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Testo ed esperienza
Editoriale
Testo ed esperienza 1
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina»
di Oswald Bayer 5
Ispirazione ed ermeneutica della Scrittura nel pensiero
di Ulrich H.J. Körtner
di Nicola Mariani 29
Don Antonino Tagliarini. Un testimone del primo
evangelismo italiano
di Antonella Varcasia 51
Recensioni 73
Sintesi degli articoli 93
Autori e autrici 95
Protestantesimo 77, 2022, 5-28
1. Il testo
1In Dr. Martin Luthers Briefwechsel, a cura di E.L. Enders, vol. 17, Haupt,
Leipzig 1920, p. 8, il testo è presentato come segue:
«Virgilium in Buccolicis et Georgicis nemo potest
intelligere, nisi fuerit quinque annis Pastor aut agricola.
Ciceronem in Epistolis (sic praecipio) nemo intelligit,
nisi 20 annis sit versatus in rep[ublica] aliqua insigni.
5 Scripturas sanctas sciat se nemo gustasse satis,
{
nisi centum annis cum Prophetis Ecclesias gubernarit.
1. Johannis Bapistae
Quare ingens est miraculum 2. Christi
3. Apostolorum.
10 Hanc tu ne diuinam Aeneida tenta, Sed vestigia pronus adora.
Wir sind Bettler: hoc est verum.»
Sancta voήματα R. p. D.M. L. 16.Feb: 46».
A parte la lezione erronea sacras, invece di sanctas (r. 5), e l’inserimento di
D[octoris] (r. 12), le differenze con il manoscritto di Rörer riguardano la pun-
teggiatura e l’uso delle maiuscole e sono irrilevanti per l’interpretazione del te-
sto. Il verbo in r. 3 dovrebbe essere il risultato di una metatesi, che ha trasfor-
mato percipio in praecipio. Ringrazio Martin Seils (Jena) per avermi trasmesso
il testo di Rörer.
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina» 7
8 In seguito al testo citato sopra (nota 2), Aurifaber riporta la seguente ver-
sione: «Che la comprensione della Sacra Scrittura sia una cosa difficile, lo ha
scritto dott. Martin Lutero nell’anno 1546, quando era a Eisleben e gli erano ri-
masti soltanto due giorni per vivere. Ha scritto queste parole in latino su un bi-
glietto, lasciandolo sul suo tavolo. Io, Johannes Aurifaber, l’ho copiato e il signor
dott. Justus Jonas, sovrintendente a Halle, che allora era a Eisleben, ha conser-
vato presso di sé questo biglietto.
I. Virgilium in Bucolicis nemo potest intelligere, nisi fuerit quinque annis
Pastor.
Virgilium in Georgicis nemo potest intelligere, nisi fuerit quinque annis
Agricola,
II. Ciceronem in Epistolis (sic praecipio) nemo integre intelligit, nisi vigin-
ti annis sit versatus in Republica aliqua insigni.
III. Scripturas sanctas sciat se nemo degustasse satis, nisi centum annis cum
Prophetis, vt Elia & Eliseo, Ioanne Baptista, Christo & Apostolis, Eccle-
sias gubernarit.
Hanc tu ne diuina [sic!] Aeneida tenta,
Sed vestigia pronus adora.
Wir sind Bettler/ Hoc est verum, 16.
Februarij Anno 1546».
9 WA. Tischreden, vol. 6, 1921, pp. xii s.
10 Vedi WA. Tischreden, vol. 6, pp. xii-xiv, e B. Stolt, Die Sprachmischung in
Luthers Tischreden. Studien zum Problem der Zweisprachigkeit, Almqvist & Wik-
sell, Stockholm 1964, pp. 19-24.
11 Sulle sue raccolte di detti di Lutero, vedi WA. Tischreden, vol. 6, p. xiii.
12 Cfr. WA. Tischreden, vol. 5, p. 675 (n. 6460) e inoltre vol. 1, p. 342 (n. 707);
vedi sotto, nota 51.
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina» 9
3. Anti-Sphragis
18 Papinius Statius, Thebais, lib. XII, vv. 814-819: Iam te magnanimus dignatur
noscere Caesar, / Itala iam studio discit memoratque iuventus. / vive, precor; nec tu
divinam Aeneida tempta, / sed longe sequere et vestigia semper adora. / mox, tibi si
quis adhuc praetendit nubila livor, / occidet, et meriti post me referentur honores.
19 Q. Horatii Flacci, Opera, a cura di H.W. Garrod (Oxford Classical Texts),
1901 (ristampa 1955): Carminum Liber III, XXX,1 s.: EXEGI monumentum ae-
re perennius / regalique situ pyramidum altius […].
20 P. Ovidius Naso, Metamorphoses, Liber XV, (871-879) 878. Cfr. F. Bömer,
P. Ovidius Naso. Metamorphosen. Kommentar zum Buch XIV und XV, Winter,
Heidelberg 1986, pp. 488-491 (Epilogus – Σφραγίς). Ringrazio Hermann Stein-
thal per avermi fatto notare il topos della sphragís.
21 WA, vol. 40/III, 1930, pp. 202 s. Cfr. O. Bayer, Freiheit als Antwort. Zur
theologischen Ethik, Mohr, Tübingen 1995, pp. 141 s.
22 «L’ho fatto, ma sono fecali»: WA, vol. 40/III, pp. 222,34 s. (su Sal. 127,1),
242,6-244,6 (su Sal. 127,2) e 250,8-253,9 (su Sal. 127,3). Cfr. WA, vol. 40/II, 1914, p.
325,22-31 (su Sal. 51,2). Il gioco delle parole non è riproducibile in lingua italiana.
12 OSWALD BAYER
4. Essere mendicante
I due versetti finali presi dalla Tebaide e inseriti da Lutero nel suo
testo mostrano delle modifiche che a prima vista sembrano trascurabi-
li ma in realtà sono determinanti. Lutero introduce la citazione con un
pronome dimostrativo (Hanc). In tal modo, egli trasforma l’«Eneide di-
vina», ovvero l’opera umana elogiata da Stazio, in una metafora delle
«sacre Scritture», ovvero del libro di Dio, al quale l’«Eneide divina» in-
serita da Lutero nel suo testo ora fa richiamo. Bisognerà ancora porre
in evidenza più tardi quale sia l’incremento di conoscenza e compren-
23 WA, vol. 50, 1914, pp. 660,31-661,8. Cfr. il sermone su I Pie. 5,5 ss. del 22
giugno 1539: WA, vol. 47, 1912, pp. 795-802.
24 WA, vol. 38, 1912, p. 134,5-8 (prefazione di Lutero al catalogo di tutti i
suoi scritti dal 1518 al 1533).
25 WA. Tischreden, vol. 4, 1916, pp. 311,25-312,1 (n. 4436 del 1539): «Ipsi vo-
lunt prohibere nobis cursum euangelii, che non è nelle nostre forze, così come
non possiamo prevenire che i campi verdeggino e crescano». Cfr. WA, vol. 42,
1911, p. 501,4-7 (fortuna verbi, su Gen. 13,4).
26 Cfr. sopra, nota 24.
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina» 13
27 WA, vol. 30/I, 1910, pp. 295,9; 297,12 s.; 299,12 (cfr. 308,5-12).
28 Cfr. il paragrafo 1 («il testo»).
29 WA. Tischreden, vol. 5, p. 317,11 (probabilmente una riproduzione corrotta
dei sancta νοHMατα nella nota finale secondo Rörer, elevata a titolo da Löscher
[WA, vol. 48, p. 241]; vedi sopra, paragrafo 1).
14 OSWALD BAYER
Ci sono giustizie diverse, una della legge, nata dalle nostre forze e
opere, e un’altra, riconosciuta dalla misericordia divina mediante la
fede. In questo modo dobbiamo ripulire i termini degli scolastici. La
moneta vale laddove è coniata. [...] Innanzi a Dio le nostre opere non
valgono nulla, se vogliamo guadagnarci con esse la vita eterna. In-
nanzi al mondo e in esso valgono senz’altro44.
40WA. Tischreden, vol. 4, p. 492,3-7 (n. 4777); in tal modo è riprodotta la rie-
laborazione della versione di Aurifaber da parte di K. E. Förstemann. Compren-
dere la sacra Scrittura non è altro che comprendere il primo comandamento:
«temere, amare e fidarsi di Dio più di ogni altra cosa» (WA, vol. 30/I, 1910, p.
285,2 s.; Piccolo Catechismo del 1529 [trad. it. a cura di F. Ferrario: Claudiana,
Torino 2004]). L’autorità della sacra Scrittura non è formale ma squisitamente
materiale: è l’autorità di Dio stesso.
41 WA, vol. 39/I, 1926, pp. 258-263.
42 Ivi, pp. 262,11-14; 261,28-35. Cfr. WA, vol. 39/I, pp. 74,30 s.; 75,3-6; WA, vol.
40/I, 1911, p. 586,7-9; WA, vol. 31/II, 1914, p. 15,2 s.; WA, vol. 36, 1909, p. 183,11 s.
43 WA, vol. 39/I, p. 231,18 (disputa per la promozione a dottori di Palladius
e Tilemann, 1° giugno 1537).
44 Ivi, p. 233,11-16.
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina» 17
45 Ivi, p. 320,2 s.; cfr. WA, vol. 41, 1910, p. 37,10-13: Ratio cum sua sapientia
maneat in terris, costruisca delle case […]. hoc novit et ad hoc creata. Sed quan-
do venit in divinas res, ibi cieca. Ibi un altro modo di governare, eat ad pradica-
tionem, in biblia legat, quomodo credendum et salvari.
46 Cfr. in part. WA, vol. 26, 1909, pp. 504,30-505,10 (Vom Abendmahl Christi.
Bekenntnis [trad. it. a cura di W. Pfannkuche: M. Lutero, Opere scelte, vol. 18,
Claudiana, Torino 2021]); WA, vol. 42, p. 79,3-9 (su Gen. 2,16 s., del 1535), e O.
Bayer, Freiheit cit. (paragrafo Natur und Institution).
47 A parte WA, vol. 42, p. 79,3-9, cfr. anche ivi, p. 158,16-19 (su Gen. 3,19).
18 OSWALD BAYER
48 WA. Tischreden, vol. 5, p. 218,14-18 (n. 5533, del 1542-1543). Questa rego-
la è applicata, ad es., in WA, vol. 43, 1912, p. 523,16-524,31 (su Gen. 27,28 s.).
Cfr. WA, vol. 31/II, p. 569,21 s. (su Is. 66,1): Cavete altas speculationes et perma-
nete in inferioribus, in politia, in oeconomia, in scriptura.
49 Da confrontare con l’«ultimo biglietto»: WA, vol. 40/III, p. 203,2 (cfr. sopra,
note 21 s.). Per la sua stima di Cicerone: WA. Tischreden, vol. 2, 1913, pp. 456
s. (n. 2412). Il passo «Nessuno comprende bene le lettere di Cicerone se non è
stato per vent’anni in un governo eccellente» (ivi, p. 457,18 s.) dovrebbe essere
stato inserito da Aurifaber nella tradizione risalente al 1532 in base all’«ultimo
biglietto» di Lutero.
50 Cfr. WA. Tischreden, vol. 3, p. 4,33-37 (n. 2808b): «L’esperienza mostra co-
me è forte la verità di Dio. Più la si legge, più è efficace. Questo Cicerone non lo
può con tutta la sua sapienza e retorica, nonostante sia stato un uomo egregio
per quanto concerne la sapienza umana. Ma essa non può andare al di sopra di
se stessa, deve restare laggiù».
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina» 19
Come mostra la spiegazione che Lutero dà delle «tre regole per studiare
la teologia»52, questa è l’esperienza di ogni cristiano, anzi, di ogni esse-
re umano. Secondo Lutero, la definizione mediante le caratteristiche di
oratio, meditatio e tentatio assicura alla teologia un significato per tutta
l’umanità, oltre qualsiasi competenza settoriale. Al di là di ogni concet-
to di scuola, questa definizione dota la teologia di un concetto del mon-
do che riguarda tutti gli esseri umani53. Ogni essere umano è teologo,
in quanto il confronto con l’ascoltata promessa di vita incondizionata
porta la sua esperienza di sé e del mondo nella tentazione, che può su-
perare soltanto nella preghiera.
7. Testo ed esperienza
Colpisce nel nostro testo, accanto all’intelligere, il gustare, che rico-
pre un ruolo decisivo del concetto esperienziale di Bernardo di Chiara-
valle54. Bisogna comprendere questo elemento alla luce delle tre carat-
teristiche dell’oratio, della meditatio e della tentatio. Per Lutero, gustare
segnala un’attenzione alla dimensione sensuale e corporea del testo55.
La differenza tra intelligere e gustare, che emerge dall’«ultimo bigliet-
to», può essere interpretata in base alla distinzione tra sapere ed espe-
rienza, introdotta da Lutero nella prefazione già più volte menzionata
al primo volume dell’edizione wittenberghese dei suoi scritti. Leggiamo
lì che la tentazione «ti insegna non soltanto a conoscere e comprendere
ma anche a sperimentare»56. Questa distinzione rappresentativa per la
52WA, vol. 50, pp. 658,29-660,30; cfr. O. Bayer, Theologie (Handbuch Syste-
matischer Theologie, 1), Gütersloher Verlagshaus, Gütersloh 1994, pp. 55-106.
53 Vedi O. Bayer, Geistgabe und Bildungsarbeit. Zum Weltbegriff der Theo-
logie, in: Religion, Ethik, Schule. Bildungspolitische Perspektiven in der plura-
len Gesellschaft, a cura di Ch. Th. Scheilke, F. Schweitzer, Waxmann, Münster
1999, pp. 263-275.
54 Cfr. U. Köpf, Religiöse Erfahrung in der Theologie Bernhards von Clairva-
ux, Mohr, Tübingen 1980, pp. 152-161, 165.
55 Sul gustare, vedi WA, vol. 3, p. 186,31-34 (su Sal. 34,9); WA, vol. 4, 1886,
pp. 615,22; 616,3 (con Giov. 8,52); WA, vol. 7, 1897, p. 49,12 s. (cfr sotto, nota
62); WA, vol. 9, p. 355,20-23; WA, vol. 13, 1880, p. 350,38; WA, vol. 14, 1895, p.
274,1-5; WA, vol. 38, p. 569,6 s.; WA, vol. 40/II, pp. 396,14 s. e 419,2; WA, vol. 40/
III, p. 368,1-3 (su Sal. 130,7); WA, vol. 41, p. 357,26; WA, vol. 46, 1912, p. 362,1.
Il verbo degustare, usato da Aurifaber nella sua rielaborazione dell’«ultimo bi-
glietto», è molto raro negli scritti di Lutero, ma cfr. WA, vol. 59, pp. 153,21-26
(su Sal. 23,3), 156,20-26 (su Sal. 22,8) e 161,14-19 (su Sal. 22,15b). In manie-
ra particolarmente toccante Lutero parla del «gusto» e della «voglia» della Pa-
rola di Dio nel sermone sul Sal. 1 del 1541: WA, vol. 49, 1913, pp. 228,10-230,9.
56 WA, vol. 50, p. 660,2. Al posto di diversi discorsi a tavola, cfr. WA. Tischre-
den, vol. 5, p. 384,5 s. (n. 5864): Theologum oportet fieri experimentis et usu, non
lectione tantum sacrarum rerum.
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina» 21
57 Archiv zur Weimarer Ausgabe der Werke Martin Luthers, vol. 2, 1981, p.
296,10 s. (= WA, vol. 5, p. 163,28 s.), vedi sopra presso la nota 23.
58 La ricezione e correzione di questa tradizione possono essere osservate
a partire da Archiv zur Weimarer Ausgabe, vol. 2 cit., pp. 294,19-296,11 ([parti-
colarmente importanti sono le note 16-21] = WA, vol. 5, p. 163,17-29). Lutero
si oppone alla teologia negativa, affermata con richiamo a Dionisio Areopagi-
ta, quando essa è soltanto materia di speculazione senza essere vissuta: Sense-
runt autem contraria negativae theologiae, hoc est nec mortem nec infernum di-
lexerunt (ivi, p. 296,3 s. = WA, vol. 5, p. 163,22 s.). Cfr. ivi, pp. 318,11-319,3 (=
WA, vol. 5, p. 176,22-33).
59 Questo aspetto non è stato preso in considerazione nella presentazione,
peraltro ricca di materiale e differenziazioni, di U. Köpf, Erfahrung. III/1, in
Theologische Realenzyklopädie, vol. 10, De Gruyter, Berlin-New York 1982, pp.
113-115 (su Lutero).
60 Questo aspetto si evince in particolare dagli excursus De spe et passionibus
e De fide et operibus delle Operationes in Psalmos: Archiv zur Weimarer Ausgabe,
vol. 2, pp. 283-321 = WA, vol. 5, pp. 158,4-177,28 e 394,20-408,13.
61 WA, vol. 7, p. 49,7-19.
62 Ivi, r. 12 s. (cfr. sopra, nota 55).
63 È paradigmatica per un tale ridimensionamento l’interpretazione di E.
Hirsch, Drei Kapitel zu Luthers Lehre vom Gewissen, in: Id., Lutherstudien, vol. 1,
Bertelsmann, Gütersloh 1954, pp. 136 s., nota 4: «L’unificazione dell’esperienza
22 OSWALD BAYER
«ogni tipo di nemici», che «deve subire» chi «medita», ovvero «conversa
con la parola di Dio»64, è talmente pubblica da non poter essere ridotta
a un combattimento interiore «nella coscienza del singolo»65, anche se
raggiunge in essa la sua profondità.
della coscienza nel presente e dell’estremo giudizio, vissuta da Lutero nelle sue
tentazioni, è un processo assai degno di nota dal punto di vista della storia del-
le religioni. Si tratta di un risveglio della pietà del cristianesimo primitivo, som-
mersa da molto tempo, e al tempo stesso del fondamento e punto di partenza
della traduzione moderna del mito cristiano nel vissuto interiore della soggetti-
vità. In entrambe le prospettive incorpora l’originalità e novità di una vera rot-
tura, partorita dalla concentrazione appassionata di un’anima singola sul mi-
stero divino, davanti al quale è nuda».
64 WA, vol. 50, p. 660,6-8.
65 D. Lange, Erfahrung und die Glaubwürdigkeit des Glaubens, Mohr, Tübin-
gen 1984, p. 13. Un tale riduzionismo è smentito da un testo tipico per Lutero
come WA, vol. 18, p. 626,8-40 (De servo arbitrio del 1525).
66 WA. Tischreden, vol. 4, pp. 490,24-491 (n. 4777, l’allusione ad Agricola im-
pone una datazione non anteriore al 1537): «Ego si diutius deberem vivere, liben-
ter vellem librum conscribere de tentationibus, nam sine illis homo neque sacram
scripturam neque fidem, timorem et dilectionem Dei agnoscere potest, immo non
potest scire, quid sit spes, qui nunquam fuit in tentationibus. Qualis est noster Io-
annis Agricola, qui multa sibi arrogat non tentatus. Recherà danno post mortem
meam. O caro Signor Dio, lectio sacrae scripturae non tam facile perdiscitur!»
(segue una versione del testo citato sopra e documentato in nota 40). Se la sua
comprensione «apocalittica» del tempo e dell’esperienza mette in conto, nel suo
insieme, esclusivamente il primo comandamento e lo spazio di confronto defi-
nito da esso, e se il primo comandamento rappresenta, come lo afferma il Cate-
chismo, la testimonianza complessiva della Bibbia (WA. Tischreden, vol. 1, p. 358
[n. 751], cfr. Bekenntnisschriften cit., p. 552,16-33 = WA, vol. 30/I, p. 128,22-30;
cfr. sopra, nota 40), poi questo concetto è trasversale a tutte le differenziazioni
basate sulla storia delle forme e delle tradizioni.
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina» 23
come se fosse una nozione fuori dal tempo; è, invece, necessario «anche
sperimentarla»67. Tale esperienza, però, necessita di tempo e si presen-
ta soltanto facendo una strada che dev’essere provata68, percorsa e, ap-
punto, sperimentata69.
Tra i fattori che portano il sapere all’esperienza, rendendolo certo70,
figurano, oltre al tempo, anche gli affetti che la qualificano. Contraria-
mente all’illuminazione cieca sostenuta dalla teologia moderna della
coscienza, questi non sono gli affetti dell’uomo credente o miscredente
ma quelli della Parola di Dio, ovvero gli affetti sensuali del deus dicens,
che non è, come il dio della metafisica, un essere meramente intellet-
tuale. Gli affetti si pongono in evidenza concretamente, sensualmente e
temporalmente nella tentazione: «Questa è la pietra di prova che ti in-
segna non soltanto a sapere e comprendere, ma anche a sperimentare,
come sia retta, veritiera, dolce, amabile, potente e confortante la parola
di Dio, che è sapienza al di sopra di ogni sapienza»71.
La tentazione non è la pietra di paragone72 per verificare l’autentici-
tà della fede, intesa come veridicità e credibilità della persona credente,
ma sottopone a prova la Parola di Dio, che dimostra il suo potere nel-
la e contro la tentazione: «Poiché soltanto la tentazione insegna a pre-
stare attenzione alla parola». Colpisce come Lutero interpreti in questo
senso Is. 28,19; anche se non coglie appieno il senso del testo ebraico73,
condensa qui in un unico punto tutta la sua comprensione della Scrit-
tura e della teologia.
Soltanto la tentazione insegna a prestare attenzione alla Parola di
Dio, la quale è, però, la condizione preliminare che consente che sia
sperimentata. Perciò l’uomo fa l’esperienza della parola di Dio subendo-
74 Dei due significati del verbo «sperimentare», cioè di quello attivo e di quel-
lo passivo, il secondo è teologicamente più importante per Lutero.
75 WA, vol. 36, p. 506,21 (sermone su I Cor. 15,3, in particolare sul «secondo
le Scritture»). L’interpretazione che segue si evince dal contesto (ivi, pp. 499-
507), in cui Lutero spiega che cosa sia corrispondente alla Scrittura.
76 A parte il testo indicato in nota 75, cfr. WA, vol. 30/II, p. 673,13-17 (Rhapso-
dia seu concepta in librum de loco iustificationis cum aliis obiter additis del 1530).
77 WA, vol. 31/I, 1913, p. 67,10-12 nel contesto delle rr. 3-14, in cui Lutero
spiega il suo concetto della meditazione.
78 WA. Tischreden, vol. 1, p. 16,13 (n. 46 del 1531). In questo discorso a tavo-
la Lutero ragiona su come il doctor biblicus (r. 6) debba rapportarsi con la sa-
cra Scrittura; cfr. WA, vol. 25, p. 106,27 (Lezioni su Isaia): experientia, quae so-
la facit Theologum.
79 Questo si evince dal parallelismo con il discorso a tavola indicato in nota
78: WA, vol. 25, pp. 106,26-107,19.
80 WA, vol. 7, p. 97,23 (Assertio omnium articulorum M. Lutheri per bullam
Leonis X. novissimam damnatorum del 1520). In rr. 23-35 la sacra Scrittura è ca-
ratterizzata come per sese certissima, facillima, apertissima, sui ipsius interpres,
omnium omnia probans, iudicans et illuminans, sicut scriptum est psal. c.xviii.
«Declaratio seu, ut hebraeus proprie habet, Apertum seu ostium verborum tuorum
illuminat et intellectum dat parvulis» [Sal. 119,130]. Hic clare spiritus [i.e. spiri-
tui?] tribuit illuminationem et intellectum dari docet per sola verba dei, tanquam
per ostium et apertum seu principium (quod dicunt) primum, a quo incipi oporte-
L’ultima parola di Lutero: l’«Eneide divina» 25
Nel contesto in cui compare la formula della sacra Scrittura come sui
ipsius interpres89, Lutero mette in relazione la sua comprensione della
Scrittura, rilevata esplicitamente dal Salmo 119, con il discorso aristote-
lico sul principium primum90 e, di conseguenza, con il concetto corren-
te della scienza91. Secondo quest’approccio, la conoscenza scientifica si
contraddistingue per necessità incondizionata; tutto ciò, però, «che esi-
ste con necessità incondizionata è eterno, e ciò che è eterno non è mai
divenuto ed è indistruttibile»92. È dunque effettivamente un’incredibile
provocazione che Lutero chiami principium primum la Bibbia, un libro
divenuto nel tempo, contingente, sottoposto alla storia e contrassegnato
dalla sensualità degli affetti. Questo paradosso non dev’essere trascura-
to quando si parla del «principio scritturale»93. L’utilizzo di questa pa-
rola ha senso soltanto a patto che sia intesa come indice di un conflit-
to, cioè di quella dialettica che sollecita la scienza teologica ossia la te-
ologia scientifica non solo nei tempi di Lutero ma ancora oggi e che la
solleciterà ancora. Chi parla del «principio scritturale» lo può fare sol-
tanto criticando radicalmente un concetto di scienza orientato verso un
apriori puro, sottratto al tempo; farà valere sempre un apriori impuro e
storico e da teologo ragionerà sulla falsariga di una verità contingente
Oswald Bayer
(trad. it. Daniele Garrone e Lothar Vogel)
Il teologo riformato Ulrich H.J. Körtner dedica due intere opere1 al-
lo studio dell’ermeneutica della Scrittura, tema che rappresenta uno dei
suoi interessi teologici più spiccati. Alla luce del dialogo che conduce, il
teologo si pone la domanda della ricerca del senso (Sinn) della Scrittu-
ra, riconoscendo pienamente la problematicità di una mera riproposi-
zione odierna di ogni ermeneutica precritica. Tale riconoscimento, co-
me si vedrà, rende impossibile al teologo l’assunzione non problema-
tizzata della categoria di ispirazione elaborata dalle ortodossie prote-
stanti del xvi e xvii secolo. L’intento di Körtner è quello di ridefinire la
prospettiva evangelica circa l’ispirazione della Scrittura mediante cate-
gorie che possano essere proposte con onestà intellettuale entro il di-
battito culturale odierno. Nel suo pensiero, l’ispirazione diventa il con-
cetto-chiave per delineare i tratti di una rinnovata ermeneutica evange-
lica della Scrittura, che rifiuti di trincerarsi dietro alla «transustanzia-
zione» del testo da un lato e di configurarsi unicamente come ricerca
filologica dall’altro, accettando l’inevitabile fallimento di ogni impresa
2 Più nello specifico, Dio, in quanto autore della Scrittura, ne è definito cau-
sa efficiens principalis, mentre gli autori umani della stessa ne sono causa effi-
ciens instrumentalis (cfr. U.H.J. Körtner, Theologie des Wortes Gottes cit., p. 89).
3 Cfr. F. Ferrario, Dio nella parola, Claudiana, Torino 2008, p. 207.
4 Per «verità proposizionali» intendiamo, seguendo Lindbeck, affermazioni di
fede che intendono esprimere una verità oggettiva immutabile, spesso compresa
mediante categorie ontologiche, trascurando o negando la dimensione dell’evo-
luzione storica della dottrina: «For a propositionalist, if a doctrine is once true,
it is always true, and if it is once false, it is always false. This implies, for exam-
Ispirazione ed ermeneutica della Scrittura 31
ple, that the historic affirmations and denials of transubstantiation can never be
harmonized. Agreement can be reached only if one or both sides abandon their
earlier positions» (G.A. Linbeck, The Nature of Doctrine. Religion and Theology
in a Postliberal Age, Westminster John Knox Press, Louisville 2009).
5 U.H.J. Körtner, Theologie des Wortes Gottes cit., pp. 87-89.
6 «Die Autorität des Wortes Gottes hängt für Luther mit der Wirksamkeit der
Verwandlung zusammen, die sich im Leser ereignet und christologisch interpre-
tiert wird. Unter dem Druck der kontroverstheologischen Situation deutet die alt-
protestantische Theologie jedoch Luthers Affektionslehre zu einer Merkmalsleh-
re um, was die Auflösung des inneren Zusammenhangs von Autorität und Wir-
ksamkeit zur Folge hat» (U.H.J. Körtner, Theologie des Wortes Gottes cit., p. 89).
7 «Dio e la Scrittura sono due cose distinte, proprio come due cose distin-
te sono il Creatore e la creatura di Dio» (M. Lutero, Il servo arbitrio. Risposta a
Erasmo, «Opere scelte» 6, ed. it. a cura di F. De Michelis Pintacuda, Claudiana,
Torino 1993, p. 84).
32 NICOLA MARIANI
8
Cfr. Giov. 3,1-21.
9
Cfr. F. Ferrario, op. cit., p. 208.
10 Ivi, p. 204.
11 Nella stessa direzione vanno anche le proposte provenienti dall’universo
evangelical, cfr. F. Ferrario, op. cit., pp. 208-209.
12 Cfr. U.H.J. Körtner, Theologie des Wortes Gottes cit., pp. 302-315.
13 «Aufklärung und historische Kritik haben nicht nur die theoretischen
Voraussetzungen reformatorischer Schriftauslegung, sondern den Begriff der
Schrift als solchen, der ein dogmatisch-normativer ist, in Frage gestellt» (Id.,
Dogmatik cit., p. 533).
Ispirazione ed ermeneutica della Scrittura 33
19 U. Eco, op. cit., p. 65, cit. in: U.H.J. Körtner, Dogmatik cit., p. 542.
20 Nell’ambito dell’ermeneutica biblica, la forte sottolineatura del sensus lite-
ralis si fonda tradizionalmente proprio sulla valorizzazione della categoria del-
la intentio auctoris come criterio ermeneutico fondamentale per la compren-
sione del significato (Bedeutung) di un testo (cfr. U.H.J. Körtner, Der inspirier-
ter Leser cit., p. 89).
21 Cfr. ivi, pp. 88-90.
22 Cfr. Id., Dogmatik cit., pp. 542-543.
23 Qui nel senso restrittivo di «materiale scritto».
24 «Die Kategorie des intentio operis hypostasiert den Text nicht als eigen-
ständiges Subjekt. Wenn einem Text eine Intention unterstellt wird, besagt das
zunächst nur, dass er zwar vieldeutig ist, aber dennoch nicht alles Mögliche be-
deuten kann. Will man dem Text und seiner Grammatik nicht Gewalt antun, las-
sen sich bestimmte Interpretationen als wenig überzeugend oder als abwegige
Überinterpretationen zurückweisen» (U.H.J. Körtner, Dogmatik cit., p. 542).
36 NICOLA MARIANI
30 «Das Verstehen des biblischen Textes ist nicht die Leistung des Lesers, son-
dern ein sich zwischen Text und Leser abspielendes Geschehen, in welchem der
Text als tote Sinnspur des Geistes zu neuem Leben erweckt wird und zugleich
den Leser erfasst, der seinerseits zu einem neuen Verständnis seiner Existenz
gelangt» (U.H.J. Körtner, Dogmatik cit., p. 544).
31 Essa può essere illustrata, se vogliamo, osservando la dinamica tra perfor-
matività del sacramento e momento responsoriale della persona credente. La Pa-
rola di Dio, comunicata efficacemente nel sacramento, realizza ciò che predica
(il perdono dei peccati) e abilita alla risposta credente (nella libertà aperta dal
comandamento). Essa non è da comprendersi primariamente in senso noetico,
come informazione, bensì secondo le categorie dell’atto linguistico performati-
vo, che crea la realtà predicata nel momento in cui la predica (cfr., ad esempio,
38 NICOLA MARIANI
E. Jüngel, Il vangelo della giustificazione come centro della fede cristiana, Que-
riniana, Brescia 2000, pp. 201-215).
32 «Für das soteriologische Problem der Suffizienz der Schrift folgt aus die-
sen Überlegungen, dass die biblischen Texte zwar in gewissem Sinne durchaus
unvollständig sind, sich aber selbst den Leser schaffen, dessen sie zu ihrer Ver-
vollständigung bedürfen» (U.H.J. Körtner, Dogmatik cit. p. 544).
33 Nel senso esplicitato sopra e descritto dalla categoria tillichiana dell’Aufnahme.
34 Parliamo qui, riferendoci alla predicazione, di «doppia mediazione» per-
ché già la Scrittura, su cui la predicazione si basa, non è da intendersi, come già
visto, quale Parola di Dio in senso immediato, bensì mediato. Si tratta quindi di
una mediazione su due livelli, di cui il primo è indice della non sovrapponibili-
Ispirazione ed ermeneutica della Scrittura 39
tà tra Parola di Dio e Scrittura e il secondo della ulteriore distanza tra Parola di
Dio e predicazione (cfr. U.H.J. Körtner, Dogmatik cit., p. 545).
35 Cfr. Rom. 1,17.
36 «Zum Wort Gottes wird die Predigt nicht schon allein im Akt des Redens,
sondern erst im Akt des Hörens» (U.H.J. Körtner, Dogmatik cit., p. 546).
37 Anche questa è da comprendersi come distinzione valida solo in sede te-
orica, dato che, a rigore, è la comunità intera, e non il solo ministro, a celebra-
re il culto.
38 Cfr. U.H.J. Körtner, Dogmatik cit., pp. 545-547.
39 Ivi, p. 546.
40 R. Barthes, La mort de l’auteur, in: Le bruissement de la langue, Seuil, Pa-
ris 1984, pp. 61-67. U. Eco, Nachschrift zum Namen der Rose, tr. ted., DTV, Mün-
chen 1986, p. 14.
40 NICOLA MARIANI
testi e/o nella tradizione orale contestuale alla loro comparsa53, bensì
quello dei macrogeneri (Großformen) del Nuovo Testamento e degli altri
scritti protocristiani54. Invece, per «storia della letteratura» (Literatur-
geschichte), Overbeck intende lo studio dei testi protocristiani non com-
presi nel canone neotestamentario, eminentemente quelli patristici55.
Di conseguenza, l’ampia critica mossa da Overbeck alla possibilità
di fondare l’ermeneutica biblica sulla «critica delle forme» (Formenge-
schichte) deve essere estesa a tutti quegli approcci che, adottando una
ermeneutica filologica, ricercano sempre nuovi testi dietro il testo ca-
nonico, nella convinzione di poter risolvere il problema ermeneutico ri-
salendo a un presunto testo originario sul quale svolgere l’interpretazio-
ne. Nella prospettiva di Overbeck, il testo canonico così come ci è con-
segnato costituisce l’unico oggetto della impresa ermeneutica56. Lo stu-
dioso comprende il problema dell’interpretazione biblica in una forma
assolutamente radicale: esso non può essere risolto attraverso un lavoro
scientifico condotto sul testo, poiché si colloca a un livello più profon-
do, che, come si vedrà immediatamente, ha a che fare direttamente con
l’essenza stessa del cristianesimo quale fenomeno storico.
Alla luce di quanto precede, la tesi centrale di Overbeck può essere
ora riformulata come segue: ogni letteratura protocristiana esterna al
canone neotestamentario è necessariamente una critica dei macrogene-
ri dei testi canonici. A riprova della plausibilità della presente riformu-
lazione57, vale il fatto che Overbeck definisce gli scritti canonici neote-
stamentari come illetterarî (Nicht-Literatur)58. Il Nuovo Testamento, se-
condo lo studioso, pertiene alla protostoria (Urgeschichte) del cristiane-
simo, ossia è manifestazione del fenomeno cristiano nella sua fase sto-
rica immediatamente fondativa e generativa di senso. Di conseguenza,
62 Ciò non vale, invece, per la storia in sé. Essa non ha, propriamente, al-
cun senso, ossia non è legata intrinsecamente né a una coazione alla decaden-
za, né a una costante spinta progressiva (cfr. U.H.J. Körtner, Der inspirierter
Leser cit., pp. 128-129).
63 Ivi, p. 128.
64 «Aber das Christentum unter den Begriff des Historischen stellen, also
zugeben, daß es historisch geworden ist, heißt zugeben, daß das Christentum
von dieser Welt ist und in ihr, wie alles Leben, nur gelebt hat, um sich auszule-
ben» (cit. in: ivi, p. 129).
65 Cfr. sopra.
66 U.H.J. Körtner, Der inspirierter Leser cit., p. 129.
67 Vale a dire di una ermeneutica che tenga presente la specificità dei gene-
ri letterari espressi dal canone cristiano e riconfiguri contestualmente i proprî
strumenti analitici.
68 Cfr. ivi, p. 130.
Ispirazione ed ermeneutica della Scrittura 45
Alla luce del dialogo con Overbeck, Körtner nega l’esistenza di un si-
stema di precomprensioni che, una volta adottato, renda possibile una
comprensione naturale73 del senso della Scrittura. La possibilità di per-
venire a una sintonia ermeneutica con l’orizzonte di senso espresso dal-
la Scrittura è invece convinzione di quell’approccio che Körtner defini-
sce ermeneutica dell’assenso (Hermeneutik des Einverständisses), ricon-
ducibile per esempio a P. Stuhlmacher74. Tale approccio sostiene che
la comprensione della Scrittura può realizzarsi soltanto entro un con-
testo ermeneutico già determinato dalla fede, dove tale determinazione
è interpretata quale atteggiamento di assenso preliminare nei confron-
ti del testo. L’incomprensione (Unverständnis) della Scrittura, in que-
sta prospettiva, viene superata da una comprensione (Verstehen) sorta
dall’assunzione consapevole di una ermeneutica solidale con le doman-
de e le risposte espresse dal testo biblico75.
Körtner critica la proposta di Stuhlmacher poiché ritiene che essa
renda impossibile concepire la fede quale forma e frutto della compren-
sione (Gestalt und Frucht des Verstehens) e la concepisca piuttosto co-
me precondizione (Vorbedingung) della stessa, incappando in tal modo in
una petitio principii76. A tale posizione, Körtner contrappone una visio-
ne della fede come modalità (Weise) del comprendere, la quale non eli-
mina l’incomprensione in via preliminare, bensì la attraversa per giun-
gere solo successivamente alla comprensione credente77.
Dal punto di vista di chi scrive, la posizione di Körtner ha il merito
di sottolineare con forza che l’incomprensione del testo biblico è tanto
radicale da coinvolgere tutti gli interpreti, tanto increduli quanto cre-
79 Ivi, p. 51.
80 «Unser Unverständnis gegenüber der Botschaft des Neuen Testaments und
unsere fehlende Bereitschaft zur Nachfolge bilden einen circulus vitiosus. Ein-
verstanden mit den zentralen Inhalten der Bibel ist nur der, welcher versteht,
und das heißt glaubt und seinen Glauben lebt» (ibid.).
81 Ibid.
82 Ivi, p. 51.
83 Cfr. Mt. 9,2.
84 Un’analisi approfondita della ripresa delle posizioni di Overbeck a opera
di Körtner è contenuta in 2.3, a cui rimandiamo. Per questo motivo, essa non
sarà riproposta nel presente capitolo.
Ispirazione ed ermeneutica della Scrittura 49
Nicola Mariani
15 Sulla presenza degli anglicani a Palermo, vedi R. Ferrara, op. cit., pp. 24-
31. Sui Whitaker vedi M. D’angelo, I Whitaker di Villa Malfitano, in: Atti del Se-
minario di studio del 16-18 marzo 1995, Palermo 1995.
16 M. D’angelo, op. cit., p. 10.
17 M. Galeotti, L’autorità della Chiesa. Dispute e polemiche con un ministro
valdese, Tipografia Poliglotta De Propaganda Fide-Tipografia Pontificia Mariet-
ti, Roma-Torino 1866, p. 265.
18 G. Tourn, Giorgio Appia dalle Alpi alla Sicilia cit., p. 48.
19 Georges Appia, pasteur et professeur en Italie et a Paris (1827-1910). Souve-
nirs réunis par sa famille, Flammarion, Paris 1910, tomo II, p. 67; R. Ferrara,
op. cit., p. 49, nota 2.
20 G. Spini, Studi sull’evangelismo italiano tra Ottocento e Novecento, Clau-
diana, Torino 1994, p. 98.
56 ANTONELLA VARCASIA
3. Il periodo valdese
33Rapporto del console sardo al conte di Cavour, 20 luglio 1860, in: C. Ma-
raldi, La Rivoluzione siciliana del 1860 e l’opera politico-amministrativa di Ago-
stino De Pretis, “Rassegna storica del Risorgimento”, aprile-giugno 1932, p. 544.
34 Rapporto del console sardo al conte di Cavour, 4 settembre 1860, in: C. Ma-
raldi, op. cit., pp. 208 e 565.
35 R. Salvaggio, op. cit., p. 13.
36 Ivi, pp. 13-16.
37 Ivi, p. 17.
38 Georges Appia, pasteur cit., tomo II, p. 63.
39 “La Buona Novella”, 15 giugno 1862, p. 164. Vedi anche Georges Appia, pa-
steur cit., tomo II, p. 58.
Don Antonino Tagliarini 59
sa sedente in Torre Pellice il 17 maggio 1871, Claudiana, Firenze 1871, p. 40; Id.,
Relazione annua sulle opere di evangelizzazione in Italia presentata al venerabile
Sinodo di detta Chiesa sedente in Torre Pellice il 7 settembre 1875, Genova 1875,
p. 69; J.S. Kay, Rapporto della stazione di Palermo al Comitato di evangelizzazio-
ne per l’anno 1869-1870, 16 marzo 1870, in: ATV III, 142-143 cit.
60 “L’Eco della Verità”, 7 agosto 1869, pp. 313 e 336.
61 J.S. Kay, Lettere a Giovanni Pietro Revel, 13 gennaio 1870, 19 gennaio 1870,
10 febbraio 1870, in: ATV IX, 62 cit.
62 “Il Risveglio”, 1° maggio 1869, p. 115.
63 V. Vinay, op. cit., p. 95; R. Ferrara, op. cit., p. 58.
62 ANTONELLA VARCASIA
uno scultore cui vendere alcune colonne ritrovate sotto la chiesa. Si im-
pegnò anche in prima persona nella vicenda giudiziaria che coinvolse la
Chiesa valdese contro gli eredi del barone Sutera, i quali reclamavano la
proprietà di un muro di confine del nuovo locale: fornì l’avvocato, tenne
i contatti con i Sutera, con gli avvocati e con gli intermediari, effettuò i
conteggi per le spese da affrontare nella lite, ammalandosi per il dispia-
cere e la rabbia della scandalosa sentenza sfavorevole. E, poiché questa
prevedeva la demolizione del muro, procurò un ingegnere che avrebbe
reso comune il muro, evitandone la demolizione74.
Altri contributi il Tagliarini li diede come anziano del Consiglio di
chiesa, ma anche come consigliere privilegiato del Kay75, che lo con-
sultava su diverse questioni: su uno scambio di evangelisti tra Messina
e Palermo76, sulle dimissioni di un consigliere77, su una pretesa di da-
naro da parte del Mc Dougall, rappresentante della Chiesa libera in Ita-
lia78, su questioni comportamentali di alcuni membri di chiesa79. Come
membro del Consiglio don Antonino partecipò attivamente al contrat-
tacco organizzato contro la Chiesa cattolica nel 1881: poiché questa cer-
cava di conquistare aderenti attraverso le conferenze del gesuita Luigi
Previti e l’istituzione di un nuovo giornale, il Consiglio reagì realizzando
un «giornale occasionale», “La Polemica”, che tenne testa alle conferen-
ze del gesuita per sei mesi, finché il Previti non sospese le conferenze80.
Come si è visto, il Consiglio dovette affrontare, durante il pastorato
del Kay, diversi episodi spiacevoli. Uno di questi riguardò le scuole, do-
ve le tensioni sfociarono nelle dimissioni della Commissione scolastica:
in particolare, un «malaugurato amoreggiamento»81 fra due insegnan-
ti seminò lo scompiglio e fu causa di scandalo, sia perché si trattava di
un «amoreggiamento clandestino»82, sia perché la scuola veniva usata
per fini immorali, sia perché i due amanti sottraevano il tempo all’edu-
cazione dei ragazzi. Si arrivò addirittura alla violenza, quando il fratel-
lo della signorina, un ufficiale, si presentò a scuola armato di revolver,
74 Tutti gli interventi del Tagliarini in: J.S. Kay, Lettere a Matteo Prochet, 13 e
24 aprile 1877, 11 dicembre 1877, 7 gennaio 1878, 4 e 8 aprile 1879, 30 maggio
1879, 20 settembre 1879, 7 gennaio 1881, 2 febbraio 1881, 19, 30 e 31 marzo 1881,
9, 12, 14 e 16 aprile 1881, 17 giugno 1882, 26 gennaio 1883, in: ATV IX, 62 cit.
75 J.S. Kay, Lettera a Matteo Prochet, 29 agosto 1881, in: ATV IX, 62 cit.
76 J.S. Kay, Lettera a Matteo Prochet, 3 ottobre 1879, in: ATV IX, 62 cit.
77 Ibid.
78 J.S. KAY, Lettera 8 aprile 1879 cit.
79 Ibid.
80 J.S. Kay, Relazione sulla chiesa evangelica valdese di Palermo per l’anno
1880-1881 cit.
81 Per il resoconto di tutta la vicenda, vedi Commissione scolastica, Relazio-
ne a Matteo Prochet, 24 settembre 1877, in: ATV III, 142-143 cit.
82 Ibid.
64 ANTONELLA VARCASIA
83Ibid.
84Ibid.
85 Commissione scolastica, Lettera a Matteo Prochet, 11 ottobre 1877, in: ATV
III, 142-143 cit.
86 Consiglio di Chiesa, Lettera a Matteo Prochet, 30 settembre 1879, in: ATV
III, 142-143 cit.
87 J.S. Kay, Lettera a Matteo Prochet, 24 luglio 1880, in: ATV IX, 62 cit.
88 Ibid.
89 Ibid.
90 Commissione di evangelizzazione, Deliberazioni (anni 1860-1886), in: AATV,
Comitato di evangelizzazione, serie 2 – verbali, vol. 1, Deliberazioni della Commis-
sione di evangelizzazione, p. 210.
Don Antonino Tagliarini 65
91 Ibid.
92 Ivi, p. 250.
93 J.S. Kay, Lettere a Matteo Prochet, 8 febbraio 1881, 30 marzo 1881, 11 no-
vembre 1881, 20 novembre 1882, 3 marzo 1883, in: ATV IX, 62 cit.
94 J.S. Kay, Lettera 11 novembre 1881 cit.
95 J.S. Kay, Lettera a Matteo Prochet, 14 ottobre 1881, in: ATV IX, 62 cit.
96 Matteo Prochet (1836-1907) fu pastore, presidente del Comitato di evange-
lizzazione dal 1871 al 1906 e rappresentante della Chiesa valdese in Europa, ne-
gli Stati Uniti e in Sudamerica (Matteo Prochet, voce in Società di Studi Valdesi,
Dizionario biografico dei protestanti in Italia). Secondo diversi studiosi fu anche
un affiliato alla massoneria (vedi, ad es., A. Comba, op. cit., p. 88; R. Salvaggio,
op. cit., pp. 29-30; G.B. Furiozzi, Alle origini del massonevangelismo. Massone-
ria e protestantesimo in Italia tra ’700 e ’900, in: M. Novarino (a cura di), L’Ita-
lia delle minoranze. Rapporti tra massoneria, protestantesimo e repubblicanesi-
mo nell’Italia contemporanea, Edizioni Età dell’Acquario, Torino 2003, p. 62; G.
Spini, Italia liberale e protestanti, Claudiana, Torino 2002, p. 155; M. Novarino,
Massoneria e protestantesimo, in: G.M. Cazzaniga (a cura di), Storia d’Italia. An-
nali 21. La Massoneria, Einaudi, Torino 2006, p. 276; tuttavia, un recente studio
di M. Novarino (Evangelici e liberimuratori nell’Italia liberale, Claudiana, Tori-
no 2021, pp. 209-214), pur riconoscendo l’esistenza di stretti rapporti di colla-
borazione tra il Prochet e le logge massoniche, nega l’esistenza di prove certe
sulla sua affiliazione.
97 A. Comba, op. cit., p. 45.
66 ANTONELLA VARCASIA
presentato come il membro più influente e dal carattere irruente: era con
lui che bisognava trattare per risolvere la questione98.
Di contro, il Comitato rimaneva irremovibile sulle sue posizioni, in
difesa della propria autorità. Il pensiero di Prochet era molto chiaro in
proposito: il Comitato era lo stato maggiore preposto a un’armata di cen-
to e più soldati, conosceva i particolari di ogni chiesa ed era quello che
poteva meglio decidere in base ai bisogni di ciascuno, mentre i Consi-
gli di chiesa dovevano limitarsi a reggere la chiesa «nei casi di interim
e servire di guida ad un giovane Evangelista o ad un nuovo, quando lo
richiedono le circostanze»99. Prochet portava esempi di comunità che
si erano sottomesse ai voleri del Comitato, sacrificandosi di buon grado
per la causa comune, e avevano ottenuto grandi successi: «il Signore si
è compiaciuto di benedire il sistema seguito finora e che non si potreb-
be mutare senza pericolo»100.
In realtà, tutta la vicenda dimostra che il governo ecclesiastico valde-
se fuori delle Valli «era accentratore, dimenticava i principi presbiteriani
e non considerava le nascenti congregazioni evangeliche come soggetti
responsabili»101. Questo atteggiamento era giustificato dal compito pre-
cipuo di coordinamento del Comitato, tuttavia, sarebbe bastato un ge-
sto simbolico di avvicinamento. Invece, nonostante le dichiarazioni del
Comitato di aver «esaurito tutti i mezzi suggeritigli dalla carità cristia-
na onde pacificare gli animi inaspriti da cose per le quali ripudia qua-
lunque responsabilità»102, si ha l’impressione che l’intera faccenda non
sia stata ben gestita dai vertici valdesi, non tanto per quanto riguarda il
merito della questione, quanto per la totale assenza di tatto e di diplo-
mazia. Dal punto di vista sostanziale, il Comitato non era tenuto a inter-
pellare i Consigli di chiesa:103 tuttavia, nella situazione di Palermo, sa-
rebbe bastata una visita del presidente del Comitato o una breve lettera
esprimente comprensione e vicinanza per tranquillizzare gli animi esa-
cerbati dall’indifferenza. Questo non avrebbe significato per il Comita-
to perdita di autorità, ma sarebbe stato un segno di attenzione nei con-
fronti di una comunità che chiedeva solo di essere ascoltata. Invece, di
fronte a fatti così gravi, il Comitato rimaneva indifferente, aspettando
che «tosto o tardi gli verranno forniti l’uomo ed i mezzi per giungere ad
una soluzione»104.
98 J.S. Kay, Lettera a Matteo Prochet, 4 ottobre 1880, in: ATV IX, 62 cit.
99 M. Prochet, Lettera a John Simpson Kay, 18 ottobre 1881, in: ATV IX, 62 cit.
100Ibid.
101V. Vinay, op. cit., p. 95.
102 Commissione di evangelizzazione, Deliberazioni. cit., p. 250.
103 J.S. Kay, Relazione sulla chiesa di Palermo per l’anno 1884-1885, in: ATV
III, 142-143 cit.
104 Commissione di evangelizzazione, Deliberazioni cit., p. 230.
Don Antonino Tagliarini 67
4. Il periodo metodista
105 J.S. Kay, Lettera a Matteo Prochet, 18 ottobre 1884, in: ATV IX, 62 cit.
106 Ibid.
107 Ibid.
108 A. Muston, Chiesa di Palermo. Relazione annua al Comitato, 1° luglio 1886,
in: ATV III, 142-143, Palermo.
109 Ibid.
110 Deliberazioni della Commissione di evangelizzazione cit., p. 250.
111 Il documento è consultabile in: J.S. Kay, Relazione sulla chiesa di Paler-
mo per l’anno 1884-1885 cit.
112 A. Muston, Lettera a Matteo Prochet, 21 dicembre 1885, in: ATV IX, 138.1,
(anni 1878-1897), Muston Arturo.
113 J.S. Kay, Lettera 18 ottobre 1884 cit.
68 ANTONELLA VARCASIA
Noi evangelici del mezzogiorno, che vivemmo tanto tempo sotto l’op-
pressione politica e religiosa, troviamo molte analogie tra la libertà
politica e quella religiosa. Se lo Statuto ci garantisce la nostra libertà
personale, l’Evangelo ci franca, e se lo Statuto ci fa solamente servi
della legge, di certo l’Evangelo non ci fa schiavi che del comune pat-
to sotto il quale abbiamo deciso vivere uniti. Noi vogliamo vivere sot-
to il comune patto, al quale però tutti devono sottostare. Noi voglia-
mo rispettare le istituzioni e ci vogliamo stare attaccati. Ma se l’Or-
ganamento deve essere come quella tale rete che incappava i pescio-
lini e faceva andare via i grossi, allora non abbiamo dimenticato an-
cora il glorioso grido del Re che iniziò l’indipendenza d’Italia: «L’Ita-
lia farà da sé»123.
129 V. Vinay, op. cit., p. 98; P. Ricca, Le Chiese protestanti cit., p. 68; G. Spini,
Profilo storico della presenza metodista in Italia, in: F. Chiarini (a cura di), Il Me-
todismo italiano (1861-1991), Claudiana, Torino 1997, p. 16.
130 A parere di Gangale la resistenza dei valdesi era dovuta più al segreto
massonico e all’interesse politico che alla consapevolezza di un’incompatibilità
di fondo (G. Gangale, op. cit., p. 61).
131 G. Gangale, Consensi e dissensi, “Conscientia” 29, 19 luglio 1924. M. No-
varino (Evangelici e liberimuratori cit., p. 9) preferisce sostituire il termine con
quello di «evangelmassonismo», data la maggiore frequenza di evangelici affi-
liati alla massoneria rispetto a liberimuratori convertitisi alla fede evangelica.
132 G. Spini, L’Evangelo e il berretto frigio cit., p. 192.
133 Ivi, p. 217.
134 Nel 1899 la Chiesa libera aveva mutato nome in Chiesa evangelica italia-
na per sottolineare il suo carattere nazionale.
135 B. Pons, Relazione sulla chiesa evangelica valdese italiana di Palermo, apri-
le-maggio-giugno 1872, in: ATV III, 142-143 cit.
136 Chiesa Evangelica Valdese, Relazione annua sulle opere di evangelizzazio-
ne in Italia ed all’estero presentata al venerabile Sinodo di detta Chiesa sedente in
Torre Pellice dal 5 al 9 settembre 1887, Pinerolo 1887, pp. 75-78.
137 A. Muston, Lettera a Matteo Prochet, 30 novembre 1886, in: ATV IX, 138.1 cit.
Don Antonino Tagliarini 71
Antonella Varcasia
149
Ibid.
150
Report al Sinodo della Chiesa Unita Presbiteriana, maggio 1887, in: ATV
IX, 62 cit.
RECENSIONI
riuscito a fare. Di proposito egli usa so- Con questa inclusione dell’etica nel
lo e esclusivamente riferimenti biblici, secondo settore, la sezione terza tro-
cogliendo sempre la sostanza, il moti- va spazio per trattare la Comunione e
vo caratteristico, senza cadere nel let- la Speranza. Le tre sezioni sono rac-
teralismo biblico. Fin dalle prime pa- cordate alle tre parole del titolo e del-
gine si resta conquistati per esempio la citazione di II Corinzi 13,13. Se non
dall’affermazione: «La fede cristiana è sistematico questo!
[…] non ha la sua consistenza in se Un altro punto essenziale è l’unio-
stessa; non è un sistema concluso di ne tra il dialogo e la convinzione, ca-
certezze assolute. Vive di una serie di vallo di battaglia di ogni apologetica.
avvenimenti che non è stata essa a su- La disponibilità all’argomentazione e
scitare, fa parte di un movimento che la fermezza della convinzione si nota-
non è stata essa ad avviare. Gli avve- no. Un pregio dell’opera è proprio que-
nimenti sono quelli testimoniati nella sto: il richiamo iniziale circa la carat-
Bibbia; riguardano la storia di un po- teristica della fede si trova ora applica-
polo chiamato Israele e l’opera di un to come metodo. Nessuna conclusione
uomo chiamato Gesù. Da questa sto- autoritaria o imperiosa: parliamone.
ria e quest’opera nasce il movimento Nel complesso, l’autore si rivolge a
di una nuova esistenza che ha un ca- noi tutti (cosiddetti credenti o non cre-
rattere aperto e coinvolge persone di denti) e non lascia da parte nessuna del-
ogni tempo e di ogni luogo» (p. 11). le obiezioni al cristianesimo. Egli trova
C’è già quasi tutto in questa pre- l’argomento che porta avanti il discor-
messa. L’autore si lascia dare la dispo- so e che ripaga ampiamente lo studio.
sizione dalla chiusa di un’epistola apo- Due ultime osservazioni. Il libro ri-
stolica: «La grazia del Signore Gesù discute la fede cristiana senza imporla,
Cristo e l’amore di Dio e la comunio- anzi avendo sempre in vista l’interlo-
ne dello Spirito Santo siano con tutti cutore. La ricerca del motivo della fe-
voi» (II Corinzi 13,13). Il titolo del li- de premia lo studio molto di più che la
bro riprende i tre aspetti con le paro- ricerca di motivi fuori della fede, anzi
le: incontra, ama, unisce (si potrebbe colloca questi ultimi nella loro giusta
dire, in assonanza con il grande Ago- luce, in modo positivo. In secondo luo-
stino, che riconciliando fa incontrare, go, l’autore cerca sempre di coinvolge-
amando riconcilia, incontrando lascia re il lettore in prima persona. Il lettore
spazio all’altro). Nel gioco realtà-illu- diventa così soggetto di una relazione
sione l’autore mira a dare rilievo alla primaria Dio-Umanità. «La persona in-
realtà di cui è partecipe sia il messag- teriore sei tu» si legge a p. 54.
gio, sia chi lo legge (per esempio pp. Altri luoghi interessanti del libro
26, 54, 57-60, 136, 141). sono le idee sull’Antico Testamento,
La disposizione si discosta legger- sulla storicità di Gesù e sul Regno di
mente da quella del Credo apostolico, Dio, sull’argomentazione «scientifica».
ma diventa tanto più interessante. Per Alla fine, restiamo stupiti che un sedi-
esempio, tutta l’esortazione apostolica cente non-sistematico abbia potuto ri-
la troviamo nella seconda sezione, sulla uscire così bene a essere sistematico e
base dell’amore (il che è biblico). L’au- a far parlare la fede parlando a tutti.
tore vuol far comprendere che il com-
portamento si distingue (cioè fa que- Sergio Rostagno
sto, non quello) non in modo ipocrita,
ma perché una distinzione è necessa-
ria e dipende dalla «persona» e dai do-
ni della grazia.
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recensioni 81
cessi di causa ed effetto, ma qui «un delle circostanze e alla libertà degli es-
ruolo fondamentale è svolto dalle libere seri umani» (p. 96). Dio quindi agisce
scelte degli uomini» (p. 59). Savagno- attraverso le cause naturali e le azioni
ne trova espresso questo concetto nel stesse degli uomini, ma è anche possi-
tema biblico dell’alleanza. Una quarta bile un suo intervento soprannaturale,
parte affronta il problema dell’esisten- come segno della cura che egli ha per
za del male, che rende difficile la fede le sue creature e il cui senso si può co-
nella provvidenza. Innanzitutto, rifa- gliere solo se si esce dalla logica di un
cendosi a Tommaso d’Aquino, l’autore mondo separato dal suo Creatore e lo
sostiene che la negazione di Dio e della si riconduce a una dipendenza da Dio
provvidenza non solo non risolverebbe in ogni fase del suo divenire.
il problema del male, ma renderebbe Molti i riferimenti del testo al cate-
anche inspiegabile l’esistenza del bene, chismo della chiesa cattolica, ma anche
essendo il male «l’estrema manifesta- i richiami alla filosofia, alla teologia e
zione della precarietà del mondo e una alla letteratura, da Italo Calvino a Da-
prova della sua incapacità di spiegarsi niel Defoe, da Umberto Eco a Jacques
da sé» (p. 68). Ritorna qui il discorso Monod, da Thomas Merton a Georges
sulla debolezza di Dio, che non poteva Bernanos, da Alessandro Manzoni ad
che creare un mondo fragile e precario, Albert Camus, da Martin Heidegger a
proprio per non invaderlo imponendo Blaise Pascal, per terminare con un’e-
la sua onnipotenza e la sua perfezione. semplificazione dell’intervento della
La riflessione sul mistero del male se- provvidenza nel film Forrest Gump di
gue due linee parallele: il male fisico, Robert Zemeckis.
ossia le catastrofi naturali e le malat- Scopo del testo è quello di ravvi-
tie, e il male morale, ossia la cattiveria vare la fiducia nella provvidenza, non
dell’uomo contro l’uomo. Nel primo ca- negando i dubbi e le critiche dell’uo-
so l’autore insiste sulla compassione di mo e della scienza moderni, ma invi-
Dio, sulla sua condivisione della soffe- tandoci a guardarli da un’altra pro-
renza umana, sul valore positivo della spettiva e suggerendo delle risposte
sofferenza; nel secondo caso sottolinea che offrono spunti di riflessione per
ancora una volta il valore della libertà, un ripensamento del nostro rapporto
il cui cattivo uso è un rischio calcola- con Dio, che non annulla, anzi raffor-
to e necessario. Oltre alla provviden- za, la nostra fede in lui e nel suo amo-
za generale, che investe il cosmo e la re per l’umanità.
storia, il testo analizza quella partico- Antonella Varcasia
lare, che interviene nelle vicende per-
sonali dei singoli esseri umani. Qui la
riflessione riguarda, tra l’altro, il con- Emmanuel D urand , Gesù contem-
cetto di miracolo e il significato e l’ef- poraneo. Cristologia breve e attua-
ficacia della preghiera. Prendendo ad le, Queriniana, Brescia 2020, pp.
esempio la storia di Giuseppe e i suoi 287, € 32,00.
fratelli (Gen. 37 - 45), che sembra de-
terminata all’apparenza esclusivamen- Nel panorama teologico contem-
te da fattori umani, l’autore suggerisce poraneo, e segnatamente tra quanto
un diverso livello di lettura, in cui la vi- riguarda i lavori dedicati alla cristolo-
cenda di Giuseppe appare guidata dal- gia in Europa, il testo del domenicano
la volontà divina, senza che i due piani francese Emmanuel Durand porta uno
si contraddicano grazie alla debolezza sguardo rinnovato e indica una origina-
di Dio, «che non si sovrappone al gioco le prospettiva metodologica: nell’avvi-
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recensioni 83
cinare la figura di Gesù di Nazareth, il lativi della figura del Cristo, il perdo-
Cristo, il riferimento all’impianto clas- no, è particolarmente ampia e si avva-
sico della dogmatica è affiancato a una le del supporto filosofico di autori co-
elaborazione che unisce felicemente la me Jankélévitch, Derrida e Ricœur; la
base filosofica e l’apporto esperienzia- nozione di perdono e quella di ricon-
le e storico, raggiungendo un risultato ciliazione ricevono particolare atten-
di indubbio valore sia per lo speciali- zione in quanto sono presentate come
sta sia per un pubblico più ampio. Il la via di accesso al tema centrale del-
lavoro si articola in sette capitoli che, la croce di Cristo, il cui significato è
pure nella loro densità, costituiscono rivisitato precisamente attraverso tali
comunque un testo snello e attuale, categorie. Emerge una delimitazione
come vuole il sottotitolo del libro: la della nozione di perdono che lo ricon-
necessaria ricognizione storica, quasi duce al superamento dell’ingiustifica-
un rapido riassunto dello status quae- bile, sulla scorta della elaborazione di
stionis, è trattata in apertura dell’ope- Jankélévitch, sottolineandone la com-
ra, ed è però subito ricontestualizzata pleta gratuità: all’impossibilità umana
nel secondo capitolo dedicato alla ca- di raggiungerlo nella sua purezza e as-
tegoria del «martire» nella contempo- solutezza si aggiunge il suo essere svin-
raneità, e nel terzo capitolo in cui vie- colato dalla necessità che il colpevole
ne tratteggiata la figura del Cristo nel lo chieda. La riconciliazione viene di-
pensiero emergente dall’epistolario pa- stinta come un evento di tipo sociale
olino, con uno sguardo rivolto ai capi- che consente la convivenza delle parti
saldi della sua teologia. anche laddove il perdono non sia stato
La prospettiva strettamente dogma- dato né ricevuto. L’accurata trattazione
tica, base essenziale in ogni trattazione conduce a rivisitare sia l’insegnamento
del tema cristologico, è tematizzata nel evangelico (Mt. 18,21-35) sul perdono,
quarto capitolo, che ha il pregio di il- sia il carattere assoluto del perdono di-
lustrare il cammino delle enunciazioni vino e della riconciliazione che acca-
conciliari, delle dispute, delle fratture e dono nella croce di Cristo. Un ultimo
delle riconciliazioni ecclesiali intorno capitolo è dedicato alla risurrezione e
alla figura del Cristo con uno sguardo viene svolto con una attenzione speci-
che non esclude né la contestualizza- fica al coinvolgimento del corpo in ta-
zione storica, pur non approfondendo le evento: la novità della fede cristia-
troppo, né la trattazione teoretica, pur na rispetto alle prospettive di immor-
ricondotta anch’essa all’essenziale. I talità dell’anima viene fatta emergere
capitoli quinto e sesto dispiegano l’o- proprio attraverso una riflessione sul-
riginalità dell’impianto di questa bre- la rilevanza del mancato ritrovamen-
ve cristologia: percorrendo una via al- to del corpo e della tomba vuota. La
meno in parte inedita che assume co- scena della trasfigurazione, i racconti
me medium di conoscenza del Cristo i di apparizioni e alcuni insegnamenti
vissuti della compassione e dell’empa- di Gesù, come quello sul destino di fe-
tia, categorie universali dell’esperienza condità del chicco di grano che muore,
umana, si ripercorrono pagine evange- sono i punti di riferimento tra i qua-
liche facendo emergere l’interpellazio- li l’autore si muove per delimitare l’e-
ne come struttura specifica della rela- vento inafferrabile della risurrezione e
zione inaugurata da Gesù di Nazareth avvicinarlo al lettore contemporaneo
negli incontri testimoniati nei vangeli. dei vangeli. La breve conclusione met-
La trattazione del quarto vissuto te l’accento proprio sul lettore che vie-
tra quelli scelti dall’autore come rive- ne in contatto con la testimonianza bi-
Protestantesimo 77:1 - 2022
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Lydia Schumacher (a cura di), The Le- verrebbero superate, alla luce dell’ac-
gacy of Early Franciscan Thought, quisizione di Aristotele anche in am-
Veröffentlichungen des Grabmann- bito francescano.
Institutes zur Erforschung der Per quanto nei due periodi ci sia
mittelalterlichen Theologie und spesso un riferimento ad auctoritates di-
Philosophie, vol. 67, de Gruyter verse, i saggi che compongono quest’o-
GmbH, Berlin-Boston 2021, pp. pera dimostrano come si tratti di stra-
xii + 409, hardcover € 99,95, for- tegie argomentative più che di adesio-
mato digitale open access: https:// ni a modelli epistemologici e metafisi-
www.degruyter.com/document/ ci radicalmente differenti. Era prassi,
doi/10.1515/9783110684827/html difatti, l’impiego di numerose citazio-
ni, anche decontestualizzate, per soste-
Il francescanesimo rappresenta un’e- nere proprie tesi, in un’epoca che non
sperienza di fede e di pensiero su cui celebrava il culto del nuovo, ma che
convergono tensioni spirituali e interes- anzi riteneva essenziale l’inserimen-
si scientifici di matrice laica, cattolica e to all’interno della tradizione. Questo
protestante. Non è secondaria dunque comporta la necessità, per l’interprete
la rilevanza di uno studio della teolo- contemporaneo, di non lasciarsi trar-
gia e della filosofia espresse dall’Ordi- re in inganno dai nomi citati, ma di
ne minoritico nei suoi primi decenni, saper riconoscere piuttosto l’uso che
sia in ordine a ragioni ecumeniche, sia ne viene fatto.
per il contributo speculativo e storico- La ricerca degli ultimi anni ha di-
teoretico che tale studio offre. mostrato inoltre come sia stata appros-
Risponde a questa esigenza The simativa la lettura della Summa uni-
Legacy of Early Franciscan Thought. Il versae theologiae attribuita ad Alessan-
volume, curato da Lydia Schumacher, dro di Hales, ma composta anche dai
si articola in due parti. La prima vie- suoi allievi, nei termini di una mera
ne dedicata alla filosofia e alla teolo- sistematizzazione e difesa dell’agosti-
gia (Part I: Philosophy and Theology, nismo. Molto più complessa è la base
pp. 13-182), la seconda all’eredità del- metafisica di quest’opera: essa porta-
la Summa Halensis (Part II: The Lega- va a sintesi una molteplicità di istan-
cy of Summa Halensis, pp. 183-397). ze teoretiche che, in particolare attra-
Quest’opera offre una feconda prospet- verso il prisma del pensiero di Avicen-
tiva agli studi sul pensiero francescano, na, erano messe in dialogo produttivo.
tesa a rintracciare e a dimostrare l’e- Agostino e Aristotele, più che contrap-
sistenza di una continuità fondamen- posti, risultavano così almeno in par-
tale nell’arco della sua storia. L’obiet- te armonizzati in un’impostazione che
tivo del testo è mettere così in discus- si poggiava sulla tradizione, ma che,
sione la diffusa idea di una cesura tra anche al di là della propria autocom-
un primo e un secondo periodo della prensione, la innovava creativamen-
teologia francescana. te. In questo modo emerse una linea
L’ipotesi della cesura enfatizza la di pensiero che affrontava in maniera
distanza che intercorre tra un primo originale le sfide speculative che la ri-
periodo, dagli anni Venti ai Cinquan- scoperta di Aristotele portava con sé.
ta del xiii secolo, caratterizzato dalla L’opera che qui presentiamo rico-
difesa del paradigma agostiniano con- struisce l’influenza della Summa Ha-
tro la crescente diffusione dell’aristote- lensis su quelle che saranno le peculia-
lismo, e un secondo, successivo perio- ri caratteristiche del pensiero france-
do, in cui le precedenti impostazioni scano dei decenni successivi.
Protestantesimo 77:1 - 2022
recensioni 91
SINTESI D EGLI A R T IC OL I
Il biglietto scritto da Lutero due giorni prima della morte si compone come
antitesi alla conclusione autocelebrativa della Tebaide del poeta romano Publio
Papinio Stazio. In un climax ascendente sono evocati i tre ambiti della vita pri-
vata, della politica e della chiesa e le esperienze da compiervi richiedono un las-
so di tempo sempre crescente e la comprensione di testi esemplari, che nel ca-
so della chiesa sono rappresentati dalla Scrittura. L’indicazione iperbolica se-
condo la quale la comprensione della Scrittura richiede cento anni di governo
ecclesiastico assieme ai profeti segnala che questa dimensione della conoscen-
za umana costituisce una critica radicale a quelle precedenti. Praticandola, ci
si rende conto di essere «mendicante».
The short note written by Luther two days before his death is composed as
an antithesis to the self-celebrating conclusion of the Thebais by the Roman po-
et Publius Papinius Statius. In a rising climax, the three fields – his private life,
politics and the Church – are remembered. The experiences to be lived in these
fields require an ever-increasing length of time and the comprehension of exem-
plary texts, which, in the case of the Church, are represented by the Scripture.
The hyperbolic statement according to which the comprehension of the Scrip-
ture requires one hundred years of ecclesiastical government together with the
Prophets, indicates that this dimension of human comprehension involves a
radical critique of the preceding ones. When one puts it into practice, one finds
oneself to be a “beggar.
Il vero senso della Scrittura si attualizza quale promessa di Dio ogni volta
che il lettore ispirato viene costituito membro performativo della comunità in-
terpretante dall’evento cristologico testimoniato dalla Scrittura. Autorità e ispi-
94 sintesi degli articoli
razione della Scrittura devono essere comprese entro il campo di tensione in cui
figurano la pluralità delle interpretazioni concordi con il senso del testo, il ma-
teriale scritto della Bibbia, l’intenzione degli autori e la fede apostolica, che an-
nuncia come possibilità futura quanto già comunicato nel kerygma. La comuni-
cazione del senso della Scrittura non dipende da precomprensioni solidali con
questa, ma è evento kenotico che accade in signo crucis.
The real sense of the Scripture becomes real as God’s promise in the present,
every time that the inspired reader becomes a performative member of the Con-
gregation, which interprets the Christological event as testified in the Scripture.
Authority and inspiration of the Christological event must be understood within
the field of the tension which includes the plurality of interpretations in accor-
dance with the sense of the text, the material written in the Bible, the intention
of the Authors, and Apostolic faith, which announces as a future possibility what
has already been announced in the kerygma. The communication of the sense of
the Scripture does not depend on pre-comprehensions in agreement with this,
but it is a kenotic event, which happens in signo crucis.
Against the background of the “big” history of Risorgimento, this article tells
the “small” history of the conversion to the Protestant faith of a land owner in
Palermo in 1861: the creation of the first Waldensian church in Sicily among
external opposition, internal tensions and the rapport with freemansonry; his
role as a counsellor of the Ministers Appia and Simpson Kay; the crisis with the
Committee for evangelization and passing to the Methodist Church; the failed
attempt to create a Free Church; his private life and his activities as an inventor
and a photographer. A witness of the first Italian Protestantism, a paradigm of
how to hand out Protestant values to future generations.
Protestantesimo 77, 2022, 95
a utori e a ut rici