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PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA

ISTITUTO DI SPIRITUALITÀ

L'immagine nel blocco.


Lo sguardo mistico di Michelangelo
e il non finito.

Studente: Leopoldo Antolín Aguilar


Numero di registrazione: 171466

Insegnante: Dott.ssa Yvonne Donha Schlobitten


(La spiritualità dell'arte)

Data di consegna: 30/01/2024

ANNO ACCADEMICO 2023-2024


INTRODUZIONE

Al termine del corso di arte e spiritualità abbiamo realizzato questo


progetto finale per applicare il metodo appreso all'opera di Michelangelo,
un autore che "occupa un posto di primaria importanza tra coloro che
hanno alimentato le immagini e le visioni della vita spirituale"1 . Ho voluto
partire dal concetto di sguardo contemplativo di Guardini, che ha fatto da
cornice al nostro corso. Questo ci aiuterà a capire il metodo seguito e lo
scopo del lavoro: scoprire qual è lo sguardo di Michelangelo nella sua
ricerca di Dio. Sulla base del bel libro di Maria Carolina Campone,
suggerito dalla docente, definiamo questo sguardo come uno sguardo
mistico, uno sguardo segnato fondamentalmente da due influenze decisive:
il neoplatonismo e il movimento di rinnovamento spirituale a cui era legato
dall'amicizia con Vittoria Colonna. Di fronte a un'opera così vasta e
sfaccettata come quella di Michelangelo, ci concentreremo su quella in cui
si sentiva più identificato: la scultura e, al suo interno, le opere non finite
che esprimono il concetto di non-finito, che esamineremo più in dettaglio.
Accenneremo un po' all'architettura e ci avvarremo delle sue poesie, in cui
dà parole alla riflessione trasmessa dalle sue opere (alcune delle quali non
ho resistito a riprodurre in immagini).
Sarà inevitabile stabilire una qualche relazione tra questi due sguardi,
perché, come ha scritto la professoressa, "lo sguardo di Michelangelo ha
ispirato Guardini per la sua Weltanschauung"2 . Infine, per chiudere la
struttura triadica dell'incontro tra l'opera d'arte, l'artista e lo spettatore,
metterò questi sguardi in dialogo con i miei.

1
CAMPONE, Michelangelo, Mistico dell'arte, 104, 104
2
DONNA SCHLOBITTEN, Verso nuovi occhi, 17.

1
1. Lo sguardo contemplativo di Guardini
La domanda di Guardini è se, a fronte di una visione frammentata e
parziale, tipica delle scienze, sia possibile avere una visione che raggiunga
il tutto. Il mondo di oggi sottolinea che la verità non può essere rivelata
attraverso una sola disciplina, ma è possibile avere una conoscenza che
sappia vedere il tutto nel frammento? La risposta, in una sorta di recupero
metafisico, sarà sì, quando la conoscenza del mondo non sarà solo teorica,
né sperimentale, ma contemplativa. Questa terza conoscenza, che non
esclude le precedenti è la weltanschauung guardiniana, un modo di vedere
le cose che non sovrappone un significato al mondo, né lo riduce a un
senso, ma rivela, nell'esperienza, la verità del mondo, di se stessi e di Dio 3 .
Nel suo libro I sensi e la conoscenza religiosa afferma che "il vero modo
di conoscere Dio è attraverso l'esperienza"4 . Per lui l'esperienza è un
fenomeno complesso in cui appare qualcosa che diventa visibile e
comprensibile nel suo significato. Il primo atto che sostiene tutti gli atti
successivi è quello di guardare e vedere, ma con uno sguardo che non vede
solo l'esterno ma l'essenza, che presenta la realtà come un insieme unitario
di significato che diventa e-vidente. Questo sguardo richiede un
atteggiamento: obbedire alla realtà piuttosto che dominarla, senza imporre
schemi, solo così si scopre l'unità e il senso originario del mondo.
Poiché l'atteggiamento è decisivo, Guardini affermerà che le radici
dell'occhio si trovano nel cuore, il centro da cui l'uomo ama e decide. Con
Sant'Agostino penserà che solo il cuore è capace di vedere, perché l'amore
prima de desiderio è rispetto, prima dell'avvicinamento è distacco che dà
spazio, e quindi permette di essere e di vedere! Come per la Bibbia, la
conoscenza di Guardini è legata a un incontro d'amore.
Ecco perché per lui, che intende l'opera d'arte come un'epifania, il modo
di accostarsi ad essa non può essere solo quello dello storico dell'arte, né
quello del teorico dell'estetica, ma quello del contemplativo, che si
immerge in essa senza analizzarla, più come amante che come studioso.
Così l'opera ci rivela parte dell'essere del mondo, non solo dell'artista, e
l'uomo incontra se stesso e una promessa che lo riporta all'origine: la
restituzione della primissima natura, in cui l'uomo diventa ciò che
realmente è (Gregorio di Nissa), quella che per Michelangelo simboleggerà
il nudo5 .

3
Cfr. DOHNA, Verso nuovi occhi, Introduzione 9-33.
4
Cfr. GUARDINI, I sensi e la conoscenza religiosa, 45-64.
5
"Egli é nudo come lo era Adamo prima del peccato originale" DOHNA, Lo
specchio della fede: la rappresentazione del divino nell'arte di Michelangelo e
Raffaello, 109.

2
2. L'immagine nel blocco o lo sguardo neoplatonico di Michelangelo.
Figlio dell'umanesimo fiorentino del suo tempo, il fattore decisivo per la
sua formazione non fu l'ingresso nella bottega del Guirlandaio a tredici
anni, ma il periodo trascorso nell'Accademia che Lorenzo il Magnifico, il
grande Lorenzo de' Medici, aveva istituito nel giardino di San Marco a
Firenze. Michelangelo fu accolto, secondo il suo biografo Condivi, "che da
figliuolo", vivendo con altri studenti, tra cui i più importanti filosofi
dell'epoca, come Marsilio Ficino, traduttore dell'intera opera di Platone e
autore nel 1482 della Teologia platonica, e Pico della Mirandola, autore del
Discorso sulla dignità dell'uomo, che è stato considerato il manifesto del
Rinascimento. Come poteva non esserne segnato?6
La matrice neoplatonica sarà quella che formerà la mente dell'artista e lo
condurrà alla prima ricerca dell'idealizzazione della forma. La cattura della
bellezza avveniva copiando le proporzioni delle sculture antiche. Così, la
copia, la riproduzione nel marmo di un pezzo che si presentava agli occhi,
generava l'idea che ciò che si scolpiva esistesse già prima. Quando, senza
modello, scolpiva alla condizione che era solito chiedere ai suoi clienti,
cioè avere libertà creativa, lo faceva portando sul marmo l'idea che aveva in
mente. Vedere "l'immagine nel blocco" rende l'opera una questione di
spogliarsi di tutto ciò che ostacola la sua apparizione.
L'influenza neoplatonica è totale, perché la mano sarà lo strumento che
segue la volontà dell'intelletto, che possiede l'idea che vive eternamente e
che l'artista ha il dovere di liberare dalla materia, lottando con tutto il suo
sforzo fino a ottenere la prima immagine intatta.
L'idea di Michelangelo che esistano infinite forme nella materia, tra le
quali l'artista sceglie quella che vede, è perfettamente evidente in alcune
delle sue celebri opere dei primi anni, come la Pietà in Vaticano e il David
all'Accademia. Per il primo, Michelangelo stesso si recò personalmente a
Carrara per supervisionare l'estrazione del blocco di marmo bianco della
migliore qualità, disegnandolo addirittura sul posto prima di trasportarlo a
Roma7. Nel David dovette affrontare la sfida di plasmare un enorme blocco
di marmo, alto più di cinque metri, di proprietà dell'Opera del Duomo di
Firenze.
In entrambi vediamo che Michelangelo non narra mai una storia, non
intende l'arte come una Biblia pauperum, ma cerca sempre attraverso
6
"L'idea di Dio 'verità delle cose', il quale riflette lo splendore del suo volto in tutto
l'universo, imprimendogli un sigillo di bellezza, concetto questo destinato a influenzare
profondamente l'arte della Firenze medicea" CAMPONE, 37,
7
Cf L'amor di Michelagnolo e la fática insieme. I calchi delle ter Pietà.
https://www.museivaticani.va/content/dam/museivaticani/pdf/eventi_novita/iniziative/e
venti/2023/139_scheda_opere_tre_pieta_it.pdf

3
l'immagine di servire un'idea (per questo le sue sculture sono spesso
pensose). La pietà non esprime il dolore della Vergine, né mostra il corpo
di Cristo martirizzato dalla Passione, ma in una forma piramidale, simbolo
di perfezione, troviamo morte e vita, maschile e femminile, umano e
divino, perfettamente uniti nella redenzione. La forma fisica esprime la
perfezione morale e spiega sia l'ineguagliabile e divina bellezza del corpo
nudo di Cristo sia il volto giovanile di Maria, così strano per i suoi
contemporanei, e significa purezza e assenza di peccato8 .
Né David si limita a narrare la storia biblica, al contrario, sembrerebbe
che qui il piccolo pastore sia il Gigante, perché ciò che vuole trasmettere è
l'idea rinascimentale dell'uomo come culmine della creazione, ciò che la
natura umana è chiamata realmente ad essere9 . Pur mostrando la sua
conoscenza del nudo greco con i suoi canoni proporzionali, ne prende le
distanze ingrandendo la mano e soprattutto la testa, per dimostrare che
nell'uomo moderno l'azione deve essere guidata dal pensiero. Michelangelo
non vuole imitare la natura, ma mostrare l'uomo ideale che, pensoso e con
la fronte aggrottata, guarda la realtà dal punto di vista della ragione.
Queste sculture incarnano il senso più profondo del neoplatonismo e del
classicismo fiorentino, il suo ideale di bellezza.

Se'l mio rozzo martello i duri sassi


Forma d'uomo aspetto o questo o quello,
Dal ministro che'l guida, iscorge e tiello,
Prendendo il moto, va con gli altrui passi.
M aquel divin che in cielo alberga e stassi,
altri, e sè più, col proprio andar fa bello;
e se nessun martello senza martello
Si può far, da quel vivo ogni altro fassi.

8
Questa similitudine tra bellezza e purezza/peccato e bruttezza è perfettamente visibile
negli affreschi della Cappella Sistina, dove Adamo ed Eva, prima del peccato, appaiono
con una bellezza che scompare quando vengono espulsi dal Paradiso.
9
È il tema che avrebbe poi sviluppato nella volta della Cappella Sistina. Nella creazione
di Adamo, nell'incontro tra Dio e l'uomo, posti sullo stesso piano, ciascuno conserva la
propria natura, ma l'uomo può vedersi in Dio come in uno specchio, perché la sua
massima dignità è quella di essere fatto a sua immagine e somiglianza. Visione
antropologica in cui l'uomo è sempre visto in relazione a Dio, la divinizzazione
dell'uomo comporta la sua piena umanizzazione.

4
2. Il non-finito e lo sguardo mistico di Michelangelo.
E perché'l colpo è di valor più pieno
quant'alza più se stesso alla fucina,
sopra'l mio questo al ciel n'è gito a volo.
Onde a me non finito verrà meno,
s'or non gli dà la fabbrica divina
aiuto a farlo, c'era solo il mondo.
Con questo frammento, che appartiene alla stessa poesia con cui
abbiamo concluso la sezione precedente, in cui compare l'espressione non-
finito, iniziamo questa seconda parte sullo sguardo più profondo e
caratteristico di Michelangelo: lo sguardo mistico. Questo sguardo trova la
sua espressione nello stile non-finito, che si svilupperà in crescendo nel
corso della sua lunga vita. Era già presente in modo germinale sia nella
Pietà che nel David, in quanto sono fatti per essere visti di fronte, in
un'unica prospettiva, lasciando una parte nascosta, una certa non-finitezza.
Vedere un'opera d'arte incompiuta, sia essa una cattedrale, un brano
musicale, un dipinto o una scultura, ci fa chiedere: qual è la causa, cosa è
successo?
Fino a Michelangelo, solo una circostanza involontaria come la
mancanza di budget, un incidente, ecc. poteva spiegare il fallimento
dell'interruzione di un'opera. Si potrebbe confondere con uno schizzo, che
ci permette di vedere la mente dell'artista nei primi momenti dell'atto
creativo, o interpretare che nell'aspirazione all'ideale, l'impossibilità di
raggiungerlo ha fatto abbandonare l'opera all'artista.
Tutte queste ragioni sono state addotte nella sua vita e nella sua opera,
eppure nessuna di esse fornisce la ragione ultima per cui egli è considerato
il padre della moderna nozione di non finito, secondo la quale la forma
incompiuta nasconde l'essenza stessa dell'opera e realizza un paradosso:
che l'imperfezione supera la perfezione10 .
Vista a distanza di secoli o millenni, l'opera
d'arte finita inizia un viaggio nel tempo che le
fa subire cambiamenti, erosioni, mutilazioni,
che la portano ad apparire davanti a noi
incompleta eppure viva! L'impatto su
Michelangelo del torso del Belvedere, di cui si
considerava discepolo, probabilmente
influenzò anche il non-finito.

10
Cf Non finito, l'arte del non finito. https://prensa.fundacionlacaixa.org/wp-
content/uploads/2022/02/NdP-Exposicion-Non-Finito-CaixaForum-Zaragoza-
Fundacion-la-Caixa-1.pdf

5
La prima opera che Michelangelo dovette lasciare incompiuta
fu il San Matteo per il duomo di Firenze. Qui troviamo tutta la
poetica del non-finito, che all'inizio è segno di pessimismo e
tormento (la forma serpentina esprime questo dolore nel nostro
artista). San Matteo cerca di lottare per uscire dalla materia che
lo imprigiona. Il blocco di marmo delinea e lascia intravedere
l'immagine che l'artista sta liberando dalla pietra.
Ancora meglio si vede negli schiavi, dove l'immagine
imprigionata è la condizione umana stessa che ha bisogno di
essere liberata. Il fatto che appartengano a un progetto
abbandonato, ridotto e modificato, che ha comportato per
Michelangelo un vero e proprio calvario di oltre 40 anni che
egli chiamò "tragedia della tomba": la tomba di Giulio II con il
conseguente contesto di morte, aiuta a capire che "la matrice
del non-finito è l'angoscia"11 .
Questo pessimismo nasce dallo scontro tra l'intuizione dell'eterno e la
caducità delle cose, tra la purezza dell'idea e la miseria della vita, tra ciò
che siamo chiamati a essere e ciò che siamo. Nasce da quel sentimento
tormentoso che è anche, da cristiano, la consapevolezza del peccato
(mostrato magistralmente sia nella poesia12 sia nell'affresco del Giudizio
Universale, in cui si ritrae nel profondo desiderio di non essere escluso).
È questo, in sostanza, il sentimento che pone fine alla fede nella ragione
e, nello stesso artista che l'ha portata al suo apice, segna la fine del
Rinascimento. Nasce una nuova fase e un nuovo linguaggio, presieduto dal
dolore della condizione umana, qualcosa di estremamente moderno che
assomiglia alla sensibilità contemporanea. Gli eventi storici lo favorirono:
la Chiesa si stava frammentando con la separazione non solo di Lutero, ma
anche di Calvino e degli anglicani; la guerra franco-spagnola portò a Roma
il sacco del 1527, la Roma ideale sognata da Papa Giulio II fu lasciata alle
spalle. Come sussistere spiritualmente in mezzo a tutto questo?
L'amicizia con l'aristocratica Vittoria Colonna, la più grande poetessa del
Cinquecento italiano, lo mise in contatto in quel momento di crisi con un
movimento spirituale di riforma all'interno della Chiesa promosso
dall'Erasmista spagnolo Juan de Valdés, segretario privato di Carlo V.
Michelangelo, che conosceva bene la corruzione romana, sentiva che
questa riforma era molto necessaria e, sebbene per alcuni aspetti potesse
assomigliare al luteranesimo (la salvezza attraverso la fede, l'importanza
della Bibbia, la critica all'acquisto della grazia di Dio con le indulgenze),
11
CAMPONE, 43
12
"Vivo al peccato, a me morendo vivo; vita già mia non son, ma del peccato: mie ben
dal ciel, mie mal da me m'è dato, dal mio sciolto voler, di ch'io so privo" Idem.,211.

6
non la immaginava al di fuori della dottrina della Chiesa cattolica, di cui si
considerava non solo membro ma anche strumento. Si parla di un forte
emergere della sua vocazione religiosa. L'incontro con l'umanista Fulvio
Orsini, che possedeva una copia dell'antico trattato sul sublime, attribuito
allo Pseudo-Longino, accrebbe notevolmente il sentimento religioso
dell'artista, come è evidente nelle opere dell'ultimo periodo della sua vita.
Un uomo in una donna, anzi uno dio
per la sua bocca parla,
ond'io per ascoltarla
son fatto tal, che ma' più sarò mio13 .
Michelangelo proporrà una sintesi di totale identificazione uomo-donna-
divinità, dove l'opposizione degli opposti, che ha attraversato tutta la sua
opera, si apre al trascendente in un'interpretazione mistica e cristiana del
sublime. In lui il superamento del male si concretizza "nella riunificazione
fisica e spirituale tra il maschile e il femminile"14 . Lo si vede anche nella
sua ultima opera architettonica 15 , caratterizzata da un'assoluta centralità
spaziale e cristocentrica e, soprattutto, nel suo rifugio privato nella scultura,
che per lui è la prima delle arti, e nella quale affronta in modo personale il
tema ricorrente della Pietà: un uomo in una donna, anzi uno dio.
Il non-finito crescerà di significato e rifletterà ora un'autentica esperienza
mistica. Esprimerà che l'idea completa ed eterna è irrappresentabile e
appartiene solo a Dio, e trasmetterà anche l'idea che il mistero si percepisce
di più nel silenzio, per cui è necessario far tacere la forma rendendola
invisibile.
In tale presupposto è evidente una precisa intuizione mistica, nel senso
etimologico del termine, dal momento in cui "il termine mysterion, derivato da
myo = chiudere la bocca, indica ciò che non si deve o non si può dire".16
Il non-finito non sarà più tanto un simbolo di dolore quanto il mezzo
dell'artista mistico per mostrare l'invisibile in forma visibile. Ecco perché

13
CAMPONE, 231.
14
DOHNA, Lo specchio della fede, 220.
15
Dopo la morte di Antonio de Sangallo, Michelangelo fu nominato da Paolo III
"supremo architetto, scultore e pittore" e gli fu affidata la direzione di tutte le principali
opere della Roma dei papi, soprattutto la basilica e la cupola di San Pietro. Cosa
avrebbe significato per lui, come cristiano, assumersi la responsabilità di costruire la
chiesa madre della cristianità in un contesto di discredito e di frattura della chiesa, una
delle cui cause erano state le opere di San Pietro? Sappiamo che disse addirittura che la
salvezza della sua anima dipendeva da questa esecuzione.
16
CAMPONE, 41.

7
alla fine della sua vita l'artista ha scelto, in una voluta incompiutezza, di
rappresentare il mistero di Cristo attraverso questo silenzio scultoreo.
Il tema della Pietà, iniziato in Vaticano, fu ripreso nella Pietà fiorentina,
raffigurando se stesso come Nicodemo; fu ripetuto nella Pietà di Palestrina,
esplorando il rapporto tra madre e figlio, e infine concentrato in un prodigio
concettuale del non finito, la sua ultima opera: la Pietà Rondanini.
Quest'opera è la summa della mistica michelangiolesca, ora il concetto
stesso di bellezza è posto al servizio della via unitiva, in cui il mistico,
attraverso l'amore, è intimamente unito a Dio, partecipando alla sua divinità
pur rimanendo distinto da lui, non mescolato.
Non è il bel lavoro degli esordi, siamo di fronte a un espressionismo che
accentua l'emozione in figure volontariamente sproporzionate. Il
misticismo del non finito si unisce all'influenza del sublime. Un'intensa
spiritualità è finalmente riuscita a liberare l'arte dalla materia.
Maria è muta, di fronte al mistero dell'amore che rende possibile
l'eternità infinita. La rappresentazione appena abbozzata nel marmo, grazie
al non finito, sembra formare un unico corpo in una fortissima unione
madre-figlio. Un movimento verticale verso l'alto, lontano dal triangolo
della pietà vaticana, è la caratteristica principale delle opere della fine della
sua vita, tra cui la cupola di San Pietro, che esprime la sua tensione verso il
cielo. Il volto della Vergine è ancora una volta giovane, anche se solo
accentuato, mentre Gesù è appena delineato perché l'essenza divina è
inconoscibile agli uomini. In questa scultura, a cui lavorò fino a pochi
giorni prima di morire, vediamo la sua anima totalmente rivolta verso Dio,
motivo per cui Argan disse che "avrebbe dovuto essere posta sulla sua
tomba"17. Rappresenta un vero e proprio manifesto della mistica
dell'essenza che, in punto di morte, ci ricorda che alla fine il non-finito
rimanda, come il nulla, all'infinito.

17
ARGAN, C.G., Storia dell'arte cassica e italiana IV, 74.

8
Deh fammiti vedere in ogni loco!
Se da mortal bellezza arder mi sento,
appresso al tuo mi sarà foco ispento,
e io nel tuo sarò, com'ero, in foco.
Signor mio caro, i' te sol chiamo e 'nvoco
contr'a l'inutil mio cieco tormento:
tu sol può rinnovarmi fuora e drento
le voglie e 'l senno e 'l valor lento e poco.
Tu desti al tempo, Amor, quest'alma diva
e 'n questa spoglia ancor fragil e stanca
l'incarcerasti, e con fiero destino.
Che poss'io altro che così non viva?
Ogni ben senza te, Signor, mi manca;
il cangiar sorte è sol poter divino.

9
CONCLUSIONE

Dalla triplice visione di Guardini possiamo concludere che lo sguardo di


Michelangelo nella sua appassionata ricerca di Dio era inizialmente uno
sguardo dominato dall'intelletto e dalla ragione, tipico del neoplatonismo.
Uno sguardo che dalla testa cercava Dio nella bellezza ideale.
Ma dopo la giovinezza, con i terribili eventi storici di cui fu testimone, e
dopo un periodo burrascoso in cui prese dolorosamente coscienza della
condizione umana, la sua vocazione artistica si unì a quella religiosa, e
trionfò un vero e proprio sguardo mistico, che deve molto all'influenza di
Vittoria Colonna. Questo sguardo è più simile a quello contemplativo di
Guardini, quello che, attraverso l'esperienza, l'amore e, nel caso di
Michelangelo, anche la lotta interiore, porta a un vero incontro con Dio.
Il non-finito, come espressione di questo sguardo mistico, riesce a
mostrare il paradosso per cui la massima perfezione è nell'imperfezione e
l'immagine più accurata nell'unico schizzo, perché questo silenzio scultoreo
si riferisce all'unico che può completare le cose e vederle come sono
veramente: Dio.
Questo è stato il mio lavoro; probabilmente scoprirò la questione del mio
sguardo in ciò che le opere che ho studiato e contemplato mi rivelano di me
stesso. Uno sguardo che cambia con la vita, che era idealista e razionale ma
ha subito la crisi della realtà, che è consapevole del suo peccato e allo
stesso tempo della sua vocazione, che si libera da altri modelli mentre
assume la propria materia, che non smette mai di stupirsi e sorprendersi del
mistero della vita e della morte. Uno sguardo che si commuove quando
intuisce, dietro i colpi dell'artista sulla pietra dura, l'idea che sta cercando di
portare alla luce. Un compito sempre incompiuto, non finito ....

10
BIBLIOGRAFIA

ARGAN, GIULIO CARLO. Storia dell'arte classica e italiana. Firenze 1983


CAMPONE, M.C., Michelangelo mistico dell'arte. "Deh fammiti vedere in ogni
loco". Città del Vaticano, 2011.
DOHNA SCHLOBITTEN, Y., Verso nuovi occhi.L'arte dello sguardo sul tutto.
Assisi 2023.
_________, Lo specchio della fede: la rappresentazione del divino nell'arte di
Michelangelo e Raffaello. Firenze 2012.
GUARDINI, R., Los sentidos y el conocimiento religioso. Madrid 1965.
FROMMEL, Ch.L., Michelagelo. Il marmo e la mente. Milano 2014.

11
INDICE GENERALE

INTRODUZIONE............................................................................................. 1

1. Lo sguardo contemplativo di Guardini ...................................................... 2

2. L'immagine nel blocco o lo sguardo neoplatonico di Michelangelo. ........ 3

2.Il non-finito e lo sguardo mistico di Michelangelo. .................................... 5

CONCLUSIONE ............................................................................................ 10

BIBLIOGRAFIA ............................................................................................ 11

INDICE GENERALE ..................................................................................... 12

12

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