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Ruggero Eugeni
Università Cattolica del Sacro Cuore
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isbn 978-88-430-4926-4
Introduzione 13
1. L’esperienza 25
1. Premessa 25
2. Che cos’è l’esperienza 25
2.1. Le definizioni terminologiche / 2.2. Le descrizioni sociali e antropologiche /
2.3. Le descrizioni neurali e fisiologiche / 2.4. Le descrizioni mentali
3. Un modello dell’esperienza 32
3.1. La logica interpretativa / 3.2. La natura dinamica / 3.3. L’articolazione in tre
strati
Percorsi di approfondimento 36
Quaderno degli esercizi 37
Riferimenti bibliografici 38
2. L’esperienza mediale 41
1. Premessa 41
2. Che cos’è l’esperienza mediale 41
2.1. I media e il design dell’esperienza / 2.2. Un modello dell’esperienza mediale
Percorsi di approfondimento 53
Quaderno degli esercizi 54
Riferimenti bibliografici 55
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Semiotica dei media
8
Indice
9
Semiotica dei media
10
Indice
11
Semiotica dei media
12
Introduzione
«Tutto sommato, la mia sola speranza è che questo libro continui a giacere,
con qualche “orecchia” alle pagine, annotato, sporco di colori e di gesso,
sul tavolo o sulla scrivania di chi si occupa attivamente di teoria e di pratica
dell’arte, e che sia ancora, in questa sua veste più accurata, un interlocutore
in quelle discussioni tra “addetti ai lavori” di cui le arti visive hanno biso-
gno per svolgere il loro compito silenzioso». Così Rudolf Arnheim intro-
duceva la nuova edizione del suo Arte e percezione visiva 1. Queste parole
mi tornano in mente ogni volta che sento alcuni colleghi lamentare la pro-
liferazione di manuali delle discipline di cui si occupano – cosa che avviene
abbastanza regolarmente alla fine di un piacevole pasto che ha allietato la
fine di un convegno o di un concorso universitario. Si suole ripetere in
questi casi che troppi manuali non fanno bene alla disciplina, che bloccano
la riflessione teorica, e che il giovane studioso che ne aveva presentati al
concorso due o tre avrebbe fatto meglio a scrivere una sola monografia su
un tema specifico. In queste affermazioni c’è del vero; tuttavia l’implica-
zione che esse sottendono è sbagliata: come le parole di Arnheim ci fanno
presente, è possibile concepire un lavoro teorico che dialoghi con i profes-
sionisti della produzione artistica e culturale, offra agli studenti uno stru-
mento per acquisire conoscenze e atteggiamenti utili per la futura profes-
sione, orienti il lettore verso gli approfondimenti bibliografici pertinenti
senza rinunciare a un approccio vivo e diretto con una certa materia. In-
somma: è possibile pensare e realizzare un manuale nel vero senso della pa-
rola: un libro destinato a passare di mano in mano e a restare a portata di
mano.
Il volume che state leggendo ha l’ambizione di rappresentare questo tipo di
manuale. In questa introduzione vorrei spiegare perché ritengo non solo
possibile ma opportuno che la riflessione teorica sulla semiotica dei media
adotti oggi uno stile “manualistico”; il che mi chiede di introdurre le idee
di fondo e la struttura di questo lavoro.
1. Rudolf Arnheim, Art and Visual Perception. A Psychology of Creative Eye, 2a ed., University of
California Press, Berkeley 1974 (trad. it. Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 1984, p. 22).
13
Semiotica dei media
La svolta esperienziale
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Introduzione
tessuto sociale. I media non sono più avvertiti come dispositivi ritualizzati
e localizzabili, ma piuttosto come “nuvole”, aggregati di pratiche e disposi-
tivi leggeri e variabili che possono infiltrarsi agevolmente in ogni piega del
sociale: di qui un processo, opposto al precedente, di de-individuazione.
La stessa riflessione teorica si domanda con crescente insistenza che cosa sia
realmente un medium e se sia ancora possibile individuare criteri di distin-
zione all’interno di una condizione postmediale 3.
All’interno di questo contesto (coerentemente) contraddittorio, l’adozione
della prospettiva esperienziale appare una mossa tattica indispensabile per
rifondare la riflessione teorica. In un certo senso essa riprende e mima il
movimento dei processi grassroots degli stessi utenti: studiare l’esperienza
che i media procurano vuol dire analizzare la loro costituzione “dal basso”.
Solo ripartendo dal contatto vivo e immediato con le differenti esperienze
che i media permettono è possibile risalire a formulazioni di più ampia
portata circa identità, ruoli e peso storico degli apparati, così come vengo-
no avvertiti intersoggettivamente.
3. Torneremo su questi temi, legati a nostro avviso alle ripercussioni dell’esperienza dei nuovi
media sulla sensibilità culturale complessiva, alla fine del cap. 16: rinviamo a quella sede per i ri-
mandi bibliografici.
4. Per una bibliografia sull’esperienza mediale rimandiamo ai Percorsi di approfondimento del
cap. 2.
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Semiotica dei media
(non solo quella limitata ai media) sottolinea con insistenza la sua dimen-
sione incorporata, sensibile ed emozionale. Una simile insistenza si spiega a
partire da un’esigenza polemica: gli studiosi si rivolgono al tema dell’espe-
rienza per superare i limiti di una riflessione soprattutto cognitivista che
aveva privilegiato lo studio dei processi razionali svolti da una mente disin-
carnata e de-situata. Tuttavia tale impostazione rischia di condurre a mo-
delli poco efficaci: o perché esclusivamente incentrati sulla dimensione
sensibile-emotiva, oppure perché frammentati in aree e settori differenti
(razionale, emotivo, sensibile, pratico ecc.) di cui non riescono a spiegare
l’unitarietà. Assumerò dunque nel mio approccio che l’esperienza in gene-
rale – e quindi anche l’esperienza mediale – possiede differenti aspetti: essa
è fatta di ragionamento, emozione, sensibilità, relazione intersoggettiva e
così via. Tali aspetti non vengono percepiti come unitari in base ad assun-
zioni aprioristiche, ma a partire da una rete di relazioni e determinazioni
reciproche. Il “meccanismo” che articola questi differenti aspetti e assicura
la loro reciproca determinazione è la dinamica dell’interpretazione: l’espe-
rienza si basa su un processo costante, dall’andamento a spirale e tenden-
zialmente infinito, di elaborazione di configurazioni a partire da risorse
percettive e mnestiche, e di riutilizzo delle configurazioni prodotte quali
ulteriori risorse. L’interpretazione in sé non è né razionale né emotiva, ma
è in grado di mettere in relazione sia risorse emotive che risorse di ragiona-
mento. Questa opzione costituisce un primo recupero della tradizione se-
miotica: in particolare, riprendo in questo caso l’orientamento interpreta-
tivo che fa capo alla riflessione di Charles S. Peirce.
La seconda opzione che introduco rispetto al panorama dei media studies
concerne l’esperienza mediale in quanto forma specifica di esperienza, non
riducibile a quella ordinaria. Leggendo gli interventi di molti autori del
settore si coglie un progetto talvolta sotteso, talvolta esplicito: quello di
una naturalizzazione dell’esperienza e, per estensione, dell’esperienza me-
diale. Per quanto anche in questo caso le posizioni siano differenziate,
emerge l’idea che nelle relazioni tra l’organismo e il mondo gli aspetti im-
mediati siano più pertinenti e rilevanti di quelli mediati dagli ambienti cul-
turali e dalle agenzie che operano in essi. Una prima contestazione di que-
sta presunta “innocenza” dell’esperienza viene dal punto precedente: la di-
namica dell’interpretazione implica l’intervento di risorse memoriali e
dunque un radicamento sociale e culturale dei soggetti. C’è tuttavia una se-
conda ragione per contestare la naturalizzazione dell’esperienza mediale: la
natura progettuale e progettata di una simile esperienza. Al contrario del-
l’esperienza ordinaria, l’esperienza mediale è artificiale, precostituita e se-
riale; essa risponde a un design esperienziale, e si incarica di rendere opera-
tivo questo progetto all’interno dell’esperienza ordinaria. Questo suo ca-
rattere peculiare fa sì inoltre che essa costituisca una forma particolarmente
complessa di esperienza, in quanto sovrappone al mondo percepito diretta-
16
Introduzione
5. Riprenderemo questi aspetti al cap. 3, cui rinvio anche per una sintetica disamina dello svi-
luppo della semiotica e la relativa bibliografia.
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Semiotica dei media
18
Introduzione
Ringraziamenti
La lista dei debiti accumulati nel corso della scrittura di questo volume è
lunga. Francesco Casetti ha incoraggiato e seguito passo passo lo sviluppo
del lavoro: non posso che aggiungere il mio grazie a quello di tutti coloro
che hanno potuto e possono apprezzare la sua straordinaria generosità in-
tellettuale. Il progetto originario del volume prevedeva una scrittura a
quattro mani con Andrea Bellavita: le due mani di Andrea sono cadute
19
Semiotica dei media
strada facendo, ma molte sue idee fortunatamente sono rimaste. Molte oc-
casioni di discussione sono nate intorno alle attività del Dipartimento di
Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo e del dottorato in Culture
della Comunicazione dell’Università Cattolica, presso cui lavoro. Ringra-
zio in particolare Chiara Giaccardi, Fausto Colombo, Armando Fumagalli,
Silvano Petrosino, Maria Grazia Fanchi, Massimo Locatelli, Elena Mosco-
ni, Massimo Scaglioni, Nicoletta Vittadini, Alice Cati. Su molti punti del-
la mia riflessione risuona il magistero di Gianfranco Bettetini, che ha inco-
raggiato la mia riorganizzazione del dibattito semiotico recente intorno al-
l’idea dell’experiential turn. In alcuni casi mi sono giovato delle competen-
ze specifiche di alcuni studiosi del Dipartimento per l’aggiornamento bi-
bliografico relativo a specifici media: Matteo Stefanelli per il fumetto,
Gianni Sibilla per la canzone pop, Patrizia Musso per la pubblicità, Matteo
Tarantino per il videogioco. Il dialogo con Adriano D’Aloia mi fornisce
molti spunti utili sulle questioni legate a cinema e processi sensoriali. Un
grazie anche a Miriam de Rosa, Glenda Franchin, Marzia Morteo, Marco
Muscolino, Mauro Resmini, Simone Tosoni. I miei studenti di Milano e
di Brescia hanno fatto da cavie a quei curiosi esperimenti che sono stati per
un paio d’anni le mie lezioni sull’esperienza mediale: spero si siano riavuti
da quell’esperienza e guardino ancora csi.
Alcune versioni precedenti del manoscritto sono state lette da alcuni colle-
ghi e discusse in vari ambiti accademici: ne ho ricavato una mole impres-
sionante di commenti, suggerimenti e in qualche caso la diretta fornitura
di alcuni volumi, che hanno aiutato moltissimo il mio lavoro. Ringrazio in
particolare Peppino Ortoleva, Maria Pia Pozzato, Isabella Pezzini, Nicola
Dusi, Federico Montanari, Roberto de Gaetano, Guglielmo Pescatore,
Antonio Somaini, Marta della Berardina. In occasione di una lezione al
dottorato dell’Università di Roma 3 ho potuto discutere alcuni punti con
Filippo Mazzarella, Vito Zagarrio e Veronica Pravadelli. I Convegni tori-
nesi organizzati da Giulia Carluccio e Federica Villa sulla post-testualità e
quelli udinesi organizzati da Leonardo Quaresima e dal suo staff sono stati
momenti di riflessione preziosi sui temi che mi interessano. Philippe Du-
bois mi ha invitato a tenere le lezioni della cattedra Roger Odin del dotto-
rato dell’Università di Paris 3 per l’anno 2007-08; in quell’occasione ho
presentato un primo modello di analisi dell’esperienza e ne ho discusso con
i giovani studiosi presenti e con Laurent Jullier. Brevi ma illuminanti gli
scambi avuti in quella e in altre occasioni con Raymond Bellour.
Arianna Cucchi ha sopportato e supplito le mie assenze dalla direzione dal-
l’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo nel corso della stesura
del libro. Gabriella Gialdini ha rivisto completamente il manoscritto indi-
candomi i punti in cui contenuti e punteggiatura si facevano particolar-
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Introduzione
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Parte prima
L’esperienza mediale
e la semiotica dei media
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1
L’esperienza
1. Premessa
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Semiotica dei media
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1. L’esperienza
27
Semiotica dei media
ll correlato neurale 2.3. Le descrizioni neurali e fisiologiche Cambiamo a questo punto radical-
dell’esperienza mente il modo di guardare e di descrivere l’esperienza e passiamo a uno
sguardo neurale e fisiologico. Se con una qualche tecnica di brain imaging
(ovvero di visualizzazione dei processi cerebrali) cercassi di capire cosa av-
viene nel mio cervello mentre sto aspettando che inizi il concerto, scoprirei
un numero enorme di scambi di segnali elettrochimici tra le cellule che lo
compongono, chiamate neuroni. I neuroni sono collegati reciprocamente
mediante connessioni chiamate sinapsi; gli scambi tra neuroni avvengono
attraverso le sinapsi: ne rafforzano alcune, ne modificano altre, ne lasciano
cadere altre ancora, e possono anche modificare in modo provvisorio o di
più lunga durata la struttura di alcuni neuroni. L’insieme di tali eventi co-
stituisce il correlato neurale della mia esperienza.
I metasistemi L’organizzazione delle connessioni sinaptiche e dei flussi di segnali non è
funzionali casuale: le sinapsi collegano (sia al loro interno sia reciprocamente) una se-
rie di aree cerebrali deputate a particolari funzioni. È possibile individuare
in tal senso cinque ampi metasistemi funzionali che comprendono al pro-
prio interno sistemi specifici: il metasistema percettivo, articolato nei siste-
mi della percezione esterocettiva (di dati esterni: vista, udito, tatto ecc.),
propriocettiva (dell’apparato muscolo-scheletrico, in stasi e in movimento)
e interocettiva (dei visceri o milieu interno); il metasistema emotivo, che
permette una valutazione immediata degli stimoli in vista di una risposta
dell’organismo in tempi brevissimi; il metasistema mnestico, articolato nei
sistemi delle memorie procedurali o inconsce (per esempio quelle relative
alle sequenze di movimento che compongono un’azione) e di quelle di-
chiarative o coscienti; il metasistema motorio, di progettazione, trasmissio-
ne ai sistemi periferici e controllo dell’attuazione di movimenti e azioni; e
infine il metasistema del ragionamento, che presiede alla pianificazione e
al controllo di piani di azione complessi.
Quest’ultimo metasistema riveste particolare importanza per il fenomeno
dell’esperienza. L’area cerebrale in cui è collocato (la corteccia prefrontale)
presenta tre caratteristiche: è un luogo di convergenza e di rimando di se-
gnali rispetto a molte altre aree (in particolare quelle cui pertiene la memo-
ria dichiarativa); è in grado di attivare una rete particolarmente fitta di ri-
mandi incrociati al proprio interno; buona parte dei suoi neuroni può esse-
re modificata in forma transitoria dando luogo a una memoria a breve ter-
mine o memoria di lavoro. Tali caratteristiche fanno sì che il metasistema
del ragionamento e della pianificazione sia capace di accogliere al proprio
interno informazioni che provengono direttamente o indirettamente ma
comunque contemporaneamente dai sistemi percettivi, emotivi e motori;
di recuperare informazioni dai sistemi della memoria a medio e lungo ter-
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1. L’esperienza
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Semiotica dei media
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1. L’esperienza
Tra gli anni ottanta e novanta del xx secolo si è assistito a un fenomeno culturale
originale: alcuni neuroscienziati hanno iniziato a intervenire su argomenti prece-
dentemente ritenuti di competenza di filosofi e studiosi della conoscenza. Il pro-
blema della mente, dei suoi rapporti con il cervello e con il corpo, e soprattutto
l’hard problem della coscienza, sono divenuti oggetto di un dialogo serrato tra
scienze umane e neuroscienze.
Le conseguenze del fenomeno sono state di ampia portata: è stato infatti inaugura-
to un nuovo stile di dialogo tra le “due culture” umanistica e scientifica, e ciascuna
delle due ha iniziato a prendere sul serio i risultati dell’altra nell’elaborazione dei
propri programmi di ricerca e dei relativi risultati.
Nel campo della riflessione filosofica è tornato al centro dell’attenzione il proble-
ma della convergenza di tre filoni della filosofia del Novecento: la filosofia analiti-
ca, che si sforza di descrivere gli stati mentali nel modo il più possibile oggettivo e
1. Potremmo dire, in termini neurologici, che il mio cervello “premia” una simile configurazio-
ne mediante una microgratificazione e costituisce così un meccanismo di rinforzo che mi so-
spinge a proseguire il mio lavoro di assegnazione regolata di sensatezza.
31
Semiotica dei media
3. Un modello dell’esperienza
32
1. L’esperienza
2. Per chiarezza espositiva abbiamo assegnato i singoli tratti alle differenti descrizioni; occorre
tuttavia osservare che alcuni di essi sono evidenziati trasversalmente da descrizioni differenti.
Per esempio la natura relazionale dell’esperienza, a partire dai meccanismi di consonanza empa-
tica che la percorrono, costituisce oggi un fertile terreno di scambio tra scienze sociali e antro-
pologiche, neurocognitivismo e filosofia della mente (ci torneremo nei Percorsi di approfondi-
mento del cap. 8).
33
Semiotica dei media
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1. L’esperienza
il brusio della folla che si congiunge al contrario con la carezza dell’aria fre-
sca sulla mia pelle.
Il secondo strato è quello dell’ordinamento narrativo delle risorse. Il sog- L’ordinamento
getto percepisce anzitutto una distinzione e un legame tra sé stesso e l’am- narrativo
biente che lo circonda, distinzione e legame che si basano primariamente
sulla percezione di quel particolare involucro osmotico che è la pelle; quin-
di, egli individua una serie di entità all’esterno del proprio corpo con le
quali interagire: con termini ripresi dalla filosofia della mente diciamo che
egli rappresenta un campo di oggetti intenzionali, per come li coglie dalla
posizione in cui si trova. Questo nuovo assetto del rapporto tra il soggetto
e il mondo rende possibile monitorare sia le trasformazioni che intervengo-
no all’interno del campo di oggetti intenzionali, sia le trasformazioni (pre-
cedenti, seguenti o concomitanti) che intervengono nel soggetto stesso, sia
i legami tra la prima e la seconda serie di trasformazioni. Tali trasformazio-
ni vengono registrate all’interno di mappe situazionali che, costantemente
aggiornate, permettono una gestione controllata delle interazioni tra sog-
getto e ambiente. Al rintocco del suono di chitarra avverto una trasforma-
zione all’interno del campo di oggetti che mi circonda, ne valuto il poten-
ziale pericolo per il mio organismo, registro sia la non pericolosità del suo-
no sia il fatto che esso ha prodotto in me una reazione di paura che mi de-
dico a calmare.
Il terzo strato è quello della sintonia relazionale. Il soggetto avverte che al- La sintonia
l’interno del campo di oggetti intenzionali sono presenti altri soggetti, ov- relazionale
vero entità in grado di, e nell’atto di, svolgere un’esperienza simile alla sua.
A partire da qui il soggetto esplora in forma ipotetica e indiziaria l’espe-
rienza interiore degli altri soggetti (a partire soprattutto da una lettura dei
loro segnali somatici); si rende conto riflessivamente del proprio stato espe-
rienziale e innesca una lettura riflessiva della propria esperienza in corso;
valuta il grado di sintonia o di estraneità tra la propria esperienza e quella
altrui e cerca eventualmente di mettere in atto operazioni di allineamento
o di sfalsamento. Nel momento in cui percepisco la mia amica sorridere
del mio spavento mi rendo conto di essere oggetto di un apprezzamento
poco lusinghiero; adotto allora la strategia di sorridere a mia volta di me
stesso: in tal modo mi sintonizzo sulla condizione esperienziale della mia
amica e assaporo il più ampio e complessivo stato di intesa (l’entusiasmo
per lo stesso gruppo, il piacere di assistere a un concerto dal vivo, l’abitudi-
ne al rito dell’attesa ecc.) che ci ha portati a godere di questi momenti
straordinari.
La disposizione dei tre strati, dall’alto verso il basso, esprime una loro suc-
cessione logica: le risorse rilevate in termini qualitativi (primo strato) ven-
gono ordinate in campi di oggetti intenzionali (secondo strato) e all’inter-
no di questi viene percepita la presenza di altri soggetti dell’esperienza (ter-
zo strato). Tuttavia la dinamica “a spirale” dell’interpretazione – che è, ri-
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Semiotica dei media
figura 1
Rilevazione sensibile
Ordinamento narrativo
Sintonia relazionale
Percorsi di approfondimento
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1. L’esperienza
Ivry, Mangun (2002), Baars, Gage (2007) e in varie voci di Barale et al. (2006-09).
Due buone spiegazioni introduttive dei meccanismi neurali sono LeDoux (2002)
e Oliverio (2008). Le posizioni cui abbiamo fatto cenno di Edelman si ritrovano
ad esempio in Edelman (2004, 2006); quelle di Crick e Koch in Koch (2004).
Un’ottima sintesi di tutta la questione è Tononi, Laureys (2009).
L’ampio e complesso dibattito tra neuroscienze e filosofia della mente, in partico-
lare intorno alla questione della coscienza, è presentato da Di Francesco (2000),
Blackmore (2005), Velmans, Schneider (2007), Zelazo, Moscovitch, Thompson
(2007), Gozzano (2009); meno strettamente legati alla questione della coscienza
Di Francesco (2002), Paternoster (2002), Nadel (2003), Frixione (2003), Bermú-
dez (2005), Bickle, Mandik, Landreth (2006), Marraffa (2008), Gallagher, Zahavi
(2008), Gallese (2008). Le ipotesi connessioniste alla Edelman si ritrovano rielabo-
rate nell’interessante Hofstadter (2007). Alcuni esempi di dialogo tra filosofi e
neurologi o neurocognitivisti sono Changeux, Ricoeur (1998), Petitot et al.
(1999), Cappuccio (2006, 2008), Maldonato (2008). La questione della libertà del
soggetto, evidentemente centrale all’interno di questo dialogo, viene affrontata da
Melchiorre (2008). Le questioni relative all’intenzionalità, di notevole importanza
per il nostro modello, sono state recentemente esaminate da Voltolini, Calabi
(2009) (in particolare, per i nostri scopi, pp. 297-316).
Il tema del corpo in quanto veicolo primo dell’esperienza è al centro di un corpus
sterminato di ricerche; segnalo semplicemente quali possibili punti di partenza
Marzano (2007) e Leoni (2008). Sulla natura “situata” dell’esperienza, si veda
Robbins, Aydede (2009).
Tra le descrizioni dell’esperienza di cui non abbiamo potuto render conto esplicita-
mente per ragioni di spazio, occorre menzionare almeno quella elaborata dalla ri-
flessione estetica, sulla quale cfr. quale possibile punto di partenza Grifero (1999).
Sul rapporto tra esperienza estetica e tecnica (molto rilevante per la questione dell’e-
sperienza mediale) rinviamo all’antologia di Carboni, Montani (2008). All’interno
di questo campo di studi riveste per noi particolare importanza la tradizione che
vede nell’esperienza dell’opera d’arte il luogo in cui si riflette nei termini di un pen-
siero sensibile l’esperienza tout court: cfr. in particolare Franzini (2007). L’esperien-
za estetica è oggi al centro di un dialogo tra filosofi e neurologi etichettato con il
nome di “neuroestetica”: una sintesi delle posizioni in Cappelletto (2009) e alcuni
interventi in Lucignani, Pinotti (2007) e Pinotti, Somaini (2009).
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Semiotica dei media
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40
2
L’esperienza mediale
1. Premessa
41
Semiotica dei media
L’esperienza mediale Cominciamo con il dire che l’esperienza di visione e di ascolto del concerto
è un’esperienza in televisione è un’esperienza reale, al pari della visione diretta nello stadio
reale, dotata affollato. In assoluta continuità con la mia esperienza ordinaria, essa coin-
di caratteri peculiari volge una dinamica interpretativa che si sviluppa sui tre strati collegati del-
la rilevazione e qualificazione sensibile, dell’ordinamento narrativo e della
sintonia relazionale: apprezzo la dolcezza del movimento della fly-cam e
noto come esso rimi con il suono dei primi accordi di chitarra, mentre mi
rendo conto che sta iniziando l’evento del concerto e sento che la mia ecci-
tazione è sintonizzata con l’entusiasmo della folla plaudente. Eppure al
tempo stesso avvertiamo che si tratta di un’esperienza differente dall’essere
fisicamente presenti al concerto.
Possiamo esprimere questa differenza insistendo su due punti: la proget-
tualità dell’esperienza e la moltiplicazione dei campi di oggetti intenzio-
nali. Partiamo dal primo punto.
Il ruolo dei Notiamo anzitutto che l’esperienza mediale implica (il termine stesso lo
dispositivi dice) la mediazione di uno strumento in grado di presentare alla mia at-
nell’esperienza tenzione una serie di materiali sensoriali: in questo caso l’apparecchio tele-
mediale visivo che trasmette le immagini e i suoni del concerto. Certo, anche nell’e-
sperienza diretta è possibile l’uso di strumenti tecnologici: se mi fossi reca-
to ad assistere al concerto e un guasto avesse rese inutilizzabili le attrezzatu-
re di amplificazione degli strumenti e delle voci, l’esperienza sarebbe stata
ben diversa. Nel caso dell’esperienza mediale tuttavia il televisore diviene
un centro generatore e un catalizzatore di esperienza: seduto nel mio sa-
lotto faccio esperienza del concerto solo in quanto il televisore trasmette
quelle immagini; se si rompe il televisore l’esperienza del concerto non si
trasforma: scompare. Sotto questo aspetto il semplice termine di “media-
zione” appare riduttivo: possiamo dire piuttosto che il televisore costituisce
un dispositivo di attivazione e di regolazione dell’esperienza mediale, a par-
tire dalla possibilità che esso offre di rendere presenti e fruibili in un am-
biente di vita una serie di materiali sensoriali.
La determinazione Non solo: a partire dalla constatazione che l’esperienza mediale viene resa
dall’esterno possibile da un dispositivo di erogazione di materiali sensoriali, osserviamo
dell’esperienza anche che essa viene precostituita dall’esterno rispetto alla situazione in cui
mediale viene vissuta e da soggetti “altri” rispetto a chi la vive. Quanto appare sullo
schermo per un verso è il frutto di operazioni e di scelte di una rete com-
plessa di soggetti (gli operatori di macchina, i tecnici delle luci e del suono,
il regista ecc.), per altro verso determina in modo controllato e pianificato
l’articolazione e l’andamento della mia esperienza. Tale determinazione
agisce sull’esperienza in quanto coinvolge e orienta i processi interpretativi
che ne sono alla base: i materiali sensoriali introdotti dai dispositivi non
solo rappresentano le risorse percettive adoperate dall’interpretazione, ma
richiamano altresì le risorse memoriali e culturali opportune affinché le
configurazioni prodotte appaiano sensate (cfr. cap. 1, par. 3.1). Per esempio
42
2. L’esperienza mediale
1. Alcuni studiosi sostengono che l’avvento dei media avrebbe implicato una “mercificazione
(commodification) dell’esperienza”: occorre osservare alla luce di quanto abbiamo appena detto
che non è l’esperienza in sé a divenire merce (e in quanto tale a essere prodotta e distribuita in
serie), ma i progetti di cui essa può essere investita grazie ai dispositivi mediali.
43
Semiotica dei media
Mondo diretto, 2.2. Un modello dell’esperienza mediale Il secondo ordine di differenze tra
mondo indiretto esperienza ordinaria ed esperienza mediale concerne la moltiplicazione dei
e discorso campi di oggetti intenzionali. Abbiamo detto nel capitolo precedente che
nel passaggio dallo strato della rilevazione sensibile a quello dell’ordina-
mento narrativo, il soggetto definisce una distinzione tra sé stesso e un
campo di oggetti e di soggetti che lo circondano (cfr. cap. 1, par. 2.3); ep-
pure nel caso della mia visione del concerto in televisione lo stadio in cui si
svolge il concerto e i giovani urlanti che vi si trovano non mi circondano
affatto: intorno a me trovo ancora il mio solito salotto e davanti a me vedo
il mio nuovo televisore a cristalli liquidi con schermo a 16:9. Dobbiamo
dunque introdurre una distinzione tra due campi di oggetti: chiameremo il
primo (con termini presi a prestito dalla psicologia della percezione artisti-
ca) “mondo percepito direttamente” o più semplicemente mondo diretto
(il mio salotto e il nuovo televisore) e il secondo “mondo percepito indiret-
tamente” o mondo indiretto (lo stadio in cui si svolge il concerto).
Ma non basta. Se a questo punto mi interrogo sulle modalità mediante le
quali si svolge la mia esperienza del mondo indiretto a partire dalla mia
collocazione nel mondo diretto, mi accorgo che essa implica la presenza di
una serie di oggetti e di processi che aprono la percezione del mondo indi-
retto al mondo diretto senza confondersi né con l’uno né con l’altro: l’in-
sieme delle immagini sonore che si muovono sullo schermo televisivo con i
loro movimenti di macchina, i giochi di montaggio, le manipolazioni del-
l’audio e così via vanno a comporre un terzo campo di oggetti intenzionali
che chiamiamo il discorso.
In altri termini l’esperienza mediale implica, a differenza dell’esperienza
ordinaria, che un’area più o meno circoscritta dell’ambiente in cui è collo-
cato il soggetto venga “ripiegata” su sé stessa e che i materiali sensoriali che
la occupano permettano l’accesso percettivo a un secondo ambiente non
direttamente presente: chiamiamo mondo diretto l’ambiente di base, di-
scorso la forma complessiva assunta dai materiali sensoriali responsabili
dell’accesso percettivo al secondo ambiente e mondo indiretto tale secondo
ambiente.
Il modello Possiamo tornare a questo punto al nostro modello dell’esperienza e osser-
dell’esperienza vare in che modo esso si arricchisce nel caso dell’esperienza mediale: gli
mediale strati della rilevazione sensibile, dell’ordinamento narrativo e della sintonia
è un modello relazionale incrociano non uno solo, ma tre campi di oggetti e soggetti: il
complesso mondo diretto, il discorso e il mondo indiretto. La visualizzazione che ave-
vamo introdotto nel cap. 1, par. 3.3 va dunque completata come appare in
fig. 1 2.
44
2. L’esperienza mediale
figura 1
Rilevazione
sensibile
Ordinamento
narrativo
Sintonia
relazionale
Mondo indiretto
Discorso
Mondo diretto
quanto esso precede logicamente la distinzione in campi di oggetti intenzionali. In secondo luo-
go, il modello dell’esperienza mediale che presentiamo è valido in effetti per ogni tipo di espe-
rienza “mediata”, anche quelle che precedono storicamente l’avvento dei media in senso mo-
derno: dalla visione di un quadro o di un affresco alla lettura di una poesia. Una delle idee di
fondo di questo libro è infatti che l’esperienza mediale è la particolare forma che ha assunto al-
l’interno della nostra cultura quel modello più ampio e basilare di esperienza che è l’esperienza
mediata: cfr. Breve storia dell’esperienza mediale, pp. 46-7.
45
Semiotica dei media
46
2. L’esperienza mediale
come esperienza artificiale. Anche in questo caso tale fenomeno viene visto da un
lato come euforico (i media come portabandiera della modernità che si diffonde a
livello di abbigliamento, cibi, arredamento ecc.), dall’altro come inquietante: tra i
timori dell’epoca rappresentati dalla fiction fantastica e horror c’è anche la paura
che l’intera vita sociale sia una rappresentazione e un’allucinazione collettiva (si
pensi solo ai racconti che Philip K. Dick produce negli anni cinquanta e sessanta).
Sul piano della riflessione intellettuale tali preoccupazioni prendono la forma di
teorie e ricerche di stampo sociologico, psicologico e semiotico volte ad accertare
gli effetti dei media e il loro ruolo nella riproduzione e stabilizzazione delle ideolo-
gie dominanti.
I media digitali (dal 1980 ai nostri giorni) vedono infine all’opera quattro grandi fe-
nomeni, tutti variamente legati all’applicazione delle tecnologie informatiche agli ap-
parati delle comunicazioni: la pervasività e la differenziazione crescente dei canali di
distribuzione e dei dispositivi di lettura dei materiali sensoriali (on line: televisione
via satellite, Internet ecc.; off line: lettori di musica, dvd, videogiochi per consolle,
e-books ecc.); un progressivo alleggerimento dei dispositivi, che comporta sia una
loro minore percepibilità all’interno dell’esperienza mediale sia un loro possibile no-
madismo (si pensi al fenomeno iPod); la possibilità di una maggior sinergia tra mate-
riali sensoriali differenti (multimedialità: il sito Internet di un quotidiano contiene te-
sti verbali, immagini, slide shows, file sonori, filmati ecc.); il superamento di una divi-
sione netta tra esperienze di promozione da un lato, di ricezione dall’altro e quindi la
possibilità per il fruitore di intervenire attivamente nell’elaborazione dei materiali
sensoriali (interattività, dal semplice selezionare e richiedere certi contenuti fino al-
l’elaborazione condivisa o alla distribuzione di materiali in rete). Anche le teorie e le
ricerche mediali si concentrano meno sugli effetti dei media e maggiormente sulle
dinamiche e sulle tattiche del loro consumo da parte dei pubblici (audience studies).
Le conseguenze per l’esperienza mediale sono profonde: non solo essa si connette
ancora più profondamente all’esperienza ordinaria, ma inizia a non essere più per-
cepita in quanto artificiale. L’opposizione tra naturale e artificiale, che ancora in
buona parte permette una qualificazione di base dell’esperienza mediale, sta ini-
ziando in questo momento a vacillare, tanto da poter definire la fase presente
come un momento di naturalizzazione dell’esperienza mediale.
47
Semiotica dei media
3.2. Le modalità di attivazione nel mondo diretto Il primo ordine di criteri ri-
guarda le modalità mediante le quali i materiali sensoriali veicolati dai me-
dia vengono resi presenti dai differenti dispositivi all’interno del mondo
diretto. È in base a questa discriminante che sentire il concerto alla radio è
cosa diversa dal vederlo in televisione. All’interno di questo ordine di crite-
ri giocano due parametri.
Esperienze mediali Il primo parametro riguarda la relazione tra dispositivi mediali e ambiente
pervasive o situate del mondo diretto: la distinzione chiave è tra dispositivi (e quindi esperienze)
pervasivi e dispositivi (e quindi esperienze) situati. I dispositivi pervasivi si
connettono in maniera profonda e completa all’ambiente. Il caso più tipico è
rappresentato dal cinematografo, uno spazio pensato e progettato intera-
mente per l’esibizione di immagini in movimento e di suoni. Gli impianti di
home theatre casalinghi tendono a ricalcare questo modello: essi sovrappon-
gono a spazi e arredamenti casalinghi uno schermo e alcuni diffusori sonori
in modo da riprodurre un effetto di pervasività delle immagini e soprattutto
dei suoni veicolati dal dispositivo all’interno dell’ambiente domestico. Il ci-
nematografo non è però il caso estremo: è possibile costruire ambienti multi-
48
2. L’esperienza mediale
49
Semiotica dei media
figura 2
Esperienze
ad attivazione automatica
videowalls
cinema
radio,
stereo Ipod
home
theatre tv set
installazioni videofonino
Esperienze pervasive media Esperienze situate
“non- digitali
luoghi” interattivi
mostre, stampa /
eventi fumetto:
il lettore come
player
Esperienze
ad attivazione manuale
Conformazioni 3.3. Le conformazioni del discorso Il secondo ordine di criteri che ci per-
del discorso mette di discriminare tra differenti forme di esperienza mediale è dato dal-
ed esperienze le modalità con cui si presenta al suo interno il discorso. L’idea di discorso
mediali: nasce (lo ricordiamo) dal fatto che alcuni materiali sensoriali all’interno del
testo, ipertesto, mondo diretto, variamente erogati dai dispositivi, permettono l’accesso al
flusso e ambiente mondo indiretto; a partire da qui il discorso tende ad acquisire uno statuto
autonomo, una consistenza oggettuale e spaziale, una certa conformazione
che si sedimenta e si stabilizza in determinate rappresentazioni sociali. La
trasmissione televisiva del concerto è immersa nel flusso lineare dei pro-
grammi televisivi e frammentata dai breaks pubblicitari; il concerto in dvd
è invece percepito come dotato di confini precisi e delimitati, privo di in-
terruzioni che non siano intenzionali, dotato di menu che permettono di
navigare all’interno di un’architettura ad albero.
Come il nostro esempio lascia intendere, la conformazione del discorso di-
pende da due parametri. Il primo è costituito dall’opposizione tra chiusura
e definizione del discorso vs apertura e mancanza di delimitazione (e quin-
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2. L’esperienza mediale
figura 3
Conformazione
lineare
Esperienza Esperienza
testuale di flusso
Esperienza Esperienza
metatestuale / ambientale
ipertestuale
Conformazione
reticolare
51
Semiotica dei media
Fattualità, finzione, 3.4. Gli statuti del mondo indiretto Il terzo ordine di criteri che determina la
partecipazione, possibilità di distinguere tra differenti forme dell’esperienza mediale ri-
estetica guarda lo statuto del mondo indiretto. Questo si definisce in relazione agli
altri due campi di oggetti intenzionali, in base a una relazione di continui-
tà oppure di discontinuità con essi. Per esempio se il telefilm che sto se-
guendo si interrompe per trasmettere un breve notiziario, percepisco un
salto all’interno della mia esperienza; quanto riferito dal giornalista concer-
ne il mondo diretto in cui io vivo, è in diretta continuità con esso e dunque
“mi riguarda”: se viene annunciato un ulteriore rincaro della benzina so
che domani il mio pieno costerà qualche euro in più; al contrario, le vicen-
de che si svolgono nel mondo indiretto della fiction televisiva possono ap-
passionarmi e coinvolgermi, ma non possiedono una relazione di continui-
tà con il mondo di vita all’interno del quale sono inserito.
Anche in questo caso i due parametri introdotti generano quattro ampie
possibilità (cfr. fig. 4).
Nel caso dell’esperienza fattuale, l’esperienza mediale viene percepita in
continuità con l’esperienza di vita quotidiana: quanto si svolge nel mondo
indiretto concerne anche il mondo diretto e riguarda più o meno diretta-
mente il fruitore e il mondo di vita nel quale questi è inserito. All’opposto,
nel caso della finzione, il mondo diretto e quello indiretto rimangono sepa-
rati: questo non implica necessariamente che quanto si svolge nel mondo
indiretto sia “fantastico” e non coinvolga ambienti reali, ma lo svolgimen-
to non ha correlazioni dirette con la situazione in cui si trova il fruitore. Il
caso dell’esperienza estetica si ha quando i movimenti discorsivi acquisi-
scono una particolare evidenza e marcano una relativa autonomia rispetto
agli svolgimenti del mondo indiretto: è il caso di molti videoclip, di alcune
sequenze di film o serie televisive in cui la cura della fotografia o del mon-
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2. L’esperienza mediale
figura 4
Relazione
di continuità
Esperienza Esperienza
fattuale partecipativa
Esperienza Esperienza
finzionale estetica
Relazione
di discontinuità
Percorsi di approfondimento
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Semiotica dei media
• Elenca le esperienze mediali di cui sei protagonista nel corso della giornata o
in alcune particolari occasioni. Quali aree del tuo tempo sono occupate dai dispo-
sitivi mediali e quali non lo sono? Quali differenze noti tra le prime e le seconde?
• Pensa a una semplice esperienza mediale di cui hai fatto o fai esperienza: per
esempio la visione della tua serie televisiva preferita. In quali sensi puoi dire che si
tratta di un’esperienza progettata? Quanto contano in questa progettazione l’im-
paginazione nel palinsesto, le scelte visive e sonore, il tipo di trama, i personaggi e
così via?
• Riprendi l’elenco fatto al primo punto e prova a ricondurre le tue esperienze
mediali alle tre mappe dei criteri di distinzione. Quali sono le aree delle mappe
che frequenti maggiormente? Quali quelle meno praticate?
• Oltre ai criteri generali esposti nel testo, quali sono gli strumenti più partico-
lari che usi per individuare una certa esperienza mediale (la presenza di certi atto-
ri, uno stile di ripresa ecc.)?
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2. L’esperienza mediale
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Semiotica dei media
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56
3
La semiotica e l’esperienza mediale
1. Premessa
In questo capitolo definiamo che cos’è la semiotica dei media e quali stru-
menti essa offre per indagare l’esperienza mediale.
Il secondo paragrafo descrive in cosa consistono l’obiettivo di ricerca, l’og-
getto empirico di studio e il procedimento di indagine della semiotica dei
media; queste caratteristiche emergono a partire da una distinzione della
semiotica da altre discipline che studiano l’esperienza mediale, e consento-
no di giungere a una definizione della disciplina. Il terzo paragrafo prende
in considerazione i differenti percorsi di ricerca che può assumere la se-
miotica dei media: questa panoramica ci consente di precisare la serie di
scelte e di esclusioni che caratterizzano questo volume. Il quarto paragrafo
considera infine più da vicino il metodo della semiotica dei media, ovvero
l’analisi dei materiali sensoriali veicolati dai dispositivi mediali: esso con-
duce a illustrare il programma di lavoro che guiderà i capitoli successivi.
2.1. L’intento critico e l’obiettivo della semiotica dei media L’esperienza me- Gli approcci
diale, in quanto vera e propria esperienza, può essere analizzata in base ai non semiotici
criteri di pertinenza e ai metodi di studio richiamati al cap. 1 per l’esperien- all’esperienza
za tout court. Da un lato troviamo dunque le discipline di taglio sociologi- mediale
co, antropologico e culturologico: queste esaminano in che modo si svol-
gono le concrete e particolari esperienze di fruizione dei media in contesti
socioculturali differenti; quale relazione c’è tra esperienze mediali e proces-
si culturali; quali sono le dimensioni quantitative e quali i caratteri qualita-
tivi del consumo mediale. Per esempio (restiamo ancora sul nostro concer-
to televisivo) un antropologo o un sociologo dei media è interessato a
come ho collocato la televisione nel mio soggiorno e ai piccoli riti domesti-
ci che io e la mia famiglia ci costruiamo intorno; al modo in cui il concerto
rafforza la mia identità generazionale e favorisce eventualmente la conver-
sazione con il mio vicino che è anche un mio coetaneo; a cosa faccio con-
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Semiotica dei media
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3. La semiotica e l’esperienza mediale
2.2. L’oggetto e il procedimento della semiotica dei media Ma come è possibi- L’approccio semiotico
le ricostruire i modelli di costituzione dell’esperienza mediale che agiscono e il suo oggetto:
su di me nel momento in cui sono di fronte al mio concerto televisivo? La l’analisi dei materiali
semiotica dei media risponde a questa domanda attraverso una seconda sensoriali
scelta di fondo, che concerne l’oggetto e il procedimento del suo lavoro.
Dal momento che il progetto esperienziale viene veicolato dai materiali
sensoriali erogati dai dispositivi mediali, la ricostruzione ipotetica di tale
progetto da parte del ricercatore non potrà avvenire che a partire da questi
stessi materiali: l’oggetto di studio assunto della semiotica dei media è dun-
que rappresentato dai materiali sensoriali erogati dai dispositivi mediali. Il
semiotico concentra la sua attenzione sulle immagini e i suoni del concerto
veicolati dal mio televisore: se ne procura una registrazione, la riesamina
con cura mediante appositi strumenti (un videoregistratore, un lettore di
dvd ecc.) e in tal modo cerca di farsi un’idea del progetto di esperienza che
essi veicolano e costituiscono. Si tratta di un altro elemento che differenzia
la semiotica dei media da altre discipline mediali: al contrario di quanto
avviene in altri casi, la semiotica dei media “prende sul serio” i materiali
sensoriali e ritiene che proprio a partire da tali materiali sia possibile rico-
struire i processi interpretativi che essi innescano e guidano e quindi le
esperienze che essi costituiscono.
La scelta di questo oggetto di ricerca implica un particolare procedimento. L’approccio semiotico
I materiali sensoriali non determinano “automaticamente” e “da soli” l’e- e il suo
sperienza mediale: essi innescano e guidano una serie di processi interpre- procedimento:
tativi svolti da un soggetto, all’interno dei quali le risorse percettive richie- esperimenti mentali,
dono l’intervento di risorse memoriali e culturali (cfr. cap. 2, par. 3.1). La comprensione,
descrizione del progetto di esperienza mediale si precisa dunque come una spiegazione
ricostruzione di processi interpretativi (ivi compreso il richiamo di risorse
memoriali e culturali) a partire dai materiali percettivi che li sollecitano e li
guidano. Come può il semiotico dei media svolgere tale compito? La se-
miotica recupera a questo proposito, pur con alcune distinzioni e cautele,
alcuni procedimenti delle scienze “hard” – ovvero quei procedimenti di ri-
cerca empirica (propri di fisica, biologia ecc.) i cui metodi sono soggetti a
particolari protocolli di svolgimento e verifica.
Anzitutto, come uno scienziato “hard” nel suo laboratorio, il semiotico
opera mediante una produzione controllata dei processi che intende inda-
gare, che permetta di osservarne in modo analitico gli andamenti ed espli-
citare le relazioni causative che vi si producono. A partire dunque dai ma-
teriali sensoriali erogati dai dispositivi, egli simula l’attivazione dei processi
interpretativi che costituiscono l’esperienza mediale e, al tempo stesso, ne
osserva e ne esplicita gli andamenti e le relazioni causative interne e con i
materiali sensoriali di partenza. Per esempio egli osserva che il concerto si
apre con una carrellata dall’alto, in fly-cam, sulla folla plaudente, e ipotizza
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Semiotica dei media
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3. La semiotica e l’esperienza mediale
Stai leggendo questo libro e cerchi di capire di cosa parla, come è articolato, quan-
to tempo ci vorrà per studiarlo, che tipo di domande potrebbe fare il professore al-
l’esame, se ti serve per la tua tesi... In ogni caso stai cercando di dare un senso alla
situazione che stai vivendo, ai materiali che vi sono compresi e alle pratiche che vi
si svolgono. La semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di produzione e cir-
colazione del senso: tali fenomeni vengono chiamati significazione.
Lo studio della significazione ha fatto emergere al proprio interno differenti orien-
tamenti e interessi. Tali alternative non si configurano come opposizioni nette:
esse disegnano piuttosto un quadrante all’interno del quale si è mossa e si muove
la ricerca semiotica.
Da un lato sono stati distinti fenomeni di significazione mediata e artificiale da fe-
nomeni di significazione naturale e diretta: guardare le previsioni del tempo in tele-
visione o su Internet è cosa diversa dal cercare di interpretare il colore rosso delle
nuvole al tramonto. Nel primo caso la semiotica è una disciplina che studia i testi e
le manifestazioni discorsive, vicina a retorica, filologia, linguistica. Nel secondo caso
essa si identifica con una filosofia della mente e della conoscenza.
Dall’altro lato è stato distinto uno studio dei sistemi di significazione, ossia degli in-
siemi di conoscenze che rendono possibile la produzione del senso, da uno studio
dei processi di significazione, cioè delle azioni e degli andamenti che articolano lo
svolgimento della produzione del senso: il semiotico può chiedersi grazie a quali sa-
peri so leggere una mappa meteorologica, oppure può interrogarsi su quali operazio-
ni metto in atto quando confronto questa mappa con il colore delle nuvole in cielo.
Dal punto di vista dei modelli che ha adottato, lo sviluppo della semiotica ha visto il
succedersi di tre paradigmi di ricerca incentrati su altrettanti oggetti di riferimento.
La semiotica del segno ha posto al centro dell’attenzione l’unità minimale della si-
gnificazione. La storia del pensiero occidentale ha spesso affrontato i problemi le-
gati alla significazione a partire dalla nozione di segno. In epoca moderna, all’ini-
zio del Novecento, il linguista svizzero Ferdinand de Saussure (1857-1913) propone
il progetto di una semiologia modellata sulla linguistica: questo progetto viene ri-
preso negli anni sessanta del Novecento da un gruppo di intellettuali francesi tra
cui spicca il nome di Roland Barthes (1915-1980) e applicato ai messaggi delle co-
municazioni di massa. Questo approccio considera il segno come l’unità di un si-
stema di significazione. Differente invece l’approccio del filosofo americano Char-
les Sanders Peirce (1839-1914) che analizza il segno in quanto unità di un processo
di significazione che egli chiama semiosi e pone al centro di una disciplina chiama-
ta semiotica; tale impostazione viene ripresa negli anni settanta da alcuni studiosi
tra i quali Umberto Eco (n. 1932), che lavora a una semiotica di tipo interpretativo.
Sia la dizione francese (“semiologia”) che quella anglosassone oggi prevalente
(“semiotica”) derivano dal termine greco usato per il segno: semeîon.
La semiotica del testo ritiene che la nozione di segno vada superata in direzione di
un costrutto teorico più complesso: il testo o discorso. Negli anni settanta e ottanta
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Semiotica dei media
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3. La semiotica e l’esperienza mediale
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Semiotica dei media
L’approccio Un terzo e ultimo caso riguarda la possibilità che il semiotico incontri nel
archeologico suo lavoro materiali che per essere interpretati richiedono competenze
memoriali e culturali che sono state perdute o non sono più corrente-
mente usate. Nell’ambito del nostro esempio possiamo pensare che il re-
gista dello show televisivo pensi bene di trasmettere, durante la pausa tra
il primo e il secondo tempo del concerto, un vecchio filmato delle origini
del gruppo girato con una cinepresa in 16 millimetri. Se si volesse recupe-
rare l’esperienza “originale” di visione del vecchio filmato (e non quella
attuale, nostalgica e un po’ infastidita dalla cattiva qualità dell’immagine
e del suono) occorrerebbe ricostruire le competenze e le risorse memoria-
li e culturali dell’epoca, ed effettuare una vera e propria archeologia del-
l’esperienza mediale. Si pensi ad esempio alla complessità ma anche all’u-
tilità e al fascino che un simile approccio presenta per documenti mediali
molto lontani, come il cinema delle origini o le prime trasmissioni radio-
foniche. Questa situazione implica una dislocazione culturale del ricerca-
tore ancora più pronunciata dell’approccio etnografico, in quanto si trat-
ta anzitutto di ricostruire mediante i documenti ritenuti pertinenti un
certo universo culturale per poi ipotizzare in che modo le esperienze me-
diali siano state concepite e vissute al suo interno: parliamo di un approc-
cio archeologico.
In questo libro In sintesi l’approccio standard della semiotica dei media studia in che
seguiamo modo i materiali sensoriali vengono interpretati nello spazio culturale al-
l’approccio standard l’interno del quale sono prodotti – per quanto questo possa essere frasta-
gliato e dar luogo a percorsi interpretativi differenti; l’approccio etnografi-
co studia in che modo i materiali sensoriali vengono interpretati in spazi
culturali differenti da quello all’interno del quale sono prodotti; l’approc-
cio archeologico studia infine in che modo i materiali sensoriali venivano
interpretati nello spazio culturale all’interno del quale erano stati prodotti
e che è oggi scomparso. In questo libro ci atteniamo all’approccio stan-
dard, ma il lettore sappia che il metodo che presentiamo può essere usato
anche per gli altri tipi di approccio.
3.2. Semiotica dei sistemi e semiotica dei processi I materiali sensoriali, una
volta presi nei processi interpretativi che essi controllano, richiedono dun-
que il recupero di particolari risorse memoriali e culturali. Questo princi-
pio comporta un’altra conseguenza per l’andamento della ricerca. Essa può
scegliere due orientamenti che, per quanto complementari, sono differenti
(cfr. anche La semiotica e il suo sviluppo, pp. 61-2).
Lo studio dei Da un lato il semiotico può studiare i sistemi di significazione. Egli decide
linguaggi dei media di concentrarsi sulle risorse della memoria e della cultura richiamate dai ma-
teriali sensoriali e sulle condizioni necessarie affinché i materiali sensoriali
possano dar luogo a configurazioni sensate. Nel caso della semiotica dei me-
dia questo orientamento di studio si occupa in particolare dei differenti lin-
64
3. La semiotica e l’esperienza mediale
Il lettore si sarà accorto che nel corso di questo capitolo si è prodotto uno
slittamento da un setting a un altro: siamo partiti dal considerare uno spet-
tatore comodamente seduto davanti a uno schermo televisivo mentre viene
trasmesso un concerto di musica rock; siamo arrivati a considerare un ri-
cercatore che, posto davanti a un lettore dvd, guarda e riguarda le immagi-
65
Semiotica dei media
ni e riascolta i suoni del concerto per capire in che modo quelle immagini e
quei suoni determinino l’esperienza dello spettatore. Nonostante la prima
situazione sia decisamente più divertente della seconda, siamo costretti a
trattenere la nostra attenzione sul ricercatore e a chiederci come, in termini
concreti, questi deve lavorare per raggiungere il suo scopo. Cerchiamo in-
somma di capire in che modo il procedimento di ricerca tratteggiato nel
par. 2.2 si traduca in un metodo di lavoro.
Dal procedimento Riassumiamo in cosa consiste il procedimento che guida il lavoro del se-
di lavoro miotico. Egli a) prende in esame i materiali sensoriali che, erogati da un
al metodo di analisi dispositivo mediale, determinano una certa porzione di esperienza; b) met-
te in atto a partire da essi alcuni processi interpretativi in forma di simula-
zione controllata, in modo da cogliere in quale maniera i materiali senso-
riali li guidano e li determinano; c) giunge a definire così un progetto di
determinazione complessivo dell’esperienza mediale che viene costituita a
partire dai materiali sensoriali e mediante i processi interpretativi. Possia-
mo affermare che ciascuno di questi tre passaggi corrisponde a una fase
pratica del lavoro del ricercatore.
La fase La prima fase, corrispondente al passaggio a, è quella della descrizione dei ma-
della descrizione teriali sensoriali. Si tratta di scegliere i materiali sui quali si intende lavorare e
dei materiali fornirne una prima mappatura. Nel caso di materiali grafici è utile una descri-
sensoriali zione accurata ed eventualmente degli schizzi che esplicitino certi schemi sog-
giacenti (per esempio l’impaginazione di una pagina di fumetti: cfr. cap. 13).
Nel caso di media audiovisivi risulta indispensabile una trascrizione che
consenta al ricercatore di maneggiare e controllare una notevole quantità
di elementi sovrapposti (ne forniamo un esempio al cap. 15). Per esempio,
se il nostro ricercatore ha deciso di lavorare sulle prime immagini del con-
certo televisivo, dovrà effettuare una mappatura delle inquadrature cui li-
mita il suo lavoro, annotando sulla carta per ciascuna di esse il numero, la
durata, i contenuti della parte visiva, il tipo di inquadratura e di movimen-
to di macchina, gli stacchi di montaggio, i contenuti e qualità del sonoro
sia sotto il profilo della musica che dei rumori o del parlato ecc.
La fase della La seconda fase, corrispondente al passaggio b, è quella dell’analisi. Il ricerca-
scomposizione tore scompone il continuum dei materiali percettivi e individua gli elementi e
analitica gli aspetti di tali materiali che risultano pertinenti nella determinazione dei
singoli processi interpretativi. Per esempio rileva l’importanza del movimento
della fly-cam sulla folla indistinta, ai fini di costituire l’idea di un “ingresso”
sulla scena del concerto; mette in evidenza l’uso accorto della nota di chitarra
elettrica che accompagna tale movimento e ne sottolinea la fluidità e così via.
La fase della La terza fase, corrispondente al passaggio c, è quello della sintesi. Il ricerca-
ricomposizione tore ricompone i differenti processi interpretativi rilevati e osserva in che
sintetica modo le configurazioni che sono state prodotte agiscono reciprocamente
all’interno di un progetto unitario: questo rappresenta appunto il progetto
66
3. La semiotica e l’esperienza mediale
67
Semiotica dei media
figura 1
A
Rilevazione
sensibile
B
Ordinamento
C narrativo
D
Sintonia
E relazionale
F
Mondo indiretto
G
Discorso
Mondo diretto
Percorsi di approfondimento
68
3. La semiotica e l’esperienza mediale
Gensini (2004), Magli (2004) (di impostazione più spiccatamente greimasiana). Per
una mappatura delle due aree principali della semiotica, quella di orientamento
strutturalista e quella incentrata sull’interpretazione, Traini (2006); per una intro-
duzione alla semiotica strutturalista greimasiana Marsciani, Zinna (1991); per una
introduzione alla semiotica dell’interpretazione Pisanty, Pellerey (2004). Gli orien-
tamenti più espliciti verso una semiotica dell’esperienza derivano attualmente dalla
sociosemiotica (Landowski, 2004, Marrone, 2010), dalla semiotica delle passioni e
del sentire (Fontanille, 2004, Marrone, 2005) e dalla semantica di impronta fenome-
nologica (Violi, 2007). Una rassegna di posizioni e di opinioni in Marrone, Dusi,
Lo Feudo (2007). Una panoramica di percorsi e articolazioni in Eugeni (2009a).
Alcune presentazioni di una semiotica dei media (di impostazione differente ri-
spetto alla nostra) sono Jensen (1995), Bignell (2002), Thwaites, Davis, Mules
(2002), Danesi (2002), Gillespie, Toynbee (2006). Una raccolta di saggi in italia-
no è Pezzini, Rutelli (2005). Un esame dei differenti settori della semiotica dei me-
dia nel testo a cura di Eugeni (2009b). La relazione tra comprensione e spiegazio-
ne è stata affrontata da Paul Ricoeur in varie sedi; con specifico riferimento al me-
todo semiotico, cfr. Ricoeur, Greimas (2000), in particolare pp. 62-79.
Tra le riviste che presentano con una certa regolarità interventi di semiotica dei
media ricordiamo almeno “Versus, Quaderni di studi semiotici” (Bompiani) e
“Semiotica – Journal of the International Association for Semiotic Studies / Re-
vue de l’Association Internationale de Sémiotique” (Mouton de Gruyter). Tra le
risorse on line segnalo: il sito Semiotica, cultura e comunicazione (http://www.
archiviosemiotica.eu) dell’Università della Sapienza di Roma e la Fondation Mai-
son des sciences de l’homme; “E|C”, rivista on line dell’Associazione Italiana
Studi Semiotici (http://www.ec-aiss.it/); “Ocula – Occhio semiotico sui media”
(http://www.ocula.it/); “Nouveau Actes Sémiotiques”, di taglio greimasiano
(http://revues.unilim.fr/nas/index.php) e “CSonline”, rivista animata dal dotto-
rato in Culture della Comunicazione dell’Università Cattolica di Milano (http://
www.comunicazionisocialionline.it/).
Presenteremo nei capitoli della terza parte del libro alcune opere di taglio semiotico
dedicate a media particolari; occorre tuttavia precisare che nella semiotica dei media
ha giocato un ruolo di rilievo la teoria e l’analisi del cinema e dell’audiovisivo: su
questo settore cfr. i manuali introduttivi di Casetti, Di Chio (1990), Rondolino,
Tomasi (1995), Ambrosini, Cardone, Cuccu (2003), Sainati, Gaudiosi (2007). Per
un’introduzione alle teorie del cinema e dell’audiovisivo e le loro connessioni con la
semiotica si vedano Casetti (1993) e Stam, Burgoyne, Flitterman-Lewis (1992). Per
una panoramica sui metodi di analisi dei film Bertetto (2003, 2006).
• Pensa a una tua esperienza mediale ordinaria (per esempio quella considerata
nel Quaderno del capitolo precedente). Ti è mai capitato di accorgerti che certi
materiali mediali intendono produrre su di te o su altri spettatori un certo effetto?
69
Semiotica dei media
Riferimenti bibliografici
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3. La semiotica e l’esperienza mediale
71
Semiotica dei media
72
Parte seconda
Una visita guidata
all’esperienza mediale
La seconda parte di questo libro, che abbraccia i capitoli dal 4 al 10, esami-
na in modo approfondito ciascuno dei sette snodi dell’esperienza mediale
messi in evidenza alla fine del cap. 3. Essa costituisce dunque una graduale
esplorazione dei differenti registri che nel loro intreccio compongono l’e-
sperienza mediale; al tempo stesso tale excursus permette di dettagliare il
progetto di esperienza che viene costituito attraverso i media: ogni snodo
corrisponde infatti a un determinato aspetto del design dell’esperienza,
come verrà esplicitato in ciascuno dei paragrafi conclusivi.
L’esposizione di questa seconda parte fa costante riferimento quale esem-
pio-guida a Grave Danger (Sepolto vivo), doppio episodio della fiction tele-
visiva csi scritto e diretto da Quentin Tarantino, che ha concluso negli
usa il 19 maggio 2005 la quinta stagione della serie. I sette capitoli ripercor-
rono passo passo il film televisivo di Tarantino ed evidenziano di volta in
volta gli aspetti utili a introdurre i differenti snodi dell’esperienza mediale.
Questa scelta intende sottolineare il carattere operativo dell’approccio da
noi proposto: non intendiamo illustrare concetti e categorie di analisi in
astratto, quanto piuttosto far vedere “dal vivo” in che modo si può con-
durre l’analisi progressiva di un’esperienza mediale, dotandosi di volta in
volta degli strumenti concettuali e metodologici appropriati.
I riquadri all’interno dei capitoli presentano gli approcci “classici” della se-
miotica (in particolare della semiotica testuale) alle questioni che vengono
via via affrontate; essi intendono esplicitare il dialogo incessante che lega la
semiotica dell’esperienza mediale alla storia della disciplina e al panorama
delle scienze umane.
73
4
I processi sensoriali
e la qualificazione sensibile
1. Premessa
2. I grattacieli e la strada
75
Semiotica dei media
figura 1
figura 2
re, a seguire la striscia della strada. Anche il sonoro cambia: un attimo pri-
ma del secondo flash bianco, un attacco ritmato introduce i primi giri ar-
monici di una canzone country e la musica di archi fa posto alle note liqui-
de di una chitarra acustica. L’inquadratura dura 4 secondi. Nell’istante in
cui al suono della chitarra si sovrappone quello della voce di un cantante,
76
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
figura 3
3.1. La natura attiva e situata dei processi sensoriali Che tipo di esperienza
sensoriale viene innescato e guidato da questo segmento di immagini in
movimento accompagnate da suoni? Per rispondere dobbiamo chiarire in
cosa consistono i processi sensoriali e sgomberare anzitutto il campo da al-
cune concezioni inesatte relative ad essi.
Secondo una concezione ingenua, svolgere un’esperienza sensoriale vuol
dire costruirsi una rappresentazione mentale simile a una fotografia o a un
film di una certa scena. Noi saremmo spettatori di questo “film interiore”
che scorre nella nostra testa. Tale concezione è fuorviante per tre ordini di
ragioni.
In primo luogo questo modo di intendere i processi sensoriali implica l’i- I processi sensoriali
dea di un soggetto passivo e separato dal mondo che egli “rappresenta”. Al implicano l’azione
contrario, non c’è processo sensoriale senza movimento e senza azione:
percepire fa parte dell’interagire con un ambiente complesso e rientra nel
77
Semiotica dei media
I processi sensoriali 3.2. Il carattere multimodale e intermodale dei processi sensoriali La seconda
coinvolgono ragione per cui la metafora della fotografia o del film interiori è inesatta ri-
modalità differenti guarda il fatto che essa isola il senso della vista rispetto alle altre modalità
sensoriali. Al contrario, l’esperienza sensoriale è un processo complesso che
coinvolge molteplici modalità e flussi sensoriali che sono compresenti e in-
teragiscono reciprocamente.
Anzitutto i processi sensoriali sono multimodali nel senso che implicano
l’accoglienza contemporanea e interagente di una varietà di stimoli esterni
differenti: visivi, sonori, tattili, termici, gustativi, olfattivi. Mentre guardo
il mio tavolo di lavoro e la vetrata di fronte sento il suono della pioggia che
cade, la ventola del computer, l’odore della terra bagnata, il fresco del tavo-
lo di marmo sotto il palmo della mia mano e così via. I processi interpreta-
78
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
3.3. Le due logiche operative dei processi sensoriali: sensazione e percezione I processi sensoriali
La terza ragione per cui la metafora della fotografia o del film nel cervello incrociano
non è soddisfacente risiede in una sua ulteriore implicazione: percepire due logiche differenti
vorrebbe dire semplicemente costruire la rappresentazione di una porzione
1. Occorre precisare (senza poter sviluppare però questo punto) che ai dati esterocettivi e pro-
priocettivi vanno integrati anche i dati interocettivi, relativi ai “visceri” e al “milieu interno”,
ovvero agli stati fisiologici del corpo e alle sue più o meno accentuate e incessanti alterazioni e
modulazioni (cfr. cap. 1, par. 2.3). Mentre lavoro sto aspettando una telefonata importante e
ogni tanto stacco gli occhi dallo schermo e guardo il telefono: percepisco allora il risorgere di un
senso di nervosismo e di una piccola agitazione che già perdurava sullo sfondo e si esprime in
una lieve accelerazione del mio battito cardiaco e in un altrettanto leggero aumento della sudo-
razione delle mie mani.
79
Semiotica dei media
80
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
4.1. L’attivazione delle configurazioni sensibili Una volta isolati i processi le- Le configurazioni
gati alla sensazione, esaminiamo più in dettaglio la loro dinamica. Essi sensibili
consistono, abbiamo detto, nella rilevazione di qualità collegate ai dati sen- elementari (cse)
soriali. Ma cosa vuol dire “rilevare una qualità”? Passo la mano sul piano di
marmo del mio tavolo di lavoro e avverto il suo carattere “liscio”. Posso
dire di aver rilevato una certa qualità sensibile: ma posso dirlo perché ho
avvertito una certa sensazione di familiarità, ovvero ho “riconosciuto” la
presenza di una determinata qualità. In altri termini la rilevazione di una
qualità implica la presenza, il recupero e la mobilitazione di una microuni-
tà di conoscenza sensibile che era già parte della mia memoria e delle mie
competenze: la chiameremo configurazione sensibile elementare (cse).
A prima vista potrei dire che la cse è costituita da dati tattili e che di con- Caratteri delle cse:
seguenza il “liscio” è una qualità legata al tatto; ma a ben vedere non è sinestesia e
così. Ricordiamo che la sensazione partecipa della intermodalità propria di sensomotricità
tutti i processi sensoriali (cfr. par. 3.2). Se posso rilevare la qualità del “li-
scio” è perché “riconosco” un’associazione tra un certo gesto di percorren-
za, la costanza con cui i dati tattili mi giungono, la relativa assenza di attri-
to, nonché un determinato aspetto visivo del piano di marmo. La cse è
insomma una unità sinestesica (ovvero multimodale e intermodale) e sen-
somotoria (al suo interno i dati sensoriali esterocettivi sono messi in rela-
2. Benché non possiamo approfondire questo punto, osserviamo inoltre che anche le configu-
razioni sensibili sono legate (come ogni tipo di configurazione interpretativa) a memorie cultu-
ralizzate: il modo in cui sentiamo il mondo che ci circonda è largamente appreso. Per esempio
la “gerarchia” delle modalità sensoriali cambia da cultura a cultura: l’ambiente culturale in cui
viviamo ha rinunciato alla preminenza dell’udito o dell’olfatto per favorire il nesso tra la vista e
il tatto. Cfr. quanto già detto al cap. 1, par. 2.2.
81
Semiotica dei media
82
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
83
Semiotica dei media
3. Inoltre la presenza di analogie apre la possibilità che vengano istituiti legami metaforici tra
differenti cse: la sensazione esterocettiva e propriocettiva di “liscio” del tavolo può essere colle-
gata alla sensazione interocettiva di calma e di dominio che fa da sfondo al mio lavoro finché il
mio sguardo non incontra la presenza perturbatrice del telefono che potrebbe squillare da un
momento all’altro.
84
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
5.1. Le qualità tonali visive La descrizione che abbiamo fornito dei processi
sensibili ci ha offerto alcuni strumenti necessari per analizzare in che modo
viene innescata e guidata la rilevazione di qualità sensibili all’interno dell’e-
sperienza mediale. Occorre anzitutto osservare che l’esperienza mediale si
fonda su materiali sensoriali selezionati e limitati: immagini fisse, materiali
grafici e di scrittura, suoni ecc. In particolare nel caso di un audiovisivo
quale Grave Danger l’esperienza sensibile, per quanto sinestesica e inter-
modale, viene sollecitata e guidata da materiali sensoriali di tipo visivo-di-
namico e sonoro; vediamo dunque come, a partire da questi due ordini di
modalità sensoriali e dalla loro interazione, vengono rilevati qualità e dia-
grammi sensibili sia tonali che ritmici. Il lettore che teme di perdersi nell’e-
lencazione che segue può far riferimento allo schema inserito a conclusione
del par. 6.
Esaminiamo anzitutto il versante delle qualità tonali che vengono rilevate a Qualità
partire da materiali sensoriali di tipo visivo. Le due inquadrature che apro- delle superfici
no Grave Danger (figg. 1 e 2) introducono immediatamente un contrasto bidimensionali
sensibile. Nella prima spicca al centro dell’immagine il pinnacolo di un
grattacielo illuminato da una luce bianca che ne mette in risalto la consi-
stenza opaca e gessosa; la seconda inquadratura aggira invece un altro grat-
tacielo dalla superficie di vetro nera e lucida, che riflette in piccoli fram-
menti luminosi l’ambiente notturno circostante. Un simile contrasto porta
85
Semiotica dei media
alla luce un primo gruppo di qualità legate alla relazione visiva, tattile e
sensomotoria con superfici bidimensionali. Troviamo anzitutto qualità re-
lative alla conformazione della superficie e alle sensazioni della sua percor-
ribilità: la superficie può essere liscia, composta da una testura regolare, o
ancora granulosa e irregolare. Possiamo quindi individuare qualità legate
alla consistenza: le superfici possono essere dure, morbide, elastiche, appic-
cicose o anche prive di consistenza. Un gruppo più ampio di qualità è col-
legato alle caratteristiche cromatiche delle superfici: il tono del colore, la
sua luminosità e la sua temperatura (i colori possono essere vivi, accesi, cal-
di oppure spenti o freddi), il grado di riflettenza della superficie (che può
essere lucida, opaca, trasparente).
Qualità dello Torniamo alle prime due inquadrature di Grave Danger. Se le superfici dei
spazio quasi due edifici inquadrati contrastano tra loro, c’è un altro aspetto visivo che
tridimensionale invece collega le due immagini: il fondo scuro e in genere la chiave lumini-
stica bassa e notturna. Emerge qui un secondo gruppo di qualità riferibili
alla relazione con uno spazio quasi tridimensionale, spazio di interstizio tra
le superfici. Si tratta delle qualità legate alla illuminazione: intensità (si
parla in termini cinematografici di “chiave” alta o bassa), colore e consi-
stenza “materica” della luce (presenza di fumo o nebbia o al contrario tra-
sparenza).
Qualità dello spazio Spostiamo infine la nostra attenzione al passaggio dalla seconda alla terza
tridimensionale inquadratura (fig. 3). In questo caso si produce un effetto di stacco molto
netto (marcato anche dal brevissimo flash bianco). Le prime due inquadra-
ture comportavano la presenza di un oggetto centrale ben definito (i due
edifici attorno a cui ruotava la macchina da presa), una evidente tridimen-
sionalità e un certo sparpagliamento e disordine degli elementi percettivi
di sfondo (evidente soprattutto nella coda della seconda inquadratura, che
abbandona il Mandalay Bay per una breve ricognizione di un frammento
dello skyline di Las Vegas). La terza inquadratura al contrario non presenta
edifici al suo interno, appiattisce l’immagine (l’inquadratura è dall’alto a
perpendicolo) e introduce un criterio di ordinamento degli oggetti mostra-
ti (la Strip, la strada principale di Las Vegas, che scorre ben evidente al cen-
tro dell’immagine). Viene coinvolto in questo caso un terzo gruppo di
qualità, legate alla relazione con uno spazio tridimensionale. È importante
chiarire che questo spazio tridimensionale non va considerato come uno
spazio cartesiano e geometrico, ma piuttosto come uno spazio vivibile e
vissuto. Risultano in questo senso determinanti due tipi di qualità. Da un
lato quelle riferite alla prensione e manipolabilità degli oggetti, ovvero alla
possibilità che il soggetto li afferri e li utilizzi: peso, volume, taglia, confor-
mazione tridimensionale. Gli oggetti possono essere percepiti come pesan-
ti o leggeri, grandi o piccoli, massicci o cavi, afferrabili o sfuggenti ecc.
Dall’altro lato giocano le qualità riferite alla percorribilità dello spazio e in
particolare alla sua limitazione e articolazione: lo spazio può essere profon-
86
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
5.2. Le qualità tonali sonore Le qualità fin qui considerate vengono rilevate
a partire dai dati sensoriali di tipo visivo. L’esperienza di visione del seg-
mento di Grave Danger è tuttavia anche e al tempo stesso esperienza di
ascolto: alla qualificazione visibile si aggiunge e si lega una qualificazione
sonora, attivata da dati sensoriali uditivi. La rilevazione di qualità sonore si
basa sulla riattivazione di cse relative alla produzione del suono: quando
sentiamo un suono ne avvertiamo le particolari qualità in quanto speri-
mentiamo in forma simulata le presunte circostanze della sua produzione.
Derivano da questo assunto di fondo quattro gruppi di qualità sonore.
Un primo gruppo fa riferimento al tipo di percussione o di sfregamento di Qualità dell’attività
una superficie che causa il suono: percussione puntuale (un colpo secco), di produzione
percussione ripetuta in modo regolare (un ticchettio) o in modo irregolare del suono
(il battito irregolare di un martello), sfregamento regolare (un fruscio,
come quello sul mio tavolo di cui ho parlato prima) o irregolare (il rumore
“granuloso” che producono superfici irregolari ma che si ritrova anche in
certe voci “rauche”).
Un secondo gruppo fa riferimento alla risposta della superficie percossa o Qualità della materia
sfregata e quindi alla consistenza del suono che può essere sorda o sonora, di produzione
ovvero può risuonare o meno e in caso positivo può farlo più o meno a del suono
lungo; spesso le qualità di questo tipo vengono espresse facendo riferimen-
to al materiale della superficie reale o presunta (un suono liquido, metalli-
co ecc.). Questi primi due gruppi vengono spesso unificati in base alla ten-
denza metonimica a spazializzare le qualità sonore (scambiando la causa
con l’effetto) e a considerarle in termini di “testure” sonore.
Un terzo gruppo di qualità sonore fa riferimento all’investimento energe- Qualità dell’energia
tico necessario per produrre il suono: si percepisce un volume alto o basso, di produzione
violento o dolce. Infine un quarto gruppo di qualità fa riferimento alla pro- del suono
duzione sonora intesa come fonazione e dunque coinvolge dati propriocet- e dell’azione
tivi e interocettivi: percepisco una qualità “acuta” o “profonda” di un suo- fonatoria
no in quanto ne replico mentalmente la produzione mediante i miei stessi
organi fonatori, e avverto una spinta verso l’alto (suono acuto) o verso il
basso (suono grave) degli apparati muscolo-scheletrici coinvolti.
Sotto l’aspetto delle qualità sonore le prime due immagini del nostro seg-
mento sono in un rapporto di continuità: esse vengono accompagnate da
un suono elettronico che simula quello di archi o di fiati, puntuale ma
molto prolungato, attivato da un investimento energetico iniziale e che va
lentamente a spegnersi alla fine della seconda inquadratura, quando suben-
tra il rombo regolare di un elicottero. Questa particolare testura sonora
viene sostituita poco prima del passaggio alla terza inquadratura dagli ac-
87
Semiotica dei media
Dalle qualità (cse) 5.3. I diagrammi tonali Come abbiamo detto, la rilevazione delle qualità
ai diagrammi (csc): tonali a partire dai dati sensoriali consiste nella riattivazione di particolari
completamento, cse. Una volta riattivate, le cse vengono correlate reciprocamente in
analogia, contrasto modo da formare csc tonali e permettere dunque la rilevazione dei più
tra qualità tonali complessi diagrammi di qualità sensibili. Abbiamo anche già sottolineato
che questa composizione può avvenire in base a tre modalità. In alcuni casi
la relazione è di completamento: le qualità si integrano a vicenda. Per
esempio nella quarta inquadratura (Nick ripreso all’interno dell’auto) la
bassa luminosità che avvolge la scena si combina con una spazialità tridi-
mensionale ristretta e contribuisce a definire l’idea di uno spazio scarsa-
mente percorribile. In altri casi le qualità si rafforzano reciprocamente in
base a rapporti di analogia: si assiste in tal caso alla costituzione di rime e
richiami sensibili. Per esempio la qualità “liscia” delle superfici dei due edi-
fici nelle prime due inquadrature rima con la continuità sonora del suono
elettronico sullo sfondo. Infine in altri casi si gioca un contrasto tra qualità
compresenti: il grattacielo bianco e illuminato della prima inquadratura si
distacca dallo sfondo scuro, mentre il colore del secondo grattacielo rima
con quello della notte circostante.
6.1. Le qualità ritmiche Nel caso delle qualità ritmiche i materiali sensoriali
sollecitano la riattivazione delle cse non tanto in base alle loro modalità
specifiche (visive o sonore), bensì in base alle loro trasformazioni. Queste
trasformazioni vengono “rivissute” dal soggetto mediante una riattivazione
degli schemi propriocettivi di movimento compresi nelle cse: non assi-
stiamo semplicemente al gesto di un personaggio, allo spostamento di un
oggetto o al dispiegarsi di una linea melodica, ma “riviviamo” un movi-
mento corrispondente e in tal modo cogliamo una certa qualità dinamica
del gesto, dello spostamento, della melodia.
Le qualità ritmiche: Derivano di qui due conseguenze. Anzitutto la distinzione tra modalità vi-
lunghezza e sive e sonore è meno rilevante che nel caso delle qualità tonali. In secondo
accentazione luogo i parametri che permettono di determinare la qualità di una trasfor-
mazione visiva o sonora sono gli stessi che consentono di qualificare un
movimento. In particolare essi possono essere raggruppati in due gruppi.
Da un lato avremo una qualificazione dei segmenti mobili e gestuali dal
88
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
punto di vista della loro velocità, della loro ampiezza e della loro direzione
e dunque in relazione all’ambiente circostante: le qualità saranno quindi
del tipo veloce vs lento, lungo vs breve ecc. Parliamo di un gruppo di quali-
tà quantitative. Dall’altro lato avremo una qualificazione in base agli inve-
stimenti e alle modulazioni energetiche necessarie per condurre il gesto: le
qualità sono in tal caso del tipo tonico vs atono, rigido vs fluido o ascen-
dente vs discendente (a indicare non uno svolgimento spaziale ma la perce-
zione propriocettiva della modulazione di una carica di energia). Parliamo
di un gruppo di qualità accentuative.
Per esempio le prime due inquadrature del segmento che stiamo conside-
rando esibiscono a livello visivo un movimento di macchina identico per
quanto condotto in senso opposto: una sorta di veloce carezza visiva circo-
lare sui propri oggetti (i palazzi notturni visti dall’alto), un “massaggio” ef-
fettuato dallo sguardo su una superficie levigata. Lo stacco tra la seconda e
la terza inquadratura introduce una qualità differente: il movimento di
macchina si svolge sempre dall’alto, il suo andamento è ancora fluido ma la
direzione diviene orizzontale, come costretta lungo un binario che lo inca-
nala e lo rende più sicuro, ma anche più rigido.
Per quanto riguarda le qualità ritmiche sonore troviamo un altro tipo di
stacco tra le prime due inquadrature e la terza. Il sonoro che accompagna le
prime due inquadrature, con la risonanza persistente del suono elettronico,
richiama un movimento continuo, una sorta di “pattinamento” sonoro
che tende nella parte finale a declinare e a spegnersi. Al contrario il brano
di chitarra che subentra introduce un movimento saltellante per quanto
orientato in avanti con una certa continuità.
89
Semiotica dei media
I diagrammi ritmici: Dall’altro lato i diagrammi ritmici vengono rilevati anche in modo pro-
le combinazioni gressivo, cioè a partire da un confronto e da una correlazione sequenziale,
diacroniche tra segmenti di movimenti adiacenti. Un simile confronto richiede anzi-
tra qualità tutto l’individuazione di cesure e pause più o meno pronunciate che deli-
mitino segmenti mobili coerenti: per esempio il gesto di un personaggio o
il movimento di un oggetto che si avvia e si conclude con un attimo di so-
sta, oppure il passaggio da un’inquadratura all’altra mediante stacchi di
montaggio.
A partire da qui, il confronto tra segmenti mobili adiacenti avviene indivi-
duando relazioni di completamento, analogia o contrasto tra i due gruppi
90
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
91
Semiotica dei media
elementi non più duri ma molli (l’intestino che Nick scopre di lì a poco sul-
l’asfalto e in genere le immagini dell’interno del corpo umano), ma anche in
questi casi viene conservata la qualità della lucidità della superficie. Oppure
la dominante cromatica passa dal blu all’arancione (nella sequenza in cui
Catherine si reca nel locale del padre per chiedergli i soldi necessari per paga-
re il riscatto), ma resta la chiave luministica bassa. O ancora: il ritmo accelera
per una improvvisa svolta delle indagini ma i soggetti, benché si spostino più
velocemente e in modo più caotico, vengono seguiti da steady-cam sempre
fluide e continue. In tal modo si ottiene un effetto di modulazione prodotto
dal combinarsi di una costante variazione e di un fondo di costanza che assi-
cura la riconoscibilità stilistica del telefilm e dell’intera serie csi.
La riconoscibilità Questo insieme di ricorrenze e modulazioni fa sì che l’esperienza sensibile
sensibile procurata da Grave Danger sia ben caratterizzata e riconoscibile. D’altra
parte si tratta di elementi che ritornano in tutti gli episodi della serie e per-
mettono di definire un profilo sensibile specifico e individuabile della serie
csi. Tale profilo consente di collegare e distinguere al tempo stesso csi da
serie consimili (a cominciare dagli spin off di csi Miami e New York, in cui
le note cromatiche dominanti sono differenti) o da altri tipi di fiction tele-
visiva (per esempio sit-com o fiction comiche, caratterizzate da una chiave
luministica più alta).
La disciplina L’analisi dello strato della rilevazione sensibile mostra dunque come l’espe-
della sensazione rienza mediale implichi già all’interno di questo snodo l’intervento di una
nell’esperienza forte progettualità. Nell’esperienza ordinaria le qualità sensibili compre-
mediale: senti all’esperienza sono numerose e la loro organizzazione può essere solo
il design sensibile locale e provvisoria. Nel caso dell’esperienza mediale, invece, si assiste a
una riduzione del numero delle qualità e delle configurazioni sensibili e a
forme più rigorose e prolungate della loro organizzazione: sia perché i
mezzi tecnologici di riproduzione selezionano e portano in primo piano al-
cune qualità sensibili (per esempio l’uso della pellicola cinematografica o
dell’alta definizione digitale piuttosto che della ripresa in elettronico e in
bassa definizione determinano uno stile visivo differente); sia perché i ma-
teriali percettivi mediali soggiacciono a un progetto e sono quindi il frutto
di un design sensibile (in questo caso visivo e sonoro) che effettua delle
scelte, seleziona le qualità sensibili appropriate a certe scelte stilistiche, co-
struisce rime e contrasti tra tali qualità. Non stupisce insomma che il sound
design e il visual design siano aspetti professionali sempre più rilevanti al-
l’interno dell’industria dei media.
Percorsi di approfondimento
I problemi filosofici legati alla percezione, anche alla luce delle scoperte più recen-
ti delle neuroscienze, vengono delineati da Paternoster (2007) e da Calabi (2009);
una storia della distinzione tra sensazione e percezione nella filosofia moderna è
92
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
• Riprendi la trascrizione del testo breve che hai effettuato dopo la lettura del
capitolo precedente. Riguarda più volte il testo. Con l’aiuto del testo Le qualità
sensibili dell’individuo, p. 90, ricostruisci il profilo sensibile tonale e ritmico del te-
sto. Quali qualità e quali configurazioni risultano dominanti e tali da definire e ca-
ratterizzare il design sensibile (visivo e sonoro) del testo?
• Raccogli i loghi di alcune aziende che operano nello stesso settore merceologi-
co e confrontali: quali aspetti sensibili li caratterizzano? È possibile individuare
delle opposizioni tra di essi sotto il profilo del design visivo? A quali differenti
“identità sensibili” ti sembra che rimandino?
• Segui le evoluzioni stilistiche di uno stesso personaggio nella versione di diffe-
renti autori e gruppi creativi, eventualmente sia in versione fumetto che in film li-
ve che in animazione 2d o 3d: per esempio come cambiano dal punto di vista sen-
sibile il personaggio di Batman e l’ambiente di Gotham City dai fumetti di Frank
Miller ai film di Tim Burton fino a quelli di Christopher Nolan?
Riferimenti bibliografici
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Semiotica dei media
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4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile
95
5
L’ordinamento del mondo indiretto
1. Premessa
2. La sparizione di Nick
Abbiamo visto nel cap. 4, par. 2 che la parte iniziale del telefilm passa da
inquadrature ampie dall’alto di Las Vegas notturna a inquadrature più rav-
vicinate sul detective Nick Stokes della squadra csi, fino a che l’auto di
questi si ferma in un parcheggio e l’uomo scende. I primi 19 secondi che
abbiamo analizzato da vicino nel capitolo precedente si inseriscono in un
segmento più ampio di 1 minuto e 12 secondi.
Il secondo segmento si apre con una lunga inquadratura che, a partire da
una scena vuota, vede l’ingresso di Nick e quindi il suo incontro con il po-
liziotto Michael; i due uomini vengono inquadrati in campo medio-lungo
e accompagnati nel loro procedere da una steady-cam all’indietro. Il poli-
ziotto annuncia al detective il ritrovamento di alcuni resti umani: la came-
ra, senza stacchi di montaggio, effettua una panoramica verso il basso a se-
guire il percorso del raggio della torcia elettrica, fino a inquadrare una ma-
tassa di intestini che spiccano sull’asfalto lucido. Un totale inquadra i due
uomini e la massa blu – rossastra a terra (fig. 1). L’immagine degli intestini
ritorna in un dettaglio che rappresenta una soggettiva di Nick mentre ef-
97
Semiotica dei media
figura 1
fettua le prime fotografie, interrotta dai lampi bianchi del flash. Dopo un
breve dialogo tra i due, inquadrati mediante totali e primi piani, il poliziot-
to Michael si allontana per vomitare. A questo punto irrompe un’inqua-
dratura anomala: Nick e il poliziotto che si sta allontanando vengono in-
quadrati da un posizione distante, dietro le spalle di Nick verso la sua de-
stra; una superficie scura occlude buona parte della vista. L’andamento in-
certo del movimento di macchina a mano rimanda alla presenza di qualcu-
no che sta sorvegliando da una posizione nascosta le azioni di Nick e del
poliziotto. Questo secondo segmento dura 1 minuto e 7 secondi.
Un terzo segmento parte dalla scena lasciata in sospeso precedentemente;
un gioco di focali sottolinea la distanza tra il poliziotto sullo sfondo e il de-
tective in primo piano. Viene introdotto un motivo musicale dall’anda-
mento lento e inquietante, che continua fino alla fine della sequenza. Nick,
inquadrato mediante un totale, comincia a spostarsi sul piazzale per cercare
ulteriori indizi; il raggio di luce della sua torcia elettrica individua alcuni
elementi messi in evidenza da dettagli e soggettive del detective: si tratta di
un mozzicone di sigaretta e di alcune tracce di pneumatici. Ritornano per
due volte le inquadrature dalla posizione nascosta, caratterizzate da un mo-
vimento incerto e traballante: nella prima delle due inquadrature l’imma-
gine resta completamente oscurata per un paio di secondi. Questo terzo
segmento dura 1 minuto e 9 secondi.
Nick alza gli occhi verso la camera: il dettaglio di un bicchiere bianco in un
sacchetto di plastica trasparente chiuso da un sigillo giallo rivela cosa sta
98
5. L’ordinamento del mondo indiretto
figura 2
99
Semiotica dei media
100
5. L’ordinamento del mondo indiretto
101
Semiotica dei media
Il carattere emotivo, Diremo che, per poter rappresentare le situazioni del mondo indiretto e
razionale cogliere le trasformazioni che le costituiscono, lo spettatore costruisce e
e pratico delle aggiorna costantemente delle mappe situazionali. Una mappa situazionale
mappe situazionali è una configurazione di lavoro che comprende in forma sintetica gli svi-
luppi crono-topologici, pratici ed emotivi che hanno avuto luogo all’in-
terno di una certa situazione. Il suo carattere è omeodinamico: essa tende
a uno stato di equilibrio, che deve però essere costantemente ridefinito e
rinegoziato. Inoltre la natura della mappa situazionale è di tipo emotivo-
cognitivo: la mappa situazionale non è uno strumento di ragionamento e
di valutazione “a freddo” e a posteriori rispetto all’esperienza viva, diretta
e dinamica; essa serve piuttosto ad avvertire e valutare in modo molto ve-
loce la pertinenza e la portata delle trasformazioni che intervengono nella
situazione in modo tale che i soggetti possano immediatamente reagire in
modo adattivo ai nuovi stati di cose. In altri termini le mappe situazionali
sono al servizio di una esperienza momento per momento del mondo in-
diretto e di una completa immersione del soggetto nel presente dell’espe-
rienza mediale.
Gli usi delle mappe: L’uso delle mappe situazionali implica una triplice attività che lo spettatore
retrospezione, mette in atto all’interno del proprio presente esperienziale. In primo luogo
ispezione, c’è un’attività retrospettiva: lo spettatore richiama la mappa situazionale
prospezione elaborata fino a quel momento, la usa come parametro per cogliere e valu-
tare gli scarti che intervengono, si prepara a modificarne i rilievi. In secon-
do luogo lo spettatore svolge un’attività ispettiva: egli esplora il campo pre-
sente per cogliere le variazioni che intervengono, valutarne la portata e
quindi aggiornare la mappa situazionale. Per esempio l’irruzione dello
sguardo che spia i due poliziotti da una posizione nascosta richiede una ri-
definizione della mappa situazionale e la registrazione al suo interno di un
nuovo elemento che da quel punto in poi ne ridetermina gli assetti e defi-
nisce i criteri di rilevanza dei nuovi elementi.
Infine lo spettatore mette in atto un’attività prospettiva di ordine ipoteti-
co: egli cerca di anticipare in forma di congetture l’irruzione di trasforma-
zioni in modo da non essere colto impreparato. In un certo senso egli “si
racconta” in forma silenziosa e implicita quanto potrebbe accadere in
modo da controllare gli effetti emotivi di quanto si svolgerà. Lo spettatore
usa in tal caso la mappa situazionale come uno strumento di simulazione
per possibili sviluppi, un po’ come un generale calcola su una mappa gli
sviluppi di una battaglia o il giocatore di scacchi prevede sulla scacchiera
l’andamento di una partita. L’attività prospettiva è strettamente legata a
quelle retrospettiva e ispettiva: l’irruzione dello sguardo “alieno” getta sulla
situazione l’ombra di una minaccia e dunque fa scaturire una serie di ipote-
si e di simulazioni ancora imprecise ma dense di timori circa gli svolgimen-
ti successivi.
102
5. L’ordinamento del mondo indiretto
103
Semiotica dei media
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5. L’ordinamento del mondo indiretto
La questione del mondo indiretto, del suo statuto e delle sue dinamiche, è emersa
all’interno della semiotica del testo ed è stata affrontata in modo differente dalla
semiotica interpretativa e da quella generativa (cfr. La semiotica e il suo sviluppo,
pp. 61-2).
La semiotica interpretativa ha affrontato il problema del mondo indiretto attraver-
so l’analisi degli universi narrativi, delle logiche che ne governano le articolazioni
e gli svolgimenti, nonché delle modalità della loro costituzione da parte del lettore
o spettatore. Un termine usato è stato quello di diegesi e mondo/universo diegeti-
co (per es. Genette, 1983, pp. 11-2). Si è parlato anche di mondi di invenzione finzio-
nale (Pavel, 1986) o mondi possibili: si tratta in questo caso di concetti derivati dal-
la logica e dalla semantica delle modalità che implicano un’attenzione specifica
per i “livelli di realtà” dei mondi narrativi; meno presente invece un’attenzione per
le trasformazioni interne ai mondi possibili. Secondo Eco (1979, p. 128) un mondo
possibile «consiste di un insieme di individui forniti di proprietà. Siccome alcune
di queste proprietà sono azioni, un mondo possibile può essere visto anche come
un corso di eventi». Un mondo possibile è sempre “ammobiliato”, ovvero dotato di
un numero limitato di individui in possesso di un numero limitato di proprietà. In-
dividui e proprietà possono essere variamente presi in prestito dal mondo dell’e-
sperienza ordinaria o mondo di riferimento, in base a un principio generale di mu-
tua trasformabilità dei mondi e a specifiche regole di reciproca accessibilità. La co-
struzione dei mondi possibili avviene all’interno della cooperazione interpretativa
tra il testo e il lettore; tale processo è progressivo e implica tre passaggi (cfr. Eco,
1979, p. 72). Anzitutto il lettore avanza delle ipotesi generali sulla struttura e le leg-
gi che reggono i mondi possibili, ma le considera ipotesi di lavoro da mettere come
tra parentesi (“estensioni parentesizzate”); in seguito il lettore incontra segnali di
trasformazione degli stati di cose del mondo (segnali di suspence, “nodi testuali”):
egli è chiamato a costruire delle ipotesi relative alle trasformazioni imminenti del
mondo possibile (“previsioni e passeggiate inferenziali”); infine vengono costruiti i
mondi possibili, il che permette di confermare o di smentire le ipotesi generali sul
funzionamento e quelle specifiche relative all’andamento del mondo testuale
(“strutture di mondi”).
Il problema delle trasformazioni interne al mondo indiretto è stato affrontato dalla
semiotica interpretativa sotto la specifica etichetta delle “condizioni elementari
della sequenza narrativa” (o “microracconti”). Eco ritiene che le condizioni mini-
mali del racconto siano rappresentate dalla descrizione di azioni e di mutamenti
sia esterni che interni ai soggetti; egli accenna ad alcuni criteri che stabiliscano la
loro rilevanza (1979, pp. 107-8). All’interno della semiotica del cinema e degli au-
diovisivi è stata distinta l’esperienza audiovisiva del mondo indiretto e dei suoi
mutamenti (“mostrazione”, tipica secondo Gaudreault, 1988, del cinema delle origi-
ni) da quella dell’organizzazione narrativa lineare (“narrazione”). Roger Odin
(2000, pp. 17-40) propone di precisare il problema mediante la distinzione tra nar-
105
Semiotica dei media
rativizzazione («inscrizione dei movimenti nel registro delle azioni e [...] produzio-
ne di un sentimento di narratività») e narrazione (costruzione di un racconto li-
neare mediante procedure di discorso che in misura differente sono sia di mostra-
zione che di articolazione narrativa).
La semiotica generativa per lungo tempo non ha dimostrato interesse per il mondo
indiretto in quanto campo di trasformazioni. Le questioni del mondo indiretto, della
sua relazione con il mondo diretto e quindi dei “livelli di realtà” sono stati affrontati
a partire dalla categoria di figuratività: si dice “figurativo” il contenuto di un discor-
so (verbale, uditivo o visivo) che ha un corrispettivo a livello dell’espressione della
semiotica naturale, ovvero di quella “macrosemiotica” che è la realtà percepibile.
All’interno del percorso generativo greimasiano le trasformazioni avvengono a un
livello più profondo: quello delle strutture semionarrative; queste vengono manife-
state al livello più superficiale delle strutture discorsive attraverso una tematizza-
zione e (appunto) una figurativizzazione. Per esempio la struttura astratta semio-
narrativa del passaggio dal nascondimento alla rivelazione può tradursi nel tema
della bellezza nascosta e rivelata, e quindi nella figura e nella storia del brutto ana-
troccolo. Il livello figurativo dunque riveste una serie di trasformazioni già stabilite
a livello profondo senza esserne responsabile; la sua responsabilità concerne so-
prattutto gli effetti di reale del discorso: per esempio un film dal vivo sul brutto
anatroccolo è maggiormente veridittivo rispetto a un cartone animato. Inoltre ab-
biamo già visto (in Percezione e sensazione nelle scienze umane e in semiotica, pp.
83-4) come il livello figurativo si collega al e si distingue dal livello plastico, in un
rapporto analogo a quello tra sensazione (plastico) e percezione (figurativo).
Dalla fine degli anni ottanta la semiotica generativa ripensa il problema del figura-
tivo e la sua relazione con la trasformazione e il mutamento: la superficie percetti-
va e sensibile del mondo e del discorso viene vista come il luogo di micro e macro
manifestazioni del senso: «la figuratività non è il semplice ornamento delle cose:
essa è [lo] schermo dell’apparire la cui virtù consiste nel dischiudersi, nel lasciarsi
intravedere, grazie o a causa della sua imperfezione, come una possibilità di senso
ulteriore» (Greimas, 1987, p. 57, grassetto mio). Ne consegue una rinnovata atten-
zione per il tessuto di microfratture che, nella vita quotidiana, provocano la rifor-
mulazione delle situazioni e delle relazioni (per esempio in Landowski, 2004).
106
5. L’ordinamento del mondo indiretto
Nel cap. 4, par. 3.3, abbiamo insistito sul fatto che i processi sensibili e
quelli percettivi vivono in un rapporto di costante, possibile ridetermina-
zione reciproca. Possiamo vedere immediatamente all’opera questo lavoro
di reciproca determinazione nei processi di ordinamento del mondo indi-
retto: in questo caso l’interazione tra sensazione e percezione segue due
percorsi distinti.
Da un lato i punti di svolta e le variazioni del mondo indiretto vengono ac- Trasformazioni
compagnate e segnalate da mutamenti e scarti delle qualità sensibili, sia narrative
tonali che ritmiche. Il brusco spegnersi della canzone country e i due lun- e trasformazioni
ghi movimenti di macchina (il carrello intorno a Nick che scende dall’auto sensibili
e la steady-cam) segnalano con un evidente salto ritmico l’avvio della costi-
tuzione della situazione; una forte differenza nella ritmica del movimento
di macchina e nell’intensità luminosa segnala l’irruzione del punto di vista
“alieno” del rapitore di Nick; i particolari caratteri luministici, l’ordina-
mento spaziale e il movimento di macchina anomalo (il fluido e prolunga-
to carrello da sopra la spalla di Nick) si legano all’entrata in scena del bic-
chiere-esca; infine abbiamo già insistito sullo scarto ritmico sonoro e visivo
che contraddistingue l’inquadratura del rapimento di Nick. Il mutamento
dunque prima di essere “compreso” viene “sentito” in base alla variazione
di uno o più parametri sensibili.
In secondo luogo alcune qualità sensibili si collegano ad altrettanti ele- Le metafore
menti del mondo indiretto in modo tale da metterne in rilievo per analo- sensibili: figure
gia determinate caratteristiche non immediatamente evidenti ma comun- e allegorie
que pertinenti: parliamo di metafore sensibili o “figure”. Per esempio l’im-
magine ricorrente della torcia di Nick che fruga nel buio, accarezza gli og-
getti indiziari via via individuati e li sottrae all’indistinzione del buio not-
turno è la figura di una procedura di indagine agita dal detective che gra-
dualmente e pazientemente getta fasci di luce e di comprensione nella te-
nebra del mistero.
Le figure possono essere isolate oppure collegarsi in serie coerenti, e dare
vita ad “allegorie” sensibili: la risonanza di senso che lega le configurazioni
percettive e quelle sensibili viene estesa in tal modo a intere filiere di azioni
di personaggi differenti, o a catene di ambienti diversi e così via. Inoltre sia
le figure isolate che le serie allegoriche possono entrare in opposizione reci-
proca. Per esempio nella nostra sequenza il personaggio di Nick e le sue
azioni vengono ripetutamente contraddistinti sia dalla presenza dell’ele-
107
Semiotica dei media
mento luminoso vivo e chiaro che squarcia le tenebre (il raggio della torcia,
i flash abbaglianti della macchina fotografica), sia da uno stile ritmico flui-
do e lineare, che procede in direzione diritta a esplorare lo spazio tridimen-
sionale del parcheggio. Queste caratteristiche sensibili tonali e ritmiche
contrastano nettamente con quelle che vengono attribuite allo sguardo del
rapitore di Nick. Sul piano tonale questo soggetto si lega al buio e alla te-
nebra: le sue soggettive sono parzialmente ostruite da superfici scure e in
un caso l’immagine resta completamente occlusa per circa due secondi;
inoltre sul piano ritmico il suo movimento è brusco, spezzato da scarti im-
provvisi, e il suo andamento è prevalentemente verticale. Ciò cui assistia-
mo nella sequenza è quindi anche il contrasto tra una “creatura della luce”
dall’andamento fluido e continuo e una “creatura della tenebra” dall’anda-
mento incerto e spezzato. In base a questa linea di lettura l’inquadratura fi-
nale, con il brusco sollevarsi dell’ombra scura sulla figura illuminata di
Nick (fig. 2) e il successivo flash bianco che sottrae l’immagine alla vista,
costituisce una vittoria della tenebra sulla luce: ciò cui assistiamo non è
propriamente il rapimento di Nick quanto piuttosto la sua “sparizione” 1.
1. Si può osservare che la metafora sensibile o figura che abbiamo analizzato (l’opposizione tra
luce e tenebra) rappresenta la sopravvivenza e il ritorno di un modulo fortemente radicato nella
memoria culturale del soggetto occidentale (per esempio riporta alla vita una figura teologica
del mondo cristiano). Anche le figure hanno dunque una storia, con i loro punti di emergenza,
ripresa, reinvenzione.
2. In chiave più tecnica, alcune teorie di ambito psicologico sottolineano come siano costante-
mente in atto operazioni di valutazione immediata (appraisal) degli stimoli sensoriali; e come
tale “controllo valutativo dello stimolo” (Stimulus Evaluation Check) si svolga integrando stret-
tamente processi cognitivi ed emotivi. Secondo alcuni neurocognitivisti (per esempio Damasio,
1999) sarebbero proprio tali meccanismi ad assicurare la costituzione basilare della coscienza e
dell’identità, a partire dalla rappresentazione che ci facciamo della situazione del nostro corpo e
delle trasformazioni apportate dall’irruzione degli stimoli esterni.
108
5. L’ordinamento del mondo indiretto
Questo non toglie che tra esperienza ordinaria ed esperienza mediale vi sia- La disciplina
no delle differenze: queste sono motivate, come ormai sappiamo, dalla na- delle trasformazioni
tura artificiale e progettata della seconda. Nel caso dell’esperienza mediale nell’esperienza
le situazioni quadro che rappresento sono in numero limitato e controlla- mediale: il design
bile, anche se possono essere molto numerose, quasi a simulare la moltepli- narrativo
cità della vita quotidiana reale (pensiamo alle linee narrative di una soap
opera o in generale di una narrazione seriale di lungo periodo). Inoltre, sul
versante della cadenza delle trasformazioni, non percepisco un clock rego-
lare di trasformazioni nelle situazioni che compongono la mia esperienza
quotidiana; al contrario abbiamo visto che nell’esperienza mediale la ca-
denza delle trasformazioni è spesso ben definita e in quanto tale avvertibile
dallo spettatore.
Diremo dunque che la quantità delle situazioni quadro e la cadenza delle
trasformazioni al loro interno definiscono differenti stili di design narrati-
vo dell’esperienza.
Percorsi di approfondimento
109
Semiotica dei media
• Riprendi lo spot che hai già iniziato ad analizzare: quali trasformazioni di ri-
lievo intervengono nel mondo indiretto? Con quale portata e quale cadenza si
manifestano? Quali segnali sensibili le accompagnano? Confronta vari tipi di fic-
tion seriale: una serie poliziesca, una sit-com, un serial di lunga durata, una mini-
serie. Quali differenze riscontri per quanto concerne il numero di situazioni qua-
dro e le loro relazioni?
• Prendi in considerazione una fiction televisiva di tuo interesse: riesci a indivi-
duare alcune grandi metafore sensibili? Per aiutarti, lavora su alcuni assi di oppo-
sizione (luce vs ombra, interno vs esterno, ordine vs caos ecc.) e cerca di capire se
differenti valori sensibili si legano a differenti gruppi di personaggi o a differenti
situazioni articolando un’opposizione tra loro.
• Analizza una sequenza in cui sia presente una forte suspence (sul tipo di quella
relativa al rapimento di Nick): in che modo l’effetto di suspence richiede la messa
in opera di mappe situazionali di tipo previsionale? In che relazione sta l’attivazio-
ne di tali mappe con il ritmo delle trasformazioni? Quali elementi sensibili sono
responsabili di tali effetti?
• Prendi in esame le dichiarazioni di alcuni autori di testi mediali circa i proble-
mi e le difficoltà che si incontrano nel costruire mondi fittizi e nel tenerli in rela-
zione con il mondo reale (per es. Dick, 1978) e confronta tali affermazioni con
quanto hai studiato nel corso del capitolo.
• Prendi in considerazione alcuni manuali di sceneggiatura televisiva e cinema-
tografica (per es. McKee, 1997): come si pone il problema del design narrativo del
mondo indiretto?
Riferimenti bibliografici
110
5. L’ordinamento del mondo indiretto
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111
6
L’ordinamento del discorso
1. Premessa
113
Semiotica dei media
figura 1
114
6. L’ordinamento del discorso
3.1. Produzione, intreccio, formato Poniamo che mentre parte il nuovo stac-
co pubblicitario un amico ci raggiunga davanti alla televisione e ci chieda
che cosa è successo fino a quel punto. Abbiamo due scelte. Se vogliamo ta-
gliare corto raccontiamo semplicemente che «Nick è stato rapito e sono
iniziate le indagini per ritrovarlo»: in questo modo forniamo all’amico le
informazioni necessarie perché egli possa costruirsi una mappa situazionale
“di pronto uso”, essenziale ma comunque sufficiente a seguire la storia da
quel punto in poi. Se invece abbiamo tempo e voglia di spendere qualche
parola in più possiamo dilungarci a dire che «all’inizio il telefilm fa vedere
Nick che arriva sul luogo del recupero di alcuni resti umani e viene rapito
da uno sconosciuto; poi il racconto fa un salto in avanti e dopo venticin-
que minuti Grissom e Catherine iniziano a indagare e trovano alcune trac-
ce; poi si interrompe perché c’è la sigla e, quando riprende, fa un salto al-
l’indietro e fa vedere alcune vicende avvenute nella sede csi prima della
scena del rapimento; alla fine siamo riportati al presente, Nick è tramortito
e viene trasportato non si sa dove. Tutto questo è durato circa sette minu-
ti». In questo secondo caso non ci limitiamo a consegnare al nostro amico
una mappa situazionale essenziale, ma ripercorriamo e riepiloghiamo con
lui e per lui la nostra esperienza di visione.
115
Semiotica dei media
Il discorso è Se a questo punto rileggiamo con attenzione il resoconto che abbiamo fat-
un’entità sincretica to, ci accorgiamo di un paio di cose curiose. Anzitutto non abbiamo parla-
to al nostro amico solamente di quanto è avvenuto nella Las Vegas in cui si
svolge l’episodio di csi. Piuttosto, abbiamo introdotto una serie di soggetti
e di azioni (il telefilm “fa vedere”, il racconto “fa un salto in avanti”, “si in-
terrompe” “riprende” ecc.) che sono responsabili della produzione dell’e-
sperienza del mondo indiretto: in altri termini abbiamo fatto emergere la
presenza di quel secondo campo di oggetti intenzionali che chiamiamo il
discorso.
Una seconda constatazione segue immediatamente. Per come ne abbiamo
parlato al nostro amico, il discorso appare dotato di proprietà e caratteristi-
che diverse: in un caso “fa vedere”, in altri casi si muove o ci fa muovere
nello spazio e nel tempo (“siamo riportati al presente”), in altri casi ancora
appare come un oggetto dotato di una certa estensione temporale (“è dura-
to sette minuti”). Il discorso si manifesta dunque come un’entità sincreti-
ca: è opportuno distinguere differenti definizioni del discorso all’interno
dell’esperienza mediale. Ne possiamo individuare tre.
Il discorso Ritorniamo al brevissimo flash bianco che interrompe le immagini del ra-
come produzione pimento di Nick e introduce alla stessa scena spaziale dopo venticinque
minuti. Si tratta di un segno di interpunzione (una sorta di “punto e a
capo” visivo e sonoro) che introduce bruscamente nell’esperienza di visio-
ne la consapevolezza della sua natura complessivamente artificiale ed etero-
diretta: le attività di osservazione valutativa del mondo indiretto e i relativi
aggiornamenti delle mappe situazionali vengono guidati da un fluire di
immagini e di suoni controllato “dall’esterno” e dotato di una esistenza au-
tonoma. Questa consapevolezza si estende a tutto l’insieme dei materiali
visivi e sonori che vengono erogati dal dispositivo della televisione: sotto
questo aspetto non c’è effettiva differenza tra il flash bianco che interrompe
una situazione e introduce a un’altra, e l’identico flash bianco della mac-
china fotografica di Nick che punteggia la sequenza appena conclusa. Una
prima e basilare definizione del discorso è dunque quella di “processo di
manifestazione dei materiali sensoriali responsabili della costituzione pro-
gressiva dell’esperienza mediale”. Si tratta di una entità in costante movi-
mento, così come è mutevole e trascorrente l’esperienza che essa costitui-
sce: la stessa etimologia latina del termine “discorso” rinvia a un movimen-
to inquieto e turbolento. Parliamo a questo proposito di “produzione” di-
scorsiva, laddove il termine “produzione” intende rinviare a un fenomeno
in atto, fluido e contingente.
Il discorso Il segno di interpunzione rappresentato dal flash bianco, d’altra parte, invi-
come intreccio ta a riconfigurare questo movimento discorsivo nei termini di un procedi-
mento e di un’azione più articolati. Nel pensare e nel descrivere questo
flash come un’interruzione e una ripresa, implichiamo che il movimento
116
6. L’ordinamento del discorso
1. Possiamo osservare che, quando nel cap. 2, par. 3.3 abbiamo parlato della “conformazione”
del discorso quale criterio per distinguere differenti forme di esperienza mediale, alludevamo in
modo specifico alle principali tipologie di formati mediali.
117
Semiotica dei media
118
6. L’ordinamento del discorso
2. È interessante osservare che in alcuni casi i “segni di interpunzione” che separano e collega-
no differenti sequenze esprimono i movimenti del discorso mediante delle figure, ovvero delle
metafore sensibili analoghe a quelle incontrate nel capitolo precedente (par. 4) a proposito di
soggetti e azioni del mondo indiretto. Per esempio il movimento della moneta lanciata da Nick
alla fine del flash back sugli avvenimenti precedenti al suo rapimento, con la sua qualità ritmica
di movimento fluido in cui un oggetto momentaneamente librato in aria ricade pesantemente
verso una superficie solida, permette di percepire il passaggio dal passato del flash back al presen-
te della prigionia di Nick come un “ricadere” nella difficile situazione che si è prodotta prima
dello stacco della sigla.
3. Queste differenti modalità di manifestazione del discorso rispondono a un principio di ri-
mediazione: forme storicamente e tecnologicamente successive del discorso riprendono e simu-
lano quelle precedenti. Sviluppiamo questo aspetto nel cap. 9, par. 3.2.
119
Semiotica dei media
120
6. L’ordinamento del discorso
del suo svolgimento, la sanzione (il secondo Greimas) ecc. La semiotica testuale di
taglio cognitivista e interpretativista degli anni ottanta ha ripensato tale approccio
e ha considerato i modelli narrativi in quanto schemi-tipo (templates), o sceneg-
giature-modello (scripts) che fanno parte della competenza culturale del lettore o
spettatore: nell’interpretare un racconto il lettore se ne serve per lavorare i mate-
riali che il testo gli fornisce in modo da costruire delle macroproposizioni che gli
permettono di condensare e quindi controllare cognitivamente l’andamento del
racconto (cfr. per es. Eco, 1979).
La seconda direzione di ricerca ha affrontato il discorso narrativo senza separare
la storia dal racconto, ma concentrandosi al contrario proprio sulle relazioni tra le
due entità. Un libro fondamentale a questo riguardo è stato Genette (1972). Il teo-
rico francese introduce la distinzione tra storia e racconto rifacendosi a due fonti: i
Formalisti russi, che distinguevano tra fabula (storia) e sjužet (intreccio), e gli stu-
di di morfologia poetica di Günter Müller che negli anni sessanta aveva distinto
tra erzählte Zeit (tempo raccontato) e Erzählzeit (tempo del raccontare). I due con-
cetti esprimono rispettivamente in Genette la linea degli eventi narrati nel loro or-
dine logico e cronologico intrinseco (storia) e la linea di presentazione degli even-
ti all’interno del discorso narrativo (racconto). Genette analizza le possibili rela-
zioni tra le due linee di svolgimento in termini di ordine, durata e frequenza.
La teoria genettiana conoscerà una enorme diffusione e molte applicazioni. Occor-
re tuttavia considerare con Ricoeur (1983-85) che Genette “oggettiva” storia e rac-
conto e astrae quindi tali entità rispetto alle dinamiche della loro costituzione al-
l’interno dell’esperienza di fruizione del testo: di qui la critica espressa da Ricoeur,
secondo la quale in questa impostazione si perde la possibilità di tematizzare e di
spiegare lo Zeiterlebnis, l’esperienza vissuta della temporalità narrativa.
Lungo la strada indicata da Ricoeur sono produttive alcune indicazioni della se-
miotica del cinema e dell’audiovisivo. Già Christian Metz (1968) aveva ipotizzato
che i materiali audiovisivi del film vengono percepiti e fruiti in quanto discorso
narrativo grazie ai differenti procedimenti di montaggio che intervengono su di
essi per organizzare le relazioni spaziali e temporali del mondo diegetico; di qui
una grande sintagmatica, ovvero una tipologia dei differenti procedimenti di-
scorsivi di costituzione cinematografica del mondo narrativo, dalla sequenza or-
dinaria al sintagma alternato a quello parallelo ecc. In tal modo Metz pone l’ac-
cento sul processo di costituzione della storia da parte del discorso e non sulla
relazione astratta tra due linee di svolgimento. In questa direzione (ma in termi-
ni più decisamene cognitivisti) Bordwell (1985, p. 53) definisce la narrazione fil-
mica come «il processo mediante il quale il sjužet del film e lo stile [ovvero l’in-
sieme degli specifici mezzi espressivi del cinema tecnologicamente e cultural-
mente definiti] interagiscono nell’indirizzare lo spettatore mediante opportune
indicazioni nella sua costruzione della fabula», entità puramente cognitiva e
mentale.
121
Semiotica dei media
122
6. L’ordinamento del discorso
5. Si osservi che nella nostra descrizione abbiamo assunto che l’intreccio lavora come un mecca-
nismo di spostamento di parti del tracciato per presentarle allo spettatore o lettore; è però possi-
bile anche una metafora opposta ma facente parte della medesima logica, che porti a vivere l’in-
treccio come un meccanismo di spostamento dello spettatore o del lettore: potremmo dire (e
molti romanzi lo dicono) che “ora ci spostiamo” a quanto accaduto alcune ore prima.
6. Il lettore può seguire i paragrafi che seguono facendo riferimento al quadro riassuntivo forni-
to a conclusione del paragrafo.
123
Semiotica dei media
124
6. L’ordinamento del discorso
125
Semiotica dei media
126
6. L’ordinamento del discorso
Percorsi di approfondimento
Come abbiamo detto in Il problema del discorso narrativo nella semiotica del testo,
pp. 120-1, esiste un’ampia bibliografia semiotica relativa al discorso narrativo. Ci
limitiamo a completare i riferimenti forniti con il richiamo a Chatman (1978), che
sintetizza in un quadro unitario tanto le grammatiche del racconto quanto le ri-
flessioni sul discorso narrativo. Un’opera recente che riprende questi temi è Ber-
nardelli, Ceserani (2005). Di taglio più pratico Perissinotto (2005). Un’utile intro-
duzione al concetto di “discorso” e all’analisi della narratività è Segre (1985) (in
part. pp. 175-213).
Per le teorie del discorso in ambito cinematografico e audiovisivo rimandiamo ai
riferimenti introdotti nei Percorsi del cap. 3. Sul “discorso dei media” in chiave di
discourse analysis di matrice linguistica, si veda Antelmi (2006).
Come accennato in Il problema del discorso narrativo nella semiotica del testo, pp.
120-1, la riflessione sulla temporalità narrativa in termini di esperienza innerva
l’ampia opera di Ricoeur (1983-85). Gli aspetti temporali dell’esperienza mediale
audiovisiva sono stati approfonditi da Bettetini (1979) e ripresi più recentemente
da Volli (2003).
Una serie molto ricca di studi ha lavorato sulle forme del discorso televisivo, con
una particolare attenzione ai format della narrativa seriale: Casetti (1984), Capret-
tini (1996), Casetti, Di Chio (1997), Buonanno (2002), Grasso, Scaglioni (2003),
Cardini (2004), Pozzato, Grignaffini (2008), Innocenti, Pescatore (2008), Carini
(2009), Iovane (2009), Grasso, Scaglioni (2009). Due collane di volumi utili per
ulteriori ricerche sulla discorsività televisiva sono quella della vqpt (Verifica qua-
litativa programmi trasmessi), attualmente Zone. Collana di studi e ricerche sui me-
dia, edita da rai-eri e Link. Idee per la televisione, edita da rti.
I processi di narrativizzazione propri dell’esperienza ordinaria sono stati al centro
di numerose riflessioni: ricordiamo almeno per gli aspetti mentali Bruner (1986) e
per quelli sociali Jedlowski (2000).
• Riprendi il testo breve che hai già analizzato. In quali modalità e con quale
grado di evidenza si rende visibile il discorso al suo interno?
• Sempre con riferimento al testo breve che stai analizzando, applica i criteri di
analisi della gestualità compositiva introdotti al par. 4 e individua le qualità ritmi-
che e il tracciato complessivo che essa disegna.
• Riprendi uno dei manuali di sceneggiatura di cui ti sei occupato al capitolo
precedente ed esamina in che modo vi vengono trattati i problemi relativi a pro-
duzione discorsiva, intreccio e formato.
• Confronta la costruzione dell’intreccio in un autore classico come per esem-
pio John Ford, uno moderno come Stanley Kubrick e uno contemporaneo come
per esempio Quentin Tarantino: quali differenze e quali analogie riscontri?
127
Semiotica dei media
Riferimenti bibliografici
128
6. L’ordinamento del discorso
129
7
L’ordinamento del mondo diretto
1. Premessa
Nick, ancora stordito, viene deposto in una bara di plexiglas. Intanto le in-
dagini proseguono febbrili su più fronti: i detective sono riuniti per fare il
punto quando arriva una busta anonima indirizzata proprio a Nick. Gris-
som la apre con cautela, mentre la squadra lo osserva in ansiosa attesa da
dietro la vetrata dell’ufficio (figg. 1 e 2): la busta contiene una pen-drive
usb e un’audiocassetta.
Nick si sveglia nella bara alla flebile luce verde di alcune torce a scuotimen-
to, scopre di avere con sé una pistola e un piccolo registratore: quest’ultimo
contiene un sinistro messaggio del rapitore che lo invita al suicidio. Il de-
tective inizia a dibattersi, ma i suoi sforzi sono vani e i suoi gesti scomposti
cozzano contro le pareti rigide. Nel frattempo la squadra ascolta l’audio-
cassetta: contiene una canzone molto ritmata in stile anni sessanta (si tratta
131
Semiotica dei media
figura 1
figura 2
di Outside Chance, interpretata dai Turtles, del 1962: fig. 3), che accompa-
gna ossessivamente da questo punto in poi la sequenza. Grissom inserisce
la chiavetta usb, mentre la squadra si riunisce davanti al computer. Sullo
schermo appare un messaggio: «One million dollars in 12 hours or the csi
dies. Drop-off instructions to follow. And now for your viewing pleasure
132
7. L’ordinamento del mondo diretto
figura 3
figura 4
“you can only watch”» (“Un milione di dollari entro dodici ore o l’agente
della scientifica muore. Seguiranno istruzioni per la consegna. E ora per la
gioia dei vostri occhi ‘potete solo guardare’”). Quando Grissom clicca sulla
parola “watch”, sullo schermo appare il viso sconvolto di Nick inquadrato
da una web-cam (fig. 4).
133
Semiotica dei media
figura 5
figura 6
A questo punto Grissom, in primo piano, solleva gli occhi dallo schermo
del computer alla macchina da presa, e guarda per così dire negli occhi lo
spettatore (fig. 5). Una lunga serie di primi piani sempre più ravvicinati
mostra gli altri membri della squadra, anch’essi con lo sguardo rivolto alla
macchina da presa, alternati alle immagini di Nick che nello schermo del
134
7. L’ordinamento del mondo diretto
3.1. Mondo egotropico e mondo allotropico Non appena viene recapitata alla
sede della squadra csi la misteriosa busta riguardante Nick, Grissom la
prende e, seguito da una steady-cam dall’andamento inquieto quanto lo
stato d’animo dell’intera squadra, si reca in uno dei laboratori. Qui apre il
plico con estrema cautela: alcune inquadrature ravvicinate e dettagli ripresi
dalla macchina da presa posizionata di fronte a lui o alla sua destra seguono
passo passo i suoi gesti misurati (fig. 1). Alla sua sinistra, dietro un’ampia
parete a vetro, la squadra osserva con evidente tensione le azioni del suo
capo: due lunghi campi totali mostrano il gruppo di detective in piedi, in-
tenti a scrutare i gesti di Grissom, inquadrati nella cornice scura della ve-
trata che duplica quella dello schermo televisivo (fig. 2).
Rispetto alle sequenze dedicate alla ricerca di Nick che hanno fin qui oc- Agire pratico e agire
cupato la scena, spicca in questo segmento la quasi totale mancanza di osservativo: le figure
azione: una porzione molto ampia del flusso discorsivo viene dedicata al dello spettatore
semplice atto di aprire una busta ed estrarne due oggetti. Se l’agire prati- nel mondo indiretto
co viene deprivato, tuttavia, c’è un altro tipo di comportamento che vie-
ne posto in evidenza: l’osservare l’agire altrui. L’azione vera e propria
(l’aprire la busta per esplorarne il contenuto, affidato a Grissom) viene
dilatata e rallentata nella misura in cui le si affianca e sovrappone l’atto di
assistere all’azione stessa (che coinvolge il resto della squadra). Azione
pratica e azione osservativa, d’altro canto, non sono intrecciate né sempli-
cemente giustapposte: esse sono decisamente separate. La vetrata che si
frappone tra l’operare di Grissom e l’osservare della squadra definisce un
setting spaziale rigidamente bipartito: i detective osservano “al di qua”
della vetrata quanto si svolge “al di là” di essa, senza la possibilità di inter-
venirvi direttamente.
Non può sfuggire allo spettatore (né all’analista che ne ripercorre i passi)
che questo setting e la condizione dei detective della squadra csi che vi
sono inseriti richiamano per analogia la situazione di un altro soggetto: lo
spettatore stesso, intento ad osservare una serie di azioni dalle quali è ra-
dicalmente separato, sulle quali non può influire direttamente e che non
possono raggiungerlo personalmente. Esattamente come la squadra osser-
va da dietro la vetrata le azioni del suo capo, lo spettatore percepisce sé
stesso nell’atto di osservare l’insieme delle azioni che si svolgono all’inter-
no del mondo indiretto, separato e protetto dalla superficie dello scher-
mo televisivo. Non a caso, come abbiamo notato, nelle due inquadrature
frontali della squadra la cornice della vetrata duplica quella dello schermo
televisivo.
135
Semiotica dei media
3.2. I regimi del rapporto tra mondo diretto e indiretto L’esperienza dell’orga-
nizzazione egotropica o allotropica del mondo non è esclusiva dell’espe-
rienza mediale (cfr. par. 5); tuttavia essa caratterizza l’esperienza mediale e
in particolare la distinzione tra mondo diretto e mondo indiretto. La con-
seguenza più immediata di questo principio è una costitutiva discontinuità
tra mondo diretto e mondo indiretto: i media introducono l’esperienza di
due mondi ugualmente abitabili ma ontologicamente differenti e in linea
di principio non comunicanti 1. Rispetto a questa situazione di base sono
possibili due tipi di sviluppo.
1. Se non in certe figurazioni immaginarie, in cui gli spettatori entrano nello schermo, come in
La rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo, Woody Allen, usa, 1985), oppure alcuni
personaggi ne escono, come in Videodrome (David Cronenberg, Canada, 1983) e in vari altri
film dell’orrore; ma vedremo nel prossimo paragrafo come l’idea di una osmosi tra i due mondi
sia presente in molte esperienze di finzione.
136
7. L’ordinamento del mondo diretto
I rapporti tra le situazioni del mondo diretto e quelle del mondo indiretto in cui si
svolge l’esperienza mediale sono state focalizzate e analizzate dalla semiotica a
partire dalla riflessione sul concetto di “enunciazione”. Tale concetto viene formu-
lato dal linguista francese Émile Benveniste (1966, 1974) sulla scorta di, o paralle-
lamente a, osservazioni di altri studiosi, in particolare quelle avanzate da Karl
Bühler negli anni trenta e da Roman Jakobson alla fine degli anni cinquanta. Per
Benveniste l’enunciazione è l’atto individuale di appropriazione e di uso della lin-
gua all’interno di situazioni concrete, situate, dialogiche. L’atto dell’enunciazione
dà forma all’esperienza che i soggetti fanno nel praticarla; tale forma può essere di
due tipi. Da un lato, l’enunciazione discorsiva permette ai soggetti di configurare
l’esperienza all’interno della quale viene praticata l’enunciazione stessa (configu-
ra, diremmo nella nostra terminologia, un’esperienza egotropica); questo avviene
in quanto l’enunciazione adotta un “apparato formale”, ovvero una serie di ele-
menti linguistici in sé “vuoti” che acquistano il loro riferimento solo rispetto allo
stesso atto di enunciazione: i pronomi personali di prima e seconda persona (l’“io”
e il “tu”), un sistema temporale definito rispetto al presente dell’enunciazione (ol-
tre al presente il passato prossimo e il futuro semplice), i “deittici”, ovvero aggettivi
dimostrativi e avverbi che si qualificano rispetto al “qui” e all’“ora” dell’enuncia-
zione (“questo, quello, poco fa, tra poco” ecc.). Dall’altro lato, l’enunciazione storica
articola l’esperienza di quanto viene enunciato come non pertinente rispetto alla
situazione di enunciazione, dislocato in una dimensione “altra” (configura, direm-
mo nella nostra terminologia, un’esperienza allotropica); di qui l’uso della terza
persona (“egli”), un sistema temporale che prescinde dal presente (passato remo-
to, varie forme di trapassati o di futuri prospettivi), e la rinuncia alle forme deitti-
che (non “ieri”, ma “il giorno prima”, non “qui” ma “in quel punto” ecc.). Per Ben-
veniste le forme discorsive sono prioritarie da un punto di vista logico rispetto a
quelle storiche: dal momento che l’enunciazione è per lui una pratica linguistica
viva, direttamente operante nell’esperienza di comunicazione faccia a faccia, l’e-
sperienza della storia presuppone sempre l’esperienza del discorso.
Il seguito della riflessione sposta la discussione dalla comunicazione faccia a fac-
cia ai testi scritti, e da un’attenzione per il soggetto che enuncia a quella per il sog-
getto della lettura dei testi. In tal modo il rapporto faccia a faccia non avviene più
effettivamente, ma viene simulato all’interno dell’esperienza di lettura del testo
scritto per ottenere particolari effetti cognitivo-emotivi (cfr. cap. 11).
Le conseguenze di un simile spostamento vengono esplicitate all’interno della se-
miotica generativa greimasiana. Per Greimas (cfr. Greimas, Courtés, 1979, voce
“enunciazione”), il semiotico, nel momento in cui affronta lo studio del testo, non
può risalire in alcun modo alla situazione di enunciazione originaria, ma può solo
ricostruire la sua inscrizione in forma di simulacro all’interno del testo enunciato.
L’istanza dell’enunciazione viene pensata sotto questo aspetto come una duplice
137
Semiotica dei media
138
7. L’ordinamento del mondo diretto
4.1. Dalla discontinuità radicale alla discontinuità moderata L’esperienza del- Il regime di finzione:
la finzione lavora dunque all’interno di un orizzonte di competenze e di at- allotropia radicale
tese che prevede una discontinuità radicale tra mondo diretto egotropico e del mondo indiretto
mondo indiretto allotropico. È appunto in questo senso che l’esempio del-
la squadra csi che osserva Grissom da dietro la vetrata permette allo spet-
tatore di percepire una relazione di (parziale) analogia con la propria situa-
zione (figg. 1 e 2). Tuttavia, una volta fissati i parametri di fondo dei due
possibili regimi di rapporto tra mondo diretto e mondo indiretto, occorre
subito osservare che al loro interno sono possibili alcune rimesse in gioco e
negoziazioni di tale rapporto: per un verso le esperienze fattuali riprendo-
no vari aspetti di quelle finzionali; per altro verso queste ultime utilizzano
alcune modalità espressive proprie delle esperienze fattuali in modo da far
vivere al proprio spettatore l’esperienza finzionale “quasi come” fosse fat-
tuale. Seguiamo questa seconda pista a partire dalla sequenza di Grave
Danger che stiamo analizzando.
Ritorniamo per un momento sulla scena della squadra csi che segue le Il regime di finzione:
azioni di Grissom da dietro la vetrata. Essa esprime certamente una discon- allotropia moderata
tinuità tra sistema osservante e sistema osservato e rinvia alla discontinuità del mondo indiretto
tra mondo diretto e mondo indiretto. Tuttavia, al tempo stesso, tale set-
ting tempera e corregge questa discontinuità: il mondo indiretto è certa-
139
Semiotica dei media
140
7. L’ordinamento del mondo diretto
141
Semiotica dei media
con ironia solo parziale, «for your viewing pleasure “you can only
watch”» 3.
3. In questa sede abbiamo evidenziato che la discontinuità moderata viene costruita mediante il
procedimento della diegetizzazione del dispositivo di erogazione dei materiali mediali; tuttavia è
possibile anche un altro procedimento: la diegetizzazione del dispositivo di produzione tecnica
dei materiali mediali, la messa in scena a vario titolo del farsi del film (o dell’immagine fotogra-
fica, o dell’articolo di giornale ecc.). Riprenderemo questo punto nel prossimo capitolo, quando
avremo introdotto il soggetto della percezione del mondo indiretto (cfr. cap. 8, par. 3).
142
7. L’ordinamento del mondo diretto
Mentre scrivo queste pagine ho davanti una grande finestra che dà su un Egotropia
piccolo giardino; sollevo lo sguardo e osservo i miei figli, presi dal loro gio- e allotropia
co, al di là dei vetri. Ma d’un tratto la mia bambina si accorge di me, mi nell’esperienza
guarda e mi lancia un cenno, quasi un gesto di intesa. Improvvisamente il ordinaria
sistema di organizzazione che reggeva la situazione è cambiato, perché è
cambiato il rapporto tra i mondi che ci ospitavano e in cui vivevamo. Pri-
ma che la bambina si accorgesse del mio sguardo, il mio ufficio da un lato e
il giardino dall’altro vivevano per me in una relazione di separazione e di
parziale alterità: dallo spazio egotropico del mio ufficio seguivo i giochi dei
bambini “alla terza persona”, nello spazio allotropico al di là della cornice
della finestra. Il saluto e lo sguardo della bambina mi richiamano alla con-
sapevolezza della praticabilità reciproca e della continuità tra questi due
mondi: la relazione con i miei bimbi diviene ora alla prima e seconda per-
sona.
L’organizzazione del mondo in porzioni egotropiche e allotropiche e la ne- La disciplina
cessità di organizzare i rapporti tra esse fanno parte dunque dell’esperienza dell’allotropia
ordinaria che ciascuno di noi svolge continuamente all’interno della vita nell’esperienza
quotidiana. Anche in questo caso tuttavia l’esperienza mediale introduce mediale: il design
due particolarità. ontologico
In primo luogo essa impone necessariamente una distinzione netta tra un
143
Semiotica dei media
Percorsi di approfondimento
144
7. L’ordinamento del mondo diretto
• Riprendi il testo breve che hai già analizzato. Quali modalità di rapporto tra
mondo indiretto e mondo diretto ritrovi al suo interno?
• Reperisci e analizza una serie di opere di finzione, cinematografiche o televisi-
ve, che mettono in scena la fruizione di media. In che modi esse offrono allo spet-
tatore strumenti per riconfigurare la propria esperienza mediale diretta?
• Reperisci e analizza una serie di opere di finzione che mettono in scena il pas-
saggio da un mondo diretto a un mondo indiretto. Quali implicazioni possiede il
passare dal fuori al dentro lo schermo cinematografico o televisivo e viceversa a se-
conda di testi comici, dell’orrore ecc.? Quali teorie sui media e sui loro spettatori
implicano queste trame finzionali?
• Analizza le differenti figure vicarie dello spettatore in un programma televisi-
vo di intrattenimento (pubblico in studio, spettatori che telefonano, passanti in-
tervistati dagli inviati ecc.): osserva in che modo vengono messi in scena i diffe-
renti comportamenti e giudizi di questi soggetti e valuta in che misura e in che
senso essi costituiscono delle indicazioni di comportamento per il pubblico “a
casa”.
• Reperisci e analizza una serie di “sguardi in macchina”, sia in testi di finzione
che in testi di informazione (telegiornali, programmi di approfondimento televisi-
vo) o in pubblicità. Avanza delle ipotesi sulle ragioni per cui queste differenti
esperienze mediali costruiscono un rapporto di pseudocontinuità con il mondo
dello spettatore.
Riferimenti bibliografici
145
Semiotica dei media
146
8
Le relazioni con i soggetti
del mondo indiretto
1. Premessa
147
Semiotica dei media
figura 1
figura 2
148
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
figura 3
figura 4
149
Semiotica dei media
3.1. Rendersi conto del soggetto della percezione All’inizio della sequenza la
figura di Grissom in piedi davanti al capannone di lamiera arrugginita, in
pieno sole, viene inquadrata mediante un totale immobile che isola la figu-
ra dell’uomo di spalle sulla destra dello schermo, a fianco di un alto palo
scuro (fig. 1). Dopo un dettaglio della borsa con il denaro, ripreso anch’es-
so da dietro, e uno delle spalle di Grissom che gira la testa dai due lati,
l’immagine ritorna sullo stesso campo totale dell’inizio: questa volta Gris-
som si muove verso il capannone. Le due inquadrature seguenti tornano
sul dettaglio delle sue spalle e poi su quello della borsa, ma questa volta le
immagini sono in movimento: un carrello segue il detective e, quando sale
i pochi gradini e apre la porta di lamiera, si ferma a inquadrarlo dal basso.
Soggetto della Come il lettore può verificare rileggendo la breve descrizione appena fatta,
percezione vs nel guardare questo segmento di Grave Danger noi percepiamo due serie di
soggetto del mondo azioni distinte (per quanto strettamente correlate), riferibili a due diversi
indiretto soggetti. Da un lato vediamo le azioni svolte da Grissom all’interno del
mondo indiretto: il suo restare fermo a osservare il capannone, il suo avan-
zare e aprire la porta. Dall’altro lato assistiamo a una serie di azioni percet-
tive svolte da un altro soggetto che guarda, si avvicina o si ritrae, sta fermo
o si muove rispetto alla scena del mondo indiretto, più o meno in sincronia
con i personaggi che lo abitano. Se, come abbiamo argomentato nel cap. 4,
par. 3.1, la percezione è un processo attivo di esplorazione sensomotoria e
150
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
3.2. Comprendere il soggetto della percezione Il soggetto della percezione si Soggetto della
presenta allo spettatore come responsabile di un’attività percettiva in atto percezione e mondo
esercitata rispetto al mondo indiretto; egli viene quindi qualificato dal tipo indiretto: esclusione
di rapporto che lo lega a tale mondo, rapporto che lo spettatore può com- vs inclusione
prendere a partire da una serie di tracce e di indizi. Rileggiamo la breve de-
scrizione delle inquadrature che aprono la sequenza 1. Al loro interno, nul-
la allude al fatto che il soggetto della percezione faccia parte del mondo in-
diretto: nessuno si rivolge a lui, né i suoi movimenti rimandano a una pre-
senza direttamente coinvolta e coinvolgibile in quanto si sta svolgendo.
Diremo dunque che il rapporto tra il soggetto della percezione e il mondo
indiretto che egli percepisce è un rapporto di “esclusione”: il mondo indi-
retto è, per il soggetto della percezione, un mondo che egli percepisce ma
che lo esclude.
Pure, alcuni elementi spingono a dettagliare e a modificare parzialmente Esclusione radicale
questa affermazione. I totali in cui la macchina da presa è immobile evi- vs esclusione
denziano certamente la condizione di esclusione del soggetto della perce- moderata
zione dal mondo; in altri momenti, tuttavia, la macchina effettua leggeri
movimenti nervosi (inq. 2) o più consistenti spostamenti in avanti tali da
manifestare una precisa intenzionalità che guida l’esplorazione percettiva
(inqq. 5 e 6). In questi casi il soggetto della percezione manifesta (per
151
Semiotica dei media
2. Il caso dell’inclusione moderata del soggetto della percezione nel mondo indiretto corrispon-
de di fatto al procedimento di diegetizzazione del dispositivo di ripresa delle immagini e dei
suoni cui abbiamo accennato nel capitolo precedente (cfr. par. 4.1) quale ulteriore procedimen-
to utile a riassorbire la discontinuità tra mondo diretto e mondo indiretto.
152
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
Possiamo rapidamente osservare su questo punto una trasformazione dal- Linguaggi audiovisivi
l’estetica audiovisiva classica a quella contemporanea: la prima assegnava classici vs
all’esperienza di finzione i due estremi dell’esclusione e dell’inclusione ra- contemporanei
dicale, mentre riservava le due alternative intermedie all’esperienza fattua-
le; l’estetica contemporanea ha invece esteso massicciamente l’uso dell’e-
sclusione e dell’inclusione moderate alla fiction: si pensi all’uso diffusissi-
mo della camera a mano o della steady-cam nella fiction televisiva, oppure
ai numerosi film che simulano (in parte o completamente) immagini gira-
te da videocamere amatoriali o da altri dispositivi di ripresa 3.
3. Due esempi per tutti, di genere differente: il film di guerra a impegno civile Redacted (Brian
de Palma, usa/Canada, 2007) e l’action horror Cloverfield (Matt Reeves, usa, 2008).
153
Semiotica dei media
Molti dei temi trattati in questo capitolo sono stati affrontati dalla semiotica all’in-
terno del dibattito sul “punto di vista” narrativo. Già nella seconda metà dell’Otto-
cento alcuni autori come Henry James delineavano il problema della relazione tra
la narrazione e lo “sguardo” dei personaggi dei propri racconti. Il problema si tra-
sforma, nel corso del Novecento, da questione di tecnica narrativa a questione di
teoria della letteratura: al suo interno si intrecciano e si sovrappongono differenti
distinzioni riguardanti il punto di vista narrativo, in particolare tra: a) un’accezione
puramente sensoriale (un percepire), una cognitiva (un sapere), una valoriale (un
valutare e un credere); b) un’accezione contingente (una certa posizione del perso-
naggio rispetto a una specifica scena e l’espressione di suoi singoli giudizi) e una
assoluta (un regime di narrazione e l’espressione di una complessiva visione del
mondo); c) l’atto del percepire e l’atto del riferire narrativamente quanto si perce-
pisce (che nel discorso letterario sono intimamente uniti); d) un approccio seman-
tico (che analizza la logica dei punti di vista) e un approccio pragmatico (che ana-
lizza gli effetti di tali strategie sul lettore in termini di suspence, manipolazione af-
fettiva e ideologica ecc.).
Genette (1972) riprende tali questioni in ambito semiotico e narratologico. Egli in-
terviene sul punto c, e distingue nettamente la questione del punto di vista (pro-
blema di “modo” e di “prospettiva”) da quello del narratore (problema di “voce”). Il
punto di vista così delimitato risulta uno strumento di selezione quantitativa del-
l’informazione relativa al mondo diegetico per il tramite del personaggio, che Ge-
nette chiama focalizzazione. La focalizzazione può essere interna (il Narratore ri-
154
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
ferisce quello che sa il Personaggio), esterna (il Narratore riferisce meno di quanto
ne sappia il Personaggio) o di grado zero (il Narratore dice più di quanto ne sappia
uno qualunque dei Personaggi).
La concezione di Genette è stata molto influente e oggetto di numerose critiche,
da lui stesso in parte discusse in 1983. Di particolare interesse gli sviluppi verifi-
catisi all’interno della semiotica dell’audiovisivo. Per un verso è stato osservato
che Genette si concentra sulla dimensione del sapere piuttosto che su quella del
percepire (cfr. punto a delle problematiche sopra tracciate): François Jost ha pro-
posto in tal senso di integrare la nozione di focalizzazione con quelle di oculariz-
zazione (e auricolarizzazione). Per altro verso è stato avvertito il limite di un ap-
proccio puramente semantico, tale cioè da non considerare gli effetti del gioco dei
punti di vista sullo spettatore (cfr. punto d delle problematiche sopra tracciate).
Tali effetti sono stati colti in due dimensioni. La riflessione francese ha insistito
sulla dimensione affettiva e identitaria, a partire da una teoria psicoanalitica del
cinema: Metz (1977) definisce identificazione primaria quella che lega lo spettato-
re al proprio atto di sguardo, costruito e diretto dalla macchina da presa, e identi-
ficazione secondaria quella che lega lo spettatore ai differenti personaggi. La teo-
ria anglosassone ha insistito invece sulla dimensione cognitiva: per esempio Bra-
nigan (1984) ha delineato i processi di comprensione narrativa costruiti dal gioco
dei punti di vista e in particolare dalla soggettiva. Alcuni interventi tentano una
mediazione tra le due impostazioni: per esempio Bettetini (1984) e Casetti (1986).
Lungo questa stessa linea di mediazione, il capitolo ha cercato di mostrare come
questi due approcci possano convergere alla luce della più recente impostazione
neurocognitivista, e come sia necessario recuperare un’articolazione tra contin-
genza e assolutezza, meno focalizzata dalla riflessione teorica (cfr. punto b delle
problematiche sopra tracciate).
155
Semiotica dei media
4. Si tratta a ben vedere dello stesso principio che ci aveva portati a ipotizzare una presenza si-
tuata e riconoscibile del soggetto della percezione all’interno del mondo indiretto, principio
reso più evidente ed esplicito nel caso dei soggetti interni al mondo indiretto. Lo ritroveremo
anche in alcune manifestazioni del soggetto del discorso nel prossimo capitolo (par. 3.1).
5. In questo capitolo lavoriamo sulla relazione con i soggetti del mondo indiretto; teniamo
dunque in ombra le relazioni dello spettatore con gli oggetti che vengono mostrati. Recuperia-
mo comunque questo aspetto nella terza parte: cfr. cap. 15, par. 3.
156
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
6. Occorre osservare che questo ruolo del corpo del personaggio ai fini di un’interpretazione
dei suoi stati interiori si gioca su due livelli collegati, uno più generale e uno più particolare. A
livello più generale i corpi sono dotati di alcune qualità sensibili (sia tonali che ritmiche) stabili
e ricorrenti: Grissom possiede una corporatura solida, un modo di gesticolare molto controllato
157
Semiotica dei media
e un po’ rigido, una mimica del volto molto composta, una voce profonda e leggermente roca e
così via. Tali qualità lo isolano rispetto al resto della squadra che gioca invece su registri espressi-
vi più vivaci e immediati e su giochi di contrasti reciproci: l’aspetto “afro” di Warrick, la capi-
gliatura crespa, l’espressione degli occhi spesso aggrottata, la costituzione minuta, contrastano
con il corpo di Nick, che è al contrario muscoloso, dalla mascella squadrata ecc.; una distinzio-
ne delle caratteristiche e degli stili somatici che viene replicata sul versante femminile tra Cathe-
rine e Sara: slanciata, bionda, nervosa la prima; più minuta, bruna, riflessiva la seconda. Queste
differenti qualità somatiche non si limitano a distinguere “esteriormente” i vari personaggi, ma
indicano differenti stili di comportamento “interiore”: per esempio la distinzione somatica di
Grissom rispetto alla squadra è da ricondurre a uno stile maggiormente freddo e distaccato, una
maggiore riflessività, una migliore capacità di ragionamento e una più marcata capacità decisio-
nale. A livello più particolare e contingente, tali qualità somatiche stabili e ricorrenti vengono
di volta in volta rigiocate nelle particolari azioni e situazioni in cui i personaggi sono coinvolti, e
servono allo spettatore da sistema di riferimento per cogliere gli stati di coscienza (ragionamen-
ti, umori, emozioni, piani di azione e così via) che abitano e muovono i personaggi in un deter-
minato momento. Nell’incontro con il rapitore di Nick, Grissom conferma il proprio stile so-
matico misurato e poco espansivo, ciò che rende particolarmente rilevanti i minimi segni che
tradiscono la sua tensione e la sua rabbia: il gioco inquieto degli sguardi che abbiamo visto, il ri-
petuto serrarsi della mascella, l’indurirsi del tono della sua voce.
7. Ritorna qui il termine di “simulazione” già introdotto a proposito dei fenomeni di “simula-
zione incorporata” dei fenomeni sensoriali (cfr. cap. 4, par. 3.1 e la ripresa del concetto appena
fatta in par. 3.3). Per quanto è possibile che vi sia un legame tra questi differenti fenomeni (gli
studiosi sono divisi su questo aspetto), è importante sottolineare che essi si collocano a differen-
ti livelli del processo esperienziale: la simulazione incorporata è un processo di base che riguarda
l’esplorazione immediata del mondo percepibile; i processi di consonanza che stiamo conside-
rando sono processi avanzati che concernono la comprensione di stati di coscienza complessi di
altri soggetti.
158
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
8. Vedremo più avanti che le risorse interpretative derivanti dalla consonanza con i soggetti del
mondo indiretto possono essere rinforzate o al limite sostituite dai processi di consonanza inne-
scati direttamente dalla produzione discorsiva e dai suoi soggetti nello spettatore: cfr. infra, cap.
11, par. 3.2 e cap. 13, par. 4.
159
Semiotica dei media
Soggetti individuali In secondo luogo è possibile che alcuni personaggi si dimostrino uniti da
vs soggetti collettivi criteri di comprensione omogenei: in alcuni casi la squadra csi viene colta
“in gruppo”, mentre manifesta stati coscienza del tutto analoghi, per esem-
pio di fronte allo spettacolo di Nick sofferente. In questo caso si definisce
una distinzione tra soggetti individuali e soggetti collettivi; distinzione che,
anche in questo caso, è spesso da rivedere e aggiornare nell’evoluzione del-
l’esperienza mediale.
160
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
(cognitivi, emotivi e attivi) del soggetto del mondo indiretto così come si
presentano in quel particolare momento, e così come lo spettatore può
comprenderli in base alla dinamica di consonanza e inferenza descritta so-
pra. Il “percepire con” implica dunque per lo spettatore un condividere gli
stati di coscienza contingenti del soggetto del mondo indiretto. Ma questa
è solo una prima area e un primo stadio della condivisione.
Soffermiamoci su un’altra soggettiva di Grissom, che si colloca alla fine della La condivisione delle
sequenza che stiamo esaminando. Quando il detective si risveglia dallo stor- mappe situazionali
dimento conseguente all’esplosione vede il capannone distrutto, illuminato
da un fiotto di luce che penetra da una finestra sfondata sulla sinistra: nello
spazio vuoto, tra le volute del fumo, volteggiano dolcemente i frammenti
delle banconote del riscatto (fig. 4). L’immagine rimanda immediatamente
al vanificarsi degli sforzi di Catherine per procurarsi il denaro, ma possiede
anche una portata più generale: il volteggiare leggero dei frammenti di ban-
conote nell’aria costituisce la figura (nel senso precisato nel cap. 5, par. 4)
del complessivo vanificarsi di tutti gli sforzi compiuti fino a quel punto dalla
squadra dei detective per salvare Nick; essa richiama dunque, a conclusione
della prima parte dell’episodio, il ricordo di tutto quanto si è svolto fino a
quel momento. D’altra parte il fatto che tale inquadratura sia una soggettiva
mette in evidenza che una simile memoria non è patrimonio esclusivo di
Grissom e della sua squadra: assieme ai progetti e ai piani di azione condotti
fino a quel punto dalla squadra csi, lo spettacolare suicidio del rapitore ren-
de inservibile anche l’insieme di aspettative e di speranze che lo spettatore
stesso aveva maturato. La soggettiva delle banconote in frammenti porta
dunque alla luce una seconda area e un secondo grado di condivisione tra lo
spettatore e il soggetto del mondo indiretto: dalla condivisione degli stati
immediati e contingenti di coscienza si passa alla condivisione di una me-
moria relativa a quanto si sta verificando e capace di cogliere il valore e il
senso dell’avvenimento contingente; in una parola viene condivisa tra lo
spettatore e il soggetto del mondo indiretto la mappa situazionale maturata
fino a quel punto. La soggettiva richiama dunque non solo la condivisione
degli stati di coscienza contingenti, ma dell’intera mappa situazionale che si
è definita nel corso dell’episodio, nonché dell’intero flusso di saperi e emo-
zioni che ha condotto alla sua progressiva costruzione.
Consideriamo infine un ultimo elemento. Le soggettive di Grissom all’in- La condivisione degli
terno del capannone non costituiscono un caso isolato: esse si collegano a sfondi memoriali,
quelle molto simili di Nick che esplora il parcheggio nella sequenza intro- affettivi e valoriali
duttiva, poi riprese quasi letteralmente nell’esplorazione investigativa dello
stesso Grissom e di Catherine subito dopo il rapimento; o quelle di War-
rick che analizza la zona in cui era parcheggiato il pick up del rapitore. Ri-
tornano in tutti questi casi movimenti esplorativi di un ambiente buio, ri-
schiarato dal raggio della torcia elettrica che, come una sorta di “solidifica-
zione” dello sguardo, fruga l’oscurità e strappa brandelli di oggetti e di in-
161
Semiotica dei media
9. Ricordiamo inoltre che tali condivisioni sono attivate e riattivate molto spesso (con le ecce-
zioni di cui diremo subito nel par. 4.4) da inquadrature soggettive: il fatto che lo spettatore ven-
ga calato nella posizione percettiva contingente e somaticamente situata del personaggio rinvia
per sineddoche agli altri ordini di condivisione; non a caso si parla di “punto di vista” del perso-
naggio per indicare tutto l’insieme di stati, memorie, sensibilità e valori eventualmente condivi-
si da parte dello spettatore.
162
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
10. Oltre al caso dell’introduzione di una multiaspettualità, che qui approfondiamo, sono pos-
sibili almeno altri tre casi. Il primo è quello di un uso temporaneo della soggettiva in un conte-
sto monoaspettuale: la soggettiva viene assegnata momentaneamente a soggetti alieni che sono
destinati a restare tali. Si tratta di scelte che producono un effetto di disagio per lo spettatore, in
quanto rappresentano inviti alla condivisione e all’intimità percettiva con un soggetto di cui
(ancora) si ignorano stati di coscienza e intenzioni, o di cui già si conoscono o si intuiscono in-
tenzioni e piani di azioni contrari rispetto al punto di vista dei soggetti protesi: per esempio le
soggettive dei mostri di vario genere del cinema dell’orrore. Il secondo caso è quello di un’aspet-
tualità mobile, che transita da un soggetto all’altro: per esempio nel film A Clockwork Orange
(Arancia meccanica, S. Kubrick, gb, 1971) le soggettive e il punto di vista vengono attribuiti nel-
la prima parte del film alle vittime del crudele teppista Alex, e nella seconda parte del film allo
tesso Alex in fase di rieducazione. Infine un terzo caso è quello del soggetto “pseudoalieno”: le
soggettive vengono attribuite a un soggetto sconosciuto che nel seguito del’esperienza mediale si
rivela essere un soggetto protesi.
163
Semiotica dei media
11. La multiaspettualità è estremamente diffusa nelle esperienze mediali: il genere letterario del
romanzo è stato storicamente contraddistinto dalla tendenza a presentare una certa pluralità di
punti di vista e una “polifonia” (Bachtin) di stili di discorso, di visione e di azione nel mondo,
tale da richiedere allo spettatore un costante confronto tra il proprio punto di vista e quelli mol-
teplici presentati all’interno di tali “opere-mondo”.
164
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto
Anche in questo caso l’esperienza mediale riprende una dinamica dell’espe- La disciplina
rienza ordinaria ma la lavora in modo particolare. Essa può porre lo spetta- dell’aspettualità:
tore in relazione con scelte particolarmente articolate, e chiedergli esperi- il design etico
menti mentali complessi circa la scelta della posizione da adottare, dei sog-
getti per i quali parteggiare, delle soluzioni da adottare. Mediante la pro-
gettualità che la contraddistingue, l’esperienza mediale regge e disciplina
un uso “in prova” dei punti di vista altrui, e rende tale esperienza un parti-
colare “laboratorio del giudizio morale” (Ricoeur). Parliamo a questo pro-
posito di un design etico dell’esperienza.
Percorsi di approfondimento
165
Semiotica dei media
• Riprendi il testo breve che hai già analizzato. Come si manifesta il rapporto
tra il soggetto della percezione e il mondo indiretto? Quali configurazioni, di in-
clusione o di esclusione, risultano prevalenti? In che modo lo spettatore viene av-
vicinato oppure tenuto a distanza rispetto al mondo indiretto?
• Analizza, sempre all’interno del testo breve, la relazione tra spettatore e sog-
getti del mondo indiretto: in che modo si distinguono soggetti e oggetti? Come è
possibile distinguere tra i soggetti quelli di primo piano e quelli di sfondo, quelli
individuali e quelli collettivi? Puoi identificare soggetti con i quali sussiste una re-
lazione di condivisione con lo spettatore? Quali aree sono toccate dalla condivi-
sione: percezioni, stati di coscienza contingenti, saperi, affetti, convinzioni e valori
di più ampia portata? Esistono invece soggetti che vengono configurati come
“alieni”?
• Analizza un film o un video recenti nei quali le attività di ripresa siano presen-
ti in modo evidente (per esempio mediante movimenti di macchina instabili,
messa a fuoco incerta e così via). Compila una lista degli effetti che rendono per-
cepibile il lavoro della macchina da presa o della telecamera (o della videocamera
o del videofonino). Confronta questo stile di ripresa con quelli di altri tipi di testi
(per esempio con quelli del cinema “classico”).
• Analizza gli aspetti somatici (compresa voce e gestualità) che contraddistin-
guono i personaggi di alcune fiction televisive contemporanee: quali rapporti di
analogie e di differenze riscontri? Quali sistemi di opposizioni e di analogie vedi
all’opera?
• Analizza uno spot pubblicitario: come viene giocata l’aspettualità, ovvero qua-
li punti di vista risultano prevalenti? Mediante quali tattiche lo spettatore viene
invitato a condividere particolari punti di vista e a rigettarne altri in quanto inade-
guati o inappropriati? Aiutati con le considerazioni specifiche del capitolo 15.
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9
Le relazioni con i soggetti del discorso
1. Premessa
2. L’incubo di Nick
169
Semiotica dei media
figura 1
figura 2
170
9. Le relazioni con i soggetti del discorso
figura 3
figura 4
171
Semiotica dei media
figura 5
172
9. Le relazioni con i soggetti del discorso
Catherine è sicu-
3.1. I soggetti della produzione, dell’intreccio e del formato
ra di aver individuato, nel vivaio notturno squarciato dalle luci delle torce
elettriche, il trasmettitore della web-cam: le frequenze del suono elettro-
nico del rilevatore aumentano sempre più e si uniscono alla musica di ar-
chi che accresce la tensione della scena. Una steady-cam fluida segue i
vari spostamenti della donna che si inginocchia a smuovere la terra. A
questo punto un piano ravvicinato inquadra le mani di Catherine che
scavano disperatamente fino a recuperare il sacchetto di plastica con il di-
spositivo di trasmissione che comprova la scoperta: il movimento di mac-
china è leggermente flottante, quasi a partecipare all’instabilità pratica ed
emotiva del particolare momento; il piano successivo inquadra ancora le
mani di Catherine con il sacchetto: questa volta la macchina è ferma, in
compenso sono le torce dei compagni di squadra accorsi al richiamo della
donna a ondeggiare e rendere internamente animata e instabile l’inqua-
dratura.
Le immagini e il sonoro che descrivono gli istanti del ritrovamento del Il soggetto
luogo in cui Nick è sepolto sono dunque caratterizzati da un costante della produzione
movimento. Come già sappiamo (cfr. cap. 6, par. 3) questo complesso e discorsiva
fluido insieme di trasformazioni visive e sonore è la prima modalità di
manifestazione del discorso: esso costituisce la produzione discorsiva in
atto. Possiamo tuttavia fare a questo punto un passo avanti e osservare
che una simile, incessante mobilità rimanda a uno stato di coscienza di
eccitazione e di frenesia che, perfettamente sintonizzato con lo stato d’a-
nimo della squadra, ne esplicita ed esalta la turbolenza interiore. In altri
termini, la produzione discorsiva si manifesta ora come il corpo di un
soggetto del discorso, oggetto mobile capace di esprimere alcuni stati di
coscienza soggettivi. In questo modo la produzione discorsiva rinvia a
un soggetto responsabile dei suoi andamenti che, attraverso essa, espri-
me i propri stati di coscienza e li rende condivisibili: da entità imperso-
nale essa diventa strumento di un “soggetto (responsabile) della produ-
zione” 1.
173
Semiotica dei media
Il soggetto Andiamo avanti nell’esame della sequenza. Mentre Catherine segnala di-
dell’intreccio sperata la propria presenza a Nick urlando attraverso i tubi di aerazione,
l’inquadratura penetra (quasi a seguire le onde sonore delle grida della
donna) all’interno della bara, per poi passare nel corpo del detective attra-
verso le sue vene (figg. 1 e 2). Questi complessi movimenti di macchina vir-
tuale si prestano a due ordini di considerazioni.
Da un lato essi esibiscono uno scarto e uno spostamento tra due spazi e
due temporalità: dal mondo superiore dei vivi, in cui si svolge la forsennata
ricerca, al mondo infero dei morti, in cui Nick subisce la sua tortura. Due
mondi che differiscono anche dal punto di vista visivo e sonoro: dal buio
tagliato da sciabolate di luce del vivaio ai colori innaturali, verdi e rossi ac-
cesi, dell’interno della bara; dalle urla e dal motivo musicale incalzante del-
la ricerca, ai suoni innaturalmente amplificati del morso delle formiche e
del battito cardiaco del detective sepolto. I movimenti di macchina che pe-
netrano nella bara di Nick esibiscono dunque quel procedimento di com-
posizione e montaggio di materiali eterogenei che rappresenta la seconda
articolazione del discorso: l’intreccio. Anche in questo caso inoltre il proce-
dimento dell’intreccio manifesta il rimando a un soggetto responsabile del-
la gestione complessiva dei materiali espressivi, capace di coordinare i dif-
ferenti materiali espressivi in vista di un risultato unitario: affiora dunque il
profilo di un “soggetto (responsabile) dell’intreccio”.
Il soggetto D’altra parte le inquadrature del viaggio all’interno della bara e del corpo
del formato di Nick mettono in atto un distacco di tipo tecnologico rispetto a quelle
immediatamente precedenti relative alla ricerca del luogo del seppellimen-
to. Se facciamo intervenire alcune elementari competenze relative alle mo-
dalità di realizzazione dell’audiovisivo, riconosceremo che il procedimento
di generazione delle immagini è cambiato: non più normali riprese live più
o meno manipolate in postproduzione, ma brevi segmenti generati in com-
puter graphics. Si profila in tal modo un “soggetto del formato”, responsa-
bile della realizzazione e della impaginazione del discorso in quanto ogget-
to concreto e materiale.
Gradi e forme 3.2. Le evidenze dei soggetti del discorso Abbiamo detto nel cap. 6, par. 3.2,
di manifestazione che il discorso conosce differenti gradi e modalità di manifestazione rispet-
dei soggetti to al mondo indiretto, e che esiste una costante modulazione di tale evi-
del discorso denza. L’emergere o meno del discorso implica evidentemente anche una
maggiore o minore evidenza dei suoi soggetti: nel caso in cui il discorso ri-
mane sullo sfondo, la presenza dei soggetti del discorso resta più o meno
implicita; nel caso in cui il discorso viene figurativizzato nel mondo indi-
retto, anche i suoi soggetti conosceranno una “incarnazione” in soggetti
del mondo indiretto; infine, nel caso in cui avviene una destituzione del
mondo indiretto e della sua coerenza, affiora con particolare evidenza l’o-
perato dei soggetti del discorso, e in particolare del soggetto dell’intreccio.
174
9. Le relazioni con i soggetti del discorso
2. Questo aspetto verrà ripreso nella terza parte, cap. 14, par. 5.
175
Semiotica dei media
Tra le tre accezioni del soggetto del discorso (in quanto responsabile di produzio-
ne, intreccio e formato), sono state soprattutto le prime due ad attirare l’attenzione
della semiotica del testo e del racconto.
Una prima linea di riflessione si concentra sul soggetto del discorso come pro-
duzione. Come abbiamo visto (cfr. Il punto di vista nel testo narrativo, pp. 154-5)
nel suo influente saggio del 1972 Genette aveva invitato a distinguere la questio-
ne del punto di vista da quella della voce narrante. Nell’affrontare la questione
della voce e della narrazione l’autore francese chiarisce che «ogni avvenimento
raccontato da un racconto si trova a un livello diegetico immediatamente supe-
riore a quello dove si situa l’atto narrativo produttore di tale racconto» (ivi, p.
275). Egli distingue così tra tre differenti livelli: extradiegetico, esterno al mondo
prodotto dall’atto narrativo; diegetico (o intradiegetico), interno a tale mondo;
metadiegetico, livello costruito da un atto narrativo di secondo grado: «l’istanza
narrativa di un racconto primo è dunque, per definizione, extradiegetica, come
l’istanza narrativa di un racconto secondo (metadiegetico) è per definizione die-
getica» (ivi, p. 276). Inoltre egli introduce una seconda, complementare distinzio-
ne tra narratori eterodiegetici, presentati come assenti dalla storia narrata, e
narratori omodiegetici, presenti nella storia che essi narrano in quanto perso-
naggi. L’incrocio tra extra/intra da un lato e omo/eterodiegeticità dall’altro per-
mette di costruire una tipologia delle voci narranti. Un capitoletto veloce, poi
ampliato in Genette (1983), segnala la presenza di fronte al narratore di una
possibile figura di ascoltatore o recettore cui il narratore si rivolge, chiamato
narratario.
Nel riprendere le idee di Genette, Greimas osserva che narratore e narratario co-
stituiscono l’esplicitazione di due istanze più astratte di produzione dell’enunciato
presupposte dalla sua semplice esistenza: il destinante o enunciatore da un lato, il
destinatario o enunciatario dall’altro; i narratori e narratari diegetici di Genette
vengono ribattezzati interlocutore e interlocutario. Greimas propone di studiare le
relazioni tra questi attanti alla luce delle categorie e degli strumenti dell’analisi del
racconto, come storie di manipolazione e di sanzione agite dal destinante sul desti-
natario: tra queste strategie occupano un posto di rilievo quelle fiduciarie o di veri-
dizione, tese a stabilire il valore di verità di quanto viene trasmesso (cfr. Greimas,
Courtés, 1979, voci “enunciazione”, “veridizione” e voci collegate). Questa imposta-
zione è stata parzialmente criticata in tempi recenti da Coquet (2007), che rivendica
un fondamento somatico e naturale del soggetto del discorso.
Questa linea di riflessione parte, come è evidente, dalle manifestazioni figurative
dell’istanza di produzione del discorso all’interno del mondo indiretto per risalire
alle forme non figurative della sua presenza. Essa è stata molto influente anche
nella semiotica del cinema: per esempio Casetti (1986) riprende la distinzione di
Greimas tra enunciatore ed enunciatario come istanze astratte, e narratore e nar-
176
9. Le relazioni con i soggetti del discorso
ratario come loro manifestazioni; egli ritiene che questi ultimi agiscano in forma
implicita (informatore e osservatore) o esplicita (narratore e narratari diegetici) ri-
spetto al mondo finzionale mostrato. In altri casi il narratore extradiegetico viene
chiamato narratore-camera (Sara Kozloff), mega-narratore o narratore primario
(André Gaudreault) ecc.
Una seconda linea di riflessione sposta l’attenzione sul soggetto del discorso in-
teso come intreccio. Alcuni studiosi hanno lavorato sull’attività di tale soggetto
in termini di scrittura. Metz (1971) sottolinea come le differenti convenzioni
espressive del cinema (ovvero i codici e i sottocodici cinematografici, siano essi
specifici del cinema o non specifici e comuni ad altre pratiche espressive) non
vengono semplicemente selezionate e messe in atto dai film, ma piuttosto in-
trecciate, modificate e rilavorate al loro interno mediante un processo di sposta-
mento o dislocazione che egli chiama “scrittura” – un termine che ha conosciuto
negli anni settanta una certa fortuna a partire dalle riflessioni post-strutturaliste
di Derrida, Kristeva, Barthes. Nell’effettuare una serie di analisi filmiche sulla
base delle idee di Metz, Raymond Bellour (1979) ha dimostrato che nel cinema
classico americano questo lavoro del film prende la forma di giochi ordinati di
ripetizioni e variazioni. Più recentemente la riflessione sulla “scrittura” ha preso
due strade. Da un lato c’è chi propone di considerarla una pratica sociale collet-
tiva e generale: Fontanille (1994) ha proposto di chiamare quest’attività, di natu-
ra socio-semiotica, prassi enunciazionale. Dall’altro lato c’è chi insiste sulla na-
tura specifica della scrittura: Aumont (1996, p. 150) sostiene che l’immagine cine-
matografica per un verso trasporta e trasforma «elementi di simbolizzazione o
elementi già simbolizzati», per altro verso a partire da essi inventa un senso
grazie al proprio potere figurale.
Altri studiosi hanno lavorato, più che sull’attività di scrittura, sui soggetti dell’in-
treccio in quanto istanze di progettazione del percorso di interpretazione del testo,
percepiti e delineati dal lettore o dallo spettatore nel corso della fruizione testuale.
Così per esempio Eco (1979) riprende l’idea che la lettura del testo implichi la co-
struzione di un profilo dell’autore, che Wayne Booth o Wolfgang Iser chiamano
Autore implicito: Eco parla di un Autore modello quale ipotesi interpretativa avan-
zata dal lettore sulla base della strategia testuale di scambio regolato del sapere.
Bettetini (1984) chiama un simile soggetto Enunciatore modello.
A partire dalla metà degli anni ottanta entrambe le linee di ricerca delineate (sia
quella orientata al soggetto della produzione che quella focalizzata sul soggetto
dell’intreccio) vengono sottoposte ad alcune critiche. Bordwell (1985) ritiene che lo
spettatore sperimenti la presenza di una narrazione (ovvero un set di indizi per la
costruzione di una storia), ma non di un narratore né di un autore implicito, a
meno che la stessa strategia narrativa non gli richieda di costruire il profilo di una
figura autoriale in base a fattori storici e culturali veicolati principalmente da tratti
stilistici. Ancora più radicale la critica di Metz (1991) contro l’idea che la teoria
adotti figure personali e antropomorfe per spiegare i processi di enunciazione fil-
mica. L’unico modo di riproporre oggi la figura dell’enunciatore testuale sembra
177
Semiotica dei media
dunque quella di Odin (2000), che ritiene tale figura costituita dallo spettatore in
base ai modi di produzione del senso culturalmente situati e in particolare alle in-
dicazioni che consentono la fruizione sensata del film di finzione: «l’enunciatore
non è un fatto testuale ma una supposizione e una costruzione dello spettatore o
del lettore» (ivi, p. 66).
4.1. Il soggetto dell’intreccio come apparato Come abbiamo già fatto al cap.
6, dedichiamo una particolare attenzione al discorso in quanto intreccio;
focalizziamo dunque l’attenzione sul soggetto che ne è responsabile.
Marche e stile Torniamo al momento in cui la macchina da presa penetra con un flui-
del soggetto do travelling nel tubo di aerazione, raggiunge il detective sepolto, avan-
dell’intreccio za velocemente sui dettagli delle formiche rosse ingigantite che mordo-
no la sua pelle spostandosi dall’una all’altra (fig. 1). Ciò che ci colpisce
in questo movimento, oltre alla sua abilità tecnica, è la similarità che lo
lega ad altri momenti della serie csi: l’uso del travelling virtuale, che
penetra in spazi angusti o all’interno dei corpi delle vittime e ingrandi-
sce in modo inusitato elementi microscopici per svelare fenomeni nor-
malmente invisibili, è un procedimento espressivo tipico e ricorrente
della serie csi; esso, al pari di altre procedure espressive, conferisce ai
differenti episodi una riconoscibilità immediata e un’identità specifica
rispetto ad altre produzioni di fiction televisiva. Possiamo dire dunque
che nei singoli episodi di csi ritroviamo una serie di configurazioni (sia
sensibili 3, sia relative all’ordinamento del discorso) che con la loro ri-
corsività costituiscono delle impronte capaci di manifestare la presenza
e l’azione di un soggetto riconoscibile, familiare, cui ci lega una condi-
visione di abitudini estetiche e di gusti – un po’ come leggendo la lette-
ra di un amico ritroviamo certe espressioni o un certo ritmo delle frasi
che ci appaiono come una “firma” che lo rende insieme riconoscibile e
presente.
Diremo dunque, da questo nuovo punto di vista, che le configurazioni ri-
3. In effetti abbiamo già incontrato questo fenomeno all’interno del primo snodo dell’esperien-
za mediale: il travelling virtuale in computer graphics è una di quelle configurazioni sensibili, to-
nali e ritmiche, che con la loro ricorsività e le loro variazioni controllate definiscono l’identità
sensibile di una esperienza mediale (cfr. cap. 4, par. 7). Ora, all’interno di questo sesto snodo,
tali configurazioni subiscono una riconfigurazione: esse appaiono come componenti del discor-
so tali da esprimere l’azione ricorsiva del soggetto scritturale; in sintesi, esse vengono riconfigu-
rate quali marche stilistiche.
178
9. Le relazioni con i soggetti del discorso
correnti costituiscono delle marche; e che nel loro insieme le marche defi-
niscono uno stile di scrittura che rimanda a sua volta a un soggetto dell’in-
treccio riconoscibile e familiare 4.
Nel caso della serie csi il soggetto dell’intreccio si costituisce mediante la Marche standard
definizione e la messa in opera di un repertorio di marche stilistiche al- e soggetto-apparato
l’interno dei differenti episodi della serie, indipendentemente dal nome
del regista che firma il singolo episodio: parleremo di tale soggetto in
quanto “apparato”, definito a partire da un set di “marche stilistiche
standard”.
4. La terminologia segue una serie metaforica coerente, relativa alla tecnologia della scrittura: lo
stilus era la bacchetta usata per incidere lettere e numeri sulle tavolette di cera.
5. Il finale della sequenza, con il risveglio di Nick, risolve solo in parte il senso di inquietudine:
certo, esso permette di legittimare la scena dell’autopsia etichettandola come un suo “incubo”,
ma resta l’intromissione di un segmento che resiste a una riduzione ai parametri di lettura ordi-
nari e alle marche stilistiche standard degli episodi della serie.
179
Semiotica dei media
6. Una volta adottata questa chiave di lettura, affiora peraltro una serie complessa di rimandi e
di citazioni e autocitazioni marcatamente tarantiniani: la sepoltura dell’eroe ancora vivo cita l’e-
pisodio analogo di Kill Bill volume 2, del 2004 (uscito nelle sale qualche mese prima della tra-
smissione dell’episodio di csi); la ricerca forsennata della persona rapita e sepolta viva cita un
vecchio film con William Prince, Macabre (William Castle, usa, 1958), dove, con elegante in-
versione dei ruoli, è un padre medico a cercare di salvare la figlia che è stata sepolta viva; alcune
battute dei personaggi (per esempio quella di Grissom al rapitore alla fine della prima parte:
«normalmente avrebbe ragione al cento per cento, ma in questo caso si sbaglia al cento per cen-
to») ricalcano quelle di personaggi di film di Tarantino e così via. Diremo meglio al cap. 10 di
come la notazione di tali marche stilistiche tarantiniane abbia costituito un forte motivo di ag-
gregazione dei fan di Tarantino che in vari siti Internet hanno commentato Grave Danger.
7. Anche il gesto dell’assunzione troppo esibita e insistita di alcune marche stilistiche standard
suona come un gesto scritturale consapevolmente d’autore. Per esempio il travelling digitale di
ingrandimento dei particolari interni e invisibili viene adoperato con un’insistenza sospetta ri-
spetto a un normale episodio di csi: per penetrare, in modo del tutto gratuito, all’interno della
chiavetta usb nella sequenza del «potete solo guardare»; per entrare prima nella bara, poi nel
corpo di Nick, con una duplicazione del movimento, nella sequenza che stiamo esaminando
ecc.
180
9. Le relazioni con i soggetti del discorso
5. La relazione fiduciaria
8. Sui meccanismi della consonanza immediata tra corpo del discorso e corpo dello spettatore e
sulla conseguente “efficacia simbolica” del discorso, ci soffermiamo nella terza parte, in partico-
lare nel cap. 11, par. 3.2.
181
Semiotica dei media
La gestione Sono ancora immerso nella riunione con i miei collaboratori di cui ho par-
della fiducia lato nel cap. 8, par. 5, e stiamo sempre discutendo la possibilità di cooptare
nell’esperienza un nuovo ricercatore nel nostro gruppo di lavoro. A un certo punto una
ordinaria dottoranda mi prende da parte e mi riferisce a mezza voce che il possibile
candidato ha in realtà copiato la sua brillante tesi di dottorato sulle marche
stilistiche nel cinema di Quentin Tarantino da un’opera rumena sullo stes-
so argomento di cui noi tutti ignoravamo l’esistenza. Una simile rivelazio-
ne è ovviamente decisiva nel rifiutare la cooptazione del nuovo studioso;
ma quanto devo credere alla mia collaboratrice? Se convocassi il giovane,
gli chiedessi ragione dell’accusa e lui la rigettasse con sdegno, a chi dare fi-
ducia?
La disciplina Anche sotto questo aspetto dunque l’esperienza mediale riprende e prolun-
della fiducia ga al proprio interno una serie di andamenti dell’esperienza ordinaria. Al
nell’esperienza tempo stesso, essa è in grado di rendere particolarmente insidiosi e com-
mediale: plessi i problemi legati alla fiducia, al credere e alla confidenza: molti film
il design retorico lavorano per esempio sull’idea che “nulla è ciò che sembra” e giocano il
proprio finale su una rivelazione che costringe lo spettatore a riconoscere
come menzognero il soggetto del discorso in cui aveva fino a quel punto ri-
182
9. Le relazioni con i soggetti del discorso
Percorsi di approfondimento
Sullo studio semiotico dei soggetti del discorso si vedano, oltre ai rimandi conte-
nuti in Il soggetto del discorso nel testo narrativo e nel film, pp. 176-8, i manuali di
introduzione alle teorie semiotiche e sull’audiovisivo presentati al cap. 3. Il concet-
to di “rimediazione” è stato introdotto da Bolter, Grusin (1999).
Le questioni relative allo stile, con riferimento rispettivamente alla letteratura e al-
l’arte, vengono inquadrate in C. Segre, Stile, in Segre (1985, pp. 307-30). Più per-
sonale (e radicale) l’approccio di Bottiroli (1997). Nel campo del cinema e dell’au-
diovisivo tale nozione è stata valorizzata da Bordwell (per es. 1997) che insiste sul-
le relazioni tra modi di produzione, evoluzioni tecnologiche, procedimenti ideati-
vi e definizione stilistica. La questione della traccia documentale e delle forme di
esperienza che essa implica è stata rilanciata da Ferraris (2009).
La questione della fiducia si ritrova nella semiotica greimasiana sia a proposito
delle procedure di veridizione, sia nell’analisi di alcune passioni che (come la col-
lera) giocano appunto sulla delusione di attese fiduciarie: cfr. Greimas (1983) e
Greimas, Fontanille (1991). Per alcuni approcci di taglio sociologico si vedano
Gambetta (1988) e Roniger (1992); utili per la declinazione del problema nella so-
cietà contemporanea molti spunti di Giaccardi, Magatti (2003). Il problema della
fiducia e della affidabilità in relazione all’agire comunicativo è stato delineato in
senso filosofico da Petrosino (1999), in chiave sociologica da Gili (2005), e in sen-
so più semiotico e pragmatico da Casetti (2002).
• Riprendi il testo breve che hai già analizzato. Prendi in esame gli elementi e gli
snodi che portano maggiormente in evidenza la presenza operante del soggetto
della produzione, di quello dell’intreccio e di quello del formato.
• Individua le differenti manifestazioni espressive del soggetto del discorso: per-
sonaggi che si rivolgono direttamente allo spettatore, scritte, scorrere complessivo
delle immagini e dei suoni. Che relazioni puoi individuare tra essi? Ti sembra che
lavorino in senso cooperativo o che siano in atto processi di delegittimazione tra i
differenti soggetti?
• Esamina le procedure espressive ricorrenti nel testo che stai analizzando: ta-
glio dell’inquadratura, illuminazione, movimenti di macchina, stili di montaggio
ecc. Quali di esse sono ricorrenti in testi affini (per esempio, se stai analizzando un
10. Un esempio famoso è I soliti sospetti (The Usual Suspects, Bryan Singer, usa/Germania,
1995).
183
Semiotica dei media
Riferimenti bibliografici
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184
9. Le relazioni con i soggetti del discorso
185
10
Le relazioni con i soggetti
del mondo diretto
1. Premessa
2. Un imprevisto finale
2.1. «As I found They Found Nick» Nick si è appena riscosso dall’allucina-
zione. La squadra scava disperatamente, seguita da una camera a mano più
flottante e inquieta che mai. L’orologio di Warrick segna l’ora 0: l’ossigeno
di Nick è finito. Nella bara l’uomo, ormai psicologicamente distrutto e di-
vorato dalle formiche rosse, schiaccia la pistola al collo e sta per premere il
grilletto. A questo punto il mio televisore si spegne: tutta la zona in cui abi-
to è vittima di un black out.
187
Semiotica dei media
figura 1
1. L’attenzione degli utenti di Youtube si sofferma su alcune sequenze particolari: per esempio
il rapimento di Nick (Nick Kidnapped, in 5 parti postate da fruity11, viste da 22.300 a 15.000
utenti circa), o l’incontro con il rapitore che conclude la prima parte (csi: Grave Danger (clip),
postato da SatanicoPandemonium e visto da 17.000 utenti).
188
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto
figura 2
2. Nick Stokes: Grave Danger di Ki20so domina con più di 24.000 contatti, ma i rifacimenti e le
sintesi sono molte (per esempio Grave Danger in 10 minutes, di Shortmoose offre ai suoi circa
12.000 contatti l’occasione di una visione “compattata” del doppio episodio).
3. La stessa MissyWatson ha postato lo stesso clip in due parti separate, entrambe molto viste:
Nick Stokes: Grave Danger (14.600 contatti) e Nick Stokes is Saved (24.700 contatti circa).
189
Semiotica dei media
2.2. Di cosa parliamo quando parliamo di Grave Danger Scorro i primi inter-
venti e mi accorgo che essi sono dei racconti dell’esperienza mediale di vi-
sione di Grave Danger o di alcuni suoi momenti salienti. La possibilità di
rivedere il clip, tipica del sito che stiamo esplorando, è in questo caso deci-
siva in quanto consente allo spettatore di rendere nuovamente presente il
ricordo dell’esperienza mediale e di ricostituire in tal modo la stessa espe-
rienza in forma viva e attuale 4:
190
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto
A questo punto sono curioso di esplorare altre reazioni degli spettatori alla
trasmissione di Grave Danger. Mi metto così alla ricerca di blogs che hanno
ospitato opinioni e pareri “a caldo” all’indomani della trasmissione in pri-
ma visione del secondo episodio sulla rete televisiva cbs 8. Trovo diversi si-
ti che ospitano discussioni di questo tipo: le opinioni si fanno di più ampio
respiro e al centro dell’attenzione si collocano le particolari scelte effettuate
da Tarantino rispetto alle marche stilistiche standard della serie. Da un lato
si delinea la comunità dei fan del regista, che dichiara il proprio apprezza-
mento per le anomalie introdotte e fa partire un gioco di riconoscimento
delle marche tarantiniane. Per esempio nel blog Everything Tarantino
(http://www.everythingtarantino.com/data/csi.shtml) il moderatore sotto-
linea in un intervento del 20 maggio che
It was also nice to see some of Tarantino’s influence show up in the show. Most
noticably for me was the two conversations – first between Nick Stokes and the
black csi guy in the locker room, and the second between the old guys at the bar
with the csi’s dad who ended up giving them the $1M.
7. Si noti che quest’ultima battuta di GroovyGirl88 cita quella che Sara dice a Grissom nella
parte iniziale di Grave Danger, allorché il detective ipotizza che le due ragazze assassinate siano
due gemelle.
8. Avvenuta il 19 maggio 2005: la trasmissione ottenne un’audience di ben 30,3 milioni di spet-
tatori, registrando un record assoluto di ascolti per la serie csi.
191
Semiotica dei media
Another amusing note which ties in a funny way is that The Turtles did the song
Outside Chance on the tape that was sent to csi. Well, in Kill Bill Vol.1, when
Uma Thurman is about to fight Lucy Lui, the song Please Don’t Let Me Be Mi-
sunderstood plays as they start to duel. Although the song in the movie was done
by Santa Esmeralda, it was actually a remake of the same song, except it was origi-
nally done by...The Turtles! :)
Siti web Riflettiamo sul tipo di esperienza mediale che abbiamo appena fatto con-
e osservabilità sultando Youtube e gli altri siti Internet in cui si svolgono discussioni su
delle relazioni sociali Grave Danger. Il fatto più immediatamente evidente è che abbiamo incro-
ciato un’ampia serie di discorsi: le stringhe di pareri postati su Youtube o i
vari interventi sui blogs con le relative risposte. D’altra parte spiccano con
altrettanta evidenza le differenze tra questi oggetti e soggetti discorsivi e il
discorso, così come esso ci è apparso in Grave Danger. Tali differenze sono
sostanzialmente due, e si possono individuare facendo riferimento ai para-
metri di distinzione delle esperienze mediali introdotti nel cap. 2, par. 3.
Anzitutto la conformazione del formato non è più lineare e definita ma
9. Molto spesso, come in questo caso, i nicknames scelti dai fan di Tarantino riprendono i nomi
di più o meno famosi personaggi tarantiniani.
192
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto
193
Semiotica dei media
La ricezione testuale
A partire dalla fine degli anni settanta si delinea all’interno della semiotica un’at-
tenzione per il ricettore del testo nelle sue varie forme di lettore, spettatore, osser-
vatore di immagini fisse. Il ricettore passa dal ruolo di semplice decodificatore di
informazione a quello di un soggetto attivo in grado di mettere in atto una serie di
operazioni complesse e articolate. Giocano nel campo semiotico due spinte con-
giunte (cfr. Eco, 1990, pp. 17-21): da un lato una linea semiotico-strutturale che rea-
gisce al dominio eccessivo della nozione classica di struttura dell’opera e recupera
il ruolo, il piacere e la libertà della lettura del testo (per esempio con i lavori che
Roland Barthes produce negli anni settanta); dall’altro lato una linea fenomenolo-
gica ed ermeneutica che (a partire dai lavori di Roman Ingarden degli anni trenta e
mediante le riprese di Wolfgang Iser negli anni settanta) sottolinea l’idea che l’esi-
stenza del testo è legata all’atto della sua lettura e che quindi il testo stesso va
consultato come un costante appello alle attività del proprio lettore implicito e im-
plicato. Di fronte alla figura del soggetto del discorso in quanto enunciatore o Auto-
re Modello (cfr. Il soggetto del discorso nel testo narrativo e nel film, pp. 176-8), si
precisa dunque la figura simmetrica del soggetto cui il testo è destinato. Da un lato
la semiotica generativa greimasiana insiste sulla presenza dell’enunciatario o de-
stinatario e sulle sue figurativizzazioni all’interno dei racconti; dall’altro lato la se-
miotica interpretativa delinea la figura di un lettore implicito o Lettore Modello,
inteso come «un insieme di condizioni di felicità, testualmente stabilite, che devo-
no essere soddisfatte perché un testo sia pienamente attualizzato nel suo contenu-
to potenziale», e dunque una strategia testuale «il cui profilo intellettuale è deter-
minato solo dal tipo di operazioni interpretative che si suppone (e si esige) che egli
sappia compiere» (Eco, 1979, pp. 61-2). Un’idea simile traspare anche dal concetto
di posizionamento dello spettatore che affiora negli studi di taglio semiotico sul ci-
nema e viene canonizzata dalla cosiddetta “Screen theory”.
Questa svolta collega e separa al tempo stesso la semiotica da una rete di studi più
ampia e variegata che si raccoglie sotto l’etichetta di reception and audience
studies, al cui interno confluiscono due filoni di ricerca: da un lato un filone umani-
stico di teoria dell’arte, della letteratura e dei media; dall’altro un filone sociologi-
co, antropologico ed etnografico di ricerca sulle pratiche microsociali di consumo
letterario, artistico e mediale, e sulle loro relazioni con i fenomeni macrosociali. I
punti di collegamento tra la semiotica e gli audience studies sono due: il ricettore
viene considerato un soggetto attivo e questa attività viene vista in termini cogniti-
vi, come una produzione di senso e di significati. Anche i punti di contrasto sono
due. Da un punto di vista metodologico gli audience studies contestano che la se-
miotica mediante le proprie analisi testuali possa individuare l’effettivo operare
cognitivo e pratico dei pubblici, che non è necessariamente legato alle determina-
zioni testuali e che si può cogliere solo mediante metodi di rilevazione empirica
(per esempio i metodi etnografici di osservazione partecipante). Da un punto di vi-
194
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto
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Semiotica dei media
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10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto
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Semiotica dei media
importante osservare, alla luce di quanto abbiamo detto sopra, che questa
esperienza di condivisione tra lo spettatore e i soggetti del mondo indiretto
costituisce già di per sé una relazione sociale elementare: essa permette allo
spettatore di sentire di far parte di un gruppo cui lo lega un bagaglio di co-
noscenze, affetti vissuti, intenti attuali.
Ma c’è di più. Questo legame di condivisione si ritrova ora non solo nel-
la relazione tra spettatore e singolo personaggio, ma altresì nelle relazioni
tra gli stessi personaggi: il sentire comune e l’agire cooperativo della
squadra csi (il suo costituire, in base a quanto detto in cap. 8, par. 4.2,
un “soggetto collettivo”) vengono messi in risalto in modo insistente.
Così, gli stessi gesti salvifici vengono compiuti ora dall’uno ora dall’altro
dei suoi componenti: per esempio lo scavare, lo scuotere la terra dalla
bara e così via; in alcuni casi viene inoltre sottolineato il legame affettivo
tra i detective: Warrick per esempio non vuole allontanarsi dalla bara
senza aver salvato Nick; per arrivare infine alla battuta finale di Grissom
che conclude la sequenza riaffermando la compattezza del gruppo: «I
want my guys back!» 10.
Il superamento A partire di qui la sequenza del recupero di Nick si configura come la cele-
del diaframma brazione cerimoniale del recupero e della riammissione di uno dei membri
dello schermo all’interno della comunità. È importante osservare che questa cerimonia ri-
produce l’attraversamento dello schermo televisivo e si presta dunque a es-
sere interpretata dallo spettatore come un ripercorrere e celebrare la pro-
pria ammissione alla condivisione di saperi, affetti e memorie che lega la
squadra. Pensiamo alla sottosequenza del dialogo tra Grissom e Nick, an-
cora nella bara: una serie di soggettive alternate mostra il dialogo tra il capo
della squadra e il suo detective separati dalla lastra di plexiglas trasparente
ma sporca e graffiata. Questa barriera di separazione inizialmente divide in
modo drammatico Nick dal contatto con il suo capo, un po’ come avveni-
va per la vetrata che abbiamo analizzato al cap. 7. In un secondo momento
tuttavia essa si trasforma in una superficie di comunicazione e di contatto:
per rassicurare Nick, Grissom poggia la mano sul lato esterno e invita Nick
a fare altrettanto (fig. 2). Infine il coperchio viene rimosso e le mani di
10. Il forte legame che lega i membri della squadra csi emerge con evidenza in molte altre occa-
sioni nel corso dell’episodio: esemplare al riguardo la sequenza dell’attivazione della chiavetta
usb e del conseguente spettacolo di Nick nella bara mostrato dalla web-cam e vissuto collettiva-
mente dalla squadra (analizzato al cap. 7). L’essere gettati in una stessa situazione di visione e di
ascolto, il richiamo di memorie e affetti comuni, l’esperienza lacerante di una medesima soffe-
renza e di un’impotenza condivisa – in una parola: il veder morire Nick insieme – riattualizzano
e rinnovano un forte legame comunitario tra i soggetti del mondo indiretto; al tempo stesso, la
forte analogia tra la situazione vissuta dai soggetti del mondo indiretto e quella dello stesso spet-
tatore all’interno del mondo diretto orienta l’attenzione di quest’ultimo verso l’esistenza di una
rete di legami orizzontali che lo legano ad altri spettatori partecipi della stessa esperienza media-
le di visione di Grave Danger.
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10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto
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Semiotica dei media
di vuoti che spetta al pubblico colmare mediante forme più o meno coope-
rative di interpretazione. Tali vuoti possono essere colmati mediante il ri-
corso a una conoscenza più estesa della serie e al recupero di mappe situa-
zionali precedenti relative al mondo di csi: queste sono necessarie ad
esempio per cogliere il significato della frase di Grissom «I want my guys
back». Oppure possono richiedere la conoscenza di altre serie televisive: il
soprannome “Pancho” dato dal padre di Nick al ragazzo e ripreso da Gris-
som nella sequenza che stiamo analizzando deriva probabilmente dalla vec-
chia serie televisiva degli anni cinquanta The Cisco Kid. O, infine, possono
richiedere l’intervento di competenze specifiche del mondo diretto: per
esempio le parole che Grissom legge sulle labbra di Nick attraverso la web-
cam e che lo spettatore non può ascoltare (negli scambi in Youtube, un ra-
gazzo sordo che sa leggere il labiale ne rivela il contenuto agli altri users).
Non è un caso che a tutti gli esempi appena citati corrispondano altrettanti
scambi di informazioni nei gruppi di discussione su Internet: l’atteggia-
mento di elusione è infatti un primo procedimento utile al riorientamento
del legame fiduciario dalla relazione tra spettatore e soggetto del discorso a
quella tra i vari spettatori. In particolare tale procedimento denuncia pub-
blicamente l’esistenza di un segreto e sollecita quindi una ricerca collettiva
dei frammenti di verità mancanti o deficitari.
Le allusioni Un secondo aspetto pertinente riguarda più direttamente il soggetto del-
del discorso l’intreccio in quanto autore (cfr. cap. 9, par. 4.2). In questo caso si percepi-
sce un atteggiamento non tanto di elusione, quanto di “allusione”: l’autore
fornisce allo spettatore costanti e fuggevoli rinvii a conoscenze specifiche
relative al mondo mediale o a particolari patrimoni iconografici. Pensiamo
alla grottesca figura di Nick nella bara: i due tappi scuri che si è ficcato nel
naso pendono sul davanti come dei grotteschi baffetti alla Hitler, mentre i
pezzi di stoffa infilati nelle orecchie lo rendono simile a un buffo animale
da cartone animato, una sorta di enorme, mostruoso Bugs Bunny (fig. 2).
Ancora: nei ralenti che seguono il recupero del detective, il corpo e il volto
sono percorsi da un tremore gelatinoso e ricordano alcune inquadrature di
scene di azione alla Sergio Leone o alla Sam Peckinpah.
Anche a questo proposito non è casuale che molti interventi nei blogs dei
fan di Tarantino si siano dedicati a una collazione minuziosa dei numero-
sissimi rinvii disseminati dal regista in Grave Danger. Il procedimento
dell’allusione costituisce infatti una seconda modalità di riorientamento
della relazione fiduciaria che, in tal modo, passa dal garantire il legame tra
spettatore e autore all’alimentare la relazione sociale tra gli spettatori al-
l’interno del cosiddetto fandom – l’insieme dei mondi discorsivi ristretti,
costruiti e abitati dagli appassionati di particolari serie, personaggi, autori
mediali.
200
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto
Percorsi di approfondimento
201
Semiotica dei media
mente sullo sfondo della nostra riflessione è quello del grado e del tipo di “libertà”
e di autodeterminazione del soggetto dell’esperienza sociale e mediale; ci hanno
aiutato a orientarci le riflessioni di Cesareo (1998, 2004). La questione è stata ri-
lanciata di recente in termini aggiornati e problematici da Magatti (2009).
I problemi relativi ai nuovi media e alla loro analisi semiotica verranno approfonditi
nei Percorsi di approfondimento del cap. 16. Per la questione più specifica del rappor-
to tra nuovi media e legami comunitari il testo classico è Rheingold (1993); un in-
quadramento accurato negli articoli di Nancy K. Baim e di Nicholas W. Jankowski
all’interno di Lievrouw, Livingstone (2006, rispettivamente alle pp. 5-36 e 37-66
dell’edizione italiana). Sul legame tra relazioni sociali in rete e identità del soggetto
cfr. la ricognizione e le ricerche di Tosoni (2004). Sui fenomeni legati al fandom ri-
mandiamo a Scaglioni (2006), cui ci lega anche l’interesse per un approccio al feno-
meno in chiave di esperienza.
Le questioni relative al ruolo del lettore/spettatore/osservatore nelle teorie, semio-
tiche e non, presentano una bibliografia molto ampia. Oltre ai testi citati in La ri-
cezione testuale, pp. 194-6, si vedano Bertoni (1996) per una ricognizione nell’am-
bito della teoria della letteratura e Denunzio (2004) per una ricognizione di ampio
respiro sulle teorie dello spettatore cinematografico. Più focalizzato sui temi che
abbiamo affrontato, e dedicato alla figura dello spettatore di cinema, è Fanchi
(2005).
Alcuni testi che introducono agli audience studies sono (oltre a quelli citati alle pp.
194-6 di questo capitolo) Moores (1993), McQuail (1997), Livingstone (1998), Li-
volsi (2003), Gillespie (2005), De Blasio et al. (2008).
• Riprendi ancora una volta il testo breve che hai già analizzato. Puoi reperirvi
delle traduzioni figurative del legame comunitario tra soggetti sociali e/o spettato-
ri? Puoi individuare eventualmente dei riferimenti che richiedono pratiche di de-
codifica e di interpretazione particolarmente elaborate e quindi tali da incoraggia-
re una collaborazione tra spettatori? Ti vengono in mente altre esperienze mediali
in cui puoi ritrovare tali caratteristiche?
• Cerca in Internet la presenza di commenti riferiti a vario titolo allo spot o alla
campagna che stai analizzando: su quali principi si basano tali commenti? È possi-
bile individuare la costruzione di forme di comunitarietà? È possibile pensare che
queste fossero previste e incoraggiate dallo stesso spot?
• Esamina vari tipi di interazione on line: blogs, discussioni in differita, chat live
(per esempio mediante Messenger o altri software simili), social networks (come
Facebook), siti di giochi on line eccetera. Prova a stilare una mappa delle differenti
tipologie di esperienza di legame comunitario chiedendoti come si presentano i
differenti soggetti, quali sono le forme della loro interazione, quali insiemi di me-
morie e valori sono posti in condivisione, quali pratiche vengono messe in atto,
quali regole e quali vincoli vengono richiesti ecc.
202
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto
• Scegli un prodotto culturale “di culto”, ovvero riguardo al quale esiste una
consistente produzione di interventi e di commenti di fan (per esempio la saga di
Harry Potter o Il Grande Fratello). Analizza le produzioni del fandom, individua le
differenti tipologie ed esamina in che modo esse si incrociano con la tipologia del-
le forme di comunità on line del punto precedente.
Riferimenti bibliografici
203
Semiotica dei media
204
Parte terza
L’analisi delle esperienze mediali
La terza parte di questo libro, dal cap. 11 al cap. 16, prende in esame singole
tipologie di esperienza mediale. Nella prima parte (cap. 2, par. 3) avevamo
introdotto alcuni criteri generali che ci permettono di distinguere in termi-
ni concreti e operativi tra differenti forme dell’esperienza mediale. La “visi-
ta guidata” che abbiamo effettuato nella seconda parte ci ha portati a esa-
minare da vicino un caso di fiction televisiva; per quanto abbiamo cercato
di estendere costantemente le nostre considerazioni all’esperienza mediale
in generale, si è trattato comunque dell’esame ravvicinato di un tipo speci-
fico di esperienza situata e ad attivazione automatica, testuale (per quanto
inserita in un flusso) e finzionale. I capitoli della terza parte intendono pre-
sentare altre forme di esperienza mediale, e fornire gli strumenti adeguati
per analizzarle.
Il lettore potrebbe temere a questo punto che ci prepariamo ad applicare il
modello di analisi dei sette snodi, delineato nella parte precedente, a cia-
scuna delle tipologie che stiamo per presentare. Su questo intendiamo, al-
meno in parte, tranquillizzarlo: i capitoli che seguono focalizzano la pro-
pria attenzione solamente su alcuni degli snodi individuati, e in particolare
su quelli che ci permettono di mettere in risalto i caratteri specifici delle
differenti forme dell’esperienza mediale. Tuttavia, essi non contengono
solo qualcosa in meno rispetto alla seconda parte, ma anche qualcosa in
più: alcuni aspetti, che per ragioni di lunghezza o di pertinenza erano rima-
sti in ombra nell’excursus condotto nella seconda parte, verranno ripresi e
adeguatamente valorizzati in questa sede.
Anche in questa terza parte basiamo le nostre considerazioni sull’analisi di
alcuni casi concreti, scelti con una certa libertà tra esperienze mediali con-
temporanee o, in alcuni casi, del passato più o meno recente. I vari casi
vengono introdotti nel primo paragrafo e ripresi nel corso di ciascun capi-
tolo, fornendo mano a mano concetti e terminologia di analisi: confermia-
mo in tal modo l’impostazione operativa adottata nella prima e seconda
parte. I riquadri interni ai capitoli cambiano funzione: essi riassumono ora
gli approcci della semiotica (in particolare della semiotica del testo) alle
particolari tipologie di media che vengono prese in considerazione.
205
11
L’articolo della stampa quotidiana
1. Premessa
Nel novembre del 1951 il Po esonda a causa delle forti piogge; la zona del
Polesine, in Veneto, subisce una grave inondazione: i morti sono più di ot-
tanta e i senzatetto circa 180.000. Si tratta della prima grande tragedia natu-
rale italiana del dopoguerra. Il giovane cronista Enzo Biagi visita con im-
207
Semiotica dei media
Eran passate da poco le 10. Cadeva qualche goccia. I pescatori di Goro e i marinai
romagnoli, si eran già sdraiati sul fondo delle battane, o in un angolo riparato del
barcone, per chiudere un occhio. Il soldato addetto al centralino della base di
Corbola stava scrivendo una lettera alla ragazza. Nella stanza da pranzo della Trat-
toria degli autisti, il generale Petroni esaminava, al lume di una lampada, gli ulti-
mi dispacci. Pareva che la giornata fosse conclusa. Si udiva, lontano, il rombo di
qualche motore, e il muggito delle vacche ammassate sugli argini. Moto-barche e
zattere ondeggiavano, leggere, nell’improvvisato porticciolo. Solo le ronde batte-
vano i piedi sull’asfalto umido, stancamente. Gli operatori delle fotoelettriche get-
tavano fasci di luce fredda sull’immensa laguna. Ma a un tratto si udirono delle
grida: «Allo zuccherificio di Bottrighe chiamano aiuto».
1. Gli articoli di Biagi sul Polesine sono stati ripubblicati in F. M. Battaglia, B. Benvenuto (a
cura di), Professione reporter. Il giornalismo d’inchiesta nell’Italia del dopoguerra, Rizzoli bur, Mi-
lano 2008; il brano analizzato è alle pp. 60-2.
208
11. L’articolo della stampa quotidiana
ta corsa dell’uomo fu accompagnata dall’abbaiare dei cani randagi che vagano per
la campagna.
Allora i pontieri saltarono su un motoscafo e, guidati dalla scia dei riflettori, pun-
tarono verso quella stanza dove stava per entrare la morte. Manovrarono con abi-
lità, si immersero nella corrente, ma riuscirono ad afferrare quelle braccia che, di-
speratamente, cercavano una mano amica. Dissero i due guardiani: «Quando tut-
to sarà finito faremo costruire una nicchia e vi porremo una statuetta di San Cri-
stoforo, che portò Gesù attraverso le onde».
Poi la luce dei grossi fari si spostò verso un altro punto, verso la sezione Maternità
dell’ospedale di Adria. Si era saputo che una donna era stata colta dalle doglie, ma
nella città non c’è energia elettrica e i medici visitano e operano in ambienti ri-
schiarati dalle candele. Allora i soldati orientarono quelle sorgenti luminose sui
padiglioni, sulle corsie, dove un bimbo stava per affacciarsi a questo mondo. E i
due gemellini – che riempirono di strilli le deserte camerate – furono accolti da un
bianco chiarore, non videro, nell’aprire per la prima volta gli occhi, ombre pauro-
se, ma il dolce e sorridente volto della mamma.
Più tardi albeggiò e vedemmo spuntare i rossi anfibi dei vigili. C’erano a bordo
non molti passeggeri. Disse il comandante del primo scafo: «Ad Adria, il livello è
andato su di dieci centimetri, e sulla superficie affiorano spesso carogne di anima-
li. I buoi hanno i ventri gonfi, enormi; i maiali scivolano via con le corte zampe ri-
volte verso il cielo. Solo le anitre e le oche si divertono a giocare, e pescano con fa-
cilità. Ma le bestie morte inquinano l’acqua, e vedrete che tra non molto scoppierà
qualche caso di tifo».
Raccontò pure che, dalle parti di Rovigo, nei paesi, molti chiudevano le imposte
delle finestre per ingannare i pompieri che, sfidando grossi pericoli, cercavano di
condurre in salvo gli abitanti dei casolari minacciati.
«Hanno seccato chili e chili di pane, disse, ammazzano galline, bollono l’acqua, e
si preparano a una lunga resistenza. Si sentono assediati da noi, e non dal fiume.»
[...]
3.1. Le voci di dentro Leggiamo il titolo e l’inizio dell’articolo: come si svol- La lettura:
ge questo tipo di esperienza mediale? È evidente che, al contrario di quanto l’organismo
accade per l’audiovisivo, il passaggio dall’incontro di materiali sensoriali allo come player
svolgimento dell’esperienza mediale non è automatico: l’esperienza va attiva-
ta e costantemente sostenuta mediante una serie di operazioni svolte dallo
stesso soggetto. In questo caso insomma non c’è un player automatico: è il
soggetto dell’esperienza stesso con il suo organismo – ovvero il suo sistema di
mente e corpo – a svolgere il ruolo di dispositivo di attivazione.
Questa attivazione avviene mediante l’operazione della lettura: il soggetto La presenza
opera una traduzione dei segni grafico-verbali in un flusso sonoro articola- della voce
to che fa risuonare interiormente. Il lettore deve insomma recitare per sé
209
Semiotica dei media
Toni e ritmi 3.2. Espressione vocale ed efficacia simbolica Nella lettura, dunque, il sog-
della voce getto dell’esperienza traduce un tessuto di segni grafici in un flusso vocale
interiore, e costituisce in tal modo la percezione della presenza di uno o più
soggetti della produzione discorsiva in quanto voci. Occorre prestare at-
tenzione alla particolare relazione che lega il soggetto dell’esperienza e il
soggetto della produzione discorsiva.
Torniamo al nostro articolo, leggiamo il primo periodo e prendiamo in esa-
210
11. L’articolo della stampa quotidiana
211
Semiotica dei media
2. Con la sola eccezione della frase «Disse l’altro: “Preghiamo”», isolata a separare i due periodi
che descrivono la disperazione dell’essere intrappolati e il sorgere della speranza per il grido
ascoltato.
212
11. L’articolo della stampa quotidiana
L’informazione giornalistica ha attratto l’attenzione della semiotica fin dai suoi pri-
mi sviluppi. Quotidiani e rotocalchi sono analizzati da Roland Barthes in vari saggi,
con l’intento di individuare i sistemi mitologici e ideologici di cui sono portatori e
le strategie di naturalizzazione che mascherano il loro fondamento culturale: per
esempio Barthes (1961) analizza l’interazione tra l’articolo e l’immagine fotografica
che lo accompagna, mentre Barthes (1962) studia la struttura narrativa della noti-
zia di cronaca.
Negli anni successivi l’intento critico della primissima generazione semiotica resta
vivo e si ridefinisce in base ai nuovi strumenti della semiotica. Di qui due approcci
(cfr. Eco, 1997): uno di taglio sociolinguistico attento soprattutto a denunciare l’uso
di linguaggi settoriali e criptici nei quotidiani (cfr. per esempio Eco, 1971 e Dardano,
1986), e uno di taglio testuale che analizza le strategie di presentazione delle noti-
zie con l’intento di smascherare la loro presunta obiettività: per esempio Bettetini
(1981) esamina l’intreccio di forme narrative e commentative; Veron (1981) analizza
le forme di costruzione semiotica dell’avvenimento; Calabrese e Violi (1984) porta-
no alla luce le strategie di individuazione dei contenuti chiave nel “Corriere della
Sera” e in “Repubblica” (ma sulla lettura del quotidiano in generale cfr. anche Ca-
labrese, Violi, 1980); la ricerca coordinata da Buscema (1982) pone al centro dell’at-
tenzione e dell’analisi i telegiornali.
A partire dalla seconda metà degli anni ottanta si assiste a una serie di trasformazio-
ni: cambia l’informazione, sia a stampa sia televisiva, mentre cresce il fenomeno del-
l’informazione sui nuovi media; e cambiano anche gli atteggiamenti della semiotica:
questa rinuncia alle questioni legate all’“obiettività” dell’informazione (cfr. Landow-
ski, 1984, trad. it. pp. 153-64); riprende il suo dialogo con la (micro e macro) sociolo-
gia dei media e dell’informazione; presta una nuova attenzione agli aspetti del sensi-
bile e delle emozioni anche in questo settore. Derivano di qui lavori quali quelli di
Ferraro (1994) e Pozzato (2004), che analizzano l’informazione alla luce dei processi
di costruzione di immagine; Marrone (1998, 2010), che studia l’interazione di forme
del sensibile, forme narrative e forme passionali nella definizione dell’identità delle
testate giornalistiche televisive; Montanari (2004) che lavora sulle continuità e di-
scontinuità del racconto della guerra nei differenti media.
Invitiamo a questo punto il lettore e rileggere la nostra analisi della sequen- La relazione
za del ritrovamento del luogo di sepoltura di Nick in Grave Danger effet- di consonanza
tuata al cap. 9. Ci si accorgerà come questa particolare relazione di conso- immediata
nanza immediata con il soggetto della produzione discorsiva, che abbiamo con il soggetto
qui sviluppato a proposito di un soggetto vocalizzante, possa essere estesa della produzione
anche ad altri tipi di esperienze mediali. Nel caso dell’audiovisivo potrem- discorsiva
mo parlare di una vocalizzazione visivo-sonora, per esprimere l’idea che
anche in questo caso le produzioni discorsive vengono vissute come flussi
213
Semiotica dei media
Fiducia e veridizione 4.1. La voce del cronista e la relazione fiduciaria I meccanismi di consonanza
immediata che legano il soggetto dell’esperienza a quello della produzione
discorsiva costituiscono la base per la costruzione della specifica relazione
fiduciaria tra essi; in particolare tale relazione fiduciaria concerne il valore
di verità del discorso espresso dalla voce (cfr. cap. 9, par. 5). Tale relazione
è anzi particolarmente importante nel caso di un’esperienza mediale di
tipo fattuale, affrontata dal lettore o spettatore nella consapevolezza di un
rapporto di continuità tra il mondo indiretto e quello diretto: la voce del
soggetto del discorso costituisce il nostro legame esperienziale con un
mondo che si estende in continuità con quello in cui viviamo e operiamo,
e non semplicemente con un mondo “altro” quale quello dell’esperienza di
finzione.
La natura La voce del soggetto del discorso è dunque attenta a legittimare lo statuto
testimoniale della di verità di quanto dice; questo avviene mediante due tattiche. La prima
voce del cronista consiste nell’adozione del tono piatto e dimesso che abbiamo analizzato:
esso si incarica di costruire o ribadire la natura testimoniale della voce del
cronista rispetto al mondo indiretto. Il soggetto della produzione discorsi-
va, nell’atto di riferire gli avvenimenti, manifesta un’attenzione quieta e
pacata, raramente percorsa da fremiti comunque controllati. In tal modo
questa voce denuncia una propria appartenenza sociale: essa recupera e ri-
badisce il ruolo socioculturale del “cronista”, il cui mandato è quello di ri-
cercare, guardare e riferire senza coinvolgersi e dunque senza viziare i crite-
ri di credibilità e di affidabilità 3.
L’origine del dire La seconda tattica (strettamente connessa alla prima) consiste nel denun-
e del mostrare ciare più o meno implicitamente l’arché, l’origine del proprio dire. Essa si
coglie in modo particolare alla fine del brano che analizziamo. Qui per un
verso la voce narrante si mette improvvisamente in scena all’interno del
mondo indiretto in quanto soggetto di osservazione solidale con il mondo
osservato (Più tardi albeggiò e vedemmo spuntare i rossi anfibi dei vigili). In
tal modo il soggetto della produzione discorsiva si presenta come lo stesso
soggetto della percezione del mondo indiretto, legato a tale mondo da un
rapporto di inclusione (cap. 8, par. 3.2); si tratta di una tattica che raggiun-
3. La questione dell’appartenenza sociale della voce del soggetto della produzione è più com-
plesso, e verrà ripreso nel cap. 14, par. 3. Per il momento osserviamo che la qualificazione socio-
semiotica del cronista viene definita anche dagli aspetti lessicali, con la compresenza di forme
paraletterarie (“eran”), termini semidialettali (le “battane”) o forme colloquiali (“chiudere un
occhio”), che ricorrono in tutto l’articolo.
214
11. L’articolo della stampa quotidiana
4.2. Racconto e commento La voce del soggetto del discorso esibisce dun- Il soggetto
que un’attività che consiste in un semplice riferire: vengono esclusi inter- della produzione
venti diretti ed espliciti che permettano di determinare una linea interpre- e i commenti espliciti
tativa, e lo stesso tono emotivo della voce resta quieto e distaccato; in tal
modo viene stretto e ribadito il legame fiduciario tra il lettore e il soggetto
della vocalizzazione in quanto “cronista” e testimone. In altri casi questa
stessa voce potrebbe tuttavia assumere un andamento opposto, e intercala-
re o sostituire al racconto dei fatti un commento degli stessi: è il caso per
esempio degli articoli di fondo o di opinione che danno per scontata la co-
noscenza delle vicende cui fanno riferimento e si impegnano piuttosto a
esprimere dei pareri e delle interpretazioni.
Tuttavia le chiavi interpretative che il soggetto della vocalizzazione lascia Il soggetto
da parte vengono rimesse in gioco dal soggetto responsabile dell’intreccio dell’intreccio
nell’articolo di Biagi. Il lavoro di scelta e montaggio degli episodi non è in- e i commenti
fatti casuale ma costituisce una linea interpretativa coerente dell’accaduto. impliciti
Tale linea interpretativa adotta una rete di simboli e riferimenti di tipo re-
ligioso e cristiano: la preghiera dei due guardiani imprigionati, esibita nella
frase isolata e dal titoletto della sezione; il vento che, come simbolo divino
dello Spirito, porta l’estremo grido di aiuto dei due ad altri uomini; il pro-
215
Semiotica dei media
Percorsi di approfondimento
216
11. L’articolo della stampa quotidiana
Riferimenti bibliografici
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Semiotica dei media
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12
La grafica del periodico illustrato
1. Premessa
219
Semiotica dei media
2. Corpi in copertina
Gli ultimi anni hanno visto un boom delle riviste dedicate al corpo e alla
salute; la moltiplicazione delle testate ha coinciso con una differenziazione
di destinatari e quindi di tagli e impostazioni. Per la nostra analisi abbiamo
scelto tre riviste mensili il cui titolo indica immediatamente un riferimento
a corpo e salute, ma che sono al tempo stesso molto differenti l’una dall’al-
tra: si tratta dei numeri usciti nel febbraio 2009 di “Ok. La salute prima di
tutto”, “Men’s Health” e “Salute naturale”.
“Ok. La salute prima di tutto”, edita dal gruppo rcs, si presenta come
un periodico femminile: la copertina (fig. 1) esibisce l’attrice Stefania
Rocca, mentre gli “strilli” evidenziati in rosso presentano articoli e servizi
dedicati all’amore, al dimagrimento, alle confessioni di alcuni divi soprat-
tutto televisivi. “Men’s Health”, del gruppo Mondadori, denuncia fin dal
sottotitolo (Il magazine maschile più letto nel mondo) la propria destina-
zione (fig. 2): campeggia in copertina in piano americano l’attore Hugh
figura 1
220
12. La grafica del periodico illustrato
figura 2
figura 3
221
Semiotica dei media
Visione 3.1. L’esplorazione sensomotoria del formato Partiamo dall’esame delle tre
dell’immagine copertine: iniziamo a guardarle e chiediamoci che tipo di esperienza me-
e organizzazione diale stiamo svolgendo 1. Anche qui, come nel caso della lettura, incontria-
di percorsi mo alcuni materiali sensoriali inerti che sta a noi attivare in un’esperienza
mediale: si tratta in questo caso di tracce grafiche verbali e visive depositate
1. In tal modo facciamo partire l’esperienza mediale dall’atto di lettura visiva; occorre essere
consapevoli che così facendo operiamo una semplificazione: l’esperienza mediale inizia infatti
quando prendiamo in mano una delle nostre riviste. Avvertiamo anzitutto che essa si presenta
come un particolare oggetto materiale dotato di alcune qualità di tipo visivo e tattile: la sua
superficie esterna è generalmente liscia e lucida, con una grammatura della carta superiore a
quella delle pagine interne; il formato standard di cm 20,7 × 28,5 e il peso (che varia dai due
etti e mezzo ai tre etti) legato a sua volta alla fogliatura e alla grammatura della carta, permet-
tono di maneggiare e sfogliare la rivista con relativa facilità, sia appoggiandola su una superfi-
cie sia tenendola in mano, per esempio in metropolitana o in treno. La nostra competenza ci
permette di individuare e di valutare eventuali variazioni rispetto a questi standard: per esem-
pio una rivista può segnalare il proprio carattere ecologico usando una copertina di carta rici-
clata ruvida e non sbiancata; oppure può evidenziare la propria preziosità aumentando la
grammatura della carta interna o il formato, o il numero di pagine e così via; in altri casi anco-
ra la portabilità e la maneggevolezza della rivista possono essere esibite riducendo il formato,
come accade per alcune riviste che pubblicano un’edizione di formato normale e una di for-
mato ridotto leggibile con più difficoltà ma meno ingombrante negli spostamenti. Insomma:
una rivista – come un qualunque prodotto editoriale (un libro, un quotidiano, un fumetto
ecc.) e prima ancora come un qualunque prodotto tout court – è anche un oggetto materiale e
in quanto tale esibisce qualità tonali legate al tatto, al peso, alle dimensioni, alle possibilità di
manipolazione che essa permette o impedisce. È importante sottolineare che, in base al nostro
modello dell’esperienza, tale area non viene “superata” e annullata nel seguito della lettura, ma
rimane ben presente e disponibile per ulteriori processi di produzione del senso: si pensi per
esempio a come l’esperienza di lettura di un libro in brossura si qualifichi costantemente nel
suo svolgersi come meno prestigiosa (o meno impegnativa) rispetto a quella di un’edizione di
lusso. Riprenderemo la questione della relazione esperienziale con gli oggetti a proposito della
semiotica della pubblicità, al cap. 15, par. 3.1.
222
12. La grafica del periodico illustrato
223
Semiotica dei media
figura 4
2. Da un punto di vista pratico può essere utile ricostruire una mappa grafica del formato dise-
gnando (o ricalcando su carta sottile dalle pagine che si analizzano) i blocchi di testo della gab-
bia grafica per poi individuare su di essa i pesi visivi e tracciare i principali vettori direzionali. Si
ricostruisce in tal modo lo schema grafico (quello che tecnicamente si chiama il menabò o ti-
mone) della rivista.
224
12. La grafica del periodico illustrato
Dal punto di vista tonale, risaltano due elementi: l’aspetto lineare e pulito Qualità e diagramma
dei caratteri grafici e l’impostazione cromatica: domina il distacco delle fi- tonali del formato
gure scure e delle scritte su fondo rosso rispetto al fondo bianco; ma si no-
tino, sulla base di queste ricorrenze, alcune variazioni poco ordinate, quali
ad esempio i colori cangianti delle virgolette – freccette accanto ai numeri
delle pagine.
Dal punto di vista ritmico dobbiamo distinguere vari elementi. Anzitutto Qualità e diagramma
osserviamo la presenza di una certa gabbia grafica complessiva evidenziata ritmici del formato:
dalla disposizione del testo e dall’uso di filetti o altri accorgimenti. In que- la “gabbia”
sto caso ciascuna pagina è costruita in base a tre colonne verticali delimita-
te da un sistema di filetti tipografici: nella pagina sinistra esse si allargano a
mano a mano che si avvicinano al centro pagina, mentre al contrario si re-
stringono a destra nell’avvicinarsi al bordo esterno. Questa simmetria non
è perfetta in quanto le parti inferiori delle due colonne verso il centro della
pagina destra vengono riaccorpate in unico blocchetto di tre colonnine
riunite sotto il titoletto Le rubriche.
In secondo luogo notiamo che tale gabbia grafica prevede (o su di essa si I pesi visivi
sovrappone) un sistema di pesi visivi, ovvero l’occupazione di alcune su-
perfici particolarmente consistenti da parte di elementi unitari ed evidenti:
in questo caso sulla parte superiore delle due larghe colonne centrali si apre
un ampio collage di immagini fotografiche che rimandano ad alcuni degli
articoli e che costituiscono un forte elemento di equilibrio centrale. Anche
qui però l’equilibrio non è perfetto: alcune immagini fuoriescono infatti da
questo collage; in particolare spicca, al piede della seconda colonna della
pagina sinistra, la fotografia di un conduttore di telegiornale.
In terzo luogo osserviamo che alcuni elementi grafici o iconici sono dotati I vettori
di un potere di orientamento dello sguardo: parliamo di “vettori”, quali di orientamento
dita o braccia puntate, frecce indicatrici, orientamento di corpi e sguardi.
Nel caso che stiamo esaminando spicca ad esempio la posa dell’animale al
centro del collage, nell’immagine più ampia: mentre le pose degli esseri
umani nelle altre foto guardano verso lo spettatore, il lori (una piccola pro-
scimmia indiana) è orientato verso sinistra e rilancia lo sguardo del lettore
verso tale direzione.
La gabbia grafica globale, il sistema di pesi visivi e la presenza di vettori Il sistema
determinano le direzioni preferenziali dei tragitti di esplorazione visiva e di nidificazione
sensomotoria della superficie grafica. Questi elementi costituiscono nel dei diagrammi ritmici
loro insieme un diagramma ritmico (cfr. cap. 4, par. 6) che qualifica am-
piezza, direzione e investimenti energetici dei movimenti esplorativi.
Questo diagramma ha d’altra parte una struttura gerarchizzata: esso può
incorporare diagrammi minori, legati a eventuali gabbie grafiche locali e
in particolare all’ampiezza reciproca dei segmenti e delle parti che com-
pongono le varie aree della pagina (blocchetti di testo o immagini). Al-
l’interno di tali gabbie minori o di secondo grado in genere la direzione e
225
Semiotica dei media
3. Occorre anche considerare che alcuni tipi di spazio metadiscorsivo non corrispondono a
superfici grafiche: per esempio i palinsesti televisivi. È tuttavia interessante notare come tali
226
12. La grafica del periodico illustrato
metaspazi siano comunque traducibili in superfici grafiche: per esempio nei menu delle televi-
sioni satellitari o del digitale terrestre che permettono il passaggio da un canale all’altro, oltre
che ovviamente negli schemi grafici di quotidiani e riviste dedicati a riferire la programmazio-
ne televisiva.
4. La responsabilità scientifica è piuttosto demandata a un secondo soggetto: la Fondazione
Umberto Veronesi, cui viene associata, in un quadrato blu contornato di rosso posto in alto a
destra della copertina, la direzione scientifica. Si osservi come invece in “Salute naturale” tale
dissociazione tra direzione editoriale e scientifica non venga prodotta (cfr. infra).
227
Semiotica dei media
228
12. La grafica del periodico illustrato
figura 5
figura 6
229
Semiotica dei media
figura 7
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12. La grafica del periodico illustrato
Percorsi di approfondimento
I temi trattati in questo capitolo sono stati affrontati dalla semiotica dei testi pla-
nari (ovvero caratterizzati da un supporto bidimensionale) o più ampiamente dal-
la semiotica dell’immagine. Questa a sua volta ha ripreso vari spunti dalla psicolo-
gia dei processi visivi, in particolare dalla Gestalt: ancora oggi utile in questo senso
Arnheim (1974). Alcune opere di orientamento sono Aumont (1990), Appiano
(1997), Eugeni (2004), Polidoro (2008). Sulla semiotica grafica in senso più stretto
Bertin (1967). Sulla grafica dei quotidiani Savarese (1991). Si tratta di concetti e
metodi di analisi che hanno dimostrato la loro validità anche in altri settori, in
particolare nella semiotica del fumetto e in quella della pubblicità (cfr. riquadri ri-
spettivamente ai capp. 13 e 15).
Riferimenti bibliografici
231
Semiotica dei media
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cura di), Specchi del senso. Le semiotiche speciali, esi, Napoli, pp. 183-209.
232
13
Il fumetto
1. Premessa
The Dark Knight Returns è un graphic novel scritto da Frank Miller, dise-
gnato dallo stesso Miller con Klaus Janson e Lynn Varley e uscito per i tipi
della dc Comics nel 1986. Il romanzo racconta la ricomparsa di Batman
233
Semiotica dei media
figura 1
dopo dieci anni di silenzio, in una Gotham City futuribile, arsa dalla sicci-
tà e devastata da efferati episodi di violenza. La sequenza che analizzeremo
si trova all’interno del primo episodio dell’opera e occupa le tavole da 14 a
19: Bruce Wayne rivive nel ricordo l’omicidio dei suoi genitori e sente ri-
tornare in sé ormai incoercibile lo spirito di Batman che aveva a lungo cac-
ciato e represso. Nella descrizione che segue useremo triplette di numeri
separati da un punto per indicare tavola (primo numero), striscia (secondo
numero) e vignetta (terzo numero).
Le tavole 14 e 15 (fig. 1) sono perfettamente divise in quattro strisce di
quattro vignette rettangolari di uguale grandezza. La striscia 14.1 mostra in
primo e primissimo piano il vecchio Bruce Wayne che, davanti al televiso-
re, scopre preoccupato che sta per andare in onda The Mark of Zorro, il
film legato all’esperienza dell’omicidio dei suoi genitori. Le vignette sono
accompagnate dai balloons delle voci televisive e dalle didascalie del mono-
logo interiore del personaggio. La striscia 14.2 alterna immagini uguali alle
precedenti con quelle del ricordo del piccolo Bruce. A partire da 14.3 e
fino alla fine della pagina seguente, le vignette procedono in un ralenti si-
lenzioso immerso in una luce plumbea: le immagini ricostruiscono l’omi-
234
13. Il fumetto
figura 2
cidio dei genitori di Bruce, così come lo stesso Bruce lo sta rivivendo nel
ricordo.
La tavola 16 (fig. 2) è piuttosto complessa: essa combina in un montaggio
attentamente regolato alcuni primi piani di Bruce, le immagini del suo ri-
cordo (in particolare il dettaglio delle perle della collana della madre appe-
na uccisa che rotolano), le voci provenienti dai notiziari televisivi e i primi
piani degli annunciatori che riferiscono orribili episodi di cronaca. La ta-
vola mantiene in generale la rigida struttura delle quattro vignette per stri-
scia, ma la striscia 16.3 divide ciascuna vignetta in due ottenendo quindi 8
vignette.
La tavola 17 si apre con un’unica, anomala vignetta che occupa per intero
lo spazio delle strisce 17.1 e 17.2, smarginando sia a destra che a sinistra ri-
spetto ai bordi normalmente bianchi della tavola. Bruce si sposta da sini-
stra a destra, urta e fa cadere una statua che si sbriciola a terra in basso a de-
stra. Tuttavia la suddivisione in vignette non scompare del tutto: sullo
sfondo i riquadri della vetrata di casa Wayne disegnano una griglia che cor-
risponde alla suddivisione in quattro vignette per due strisce. La metà infe-
riore della pagina riprende la scansione in due strisce da quattro vignette
235
Semiotica dei media
figura 3
per mostrare ancora immagini del ricordo alternate al volto di Bruce sotto
la doccia. L’unica voce che risuona in questa tavola è quella impersonale,
introdotta in forma di didascalie, dello spirito di Batman che parla a Bruce:
«You are nothing... A hollow shell, a rusty trap that cannot hold me [...]
You cannot stop me...» [“Tu non sei nulla... un guscio vuoto, una trappola
arrugginita che non può trattenermi [...] Tu non puoi fermarmi”].
La tavola 18 (fig. 3) riprende il ritmo regolare delle strisce da quattro vi-
gnette, con un’eccezione finale. Bruce ascolta i messaggi della segreteria te-
lefonica, presentati da balloons dalla forma “aguzza” e scanditi da piccoli
“beep” e “click”. Davanti a lui si staglia una vetrata divisa in quadri regola-
ri. Dietro la vetrata vediamo in soggettiva con Bruce avvicinarsi un pipi-
strello: la striscia finale, 18.4, è interamente occupata da un’unica vignetta
che mostra il pipistrello con le fauci spalancate mentre frantuma la griglia
della finestra e si getta verso Bruce e verso il lettore; la vignetta smargina
verso il basso e verso destra occupando lo spazio bianco del bordo della ta-
vola.
La tavola 19 infine si apre con un’immagine dei tetti di Gotham sotto un
ampio cielo nuvoloso che occupa lo spazio delle due strisce superiori; l’im-
236
13. Il fumetto
magine smargina verso sinistra e verso l’alto (ma la scritta del rumore del
tuono nella parte superiore smargina anche verso destra). La parte in basso
a destra è occupata da due piccole immagini di schermo televisivo con di-
dascalie che riproducono le parole dell’anchorman. A partire dalla metà in-
feriore della tavola riprende il ritmo regolare delle quattro vignette a stri-
scia, per raccontare il ritorno a lungo preparato del Cavaliere oscuro.
3.1. Formato e produzione discorsiva nel fumetto Poniamoci di fronte alla Il formato come
prima tavola doppia di The Dark Knight Returns. Per un verso essa viene spazio multilineare
percepita come una superficie grafica reticolare da percorrere mediante tra- e metadiscorsivo
gitti visivi e sensomotori e, al tempo stesso, da osservare sinotticamente
come matrice attiva di percorsi possibili: ritroviamo la costituzione del di-
scorso in quanto formato analizzata nel capitolo precedente. In questo
caso la griglia grafica è scandita dalla suddivisione della tavola in vignette:
essa si presenta molto rigida nelle tavole 14 e 15, con alcune variazioni in
quelle successive; come nel caso della pagina di rivista individuiamo inoltre
un sistema di pesi visivi e di linee vettoriali che orientano i percorsi all’in-
terno della superficie grafica: per esempio la statua che cade nell’ampia vi-
gnetta della tavola 17 o la scritta “rrrrmmmmbbbllllll” della tavola 19.
Il complesso di questi elementi costituisce un diagramma ritmico com-
plessivo che qualifica i percorsi sia in termini di durate che di accenti:
struttura molto regolare nelle tavole 14 e 15, esposta ad alcune variazioni di
vario genere nelle tavole che seguono.
Per altro verso, a partire dalla percezione sinottica e reticolare del formato, La produzione
attiviamo un’esperienza mediale lineare mediante una lettura sequenziale discorsiva lineare
delle vignette (nel sistema occidentale da sinistra a destra e dall’alto al bas-
so) che implica sia l’osservazione visiva delle immagini sia un’attivazione
vocale interiore di voci, suoni e rumori. All’esperienza del formato suben-
tra quella della produzione: torna in particolare quell’attività del “dar
voce” ai segni grafico-verbali analizzata al cap. 11; attività qui particolar-
mente variegata e complessa a causa della pluralità di forme visivo-sonore
tali da rinviare a voci e rumori di qualità differente. Per esempio colgo la
differenza tra il parlato più impersonale dello speaker televisivo, quello dal-
la tonalità “aspra” delle voci della segreteria telefonica alla tavola 18, il tono
più basso e intimo della voce interiore di Bruce Wayne nella tavola 14 o
dello spirito di Batman riportati nelle didascalie che occupano la parte su-
periore delle vignette della tavola 17. Ugualmente, faccio risuonare diffe-
rentemente i secchi “click” della tavola 16 e della tavola 18 e il basso e pro-
fondo “rrrrmmmmbbblllll” che apre la tavola 19. E perfino l’assenza di
materiali grafico-verbali e grafico-sonori che accompagna la seconda metà
237
Semiotica dei media
della tavola 14, l’intera tavola 15 e la seconda metà della tavola 18 non è
semplice assenza di suoni ma momentanea e percepita sospensione dell’at-
tività sonorizzante interiore e dunque silenzio “costruito” in quanto tale.
La determinazione La percezione del formato e quella della produzione entrano dunque in un
incrociata rapporto di compresenza e di determinazione incrociata, come abbiamo
tra formato visto a proposito della lettura del periodico. Tuttavia nel caso del fumetto
e produzione la produzione discorsiva non possiede più un andamento plurilineare. Al-
discorsiva cune direzioni di lettura trasversali sono pur sempre possibili: posso per
esempio osservare il ricorrere “a scacchiera” del motivo della collana spez-
zata alla tavola 16, o quello della croce rappresentato dall’incrocio delle
sbarre alla finestra alla tavola 18. Tuttavia risulta prevalente e dominante
una lettura lineare che percorre il formato in un’unica direzione progressi-
va. Il lettore di fumetto si trova insomma di fronte a differenti modalità di
svolgimento dell’esperienza mediale, che sono compresenti e si determina-
no a vicenda: l’osservazione sinottica della tavola in quanto formato; l’atti-
vazione di percorsi trasversali che colgono e ripercorrono rime visive o vi-
sivo-sonore tra differenti zone della tavola; oppure una lettura lineare che
attiva la produzione discorsiva sequenziale di immagini e di suoni.
Ritmo percepito 3.2. Diagrammi ritmici ed effetti somatici Questa compresenza caratterizza
e ritmo vissuto l’esperienza di lettura del fumetto e produce una conseguenza peculiare
nel fumetto che tocca soprattutto gli aspetti ritmici. Abbiamo detto al capitolo prece-
dente che è possibile analizzare il formato nei termini del ritmo dei percor-
si visivi e sensomotori – cioè delle esperienze di attivazione e di produzio-
ne discorsiva – che esso precostituisce. D’altra parte abbiamo visto nel pre-
cedente cap. 11 che le qualità ritmiche della produzione discorsiva possie-
dono una particolare efficacia simbolica: essi creano una immediata riso-
nanza nel soggetto dell’esperienza e nel suo organismo. Ne deriva che, nel
caso percezione del formato e percezione della produzione discorsiva siano
compresenti, le qualità ritmiche vengano avvertite contemporaneamente
in due modi diversi e interagenti: come ritmi percepiti (nel formato) e
come ritmi vissuti (nella produzione). Questo fenomeno, meno evidente
nel caso del rotocalco, diviene centrale nel fumetto a causa dell’instaurarsi
in posizione dominante di una modalità di produzione discorsiva lineare:
nel leggere il fumetto percepiamo visivamente il ritmo e allo stesso tempo
lo sentiamo agire su di noi e sul nostro corpo.
Durate Ritorniamo alla sequenza di The Dark Knight Returns e verifichiamo que-
e accentuazioni: sto assunto mediante un’analisi più ravvicinata. Come accennato sopra le
i diagrammi ritmici strutture grafiche che riconosciamo stagliarsi sulla pagina permettono di
individuare a colpo d’occhio un determinato andamento ritmico della let-
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13. Il fumetto
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Semiotica dei media
Semiotica e fumetto
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13. Il fumetto
1. In analogia con il procedimento della “diegetizzazione del dispositivo” di cui abbiamo parla-
to al cap. 7, par. 4.1.
241
Semiotica dei media
ha chiuso Batman (di cui si parla in una delle didascalie), ma anche la trap-
pola in cui ha chiuso sé stesso.
Sentire del lettore A partire da tutto questo, diviene molto importante la conclusione della
e sentire seconda ondata ritmica che abbiamo rilevato. L’irruzione del pipistrello
del personaggio frantuma la vetrata che separa Bruce dal mondo esterno e riduce a pezzi la
griglia ordinata delle sbarre; al contempo, la vignetta che rappresenta tale
evento apre a due immagini ampie, esse stesse “liberate” dalla costrizione
della griglia grafica, e coincide con un senso di liberazione e di distensione
del ritmo somaticamente vissuto dal lettore. Il lettore non possiede infor-
mazioni all’interno del mondo indiretto per interpretare gli stati di co-
scienza di Bruce in questo momento: il volto del personaggio nelle vignette
precedenti è enigmatico e il suo corpo è fuori campo; tuttavia, dato il siste-
ma di analogie tra mondo indiretto e discorso che è stato costruito, egli è
portato ad applicare al personaggio di Bruce a livello del mondo indiretto
la stessa sensazione somatica di “liberazione”, distensione, rilassamento
che egli sta vivendo nell’esperienza della produzione discorsiva. In altri ter-
mini, pur in assenza di segnali espliciti circa gli stati di coscienza del perso-
naggio, il lettore può avanzare ipotesi circa quello che il personaggio sta
sentendo mediante l’uso e l’applicazione di una particolare risorsa: il pro-
prio sentire attuale, il sapere somatico relativo all’esperienza ritmica che
egli stesso sta vivendo.
Consonanza Cercando di generalizzare questa osservazione, possiamo riprendere quan-
immediata to abbiamo detto al cap. 11, par. 3.2 sulla consonanza immediata che viene
e comprensione costituita a partire dalla produzione discorsiva (quella che abbiamo chia-
del personaggio mato l’efficacia simbolica del discorso) e applicarla alle relazioni tra il let-
tore o spettatore e i soggetti del mondo indiretto, i personaggi. Il meccani-
smo di base della comprensione degli stati di coscienza dei personaggi pas-
sa, abbiamo detto al cap. 8, par. 4.2, attraverso una consonanza innescata
dai corpi e dai volti dei personaggi in scena, adeguatamente rielaborati dai
processi inferenziali. In alcuni casi tuttavia le inferenze riguardo a tali stati
di coscienza vengono innescate e sostenute non dalle consonanze con i cor-
pi dei personaggi, ma da quelle più immediate con il soggetto della produ-
zione discorsiva: il caso di The Dark Knight Returns ce ne ha fornito un
esempio. Molto spesso d’altra parte i due procedimenti si integrano: si
pensi a una qualunque sequenza di thriller in cui le immagini del volto
contratto del protagonista impegnato in un’azione estrema sono accompa-
gnate da un tessuto di percussioni che simula un battito cardiaco impazzito
e/o da movimenti di macchina febbrili. Queste dinamiche confermano an-
cora una volta come, nell’esperienza mediale, anche i fenomeni di conso-
nanza immediata vengano riassorbiti in meccanismi di tipo inferenziale:
l’emozione è sempre una risorsa per l’interpretazione, e questa crea nuove
forme emozionali.
242
13. Il fumetto
Percorsi di approfondimento
243
Semiotica dei media
Riferimenti bibliografici
244
13. Il fumetto
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culturali del fumetto contemporaneo, Drago, Roma.
245
14
La canzone pop
1. Premessa
247
Semiotica dei media
2. Fútbol
La leva calcistica della classe ’68 è stata pubblicata per la prima volta da
Francesco De Gregori nell’album Titanic, del 1982 1. Successivamente
l’artista ne ha presentato una versione live nell’album La valigia dell’atto-
re del 1997, con orchestrazione e stile interpretativo differenti. Noi ana-
lizzeremo la prima versione. Iniziamo con l’ascoltare attentamente e de-
scrivere la nostra esperienza di ascolto; è utile usare a tal fine i tradiziona-
li parametri dell’analisi musicologica: armonia, melodia, ritmo e tempo,
timbro, intensità 2.
Le prime note della canzone di De Gregori introducono una serie di otto
accordi suonati dal solo pianoforte: l’attacco in Re detta la tonalità della
canzone e apre un giro di accordi che vede alternarsi Re, Re/Do#, Si-, Re/
La, Sol, Sol/Mi, Sol/La e La. La durata di ogni accordo si inserisce regolar-
mente nel ritmo del brano, in 4/4: ogni accordo occupa una battuta, ben
scandita dal tocco del pianista. Questa struttura armonica è caratterizzata
inoltre da un progressivo modificarsi di ogni accordo prima di passare a un
accordo radicalmente differente: Re si modifica in Re/Do, Si- in Re/La, il
Sol passa poi per slittamenti successivi omogenei al Sol/Mi, al Sol/La e fi-
nalmente al La. Quest’ultimo crea infine un effetto di sospensione che
reintroduce al Re di partenza. Il timbro del pianoforte è limpido, con un
leggero effetto di risonanza. L’intensità è abbastanza regolare, ma nella par-
te conclusiva del giro (dall’accordo di Sol fino a quello di La), il tocco si fa
più delicato e l’intensità sonora diminuisce; anche il tempo di esecuzione
rallenta leggermente. Il secondo giro di accordi ripete un andamento pres-
soché identico.
248
14. La canzone pop
All’inizio della terza ripetizione del giro di accordi subentra la voce del can-
tante che esegue la prima parte della canzone:
Lo schema armonico rimane quello dei due giri di accordi iniziali; nello
spazio sonoro definito dalle otto battute su cui si snodano le combinazioni
“verticali” degli accordi, si introduce ora la linea “orizzontale” della melo-
dia con la sua serie di frasi progressive. Queste seguono uno schema di ten-
sioni, sospensioni, distensioni e ricadute costruito sia dallo sviluppo in al-
tezza delle frasi musicali, sia dal sistema dell’andamento ritmico interno e
delle pause: la melodia scende gradatamente dall’ottava di partenza a quella
inferiore, con effetti di slancio e di tensione alla fine del primo e del terzo
verso (in corrispondenza delle parole “costruzione” e “vento”) e ricadute e
distensioni dopo il secondo e il quarto verso (“pallone” e “piove”). Questo
schema si ripete anche nel secondo gruppo di versi, in cui però il penulti-
mo e l’ultimo verso vengono legati e l’effetto di sospensione tensiva viene
spostato sull’ultima parola, “paura”. Come già accadeva nell’introduzione
strumentale, il tempo di esecuzione rallenta leggermente nella parte finale
di ciascun giro di accordi. Dal punto di vista timbrico il brano è caratteriz-
zato dalla compresenza e dal contrasto del suono del pianoforte e di quello
della voce del cantante: il suono del piano è meno intenso e tende quindi a
costituire uno sfondo di accordi rispetto alla presenza della voce.
Dopo l’ultimo accordo in La, il giro armonico cambia e passa a una tonali-
tà minore; subentra infatti un Sol- che apre un nuovo giro di accordi: Sol-,
Do, Fa, La4, Re-, Sol-7, Do, Sol-, Do. Questa sezione occupa complessiva-
mente dodici battute. Il testo cantato è il seguente:
249
Semiotica dei media
250
14. La canzone pop
251
Semiotica dei media
Il ragazzo si farà
anche se ha le spalle strette
quest’altr’anno giocherà
con la maglia numero sette
252
14. La canzone pop
4. Nel distinguere le qualità sensoriali in tonali e ritmiche avevamo preso in prestito due termi-
ni del linguaggio musicale ampliandone la portata: tale operazione rischia qui di creare qualche
problema. Il lettore tenga presente che “tonale” e “ritmico” vengono qui adoperati in riferi-
mento alle qualità sensoriali nell’accezione introdotta e spiegata al cap. 4.
5. In effetti anche le voci dei differenti strumenti vengono percepite come espressioni di corpi
in movimento, tali da tessere una coreografia di gesti espressivi: questi si intrecciano variamente
e con differente peso con quelli della voce. Le possibilità di questi dialoghi e di questi scambi,
che giungono fino a una sostituzione della voce da parte degli strumenti, sono numerose e lega-
te a forme e convenzioni culturalmente radicate. Possiamo dire che la voce è uno strumento in
quanto ogni espressione strumentale e sonora è una voce, prodotto e prolungamento del gesto
espressivo di un corpo.
253
Semiotica dei media
6. Si osservi che anche le “voci” degli strumenti possono rimandare ad alcune appartenenze so-
cioculturali. Per esempio il riferimento alla tradizione del cantautorato è sottolineata dal ruolo
importante che riveste l’accompagnamento del solo pianoforte: si tratta infatti di uno strumen-
to che può essere suonato dallo stesso cantante, che esibisce in modo evidente il tocco fisico del
musicista e l’aspetto “artigianale” del farsi della canzone. Un ruolo analogo viene svolto in altri
casi dalla chitarra o, come nel modello di Dylan, dalla combinazione di chitarra e armonica. Si
pensi allo statuto particolare delle esecuzioni unplugged di certe canzoni in alcuni concerti o al-
bum, esecuzioni che nel caso di artisti che sono anche autori delle proprie canzoni affermano e
celebrano il principio di autorialità nella musica pop.
254
14. La canzone pop
Passiamo ora al secondo aspetto che abbiamo richiamato sopra: dalla can-
zone in quanto produzione e performance, alla canzone in quanto forma-
to e oggetto sonoro. Il riconoscimento della canzone in quanto oggetto
sonoro e l’individuazione della sua struttura sono legati a due fattori. Da
un lato gioca (in senso top-down) la nostra competenza culturale relativa
alla forma canzone, alla sua durata e alle sue articolazioni interne, nonché
alle sue possibili varianti: forma che si definisce a partire dagli anni venti
in relazione all’avvento dei nuovi media di diffusione del suono registrato
(dischi e radio) e si mantiene relativamente stabile fino ai nostri giorni.
Dall’altro lato gioca (in senso bottom-up) la nostra capacità di individua-
re all’interno del flusso sonoro la ripetizione di unità modulari di diffe-
rente formato.
Come abbiamo detto nella descrizione analitica della canzone, già l’intro- La struttura
duzione musicale di pianoforte ci permette di cogliere che per due volte si dell’oggetto sonoro
ripete uno stesso giro armonico. La voce che entra dopo i due giri di accor-
di intona una melodia che segue lo stesso schema armonico e ripete per
due volte la stessa sequenza di frasi musicali. Si delinea in tal modo una
prima unità modulare che viene ripetuta due volte: la strofa o, con termine
inglese, il verse.
La conclusione del secondo verse implica il passaggio a un quadro armoni-
co e melodico differente (a partire dalle parole “Nino non aver paura”).
Possiamo considerare questo modulo un ritornello, in quanto è l’unica se-
zione della canzone che torna invariata nella seconda parte: lo chiamiamo
con la terminologia anglosassone chorus.
Concluso il chorus un rallentamento del pianoforte introduce un terzo mo-
dulo, differente sia dal verse che dal chorus quanto a quadro armonico e ad
andamento melodico (a partire dalle parole “E chissà quanti ne hai visti”).
Questo terzo modulo non è propriamente un ritornello, ma neppure una
strofa: esso corrisponde a quello che nella canzone anglosassone si chiama
bridge, o middle-eight (in quanto è composto generalmente di otto battute
collocate al centro della canzone).
Nella sua conclusione il bridge reintroduce al modulo del verse ripetuto due
volte, cui segue il chorus identico a quello della prima parte e un nuovo
bridge parzialmente strumentale. Infine la lunga coda musicale finale ri-
prende il giro armonico dell’introduzione strumentale e del verse sovrappo-
nendovi però una nuova melodia.
Nel complesso dunque La leva calcistica della classe ’68 si presenta all’a-
scolto con una struttura formale regolare composta da tre moduli ripe-
tuti due volte: il verse (ripetuto due volte), un chorus e un bridge. Que-
255
Semiotica dei media
figura 1
256
14. La canzone pop
Un’attenzione per la “musica di consumo” è ben presente fin dagli esordi della di-
sciplina semiotica, in linea con la sensibilità della teoria critica della Scuola di
Francoforte (in particolare di Theodor W. Adorno) per la musica industrializzata
nella società di massa. Per esempio Eco (1964) si occupa di musica gastronomica:
ne mette in rilievo la struttura formulare, ripetitiva e pertanto immediatamente ap-
pagante; sottolinea il collegamento tra canzone e cantante-personaggio (l’esempio
è quello di Rita Pavone); analizza il collegamento tra musica commerciale e mass
media. Nel 1972 e nel 1977 Barthes analizza (in due saggi rifluiti in Barthes, 1982) la
grana della voce di due cantanti popolari francesi; il tema della voce, del canto e
del loro rapporto con il corpo è d’altronde al centro di numerosi altri lavori dello
studioso francese, in particolare di Barthes (1970) e della voce “Ascolto” dell’Enci-
clopedia Einaudi rifluita in Barhes (1982).
All’inizio degli anni settanta si sviluppa con maggior decisione una semiotica della
musica; per quanto l’oggetto di analisi precipuo sia la musica colta, non manca in
qualche caso un’attenzione alla popular music: per esempio Stefani (1976) analizza
E la vita la vita di Enzo Jannacci e Cochi e Renato; e, nel delineare una teoria delle
competenze “enciclopediche” di tipo musicale dei fruitori, distingue tra un modello
popolare e uno erudito (Stefani, 1982).
Nel corso degli anni ottanta e novanta, altri studi piegano in modo più specifico la
semiotica alla musica popolare e alla sua forma chiave, la canzone. Un’applicazio-
ne delle principali teorie di semiotica della musica alla popular music è Middleton
(1990). L’autore, già in un saggio del 1983 (ripubblicato in Bennett, Shank, Toynbee,
2007, pp. 15-20), indica nell’analisi delle differenti forme di ripetizione sintattica la
principale chiave di approccio a tale oggetto e distingue tra ripetizioni di cellule
melodico-ritmiche elementari (musematica) e ripetizioni di unità più ampie quali
intere frasi (discorsiva). Questo approccio è sviluppato da Tagg (1994) che in nume-
rosi interventi svolti fin dagli anni ottanta elabora e applica un modello molto com-
pleto di analisi della canzone basato sul rinvenimento di unità musematiche e di-
scorsive, sull’individuazione dei pattern di movimento processuale cui esse danno
luogo, sul confronto intertestuale con altri testi pertinenti. Anche Fabbri (2008, la
cui prima edizione è del 1996) è attento alle forme di costruzione sintattica della
canzone e ai suoi sviluppi storici, e fa dialogare la pratica compositiva e i manuali
che la accompagnano con la sistemazione teorica e la pratica analitica.
A partire dalla fine degli anni novanta fino a oggi emergono due linee di sviluppo.
La prima, più decisamente attestata, tende a collegare l’analisi semiotica della can-
zone ai numerosi e differenti contesti e pratiche di apparizione, ciò che implica un
rinnovato dialogo con l’articolata tradizione di studi sociologica sulla popular mu-
sic: per esempio Sibilla (2003) adotta un approccio narratologico e, a partire dall’i-
dea che la musica pop costituisce una forma di esperienza narrativa di cui la can-
zone rappresenta l’unità di base, analizza differenti luoghi di tale racconto (l’ascol-
257
Semiotica dei media
to radiofonico, la visione dei videoclip ecc.). Peverini (2004) lavora sulle varie for-
me di risemantizzazione della canzone pop e dei suoi interpreti che avvengono nel
videoclip musicale. Spaziante (2007) esplora le differenti articolazioni sociosemio-
tiche della canzone pop, con particolare attenzione al rapporto tra l’enunciazione
canora e la costruzione intermediale del personaggio cantante. Quest’ultima indi-
cazione ci conduce alla seconda tendenza in atto, che consiste nel focalizzare l’at-
tenzione teorica e analitica sulle voci dei cantanti e sulle loro performance vocali,
valorizzando quindi un’analisi della sostanza fonica in quanto strumento originale
di costruzione del senso: oltre al già citato lavoro di Spaziante rimandiamo ai saggi
della prima parte di Bennett, Shank e Toynbee (2007).
5. La polifonia dell’esperienza
258
14. La canzone pop
259
Semiotica dei media
Percorsi di approfondimento
260
14. La canzone pop
sti (1994, 2002); Marconi (2001). Un’antologia di semiotica della musica è Marco-
ni, Stefani (1987). Uno strumento completo e aggiornato (di orientamento in par-
te semiotico) è Nattiez (2001-05). Di taglio più strettamente semiotico le introdu-
zioni a particolari aspetti del linguaggio musicale realizzate da Stefani, Marconi,
Ferrari (1990) e Stefani, Marconi (1992).
Per quanto riguarda la semiotica della popular music, oltre ai testi citati in Semioti-
ca e musica pop, pp. 257-8, due lavori collettivi che danno un’idea degli orienta-
menti recenti della ricerca sono D’Amato (2001) e Calefato, Marrone, Rutelli
(2007), il primo di impronta più musicologica, il secondo maggiormente socio-
semiotico.
I temi affrontati nel capitolo possono essere opportunamente collocati sullo sfon-
do di due aree di studio più ampie. La prima concerne gli auditory studies, una
tendenza variegata che afferma l’importanza delle esperienze sonore (tanto brui-
stiche, ovvero relative all’universo dei rumori, quanto musicali, quanto vocali) ri-
spetto a quelle visive esplorati dai visual studies. Un esempio recente è Bull, Back
(2003); un testo specifico è Midolo (2007). Per alcune analisi del mezzo radiofoni-
co che tengono conto di tale sfondo e per le bibliografie relative rimando a Orto-
leva, Scaramucci (2003). Sulla voce nel film si veda Chion (1982, 1990).
La seconda area di studio è l’analisi delle relazioni tra oralità, scrittura e racconto,
e quindi delle persistenze e dei ritorni della radice orale del racconto nelle forme
scritte e neo-orali quali quelle che si ritrovano nei media sonori. Un orientamento
a questi temi è Bernardelli, Pellerey (1999). L’apertura di uno specifico ambito di
ricerca dedicato alla “enunciazione vocalizzata” è delineato da Violi (2006).
261
Semiotica dei media
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263
15
Il commercial televisivo
1. Premessa
265
Semiotica dei media
2. Ahhh!
figura 1
1. Non sono riuscito a datare con precisione lo spot, che comunque, considerando l’uso del pay
off e del particolare trademark a lettering arrotondato, si colloca tra il 1987 e il 1991. Per quanto
concerne il pay off e la strategia di brand di questo periodo della Pepsi Cola cfr. il par. 4.2.
266
N. Durata * Banda visiva ** Banda sonora ** Osservazioni
inq.
1 0:00-1:05 Descrizione del contenuto: Una spiaggia affollata: in primo piano vari Rumori Voce gracchiante della
= 1” bagnanti seduti sulla sabbia o in piedi, sul- (intensità, radio (cfr. sotto)
lo sfondo rocce e mare (fig. 1) fonte,
movimento,
Movimenti di macchina: Macchina fissa provenienza
rispetto al
Ampiezza del quadro/Distanza Piano lungo quadro):
di ripresa:
267
Modalità di transizione: Taglio netto
2 1:06-2:02 Un gruppo di bagnanti che fa jogging sullo sfondo del mare, mentre altre c.s., in continuità
= 1” persone giocano: permane una pluralità di vettori direzionali
3 2:03-3:19 Campo medio con panoramica a seguire un furgone bianco in movimento da si- c.s. + rombo del motore del furgone Varie differenze rispetto a
= 1,30” nistra verso destra sullo sfondo della folla inq. precedenti: lunghezza
maggiore, introduzione di
un movimento di macchi-
na, piano più ravvicinato,
introduzione del rumore
del furgone in primo piano
268
4 3:20-4:23 Un gruppo di ragazze mostrate in campo medio-lungo (o piano americano) pas- c.s. Il rombo del furgone si attenua
= 1” sa da destra a sinistra sullo sfondo del mare. Il focus isola i soggetti rispetto allo
sfondo del mare (effetto dell’uso di focali lunghe)
5 4:24-6:08 Ingresso del furgone bianco da destra verso sinistra in primo piano, sullo sfondo c.s. Rombo del furgone e frenata La direzione di ingresso
= 1” della spiaggia; all’arresto del veicolo vediamo inquadrato dal finestrino l’abita- del furgone rima con la di-
Semiotica dei media
colo con la breve apparizione dell’autista, un giovanotto con maglia a righe e rezione di spostamento
occhiali da sole delle ragazze nell’inq.
prec. La distanza dell’in-
quadratura si riduce ulte-
riormente passando dal
piano medio al primo pia-
no, nuovamente con riferi-
mento al furgone
6 6:09-7:11 Campo medio di una buffa famigliola seduta sulla sabbia: non solo i due anziani c.s.
= 1” coniugi ma anche il loro cane indossano un cappello-ombrello per ripararsi dal
sole. I tre orientano all’unisono pigramente gli sguardi verso le proprie spalle
7 7:12-9:19 Medio primo piano con furgone bianco di sguincio sulla sinistra: il giovane auti- c.s. + rumori degli sportelli sbattuti Inquadratura piuttosto
= 2” sta scende dal mezzo, apre il portellone laterale ed entra nell’abitacolo lunga, a seguire un’azione
più complessa di quelle
fin qui mostrate e sempre
con il furgone e il giova-
notto come protagonisti. Si
può pensare a una sorta di
soggettiva della famigliola
dell’inq. precedente
8 9:20-10:23 Campo lunghissimo della spiaggia e dei bagnanti da una posizione legger- c.s. + rumore del portellone laterale L’angolazione di ripresa
= 1” mente elevata del furgone che viene richiuso (coin- è simile a quella dell’inq.
cide con il taglio finale dell’inq.) 1 ma da una posizione
più elevata e arretrata (o
con uno zoom più largo).
Al rumore della radio ac-
cesa si sovrappone quel-
lo del portellone del fur-
gone, anche se questo
non viene inquadrato, in
continuità con il sonoro
dell’inq. precedente
9 10:24-12:10 Campo medio del giovanotto all’interno del furgone. Sulla destra, un com- Silenzio: di qui in poi scompare la
= 1,5” plesso impianto scuro di registrazione e amplificazione del suono: il ragazzo voce gracchiante del dj radiofonico
mette una cuffia audio e si avvicina a un microfono (fig. 2)
10 12:11-13:07 Dettaglio di un interruttore che viene spostato dalle dita (del giovanotto) Rumore dell’interruttore
= 0,5”
11 13:08-14:14 Campo medio: da una superficie bianca (il tetto del furgone) su cui svettano Rumore meccanico degli altoparlanti La figura dei due altopar-
15.
= 1” delle bandiere colorate emergono due grossi altoparlanti che si alzano lanti è antropomorfa e fa
pensare a due occhi o
due bocche di un essere
artificiale
12 14:15-16:01 Primo piano ripreso lateralmente e con focale lunga (sfondo fuori fuoco) di Sul passaggio di inquadratura si alza La donna non guarda in
= 1,5” una donna con gli occhi chiusi e il volto girato verso la camera. La donna il rumore del caratteristico “fischio” macchina ma verso una
apre gli occhi con leggero riverbero prodotto dagli direzione imprecisata
altoparlanti
Il commercial televisivo
269
13 16:02-17:13 Campo medio del giovanotto all’interno del furgone. Il giovanotto prende un Mentre sfuma il fischio, entra in pri- Angolazione e distanza i-
= 1,5” bicchiere di vetro tipo tumbler e dei cubetti di ghiaccio, li accosta al microfo- mo piano sonoro il rumore cristalli- dentiche a inq. 9
no e getta un cubetto nel bicchiere no e quasi metallico dei cubetti di
ghiaccio che cadono nel bicchiere...
14 17:14-18:16 Dettaglio del bordo del bicchiere imperlato di goccioline di umidità; in alto a ... che si prolunga in modo più evi- Viene ripreso lo schema
= 1” sinistra si intravede il microfono scuro. Cadono dall’alto uno alla volta due dente nell’inq. 14 piano medio + dettaglio
cubetti di ghiaccio che roteano leggermente e rimbalzano prima di fermarsi delle inqq. 9 e 10.
Il dettaglio esalta le qua-
lità sensibili visuali dei
270
cubetti di ghiaccio inne-
scando un’esperienza si-
nestesica (freschezza,
fluidità della caduta, ela-
sticità del rimbalzo ecc.)
Semiotica dei media
15 18:17-20:07 Primo piano ripreso lateralmente e con sfondo fuori fuoco della donna del- Viene ripreso il rumore dei cubetti di Il movimento ottico e lo
= 1,30” l’inq. 12: gira la testa verso la propria sinistra. Un leggero zoom all’indietro e ghiaccio che cadono nel bicchiere spostamento di focale
uno spostamento della messa a fuoco dal primo piano allo sfondo permette amplificati e con un effetto di eco mimano lo spostamento
di distinguere che la sua attenzione è attratta dai due grossi altoparlanti che... dell’attenzione del sog-
emersi dal furgone che sono appunto alla sua sinistra sullo sfondo getto femminile.
La caduta dei cubetti nel
bicchiere viene amplifi-
cata mediante ripetizio-
ne visiva (inqq. 13-14) e
sonora (inqq. 14-15-16)
16 20:08-21:07 Campo lungo di un gruppo di bagnanti con mare sullo sfondo: tutti orienta- ... si prolunga nell’inq. 15, mentre e- L’inq. ricorda alcune di
= 1” no lo sguardo verso la sinistra dello schermo merge un rumore indistinto di folla quelle della prima parte,
ma questa volta alla plu-
ralità di vettori e direzio-
ni subentra un criterio di
ordinamento e un “at-
trattore” della comples-
sità visiva
17 21:08-22:18 Primissimo piano del giovanotto di fronte al microfono. Il ragazzo avvicina il Silenzio
= 1,5” collo di una bottiglietta di bibita al microfono; il suo sguardo è fisso all’og-
getto e la sua bocca accenna un sorriso
18 22:19-24:00 Dettaglio della bottiglietta, al centro dell’immagine leggermente obliqua: la Nel momento in cui la bibita viene Torna la combinazione a-
= 1” sua superficie è appannata dall’umidità; si legge in basso, ben visibile con i stappata il tipico rumore “pop” viene zione + dettaglio per de-
suoi colori bianco, rosso e blu sullo sfondo scuro della bibita, il logo “Pepsi”. amplificato e con effetto di eco, con... scrivere visivamente i ge-
A sinistra è visibile il grosso microfono scuro. Sulla destra la mano del giova- sti del giovane. In questo
ne con un apribottiglie stappa la bibita con un breve gesto deciso: la superfi- caso il dettaglio è inter-
cie del liquido si agita e fuoriesce lo sbuffo leggero del fumo dell’anidride car- pretabile come una sog-
bonica (fig. 3) gettiva del giovane.
Il dettaglio esalta anche
in questo caso alcune
qualità visuali dell’ogget-
to (la bottiglietta) e del
modo di gestire la rela-
zione con esso (le qualità
dinamiche e ritmiche del
gesto di stapparla)
19 24:01-25:06 Primo piano del cane con il cappello-ombrello (già intravisto nell’inq. 6) che ... prolungamento e ripetizione effetto
= 1” si gira verso le proprie spalle (alla sinistra dello schermo) eco nell’inq. 19...
20 25:07-26:03 Primissimo piano di due bambine (una delle quali con un paio di grossi oc- ... e nell’inq. 20 Viene mantenuta una
= 1” chiali) che guardano con attenzione e si spostano leggermente verso la sini- forte continuità nel riferi-
15.
stra dello schermo; leggero movimento di macchina di reframing con panora- mento spaziale di orien-
mica da destra a sinistra tamento verso la sinistra
21 26:04-28:03 Primissimo piano del giovanotto di fronte al microfono, con in mano la botti- Silenzio. Quando il liquido inizia a La durata è particolar-
= 2” glietta di Pepsi. Il ragazzo inclina la bottiglietta e inizia a versare la bibita scu- scorrere dalla bottiglia al bicchiere il mente ampia, stante la
ra nel bicchiere davanti al microfono, con lo sguardo sempre puntato sul li- rumore del fluido (“clop clop”) viene complessità dell’azione
quido che scorre. Una leggerissima panoramica di reframing da destra a sini- amplificato e ripetuto con effetto eco eseguita. Il movimento di
stra ne segue i gesti che... reframing verso sinistra
mima quello dell’inq. pre-
Il commercial televisivo
271
cedente. Inoltre il vettore
visuale dello sguardo del
ragazzo, puntato verso si-
nistra, prolunga gli sguar-
di degli altri astanti e lo
porta a conclusione sulla
bottiglia di Pepsi
22 28:04-29:10 Primissimo piano di un giovane disteso che si toglie gli occhiali da sole e si ... si prolunga, amplificato con river-
= 1” gira verso la sinistra dello schermo bero e ripetizione nell’inq. 22...
23 29:11-30:13 Campo medio ripreso con focale lunga di alcuni bagnanti (tra cui spicca un an- ... e nell’inq. 23 Le inqq. 22 e 23 riprendono
= 1” ziano signore seduto) che girano lo sguardo verso la sinistra dello schermo il movimento degli sguar-
272
di verso sinistra in base a
uno schema ripetitivo
24 30:14-31:16” Primissimo piano del giovanotto che versa la Pepsi di fronte al microfono; il Il rumore si prolunga ancora... Cfr. sopra su direzione
= 1” suo sguardo è sempre fisso sul fiotto di bibita, mentre la sua bocca si allarga sguardi verso Pepsi
Semiotica dei media
in un sorriso
25 31:17-33:16 Dettaglio del bordo del bicchiere con la bibita davanti al microfono: dall’alto ... e nell’inq. 25 si trasforma (sempre Cfr. sopra per rimandi si-
= 2” piove il fiotto di bevanda scura mentre sulla superficie brulica la schiuma e amplificato) in quello frusciante del- nestesici. L’amplificazio-
rimbalzano verso l’alto piccoli sprizzi che rimandano alla frizzantezza (fig. 4). la frizzantezza ne visiva si accompagna
qui a un’amplificazione
temporale non legata
alla resa di un’azione ma
alla esibizione delle qua-
lità sensoriali dell’ogget-
to bevanda
26 33:17-34:11 Primo piano dei due altoparlanti bianchi sul furgone Il rumore frusciante della frizzantez- Il rinvio degli altoparlan-
= 1” za si prolunga... ti a due occhi o meglio a
due bocche è evidente
27 34:12-35:14 Campo lungo di un gruppo di bagnanti con mare sullo sfondo identica al- ... e si fonde con quello “ambientale” L’inq. riprende la 16 ma so-
= 1” l’inq. 16 (di cui rappresenta una sorta di continuazione): tutti i bagnanti co- delle onde del mare stituisce il movimento de-
minciano a muoversi verso la sinistra dello schermo (fig. 5) gli sguardi al movimento
dei corpi che si spostano.
Questo movimento rima
con quello delle onde del
mare
28 35:15-36:06 Primissimo piano di un giovane (sempre ripreso con focale lunga ed effetti c.s. Ritorna la dialettica qua-
= 0,5” di messa a fuoco) che si passa le mani in testa mentre esce dall’acqua per dro di insieme/isolamen-
dirigersi verso la sinistra dello schermo to di un soggetto specifi-
co e viceversa
29 36:07-38:03 Primissimo piano del giovanotto che davanti al microfono accosta il bicchie- Silenzio. Nuovamente temporalità
= 2” re alle labbra e inizia a bere la bibita. Leggero movimento di reframing con Nella parte finale rumore della de- lunga su atti di consumo
panoramica questa volta da destra a sinistra (fig. 6) glutizione del liquido... del prodotto.
Andamento ripetitivo del
sonoro a onde progressi-
ve: silenzio, avvio, ampli-
ficazione/riverbero/eco,
nuovo silenzio; ma l’on-
data del suono è sempre
più ampia (si è fusa con
rumori ambientali)
30 38:04-39:15 Primo piano di una ragazza tra la folla, ripresa con focale lunga, che guarda ... che viene ripreso, amplificato e ri- Il movimento di refra-
= 1,5” verso la sinistra dello schermo e si sposta verso la destra: movimento di pa- petuto ming verso destra intro-
noramica di reframing da sinistra a destra. La bocca della ragazza esprime duce un elemento di va-
una sensazione di sete (si passa la lingua sulle labbra che poi contrae). Ne- riazione, anche se lo
15.
gli ultimi fotogrammi un volto sfuocato in primo piano si sovrappone all’im- sguardo dei soggetti è
magine della ragazza (esibizione della ripresa a distanza con focale lunga) sempre orientato verso
sinistra
31 39:16-42:07 Primissimo piano del giovanotto che davanti al microfono scosta il bicchiere Viene ripetuto per la terza volta il ru- Durata molto lunga, do-
= 2,5” dalle labbra, avvicina la bocca al microfono e parla al suo interno (fig. 7) more amplificato della deglutizione; vuta all’esibizione mar-
si spegne il riverbero sonoro del suo- cata di azione semplice
no della deglutizione; il campo sono-
ro viene occupato nell’ultimissima
Il commercial televisivo
273
parte dell’inq. dal suono proferito
dal giovanotto.
Giovanotto: “Ahhh!”
32 42:08-43:15 Campo medio lungo di un gruppo di bagnanti che si muovono con determi- Il suono “Ahhh” amplificato e pro-
= 1” nazione verso la sinistra dello schermo lungato diviene un tappeto sonoro
quasi astratto che si estende all’inq.
32...
33 43:16-45:20 Campo lunghissimo della spiaggia e dei bagnanti da una posizione leggermente ... e all’inq. 33 La posizione è simile al-
= 2” elevata simile all’inq. 9. Spostamento massiccio dei bagnanti verso il furgone l’inq. 9 ma spostata verso
che si intravede in fondo, sulla sinistra dello schermo sinistra in modo da inqua-
drare il furgone parcheg-
giato sul ciglio della spiag-
gia, verso la sinistra dello
schermo
34 45:21-49:03 Primo piano del giovane di spalle mentre apre il portellone posteriore del furgo- Mentre si spegne il riverbero del- Durata molto lunga, legata
274
= 4” ne in cui si intravedono varie casse di Pepsi Cola, il logo ben esibito sulle casset- l’“Ahhh”, rumore del portellone che vie- soprattutto alla esibizione
te. Il ragazzo calza in testa un berretto su cui campeggia ancora il logo Pepsi, ne aperto. Dopo un attimo di silenzio: prolungata del logo
mentre si volta e parla sorridendo alla folla (fig. 8) Giovanotto: “Ok! Who’s the first?”
35 49:04-50:08 Campo medio lungo inquadrato dall’alto del retro del furgone, con il giovane da- Grida della folla
Semiotica dei media
36 50:09-56:12 Campo lungo inquadrato leggermente dall’alto con angolazione laterale rispetto Le grida della folla, in continuità con Il sistema di accenti della
= 6” al furgone e alla folla che lo circonda. Un movimento ottico di zoom all’indietro l’inq. precedente, diminuiscono di vo- voice over isola la dizione
scopre gradualmente la spiaggia ora deserta e ancora cosparsa di ombrelloni e lume mentre lo zoom si allontana. “Pepsi” e prolunga i suoni
asciugamani, sulla quale si aggira un bagnante solitario. La parte finale dell’in- In concomitanza con l’apparizione del- della parola “new”
quadratura riprende esattamente la posizione della macchina dell’inq. 33. le sovrascritte grafiche una voice over
Mentre ancora procede il movimento di zoom all’indietro, entra dalla parte infe- dalla qualità leggermente roca e aspra
riore dello schermo e con un effetto di progressivo rimpicciolimento la scritta recita “Pepsi. The choice of a new ge-
“Pepsi” che va a posizionarsi al centro dell’immagine: tale posizionamento coin- neration”
cide con la fine del movimento di zoom all’indietro. Poco prima che tale equili-
brio si produca entrano dai due lati due strisce formate da tre righe bianche che
vanno a posizionarsi sotto la scritta Pepsi e si trasformano nella scritta, distri-
buita su due righe, “The choice of / a new generation” (fig. 9)
Dissolvenza in nero
* La durata viene espressa in questo caso usando il time code di un programma di montaggio. Tali programmi indicano con la cifra a sinistra dei due punti i secondi e con la cifra a destra il
numero di fotogrammi cinematografici (24 al secondo: non quindi i decimi di secondo); abbiamo tradotto la durata in secondi arrotondando al mezzo secondo.
** Per la prima inquadratura indichiamo la lista completa degli indicatori; nelle inquadrature successive semplifichiamo la trascrizione e non indichiamo gli elementi persistenti rispetto alle
inquadrature precedenti (per esempio non ripeteremo che la camera rimane fissa, ma indicheremo solo in casi in cui è presente un movimento di macchina). Per alcune indicazioni relative alla
scala dei piani e agli altri indicatori cfr. Vincenzo Buccheri, Il film. Dalla sceneggiatura alla distribuzione , Carocci, Roma 2003 e David Bordwell, Kristin Thompson, Film Art. An Introduction , 8th
ed., McGraw-Hill, New York-London 2008 (trad. della 6a ed.: Cinema come arte. Teoria e prassi del film , Il Castoro, Milano 2003).
15. Il commercial televisivo
figura 2
figura 3
275
Semiotica dei media
figura 4
figura 5
276
15. Il commercial televisivo
figura 6
figura 7
277
Semiotica dei media
figura 8
figura 9
278
15. Il commercial televisivo
279
Semiotica dei media
3.2. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto Come abbiamo accennato
sopra, la costituzione di una relazione con il prodotto-oggetto è centrale
nella comunicazione pubblicitaria: anche le relazioni con i soggetti sono
funzionali al rafforzamento della relazione di base con l’oggetto. Per ren-
2. Si osservi in ogni caso il radicamento culturale tanto dell’individuazione delle qualità visivo-
sonore che attivano la configurazione sensibile (la patina umida, la schiuma ecc.), quanto degli
investimenti valoriali positivi: sappiamo bene come i criteri del gusto siano relativi all’apparte-
nenza culturale, etnica, sociale e talvolta familiare.
280
15. Il commercial televisivo
281
Semiotica dei media
282
15. Il commercial televisivo
283
Semiotica dei media
cessi piuttosto che dei sistemi. I segnali più evidenti sono tre. In primo luogo l’at-
tenzione si focalizza sugli aspetti estesici (ovvero legati alla sensazione e al senti-
re) ed emozionali della pubblicità (cfr. per es. Melchiorri, 2002; Finocchi, 2006). In
secondo luogo l’attenzione si allarga alle pratiche e alle esperienze di acquisto e di
consumo dei prodotti da parte dei soggetti sociali (Pezzini, Cervelli, 2006; Ferraresi,
Parmiggiani, 2007; Marsciani, 2007). In terzo luogo la semiotica della pubblicità in-
contra la semiotica degli oggetti, in quanto il prodotto stesso viene pensato, in rife-
rimento alle differenti forme esperienziali che esso procura all’interno del tessuto
della vita quotidiana, quale componente della propria comunicazione (cfr. Pozzato,
1995; Landowski, Fiorin, 1997; Nacci, 1998; Semprini, 1999; Landowski, Marrone,
2002; Deni, 2002; Fontanille, Zinna, 2006; Mattozzi, 2006; Mangano, 2008; Marro-
ne, 2010). In senso più ampio e comprensivo, la semiotica è giunta di recente a in-
teressarsi al marketing esperienziale, e ad analizzare i modi mediante i quali diffe-
renti Experience Provider controllati da un brand (messaggi pubblicitari, spazi di
acquisto, packaging, prodotti ecc.) svolgono un’attività complessa e sinergica di Ex-
perience Management del soggetto-cliente, attività opportunamente progettabile
(cfr. Ferraresi, Schmitt, 2006).
284
15. Il commercial televisivo
fuoco mentre altri strati sovrapposti o di sfondo sono più o meno legger-
mente fuori fuoco. L’uso di focali lunghe emerge lungo tutto il commer-
cial: per esempio nell’inq. 15 lo spostamento di fuoco permette di muovere
l’attenzione dal primo piano della donna agli altoparlanti alle sue spalle; i
numerosi primi piani di soggetti inquadrati tra la folla vengono isolati in
quanto lo sfondo resta fuori fuoco; particolarmente interessante l’inq. 30:
la macchina, nel seguire la ragazza che si sposta, incrocia altri soggetti fuori
fuoco che ne limitano parzialmente la visibilità; infine l’ultima inquadratu-
ra, la 36 (fig. 9), sembra quasi svelare esplicitamente l’uso della focale lunga
mediante lo zoom all’indietro che, partendo dal furgone assediato dalla fol-
la di acquirenti, arretra a inquadrare l’intera spiaggia ormai deserta.
Sarebbe tuttavia limitante considerare l’uso della focale lunga un semplice La relazione
espediente tecnico ed estetico. Pur facendo parte di uno stile audiovisivo di fiducia veridittiva
ampiamente diffuso nel cinema americano alla fine degli anni ottanta, tale
uso deriva dal cinema documentario: la sua pratica richiama l’idea di
un’attività di registrazione “a distanza”, capace di riprendere la scena osser-
vata senza intervenire su di essa manipolandone gli andamenti. Anche il
sonoro realistico (la radio gracchiante, i rumori amplificati, l’assenza di
una colonna musicale “over”) partecipa di tale stile e ne rafforza i caratteri.
Ne deriva una conseguenza importante per lo statuto del soggetto della
produzione discorsiva, garante come sappiamo dei valori di verità del di-
scorso (cfr. cap. 9, par. 5): tale soggetto si mostra allo spettatore nell’atto di
riferire fedelmente una scena del cui andamento non è responsabile. Di qui
una relazione di forte “fiducia veridittiva” tra il soggetto dell’esperienza
mediale e il soggetto della produzione discorsiva 3.
Questa considerazione può essere estesa al soggetto dell’intreccio: anche in La relazione
questo caso il commercial costruisce una relazione fiduciaria, giocata però di fiducia estetica
sul valore estetico del discorso. Per un verso abbiamo già detto che molte
scelte stilistiche richiamano quelle del nuovo cinema americano del perio-
do: il cinema dei Coppola, dei Lucas e degli Spielberg aperto alle contami-
nazioni con le nouvelles vagues europee e con il cinema-verità, e particolar-
mente apprezzato in quegli anni da una “new generation” di spettatori. Per
altro verso il fatto di essere un commercial “al quadrato”, capace di mettere
in scena lo stesso meccanismo della persuasione pubblicitaria, ha delle con-
seguenze interessanti per quanto concerne la relazione fiduciaria con il sog-
getto dell’intreccio: l’uso dell’ironia offre allo spettatore una complicità
che richiama una condivisione stretta di valori, competenze e consapevo-
lezze. Sintomatico sotto questo aspetto il personaggio del giovanotto-Pepsi
che, nell’incarnare all’interno del mondo indiretto il soggetto del discorso,
ne mette in rilievo il carattere ironico e quasi beffardo.
3. In questo senso la figura sociosemiotica del “documentarista” è simile a quella del “cronista”
che abbiamo delineato nel cap. 11, par. 4.
285
Semiotica dei media
Costruzione In sintesi: se la costituzione delle relazioni con oggetti e soggetti del mondo
di relazioni fiduciarie indiretto era funzionale a strategie di valorizzazione del prodotto, la costi-
e strategie tuzione delle relazioni con i soggetti del discorso appare funzionale alla
persuasive messa in atto di strategie di fiducia che vedono coinvolto lo spettatore. Le
due principali strategie emerse sono quella di una fiducia veridittiva, pro-
pria dei comunicati che esaltano la “verità” di quanto lo spettatore sta ve-
dendo (tipicamente, si parla di slice of life per indicare un genere di com-
mercial che pretende di essere uno specchio fedele di piccole situazioni di
vita quotidiane); e quella di una fiducia estetica, propria dei comunicati
che sottolineano la condivisione di stili di gusto tra spettatore e soggetti del
discorso (si pensi agli stili pubblicitari più “di tendenza” ed estetizzanti).
Se allarghiamo lo sguardo ad altri commercial ci accorgiamo che in genere
essi puntano sull’una e sull’altra di tali strategie fiduciarie: anche sotto que-
sto aspetto lo spot della Pepsi si conferma come un esempio particolar-
mente ricco e complesso.
4. Esso appare contornato da una forma trapezoidale, con una parte rossa a sinistra e una blu a
destra che delimitano un cerchio: al suo interno una parte rossa superiore e una blu inferiore
vengono separate da una forma bianca rettangolare e a forma di onda che contiene la scritta blu
scuro in caratteri maiuscoli arrotondati “pepsi”.
286
15. Il commercial televisivo
mente, possiamo parlare del brand Pepsi come di un “metasoggetto del di-
scorso” (cfr. cap. 12, par. 4). Con questo termine intendiamo tre aspetti
differenti e complementari.
In primo luogo la Pepsi è un metasoggetto del discorso in quanto riassume La marca riassorbe
e riassorbe in sé le relazioni fiduciarie costituite tra lo spettatore e i soggetti le relazioni fiduciarie
della produzione e dell’intreccio, che abbiamo esaminato nel paragrafo
precedente. L’emergenza finale del brand rappresenta una sorta di rinuncia
a una maschera e di rivelazione del vero e autentico responsabile ultimo del
discorso: le relazioni fiduciarie già maturate, sia di tipo veridittivo che di
tipo estetico, non scompaiono ma vengono fatte proprie dal nuovo sogget-
to rappresentato dal brand. Al tempo stesso, il brand con il suo apparire si
fa garante di tali relazioni e dunque rafforza il legame fiduciario con lo
spettatore 5. Si tratta di una strategia comunicativa usuale nella pubblicità:
il brand adopera solitamente le zone iniziali e finali dei comunicati per af-
fermare la propria responsabilità discorsiva ultima.
In secondo luogo Pepsi in quanto brand è un metasoggetto del discorso La marca coordina
perché collega tra loro differenti commercial e differenti manifestazioni di- differenti
scorsive. Lo stesso pay off finale “The choice of a new generation” ricorre in manifestazioni
tutti gli spot prodotti tra il 1984 e il 1991 e rimanda a un complessivo rin- discorsive
novamento del brand nel contesto della “Pepsi Challenge” contro la Coca
Cola. In questa fase della sua evoluzione di marketing i responsabili della
Pepsi stanno rinnovando profondamente l’identità del brand e puntano su
connotazioni di giovinezza, freschezza, bevanda di tendenza ecc. Una simi-
le operazione passa per molte e articolate mosse: un nuovo design del logo,
l’ingaggio di alcuni cantanti pop-rock (Michael Jackson in primis) in qua-
lità di testimonial, l’adozione di un visual design degli spot improntato a
un’estetica contemporanea ecc.
In quest’ottica lo stesso prodotto offerto dal brand (in questo caso la bibi- La marca media
ta) è considerabile come un discorso teso a produrre una certa esperienza il passaggio
standardizzata: esiste un’assoluta continuità tra la comunicazione mediata dal mondo indiretto
dei commercial, la comunicazione semi-mediata degli eventi organizzati da al mondo diretto
Pepsi (per esempio i concerti di Michael Jackson) e l’esperienza diretta del
punto vendita (i frigo Pepsi), del packaging (la bottiglietta) e del prodotto
(il liquido della bibita). Passiamo qui alla terza ragione per cui il brand
Pepsi è un metasoggetto del discorso: esso si ritrova sia all’interno di espe-
rienze mediali (la bottiglietta Pepsi del commercial e la firma Pepsi dei dif-
ferenti comunicati della campagna pubblicitaria) sia all’interno di espe-
5. In questo senso il brand è al tempo stesso simile e differente dal metasoggetto che si mani-
festa mediante un formato metadiscorsivo, come la “Direzione del periodico” incontrato al
cap. 12. Simile perché anche in questo caso si tratta di un responsabile ultimo della discorsivi-
tà; differente in quanto la sua apparizione è locale e solo a posteriori riferibile all’insieme del
discorso.
287
Semiotica dei media
rienze non mediali che si svolgono nel mondo diretto (la bottiglietta Pepsi
nella sua materialità e il suo consumo effettivo). Il brand si pone e viene
percepito come responsabile e garante della trasferibilità coerente dell’e-
sperienza mediale all’interno dell’esperienza diretta 6; nell’assicurare con la
propria costante e riconoscibile presenza questa coerenza, il brand costrui-
sce la propria unitarietà e riconoscibilità (o al contrario, in casi negativi, la
propria frammentazione e ambiguità).
Percorsi di approfondimento
Per una ricognizione generale dei problemi (non solo semiotici) relativi alla pub-
blicità si possono vedere Abruzzese, Colombo (1994) e Ferraresi, Mortara, Sylwan
(2007). Una rete ampia e differenziata di interventi è in Grasso (2000).
Alcuni manuali di semiotica della pubblicità sono Beasley, Danesi (2002); Volli
(2003, 2005) (di taglio greimasiano); Bianchi (2005) e Saba (2006) (concentrati su-
gli spot pubblicitari). Un ottimo punto di partenza è Traini (2008). Sullo spot (e
il trailer, il banner ecc.) come “forme (discorsive) brevi”, Pezzini (2002). Più in
particolare sulla marca si vedano Musso (2005), Ferraresi (2008), Lombardi (2007)
e soprattutto Marrone (2007), una sintesi ragionata della semiotica della pubblici-
tà. Un confronto tra autori “pro-logo” e autori “no-logo” è in Mariano, Megido
(2007). Sulla comunicazione di impresa in termini più generali, Bettetini (1993).
Per altri aspetti più specifici rimandiamo ai testi citati nella parte finale di Semioti-
ca, marketing, pubblicità, pp. 283-4.
• Esplora la tua casa e prendi nota di oggetti e prodotti che compongono il tuo
ambiente di vita (mobili, vestiario, cibi e bevande, profumi e deodoranti, elettro-
domestici ecc.). Quali e quanti di questi sono riconducibili a una marca e a un’at-
tività di comunicazione pubblicitaria?
6. Questo ruolo del brand dipende dalla natura fattuale dell’esperienza di fruizione di messaggi
pubblicitari, ovvero dalla continuità percepita tra mondo indiretto e mondo diretto (cfr. cap. 2,
par. 3.4): nel seguire uno spot siamo consapevoli che si tratta di una vicenda fittizia; ma al tem-
po stesso sappiamo che quella vicenda vuole comunicarci qualche cosa che riguarda il mondo in
cui viviamo, che essa ci riguarda e ci tocca: che non parla solo a noi ma parla anche di noi. Non
a caso il discorso pubblicitario è stato affrontato anche con gli strumenti della retorica, la disci-
plina che per prima si è occupata del discorso persuasivo, ovvero di un discorso che è ritenuto in
radice essere responsabile di una trasformazione del mondo in cui viene pronunciato; in parti-
colare l’ampio uso delle forme narrative nella pubblicità contemporanea mette in luce il caratte-
re di exemplum del messaggio pubblicitario, accomunandolo a generi discorsivi del passato oggi
dimenticati di cui tuttavia esso rappresenta la versione contemporanea: dalla predicazione me-
dioevale alla precettistica seicentesca.
288
15. Il commercial televisivo
• Isola una categoria merceologica di oggetti, per esempio quelli dedicati alla
cura e all’igiene della persona. Prova a mappare i valori in base ai quali la comuni-
cazione ne ha costruito una desiderabilità (valori sensibili, sociali, relazionali
ecc.).
• Procurati il maggior numero di manifestazioni discorsive di uno o più prodot-
ti della categoria che hai scelto: spot pubblicitari televisivi e/o radiofonici, annun-
ci a stampa, affissioni ecc. Analizza anche il packaging del prodotto facendo atten-
zione alla complessità esperienziale (visiva, olfattiva, tattile) che viene di volta in
volta articolata. Mediante quali dinamiche e strategie vengono richiamati e colle-
gati al prodotto i valori del mapping? Come viene costruito il legame relazionale
fiduciario con i soggetti del discorso e con il metasoggetto del brand?
• Recati ad analizzare un punto vendita del prodotto (meglio se il brand del
prodotto possiede negozi propri in franchising): in che modo l’articolazione dello
spazio, il design dei mobili di esposizione, i colori scelti per le parti e il mobilio, le
divise dei venditori, fattori ambientali quali illuminazione, temperatura, profumi
ecc., compongono una esperienza di accostamento al prodotto? Che legami esi-
stono fra tale esperienza e il mapping di valori e le strategie sia di valorizzazione
che fiduciarie veicolate dai comunicati sul prodotto?
• Recati a mangiare presso un fast food (per esempio un MacDonald’s). Come
viene preparata l’esperienza del pasto nello spazio del locale? Come si presenta vi-
sivamente e olfattivamente il panino che hai scelto? C’è continuità o discontinuità
tra l’esperienza di ingerimento simulata nei materiali pubblicitari e quella effettiva
(analizza i differenti dati tattili, olfattivi, di gusto, visivi e anche uditivi)?
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16
Il videogioco
1. Premessa
293
Semiotica dei media
1. Il gioco è stato accolto da alcune polemiche che hanno riguardato due aspetti. Da un punto
di vista tecnico le complesse procedure di riconoscimento di autenticità della copia del gioco,
che costringono a giocare la prima volta on line e impediscono qualunque tentativo di copia,
hanno costituito un ostacolo alla sua diffusione. Dal punto di vista contenutistico la particola-
re concezione evoluzionista “panspermatica” adottata dal gioco ha sollecitato la perplessità di
alcuni scienziati e la protesta di alcune associazioni contrarie alla teoria dell’evoluzione: cfr.
Christian Nutt, gdc: Lessons Learned From Spore: Its Science And More, March 25, 2009, Ga-
masutra. The Art & Business of Making Games, http://www.gamasutra.com/php-bin/news_
index.php?story=22888.
2. Le cut scenes, o cinematics, sono brevi sequenze di carattere cinematografico, non alterabili
dal giocatore e in questo caso in formato 16:9.
294
16. Il videogioco
figura 1
Emerge una musica elettronica ipnotica, con lunghe note tenute. Nella ga-
lassia si distinguono sette stelle che emanano onde luminose: una piccola
scritta mi invita a cliccare su una delle stelle per iniziare a giocare (fig. 1).
In alto a sinistra spicca il nome e il logo del gioco; subito sotto tre etichette,
o tags, propongono tre differenti tipi di attività: “gioca” (il simbolo è un
triangolino come quello del tasto “play” del videoregistratore), “crea” (il
simbolo sono due strumenti di lavoro incrociati) e “condividi” (il simbolo
è un quadrato diviso in settori). In basso, sempre a sinistra, altri tre ele-
menti permettono ulteriori scelte: il simbolo della spirale della Galassia mi
fa accedere a un menu di impostazioni (che comprende anche l’uscita dal
gioco); il simbolo di un quadrato diviso in caselle (uguale a quello della tag
“condividi” ) introduce alla Sporepedia, che presenta in forma sinottica
tutte le creature e gli oggetti dell’universo Spore; infine un pulsante per-
mette l’accesso a o la disconnessione da Internet.
Iniziamo a esaminare l’attività di gioco.
295
Semiotica dei media
3. Nella fase Creatura la specie si muove sulla terraferma e acquisisce rudimentali capacità so-
ciali, sia interagendo con i membri della propria specie sia con altre specie. Nella fase Tribù vie-
ne avviata una forma primitiva di vita sociale: i soggetti vivono in tribù di dodici membri al
massimo e possono costruire e scambiare strumenti, armi o vestiti. Lo stadio della Civiltà pone
alla specie che è risultata dominante l’obiettivo di conquistare l’intero pianeta, mediante strate-
gie di tipo militare, economico o religioso. Infine la fase Spazio permette al giocatore di muo-
versi all’interno di un panorama sconfinato (il programma prevede 500.000 pianeti e numerosis-
sime specie differenti): egli può prendere contatto con specie di altre galassie mediante relazioni
di guerra o di alleanza; l’obiettivo è di accumulare medaglie galattiche fino a diventare il re della
galassia.
296
16. Il videogioco
con elementi di sandbox per il tipo di gioco 4. Inoltre vari elementi, dalla
fase Creatura in poi, rimandano a The Sims (tutti i riferimenti alle relazioni
interpersonali), mentre gli scontri diretti tra creature citano i vari picchia-
duro e sparatutto. Sotto questo aspetto Spore non è un semplice videogio-
co, ma un meta-videogioco: per un verso esso realizza il sogno di Will
Wright di costruire un dispositivo che colleghi i differenti ambienti di si-
mulazione da lui inventati nel corso della propria carriera; per altro verso si
pone come una galassia videoludica capace di contenere l’intero universo
del videogioco e di riassumerne per così dire l’evoluzione.
297
Semiotica dei media
figura 2
lo schermo del computer con una videocamera, oppure (se possibile) attivare un programma di
registrazione digitale di quanto vi si svolge, per poi analizzare con calma le sequenze ottenute.
298
16. Il videogioco
figura 3
299
Semiotica dei media
300
16. Il videogioco
figura 4
figura 5
301
Semiotica dei media
302
16. Il videogioco
6. Ovviamente esse non sono l’unico strumento di tale riconfigurazione, cui collaborano vari
aspetti della messa in scena del mondo indiretto: il meccanismo di spostamento della creatura,
l’uso dei pulsanti di comando e così via.
303
Semiotica dei media
3.2. Avatar: le relazioni con i personaggi Il lettore avrà osservato che nel de-
scrivere la sequenza di gioco nel par. 2.3 ho usato spesso espressioni alla pri-
ma persona per descrivere spostamenti e scelte di Mediasemiotichensis.
Dietro questi segnali linguistici sta evidentemente una particolare relazio-
ne di condivisione che mi lega in quanto giocatore alla creatura: siamo
dunque spinti verso l’aspetto della sintonia relazionale tra lo spettatore/
giocatore e i soggetti del mondo indiretto, argomento affrontato al cap. 8,
par. 4. In quella sede avevamo osservato che i diversi tipi di relazione si ba-
sano su differenti gradi di attivazione di un sentire la presenza di un altro
soggetto di esperienza, nel comprendere i suoi stati interiori ed eventual-
mente nel condividerli; sia la comprensione che (soprattutto) la condivi-
sione, vedono all’opera meccanismi di simulazione-consonanza e meccani-
smi di cognizione-inferenza. Cosa avviene nel caso di Spore e, più ampia-
mente, del videogioco?
La comprensione Se pensiamo al mio rapporto con Midi, possiamo dire che cambiano i
e la condivisione meccanismi che mi permettono di comprendere e di condividere gli stati
degli stati di coscienza della mia creatura. Anzitutto la comprensione non è più affi-
di coscienza data (o lo è minimamente) all’osservazione di un corpo, della sua costitu-
dei personaggi zione fisica e della sua mimica: sono soprattutto indicatori scritti o sim-
bolici a manifestare gli stati fisici ed emotivi di Midi e delle altre creature:
per esempio gli indicatori della fame e del grado di benessere complessi-
vo, i cuoricini che indicano il suo innamoramento, le faccine che esplici-
tano lo stato emotivo delle altre creature e così via. In questo senso il
meccanismo di consonanza somatica tra lo spettatore/giocatore e i perso-
naggi viene aggirato oppure ha un peso minore. Per quanto riguarda i
meccanismi volti a costituire una condivisione tra spettatore e personag-
gi, ritroviamo nel videogioco molti dei procedimenti osservati nell’audio-
visivo: l’uso di soggettive visive e sonore rimanda a una condivisione di
stati di coscienza contingenti, di mappe situazionali e di sfondi di cono-
scenze e valori di più ampia portata. Tuttavia nel caso del videogioco
questi aspetti, per quanto possano essere presenti, non sono strettamente
necessari né sufficienti. I giochi possono essere visualizzati in soggettiva,
ovvero in prima persona, ma anche (e spesso indifferentemente) in terza
persona: per esempio posso giocare una partita di calcio della serie Fifa
dal punto di vista del giocatore, ma anche guardandola dall’alto. Nel caso
di Spore, nella fase creatura, sia ha una semisoggettiva visiva e una sogget-
tiva sonora: il soggetto della percezione segue la creatura e registra gli
stessi suoni che essa ode, riproducendone la provenienza e la direzionalità
304
16. Il videogioco
7. Questa relativa indipendenza è al centro di numerosi dibattiti sulle valenze etiche del vi-
deogioco e sulla stessa possibilità che il videogioco si presti a veicolare valori, convinzioni,
ideologie.
8. In effetti nel videogioco la distinzione tra soggetti protesi e soggetti alieni coincide con
quella tra soggetto/i controllabile/i e soggetti non controllabili: nel caso di Spore posso con-
trollare una sola specie a partita; in altri casi (per esempio nel precedente gioco di Will
Wright, The Sims) è possibile spostare il controllo delle azioni da un soggetto a un altro. Os-
serviamo che, a partire da quanto detto, si comprende anche il collegamento tra l’agency e
l’esteriorizzazione delle mappe situazionali evidenziata nel paragrafo precedente: esse costi-
tuiscono risorse per le scelte cui sono chiamato e tracce delle scelte che ho effettuato.
305
Semiotica dei media
La semiotica ha iniziato a occuparsi di nuovi media digitali nella seconda metà de-
gli anni ottanta. Si delineano in particolare tre aree di problemi, che accompagna-
no la riflessione per tutti gli anni novanta. La prima concerne lo statuto semiotico
dell’immagine virtuale, prodotta al computer e quindi priva di un referente ogget-
tuale soprattutto nella computer graphic: è una questione che a partire da Queau
(1986) si ritrova per esempio in Colombo (1990); per una panoramica, cfr. Bettetini,
Colombo (1993). La seconda questione riguarda le interfacce digitali, ovvero gli am-
bienti che permettono un’interazione tra uomo e macchina. La bibliografia al ri-
guardo è molto ricca: per esempio Bettetini (1991) analizza le interazioni che si
svolgono all’interno dell’“interspazio” tra uomo e macchina nei termini di uno
scambio di azioni e saperi regolato e visibile tra enunciatore ed enunciatario; Co-
lombo, Eugeni (1996) distinguono tra spazi rappresentati (i mondi visibili del vi-
deogioco) e spazi rappresentanti (l’interspazio di Bettetini, o spazio dell’azione del
fruitore), a loro volta distinti dallo spazio logico dell’architettura ipertestuale (cfr.
infra); Zinna (2004) distingue tra spazio di memorizzazione e spazio di rappresen-
tazione/inscrizione. La terza questione concerne le nuove forme frammentate, reti-
colari, multimediali e interattive che può assumere il testo nei media digitali, ovve-
ro l’ipertestualità. I testi seminali sono in questo caso Landow (1992) (pubblicato
in versioni aggiornate la più recente delle quali è Landow, 2006) e Bolter (1991): il
tema dell’ipertesto (per il quale cfr. Bettetini, Gasparini, Vittadini, 1999 e vari inter-
venti all’interno di Bertetti, Manetti, 2001) consente di legare l’approccio ai nuovi
media ad approcci più tradizionali della teoria della letteratura, in particolare alle
nozioni di intertestualità sviluppate dal post-strutturalismo.
Verso la fine dell’ultimo decennio del secolo scorso il panorama degli studi si tra-
sforma (anche in corrispondenza di alcune innovazioni tecnologiche degli stessi
new media oggetto di studio, e in particolare l’avvento del web e della comuni-
cazione interattiva in rete). Anche in questo caso possiamo individuare tre piste di
evoluzione della ricerca. La prima si concentra sul videogioco e mette in crisi gli
approcci semiotici classici, in particolare le idee di ipertesto e di struttura
(iper)narrativa: si assiste in questo settore a una frattura tra “narrativisti” e “ludo-
logi” che si ricompone solo nel momento in cui viene rilanciato uno studio non del-
le “strutture” testuali e narrative del videogioco quanto piuttosto dell’esperienza
videoludica: cfr. Wolf, Perron (2003), Harrigan, Wardrip-Fruin (2004), Raessens,
Goldstein (2005), Rutter, Bryce (2006), Egenfeldt-Nielson, Heide Smith, Pajares
Tosca (2007). In questa chiave Eugeni e Bellavita (2006) hanno analizzato il video-
gioco The Sims. Per alcuni esiti di questo dibattito cfr. Grodal (2009).
La seconda tendenza esamina le forme di rimediazione messe in atto dai nuovi
media rispetto ai media precedenti: i modi in cui essi ripropongono, riformulano,
incrociano all’interno delle loro interfacce i dispositivi di cinema, radio, televisione
o della pagina scritta. Questa tendenza di taglio socio-semiotico (o di semiotica cul-
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16. Il videogioco
turale dei dispositivi mediali) viene lanciata da Bolter, Grusin (1999) e si ritrova in
particolare, per quanto concerne il cinema, in Manovich (2001). Ma studi analoghi
riguardano altri media e in particolare la televisione: cfr. per esempio Colombo
(2007) e Scaglioni, Sfardini (2008). Anche in ambito letterario la questione della ri-
mediazione pone analoghi problemi di ridefinizione in radice del mezzo: cfr. per
esempio Mazzarella (2008).
La terza tendenza si concentra infine sugli usi del web con particolare attenzione
alle pratiche di dialogo e interazione, analizzate nuovamente con un taglio di tipo
socio semiotico: cfr. per esempio Vittadini (2002). Più di recente anche lo studio dei
videogiochi si è concentrato sempre di più sull’analisi delle interazioni videoludi-
che on line: cfr. per esempio Wolf, Perron (2008), Surman (2009).
forte nel caso del videogioco a partire dalle nuove possibilità di agency of-
ferte al giocatore.
Spostiamo ora la nostra attenzione sulle altre attività che Spore mi consente
di svolgere, descritte nel par. 3.3: la costruzione di creature o di oggetti e la
condivisione o discussione on line sulla pagina web “MioSpore”. Cosa
cambia in questi casi rispetto all’esperienza di gioco che ho vissuto fino a
poco prima guidando Midi nella sua evoluzione? Evidentemente non sono
più in relazione con il mondo indiretto in cui Midi si sta sviluppando; ma
non posso neppure dire di essere ritornato all’interno del mondo diretto in
cui vivo, opero, svolgo e sedimento la mia esperienza ordinaria. L’esperien-
za che svolgo nel costruire creature, edifici o veicoli che potrò poi usare al-
l’interno del mondo indiretto, o nello scambiare tali oggetti con altri gio-
catori raccogliendo i loro commenti, si svolge all’interno di un altro campo
di oggetti intenzionali: il discorso, o più esattamente il formato in quanto
spazio metadiscorsivo.
Abbiamo visto al cap. 12, par. 4 come la percorrenza visiva di superfici gra-
fiche implichi la costituzione del formato in quanto spazio metadiscorsivo
rispetto a singole produzioni discorsive: mi muovo visivamente all’interno
della gabbia grafica del periodico e scelgo di “entrare” a leggere un certo ar-
ticolo. Questa “nidificazione” dei discorsi e il rapporto sensomotorio con il
formato che essa implica, si ripresentano nel caso del videogioco e più am-
piamente dei nuovi media; troviamo però alcune importanti innovazioni.
In primo luogo lo spazio metadiscorsivo non è più limitato dal proprio Uno spazio
supporto materiale (nel caso del periodico, la rivista in quanto oggetto car- metadiscorsivo
taceo); la conformazione reticolare del formato si estende quindi nei nuovi illimitato e globale
media in misura non controllabile dal soggetto dell’esperienza: il web è un
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Semiotica dei media
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16. Il videogioco
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Semiotica dei media
Percorsi di approfondimento
Tra le introduzioni generali ai nuovi media segnalo Pasquali (2003), Lievrouw, Li-
vingstone (2006), Menduni (2007). I termini chiave legati ai new media sono
esposti in Mascheroni, Pasquali (2006). Una fondamentale introduzione alla se-
miotica dei nuovi media è Cosenza (2008); per alcuni approfondimenti si veda an-
che Cosenza (2003). Le questioni legate all’esperienza somatica del virtuale vengo-
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16. Il videogioco
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Semiotica dei media
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Indice dei nomi
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Indice dei nomi
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Semiotica dei media
Hitchcock Alfred, 141 Landowski Eric, 69, 71, 84, 106, 111,
Hofstadter Douglas C., 37, 39 213, 218, 283-4, 291
Husserl Edmund, 14 Landreth Anthony, 37-8
Laureys Steven, 37, 40
Le Breton David, 36, 39
Iacoboni Marco, 165, 167 LeDoux Joseph, 37, 39
Ingarden Roman, 194 Leiss William, 283, 291
Innocenti Veronica, 93, 127, 129 Leone Sergio, 200
Iovane Giorgia, 127, 129 Leoni Federico, 37, 39
Iser Wolfgang, 14, 177, 194 Levorato Maria Chiara, 109, 111
Ivry Richard B., 37, 39 Lévi-Strauss Claude, 216, 218
Lievrouw Leah A., 202-3, 310, 313
Livingstone Sonia, 195, 202, 204, 310,
Jackson Michael, 287 313
Livolsi Marino, 202, 204
Jacques Bertin, 231-2
Lo Feudo Giorgio, 69, 71
Jakobson Roman, 137
Lombardi Marco, 283, 288, 291
James Henry, 154
Longhurst Brian, 195, 203
Jankowski Nicholas W., 202
Lorusso Anna Maria, 68, 71, 216, 218
Jannacci Enzo, 257
Lucignani Giovanni, 39-40
Janson Klaus, 233
Lyotard Jean-François, 83
Jauss Hans Robert, 14
Jedlowski Paolo, 36, 39, 127, 129
Jenkins Henry, 195-6, 203
Magatti Mauro, 183, 185, 202, 204
Jensen Klaus Bruhn, 69, 71
Magli Patrizia, 69, 71, 166-7
Jhally Sut, 283, 291
Maietti Massimo, 311, 313
Jorland Gérard, 165-6
Malavasi Luca, 54, 56
Jost François, 155
Maldonato Mauro, 37, 40
Mancini Paolo, 53, 55, 68, 71
Mandik Peter, 37-8
Károlyi Otto, 248 Manetti Giovanni, 144, 146, 306, 312
Kline Stephen, 283, 291 Mangano Dario, 284, 291
Koch Christof, 29, 37, 39 Mangun George R., 37, 40
Kozloff Sara, 177 Manovich Lev, 307, 313
Krafft Ulrich, 240, 244 Marconi Luca, 261-2
Krauss Rosalind, 311, 313 Mariano Luigi, 288, 291
Kristeva Julia, 177 Marini Ronaldo, 68, 71
Kubrick Stanley, 163 Marks Laura, 93-4
Marraffa Massimo, 37, 40
Marrone Gianfranco, 68, 71, 84, 93-4,
Lacan Jacques, 120 195, 204, 213, 216, 218, 261-2, 283-4,
Lancioni Tarcisio, 93-4 288, 291
Landow George, 306, 313 Marsciani Francesco, 69, 71, 284, 291
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Indice dei nomi
Marzano Michela, 37, 40 Odin Roger, 105, 109, 111, 178, 185
Mascheroni Giovanna, 310, 313 Oliverio Alberto, 37, 40
Mattozzi Alvise, 284, 291 Ortoleva Peppino, 36, 40, 53-4, 56, 261,
Mazzarella Arturo, 307, 313 263
Mazzucchelli David, 243
McCloud Scott, 243-4
McKee Robert, 110-1 Pachoud Bernard, 37, 40
Pajares Tosca Susana, 306, 312
McLean David, 53, 55
Papuzzi Alberto, 216, 218
McQuail Denis, 202, 204
Parmiggiani Paola, 284, 290
Megido Victor, 288, 291
Pasquali Francesca, 310, 313
Melchiorre Virgilio, 37, 40
Paternoster Alfredo, 37, 40, 92, 95
Melchiorri Giorgio, 284, 291 Pavel Thomas G., 105, 111
Menduni Enrico, 310, 313 Pavone Rita, 257
Meneghelli Donata, 165, 167 Peckinpah Sam, 200
Merleau-Ponty Maurice, 14, 83 Peeters Benoit, 240, 245
Metz Christian, 121, 129, 155, 167, 177, Peirce Charles Sanders, 16, 61-2
185 Pellerey Roberto, 69, 71, 261-2
Middleton Richard, 257, 262 Pepperell Robert, 54, 56
Midolo Elena Dominique, 261, 263 Perissinotto Alessandro, 127, 129
Miller Frank, 93, 233, 243 Perron Bernard, 306-7, 314
Mogol, 256 Pescatore Guglielmo, 127, 129
Montanari Federico, 213, 218 Petitot Jean, 37, 40
Montani Pietro, 37-8, 144, 146 Petrosino Silvano, 183, 185
Moores Shaun, 202, 204 Peverini Paolo, 216, 218, 258, 263
Pezzini Isabella, 69, 71, 284, 288, 291-2
Morabito Carmela, 36, 40
Piattelli Palmarini Massimo, 36, 40
Morelli Raffaele, 228
Pinotti Lamberto, 39-40
Mortara Ariela, 288, 290
Pisanty Valentina, 69, 71
Moscovitch Morris, 37, 40 Pitassio Francesco, 166, 168
Mules Warwick, 69, 72 Plantinga Carl, 54, 56, 165, 168
Müller Günter, 121 Polidoro Pietro, 93, 95, 231-2
Murray Smith Greg, 165, 168 Ponzoni Cochi, 257
Musso Patrizia, 288, 291 Pozzato Maria Pia, 68, 71, 127, 129, 213,
218, 284, 292
Pozzetto Renato, 257
Proni Giampaolo, 283, 292
Nacci Michela, 284, 291 Propp Vladimir, 120
Nadel Lynn, 37, 40 Pugliatti Paola, 165, 168
Nattiez Jean-Jacques, 260-1, 263 Punt Michael, 54, 56
Noë Alva, 93-4
Nolan Christopher, 93
Nutt Christian, 294 Queau Philippe, 306, 313
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Semiotica dei media
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Indice dei nomi
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Indice dei termini principali
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Semiotica dei media
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Indice dei termini principali
voce
semiotica dei soggetti del discorso, cfr. produ-
dei media, 57 ss. zione discorsiva (e vocalizzazione)
evoluzione della, 61-2 dei soggetti del mondo indiretto,
sensazione, 79-85 157, 158 e n, 258-60
325
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