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Leonzio di Gerusalemme
Abbiamo svoltato con il concilio di Constantinopoli di cui abbiamo visto gli anatematismi
la settimana scorsa ormai adesso andiamo oltre verso l’epoca patristica. Oggi vediamo questo
altro autore che si chiama Leonzio di Gerusalemme. Si tratta di un autore della fine del VI secolo
e degli inizi del VII secolo. Qui vedete che stiamo andando nel VII secolo. Quindi è un autore
che per lo più è coevo di Massimo il confessore che è un autore del VII secolo. E poo alla fine
dell’epoca patristica ci sarà Giovanni Damasceno. Qui prima di tutto prima di andare al
pensiero teologico di questo autore, dobbiamo sistemare la question prosografica, quindi,
tornare ad articulo che vi avevo già consegnato relativamente ai due Leonzio, perchè la disputa
è ancora aperta.
Allora prima di tutto andiamo a vedere il lavoro di Gray ha fatto la edizione critica in
base ad un solo manoscritto, è uno solo il manoscritto che contiene questa opera Contra
Monofisistas. Secondo lui, il manoscritto avrebbe due opere, una è l’opera vera e propria, cioè
, Contra Monofisistas, oppure, aforiae, e l’altra, or sia l’antologia dei testi patristici allegata a
questo manoscritto che si chiama Testimonia. Secondo questo sutdioso americano, nel
manoscritto, si dava parte teorica o espositiva e l’antologia mancano alcune righe e questo
farebbe soporre all’esistenza di 2 opere confluite sotto un unico nome Contra Monofisistas.
Avrebbe dato addito a questa interpretazione univoca. Questo è molto interessante anche
perchè la Patrologia Greca riporta tutta di seguito, cioè, tutta la parte espositiva, poi dopo, i
testimoni dei Padri. Questa testimonia, quindi, la seconda parte or l’antologia dei testi non
sarebbe altro che un raccolta dei testi molto divulgata risalente negli anni 533-36. Mentre le
aforiaeb apparterebbero all’epoca di Giustiniano ovvero all’anno 537, perchè lui motiva
questo, dicendo che l’aforiae andrebbero lette in concomittanza con un editto fatto
dell’imperatore Giustiniano contro gli eretici. Lui sta andando in direzione posizione a ciò che
dico io, coè, lui colloca l’autore a torno all’anno 532- 34, ossia, alla prima metà del VI secolo.
Mentre ho detto che l’autore viene collocato alla fine del VI secolo e agli inizi del VII secolo. Il
professor Gray conosce l’articulo di Kraus Muller al quale noi facciamo sempre riferimento.
Questo è un articolo fondamentale che è apparso nel Journal of Theological Studies che lo
trovate nel mio aritcolo.
Il mio articolo commincia proprio così: Un studio recente di Kraus Muller con il titolo
Leontius of Jerusalem, a Theologian of the Seventh Century, apparso nel Journal of Theological
Studies riporta al attenzione degli studiosi la questione prosografica dei 2 Leonzio. Vuol dire che
questo Krauss Muller ci ha messo tutti in discussione. Gray dice che Io ho letto Krausmuller dice
la presenza del termine giacobiti nel Contra Monofisistas, termine che si riferiva ai monofisiti
di Siria che non fu utilizzato prima dell’anno 578, perchè nel 578 Giaccomo Baradeo da cui i
monofisiti siriani vennero chiamati giacobbiti, quindi non prima della morte, oppure mentre lui
era in vita. Questo indizio presente nel Contra Monofisistas per Klaus Muller, per me anche, ci
porta a datare l’opera dopo l’anno 580, mentre Gray che vede questo, dice che questo è una
interpolazione. Gray dice che questa è una aggiunta.
Il problema è che come si fa dire che una aggiunta trovandoci di fronte ad unico
manoscritto. Il problemo è filologico. Qualora avessimo avuto almeno 2 manoscritti, nei quali
in uno era presente l’aggiunta, e nell’altro no. Allora è evidente che si tratta di una aggiunta or
di una itnerpolazione. Dunque, la prova non può essere sufficiente. Invece, il problema è che
noi abbiamo solo un unico manoscritto. Poi Gray individua una differenza di stile e dice che
vedete che questa è una aggiunta per una prova interna e non esterna. La prova interna è
sempre più debole di quella esterna. Allora lui dice che lo stile dell’ultima parte dove si
parla dei giacobiti è un stilo diverso. Dunque Siamo di fronte di una interpolazione. Però, i
miei dubbi sono enormi su questo. Quindi non cambio la mia posizione rispetto all’articolo.
Una recensione dell’opera di Gray sullo stesso Journal of Theological Studies fatta da
un’altro studioso che si chiama Wickham nel 2007. Questo tale espone l’opera di Gray e dice
nella recensione che la questione della datazione rimane incerta. Lui dice che se Gray ha
riportato Leonzio di Gerusalemme all’epoca della prima metà del VI secolo, ma non è sufficiente
quello che lui dice. La datazione rimane incerta e poi il problema dell’aggiunta rimane aperto.
Anche questo Wickham dice che non sono convinto che quella è un’aggiunta. Personalmente,
non è una’aggiunta ma l’opera Contra Monofisistas va necessariamente collacata dopo l’anno
580 in virtù di questa famosa espresione giacobbiti da Giacomo Baradeo.
Questre prove che io ho dato nell’articolo sono tutte prove esterne. Quindi sono prove
forti. Non sono prove interne. Se un’opera trovi un riferimento ad un evento storico esterno,
allora la dati quell’opera. Ma se tu, invece, vai così, forse qui c’è un riferimento contro gli
origenisti. Allora Giustiniano ha condannato gli origenisti nel 543, quindi, deve essere dopo
543. Perchè la condanna degli origenisti era avenuta anche prima del 543, oppure uno poteva
scrivere contro gli origenisti dopo 543. Per esempio ci sono letture .. quello di Massimo il
Confessore che era antiorigenista, per dire. Siamo già nel VII secolo. Quando, invece, troviamo
questi riferimenti, avvenimenti storici ben databili, allora noi riusciamo a collocare un’opera.
Dunque, nonostante le suggestioni di Gray, noi restiamo non convinti della su operazione e
quindi rimaniamo nel collocare questo autore definitivamente, di mettere Leonzio in pace, di
lasciare Leonzio alla fine del VI secolo e agli inzi del VII secolo.
Vi leggo un brano da Contra Nestorianos: l’essere umano in Cristo non possiede come
noi la propria ipostasi umana che lo separa da ogni natura simile e disimile, ma la comune
indivisibile ipostasi del Logos sia per la natura umana sia per quella divina. ( contra nestorianos
V, 29, 1749 di Patrologia Greca) Qui non c’è dubbio. C’è una unica ipostasi. Che è quella del
Logos si per la natura umana, sia quella divina. Vedete che questa è già una teologia matura.
Non si parla più dell’ipostasi come l’apotelesma, cioè, come l’effetto dell’unione delle due
nature così come parlava il concilio di Calcedonia, così come parlava il vetero-calcedonismo.
Questo è il nostro tema.
Il problema teologico che nasce in questo periodo, dopo il Constantinopolitano II, è che
cosa avvienne con l’incarnazione nella unica ipostasi * eis ths hagias triados- nell’uno della
Santa Trinità. Non avviene niente oppure avviene qualcosa? Lui sembra dirci che, in verità, non
avviene nessun cambiamento nè nella divina ipostasi del Logos nè nel suo * prosopon. Qui c’è
un elemento simile alla rifessione di Massimo il confessore perchè qui secondo me, questo
autore è coevo di Massimo il confessore. L’unione dunque tra le due nature avviene attraverso
l’azione creatrice che appartiene a Dio soltanto. San Massimo lo dice ancora meglio di Leonzio.
Lui dice che Dio, nella su onnipotenza fa si che una natura senza ipostasi susista in un’unica
ipostasi. Questa è la spiegazione più plausibile, secondo me, dal punto di vista teologico,
perchè se andiamo alla ricerca delle altre spiegazioni, diventa dificile.
Adesso andiamo a vedere un’altro punto: il modo di unione. Il primo punto era questo
verbo. Che succede? Niente è la risposta. Il secondo è il modo di unione. Come, avviene
dunque l’unione delle due nature? La divina ipostasi non subisce nessuna composizione. Ma qui
dobbiamo anche riflettere dal punto di vista teologico, avviene “UN ARRICHIMENTO” dei suoi
divini idiomi o proprietà con quelli della natura umana. Nell’unione delle due nature, il
Verbo, la unica persona che non subisce composizione,ad un certo punto, ha, oltre ad avere gli
idiomi divini, anche quelli umani. La parola arrichimento adopera ma non va bene perchè il
Verbo non si arrichisce. La natura divina è infinitamente ricca. Pero notiamo che al insieme alla
proprietà della natura divina, ci sono presenti gli idiomi della natura umana. Si esclude così
che Crist abbia 2 ipostasi o che sia la sinstesi di due. L’UNIONE dunque si può concepire al
livello degli idiomata, cioè, al LIVELLO DI PROPRIETÀ. La presenza della proprietà rivela che
nell’unica persona ci sono le due nature. Se releggete bene, il tema è unico c’è sempre la
questione di una persona e 2 nature. È sempre quello. Vedrete una coerenza di tutto il
discorso.
Le domande
Tanto è vero che quando io ho detto arrichimento, mettetelo tra vergolette. Non è
proprio corretto, perchè la natura divina non si arrichisce di nulla perchè e già ricca per se.
Però certamente noi non possiamo negare. Dobbiamo partire dalla costatatzione che
communque le proprietà della natura umana esistono in Cristo. Quello è sicuro. Diversamente
cadremmo in docetismo. Invece no. Sappiamo che Gesù aveva tutta la proprietà della natura
umana, cioè, lui era un’uomo perfetto. Coloro che lo incontravano, erano davanti ad un
uomo, non erano davanti ad un fantasma, nè di fronti di un uomo magico. Il problema è in che
rapporto sono queste proprietà derivanti da una natura umana perfetta con la divinità. Io
penso che il rapporto non è tanto un arrichimento. Non so bene come dirla, però è quella
propria capacità creativa che ha, in virtù di questa potenza creatrice della divinità che
coesistono le due nature in una unica persona. È proprio la potenza creatrice del Verbo che
fa si che la natura divina coesista con una natura umana. Poi siamo di fronte al mistero di
Cristo. Ed ad un certo punto, non possiamo andare oltre. Dobbiamo proseguire quello che
dicono i nostri fratelli ortodossi: contempliamo. Perchè noi latini, siamo troppo razionali.
Questa è una bella immagine dei padri che adoperano quando parlano del tema della
creazione, immagine e somiglianza. Dicono che l’immagine di Dio del Padre è il Verbo.
Dunque, l’uomao ha in se questa immagine. Ma i padri dicono che l’immagine è l’anima. Loro
hanno questa visione divisa dell’uomo.
Rischiano a porre l’incarnazione sul livello teorico e non al livello pratico concreto.
Questo è uno dei rischi di questa posizione ortodossa, cioè, di asttrare molto, tanto è vero che
io, parlando con un professore di Cristologia, e esponendo le due posizioni, quella neo-
calcedonese e quella vetero-calcedonese, ciò che fa vedere uno stadio da cui poi si arriva il
neo- calcedonismo. Lui dice che certo oggi che se sei un critologo, dovessi scegliere il vetero-
calcedonismo, perchè dà maggior ragione e maggiore concretezza all’incarnazione. Questo è
un rischio che può essere in questa visione. Però tenete presente che la proprietà cmmunque
sono proprietà visibili o concrete, cioè, quando quando se richiede dove abiti? E Gesù dice che
il filgio dell’uomo non ha un posto per riposare il capo. Però sappiamo che lui si è andato a
Betania. Andava da Marta e Maria. Sappiamo che lui era ospite di Pietro. Ricordate la suocera
di Pietro che si era malata e quindi lui la guarisce. Quindi sappiamo che Gesù aveva un aspetto
concreto. Le proprietà concrete della sua umanità emergono. I vangeli ci dicono e non fa mai
pensare che Gesù è un ione gnostico.
Se tu parti da quello che hai detto, coiè, che la natura divina ha un sacco di proprietà,
dunque, nella sua infinita proprietà, può avere anche quella umana. Ma se si mantiene questa
posizione, non è avvenuta l’incarnazione. Non si può dire così perche l’incarnazione vuole dire
una assunzione di una natura umana.
Il primo testo
KEFAL I
Ei) u(pésth mèn o( e)c h(mw^n a)/nqrwpoj, ou)k e)/xei de£ u(po/stasin, pw^j ou)k
e£nanti/a dogmati/zeij, a)nupo/staton to£n u(festhko/ta le/gwn; Ou)/te wn(^ fate
me/mnehsqe, ou)/te oi(j le/gomen e)piskh/ptete.
Mh£ ge/noito a)ll ) ou)k i)dioupo/staton, tout e)stin a)po£ tou^ Lo/gou xwrizo/menon, o(/ti
de£ ou) tauto£n a)nuposta/ton le/gein kai£ i)dioupo/staton,
ti/j a)mfiba/lloi, ei) to£ me£n tou^ pw^j einai pro£j ta e(/tera, to£ de£ tou^ o(/lwj mh£
einai dhlwtiko/n e)stin, w)^ sofw/tatoi;
La traduzione
Se l’uomo da noi susiste, non ha l’ipostasi come non insegni il contrario dicendo che
colui che susiste è anipostatico. Non ricordate ciò che dite, nè conservate ciò che noi diciamo.
Non sia mai, ma non idipostatico o sia s separato dal Verbo perchè non è la stessa cosa
dire anipostatico e idioipostatico.
Chi infatti dubiterebbe se l’essere in questo modo rispetto alle altre cose da un parte e
l’essere assolutamente non fosse.
Tu dici che l’uomo che viende da noi susiste ma anipostatico, cioè, no ha l’ipostasi è un
susistente anipostatico. Questo si vuol dire.
Vedete la posizione tra pw^j einai e o(/lwj mh£ einai, cioè, non possiamo parlare sul
come è - pw^j einai e poi dire che lui non è esiste assolutamente. Capite il senso adesso? La
opposizione to£ me£n tou^, da una parte, tou^ pw^j einai - il come, il modo d’ essere, cioè,
idioipostatico e anipostatico, epoi dire che non esiste o anipostatico- tou^ o(/lwj mh£ einai.
Sarebbe una cosa ridicula.
In questo testo si istaura una distinzione tra anipostatico e idioipostatico, cioè, tra
l’avere un ipostasi propria e l’essere senza ipostasi, quindi inesistente. Durante la pausa, uno
ha riportato una obiezione. Se la natura umana non ha l’ipostasi, lui manca di qualcosa. Lui è
come noi. Ma questa obiezione non ci porta verso l’idioipostatico, perchè lui spiega che ) ou)k
i)dioupo/staton, tout e)stin a)po£ tou^ Lo/gou xwrizo/menon, cioè, l’idioipostasi ci porta ad una
divisione dal Verbo. Se io accolgo, allora io mi separo dal Verbo. Allora si doveva finire al
nestorianismo. In greco, ci aiuta più dell’italiano. ) ou)k i)dioupo/staton, tout e)stin a)po£ tou^
Lo/gou xwrizo/menon. Anche la ultima parte pw^j einai e o(/lwj mh£ einai, qui si indica un
modo di essere. Non si nega la esistenza della natura umana. Si vuol dire come è. Non si nega
la sua esistenza. La risposta alla sua obiezione è qualora noi dovessimo parlare di una ipostasi
umana del Cristo, allora noi, ci dividiamo dal Logos. Facciamo una divisione. Allora
divedendoci dal Verbo, Andremmo nel nestorianesimo. Avremmo due Cristi e 2 Figli.
Loro coniavano i termini però Leonzio già li recipisce e quindi questi termini
anipostatico ed idioipostatico vengono dalla tradizione teologica. Già li abbiamo in Giovanni di
Cesarea molto tempo prima. Quindi diventano un bagaglio teologico. Come anche la
Testimonia Patrum , cioè, la testimonianza dei Padri, che lui allega Contra Monofositas che
Gray dice è un’altra opera.
Il Secondo Testo
Kai£ a)/nqrwpoj a)/ra ge/gonen th^’ th^j fu/sewj th^j a)nqrwpi/nhj proslh/yei, ei££ kai£
a)prosi/upw? h( au)th£ u(po/stasij tou^ Lo/gou! ei) me£n ga£r kai£ u(po/stasin sarko£j
prosela/beto h( u(po/stasij tou^ Lo/gou, ou) ye/gonen o( Lo/goj sa£rc, a£ll ) e)kth/sato
sa/rka o( Lo/goj!
ei) de£ kai£ h( fu/sij au)to^ ge/gone sarko£j fu/sij, w(j h( u(po/stasij, ou)k e)skh/nwsen
e)n h(mi^n toi^j sarkikoi^,h)/goun ei£j sa/rka, a)ll ) e)tra/poh ei)j au)th£n o( Lo/goj!
(du/natai oun ta£ fusika£ o)no/mata a)mfo/tera fe/rein o( Lo/goj e)n tw^’ e(ni difuei^ nu^n,
pa£lai de£ monofuei^ prosw/pw’ au)tou^) queste righe non sono tradotte dal professore.
.... ei) de£ le/goi tij mh£ du/nasqai fe/rein e(te/ran fu/sin e)n e(autw^’, ou)d ) a)/ra ta/ th^j
sarkikh^j h(m^nfu/sewj th^j nu^n pr?o/swpa th£n pneumatikh/n fu/sin;
La traduzione
Il Logos divenne uomo per la assunzione della natura umana. Anche se la stessa ipostasi
del Verbo non assunse una prosopon. Se infatti l’ipostasi del Verbo avesse assunto anche
l’ipostasi della carne il Verbo non sarebbe diventato carne, ma il Verbo avrebbe acquisito la
carne.
Se anche la sua natura è diventata natura della carne come l’ipostasi, non avrebbe
posta la sua tenda in mezzo tra noi carnali, ossia nella carne ma il Verbo sei sarebbe mutato in
essa.
.... se un dicesse che non può portare una’aòtra natura in se stesso, non forse potrebbe
accogliere nella futura risurrezione la natura spirituale della nostra natura carnale?
Il commentario del Professore
Qui il problema è del testo proslambawe ktaomai, uno vuol dire assumere e l’altro vuol
dire acquistare. Vedete che si dice che se l’ipostasi del Verbo avesse assunto l’ipostasi della
carne, il Verbo non sarebbe diventato carne, ma il Verbo avrebbe acquisito una carne. Qui
anche serve per capire questa espressione, perchè la carne del Verbo non è altro del Verbo in
qualche modo, perchè il Verbo è diventato carne. Non ha acquisito una carne come se avesse
qualcosa altro da se. Quando parla il Verbo diventa carne, non acquisisce una carne.
Questo vuol dire che non c’è mutamento nella natura. Quindi non assume nessuna
ipostasi ma non c’è nemmeno un cambio di natura. Nalla natura divina, diventa carne. Nella
carne, diventa divina. Questa parte , potete vedere come si procede nella parte, dope 3 righe,
ei) de£ le/goi tij mh£ du/nasqai fe/rein e(te/ran fu/sin e)n e(autw^’, ou)d ) a)/ra ta/ th^j sarkikh^j
h(m^nfu/sewj th^j nu^n pr?o/swpa th£n pneumatikh/n fu/sin; anche qui notiamo dov’è il
problema. Il problema è sempre relativamente il rapporto. Se può vedere anche in questo
ultimo pezzitino che abbiamo letto, il rapport anche con la natura umana traformata dalla
risurrezione, perchè lui dice che se non avesse assunto la natura umana, quella carnale, non
avrebbe potuto poi portare con se la natura umana traformata spirituale nella risurrezione.
Allora qui si inserisce il discorso della soteriologia. Perchè poi il discorso cristologico si collega
con il discorso soteriologico. Il discorso si collega alla soteriologia, cioè. Alla opera salvifica di
Cristo. Come aviene poi l’opera salvifica? Ma sempre in virtù dell’incarnazione. Allora non è
irrelevante il discorso sulle due nature in unica persona. Scende anche giù dove le persone
comminano per parlare della salvezza personale.
Il Terzo Testo
(Dh^lon ou)^n o)/ti ou)x e(tero u)po/staton einai, a)ll ) en mia^’ kai£ th^’ au)th^’
u(posta/sei noei^sqai a)mfoin au)tw^n to£ e)nupo/staton dei^. Dio£ kai£ a)podexo/meqa
to£ par? ) u(mw^n e)n te/lei ei/rhme/non, w(j a)dunaton / e)pi£ mia^j kai£ th^j au)th^j
u(posta/sewj, diafora£n le/gesqai u(posta/sewj.) questa parte è stato letto, ma non tradotto
dal professore.
Ou)de£ o(/lwj ga/r famen ou)/te diafora/n u(posta/sewn e)n th^’ mia?^ u(posta/sei tou^
Kuri/ou! mh£ ge/noito ei kai£ u(postatikw^n merikw^n i)diwma/twn i)/smen diafora/n! ou)
ga£r u(posta/sewn diafo/rwn h)/ diaforw^n e(/nwsi/n famen e)pi£ tou^ Kuri/ou! Tou^to
ga£r proedei/xth kai£ adu/naton!
Ei)per mh£ kai£ tw^n diakekrime/nwn, e(n tautw^’ tij le/goi th£n e(/nwsin, e(n w(^’ th£n
dia/krisin o(ra^’! a)ll ) fu/sewn diafo/rwn su/nqwain kata£ mi/an th£n prw/thn e)c a)rxh^j
ou)^san tou^ Lo/gou
kai£ ou) deute/ran ei^nai u(po/stasin, ei)/toun e£c u(posta/sewj i)/smen! a)ll ) ou)/twj me£n
ta/de.
Ou) ga£r a)nagkai^on dia£ to£ dei^n ti einai, pa/ntwj kai£ i)di£a’ tou=to einai! Kai£ ga£r
tw^n e)n th^’ po/lei oi)kh/sewn, ou)demi/a me£n a)de/spotoj! Ou)k a)nagkai/wj de£ pa^sa
despozome/nh monod/spoto/j e)sti! Pollai£ ga/r ei)si kai£ koino de/spotoi e)n th^’ po/lei!
Ou(/twj ou(^n e)pei£ me/n ei)sin ai( fu/seij, a)nagkai^on au)ta£j kai£ u(festhke/nai kai£
e)nuposta/touj einai. (questa parte viene prima nel testo)
La traduzione
Infatti, non diciamo che esiste una diferenza di ipostasi nell’unica ipostasi del Verbo.
Mai sia. Se infatti sappiamo la diferenza degli idiomi particolari ipostatici, non diciamo l’unione
del Signore, l’unione di differenti ipostasi. Questo sarebbe per tutto impossibile.
Nemmeno noi parliamo la sintesi delle differenti nature, nemmeno la sintesi di differenti
nature nell’unica prima originaria che è del Verbo, e neppure ammettiamo una seconda
ipostasi.
Infatti , non è necessario ciò che deva essere qualcosa sia assolutamente e
propriamente. Infatti nessuna delle case di una città è senza padrone. Non necessariamente
poi ogni casa che ha un padrone è un solo padrone. Infatti sono tante e alcune hanno padroni
communi. Così anche sono le nature. È necessario che susistanno e che siano inipostatiche
Qui dice che in ogni città, c’è una casa. In ognia casa c’è un padrone di casa. Però lui
dice che non tutte le case hanno un solo padrone. Ci sono anche case che hanno più padroni.
Le nature sono come le case che hanno un unico padrone. Sono 2 case che hanno un unico
padrone