sulla formazione del medagliere, infra, Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-1943
4
La destinazione proposta dalla Commissione per questo fondo è l’Archivio Centrale dello Stato.
5
Per la cronaca del rinvenimento, v. infra, Il ritrovamento a Como. Cronaca e storia. 1945.
6
Sulla “carte della valigia”, ora conservate all’Archivio Centrale dello Stato, Contini 1996.
7
Si vedano, di recente, da ultimo Oliva 2018 e Mellace 2017.
8
Alcuni lotti di beni trasportati al seguito dei gerarchi in fuga verso la Svizzera furono intercettati e con-
segnati alle Autorità dai partigiani. Ad esempio, quelli di Guido Buffarini Guidi, ministro dell’interno della
Repubblica Sociale di Salò, consistenti in orologi d’oro, monete e preziosi vari, furono conservati in un de-
posito alla Banca d’Italia, riaperto ed esaminato dalla Commissione interministeriale MEF-MIBACT istituita
nel 2018.
9
Il clima di sospetti e misteri sembra proiettarsi sullo stesso “medagliere” di Mussolini. Il capo partigiano al
momento della consegna al prefetto Virginio Bertinelli del “sacco” rinvenuto a Villa Mantero raccomanderà
di usare prudenza in quanto “una specie di porta aghi” (ndr: in realtà un portabocchino in argento, infra,
Catalogo, n. 27), avrebbe potuto contenere del veleno: v. Canali, Volpini 2019.
10
Oliva 2018 e Mellace 2017.
11
Infra, Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo.
12
Sul Mussolini “prigioniero” a Salò, v. Frassinelli 2020.
13
Infra, Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-1943.
14
Infra, La valigia di Rachele Guidi Mussolini. La custodia del medagliere dal 1943 al 1945.
15
Su Mussolini “cadavere vivente”, Frassinelli 2020, pp. 55 ss.
16
Si vedano le fotografie che ritraggono Mussolini in Bertoldi 1981, passim.
17
La documentazione è conservata all’ACS, SPD, CR, RSI, b.6, f.28, Guardia Nazionale Repubblicana, in cui
sono riportati gli elenchi delle onorificenze assegnate agli appartenenti alla Guardia Nazionale Repubblica-
na, dal 9 settembre 1943 al 1 marzo 1945. Vi compaiono medaglie al valore militare, d’oro (non assegnate),
d’argento, di bronzo, croci di guerra, oltre a decorazioni germaniche, tra le quali “croci di guerra di 2a classe
con spade” e “croci di ferro al merito di guerra di seconda classe”.
18
Mussolini, Opera omnia, vol. XXXII, pp. 372-373.
19
Alcuni distintivi del Corpo volontari della libertà e del Corpo italiano di liberazione sono riprodotti in
Bertoldi 1981, IV, p. 1348.
20
Al momento in cui veniva riaperto nel 2020, dalla Commissione Interministeriale, il deposito n. 884
“Medagliere Mussolini” la documentazione relativa alla consegna della bisaccetta di cuoio e ai verbali dei
successivi riscontri per l’apposizione dei sigilli, effettuati in Banca d’Italia, prima a Como e poi a Roma, era
conservata insieme al verbale della Tesoreria Centrale dello Stato dell’11 novembre 1999, come risulta da
Verbale TCS 1999.
21
Nel 1953 veniva effettuato il riscontro e la descrizione del deposito bloccato n. 33: Verbale Banca d’Italia
di Como, 5 giugno 1953.
22
supra, nota 20. L’elenco, con il riferimento al numero di inventario originariamente attribuito agli oggetti
del deposito, è riportato infra, Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo.
23
Tesoreria Centrale Roma, Elenco n. 17, Dep. Provv. N. 884 del 17/10/1953 = £ 100.
24
Una conferenza stampa con l’esposizione di alcuni pezzi di maggior risalto mediatico ebbe luogo succes-
sivamente, nel 2007.
25
La discussione è consultabile al link http://www.iagiforum.info/viewtopic.php?f=21&t=11178.
26
Il testo del decreto è riportato integralmente in questo volume: supra, Introduzione.
27
Il nuovo deposito veniva contrassegnato dal n. 84/2020. Al momento in cui si scrive, una sintesi della
mia indagine è in corso di pubblicazione nel volume collettivo della Commissione e stampato dalla Banca
d’Italia.
Il medagliere che fu ritrovato dai partigiani a villa Mantero e consegnato alla prefettura
di Como comprendeva complessivamente trentadue oggetti, nella quasi totalità onorificenze
e uno scarso numero di medaglie appartenute a Benito Mussolini1. L’intero nucleo “storico”,
al netto dei pochi oggetti personali riconducibili a Rachele Mussolini, rappresenta il frutto di
un’accurata selezione della raccolta originaria, che potremmo definire il “medagliere storico”
di Benito Mussolini. La selezione fu molto probabilmente compiuta direttamente o indiretta-
mente dallo stesso Mussolini2.
Sulla base della datazione delle onorificenze e delle medaglie e della data di conferi-
mento documentata o ipotizzabile, la raccolta risulta formata nell’arco temporale della sua
vita politica dal 1922 al 1943 circa3.
Oltre ai diari e ai documenti più riservati che Mussolini scelse di salvare nella sua
fuga verso la Svizzera affidandoli a diversi membri della sua famiglia4, il medagliere ave-
va il compito di garantire, attraverso una galleria metallica di reliquie, la sopravvivenza
del suo manifesto ideologico e della sua identità storica, politica e soprattutto personale,
seppure ormai sbiadita nella fase repubblicana di Salò5. L’universo del duce, il suo onore
e il suo prestigio personale, costruito attraverso una vastissima rete di rapporti interna-
zionali, rivivevano in quelle decorazioni smontate e ne rappresentavano la più tangibile
testimonianza. Onorificenze che non venivano più esibite in pubblico come un tempo,
ma rimanevano segretamente conservate, sotto forma di piccolo museo mobile, in una
cassetta6.
Per sua moglie Rachele, invece, la raccolta era più concretamente una sorta di patrimo-
nio familiare, che aveva fatto parte della loro vita domestica a Villa Torlonia e che aveva susci-
tato interesse e divertimento nei figli piccoli per le decorazioni più appariscenti ed esotiche
del padre7. Un bene di famiglia, custodito in una piccola valigia, di valore venale e affettivo,
più che storico e considerato, per dirla con le sue stesse parole, “l’unica ricchezza di casa
Mussolini”8. Bene di cui sarà la più tenace custode nelle lunghe peripezie delle fughe prima
nel 1943 e poi nell’aprile del 19459.
La scelta di alcune tra le tante decorazioni e di medaglie, italiane ed estere, ricevute in
quasi vent’anni come capo del Governo, che può apparire limitata a pochi oggetti, fu forse
dettata dalle concitate vicende personali e familiari che seguirono al 25 luglio del 1943, con
l’abbandono di Villa Torlonia, residenza in cui era conservato il medagliere “storico”10. In ogni
caso, si dovette pensare al minor ingombro possibile per il trasporto della raccolta11, come
sembrano provare i pezzi che nella maggioranza dei casi appaiono come elementi singoli,
staccati da più grandi decorazioni di cui facevano originariamente parte12.
La selezione delle onorificenze non è ovviamente casuale, anzi sembrerebbe ispirata
prevalentemente al valore attribuito da Mussolini, al loro conferimento in relazione al suo
percorso politico13, ai soggetti raffigurati sui medaglioni centrali delle decorazioni, staccati
dal rispettivo supporto14, piuttosto che a precisi criteri di valore economico, esclusi forse quei
pochi pezzi in oro e pietre preziose. Nella raccolta risalta invece la presenza di medaglie
placcate, in bronzo o in lega, scelte in quanto commemorative di specifici eventi storici per
lui particolarmente significativi.
Tutti quegli oggetti avevano quindi uno speciale significato, per vari motivi. E gli
restituivano la conferma del suo operato politico per la Nazione. Primi fra tutti, i cinque
oggetti, di modesto valore venale, ma di preminente valore storico all’interno della raccolta:
il collare dell’Annunziata, simbolo di un patto con la monarchia al quale lui si era sempre
dichiarato sottomesso e che era stato tradito dallo stesso Re; la medaglia dell’Opera Nazio-
nale Maternità Infanzia, che aveva eternato la sua politica sociale e demografica, imitando
fedelmente i tipi e le iscrizioni di una moneta dell’optimus princeps Traiano; la medaglia
del Concordato con la Santa Sede, di cui lui si reputava l’esclusivo artefice, consacrata alla
Patria e saggiata dalla Banca d’Italia; la medaglia che incitava gli allievi della Regia Acca-
demia Navale di Livorno a contribuire allo slancio espansionistico dell’Italia fascista, sotto
l’egida del motto Per la Patria, per il Re.
Infine il “bastone del comando”, che gli era stato consegnato nel 1930 a Milano dalla
Federazione Mutilati ed Invalidi di Guerra. Uno strumento di potere che affondava le radici
nei monumenti ai caduti della Prima Guerra Mondiale, con le immagini che erano divenute
simbolo di gloria e di martirio, l’aquila romana entro corona d’alloro su labaro, il leone di
Venezia su libro, i rostri delle navi romane, e che lui aveva rinominato “il bastone della mia
obbedienza allo spirito della vittoria e alla volontà della patria”15.
Va notata l’assenza di molte altre onorificenze e medaglie ricevute nel corso del regime
fascista, ossia il resto del medagliere “storico” di Mussolini, la cui dispersione rimane difficile
da ricostruire16. Con ogni probabilità, buona parte di esso dovette rimanere a Villa Torlonia
dopo l’abbandono frettoloso della dimora da parte della moglie Rachele17.
Manca, ad esempio, l’insegna da Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Militare de’ Santi
Maurizio e Lazzaro, con la sciarpa traforata da un proiettile nell’attentato del 1926, esibita
costantemente da Mussolini come parte integrante della sua immagine pubblica, insieme al
collare e alla placca dell’Ordine della SS. Annunziata18.
Fig. 1 – Archivi dei Comitati Liberazione Nazionale, b.VII, f.85. Edizione del quotidiano Avanti! del 26 aprile
1945. © ACS.
Continuano le indagini per accertare tutte le responsabilità relative alla scomparsa di valori in-
gentissimi e di documenti d’interesse storico che Mussolini e i capi nazifascisti fuggitivi con lui
da Milano portarono seco.
Da tempo si conoscevano certi loschi retroscena, ma nessuno aveva preso l’iniziativa di agire
perchè nella vicenda erano implicate persone che ricoprivano importanti cariche pubbliche (...).
La responsabilità di far luce piena sui drammatici avvenimenti di cui fu teatro la provincia di
Como è stata assunta all’unanimità dal C.L.N., il quale ha dato mandato alle autorità competenti
di procedere senza ulteriori esitazioni contro chiunque.
Già il prefetto avv. Vincenzo Bertinelli e il questore avv. Luigi Grassi avevano raccolto ampio
materiale a carico d’indiziati: ora è intervenuta anche la Procura del Regno. Parecchi arresti sono
stati effettuati, altri sono imminenti (...). Alle indagini in corso va messo probabilmente in rela-
zione il fermo avvenuto a Firenze, del partigiano Pinto, fermo che però non è stato mantenuto.
Del colonnello Pinto, che nei giorni scorsi dell’insurrezione comandava la Piazza militare di
Como, si occuparono i giornali qualche mese fa, a proposito del famoso “medagliere” di Mus-
solini e di ventisette casse contenenti indumenti e documenti dell’ex-duce. Furono pubblicate
notizie frammentarie e imprecise. Noi siamo ora in grado di chiarire, sulla scorta di ineccepibili
testimonianze, molti punti oscuri. E lo facciamo con la coscienza di compiere un dovere. Tanto
più impegnativo in quanto gli elementi da noi raccolti ci consentono di dimostrare che se vi
furono disonesti che approfittarono della loro posizione per appropriarsi [di] valori e documenti
di proprietà della Nazione, non mancarono neppure – e sia detto a onore dei partigiani e dei
cittadini comaschi – individui disinteressati che si affrettarono a consegnare ciò che avevano
comunque trovato. Il valore complessivo degli oggetti ricuperati supera certamente il valore
presumibile dei documenti sottratti. Si tratta di un importo da calcolarsi in miliardi.
Ed ecco, obiettivamente, i fatti. Mussolini giunse a Como col seguito la sera del 25 aprile e si
recò subito in Prefettura, dove si svolse un convegno al quale prese parte anche Graziani. La
riunione si prolungò sino a ora inoltrata. Verso le due, Mussolini e alcuni tra i principali gerarchi
si trasferirono a Villa Mantero, dove passarono il rimanente della notte.. (…) Era stata requisita
dai Tedeschi e vi avevano soggiornato in vari periodi alte personalità nazifasciste (…). Nei giorni
precedenti l’insurrezione aveva ospitato anche Rachele Mussolini e i suoi due figli minori, Anna
Maria e Romano. (…)
Il 29 aprile il colonnello Pinto si presentava al prefetto nominato dal C.L.N., l’avv. Vincenzo
Bertinelli, del partito socialista, nobilissima figura di patriota, guidando una piccola commis-
sione di partigiani capeggiata dal capitano Arnaldo Visco e composta dei volontari e composta
dei volontari Marco Bianchi e Vincenzo Cassarino. Il Visco reggeva un pacco avvolto in carta
comune da imballaggio: venne sciolto e fu tutto un barbaglio d’oro e di gemme. Conteneva
oggetti di valore inestimabile, tra cui il Collare dell’Annunziara di Mussolini e altre decorazioni
preziosissime, come quella dello Scia di Persia, in oro e brillanti, nonché una collana d’ambra
e una di quarzo. Furono contati esattamente 31 pezzi, dei quali venne redatto un minuzioso
inventario. Uno di questi pezzi, sfuggito all’osservazione dei cronisti che successivamente
ebbero occasione di vedere l’inventario, era costituito da un puntale di bandiera a forma di
Questo il racconto delle vicende che portarono alla scoperta e alla consegna della rac-
colta che fu definita impropriamente “medagliere” Mussolini. Nella descrizione dei pezzi ri-
trovati “per caso” nella rimessa dai partigiani si fa riferimento al “puntale del gagliardetto del
partito fascista”, in “oro massiccio tempestato di diamanti, rubini e smeraldi”, che era in realtà
la parte terminale del già menzionato bastone di comando (cat. 4)24. Nel novero degli oggetti
“di valore inestimabile” si contano anche i modesti distintivi delle decorazioni straniere, pic-
cole parti di più importanti decorazioni in metallo dorato e smalto, o medaglie in lega, che di
prezioso non avevano nulla se non il valore attribuito a un ricordo, a una storia, a un incon-
tro, a un evento. Nel prezioso insieme vengono enfaticamente annoverati persino gli oggetti
riconoscibili facilmente come pertinenti ai familiari di Benito Mussolini, cioè le collane rotte
di ambra e di quarzo della moglie Rachele (cat. 24-25), mentre si omette comprensibilmente
di segnalare altri modesti oggetti familiari, come la placchetta in osso con dedica (cat. 21), la
medaglietta di nascita di Gesù Bambino – Betlemme pendente in argento dorato (cat. 22), il
ciondolo con la sigla A (cat. 26) e il portabocchino in argento (cat. 27), questi ultimi due con
tutta probabilità ricordi del fratello Arnaldo25.
Nei capitoli successivi mostreremo più in dettaglio per quali ragioni la raccolta nota
come “medagliere Mussolini” non debba essere considerata semplicisticamente “l’oro di Mus-
solini”, come la cronaca volle presentarla all’indomani della consegna in Prefettura a Como. E
perchè non poteva rappresentare per Mussolini un vero medagliere, nell’interpretazione che
questo termine poteva avere in quell’epoca per un personaggio come lui. Piuttosto, egli do-
veva considerarlo come una sorta di collezione museale, in cui vedeva galleggiare la memoria
della sua avventura politica e umana25.
NOTE
1
I trentadue oggetti che il primo inventario della “bisaccetta” di cuoio registra risultano ventisette nel ca-
talogo compilato da chi scrive, in quanto alcuni oggetti si sono rivelati in realtà elementi smontati facenti
originariamente parte di un’unica decorazione.
2
Sulle ragioni della selezione, si veda anche supra, Il deposito “Medagliere Mussolini” in Banca d’Italia.
1945-2023.
3
Non tutte le decorazioni conservate nel medagliere “storico” sono databili, dal momento che non di tut-
te è stato possibile rintracciare la relativa documentazione. L’ultima decorazione datata presente è quella
dell’Ordine dell’Aquila Tedesca conferita da Hitler, creata appositamente per Mussolini in occasione del
suo viaggio in Germania nel 1937. Non furono conservati nel “medagliere” storico decorazioni o medaglie
risalenti agli anni della Repubblica Sociale.
4
infra, La valigia di Rachele Guidi Mussolini. La custodia del medagliere dal 1943 al 1945.
5
Su Mussolini a Salò, v. Frassinelli 2020.
6
infra, La valigia di Rachele Guidi Mussolini. La custodia del medagliere dal 1943 al 1945.
7
Mussolini R. 1958, p. 138. Si veda anche infra, Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-1943.
8
Bertoldi 1976, pp. 377-378. Mussolini R. 1958, p. 202, che riporta la data del 2 luglio.
9
infra, La valigia di Rachele Guidi Mussolini. La custodia del medagliere dal 1943 al 1945.
10
Alcune decorazioni erano state anche conservate alla Rocca delle Caminate, la residenza in cui Mussolini
trascorreva le vacanze. Siamo a conoscenza, infatti, di una raccolta di oggetti curiosi o preziosi, donati a
Mussolini, “divenuta un vero e proprio museo”, e conservata nella torre, il cui preciso inventario è riportato
in Navarra 1983, pp. 82-84. La sezione delle onorificenze era piuttosto consistente. Nell’inventario delle ono-
rificenze conservate al “museo” della Rocca, ne sono menzionate anche alcune che Mussolini conserverà nel
Medagliere: si veda infra, Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-1943.
11
Per le vicende legate al trasporto della “cassetta”, v. infra, La valigia di Rachele Guidi Mussolini. La custo-
dia del medagliere dal 1943 al 1945.
12
Sulle singole parti di decorazioni, v. infra, Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo.
13
Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo, cat. 4, 7, 20.
14
Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo, cat. 2, 3, 5.
15
infra, Appendice documentaria, IV.
16
Come già ricordato supra alla nota 10, gran parte delle onorificenze del nucleo “storico” del medagliere,
erano conservate nel “museo” della torre, alla Rocca delle Caminate. Qui, forse, furono selezionate dalla
moglie Rachele quando vi soggiornò nell’agosto 1943 con i figli prima di essere portata in Germania dal
marito: v. Mussolini 1958, pp. 210-212. Oppure, dallo stesso Mussolini quando nel 1943 si trattenne qualche
giorno prima di recarsi a Gargnano: cfr. Mussolini 1958, p. 228. Il resto delle onorificenze elencate dal com-
messo Navarra (cit. supra, nota 9), tra cui la spada dell’Islam, furono forse sottratte in seguito alla spolia-
zione selvaggia e sistematica di tutta la proprietà, “tra la ritirata dei tedeschi e l’avanzamento degli alleati”:
cfr. Canali, Volpini 2019.
17
Sappiamo che alcune medaglie conferite a Mussolini erano state esposte in bacheche a Villa Torlonia,
da cui erano state prelevati esemplari in oro e argento: v. Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-1943.
18
A questa onorificenza, che recava la prova del “martirio” di Mussolini a causa del foro del proiettile rima-
sto sulla sciarpa per l’attentato del 1926, la propaganda di regime assicurerà una grande visibilità, esponen-
dola nel 1937 alla Mostra della Rivoluzione Fascista: v. infra, I simboli del martirio tra guerra e rivoluzione.
Medaglie e onorificenze alla Mostra della Rivoluzione Fascista. 1932-1942
19
v. infra, Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-1943
20
Sulla cronaca relativa alla consegna del “medagliere” rinvenuto dai partigiani a a Como, si vedano anche
i cenni di Canali, Volpini 2019.
21
L’inventario dei trentadue pezzi fornito dalla Prefettura ai cronisti fu riscontrato poi dalla filiale di Como
della Banca d’Italia: v. supra, Il deposito “Medagliere Mussolini” in Banca d’Italia. 1945-2023.
22
L’identificazione dei pezzi effettuata, riflessa nel primo inventario sottoscritto dal Prefetto Bertinelli, è
sopravvissuta sino al 2020, quando il deposito è stato riaperto.
23
Sull’enfasi data al valore economico della raccolta, v. in questo volume, Il deposito “Medagliere Mussolini”
in Banca d’Italia. 1945-2023.
24
La parte di testa del “bastone di comando” risulta l’oggetto in assoluto più prezioso del deposito “Meda-
gliere Mussolini”, un vero e proprio oggetto artistico, progettato e realizzato dal più celebre orafo italiano
di quel tempo, Alfredo Ravasco: infra, Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo.
25
Mussolini non era fumatore, anzi viene ricordato dal suo commesso che “non fumava mai”, ed eccezional-
mente chiese una sigaretta in occasione dell’incontro di calcio Italia-Inghilterra: Navarra 1983, p. 62.
b. Onorificenze estere
6.
(inv. 14 e 18). Reale e Distinto Ordine Spagnolo di Carlo III. [Collare o Gran Croce].
Medaglione centrale raffigurante la Madonna Assunta e anello di contorno con la
scritta “VIRTUTI ET MERITO”, in metallo dorato e smalti. 12 febbraio 1924.
7. (inv. 2). Il più sacro Ordine del Leone e del Sole (o Ordine Imperiale-Aqdas). Stella
dell’Ordine. 1925.
8a-b. (inv. 24 e 13). Ordine dell’Elefante Bianco. Medaglioni centrali. 1926.
9. (inv. 20). Ordine della Croce di Vytis della Lituania, Gran Croce. 1927.
10. (inv. 6). Gran Croce con placca dell’Ordine della Besa (periodo di Ahmed Zogu 1926-
1939), conferita da re Zogu di Albania dopo il Trattato di Tirana del 1926.
11a-b. (inv. 32 e 7). Gran Collare dell’Albania (periodo di Ahmed Zogu 1926-1939), conferi-
to da re Zogu di Albania il 16 novembre 1928. Comprende a) il collare in frammenti
e b) il pendente dell’Ordine di Skanderberg (periodo di Ahmed Zogu 1926-1939),
raffigurante aquila bicipite sormontata da stella, in argento dorato, brillantini e smalti.
12. (inv. 11). Croce con aquila bicipite e stemma austriaco in metallo dorato e smalti.
Decorazione d’onore per merito della Repubblica d’Austria.
13.
(inv. 12). Gran Croce di Prima Classe con aquila: placca da petto. Decorazione d’ono-
re per merito della Repubblica d’Austria.
14.
(inv. 27). Ordine di Leopoldo del Belgio. Croce di Commendatore [1930].
15.
(inv. 17). Ordine Reale Norvegese di Sant’Olav, Placca di Commendatore di I Classe,
tipo I. Medaglione centrale.
16. (inv. 25). Ordine di San Cirillo e Metodio. Medaglione centrale [1930?].
17.
(inv. 9). Ordine Nazionale di Merito Carlos Manuel de Céspedes (1926-1943). Penden-
te con medaglia. Conferito nel 1933.
18.
(inv. 5). Ordine del Liberatore. Medaglione centrale. Conferito nel 1934.
19a-b. (inv. 8 e 16). Ordine della Stella del Nepal, Medaglioni centrali. Conferito dal Generale
Bahadur il 17 luglio 1934.
20. (inv. 6). Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila Tedesca, conferita da Adolf Hitler il 25
settembre 1937.
II. Oggetti rinvenuti nella “bisaccia” rinvenuta a Como nel 1945 e non pertinenti
al nucleo “storico” del medagliere di Benito Mussolini
21. (inv. 19). Placchetta in osso con dedica incisa a Rachele Mussolini, recante su un lato
PNF/aquila (?)/AN:XVI e sull’altro A DONNA/RACHELE/MUSSOLINI/1938/AN:XVI.
22. (inv. 26). Medaglietta in metallo dorato “Puer Jesus Bethlemme”.
23a-b. (inv. 23). Due “bottoni” in pietra rossa (corniola?) di formato diverso, decorati con
globetti e volute.
24. (inv. 30). Una collana di elementi in pasta d’ambra (?).
25. (inv. 31). Una collana di elementi in cristalli sfaccettati (quarzo?).
26. (inv. 10). Spilla con ciondolo a lettera A dorata su placchetta.
27. (inv. 28). Un astuccio in argento a forma di ghianda contenente bocchino in avorio (?)
e argento.
Avvertenze
Il catalogo che segue rappresenta un primo tentativo di classificare i ventisetti pezzi identificati del
fondo “Medagliere Mussolini” e di fornirne un preliminare inquadramento cronologico e storico.
Nella numerazione del catalogo sono state conteggiate come unità di riferimento esclusivamente le
decorazioni o le parti di decorazione smontate e prive del supporto originario. I singoli elementi o
frammenti facenti originariamente parte di una stessa decorazione, già identificati nei diversi verbali
allegati al deposito come parti a se stanti, sono stati invece contrassegnati dallo stesso numero di ca-
talogo seguito da lettera.
Al medagliere “storico” di Benito Mussolini sono riconducibili complessivamente venti tra decorazio-
ni e medaglie, elencati in ordine cronologico di conferimento o dell’evento ai quali è stato possibile
ricondurli.
Le schede dei singoli oggetti riportano la descrizione della decorazione, o dei suoi elementi smontati,
e della medaglia. Misure, peso, materiali e tecniche sono stati rilevati nel corso della ricognizione del
2020 e sono da intendere come dati provvisori, in attesa di una futura ricognizione della raccolta e di
un più approfondito esame tecnico dei materiali.
Le schede delle decorazioni e delle medaglie sono organizzate nelle seguenti voci: emissione, crono-
logia, istituzione, grado, e, qualora documentata, la data e la motivazione del conferimento. In alcuni
casi, si rimanda all’Appendice documentaria, inserita in fondo ai capitoli, che riporta documenti e
immagini che si sono ritenuti particolarmente significativi ai fini dell’inquadramento storico dei pezzi
inseriti in catalogo.
Infine, vengono segnalati i riferimenti bibliografici, qualora disponibili, utili per la classificazione di
decorazioni e medaglie.
Regno d’Italia
Ordine Supremo della SS. Annunziata
1924
Istituzione: L’Ordine del Collare venne fondato da Amedeo VI di Savoia nel 1364. I collari, “d’ar-
gento dorato a laccio pendente” erano riservati al conte e a quattordici cavalieri da lui nomina-
ti. Negli Statuti di Amedeo VIII, datati al 30 maggio 1409, i collari erano “composti da tre nodi
d’amore in cerchio e pendenti ad un collare di argento dorato”. I nodi simboleggiavano la “fede
inalterabile e l’unione indissolubile”. Con Amedeo VII e Amedeo VIII gli Statuti vennero riforma-
ti e ampliati e con Carlo III, nel 1518, il vano all’interno dei tre nodi si arricchì dell’immagine
dell’Annunziata, da cui l’ordine prese il nome. Vennero quindi aggiunti altri cinque cavalieri. Nel
Seicento, la sede dell’ordine venne spostata a Torino e si distinsero, all’interno dell’ordine, del
grand’ordine e del piccolo ordine, relativamente alla celebrazione delle cappelle, delle messe e
delle cerimonie in cui si indossavano le divise. Successivamente, l’ordine venne riformato nel
1840 da Carlo Alberto, con la pubblicazione di nuovi Statuti e nel 1869, con un intervento ancora
più sostanziale, da Vittorio Emanuele II. L’ordine venne esteso alle più alte cariche dello Stato e
fissò un numero di venti cavalieri, esclusi il re, il principe, gli ecclesiastici, i personaggi insigniti e
gli stranieri. Il conferimento della massima onorificenza dei Savoia dava all’insignito il titolo di ec-
cellenza, il grado di cugino del re, diritto di precedenza nella gerarchia statale e ad onori militari.
Motivazione: “Nel momento solenne in cui, dopo lungo periodo di penoso travaglio, si celebra
l’anniversario dell’unione di Fiume alla grande patria italiana, mentre i miei auguri di gloriose for-
tune vanno alla città fedele, il mio pensiero ricorre all’alta opera da lei data in questo come in altri
eventi che hanno migliorato le sorti dell’Italia tra gli Stati. Come segno della mia riconoscenza,
le conferisco l’ordine supremo dell’Annunziata. Affettuosi saluti. Affezionatissimo cugino Vittorio
Emanuele “. (Da Il Popolo d’Italia, N. 67, 18 marzo 1924, XI).
[16 marzo 1924.] “Ringrazio la Maestà Vostra dell’alta concessione e delle parole che l’accompa-
gnano, le quali giungono più gradite al mio cuore di italiano e di soldato poiché sono dette dalla
Maestà Vostra, che fu anche il primo soldato dell’Italia in guerra e provengono da Fiume restituita
per sempre al destino della Patria. Devoti ossequi. Mussolini”
Bibl.: Sul collare, Barac, III, p. 1126, n. 785 (collare piccolo). Sul conferimento, Mussolini, Opera omnia, vol. XX, pp. 375-
378; “Annuario Diplomatico del Regno d’Italia”, 1931, p. 680. Sull’Ordine, Cibrario 1869.
Tav. I – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Collare piccolo dell’Ordine della SS. Annunziata
appartenuto a Benito Mussolini (cat. 1). © MEF-BdI.
D/O N PROT – MATERNITÀ INFANZIA Testa di Mussolini a s. tra stemma del Regno d’I-
talia (a s.) e stemma del fascio littorio (a d.)
R/ S P Q R OPTIMO PRINCIPI Scena di liberalitas con imperatore seduto a s., rivolto ver-
so donna in piedi, con bimbo in braccio e fanciullo per mano; sui lati, S – C; nell’esergo
ALIM·ITAL
Istituzione: L’Opera Nazionale Maternità Infanzia fu istituita dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2277
(regol. 15 aprile 1926, n. 718) e modificata dal r. decr.-legge 21 ottobre 1926, n. 1904 (legge 5
gennaio 1928, n. 239) e dalla legge 13 aprile 1933 n. 298. L’art. 76 prevedeva che “le medaglie di
benemerenza, concesse dall’Opera nazionale a norma dell’ultimo comma dell’art. 3 della legge,
sono, secondo il grado di merito, d’oro, di argento o di bronzo e conformi ad un tipo stabilito con
apposita deliberazione dal Consiglio centrale. Tali medaglie sono conferite dal Consiglio centrale,
su proposta del presidente ed in seguito a parere favorevole della Giunta esecutiva”. Le medaglie
erano solitamente accompagnate da diplomi di benemerenza (art. 77).
Documentazione: Per l’iconografia della medaglia di benemerenza dell’O.N.M.I fu proposta “la ri-
produzione di una moneta romana che esalta la maternità” (da “Civiltà Cattolica” 86/1935/I, p. 94).
Con questa stessa tipologia furono coniate medaglie nei tre metalli e con due diverse date: 1926
(a.IV) e 1937 (a.XV). Sull’O.N.M.I., v. infra, Appendice documentaria, II.
Bibl.: Sulle medaglie dell’ONMI, cfr. Casolari, IV. 41, che classifica solo le versioni in oro e in bronzo.
Tav. II a-b – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Medaglia di benemerenza dell’Opera Nazionale
Maternità Infanzia appartenuta a Benito Mussolini (cat. 2), datata al 1926 (= AN. IV). © MEF-BdI.
D/ Nel giro, PAX NOSTRA ripetuto tre volte e intervallato da volute raggiate e da serti
incrociati di ulivo; al centro, aquila su fascio littorio e lupa capitolina; ai lati dell’aquila
AN – VII; a d. tiara papale e a s. da corona reale, circondate rispettivamente dalle sigle
PIUS – XI/ P.P. e VE/III; in basso, a s. S. JOHNSON, e a d. A. CASANOVA
R/ Iscrizione a tutto campo su tre righe: DIE/XI FEBRVARII/ANNO DOMINI/MCMXXIX
Bibl.: Sulla medaglia del Governo italiano, si veda Cusumano, Modesti 1987, n. 164. Su quella coniata dal Vaticano e do-
nata a Mussolini da Pio XI, Cusumano, Modesti, 164.
Tav. IV – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Medaglia commemorativa del Concordato tra Italia
e Santa Sede, 11 febbraio 1929, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 3). Sono evidenti le tracce del saggio effet-
tuato nel 1935 dalla Banca d’Italia. © MEF-BdI.
Si riporta qui sotto la descrizione originale del “bastone del comando” tratta dall’opuscolo
illustrativo Bastone del comando 1929.
Il “bastone del comando” è in malachite, decorato alle due estremità da motivi architettonici in oro cesella-
to, smaltato e pietre preziose.
La parte di testa porta un’aquila romana in oro cesellato tutta incassata in diamanti e circondata da una
corona d’alloro in smeraldi calibrati. L’aquila posa su saette in oro incassate in rubini pure calibrati.
La parte di fondo è terminata da un grosso smeraldo inciso a fesoni (sic) chiuso da un brillante nero.
La colonna del bastone, che è in malachite, è decorata da sei rostri in oro cesellato.
Il bastone posa su una base architettonica in malachite e marmo nero del Belgio, con fregi e leoni alati.
Quattro grandi cammei, pure in malachite, raffiguranti aquile romane e distintivo dei mutilati, decorano i
quattro lati della base.
I cammei in malachite sono opera pregevole di Enrico Girardet di Roma.
Data: Dedicata a Benito Mussolini dalla Sezione Milanese dei Mutilati e Invalidi di guerra nel
1929. La cerimonia di consegna ebbe luogo a Milano il 22 maggio 1930 (v. Appendice documen-
taria, IV).
Motivazione: Nell’opuscolo Bastone del comando 1929 viene riportata la seguente motivazione “A
Benito Mussolini i Mutilati di guerra di Milano interpreti della prima città dell’intervento e della
vittoria. X di Vittorio Veneto”. Nel discorso durante la cerimonia della consegna il 22 maggio 1930
a Milano il Presidente Delcroix lo offrirà a Mussolini come “Premio della riconoscenza al Restau-
ratore della Patria”: si veda v. infra, Appendice documentaria, IV.
Documentazione: Bastone del comando 1929. Si veda anche infra, Appendice documentaria, IV.
Bibl.: Sulla cerimonia della consegna e sul discorso di Mussolini, Mussolini, Opera omnia, XXIV, pp. 243-244 (riportati
in Appendice documentaria, IV). Sulla liturgia della cerimonia, Gentile 1993, p. 72.
Tav. IVa-b – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Parte superiore del “bastone del comando” (cat.
4), appartenuto a Benito Mussolini: vista di fronte (a) e di dietro (b). © MEF-BdI.
Tav. IVc – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Parte superiore del “bastone del comando”: vista
frontale (ingr.). Deposito “Medagliere Mussolini”, inv. 22=cat.4. © MEF-BdI.
Tav. IVd – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’I-
talia. Parte superiore del “bastone del comando” (cat. 4): vista posteriore (ingr.). © MEF-BdI.
Tav. IVe – Il “bastone del comando” offerto a Benito Mussolini, dettaglio della parte superiore. Da Bastone del
comando 1929. Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia | Museo del Risorgimento). Su
gentile concessione. © MRM.
Tav. IVf – Il “bastone del comando” offerto a Benito Mussolini, completo di base. Da Bastone del comando 1929.
Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia | Museo del Risorgimento). Su gentile conces-
sione. © MRM.
5. M
edaglia commemorativa del venticinquennio di fondazione della Regia Accade-
mia Navale, s.d. [1930 ?]
inv. 15; bronzo dorato; g 7, 96; mm 26
Motivazione: Mussolini aveva ricevuto gli accademisti di Livorno a Palazzo Venezia nel 1928. Du-
rante un viaggio in Toscana compiuto nel maggio del 1930, visitò l’Accademia Navale di Livorno,
rivolgendosi ai giovani allievi. Questa medaglia, che Mussolini conservò nel suo medagliere “sto-
rico”, fu con ogni probabilità coniata per commemorare quella visita. Il tipo al dritto è la fedele
replica al dritto di quella coniata nel 1906 e dedicata al re: v. infra, Appendice documentaria, V.
Documentazione: “Il 10 maggio 1930, alle 21.30, Mussolini aveva lasciato Grosseto in treno di-
retto a Livorno. L’11 maggio, alle 9, arriva a Livorno. Verso le 10, visita l’Accademia navale, dove
pronuncia le parole qui riportate. (Da Il Popolo d’Italia, Nn. 112, 113, 11, 13, maggio 1930, XVII).
Il 6 novembre 1906, ricorrendo il 25° compleanno della fondazione dell’Accademia, S.M. il Re
Vittorio Emanuele III si degnava consegnare personalmente la Bandiera nazionale alla Brigata al-
lievi, pronunciando le seguenti parole: “Alla Regia Accademia Navale, che in venticinque anni di
vita ha dato tanti distinti ufficiali all’Armata, con vivo compiacimento consegno personalmente
questa Bandiera. A voi, o giovani, l’affido. In essa inspiratevi a quegli alti ideali di valore e virtù,
che ci diedero una Patria grande ed unita, alti ideali che, sono certo, vi accompagneranno nella
carriera a maggior gloria della Marina Italiana”: v. “Annuario Navale” 1906, p. 455. Agli Allievi
dell’Accademia Navale di Livorno: “Giovani allievi! Compite sempre il vostro dovere, nelle piccole
come nelle grandi occasioni della vita, con la massima decisione, con assoluta semplicità! Questa
è la norma che vi deve sempre guidare! (Un alto grido guerriero Chiude la suggestiva cerimonia:
«Viva il re/»)”.
Bibl.: Sul discorso di Mussolini per l’anniversario dell’istituzione della Regia Accademia Navale, v. Mussolini, Opera om-
nia, vol. XXIV, p. 226. Sull’Accademia Navale di Livorno, v. di recente De Ninno 2017.
Tav. V – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Medaglia in bronzo per la Regia Accademia Navale
di Livorno, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 5). © MEF-BdI.
Regno di Spagna
Reale e Distinto Ordine Spagnolo di Carlo III
[1923]
6. R
egno di Spagna. Reale e Distinto Ordine Spagnolo di Carlo III. Placca da com-
mendatore di Numero, di cui rimangono i due ovali del dritto e del rovescio:
b) O
vale con monogramma di Carlo III circondato da cerchio in smalto bianco con l’iscri-
zione e caratteri dorati: “VIRTUTI ET MERITO”
inv. 18, metallo dorato e smalti, mm 16 x 19, g 3.00
Istituzione: Ordine fondato da Carlo III il 19 settembre 1771 e riformato da Carlo IV nel 1804. Gli
stranieri erano tenuti a giurare all’atto del conferimento di “vivere e morire nella santa religione
cattolica, di difendere il mistero della Immacolata Concezione, e di riconoscere la regina sovrana
dell’Ordine”.
Grado: Commendatore di Numero del Reale e Distinto Ordine Spagnolo di Carlo III.
Data conferimento: Tra la visita di Alfonso XIII a V.E. III nel 1923 e la stipula del Trattato del 1926 (?).
Motivazione: Per la stipula del Trattato di amicizia, di neutralità e di conciliazione valevole dieci
anni.
Documentazione: “Il 7 corrente è stato firmato a Madrid da S.E. il R. Ambasciatore marchese Pa-
olucci de’ Calboli per l’Italia e da S.E. il Ministro degli affari esteri Yanguas Messia per la Spagna
un trattato di amicizia, conciliazione e regolamento giudiziario tra i due Paesi”: v. infra, Appen-
dice documentaria, VI.
Bibl.: cfr. Barac, IV, p. 1672, n. 705. Sul grado di Commendatore dell’Ordine, cfr. Virtuti et Merito 2016, p. 253.
a)
© MEF
0
b)
Tav. VI – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Distintivi della placca di Commendatore di Numero
del Reale e Distinto Ordine Spagnolo di Carlo III, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 6). © MEF-BdI.
Impero di Persia
Ordine del Leone e del Sole – Aqdas
1925
7. I mpero di Persia. Ordine del Leone e del Sole, Stella di I classe – Aqdas (la più
sacra).
Formata da un medaglione centrale raffigurante un leone con spada e sole nascente,
incastonato all’interno di una stella a dodici raggi, sormontata dalla corona Kiani (Tadj-
e Kian) e interamente decorata da brillanti
inv. 2; argento; brillantini; g 128.30; mm 88 (largh.max) x mm 42 (largh.min.) x mm 53 (h)
Istituzione: 1870. Alle più antiche decorazioni dell’Ordine del Leone e del Sole, fondato nel 1808
da Baba Kahn come riconoscimento per gli ufficiali francesi inviati da Napoleone, Nasser-ed-Din
Shah ne aggiunse nel 1861 altre tre: l’Aqdas, il Qodseh o Qods e il Moqaddas.
Grado: Prima classe militare Aqdas, il più alto grado, riservato allo Scià e ai sovrani stranieri.
Conferimento: Una fonte fa riferimento ad una onorificenza persiana con brillanti conferita a
Mussolini nel 1925, che viene definita Qodseh o Qods, cioè di II grado. Tuttavia, le caratteristiche
dell’onorificenza conservata nel “medagliere” fanno ritenere che si tratti piuttosto della I classe-
Aqdas, riservata alla famiglia reale e ai sovrani stranieri: “S.E. Abelghassem Khan Amid preceden-
temente Sottosegretario di Stato del Ministero degli Esteri a Teheran è giunto a Roma come invia-
to straordinario e ministro plenipotenziario della Persia in Italia. Ieri ha visitato S.E. Mussolini e
gli ha consegnato personalmente le insegne dell’ordine Ghods in brillanti, distinzione della Persia
solitamente riservata ai Principi della Famiglia Reale” (da “Il Legionario. Organo dei fasci italiani
all’estero e nelle colonie”, a. II, 18 luglio, n. 29, 1925, p. 3).
Motivazione: Conferito a Benito Mussolini come Capo del Governo Italiano per la definizione
degli accordi commerciali e per i Trattati di amicizia tra l’Italia e la Persia stipulati nel 1925: v. v.
infra, Appendice documentaria, VII.
Bibl.: Barac, III, p. 1059, n. 76. Sull’Ordine, A. A. Piemontese, The Statutes of the Qājār Orders of Knighthood, “East and
West”, vol. 19, no. 3/4, 1969, pp. 431-473.
Tav. VII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Decorazione dell’Ordine del Leone e del Sole, I
classe – Aqdas, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 7). © MEF-BdI.
Siam
Ordine dell’Elefante Bianco
1926
8a-b. Siam. Ordine dell’Elefante Bianco, Gran Croce – Distintivo di Classe Speciale.
Elementi di decorazione consistenti in:
8b) M
edaglione centrale raffigurante iscrizione entro contorno a forma di petali rossi e
verdi
inv. 13 metallo bianco e dorato, smalto rosso e verde
Motivazione: Conferita con tutta probabilità in occasione della firma del Trattato tra Italia e Siam,
nel 1926.
Documentazione: n.r.
Tav. VIII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Elementi della Gran Croce – Distintivo di Classe
Speciale dell’Ordine dell’Elefante Bianco, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 8 a-b). © MEF-BdI.
Repubblica Lituania
di
Ordine della Croce di Vytis
1927
9. R
epubblica di Lituania. Ordine della Croce di Vytis, distintivo o placca di prima
classe.
Parte di decorazione
inv. 20; mm 23x37, g 5.28; metallo, metallo dorato, smalto rosso
Distintivo centrale raffigurante un cavaliere, con scudo e spada, al galoppo verso sinistra
sovrapposto a due spade incrociate
Documentazione: “Dopo la cerimonia della firma il sig. Valdemaras, Presidente del Consiglio dei
Ministri e Ministro degli Affari Esteri di Lituania, consegnava all’on. Mussolini le insegne dell’alto
Ordine militare dei Cavalieri di Lituania”. V. Appendice documentaria, VII.
Bibl.: cfr. Barac, III, p. 1192, 26-27. Sul conferimento, Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, p. 355; “Rassegna sett. Stampa
Estera”, a. 2, vol. III, 1927, p. 2646.
Tav. IX – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Decorazione dell’Ordine della Croce di Vytis, prima
classe, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 9). © MEF-BdI.
Regno d’Albania
Ordine della Besa o della Fedeltà
[1926]
10. R
egno d’Albania. Ordine della Besa o della Fedeltà (periodo di Ahmed Zogu,
1926-1939). Gran Croce con placca
inv. 6; argento dorato, brillantini; smalto nero; g 128,72; mm 62 x mm 98
La placca è formata da una stella raggiante che recava al centro un aquila bicefala in
smalto nero, caricata da due spade incrociate e scritta BE – SA e circondata da cerchio di
aquile bicefali decorate con brillantini, sormontate da altre sei di identica fattura
Motivazione: Conferita da re Zogu di Albania dopo il Trattato di Tirana del 1926 (?).
Tav. X – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Gran Croce con placca dell’Ordine della Besa o della
Fedeltà, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 10). © MEF-BdI.
Regno d’Albania
Ordine di Skanderberg
1928
Istituzione: Istituito nel 1925 da Ahmet Lekë Bej Zog, futuro re Zog I.
Motivazione: Conferito da re Zog I di Albania al re Vittorio Emanuele III e al capo del Governo
Benito Mussolini «Nel momento in cui il mio popolo mi proclama re degli albanesi, sono lieto di
manifestare a V. E. quanto io e la nazione albanese apprezziamo il costante appoggio che il regio
Governo italiano ha voluto darci; in modo particolare il riconoscimento immediato del regime
monarchico di Albania. Io conto sulla fraterna collaborazione tra i due Governi alleati come ele-
mento fondamentale per la politica e per l’opera del mio regno, che intende promuovere ed acce-
lerare in tutti i campi il progresso della nazione. Con l’espressione della mia immutabile amicizia.
Zogu I, re degli albanesi». (Da Il Popolo d’Italia, N. 210, 4 settembre 1928, XV).
Documentazione: Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, n. 259, 7, 5426: “Sua Maestà ha ricevuto
oggi alle ore ore 10.20, in udienza solenne, Sua Eccellenza il Signor Ekrem Bey Libohova, Ministro
della Real Casa d’Albania, per la consegna del Gran Collare dell’Ordine Albanese al nostro Sovra-
no”. Il collare venne conferito anche “al Capo del Governo, Primo Ministro, Benito Mussolini” (da
“Il Giornale di politica e letteratura” 1929, p. 143). V. Appendice documentaria, IX.
Bibl.: Barac, I, p. 25, n. 29. Sul conferimento, “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia”, n. 259, 7, 5426; “Il Giornale di
politica e letteratura” 1929, p. 143. Sullo scambio di messaggi tra Mussolini e re Zog di Albania in occasione della pro-
clamazione a re di quest’ultimo, v. Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, p. 338.
a.
0
b.
Tav. XIa-d – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Gran Collare dell’Albania (cat. 11a) e pendente
dell’Ordine di Skanderberg, appartenuto a Benito Mussolini (cat. 11a-b). © MEF-BdI.
Tav. XIc – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Gran Collare dell’Albania: pendente raffigurante
aquila bicipite (cat. 11b). © MEF-BdI.
Tav. XId – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Gran Collare dell’Albania: pendente raffigurante
aquila bicipite (cat. 11b). Deposito “Medagliere Mussolini”, inv. 7. © MEF-BdI.
Repubblica d’Austria
Decorazione d’onore per merito della Repubblica
1930
12. R
epubblica d’Austria. Ordine al merito della Repubblica. Gran Croce di Prima
Classe con aquila.
Croce smaltata di rosso con al centro aquila bicipite caricata con stemma austriaco
inv. 11; oro e smalto rosso, nero e bianco; mm 48 x mm 51; g 44, 27
Istituzione: 4.11.1922.
Data conferimento: Conferita dal cancelliere austriaco Schober nel febbraio 1930.
Motivazione: Firma del trattato di amicizia, conciliazione regolamento tra Italia e Austria.
Documentazione: Durante la sua visita a Roma il Cancelliere austriaco Schober “portò seco ono-
rificenze per Mussolini” e scambiò con lui “brindisi e ordini cavallereschi” (da “Rassegna settima-
nale della stampa estera”, a.V, vol. I, 1930, pp. 394, 459). Sul trattato, v. infra, Appendice docu-
mentaria, X.
Tav. XII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Ordine al merito della Repubblica, Gran Croce di
Prima Classe con aquila, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 12). © MEF-BdI.
Repubblica D’Austria
Decorazione d’onore per merito della Repubblica
1930
13. Repubblica d’Austria. Decorazione d’onore per merito della Repubblica. Gran
Croce di Prima Classe con aquila.
Placca da petto in oro a forma raggiante con aquila bicipite in oro smaltata, caricata da
stemma austriaco e circondata da nove stemmi regionali (da d.: Boemia, Illiria, Transilva-
nia, Moravia e Slesia, Carinzia e Carniola, Tirolo, Stiria, Salisburghese, Austria Inferiore,
Galizia, Ungheria)
inv. 12; oro e smalto di vari colori; g 17, 70; mm 45x 44
Istituzione: 4.11.1922.
Motivazione: Firma del Trattato di amicizia, conciliazione e regolamento giudiziario tra l’Italia e
la Repubblica d’Austria.
Tav. XIII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Decorazione della prima Repubblica d’Austria
appartenuta a Benito Mussolini (cat. 13). © MEF-BdI.
14. Regno del Belgio. Ordine di Leopoldo del Belgio. Croce di Commendatore.
Grado: Commendatore.
Motivazione: Ignota.
Documentazione: Regio D. 24 giugno 1929. Regio Decreto della Dichiarazione firmata in Bruxel-
les, fra l’Italia ed il Belgio, il 28 gennaio 1929, concernente la modificazione dell’art. 2°, 3° della
Convenzione della estradizione italo-belga del 15 gennaio 1875. Nel 1930 saranno celebrate le
nozze tra Maria José figlia del re del Belgio Alberto e Umberto principe di Piemonte, figlio del re
Vittorio Emanuele III. v. infra, Appendice documentaria, XIV.
Bibl.: Barac, I, p. 150, nn 194 (con spade incrociate) – 195 (con ancore incrociate).
Tav. XIV – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Ordine di Leopoldo del Belgio, Croce di Commen-
datore, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 14). © MEF.
Regno di Norvegia
Ordine di Sant’Olav
[1930 ?]
15. R
egno di Norvegia. Ordine di Sant’Olaf. Medaglione della Gran Croce di Prima
Classe.
inv. 17, argento con parti in oro e smalti, spilla al rovescio; mm 16, g 1.65
ll disco centrale è smaltato di rosso col leone norvegese in oro con un’ascia da battaglia,
mentre sul retro si trova il motto di Re Olav “Ret og Sandhed” (“Giustizia e verità”). En-
trambi i dischi sono attorniati da un anello smaltato di bianco e di blu
Motivazione: Accordo italo-norvegese concluso il 31 luglio 1930 tra il R. Ministero degli A.E. e la
Legazione di Norvegia.
Tav. XV – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Gran Croce dell’Ordine di Sant’Olaf (medaglione),
appartenuto a Benito Mussolini (cat. 15). © MEF-BdI.
Repubblica di Bulgaria
Ordine dei Santi Cirillo e Metodio
[1930 ?]
16. R
epubblica di Bulgaria. Ordine di San Cirillo e Metodio. Gran Collare: meda-
glione centrale.
Il medaglione centrale raffigura i santi Cirillo e Metodio, nimbati, con libro e croce greca
sollevata, a tre quarti di figura circondati da anello dorato con iscrizione – EX ORIENTE
LUX – e stella tra due elementi decorativi a volute. Il medaglione era parte centrale della
medaglia “costituita da una croce greca plurilobata smaltata di bianco e bordata d’oro,
avente all’incavo delle braccia delle fiamme smaltate di rosso, caricate di un giglio d’oro”
inv. 25; metallo dorato e smalto; g 3,53; mm 22
Conferimento: Fu conferita a Benito Mussolini “dal Gran Maresciallo di Corte di re Boris III di Bul-
garia”, in data ignota, probabilmente dopo il 1925, forse in occasione delle nozze con Giovanna
di Savoia, figlia del re Vittorio Emanuele III, celebrate a Roma il 24 ottobre 1930.
Bibl.: cfr. Barac, I, p. 222, nn. 336-337. Sul conferimento, Navarra 1983, p. 80.
Tav. XVI – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Ordine di San Cirillo e Metodio. Gran Collare:
medaglione centrale, appartenuto a Benito Mussolini (cat. 16). © MEF-BdI.
Repubblica Cubana
Ordine nazionale al merito Carlos Manuel De Cespedes
1933
17. R
epubblica Cubana. Ordine nazionale al merito Carlos Manuel de Cespedes:
distintivo di prima classe
Grado: Grande Ufficiale (?). Si tratta di uno dei gradi più elevati della massima onorificenza cuba-
na di quell’epoca, dedicata al primo Presidente della Repubblica Cubana (1818-1874) e riservata
alle alte gerarchie nazionali ed estere.
Conferimento: Consegnato nel 1933 a Palazzo Venezia al Capo del Governo Benito Mussolini da
José Alberto Izquierdo y Oribuelo, Ministro di Cuba. Con ogni probabilità, in quella stessa oc-
casione il ministro cubano portò una seconda onorificenza, altrettanto prestigiosa ma di grado
meno elevato, ma che evidentemente Mussolini aveva gradito di più e scelto di selezionare per la
sua raccolta più “ristretta”. Questa onorificenza, presente nel “medagliere” non può però essere
identificata con la Gran Croce, il grado più elevato dell’Ordine riservato ai capi di Stato esteri per
particolari meriti acquisiti nei confronti della Repubblica. Quest’ultima, comunque, oltre che dal
re Vittorio Emanuele III, fu ricevuta nel 1933 anche da Mussolini, com’è documentato dalla cro-
naca e dal commesso Navarra che la inserisce nel noto elenco delle onorificenze conservate nel
“museo” della Rocca delle Caminate. (Navarra 1983, p. 58).
Motivazione: In seguito alle relazioni tra Italia e Cuba che avevano condotto agli accordi stipulati
tra il 1930 e il 1932.
Documentazione: “Il dott. José Alberto Izuvierdo Y Oribucia, Ministro di Cuba, ha assegnato a S.E.
il Capo del Governo, a Palazzo Venezia, la Grande Croce dell’Ordine Nazionale al Merito ‘Carlos
Manuel de Cespedes’” (da “Annali del Fascismo” III, 1933, p. 25).
Bibl: Barac, I, p. 330, n. 56. Sulla Gran Croce, v. Navarra 1983, p. 80. Sul conferimento, “Annali del fascismo”, 1933, p. 25;
“Rassegna settimanale della stampa estera”, 1928, p. 2772. L’onorificenza era stata consegnata, nel 1933, anche a Vittorio
Emanuele III: si veda Il Re d’Italia insignito della più alta onorificenza cubana, “Orizzonti. Rivista mensile illustrata”,
a. V, 1935-1937, p. 29.
Tav. XVII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Ordine nazionale al merito Carlos Manuel de
Cespedes: distintivo di prima classe (cat. 17) appartenuto a Benito Mussolini. © MEF-BdI.
18. Repubblica del Venezuela. Ordine del Busto di Simone Bolivar o Ordine del Li-
beratore del Venezuela. Insegna di Gran Croce con placca.
La placca è formata da una stella raggiante a 16 raggi alternati a 12 raggi più piccoli, che
racchiude una medaglia raffigurante al diritto il ritratto del generale Bolívar, circondato
da anello smaltato di blu con iscrizione “SIMON BOLIVAR” e due rami di ulivo incrociati,
e al rovescio le armi del Venezuela
inv. 5; argento dorato, smalti; Inv. 5, mm 39 x mm 46 (h); g 12, 06
Documentazione: “Bollettino del R. Ministero degli Affari Esteri” 1934, pp. 465-468. Sulle celebra-
zioni del 1° centenario della morte di Simon Bolivar in Italia, v. infra, Appendice documentaria,
XI.
Tav. XVIII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Ordine del Busto di Simone Bolivar o Ordine del
Liberatore del Venezuela. Insegna di Gran Croce con placca (cat. 18), appartenuto a Benito Mussolini. © MEF-BdI.
Nepal
Ordine della Stella del Nepal
1934
19a –b. Nepal. Il più rifulgente Ordine della Stella del Nepal: stella di I classe (?)
19a. M
edaglione centrale con stella di David entro cerchio rosso caricato da tridente, su
sfondo di cime nevose e alberi
inv. 8; argento dorato (?); peso g 15,50; mm 40 x mm 40
19b. Placca con stella di David entro cerchio rosso su sfondo di cime nevose e alberi
inv. 16; argento dorato (?); g 7,07; mm 33 x mm 33
Istituzione: 19.11.1918.
Motivazione: “Il 17 luglio S.E. il Capo del Governo ha ricevuto S.E. il Principe Generale Bahadur,
capo della Missione Speciale del Nepal, venuta in Italia per rimettere a S.M. il Re e a S.E. Mussolini
le più alte decorazioni del Nepal. Nel presentare al Duce le insegne dell’Ordine della Stella del
Nepal, il generale Bahadur ha espresso la sua soddisfazione nel constatare la cordialità dei legami
di amicizia che esistono tra l’Italia e il suo Paese. Il Capo del Governo ha risposto manifestando
il suo compiacimento per la decorazione che S. A. il Mahrajà ha voluto fargli pervenire a mezzo
dello stesso suo Figlio”.
Documentazione: L’onorificenza venne conferita a Mussolini dal generale Bahadur, figlio del
Maraja del Nepal, capo della missione speciale del Nepal il 17 luglio 1934. L’arrivo del principe
in Italia è documentato con ampio risalto attraverso i cinegiornali e la cronaca dell’avvenimento
viene registrata dal Regio Ministero degli Affari Esteri sul proprio Bollettino.
a.
5
© MEF
0
b.
Tav. XIX a-b – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Il più rifulgente Ordine della Stella del Nepal:
elementi di stella di I classe (cat.19a-b), appartenuta a Benito Mussolini. © MEF-BdI.
Terzo Reich
Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila Tedesca
1937
20. Terzo Reich (1933-1945). Ordine dell’Aquila Tedesca. Gran Croce con brillanti.
inv. 6; oro, smalto, brillanti; Peso g 109, 46; mm 89 x mm 89
Istituzione: 1.5.1937. Fondato dal Cancelliere del Terzo Reich Adolf Hitler nel 1937.
Data conferimento: Conferita al Capo del Governo Italiano Benito Mussolini dal cancelliere del
Terzo Reich Adolf Hitler il 25 settembre 1937, a Monaco, nel palazzo del Principe Carlo, “Durante
la visita fatta al Führer nella sua abitazione privata il Duce lo ha nominato caporale d’onore della
Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale conferendogli le insegne con la seguente motivazio-
ne: “ Condottiero del popolo tedesco, ha dato alla Germania la fede della sua nuova grandezza
(...)”. In occasione della visita che ha restituito nel Palazzo del Principe Carlo al Capo del Governo
Italiano il Führer ha rimesso al Duce le insegne di Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila Tedesca, di
cui Benito Mussolini è il primo titolare. Hitler ha inoltre conferito al Duce lo scudetto d’oro del
partito nazionalsocialista, distintivo che era sinora riservato al solo Führer del partito nazionalso-
cialista”. Il corrispondente del Times da Berlino aggiungeva che il Führer ne riportava le motiva-
zioni e aggiungeva che “la decorazione tedesca in oro e brillanti non sarà ripetuta in futuro per
nessun altro” (da: “Rassegna settimanale della stampa estera”, a.12, IV, 1937, p. 1091).
Documentazione: Sul viaggio di Mussolini in Germania nel 1937, v. infra, Appendice documen-
taria, XII.
Bibl.: cfr. Barac, III, p. 939. Sul conferimento dell’onorificenza, “Relazioni Internazionali”, a. III, n. I, 1937, p. 728.
Tav. XX – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila tedesca
(cat.20), appartenuta a Benito Mussolini. © MEF-BdI.
21. Placchetta in osso con dedica incisa a Rachele Mussolini, recante su un lato PNF/
aquila (?)/AN:XVI e sull’altro A DONNA/RACHELE/MUSSOLINI/1938/AN:XVI
inv. 19 mm 26x30 g 1.65
23a-b. Due “bottoni” in pietra rossa (corniola?) di formato diverso, decorati con globetti
e volute
inv. 23 a-b mm 22 e mm 27
21 a. 21 b. 22 a. 22 b.
5
© MEF
0
23 a-b. 24-25.
Tav. XXI – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Oggetti appartenuti a Rachele Mussolini (cat. 21-25).
© MEF-BdI.
26.
© MEF
0
27.
Tav. XXII – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Oggetti appartenuti, forse, ad Arnaldo Mussolini
(cat. 26-27). © MEF-BdI.
NOTE
1
Per i verbali dell’elenco v. supra, Il deposito “Medagliere Mussolini” in Banca d’Italia. 1945-2023, note
20-23.
2
Per le decorazioni il cui conferimento non sembra documentato, si è tentato di collegarlo, in via ipoteti-
ca, ad un possibile evento storico o istituzionale, che lo potesse datare. Per l’unica medaglia presente nel
“medagliere” sprovvista di data, ossia la medaglia dell’Accademia Navale di Livorno (cat. 5), la datazione
proposta è quella della visita di Mussolini a Livorno nel 1930.
3
Al 1937 risale l’ultimo conferimento che è possibile documentare con sicurezza, quello della Gran Croce
dell’Ordine dell’Aquila Tedesca, appositamente creato da Hitler per Mussolini (cat. 20).
Un giovane Mussolini al fronte testimonia il ruolo delle medaglie al valore, la cui con-
quista domina la dura vita di trincea e gli ambienti del comando1 ( fig. 1-4). Medaglie al valore
riflesso di gloria e di vanità, medaglie al merito che motivano sacrifici e slanci di eroismo,
medaglie come miraggio riflesso di privazioni e sacrifici. E in assenza di medaglie militari, si
usano le medagliette religiose come “mascotte” sacra, o qualsiasi altro materiale metallico che
possa fungere per ritenersi al riparo dai colpi nemici2:
Una medaglia può sublimare gli atti di eroismo di un soldato al fronte, specie se confe-
rita dal Re3. L’esperienza delle medaglie conquistate al fronte raccontata da Mussolini nei suoi
diari di guerra, bollata da Gaetano Salvemini come “eroica saga”4, fu esaltata dalla propagan-
da di regime e rilanciata dalla stampa estera:
Ora avvenne che un semplice soldato, ferito nelle trincee, ebbe a vedere per la prima volta,
nell’ospedale, il Re, che di sua propria mano posò sul petto del ferito la medaglia del valore.
Quel soldato era Mussolini”5.
Pochi anni prima di assumere la carica di capo del Governo, Mussolini distingueva due
grandi categorie contrapposte di decorati: le “medaglie” e i “medagliettati”. I primi si identi-
ficavano con coloro che le medaglie al valore militare le avevano conquistate meritatamente
in guerra grazie al loro eroismo e alla loro dedizione estrema alla Patria6. Per questi uomini,
soldati o reduci, la medaglia costituiva l’appellativo che precedeva nome e cognome, divenen-
do parte integrante o addirittura sostitutiva della loro identità7.
I secondi, i “medagliettati”, erano coloro che, specie in politica, usavano medaglie e
decorazioni non come fine ma come mezzo per garantirsi la propria immunità, e sentirsi al
riparo da ogni attacco legale, politico e sociale8. Il disprezzo verso questa seconda categoria
si manifesta sin dai suoi primi esordi nella politica.
Nel 1913 denuncia la latitanza e l’indifferenza del presidente del Consiglio Giolitti nei
confronti delle legittime istanze rivoluzionarie, critica la sua politica coloniale (tav. I), sminu-
isce le medaglie come segno meramente esteriore e quelli che le ostentano9:
Tav. I – Medaglia dell’Ordine Coloniale della Stella d’Italia, istituita il 18 gennaio 1914 da Vittorio Emanuele III.
Collezione privata.
Fig. 2 – Prima guerra mondiale. Scene di guerra sul Carso. La lettera a casa. 1916-1917. © ACS.
Fig. 3 – Prima guerra mondiale. Scene di guerra sul Carso. L’amico ferito. 1916-1917. © ACS.
Tav. III – Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915-1918, “coniata nel bronzo nemico”, istituita
con regio decreto del 29 luglio 1920. Collezione privata.
Tav. IV – Regio decreto 1923, ottobre 7, n. 2180, che istituisce la medaglia di benemerenza per i volontari della guerra
Italo-Austriaca 1915-1918. © ACS.
Con la presa del potere, ad un anno dall’incarico di Presidente del Consiglio, Mussolini
ribadirà il suo rapporto privilegiato con le decorazioni al valor militare. Il 12 marzo 1923 in
occasione della riunione del Partito Nazionale Fascista Mussolini riceverà in dono dall’Asso-
ciazione Nazionalista “il medagliere della grande guerra, che consta di venti medaglie incise
dall’artista fiorentino Mario Nelli, racchiuso in un cofano che ha al centro una targa recante la
seguente epigrafe dettata da Carlo Delacroix: A Benito Mussolini, fabbro di destini e di ani-
me, queste immagini di guerra e di vittoria, battute nel bronzo nemico. Memoria, promessa,
speranza, di tutti i soldati fedeli al sacrificio comune” 12.
Mussolini inizia molto presto ad incarnare il modello ideale di decorato al valor milita-
re, attraverso la formalizzazione di una liturgia pubblica che lo vedrà protagonista assoluto,
con l’esibizione, in prima fila e in bella mostra, delle medaglie al valor militare conquistate
in guerra13 (tav. II; figg. 1).
Durante la riunione del Consiglio dei Ministri del 1 gennaio 1923, il generale Diaz,
“duca della Vittoria”, sancirà il processo di eroizzazione del combattente Mussolini (fig. 7),
conferendogli le insegne e i diplomi della Croce al merito di guerra (tav. II) e la medaglia
commemorativa della campagna di guerra (tav. III)14:
“Non è come ministro della Guerra che io mi rivolgo al Presidente del Consiglio, ma come capo
dello Stato Maggiore dell’Esercito che ho avuto la fortuna di chiudere gloriosamente la guerra.
Mi rivolgo a lei come combattente. Tra le fortune che mi sono toccate nell’assumere il dicastero
della Guerra, voglio annoverare quella di decorare V.E. della Croce al merito di guerra della
medaglia commemorativa della campagna. Ne sono fiero come esponente dell’Esercito, ne sono
fiero rievocando i nostri morti, che qui ringraziano V.E. per l’opera che fa per l’Italia. Nel nome
dei nostri morti, nel nome dell’Esercito vittorioso, io decoro Benito Mussolini della Croce di
guerra e gli conferisco la medaglia della campagna di guerra”.
nale”15, mentre si prepara a rafforzare il ruolo della medaglia al valore intesa come segno del
martirio e simbolo di eroismo militare per la Patria16.
NOTE
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXXIV: Il mio diario di guerra (1915-1917), pp. 14, 24.
2
Mussolini, Opera omnia, vol. XXXIV: Il mio diario di guerra (1915-1917), p. 54.
3
Sulla medaglia al valore militare conferita a Mussolini dal generale Armando Diaz nel 1923, infra, nota 14.
4
Salvemini 1966, Opere, vol. II, p. 405,
5
“Rass. Sett. Stampa Est.” IV, 1928, p. 3183.
6
Pochi anni dopo, con l’assunzione dell’incarico di capo del Governo, Mussolini muterà radicalmente il suo
pensiero e diffonderà le sue immagini e i suoi messaggi proprio attraverso le medaglie, avendone compreso
l’enorme potenziale nella propaganda di regime e nella sua politica di radicale rinnovamento della società.
Si veda infra, Il sogno del duce e le medaglie per i “nuovi” italiani. 1922-1943.
7
Le medaglie al valor militare, che si identificaranno con i caduti in guerra e con i “martiri” della rivoluzione
fascista, riceveranno uno speciale risalto nelle esposizioni della Mostra della Rivoluzione Fascista a partire
dal 1937: v. infra, I simboli del martirio tra guerra e rivoluzione. Medaglie e onorificenze alla Mostra della
Rivoluzione Fascista. 1932-1942
8
Le onorificenze ebbero un ruolo di grande rilievo lungo tutto il ventennio fascista: si veda ad es. la docu-
mentazione conservata all’Archivio Centrale dello Stato, relativa alle richieste di onorificenze tra il 1942 e il
1943, gestite dalla Segreteria Particolare del Duce. Sui privilegi connessi al Collare dell’Annunziata, anche
in relazione alle vicende del 25 luglio 1943, si veda ACS, SPD, CO, RSI, b. 134, fasc. 4, Onorificenze.
9
Mussolini, Il latitante, Opera omnia, vol. V, p. 112.
10
Mussolini, Opera omnia, vol. XVI, p. 64.
11
Mussolini, Opera omnia, vol. VIII, p. 106.
12
Mussolini, Opera omnia, vol. XVIII, p. 170.
13
Per la rappresentazione del “medagliere” in pubblico, v. infra, Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-
1943.
14
Mussolini, Opera omnia, vol. XVIII, p. 83.
15
Mussolini, Opera omnia, vol. XX, p. 370.
16
Si veda infra, Il sogno del duce e le medaglie per i “nuovi” italiani. 1922-1943.
“Negli anni di Palazzo Chigi servivo un Mussolini ancora borghese. Non indossava di-
vise e si sforzava di non perdere quei diritti e quelle caratteristiche di “uomo comune” che
poi il destino e la megalomania dovevano negargli per sempre”1. Quinto Navarra, storico
commesso di Mussolini, tratteggia la sobrietà del suo abbigliamento, che ci viene confermata
dalle immagini che lo ritraggono spiegazzato e impacciato1.
Nei primi tempi dell’incarico a palazzo Chigi, dal 1922 al 1924, viene accudito dal came-
riere Cirillo Tambara, che ci fornisce la prima descrizione del suo medagliere di quegli anni,
sistemato in una camera dell’appartamento di Palazzo Tittoni, a via Rasella, in cui Mussolini
aveva scelto di andare ad abitare e dove rimase sino al 19292:
C’era mi ricordo, un ingresso, una cameretta per me, un salone, altre quattro stanze, una terrazza
e i servizi. Una di quelle camere Mussolini la chiamava “la camera del fumo”: era piena di onori-
ficenze e delle insegne di ordini vari che il duce portava a casa, quando glieli consegnavano più
o meno solennemente. Non dava, come si vede, importanza a quelle vanità.
Con il tempo e con i giusti consigli, Mussolini saprà costruire un’immagine più bril-
lante e consona alla sua posizione, al potere e al prestigio ricoperto nella vita del Paese e
sul piano internazionale3. Questa metamorfosi, con cui egli intende costruire una nuova im-
magine pubblica più adeguata attraverso il suo abbigliamento, sostenuta dal suo ambizioso
programma, inizia a manifestarsi con la crescente conquista del consenso e con l’impiego
della propaganda di regime su larga scala4. Le immagini che vengono diffuse ritraggono un
Mussolini più disinvolto nell’indossare le divise e le uniformi di alta rappresentanza per le
speciali occasioni5 (figg. 3-6).
Medaglie e onorificenze nazionali, militari e civili, selezionate parcamente e attenta-
mente per il loro valore simbolico all’interno del suo vasto medagliere, impreziosiscono le
divise e vengono messe in particolare risalto nelle pose fotografiche delle occasioni speciali6.
Le immagini ufficiali documentano che Mussolini ostenta d’abitudine, nelle cerimonie o nei
ricevimenti speciali, la fila delle medaglie al valore militare della Grande Guerra7, appese con
relativo nastrino, le massime onorificenze di Casa Savoia che il Re gli ha conferito: il collare
dell’Annunziata, piccolo o grande a seconda delle occasioni, la placca sempre dell’Ordine
della SS. Annunziata e la Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro8 (fig.3).
Nelle cerimonie pubbliche presenziate dal Re, l’abbigliamento di Mussolini appare più
sobrio e sulla divisa si limita ad esibire la solita fila di medaglie della Grande Guerra9. Nelle
udienze private il suo stile si trasforma e si adegua al cospetto del Re, in ragione dell’atteg-
giamento deferente e modesto che egli è solito mostrare nei confronti del Sovrano10 (fig. 1).
Mussolini veste in quelle occasioni un semplice abito borghese e dimesso, un’abitudine
conservata sino a quell’ultima udienza del 25 luglio 1943, in cui egli verrà arrestato a Villa
Savoia, come testimonia il suo commesso Quinto Navarra11:
Fig. 1 – Benito Mussolini incontra Vittorio Emanuele III. Fotografia esposta alla Mostra della Rivoluzione Fascista del
1937. © ACS.
Fig. 3 – Benito Mussolini al Vaticano per lo scambio delle ratifiche degli Accordi Lateranensi. © ACS.
Fig. 4 – Benito Mussolini riceve a Villa Torlonia la missione yemenita guidata dal principe Seif el Mohamed Ben Jahia. © ACS.
giovedì mattina. E fu proprio questo secondo Mussolini a perdere il primo. Se quella domenica
del 25 luglio il Mussolini costituzionale non fosse andato, modestamente come sempre, da Vitto-
rio Emanuele per riferire sull’ultimo Gran Consiglio, e avesse agito come il Mussolini anticosti-
tuzionale, probabilmente i fatti si sarebbero svolti diversamente. Una mattina in cui ero andato
con la macchina a prendere il duce per accompagnarlo al Quirinale, ardii chiedergli perchè non
lo vedessi mai andare dal re in divisa. “Sono andato da lui la prima volta in borghese. Continuerà
a vedermi vestito così” mi rispose. Proprio in quei giorni, aveva applicato una doppia greca di
maresciallo al suo berretto.
Dandomi quella risposta, era stato sincero. Anche il pomeriggio della domenica del 25 luglio
1943, Mussolini andò in borghese da Vittorio Emanuele; quando questi lo fece arrestare, il duce
indossava un abito borghese, di tessuto autarchico, e una lobbia grigia.
Mussolini, pur dotato di una certa vanità, fu noncurante del “dress code”, degli abiti
e incline alla sciatteria, come confermato dalla moglie Rachele12. Col tempo, dedicherà una
crescente attenzione al suo guardaroba e alla sua immagine in pubblico (fig. 2), seguendo i
consigli di alcuni suoi collaboratori che tentarono di aiutarlo nell’arduo compito13:
Ridolfi, che viveva a villa Torlonia, aveva una grande influenza su di lui: era l’uomo che gli dava
consigli di eleganza, che esaminava com’era vestito quando andava a cerimonie e impegni uf-
ficiali. Mussolini, da questo lato, era un disastro. Capitava che dovesse, magari, andare dal re:
si metteva in tight, poi se ne scordava, montava a cavallo in quell’abito, scendeva con i calzoni
arrotolati e spiegazzati, un pianto. L’eleganza nel vestire fu un problema di cui non si occupò
mai. Non seppe mai, per esempio, se la sciarpa della divisa andasse portata da sinistra a destra
o viceversa, e non parliamo dell’esprit sul cappello. Gli fu maestro per per un certo periodo un
giovane funzionario del Ministero degli Esteri, Mario Pansa, che aveva fama di dandy (...).
In realtà si deve osservare che anche in questo campo Mussolini mostrò un atteggia-
mento contraddittorio, come testimoniato nella memorialistica del dopoguerra. Il commesso
Navarra riporterà la confidenza del duce a proposito della divisa appartenente all’Ordine del-
lo Speron d’oro: “Mi dispiace che non l’abbiano regalata a Starace...lo avrebbero fatto felice”
14
. Ma alla fine egli prese gusto ad occuparsi delle sue uniformi a tal punto che se ne faceva
confezionare una gran quantità per sè, arrivando ad indossarne sino a cinque al giorno per
le varie occasioni15.
Nonostante la sorvegliatissima costruzione di un nuovo pantheon simbolico con cui
il suo regime rinnoverà l’intero apparato iconografico della nazione, che progressivamente
affiancherà e che prenderà il sopravvento su quello sabaudo, Mussolini non si mostra appa-
rentemente interessato alle onorificenze, a quanto si apprende dai suoi discorsi16.
Egli ostenta una certa reticenza ad accettare titoli nobiliari e onorificenze, che nel 1913
aveva definito “chincaglierie”17, persino dal Re, che gli conferisce, sin dai primi anni del suo
governo, le massime onorificenze di Casa Savoia e il titolo di principe18.
Alle onorificenze conferite al capo del Governo Mussolini la propaganda di regime dedi-
ca invece ampio e puntuale risalto, come risulta dai comunicati diramati dall’Agenzia Stefani
e ripresi dai bollettini ministeriali e dalla stampa estera19.
La cronaca dell’attentato del 31 ottobre 1926 che ebbe luogo a Bologna riporterà
l’attenzione sull’importante onorificenza che Mussolini indossava quel giorno20: “Sul suo
petto, la fascia del Gran Cordone Mauriziano appariva forata e strappata dal proiettile.
Addosso al criminale attentatore, privo di documenti, si trovò una medaglia militare di
bronzo”.
Quella che compare nei ritratti pubblici diffusi dalla propaganda è solo una versione
attentamente selezionata all’interno del prestigioso medagliere, colmo dei più antichi e pre-
stigiosi riconoscimenti, frutto ed insieme riflesso tangibile della sua rapida ascesa al potere.
Mussolini, unanimente ritenuto “estremamente pignolo ed ordinato”21 lo conserva priva-
tamente a Villa Torlonia e forse, in seguito, alla Rocca delle Caminate1, dove sono conservati
altri doni curiosi ed esotici ed onorificenze di tutto il mondo, come la spada in oro dell’Islam
(fig. 7).
Fig. 5 – Benito Mussolini a cavallo, che esibisce, al collo, il collare dell’Ordine della SS. Annunziata in prima fila, le
medaglie al valore militare della prima guerra mondiale; in seconda fila, il collare, la placca dell’Ordine della SS.
Annunziata e la fascia con la Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. © ACS.
Fig. 6 – Benito Mussolini in divisa di caporale d’onore della M.V.S.N. © ACS.
Fig. 7 – Benito Mussolini in Libia alla cerimonia della consegna della spada dell’Islam. A sinistra, Italo Balbo. © ACS.
In quanto a onorificenze, a prescindere da quelle italiane, si può dire che a Mussolini vennero
conferite le più importanti decorazioni del mondo: dal gran maresciallo di corte re Boris le in-
segne dell’ordine di San Cirillo e Metodio. Dal colonnello Ekrem Bey Libokvaw, ministro della
real casa di Albania, il collare di Skypuija. Dal ministro di Svezia l’ordine dei Serafini. Da monsi-
gnor Borgongini Duca: l’insegna dell’ordine dello Speron d’oro, con relativa uniforme (…); dal
dottor José Alberto Izquiredo y Oribuelo ministro di Cuba, la gran croce dell’ordine nazionale
al merito Carlos Manuel de Cespedes. Dal ministro cinese Liu Yoo Tao: la gran croce dell’ordine
della Giada, la più alta onorificenza cinese. Dal generale Bahadur, capo della missione speciale
del Nepal l’ordine della Stella del Nepal. Da Adolfo Hitler: la gran croce dell’ordine dell’Aquila
tedesca. Dall’ambasciatore giapponese Hotta: la più alta onorificenza nipponica. Dal caudillo
Franco: l’ordine delle Frecce rosse. Da una missione giovanile giapponese: un bastone di co-
mando con sigillo imperiale.
I miei figli, naturalmente, avrebbero voluto che ci fossero sempre degli invitati a Villa Torlonia.
Ma si divertivano assai di più quando Benito si preparava davanti allo specchio per intervenire
a qualche cerimonia ufficiale. In quei casi erano indispensabili le alte uniformi (qualche volta
era costretto a cambiarne quattro o cinque al giorno) e inoltre le decorazioni. Erano tante che
ne avevo riempito una cassetta dove i miei ragazzi frugavano a piene mani per scegliere le loro
“patacche” preferite. Poi facevano a gara per offrirle a papà, affinchè le appuntasse sul petto. E
restavano delusi perchè Benito rifiutava regolarmente le decorazioni più belle, troppo grandi
e troppo vistose: come quella del Brasile, che era d’argento massiccio, o quella del Siam, che
colpiva la fantasia dei miei figli per il suo elefante, candido e gigantesco.
NOTE
1
Navarra 1983, p. 25.
2
Bertoldi 1965, pp. 203-204.
3
Navarra 1983, p. 57, offre una puntuale testimonianza della sua metamorfosi dal 1923: “Fu esattamente nel
febbraio del 1923 che l’idea delle divise militari si presentò per la prima volta a Mussolini. Il giorno 8 di
quel mese il capitano Lolli gli offrì una giubba d’ardito con galloni da caporale, un fez nero e un pugnale
d’argento. Mussolini esaminò attentamente il filo e la punta del pugnale alla presenza di Mario Carli e Giu-
seppe Pizzirani. Due giorni dopo, a una rivista della miilizia alla caserma Cimasa, lo vedemmo giungere in
camicia nera, bombetta, giacca borghese, pantaloni neri alla cavallerizza, e stivali. Gli abiti borghesi comin-
ciavano a sposarsi con quelli militari e stavano per essere sopraffatti. Le divise divennero la sua mania, però
scherzando la chiamava la “mania di Starace”.
4
La metamorfosi dell’immagine pubblica di Mussolini si accompagna ad un nuovo linguaggio espressivo
e iconografico che si afferma sempre più incisamente sulle medaglie: v. infra, Optimo Principi. La nuova
romanità e la medaglia dell’Opera Nazionale Maternità Infanzia. 1922-1926.
5
Un ruolo fondamentale è assunto dall’Istituto Luce che si occupava dell’immagine pubblica di Mussolini,
realizzando e diffondendo filmati e i ritratti fotografici in diverse pose e con diversi abiti, uniformi e deco-
razioni, soprattutto in occasione di eventi particolari. Parte della documentazione fotografica è conservata
all’Archivio Centrale dello Stato, fondo Segreteria Particolare del Duce, Ufficio Propaganda, serie: Attività
del duce (fotografie Istituto Luce). Alla selezione delle immagini, sia foto che filmati, destinata alla pubbli-
cazione era preposto il commesso Navarra, che doveva sottoporle a Mussolini, da cui venivano scartate a
seconda delle esigenze della sua propaganda: v. Navarra 1983, p. 148.
6
Si può notare, ad esempio, l’uso differente dell’abbigliamento e delle decorazioni, che variavano a secondo
delle circostanze: ad esempio, nelle cerimonie pubbliche in presenza del re, appare con poche medaglie al
valor militare e senza collare. In visita al re invece si recava, seguendo un rigido dress code, con la bombetta
e con il tight, il lunedì e il giovedì: v. Navarra 1983, p. 59.
7
Sul ruolo rivestito dalle medaglie al valor militare della Grande Guerra, v. supra, Mussolini, le “medaglie”
e i “medagliettati”. Dalla trincea agli esordi in politica. 1915-1923.
8
Su quest’ultima decorazione, elevata a simbolo dell’attentato subito nel 1926, ed esibita alla Mostra del
1937, v. infra, I simboli del martirio tra guerra e rivoluzione. Medaglie e onorificenze alla Mostra della
Rivoluzione Fascista. 1932-1942.
9
La propaganda mise in risalto come il giovane soldato ferito Mussolini avesse ricevuto al fronte la meda-
glia al valor militare dal re in persona. L’episodio aveva suscitato l’ironico commento di Salvemini: v. supra,
Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”. Dalla trincea agli esordi in politica. 1915-1923.
10
Sul suo rapporto con il re, v. infra, Il collare dell’Annunziata. Il patto con la monarchia da Cavour a
Mussolini. 1924-1943.
11
Navarra 1983, p. 16. Mussolini 1958, p. 99.
12
Mussolini R. 1958, p. 98.
13
Bertoldi 1965, p. 206.
14
Navarra 1983, p. 83.
15
Mussolini R. 1958, p. 138; Navarra 1983, pp. 57, 99, Bertoldi 1965, p. 86.
16
v. supra, Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”. Dalla trincea agli esordi in politica. 1915-1923.
17
Mussolini, Opera omnia, vol. V, p. 112.
18
v. infra, Il collare dell’Annunziata. Il patto con la monarchia da Cavour a Mussolini. 1924-1943.
19
Si vedano, a questo proposito, nelle schede del Catalogo, i comunicati che danno notizia delle numerose onori-
ficenze conferite a Mussolini come capo di Governo, nel corso di incontri con sovrani, capi di governo o ministri
plenipotenziari, o delegazioni straniere (supra, Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo).
20
Sull’episodio e sul valore simbolico della sciarpa traforata dal proiettile, v. infra, I simboli del martirio tra
guerra e rivoluzione. Medaglie e onorificenze alla Mostra della Rivoluzione Fascista. 1932-1942.
21
Bertoldi 1965, p. 206.
22
Navarra 1983, pp. 83-84.
23
Ad esempio, le medaglie per commemorare la firma dei Patti Lateranensi, di cui una, quella emessa dal
Governatorato di Roma, fu conservata nel medagliere “storico” di Mussolini: (cat. 3).
24
Fonti riportate da E. Bianchini Braglia, Donna Rachele: Con il Duce, oltre il Duce, p. 141.
25
Mussolini 1958, p. 138.
26
Mussolini 1958, p. 355.
27
Mussolini 1958, p. 138.
28
Navarra 1983, p. 259: “non aveva rinunciato a indossare la divisa di caporale d’onore della milizia. Unica
novità introdotta nella divisa era questa: la portava senza gradi.”. Sul trasporto del medagliere nel 1943, v.
infra, La valigia di Rachele Guidi Mussolini. La custodia del medagliere dal 1943 al 1945.
Il 16 marzo 1924 Vittorio Emanuele III decorava Mussolini di uno dei venti collari a di-
sposizione del Re1. Sembra che la scelta del collare fosse intenzionalmente caduta su quello
appartenuto a Camillo Benso conte di Cavour, che lo aveva ricevuto nel 1856, come presiden-
te del Consiglio dei ministri del Regno di Sardegna2.
Il collare dell’Annunziata (cat.1) riveste un valore storico di prim’ordine nell’ultimo me-
dagliere di Mussolini, pari al significato politico che egli volle dare a questo speciale segno
della protezione monarchica per l’intera durata della sua parabola politica3 (figg. 1, 3-4) Un
riconoscimento fondamentale nel suo cursus honorum e, insieme, parte integrante della sua
immagine pubblica3 (figg. 1, 2, 5 ), nonostante avesse espresso il suo sdegno per i politici che,
come Giolitti, si ritenevano superiori per le onorificenze ricevute4.
Insignito della più antica onorificenza di Casa Savoia, Mussolini, in quel momento
Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro Segretario di Stato per gli Affari Inter-
ni e ad Interim per gli Affari Esteri, diventava di fatto “cugino del Re”5. La concessione
esprimeva la soddisfazione del Sovrano per la risoluzione della questione italo-jugloslava
e l’annessione di Fiume all’Italia, sancita con il trattato di Tirana del 26 marzo 1924 e
presentata come frutto di un’abile manovra diplomatica, sostenuta dalla vocazione espan-
sionistica del duce6.
Durante gli anni del fascismo, la massima onorificenza dei Savoia ha il compito di sim-
bolizzare i legami di parentela che essa stabiliva tra il Re e il regime, dal duce ai massimi
gerarchi e a tutti gli altri personaggi ad esso collegati che ne venivano insigniti7. Personaggi
che divenivano, di fatto, dei “Collari”, cioè cittadini speciali in quanto parenti del Re7.
Il “Collare” aveva diritto ad un trattamento speciale in ogni circostanza della vita isti-
tuzionale e militare, secondo le regole prescritte dal rigido cerimoniale dell’Ordine, che do-
vevano essere rispettate da chiunque e dovunque, anche all’estero8. Il carattere “nazionale”
dell’onorificenza è testimoniato, ad esempio, da una circostanza riferita da Filippo Anfuso
nel 1936, a Berchtesgaden, per l’incontro di Ciano con Hitler. Il Principe d’Assia, che aveva
sposato la figlia del Re Mafalda9, e ne era divenuto cugino per aver ricevuto il Collare, “por-
tava al collo l’ordine dell’Annunziata; ma in Germania finiva sempre in fondo alle tavole,
in coda agli italiani, che se ne rattristavano per il rispetto naturale all’altissima onorificenza
nazionale”10.
Ma è proprio nelle ore che precedettero il suo arresto, il fatidico giorno del 25 luglio
194311, che il Collare dell’Annunziata viene evocato per ricordare il ruolo rilevante e le prero-
gative dell’insignito, determinanti sia per il Re che per Mussolini. Quest’ultimo, infatti, rifiuta
di accettare le decisioni del Gran Consiglio ricordando che “un collare dell’Annunziata” è un
cittadino speciale, al quale è garantita la protezione del sovrano12:
Nemmeno a parlarne! Punto primo. Può darsi che il signor Grandi abbia vergogna di presentarsi,
specialmente se ha saputo che sono incominciate le defezioni. Ecco le ritrattazioni di Cianetti.
Avrete visto uscire di qui Albini più livido del solito. Verranno assai probabilmente ad uno ad
uno a ripetermi che hanno votato nella piena convinzione di fare il mio bene. Punto secondo.
Fra qualche ora andrò dal Re e me la vedrò con lui. Un provvedimento alla persona non può
Fig. 1 – Fotoritratto di Benito Mussolini con medaglie e collare dell’Annunziata, esposto alla Mostra della Rivoluzione
Fascista, edizione 1937. © ACS.
Fig. 2 – Benito Mussolini al Vaticano per lo scambio delle ratifiche degli Accordi Lateranensi, nel 1929. © ACS.
Fig. 3 – Benito Mussolini con Vittorio Emanuele III, foto esposta alla Mostra della Rivoluzione Fascista, edizione 1937.
© ACS.
non essere preceduto dalla sostituzione nell’incarico che la persona riveste. Si tratta di ministri
e sottosegretari che non possono cambiare senza l’assenso sovrano. Ci sono poi Collari dell’An-
nunziata che non possono trattare alla stregua di qualsiasi cittadino.
Più tardi, il Re, ricevendo Mussolini a Villa Savoia, gli spiegherà come proprio la par-
tecipazione di ben quattro collari dell’Annunziata al voto del Gran Consiglio in appoggio
all’ordine del giorno Grandi lo avesse costretto a prenderne atto e ad affidare al maresciallo
Badoglio l’incarico di formare un nuovo governo13:
Caro Duce, le cose non vanno più. L’Italia è in tocchi. L’Esercito è moralmente a terra. I soldati
non vogliono più battersi [...]. Il voto del Gran Consiglio è tremendo. Diciannove voti per l’ordi-
ne del giorno Grandi: fra di essi quattro collari dell’Annunziata.[...]. In questo momento voi siete
l’uomo più odiato d’Italia. Voi non potete contare più su di un solo amico. Uno solo vi è rimasto,
io Per questo vi dico che non dovete avere preoccupazioni per la vostra incolumità personale,
che farò proteggere. Ho pensato che l’uomo della situazione è, in questo momento, il mare-
sciallo Badoglio. Egli comincerà col formare un ministero di funzionari, per l’amministrazione e
per continuare la guerra. Fra sei mesi vedremo. Tutta Roma è già a conoscenza dell’ordine del
giorno del Gran Consiglio e tutti attendono un cambiamento.
NOTE
1
Sul conferimento del Collare, v. supra, Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo,
scheda cat. 1. Per l’inquadramento storico delle motivazioni e sul rapporto tra Mussolini e il re in
quegli anni, De Felice 1995, pp. 562-3. Nel 1932 Gaetano Salvemini, esule a Parigi, aveva ironicamente
commentato: “fu insignito del Collare dell’Annunziata e diventò Cugino del Re, per aver ingrandito il
territorio nazionale col caseggiato di Fiume, dopo aver ceduto alla Jugoslavia il territorio circostante”:
v. Salvemini 2017, p. 26.
2
La notizia, per certi versi interessante, veniva riportata da Gianfranco Lijoi sul forum pubblicato al link
http://www.iagiforum.info/viewtopic.php?f=2&t=22044; tuttavia, non essendo basata su una fonte accessi-
bile, e pertanto non può essere verificata. Non sono riuscita a consultare l’elenco degli insigniti dell’Ordine
della SS. Annunziata nel fondo conservato all’Archivio Storico del Quirinale. In realtà, il collare di Cavour
è oggi esposto al secondo piano della Fondazione Cavour di Santena: https://fondazionecavour.it/il-com-
plesso/piano-secondo/.
3
Sull’esibizione del Collare nella sua immagine pubblica, v. supra, Il medagliere tra pubblico e privato.
1922-1943. Nel 1944, a proposito dell’8 settembre, che segnerà per lui la “morte della monarchia”, il
re sarebbe divenuto un “ex sovrano”, che avrebbe tradito la sua stessa parola e il proclama con cui
conscrava l’alleanza con la Germania: v. supra, Il deposito “Medagliere Mussolini” in Banca d’Italia.
1945-2023.
4
V. supra, Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”. Dalla trincea agli esordi in politica. 1915-1923.
5
Sulle fonti relative al conferimento del Collare, e sulle dichiarazioni del re e di Mussolini, v. supra, Il depo-
sito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo, scheda cat. 1.
6
V. Salvemini 2017, p. 26.
7
Sulla storia e sul cerimoniale relativi alla più antica onorificenza dei Savoia, v. infra, Appendice documen-
taria, I. Si veda anche Mola di Nomaglio 2014.
8
Le rigide regole erano fissate dal sovrano, capo dell’Ordine: v. infra, Appendice documentaria, I.
9
Anfuso 1950, pp. 20 ss.
10
Anfuso 1950, p. 37.
11
Le varie versioni sulla storica giornata sono messe a confronto e ricostruite da Gentile 2018, al quale si
rimanda.
12
E. Galbiati, Il 25 luglio e la M.V.S.N., Milano 1950, pp. 235-237, citato da Gentile 2018, p. 244.
13
Gentile 2018, p. 252, che ricostruisce le versioni dell’incontro con il re e il successivo arresto a Villa Tor-
lonia.
14
V. supra, Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo, scheda cat. 1.
15
Nello stesso anno, fu nominato Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, onorifi-
cenza che fu esibita molto spesso da Mussolini, insieme al collare della SS. Annunziata.
L’Italia del primo Novecento ereditava dal secolo appena trascorso l’uso sempre più
diffuso della medaglia come massima espressione tangibile della memoria sia collettiva che
individuale. Un simbolo di merito, valore e di gloria divenuto in breve talmente popolare da
raggiungere tutti gli strati della società in ambito scolastico, istituzionale e soprattutto milita-
re1. Tutti i reduci e i familiari dei caduti della Grande Guerra custodiranno gelosamente per il
resto della loro vita un piccolo o grande medagliere come trofeo di un passato o di un’iden-
tità da preservare e tramandare alle successive generazioni2.
Pur ostentando in privato e in pubblico una certa diffidenza e ironia nei confronti
delle medaglie, onorificenze e delle decorazioni in generale, specie se straniere, Mussolini
mostrò un’estrema attenzione nei confronti della medaglia quale ideale strumento di pro-
pagazione dei valori e dei simboli fascisti, usato per sublimare un nuovo patto con la col-
lettività3. La rivoluzione culturale voluta dal fascismo si mosse, anche in questo campo, nel
segno del cambiamento e trovò piena espressione nell’arte della medaglia, di cui rielaborò,
secondo le proprie diverse esigenze e per le più diverse occasioni, gli schemi iconografici
ed epigrafici tradizionali4. Sulla medaglia infatti Mussolini esercitava una sovranità assoluta
e incontrastata, attraverso il suo volto, i simboli e i motti del fascismo, che occasionalmente
lasciavano spazio al ritratto del monarca e ai suoi simboli5 (tav. I). Le monete del Regno
d’Italia, pur caricate dell’onnipresente fascio littorio, resteranno invece di diritto riservate
al sovrano regnante6.
Le esigenze della propaganda dettarono il rinnovamento iconografico delle nuove
medaglie che attinsero ampiamente ai simboli di Roma antica, ripresi anche dalle monete
antiche, proiettati tuttavia nel divenire di una società destinata ad un profondo rinnova-
mento7.
Onorificenze e medaglie accompagneranno anche la vita istituzionale di tutto il ven-
tennio fascista, come documentano le cronache dei cinegiornali, che ci mostrano la distri-
buzione dei “gloriosi segni del valore” da parte del re e del duce8. Un grande risalto viene
dato alle cerimonie in cui è Mussolini in prima persona ad appuntare le medaglie destinate
a quegli italiani che già nel 1925 egli sogna di trasformare in una “generazione di labora-
torio”9:
Noi creeremo, attraverso un’opera di selezione ostinata e tenace, la nuova generazione, e nella
nuova generazione ognuno avrà un compito definito. Talvolta mi sorride l’idea delle generazioni
di laboratorio: creare cioè la classe dei guerrieri, che è sempre pronta a morire; la classe degli
inventori, che persegue il segreto del mistero; la classe dei giudici, la classe dei grandi capitani
d’industria, dei grandi esploratori, dei grandi governatori. Ed è attraverso questa selezione me-
todica che si creano le grandi categorie, le quali a loro volta creeranno l’Impero. Certo questo
sogno è superbo, ma io vedo che a poco a poco sta diventando realtà.
padre la medaglia d’argento al valore aeronautico (fig. 3), in occasione delle celebrazioni per
il XIV annuale della Regia Aeronautica a Ciampino. Pochi anni più tardi, quella medaglia ver-
rà allineata alle altre nel sacrario a lui dedicato presso la Società Sportiva “Bruno Mussolini”,
inaugurato il 30 maggio 1942, alla presenza di suo padre.
Fig. 1 – Mussolini a Ciampino, il 4 aprile 1937, in occasione del XIV annuale dell’aeronautica, consegna le medaglie
al valore aeronautico. © ACS.
Fig. 2 – Archivio Centrale dello Stato. Mussolini a Ciampino, il 4 aprile 1937, in occasione del XIV annuale dell’aero-
nautica, consegna le medaglie al valore aeronautico. © ACS.
Fig. 3 – Mussolini a Ciampino, il 4 aprile 1937, in occasione del XIV annuale dell’aeronautica, consegna la medaglia
d’argento al valore aeronautico a Bruno Mussolini. © ACS.
Fig. 4 – Mussolini a Roma, il 28 marzo 1939, alla cerimonia del XVI annuale dell’aeronautica, consegna le ricompense
al valore alla memoria dei caduti in Spagna. © ACS.
NOTE
1
Sulle medaglie al valor militare conquistate al fronte, v. supra, Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”.
Dalla trincea agli esordi in politica. 1915-1923.
2
Sul “medagliere della Grande Guerra” di Mario Nelli, v. supra, Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”.
Dalla trincea agli esordi in politica. 1915-1923.
3
Sul disprezzo delle onorificenze manifestato nei primi anni della sua ascesa politica, v. supra, Mussolini,
le “medaglie” e i “medagliettati”. Dalla trincea agli esordi in politica. 1915-1923.
4
Le tipologie delle medaglie emesse sono classificate, ordinate per anni dell’era fascista, e riprodotte in
tavole, da Calzolari 1996.
5
Il numero dei distintivi e delle medaglie in cui compare il nome o il volto del sovrano, ammonta a 149
esemplari, contro gli 890 di Mussolini: cfr. i relativi indici in Calzolari 1996, pp. 529-530.
6
Sull’introduzione del fascio littorio sulla monetazione del Regno, v. infra, Optimo Principi. La nuova ro-
manità e la medaglia dell’Opera Nazionale Maternità Infanzia. 1922-1926.
7
V. infra, Optimo Principi. La nuova romanità e la medaglia dell’Opera Nazionale Maternità Infanzia.
1922-1926.
8
Si veda, a questo proposito, la documentazione fotografica conservata all’Archivio Centrale dello Stato,
fondo Segreteria Particolare del Duce, Ufficio Propaganda, serie: Attività del duce (fotografie Istituto Luce).
9
Mussolini, Opera omnia, vol. XXI, p. 363. Alla Mostra della Civiltà Italiana, nel 1939, si consacrava il ruolo
dei “grandi italiani” rappresentati nelle sale come “un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori
di scienziati di navigatori di trasmigratori”: Gentile 2010, p. 190.
La Roma che noi onoriamo, ma soprattutto la Roma che noi vagheggiamo e prepariamo, è un’al-
tra: non si tratta di pietre insigni, ma di anime vive; non è contemplazione nostalgica del passa-
to, ma dura preparazione dell’avvenire. Roma è il nostro punto di partenza e di riferimento; è il
nostro simbolo o, se si vuole, il nostro mito.
I resti dell’antica Roma fanno da sfondo al rovescio di una medaglia realizzata nel 1922
da Leonardo Bistolfi, dedicata a Mussolini dai Forlivesi, per commemorare la data del 27 ot-
tobre 1922, con una personificazione nuda inginocchiata che saluta alla romana e che regge
il fascio littorio. Lo sfondo dell’antica Roma, con il suo passato e i suoi simboli lo proietta già
in una nuova era, in un tempo del mito che segnerà la rinascita rigenerante per la rivoluzione
fascista, la sua ideologia e la sua propaganda.
Il fascio littorio, mutuato dall’antica Roma, viene già dal 1921 rivendicato da Mussolini
come simbolo fascista: “Il nostro simbolo non è lo scudo dei Savoia; è il Fascio littorio, roma-
no e anche, se non vi dispiace, repubblicano”3.
E al momento di presentarlo impresso sui progetti delle nuove monete, accostato allo
stemma del Regno, Mussolini è convinto di “ringiovanire” la monarchia e convince anche il
Sovrano, che finirà per accettarlo sulle serie monetali del Regno nell’arco di tutto il ventennio4
(tavv. I-II):
Il monarca accettò di buon grado l’alleanza, da me proposta, tra lo scudo di Savoia e i due fasci
littori allato nello stemma al centro della bandiera nazionale. Il vincolo tra monarchia e fasci-
smo doveva essere stabilito innanzitutto nel massimo simbolo dell’unità nazionale. Il monarca
osservò attentamente il disegno eseguito dal poligrafico dello stato. Rimase silenzioso un atti-
mo. Poi benevolmente osservò: “Quei simboli romani invecchiano la monarchia”. Risposi: “La
ringiovaniscono”.
Al fascio littorio si affiancheranno altri simboli di vittoria e di gloria sulle tante medaglie
che vengono offerte al duce. Nel 1923 un incisore gli dedica una medaglia che reca una Vit-
toria su un lato e sull’altro “il fascio littorio colla leggenda “In hoc signo vinces”5.
In una biografia di Mussolini, pubblicata nel 1925 e divenuta subito celebre, Margherita
Sarfatti, principale artefice della rivoluzione culturale fascista, svela la simbiosi innata tra l’a-
nima e l’immagine del “Dux” 6:
Romano nell’anima e nel volto, Benito Mussolini è una resurrezione del puro tipo italico, che
torna ad affiorare oltre i secoli.
Tav. I – Museo della Zecca. Vittorio Emanuele III, 100 lire oro del 1923, commemorativa della marcia su Roma,
zecca di Roma. ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Tav. II – Museo della Zecca. Vittorio Emanuele III, 50 lire oro, 1936, zecca di Roma. ©Istituto Poligrafico e Zecca
dello Stato S.p.A.
Negli anni tra il 1926 e il 1930, la propaganda di regime appare ormai totalmente per-
meata dal mito di Roma antica, dall’“anima romana” che egli sognerà per tutto il ventennio di
innestare negli italiani. Nel 1927 Mussolini riceve in dono da un privato una moneta romana
repubblicana e dichiara i motivi del suo vivo interesse7:
il prezioso quincusse librale che ella cortesemente ha voluto offrirmi, mi è giunto assai gradito.
L’ho esaminato con vivo interesse, oserei dire con amore, perché parmi sia rinchiuso in esso
anche un po’ della genuina anima romana fiera e decisa. Il rovescio della moneta, poi, mi sem-
bra veramente di sommo interesse, perché mi offre un sì antico documento di tecnica navale, e
ci è testimonio della ferma volontà marinara di Roma. Ho pensato che la moneta possa trovare
degna sede nel Museo dell’impero e l’ho ad esso destinata.
Questo è il poema dell’impero e della terra. Molti di coloro che parlano oggi di Virgilio dimen-
ticano un dettaglio singolarissimo: che cioè Virgilio è nato in un solco perché sua madre, che
si chiamava Magia, ebbe le doglie del parto mentre era nei campi e non giunse a casa. C’è un
simbolo evidente in questo poema della terra e dell’impero. Poema della storia di Roma, che
oggi vediamo attraverso i monumenti che attestano che cosa sia stato il popolo romano, il quale
appena cinquanta generazioni or sono dettava leggi a tutti i popoli della terra. Di qui si orga-
nizzava la civiltà, da queste sette colline lambite dal Tevere tutto il mondo faceva allora capo a
Roma. Come si fa a non essere orgogliosi, a non vibrare di fierezza, pensando che eravamo luce,
quando tutto intorno erano tenebre; che eravamo civiltà, quando tutto intorno era barbarie? Vi
ringrazio, presidente, amico e collaboratore. Conserverò questo volume tra i più preziosi della
mia biblioteca e sento che questo istante rimarrà tra gli incancellabili della mia memoria.
Fig. 2 – “L’Imperatore Augusto (Bronzo trovato a Meroe)”. Da Museo dell’Impero Romano 1929, tavola del fron-
tespizio.
Fig. 3 – (sopra) Rilievo con due littori (Portogruaro); (sotto) Iscrizione di un magistrato da Efeso (Londra, Museo
Britannico). Da Mostra Augustea della Romanità 1938, tav. LVII.
Tav. III – La copertina del catalogo del Museo dell’Impero Romano, 1929.
Fig. 4 – Mussolini inaugura la nuova sede del Museo dell’Impero Romano a Piazza Bocca della Verità. © ACS.
Fig. 5 – Mussolini inaugura i Mercati Traianei. © ACS.
Fig. 6 – Mussolini alla cerimonia di consegna del labaro alla Legione Romana dei mutilati. © ACS.
Tav. IV – “Monete di Augusto”. Da Mostra Augustea della Romanità 1938, tav. XXX.
Tav. V – “Monete di Traiano e di Adriano”. Da Mostra Augustea della Romanità 1938, tav. LIX.
Fig. 7 – Museo della Zecca. Medaglia di Giuseppe Romagnoli (1872-1966), raffigurante Enea e le gloriose figure
dell’Impero Romano, commemorativa del bimillenario della nascita di Virgilio, metallo argentato, 1930. © Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Fig. 8 – Museo della Zecca. Medaglia di Giuseppe Romagnoli (1872-1966) raffigurante il Divo Augusto, comme-
morativa del bimillenario della nascita di Augusto, bronzo, 1937. © Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Tav. VI – “Parte centrale della facciata”. Da Mostra Augustea della Romanità 1938, tav. I.
Tav. VII – Museo della Zecca. Medaglia di Giuseppe Romagnoli (1872-1966), raffigurante Mussolini fondatore
dell’Impero, annessione dell’Etiopia all’Italia, bronzo, 1936. © Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
NOTE
1
Si veda, in particolare, Giardina, Vauchez 2000, pp. 212 ss.
2
Mussolini, Opera omnia, vol. XIX, pp. 160-161.
3
Mussolini, Opera omnia, vol. VIII, p. 363. Sul simbolo del fascio littorio nella monetazione fascista, Gentile
2007, pp. 62-63, Giardina, Vauchez 2000, pp. 224-227. Sul simbolo monetale del fascio, v. anche Salvatori
2008, pp. 333-352.
4
De Begnac 1990, p. 501.
5
Mussolini, Opera omnia, vol. XX, p.18.
6
Sarfatti 1925, cap. I. Su Mussolino romano, Giardina, Vauchez 2000, p. 241 ss..
7
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, pp. 294-5.
8
Giardina, Vauchez 2000, pp. 214-296. Gentile 2007, pp. 64 ss.
9
Giardina, Vauchez 2000, pp. 246 ss..
10
V. infra, Appendice documentaria, II.
11
V. infra, Appendice documentaria, II.
12
V. supra, Il sogno del duce e le medaglie per i “nuovi” italiani. 1922-1943.
13
Giglioli 1929, p. XII, ricorda i “pregevoli doni di S.E. il Capo del Governo”. Nel 1927, come già ricordato
Mussolini dona al Museo la moneta antica ricevuta da un privato: Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, pp.
294-5.
14
Giglioli 1929, p. XV.
15
Giardina, Vauchez 2000, pp. 248 ss.; Gentile 2007, pp. 64-65.
16
Alla fondazione di Roma e il mito di Romolo Mussolini si ispira per la rappresentazione della sua politica
agraria e per la fondazione delle colonie nell’agro pontino: Giardina, Vauchez 2000, pp. 236 ss.
17
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIV, p. 287.
18
V. il catalogo Mostra Augustea della Romanità 1938. Sulla Mostra, v. Giardina, Vauchez 2000, pp. 252 ss.
19
Gentile 2007, pp. 139-147.
Fig. 1 – Il cardinale Pietro Gasparri e Benito Mussolini al Vaticano per lo scambio delle ratifiche degli Accordi
Lateranensi. Mussolini indossa un’uniforme, con spada e feluca, decorata con il grande collare dell’Ordine della
SS.Annunziata e della Gran Croce dell’Ordine Militare dei Santi Maurizio e Lazzaro. © ACS.
Fig. 2 – Mussolini, per la ratifica dei Patti Lateranensi in Laterano, il 7 giugno 1929. © ACS.
Fig. 3 – Mussolini, per la ratifica dei Patti Lateranensi in Laterano, il 7 giugno 1929. © ACS.
Fig. 4 – L. Pogliaghi, E. Farè, medaglia straordinaria emessa da Pio XI per la firma del Trattato di conciliazione dei
Patti Lateranensi fra la S. Sede e lo Stato Italiano (da Calò 1973).
Tav. II – Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Medaglia in argento placcato oro (cat.3), al drit-
to, appartenuta a Benito Mussolini, emessa per la firma dei Patti Lateranensi e datata all’11 febbraio 1929. Sul
rovescio sono visibili le tracce dei saggi effettuati in Banca d’Italia nel 1935, in occasione dell’offerta dell’oro alla
Patria. © MEF-BdI.
tra le medaglie di oro purissimo ve n’è una, molto grande, che è di volgare metallo dorato! (…)
si tratta di una medaglia commemorativa degli storici trattati col Vaticano e gli fu consegnata
dal papa in quell’occasione!... Insomma quei simpatici pretini gli affibbiarono una “patacca” in
piena regola!.
I saggi a cui veniva sottoposto in Banca d’Italia tutto l’oro consegnato per la raccolta
avevano rivelato, infatti, che tutte e due le medaglie ricevute in Vaticano e offerte dal duce
non erano in oro, bensì in bronzo dorato.
Le medaglie “saggiate” ritornarono quindi nel suo medagliere, ma conservarono sulla
superficie e sul bordo al rovescio le tracce imperiture di quell’indiscrezione sussurrata dai
dirigenti del Partito e, al tempo stesso, il ricordo di una storia minore a margine dell’evento
epocale che dovevano eternare.
Nel suo ultimo medagliere Mussolini scelse dunque di conservare nell’ultimo medaglie-
re la seconda medaglia, di minore formato, su cui i simboli fascisti dell’aquila e della lupa
capitolina rendevano più esplicito il suo ruolo nelle trattative e nella stipula del trattato13.
Nel 1944 rivelerà pubblicamente il clima di tensione con il re che aveva fatto da sfondo
alle trattative, la sua paziente e abile opera di mediazione e, infine, il rifiuto del titolo nobi-
liare che quest’ultimo, riconoscente, gli aveva offerto14:
Nel 1929, l’evento della Conciliazione· dissipò l’irritazione e le relazioni tornarono normali. In un
primo tempo il re non credeva alla possibilità della soluzione della “questione romana”, in un secon-
do tempo mise in dubbio la sincerità del Vaticano, finalmente l’idea che l’ultima ipoteca su Roma
da parte dell’ultimo sovrano spodestato fosse tolta lo lusingò. Anche la prospettiva dello scambio
delle visite fra i due sovrani confinanti gli sorrise. Vide in tutto ciò un rafforzamento delle istituzio-
ni. Anche il Concordato non gli dispiacque, quantunque il suo notorio anticlericalismo lo rendesse
sospettoso. Ma quando vide la schiera dei vescovi sfilare davanti a lui per prestargli· giuramento si
convinse che anche nel Concordato ogni concessione al Vaticano aveva avuto la sua contropartita.
Il 1929 fu, quindi, un anno fortunato. Qualche tempo dopo la firma dei trattati del Laterano, in
uno dei soliti colloqui bisettimanali, il re disse: “Siete riuscito in un’opera che altri non avevano
tentato e non avrebbero condotto a termine. Coi vostri discorsi al Parlamento avete corretto le
interpretazioni estensive di taluni circoli clericali. Ciò va molto bene. Non so come potrei atte-
starvi davanti al pubblico la mia riconoscenza. Non so, veramente ... Il collare vi fu dato dopo
l’annessione di Fiume. Forse un titolo nobiliare ...
«No», interruppe Mussolini. «Un titolo nobiliare mi renderebbe immediatamente ridicolo. Non
oserei più guardarmi in uno specchio. Io non dirò vanitosamente “Roi ne puis, prince ne daigne,
Rohan suis”, ma vi prego di non insistere. Ognuno deve avere un suo stile nella vita”.
Il re comprese e la cosa non ebbe seguito alcuno.
Così questa medaglia graffiata divenne per Mussolini il frammento di memoria di quell’e-
vento e di quell’anno, che lo legava a doppio filo non solo con la Chiesa ma ancora una volta,
con il sovrano, con cui aveva dovuto dividere il merito di quello storico accordo15.
NOTE
1
Sulle medaglie “commemorative” della guerra, ad es., v. supra, Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”.
Dalla trincea agli esordi in politica. 1915-1923.
2
Sul ruolo di Mussolini nelle trattative e sulla giornata della firma dei Patti Lateranensi, Kertzer 2014, pp.
104 ss.
3
Allo scambio di medaglie era seguito, negli anni immediatamente successivi, lo scambio delle onorificen-
ze. Il 9 gennaio 1931, Pio XI rimetteva infatti a Vittorio Emanuele III e a Mussolini le insegne dello Speron
d’oro. Il re, a sua volta, ricambiava con il conferimento al segretario di Stato Eugenio Pacelli del collare
della SS. Annunziata.
4
Per le medaglie pontificie emesse da Pio XI per “solennizzare la firma del Trattato di conciliazione dei Patti
Lateranensi fra la S. Sede e lo Stato Italiano (straordinarie), v. Calò 1973, pp. 31-33. Casolari 1996, pp. 151-
154, VII/9-VII/28.
5
Casolari 1996, p.152, VII/19.
6
Il Medagliere Vaticano ne conserva tre esemplari, nei tre metalli: l’esemplare in bronzo dorato, donato da
Pio XI, fu acquisito nel dicembre 1929, in argento e in bronzo (nel maggio 1931). Devo l’informazione alla
cortesia della dott.ssa Giampiccolo, direttrice del Medagliere Vaticano.
7
Calò 1973, pp. 32, n. 2. Cusumano, Modesti, 163.
8
Casolari 1996, p.151, VII/10.
9
Casolari 1996, p. 151, VII/11; Cusumano, Modesti, 164.
10
Sulla simbologia fascista v. Gentile 2017, pp. 62 ss. V. anche supra, Optimo Principi. La nuova romanità
e la medaglia dell’Opera Nazionale Maternità Infanzia. 1926 e infra, Il “bastone del comando” di Benito
Mussolini. Genesi di un’insegna di potere (1918-1930).
11
Sull’offerta dell’oro alla Patria, v. Gentile 2017, pp. 121-122.
12
L’episodio è riportato da Guspini 1973, p. 137.
13
supra, nota 10.
14
Storia di un anno (Il tempo del bastone e della carota), in Mussolini, Opera omnia, vol. XXXIV, p. 412.
15
Il difficile rapporto con il re era rappresentato nel medagliere dal collare piccolo dell’Annunziata (cat. 1),
su cui v. supra, Il collare dell’Annunziata. Il patto con la monarchia da Cavour a Mussolini. 1924-1943.
Nel 1932, la prima edizione della Mostra della Rivoluzione Fascista (tav. I), ideata da Dino
Alfieri nel 1928, aveva offerto l’occasione al regime per far comprendere agli italiani il suo ma-
nifesto ideologico e l’apparato di valori, segni e simboli che aveva nutrito la propaganda.
Il racconto si snodava attraverso un percorso suddiviso per tematiche e per fasi cro-
nologiche (1915-1918 e 1918-1922), comprendenti gli anni che avevano preceduto la nascita
del regime e l’incarico di capo del governo a Mussolini1. Nelle sale prevale un allestimento
d’impatto che privilegia il contatto diretto con documenti, oggetti e cimeli “capaci veramente
di determinare nel visitatore una comprensione dei fatti rappresentati efficace e durevole”2.
Il percorso espositivo, è consacrato principalmente alla guerra, alla rivoluzione e alla vittoria
ed è evocato con una narrazione nuova e volutamente distante da quella tradizionale, usata
nei musei3.
La Mostra, sottolinea Alfieri nella sua introduzione alla Guida “non ha l’aspetto arido,
neutro, estraneo che hanno di solito i musei”, ma “si rivolge alla fantasia, eccita l’immagina-
zione, ricrea lo spirito” 4. Il tema della guerra è rivissuto e proposto nel quadro del rinnova-
mento dei valori morali e politici imposto dal regime5:
“La guerra non è dunque rivissuta nel suo aspetto distruttivo, ma nel suo travaglio di ricostru-
zione morale. L’individualismo acceso delle più alte personalità che pur nella trincea, oltre che
nell’azione politica, ebbero modo di emergere e di affermare il proprio credo, destinato ad illu-
minare una generazione, non è mai sopraffatto dalla massa oscura”.
I due temi della guerra e della rivoluzione si intrecciano dunque idealmente e costan-
temente nelle azioni e nel pensiero di Mussolini, e i documenti e cimeli esposti nelle sale
della prima edizione della mostra hanno il compito di evocarlo con la massima suggestione
ai visitatori6. Tra questi ultimi, l’elmetto di guerra verrà menzionato accanto agli altri oggetti
di uso quotidiano nel suo studio al Popolo d’Italia ricostruito nella “Sala Documentaria del
Duce”, o “Sala Mussolini”7. Un altro ambiente del percorso, nell’attigua Galleria dei Fasci, sarà
destinato all’esposizione della “selva di gagliardetti fascisti, di fiamme, di labari, di guidoni, di
insegne: simboli appassionanti del Fascismo”8.
Nella seconda edizione della Mostra, inaugurata nel 1937, tra i più alti simboli identitari
degli eroi, faranno la loro comparsa anche le medaglie dei martiri della rivoluzione fascista,
come quelle di Federico Florio, caduto nel 19229 (fig. 1).
Alle medaglie al valore militare dei caduti nella grande guerra e per la causa della rivo-
luzione fascista, sarà accostato nell’edizione del 1937, in una vetrina della Sala documentaria
del Duce, il più glorioso segno del valore civile e militare di un vivente10. L’insegna da Cavalie-
re di Gran Croce dell’Ordine Militare de’ Santi Maurizio e Lazzaro, con la sciarpa traforata da
un proiettile nell’attentato del 1926, è esibita costantemente da Mussolini sia nelle immagini
diffuse dalla propaganda sia sulle sue uniformi in varie cerimonie pubbliche, insieme al colla-
re e alla placca dell’Ordine della SS. Annunziata11. La didascalia inserita in vetrina esplicitava
la valenza di quell’insegna in quel particolare contesto: “Sciarpa azzurra e decorazione dei
SS. Maurizio e Lazzaro indossati da S.E. il Capo del Governo e Duce del Fascismo a Bologna
Fig. 1 – Mostra della Rivoluzione fascista 1937. Anno 1922: Le medaglie del caduto Florio Federico. © ACS.
il 31 ottobre 1926 e perforate dal colpo di rivoltella sparato dall’attentatore”12 (fig. 2). La mas-
sima onorificenza civile e militare della monarchia sabauda, concessa a Mussolini nel 1924
da Vittorio Emanuele III, viene esposta in mostra per la prima volta e proposta ai visitatori in
una dimensione individuale, musealizzata e idealizzata, appesa al nastro azzurrino strappato
dal proiettile che aveva colpito il duce, protagonista assoluto della rivoluzione fascista e della
mostra dedicata che ne celebrava la storia, l’ideologia e i martiri13.
L’insegna viene offerta come cimelio ai visitatori, ma in una triplice valenza: la convinta
partecipazione alla guerra di Mussolini e l’attestato tangibile del suo valore militare; il valore
del legame indissolubile con la monarchia; la testimonianza dell’attentato subìto, che lo equi-
para di fatto agli altri martiri commemorati nella Mostra.
Nel 1935, per la raccolta dell’oro indetta dal regime, le medaglie ritorneranno ad essere
al centro di un rinnovato slancio eroico a difesa della patria, come testimoniano gli innume-
revoli episodi immortalati dalla cronaca di quelle giornate. Talvolta è lo stesso Mussolini a
sottolineare l’altissimo valore simbolico di quelle offerte14:
(…) Una donna offre al Duce una medaglia. Mussolini la mostra alla folla dicendo: «È la medaglia
del figlio caduto in guerra». I presenti acclamano, e gli applausi si ripetono, quando il Duce
mostra la collana del vescovo di Gaeta, la medaglia d’argento d’un altro caduto, una sfavillante
collana formata dalle «fedi» di tutti gli abitanti di un comune, gli elmetti pieni d’oro di Sabaudia,
di Littoria e di tutti i borghi dell’Agro, il ricco medagliere del Nastro azzurro di Terracina. Una
contadina si toglie gli orecchini e li porge umilmente al Duce, con un gesto che sembra dire:
Fig. 2 – Mostra della Rivoluzione fascista 1937. Una vetrina della Sala del Duce, con la sciarpa della Croce dei
Santi Maurizio e Lazzaro di Mussolini traforata dal proiettile nell’attentato del 1926. © ACS.
«Non ho altro». Una vecchia di Sermoneta, dai capelli bianchi, scopre, sotto un misero scialle, il
petto decorato di medaglie di guerra. Mussolini la presenta alla folla: «Tre figli morti in guerra »,
egli dice, ed abbraccia la vecchietta tra una selva d’applausi. Un’altra donna offre una medaglia
d’argento e Mussolini mostra anche quest’altro segno del valore colle seguenti parole: «E la me-
daglia d’un caduto in guerra, comandante di un reparto di arditi ». (…)
(…) Un ex-combattente, riuscito a giungere anche lui sotto la tribuna, esclama commosso:
«Duce, vivo da lunghi anni all’estero, e sono venuto in Italia per potervi vedere prima di morire».
E così dicendo, consegna la sua medaglia al valore in uno slancio che commuove e che ci fa
sentire, in tutta la sua bellezza, la spontaneità con cui il popolo italiano risponde in questi giorni
all’appello della patria.
Moltissime delle medaglie al valore conquistate nella grande guerra per la difesa della
patria, ritorneranno così nuovamente alla patria, come segno di estremo sacrificio, di priva-
zione dell’identità e dell’onore dei soldati reduci o dei caduti in guerra15.
NOTE
1
Mostra della Rivoluzione Fascista, Inventario 1990.
2
Mostra della Rivoluzione Fascista 1932, p. 9.
3
ibidem, p. 9. Sulla mostra, v. Gentile 2017, p. 166 ss.
4
ibidem, p. 9.
5
Mostra della Rivoluzione Fascista 1932, p. 12.
6
Sull’atmosfera “sacrale e mistica” della mostra, v. Gentile 2017, p. 169 ss.
7
Mostra della Rivoluzione Fascista 1932, p. 62. Gentile 2017, p. 173, che evidenzia come “la trasfigurazione
mitica di Mussolini fu il motivo dominante della Mostra della Rivoluzione Fascista”.
8
Mostra della Rivoluzione Fascista 1932, p. 61.
9
Mostra della Rivoluzione Fascista 1937. Sull’allestimento del Sacrario dei Martiri Fascisti, Gentile 2017,
p. 170.
10
Sui segni di valore militare di Mussolini, v. supra, Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”. Dalla trin-
cea agli esordi in politica. 1915-1923.
11
v. supra, Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-1943.
12
Il cartellino con la didascalia è visibile sulla fotografia riprodotta a fig. 3. Sulla sciarpa traforata nell’at-
tentato del 1926, v. supra, Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”. Dalla trincea agli esordi in politica.
1915-1923.
13
Sulla propaganda del regime e il pubblico della mostra, v. Gentile 2017, pp. 173 ss.
14
Mussolini, Opera omnia, vol. XXVII, p. 369.
15
Sulle medaglie al valor militare, v. supra, Mussolini, le “medaglie” e i “medagliettati”. Dalla trincea agli
esordi in politica. 1915-1923.
Sino alla riapertura nel 2020 del deposito “Medagliere Mussolini”, l’apparizione pubbli-
ca del “bastone del comando” di Mussolini (cat. 4) si limitava alla sola cronaca della consegna
a Milano dello “scettro prezioso”, il 22 maggio 1930, da parte dei mutilati di guerra di Milano,
alla reazione di Mussolini e al suo discorso1:
« (...) Egli lo afferra e lo chiude, vigorosamente, nel pugno destro. Protende il braccio verso
l’alto, e osserva, attentamente, lo scettro prezioso; poi lo porge, nel gesto, alla folla. Il segno è
maestoso, superbo. Gli occhi della moltitudine sono fissi, come per un ipnosi. Egli è lassù, fiero
per l’insegna, grato per il dono. Nel suo gesto è, ancora una volta, la comunione del condottiero
con le moltitudini.”
L’opera era stata commissionata nel 1928 ad Alfredo Ravasco, celebre orafo milanese,
che lo aveva eseguito e presentato alla critica d’arte prima della consegna2. La notizia della
consegna era stata quindi diramata, mentre non era stata diffusa alcuna immagine sull’aspetto
del “bastone”.
Il cronista della cerimonia non riporta alcun cenno sull’aspetto particolarmente prezio-
so e originale del bastone, nè riguardo ai dettagli ornamentali, nè alla sua materia o al cele-
bre artefice. Per il presidente della Federazione provinciale milanese dei mutilati, Alessandro
Gorini, il bastone era “il segno che consacra questa nostra memoria, questa nostra fede, nel
chiaro simbolo materiato dall’arte dell’orafo italiano”.
L’omissione può essere forse dovuta alla ben nota noncuranza o indifferenza da parte
di Mussolini nei confronti degli oggetti preziosi e del denaro in genere. Numerosissimi doni
curiosi, esotici e preziosi ricevuti da ogni parte del mondo venivano conservati nel “museo”
della Rocca delle Caminate3. Nel 1923, ad esempio, sono ricordati dalla stampa doni di og-
getti artistici che hanno il compito di sottolineare il ruolo di condottiero del duce, come è
il caso “dell’omaggio di un astuccio in mogano rappresentante il fascio littorio e contenente
uno scettro in ebano finemente scolpito”, offerta dallo scultore Mario Virzi, “opera veramente
mirabile che attesta delle rare ed elevate sue qualità di artista”4.
Il racconto della storica giornata e dell’offerta di quel “simbolico” dono si concentra
piuttosto sul valore del segno, quel “bastone” assurto a simbolo di vittoria. Un segno di pote-
re e di controllo dell’Italia e degli italiani, dei protagonisti della cerimonia, della folla e della
ritualità delle parole e dei gesti5. Più di ogni altra cosa, per il cronista contano le parole di
Mussolini, che accetta il dono come “bastone della mia obbedienza allo spirito della vittoria
e alla volontà della patria”6. Più di recente, lo storico del fascismo Emilio Gentile ha guardato
con particolare interesse a quella cerimonia, in cui la mitologia fascista consacra il suo capo
come “principale protagonista e artefice dell’intervento e della vittoria” e solennizza il rituale
“laico” del culto del littorio. La data scelta per la cerimonia, il 22 maggio, cade a ridosso del
rito del 24 maggio, consacrato nel calendario fascista al culto della vittoria e del littorio7. Una
folla convenuta venera i simboli creati dal regime fascista su misura “dell’uomo che tutta l’I-
talia, dai capi, ai più umili gregari... adorano quasi come un mito e come un’idea”8.
Tav. I – Cartolina postale raffigurante il bastone di maresciallo d’Italia conferito a Padova il 14 giugno 1925 dal re
Vittorio Emanuele III a Luigi Cadorna e ad Armando Diaz. Collezione privata.
La preziosità del “simbolico bastone del comando” e il suo valore di opera d’arte sono
invece richiamati in altre fonti coeve, che ne richiamano il valore di opera d’arte8 e che lo
descrivono come “opera concepita ed eseguita da Alfredo Ravasco”, formata “in malachite,
con decorazioni alle estremità di motivi architettonici in oro cesellato, smaltato e adorno di
pietre preziose”9.
La prima presentazione pubblica del bastone di comando, il contesto ideologico della
committenza a Ravasco e le motivazioni della dedica a Mussolini, la sua descrizione e la sua
raffigurazione tramite fotografie di sezioni e di dettagli, vengono invece affidati ad un opu-
scolo stampato a Milano nel 1929, in occasione del Decennale della Vittoria, e intitolato A
Benito Mussolini i mutilati di guerra di Milano interpreti della prima città dell’intervento e
della vittoria10.
L’opuscolo, sinora inedito, è conservato in quattro copie al Museo del Risorgimento di
Milano, che ci ha fornito le illustrazioni dell’aspetto originario dell’opera di Ravasco qui ri-
prodotto11 (figg. 1-3; tavv. II, IV). Grazie alla preziosa collaborazione del Museo, siamo oggi
in grado di documentare la definitiva e incontrovertibile identificazione del reperto conser-
vato nel fondo “Medagliere Mussolini” depositato in Tesoreria Centrale dello Stato presso la
Banca d’Italia e descritto come “trofeo per asta in oro, pietre, rosette, smeraldi, rubini”12 con
“la parte di testa” del bastone di comando di Mussolini descritto nell’opuscolo del 1929, ossia
con quello che si era ritenuto erroneamente, all’epoca della Liberazione e dell’inventario del
medagliere in Prefettura, “il labaro del partito fascista”13.
Inoltre, il documento consente non solo di inquadrare finalmente nel suo corretto con-
testo ideologico, storico e storico artistico il bastone del comando, ma permette di datare con
più precisione la dedica dell’opera di Alfredo Ravasco al 1929, un anno prima della cerimonia
di consegna14. Nel 1928 ricorrevano il decimo anniversario di Vittorio Veneto e la celebrazio-
ne della guerra e della vittoria, temi che costituiranno l’anima stessa della rivoluzione fascista
e il fondamento ideologico della preziosa opera offerta a Mussolini15. La dedica in forma di
targa riportata nel frontespizio consacra l’offerta: “A Benito Mussolini i Mutilati di guerra di
Milano interpreti della prima città dell’intervento e della vittoria”16 (fig. 1).
L’opera commissionata all’orafo milanese Ravasco si differenziava sostanzialmente,
nell’aspetto e nel valore simbolico, dai “bastoni del comando” che erano stati offerti su ini-
ziativa di comitati e associazioni in Italia e all’estero per onorare i comandanti Luigi Cadorna,
Armando Diaz ed Enrico Caviglia, insigniti del grado di “marescialli d’Italia”, istituito nel 1924
da Benito Mussolini17. Questi ultimi bastoni, infatti, avevano in comune la tradizionale forma
a scettro, ed erano decorati dalla croce sabauda lungo tutta la colonna18 (tav. I). In particolare,
il bastone offerto dagli Italiani d’America a Enrico Caviglia era adagiato su una base decorata
con tre aquile romane19.
L’opuscolo, dopo la dedica, riportava la trascrizione del celebre “Bollettino della Vitto-
ria” del Comandante Diaz, datato al 4 novembre 1918, e della “Proclamazione della Marcia
su Roma”, firmato dal Quadrumvirato e datato al 28 ottobre 192220. Due eventi cruciali che
segnavano la premessa e l’avvio della rivoluzione fascista e che caratterizzavano lo sfondo
ideologico e l’apparato iconografico e decorativo dell’opera commissionata all’orafo Rava-
sco21.
La descrizione del bastone del comando che l’opuscolo ci restituisce aiuta a inter-
pretare correttamente la rappresentazione del manufatto nel suo insieme e nei dettagli
ornamentali (fig. 3; tav. II). La presenza di simboli come l’aquila romana entro corona,
ispirata alle antiche insegne militari (tav. VI), i rostri, i leoni alati sono un esplicito richia-
mo al linguaggio espressivo dei temi della vittoria, della gloria militare e del martirio, ri-
corrente nell’arte monumentale e decorativa per i caduti della grande guerra22. (tav. V; fig.
4). L’insegna militare con l’aquila romana entro corona e il leone verranno rappresentati,
ad esempio, da Sindoni Turillo per il Monumento ai caduti della prima Guerra mondiale,
collocato a Roma, nel Palazzo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, inaugurato nel
191923 (fig. 4).
Fig. 3 – Alfredo Ravasco, “Bastone del comando” offerto a Benito Mussolini dalla Federazione Milanese Mutila-
ti e Invalidi di Guerra. Da Bastone del comando 1929. Foto di Luca Postini. © Milano, Pinacoteca di Brera (in
deposito presso Palazzo Moriggia |Museo del Risorgimento).
L’ispirazione più diretta per l’opera commissionata a Ravasco dalla Federazione Mi-
lanese dei Mutilati sembra provenire più direttamente da un altro monumento, eretto in
quello stesso anno, che venne scelto come modello più consono per il valore simbolico
del bastone e per il destinatario del dono, presentato dalla propaganda come il principale
fautore, artefice e protagonista della vittoria e promotore della gloria militare dell’Italia:
Benito Mussolini.
L’ara dei Caduti Dalmati a Zara, eretta nel 1928, venne progettata nel 1927 secondo
direttive ben precise, in un luogo divenuto simbolo di anelito all’italianità, culla dell’irre-
dentismo, glorificato nel 1919 dall’eroico sbarco delle truppe italiane e di D’Annunzio24.
Un’aquila legionaria, quattro rostri recuperati da navi romane, ai quali si accostavano i
leoni alati di Venezia, parte dell’apparato decorativo di sedili e di basi del parco in cui si
ergeva l’ara25.
L’evocazione della potenza marittima di Roma antica prima e della Repubblica di Ve-
nezia poi erano i più fulgidi esempi per esaltare la vocazione dell’Italia fascista di potenza
marinara e di gloria militare, alla base della politica espansionistica di Mussolini26. I versi
di Gabriele D’Annunzio iscritti nella targa posta accanto ai rostri, «O mare non mi rendere
i miei morti, né le mie navi, rendimi la Gloria» (tav. V), da uno dei suoi Canti della guerra
latina del 191827, consacravano la vittoria sulle teste dei Caduti Dalmati, così come il “ba-
stone del comando” la consacrava simbolicamente nelle mani del capo del fascismo.
Tav. III – Gemme augustee esposte alla Mostra Augustea della Romanità del 1937. Da Mostra augustea 1938, tav. XXXI.
Tav. IV – Uno dei quattro “grandi cammei” in malachite, raffiguranti aquile romane, che adornavano la base architet-
tonica del “bastone del comando” offerto a Mussolini. Da Bastone del comando 1929. Foto di Luca Postini. © MRM.
Tav. V – L’ara ai Caduti Dalmati a Zara in una cartolina d’epoca. Sono visibili l’aquila romana, i rostri, i leoni alati.
Collezione privata.
Tav. VI – Insegne militari (ricostruzioni) esposte alla Mostra Augustea della Romanità del 1937. Da Mostra augu-
stea 1938, tav. XLVII.
NOTE
1
La cronaca e i testi dei discorsi pronunciati alla cerimonia di consegna sono riportati in Mussolini, Opera
omnia, vol. XXIV, pp. 243-244. V. infra, Appendice documentaria, IV.
2
Venturelli 2015, p.121, che confronta il cofanetto in malachite datato al 1938 con quello del simbolico
bastone del comando descritto da Y. Maraini nel catalogo delle opere di Ravasco esposte all’Esposizione di
Venezia del 1930: cfr. Maraini 1930.
3
Sull’”inventario” del “museo” della Rocca delle Caminate, v. supra, Il medagliere tra pubblico e privato.
1922-1943.
4
Da Il Popolo d’Italia, N. 135, 7 giugno 1923: Mussolini, Opera omnia, vol., XVIII, p. 373
5
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIV, pp. 243-244. V. infra, Appendice documentaria, IV.
6
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIV, p. 244.
7
Gentile 2001, p. 72.
8
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIV, p. 243.
9
V. l’opuscolo Bastone del comando 1929: infra, Appendice documentaria, IV.
10
Ibidem.
11
Un doveroso ringraziamento alla dottoressa Patrizia Foglia e al fotografo Luca Postini, che ha eseguito le
riprese fotografiche delle immagini dell’opuscolo alla massima risoluzione consentita.
12
La definizione del bastone come “trofeo d’asta” risale al momento dell’inventario della Prefettura di Como
alla quale i partigiani consegnarono la “bisaccetta” di cuoio contenente il “medagliere” di Mussolini: si veda
supra, Il ritrovamento a Como. Cronaca e storia. 1945 e Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e
catalogo.
13
si veda supra, Il ritrovamento a Como. Cronaca e storia. 1945.
14
Non abbiamo ulteriori notizie che ci consentano di datare l’anno preciso della committenza. Si v. anche,
a questo proposito, Venturelli 2015.
15
Gentile 2001, pp. 72 ss.
16
V. l’opuscolo Bastone del comando 1929: infra, Appendice documentaria, IV.
17
Come sostenuto da Venturelli 2015, p. 131, che pubblica a p. 132 tre schizzi a penna del “bastone del co-
mando” offerto al maresciallo d’Italia Enrico Caviglia (1862-1945). L’istituzione dell’onorificenza, di natura
militare e non cavalleresca, aveva creato una certa irritazione nel sovrano, come ricorderà Mussolini nel
1944.
18
Venturelli 2015, p. 132.
19
Il bastone, offerto al generale su iniziativa dei Liguri delle colonie italiane dell’America Latina, è riprodot-
to in una notizia pubblicata su “Rassegna d’Europa” agosto 1927, p. 33.
20
V. l’opuscolo Bastone del comando 1929: infra, Appendice documentaria, IV.
21
V. l’opuscolo Bastone del comando 1929: infra, Appendice documentaria, IV. Gentile 2001, p. 70, sottoli-
nea la coincidenza della celebrazione dei due eventi nel calendario della liturgia fascista.
22
Sul tema del martirio esaltato nella Mostra della Rivoluzione Fascista del 1932, Gentile 2017, pp. 173 ss.
23
V. Vidotto, Tobia, Brice-Argos 1998, pp. 105-106.
24
Sul monumento, Dragoni, Mlikota 2018, pp. 179-194 e più di recente, Boschi Morestori 2021, pp. 151-155.
25
V., in particolare, Dragoni, Mlikota 2018, p. 189, fig. 7.
26
Boschi Morestori 2021, pp. 151-155. Significativi, a questo proposito, il ruolo che Mussolini ricoprì a lungo
come Ministro della Marina e la presenza della medaglia commeorativa dell’Accademia navale di Livorno
nel suo ultimo medagliere (cat. 5).
27
I versi erano incisi sul muro del bastione nei pressi del monumento, tra i rostri: Dragoni, Mlikota 2018,
p. 188.
Non siamo in grado di ricostruire, allo stato attuale, l’originaria composizione del me-
dagliere “storico” di Mussolini, di cui la memorialistica ci testimonia la rilevante consistenza,
nè la successiva dispersione1.
Ignoriamo infatti la sorte delle altre medaglie e decorazioni lasciate da Rachele Mus-
solini a Villa Torlonia, ossia di quelle escluse dalla selezione che ritroviamo nel più ristretto
medagliere trasportato alla Rocca delle Caminate e poi a Gargnano2.
Se la storiografia e la memorialistica hanno dedicato ampio spazio alla famosa valigia di
cuoio con i documenti segreti che Mussolini aveva portato con sè nella fuga prima di essere
fucilato, scarsa attenzione ha ricevuto sinora il ruolo svolto in più occasioni da sua moglie
Rachele (tav. I), nell’assicurare costantemente il trasporto e la salvaguardia del medagliere
del marito da Villa Torlonia a Rocca delle Caminate nel 1943 e nell’aprile del 1945, a Como,
nella fuga degli ultimi giorni verso il confine con la Svizzera3.
Il 1 settembre 1943, mentre Mussolini si trova ancora in arresto a Campo Imperatore,
Rachele, prelevata a Villa Torlonia dal generale Polito che deve accompagnarla alla Rocca del-
le Caminate, chiede all’ufficiale di poter portare via, in una piccola valigia, solo la cassetta con
le decorazioni, con tutta probabilità già selezionate, insieme a pochi vestiti, come dichiarerà
nella denuncia presentata nel 1944 a Gargnano4:
Nessuna perquisizione venne operata nel mio domicilio. Chiesi ed ottenni di portare con me,
unica ricchezza in casa Mussolini, le decorazioni di mio marito nel mio piccolo bagaglio, in
quella stessa piccola valigia che il Generale Polito tante volte, in passato, aveva voluto portare
per me, dichiarandosi onorato di farlo. (...).
Rachele è l’ultima depositaria delle volontà del marito, il quale, come lei stessa ricorderà
nel dopoguerra, avrebbe voluto i suoi libri, le sue decorazioni, e i doni che aveva ricevuto da
ogni parte del mondo riuniti in un “museo dei ricordi mussoliniani” alla Rocca5. E sarà anche
l’ultima custode della cassetta con le decorazioni del marito, come dimostra la presenza del
suo modesto patrimonio di ornamenti e ricordi personali6 (cat. 21-25).
Il contenuto della cassetta verrà poi nascosto a Villa Mantero, dove Rachele soggiornerà
dal 25 aprile insieme ai figli Romano e Anna Maria, e che lascerà di notte per raggiungere in
macchina il confine con la Svizzera, da cui sarà respinta. Dal confine Rachele e i figli ritor-
neranno indietro e troveranno riparo presso la villetta di un fascista alla periferia di Como7.
Il pomeriggio del 29 aprile Rachele verrà arrestata e il suo bagaglio perquisito8:
Il commissario mi ordinò di aprire le poche valigie che avevo portato con me da Gargnano, per
accertarsi che non contenessero documenti e gioielli.”
Nella stessa giornata, il medagliere verrà ritrovato dai partigiani dentro un sacco nella
rimessa di Villa Mantero. Verrà poi consegnato alla prefettura di Como e quindi trasferito
alla Banca d’Italia prima a Como e dopo a Roma, nella Tesoreria Centrale dello Stato, in cui
rimarrà depositato sino ai nostri giorni9.
NOTE
1
V. supra, Il medagliere tra pubblico e privato. 1922-1943.
2
Ibidem.
3
Mussolini R. 1958.
4
Bertoldi 1976, p. 377-378, che riporta la trascrizione della denuncia di Rachele Mussolini contro il questore
Saverio Polito. Sulla denuncia si veda anche la versione di Rachele Mussolini in Mussolini 1958, p. 202, che
indica la data del 2 luglio.
5
Mussolini 1958, p. 255. La collezione dei “doni” ricevuti da Benito Mussolini, conservata nella torre nella
residenza alla Rocca delle Caminate, fu saccheggiata “tra la ritirata dei tedeschi e l’avanzamento degli alle-
ati”: v. Canali, Volpini 2019.
6
Supra, Il deposito “Medagliere Mussolini”. Inventario e catalogo.
7
Mussolini 1958, pp. 263 ss.
8
Mussolini 1958, p. 275.
9
Supra, Il deposito “Medagliere Mussolini” in Banca d’Italia. 1945-2023.
Documento n. 1
Vittorio Emanuele II per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia Capo e Sovrano
dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata.
L’Ordine supremo del Collare di Savoia, fondato dal glorioso e vittorioso Nostro precedessore
Amedeo VI nell’anno 1362, ebbe nel 1409 da Amedeo VIII i primi statuti, che si conoscano, i
quali vennero successivamente ampliati e riformati da Carlo III nel 1518 e da Emanuele Fili-
berto nel 1570, e poscia da altri Sovrani.
Carlo III nelle riforme del 1518 aggiunse ai primi quindici originari cavalieri e compagni altri
cinque; e pose nel vano formato dai tre nodi d’amore pendenti dal collare che si portava so-
pra la gorgiera l’immagine della SS. Annunziata, da cui allora prese il nome.
Questa suprema ricompensa di eminenti servigi che induceva una specie di religiosa e mili-
tare fraternità tra il Capo e Sovrano dell’Ordine ed i suoi compagni era riservata solamente
ai guerrieri che più si fossero segnalati nella professione delle armi, e per ottenerla, oltre al
merito dei servigi, si richiedeva la distinzione di illustri natali. Se non che col volgere dei
tempi si riconobbe giusto di non privarne coloro che avevano reso alla patria eminenti servigi
in alte cariche civili, e di non richiedere, quando non esisteva una gran distinzione d’opere,
quella ancor del casato.
Similmente gli straordinari privilegi politici ed economici dai quali era accompagnato il grado
di cavaliere dell’Annunziata si ravvisarono col progredire delle sociali istituzioni meno con-
formi al buon vivere civile e vennero di fatto di mano in mano in diritto od in fatto aboliti.
Ora, dopo la trasformazione della monarchia di Savoia in Regno Costituzionale d’Italia, non
possiamo che rallegrarCi di trovar confermate in fatto le osservanze di questo nobilissimo
Ordine colle presenti liberali istituzioni e solo Ci rimane a stabilire come regola ciò che era
eccezione, e ad aggiungere qualche disposizione relativa alle prerogative ed agli obblighi dei
cavalieri. Al che volendo Noi provvedere, quindi che è di Nostro moto proprio, come Capo e
Sovrano dell’Ordine e sentito il parere dei Nostri Cugini, li cavalieri dell’Ordine stesso,
Abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue:
Art. 1 (1)
Il numero dei Cavalieri dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata sarà, come per lo passato,
di venti, nel novero dei quali non si computano secondo gli Statuti e le osservanze antiche,
né la persona del Capo e Sovrano, né quella del Principe Ereditario. Similmente non fanno
numero né gli ecclesiastici, né i forestieri.
Appendice documentaria
Tav. I – Musei Reali, Torino, Palazzo Reale. Gran collare dell’ordine della Santissima Annunziata, XIX secolo, oro,
metallo e smalti. © Su concessione MiC – Musei Reali.
Appendice documentaria
Tav. II – Musei Reali, Torino, Palazzo Reale – Collare piccolo dell’Ordine della SS. Annunziata, XIX secolo. © Su
concessione MiC – Musei Reali.
Appendice documentaria
Art. 2
Le scelte cadranno, a seconda dei casi, fra i personaggi segnalati per eminenti servigi nelle
alte cariche militari, fra quelli più distinti nelle alte cariche civili ed anche fra i personaggi
che nella vita privata abbiano acquistato universalmente nome e autorità di luminari d’Italia
o benefattori insigni della Nazione.
Art. 3
Il Ministro degli affari esteri continua ad esercitare l’ufficio di segretario dell’Ordine ed a pren-
dere e fare eseguire i Nostri comandi in tutti gli affari che al medesimo si riferiscono (2).
Art. 4
I Cavalieri dell’Ordine supremo usano due collane: una grande, l’altra minore.
Portano la grande il primo giorno dell’anno, il giorno della festa della SS. Annunziata e in
tutte le grandi feste e solennità nazionali o nelle grandi funzioni di Corte.
Portano le minori in ogni altra occasione di rappresentanza.
Essi portano inoltre alla parte sinistra del petto una stella d’oro in cui è effigiata Maria Santis-
sima Annunziata, in conformità di quanto prescrisse Madama Reale Maria Giovanna Battista
Duchessa Reggente di Savoia nel capitolo dell’Ordine da lei tenuto il dì 24 marzo 1680.
Art. 5
Alla morte di ciascun cavaliere gli eredi restituiscono al Re la Gran Collana che il defunto
aveva da lui ricevuta.
Art. 6
I cavalieri dell’Ordine della SS. Annunziata godranno di tutte le prerogative, distinzioni e pre-
minenze dichiarate nel Nostro decreto del 19 aprile 1868.
Art. 7
Nella qualità che rivestono i Nostri cugini, saranno, a preferenza di ogni altro Grande Uffi-
ziale dello Stato, chiamati ad assistere come testimoni negli atti che concernono la nascita, il
matrimonio, la morte dei Principi di Nostra Casa.
Sono similmente chiamati a prender parte a tutte le altre funzioni di Corte nelle quali pren-
deranno posto immediatamente dopo i Principi Reali.
Art. 8
La scelta dei cavalieri ed Uffiziali dell’Ordine appartiene esclusivamente al Capo e Sovrano di
esso; nondimeno quando vi sono vari posti vacanti il Re riunisce presso di sè il Capitolo dei
Cavalieri per sentirne il parere sui candidati che egli solo ha il diritto di proporre. Il Capitolo
può anche essere presieduto per delegazione del Capo Sovrano dal Principe Ereditario o da
altro Principe Reale, o dal decano dei Cavalieri.
Art. 9
Al Capitolo debbono intervenire col Capo e Sovrano o chi lo rappresenta, almeno sei Cavalie-
ri: chi preside dichiara il nome dei candidati; ciascuno può fare in proposito le osservazioni
che crede. Poi si delibera su ciascuna proposta per voto a scrutinio segreto, per via di schede
chiuse, in cui si scrive il nome del candidato proposto, accompagnato da un sì o da un no.
Il Presidente apre la scheda, legge successivamente i voti, e ne proclama infine il risultato. Si
intende sempre, peraltro, essere il voto del Capitolo meramente consultivo e segreto.
Art. 10
Nel giorno da Re Capo e Sovrano assegnato, il nuovo eletto si presenterà al suo cospetto, ed
ivi, in presenza di due o più Cavalieri, coll’intervento del segretario del’Ordine, genuflesso,
Appendice documentaria
colla mano sui sacri Evangeli, pronunzierà il giuramento secondo la formula costituzionale.
L’atto di giuramento sarà segnato da lui e dai Cavalieri presenti. Dopo ciò, l’eletto farà rive-
renza al Re Capo e Sovrano, che gli porrà la Collana al collo e gli darà l’abbracciata.
Art. 11
Nella sovranità della SS. Annunziata i Cavalieri sono radunati in forma solenne nella Cappella
Palatina, per ivi assistere ai Divini Uffizi ed invocare la benedizione del Cielo sul Re e sull’I-
talia.
In tale occasione uno dei Nostri cappellani adempierà l’Uffizio di Maestro delle cerimonie.
Art. 12
In occasione di feste, balli, pranzi solenni a Corte, i Cavalieri dell’Annunziata sono introdot-
ti nel Nostro Gabinetto, e Ci fanno corteggio, siccome quelli che godono il privilegio delle
grandi entrate.
Art. 13
Secondo il disposto dagli Statuti, sempre osservato sinora in quest’Ordine Supremo, avvenuto
il decesso di un Cavaliere, ne sarà dato avviso a ciascuno degli altri Cavalieri, fratelli e com-
pagni, dal Nostro Ministro degli affari esteri, invitandoli anche a suffragarne l’anima secondo
l’antica consuetudine ed il prescritto degli Statuti, quando pel culto dal defunto professato
ne sia il caso.
In ogni evento, i Cavalieri, quando non siano impediti e si trovino sul luogo, s’associeranno
al convoglio funebre.
Art. 14
Se mai avvenisse (il che Dio non voglia) che un Cavaliere fosse riconosciuto o per condanne
sofferte o per giudizio dei poteri competenti, avere mancato gravemente ai suoi doveri verso
la Nazione od il Re, o fallito all’onore, il Capitolo dell’Ordine avute le prove legali del reato,
ed in numero di dieci almeno e coi due terzi dei voti, ha facoltà, sentito l’imputato nelle sue
difese e per via di deliberazione scritta, approvato dal Capo e Sovrano, di cassarlo dal ruolo
dei cavalieri.
Questa deliberazione verrà notificata a diligenza del segretario dell’Ordine all’imputato, con
divieto di fregiarsi delle insegne di cui è stato privato, e colla minaccia in caso di trasgressio-
ne, di incorrere le pene stabilite dal Codice penale.
Art. 15
La presente Carta Reale sarà inserita nel Libro degli Statuti, registrata al Ministero degli affari
esteri e comunicata a ciascheduno dei cavalieri dell’Ordine ed al Prefetto del Palazzo.
Vittorio Emanuele
L.F. Menabrea
Cavaliere e Segretario dell’Ordine Supremo
NOTE
1
V. modificazioni apportate da R.D. 14 marzo 1924, n. 300.
2
Legge 24 dicembre 1925, n. 2263:
Art. 5 – Il Capo del Governo....è altresì, di diritto, segretario dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata.
3
Il R.D. 19 aprile 1868, n. 4349, è stato abrogato dall’art. 13 del R.D. 16 dicembre 1927, n. 2210.
Appendice documentaria
Documento n. 2
Art. 1 (1)
L’Ordine delle precedenze a Corte e nelle pubbliche funzioni delle autorità appartenenti alle
prime sei categorie è stabilito nel modo seguente:
Categoria I
1a – Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato.
2a – Cavalieri dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata
1. Così modificato dall’art. 1 del R.D. 22 dicembre 1930, n. 1757
.................................
Art. 2
Il Capo del Governo primo Ministro prende il primo posto nella categoria prima. I cardinali
precedono i Cavalieri dell’Ordine supremo della SS. Annunziata (1) .....
Art. 3
Nei ricevimenti e nelle pubbliche funzioni cui si interviene in corpo, si seguirà l’ordine se-
guente:
1° – Capo del Governo Primo Ministro
2° – Cavalieri dell’Ordine Supremo della SS.Annunziata (...)
Art. 4
Ai Cavalieri dell’ordine Supremo della SS. Annunziata sono conservati il trattamento di Nostri
Cugini e le altre prerogative delle quali godono attualmente. (...)
Le Consorti del Capo di Governo Primo Ministro e di Cavalieri dell’Ordine Supremo della SS.
Annunziata hanno il titolo di Eccellenza ed un posto distinto a Corte. (...)
Attribuzioni riguardanti l’Ordine Supremo della SS. Annunziata deferite al Presidente del Con-
siglio dei Ministri (Regio Decreto 7 aprile 1889, n. 6050).
Art. 1 – Le attribuzioni deferite al Ministro degli affari esteri dalla Carta Reale del 3 giugno del
1869, saranno esercitate dal Presidente del Consiglio dei Ministri (1).
Art. 2 – Le grandi collane dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata saranno custodite dal te-
soriere dell’Ordine Mauriziano. I diplomi originali e il libro dei Cavalieri dell’Ordine Supremo
della SS. Annunziata saranno depositati nell’archivio della Presidenza del Consiglio.
Appendice documentaria
Art. 3
.................................................
La legge 24 dicembre 1925, numero 2263, stabilisce che il Capo del Governo è di diritto
(1)
Art. 1
– All’art. 1 della sopra mentovata Carta Reale (3 giugno 1869) è sostituito il seguente:
art. 1 – Il numero dei cavalieri dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata sarà, come per lo
passato, di venti. Nel novero di questi non si computano:
1° – Il Capo e Sovrano;
2° – i Principi suoi parenti della linea paterna sino al quarto grado incluso;
3° – gli ecclesiastici;
4° – gli stranieri.
Appendice documentaria
Documento n. 1
R.D. 15 aprile 1926, n. 718 (1). Approvazione del regolamento per l’esecuzione della
legge 10 dicembre 1925, n. 2277 (2) sulla protezione e l’assistenza della maternità
e dell’infanzia.
È approvato il regolamento per l’esecuzione della legge 10 dicembre 1925, n. 2277 (2),
annesso al presente decreto e visto, d’ordine Nostro, dal Ministro proponente. Regolamento
per l’esecuzione della legge 10 dicembre 1925, n. 2277 (2) per la protezione e l’assistenza
della maternità e dell’infanzia (3).
Documento n. 2
Il Discorso dell’Ascensione1
Nella 220a riunione, tenutasi il 7 maggio 1927 (ore 10-12.30), il Consiglio dei ministri appro-
verà «importanti provvedimenti per la disciplina del credito nel Mezzogiorno e per la difesa
del consumatore». (Da Il Popolo d’Italia, N. 109, 8 maggio 1927, XIV).
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Tav. I – Opera Nazionale per la protezione della Maternità e Infanzia. Circolari diramate negli anni 1928-1931. Roma
1932. Collezione privata.
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D’altra parte, dopo questo discorso, mi riprometto di collocare sulla lingua, non già il solito
bue ateniese, ma un paio di buoi; e non parlerò se non l’anno venturo.
Nell’anno venturo io non farò eh! inserire; inserire (si ride) nel mio discorso di domani tutte
quelle che saranno state le variazioni intervenute nel frattempo.
Ma prima di entrare nel vivo della materia, prima di prendere quota, in questo che sarà il
discorso del ministro degli Interni, quindi senza troppe variazioni dottrinarie o svolazzi reto-
rici, voglio porgere il mio ringraziamento al relatore, non già perché sia una consuetudine,
ma perché io sento il dovere di tributargli un elogio. E voglio, nello stesso tempo, ringraziare
tutti i miei collaboratori nell’amministrazione degli Interni, a cominciare dal sottosegretario
Suardo, uomo probo e fedele (« benissimo!»), fedele come sanno essere gli uomini della sua
terra. Il mio discorso si divide in tre parti: primo, esame della situazione del popolo italiano
dal punto di vista della salute fisica e della razza; secondo, esame dell’assetto amministra-
tivo della nazione; terzo, direttive politiche, generali attuali e future dello Stato.
Qualcuno, in altri tempi, ha affermato che lo Stato non doveva preoccuparsi della salute fisica
del popolo. Anche qui doveva valere il manchesteriano «lasciar fare, lasciar correre». Questa
è una teoria suicida. È evidente che, in uno Stato bene ordinato, la cura della salute fisica del
popolo deve essere al primo posto.
Come stiamo a questo proposito? Quale è il quadro? La razza italiana, cioè il popolo italiano
nella sua espressione fisica, è in periodo di splendore, o vi sono dei sintomi di decadenza?
Se lo sviluppo retrocede, quali sono le possibili prospettive per il futuro? Questi interrogativi
sono importanti non solo per i medici di professione, non solo per coloro che professano le
dottrine della sociologia, ma soprattutto per gli uomini di Governo. Ora, il quadro, a questo
proposito, è abbastanza grigio. I dati che mi sono riferiti dalla Direzione generale di Sanità,
diretta dall’egregio professore Messea, il quale fa il suo lavoro avendo novantuno impiegati
di meno di quelli che gli sarebbero consentiti dall’organico, sono mediocri.
Le malattie sociali sono in sviluppo, e ci sono dei sintomi sui quali è opportuno far riflettere
voi e far convergere l’attenzione di coloro che hanno senso di responsabilità, tanto al centro
che alla periferia. Le malattie cosiddette sociali segnano una recrudescenza. Bisogna preoc-
cuparsene, e preoccuparsene in tempo.
Intanto, che cosa ha fatto la Direzione generale di Sanità? Moltissime cose, che io vi leggo,
non foss’altro per la documentazione necessaria.
Si è, prima di tutto, intensificata la difesa sanitaria alle frontiere marittimee terrestri della na-
zione. Sotto la diretta sorveglianza degli organi della Sanità pubblica si sono derattizzati nove-
mila bastimenti, cioè si sono uccisi quei roditori che portano dall’Oriente malattie contagiose:
quell’Oriente donde ci vengono molte cose gentili, febbre gialla e bolscevismo.
(Si ride). Ci siamo occupati della professione sanitaria, dell’assistenza sanitaria, dell’igiene
scolastica, dei servizi antitubercolari, della lotta contro i tumori maligni, della vigilanza sugli
alimenti e bevande, delle opere igieniche (acquedotti e fognature), delle sostanze stupefacen-
ti, delle specialità medicinali e finalmente dei consorzi provinciali antitubercolari.
Tutto questo, probabilmente, non vi dice gran che. Ma passiamo alle cifre, eh sono sempre
interessanti.
Intanto, si può oggi annunciare che una malattia sociale, la quale gravava sulla popolazione
italiana da almeno un quarantennio, è totalmente scomparsa. Parlo della pellagra. In cifre
assolute, per pellagra ci furono centonovantotto morti nel 1922; nel 1925 erano discesi a cen-
totto. Nel Veneto, che era la regione più colpita, si ha 1,3 morto per ogni centomila abitanti;
si può quindi dire, oggi, che la nazione italiana ha vinto definitivamente questa battaglia.
Ma non altrettanto può dirsi per la tubercolosi. Questa miete ancora abbondantemente. Sono
cifre terribili, che debbono far riflettere. Vanno da un minimo di cinquantaduemiladuecen-
tonovantatre nel 1922, a cinquantanovemila nel 1925. La regione che è la più colpita è la
Venezia Giulia; quella che è meno colpita la Basilicata. Altrettanto notevole è il numero di
coloro che sono colpiti dalle infermità dovute ai tumori maligni. Qui la regione più colpita è
la Toscana; la meno colpita, fortunatamente, è la Sardegna, la quale Sardegna paga però un
tributo tristissimo e amplissimo alla malaria.
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Tav. II – Museo della Zecca. Vittorio Emanuele III, 5 lire argento (r/), 1940. © Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
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Le cifre assolute dei morti per malaria non sono gravi e segnano una diminuzione. Vanno da
quattromilaottantacinque nel 1922 a tremilacinquecentoottantotto nel 1925. Qui la Sardegna
ha il primato: novantanove morti ogni centomila abitanti.
Un altro fenomeno sul quale bisogna richiamare l’attenzione dei cittadini consapevoli, è quel-
lo della mortalità per alcoolismo. Non vorrei, a questo punto, che gli organizzatori del recente
congresso antiproibizionista temessero alcunché dalle mie parole.
Io non solo non credo all’astinenza assoluta; penso anzi che, se ragionevoli dosi di alcool
avessero fatto molto male al genere umano, a quest’ora l’umanità sarebbe scomparsa o quasi,
perché liquidi fermentati si bevono fin dai tempi preistorici. Però non vi è dubbio che in Italia
si comincia a bere troppo egregiamente. (Ilarità).
Il Mortara, nelle sue Prospettive economiche, ci fa sapere che l’Italia ha tre milioni di ettari
dedicati a vigna; un milione di più di quello che non ne abbiano la Francia e la Spagna, che
sono, come sapete, paesi produttori mondiali di vino. I morti per alcoolismo non sono una
cifra eccessiva; si va da seicentosessantaquattro nel 1922 a milletrecentoquindici nel 1925; e
i quozienti più alti sono nelle Marche, nella Liguria, nel Veneto, nell’Umbria, nel Piemonte,
negli Abruzzi, nell’Emilia. Qui si è affacciato il problema della riduzione degli spacci, che
erano moltissimi: centottantasettemila osterie in Italia! Ne abbiamo chiuse venticinquemila, e
procederemo energicamente in questa direzione ancheperché noi lo possiamo fare. Siccome
noi, probabilmente, non avremo più occasione di sollecitare voti dagli osti e dai loro clienti
(ilarità); come accadeva durante il medioevo democratico-liberale (risa), possiamo permet-
terei il lusso di chiudere questi spacci di rovinosa felicità a buon mercato. Anche la mortalità
per pazzia è in aumento, ed in aumento è il numero dei suicidi. Voi vedete da queste cifre che
il quadro, pur senza essere tetro e tragico, merita una severa attenzione. Bisogna quindi vigi-
lare seriamente sul destino della razza, bisogna curare la razza, a cominciare dalla maternità
e dall’infanzia. A questo tende l’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’in-
fanzia, voluta dall’onorevole Federzoni (e non è questo uno dei suoi ultimi meriti durante il
suo passaggio al ministero dell’Interno); Opera nazionale che oggi è diretta, con un fervore
che ha dell’apostolato, dal nostro collega Blanc.
Fatta la legge, organizzata l’Opera nel suo comitato centrale – che era troppo numeroso, ra-
gione per cui venne sciolto – e nei suoi comitati provinciali, bisogna finanziare quest’Opera.
Esistono nel paese cinquemilasettecento istituzioni che si occupano della maternità e dell’in-
fanzia, ma non hanno denaro sufficiente. Di qui la tassa sui celibi, alla quale forse in un lon-
tano domani potrebbe fare seguito la tassa sui matrimoni infecondi. (Approvazioni). Questa
tassa dà dai quaranta ai cinquanta milioni; ma voi credete realmente che io abbia voluto
questa tassa soltanto a questo scopo? Ho approfittato di questa tassa per dare una frustata
demografica alla nazione. Questo vi può sorprendere e qualcuno di voi può dire : «Ma come?
Ce n’era bisogno? »
Ce n’è bisogno.Qualche inintelligente dice: «Siamo in troppi». Gli intelligenti rispondono:
«Siamo in pochi». (Approvazioni).
Affermo che, dato non fondamentale, ma pregiudiziale della potenza politica, e quindi econo-
mica e morale delle nazioni, è la loro potenza demografica. Parliamoci chiaro: che cosa sono
quaranta milioni di italiani di fronte a novanta milioni di tedeschi e a duecento milioni di
slavi? Volgiamoci a occidente: che cosa sono quaranta milioni di italiani di fronte a quaranta
milioni di francesi, più i novanta milioni di abitanti delle colonie, o di fronte ai quarantasei
milioni di inglesi, più i quattrocentocinquanta.
milioni che stanno nelle colonie?
Signori! L’Italia, per contare qualche cosa, deve affacciarsi sulla soglia della seconda metà di
questo secolo con una popolazione non inferiore ai sessanta milioni di abitanti. (Approva-
zioni).
Voi direte: Come vivranno nel territorio? Lo stesso ragionamento, molto probabilmente, si fa-
ceva nel 1815, quando in Italia vivevano soltanto sedici milioni di italiani. Forse anche allora
si credeva impossibile che nello stesso territorio avessero potuto trovare, con un livello di vita
infinitamente superiore, alloggio e nutrimento i quaranta milionidi italiani di oggidì.
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Da cinque anni noi andiamo dicendo che la popolazione italiana straripa. Non è vero! Il fiu-
me non straripa più; sta rientrando abbastanza rapidamente nel suo alveo. Tutte le nazioni e
tutti gli imperi hanno sentito il morso della loro decadenza, quando hanno visto diminuire il
numero delle loro nascite. Che cosa è la pace romana di Augusto? La pace romana di Augu-
sto è una facciata brillante, dietro la quale già fermentano i segni della decadenza. E in tutto
l’ultimo secolo della seconda Repubblica, da Giulio Cesare, che mandò i suoi legionari muniti
di tre figli nelle terre fertili del mezzogiorno, alle leggi dì Augusto, agli ordines maritandi,
l’angoscia è evidente. Fino a Traiano tutta la storia di Roma, nell’ultimo secolo della Repub-
blica e dal primo al terzo secolo dell’Impero, è dominata da questa angoscia: l’Impero non si
teneva più, perché doveva farsi difendere dai mercenari.
Problema: queste leggi sono efficaci? Queste leggi sono efficaci, se sono tempestive. Le leggi
sono come le medicine: date ad un organismo che è ancora capace di qualche reazione, gio-
vano; date ad un organismo vicino alla decomposizione, ne affrettano, per le loro congestioni
fatali, la fine. Non si può discutere se le leggi di Augusto abbiano avuto efficacia. Tacito diceva
di no; Bertillon, dopo venti secoli, diceva di sì, in un suo libro molto interessante, dedicato
allo spopolamento della Francia. Comunque, sta di fatto che il destino delle nazioni è legato
alla loro potenza demografica. Quand’è che la Francia domina il mondo? Quando poche fami-
glie di baroni normanni erano così numerose che bastavano a comporre un esercito. Quando,
durante il periodo brillante della Monarchia, la Francia aveva questa orgogliosa divisa: Egale à
plusieurs; e quando, accanto ai venticinque o trenta milioni di francesi, non c’erano che pochi
tedeschi, pochi milioni di italiani, pochi milioni di spagnoli. Se vogliamo intendere qualche
cosa di quello che è successo negli ultimi cinquant’anni di storia europea, dobbiamo pensare
che la Francia, dal ’70 ad oggi, è aumentata di due milioni di abitanti, la Germaniadi venti-
quattro, l’Italia di sedici. Andiamo ancora nel profondo di questo problema che mi interessa.
Qualcuno ritiene – altro luogo comune che oggi si demolisce – che la Francia sia la nazione
a più basso livello demografico che vi sia in Europa. Non è vero. La Francia si è stabilizzata
sul diciotto per mille di natalità da circa quindici anni. Non solo, ma in certi dipartimenti
francesi vi è un risveglio della natalità. La nazione che tiene il primato in questa triste faccen-
da è la Svezia, che è al diciassette per mille, mentre la Danimarca è al ventuno, la Norvegia
al diciannove e la Germania è in piena decadenza demografica: dal trentacinque per mille, è
discesa al venti. Mancano due punti e sarà al livello della Francia. Anche l’Inghilterra non è
in condizioni brillanti. Nel 1926 il suo livello di natalità è stato il più basso d’Europa: sedici e
sette per mille. Delle nazioni europee, quella che tiene la palma, è la Bulgaria, col quaranta
per mille; poi vengono altre nazioni con livelli diversi; e finalmente vale la pena di occuparsi
dell’Italia. Il quinquennio di massima natalità fu tra il 1881 e il 1885, con trentotto nati vivi su
mille; il massimo fu nel 1886, con trentanove. Da allora siamo andati discendendo, cioè dal
trentasette o trentacinque per mille siamo discesi oggi al ventisette. È vero che di altrettanto
sono diminuite le morti; ma l’ideale sarebbe: massimo di natalità, minimo di mortalità. Molte
regioni d’Italia sono già al disotto del ventisette per mille. Le regioni che stanno al disopra
sono la Basilicata, ed io le tributo il mio plauso sincero, perché essa dimostra la sua virilità e
la sua forza. Evidentemente la Basilicata non è ancora sufficentemente infetta da tutte le cor-
renti perniciose della civiltà contemporanea. (Commenti). Vengono poi le Puglie, la Calabria,
la Campania, gli Abruzzi, il Veneto, la Sardegna, le Marche, l’Umbria il Lazio. Le regioni che si
tengono sul ventisette per mille sono l’Emilia e la Sicilia; al disotto la Lombardia, la Toscana,
il Piemonte, la Liguria, la Venezia Tridentina e Giulia. Nel 1925, la popolazione è aumentata di
quattrocentosettantamila abitanti nel 1926, di soli quattrocentodiciottomila. La diminuzione è
notevole. Questo ancora non basta. C’è un tipo di urbanesimo che è distruttivo, che isterilisce
il popolo, ed è l’urbanesimo industriale. Prendiamo le cifre delle grandi città, delle città che
si aggirano sul mezzo milionedi abitanti o lo superano. Non sono brillanti queste cifre. Tori-
no, nel 1926, è diminuita di cinquecento trentotto abitanti. Vediamo Milano: è aumentata di
ventidue abitanti. (Commenti). Genova è aumentata dicentosessantotto abitanti. Queste sono
tre città a tipo prevalentemente industriale. Se tutte le città italiane avessero di queste cifre,
fra poco saremmo percossi da quelle angosce che percuotono altri popoli. Fortunatamente
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non è così. Palermo ha quattromilacentosettantasette abitanti di più (parlo di quelli che na-
scono, non di quelli che vanno, perché questo è spostamento, non aumento); Napoli. Sei-
milaseicentonovantacinque e Roma tiene il primato con settemilanovecentoventicinque. Ciò
significa che mentre Milano in dieci anni crescerà di duecentoventi abitanti, Roma aumenterà
di ottantamila.
Ma voi credete che, quando parlo della ruralizzazione dell’Italia, io ne parli per amore delle
belle frasi, che detesto?
Ma no! Io sono il clinico che non trascura i sintomi, e questi sono sintomi che ci devono fare
seriamente riflettere. Ed a che cosa conducono queste considerazioni?
1. – Che l’urbanesimo industriale porta alla sterilità le popolazioni.
2. – Che altrettanto fa la piccola proprietà rurale.
Aggiungete a queste due cause di ordine economico la infinita vigliaccheria delle classi co-
siddette superiori della società. (Applausi).
Se si diminuisce, signori, non si fa l’impero, si diventa una colonia!·
Era tempo di dirle queste cose; se no, si vive nel regime delle illusoni false e bugiarde, che
preparano delusioni atroci. Vi spiegherete quindi che io aiuti l’agricoltura, che mi proclami
rurale; vi spiegherete quindi che io non voglia industrie intorno a Roma; vi spiegherete quin-
di come io non ammetta in Italia che le industrie sane, le quali industrie sane sono quelle che
trovano da lavorare nell’agricoltura e nel mare.
(Approvazioni).
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXII, pp. 360 ss.
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Documento n. 1
Caro Rocco,
richiamo la tua attenzione sulla lettera che il Santo Padre ha indirizzato a Sua Eminenza il cardi-
nale Gasparri, intorno alle relazioni tra lo Stato e la Chiesa, a proposito della progettata riforma
della legislazione ecclesiastica. La lettera, non solo per l’autorità altissima di chi la scrisse, ma
per le cose che contiene, è di capitale importanza, e ci costringe a meditare alquanto su quel
programma di politica ecclesiastica che il Governo fascista si è proposto fin dai primi giorni del
suo avvento al potere. Il documento odierno è stato preceduto da altre manifestazioni della San-
ta Sede, che ne rendono sufficentemente chiaro il significato. La Santa Sede, pur apprezzando il
profondo mutamento di indirizzo che il trionfo del fascismo ha segnato nella politica religiosa
dello Stato italiano, reputa che una sistemazione soddisfacente dei rapporti tra la Chiesa catto-
lica e lo Stato in Italia non possa conseguirsi, se non per via di accordo bilaterale, e che un ac-
cordo di tal fatta presuppone risoluto, d’intesa tra le due Potestà, il problema della sistemazione
giuridica della Santa Sede, come organo centrale, e pertanto, di sua natura supernazionale, della
Chiesa, il quale, per decreto della Provvidenza Divina, ha sede in Italia.
Il regime fascista, superando in questo, come in ogni altro campo, le pregiudiziali del liberali-
smo, ha ripudiato così il principio dell’agnosticismo religioso dello Stato, come quello di una
separazione tra Chiesa e Stato, altrettanto assurda quanto la separazione tra spirito e materia.
Con profonda fede nella missione religiosa e cattolica del popolo italiano, il Governo fascista ha
proceduto metodicamente, con una serie di atti amministrativi e di provvedimenti legislativi, a
restituire allo Stato e alla nazione italiana quel carattere di Stato cattolico e di nazione cattolica
che la politica liberale si era sforzata, durante lunghi anni, di cancellare. E ciò il regime fasci-
sta ha fatto con piena spontaneità e con assoluto disinteresse, senza esitazioni, né deviazioni,
anche quando i suoi sforzi erano misconosciuti o scarsamente riconosciuti, solo come adem-
pimento di un alto dovere, non come strumento, o, peggio ancora, come espediente politico.
È logico pertanto che il Governo fascista giudichi con piena serenità le attuali manifestazioni
della Santa Sede, e le reputi degne della più attenta considerazione. Non si può certo negare
a priori la possibilità di un migliore assetto giuridico dei rapporti tra la Santa Sede, consi-
derata come organo centrale e supernazionale della Chiesa cattolica, e lo Stato italiano, allo
scopo di meglio garantirne la libertà e l’indipendenza, anche per via di accordi bilaterali, e
anche se da tali accordi dovesse derivarne una revisione della legge delle guarentigie. Questa
sistemazione non potrebbe avere in via pregiudiziale altri limiti che quelli della esclusione di
ogni straniera ingerenza nei rapporti tra la Santa Sede l’Italia, e il rispetto della unità nazio-
nale e della integrità dello Stato.
Giunte le cose al punto in cui e il tempo e il procedere della storia e l’evoluzione spi-
rituale e politica del popolo italiano le hanno condotte, reputo non inutile che tu, coi
mezzi di informazione di cui disponi, prenda riservatamente notizia del punto di vista
odierno della Santa Sede, intorno alle forme che potrebbe assumere una soddisfacente
sistemazione giuridica dei suoi rapporti con lo Stato italiano. Ho sempre ritenuto il dissi-
dio tra la Chiesa e lo Stato funesto per entrambi; e storicamente fatale, in un tempo più o
meno lontano, il suo componimento. Se le notizie che stai per ricevere lo annunzieranno
prossimo, ne avrò profonda gioia. Se altrimenti fosse, continueremo, in attesa di tempi
migliori, a compiere, come per l’innanzi, con ferma coscienza, il nostro dovere di italiani
e di cattolici. Mussolini
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXII, p. 400.
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Documento n. 2
Eminenza,
con riferimento allo scambio di idee avvenute a mezzo dei nostri fiduciari consigliere Barone
e professor Pacelli in ordine alla possibilità di addivenire ad una definitiva ed irrevocabile si-
stemazione dei rapporti fra il Regno d’Italia e la Santa Sede, sistemazione la quale, assicuran-
do alla Santa Sede una posizione di sua soddisfazione, dia luogo al riconoscimento da parte
della medesima degli avvenimenti che culminarono nella proclamazione di Roma capitale del
Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia, mi è grato indirizzare a lei lo stesso consigliere
di Stato cavaliere di Gran Croce, dottor, professor Barone, cui conferisco l’incarico ufficiale di
trattare per la formale determinazione di detti rapporti.
Queste trattative, alle quali sono autorizzato da Sua Maestà il re, si svolgeranno da parte del
consigliere Barone con la più assoluta segretezza e ad referendum.
Nella fiducia che esse meneranno a risultato favorevole e che in tal modo potrà essere prepa-
rata una nuova era nei rapporti fra il Regno d’Italia e la Chiesa cattolica, mi è gradito inviare
a Vostra Eccellenza le espressioni del mio profondo ossequio. Mussolini
2
Mussolini, Opera omnia, vol. XXII, p. 410.
Documento n. 3
Fig. 3 – Attilio S. Motti, medaglia commemorativa raffigurante al dritto Mussolini e il Cardinal Gasparri che firmano i
Patti Lateranensi e al rovescio personificazione allegorica alata in atto di scrivere su libro, su cui è iscritto HISTO-RIA;
ai lati, busto del pontefice e del re. Da Calò 1973.
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mondiale. Notevole quello dell’Agenzia Havas, che afferma essere l’accordo colla Santa Sede
il più grande successo politico dell’Italia dal 1870 in poi. Avendo domandato al professor
Pacelli se ritenesse opportuno che anche nella stampa italiana si fosse data notizia della ri-
unione, ne ebbi preghiera di mantenere ancora il silenzio. Nel pomeriggio di ieri, accompa-
gnato dal professor Pacelli e dall’ingegner Cozza, presidente consigliere superiore dei Lavori
pubblici, ho compiuto un sopraluogo sui confini della «Città del Vaticano». Si è convenuto che
la stazione-edificio viaggiatori sarà costruita entro le mura vaticane, i servizi minori, ecc., di
fuori, in territorio italiano. Davanti al palazzo del Sant’Uffizio, chiedono una striscia di strada,
per farvi una cancellata di protezione dell’edificio. La cosa non ha importanza. Si tratta di
cinquecento-seicento metri quadrati, ma tuttavia cercherò di evitarla. Salvo ciò, la «Città del
Vaticano» coincide veramente e perfettamente col «Vaticano attuale».
La firma avrà luogo lunedì alle 12, perché domenica il Laterano sarà occupato da cerimonie
religiose. Si darà notizia dell’avvenuta firma con apposito comunicato. Rispettando una sin-
golare tradizione della Santa Sede, i testi non saranno immediatamente pubblicati, ma si è
convenuto sulla necessità di darne ampio e preciso riassunto. In altro comunicato, sarà fatta
la cronistoria delle trattative, anche per smentire molte fantasie sorte sulle loro fasi e sui ne-
goziatori medesimi.
Voglia la Maestà Vostra accogliere i sensi del mio profondo ossequio. Mussolini
3
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, p. 318.
Appendice documentaria
Documento n. 1
La cerimonia di consegna1
Camerati! Mutilati!
Non per la inclemenza della stagione, che noi abbiamo imparato a sopportare nelle trincee,
ma per la imponenza e il carattere stesso della vostra manifestazione, il discorso mio deve
essere necessariamente breve, e deve avere uno stile tipicamente militare.
Il camerata Delcroix ha già espresso, con la sua eloquenza fascinatrice, il significato di questo
rito. lo vi considero, o mutilati ed invalidi di Lombardia e di tutta Italia, come i miei fratelli
più cari. (Grida di: «Bravo!». Clamori). Ed abbracciando, come faccio in questo momento, il
vostro capo che vi guida da dieci anni con tanta saggezza, con tanta abnegazione, con tanta
intelligenza, e con tanto amore, io intendo abbracciare spiritualmente tutti i mutilati e gli in-
validi d’Italia. (Il Duce abbraccia l’on. Delcroix, fra le ovazioni della folla).
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Voi avete udito i miei discorsi di Livorno e dì Firenze. Questi discorsi hanno avuto, tra l’altro,
il merito di far strepitare tutte le oche che si sono messe a difendere i Campidogli pacifondai
dei diversi paesi d’Europa. Mai si vide spettacolo più lampante di umana ipocrisia. (« Bene! »).
Parrebbe che solo in Italia ci siano degli aeroplani, perché altrove evidentemente ci sono
soltanto degli innocenti aquiloni di carta velina (risa); solo in Italia esistono dei cannoni,
perché altrove non ci sono che delle canne da passeggio (risa); solo in Italia ci sono delle
caserme, mentre altrove ci sarebbero soltanto degli ameni luoghi dì svago e di raccoglimento;
solo l’Italia avrebbe la tracotanza di possedere una marina da guerra, mentre le altre nazioni
avrebbero soltanto delle navi da pesca o da diporto.
Ora voi sapete che la realtà è profondamente diversa e che se tutti i paesi sono armati o si
armano, non si capisce perché solo l’Italia dovrebbe essere disarmata e non dovrebbe giusta-
mente armarsi.
Camerati! Mutilati!
Voi mi avete offerto questo bastone, che avete definito «bastone del comando». Ma per me,
questo è il bastone della mia obbedienza allo spirito della vittoria e alla volontà della patria.
(Le ultime parole del Duce trascinano la folla al delirio. ll clamore delle grida di entusiasmo
si leva alto, verso il cielo, in una voce sola, che è la voce di tutto un popolo. Mille e mille brac-
cia si protendono, come per un solenne giuramento. I gagliardetti e le bandiere ondeggiano
sulla folla, come fiamme vive, e l’urlo di passione: « Duce! Duce! » diviene un inno di gloria).
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Documento n. 1
Il 10 maggio 1930, alle 21.30, Mussolini aveva lasciato Grosseto in treno diretto a Livorno.
L’11 maggio, alle 9, arriva a Livorno. Verso le 10, visita l’Accademia navale, dove pronuncia le
parole qui riportate. (Da Il Popolo d’ltalia, Nn. 112, 113, 11, 13, maggio 1930, XVII).
Mussolini ha detto ai giovani aspiranti di aver voluto vederli non per soddisfare una curiosità,
sia pure legittima ma per riaffermare a fermi capisaldi della missione che sarà loro affidata.
Ha rievocato con estesa sintesi quale parte abbia avutto il mare nella storia di Roma e d’Italia.
Nel ricordare che i giovani ufficiali hanno il dovere di prepararsi ad una forma di attività che
è missione e non carriera o professione, ha raccomandato che, pur prendendo, come deb-
bono, per asse di rotazione il mare e la guerra sul mare, così come altri prendono il lavoro
o l’arte o la politica o la religione, non si cristallizzino esclusivamente nel loro ambiente, ma
seguano gli altri aspetti della vita nazionale. Perché poi, la coscienza loro possa essere sem-
pre serena, ripudino tutto ciò che essendo, basso o meschino, offende la parte più sublime
dell’uomo, che è lo spirito. E quindi ha concluso: L’acciaio della vostra anima sia terso, tem-
prato, diritto come una spada.
Giovani allievi! Compite sempre il vostro dovere, nelle piccole come nelle grandi occasioni
della vita, con la massima decisione, con assoluta semplicità ! Questa è la norma che vi deve
sempre guidare! (Un alto grido guerriero chiude la suggestiva cerimonia: «Viva il re/»).
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, p. 133.
2
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIV, p. 226.
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Tav. I – Medaglia commemorativa in bronzo emessa nel 1906 per il 25° anniversario della fondazione della Regia
Accademia Navale. Collezione privata.
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Documento n. 1
I rapporti tra l’Italia e la Persia, sempre cordiali, sono presentemente caratterizzati dalla que-
stione del rinnovamento del trattato di amicizia ecommercio italo-persiano del 1862, denun-
ciato dal Governo di Teheran l’8 maggio 1927. Tale denuncia non è stata fatta soltanto nei
riguardi dell’Italia, ma di tutti gli altri Stati aventi con la Persia trattati a base capitolare.
Scopo principale del Governo persiano in tale sua linea di condotta, è, come è noto, quello
di poter affrancare il proprio paese dal regime delle capitolazioni.
Le potenze interessate sono già da tempo in conversazione con il Governo persiano onde ot-
tenere qualche garanzia di fronte alla perdita dei privilegi capitolari ed alcune di esse hanno
già concluso accordi provvisori.
Anche l’Italia ha i suoi interessi nella questione; non può certo non preoccuparsene e la cor-
dialità con la quale vengono condotte le trattative col Governo persiano ci dà la convinzione
che giungeremo a brevissima scadenza ad un modum vivendi sulla base della clausola della
nazione più favorita. Tale cordialità dei rapporti tra i due paesi è confermata dalla recente
richiesta fatta dal Governo persiano al ministero degli Affari Esteri di due tecnici italiani cui
dovrà essere affidata la sistemazione dei servizi marittimi dello Stato persiano.
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, p. 161.
Fig. 1 – Benito Mussolini il 16 agosto 1928 riceve a Roma il ministro di Persia Abdolhossein Teymourtash. È presente
Alfredo Rocco. © ACS.
Fig. 2 – Benito Mussolini il 16 agosto 1928 riceve a villa Torlonia il ministro di Persia Abdolhossein Teymourtash. ©
ACS.
Appendice documentaria
Documento n. 1
Italia e Lituania1
Signor Presidente!
Sono veramente lieto di porgere a Vostra Eccellenza il benvenuto nella capitale d’Italia e la
ringrazio per avermi dato modo, con la sua cortese visita, di fare la personale conoscenza
dell’eminente uomo di Stato che rivolge ogni sua cura al benessere e al progresso della Li-
tuania.
L’Italia segue con particolare simpatia e interesse gli sforzi che il Governo di Vostra Eccellen-
za compie per organizzare saldamente la vita politica ed economica del popolo lituano ed
affermare vigorosamente l’autorità dello Stato; nella quale certo risiede la più salda garanzia
per l’avvenire della nazione. Questa simpatia, che può trovare anche lontane origini in quegli
elementi romani che emigrarono in Lituania, è consolidata dalle tendenze che spingono il
vostro paese, pur dai limiti del mondo orientale, ad avvicinarsi. alla cultura mediterranea e
soprattutto italiana.
Lo spirito di cordiale ospitalità con cui sono sempre stati accolti gli italiani in Lituania e i vo-
stri connazionali in Italia, nasce appunto da tale simpatia ed è destinato a. rafforzarsi. Si ispi-
rano pure a questi sentimenti le convenzioni che insieme oggi abbiamo firmato per regolare
i rapporti commerciali tra i nostri due paesi e per risolvere amichevolmente ogni eventuale
divergenza che potesse sorgere fra di noi. Date le relazioni di amicizia esistenti fra la Litua-
nia e l’Italia e le speciali condizioni geografiche, non esito ad escludere la possibilità di reali
contrasti tra i due paesi, tanto più che essi basano le loro relazioni su un comune interesse
della pace e dell’equilibrio europeo. Il trattato di arbitrato da noi concluso, deve considerarsi
quindi principalmente come una chiara prova delle nostre comuni aspirazioni verso la pace
dei popoli vicini e lontani e del nostro fermo intendimento di creare le condizioni necessarie
per assicurarla stabilmente. Con tali sentimenti, levo il bicchiere a Sua Eccellenza il Presidente
della Repubblica di Lituania, alla prosperità del vostro paese ed alla salute di Vostra Eccellen-
za e della gentile sua consorte.
*
A Roma, a villa Torlonia, il 19 settembre 1927, alle 13.30, in occasione della firma dei trattati di arbitrato
e di commercio fra l’Italia e la Lituania (355), Mussolini offre una colazione in onore del professor Augu-
stinus Valdemaras, Presidente del Consiglio di Lituania. Allo spumante, Mussolini pronuncia il discorso qui
riportato. (Da Il Popolo d’Italia, N. 224, 20 settembre 1927, XIV).
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, p. 355.
Documento n. 2
Ieri, alle 13.30, il capo del Governo ha offerto, a villa Torlonia, una colazione in onore
del signor Valdemaras. Prima che la colazione fosse servita, i capi dei due Governi han-
no firmato i trattati di arbitrato e di commercio tra i due Stati ed il signor Valdemaras ha
consegnato all’on. Mussolini le insegne dell’alto Ordine militare dei cavalieri di Lituania.
(Da Il Popolo d’Italia, n. 224, 20 settembre 1927, XIV).
2
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIII, p. 28, p. 355.
Appendice documentaria
Appendice documentaria
Documento n. 1
L’AMICIZIA ITALO-BULGARA*
* Dichiarazioni fatte a Roma, all’inviato speciale del Prevorelz di Sofia, novembre 1930. (Da.
Il_ Popolo d’Italia, N. 275, 19 novembre 1930, XVII)1.
– Adesso voi bulgari – ha detto il Duce – avete una regina magnifica per la sua anima e per
l’educazione ricevuta. Essa possiede tutte le buone qualità per essere la degna consorte di
re Boris. Ho incontrato varie volte il vostro re ed ho avuto occasione di conoscerlo bene. Io
stimo re Boris, perché è straordinariamente intelligente; ma mi ha conquistato soprattutto
perché è ricco di esperienza di vita. In ogni incontro rifulgeva maggiormente la sua perso-
nalità. Spero che dopo questo matrimonio verranno giorni migliori per il popolo bulgaro.
Amo il vostro popolo coraggioso. Il mio sentimento amichevole verso di esso è costante e ho
per questo sempre cercato di aiutarlo. In avvenire farò tutto il mio possibile per migliorare
la situazione della Bulgaria. Lo farò, poiché la vostra nazione merita ogni appoggio. Io non
chiedo nulla alla Bulgaria e l’aiuterò sempre senza alcun interesse.
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIV, p. 292.
Appendice documentaria
Documento n. 1
Approvazione del Trattato di alleanza difensiva, stipulato in Tirana, fra l’Italia e l’Alba-
nia, il 22 novembre 1927, nonchè del relativo scambio di note.
VITTORIO EMANUELE III. PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D’ITALIA
Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Articolo unico.
Piena ed intera esecuzione è data al Trattato di alleanza difensiva stipulato in Tirana, fra l’I-
talia e l’Albania, il 22 novembre 1927, nonchè al relativo scambio di note che ha avuto luogo
nello stesso giorno.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addl 18 dicembre 1927 – Anno VI
Vittorio Emanuele.
Mussolini.
Fig. 1 – Mussolini
riceve il 29 giugno
1927 a Palazzo Vene-
zia Ilias Bey Vrioni,
ministro degli affa-
ri esteri albanese e
Dino Gemil, amba-
sciatore d’Albania a
Roma. © ACS.
Appendice documentaria
Appendice documentaria
Italia ed Austria1
A Roma, all’«hotel Excelsior», la sera del 6 febbraio 1930, in occasione della firma del trattato di
amicizia, conciliazione e regolamento giudiziario tra l’Italia e la Repubblica d’Austria, Mussolini
offre un pranzo in onore del cancelliere austriaco Schober. Allo spumante, il Presidente del
Consiglio pronuncia le parole qui riportate. (Da Il Popolo d’Italia, N, 33, 7 febbraio 1930, XVII).
Signor cancelliere !
Mi è particolarmente gradito di dare a Vostra Eccellenza il benvenuto in Roma. Il Governo
e il popolo italiano hanno accolto la vostra visita con sentimenti di viva cordialità e ne ap-
prezzano tanto più il significato, inquantoché, nel trattato da noi oggi firmato, si è concretato
solennemente il proposito di stabilire rapporti di sincera amicizia fra le nostre due nazioni.
Voi avete potuto constatare, signor cancelliere, che la firma del trattato di amicizia è avvenuta
in un’atmosfera di simpatia reciproca; per cui sono prevedibili e auspicabili possibilità di ulte-
riori, fecondi sviluppi nelle relazioni secolari e molteplici fra i nostri due Stati ed i nostri due
popoli. L’importanza del fattore austriaco nell’Europa centrale è apparsa sempre chiara nella
visione del Governo fascista, e questo vi spiega, signor cancelliere, l’atteggiamento dell’Italia
nella recente conferenza dell’Aja; atteggiamento che voi avete avuto l’amabilità di riconosce-
re e sottolineare qui e nella vostra capitale. L’Italia segue con interesse amichevole la vostra
opera già così bene avviata, nonché lo sforzo che l’Austria va compiendo per consolidare la
propria situazione politica e le condizioni della sua vita economica. La reale concomitanza
degli interessi economici e la reciproca convenienza di armonizzare quelli politici appaiono
evidenti a coloro che hanno la responsabilità di vegliare alle sorti dei due paesi. Convinto che
i nostri scambievoli vincoli di amicizia riusciranno sempre più vantaggiosi e contribuiranno
validamente al mantenimento della pace, sono assai lieto di constatare come Vostra Eccel-
lenza, che ha dato sempre prova di comprendere pienamente i bisogni e le aspirazioni del
popolo austriaco, condivida questo mio convincimento.
Signor cancelliere! Con tali sentimenti alzo il bicchiere alla prosperità dell’Austria, al Presi-
dente federale della Repubblica ed alla salute dell’Eccellenza Vostra.
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXIV, p. 193.
Documento n. 2
Appendice documentaria
Fig. 1 – Mussolini incontra a Firenze, il 21 agosto 1934, il cancelliere austriaco Kurt Schuschnigg. Sono presenti Gale-
azzo Ciano e Achille Starace. © ACS.
Fig. 2 – Mussolini incontra a Venezia, il 22 aprile 1937, Kurt Schuschnigg. Sono presenti Galeazzo Ciano e Guido
Schmidt. © ACS.
Documento n. 3
Oggi, a villa De Marinis, tra il capo del Governo e il cancelliere federale austriaco, hanno
avuto luogo due colloqui, durati complessivamente tre ore, nel corso dei quali sono state mi-
nutamente esaminate le questioni che interessano i due paesi nel campo politico, economico,
culturale, ed è risultato che esiste un’effettiva comunità di direttive e di metodi per quanto
concerne l’indipendenza e l’integrità dello Stato austriaco, indipendenza e integrità cui appar-
tiene anche la complessa autonomia interna, che rappresentano inoltre un concreto interesse
europeo e un elemento favorevole al mantenimento della tranquillità nel settore danubiano.
I due uomini di Stato hanno confermato, per quanto concerne la situazione, l’utilità dei proto-
colli di Roma, il cui raggio d’azione può essere intensificato e allargato; e sono stati concordi
nel ritenere opportuna un’attività intesa a sviluppare sempre più lo spirito di collaborazione
fra i due paesi. Queste direttive, che furono iniziate e propugnate dal compianto cancelliere
Dollfuss, guideranno anche nell’avvenire i rapporti fra Italia e Austria».
3
Mussolini, Opera omnia, vol. XXVI, p. 446.
Documento n. 4
L’ « Anschluss »4.
* Discorso pronunciato alla Camera dei deputati, nella tornata del 16 marzo 1938 (ore 16-
17.50). (Dagli Atti del Parlamento italiano. Camera dei deputati. Legislatura cit. Sessione cit.
Discussioni. Volume V, pagg. 4730-4733).
Camerati!
In questi ultimi giorni un grande evento si è svolto che ha modificata carta politica dell’Euro-
pa: l’Austria come Stato ha cessato di esistere, è diventata una parte della Germania. Il plebi-
scito del 10 aprile consacrerà il fatto compiuto.
Il dramma austriaco non è cominciato ieri: cominciò nel 1848, quando il piccolo, animoso
Piemonte osò sfidare l’allora colosso absburgico; accelerò i suoi tempi dopo la guerra mon-
diale e durò venti anni.
Appendice documentaria
L’epilogo ha avuto il ritmo veloce delle forze irresistibili della natura, che ha sorpreso soltanto
i distratti o gli ignari.
Un rapido sguardo retrospettivo a questo ventennio ci dimostra in modo assolutamente chia-
ro che quanto è accaduto doveva fatalmente accadere, e che il fiume, malgrado le dighe car-
tacee dei trattati, sarebbe giunto alla sua foce.
L’atto di nascita dello Stato – federale austriaco risale al 12 novembre del 1918, pochi giorni
dopo lo sfacelo dell’impero. Ora, col suo primo voto, la Costituente nazionale austriaca, sot-
to il Governo socialista Bauer-Renner, dichiara l’Austria parte integrante del Reich tedesco
col nome di «Repubblica dell’Austria tedesca». Vi è di più: molte provincie austriache votano
senz’altro, con spontanei plebisciti, l’annessione alla Germania, meno una, il Vorarlberg, che
si dichiara favorevole alla unione con la Svizzera. Lo Costituzione di Weimar, della Repubbli-
ca socialdemocratica tedesca, varata nell’agosto del 1919, all’articolo 2 dice testualmente: «Il
territorio del Reich comprende ilterritorio· dei paesi tedeschi. Altri territori possono riunirsi se
le rispettive popolazioni esprimano un siffatto desiderio ».
E all’articolo 61 veniva specificatamente dichiarato che, dopo la sua unione con la Germa-
nia, l’Austria avrà diritto di prendere parte al Reichsrat con un numero di deputati propor-
zionale alla popolazione. È dunque stabilito che agli inizi di quella che può definirsi l’epoca
socialdemocratica, tanto Vienna, quanto Weimar ritenevano logica l’unione dei due Stati in
uno solo.
Vennero i trattati di pace: quello di Versa glia prima, quello di San Germano poi, che impo-
sero – questa è la parola! – imposero all’Austria. di rimanere indipendente. Ma l’imposizione
appare fino d’allora così assurda e al tempo stesso così precaria, che si lascio uno spiraglio
aperto sull’avvenire: l’Austria, caso mai visto nella storia dei popoli, avrebbe potuto alienare
la sua indipendenza» col consenso del Consiglio della Società delle nazioni.
E in questo modo che l’Austria inizia la sua vita di Stato indipendente, sotto il dominio in-
terno della socialdemocrazia. Passano i socialdemocratici, subentrano i cristiano sociali con
Seipel, ma questo non migliora la situazione politica ed economica. L’Austria è praticamente
in balìa del caos materiale e morale e viene posta sotto la tutela, non soltanto – finanziaria,
della Società delle nazioni.
Ciò dura fino al l 0 ottobre 1926, quando Seipel ritorna al potere nell’ottobre con questa for-
mula: «L’Austria è uno Stato tedesco niente contro la Germania ».
Passano altri tre anni di disordini, di intrighi, di miserie, finché Schober, nell’autunno del
1929, sale al potere; è solo con l’avvento di Schober che comincia una. politica italiana nei
confronti dell’Austria, politica che viene consacrata in un trattato di amicizia e di arbitrato,
firmato a Roma dallo Schober stesso il 6 febbraio del 1930.
Siamo alla crisi economica mondiale, che ha ripercussioni tremende sulla fragile economia
austriaca. Ancora una volta l’idea dell’Anschluss risorge sotto la specie di un progetto di unio-
ne doganale austro-tedesco Curtius-Schober. Il progetto non va perché incontra l’immediata
opposizione della Francia e della Cecoslovacchia. Viene presentato alla Corte dell’Aja per
sapere se tale unione doganale sia compatibile o meno con la indipendenza dell’Austria. La
Corte dice che è incompatibile.
Il progetto cade.
La situazione dell’Austria non migliora. L’Italia che interviene ora direttamente a risollevarne
l’economia con gli accordi del Semmering.
Nel gennaio 1933 il nazismo assume il potere in Germania. Nel. marzo dello stesso anno
Dollfuss rinnova il suo Governo in senso autoritario, ma definisce nello stesso tempo l’Austria
uno Stato “indipendente e cristiano, ma tedesco”. Comincia la lotta fra il Governo e il movi-
mento nazista. Dollfuss è costretto a domare energicamenteuna rivolta socialista nel febbraio
del 1934.
Pochi mesi dopo scoppia il putsch nazista di Vienna. Ordino che le quattro divisioni dell’Alto
Adige si attestino al Brennero. Fu un atto di elementare precauzione, in vista di eventi san-
guinosi e improvvisi e dei quali non era possibile misurare la portata. Nessun austriaco ci
domandò di farlo; nessun austriaco ci ha mai ringraziato di averlo fatto.
Appendice documentaria
Segue, dal 1934 al 1936, la politica dei protocolli di Roma. Nel frattempo le condizioni gene-
rali dell’Europa e dell’Austria sono profondamente mutate. La solidarietà diplomatica dell’I-
talia con le potenze occidentali viene – spezzata dalle sanzioni e dal tentativo confessato di
strangolare il popolo italiano.
Nell’ottobre del 1936 si crea l’Asse Roma-Berlino. In Austria il movimento, per quanto per-
seguitato dagli organi dell’esecutivo, si sviluppa con una impressionante velocità, dovuta
non solo ad una comunità di idee, ma soprattutto al risorgere rapido della potenza politica e
militare della Germania. Il momento in cui l’Italia consiglia l’Austria di riavvicinarsi alla Ger-
mania, perché uno Stato che si proclama tedesco non può esistere in funzione antigermanica.
Questo era un assurdo storico, politico, morale. Nascono, con l’approvazione dell’Italia, gli
accordi austro-germanici del luglio 1936, i quali anch’essi partono dalla pregiudiziale che
l’Austria si professa come uno Stato tedesco.
Malgrado gli accordi comincia un nuovo periodo di tensione. Nell’incontro di Venezia dell’a-
prile 1937 faccio chiaramente intendere al cancelliere che l’indipendenza dell’Austria era
questione che riguardava in primo luogo gli austriaci e che l’Asse Roma-Berlino era il fonda-
mento della politica estera italiana.
L’incontro del 12 febbraio tra i due cancellieri rappresenta l’estremo tentativo per una solu-
zione di compromesso, che avrebbe forse ritardato, non certo evitato, la soluzione finale.
Discorso di Hitler il 20 febbraio, discorso di Schuschnigg il 24 sorge l’idea di un plebiscito
improvviso. Alle ore 12 del 7 marzo un fiduciario di Shuschnigg mi domanda il mio pensiero
sul plebiscito e sulle sue modalità; era la prima volta dopo molti mesi. Gli rispondo nella ma-
niera più perentoria che si trattava di un errore. «Questo ordigno – dissi – vi scoppierà tra le
mani». Sarebbe di pessimo gusto vantarmi di questa troppo facile previsione.
Ora negli ambienti diplomatici e giornalistici di tutto il mondo imperversano rimpianti, pole-
miche, moniti: mucchio di parole inutili che non fermano la storia.
Ai circoli più o meno ufficiali d’Oltralpe che ci domandano perchénon siamo intervenuti per
« salvare» l’indipendenza dell’Austria, rispondiamo che non avevamo mai assunto alcun impe-
gno del genere, né diretto o indiretto, né scritto o verbale.
Gli austriaci, bisogna proclamarlo, hanno sempre avuto il comprensibile pudore di non do-
mandarci dei gesti di forza per· difendere l’indipendenza dell’Austria, perché noi avremmo
risposto che un’indipendenza la quale ha bisogno degli aiuti militari stranieri, anche contro
la maggior parte del proprio popolo, non è più tale. Chi conosce gli austriaci sa che le prime
resistenze a un nostro intervento sarebbero venute da loro.
L’interesse dell’Italia all’indipendenza dello Stato federale austriaco esisteva; ma si basava
evidentemente sulla pregiudiziale che gli austriaci tale indipendenza volessero, almeno nella
loro maggioranza; ma quanto accade in questi giorni nelle terre austriache dimostra che l’a-
nelito profondo del popolo era per l’Anschluss.
Ai superstiti cultori di un machiavellismo deteriore che noi respingiamo, si può osservare
che, quando un evento è fatale, val meglio che si faccia con voi, piuttosto che malgrado voi,
o, peggio, contro di voi.
In realtà è una rivoluzione nazionale quella che si compie, e noi italiani siamo i più indicati
acomprenderla nelle sue esigenze storiche e anche nei suoi metodi, che sembrano sbrigativi,
come furono sempre quelli di tutte le rivoluzioni.
Noi non abbiamo fatto nulla di diverso tra il 1859 e il 1861. Io vi esorto alla storia, o signori.
Dopo la pace di Villafranca, l’Italia fu scossa da un irrefrenabile impulso unitario come non
mai. Cavour, il grande, autoritario Cavour, lo incanalò con questo sistema: moti di popolo
(meglio sarebbe dire moti di minoranze); fuga dei Governi antico regime; intervento delle
truppe piemontesi, le quali non venivano considerate truppe di un esercito invasore, ma
truppe nazionali e come tali entusiasticamente acclamate dalle popolazioni; occupazioni dei
territori; infine plebisciti.
E tutto ciò si svolse con una rapidità fantastica, che non ha nulla da invidiare alla rapidità
degli odierni avvenimenti austriaci. Le Marche furono occupate dalle truppe piemontesi nel
settembre del 1860 e plebiscitate nell’ottobre; Garibaldi entra a Napoli il 7 settembre del 1860
Appendice documentaria
Appendice documentaria
XI – VENEZUELA
Documento n. 1
A Roma, sul piazzale dello Stadio, la mattina del 21 aprile 1934, Mussolini presenzia la ce-
rimonia per l’inaugurazione del monumento a Simone Bolivar offerto all’urbe dalle repub-
bliche di Bolivia, di Colombia, dell’Ecuador, del Panama, del Perù e del Venezuela. In tale
occasione, dopo i discorsi del ministro del Venezuela Parra-Perez in rappresentanza delle sei
Repubbliche sud-americane, e del governatore di Roma, il Presidente del Consiglio pronuncia
le parole qui riportate.
Le elevate parole pronunciate dal signor Parra-Perez vi hanno già detto, signori, quanto sia
giusto che si erga oggi nel cielo di Roma un solenne ricordo del puro eroe americano Simone
Bolivar. Non solo perché nella fierezza dei suoi giovani anni, egli pronunciò qui il fatidico
giuramento di liberazione dell’America latina, ma perché durante quella che egli definì la
terribile agitazione della sua vita, gli fu, come, signor ministro, voi avete testé ricordato, « di
guida e di conforto » l’esempio di Roma, con le sue virtù, con le sue istituzioni.
Puro eroe, animato da una energia indomabile e talvolta spietata, che ricorda quella dei primi
conquistatori della sua stessa nobile stirpe, egli concorse, con un’opera veramente rivoluzio-
naria perché profondamente creatrice a gettare le basi dell’odierna America latina. Con animo
e genio di condottiero condusse i suoi uomini oltre vette ritenute inviolabili; non schiavo di
sette né di ideologie, assurse alla concezione dello Stato unitario poggiato sulle grandi forze
della nazione liberando le energie sopite dalla sua razza.
Dal quadro infranto in cui da tanto tempo si adagiava l’America fiorirono i nuovi Stati. Immor-
tale è la sua opera. Gli Stati da lui creati portano nel loro grembo dovizia di ricchezza e sicure
promesse di futuro. E nel suo nome riecheggia quell’ideale di solidarietà che egli sognava
fra «i figli dell’emisfero di Colombo». L’Italia, che agli Stati dell’America latina è unita da tanti
e infrangibili vincoli storici, sociali ed economici, a lui oggi si inchina, così come rievoca gli
eroi della propria storia, nei quali vede esempi e fonti di vita. Nella vostra persona pertanto
io ringrazio, signor ministro, i Presidenti delle Repubbliche di Bolivia, Columbia, Ecuador,
Panama, Perù,Venezuela, gli eccellentissimi signori Salamanca, Olaya Herrera, Velazco Ibarra,
Arias, Benavides e Gomez, i quali, a nome dei loro popoli, hanno voluto fare a Roma, madre
ed anima della vostra e nostra latinità, il dono graditissimo ed altamente significativo del mo-
numento di Simone Bolivar.
1
Mussolini, Opera omnia, vol. XXVI, pp. 211-212.
Appendice documentaria
Documento n. 1
Partito da Roma il 24 settembre, il Duce, accompagnato dal conte Ciano, dal ministro Alfieri,
dal segretario del Partito Starace e da altri funzionari del Ministero degli Esteri, è giunto a
Monaco il 25 mattina e si è incontrato col Fürher e con le più alte autorità dello Stato tedesco
e del Partito nazionalsocialista.
Durante la visita fatta al Fürher nella sua abitazione privata il Duce lo ha nominato caporale
d’onore della M.V.S.N., conferendogli le insegne con la seguente motivazione: Condottiero
del popolo tedesco, ha dato alla Germania la fede nella sua nuova grandezza. Ricostruttore
dell’ordine civile, sociale e politico tedesco, guida con fermissima mano la Nazione germani-
ca verso i suoi alti destini. Assertore e difensore della civiltà europea contro ogni tentativo di
sovvertimento ha dato all’Italia, in ore di lotta, la sua più leale solidarietà ed amicizia.
In occasione della visita che ha restituito nel Palazzo del Principe Carlo al Capo del Governo
Italiano, il Fürher ha rimesso al Duce le insegne di Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila Tede-
sca, di cui Benito Mussolini è il primo titolare. Hitler ha inoltre conferito al Duce lo scudetto
d’oro del Partito nazionalsocialista, distintivo che era sinora riservato al solo Füher del Partito
nazionalsocialista.
Ultimata la visita a Monaco, il Duce ed il Fürher sono partiti il 25 sera per il Meclemburgo, ove
il giorno 26 hanno assistito ad alcune fasi delle grandi manovre delle forze armate tedesche.
Il giorno 27 hanno visitato, ad Essen, le officine Krupp, e quindi si sono recati a Berlino, ove,
nel tardo pomeriggio, hanno fatto un ingresso trionfale.
1
“Relazioni Internazionali”, a. III, n. 1, 1937, p. 728.
Appendice documentaria
Documento n. 2
Il 24 settembre 1937, alle 12.20, Mussolini era partito in treno da Roma alla volta della
Germania, ospite del cancelliere del Reich, Adolf Hitler. La mattina del 25 settembre, era
arrivato a Monaco, accolto da entusiastiche manifestazioni di popolo. Il primo colloquio fra
Hitler e Mussolini si era svolto nell’appartamento privato del Führer dalle 11.20 alle 12.45.
«Mussolini ha consegnato al capo della Germania le insegne di caporale d’onore della Mi-
lizia fascista, che sono accompagnate dalla seguente motivazione: “Condottiero del popolo
tedesco, ha dato alla Germania la fede nella sua nuova grandezza. Saluto nel Fiihrer e
cancelliere del Reich il condottiero che ha ridato al popolo tedesco la coscienza della sua
grandezza. Saluto in lui il ricostruttore della nazione cui l’Italia fascista è legata da tante
affinità di spirito e di opere.
Eccellenza!
Le cordiali parole di benvenuto che Vostra Eccellenza ha voluto rivolgermi mi toccano pro-
fondamente.
Sin dal mio primo giungere sul suolo tedesco, ho sentito vibrare attorno a me lo spirito di un
grande popolo amico, della Germania in camicia bruna, della Germania di Hitler.
La rivoluzione fascista e la rivoluzione nazionalsocialista sono state e sono rivoluzioni co-
struttive. Germania e Italia hanno fatto sorgere sulla loro terra grandi opere di civiltà e di
progresso. Altre ed altrettanto grandi ne faranno sorgere in avvenire. Queste opere di civiltà
e di progresso ho visto e ho ammirato in questo mio soggiorno tedesco. Ho visto e ho am-
mirato il fervore di vita e di ricostruzione che anima il popolo germanico, la sua disciplina,
la sua energia, la sua fede.
La solidarietà italo-tedesca è una solidarietà attiva e vivente: non frutto di calcolo politico o
di accorgimenti diplomatici, ma sbocco e risultato di affinità naturali e di comuni interessi.
Essa non è né vuol essere un blocco chiuso, irto di diffidenze e armato di sospetti verso il
mondo esterno. Italia e Germania sono pronte a collaborare con tutti gli altri popoli di buona
volontà. Esse domandano il rispetto e la comprensione dei loro bisogni, delle loro necessità,
delle loro legittime esigenze. Esse pongono all’altrui amicizia la sola condizione che non si
tenti di sovvertire le basi stesse di questa nostra gloriosa civiltà europea. Le conversazioni che
ho avuto in questi giorni con Vostra Eccellenza hanno collaudato la nostra amicizia, l’han-
Fig. 2 – Mussolini e Hitler a Berlino, il 28 settembre 1937, si recano allo stadio in macchina scoperta. © ACS.
Fig. 3 – Mussolini a Berlino, il 28 settembre 1937. © ACS.
Appendice documentaria
no immunizzata contro qualsiasi tentativo, da qualunque parte esso venga, per intorbidarla
o inquinarla. Rientrerò in Italia portando nel cuore il ricordo delle vostre gagliarde truppe,
delle vostre adunate di popolo, dell’opera di ricostruzione spirituale e materiale compiuta dal
popolo tedesco sotto la guida del Führer, della vostra energia, dell’accoglienza che mi avete
tributato e di cui vi sono profondamente grato. Porterò soprattutto nel cuore il senso preciso
e concreto della nostra amicizia. Alzo il bicchiere alla salute del Führer e cancelliere Adolfo
Hitler, alla prosperità e alla grandezza della Germania nazionalsocialista.
2
Mussolini, Opera omnia, vol. XXVIII, p. 245-246.
Fig. 4 – Mussolini pronuncia il suo discorso allo stadio di Berlino, il 28 settembre 1937. © ACS.
Appendice documentaria
IV.
VETRINE VIRTUALI
VETRINE VIRTUALI
SALA I. TRACCE DI METALLO. STORIE DEL NOVECENTO ITALIANO DAI DEPOSITI PRESSO LA
TESORERIA CENTRALE DELLO STATO
Vetrina 1. Dalla Regia Tesoreria alla Regia Zecca. La cassa con gli scudi d’argento preunitari
V.
APPARATI
ABBREVIAZIONI GENERALI
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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Mostra augustea della Romanità. Catalogo, 2 ed. 1938, Roma.
Mostra della Rivoluzione Fascista 1932, Guida, introduz. D.Alfieri, Firenze 1933.
Navarra Q. 1983, Memorie del commesso di Mussolini, presentazione di I. Montanelli, Milano.
Oliva G. 2018, Il tesoro dei vinti. Il mistero dell’oro di Dongo, Milano.
Guspini U. 1997, L’orecchio del regime. Le intercettazioni telefoniche al tempo del fascismo,
Milano.
Maraini Y. 1930, The International Art Exibition Venice, “Apollo”, agosto 1930, pp. 135-136.
Mussolini B., Opera omnia, Susmel E., Susmel D. curr., 44 voll., Firenze 1951-1963.
p. 14
Museo Archeologico Nazionale di Parma. Medagliere. Repubblica Veneta, Governo Provvi-
sorio (1848), 5 lire (r/), 1848, zecca di Venezia. inv. MANPR 15761. © Riproduzione con
autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso Monumentale della Pilotta.
p. 89
Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Medagliere. Principato di Lucca e Piombino. Elisa
Bonaparte e Felice Baiocchi, 5 franchi (d/), 1807, zecca di Firenze. inv. Fr 5846.
p. 116
Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Ordine nazionale al merito Carlos
Manuel de Cespedes: distintivo di prima classe (cat. 17), appartenuto a Benito Mussolini. ©
MEF-BdI.
p. 124
Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Decorazione dell’Ordine del Leone e del
Sole, I classe – Aqdas, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 7). © MEF-BdI.
p. 190
Museo della Zecca. G. Romagnoli, Ercole e l’idra, discorso di Mussolini in Parlamento del 3
gennaio 1925 per il delitto Matteotti, fusione in bronzo, 1925. n. 268, vetrina 18/6. ©Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
p. 202
Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Ordine al merito della Repubblica,
Gran Croce di Prima Classe con aquila, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 12). © MEF-BdI.
p. 210
Museo della Zecca. G. Romagnoli, Vittorio Emanuele III e Mussolini, discorso di Mussolini
al popolo per la dichiarazione di guerra, medaglia in bronzo (d/), 1940, n. 386, vetrina 19/9.
©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
p. 216
Museo della Zecca. G. Romagnoli, Enea e le gloriose figure dell’Impero romano (d/), bimille-
nario della nascita di Virgilio, 1930 (inv. 711). ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
p. 220
Museo della Zecca. G. Romagnoli, Divo Augusto (d/), bimillenario della nascita di Augusto,
1937 (inv. 2226). ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
p. 234
Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Medaglia commemorativa del Concor-
dato tra Italia e Santa Sede (r/), 11 febbraio 1929, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 3). ©
MEF-BdI.
p. 241
Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Medaglia commemorativa del Concor-
dato tra Italia e Santa Sede (r/), 11 febbraio 1929, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 3). ©
MEF-BdI.
p. 242
Museo della Zecca. G. Romagnoli, Vittorio Emanuele III e Mussolini, discorso di Mussolini
al popolo per la dichiarazione di guerra, medaglia in bronzo (r/), 1940, n.386, vetrina 19/9.
p. 248
Museo della Zecca. G. Romagnoli, Divo Augusto, bimillenario della nascita di Augusto (r/),
1937 (inv. 2226). ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
p. 262
Alfredo Ravasco (1873-1958), “Bastone del comando” offerto a Benito Mussolini nel 1930
dalla Federazione Milanese Mutilati e Invalidi di Guerra. Da Bastone del comando 1929. Foto
di Luca Postini. © Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia |Museo
del Risorgimento).
p. 264
Tesoreria Centrale dello Stato presso la Banca d’Italia. Gran Croce con placca dell’Ordine
della Besa o della Fedeltà, appartenuta a Benito Mussolini (cat. 10). © MEF-BdI.
p. 268
Musei Reali, Torino, Palazzo Reale. Gran collare dell’ordine della Santissima Annunziata,
XIX secolo, oro, metallo e smalti. © Su concessione MiC – Musei Reali.
CREDITI FOTOGRAFICI
Tavv. I, III, XII, XIII, XIV, XVIII, XX, XXII, XXIII, XXV. Museo Archeologico Nazionale, Parma.
© Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Complesso Monumentale
della Pilotta.
Tavv. II, V, VII, IX, X. Museo Archeologico Nazionale di Napoli. © Riproduzione con
autorizzazione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Tavv. IV, VI, VIII, XVI, XVII, XIX, XXI, XXIV, XXVI, XXVII. Museo Archeologico Nazionale di
Napoli. © Riproduzione con autorizzazione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico
Nazionale di Napoli.
Appendice documentaria
Tav. I. Museo Archeologico Nazionale, Parma. © Riproduzione con autorizzazione del Mini-
stero della Cultura – Complesso Monumentale della Pilotta.
Tav. II – IV. Museo Archeologico Nazionale, Parma. Riproduzione con autorizzazione del Mi-
nistero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
II. “CON LA SPADA E CON L’ARATRO”. LA CONQUISTA DELLA TERRA DAL 1928 AL
1939. MEDAGLIE DELL’OPERA NAZIONALE COMBATTENTI NELLA TESORERIA
CENTRALE DELLO STATO
Tav. II. Ministero dell’Economia e delle Finanze/ Banca d’Italia (foto di Flavio Tosti, Sabrina
Giuseppa Zimmiti, Davide Rossi).
Tav. III. Museo della Zecca, n. 697, v. 18/15. ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Fig. 1. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propaganda /Attività del duce (fotografie
Istituto Luce) / 36183.
Fig. 2. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propaganda/Attività del duce (fotografie Isti-
tuto Luce) /36153.
Fig. 3. Partito Nazionale Fascista (PNF)/Ufficio propaganda /Attività del duce (fotografie Isti-
tuto Luce) / 36185.
Fig. 5. Museo della Zecca, v. 16, 3/1. ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Fig. 6. Museo della Zecca, v. 16, 6/1. ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) /131597.
Fig. 2. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) /131649.
Fig. 3. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Seconda guerra mondiale (fotografie Istituto Luce) /19002.
Fig. 4. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Seconda guerra mondiale (fotografie Istituto Luce) /18985.
Tavv. I-IV. Archivio Centrale dello Stato. Ministero dell’Economia e delle Finanze/ Banca
d’Italia.
Fig. 2. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista, Ufficio propaganda, Attività
del Duce (fotografie Istituto Luce). fascicolo IT-ACS-AS0001-0003736-0821, busta 15, numero
di negativo 76685.
Fig. 3. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista, Ufficio propaganda, Attività del
Duce (fotografie Istituto Luce). Viaggio di Hitler in Italia. fascicolo IT-ACS-AS0001-0003736-0874
busta 16 numero di negativo 82799.
Fig. 4. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista, Ufficio propaganda, Attività
del Duce (fotografie Istituto Luce). Viaggio di Hitler in Italia. Benito Mussolini e Adolf Hitler a
Palazzo Venezia. fascicolo IT-ACS-AS0001-0003736-0874. busta 16, numero di negativo 82855.
Fig. 5. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista, Ufficio propaganda, Attività
del Duce (fotografie Istituto Luce). partito Nazionale Fascista (PNF)/Ufficio propaganda/Se-
conda guerra mondiale (fotografie Istituto Luce)/Esercito; Fronte orientale russo/47833.
Fig. 6 a-b. – Archivio Centrale dello Stato. Segreteria Particolare del Duce. Carteggio Riserva-
to. Repubblica Sociale Italiana. B.6, f. 28, 23-24.
Tav. I. Archivio Centrale dello Stato. Archivi dei Comitati Liberazione Nazionale, b. VII, f. 85.
Fig. 7. Ministero dell’Economia e delle Finanze/Banca d’Italia. Foto Flavio Tosti/Sabrina Zim-
mitti/Davide Forcellini.
Fig. 2. Archivio di Stato del Canton Ticino. Fondo Schiefer, La Liberazione a Como, segnatura:
01699/14.
Fig. 3. Archivio di Stato del Canton Ticino. Fondo Schiefer, La Liberazione a Como, segnatura:
01699/04.
Tavv. IV e – IV f – Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia |Museo
del Risorgimento). Foto Luca Postini.
Tavv. V – XXII – Ministero dell’Economia e delle Finanze/ Banca d’Italia (foto di Flavio Tosti,
Sabrina Giuseppa Zimmiti, Davide Rossi).
Tav. IV. Leggi e ecreti dello Stato/Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti/Regno d’Italia,
1861-1946 maggio/Anno: 1923/1163. “R.d. 1923, maggio 24, n. 1163”.
Fig. 5. Leggi e decreti dello Stato//Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti/Regno d’Italia,
1861-1946 maggio/Anno: 1923/2180. “R.d. 1923, ottobre 7, n. 2180”.
Fig. 7. Archivio Centrale dello Stato. Mostra Rivoluzione Fascista. fascicolo 4: Guerra – Edizione
1937, collocazione Album 20, persone Mussolini Benito numero di negativo 2026.
Fig. 8. Archivio Centrale dello Stato. Archivi Fotografici e Fotografie / Ministero dell’interno
(già Miscellanea A) / Vita e imprese di Italo Balbo /2407. Vittorio Emanuele III di Savo-
ia (soggetto).
Fig. 2. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista, Ufficio propaganda, Attività
del Duce (fotografie Istituto Luce), numero di negativo 011727.
Fig. 3. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista, Ufficio propaganda, Attivi-
tà del Duce (fotografie Istituto Luce), partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) / 11840.
Fig. 5. Archivio Centrale dello Stato. 14: Duce – Edizione 1937. Benito Mussolini a cavallo fa-
scicolo 14: Duce – Edizione 1937, collocazione Album 111, persone Mussolini Benito, numero
di negativo 22200.
Fig. 7. Archivio Centrale dello Stato. Fascicolo IT-ACS-AS0001-0003736-0776, busta 15, nume-
ro di negativo 71492, data 1937-03-18, luogo Bugara (Libia), persona Balbo Italo Mussolini
Benito. categoria 112.
Fig. 3. Archivio Centrale dello Stato. fascicolo 14: Duce – Edizione 1937 collocazione Album
110 persone Mussolini Benito Vittorio Emanuele III numero di negativo 22057.
Fig. 2. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (Pnf) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) / 71970.
Tav. II. Museo della Zecca. Vetrina 13, 9/2. ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Tav. IV. Mostra Augustea della Romanità 1938. Collezione privata (foto Pietro Pennestrì).
Tav. V. Mostra Augustea della Romanità 1938. Collezione privata. (foto Pietro Pennestrì).
Fig. 7. Museo della Zecca. N. 711. Vetrina 19/7. ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Fig. 8. Museo della Zecca. N. 2226, Vetrina 19/6. ©Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
S.p.A.
Tav. VI. Mostra Augustea della Romanità 1938. Collezione privata. (foto Pietro Pennestrì).
Tav. VII. Museo della Zecca. N. gruppo 723, vetrina 19/11. ©Istituto Poligrafico e Zecca dello
Stato S.p.A.
Dai Patti Lateranensi all’oro alla patria. Il saggio della Banca d’Italia e la “patacca” del
duce. 1929-1935
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. fascicolo IT-ACS-AS0001-0003736-0201 busta 4 nu-
mero di negativo 11820 data 1929-06-07 luogo Roma persona Gasparri Pietro Giunta
Francesco Mosconi Antonio Mussolini Benito Rocco Alfredo categoria 427.
Tav. I. Ministero dell’Economia e delle Finanze/Banca d’Italia. Fotografie di Flavio Tosti, Sa-
brina G. Zimmitti, Davide Forcellini.
Tav. II. Ministero dell’Economia e delle Finanze/Banca d’Italia. Fotografie di Flavio Tosti, Sa-
brina G. Zimmitti, Davide Forcellini.
I simboli del martirio tra guerra e rivoluzione. Medaglie e onorificenze alla Mostra
della Rivoluzione Fascista. 1932-1942
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Anno 1922 – Edizione 1937. Le medaglie del caduto Flo-
rio Federico fascicolo 9: Anno 1922 – Edizione 1937 collocazione Album 77 persone Florio
Federico numero di negativo 12097.
Fig. 2. Archivio Centrale dello Stato. Duce – Edizione 1937. 14: Duce – Edizione 1937. Album
110. N. Neg. 22009.
Fig. 2. Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia |Museo del Risorgi-
mento). Foto Luca Postini.
Fig. 3. Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia |Museo del Risorgi-
mento). Foto Luca Postini.
Tav. I. Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia |Museo del Risorgi-
mento). Foto Luca Postini.
Fig. 4. Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia |Museo del Risorgi-
mento). Foto Luca Postini.
Tav. III. Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito presso Palazzo Moriggia |Museo del Risor-
gimento). Foto Luca Postini.
La valigia di Rachele Guidi Mussolini. La custodia del medagliere dal 1943 al 1945
Tav. I. Archivio Centrale dello Stato. Duce – Edizione 1942. Rachele Guidi Mussolini fascicolo
18: Duce – Edizione 1942 collocazione Scatola 296, persone Guidi Mussolini Rachele, numero
di negativo 0.
Appendice documentaria
Cap. I
Tav. I. Musei Reali Torino, Palazzo Reale. Inv. 7152. © Su concessione MiC – Musei Reali.
Tav. II. Musei Reali Torino, Palazzo Reale. Inv. 7154. © Su concessione MiC – Musei Reali.
Cap. II
Tav. I. Collezione privata.
Tav. II. Museo della Zecca, v. 17/28. © Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Cap. III
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Fascicolo 9: Anno 1922 – Edizione 1937 collocazione
Album 78 persone Pio XI numero di negativo 12121
Cap. V
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) / 20696.
Cap. VI
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) 4512.
Fig. 2. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) / 4516.
Cap. VII
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propaganda/
Attività del duce (fotografie Istituto Luce) / Il duce riceve a Villa Torlonia il presidente del
consiglio della Lituania Augustinus Valdemaras / 1128.
Fig. 2. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propaganda At-
tività del duce (fotografie Istituto Luce) / 1131.
Cap. VIII
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Archivi Fotografici e Fotografie / Ministero dell’interno
(già Miscellanea A) / Vita e imprese di Italo Balbo / 2663.
Cap. IX
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) / 498.
Cap. X
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) 56139.
Fig. 2. Archivio Centrale dello Stato. Partito Nazionale Fascista (PNF) / Ufficio propagan-
da / Attività del duce (fotografie Istituto Luce) / Il duce a Venezia / 72346.
Cap. XII
Fig. 1. Archivio Centrale dello Stato. Fascicolo IT-ACS-AS0001-0003736-0821 busta 15 numero
di negativo 76391 data 1937-09-27 luogo Berlino (Germania) persona Hitler Adolf Mussolini
Benito categoria 433.
RINGRAZIAMENTI
E inoltre
Marco Bazzini; Camilla Capitani; Antonino Currò; Roberta Del Don; Lucia Di Renzo; Patrizia
Foglia; Laura Forte; Eleonora Giampiccolo; Flavia Giberti; Anna Pizza; Elisa Panero; Luca Postini;
Daniela Loyola; Floriana Miele; Pietro Pennestrì; Camilla Pergoli Campanelli; Marco Podini;
Stefania Polletin; Gianmarco Talamona; Egle Tringali; Rosa Maria Villani.