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STATI UNITI.

PERSONALIZZAZIONE, ISTITUZIONI SEPARATE, GOVERNO DIVISO

1. BILANCIAMENTO DEI POTERNI E GARANZIA DEI DIRITTI

Dopo lo scoppio della Rivoluzione americana nel 1775, nel 1776 le 13 colonie dichiarano l'indipendenza da

re Giorgio III con un documento scritto. In un primo momento gli Stati Uniti sono una confederazione ma

nel , in seguito ai problemi finanziari, agli ostacoli del commercio e all'assenza della moneta unica, viene

convocata la Convenzione costituzionale a Filadelfia con l'entrata in vigore della Costituzione nel 1788.Nel

1789 viene eletto il primo Presidente degli Stati Uniti, George Washington. In seguito nel 1791 furono

approvati i primi 10 emendamenti, che divennero parte integrante della Costituzione, chiamati “Bill of

rights”(limitare il potere del governo e tutelare le libertà individuali).

La Costituzione americana stabiliva garanzie e limiti dell'esercizio del potere e un sistema federale in cui il

potere era diviso, controllato e controbilanciato tra Stati e tra organi del governo nazionale:

• il Presidente,

• un Congresso bicamerale rappresentativo degli Stati e del popolo,

• l'ordine giudiziario

Per evitare che il potere si concentrasse nelle mani di un'unica istituzione, i padri fondatori decisero di

dividere il potere costruendo comunque un assetto politico e costituzionale solido e flessibile con un

governo forte. Quindi la scelta federalista apparve la più plausibile. Il sistema americano viene definito

come un sistema di istituzioni separate che condividono una quota di potere. La flessibilità della

Costituzione è stata possibile grazie alla legislazione del Congresso, alle pratiche presidenziali,

all'interpretazione giudiziaria, agli usi e alle consuetudini. Non è stato raro nella storia americana che il Bill

of Rights fosse stato modificato in alcune parti attraverso la sua riscrittura formale o attraverso

l'interpretazione giudiziaria.

2. PARTECIPAZIONE POLITICA E PARTITI: FRATTURE DEBOLI, VALORI COMUNI FORTI

Sin dall'adozione del sistema federale, gli Stati che componevano l'area statunitense presentavano

differenze di carattere sociale ed economico che sono state fondamentali per lo sviluppo dei diversi

orientamenti politici. Negli Stati Uniti non hanno avuto grande influenza le fratture che hanno invece

caratterizzato le democrazie europee. Gli interessi territoriali e la grande eterogeneità etnico - culturale non

sono mai stati tanto profondi e rilevanti da portare alla formazione di partiti politici. Le differenze si sono

sempre affievolite di fronte alla condivisione di valori, ad una forte identificazione con i principi

costituzionali e ad un profondo senso di appartenenza alla comunità. L'unico conflitto rilevante che ha poi

condotto ad una guerra è stata la contrapposizione tra Sud agricolo e schiavista e Nord industriale e

antischiavista verso la metà dell'800, producendo la secessione di 11 stati.


Gli Stati Uniti sono nati come una nazione di immigrati (Padri Pellegrini erano irlandesi) e continua ad

essere un Paese d'immigrazione. Al momento della ratifica della Costituzione, gli Usa contavano meno di 4

milioni di abitanti e oggi contano 308 milioni di abitanti (2010). Le forti ondate migratorie sono state:

1. nel 1840-50 con l'arrivo di irlandesi e cattolici tedeschi,

2. nel 1861-65 con l'arrivo di inglesi e scandinavi,

3. nel 1890-1910 con l'arrivo di italiani, polacchi, ebrei, russi

4. dal 1960 con l'arrivo di ispanici e asiatici

La differenza tra culture, tradizioni e lingue si sono materializzate anche nelle preferenze e negli

orientamenti politici.

✓ Gli afroamericani sembrano essere più propensi per il Partito democratico,

✓ gli ispanici si differenziano tra loro per partecipazione, appartenenza politica ed ideologica,

✓ gli asiatici rimangono fedeli al Partito democratico.

Le elezioni del 2004 hanno mostrato un'inversione di tendenza, dove ispanici e afroamericani di un'età

compresa tra i 26 e i 35 anni votavano per i Repubblicani. Le elezioni del 2008 e del 2012 hanno confermato

il trend tradizionale, secondo cui ispanici, afroamericani e asiatici preferiscono i democratici (favoriti anche

dalla candidatura di Barack Obama).

In ogni modo i diversi orientamenti e preferenze politiche tra le comunità culturali negli Usa non ostacolano

la condivisione di valori, come il rispetto per la Costituzione, per la libertà individuale, per l'uguaglianza

politica e per l'uguaglianza delle opportunità.

Nonostante tutti questi valori siano i capisaldi nella cultura politica americana, è stata negata l'eguaglianza

politica agli afroamericani, ai nativi e alle donne e permangono ancora discriminazioni riguardo alla razza, al

sesso e all'appartenenza etnica. Anche lo stato indigente di molte famiglie, la malnutrizione di molti

bambini e la negazione di accesso all'istruzione rendono gli Stati Uniti uno dei Paesi più disuguali al mondo.

Gli americani sono però orgogliosi delle loro istituzioni politiche anche se l'affluenza alle urne è molto più

bassa che in altri Paesi. C'è da dire che il tasso dell'affluenza alle urne dipende da molti fattori:

1) il diritto di voto non è concesso a persone condannate per reati gravi, internate in ospedali psichiatrici,

detenute o prive di cittadinanza;

2) l'iscrizione alle liste elettorali è volontaria;

3) il voto è di martedì e questo disincentiva perché recarsi alle urne costa un giorno di lavoro;

4) i cittadini sono chiamati alle urne molto spesso (elezioni nazionali, statali, locali, primarie e referendum).

Abbiamo detto che i partiti politici non si sono radicati in modo profondo come in Europa, MA questo non
impedisce i cittadini americani di fare volontariato o di finanziare le campagne elettorale dei due principali

partiti. Il mancato radicamento dei partiti politici è riconducibile anche all'identificazione dei cittadini con le

personalità dei singoli candidati.

I Repubblicani si dividono in due filoni: conservatori e tradizionali, favorevoli al minimo intervento dello

Stato nell'economia, e i neoconservatori, favorevoli all'istituzionalizzazione dei loro valori morali e religiosi,

a limitare l'accesso all'aborto, a promuovere le <b>preghiere nelle scuole e a controllare la pornografia.

Generalmente i repubblicani raccolgono consensi tra i ceti più elevati e più istruiti e negli Stati dell'Arizona,

Utah e Kansas.

I Democratici sono stati il punto di riferimento per i ceti più svantaggiati e discriminati. Sono favorevoli

all'intervento dello Stato nell'economia, nel settore sociale, all'introduzione di regole che disciplinano

l'attività dell'industria e che tutelano l'ambiente. Raccolgono consensi tra gli americani più poveri, tra le

minoranze religiose, tra coloro che hanno più bassi di livelli di istruzione.

Generalmente entrambi i partiti propongono politiche moderate e hanno leader moderati MA sono

organizzazioni deboli a causa dell'erosione del clientelismo, dell'uso spregiudicato delle assunzioni nelle

pubbliche amministrazioni e della concessione di appalti ai loro sostenitori. Hanno operato in un sistema di

separazione di poteri di pesi e contrappesi che <b>ha fortemente limitato la loro capacità di impadronirsi e

dominare le istituzioni. Le decisioni importanti vengono prese direttamente dagli elettori nelle primarie o

dalle assemblee degli attivisti di partito.

3. LA COMPETIZIONE ELETTORALE: BIPARTITISCMO E PERSONALIZZAZIONE

La politica americana si è sempre distinta per il suo bipartitismo e l'alternanza. In un primo momento si

scontravano jeffersoniani e federalisti, poi democratici - repubblicani e Whigs e oggi repubblicani e

democratici. Anche nella guerra civile di secessione il Sud si identificava con l'orientamento democratico e il

Nord con quello repubblicano; quando gli afroamericani hanno ottenuto diritti politici e sono diventati

democratici, è avvenuto il riallineamento con il sostegno dei bianchi del Sud al Partito repubblicano.

Il bipartitismo americano si spiega con l'impiego di sistemi elettorali con una logica plurality (maggioranza

semplice) in collegi uninominali. È un sistema adoperato sia nelle cariche monocratiche di governo

(Presidente, sindaci, governatori) sia per i componenti dell'assemblea legislativa (a livello federale e nei

singoli stati).L'unica differenza è che i componenti dell'assemblea legislativa possono svolgere mandati a

tempo indeterminato I primi non possono ricoprire il loro ruolo per di più di due mandati consecutivi. La

logica bipartitica è favorita anche dalla revisione dei collegi elettorali e dall'aggiornamento della ripartizione

dei seggi; operazioni che sono di competenza dei singoli Stati e che spesso sono oggetto di abusi di

discrezionalità per favorire i candidati democratici o repubblicani (gerrymandering).


I partiti minori non hanno mai rappresentato una minaccia per i due partiti dominanti:

• Nel 1992 il Partito riformista, guidato da Perot, di matrice moderatamente conservatrice, tolse voti al

candidato repubblicano Bush rendendo così più facile la vittoria per il democratico Clinton.

• Nel 2000 il Partito verde, con candidato Nader, prese quei punti necessari da far vincere il repubblicano

Bush, ledendo il democratico Al Gore.

Le elezioni sono regolari; non importa se il Paese è in guerra o nel pieno di una crisi interna: la Camera viene

eletta ogni due anni, un terzo del Senato ogni due anni e la Presidenza ogni 4 anni. Le elezioni americane

sono precedute da lunghe e costose campagne elettorali di qualsiasi altra democrazia liberale. La scelta dei

candidati avviene attraverso delle elezioni primarie regolate con leggi statali, che possono essere:

 chiuse, votano solo gli elettori registrati per quel partito (si tratta di un registro pubblico)

 aperte, nessuna registrazione, il voto è aperto a tutti i cittadini

 semi-chiuse, come sopra, ma gli elettori indipendenti (non registrati) possono decidere di

partecipare per un partito

PRIMARIE

Fin dall’inizio dell’800 i candidati presidenti sono scelti dai “boss” statali dei partiti riuniti in Conventions. A

partire dagli anni Sessanta i delegati alle Conventions sono (in gran parte) eletti attraverso le primarie.

Ciascun partito ha regole proprie, e anche fra Stato e Stato sono possibili differenze (primarie chiuse e

aperte; i caucuses in Iowa e Nevada) non si vota contemporaneamente in tutti gli Stati: le primarie iniziano

circa 11 mesi prima delle elezioni e durano circa sei mesi.

Primarie pro e contro:

• Un processo lungo e costoso

• Però permette di conoscere a fondo i diversi candidati (soprattutto gli outsiders)

• I candidati minori si ritirano lungo il percorso, alcuni outsiders possono emergere

• Gli Stati che votano per primi definiscono il quadro della competizione e questo <b><i>provoca

controversie fra gli Stati

Nel 2008 Florida e Michigan vengono escluse dal conteggio dei delegati per aver anticipato la data delle

primarie. La corsa per la presidenza si compone di quattro fasi:

1. La stagione informale precedente alle primarie,

2. La vera e propria stagione delle primarie che inizia da febbraio, prima dalle elezioni con il voto di New

Hampshire e Iowa, e dura fino a giugno che si conclude con le convenzioni nazionali dove viene nominato il

vincitore e candidato alla presidenza per ogni partito,

3. La campagna elettorale testa a testa tra i candidati alla presidenza da settembre fino al momento delle
elezioni (novembre), in questa fase cessano le spese elettorali dei candidati, il costo delle campagne viene

finanziato attraverso fondi pubblici.

4. Le elezioni dove il collegio elettorale vota i candidati e il caduto che riceve il 50% dei voti vince, se non si

raggiunge il 50% si va al ballottaggio e in fine vince quello con voti più alti. Gli elettori delle «primarie» sono

tipicamente i militanti dei partiti o comunque coloro che si identificano maggiormente nei partiti, di solito

con convinzioni più «estreme» dell’elettore medio. Il rischio, dunque, è quello di selezionare candidati

troppo sbilanciati. Il candidato ideale deve saper bilanciare i due aspetti: attrarre consensi sia dalla base del

partito che, in seguito, fra gli elettori «indipendenti»

Ogni due anni si rinnova un terzo della Camera dei rappresentanti, formata da 435 membri. Come per

l'elezione presidenziale, anche i deputati possono essere scelti attraverso le primarie . Le elezioni legislative

non riscuotono un interesse mediatico come per quelle presidenziali, ma i costi sono comunque alti per le

campagne elettorali legislative dal momento che ogni deputato vuole conquistare un seggio. Una sentenza

del 2010 ha determinato una crescita esponenziale delle spese elettorali sostenendo che nessun organo di

governo può limitare o regolare a persone giuridiche, imprese o sindacati che intendono sostenere

finanziariamente i candidati. Oltre al denaro, anche media sono un fattore importantissimo nelle campagne

elettorali.

4. IL GOVERNO: PRESIDENTE E PRESIDENZA

Il Presidente deve fare i conti con il limite dei mandati imposto dalla Costituzione e con i limiti imposti dal

Congresso. Il potere del Presidente coincide con il sostegno di coalizioni dentro e fuori dal Congresso a dalla

sua capacità di persuasione. Per evitare che il Presidente diventasse un tiranno, i costituenti trovarono il

modo di controbilanciare esecutivo e legislativo dando rilevanza al Congresso.

Il primo a esercitare i pieni poteri di fronte al Congresso fu Roosvelt. La Costituzione prevede che il

Presidente sia cittadino americano dalla nascita, abbia 35 anni e risieda nel Paese da almeno 14 anni. Il

Presidente può:

• concedere la grazia,

• stipulare trattati,

• nominare ambasciatori e giudici della Corte suprema,

• porre il veto sulle leggi del Congresso.

Il Presidente è coadiuvato da un <b><i>consiglio di gabinetto: il vicepresidente e 15 ministri a capo di diversi

compartimenti (Esteri, Difesa, Tesoro, Giustizia, Interni, Agricoltura, Commercio, Lavoro, Sanità, Edilizia,

Trasporti, Energia, Istruzione, Veterani e Sicurezza nazionale).

Il consiglio di gabinetto è un organo consultivo e di coordinamento e non rientra nell'esecutivo come nei
regimi parlamentari. Può capitare che i ministri siano appartenenti al partito avversario. Anche la squadra

presidenziale è sottoposta al sistema di checks and balances:

✓ Non sono mancate polemiche nella presidenza di Bush per la nomina di Tower, governatore del Texas, per

il presunto abuso di alcolici e delle numerose relazioni sentimentali.

✓ Anche durante la presidenza Clinton, la proposta di Baird fu rifiutata dal Congresso per l'assunzione di

una babysitter straniera senza permesso di soggiorno da parte della donna.

Oltre alla sua squadra, il Presidente si avvale della collaborazione di un vicepresidente . La Costituzione

americana prevede che il Presidente collabori con il Congresso in virtù della separazione dei poteri, tipica

del sistema federale. In pratica, è il Presidente a fissare l'agenda delle due Camere. Il Presidente può

firmare il progetto di legge, proposto dal Congresso, e promulgarlo, può porre il veto e rimandarlo al

Congresso con la motivazione,non fare nulla e lasciarlo entrare in vigore dopo 10 giorni.

Il Presidente deve occuparsi di politica estera, in stretta collaborazione con il ministro degli Esteri. Ma cosa

più importante il egli deve rispondere agli elettori e al suo partito, inteso come insieme di membri più

influenti, di attivisti e di finanziatori che lo hanno sostenuto. È importante che il Presidente sia sempre in

linea con il Congresso, perché una maggioranza in Congresso favorevole al Presidente, in certi casi, è

fondamentale. È il caso delle elezioni del 2010, quando i democratici persero le legislative. Obama non

riuscì a far approvare nessun punto del suo programma e fu obbligato a porre il veto su alcune proposte dei

repubblicani (“divided government” quando il Presidente non dispone della maggioranza in una camera o

in entrambe).

Ticket slipping: dalle elezioni del presidente Nixon 1968, gli elettori hanno mostrato un crescente

proporzione a scegliere candidati per incarichi diversi indipendentemente dal gruppo di appartenenza e un

minore attaccamento a ciascuno dei partiti maggiori. Questo fenomeno ha penalizzato i candidati

democratici della Casa Bianca, quegli stessi elettori che sceglievano i candidati presidenziali repubblicani

votavano per candidati democratici al Congresso. Quindi l’attenzione dei singoli votanti alle singole

tematiche è superiore alla fedeltà del gruppo di appartenenza: incombency effect, il fatto che i candidati

uscenti in cerca di rielezione al Congresso godono di un certo vantaggio rispetto agli sfidanti.

Il Presidente sceglie e nomina i giudici federali e li sottopone al voto di conferma del Senato.

 Lo strumento attraverso cui il Presidente fa valere la propria autorità nei confronti del Congresso è il

veto legislativo

 Il Presidente può rifiutarsi di firmare un progetto di legge e rinviarlo al Congresso («regular veto»)

 Oppure può non fare niente, se in prossimità della fine della sessione parlamentare («pocket veto»)

 Le due camere possono superare il veto presidenziale approvando di nuovo il provvedimento a


maggioranza di 2/3

Processo legislativo

Il progetto di legge (bill) può essere presentato solo da un senatore o da un deputato. Il Presidente deve

appoggiarsi ad un membro del Congresso per proporre un’iniziativa legislativa. Viene quindi assegnato dal

Presidente alla commissione competente progetto, eventualmente emendato, viene votato in commissione

e, se approvato, torna al plenum per l’approvazione. Se approvato, passa all’altro ramo del parlamento. Il

secondo ramo del parlamento <b>segue un iter analogo, fino all’approvazione finale della legge. Se i due

testi approvati sono identici, il progetto passa al Presidente per la firma. In caso contrario (la seconda

camera emenda il progetto ricevuto), il progetto torna alla prima camera, oppure, più frequentemente

viene istituita una conference committee, composta da senatori e deputati, con il compito di trovare un

compromesso soddisfacente, su cui si esprimono poi le due camere (senza ulteriori emendamenti).

5. IL CONGRESSO: DALLA SUPREMAZIA ALL'EQUILIBRIO

La Costituzione ha dato al Congresso molti poteri, compresa la facoltà di imporre tasse, contrarre debiti,

coniare moneta, dichiarare guerra, formare eserciti, determinare la natura dell'ordine giudiziario federale,

regolare il commercio con i paesi stranieri e fra gli stati dell'unione. In pratica, però, i poteri del Congresso si

esercitano in 4 settori: formazione delle leggi; attraverso il potere di sorveglianza, controlla il lavoro della

burocrazia federale; ha l'ultima parola sul bilancio federale; confermare tutte le principali nomine

presidenziali.

Per 150 anni il Congresso fu l'istituzione più forte tanto che pochi Presidenti sono stati in grado di

contrastare il potere del Congresso. MA con l'aumento del potere presidenziale, è avvenuto un sostanziale

equilibrio fra Congresso e Casa Bianca, ciascuno dei quali ha bisogno dell'altro per governare. Il Senato è

nato per rappresentare gli stati. Dal 1913 i senatori vengono eletti con un'elezione popolare. Il Senato ha gli

stessi poteri della Camera dei rappresentanti con l'eccezione del suo potere esclusivo di approvazione delle

nomine presidenziali dei membri del consiglio di gabinetto, della Corte suprema, delle corti federali inferiori,

delle principali agenzie governative, degli ambasciatori.

Il vicepresidente degli Stati Uniti può presiedere le sessioni del Senato anche se, di norma, è il senatore

anziano del partito di maggioranza (Senate majority leader), che organizza e mette in calendario le sedute,

assegna i disegni di legge alle commissioni permanenti, coordina la linea politica del suo partito, nomina i

membri delle commissioni speciali e sovrintende al funzionamento del Senato in modo da corrispondere

alle attese e agli obiettivi del suo partito. La Camera dei rappresentanti era stata pensata come camera di

rappresentanza popolare. Le differenze con il Senatori guardano poteri costituzionali, numero di membri,

durata del mandato, diverso livelli di centralizzazione del potere e leadership, specializzazione, ricambio,
importanza dell'anzianità, procedure. La camera ha 435 membri eletti ogni 2 anni per mandati che possono

essere rinnovati. Secondo la Costituzione, tutti i distretti elettorali devono essere ridisegnati ogni 10 anni

per riflettere i cambiamenti nella popolazione. La posizione più importante è quella di <<speaker della

Camera>>, eletto dai ranghi del partito di maggioranza. All'opposto del ruolo di presidente o speaker nei

sistemi parlamentari, il cui compito consiste nell'assicurare un ordinato sconvolgimento ai dibattiti e il cui

ruolo deve essere super partes, lo speaker della Camera è un dirigente politico investito di una carica

istituzionale dotata di poteri considerevoli.

I disegni di legge possono essere presentati indifferentemente in una delle due camere, con l'eccezione

delle leggi tributarie e di spesa, che devono sempre essere presentate, in prima istanza, alla Camera. Il testo

della Commissione viene portato in aula per la discussione plenaria, al termine della quale viene espresso

un voto dell'intera assemblea. L'iter prosegue con la trasmissione all'altro ramo del Congresso, che segue le

stesse fasi e cadenze. Se un disegno di legge è approvato nella medesima versione da entrambe le camere,

viene inviato alla Casa Bianca. Se i testi sono stati emendati da una delle camere, si forma una commissione

mista di deputati e senatori il cui compito sarà <<riconciliare>> i testi difformi. Una volta raggiunto

l'accordo, la versione di compromesso viene rimandata a entrambe le camere per il voto finale. Entro 10

giorni il presidente potrà firmare il disegno di legge e promulgare la legge oppure potrà apporre il veto.

Nonostante lo scarso rilievo dei partiti, i gruppi parlamentari hanno un ruolo molto rilevante. All'inizio di

ogni sessione congressuale, in ciascuna camera i gruppi politici convocano le rispettive assemblee per

l'elezione dei propri dirigenti: il capo della maggioranza, della minoranza e i loro vice in aula.

Le commissioni si occupano della maggior parte del lavoro. La Camera dei rappresentanti ha 21

commissioni permanenti, il Senato 20, mentre 4 sono congiunte. I sottocomitati sono 90. L'appartenenza

alle commissioni deve essere ratificata dall'intero gruppo parlamentare. Alcune commissioni della Camera

esercitano un potere considerevole e i membri anziani con un seggio sicuro tendono a gravitare intorno a

esse.

6. LE ISTITUZIONI POLITICHR TERRITORIALI: DALLA DOPPIA SOVRANITA' AL FEDERALISMO COOPERATIVO

Gli estensori della Costituzione furono molto attenti a definire i poteri degli stati e del governo nazionale.

Erano a favore di un forte governo centrale, ma fecero degli stati un elemento vitale della macchina del

governo. Oltre a stabilire l'eguale rappresentanza in Senato, la Costituzione ha affidato agli stati la

responsabilità di stabilire le regole per le elezioni locali e nazionali. L'articolo 4 affronta la questione di chi

dovrebbe prevalere in un eventuale conflitto di poteri. La risposta dei fondatori stabilisce che sono tre le

fonti del diritto del paese: 1. la Costituzione; 2. le leggi federali, quando sono conformi alla Costituzione; 3. i

trattati, che possono essere sottoscritti solo dal governo nazionale.


I giudici furono istituiti a obbedire alla Costituzione. Il governo nazionale, però, deve operare all'interno

delle aree delimitate dalla Costituzione e non può usurpare i diritti degli stati. Molte politiche federali sono

giustificate sulla base dei poteri impliciti. Gli Stati Uniti si sono progressivamente allontanati dal sistema

della doppia sovranità per abbracciare l'idea del federalismo cooperativo, in cui gli organi nazionali e quelli

statali condividono la responsabilità della conduzione politica.

7. I CARATTERI DEL <<POLICY MAKING>>: GOVERNO DIVISO, PRESSIONE DEI GRUPPI E CONTROLLO

GIURISDIZIONALE

Negli Usa i gruppi di interesse sono in particolare numerosi e molto attivi. Può trattarsi di gruppi con

interessi non economici che tendono ad aggregarsi intorno a obiettivi intangibili e sono tenuti insieme da

motivazioni di carattere morale. Le attività dei gruppi di interesse sono particolarmente efficaci nel

condizionare il governo del paese. Il lobbismo di base implica il condizionamento dei politici attraverso la

mobilitazione della loro base elettorale, mentre il lobbismo tradizionale si traduce nel condizionamento

esercitato parlando direttamente con eletti e amministratori.

Il ruolo dei tribunali è ugualmente pertinente e cruciale. La Corte Suprema può determinare se le leggi

federali o statali sono conformi alla Costituzione. In caso contrario può annullarle. In America i tribunali

possono anche modificare o correggere le politiche pubbliche, e possono a loro volta stabilire linee

politiche: il che significa che le corti di giustizia possono fissare norme.

Ci sono periodi in cui la politica negli USA sembra un anacronismo del XVIII secolo, il prodotto di un

equilibrio di forze paralizzante fra potere esecutivo e legislativo, piuttosto che un sistema capace di

governare in modo democratico ed efficiente.

8. CONCLUSIONI: IL GOVERNO DELL'UNICA SUPERPOTENZA

Gli Usa sono ormai l'unica superpotenza militare. Non hanno le più grandi forze armate del mondo, ma

hanno il più impotente arsenale. La politica estera degli USA aveva cominciato ad allontanarsi dalle

questioni difensive e strategiche per concentrarsi sui temi dell'economia e del commercio. Poi, con

l'attentato dell'11 settembre 2001, si sono presentati nuovi problemi e gli USA si sono ritrovati coinvolti in

una nuova epoca di incertezza, in cui le minacce e le opportunità nascono da una moltitudine di nuove fonti

di instabilità.

Il ruolo di unica superpotenza mondiale che hanno assunto e il contesto critico entro cui si trovano oggi a

esercitarlo hanno reso ancora più saliente che in passato il dibattito intorno alla qualità delle istituzioni

politiche degli Usa. Si deve tenere conto di alcuni ulteriori problemi:1. la quota dei votanti e le procedure di

registrazione complesse; 2. nella maggior parte degli stati i confini dei distretti elettorali sono decisi non da

commissioni indipendenti; 3. il finanziamento pubblico delle elezioni.


In questi primi anni del nuovo millennio gli USA affrontano un inedito dibattito circa la natura della politica.

Devono anche fronteggiare numerosi bisogni interni e ridefinire il loro ruolo nel mondo, minacciato dal

terrorismo globale.

Anche i dipartimenti governativi e le burocrazie tentano attivamente di influenzare il policy making,

solitamente all'interno dei cosiddetti <<triangoli di ferro>> o <<sottogoverni>>, relazioni stabili tra

burocrazie, commissioni parlamentari e gruppi di interesse non governativi.

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