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Semiotica dei media. Le forme dell'esperienza

Book · January 2010

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1 author:

Ruggero Eugeni
Università Cattolica del Sacro Cuore
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Ruggero Eugeni

Semiotica dei media


Le forme dell’esperienza
1a edizione, aprile 2010
© copyright 2010 by Carocci editore S.p.A., Roma

Finito di stampare nell’aprile 2010


per i tipi delle Arti Grafiche Editoriali Srl, Urbino

isbn 978-88-430-4926-4

Riproduzione vietata ai sensi di legge


(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

Senza regolare autorizzazione,


è vietato riprodurre questo volume
anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,
compresa la fotocopia,
anche per uso interno
o didattico.
Indice

Introduzione 13

Parte prima. L’esperienza mediale e la semiotica dei media

1. L’esperienza 25
1. Premessa 25
2. Che cos’è l’esperienza 25
2.1. Le definizioni terminologiche / 2.2. Le descrizioni sociali e antropologiche /
2.3. Le descrizioni neurali e fisiologiche / 2.4. Le descrizioni mentali

3. Un modello dell’esperienza 32
3.1. La logica interpretativa / 3.2. La natura dinamica / 3.3. L’articolazione in tre
strati

Percorsi di approfondimento 36
Quaderno degli esercizi 37
Riferimenti bibliografici 38

2. L’esperienza mediale 41
1. Premessa 41
2. Che cos’è l’esperienza mediale 41
2.1. I media e il design dell’esperienza / 2.2. Un modello dell’esperienza mediale

3. Le forme dell’esperienza mediale 47


3.1. Dall’esperienza mediale alle esperienze mediali / 3.2. Le modalità di attivazione
nel mondo diretto / 3.3. Le conformazioni del discorso / 3.4. Gli statuti del mondo
indiretto

Percorsi di approfondimento 53
Quaderno degli esercizi 54
Riferimenti bibliografici 55

3. La semiotica e l’esperienza mediale 57


1. Premessa 57
2. Che cos’è la semiotica dei media 57
2.1. L’intento critico e l’obiettivo della semiotica dei media / 2.2. L’oggetto e il pro-
cedimento della semiotica dei media

3. I percorsi di ricerca della semiotica dei media 63


3.1. Approccio standard, etnografico e archeologico / 3.2. Semiotica dei sistemi e se-
miotica dei processi

7
Semiotica dei media

4. Il metodo di ricerca della semiotica dei media 65


5. Un tracciato di analisi dell’esperienza mediale 67
Percorsi di approfondimento 68
Quaderno degli esercizi 69
Riferimenti bibliografici 70

Parte seconda. Una visita guidata all’esperienza mediale

4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile 75


1. Premessa 75
2. I grattacieli e la strada 75
3. Sensazione e percezione nei processi sensoriali 77
3.1. La natura attiva e situata dei processi sensoriali / 3.2. Il carattere multimodale e
intermodale dei processi sensoriali / 3.3. Le due logiche operative dei processi senso-
riali: sensazione e percezione

4. La dinamica dei processi sensibili 81


4.1. L’attivazione delle configurazioni sensibili / 4.2. Configurazioni sensibili sem-
plici e complesse, tonali e ritmiche

5. Qualità e diagrammi tonali 85


5.1. Le qualità tonali visive / 5.2. Le qualità tonali sonore / 5.3. I diagrammi tonali

6. Qualità e diagrammi ritmici 88


6.1. Le qualità ritmiche / 6.2. I diagrammi ritmici

7. Il design sensibile dell’esperienza 91


Percorsi di approfondimento 92
Quaderno degli esercizi 93
Riferimenti bibliografici 93

5. L’ordinamento del mondo indiretto 97


1. Premessa 97
2. La sparizione di Nick 97
3. Situazione e mappe situazionali 99
3.1. La situazione e le sue trasformazioni / 3.2. Le mappe situazionali / 3.3. La porta-
ta delle trasformazioni: situazioni quadro e situazioni standard / 3.4. La cadenza
delle trasformazioni: situazioni narrative, situazioni descrittive, turning points

4. Trasformazioni narrative e qualità sensibili 107


5. Il design narrativo dell’esperienza 108
Percorsi di approfondimento 109
Quaderno degli esercizi 110
Riferimenti bibliografici 110

8
Indice

6. L’ordinamento del discorso 113


1. Premessa 113
2. Vuoti, salti, ritorni 113
3. Le articolazioni del discorso 115
3.1. Produzione, intreccio, formato / 3.2. Le evidenze del discorso

4. L’analisi dell’intreccio e della gestualità compositiva 122


4.1. Il tracciato e l’intreccio / 4.2. Microtessitura, macrotessitura e schemi com-
plessivi

5. Il design temporale dell’esperienza 126


Percorsi di approfondimento 127
Quaderno degli esercizi 127
Riferimenti bibliografici 128

7. L’ordinamento del mondo diretto 131


1. Premessa 131
2. “You can only watch” 131
3. Le regolazioni del rapporto tra mondo diretto e indiretto 135
3.1. Mondo egotropico e mondo allotropico / 3.2. I regimi del rapporto tra mondo
diretto e indiretto

4. L’esperienza di finzione dalla discontinuità alla pseudocontinui-


tà 139
4.1. Dalla discontinuità radicale alla discontinuità moderata / 4.2. Dalla disconti-
nuità alla pseudocontinuità

5. Il design ontologico dell’esperienza mediale 143


Percorsi di approfondimento 144
Quaderno degli esercizi 145
Riferimenti bibliografici 145

8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto 147


1. Premessa 147
2. 4672 Carney Lane, Boulder Highway 147
3. Il soggetto della percezione del mondo indiretto 150
3.1. Rendersi conto del soggetto della percezione / 3.2. Comprendere il soggetto
della percezione / 3.3. Condividere il soggetto della percezione

4. I soggetti interni al mondo indiretto 155


4.1. Rendersi conto del personaggio / 4.2. Comprendere il personaggio / 4.3. Con-
dividere il personaggio / 4.4. Il carattere aspettuale dell’esperienza mediale

5. Il design etico dell’esperienza 164


Percorsi di approfondimento 165
Quaderno degli esercizi 166
Riferimenti bibliografici 166

9
Semiotica dei media

9. Le relazioni con i soggetti del discorso 169


1. Premessa 169
2. L’incubo di Nick 169
3. I soggetti del discorso e le loro manifestazioni 173
3.1. I soggetti della produzione, dell’intreccio e del formato / 3.2. Le evidenze dei
soggetti del discorso

4. Intreccio, scrittura, stile 178


4.1. Il soggetto dell’intreccio come apparato / 4.2. Il soggetto dell’intreccio come
autore

5. La relazione fiduciaria 181


6. Il design retorico dell’esperienza 182
Percorsi di approfondimento 183
Quaderno degli esercizi 183
Riferimenti bibliografici 184

10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto 187


1. Premessa 187
2. Un imprevisto finale 187
2.1. «As I found They Found Nick» / 2.2. Di cosa parliamo quando parliamo di Gra-
ve Danger

3. Il web e l’esperienza della socialità 192


4. L’esperienza mediale e il fondamento della socialità 197
4.1. Il riorientamento della relazione di condivisione / 4.2. Il riorientamento della
relazione fiduciaria

5. Il design sociale dell’esperienza 201


Percorsi di approfondimento 201
Quaderno degli esercizi 202
Riferimenti bibliografici 203

Parte terza. L’analisi delle esperienze mediali

11. L’articolo della stampa quotidiana 207


1. Premessa 207
2. Miracoli sulle acque 207
3. Il soggetto del discorso come soggetto vocale 209
3.1. Le voci di dentro / 3.2. Espressione vocale ed efficacia simbolica

4. Il soggetto del discorso come soggetto sociale 214


4.1. La voce del cronista e la relazione fiduciaria / 4.2. Racconto e commento

Percorsi di approfondimento 216


Quaderno degli esercizi 216
Riferimenti bibliografici 217

10
Indice

12. La grafica del periodico illustrato 219


1. Premessa 219
2. Corpi in copertina 220
3. L’analisi del formato grafico 222
3.1. L’esplorazione sensomotoria del formato / 3.2. Il diagramma tonale e ritmico
del formato

4. Il formato come spazio metadiscorsivo e i suoi soggetti 226


Percorsi di approfondimento 231
Quaderno degli esercizi 231
Riferimenti bibliografici 231

13. Il fumetto 233


1. Premessa 233
2. Il Cavaliere oscuro ritorna 233
3. Ritmo percepito e ritmo vissuto nel fumetto 237
3.1. Formato e produzione discorsiva nel fumetto / 3.2. Diagrammi ritmici ed effet-
ti somatici

4. Corpo del lettore e corpo del personaggio 241


Percorsi di approfondimento 243
Quaderno degli esercizi 243
Riferimenti bibliografici 244

14. La canzone pop 247


1. Premessa 247
2. Fútbol 248
3. Voce del soggetto, voce sociale 252
4. Verse, chorus, bridge: la canzone come oggetto sonoro 255
5. La polifonia dell’esperienza 258
Percorsi di approfondimento 260
Quaderno degli esercizi 261
Riferimenti bibliografici 262

15. Il commercial televisivo 265


1. Premessa 265
2. Ahhh! 266
3. Who’s the first? Le relazioni con il mondo indiretto 279
3.1. Le relazioni con gli oggetti del mondo indiretto / 3.2. Le relazioni con i soggetti
del mondo indiretto / 3.3. La diegetizzazione del dispositivo di persuasione

4. The choice of a new generation. Le relazioni con il discorso 284


4.1. Le relazioni fiduciarie con i soggetti del discorso / 4.2. Le relazioni fiduciarie
con la marca

11
Semiotica dei media

Percorsi di approfondimento 288


Quaderno degli esercizi 288
Riferimenti bibliografici 289

16. Il videogioco 293


1. Premessa 293
2. In una galassia lontana lontana... 294
2.1. Un dio tascabile / 2.2. L’evoluzione del videogioco / 2.3. Trionfo e morte di
Mediasemiotichensis / 2.4. Creare e condividere

3. L’interazione con il mondo indiretto 302


3.1. L’esteriorizzazione delle mappe situazionali / 3.2. Avatar: le relazioni con i per-
sonaggi

4. L’interazione con il discorso 307


5. L’esperienza mediale nell’era della postmedialità 309
Percorsi di approfondimento 310
Quaderno degli esercizi 311
Riferimenti bibliografici 312

Indice dei nomi 315

Indice dei termini principali 323

12
Introduzione

«Tutto sommato, la mia sola speranza è che questo libro continui a giacere,
con qualche “orecchia” alle pagine, annotato, sporco di colori e di gesso,
sul tavolo o sulla scrivania di chi si occupa attivamente di teoria e di pratica
dell’arte, e che sia ancora, in questa sua veste più accurata, un interlocutore
in quelle discussioni tra “addetti ai lavori” di cui le arti visive hanno biso-
gno per svolgere il loro compito silenzioso». Così Rudolf Arnheim intro-
duceva la nuova edizione del suo Arte e percezione visiva 1. Queste parole
mi tornano in mente ogni volta che sento alcuni colleghi lamentare la pro-
liferazione di manuali delle discipline di cui si occupano – cosa che avviene
abbastanza regolarmente alla fine di un piacevole pasto che ha allietato la
fine di un convegno o di un concorso universitario. Si suole ripetere in
questi casi che troppi manuali non fanno bene alla disciplina, che bloccano
la riflessione teorica, e che il giovane studioso che ne aveva presentati al
concorso due o tre avrebbe fatto meglio a scrivere una sola monografia su
un tema specifico. In queste affermazioni c’è del vero; tuttavia l’implica-
zione che esse sottendono è sbagliata: come le parole di Arnheim ci fanno
presente, è possibile concepire un lavoro teorico che dialoghi con i profes-
sionisti della produzione artistica e culturale, offra agli studenti uno stru-
mento per acquisire conoscenze e atteggiamenti utili per la futura profes-
sione, orienti il lettore verso gli approfondimenti bibliografici pertinenti
senza rinunciare a un approccio vivo e diretto con una certa materia. In-
somma: è possibile pensare e realizzare un manuale nel vero senso della pa-
rola: un libro destinato a passare di mano in mano e a restare a portata di
mano.
Il volume che state leggendo ha l’ambizione di rappresentare questo tipo di
manuale. In questa introduzione vorrei spiegare perché ritengo non solo
possibile ma opportuno che la riflessione teorica sulla semiotica dei media
adotti oggi uno stile “manualistico”; il che mi chiede di introdurre le idee
di fondo e la struttura di questo lavoro.

1. Rudolf Arnheim, Art and Visual Perception. A Psychology of Creative Eye, 2a ed., University of
California Press, Berkeley 1974 (trad. it. Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 1984, p. 22).

13
Semiotica dei media

La svolta esperienziale

Il concetto di esperienza si sta affermando in differenti campi di studio. A


ben vedere si tratta di un movimento di lungo periodo; la riflessione sul-
l’esperienza permette oggi di riprendere e di ripensare una serie di ricerche
che, da circa vent’anni, si sono concentrate su temi diversi: il corpo, la sen-
sibilità, le emozioni, la coscienza, l’identità personale e così via. Al tempo
stesso questo experiential turn ha permesso e permette il rilancio di un dia-
logo tra discipline differenti e, in particolare, tra scienze neurocognitive e
scienze umane (filosofia della mente, estetica, antropologia, la stessa semio-
tica di cui ci occupiamo più direttamente).
Non è semplice ricostruire le ragioni di questa svolta; né è semplice indivi-
duare una mappatura unitaria del fenomeno. Gioca indubbiamente in
questo movimento uno scontento diffuso per la teoria pensata e organizza-
ta come una costruzione autoreferenziale, incapace di rendere conto della
dimensione vivente e vissuta dei fenomeni indagati. Tuttavia, a partire da
questo sfondo comune, i percorsi adottati per realizzare il “ritorno all’espe-
rienza” sono molteplici e non sempre conciliabili: essi vanno dalla fenome-
nologia di Husserl e Merleau-Ponty alla filosofia di Bergson, dalle analisi
dell’esperienza moderna di Benjamin alle critiche che Wittgenstein muove
alla concezione di “interiorità”, dall’idea di esperienza estetica di Dewey
alla fenomenologia della lettura di Jauss e Iser, e la lista potrebbe conti-
nuare 2.
Più specifiche e dunque più facilmente individuabili le ragioni che hanno
spinto ampie aree degli studi sui media ad adottare la svolta esperienziale e
a considerare la relazione dei soggetti con i media in quanto esperienza
mediale.
L’orizzonte culturale in cui viviamo presenta oggi un curioso paradosso.
Per un verso i grandi media del Novecento (la stampa, il cinema, la radio,
la televisione) sono al centro di un processo di individuazione e di celebra-
zione: è divenuto evidente il ruolo che essi hanno giocato all’interno della
cultura e dell’arte del secolo appena trascorso; ed è divenuto evidente che
tale ruolo non è legato semplicemente ai “testi” da essi prodotti, quanto
piuttosto ai dispositivi e alle pratiche che li costituiscono. Di qui ricerche,
volumi, enciclopedie dedicate ai vari media; di qui anche una loro musea-
lizzazione, e una riflessione sui dispositivi mediali attuata dall’arte e dalla
videoarte.
Per altro verso però questi stessi media vedono in atto un processo di rias-
sorbimento da parte dei media digitali, un interscambio molto stretto con
pratiche non mediali, una disseminazione e una “rilocazione” (Casetti) nel

2. L’esame di alcune descrizioni dell’esperienza offerte da differenti discipline viene fornito al


cap. 1; rinvio ai Percorsi di approfondimento del capitolo per la bibliografia in merito.

14
Introduzione

tessuto sociale. I media non sono più avvertiti come dispositivi ritualizzati
e localizzabili, ma piuttosto come “nuvole”, aggregati di pratiche e disposi-
tivi leggeri e variabili che possono infiltrarsi agevolmente in ogni piega del
sociale: di qui un processo, opposto al precedente, di de-individuazione.
La stessa riflessione teorica si domanda con crescente insistenza che cosa sia
realmente un medium e se sia ancora possibile individuare criteri di distin-
zione all’interno di una condizione postmediale 3.
All’interno di questo contesto (coerentemente) contraddittorio, l’adozione
della prospettiva esperienziale appare una mossa tattica indispensabile per
rifondare la riflessione teorica. In un certo senso essa riprende e mima il
movimento dei processi grassroots degli stessi utenti: studiare l’esperienza
che i media procurano vuol dire analizzare la loro costituzione “dal basso”.
Solo ripartendo dal contatto vivo e immediato con le differenti esperienze
che i media permettono è possibile risalire a formulazioni di più ampia
portata circa identità, ruoli e peso storico degli apparati, così come vengo-
no avvertiti intersoggettivamente.

Una semiotica dell’esperienza mediale

La svolta esperienziale nel settore dei media studies e l’idea di esperienza


mediale costituiscono l’orizzonte di riferimento del mio lavoro 4. A partire
da questa scelta e all’interno di tale orizzonte, faccio tuttavia alcune opzio-
ni teoriche e metodologiche peculiari, che contrastano con taluni orienta-
menti di questo campo di ricerche. Queste opzioni si connettono al recu-
pero di alcuni punti cardine della disciplina semiotica e dunque danno vita
allo specifico progetto di una semiotica dell’esperienza mediale.
Parto dunque dall’idea che l’esposizione ai dispositivi mediali e il loro uso
da parte del lettore/osservatore/spettatore comportino il vivere un’espe-
rienza mediale. Si tratta di una forma effettiva di esperienza: essa è colloca-
ta in certe situazioni sociali e ambientali; implica un coinvolgimento del-
l’intero organismo (l’insieme di mente e di corpo) di chi vi prende parte; è
un’esperienza viva e vissuta in prima persona e all’interno del presente dal
soggetto. Rispetto a queste assunzioni, che come ho detto provengono dal
campo dei media studies coinvolti nella svolta esperienziale, introduco due
opzioni specifiche.
La prima opzione concerne l’esperienza mediale in quanto prolungamento
e parte dell’esperienza in generale. La riflessione teorica sull’esperienza

3. Torneremo su questi temi, legati a nostro avviso alle ripercussioni dell’esperienza dei nuovi
media sulla sensibilità culturale complessiva, alla fine del cap. 16: rinviamo a quella sede per i ri-
mandi bibliografici.
4. Per una bibliografia sull’esperienza mediale rimandiamo ai Percorsi di approfondimento del
cap. 2.

15
Semiotica dei media

(non solo quella limitata ai media) sottolinea con insistenza la sua dimen-
sione incorporata, sensibile ed emozionale. Una simile insistenza si spiega a
partire da un’esigenza polemica: gli studiosi si rivolgono al tema dell’espe-
rienza per superare i limiti di una riflessione soprattutto cognitivista che
aveva privilegiato lo studio dei processi razionali svolti da una mente disin-
carnata e de-situata. Tuttavia tale impostazione rischia di condurre a mo-
delli poco efficaci: o perché esclusivamente incentrati sulla dimensione
sensibile-emotiva, oppure perché frammentati in aree e settori differenti
(razionale, emotivo, sensibile, pratico ecc.) di cui non riescono a spiegare
l’unitarietà. Assumerò dunque nel mio approccio che l’esperienza in gene-
rale – e quindi anche l’esperienza mediale – possiede differenti aspetti: essa
è fatta di ragionamento, emozione, sensibilità, relazione intersoggettiva e
così via. Tali aspetti non vengono percepiti come unitari in base ad assun-
zioni aprioristiche, ma a partire da una rete di relazioni e determinazioni
reciproche. Il “meccanismo” che articola questi differenti aspetti e assicura
la loro reciproca determinazione è la dinamica dell’interpretazione: l’espe-
rienza si basa su un processo costante, dall’andamento a spirale e tenden-
zialmente infinito, di elaborazione di configurazioni a partire da risorse
percettive e mnestiche, e di riutilizzo delle configurazioni prodotte quali
ulteriori risorse. L’interpretazione in sé non è né razionale né emotiva, ma
è in grado di mettere in relazione sia risorse emotive che risorse di ragiona-
mento. Questa opzione costituisce un primo recupero della tradizione se-
miotica: in particolare, riprendo in questo caso l’orientamento interpreta-
tivo che fa capo alla riflessione di Charles S. Peirce.
La seconda opzione che introduco rispetto al panorama dei media studies
concerne l’esperienza mediale in quanto forma specifica di esperienza, non
riducibile a quella ordinaria. Leggendo gli interventi di molti autori del
settore si coglie un progetto talvolta sotteso, talvolta esplicito: quello di
una naturalizzazione dell’esperienza e, per estensione, dell’esperienza me-
diale. Per quanto anche in questo caso le posizioni siano differenziate,
emerge l’idea che nelle relazioni tra l’organismo e il mondo gli aspetti im-
mediati siano più pertinenti e rilevanti di quelli mediati dagli ambienti cul-
turali e dalle agenzie che operano in essi. Una prima contestazione di que-
sta presunta “innocenza” dell’esperienza viene dal punto precedente: la di-
namica dell’interpretazione implica l’intervento di risorse memoriali e
dunque un radicamento sociale e culturale dei soggetti. C’è tuttavia una se-
conda ragione per contestare la naturalizzazione dell’esperienza mediale: la
natura progettuale e progettata di una simile esperienza. Al contrario del-
l’esperienza ordinaria, l’esperienza mediale è artificiale, precostituita e se-
riale; essa risponde a un design esperienziale, e si incarica di rendere opera-
tivo questo progetto all’interno dell’esperienza ordinaria. Questo suo ca-
rattere peculiare fa sì inoltre che essa costituisca una forma particolarmente
complessa di esperienza, in quanto sovrappone al mondo percepito diretta-

16
Introduzione

mente un mondo percepito indirettamente e introduce lo spessore irridu-


cibile di un discorso.
A ben vedere lo studioso che oggi si ritrova a contestare la naturalizzazione
dell’esperienza mediale e ne rivendica la natura costruita e progettata non è
molto lontano dalle posizioni che all’inizio degli anni sessanta assumevano
i semiologi della prima generazione strutturalista, in particolare Roland
Barthes e Algirdas Julien Greimas. Oggi come allora si tratta di minare le
basi di un progetto ideologico che i media perseguono: quello di affermare
l’impercettibilità della loro attività. Che si tratti dei media broadcasting
dell’epoca o delle “nuvole mediali” di oggi, che si tratti insomma della vec-
chia società dell’informazione o dell’attuale società dello spettacolo, la teo-
ria è comunque chiamata a non dismettere la propria vocazione critica.
Questa opzione recupera dunque la seconda, ampia tradizione semiotica:
l’orientamento strutturalista che fa capo alla riflessione di Ferdinand de
Saussure.

La ricerca, un’arte del fare

Queste opzioni di fondo possiedono alcune conseguenze profonde sui


modi in cui una semiotica dell’esperienza mediale pensa sé stessa e il pro-
prio lavoro 5. Se mi interrogo sul tipo di attività che svolgo nell’analizzare
gli andamenti dell’esperienza mediale, mi accorgo che in effetti non esco
dall’orizzonte dell’esperienza: anche questo lavoro che svolgo costituisce
una particolare forma di esperienza. Inoltre non si tratta di un’esperienza
che possa porsi in un rapporto di alterità e di distacco rispetto all’esperien-
za mediale, pena la perdita dell’oggetto della sua ricerca. Il mio lavoro di ri-
flessione teorica e di analisi non fa altro che proseguire la mia esperienza
mediale; esso sfrutta l’andamento a spirale della dinamica interpretativa
per condurre una ulteriore torsione riflessiva, in assoluta continuità con
l’andamento dell’esperienza mediale situata e incorporata.
Questa presa di coscienza produce varie conseguenze importanti: rende lo
studioso consapevole della natura situata e incorporata delle proprie consi-
derazioni; lo invita dunque ad alcune prudenze metodologiche nella gene-
ralizzazione dei propri risultati; lo spinge a non concepire la propria attivi-
tà come separata dal campo di fenomeni che studia e dalle attività dello
“spettatore ordinario” dei media. Esiste in altri termini una folk media se-
miotics che la disciplina non può respingere ma deve al contrario riprende-
re, coltivare, raffinare metodologicamente.
In particolare, una simile consapevolezza configura uno specifico anda-
mento del lavoro teorico e di analisi: esso costituisce il passaggio ininterrot-

5. Riprenderemo questi aspetti al cap. 3, cui rinvio anche per una sintetica disamina dello svi-
luppo della semiotica e la relativa bibliografia.

17
Semiotica dei media

to tra il vivere e il rivivere alcune esperienze mediali da un lato, e l’osservar-


le e lo spiegarle dall’altro. La dinamica del lavoro semiotico possiede dun-
que un andamento “a zeugma” tra comprensione e spiegazione, forme e
stati differenti di un’esperienza viva e unitaria. Sotto questo aspetto l’attivi-
tà teorica e analitica è anzitutto un’arte del fare: un’attività concreta che ri-
chiede a sua volta esperienza. Nel riflettere sulle esperienze mediali metto
all’opera un certo atteggiamento e utilizzo alcuni strumenti operativi che si
sono sedimentati nel tempo e con la pratica.
Possiamo comprendere a questo punto perché ritengo che la semiotica del-
l’esperienza mediale debba orientarsi verso una forma di esposizione “ma-
nualistica”. Se infatti assumiamo il principio che essa costituisce una prati-
ca, la sua trasmissione richiede un discorso che non si limiti a introdurre
informazioni astratte, ma insegni piuttosto a condurre una serie di opera-
zioni in modo disciplinato e consapevole. Un libro che chieda non solo di
essere seguito, ma di essere eseguito. Insomma: un libro da non tenere in
biblioteca ma sotto mano, da sottolineare e da pasticciare: quel manuale di
cui Arnheim parlava nella sua introduzione, e che anche io spero di aver
scritto.

La struttura di questo volume

Questa serie di ragioni spiega l’impostazione che ho dato al volume. La


trattazione è divisa in tre parti. La prima parte, che abbraccia i capitoli da 1
a 3, introduce alcuni concetti fondamentali relativi all’esperienza, ai media
e alla semiotica. Il punto di arrivo è un modello dell’esperienza mediale ar-
ticolato in sette snodi.
La seconda parte, dal capitolo 4 al capitolo 10, costituisce una “visita gui-
data” all’esperienza mediale ed esplora singolarmente i sette snodi enuclea-
ti nella prima parte. Vengono affrontati in tal modo alcuni problemi chia-
ve della semiotica: ogni capitolo presenta un riquadro che riassume la posi-
zione della semiotica del testo e del racconto sulle questioni indagate. La
mia speranza è mostrare come l’approccio esperienziale permetta una loro
riformulazione e che questa sia più efficace nel rendere conto di quanto ef-
fettivamente accade nei nostri quotidiani rapporti con i media. Il filo con-
duttore di questa seconda parte è l’analisi passo passo del doppio episodio
della serie televisiva csi Grave Danger (Sepolto vivo), scritto e diretto da
Quentin Tarantino, che ha concluso negli usa il 19 maggio 2005 la quinta
stagione della serie. Questa scelta è dettata dal desiderio di seguire un uni-
co esempio per introdurre l’uso degli strumenti analitici in modo da facili-
tare la continuità della trattazione; ma anche dall’estrema ricchezza di
spunti che il film televisivo di Tarantino (al pari di molta fiction televisiva
contemporanea) riesce a offrire.
La terza parte abbraccia gli ultimi sei capitoli. In essi affronto alcuni tipi di

18
Introduzione

esperienza mediale differenti dalla fiction televisiva. L’intento è duplice: da


un lato metto in luce le particolarità di esperienze mediali non legate al-
l’audiovisivo (l’articolo di giornale, la grafica del periodico, il fumetto, la
canzone pop) oppure che usano l’audiovisivo per finalità particolari (il
commercial), o ancora che consentono una gestione interattiva dell’audio-
visivo (il videogioco). Dall’altro lato offro uno spazio maggiore ad alcuni
aspetti dell’esperienza mediale che per ragioni di spazio o di opportunità
erano rimasti in ombra nella seconda parte: dal rapporto con gli oggetti
alla rilevanza della vocalità, dai processi fiduciari alla possibilità di discorsi
“nidificati” gli uni negli altri (come nel caso della grafica del periodico o,
più recentemente, degli spazi virtuali dei nuovi media digitali). Ogni capi-
tolo prende le mosse da un caso di analisi particolare. Anche in questo caso
il dialogo con la tradizione di studi semiotici è tenuto in vita da alcuni ri-
quadri che ricostruiscono gli approcci dei singoli settori della semiotica dei
media allo specifico mezzo considerato nel capitolo 6.
Il tono del discorso cerca di essere piano e fa costante riferimento agli
esempi via via introdotti. Ho scelto di non inserire direttamente le indica-
zioni bibliografiche, ma di concentrale nei Percorsi di approfondimento alla
fine di ciascun capitolo. Ho privilegiato in questa sede volumi di orienta-
mento ampio, il più possibile documentati e recenti. Ogni capitolo è inol-
tre corredato, in quest’ottica, di un Quaderno degli esercizi che fornisce al-
cuni suggerimenti per personalizzare mediante una propria attività di ana-
lisi il lavoro di lettura. I titoletti laterali infine hanno il compito non solo di
riassumere i concetti salienti, ma anche di segnalare al lettore il passaggio
dalle parti di analisi alla formulazione di principi più generali.

Ringraziamenti

La lista dei debiti accumulati nel corso della scrittura di questo volume è
lunga. Francesco Casetti ha incoraggiato e seguito passo passo lo sviluppo
del lavoro: non posso che aggiungere il mio grazie a quello di tutti coloro
che hanno potuto e possono apprezzare la sua straordinaria generosità in-
tellettuale. Il progetto originario del volume prevedeva una scrittura a
quattro mani con Andrea Bellavita: le due mani di Andrea sono cadute

6. Fa eccezione il cap. 12, dedicato al periodico illustrato, in quanto affronto unitariamente il


tema della semiotica del giornalismo nel riquadro del capitolo precedente. Ho dovuto rinuncia-
re ad affrontare per ragioni di spazio vari tipi di esperienze mediali che pure ritengo interessanti:
dalla moda al cibo, dai parchi a tema agli eventi, dagli spazi commerciali alla videoarte. Tuttavia
mi sembra di aver introdotto tutte le questioni teoriche e analitiche chiave di una semiotica del-
l’esperienza mediale.

19
Semiotica dei media

strada facendo, ma molte sue idee fortunatamente sono rimaste. Molte oc-
casioni di discussione sono nate intorno alle attività del Dipartimento di
Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo e del dottorato in Culture
della Comunicazione dell’Università Cattolica, presso cui lavoro. Ringra-
zio in particolare Chiara Giaccardi, Fausto Colombo, Armando Fumagalli,
Silvano Petrosino, Maria Grazia Fanchi, Massimo Locatelli, Elena Mosco-
ni, Massimo Scaglioni, Nicoletta Vittadini, Alice Cati. Su molti punti del-
la mia riflessione risuona il magistero di Gianfranco Bettetini, che ha inco-
raggiato la mia riorganizzazione del dibattito semiotico recente intorno al-
l’idea dell’experiential turn. In alcuni casi mi sono giovato delle competen-
ze specifiche di alcuni studiosi del Dipartimento per l’aggiornamento bi-
bliografico relativo a specifici media: Matteo Stefanelli per il fumetto,
Gianni Sibilla per la canzone pop, Patrizia Musso per la pubblicità, Matteo
Tarantino per il videogioco. Il dialogo con Adriano D’Aloia mi fornisce
molti spunti utili sulle questioni legate a cinema e processi sensoriali. Un
grazie anche a Miriam de Rosa, Glenda Franchin, Marzia Morteo, Marco
Muscolino, Mauro Resmini, Simone Tosoni. I miei studenti di Milano e
di Brescia hanno fatto da cavie a quei curiosi esperimenti che sono stati per
un paio d’anni le mie lezioni sull’esperienza mediale: spero si siano riavuti
da quell’esperienza e guardino ancora csi.
Alcune versioni precedenti del manoscritto sono state lette da alcuni colle-
ghi e discusse in vari ambiti accademici: ne ho ricavato una mole impres-
sionante di commenti, suggerimenti e in qualche caso la diretta fornitura
di alcuni volumi, che hanno aiutato moltissimo il mio lavoro. Ringrazio in
particolare Peppino Ortoleva, Maria Pia Pozzato, Isabella Pezzini, Nicola
Dusi, Federico Montanari, Roberto de Gaetano, Guglielmo Pescatore,
Antonio Somaini, Marta della Berardina. In occasione di una lezione al
dottorato dell’Università di Roma 3 ho potuto discutere alcuni punti con
Filippo Mazzarella, Vito Zagarrio e Veronica Pravadelli. I Convegni tori-
nesi organizzati da Giulia Carluccio e Federica Villa sulla post-testualità e
quelli udinesi organizzati da Leonardo Quaresima e dal suo staff sono stati
momenti di riflessione preziosi sui temi che mi interessano. Philippe Du-
bois mi ha invitato a tenere le lezioni della cattedra Roger Odin del dotto-
rato dell’Università di Paris 3 per l’anno 2007-08; in quell’occasione ho
presentato un primo modello di analisi dell’esperienza e ne ho discusso con
i giovani studiosi presenti e con Laurent Jullier. Brevi ma illuminanti gli
scambi avuti in quella e in altre occasioni con Raymond Bellour.
Arianna Cucchi ha sopportato e supplito le mie assenze dalla direzione dal-
l’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo nel corso della stesura
del libro. Gabriella Gialdini ha rivisto completamente il manoscritto indi-
candomi i punti in cui contenuti e punteggiatura si facevano particolar-

20
Introduzione

mente ingarbugliati. Il maestro Tiziano Giampieri ha trascritto lo spartito


della canzone analizzata al capitolo 14. Le ricerche bibliografiche per que-
sto libro non sarebbero state possibili senza l’aiuto dei bibliotecari della
mia Università: un grazie a Rinaldo Sordelli e Anna Caccia; l’intelligente e
generosa politica di acquisizioni bibliografiche portate avanti dalla dotto-
ressa Ellis Sada e dal dottor Gabriele Signorini, direttori rispettivamente
delle biblioteche di Milano e di Brescia, ha fatto sì che non fossi mai deluso
nella ricerca dei volumi che mi occorrevano.

21
Parte prima
L’esperienza mediale
e la semiotica dei media

La prima parte di questo libro, costituita dai capitoli dall’1 al 3, chiarisce


che cos’è l’esperienza mediale e in cosa consiste l’approccio della semiotica
a questo tipo di esperienza. Precisiamo anzitutto in quali termini è possibi-
le pensare l’esperienza e fornirne un modello, a partire dai differenti ap-
procci disciplinari che si sforzano attualmente di definire e descrivere tale
concetto (cap. 1). Quindi individuiamo quali caratteristiche definiscono
quel particolare tipo di esperienza che si qualifica come “mediale”, in quali
termini essa chiede di rivedere il modello di esperienza e in base a quali cri-
teri si distinguono differenti forme dell’esperienza mediale (cap. 2). Infine
esaminiamo mediante quali metodi si può studiare l’esperienza mediale, in
cosa consiste la specificità dell’approccio semiotico e come è possibile deli-
neare concretamente un metodo di analisi semiotico dell’esperienza me-
diale che ne ripercorra il modello precedentemente delineato (cap. 3).
Ogni capitolo fa derivare le proprie considerazioni dall’esame di alcuni casi
concreti di esperienza e di esperienza mediale; diamo in tal modo alla no-
stra presentazione un andamento operativo: vorremmo che, per quanto
possibile, il lettore non avvertisse di trovarsi di fronte a una rete di concetti
astratti, ma si sentisse piuttosto accompagnato in un processo di analisi “in
prima persona”. I semplici esercizi suggeriti nel Quaderno alla fine di ogni
capitolo intendono far sì che, una volta assimilato un certo stile di riflessio-
ne, l’analisi venga prolungata personalmente.
Questo libro è simile per certi aspetti a uno di quei film o di quei fumetti
che riprendono personaggi già noti, apparsi separatamente, e li fanno final-
mente incontrare (un po’ tipo il Freud contro Maciste di morettiana memo-
ria). Questi primi tre capitoli si assumono appunto il compito di introdur-
re i tre illustri protagonisti di un simile cross over: l’esperienza, i media e la
semiotica. I riquadri inseriti al loro interno hanno la funzione di fornire al-
cune coordinate di fondo utili per inquadrare questi tre personaggi e rac-
contare la loro storia: si tratta di panoramiche piuttosto ampie che riguar-
dano rispettivamente la questione dell’esperienza cosciente, lo sviluppo
storico dei media e delle esperienze mediali, le coordinate di fondo e l’evo-
luzione della disciplina semiotica.

23
1
L’esperienza

1. Premessa

Questo capitolo introduce il concetto di esperienza in generale. Nel secon-


do paragrafo forniamo una definizione del termine e tre descrizioni che af-
frontano l’esperienza da punti di vista e mediante strumenti di analisi dif-
ferenti: quelli socioantropologici, quelli neurofisiologici e quelli cognitivo-
mentali. Il terzo paragrafo è dedicato a comporre le indicazioni emerse in
un disegno unitario capace di evidenziare tanto la dinamica quanto la logi-
ca interna dell’esperienza. Il punto di arrivo è un modello di articolazione
dell’esperienza che costituirà la base di ulteriori elaborazioni nei prossimi
due capitoli.

2. Che cos’è l’esperienza

2.1. Le definizioni terminologiche Il tour del mio gruppo musicale preferito


fa una tappa nella città in cui vivo. Giungo al campo sportivo fin dal po-
meriggio per assicurarmi un buon posto, mi mescolo alla folla eccitata as-
sieme agli amici che mi hanno accompagnato, finalmente inizia l’evento
con un’esplosione di suoni... Mi rendo conto che sto vivendo un’esperien-
za particolare: ma che cos’è effettivamente la mia esperienza?
I dizionari forniscono due definizioni principali di esperienza. La prima è Esperienza acquisita,
quella di «patrimonio personale di competenze acquisite mediante la prati- esperienza vivente
ca (piuttosto che mediante la teoria e lo studio)». In questo senso posso e vissuta
dire che “ho una lunga esperienza di concerti”: non per niente mi sono re-
cato in anticipo al campo sportivo, ho portato panini e acqua minerale ecc.
La seconda definizione è quella di «decorso degli eventi di coscienza che si
svolgono a partire dalla concreta e viva collocazione del soggetto all’interno
di un mondo»: faccio esperienza del concerto e della sua preparazione per
come lo posso cogliere dal punto in cui mi trovo e, se per caso fossi colpito
nell’attesa da un colpo di sonno, la mia esperienza della preparazione del
concerto si interromperebbe. Alcune lingue marcano la distinzione tra le

25
Semiotica dei media

due accezioni: in particolare il tedesco distingue tra “esperienza” (Erfah-


rung) e “esperienza vivente o vissuta” (Erlebnis).
In questo libro intendiamo l’esperienza nel secondo senso: l’esperienza che
faccio al concerto è Erlebnis, esperienza vivente e vissuta. Tuttavia non
scarteremo immediatamente la prima accezione: un confronto tra i due
termini fornisce infatti alcune preziose indicazioni circa il concetto di espe-
rienza che ci interessa.
Una prima serie di indicazioni si desume a partire dalla differenza tra espe-
rienza sedimentata ed esperienza vivente. Posso dire di possedere una certa
esperienza sedimentata di concerti, e questa esperienza è svincolata dalla
particolare occasione del concerto di oggi: se invece di venire allo stadio
fossi andato al mare data la bella giornata, la mia esperienza sedimentata di
concerti resterebbe comunque in mio possesso. In modo differente, io fac-
cio una certa esperienza vivente, ovvero la costituisco a partire da una par-
ticolare e definita situazione nella quale sono immerso. Se non fossi qui e
ora (per esempio se fossi andato al mare) l’esperienza del concerto non esi-
sterebbe. L’esperienza vivente e vissuta è dunque per sua natura situata e
incorporata, ovvero si costituisce a partire da una concreta e specifica rela-
zione dell’organismo del soggetto (ovvero del suo complesso di corpo e di
mente) con un certo ambiente.
Esperienza Una seconda serie di indicazioni si desume all’opposto a partire dalla
immediata, continuità tra le due accezioni del termine “esperienza”. A ben vedere l’e-
esperienza riflessa sperienza sedimentata da un lato e quella vivente e vissuta dall’altro non
sono incompatibili l’una con l’altra: esiste anzi tra loro un rapporto di
continuità. Giungo a possedere un’esperienza collaudata in quanto sele-
ziono e accumulo gradualmente una serie di esperienze particolari e com-
pio un lavoro di astrazione a partire dai singoli episodi che vivo. Dopo tre
o quattro volte che sono stato dolorosamente colpito dallo scoprire quan-
to mi costa una bottiglietta di minerale ai concerti, ho imparato a portar-
mela da casa. Questo rapporto di continuità permette di gettare nuova
luce sull’esperienza vivente e vissuta. Anzitutto essa appare ora situata
non solo in un ambiente ma altresì in una storia, la storia del soggetto
che la vive, a sua volta influenzata da un contesto di abitudini e assuefa-
zioni di natura culturale (si tratta di un punto su cui torneremo nel pros-
simo paragrafo). Inoltre l’esperienza vivente appare ora non solo imme-
diata e diretta, ma anche e allo stesso tempo riflessiva e consapevole; essa
nel suo svolgersi si autorappresenta in modo da poter essere confrontata
con altre esperienze e da sedimentare gradualmente un patrimonio perso-
nale di saperi e competenze. È appunto in questo senso che possiamo dire
che l’Erlebnis è sia esperienza vivente (diretta e immediata) sia esperienza
vissuta (cosciente e riflessa).

26
1. L’esperienza

2.2. Le descrizioni sociali e antropologiche Una volta definito meglio il ter-


mine “esperienza” cerchiamo di descrivere in cosa essa consista. Poniamo
che mentre sono assorto nei miei pensieri un improvviso accordo di chitar-
ra elettrica mi faccia sobbalzare: alzo gli occhi e mi accorgo che un tecnico
sta provando i diffusori del suono ma li ha regolati troppo alti. Percepisco
che l’amica con la quale sono venuto al concerto, al mio fianco, ha assistito
alla scena e ride divertita: anche io mi lascio andare a una risata liberatoria,
per quanto nel frattempo mi renda conto e mi rimproveri di non aver fatto
una bellissima figura. Possiamo fornire tre descrizioni di questa piccola
esperienza a seconda del metodo di osservazione scelto e degli elementi
considerati pertinenti.
Una prima chiave di lettura dell’esperienza è di tipo sociologico e antropo- L’esperienza
logico: quanto avvenuto viene visto e analizzato come un microevento so- è un fenomeno
ciale inserito all’interno di un evento sociale più ampio. Questa analisi culturale
mette in rilievo che l’esperienza che ho vissuto non è effettivamente e com-
pletamente “mia”, per due ordini di ragioni. In primo luogo essa mobilita
una rete di conoscenze e di competenze che sono socialmente e storica-
mente determinate, per quanto rientrino in un “senso comune” che dà per
scontata e rende inavvertita la loro radice culturale: la partecipazione all’e-
vento del concerto è un rito collettivo proprio della nostra società; se inve-
ce di andare allo stadio mi fossi recato a una rappresentazione di teatro ka-
buki avrei percepito che lo spettacolo mobilitava competenze e abitudini
che non fanno parte della mia cultura. La natura culturale delle mie com-
petenze è legata, come abbiamo accennato sopra, a tutta la mia storia di
soggetto sociale; in questo senso essa non è un fenomeno di superficie, ma
investe profondamente le mie capacità e le mie attitudini: anche la mia
sensorialità subisce una formazione culturale; per esempio se ho sentito il
bisogno di alzare lo sguardo è perché il senso della vista viene considerato
nella cultura occidentale contemporanea come il criterio prioritario di con-
trollo dell’informazione sensoriale. Ogni esperienza è dunque condizionata
culturalmente e quindi relativa a un certo ambiente sociale e storico: è pos-
sibile tracciare una storia e una geografia dell’esperienza.
La presenza di una memoria culturale condivisa per un verso condiziona il L’esperienza
mio modo di vivere l’esperienza del concerto e lo stesso microevento del è un fenomeno
piccolo soprassalto che ho vissuto; per altro verso rende solidale la mia relazionale
esperienza con quella degli altri soggetti che vi sono impegnati, a comin-
ciare dall’amica al mio fianco. Su questo punto si salda la seconda ragione
che rende non del tutto “privata” l’esperienza: essa è un fenomeno relazio-
nale. L’esperienza incontra le esperienze in corso da parte di altri soggetti,
stringe con essi rapporti di solidarietà o di separazione e prende forma an-
che attraverso queste operazioni di sintonia o di estraneità: una delle ra-
gioni per cui ho sorriso del mio stesso spavento è perché stavo tentando di
recuperare un legame di complicità con la mia amica e di riparare alla mo-

27
Semiotica dei media

mentanea interruzione del rapporto dovuta prima al mio chiudermi in me


stesso e poi alla mia reazione poco controllata.

ll correlato neurale 2.3. Le descrizioni neurali e fisiologiche Cambiamo a questo punto radical-
dell’esperienza mente il modo di guardare e di descrivere l’esperienza e passiamo a uno
sguardo neurale e fisiologico. Se con una qualche tecnica di brain imaging
(ovvero di visualizzazione dei processi cerebrali) cercassi di capire cosa av-
viene nel mio cervello mentre sto aspettando che inizi il concerto, scoprirei
un numero enorme di scambi di segnali elettrochimici tra le cellule che lo
compongono, chiamate neuroni. I neuroni sono collegati reciprocamente
mediante connessioni chiamate sinapsi; gli scambi tra neuroni avvengono
attraverso le sinapsi: ne rafforzano alcune, ne modificano altre, ne lasciano
cadere altre ancora, e possono anche modificare in modo provvisorio o di
più lunga durata la struttura di alcuni neuroni. L’insieme di tali eventi co-
stituisce il correlato neurale della mia esperienza.
I metasistemi L’organizzazione delle connessioni sinaptiche e dei flussi di segnali non è
funzionali casuale: le sinapsi collegano (sia al loro interno sia reciprocamente) una se-
rie di aree cerebrali deputate a particolari funzioni. È possibile individuare
in tal senso cinque ampi metasistemi funzionali che comprendono al pro-
prio interno sistemi specifici: il metasistema percettivo, articolato nei siste-
mi della percezione esterocettiva (di dati esterni: vista, udito, tatto ecc.),
propriocettiva (dell’apparato muscolo-scheletrico, in stasi e in movimento)
e interocettiva (dei visceri o milieu interno); il metasistema emotivo, che
permette una valutazione immediata degli stimoli in vista di una risposta
dell’organismo in tempi brevissimi; il metasistema mnestico, articolato nei
sistemi delle memorie procedurali o inconsce (per esempio quelle relative
alle sequenze di movimento che compongono un’azione) e di quelle di-
chiarative o coscienti; il metasistema motorio, di progettazione, trasmissio-
ne ai sistemi periferici e controllo dell’attuazione di movimenti e azioni; e
infine il metasistema del ragionamento, che presiede alla pianificazione e
al controllo di piani di azione complessi.
Quest’ultimo metasistema riveste particolare importanza per il fenomeno
dell’esperienza. L’area cerebrale in cui è collocato (la corteccia prefrontale)
presenta tre caratteristiche: è un luogo di convergenza e di rimando di se-
gnali rispetto a molte altre aree (in particolare quelle cui pertiene la memo-
ria dichiarativa); è in grado di attivare una rete particolarmente fitta di ri-
mandi incrociati al proprio interno; buona parte dei suoi neuroni può esse-
re modificata in forma transitoria dando luogo a una memoria a breve ter-
mine o memoria di lavoro. Tali caratteristiche fanno sì che il metasistema
del ragionamento e della pianificazione sia capace di accogliere al proprio
interno informazioni che provengono direttamente o indirettamente ma
comunque contemporaneamente dai sistemi percettivi, emotivi e motori;
di recuperare informazioni dai sistemi della memoria a medio e lungo ter-

28
1. L’esperienza

mine; di trattenere, sincronizzare e fare interagire reciprocamente tutti


questi elementi; di ottenere nuove configurazioni e di inviarle alla memo-
ria a medio e lungo termine; di avviare e controllare delle sequenze moto-
rie. Molti neuroscienziati pensano che sia questo quinto metasistema a
rendere possibile il fenomeno dell’esperienza cosciente, sia per la fitta rete
di scambi reciproci interni alla corteccia e con le aree subcorticali che ne
sorregge il funzionamento (è l’ipotesi su cui insiste ad esempio Gerald
Edelman), sia per il ruolo che vi gioca la memoria di lavoro (è l’ipotesi di
Francis Crick e Christof Koch).
Il punto di vista neurologico e fisiologico mette quindi in risalto due aspet- L’esperienza
ti dell’esperienza. Anzitutto l’esperienza è un fenomeno complesso. Il me- è un fenomeno
tasistema della pianificazione e controllo di azioni riduce la complessità dei complesso
processi cerebrali (che svolgono in parallelo, contemporaneamente e in
modo intrecciato, un numero elevatissimo di compiti) ma non la annulla:
sia i dati di ingresso che le configurazioni in uscita costituiscono flussi mol-
teplici e contemporanei. Mentre il mio cervello informa l’organismo che
non c’è nulla da temere dal suono spropositato della chitarra che mi ha fat-
to sobbalzare e sospende la sequenza fisiologica approntata nell’ipotesi di
un attacco esterno, già percepisce la risata della mia amica, avvia il movi-
mento necessario per girarmi verso di lei, innesca una lettura emotiva della
sua reazione, progetta (recuperando indicazioni dalla memoria) una se-
quenza di atti “riparatori” quali la risata successiva.
In secondo luogo l’esperienza è un fenomeno dinamico: si svolge all’inter- L’esperienza
no dello scorrimento temporale, deve far coesistere al proprio interno ele- è un fenomeno
menti temporalmente sfalsati in modo da produrre una loro sincronizza- dinamico
zione e una rappresentazione simultanea, e deve effettuare questo lavoro
contando su mezzi fisiologici limitati. Per quanto gli studi sui meccanismi
cerebrali della memoria siano ancora in pieno sviluppo, sembra che un
ruolo fondamentale spetti alle relazioni tra la corteccia prefrontale e la me-
moria a medio e lungo termine (dislocata sulla regione temporale media
della corteccia e in aree più interne quali l’ippocampo e il talamo). In sinte-
si la memoria di lavoro e il metasistema del ragionamento e della pianifica-
zione lavorano all’interno di un segmento temporale determinato che va
dai 3 ai 10 secondi, una sorta di “atomo di presente”. All’interno di tale seg-
mento vengono prodotte alcune configurazioni che affluiscono alla memo-
ria a più lungo termine e restano disponibili per rientri all’interno degli
atomi di presente successivi e per confronti con essi. In tal modo viene assi-
curata sia una continuità esperienziale, sia la possibilità di confronti a di-
stanza tra aree dell’esperienza. Se provate a far scattare un cronometro e a
simulare le azioni del sobbalzare a un suono improvviso, riscuotervi, guar-
dare una persona al vostro fianco e sorridere, vi accorgerete che il tutto si
svolge nell’arco di poco meno di 3 secondi.

29
Semiotica dei media

2.4. Le descrizioni mentali La descrizione socioantropologica e quella neu-


rofisiologica, per quanto utili, non colgono il tratto che maggiormente ca-
ratterizza l’esperienza: esse la trattano come un fenomeno direttamente os-
servabile, mentre l’esperienza è e resta un fenomeno soggettivo e interiore.
I suoi modelli e i suoi andamenti non si possono quindi osservare diretta-
mente ma vanno ricostruiti indirettamente e in via ipotetica – per quanto
persista in ogni caso un’esigenza di compatibilità con le descrizioni neuro-
fisiologiche e anche con quelle socioantropologiche. Di qui il ruolo chiave
di un terzo tipo di descrizione: quella mentale. Anche la descrizione men-
tale permette di evidenziare due aspetti fondamentali dell’esperienza.
Esperienza Il primo aspetto è un’ambiguità costitutiva dell’esperienza. Da un lato essa
fenomenologica appare come un fenomeno puramente qualitativo, composto da sensazioni
ed esperienza che in prima battuta non si riferiscono a oggetti precisi. Nel momento in
intenzionale cui il suono della chitarra mi invade e mi colpisce, avverto il fragore nelle
sue qualità metalliche e liquide che come un’onda mi travolge e mi riscuo-
te. Possiamo parlare (con un termine preso in prestito dalla filosofia della
mente) di esperienza fenomenologica. Dall’altro lato l’esperienza appare
come la storia in corso di un rapporto tra il soggetto e il mondo: essa im-
plica quindi che il soggetto percepisca e rappresenti sé stesso, gli oggetti at-
torno a sé, la prospettiva da cui effettua tale rappresentazione, il concate-
narsi di stati differenti di questo rapporto, colti nelle loro variazioni. Una
volta che ho superato il primo spavento che il rimbombo della chitarra mi
ha procurato, rappresento quanto avvenuto come l’insorgere di un falso al-
larme dovuto all’inesperienza del giovane tecnico che distinguo alla destra
del palco (cui indirizzo mentalmente alcuni inviti che non posso riferire
qui). Si parla di esperienza intenzionale, o rappresentativa, o cognitiva. Ci
sono varie opinioni sulla relazione tra i due volti dell’esperienza: noi siamo
dell’opinione che l’esperienza fenomenologica e quella intenzionale intera-
giscano reciprocamente e si determinino a vicenda all’interno di un unico
processo.
Esperienza Il secondo aspetto che è possibile mettere in evidenza all’interno di una
e interpretazione descrizione mentale dell’esperienza è la dinamica interpretativa che la
anima. L’esperienza appare come un processo di determinazione, di sedi-
mentazione e di manipolazione di senso. L’orizzonte dell’esperienza vie-
ne determinato per un verso da un costante afflusso e richiamo di dati
sensibili, emotivi, volitivi, mnestici; per altro verso da un altrettanto co-
stante lavorio di collegamento incrociato di tali risorse al fine di costrui-
re una serie di configurazioni sensate. L’attributo della sensatezza deriva
dalla combinazione di differenti proprietà: le configurazioni, per essere
qualificate “sensate”, devono essere valutate in quanto appropriate e per-
tinenti rispetto alla nicchia contestuale e agli interessi del soggetto ri-
spetto ad essa; devono apparire relativamente complete, coerenti, unita-
rie, controllabili, maneggiabili e all’occorrenza modificabili dal soggetto;

30
1. L’esperienza

infine esse devono essere considerate in grado di spiegare e guidare com-


portamenti, scelte, orientamenti del soggetto. Per esempio non appena il
microevento su cui stiamo ragionando si è concluso mi dico (ed even-
tualmente dico alla mia amica) che «sono stato colpito a sorpresa dal
suono metallico della chitarra». Questa configurazione mi appare sensa-
ta: essa raffigura in forma accettabile quanto mi è avvenuto, mi permette
di comprendere e organizzare molti elementi di cui ho fatto esperienza
immediata, è una microstoria padroneggiabile e giustifica la mia reazio-
ne di sobbalzo 1.
Questo processo di costruzione e manipolazione di configurazioni sensate
è l’interpretazione. L’interpretazione è un processo ipotetico, una sorta di
proposta relativamente affidabile ma comunque “azzardata” e costante-
mente rivedibile: ho descritto a me stesso il microevento che ho vissuto di-
cendo che il suono della chitarra “mi ha colpito”, ma subito dopo mi ren-
do conto che una descrizione migliore sarebbe quella di un “piccolo terre-
moto che mi ha fatto sobbalzare”. Spesso l’interpretazione fornisce diffe-
renti configurazioni e poi sceglie quella che le appare più sensata in base ai
parametri introdotti sopra. In tal modo il termine “esperienza” recupera il
senso più antico di “esperimento”: il verbo latino experiri vuol dire appun-
to “ricercare mediante prove e tentativi”; l’interpretazione è sempre un’o-
perazione sperimentale e l’esperienza è un laboratorio costantemente in
funzione.

Coscienza ed esperienza tra scienze umane e neuroscienze

Tra gli anni ottanta e novanta del xx secolo si è assistito a un fenomeno culturale
originale: alcuni neuroscienziati hanno iniziato a intervenire su argomenti prece-
dentemente ritenuti di competenza di filosofi e studiosi della conoscenza. Il pro-
blema della mente, dei suoi rapporti con il cervello e con il corpo, e soprattutto
l’hard problem della coscienza, sono divenuti oggetto di un dialogo serrato tra
scienze umane e neuroscienze.
Le conseguenze del fenomeno sono state di ampia portata: è stato infatti inaugura-
to un nuovo stile di dialogo tra le “due culture” umanistica e scientifica, e ciascuna
delle due ha iniziato a prendere sul serio i risultati dell’altra nell’elaborazione dei
propri programmi di ricerca e dei relativi risultati.
Nel campo della riflessione filosofica è tornato al centro dell’attenzione il proble-
ma della convergenza di tre filoni della filosofia del Novecento: la filosofia analiti-
ca, che si sforza di descrivere gli stati mentali nel modo il più possibile oggettivo e

1. Potremmo dire, in termini neurologici, che il mio cervello “premia” una simile configurazio-
ne mediante una microgratificazione e costituisce così un meccanismo di rinforzo che mi so-
spinge a proseguire il mio lavoro di assegnazione regolata di sensatezza.

31
Semiotica dei media

logicamente coerente, anche mediante l’esame delle produzioni linguistiche; la fe-


nomenologia, che guarda invece ai fenomeni mentali come a stati soggettivi che si
possono descrivere solamente con un atto riflessivo consapevole e “in prima per-
sona”; l’ermeneutica, che legge i fenomeni mentali come processi culturalmente ed
esistenzialmente situati di interpretazione e comprensione del mondo, dei testi,
degli altri soggetti.
Nel campo delle scienze cognitive (ovvero delle discipline che forniscono modelli
dei processi di conoscenza) è entrato in crisi il paradigma computazionale domi-
nante fin dagli anni sessanta. Tale concezione riteneva il funzionamento della
mente simile a quello di un software di computer, in grado di gestire le informazio-
ni mediante algoritmi coordinati da un centro operativo. Le nuove scienze neuroco-
gnitive, nate dall’incontro tra cognitivisti e neurologi, contestano questa concezio-
ne su due punti: i nuovi metodi di brain imaging (ovvero di visualizzazione dell’at-
tività neurale) negano l’esistenza di un unico centro di coordinamento – i processi
neurali sono paralleli e pluricentrici –; inoltre i costanti e plurimi flussi comunica-
tivi tra il cervello e il resto del corpo, che a sua volta è immerso in una nicchia am-
bientale, negano l’idea di una mente “disincarnata”.
Numerosi e complessi i problemi ancora aperti del dibattito. In particolare risulta
difficile spiegare in che modo i differenti livelli di descrizione degli stessi feno-
meni forniti dalle diverse discipline si relazionino reciprocamente: eventi menta-
li soggettivi, eventi descrivibili oggettivamente ed eventi neurali sono riducibili
l’uno all’altro (riduzionismo) fino alla possibile cassazione di un qualche livello
(eliminativismo) o vanno mantenuti separati (antiriduzionismo)? Ma nell’ultimo
caso occorre riconoscere una “lacuna esplicativa” (knowledge gap) tra i differenti
livelli.
Se questo dibattito è ancora aperto, si osserva di recente lo spostamento di at-
tenzione dal problema della coscienza a quello dell’esperienza. Per quanto le
questioni implicate in parte coincidano, si tratta di uno spostamento utile sotto
diversi aspetti. Anzitutto l’esperienza non è solo cosciente: viene accolto almeno
in parte il richiamo dei neuroscienziati al fatto che la maggior parte dei processi
neurali è non cosciente. In secondo luogo il concetto di esperienza è di tipo dina-
mico e quindi avvicina meglio i modelli di funzionamento della mente all’idea
delle attività neurali come un processo fluido e costante. Infine una riflessione
sull’esperienza è presente anche in campo socioantropologico: si apre la possibi-
lità di un’estensione del dialogo con discipline più attente alla dimensione cultu-
rale del fenomeno.

3. Un modello dell’esperienza

3.1. La logica interpretativa La definizione e le descrizioni dell’esperienza


ci hanno permesso di raccogliere all’interno di un ideale dossier una serie
di caratteristiche differenti: l’esperienza è apparsa di volta in volta un fe-

32
1. L’esperienza

nomeno situato e incorporato, diretto e riflessivo, radicato culturalmen-


te, implicante relazioni interpersonali, complesso e policentrico, dinami-
co, qualitativo e intenzionale, animato da una logica interpretativa 2.
Cerchiamo a questo punto di tracciare una rappresentazione unitaria
dell’esperienza. Ci ispiriamo a una descrizione mentale, ma teniamo
conto delle differenti caratteristiche appena riassunte per riorganizzarle
in un disegno unitario.
Ricordiamo anzitutto che l’esperienza viene retta da una logica particolare: L’interpretazione
l’interpretazione. L’interpretazione è essenzialmente un processo o atto di come processo
mediazione tra due ordini di risorse. Da un lato gli elementi che derivano di mediazione
dalla relazione del soggetto con una certa porzione di ambiente, la sua nic- creativa
chia ambientale; tali elementi sono determinati dalla nicchia stessa, dalla
posizione in cui il soggetto si trova rispetto ad essa e dalle possibilità dei
suoi apparati sensoriali. Dall’altro lato le risorse su cui lavora l’interpreta-
zione derivano dal patrimonio di conoscenze precedenti depositate nella
memoria del soggetto; tali risorse sono in larga parte acquisite mediante un
addestramento del soggetto all’interno di un ambiente di vita determinato
e dunque collocano il soggetto in un altro tipo di nicchia, la nicchia cultu-
rale. Il “lavoro” dell’interpretazione consiste nel comporre le due differenti
serie di risorse in configurazioni sensate e adoperare le configurazioni in tal
modo prodotte come ulteriori risorse interpretative. L’andamento del pro-
cesso dell’interpretazione è dunque a spirale: esso ritorna costantemente
sulle configurazioni già prodotte per modificarle e connetterle reciproca-
mente; in questa processualità lo stesso svolgersi dell’esperienza può e spes-
so chiede di essere configurato: grazie all’interpretazione l’esperienza si fa
riflessiva, esperienza di un’esperienza nell’atto di svolgersi.
In questo senso l’interpretazione parte da una duplice collocazione del sog-
getto: in una situazione ambientale contingente (nicchia ambientale) e in
una situazione culturale più ampia (nicchia culturale); ciascuna delle due
collocazioni fornisce al soggetto risorse per l’esperienza e al tempo stesso ne
determina gli andamenti. L’interpretazione, però, è anche un atto creativo
e relativamente imprevedibile: il suo ruolo è quello di far interagire am-
biente e cultura trasformando l’uno nell’altra e viceversa; ciò che implica
un costante sfuggire del soggetto alla pura determinazione delle nicchie in
cui è calato.

2. Per chiarezza espositiva abbiamo assegnato i singoli tratti alle differenti descrizioni; occorre
tuttavia osservare che alcuni di essi sono evidenziati trasversalmente da descrizioni differenti.
Per esempio la natura relazionale dell’esperienza, a partire dai meccanismi di consonanza empa-
tica che la percorrono, costituisce oggi un fertile terreno di scambio tra scienze sociali e antro-
pologiche, neurocognitivismo e filosofia della mente (ci torneremo nei Percorsi di approfondi-
mento del cap. 8).

33
Semiotica dei media

Trasformazione, 3.2. La natura dinamica Se abbiamo definito l’interpretazione un “proces-


modulazione, so” è perché la natura dell’esperienza è costitutivamente dinamica. Questo
manipolazione dinamismo si coglie a più livelli. In primo luogo, all’interno dei singoli
dell’esperienza atomi di presente esperienziale, le differenti configurazioni prodotte sono
in una condizione di trasformazione simultanea e reciproca. Mentre il suo-
no della chitarra ancora risuona nelle mie orecchie con la sua qualità metal-
lica ed elastica, mi rendo conto che esso non rinvia a un vero pericolo e
nello stesso tempo avverto l’ironia della risata della mia amica.
In secondo luogo le configurazioni interpretative prodotte all’interno dei
singoli atomi di presente vengono scambiate con la memoria a medio ter-
mine e rappresentano il punto di riferimento per le nuove configurazioni.
L’esperienza si presenta sotto questo aspetto come un’incessante modula-
zione di configurazioni; e queste a loro volta sussistono non in quanto og-
getti veri e propri ma piuttosto quali ipotesi di lavoro esposte a una costan-
te trasformazione. Superato lo spavento, mi giro intorno e mi accorgo che
l’aria si è fatta più fresca, il mio stomaco continua a brontolare e la situa-
zione di attesa del concerto continua a protrarsi.
In terzo luogo le configurazioni della memoria a medio termine rimango-
no disponibili in qualità di risorse anche oltre i limiti temporali dell’episo-
dio: esse possono essere recuperate a distanza di tempo e reintrodotte in
nuovi atomi di presente per essere ulteriormente manipolate e combinate
reciprocamente; è un simile lavoro di manipolazione che assicura la costru-
zione di configurazioni a lungo termine. Anche la memoria a lungo termi-
ne dunque non si presenta come un deposito di oggetti quanto piuttosto
come un laboratorio dell’esperienza. Se la mia amica mi fa a sorpresa una
fotografia con il cellulare mentre sobbalzo al suono della chitarra e il gior-
no dopo il concerto me la invia per e-mail, l’immagine mi riporta al con-
certo e all’episodio del mio piccolo spavento.

3.3. L’articolazione in tre stratiAbbiamo fin qui parlato in senso generico


di “configurazioni interpretative”; dobbiamo ora distinguere tra differenti
tipi di configurazioni. In particolare individuiamo tre strati di configura-
zioni relativamente autonomi, compresenti e “trasparenti” l’uno rispetto
all’altro.
La rilevazione Il primo strato è quello della rilevazione e qualificazione sensibile delle ri-
sensibile sorse disponibili. Il soggetto avverte dei flussi di sensazioni che coesistono
“intorno” a sé e “in” sé; si tratta di una sorta di notazione immediata delle
risorse che non distingue (o distingue debolmente) tra interno ed esterno
del corpo del soggetto e tra differenti oggetti presenti all’esterno; pure, il
soggetto avverte dei criteri di congiunzione o di disgiunzione di tali sensa-
zioni, che gli si presentano con una particolare ricchezza di qualità sensibi-
li. Sento l’onda del suono metallico della chitarra, che richiama in qualche
modo la violenza con cui il sole mi batte sulla fronte, mentre contrasta con

34
1. L’esperienza

il brusio della folla che si congiunge al contrario con la carezza dell’aria fre-
sca sulla mia pelle.
Il secondo strato è quello dell’ordinamento narrativo delle risorse. Il sog- L’ordinamento
getto percepisce anzitutto una distinzione e un legame tra sé stesso e l’am- narrativo
biente che lo circonda, distinzione e legame che si basano primariamente
sulla percezione di quel particolare involucro osmotico che è la pelle; quin-
di, egli individua una serie di entità all’esterno del proprio corpo con le
quali interagire: con termini ripresi dalla filosofia della mente diciamo che
egli rappresenta un campo di oggetti intenzionali, per come li coglie dalla
posizione in cui si trova. Questo nuovo assetto del rapporto tra il soggetto
e il mondo rende possibile monitorare sia le trasformazioni che intervengo-
no all’interno del campo di oggetti intenzionali, sia le trasformazioni (pre-
cedenti, seguenti o concomitanti) che intervengono nel soggetto stesso, sia
i legami tra la prima e la seconda serie di trasformazioni. Tali trasformazio-
ni vengono registrate all’interno di mappe situazionali che, costantemente
aggiornate, permettono una gestione controllata delle interazioni tra sog-
getto e ambiente. Al rintocco del suono di chitarra avverto una trasforma-
zione all’interno del campo di oggetti che mi circonda, ne valuto il poten-
ziale pericolo per il mio organismo, registro sia la non pericolosità del suo-
no sia il fatto che esso ha prodotto in me una reazione di paura che mi de-
dico a calmare.
Il terzo strato è quello della sintonia relazionale. Il soggetto avverte che al- La sintonia
l’interno del campo di oggetti intenzionali sono presenti altri soggetti, ov- relazionale
vero entità in grado di, e nell’atto di, svolgere un’esperienza simile alla sua.
A partire da qui il soggetto esplora in forma ipotetica e indiziaria l’espe-
rienza interiore degli altri soggetti (a partire soprattutto da una lettura dei
loro segnali somatici); si rende conto riflessivamente del proprio stato espe-
rienziale e innesca una lettura riflessiva della propria esperienza in corso;
valuta il grado di sintonia o di estraneità tra la propria esperienza e quella
altrui e cerca eventualmente di mettere in atto operazioni di allineamento
o di sfalsamento. Nel momento in cui percepisco la mia amica sorridere
del mio spavento mi rendo conto di essere oggetto di un apprezzamento
poco lusinghiero; adotto allora la strategia di sorridere a mia volta di me
stesso: in tal modo mi sintonizzo sulla condizione esperienziale della mia
amica e assaporo il più ampio e complessivo stato di intesa (l’entusiasmo
per lo stesso gruppo, il piacere di assistere a un concerto dal vivo, l’abitudi-
ne al rito dell’attesa ecc.) che ci ha portati a godere di questi momenti
straordinari.
La disposizione dei tre strati, dall’alto verso il basso, esprime una loro suc-
cessione logica: le risorse rilevate in termini qualitativi (primo strato) ven-
gono ordinate in campi di oggetti intenzionali (secondo strato) e all’inter-
no di questi viene percepita la presenza di altri soggetti dell’esperienza (ter-
zo strato). Tuttavia la dinamica “a spirale” dell’interpretazione – che è, ri-

35
Semiotica dei media

figura 1

Rilevazione sensibile

Ordinamento narrativo

Sintonia relazionale

cordiamolo, responsabile della costituzione e della modulazione dei tre


strati di configurazioni – implica costanti meccanismi di sincronizzazione e
di retrodeterminazione e rende quindi reciprocamente compresenti e de-
terminanti i tre strati di configurazioni. Quando dico che “il suono della
chitarra mi ha colpito” ho già fatto interagire una pura rilevazione qualita-
tiva con una loro immediata riorganizzazione narrativa – ovvero ho rapida-
mente organizzato la microstoria di un suono che, come un oggetto, schiz-
za dall’altoparlante per cozzare dritto sulla mia testa.
Possiamo tradurre in forma visiva il modello dei tre strati, come si può ve-
dere in fig. 1.

Percorsi di approfondimento

Alcune riflessioni di base sul termine e il concetto di esperienza vengono avanzate


da Volli (2007) e Jedlowski (2008, pp. 71-2). Un’analisi delle ragioni per cui il
tema dell’esperienza è divenuto centrale nella riflessione culturale è Ortoleva
(2008). Jedlowski (2008) costituisce un buon punto di partenza per le ramificazio-
ni sociologiche e antropologiche del concetto; Le Breton (2006) introduce invece
allo studio antropologico dell’esperienza sensibile.
Sull’evoluzione storica delle scienze cognitive e neurocognitive si possono con-
frontare Boden (2006), Piattelli Palmarini (2008) e Morabito (2007). Un panora-
ma delle recenti assunzioni neurologico e neurocognitive si ritrova in Gazzaniga,

36
1. L’esperienza

Ivry, Mangun (2002), Baars, Gage (2007) e in varie voci di Barale et al. (2006-09).
Due buone spiegazioni introduttive dei meccanismi neurali sono LeDoux (2002)
e Oliverio (2008). Le posizioni cui abbiamo fatto cenno di Edelman si ritrovano
ad esempio in Edelman (2004, 2006); quelle di Crick e Koch in Koch (2004).
Un’ottima sintesi di tutta la questione è Tononi, Laureys (2009).
L’ampio e complesso dibattito tra neuroscienze e filosofia della mente, in partico-
lare intorno alla questione della coscienza, è presentato da Di Francesco (2000),
Blackmore (2005), Velmans, Schneider (2007), Zelazo, Moscovitch, Thompson
(2007), Gozzano (2009); meno strettamente legati alla questione della coscienza
Di Francesco (2002), Paternoster (2002), Nadel (2003), Frixione (2003), Bermú-
dez (2005), Bickle, Mandik, Landreth (2006), Marraffa (2008), Gallagher, Zahavi
(2008), Gallese (2008). Le ipotesi connessioniste alla Edelman si ritrovano rielabo-
rate nell’interessante Hofstadter (2007). Alcuni esempi di dialogo tra filosofi e
neurologi o neurocognitivisti sono Changeux, Ricoeur (1998), Petitot et al.
(1999), Cappuccio (2006, 2008), Maldonato (2008). La questione della libertà del
soggetto, evidentemente centrale all’interno di questo dialogo, viene affrontata da
Melchiorre (2008). Le questioni relative all’intenzionalità, di notevole importanza
per il nostro modello, sono state recentemente esaminate da Voltolini, Calabi
(2009) (in particolare, per i nostri scopi, pp. 297-316).
Il tema del corpo in quanto veicolo primo dell’esperienza è al centro di un corpus
sterminato di ricerche; segnalo semplicemente quali possibili punti di partenza
Marzano (2007) e Leoni (2008). Sulla natura “situata” dell’esperienza, si veda
Robbins, Aydede (2009).
Tra le descrizioni dell’esperienza di cui non abbiamo potuto render conto esplicita-
mente per ragioni di spazio, occorre menzionare almeno quella elaborata dalla ri-
flessione estetica, sulla quale cfr. quale possibile punto di partenza Grifero (1999).
Sul rapporto tra esperienza estetica e tecnica (molto rilevante per la questione dell’e-
sperienza mediale) rinviamo all’antologia di Carboni, Montani (2008). All’interno
di questo campo di studi riveste per noi particolare importanza la tradizione che
vede nell’esperienza dell’opera d’arte il luogo in cui si riflette nei termini di un pen-
siero sensibile l’esperienza tout court: cfr. in particolare Franzini (2007). L’esperien-
za estetica è oggi al centro di un dialogo tra filosofi e neurologi etichettato con il
nome di “neuroestetica”: una sintesi delle posizioni in Cappelletto (2009) e alcuni
interventi in Lucignani, Pinotti (2007) e Pinotti, Somaini (2009).

Quaderno degli esercizi

• Focalizza la tua attenzione su una semplice esperienza di vita quotidiana di cui


possiedi un ricordo ancora fresco: per esempio la colazione che hai fatto questa
mattina. Prova a descriverne un breve segmento per iscritto. Rifletti sulle dinami-
che che hanno animato il segmento che stai analizzando. Torna costantemente
sulla descrizione scritta e completala mano mano.
• Quale ruolo e quale peso possiede la percezione che hai del tuo corpo nell’e-

37
Semiotica dei media

sperienza che stai analizzando? Quale ruolo rivestono i dati e i condizionamenti


culturali? Per esempio, concentrati in questa chiave sui tuoi gusti e le tue abitudi-
ni alimentari.
• Prova a separare ed elencare all’interno dell’esperienza che stai analizzando i
tre strati della rilevazione sensibile, dell’ordinamento narrativo e della sintonia re-
lazionale. Esamina ora le loro relazioni reciproche.
• Mettiti di fronte a una finestra: cosa cambia nell’ordinamento dei campi di
oggetti intenzionali? Cosa distingue l’esperienza dell’interno domestico da quella
dell’esterno?

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40
2
L’esperienza mediale

1. Premessa

In questo capitolo definiamo in che cosa consiste l’esperienza mediale, ov-


vero quel particolare tipo di esperienza che facciamo ogni volta che venia-
mo a contatto ed entriamo in relazione con un mezzo di comunicazione:
leggere un fumetto, guardare un film o un notiziario televisivo, ascoltare
una canzone con l’iPod o giocare con la Playstation sono varie forme di
esperienza mediale.
Il secondo paragrafo chiarisce in che senso l’esperienza mediale costituisce
una forma di esperienza come le altre e cosa invece la distacca dall’esperien-
za ordinaria; il punto di arrivo è un modello dell’esperienza mediale che ri-
prende e rende più complesso il modello dell’esperienza in generale intro-
dotto alla fine del capitolo precedente. Il terzo paragrafo esplora invece le
differenti forme che assume l’esperienza mediale all’interno del nostro uni-
verso culturale, alla luce delle competenze pratiche che ci guidano negli usi
quotidiani dei media.

2. Che cos’è l’esperienza mediale

2.1. I media e il design dell’esperienza Cambiamo scenario. Non sono riu-


scito a recarmi al concerto; fortunatamente l’evento è stato ripreso dalle te-
lecamere e stasera viene trasmesso in televisione. Mi preparo ad assistere
allo spettacolo comodamente sprofondato nella poltrona del mio salotto.
Dopo l’ultimo stacco pubblicitario, dal buio emergono le prime note quasi
di prova; una fly-cam panoramica dall’alto su una folla di ragazzi in delirio
e plana sul palcoscenico dove le luci si accendono violentemente mentre
parte il riff di chitarra di un pezzo molto conosciuto e bellissimo. Cosa
cambia e cosa non cambia nel passaggio dall’esperienza diretta di uno spet-
tacolo all’esperienza della visione e dell’ascolto attraverso un mezzo di co-
municazione?

41
Semiotica dei media

L’esperienza mediale Cominciamo con il dire che l’esperienza di visione e di ascolto del concerto
è un’esperienza in televisione è un’esperienza reale, al pari della visione diretta nello stadio
reale, dotata affollato. In assoluta continuità con la mia esperienza ordinaria, essa coin-
di caratteri peculiari volge una dinamica interpretativa che si sviluppa sui tre strati collegati del-
la rilevazione e qualificazione sensibile, dell’ordinamento narrativo e della
sintonia relazionale: apprezzo la dolcezza del movimento della fly-cam e
noto come esso rimi con il suono dei primi accordi di chitarra, mentre mi
rendo conto che sta iniziando l’evento del concerto e sento che la mia ecci-
tazione è sintonizzata con l’entusiasmo della folla plaudente. Eppure al
tempo stesso avvertiamo che si tratta di un’esperienza differente dall’essere
fisicamente presenti al concerto.
Possiamo esprimere questa differenza insistendo su due punti: la proget-
tualità dell’esperienza e la moltiplicazione dei campi di oggetti intenzio-
nali. Partiamo dal primo punto.
Il ruolo dei Notiamo anzitutto che l’esperienza mediale implica (il termine stesso lo
dispositivi dice) la mediazione di uno strumento in grado di presentare alla mia at-
nell’esperienza tenzione una serie di materiali sensoriali: in questo caso l’apparecchio tele-
mediale visivo che trasmette le immagini e i suoni del concerto. Certo, anche nell’e-
sperienza diretta è possibile l’uso di strumenti tecnologici: se mi fossi reca-
to ad assistere al concerto e un guasto avesse rese inutilizzabili le attrezzatu-
re di amplificazione degli strumenti e delle voci, l’esperienza sarebbe stata
ben diversa. Nel caso dell’esperienza mediale tuttavia il televisore diviene
un centro generatore e un catalizzatore di esperienza: seduto nel mio sa-
lotto faccio esperienza del concerto solo in quanto il televisore trasmette
quelle immagini; se si rompe il televisore l’esperienza del concerto non si
trasforma: scompare. Sotto questo aspetto il semplice termine di “media-
zione” appare riduttivo: possiamo dire piuttosto che il televisore costituisce
un dispositivo di attivazione e di regolazione dell’esperienza mediale, a par-
tire dalla possibilità che esso offre di rendere presenti e fruibili in un am-
biente di vita una serie di materiali sensoriali.
La determinazione Non solo: a partire dalla constatazione che l’esperienza mediale viene resa
dall’esterno possibile da un dispositivo di erogazione di materiali sensoriali, osserviamo
dell’esperienza anche che essa viene precostituita dall’esterno rispetto alla situazione in cui
mediale viene vissuta e da soggetti “altri” rispetto a chi la vive. Quanto appare sullo
schermo per un verso è il frutto di operazioni e di scelte di una rete com-
plessa di soggetti (gli operatori di macchina, i tecnici delle luci e del suono,
il regista ecc.), per altro verso determina in modo controllato e pianificato
l’articolazione e l’andamento della mia esperienza. Tale determinazione
agisce sull’esperienza in quanto coinvolge e orienta i processi interpretativi
che ne sono alla base: i materiali sensoriali introdotti dai dispositivi non
solo rappresentano le risorse percettive adoperate dall’interpretazione, ma
richiamano altresì le risorse memoriali e culturali opportune affinché le
configurazioni prodotte appaiano sensate (cfr. cap. 1, par. 3.1). Per esempio

42
2. L’esperienza mediale

le note introduttive richiamano la mia competenza relativa alla canzone


con cui il gruppo solitamente apre i suoi concerti; mentre la particolare
carrellata in fly-cam sulla folla esalta l’eccezionale partecipazione all’evento
e sollecita quindi l’atteggiamento di eccitazione con cui già mi disponevo
ad assistere allo spettacolo televisivo.
Infine possiamo osservare che, in quanto precostituita, l’esperienza mediale La natura seriale
non è più irripetibile, unica, personale, ma piuttosto ripetibile, serializza- dell’esperienza
ta, collettiva. Il concerto televisivo mi ha appassionato, decido di vedere mediale
anche la replica il giorno successivo: in tal modo mi trovo a rivivere un’al-
tra volta la stessa esperienza (o un’esperienza molto simile). Non solo: il
mio vicino di casa, chiacchierando sul pianerottolo, mi racconta che ha vi-
sto anche lui il concerto, che non conosceva il gruppo musicale ma che è
stato conquistato dalla loro musica; il concerto lo ha appassionato, soprat-
tutto quel riff di chitarra iniziale lo ha catturato... Insomma: l’esperienza
mediale può coinvolgere allo stesso modo soggetti differenti e distanti,
purché in grado di accedere alle immagini e ai suoni trasmessi dal mezzo e
in possesso di aree di sapere e di gusto comuni.
In sintesi dunque l’esperienza mediale, in quanto legata a un dispositivo Il design
tecnologico di attivazione e di regolazione, vede i suoi andamenti e le sue dell’esperienza
articolazioni precostituiti dall’esterno e diviene un’esperienza sovra-perso- mediale
nale e seriale. Questo non vuol dire che le singole esperienze viventi e vis-
sute dei particolari spettatori siano identiche: il mio vicino di casa potrebbe
aver guardato il concerto, pur odiando il gruppo musicale, per poterne
scrivere quella sera stessa una feroce stroncatura sul proprio blog. Il punto
fondamentale è che su tutte le differenti e particolari esperienze di visione
del concerto televisivo si stende e agisce un medesimo progetto di espe-
rienza particolarmente coinvolgente e articolato. Possiamo dire dunque
che i media sono dispositivi che mettono in atto un design esperienziale,
ovvero un’attività di regolazione progettata di alcune aree dell’esperienza
ordinaria: quando paghiamo il nostro abbonamento alla televisione satelli-
tare (o quando acquistiamo un biglietto al cinema, noleggiamo un video-
gioco e perfino quando prenotiamo un volo per andare a Disneyland) ac-
quistiamo appunto la possibilità di far accedere la nostra esperienza a que-
sto progetto 1. Vedremo nel prossimo capitolo che questa caratteristica del-
l’esperienza mediale è fondamentale per la definizione dello statuto episte-
mologico della semiotica dei media; esamineremo inoltre nel corso della
seconda parte di questo libro i differenti registri nei quali si articola in det-
taglio il design esperienziale dei media.

1. Alcuni studiosi sostengono che l’avvento dei media avrebbe implicato una “mercificazione
(commodification) dell’esperienza”: occorre osservare alla luce di quanto abbiamo appena detto
che non è l’esperienza in sé a divenire merce (e in quanto tale a essere prodotta e distribuita in
serie), ma i progetti di cui essa può essere investita grazie ai dispositivi mediali.

43
Semiotica dei media

Mondo diretto, 2.2. Un modello dell’esperienza mediale Il secondo ordine di differenze tra
mondo indiretto esperienza ordinaria ed esperienza mediale concerne la moltiplicazione dei
e discorso campi di oggetti intenzionali. Abbiamo detto nel capitolo precedente che
nel passaggio dallo strato della rilevazione sensibile a quello dell’ordina-
mento narrativo, il soggetto definisce una distinzione tra sé stesso e un
campo di oggetti e di soggetti che lo circondano (cfr. cap. 1, par. 2.3); ep-
pure nel caso della mia visione del concerto in televisione lo stadio in cui si
svolge il concerto e i giovani urlanti che vi si trovano non mi circondano
affatto: intorno a me trovo ancora il mio solito salotto e davanti a me vedo
il mio nuovo televisore a cristalli liquidi con schermo a 16:9. Dobbiamo
dunque introdurre una distinzione tra due campi di oggetti: chiameremo il
primo (con termini presi a prestito dalla psicologia della percezione artisti-
ca) “mondo percepito direttamente” o più semplicemente mondo diretto
(il mio salotto e il nuovo televisore) e il secondo “mondo percepito indiret-
tamente” o mondo indiretto (lo stadio in cui si svolge il concerto).
Ma non basta. Se a questo punto mi interrogo sulle modalità mediante le
quali si svolge la mia esperienza del mondo indiretto a partire dalla mia
collocazione nel mondo diretto, mi accorgo che essa implica la presenza di
una serie di oggetti e di processi che aprono la percezione del mondo indi-
retto al mondo diretto senza confondersi né con l’uno né con l’altro: l’in-
sieme delle immagini sonore che si muovono sullo schermo televisivo con i
loro movimenti di macchina, i giochi di montaggio, le manipolazioni del-
l’audio e così via vanno a comporre un terzo campo di oggetti intenzionali
che chiamiamo il discorso.
In altri termini l’esperienza mediale implica, a differenza dell’esperienza
ordinaria, che un’area più o meno circoscritta dell’ambiente in cui è collo-
cato il soggetto venga “ripiegata” su sé stessa e che i materiali sensoriali che
la occupano permettano l’accesso percettivo a un secondo ambiente non
direttamente presente: chiamiamo mondo diretto l’ambiente di base, di-
scorso la forma complessiva assunta dai materiali sensoriali responsabili
dell’accesso percettivo al secondo ambiente e mondo indiretto tale secondo
ambiente.
Il modello Possiamo tornare a questo punto al nostro modello dell’esperienza e osser-
dell’esperienza vare in che modo esso si arricchisce nel caso dell’esperienza mediale: gli
mediale strati della rilevazione sensibile, dell’ordinamento narrativo e della sintonia
è un modello relazionale incrociano non uno solo, ma tre campi di oggetti e soggetti: il
complesso mondo diretto, il discorso e il mondo indiretto. La visualizzazione che ave-
vamo introdotto nel cap. 1, par. 3.3 va dunque completata come appare in
fig. 1 2.

2. Due osservazioni. In primo luogo diciamo propriamente (e illustriamo in termini grafici)


che mondo diretto, discorso e mondo indiretto “incrociano” i livelli dell’ordinamento narrativo
e della sintonia relazionale mentre “toccano” solamente il livello della rilevazione sensibile, in

44
2. L’esperienza mediale

figura 1

Rilevazione
sensibile

Ordinamento
narrativo

Sintonia
relazionale

Mondo indiretto

Discorso

Mondo diretto

Aggiungiamo un’ultima osservazione. Abbiamo detto che l’esperienza me- Il modello


diale si distingue dall’esperienza ordinaria per due aspetti: per un verso essa dell’esperienza
viene organizzata e guidata da un progetto, per altro verso essa richiede un mediale
modello di rappresentazione più complesso. Possiamo ora far interagire costituisce la forma
questi due rilievi: dal momento che il progetto è necessariamente isomorfo del suo progetto
rispetto all’esperienza che esso impronta, possiamo affermare che il model-
lo appena presentato si presta a rendere conto tanto dell’esperienza mediale
in sé quanto del progetto che ne determina gli andamenti. In altri termini
possiamo rappresentare il progetto di esperienza mediale come un’articola-
zione dei tre strati della rilevazione sensibile, dell’ordinamento narrativo e
della sintonia relazionale rispetto ai tre campi di oggetti intenzionali del
mondo indiretto, del discorso e del mondo diretto. L’utilità di tale osserva-
zione ci apparirà più chiaramente alla fine del prossimo capitolo.

quanto esso precede logicamente la distinzione in campi di oggetti intenzionali. In secondo luo-
go, il modello dell’esperienza mediale che presentiamo è valido in effetti per ogni tipo di espe-
rienza “mediata”, anche quelle che precedono storicamente l’avvento dei media in senso mo-
derno: dalla visione di un quadro o di un affresco alla lettura di una poesia. Una delle idee di
fondo di questo libro è infatti che l’esperienza mediale è la particolare forma che ha assunto al-
l’interno della nostra cultura quel modello più ampio e basilare di esperienza che è l’esperienza
mediata: cfr. Breve storia dell’esperienza mediale, pp. 46-7.

45
Semiotica dei media

Breve storia dell’esperienza mediale

L’esperienza mediale è culturalmente e storicamente determinata: essa è legata al


periodo storico che va dall’avvento della modernità (dalla metà dell’Ottocento cir-
ca) fino alla tarda o postmodernità dei nostri giorni. Più in particolare l’esperienza
mediale rappresenta la forma specifica che ha assunto all’interno di questo perio-
do il modello più antico e generale dell’esperienza mediata. Con questo termine
intendiamo una forma di esperienza che implica la presenza di oggetti-supporto di
ospitare e di esibire materiali sensoriali precostituiti i quali (in differenti modi e
con diverso grado di cogenza) determinano in modo pianificato alcuni andamenti
dell’esperienza ordinaria: dai più antichi manufatti rituali fino a immagini, codici,
libri ecc. Questi due tratti caratteristici dell’esperienza mediata (presenza di oggetti
di determinazione da un lato, totale o parziale pianificazione dall’altro) vengono ri-
pensati fin dalle origini della modernità alla luce di tre nuovi fattori: la forte pre-
senza e il ruolo percepibile dei dispositivi tecnologici, l’intensa e anomala solleci-
tazione sensibile che essi implicano, l’estensione collettiva e la ripetibilità seriale
dei processi esperienziali mediati. In tal modo l’esperienza mediata, nel momento
in cui diviene esperienza mediale, viene investita da un alto grado di artificialità.
L’evoluzione di una simile idea di artificialità costituisce il filo rosso che collega le
diverse fasi di sviluppo e trasformazione dell’esperienza mediale dall’alba della
modernità fino ai nostri giorni. Distinguiamo a questo proposito tre grandi fasi.
Un prima fase è quella dei media meccanici e elettro-meccanici (dal 1850 al 1918
ca.). La stampa quotidiana e periodica e il romanzo sono i primi esempi di mezzi di
comunicazione moderni ad ampia diffusione; si passa quindi alla riproducibilità
dell’immagine fissa (fotografia, stampe, manifesti pubblicitari, fumetto) e del sono-
ro (fonografo e grammofono); si arriva infine alla riproducibilità dell’immagine in
movimento: il cinematografo, tra la fine del secolo e l’inizio del Novecento, è l’ulti-
mo dei mezzi meccanici e il primo dei mezzi elettronici. Una serie nutrita di testi-
monianze ci permette di cogliere la trasformazione delle forme precedenti dell’e-
sperienza mediata nella nuova forma dell’esperienza mediale: la “riproducibilità
tecnica” (secondo la nota formula che Walter Benjamin conierà negli anni trenta)
si installa all’interno dell’esperienza mediata e ne determina il carattere decisa-
mente artificiale – nei differenti sensi descritti sopra. Questa nuova forma di espe-
rienza dell’artificiale, nel momento in cui irrompe nella sensorialità collettiva, pre-
senta ora i caratteri della fascinazione, ora quelli del pericolo e dello shock.
All’interno della seconda fase (dal 1919 al 1980 ca.), i media elettronici si stabiliz-
zano per un lungo periodo su due modalità di distribuzione dei materiali sensoria-
li: il cinema attrae gli spettatori in luoghi pubblici e in tempi deputati; la radio pri-
ma e poi la televisione raggiungono capillarmente i propri utenti all’interno degli
spazi domestici privati e della temporalità quotidiana, mediante un flusso ininter-
rotto di suoni e immagini. Ne deriva un’adesione costante e capillare delle espe-
rienze mediali al tessuto dell’esperienza sociale: questa si configura sempre di più

46
2. L’esperienza mediale

come esperienza artificiale. Anche in questo caso tale fenomeno viene visto da un
lato come euforico (i media come portabandiera della modernità che si diffonde a
livello di abbigliamento, cibi, arredamento ecc.), dall’altro come inquietante: tra i
timori dell’epoca rappresentati dalla fiction fantastica e horror c’è anche la paura
che l’intera vita sociale sia una rappresentazione e un’allucinazione collettiva (si
pensi solo ai racconti che Philip K. Dick produce negli anni cinquanta e sessanta).
Sul piano della riflessione intellettuale tali preoccupazioni prendono la forma di
teorie e ricerche di stampo sociologico, psicologico e semiotico volte ad accertare
gli effetti dei media e il loro ruolo nella riproduzione e stabilizzazione delle ideolo-
gie dominanti.
I media digitali (dal 1980 ai nostri giorni) vedono infine all’opera quattro grandi fe-
nomeni, tutti variamente legati all’applicazione delle tecnologie informatiche agli ap-
parati delle comunicazioni: la pervasività e la differenziazione crescente dei canali di
distribuzione e dei dispositivi di lettura dei materiali sensoriali (on line: televisione
via satellite, Internet ecc.; off line: lettori di musica, dvd, videogiochi per consolle,
e-books ecc.); un progressivo alleggerimento dei dispositivi, che comporta sia una
loro minore percepibilità all’interno dell’esperienza mediale sia un loro possibile no-
madismo (si pensi al fenomeno iPod); la possibilità di una maggior sinergia tra mate-
riali sensoriali differenti (multimedialità: il sito Internet di un quotidiano contiene te-
sti verbali, immagini, slide shows, file sonori, filmati ecc.); il superamento di una divi-
sione netta tra esperienze di promozione da un lato, di ricezione dall’altro e quindi la
possibilità per il fruitore di intervenire attivamente nell’elaborazione dei materiali
sensoriali (interattività, dal semplice selezionare e richiedere certi contenuti fino al-
l’elaborazione condivisa o alla distribuzione di materiali in rete). Anche le teorie e le
ricerche mediali si concentrano meno sugli effetti dei media e maggiormente sulle
dinamiche e sulle tattiche del loro consumo da parte dei pubblici (audience studies).
Le conseguenze per l’esperienza mediale sono profonde: non solo essa si connette
ancora più profondamente all’esperienza ordinaria, ma inizia a non essere più per-
cepita in quanto artificiale. L’opposizione tra naturale e artificiale, che ancora in
buona parte permette una qualificazione di base dell’esperienza mediale, sta ini-
ziando in questo momento a vacillare, tanto da poter definire la fase presente
come un momento di naturalizzazione dell’esperienza mediale.

3. Le forme dell’esperienza mediale

3.1. Dall’esperienza mediale alle esperienze mediali Fino a questo momento


abbiamo parlato di “esperienza mediale” al singolare e in senso generale. In
realtà le esperienze di relazione con i media che noi facciamo sono plurali e
specifiche: se il concerto fosse trasmesso non in televisione ma per radio mi
sintonizzerei e lo ascolterei volentieri mentre sono impegnato a fare altro;
se uscisse un dvd lo potrei acquistare in modo da rivedere il concerto senza
i fastidiosi stacchi pubblicitari; ma d’altra parte, nel momento in cui gli

47
Semiotica dei media

inevitabili spot irrompono nel corso della trasmissione televisiva e magari


preludono a un telegiornale, avverto immediatamente un salto e una di-
scontinuità nella mia esperienza.
Le esperienze È importante osservare che quando percepiamo una distinzione tra diffe-
mediali renti esperienze mediali, non mettiamo in gioco un sapere categoriale
sono molteplici astratto; ciò che ci permette di suddividere e articolare il campo dell’espe-
e si distinguono rienza mediale è piuttosto una rete di competenze pratiche: distinguo lo
in base spettacolo del concerto televisivo dalla visione di un telegiornale o dalla
a criteri pratici fruizione di un videogioco perché so che queste esperienze mi richiedono
gesti, disposizioni, capacità di organizzare i materiali sensoriali e valutarne
la portata, di tipo differente. Anche se le singole esperienze giocano qual-
che volta a spiazzarmi e a rinegoziare lo statuto di quanto sto vivendo: vedo
che il conduttore del telegiornale che mi sta fornendo una notizia interes-
sante improvvisamente sputa fuoco e mi accorgo che si trattava dello spot
di un farmaco contro i bruciori di stomaco.
I tre criteri I principali criteri che permettono di definire le forme dell’esperienza media-
di individuazione le sono tre. Il primo riguarda le modalità di inserzione dei materiali sensoriali
delle esperienze veicolati dai dispositivi mediali all’interno del mondo diretto; il secondo cri-
mediali terio riguarda il discorso e le conformazioni che esso assume; il terzo criterio
concerne infine il mondo indiretto e il suo statuto. Ciascuno dei tre criteri
adotta dei parametri che consentono di tracciare delle “mappe” delle espe-
rienze mediali. L’individuazione della singola esperienza deriva da una so-
vrapposizione e un intreccio dei tre criteri e delle relative mappe: nella terza
parte di questo libro esamineremo alcuni dei vari tipi di esperienze mediali
che si disegnano a partire da tali criteri e dalle loro combinazioni.

3.2. Le modalità di attivazione nel mondo diretto Il primo ordine di criteri ri-
guarda le modalità mediante le quali i materiali sensoriali veicolati dai me-
dia vengono resi presenti dai differenti dispositivi all’interno del mondo
diretto. È in base a questa discriminante che sentire il concerto alla radio è
cosa diversa dal vederlo in televisione. All’interno di questo ordine di crite-
ri giocano due parametri.
Esperienze mediali Il primo parametro riguarda la relazione tra dispositivi mediali e ambiente
pervasive o situate del mondo diretto: la distinzione chiave è tra dispositivi (e quindi esperienze)
pervasivi e dispositivi (e quindi esperienze) situati. I dispositivi pervasivi si
connettono in maniera profonda e completa all’ambiente. Il caso più tipico è
rappresentato dal cinematografo, uno spazio pensato e progettato intera-
mente per l’esibizione di immagini in movimento e di suoni. Gli impianti di
home theatre casalinghi tendono a ricalcare questo modello: essi sovrappon-
gono a spazi e arredamenti casalinghi uno schermo e alcuni diffusori sonori
in modo da riprodurre un effetto di pervasività delle immagini e soprattutto
dei suoni veicolati dal dispositivo all’interno dell’ambiente domestico. Il ci-
nematografo non è però il caso estremo: è possibile costruire ambienti multi-

48
2. L’esperienza mediale

sensoriali studiati per produrre una certa esperienza calcolata e precostituita


in chi li abita o li attraversa: dai grandi outlet ai parchi a tema (ovvero quegli
ambienti privi di una storia propria che Marc Augé ha battezzato “non luo-
ghi”), dalle installazioni videoartistiche agli eventi culturali, museali o azien-
dali. I dispositivi situati, al contrario, delimitano l’erogazione dei materiali
sensoriali all’interno di alcuni spazi e tempi precisi: questi tendono a non oc-
cupare completamente il mondo diretto, quanto piuttosto a integrarsi al suo
interno. Il caso paradigmatico è quello della radio e in genere dei media a dif-
fusione sonora (stereo, walkman, iPod ecc.). Sempre più, inoltre, media vi-
suali e audiovisuali tendono a inserirsi negli ambienti sia domestici che out-
door, dai grandi videowalls che incontriamo negli spazi urbani ai piccoli e rav-
vicinati schermi dei videofonini. Molti media si pongono poi nell’ampio
spazio intermedio tra le due polarità. Per esempio la televisione è un mezzo
che tende da un lato alla pervasività (gli schermi di grandi dimensioni, gli
impianti home theatre già richiamati sopra, la riorganizzazione degli spazi do-
mestici attorno all’apparecchio televisivo) e dall’altro alla circoscrivibilità
(schermi casalinghi più piccoli che si prestano a una fruizione di sfondo o
“radiofonica”, video “nomadici” come i casi citati poco sopra).
Il secondo parametro di distinzione riguarda le differenti modalità di attiva- Esperienze mediali
zione e di mantenimento in vita dell’esperienza mediale: l’opposizione è in automatiche
tal caso tra dispositivi (e quindi esperienze) ad attivazione automatica (o se- o manuali
miautomatica) e dispositivi (e quindi esperienze) ad attivazione manuale. I
dispositivi automatici implicano la presenza di un player (ovvero di un di-
spositivo di erogazione dei materiali sensoriali) che agisce senza bisogno di
alcun intervento attivo da parte del fruitore. In alcuni casi occorre un inter-
vento di attivazione iniziale, ma in altri (per esempio nei videowalls) anche
questo viene escluso. Molti media situati sono di questo tipo perché eviden-
temente è possibile che l’esperienza ordinaria continui a svolgersi tenendo i
materiali sensoriali mediali sullo sfondo, senza bisogno di ulteriori interven-
ti dell’utente: per esempio la radio o l’iPod prevedono questo tipo di funzio-
namento. Anche molti media pervasivi non prevedono interventi di rilievo
dell’utente in modo da non distrarre la sua attenzione: pensiamo di nuovo
al cinema e ai suoi surrogati casalinghi.
Differente il caso dei dispositivi manuali, che richiedono alcune operazio-
ni più o meno articolate, continue e visibili dell’utente per l’attivazione e lo
svolgimento dell’esperienza. Un grado estremo è dato da tutte le esperienze
mediali all’interno delle quali il corpo e la mente dell’utente funzionano da
player biologico incaricato di attivare e mantenere viva l’esperienza: per
esempio la lettura di un quotidiano, di un fumetto o di un manifesto pub-
blicitario implica una recita e una messa in scena interiori più o meno
espressive affinché l’esperienza mediale possa dirsi effettivamente attivata.
Un grado intermedio è invece costituito dalle differenti forme di interazio-
ne richieste da players automatici affinché l’esperienza si svolga e si trasfor-

49
Semiotica dei media

figura 2

Esperienze
ad attivazione automatica

videowalls
cinema
radio,
stereo Ipod
home
theatre tv set
installazioni videofonino
Esperienze pervasive media Esperienze situate
“non- digitali
luoghi” interattivi

mostre, stampa /
eventi fumetto:
il lettore come
player

Esperienze
ad attivazione manuale

mi: da operazioni quali il cambio di canale televisivo o radiofonico, fino ai


videogiochi e alla navigazione web.
Incrociando i due parametri otteniamo una prima mappa di ordinamento
delle esperienze mediali (cfr. fig. 2).

Conformazioni 3.3. Le conformazioni del discorso Il secondo ordine di criteri che ci per-
del discorso mette di discriminare tra differenti forme di esperienza mediale è dato dal-
ed esperienze le modalità con cui si presenta al suo interno il discorso. L’idea di discorso
mediali: nasce (lo ricordiamo) dal fatto che alcuni materiali sensoriali all’interno del
testo, ipertesto, mondo diretto, variamente erogati dai dispositivi, permettono l’accesso al
flusso e ambiente mondo indiretto; a partire da qui il discorso tende ad acquisire uno statuto
autonomo, una consistenza oggettuale e spaziale, una certa conformazione
che si sedimenta e si stabilizza in determinate rappresentazioni sociali. La
trasmissione televisiva del concerto è immersa nel flusso lineare dei pro-
grammi televisivi e frammentata dai breaks pubblicitari; il concerto in dvd
è invece percepito come dotato di confini precisi e delimitati, privo di in-
terruzioni che non siano intenzionali, dotato di menu che permettono di
navigare all’interno di un’architettura ad albero.
Come il nostro esempio lascia intendere, la conformazione del discorso di-
pende da due parametri. Il primo è costituito dall’opposizione tra chiusura
e definizione del discorso vs apertura e mancanza di delimitazione (e quin-

50
2. L’esperienza mediale

figura 3

Conformazione
lineare

Esperienza Esperienza
testuale di flusso

Conformazione chiusa Conformazione aperta

Esperienza Esperienza
metatestuale / ambientale
ipertestuale

Conformazione
reticolare

di fluidità non solo spaziale ma anche temporale). Il secondo parametro è


costituito invece da un andamento unilineare o da una struttura plurili-
neare e reticolare del discorso stesso. Dall’incrocio delle varianti si ricavano
quattro grandi possibilità (cfr. fig. 3).
È importante sottolineare che le conformazioni del discorso sono configu- La natura culturale
razioni culturali condizionate da una complessa interazione tra dispositivi delle conformazioni
tecnologici, forma fisica dei supporti mediali, pratiche di fruizione. Esse del discorso
possiedono quindi una natura storica – per quanto di una storia curiosa, che
non procede solo in avanti ma è fatta di sedimentazioni, sopravvivenze e ri-
torni. I modelli più antichi sono quelli del testo e dell’ipertesto, strutture
chiuse e organizzate in forma monolineare o plurilineare. Quando i media
nascono, verso la metà del xix secolo (cfr. Breve storia dell’esperienza media-
le, pp. 46-7), è molto forte l’influsso del libro quale modello di configura-
zione lineare e definita. L’esperienza testuale rimane molto radicata nelle
rappresentazioni sociali e, per esempio, passa facilmente dal libro al film,
dotato anch’esso di confini precisi e di andamento lineare. I media che si
reggono sul principio del broadcasting (come la radio e la televisione) met-
tono gradualmente in crisi questo modello di configurazione del discorso e
introducono il nuovo modello dell’esperienza di flusso: il discorso procede
per segmenti impaginati all’interno di un palinsesto lineare, tendenzialmen-
te infinito e in perenne trasformazione. Nel frattempo i mezzi a stampa
(quotidiani, periodici, fumetti, pubblicità visuale) avevano introdotto già
dalle origini dei media (e riprendendo modalità ben precedenti) un tipo di
modello misto: alla linearità del testo si sovrappone la reticolarità delle gri-

51
Semiotica dei media

glie grafico-visive che consentono e guidano una lettura non esclusivamente


lineare. Per esempio e tipicamente la ricerca di un certo articolo in una rivi-
sta è reticolare mentre la sua lettura recupera un andamento lineare con la
possibilità di tornare in qualsiasi momento alla modalità reticolare; il fu-
metto connette linearità e reticolarità in una interazione ancora più stretta e
così via. Le tecnologie digitali, a partire dagli anni ottanta del Novecento,
riprendono e amplificano la possibilità di una simile fruizione selettiva al-
l’interno di una rete di possibilità e permettono la definizione della confor-
mazione ipertestuale così come viene intesa oggi. Queste stesse tecnologie
infine aprono la possibilità di conformazioni discorsive che congiungono la
reticolarità ipertestuale all’assenza di delimitazioni spaziali e temporali pro-
pria del flusso radiotelevisivo; il discorso si configura quindi come un vero e
proprio ambiente aperto che del testo non ha più nulla: la navigazione del
web è il caso più rappresentativo e citato.

Fattualità, finzione, 3.4. Gli statuti del mondo indiretto Il terzo ordine di criteri che determina la
partecipazione, possibilità di distinguere tra differenti forme dell’esperienza mediale ri-
estetica guarda lo statuto del mondo indiretto. Questo si definisce in relazione agli
altri due campi di oggetti intenzionali, in base a una relazione di continui-
tà oppure di discontinuità con essi. Per esempio se il telefilm che sto se-
guendo si interrompe per trasmettere un breve notiziario, percepisco un
salto all’interno della mia esperienza; quanto riferito dal giornalista concer-
ne il mondo diretto in cui io vivo, è in diretta continuità con esso e dunque
“mi riguarda”: se viene annunciato un ulteriore rincaro della benzina so
che domani il mio pieno costerà qualche euro in più; al contrario, le vicen-
de che si svolgono nel mondo indiretto della fiction televisiva possono ap-
passionarmi e coinvolgermi, ma non possiedono una relazione di continui-
tà con il mondo di vita all’interno del quale sono inserito.
Anche in questo caso i due parametri introdotti generano quattro ampie
possibilità (cfr. fig. 4).
Nel caso dell’esperienza fattuale, l’esperienza mediale viene percepita in
continuità con l’esperienza di vita quotidiana: quanto si svolge nel mondo
indiretto concerne anche il mondo diretto e riguarda più o meno diretta-
mente il fruitore e il mondo di vita nel quale questi è inserito. All’opposto,
nel caso della finzione, il mondo diretto e quello indiretto rimangono sepa-
rati: questo non implica necessariamente che quanto si svolge nel mondo
indiretto sia “fantastico” e non coinvolga ambienti reali, ma lo svolgimen-
to non ha correlazioni dirette con la situazione in cui si trova il fruitore. Il
caso dell’esperienza estetica si ha quando i movimenti discorsivi acquisi-
scono una particolare evidenza e marcano una relativa autonomia rispetto
agli svolgimenti del mondo indiretto: è il caso di molti videoclip, di alcune
sequenze di film o serie televisive in cui la cura della fotografia o del mon-

52
2. L’esperienza mediale

figura 4

Relazione
di continuità

Esperienza Esperienza
fattuale partecipativa

Con il mondo diretto Con il discorso

Esperienza Esperienza
finzionale estetica

Relazione
di discontinuità

taggio divengono molto visibili, di certi videogiochi in cui conta soprattut-


to il design visivo e sonoro più che le tecniche di gioco. Infine nell’espe-
rienza della comunicazione partecipata il discorso e il mondo indiretto
sono in continuità e tendono a coincidere in quanto il discorso viene per-
cepito dal fruitore come uno spazio di azione e interazione: pensiamo ai
casi di interattività che richiedono un intervento costante del fruitore e so-
prattutto ai casi in cui il fruitore si fa co-autore e l’esperienza mediale con-
siste in un’attività di produzione dei materiali sensoriali che costituiscono
il discorso (chat in rete, partecipazione a forum, contribuzione a opere
aperte, redazione e manutenzione di un blog o pagine personali all’interno
di una web community e così via).

Percorsi di approfondimento

Alcune introduzioni ai media e agli approcci di studio ai media sono Silverstone


(1999) (che contiene un capitolo su media ed esperienza), Colombo, Eugeni
(2001), Colombo (2003) e Sorice (2009). Per un inquadramento storico sintetico
dei media e della loro storia, Ortoleva (2002). Tra le numerose storie dei media se-
gnalo quelle più recenti: Briggs, Burke (2000), che indagano in particolare le rela-
zioni tra sviluppi tecnologici e istituzionali dei media e forme di organizzazione e
circolazione dei saperi sociali; Gorman, McLean (2003), attenti alla relazione tra
media e società nel mondo moderno. Una storia dell’industria culturale che studia
l’evoluzione dei rapporti tra media e processi culturali è Abruzzese, Borrelli
(2000). La più recente Abruzzese, Mancini (2008) traccia una storia congiunta dei
media, delle teorie e delle affabulazioni che li riguardano.

53
Semiotica dei media

Sull’esperienza della modernità e della tarda modernità e le loro relazioni con i


media rinvio ai riferimenti e ai commenti di Casetti (2005) per il cinema e di Or-
toleva (2009) per i media in generale. Lo stesso Ortoleva ha valorizzato il contri-
buto recentemente ripubblicato di Warshow (1962). Sul passaggio dalle esperien-
ze mediate alle esperienze mediali, Colombo, Eugeni (1996). Una descrizione in-
teressante dell’esperienza mediale (soprattutto nella fase dei media elettronici) è
Thompson (1995). Alcune ricostruzioni storiche dell’esperienza mediale televisiva
sono raccolte in Berton, Weber (2009).
Molti studi dedicati ai singoli media stanno ripensando attualmente le questioni
legate alla fruizione mediale a partire dall’idea di esperienza situata, incorporata,
culturalmente radicata. Il settore più sviluppato a questo proposito è quello della
teoria del cinema, settore in cui si ripropone l’alternativa tra un’impostazione
“continentale” più attenta all’approccio fenomenologico e una anglosassone
orientata verso una concezione cognitivista classica dell’esperienza filmica. Una
panoramica (con alcune lacune) in Elsaesser, Hagener (2007); una serie di testi di-
versi in Somaini (2005) e Carluccio, Villa (2006). Si muovono su base fenomeno-
logia Shaviro (1993) e Sobchack (1992, 2004); in ambito francese ricordiamo, a
partire dal seminale Schefer (1980), il recente Bellour (2009); di orientamento co-
gnitivista Grodal (1997, 2009), Pepperell, Punt (2006), Plantinga (2009). Due re-
centi e importanti lavori italiani sono Malavasi (2009) e D’Aloia (2009). Più vici-
na all’estetica del film classica è l’idea film come “spettacolo” di Termine, Simo-
nigh (2003). Un percorso originale è quello intrapreso da Casetti (2008a, 2008b,
2009) a partire dall’idea di “rilocazione” dell’esperienza filmica nel panorama me-
diale contemporaneo.

Quaderno degli esercizi

• Elenca le esperienze mediali di cui sei protagonista nel corso della giornata o
in alcune particolari occasioni. Quali aree del tuo tempo sono occupate dai dispo-
sitivi mediali e quali non lo sono? Quali differenze noti tra le prime e le seconde?
• Pensa a una semplice esperienza mediale di cui hai fatto o fai esperienza: per
esempio la visione della tua serie televisiva preferita. In quali sensi puoi dire che si
tratta di un’esperienza progettata? Quanto contano in questa progettazione l’im-
paginazione nel palinsesto, le scelte visive e sonore, il tipo di trama, i personaggi e
così via?
• Riprendi l’elenco fatto al primo punto e prova a ricondurre le tue esperienze
mediali alle tre mappe dei criteri di distinzione. Quali sono le aree delle mappe
che frequenti maggiormente? Quali quelle meno praticate?
• Oltre ai criteri generali esposti nel testo, quali sono gli strumenti più partico-
lari che usi per individuare una certa esperienza mediale (la presenza di certi atto-
ri, uno stile di ripresa ecc.)?

54
2. L’esperienza mediale

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Semiotica dei media

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56
3
La semiotica e l’esperienza mediale

1. Premessa

In questo capitolo definiamo che cos’è la semiotica dei media e quali stru-
menti essa offre per indagare l’esperienza mediale.
Il secondo paragrafo descrive in cosa consistono l’obiettivo di ricerca, l’og-
getto empirico di studio e il procedimento di indagine della semiotica dei
media; queste caratteristiche emergono a partire da una distinzione della
semiotica da altre discipline che studiano l’esperienza mediale, e consento-
no di giungere a una definizione della disciplina. Il terzo paragrafo prende
in considerazione i differenti percorsi di ricerca che può assumere la se-
miotica dei media: questa panoramica ci consente di precisare la serie di
scelte e di esclusioni che caratterizzano questo volume. Il quarto paragrafo
considera infine più da vicino il metodo della semiotica dei media, ovvero
l’analisi dei materiali sensoriali veicolati dai dispositivi mediali: esso con-
duce a illustrare il programma di lavoro che guiderà i capitoli successivi.

2. Che cos’è la semiotica dei media

2.1. L’intento critico e l’obiettivo della semiotica dei media L’esperienza me- Gli approcci
diale, in quanto vera e propria esperienza, può essere analizzata in base ai non semiotici
criteri di pertinenza e ai metodi di studio richiamati al cap. 1 per l’esperien- all’esperienza
za tout court. Da un lato troviamo dunque le discipline di taglio sociologi- mediale
co, antropologico e culturologico: queste esaminano in che modo si svol-
gono le concrete e particolari esperienze di fruizione dei media in contesti
socioculturali differenti; quale relazione c’è tra esperienze mediali e proces-
si culturali; quali sono le dimensioni quantitative e quali i caratteri qualita-
tivi del consumo mediale. Per esempio (restiamo ancora sul nostro concer-
to televisivo) un antropologo o un sociologo dei media è interessato a
come ho collocato la televisione nel mio soggiorno e ai piccoli riti domesti-
ci che io e la mia famiglia ci costruiamo intorno; al modo in cui il concerto
rafforza la mia identità generazionale e favorisce eventualmente la conver-
sazione con il mio vicino che è anche un mio coetaneo; a cosa faccio con-

57
Semiotica dei media

cretamente mentre guardo il concerto (per esempio se mi alzo o cambio ca-


nale durante i breaks pubblicitari); alla misura in cui questi miei atti sono
indice di azioni sociali più ampie e così via.
Dall’altro lato abbiamo le discipline psicologiche, cognitive e neurocogni-
tive: queste studiano i fenomeni e i processi tanto individuali quanto col-
lettivi, di ordine razionale, emotivo e pratico che vengono sollecitati nel
corso dell’esperienza mediale; esse si interessano inoltre agli effetti prodotti
dalle esperienze mediali a breve e lungo termine negli individui e nei grup-
pi. Per restare al nostro esempio, uno psicologo e un neurocognitivista sa-
rebbero interessati a controllare come cambiano certi miei indici corporei
(sudorazione, battito cardiaco ecc.) nel corso del concerto; se potessero,
cercherebbero di capire quali aree del cervello si attivano in corrispondenza
dei differenti passaggi; potrebbero somministrarmi un test prima e dopo lo
spettacolo per vedere se certi atteggiamenti cognitivi ed emotivi sono mu-
tati e così via.
L’approccio semiotico Questi approcci, per quanto molto utili, presentano un limite. Essi con-
e il suo obiettivo: siderano l’esperienza mediale alla stregua di una qualunque altra espe-
il design rienza personale e sociale; in tal modo rischiano di far scivolare in secon-
dell’esperienza do piano il carattere dell’esperienza mediale: il suo essere pre-, extra- ed
mediale etero-costituita a partire dai materiali sensoriali veicolati dai dispositivi, e
quindi serializzata e sovra-personale (cfr. cap. 2, par. 2.1). La semiotica
dei media interviene proprio su questo punto: essa intende perseguire
una strategia di ricerca che porti decisamente alla luce la natura proget-
tata delle esperienze mediali. Il suo intento di base è critico: la semiotica
dei media intende decostruire l’idea che l’esperienza mediale sia diretta,
trasparente e “spontanea”, per portarne alla luce la natura precostituita e
seriale.
Questo intento di fondo si precisa immediatamente in un obiettivo speci-
fico che differenzia la semiotica dei media dalle altre discipline interessate
ai mezzi di comunicazione. Essa non si propone di analizzare, descrivere o
misurare le esperienze di fruizione e di consumo mediale così come sono
direttamente osservabili, descrivibili e misurabili; il suo obiettivo è piutto-
sto quello di ricostruire e descrivere i progetti di costituzione delle espe-
rienze mediali.
Insomma: il semiotico dei media non è interessato al fatto che io mi metta
davanti al televisore vestito come quando ero andato a uno storico concer-
to del gruppo, né gli importa se durante una canzone che ha segnato la mia
vita accenda pateticamente l’accendino, o se la visione concerto in televi-
sione divenga l’occasione per una rimpatriata di vecchi amici... Ciò che gli
interessa è il progetto di costituzione artificiale dell’esperienza, ovvero la
trama del design esperienziale che in quei momenti sta “lavorando” all’in-
terno della situazione di fruizione in cui mi trovo.

58
3. La semiotica e l’esperienza mediale

2.2. L’oggetto e il procedimento della semiotica dei media Ma come è possibi- L’approccio semiotico
le ricostruire i modelli di costituzione dell’esperienza mediale che agiscono e il suo oggetto:
su di me nel momento in cui sono di fronte al mio concerto televisivo? La l’analisi dei materiali
semiotica dei media risponde a questa domanda attraverso una seconda sensoriali
scelta di fondo, che concerne l’oggetto e il procedimento del suo lavoro.
Dal momento che il progetto esperienziale viene veicolato dai materiali
sensoriali erogati dai dispositivi mediali, la ricostruzione ipotetica di tale
progetto da parte del ricercatore non potrà avvenire che a partire da questi
stessi materiali: l’oggetto di studio assunto della semiotica dei media è dun-
que rappresentato dai materiali sensoriali erogati dai dispositivi mediali. Il
semiotico concentra la sua attenzione sulle immagini e i suoni del concerto
veicolati dal mio televisore: se ne procura una registrazione, la riesamina
con cura mediante appositi strumenti (un videoregistratore, un lettore di
dvd ecc.) e in tal modo cerca di farsi un’idea del progetto di esperienza che
essi veicolano e costituiscono. Si tratta di un altro elemento che differenzia
la semiotica dei media da altre discipline mediali: al contrario di quanto
avviene in altri casi, la semiotica dei media “prende sul serio” i materiali
sensoriali e ritiene che proprio a partire da tali materiali sia possibile rico-
struire i processi interpretativi che essi innescano e guidano e quindi le
esperienze che essi costituiscono.
La scelta di questo oggetto di ricerca implica un particolare procedimento. L’approccio semiotico
I materiali sensoriali non determinano “automaticamente” e “da soli” l’e- e il suo
sperienza mediale: essi innescano e guidano una serie di processi interpre- procedimento:
tativi svolti da un soggetto, all’interno dei quali le risorse percettive richie- esperimenti mentali,
dono l’intervento di risorse memoriali e culturali (cfr. cap. 2, par. 3.1). La comprensione,
descrizione del progetto di esperienza mediale si precisa dunque come una spiegazione
ricostruzione di processi interpretativi (ivi compreso il richiamo di risorse
memoriali e culturali) a partire dai materiali percettivi che li sollecitano e li
guidano. Come può il semiotico dei media svolgere tale compito? La se-
miotica recupera a questo proposito, pur con alcune distinzioni e cautele,
alcuni procedimenti delle scienze “hard” – ovvero quei procedimenti di ri-
cerca empirica (propri di fisica, biologia ecc.) i cui metodi sono soggetti a
particolari protocolli di svolgimento e verifica.
Anzitutto, come uno scienziato “hard” nel suo laboratorio, il semiotico
opera mediante una produzione controllata dei processi che intende inda-
gare, che permetta di osservarne in modo analitico gli andamenti ed espli-
citare le relazioni causative che vi si producono. A partire dunque dai ma-
teriali sensoriali erogati dai dispositivi, egli simula l’attivazione dei processi
interpretativi che costituiscono l’esperienza mediale e, al tempo stesso, ne
osserva e ne esplicita gli andamenti e le relazioni causative interne e con i
materiali sensoriali di partenza. Per esempio egli osserva che il concerto si
apre con una carrellata dall’alto, in fly-cam, sulla folla plaudente, e ipotizza

59
Semiotica dei media

che essa introduca lo spettatore al clima di esaltazione collettiva che ac-


compagna l’avvio del concerto.
Ciò che distingue il semiotico dallo scienziato “hard” è la natura dei pro-
cessi indagati: questi non sono di ordine fisico ma mentale (egli non inten-
de capire quali neuroni “sparano” durante la visione del concerto), né sono
di ordine attuale ma potenziale (neppure intende chiedersi cosa accade
nella mente di un gruppo di specifici soggetti cavia cui il concerto è proiet-
tato, ma vuole piuttosto avanzare ipotesi circa la progettualità esperienziale
implicata nei materiali percettivi analizzati). Ne consegue che il procedi-
mento adottato sarà sì quello dell’esperimento, ma un esperimento di ordi-
ne mentale, all’interno del quale il semiotico è al tempo stesso soggetto in-
dagato e soggetto indagante. In altri termini il semiotico deve passare at-
traverso un’attivazione “sulla propria pelle”, ovvero nella propria mente e
nel proprio corpo, dei processi interpretativi per poterne analizzare in
modo distaccato le dinamiche causative e di svolgimento: l’attività del se-
miotico richiede un coinvolgimento radicale, consapevole, calcolato e con-
trollato nell’esperienza che intende indagare. Il lavoro del semiotico possie-
de in tal senso un andamento “a chiasmo”: egli passa continuamente dallo
svolgimento in forma simulata di processi di interpretazione “in prima
persona” all’osservazione distaccata di tali processi e alla descrizione di tali
processi “in terza persona”: il procedimento di analisi implica una costante
oscillazione tra operazioni di comprensione e operazioni di spiegazione
(Ricoeur). Sotto questo aspetto il lavoro del semiotico è anche un’“arte del
fare” e richiede – al pari di certe tecniche di meditazione o di recitazione –
una disciplina che va acquisita con l’allenamento. Il che spiega per inciso il
carattere pratico e applicativo che abbiamo inteso dare a questo libro.
La verifica C’è un altro aspetto del lavoro del semiotico che richiama quello dello
dei risultati scienziato empirico: il problema della verificabilità dell’esperimento e dei
suoi risultati. In primo luogo anche il semiotico sa che la procedura del suo
esperimento può essere viziata da fattori non previsti e non rilevati: se que-
sto è valido per gli esperimenti “hard”, tanto più lo sarà per quelli mentali
in cui possono intervenire sensibilità e umori individuali del ricercatore.
Può accadere più in generale che il ricercatore adotti quadri di risorse per-
sonali o propri del suo gruppo sociale, generando quindi rappresentazioni
del progetto esperienziale che sono valide solo per un tipo particolare di
spettatore. Perché l’esperimento sia valido deve essere ripetibile da altri ri-
cercatori e i dati ottenuti devono essere confrontabili: per questo il semio-
tico è costantemente disponibile a comparare le proprie osservazioni con
quelle di altri studiosi. In secondo luogo non solo la procedura dell’esperi-
mento, ma anche i suoi risultati devono poter essere verificati: se inizial-
mente la semiotica si distacca dalle discipline che indagano empiricamente
l’esperienza mediale, successivamente essa sollecita un confronto tra i risul-
tati delle proprie ricerche e quelli delle discipline socio-antropologiche o

60
3. La semiotica e l’esperienza mediale

La semiotica e il suo sviluppo: segno, testo, esperienza

Stai leggendo questo libro e cerchi di capire di cosa parla, come è articolato, quan-
to tempo ci vorrà per studiarlo, che tipo di domande potrebbe fare il professore al-
l’esame, se ti serve per la tua tesi... In ogni caso stai cercando di dare un senso alla
situazione che stai vivendo, ai materiali che vi sono compresi e alle pratiche che vi
si svolgono. La semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di produzione e cir-
colazione del senso: tali fenomeni vengono chiamati significazione.
Lo studio della significazione ha fatto emergere al proprio interno differenti orien-
tamenti e interessi. Tali alternative non si configurano come opposizioni nette:
esse disegnano piuttosto un quadrante all’interno del quale si è mossa e si muove
la ricerca semiotica.
Da un lato sono stati distinti fenomeni di significazione mediata e artificiale da fe-
nomeni di significazione naturale e diretta: guardare le previsioni del tempo in tele-
visione o su Internet è cosa diversa dal cercare di interpretare il colore rosso delle
nuvole al tramonto. Nel primo caso la semiotica è una disciplina che studia i testi e
le manifestazioni discorsive, vicina a retorica, filologia, linguistica. Nel secondo caso
essa si identifica con una filosofia della mente e della conoscenza.
Dall’altro lato è stato distinto uno studio dei sistemi di significazione, ossia degli in-
siemi di conoscenze che rendono possibile la produzione del senso, da uno studio
dei processi di significazione, cioè delle azioni e degli andamenti che articolano lo
svolgimento della produzione del senso: il semiotico può chiedersi grazie a quali sa-
peri so leggere una mappa meteorologica, oppure può interrogarsi su quali operazio-
ni metto in atto quando confronto questa mappa con il colore delle nuvole in cielo.
Dal punto di vista dei modelli che ha adottato, lo sviluppo della semiotica ha visto il
succedersi di tre paradigmi di ricerca incentrati su altrettanti oggetti di riferimento.
La semiotica del segno ha posto al centro dell’attenzione l’unità minimale della si-
gnificazione. La storia del pensiero occidentale ha spesso affrontato i problemi le-
gati alla significazione a partire dalla nozione di segno. In epoca moderna, all’ini-
zio del Novecento, il linguista svizzero Ferdinand de Saussure (1857-1913) propone
il progetto di una semiologia modellata sulla linguistica: questo progetto viene ri-
preso negli anni sessanta del Novecento da un gruppo di intellettuali francesi tra
cui spicca il nome di Roland Barthes (1915-1980) e applicato ai messaggi delle co-
municazioni di massa. Questo approccio considera il segno come l’unità di un si-
stema di significazione. Differente invece l’approccio del filosofo americano Char-
les Sanders Peirce (1839-1914) che analizza il segno in quanto unità di un processo
di significazione che egli chiama semiosi e pone al centro di una disciplina chiama-
ta semiotica; tale impostazione viene ripresa negli anni settanta da alcuni studiosi
tra i quali Umberto Eco (n. 1932), che lavora a una semiotica di tipo interpretativo.
Sia la dizione francese (“semiologia”) che quella anglosassone oggi prevalente
(“semiotica”) derivano dal termine greco usato per il segno: semeîon.
La semiotica del testo ritiene che la nozione di segno vada superata in direzione di
un costrutto teorico più complesso: il testo o discorso. Negli anni settanta e ottanta

61
Semiotica dei media

si profilano due direzioni di ricerca al proposito. Da un lato il testo viene visto


come unità di un più ampio sistema di significazione che è la cultura: le relazioni
che conducono dalla cultura al testo vengono rappresentate come un percorso ge-
nerativo da Algirdas Julien Greimas (1917-1992) e dalla Scuola di Parigi raccolta in-
torno a lui. Dall’altro lato il testo viene visto come unità di un processo di significa-
zione: esso veicola e al tempo stesso riflette un percorso interpretativo che pone al
centro dell’attenzione la figura del lettore o dello spettatore; è la direzione seguita
ancora da Eco e da vari altri studiosi tra i quali, nel settore degli audiovisivi, Gian-
franco Bettetini. All’interno della semiotica del testo si sviluppano un particolare
interesse e una specifica attenzione di studio per il testo narrativo e le forme del
racconto. I differenti metodi e la diversa articolazione dell’edificio teorico hanno
portato a opporre una semiotica generativa, prevalentemente francofona e greima-
siana, e una semiotica interpretativa, che vede in Eco e nei prosecutori del lavoro
di Peirce i suoi principali esponenti.
La semiotica dell’esperienza è un paradigma emerso gradualmente negli ultimi
venti anni circa. Il concetto di testo è considerato insufficiente a spiegare i fenome-
ni di significazione per due ordini di ragioni. Esso non permette di rendere piena-
mente conto né della dimensione sensibile ed emotiva di tali fenomeni, né delle
distinzioni e delle relazioni tra materiali significanti e pratiche sociali che li carat-
terizzano: è soprattutto il progetto della sociosemiotica, maturato negli anni ottan-
ta, a focalizzare tale critica. Inoltre (e soprattutto) lo stesso concetto di testo è cul-
turalmente situato (cfr. cap. 2, par. 3.3), in quanto prodotto e riprodotto all’interno
dei processi di significazione che il semiotico deve analizzare e descrivere: da ex-
plicans il testo diviene explicandum. Ne deriva la scelta di focalizzare l’attenzione
della semiotica sulle esperienze di significazione. Anche per quanto concerne il
nuovo paradigma la semiotica si muove all’interno del quadrante di alternative in-
trodotto sopra: in particolare il nostro lavoro intende contribuire allo studio dei
processi all’opera nel caso di fenomeni di significazione mediata.

psicologiche e cognitive; un simile confronto permette di comprendere se e


in che misura i modelli di costituzione dell’esperienza che essa ha indivi-
duato hanno operato effettivamente sulle esperienze empiriche, per quali
ragioni si assiste a eventuali scostamenti, e se è eventualmente necessario ri-
considerare i modelli proposti e modificare le ipotesi avanzate. Anche il
fatto che a un certo punto mi alzo con l’accendino in mano può interessare
il semiotico, se questi ha osservato come l’insistente inquadratura nel con-
certo televisivo di spettatori nello stesso atteggiamento e con le lacrime agli
occhi tende a sollecitare un coinvolgimento emotivo dello spettatore.
Definizione Possiamo introdurre a questo punto una definizione: la semiotica dei media è
della semiotica la pratica di ricerca che ricostruisce e descrive i modelli di costituzione artifi-
dei media ciale delle esperienze mediali a partire dall’analisi dei materiali sensoriali che
innescano, sostengono e articolano tali esperienze.

62
3. La semiotica e l’esperienza mediale

3. I percorsi di ricerca della semiotica dei media

3.1. Approccio standard, etnografico e archeologico Il semiotico dei media


opera dunque a partire dai materiali sensoriali veicolati dai dispositivi me-
diali; adotta un procedimento incrociato di simulazione e comprensione
da un lato, descrizione e spiegazione dall’altro, dei processi interpretativi
innescati e guidati da tali materiali; il suo obiettivo è quello di ricostruire il
design dell’esperienza mediale. Ora, nello svolgere questo lavoro egli si ren-
de immediatamente conto che il suo risultato può non essere univoco. Ab-
biamo detto infatti che i materiali sensoriali, nel momento in cui vengono
presi all’interno dei processi interpretativi, richiedono l’intervento di de-
terminate risorse memoriali e culturali affinché possano venir prodotte
configurazioni sensate. A partire da questo principio, sono possibili tre dif-
ferenti casi.
Anzitutto è possibile che il semiotico rintracci, all’interno di uno stesso set L’approccio standard
di materiali sensoriali, richiami paralleli e relativamente distinti a compe-
tenze culturali diverse e tali da differenziare vari gruppi sociali e “target” di
pubblico. Per esempio le canzoni del concerto televisivo sono piuttosto da-
tate perché il gruppo è presente sulla scena musicale da una trentina d’an-
ni. Tuttavia gli arrangiamenti e lo stile visivo del concerto sono molto di-
namici e giovanili: lo spettacolo intende catturare sia i fan più attempati,
sia un pubblico più giovane abituato a stili espressivi diversi da quelli delle
origini del gruppo. Questa pluralità, per essere colta, richiede che l’analista
sappia calarsi in differenti tipologie di spettatori: egli deve essere capace di
adottare e incorporare in sé stesso quadri di risorse cognitive, sensibili,
emotive e valoriali che non sempre gli appartengono. Dal momento che si
tratta della situazione in cui normalmente il semiotico si trova a operare,
parliamo di un approccio standard della semiotica dei media.
Tuttavia il semiotico può spingersi oltre e considerare, all’interno del pro- L’approccio
prio esperimento mentale, il caso di spettatori del concerto che sono in etnografico
possesso di risorse memoriali e culturali molto differenti dalle sue. Ipotiz-
ziamo il caso che il mio concerto sia trasmesso da un canale satellitare e ri-
cevuto da una famiglia molto lontana dagli standard culturali dell’Occi-
dente: è possibile che esso venga guardato come una sorta di documentario
sugli strani riti collettivi che caratterizzano il mondo occidentale. L’esem-
pio non è peregrino: alcune ricerche indicano che questo è stato l’atteggia-
mento con cui alcuni paesi non occidentali hanno accolto le prime soap
operas; e per la verità è un po’ lo stesso atteggiamento con cui ci poniamo
di fronte al televisore quando ci capita di ricevere via satellite una fiction
televisiva giordana o cinese. Questa situazione di ricerca richiede al ricerca-
tore una particolare dislocazione culturale, più pronunciata che nel caso
dell’approccio standard: parliamo di un approccio etnografico della ricerca
semiotica.

63
Semiotica dei media

L’approccio Un terzo e ultimo caso riguarda la possibilità che il semiotico incontri nel
archeologico suo lavoro materiali che per essere interpretati richiedono competenze
memoriali e culturali che sono state perdute o non sono più corrente-
mente usate. Nell’ambito del nostro esempio possiamo pensare che il re-
gista dello show televisivo pensi bene di trasmettere, durante la pausa tra
il primo e il secondo tempo del concerto, un vecchio filmato delle origini
del gruppo girato con una cinepresa in 16 millimetri. Se si volesse recupe-
rare l’esperienza “originale” di visione del vecchio filmato (e non quella
attuale, nostalgica e un po’ infastidita dalla cattiva qualità dell’immagine
e del suono) occorrerebbe ricostruire le competenze e le risorse memoria-
li e culturali dell’epoca, ed effettuare una vera e propria archeologia del-
l’esperienza mediale. Si pensi ad esempio alla complessità ma anche all’u-
tilità e al fascino che un simile approccio presenta per documenti mediali
molto lontani, come il cinema delle origini o le prime trasmissioni radio-
foniche. Questa situazione implica una dislocazione culturale del ricerca-
tore ancora più pronunciata dell’approccio etnografico, in quanto si trat-
ta anzitutto di ricostruire mediante i documenti ritenuti pertinenti un
certo universo culturale per poi ipotizzare in che modo le esperienze me-
diali siano state concepite e vissute al suo interno: parliamo di un approc-
cio archeologico.
In questo libro In sintesi l’approccio standard della semiotica dei media studia in che
seguiamo modo i materiali sensoriali vengono interpretati nello spazio culturale al-
l’approccio standard l’interno del quale sono prodotti – per quanto questo possa essere frasta-
gliato e dar luogo a percorsi interpretativi differenti; l’approccio etnografi-
co studia in che modo i materiali sensoriali vengono interpretati in spazi
culturali differenti da quello all’interno del quale sono prodotti; l’approc-
cio archeologico studia infine in che modo i materiali sensoriali venivano
interpretati nello spazio culturale all’interno del quale erano stati prodotti
e che è oggi scomparso. In questo libro ci atteniamo all’approccio stan-
dard, ma il lettore sappia che il metodo che presentiamo può essere usato
anche per gli altri tipi di approccio.

3.2. Semiotica dei sistemi e semiotica dei processi I materiali sensoriali, una
volta presi nei processi interpretativi che essi controllano, richiedono dun-
que il recupero di particolari risorse memoriali e culturali. Questo princi-
pio comporta un’altra conseguenza per l’andamento della ricerca. Essa può
scegliere due orientamenti che, per quanto complementari, sono differenti
(cfr. anche La semiotica e il suo sviluppo, pp. 61-2).
Lo studio dei Da un lato il semiotico può studiare i sistemi di significazione. Egli decide
linguaggi dei media di concentrarsi sulle risorse della memoria e della cultura richiamate dai ma-
teriali sensoriali e sulle condizioni necessarie affinché i materiali sensoriali
possano dar luogo a configurazioni sensate. Nel caso della semiotica dei me-
dia questo orientamento di studio si occupa in particolare dei differenti lin-

64
3. La semiotica e l’esperienza mediale

guaggi mediali. All’interno di questo orientamento i materiali sensoriali


mediali vengono letti in quanto indizi di quegli elementi della cultura degli
spettatori che sono necessari affinché l’esperienza mediale si svolga secondo
il progetto che la informa; essi vengono confrontati con altri insiemi di ma-
teriali mediali per studiare analogie e differenze, e mettere in atto un proce-
dimento di astrazione e generalizzazione. Prendiamo per esempio la carrel-
lata dall’alto, in fly-cam, sulla folla plaudente che apre il concerto: essa ri-
chiama il mio sapere e la mia competenza rispetto a una modalità di rappre-
sentazione audiovisiva che esalta la spettacolarità e l’eccezionalità di quanto
viene mostrato, e si caratterizza mediante un confronto con altre modalità
di rappresentazione: si avvicina al dolly dei kolossal hollywoodiani, si distac-
ca dal piano fisso ripreso ad altezza normale ecc.
Dall’altro lato il semiotico può studiare i processi di significazione. Egli Lo studio delle
decide di concentrarsi sullo svolgimento e sulle dinamiche dei processi in- esperienze mediali
terpretativi che, a partire dai materiali sensoriali, portano alla formulazione
di configurazioni sensate e quindi a un certo svolgimento precostituito del-
l’esperienza mediale. I materiali sensoriali vengono analizzati in quanto
rinviano alle modalità di svolgimento dell’esperienza mediale. Per esempio
la carrellata dall’alto in fly-cam dona all’avvio dell’esperienza di visione del
concerto un aspetto di esaltazione collettiva, mi fa sentire parte della folla
eccitata e al tempo stesso mi dà l’idea di “avvicinarmi” al palcoscenico al-
l’avvio dell’evento. Essa viene confrontata con le altre configurazioni che
fanno parte dei materiali sensoriali. Il movimento planante “rima” con la
fluidità di un accordo tenuto sul versante sonoro; ad essa si contrappone
un violento primo piano del cantante del gruppo che irrompe immediata-
mente dopo e così via.
Abbiamo già accennato al fatto che i due orientamenti sono complementa-
ri. Essi in sostanza guardano lo stesso fenomeno – i processi interpretativi e
la costituzione dell’esperienza mediale – da due punti di vista diversi: quel-
lo dei sistemi di competenze e conoscenze mano a mano richiamati e mo-
dificati e quello dei processi di svolgimento dell’interpretazione e dell’espe-
rienza. In questo libro privilegeremo l’approccio che descrive i processi di
significazione, in quanto permette di rendere conto più direttamente dei
modelli di costituzione artificiale dell’esperienza mediale.

4. Il metodo di ricerca della semiotica dei media

Il lettore si sarà accorto che nel corso di questo capitolo si è prodotto uno
slittamento da un setting a un altro: siamo partiti dal considerare uno spet-
tatore comodamente seduto davanti a uno schermo televisivo mentre viene
trasmesso un concerto di musica rock; siamo arrivati a considerare un ri-
cercatore che, posto davanti a un lettore dvd, guarda e riguarda le immagi-

65
Semiotica dei media

ni e riascolta i suoni del concerto per capire in che modo quelle immagini e
quei suoni determinino l’esperienza dello spettatore. Nonostante la prima
situazione sia decisamente più divertente della seconda, siamo costretti a
trattenere la nostra attenzione sul ricercatore e a chiederci come, in termini
concreti, questi deve lavorare per raggiungere il suo scopo. Cerchiamo in-
somma di capire in che modo il procedimento di ricerca tratteggiato nel
par. 2.2 si traduca in un metodo di lavoro.
Dal procedimento Riassumiamo in cosa consiste il procedimento che guida il lavoro del se-
di lavoro miotico. Egli a) prende in esame i materiali sensoriali che, erogati da un
al metodo di analisi dispositivo mediale, determinano una certa porzione di esperienza; b) met-
te in atto a partire da essi alcuni processi interpretativi in forma di simula-
zione controllata, in modo da cogliere in quale maniera i materiali senso-
riali li guidano e li determinano; c) giunge a definire così un progetto di
determinazione complessivo dell’esperienza mediale che viene costituita a
partire dai materiali sensoriali e mediante i processi interpretativi. Possia-
mo affermare che ciascuno di questi tre passaggi corrisponde a una fase
pratica del lavoro del ricercatore.
La fase La prima fase, corrispondente al passaggio a, è quella della descrizione dei ma-
della descrizione teriali sensoriali. Si tratta di scegliere i materiali sui quali si intende lavorare e
dei materiali fornirne una prima mappatura. Nel caso di materiali grafici è utile una descri-
sensoriali zione accurata ed eventualmente degli schizzi che esplicitino certi schemi sog-
giacenti (per esempio l’impaginazione di una pagina di fumetti: cfr. cap. 13).
Nel caso di media audiovisivi risulta indispensabile una trascrizione che
consenta al ricercatore di maneggiare e controllare una notevole quantità
di elementi sovrapposti (ne forniamo un esempio al cap. 15). Per esempio,
se il nostro ricercatore ha deciso di lavorare sulle prime immagini del con-
certo televisivo, dovrà effettuare una mappatura delle inquadrature cui li-
mita il suo lavoro, annotando sulla carta per ciascuna di esse il numero, la
durata, i contenuti della parte visiva, il tipo di inquadratura e di movimen-
to di macchina, gli stacchi di montaggio, i contenuti e qualità del sonoro
sia sotto il profilo della musica che dei rumori o del parlato ecc.
La fase della La seconda fase, corrispondente al passaggio b, è quella dell’analisi. Il ricerca-
scomposizione tore scompone il continuum dei materiali percettivi e individua gli elementi e
analitica gli aspetti di tali materiali che risultano pertinenti nella determinazione dei
singoli processi interpretativi. Per esempio rileva l’importanza del movimento
della fly-cam sulla folla indistinta, ai fini di costituire l’idea di un “ingresso”
sulla scena del concerto; mette in evidenza l’uso accorto della nota di chitarra
elettrica che accompagna tale movimento e ne sottolinea la fluidità e così via.
La fase della La terza fase, corrispondente al passaggio c, è quello della sintesi. Il ricerca-
ricomposizione tore ricompone i differenti processi interpretativi rilevati e osserva in che
sintetica modo le configurazioni che sono state prodotte agiscono reciprocamente
all’interno di un progetto unitario: questo rappresenta appunto il progetto

66
3. La semiotica e l’esperienza mediale

di determinazione artificiale dell’esperienza mediale cui egli intendeva


giungere.

5. Un tracciato di analisi dell’esperienza mediale

Si pone a questo punto un’ultima questione: come è possibile rappresenta-


re questo progetto complessivo di esperienza mediale? Quale forma esso
assume? Quali snodi e quali fasi interne prevede? In altri termini: in vista
di quale modello e seguendo quale tracciato e quali snodi il semiotico può
organizzare tanto il lavoro di scomposizione analitica dei materiali quanto
quello di ricomposizione sintetica del progetto di esperienza mediale cui
intende pervenire?
Possiamo apprezzare a questo punto l’utilità dell’osservazione conclusiva Il modello
del cap. 2, par. 2.2. Come abbiamo evidenziato in quella sede, il progetto dell’esperienza
di esperienza mediale cui tende la ricostruzione semiotica è isomorfo al mediale
modello della stessa esperienza; esso può dunque essere rappresentato come traccia
come un’articolazione dei tre strati della rilevazione sensibile, dell’ordina- per la
mento narrativo e della sintonia relazionale rispetto ai tre campi di oggetti ricomposizione
intenzionali del mondo indiretto, del discorso e del mondo diretto. sintetica
Portando avanti questa idea possiamo individuare una rete di snodi del
progetto di esperienza mediale che corrispondono ai punti di incrocio tra
gli strati di configurazioni e i campi di oggetti intenzionali; fa eccezione lo
strato della rilevazione sensibile il quale, precedendo la costituzione dei
campi di oggetti, tocca ma non incrocia mondo indiretto, discorso e mon-
do diretto e costituisce dunque uno snodo a sé 1. Ne deriva una rete di sette
snodi che è possibile localizzare graficamente in fig. 1.
Lo snodo A comprende l’intero strato della rilevazione e della qualificazio- I sette snodi
ne sensibile dei materiali sensoriali erogati dai dispositivi. Lo snodo B ri- dell’esperienza
guarda l’ordinamento narrativo del mondo indiretto e la costruzione delle mediale
relative mappe situazionali; lo snodo C tocca invece l’ordinamento del di- e le focalizzazioni
scorso nei suoi differenti aspetti di produzione, intreccio e formato; nello dell’analisi
snodo D lo strato dell’ordinamento incrocia il mondo diretto: l’esperienza
mediale individua i rapporti tra tale mondo diretto e gli altri due campi di
oggetti, sia nel senso della continuità che della discontinuità. Con lo snodo
E ci trasferiamo allo strato delle relazioni tra il soggetto fruitore e gli altri
soggetti che vengono costituiti all’interno dell’esperienza mediale: in parti-
colare tale snodo concerne la relazione tra il soggetto dell’esperienza e i
soggetti presenti all’interno del mondo indiretto; lo snodo F focalizza inve-
ce le relazioni tra il soggetto dell’esperienza e i soggetti del discorso. Lo
snodo G concerne infine la relazione del soggetto con altri soggetti del

1. Cfr. nota 2 del cap. 2.

67
Semiotica dei media

figura 1

A
Rilevazione
sensibile

B
Ordinamento
C narrativo

D
Sintonia
E relazionale

F
Mondo indiretto
G
Discorso

Mondo diretto

mondo diretto a partire da un comune attraversamento esperienziale dei


materiali mediali.
I sette capitoli che compongono la seconda parte di questo libro sono dedi-
cati a esplorare i singoli snodi che compongono l’esperienza mediale; essi
rappresentano in tal modo una “visita guidata” all’esperienza mediale e un
tentativo di spiegare la ricchezza molteplice e complessa del suo progetto.

Percorsi di approfondimento

Sono disponibili molte introduzioni ai differenti approcci ai media, soprattutto di


taglio sociologico, antropologico e psico-sociale: segnaliamo tra i testi recenti
Mancini, Marini (2006), Branston, Stafford (2006) e Boni (2006). Gli approcci
sociologici in particolare sono efficacemente presentati (anche nelle loro relazioni
con la semiotica) da Sorice (2009).
Sono ugualmente disponibili diversi manuali di introduzione alla semiotica genera-
le. Tra quelli a orientamento storico segnaliamo Bettetini et al. (1999, 2003), Betteti-
ni (2009) e le antologie con commenti e introduzioni dei testi Fabbri, Marrone
(2000, 2001) e Lorusso (2005). Tra quelli invece orientati alla presentazione sistema-
tica della disciplina: Pozzato (1999) (sulla semiotica testuale), Volli (2000), Bertrand
(2000) (pur essendo dedicato alla semiotica letteraria introduce concetti generali),

68
3. La semiotica e l’esperienza mediale

Gensini (2004), Magli (2004) (di impostazione più spiccatamente greimasiana). Per
una mappatura delle due aree principali della semiotica, quella di orientamento
strutturalista e quella incentrata sull’interpretazione, Traini (2006); per una intro-
duzione alla semiotica strutturalista greimasiana Marsciani, Zinna (1991); per una
introduzione alla semiotica dell’interpretazione Pisanty, Pellerey (2004). Gli orien-
tamenti più espliciti verso una semiotica dell’esperienza derivano attualmente dalla
sociosemiotica (Landowski, 2004, Marrone, 2010), dalla semiotica delle passioni e
del sentire (Fontanille, 2004, Marrone, 2005) e dalla semantica di impronta fenome-
nologica (Violi, 2007). Una rassegna di posizioni e di opinioni in Marrone, Dusi,
Lo Feudo (2007). Una panoramica di percorsi e articolazioni in Eugeni (2009a).
Alcune presentazioni di una semiotica dei media (di impostazione differente ri-
spetto alla nostra) sono Jensen (1995), Bignell (2002), Thwaites, Davis, Mules
(2002), Danesi (2002), Gillespie, Toynbee (2006). Una raccolta di saggi in italia-
no è Pezzini, Rutelli (2005). Un esame dei differenti settori della semiotica dei me-
dia nel testo a cura di Eugeni (2009b). La relazione tra comprensione e spiegazio-
ne è stata affrontata da Paul Ricoeur in varie sedi; con specifico riferimento al me-
todo semiotico, cfr. Ricoeur, Greimas (2000), in particolare pp. 62-79.
Tra le riviste che presentano con una certa regolarità interventi di semiotica dei
media ricordiamo almeno “Versus, Quaderni di studi semiotici” (Bompiani) e
“Semiotica – Journal of the International Association for Semiotic Studies / Re-
vue de l’Association Internationale de Sémiotique” (Mouton de Gruyter). Tra le
risorse on line segnalo: il sito Semiotica, cultura e comunicazione (http://www.
archiviosemiotica.eu) dell’Università della Sapienza di Roma e la Fondation Mai-
son des sciences de l’homme; “E|C”, rivista on line dell’Associazione Italiana
Studi Semiotici (http://www.ec-aiss.it/); “Ocula – Occhio semiotico sui media”
(http://www.ocula.it/); “Nouveau Actes Sémiotiques”, di taglio greimasiano
(http://revues.unilim.fr/nas/index.php) e “CSonline”, rivista animata dal dotto-
rato in Culture della Comunicazione dell’Università Cattolica di Milano (http://
www.comunicazionisocialionline.it/).
Presenteremo nei capitoli della terza parte del libro alcune opere di taglio semiotico
dedicate a media particolari; occorre tuttavia precisare che nella semiotica dei media
ha giocato un ruolo di rilievo la teoria e l’analisi del cinema e dell’audiovisivo: su
questo settore cfr. i manuali introduttivi di Casetti, Di Chio (1990), Rondolino,
Tomasi (1995), Ambrosini, Cardone, Cuccu (2003), Sainati, Gaudiosi (2007). Per
un’introduzione alle teorie del cinema e dell’audiovisivo e le loro connessioni con la
semiotica si vedano Casetti (1993) e Stam, Burgoyne, Flitterman-Lewis (1992). Per
una panoramica sui metodi di analisi dei film Bertetto (2003, 2006).

Quaderno degli esercizi

• Pensa a una tua esperienza mediale ordinaria (per esempio quella considerata
nel Quaderno del capitolo precedente). Ti è mai capitato di accorgerti che certi
materiali mediali intendono produrre su di te o su altri spettatori un certo effetto?

69
Semiotica dei media

Quali elementi provocano questa impressione (una “cattiva” recitazione? Una


resa dell’immagine troppo “estetica”...)?
• Seguendo le indicazioni che vengono fornite al cap. 15, effettua la trascrizio-
ne di un testo breve: per esempio uno spot pubblicitario o un trailer cinemato-
grafico.
• Elenca gli elementi sensoriali (una particolare inquadratura, un movimento di
macchina, un simbolo grafico ecc.) che a tuo parere caratterizzano l’esperienza di
visione dei materiali che hai trascritto.
• Prova a guardare lo spot o il trailer con gli occhi e il patrimonio di conoscen-
ze, competenze e gusti di un tuo amico/a (o comunque di una persona differente
da te quanto a cultura, formazione ecc.). Prova a ipotizzare le sue reazioni a con-
tatto con i materiali sensoriali trascritti.
• Ripensa all’esperienza di trascrizione e di primo avvio all’analisi che hai vissu-
to nei termini del procedimento di analisi sopra descritto.

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72
Parte seconda
Una visita guidata
all’esperienza mediale

La seconda parte di questo libro, che abbraccia i capitoli dal 4 al 10, esami-
na in modo approfondito ciascuno dei sette snodi dell’esperienza mediale
messi in evidenza alla fine del cap. 3. Essa costituisce dunque una graduale
esplorazione dei differenti registri che nel loro intreccio compongono l’e-
sperienza mediale; al tempo stesso tale excursus permette di dettagliare il
progetto di esperienza che viene costituito attraverso i media: ogni snodo
corrisponde infatti a un determinato aspetto del design dell’esperienza,
come verrà esplicitato in ciascuno dei paragrafi conclusivi.
L’esposizione di questa seconda parte fa costante riferimento quale esem-
pio-guida a Grave Danger (Sepolto vivo), doppio episodio della fiction tele-
visiva csi scritto e diretto da Quentin Tarantino, che ha concluso negli
usa il 19 maggio 2005 la quinta stagione della serie. I sette capitoli ripercor-
rono passo passo il film televisivo di Tarantino ed evidenziano di volta in
volta gli aspetti utili a introdurre i differenti snodi dell’esperienza mediale.
Questa scelta intende sottolineare il carattere operativo dell’approccio da
noi proposto: non intendiamo illustrare concetti e categorie di analisi in
astratto, quanto piuttosto far vedere “dal vivo” in che modo si può con-
durre l’analisi progressiva di un’esperienza mediale, dotandosi di volta in
volta degli strumenti concettuali e metodologici appropriati.
I riquadri all’interno dei capitoli presentano gli approcci “classici” della se-
miotica (in particolare della semiotica testuale) alle questioni che vengono
via via affrontate; essi intendono esplicitare il dialogo incessante che lega la
semiotica dell’esperienza mediale alla storia della disciplina e al panorama
delle scienze umane.

73
4
I processi sensoriali
e la qualificazione sensibile

1. Premessa

Questo capitolo prende in esame lo strato della rilevazione e qualificazione


sensibile. Il secondo paragrafo descrive le inquadrature che aprono Grave
Danger e che costituiscono la base per le osservazioni seguenti. Il terzo pa-
ragrafo chiarisce cosa sono i processi sensoriali e in cosa consiste al loro in-
terno la specificità della qualificazione sensibile. Il quarto paragrafo esami-
na le dinamiche del sensibile e distingue in particolare tra qualificazioni to-
nali e qualificazioni ritmiche. Il quinto e il sesto paragrafo analizzano come
vengono rilevate e organizzate rispettivamente le qualità sensibili tonali e
quelle ritmiche all’interno dell’esperienza mediale audiovisiva. Il paragrafo
conclusivo evidenzia come lo snodo affrontato nel corso del capitolo impli-
chi un design sensibile dell’esperienza mediale.

2. I grattacieli e la strada

Da un frame completamente bianco emerge per assolvenza velocissima


l’immagine del pinnacolo di un grattacielo illuminato di bianco sul fondo
della notte; tale sfondo è screziato di luci multicolori: l’immagine è ripresa
dall’alto con un rapido movimento circolare da destra verso sinistra, per
cui le luci di fondo risultano leggermente filanti. L’inquadratura dura 2 se-
condi (fig. 1). Un brevissimo flash bianco introduce una seconda inquadra-
tura dall’alto e in movimento su Las Vegas notturna: la facciata di un al-
bergo rivestito di vetro scuro con sottili strisce arancioni sovrastato dalla
scritta a lettere maiuscole “Mandalay Bay”, su cui si riflettono le luci della
notte; il movimento è sempre circolare ma questa volta va da sinistra a de-
stra. La seconda inquadratura dura 3 secondi (fig. 2). Un accento sonoro
entra all’inizio della prima inquadratura, seguito da un tenuto di archi che
si prolunga sulla seconda immagine mentre entra il suono dell’elicottero.
A questo punto un nuovo flash bianco introduce l’immagine di una via di
Las Vegas, inquadrata dall’alto al centro dell’immagine (fig. 3); la camera è
sempre dinamica, ma possiede ora un andamento lineare e non più circola-

75
Semiotica dei media

figura 1

figura 2

re, a seguire la striscia della strada. Anche il sonoro cambia: un attimo pri-
ma del secondo flash bianco, un attacco ritmato introduce i primi giri ar-
monici di una canzone country e la musica di archi fa posto alle note liqui-
de di una chitarra acustica. L’inquadratura dura 4 secondi. Nell’istante in
cui al suono della chitarra si sovrappone quello della voce di un cantante,

76
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

figura 3

uno stacco diretto ci mostra un primo piano ripreso lateralmente dell’a-


gente della squadra csi Nick Stokes alla guida della sua auto mentre canta
la canzone country (Christmas in Las Vegas). Sullo sfondo, dal finestrino,
vediamo scorrere nel buio azzurrato le luci colorate rosse, gialle e turchesi
della città. Questa quarta inquadratura dura 9 secondi. Per quanto brevis-
simo (dura appena 19 secondi) questo segmento è sufficiente per introdur-
re le nostre considerazioni.

3. Sensazione e percezione nei processi sensoriali

3.1. La natura attiva e situata dei processi sensoriali Che tipo di esperienza
sensoriale viene innescato e guidato da questo segmento di immagini in
movimento accompagnate da suoni? Per rispondere dobbiamo chiarire in
cosa consistono i processi sensoriali e sgomberare anzitutto il campo da al-
cune concezioni inesatte relative ad essi.
Secondo una concezione ingenua, svolgere un’esperienza sensoriale vuol
dire costruirsi una rappresentazione mentale simile a una fotografia o a un
film di una certa scena. Noi saremmo spettatori di questo “film interiore”
che scorre nella nostra testa. Tale concezione è fuorviante per tre ordini di
ragioni.
In primo luogo questo modo di intendere i processi sensoriali implica l’i- I processi sensoriali
dea di un soggetto passivo e separato dal mondo che egli “rappresenta”. Al implicano l’azione
contrario, non c’è processo sensoriale senza movimento e senza azione:
percepire fa parte dell’interagire con un ambiente complesso e rientra nel

77
Semiotica dei media

nostro costante dispiegare attività di progettazione, attivazione e controllo


di azioni all’interno di un mondo. Di conseguenza non siamo mai spetta-
tori distaccati di questo mondo: nel percepire non “assistiamo” allo spetta-
colo di un mondo, ma lo costituiamo attivamente attraverso il nostro in-
teragire con gli elementi che lo compongono, a partire dalla specifica collo-
cazione in cui ci troviamo.
La simulazione Ovviamente si può ribattere che noi non sempre ci muoviamo all’interno
incorporata del mondo. Sono nel mio studio e osservo il tavolo ingombro di fogli, ma-
del movimento tite, l’immancabile tazza di caffè e, davanti a me, la vetrata che dà sul giar-
e dell’azione dino, con il suo aspetto liscio e lucido. Percepisco tutto questo senza muo-
vermi all’interno di questa piccola porzione di mondo. Tuttavia anche in
questo caso non si può dire che sia propriamente uno spettatore distaccato:
a ben vedere pur non muovendomi io ho infatti simulato una serie di spo-
stamenti, di contatti fisici, di prensioni di oggetti. Tanto è vero che se vedo
la signora delle pulizie toccare gli oggetti che sono sul mio tavolo per pulir-
li, sento che è “come se” io stesso svolgessi l’esperienza sensoriale cui assi-
sto. In assenza di queste forme di simulazione incorporata del movimento
e della prensione non si danno effettivamente processi sensoriali.
I processi sensoriali sono dunque sempre “enattivi”, come sostengono al-
cuni studiosi di scienze neurocognitive: essi implicano comunque un agire
(effettivo o simulato) e un “mettersi nel corpo” di un soggetto che si muo-
ve in un ambiente per saggiarne le possibilità. La scena che ho davanti, di
conseguenza, non assomiglia per nulla a una fotografia ma si avvicina piut-
tosto all’immagine di un gioco elettronico che mi permette di muovermi al
suo interno, di avvicinarmi ad alcune parti per esaltarne le dimensioni e il
rilievo, di afferrare e spostare oggetti e in generale di modificare alcuni stati
di cose. Insomma: i processi sensoriali sono sempre senso-motori, situati e
incorporati, ovvero effettuati a partire da una relazione dinamica, fisica,
concreta tra corpo e mondo.

I processi sensoriali 3.2. Il carattere multimodale e intermodale dei processi sensoriali La seconda
coinvolgono ragione per cui la metafora della fotografia o del film interiori è inesatta ri-
modalità differenti guarda il fatto che essa isola il senso della vista rispetto alle altre modalità
sensoriali. Al contrario, l’esperienza sensoriale è un processo complesso che
coinvolge molteplici modalità e flussi sensoriali che sono compresenti e in-
teragiscono reciprocamente.
Anzitutto i processi sensoriali sono multimodali nel senso che implicano
l’accoglienza contemporanea e interagente di una varietà di stimoli esterni
differenti: visivi, sonori, tattili, termici, gustativi, olfattivi. Mentre guardo
il mio tavolo di lavoro e la vetrata di fronte sento il suono della pioggia che
cade, la ventola del computer, l’odore della terra bagnata, il fresco del tavo-
lo di marmo sotto il palmo della mia mano e così via. I processi interpreta-

78
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

tivi che costituiscono la mia esperienza selezionano e collegano incessante-


mente questi flussi sensoriali.
Inoltre se, come abbiamo detto sopra, i processi sensoriali implicano movi- Esterocezione
mento e azione, i dati provenienti dal mondo, o esterocettivi, devono esse- e propriocezione
re integrati con i dati che provengono dalla percezione del proprio corpo in
quanto oggetto/soggetto in movimento, o propriocettivi. Nel nostro inter-
agire con il mondo mobilitiamo costantemente una serie di mappe soma-
tiche, o schemi corporei, che fanno capo principalmente alla percezione
fornita dall’apparato muscolo-scheletrico e che ci danno informazioni circa
la postura e i gesti in corso. Dunque noi “sentiamo” il nostro corpo intera-
gire con il mondo nello stesso momento in cui accogliamo le sensazioni
che il mondo ci offre. Per esempio se mi riscuoto dalla contemplazione del
mio tavolo di lavoro e torno a scrivere al computer, avverto i movimenti
del mio collo e degli occhi che spostano lo sguardo dal tavolo alla tastiera e
allo schermo, i gesti delle mani e il controllo che esercito sui polpastrelli
per dosare la forza con cui batto sui i tasti, e così via (informazioni proprio-
cettive); e combino costantemente questi flussi con quelli visivi e tattili che
mi vengono dal contatto e dal rapporto con il computer e la sua tastiera
(informazioni esterocettive) 1.
C’è anche una seconda ragione per cui i processi sensoriali sono complessi Scambi intermodali
dal punto di vista delle modalità coinvolte: essi sono non solo (come abbia- e sinestesie
mo appena visto) multimodali, ma anche intermodali. Ogni processo sen-
soriale implica dunque un certo grado di sinestesia. La copertina lucida del
libro che un collega mi ha appena inviato occhieggia sulla mia destra: nel
processo sensoriale che mi porta a registrare tale presenza, la modalità visi-
va che esercito è intimamente legata a quella del tatto che non esercito ef-
fettivamente ma che comunque viene richiamata in modalità di simulazio-
ne; e il tatto a sua volta richiama un percorrere con il dito la superficie di
carta e dunque una modalità sensoriale propriocettiva.

3.3. Le due logiche operative dei processi sensoriali: sensazione e percezione I processi sensoriali
La terza ragione per cui la metafora della fotografia o del film nel cervello incrociano
non è soddisfacente risiede in una sua ulteriore implicazione: percepire due logiche differenti
vorrebbe dire semplicemente costruire la rappresentazione di una porzione

1. Occorre precisare (senza poter sviluppare però questo punto) che ai dati esterocettivi e pro-
priocettivi vanno integrati anche i dati interocettivi, relativi ai “visceri” e al “milieu interno”,
ovvero agli stati fisiologici del corpo e alle sue più o meno accentuate e incessanti alterazioni e
modulazioni (cfr. cap. 1, par. 2.3). Mentre lavoro sto aspettando una telefonata importante e
ogni tanto stacco gli occhi dallo schermo e guardo il telefono: percepisco allora il risorgere di un
senso di nervosismo e di una piccola agitazione che già perdurava sullo sfondo e si esprime in
una lieve accelerazione del mio battito cardiaco e in un altrettanto leggero aumento della sudo-
razione delle mie mani.

79
Semiotica dei media

di mondo. In realtà a ben vedere i processi sensoriali sono più complessi e


articolati.
La logica della Da un lato è indubbio che vi sia un’attività di rappresentazione, se con
percezione questo termine indichiamo (in base a quanto abbiamo detto nel par. 3.1) la
costruzione di uno strumento attendibile di pianificazione e controllo pro-
gressivo di una relazione interattiva tra il soggetto e il mondo. Sotto questo
aspetto i processi sensoriali rappresentano il punto di accesso allo strato
dell’ordinamento narrativo delle risorse esperienziali (cfr. cap. 1, par. 3.3) e
ne costituiscono il gesto originario, ovvero la costituzione di campi di og-
getti intenzionali a partire dalla distinzione fondante tra esterno e interno
del corpo del soggetto esperiente. Chiamiamo questo versante dei processi
sensoriali “percezione”.
La logica della Dall’altro lato però i processi sensoriali presentano un aspetto e una logica
sensazione differenti: essi consistono nell’esperienza di alcune qualità e delle loro rela-
zioni, che non sono di per sé rappresentabili nella forma di campi di ogget-
ti intenzionali. Nell’esplorare il mio tavolo di lavoro percepisco il carattere
liscio e duro di alcune superfici (la lastra di marmo, la vetrata davanti a
me), la consistenza elastica di altre (la tastiera dei computer), il carattere
massiccio e pesante di alcuni volumi (una vecchia mastodontica stampante
laser, una grossa radio) e quello sottile e leggero di altri (i foglietti sgualciti
dei miei appunti, lo schermo del mio portatile), il carattere frammentato e
disordinato di alcuni spazi (i fogli sparpagliati al mio fianco) e così via, sen-
za che debba necessariamente attribuire tale qualità a degli oggetti precisi.
Chiamiamo questo versante dei processi sensoriali “sensazione”.
La sensazione Nel modello di esperienza che stiamo proponendo, la sensazione è autono-
è autonoma ma dalla percezione e la precede da un punto di vista logico. La rilevazione
dalla percezione qualitativa delle risorse (sensazione) non richiede di per sé la loro organiz-
zazione intenzionale (percezione); la percezione al contrario basa il proprio
lavoro di selezione e messa in forma su quanto rilevato dalla sensazione. Il
sentire il “liscio” del mio tavolo prescinde dal fatto che il tavolo sia davanti
a me e sotto la mia mano, tanto è vero che ritrovo lo stesso senso di “liscio”
sulla vetrata che vedo di fronte a me; al contrario il fatto di percepire il ta-
volo o la vetrata deriva dall’organizzare in base a coordinate spaziali precise
le qualità delle superfici e dei volumi che sono alla portata dei miei sensi.
La sensazione costituisce un sistema di rilevazione e di inscrizione nella
memoria a breve termine delle risorse sensoriali e di alcune loro relazioni;
tale sistema possiede il duplice vantaggio di essere veloce e di ampia porta-
ta: la sensazione fornisce alla percezione alcune risorse già parzialmente ela-
borate e altre al momento accantonate ma potenzialmente utili e integrabi-
li. In particolare è probabile che la sensazione svolga un ruolo fondamenta-
le nella correlazione tra le differenti modalità sensoriali esterocettive, non-
ché tra queste e quelle propriocettive e interocettive.

80
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

I processi legati alla sensazione, ovvero la rilevazione e la qualificazione del- La sensazione


le risorse disponibili da parte del soggetto, costituiscono dunque il primo interagisce
strato dell’esperienza mediale: ad essi è dedicato il presente capitolo. Prima con la percezione
di proseguire con il nostro esame è tuttavia indispensabile chiarire un pun-
to. In base al nostro modello di esperienza, l’autonomia della sensazione
non implica affatto il suo isolamento: al contrario, in base alla logica a spi-
rale dei processi interpretativi che articolano l’esperienza, sensazione e per-
cezione interagiscono reciprocamente mediante una determinazione e ri-
determinazione incrociata. Vedremo in particolare in che modo le confi-
gurazioni sensibili vengono recuperate nella costruzione di figure e metafo-
re del racconto (cap. 5) e di come esse siano determinanti nella percezione
del discorso e dei suoi stili (rispettivamente, capp. 6 e 9) 2.

4. La dinamica dei processi sensibili

4.1. L’attivazione delle configurazioni sensibili Una volta isolati i processi le- Le configurazioni
gati alla sensazione, esaminiamo più in dettaglio la loro dinamica. Essi sensibili
consistono, abbiamo detto, nella rilevazione di qualità collegate ai dati sen- elementari (cse)
soriali. Ma cosa vuol dire “rilevare una qualità”? Passo la mano sul piano di
marmo del mio tavolo di lavoro e avverto il suo carattere “liscio”. Posso
dire di aver rilevato una certa qualità sensibile: ma posso dirlo perché ho
avvertito una certa sensazione di familiarità, ovvero ho “riconosciuto” la
presenza di una determinata qualità. In altri termini la rilevazione di una
qualità implica la presenza, il recupero e la mobilitazione di una microuni-
tà di conoscenza sensibile che era già parte della mia memoria e delle mie
competenze: la chiameremo configurazione sensibile elementare (cse).
A prima vista potrei dire che la cse è costituita da dati tattili e che di con- Caratteri delle cse:
seguenza il “liscio” è una qualità legata al tatto; ma a ben vedere non è sinestesia e
così. Ricordiamo che la sensazione partecipa della intermodalità propria di sensomotricità
tutti i processi sensoriali (cfr. par. 3.2). Se posso rilevare la qualità del “li-
scio” è perché “riconosco” un’associazione tra un certo gesto di percorren-
za, la costanza con cui i dati tattili mi giungono, la relativa assenza di attri-
to, nonché un determinato aspetto visivo del piano di marmo. La cse è
insomma una unità sinestesica (ovvero multimodale e intermodale) e sen-
somotoria (al suo interno i dati sensoriali esterocettivi sono messi in rela-

2. Benché non possiamo approfondire questo punto, osserviamo inoltre che anche le configu-
razioni sensibili sono legate (come ogni tipo di configurazione interpretativa) a memorie cultu-
ralizzate: il modo in cui sentiamo il mondo che ci circonda è largamente appreso. Per esempio
la “gerarchia” delle modalità sensoriali cambia da cultura a cultura: l’ambiente culturale in cui
viviamo ha rinunciato alla preminenza dell’udito o dell’olfatto per favorire il nesso tra la vista e
il tatto. Cfr. quanto già detto al cap. 1, par. 2.2.

81
Semiotica dei media

zione con i dati propriocettivi relativi al movimento che ne ha prodotto la


particolare conformazione). Non è dunque il singolo dato sensoriale (per
esempio tattile) a permettere la rilevazione e l’attribuzione di una qualità
sensibile, ma la possibilità di ricondurre certi dati sensoriali a una partico-
lare cse sinestesica e sensomotoria: solo all’interno delle cse – e quindi
dalla interazione tra dati sensoriali differenti – prende forma una certa
qualità sensibile.
Caratteri delle cse: Fin qui ho detto che rilevare la qualità del “liscio” implica un “riconosci-
attivazione e mento”; ma in effetti questo termine non rende bene quello che avviene ef-
riattivazione multipla fettivamente nella mia esperienza. Nel momento in cui passo il palmo della
mano sul piano del tavolo non “riconosco” una sensazione di liscio come
potrei “riconoscere” la risposta esatta in un test a risposta multipla: piutto-
sto vivo e sperimento direttamente e personalmente la stessa sensazione. In
altri termini il “riconoscimento” è in realtà una riattivazione e le cse sono
da considerare delle microsceneggiature sensibili: piccoli programmi di
esperienza che mi permettono di rivivere certe sensazioni e di ri-sentire cer-
te qualità qualora si presentino determinate condizioni sensoriali.
In base a quanto detto sopra circa la natura multimodale delle cse, com-
prendiamo infine che esse sono a riattivazione multipla: posso riattivare
una certa configurazione e rivivere le sensazioni che essa reca inscritte a
partire dalla sollecitazione di modalità sensoriali differenti. Per esempio la
sensazione di “liscio” può essere riattivata non solo ogni volta che tocco il
tavolo o ne percorro con la mano la superficie, ma anche ogni volta che
guardo il tavolo, o anche ogni volta che guardo qualcuno che tocca una su-
perficie dello stesso tipo, e probabilmente ogni volta che ascolto o pronun-
cio la parola “liscio”. Quando parleremo di “qualità visive, uditive, tattili
ecc.”, occorre quindi intendere “qualità attivate a partire da dati sensoriali
visivi, sonori ecc.”.

Le configurazioni 4.2. Configurazioni sensibili semplici e complesse, tonali e ritmiche I processi


sensibili complesse di riattivazione regolata delle configurazioni sensibili presentano due carat-
(csc) teri di particolare rilievo. In primo luogo la riattivazione delle cse all’inter-
no del mio campo esperienziale non è un evento puntuale e isolato: al con-
trario, tale riattivazione è funzionale all’individuazione di relazioni reci-
proche tra esse, che possono essere di completamento, di analogia o di
contrasto. L’individuazione di relazioni e di reti tra cse determina anche la
loro sopravvivenza all’interno della mia attenzione, in quanto le qualità
isolate sono destinate a essere cancellate mentre quelle collegate si rinforza-
no a vicenda. Per esempio il carattere “liscio” del mio tavolo può essere
completato dal suono che fa la mia mano nel percorrerlo, una sorta di “fru-
scio” regolare; se ascoltassi ad occhi chiusi quel particolare suono “ricono-
scerei” rivivendola la sensazione di “liscio”. Il liscio del tavolo richiama ca-

82
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

Percezione e sensazione nelle scienze umane e in semiotica

La distinzione tra sensazione e percezione e un’attenzione specifica per gli aspetti


sensibili vengono rilanciate nel campo delle scienze umane a partire dagli anni ot-
tanta del secolo scorso. Gradualmente, sia le discipline psicologiche, cognitive e
neurocognitive, sia quelle sociali e antropologiche, sia quelle filosofiche si interro-
gano sul ruolo dei sensi all’interno della vita mentale e sociale. Tale rilancio fa
parte di un più ampio e diffuso interesse per tematiche e aspetti che i paradigmi
funzionalisti e computazionali avevano lasciato in ombra: il sentire, l’emozione, la
corporeità.
La ricerca filosofica, in particolare, si trova a dover superare una duplice frattura.
Per un verso c’è la divisione tra la filosofia analitica da un lato, interessata agli
aspetti intenzionali e rappresentazionali della percezione, e la tradizione fenome-
nologica “continentale” dall’altro, attenta agli aspetti sensibili e soggettivi: il dibat-
tito sui qualia (le qualità sensibili individuali), che si sviluppa dagli anni ottanta
fino ai nostri giorni, esprime bene questo disagio e lo trasmette al dialogo della fi-
losofia con le neuroscienze. Per altro verso c’è una distinzione interna alla filosofia
continentale, tra una tradizione propriamente fenomenologica da un lato e una
tradizione di ascendenza bergsoniana dall’altro. Tale distinzione si esprime bene
nell’estetica dell’opera d’arte visiva: secondo la prima tradizione i processi sensibi-
li sono alla base della costituzione del mondo e l’opera d’arte può esplicitare e mo-
strare nel suo svolgersi tale processo di costituzione sensibile (è la posizione
espressa già negli anni sessanta da Maurice Merleau-Ponty); secondo la tradizione
bergsoniana i processi sensibili lavorano contro la percezione e l’opera d’arte può
esprimere lo scontro tra le forze destrutturanti e rinnovatrici del sensibile figurale
e la resistenza strutturata della rappresentazione figurativa (è la posizione, molto
influente nel dibattito francese, di Jean-François Lyotard e di Gilles Deleuze).
Derivano da queste fratture tre grandi concezioni che improntano i rapporti tra
sensazione e percezione nel dibattito attuale. In base alla prima, la sensazione è
subordinata alla percezione e, al limite, riducibile ad essa. In base alla seconda
concezione, la sensazione è al contrario un campo di azione autonomo, non riduci-
bile alla percezione, indipendente da essa e dotato di logiche proprie: queste pos-
sono manifestarsi come delle forze che agiscono contro la rappresentazione figura-
tiva e la narrazione. Infine in base alla terza concezione la sensazione opera auto-
nomamente ma in modo integrato e incrociato rispetto ai processi percettivi rap-
presentativi e intenzionali: è la posizione che abbiamo scelto di assumere in que-
sto libro.
Queste posizioni si ritrovano variamente articolate anche nel campo semiotico. Qui
è soprattutto la scuola greimasiana a interessarsi ai fenomeni sensibili. In un arti-
colo del 1984 Greimas avanza l’ipotesi che in un’immagine si sovrappongano due
linguaggi e due discorsi: quello figurativo (ciò che l’immagine esprime) e quello
plastico (il gioco delle forme, dei colori e della loro disposizione nello spazio bipla-

83
Semiotica dei media

nare). Il discorso figurativo rimanda a processi e grammatiche narrative, il discorso


plastico rinvia a modi di significazione fondati sul sensibile; in particolare Greimas
ipotizza che le categorie di base topologiche, eidetiche e cromatiche diano vita a fi-
gure plastiche, che queste entrino in relazioni contrastive (per es. sfondo/rilievo,
appuntito/arrotondato), e che tali contrasti siano portatori di significati puramente
plastici e non figurativi. L’indirizzo impresso dalla Scuola di Parigi porta a uno stu-
dio sempre più attento alla dimensione sensibile del visivo e dell’opera d’arte, con
i lavori di Jean-Marie Floch (cfr. per esempio 1985), quello del Groupe Mu (1992) e
numerosi altri (soprattutto da parte della Scuola canadese).
Nello stesso giro di anni Greimas accentua sempre più la ripresa di un’impostazio-
ne fenomenologica e fa del corpo del soggetto il luogo di costituzione attiva della
significazione mediante la propria sensibilità: in un volumetto del 1987 il semiolo-
go valorizza la “presa estetica/estesica” (saisie esthétique) quale momento di rilan-
cio del senso all’interno dell’esperienza.
La riflessione semiotica successiva segue due strade convergenti. Da un lato viene
focalizzato il ruolo del corpo: secondo Fontanille (2004) ad esempio è possibile
cogliere il modo in cui il corpo funziona da substrato dei processi semiotici solo
studiando e ricostruendo le sue figure semiotiche, ovvero le modalità mediante le
quali i soggetti rappresentano e autorappresentano il proprio corpo e i suoi movi-
menti nello svolgimento dell’esperienza sensibile. Dall’altro lato, con autori quali
Marrone (2001) o Landowski (2004), il tema della sensibilità percettiva viene col-
legato alla dimensione della sensibilità emotiva e situato all’interno delle pratiche
e delle interazioni che intessono e occupano lo spazio sociale e della vita quoti-
diana.

ratteristiche analoghe di altre superfici presenti (la mia stampante, il vetro


di fronte a me) ma innesca anche relazioni di contrasto (il muro che si sta-
glia al mio fianco non è più liscio ma ruvido) 3. Mediante questa rete di
collegamenti si costituiscono reti di cse e configurazioni sensibili di mag-
giore ampiezza e complessità che chiameremo configurazioni sensibili
complesse (csc).
cse e csc tonali e In secondo luogo è possibile distinguere due ampie modalità di riattivazio-
ritmiche ne delle cse e delle csc. Da un lato le configurazioni sensibili possono es-
sere riattivate e ri-esperite in base agli elementi persistenti o ricorsivi, e
quindi stabili, che vengono definiti al loro interno; in questo caso vengono
portati in primo piano gli aspetti esterocettivi: nel passare la mano sul tavo-

3. Inoltre la presenza di analogie apre la possibilità che vengano istituiti legami metaforici tra
differenti cse: la sensazione esterocettiva e propriocettiva di “liscio” del tavolo può essere colle-
gata alla sensazione interocettiva di calma e di dominio che fa da sfondo al mio lavoro finché il
mio sguardo non incontra la presenza perturbatrice del telefono che potrebbe squillare da un
momento all’altro.

84
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

lo avverto e ri-esperimento il suo carattere “liscio” derivante dalla regolari-


tà dei dati sensoriali tattili e dal loro incrocio con quelli visivi ed eventual-
mente sonori. Dall’altro lato le configurazioni sensibili possono essere riat-
tivate e rivissute in base alla processualità e alla dinamica che permette la
loro definizione; in questo caso vengono portati in primo piano i dati sen-
soriali di tipo propriocettivo: nel passare la mano sul piano del tavolo con-
centro la mia attenzione sulla dinamica del movimento muscolare che sto
compiendo e valuto il carattere regolare, costante e controllato del mio ge-
sto. Insomma: dal momento che le cse sono configurazioni sensomotorie,
è possibile riattivarle mettendo in primo piano gli aspetti sensibili oppure
quelli motori. Diremo che nel primo caso vengono riattivati aspetti “tona-
li” delle cse e delle csc e nel secondo caso aspetti “ritmici”.
Nel seguito del discorso eviteremo in genere, per ragioni di semplicità, di Qualità e diagrammi
riferirci ancora a cse e a csc: parleremo pertanto della rilevazione di quali-
tà semplici (o semplicemente di qualità) per far riferimento ai processi di
riattivazione di cse; e della rilevazione di diagrammi di qualità (o sempli-
cemente di diagrammi) per far riferimento alla riattivazione di csc. In base
a quanto appena detto, tanto le qualità quanto i diagrammi potranno esse-
re tonali oppure ritmici.

5. Qualità e diagrammi tonali

5.1. Le qualità tonali visive La descrizione che abbiamo fornito dei processi
sensibili ci ha offerto alcuni strumenti necessari per analizzare in che modo
viene innescata e guidata la rilevazione di qualità sensibili all’interno dell’e-
sperienza mediale. Occorre anzitutto osservare che l’esperienza mediale si
fonda su materiali sensoriali selezionati e limitati: immagini fisse, materiali
grafici e di scrittura, suoni ecc. In particolare nel caso di un audiovisivo
quale Grave Danger l’esperienza sensibile, per quanto sinestesica e inter-
modale, viene sollecitata e guidata da materiali sensoriali di tipo visivo-di-
namico e sonoro; vediamo dunque come, a partire da questi due ordini di
modalità sensoriali e dalla loro interazione, vengono rilevati qualità e dia-
grammi sensibili sia tonali che ritmici. Il lettore che teme di perdersi nell’e-
lencazione che segue può far riferimento allo schema inserito a conclusione
del par. 6.
Esaminiamo anzitutto il versante delle qualità tonali che vengono rilevate a Qualità
partire da materiali sensoriali di tipo visivo. Le due inquadrature che apro- delle superfici
no Grave Danger (figg. 1 e 2) introducono immediatamente un contrasto bidimensionali
sensibile. Nella prima spicca al centro dell’immagine il pinnacolo di un
grattacielo illuminato da una luce bianca che ne mette in risalto la consi-
stenza opaca e gessosa; la seconda inquadratura aggira invece un altro grat-
tacielo dalla superficie di vetro nera e lucida, che riflette in piccoli fram-
menti luminosi l’ambiente notturno circostante. Un simile contrasto porta

85
Semiotica dei media

alla luce un primo gruppo di qualità legate alla relazione visiva, tattile e
sensomotoria con superfici bidimensionali. Troviamo anzitutto qualità re-
lative alla conformazione della superficie e alle sensazioni della sua percor-
ribilità: la superficie può essere liscia, composta da una testura regolare, o
ancora granulosa e irregolare. Possiamo quindi individuare qualità legate
alla consistenza: le superfici possono essere dure, morbide, elastiche, appic-
cicose o anche prive di consistenza. Un gruppo più ampio di qualità è col-
legato alle caratteristiche cromatiche delle superfici: il tono del colore, la
sua luminosità e la sua temperatura (i colori possono essere vivi, accesi, cal-
di oppure spenti o freddi), il grado di riflettenza della superficie (che può
essere lucida, opaca, trasparente).
Qualità dello Torniamo alle prime due inquadrature di Grave Danger. Se le superfici dei
spazio quasi due edifici inquadrati contrastano tra loro, c’è un altro aspetto visivo che
tridimensionale invece collega le due immagini: il fondo scuro e in genere la chiave lumini-
stica bassa e notturna. Emerge qui un secondo gruppo di qualità riferibili
alla relazione con uno spazio quasi tridimensionale, spazio di interstizio tra
le superfici. Si tratta delle qualità legate alla illuminazione: intensità (si
parla in termini cinematografici di “chiave” alta o bassa), colore e consi-
stenza “materica” della luce (presenza di fumo o nebbia o al contrario tra-
sparenza).
Qualità dello spazio Spostiamo infine la nostra attenzione al passaggio dalla seconda alla terza
tridimensionale inquadratura (fig. 3). In questo caso si produce un effetto di stacco molto
netto (marcato anche dal brevissimo flash bianco). Le prime due inquadra-
ture comportavano la presenza di un oggetto centrale ben definito (i due
edifici attorno a cui ruotava la macchina da presa), una evidente tridimen-
sionalità e un certo sparpagliamento e disordine degli elementi percettivi
di sfondo (evidente soprattutto nella coda della seconda inquadratura, che
abbandona il Mandalay Bay per una breve ricognizione di un frammento
dello skyline di Las Vegas). La terza inquadratura al contrario non presenta
edifici al suo interno, appiattisce l’immagine (l’inquadratura è dall’alto a
perpendicolo) e introduce un criterio di ordinamento degli oggetti mostra-
ti (la Strip, la strada principale di Las Vegas, che scorre ben evidente al cen-
tro dell’immagine). Viene coinvolto in questo caso un terzo gruppo di
qualità, legate alla relazione con uno spazio tridimensionale. È importante
chiarire che questo spazio tridimensionale non va considerato come uno
spazio cartesiano e geometrico, ma piuttosto come uno spazio vivibile e
vissuto. Risultano in questo senso determinanti due tipi di qualità. Da un
lato quelle riferite alla prensione e manipolabilità degli oggetti, ovvero alla
possibilità che il soggetto li afferri e li utilizzi: peso, volume, taglia, confor-
mazione tridimensionale. Gli oggetti possono essere percepiti come pesan-
ti o leggeri, grandi o piccoli, massicci o cavi, afferrabili o sfuggenti ecc.
Dall’altro lato giocano le qualità riferite alla percorribilità dello spazio e in
particolare alla sua limitazione e articolazione: lo spazio può essere profon-

86
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

do o piatto (o multiplanare, costituito cioè da superfici piatte sovrapposte),


espanso o ridotto, liberamente percorribile o articolato da superfici che ne
limitano l’esplorazione.

5.2. Le qualità tonali sonore Le qualità fin qui considerate vengono rilevate
a partire dai dati sensoriali di tipo visivo. L’esperienza di visione del seg-
mento di Grave Danger è tuttavia anche e al tempo stesso esperienza di
ascolto: alla qualificazione visibile si aggiunge e si lega una qualificazione
sonora, attivata da dati sensoriali uditivi. La rilevazione di qualità sonore si
basa sulla riattivazione di cse relative alla produzione del suono: quando
sentiamo un suono ne avvertiamo le particolari qualità in quanto speri-
mentiamo in forma simulata le presunte circostanze della sua produzione.
Derivano da questo assunto di fondo quattro gruppi di qualità sonore.
Un primo gruppo fa riferimento al tipo di percussione o di sfregamento di Qualità dell’attività
una superficie che causa il suono: percussione puntuale (un colpo secco), di produzione
percussione ripetuta in modo regolare (un ticchettio) o in modo irregolare del suono
(il battito irregolare di un martello), sfregamento regolare (un fruscio,
come quello sul mio tavolo di cui ho parlato prima) o irregolare (il rumore
“granuloso” che producono superfici irregolari ma che si ritrova anche in
certe voci “rauche”).
Un secondo gruppo fa riferimento alla risposta della superficie percossa o Qualità della materia
sfregata e quindi alla consistenza del suono che può essere sorda o sonora, di produzione
ovvero può risuonare o meno e in caso positivo può farlo più o meno a del suono
lungo; spesso le qualità di questo tipo vengono espresse facendo riferimen-
to al materiale della superficie reale o presunta (un suono liquido, metalli-
co ecc.). Questi primi due gruppi vengono spesso unificati in base alla ten-
denza metonimica a spazializzare le qualità sonore (scambiando la causa
con l’effetto) e a considerarle in termini di “testure” sonore.
Un terzo gruppo di qualità sonore fa riferimento all’investimento energe- Qualità dell’energia
tico necessario per produrre il suono: si percepisce un volume alto o basso, di produzione
violento o dolce. Infine un quarto gruppo di qualità fa riferimento alla pro- del suono
duzione sonora intesa come fonazione e dunque coinvolge dati propriocet- e dell’azione
tivi e interocettivi: percepisco una qualità “acuta” o “profonda” di un suo- fonatoria
no in quanto ne replico mentalmente la produzione mediante i miei stessi
organi fonatori, e avverto una spinta verso l’alto (suono acuto) o verso il
basso (suono grave) degli apparati muscolo-scheletrici coinvolti.
Sotto l’aspetto delle qualità sonore le prime due immagini del nostro seg-
mento sono in un rapporto di continuità: esse vengono accompagnate da
un suono elettronico che simula quello di archi o di fiati, puntuale ma
molto prolungato, attivato da un investimento energetico iniziale e che va
lentamente a spegnersi alla fine della seconda inquadratura, quando suben-
tra il rombo regolare di un elicottero. Questa particolare testura sonora
viene sostituita poco prima del passaggio alla terza inquadratura dagli ac-

87
Semiotica dei media

cordi della chitarra acustica: la qualità cambia sensibilmente in quanto i


suoni della chitarra creano una testura di suoni puntuali dalla sonorità me-
tallica particolarmente dolce e dalla architettura compositiva più comples-
sa; ancora differente l’inserzione dall’inizio della quarta inquadratura della
voce di Nick sovrapposta a quella del cantante: la voce dell’uomo introdu-
ce una nota più acuta e una consistenza più aspra all’amalgama sonoro.

Dalle qualità (cse) 5.3. I diagrammi tonali Come abbiamo detto, la rilevazione delle qualità
ai diagrammi (csc): tonali a partire dai dati sensoriali consiste nella riattivazione di particolari
completamento, cse. Una volta riattivate, le cse vengono correlate reciprocamente in
analogia, contrasto modo da formare csc tonali e permettere dunque la rilevazione dei più
tra qualità tonali complessi diagrammi di qualità sensibili. Abbiamo anche già sottolineato
che questa composizione può avvenire in base a tre modalità. In alcuni casi
la relazione è di completamento: le qualità si integrano a vicenda. Per
esempio nella quarta inquadratura (Nick ripreso all’interno dell’auto) la
bassa luminosità che avvolge la scena si combina con una spazialità tridi-
mensionale ristretta e contribuisce a definire l’idea di uno spazio scarsa-
mente percorribile. In altri casi le qualità si rafforzano reciprocamente in
base a rapporti di analogia: si assiste in tal caso alla costituzione di rime e
richiami sensibili. Per esempio la qualità “liscia” delle superfici dei due edi-
fici nelle prime due inquadrature rima con la continuità sonora del suono
elettronico sullo sfondo. Infine in altri casi si gioca un contrasto tra qualità
compresenti: il grattacielo bianco e illuminato della prima inquadratura si
distacca dallo sfondo scuro, mentre il colore del secondo grattacielo rima
con quello della notte circostante.

6. Qualità e diagrammi ritmici

6.1. Le qualità ritmiche Nel caso delle qualità ritmiche i materiali sensoriali
sollecitano la riattivazione delle cse non tanto in base alle loro modalità
specifiche (visive o sonore), bensì in base alle loro trasformazioni. Queste
trasformazioni vengono “rivissute” dal soggetto mediante una riattivazione
degli schemi propriocettivi di movimento compresi nelle cse: non assi-
stiamo semplicemente al gesto di un personaggio, allo spostamento di un
oggetto o al dispiegarsi di una linea melodica, ma “riviviamo” un movi-
mento corrispondente e in tal modo cogliamo una certa qualità dinamica
del gesto, dello spostamento, della melodia.
Le qualità ritmiche: Derivano di qui due conseguenze. Anzitutto la distinzione tra modalità vi-
lunghezza e sive e sonore è meno rilevante che nel caso delle qualità tonali. In secondo
accentazione luogo i parametri che permettono di determinare la qualità di una trasfor-
mazione visiva o sonora sono gli stessi che consentono di qualificare un
movimento. In particolare essi possono essere raggruppati in due gruppi.
Da un lato avremo una qualificazione dei segmenti mobili e gestuali dal

88
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

punto di vista della loro velocità, della loro ampiezza e della loro direzione
e dunque in relazione all’ambiente circostante: le qualità saranno quindi
del tipo veloce vs lento, lungo vs breve ecc. Parliamo di un gruppo di quali-
tà quantitative. Dall’altro lato avremo una qualificazione in base agli inve-
stimenti e alle modulazioni energetiche necessarie per condurre il gesto: le
qualità sono in tal caso del tipo tonico vs atono, rigido vs fluido o ascen-
dente vs discendente (a indicare non uno svolgimento spaziale ma la perce-
zione propriocettiva della modulazione di una carica di energia). Parliamo
di un gruppo di qualità accentuative.
Per esempio le prime due inquadrature del segmento che stiamo conside-
rando esibiscono a livello visivo un movimento di macchina identico per
quanto condotto in senso opposto: una sorta di veloce carezza visiva circo-
lare sui propri oggetti (i palazzi notturni visti dall’alto), un “massaggio” ef-
fettuato dallo sguardo su una superficie levigata. Lo stacco tra la seconda e
la terza inquadratura introduce una qualità differente: il movimento di
macchina si svolge sempre dall’alto, il suo andamento è ancora fluido ma la
direzione diviene orizzontale, come costretta lungo un binario che lo inca-
nala e lo rende più sicuro, ma anche più rigido.
Per quanto riguarda le qualità ritmiche sonore troviamo un altro tipo di
stacco tra le prime due inquadrature e la terza. Il sonoro che accompagna le
prime due inquadrature, con la risonanza persistente del suono elettronico,
richiama un movimento continuo, una sorta di “pattinamento” sonoro
che tende nella parte finale a declinare e a spegnersi. Al contrario il brano
di chitarra che subentra introduce un movimento saltellante per quanto
orientato in avanti con una certa continuità.

6.2. I diagrammi ritmici Anche le qualità ritmiche si collegano reciproca-


mente e danno vita a diagrammi ritmici. In questo caso il collegamento av-
viene in due sensi.
Da un lato le differenti trasformazioni compresenti si correlano sincroni- I diagrammi ritmici:
camente in base alle già considerate relazioni di completamento, analogia le combinazioni
o contrasto. Le trasformazioni possono concernere movimenti dei soggetti, sincroniche
movimenti della macchina da presa, trasformazioni delle condizioni di tra qualità
luce, trasformazioni della messa a fuoco; o, sul versante sonoro, voci, ru-
mori, suoni musicali e così via. Per esempio nella quarta inquadratura
(Nick nell’auto) si assiste a una rima ritmica tra l’andamento lineare del-
l’automobile, il procedere della canzone cantata da Nick e l’andamento
calmo ed elastico dei gesti del personaggio (che si manifesta nello stile di
guida rilassato, nei movimenti del volto, nel sottolineare il ritmo con la te-
sta ecc.); tuttavia nell’ultima parte subentra un piccolo strappo contrasti-
vo: Nick sottolinea la parola “street” lanciando brevemente indietro la te-
sta con uno strappo che rompe la forte omogeneità ritmica.

89
Semiotica dei media

Le qualità sensibili nell’audiovisivo

• Qualità tonali visive.


– Relazione con superfici bidimensionali: conformazione (liscia, testurata regolar-
mente, testurata irregolarmente), consistenza (dura, morbida, elastica, appiccicosa,
priva di consistenza), colore e riflettenza (tono del colore, temperatura del colore,
lucidità/opacità/trasparenza).
– Relazione con spazi di profondità quasi tridimensionali: luminosità (intensità,
colore della luce), consistenza materica (trasparenza vs opacizzazione).
– Relazione con spazi e oggetti tridimensionali: prensione e manipolabilità degli
oggetti (peso, volume, taglia, conformazione 3d), possibilità di percorrenza ed
esplorazione dello spazio (profondità, articolazione).
• Qualità tonali sonore.
– Attività di produzione del suono: percussione puntuale, percussione ripetuta re-
golare o irregolare, sfregamento su superficie regolare o irregolare.
– Risposta della superficie sonora: consistenza sorda o sonora, grado di risonanza
e matericità del suono.
– Investimento energetico: volume del suono.
– Modalità di fonazione: acuto/superficiale vs basso/profondo.
• Diagrammi tonali (solo sincronici): legami per completamento, per analogia,
per contrasto.
• Qualità ritmiche (visive e sonore).
– Quantitative, relative alla relazione con lo spazio contestuale: velocità, estensio-
ne, andamento.
– Accentuative, relative all’investimento energetico e alla sua modulazione: toni-
cità, dosaggio in ascesa o in discesa.
• Diagrammi ritmici.
– Sincronici: legami per completamento, per analogia, per contrasto tra segmenti
mobili compresenti.
– Progressivi/sequenziali: legami per completamento, per analogia, per contrasto
tra segmenti mobili adiacenti: prosodia e accentuazione.

I diagrammi ritmici: Dall’altro lato i diagrammi ritmici vengono rilevati anche in modo pro-
le combinazioni gressivo, cioè a partire da un confronto e da una correlazione sequenziale,
diacroniche tra segmenti di movimenti adiacenti. Un simile confronto richiede anzi-
tra qualità tutto l’individuazione di cesure e pause più o meno pronunciate che deli-
mitino segmenti mobili coerenti: per esempio il gesto di un personaggio o
il movimento di un oggetto che si avvia e si conclude con un attimo di so-
sta, oppure il passaggio da un’inquadratura all’altra mediante stacchi di
montaggio.
A partire da qui, il confronto tra segmenti mobili adiacenti avviene indivi-
duando relazioni di completamento, analogia o contrasto tra i due gruppi

90
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

di qualità ritmiche che abbiamo individuato sopra. I diagrammi che ne de-


rivano sono dunque giocati su varie forme di passaggio da segmenti mobili
lunghi o brevi da un lato (qualità ritmiche quantitative), e tonici o atoni
dall’altro (qualità ritmiche accentuative). Torniamo ancora una volta alle
inquadrature che stiamo analizzando. Tra la prima e la seconda c’è uno
stacco di montaggio netto, ma l’effetto di cesura è parzialmente riassorbito
da due fattori: i due segmenti sono speculari e hanno una durata quasi
uguale; inoltre essi vengono compresi sotto un unico movimento ritmico
sonoro che parte da un forte accento iniziale e ne riassorbe gradatamente
l’impatto fino allo sfumare del suono. Differente il passaggio alla terza in-
quadratura: la cesura del taglio di montaggio viene accentuata dal flash
bianco che separa le immagini, un nuovo accento sonoro introduce la mu-
sica country dotata di microaccenti interni regolari e avvia un’inquadratura
sensibilmente più lunga delle prime due. Queste caratteristiche ritmiche
legano la terza e la quarta inquadratura separandole dalle prime due. Lo
spettatore esperto di csi comprende che le due inquadrature iniziali gene-
riche e comuni a tutte le puntate della serie hanno ceduto il posto al vero e
proprio inizio dello specifico episodio.

7. Il design sensibile dell’esperienza

Concediamoci, arrivati alla conclusione di questa elaborata ispezione delle


differenti qualità sensibili dell’esperienza mediale, un “avanti veloce” del
videoregistratore: allarghiamo dunque lo sguardo all’insieme di Grave
Danger per considerare brevemente la costituzione dell’esperienza sensibile
nell’arco dell’intero episodio. Giocano sotto questo aspetto due ordini di
meccanismi.
Da un lato c’è l’iterazione regolare di configurazioni sensibili, sia tonali Iterazione
che ritmiche. Per esempio notiamo il ricorrere di superfici dure, lucide e e variazione
fredde; le dominanti cromatiche blu e nere e il tono luministico basso; le dei diagrammi tonali
sonorità elettroniche piuttosto profonde e prolungate, l’alternanza tra mo- e ritmici
vimenti di macchina fluidi e continui e inquadrature fisse più brevi e così
via. Un caso isolabile per la sua esemplarità è quello della struttura degli
spazi che ricorrono nel telefilm: si tratta di spazi spesso delimitati e costret-
ti, la cui percorribilità è limitata sia dalla chiave luministica bassa e quindi
dal nascondimento visivo (il parcheggio in cui Nick viene rapito); sia dalle
pareti di vetro, in cui i movimenti potenziali e quelli effettivamente esibiti
sono determinati dalla struttura di corridoi, passaggi, porte ecc. (gli uffici
della squadra csi); sia da entrambi i fattori (il capannone in cui il rapitore
dà appuntamento a Grissom alla fine della prima parte dell’episodio).
Dall’altro lato gioca un meccanismo di variazione regolata delle qualità to-
nali e delle loro configurazioni tipiche: vengono introdotti alcuni scarti e va-
riazioni che rimangono però parziali e controllati. Per esempio irrompono

91
Semiotica dei media

elementi non più duri ma molli (l’intestino che Nick scopre di lì a poco sul-
l’asfalto e in genere le immagini dell’interno del corpo umano), ma anche in
questi casi viene conservata la qualità della lucidità della superficie. Oppure
la dominante cromatica passa dal blu all’arancione (nella sequenza in cui
Catherine si reca nel locale del padre per chiedergli i soldi necessari per paga-
re il riscatto), ma resta la chiave luministica bassa. O ancora: il ritmo accelera
per una improvvisa svolta delle indagini ma i soggetti, benché si spostino più
velocemente e in modo più caotico, vengono seguiti da steady-cam sempre
fluide e continue. In tal modo si ottiene un effetto di modulazione prodotto
dal combinarsi di una costante variazione e di un fondo di costanza che assi-
cura la riconoscibilità stilistica del telefilm e dell’intera serie csi.
La riconoscibilità Questo insieme di ricorrenze e modulazioni fa sì che l’esperienza sensibile
sensibile procurata da Grave Danger sia ben caratterizzata e riconoscibile. D’altra
parte si tratta di elementi che ritornano in tutti gli episodi della serie e per-
mettono di definire un profilo sensibile specifico e individuabile della serie
csi. Tale profilo consente di collegare e distinguere al tempo stesso csi da
serie consimili (a cominciare dagli spin off di csi Miami e New York, in cui
le note cromatiche dominanti sono differenti) o da altri tipi di fiction tele-
visiva (per esempio sit-com o fiction comiche, caratterizzate da una chiave
luministica più alta).
La disciplina L’analisi dello strato della rilevazione sensibile mostra dunque come l’espe-
della sensazione rienza mediale implichi già all’interno di questo snodo l’intervento di una
nell’esperienza forte progettualità. Nell’esperienza ordinaria le qualità sensibili compre-
mediale: senti all’esperienza sono numerose e la loro organizzazione può essere solo
il design sensibile locale e provvisoria. Nel caso dell’esperienza mediale, invece, si assiste a
una riduzione del numero delle qualità e delle configurazioni sensibili e a
forme più rigorose e prolungate della loro organizzazione: sia perché i
mezzi tecnologici di riproduzione selezionano e portano in primo piano al-
cune qualità sensibili (per esempio l’uso della pellicola cinematografica o
dell’alta definizione digitale piuttosto che della ripresa in elettronico e in
bassa definizione determinano uno stile visivo differente); sia perché i ma-
teriali percettivi mediali soggiacciono a un progetto e sono quindi il frutto
di un design sensibile (in questo caso visivo e sonoro) che effettua delle
scelte, seleziona le qualità sensibili appropriate a certe scelte stilistiche, co-
struisce rime e contrasti tra tali qualità. Non stupisce insomma che il sound
design e il visual design siano aspetti professionali sempre più rilevanti al-
l’interno dell’industria dei media.

Percorsi di approfondimento

I problemi filosofici legati alla percezione, anche alla luce delle scoperte più recen-
ti delle neuroscienze, vengono delineati da Paternoster (2007) e da Calabi (2009);
una storia della distinzione tra sensazione e percezione nella filosofia moderna è

92
4. I processi sensoriali e la qualificazione sensibile

Spinicci (2000). L’approccio enattivo (o comunque ispirato alla lezione fenome-


nologica) alla percezione si ritrova, a partire dal seminale Varela, Thompson,
Rosch (1991), in vari autori tra i quali Noë (2004) e in alcuni saggi raccolti in Cap-
puccio (2006) (cfr. in particolare quello di Vittorio Gallese).
Per un’introduzione ai problemi legati al sensibile nella semiotica del visivo ri-
mando a Calabrese (1999), Lancioni (2001), Corrain (2004) e Polidoro (2008).
Due testi che affrontano il problema del corpo e della sensibilità con strumenti se-
miotici sono Fontanille (2004) e Marrone (2005). Sul problema del ritmo cfr. Ce-
riani (2003); gli aspetti ritmici sono stati sviluppati, in ambito greimasiano, da
Fontanille, Zilberberg (1998) nei termini di una “semiotica tensiva”.
Anche la teoria dell’audiovisivo ha valorizzato a partire dagli anni novanta la di-
mensione del sensibile nell’immagine in movimento, sottolineando in particolare
la dimensione poli e intermodale (soprattutto “tattile”) della sensorialità audiovisi-
va: cfr. Dusi (2003), Auteliano, Innocenti, Re (2005), Chateau (2006), Aumont
(2009), e, in ambito anglosassone, Marks (2000, 2002) e Barker (2009). Cfr. anche i
testi sull’esperienza mediale indicati nei Percorsi di approfondimento del cap. 2.

Quaderno degli esercizi

• Riprendi la trascrizione del testo breve che hai effettuato dopo la lettura del
capitolo precedente. Riguarda più volte il testo. Con l’aiuto del testo Le qualità
sensibili dell’individuo, p. 90, ricostruisci il profilo sensibile tonale e ritmico del te-
sto. Quali qualità e quali configurazioni risultano dominanti e tali da definire e ca-
ratterizzare il design sensibile (visivo e sonoro) del testo?
• Raccogli i loghi di alcune aziende che operano nello stesso settore merceologi-
co e confrontali: quali aspetti sensibili li caratterizzano? È possibile individuare
delle opposizioni tra di essi sotto il profilo del design visivo? A quali differenti
“identità sensibili” ti sembra che rimandino?
• Segui le evoluzioni stilistiche di uno stesso personaggio nella versione di diffe-
renti autori e gruppi creativi, eventualmente sia in versione fumetto che in film li-
ve che in animazione 2d o 3d: per esempio come cambiano dal punto di vista sen-
sibile il personaggio di Batman e l’ambiente di Gotham City dai fumetti di Frank
Miller ai film di Tim Burton fino a quelli di Christopher Nolan?

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95
5
L’ordinamento del mondo indiretto

1. Premessa

In questo capitolo affrontiamo il secondo snodo dell’esperienza mediale,


collocato all’incrocio tra lo strato dell’ordinamento narrativo delle risorse
esperienziali e la costituzione del mondo indiretto. Ci fa da guida l’analisi
della prima sequenza di Grave Danger, che descriviamo nel secondo para-
grafo. Il terzo paragrafo introduce e sviluppa i concetti di situazione e di
mappa(e) situazionale(i), che sono centrali in questo capitolo. Il quarto
paragrafo esamina il rapporto tra l’ordinamento narrativo del mondo indi-
retto e il precedente snodo della rilevazione e qualificazione sensibile, e de-
finisce in tal modo il concetto di figura o metafora sensibile. Il quinto pa-
ragrafo sviluppa infine l’idea che l’ordinamento del mondo indiretto im-
plica e attiva all’interno dell’esperienza mediale un design narrativo.

2. La sparizione di Nick

Abbiamo visto nel cap. 4, par. 2 che la parte iniziale del telefilm passa da
inquadrature ampie dall’alto di Las Vegas notturna a inquadrature più rav-
vicinate sul detective Nick Stokes della squadra csi, fino a che l’auto di
questi si ferma in un parcheggio e l’uomo scende. I primi 19 secondi che
abbiamo analizzato da vicino nel capitolo precedente si inseriscono in un
segmento più ampio di 1 minuto e 12 secondi.
Il secondo segmento si apre con una lunga inquadratura che, a partire da
una scena vuota, vede l’ingresso di Nick e quindi il suo incontro con il po-
liziotto Michael; i due uomini vengono inquadrati in campo medio-lungo
e accompagnati nel loro procedere da una steady-cam all’indietro. Il poli-
ziotto annuncia al detective il ritrovamento di alcuni resti umani: la came-
ra, senza stacchi di montaggio, effettua una panoramica verso il basso a se-
guire il percorso del raggio della torcia elettrica, fino a inquadrare una ma-
tassa di intestini che spiccano sull’asfalto lucido. Un totale inquadra i due
uomini e la massa blu – rossastra a terra (fig. 1). L’immagine degli intestini
ritorna in un dettaglio che rappresenta una soggettiva di Nick mentre ef-

97
Semiotica dei media

figura 1

fettua le prime fotografie, interrotta dai lampi bianchi del flash. Dopo un
breve dialogo tra i due, inquadrati mediante totali e primi piani, il poliziot-
to Michael si allontana per vomitare. A questo punto irrompe un’inqua-
dratura anomala: Nick e il poliziotto che si sta allontanando vengono in-
quadrati da un posizione distante, dietro le spalle di Nick verso la sua de-
stra; una superficie scura occlude buona parte della vista. L’andamento in-
certo del movimento di macchina a mano rimanda alla presenza di qualcu-
no che sta sorvegliando da una posizione nascosta le azioni di Nick e del
poliziotto. Questo secondo segmento dura 1 minuto e 7 secondi.
Un terzo segmento parte dalla scena lasciata in sospeso precedentemente;
un gioco di focali sottolinea la distanza tra il poliziotto sullo sfondo e il de-
tective in primo piano. Viene introdotto un motivo musicale dall’anda-
mento lento e inquietante, che continua fino alla fine della sequenza. Nick,
inquadrato mediante un totale, comincia a spostarsi sul piazzale per cercare
ulteriori indizi; il raggio di luce della sua torcia elettrica individua alcuni
elementi messi in evidenza da dettagli e soggettive del detective: si tratta di
un mozzicone di sigaretta e di alcune tracce di pneumatici. Ritornano per
due volte le inquadrature dalla posizione nascosta, caratterizzate da un mo-
vimento incerto e traballante: nella prima delle due inquadrature l’imma-
gine resta completamente oscurata per un paio di secondi. Questo terzo
segmento dura 1 minuto e 9 secondi.
Nick alza gli occhi verso la camera: il dettaglio di un bicchiere bianco in un
sacchetto di plastica trasparente chiuso da un sigillo giallo rivela cosa sta

98
5. L’ordinamento del mondo indiretto

figura 2

guardando. L’importanza del nuovo reperto viene sottolineata da vari ele-


menti. La struttura dell’inquadratura sottolinea la centralità e l’evidenza
dell’oggetto, posto al centro tra un palo e un idrante e direttamente illumi-
nato da una luce azzurra che gli dona una qualità lattescente. L’inquadra-
tura viene ripetuta due volte; il dettaglio del bicchiere viene ancora ripreso
in controcampo nel momento in cui Nick lo raggiunge. Inoltre il percorso
di avvicinamento del detective all’oggetto viene seguito dalla macchina da
presa posizionata sopra le sue spalle e solidale con il suo corpo. Mentre
Nick, inginocchiato, sta valutando la bizzarria del ritrovamento, da dietro
le sue spalle si erge la massa scura e massiccia di un corpo che allarga le
braccia a sovrastare e ghermire il detective (fig. 2). Un veloce effetto musi-
cale ascendente culmina in un accento sonoro nel momento in cui l’imma-
gine viene assorbita da una rapidissima dissolvenza in bianco. Questo
quarto segmento dura 46 secondi e porta la durata dell’intera sequenza di
avvio a 4 minuti e 7 secondi.

3. Situazione e mappe situazionali

3.1. La situazione e le sue trasformazioni Soffermiamoci anzitutto su due in-


quadrature: l’arrivo di Nick nel parcheggio, caratterizzato dalla brusca in-
terruzione della canzone country (Nick spegne la radio) e da una lunga ri-
presa con leggero carrello avvolgente del detective che scende; e il prolun-
gato carrello in steady-cam che mostra l’incontro dei due uomini di legge e
accompagna il loro percorso comune fino a individuare la matassa di inte-

99
Semiotica dei media

stini. Queste due inquadrature possiedono una funzione di spartiacque


sotto diversi aspetti.
Il sistema In primo luogo l’arresto dell’auto avvia una stabilizzazione e una precisa-
crono-topologico zione spaziale e temporale: allo spazio e al tempo generici e frammentati
di Las Vegas inquadrata dall’alto o attraversata in auto da Nick, subentra
il sistema spazio-temporale specifico e omogeneo del parcheggio notturno
e di quanto vi si viene svolgendo. Diremo dunque che a partire dall’arresto
dell’auto di Nick si viene precisando un determinato sistema crono-topo-
logico.
Azioni e interazioni In secondo luogo i gesti e i movimenti di Nick si rivelano gradualmente
come motivati, guidati e controllati da un progetto e da uno scopo: l’“arre-
sto” dell’auto viene riconfigurato come il suo “arrivo” in un luogo che si
presume essere la meta del suo spostamento; il lungo movimento di steady-
cam all’indietro che accompagna Nick nel suo incontro con il poliziotto
fornisce informazioni utili a legittimare questa lettura del comportamento
di Nick in quanto orientato; il carrello in steady-cam permette inoltre di
cogliere il legame tra il comportamento di Nick e quello del poliziotto che
ha chiamato la scientifica, anch’esso orientato verso uno scopo; infine la
panoramica conclusiva dell’inquadratura sul mucchio di intestini traduce
visivamente il carattere orientato di movimenti e comportamenti dei per-
sonaggi individuando un oggetto di mira su cui viene concentrata l’atten-
zione. In altri termini si passa dalla semplice visione di movimenti delle
prime inquadrature alla individuazione di azioni e di interazioni dei perso-
naggi – e dunque di alcuni sistemi di scopi e di finalità che focalizzano l’at-
tenzione su determinati elementi del mondo indiretto i quali sono perciò
definibili “oggetti di mira”.
Gli stati interiori Infine, l’insieme dei movimenti corporei e del tono di voce di Nick e il
confronto con quelli del poliziotto permettono di far emergere due diffe-
renti stati d’animo: tanto la postura, i gesti, la camminata e le espressioni
del volto di Nick esprimono tonicità e sicurezza di sé, quanto quelli del po-
liziotto tradiscono stanchezza e disagio. In sintesi, a partire dall’arrivo di
Nick nel parcheggio emergono alcuni stati interiori ed emozionali dei
personaggi.
Costituzione Riassumiamo quanto appena detto dicendo che a partire dall’arrivo di
della situazione Nick nel parcheggio e attraverso l’inquadratura in steady-cam viene avviata
la costituzione di una situazione. Possiamo definire la situazione come un
certo “stato di cose” dotato di un assetto e di un equilibrio riconoscibili.
Come abbiamo visto la situazione implica la combinazione di tre aspetti: la
collocazione spaziale e temporale di oggetti e soggetti; la manifestazione
più o meno esplicita di una serie di azioni e interazioni e quindi la presen-
za di mire e obiettivi; la manifestazione degli stati interiori dei personaggi.
Parleremo di un piano crono-topologico, di uno pratico e di uno emozio-
nale della situazione. Spesso, nel caso dell’audiovisivo, il compiuto definir-

100
5. L’ordinamento del mondo indiretto

si di una situazione viene evidenziato da un campo totale (ovvero tale da


abbracciare in un modo percepito come completo un certo spazio): l’in-
quadratura del poliziotto e di Nick ripresi leggermente dal basso, con la
matassa di intestini in primo piano e il parcheggio vuoto tenuto a fuoco
sullo sfondo (fig. 1), svolge appunto tale funzione.
Il seguito della sequenza conferma in un primo tempo la situazione stabili- La natura dinamica
ta: i due poliziotti sono raccolti intorno al reperto e Nick procede a effet- della situazione
tuare delle fotografie; i flash luminosi e i dettagli sottolineano la centralità
del reperto in quanto oggetto di mira. Tuttavia tale assetto non rimane sta-
bile troppo a lungo. Una prima trasformazione della situazione si ha a li-
vello topologico, quando il poliziotto si allontana per andare a vomitare.
Più radicale la trasformazione che si verifica subito dopo, allorché assistia-
mo all’irruzione di uno sguardo “alieno” che da una posizione nascosta os-
serva la scena. L’inserimento di un nuovo soggetto (per quanto senza volto
e per il momento senza corpo) porta con sé un nuovo sistema di obiettivi e
di scopi: l’intera scena dei due poliziotti che fotografano il reperto (e in
particolare la figura di Nick) costituisce l’oggetto di mira per una differen-
te filiera di azioni che culminerà nel rapimento del detective. La situazione
a questo punto risulta trasformata: è con occhi differenti che lo spettatore
segue le successive esplorazioni di Nick, il replicarsi dell’individuazione di
oggetti di mira sugli altri reperti e il suo allontanamento dal poliziotto. Il
ritrovamento del bicchiere costituisce un punto di arrivo: sul versante della
filiera di azioni di Nick esso si configura come un nuovo e decisivo oggetto
di mira dotato di forte evidenza e centralità; sul versante del soggetto “alie-
no” e dei suoi scopi, esso costituisce l’esca che permette di portare a compi-
mento il rapimento del detective.
La situazione, dunque, è caratterizzata da una estrema e costante mutevo-
lezza: essa è attraversata o per meglio dire costituita da flussi di trasforma-
zioni. I tre differenti piani individuati – quello crono-topologico, quello
pratico e quello emozionale – sono i livelli in cui agisce un’incessante mo-
dulazione: la situazione viene costituita attraverso il loro costante muta-
mento.

3.2. Le mappe situazionali L’analisi della sequenza del rapimento di Nick ci


ha posti immediatamente di fronte a un’evidenza: in quanto spettatori
adeguatamente competenti, nell’accogliere i materiali sensoriali che il no-
stro televisore eroga a nostro favore, noi costituiamo una situazione, ovve-
ro una specifica porzione di quel più ampio campo di oggetti intenzionali
che è il mondo indiretto. D’altra parte la nostra relazione con la situazione
in quanto realtà percettiva e intenzionale non è di pura, distaccata osserva-
zione: noi facciamo un’esperienza viva e attiva della situazione e delle sue
incessanti trasformazioni sui differenti piani. Mediante quali strumenti e
quali dinamiche si svolge questa nostra esperienza?

101
Semiotica dei media

Il carattere emotivo, Diremo che, per poter rappresentare le situazioni del mondo indiretto e
razionale cogliere le trasformazioni che le costituiscono, lo spettatore costruisce e
e pratico delle aggiorna costantemente delle mappe situazionali. Una mappa situazionale
mappe situazionali è una configurazione di lavoro che comprende in forma sintetica gli svi-
luppi crono-topologici, pratici ed emotivi che hanno avuto luogo all’in-
terno di una certa situazione. Il suo carattere è omeodinamico: essa tende
a uno stato di equilibrio, che deve però essere costantemente ridefinito e
rinegoziato. Inoltre la natura della mappa situazionale è di tipo emotivo-
cognitivo: la mappa situazionale non è uno strumento di ragionamento e
di valutazione “a freddo” e a posteriori rispetto all’esperienza viva, diretta
e dinamica; essa serve piuttosto ad avvertire e valutare in modo molto ve-
loce la pertinenza e la portata delle trasformazioni che intervengono nella
situazione in modo tale che i soggetti possano immediatamente reagire in
modo adattivo ai nuovi stati di cose. In altri termini le mappe situazionali
sono al servizio di una esperienza momento per momento del mondo in-
diretto e di una completa immersione del soggetto nel presente dell’espe-
rienza mediale.
Gli usi delle mappe: L’uso delle mappe situazionali implica una triplice attività che lo spettatore
retrospezione, mette in atto all’interno del proprio presente esperienziale. In primo luogo
ispezione, c’è un’attività retrospettiva: lo spettatore richiama la mappa situazionale
prospezione elaborata fino a quel momento, la usa come parametro per cogliere e valu-
tare gli scarti che intervengono, si prepara a modificarne i rilievi. In secon-
do luogo lo spettatore svolge un’attività ispettiva: egli esplora il campo pre-
sente per cogliere le variazioni che intervengono, valutarne la portata e
quindi aggiornare la mappa situazionale. Per esempio l’irruzione dello
sguardo che spia i due poliziotti da una posizione nascosta richiede una ri-
definizione della mappa situazionale e la registrazione al suo interno di un
nuovo elemento che da quel punto in poi ne ridetermina gli assetti e defi-
nisce i criteri di rilevanza dei nuovi elementi.
Infine lo spettatore mette in atto un’attività prospettiva di ordine ipoteti-
co: egli cerca di anticipare in forma di congetture l’irruzione di trasforma-
zioni in modo da non essere colto impreparato. In un certo senso egli “si
racconta” in forma silenziosa e implicita quanto potrebbe accadere in
modo da controllare gli effetti emotivi di quanto si svolgerà. Lo spettatore
usa in tal caso la mappa situazionale come uno strumento di simulazione
per possibili sviluppi, un po’ come un generale calcola su una mappa gli
sviluppi di una battaglia o il giocatore di scacchi prevede sulla scacchiera
l’andamento di una partita. L’attività prospettiva è strettamente legata a
quelle retrospettiva e ispettiva: l’irruzione dello sguardo “alieno” getta sulla
situazione l’ombra di una minaccia e dunque fa scaturire una serie di ipote-
si e di simulazioni ancora imprecise ma dense di timori circa gli svolgimen-
ti successivi.

102
5. L’ordinamento del mondo indiretto

3.3. La portata delle trasformazioni: situazioni quadro e situazioni standard


L’ultima inquadratura della sequenza che stiamo analizzando ci mostra il
corpo di Nick accovacciato, improvvisamente sovrastato dall’ombra scura
del suo rapitore: un effetto ascendente e un forte accento della partitura
musicale evidenziano l’eccezionalità dell’evento che si sta attuando, bru-
scamente interrotto dalla dissolvenza in bianco. È chiaro che il rapimento
di Nick introduce una trasformazione radicale all’interno della mappa si-
tuazionale. Essa non tocca solo la situazione contingente del parcheggio,
ma l’intero mondo indiretto: le indagini che vengono avviate e si sviluppa-
no, i progetti per procacciarsi i soldi del riscatto e così via sono tutti piani
di azioni funzionali al recupero del detective rapito.
Per cogliere la portata della trasformazione introdotta dal rapimento di La scala delle mappe
Nick rispetto alle altre trasformazioni registrate dalla mappa situazionale, situazionali
dobbiamo dunque introdurre una distinzione. Le mappe situazionali pos-
sono adoperare due “scale” differenti per registrare le trasformazioni. I mu-
tamenti essenziali dell’episodio vengono registrati su una mappa sensibile
solo alle grandi svolte, e dunque a scala minore (diciamo, per esempio,
1:10); all’interno di tali mappe “di sfondo” si disegnano i mutamenti fon-
damentali dell’episodio: il rapimento di Nick, gli eventi decisivi in vista del
suo rilascio, il fallimento degli sforzi in questo senso, le indagini per il ri-
trovamento e così via. Parliamo di mappe a scala ridotta e diciamo che esse
seguono e registrano gli andamenti e le trasformazioni delle “situazioni
quadro”. I mutamenti più contingenti e “di primo piano” vengono invece
tracciati all’interno di mappe a scala più grande (diciamo 1:1), come quella
che abbiamo ricostruito nell’esplorare la situazione delle indagini di Nick
nel parcheggio culminate con il suo rapimento. Parliamo in questo caso di
mappe a scala ampia, che permettono la definizione di “situazioni stan-
dard”.
L’intero episodio Grave Danger (che è articolato in due parti, corrispon-
denti a due puntate della fiction) vede la presenza di una sola situazione
quadro: il rapimento di Nick. Questo fatto costituisce un’anomalia e un
sintomo di eccezionalità perché gli episodi della serie csi sono in genere
guidati da più di una situazione quadro: alcune di queste sono interne ai
singoli episodi (in genere la squadra è impegnata su due casi per ogni epi-
sodio), altri si trascinano da un episodio all’altro (il problema della insor-
gente sordità di Grissom, la sua storia di amore con Sara ecc.). In questi
casi lo svolgimento “scorrevole” delle esperienze mediali si basa sulla capa-
cità dello spettatore di percepire gli snodi di passaggio dall’una all’altra del-
le situazioni quadro e recuperare la mappa situazionale appropriata per co-
gliere e valutare le trasformazioni: lo spettatore mediale è dotato di una bi-
blioteca di mappe situazionali che è in grado di recuperare e aggiornare
con relativa facilità.

103
Semiotica dei media

3.4. La cadenza delle trasformazioni: situazioni narrative, situazioni descrittive,


turning points Prendiamo ora in mano un cronometro, oppure osservia-
mo l’andamento del timer del lettore dvd mentre si svolge la sequenza
che stiamo esaminando. L’introduzione delle trasformazioni salienti al-
l’interno della situazione standard esposta (e quindi le modifiche della
mappa situazionale corrispondente) segue una cadenza regolare. L’arrivo
del detective al parcheggio, la presentazione dell’oggetto di mira costitui-
to dagli intestini, l’introduzione del nuovo oggetto di mira costituito dal-
lo stesso Nick da parte dello sguardo “alieno”, l’individuazione di nuovi
reperti e l’allontanamento di Nick dal poliziotto, l’emergere del bicchiere
come nuovo oggetto di mira centrale e infine la sparizione del detective si
collocano a una distanza sostanzialmente regolare compresa tra 45 secon-
di e 1 minuto. In genere le altre situazioni standard seguono una cadenza
simile, benché siano possibili sia accelerazioni sia rallentamenti. In parti-
colare Grave Danger presenta vari esempi di rallentamento nella cadenza
delle trasformazioni relative alle situazioni standard: vuoi per staticità dei
soggetti (mancata trasformazione topologica), vuoi per assenza di presen-
tazione di mire e di azioni (mancata trasformazione pratica), vuoi per as-
senza di indicazioni che permettano di individuare stati e cambiamenti
interiori (mancata trasformazione emotiva). Per esempio le brevi situa-
zioni che seguono la sigla e che si collocano temporalmente prima del ra-
pimento di Nick, la sera stessa, sono costituite da conversazioni o azioni
prive di mire definite da parte dei membri della squadra csi. Oppure:
quando Catherine va a chiedere al padre (che gestisce un casinò) i soldi
per il riscatto di Nick, la situazione viene introdotta da una lunga chiac-
chierata tra vecchie glorie dello show business (tra cui spicca Tony Cur-
tis) che non presenta né movimenti interni né linee di azione definite.
Possiamo distinguere in questo senso tra situazioni narrative (a cadenza
alta o media di trasformazioni pertinenti) e situazioni descrittive (a bassa
cadenza di trasformazioni).
La cadenza Facciamo a questo punto scorrere velocemente il lettore dvd per renderci
delle trasformazioni conto di cosa avviene all’interno della situazione quadro. La prima parte
delle situazioni dell’episodio si apre con il rapimento di Nick, trasformazione decisiva che
quadro: turning muove l’intera azione: i manuali di sceneggiatura parlano a questo proposi-
points e loro to di turning point, punto di svolta. Dopo un rallentamento dato dal recu-
distribuzione pero degli eventi avvenuti prima del rapimento e un nuovo slancio delle
indagini, arriva un messaggio da parte del rapitore che mostra Nick sepolto
in una bara di plexiglas e chiede un riscatto: si tratta di un nuovo turning
point nella situazione quadro. Dopo una disperata ricerca dei soldi per il ri-
scatto, Grissom porta il denaro nel luogo convenuto ma il rapitore si fa
esplodere senza rivelare dov’è sepolto Nick: su questo terzo turning point si
chiude la prima parte. La seconda parte dell’episodio riprende dalle indagi-
ni nel capannone, mentre Nick è sempre più provato dall’esperienza. Sara

104
5. L’ordinamento del mondo indiretto

Mondi narrativi e condizioni elementari del racconto

La questione del mondo indiretto, del suo statuto e delle sue dinamiche, è emersa
all’interno della semiotica del testo ed è stata affrontata in modo differente dalla
semiotica interpretativa e da quella generativa (cfr. La semiotica e il suo sviluppo,
pp. 61-2).
La semiotica interpretativa ha affrontato il problema del mondo indiretto attraver-
so l’analisi degli universi narrativi, delle logiche che ne governano le articolazioni
e gli svolgimenti, nonché delle modalità della loro costituzione da parte del lettore
o spettatore. Un termine usato è stato quello di diegesi e mondo/universo diegeti-
co (per es. Genette, 1983, pp. 11-2). Si è parlato anche di mondi di invenzione finzio-
nale (Pavel, 1986) o mondi possibili: si tratta in questo caso di concetti derivati dal-
la logica e dalla semantica delle modalità che implicano un’attenzione specifica
per i “livelli di realtà” dei mondi narrativi; meno presente invece un’attenzione per
le trasformazioni interne ai mondi possibili. Secondo Eco (1979, p. 128) un mondo
possibile «consiste di un insieme di individui forniti di proprietà. Siccome alcune
di queste proprietà sono azioni, un mondo possibile può essere visto anche come
un corso di eventi». Un mondo possibile è sempre “ammobiliato”, ovvero dotato di
un numero limitato di individui in possesso di un numero limitato di proprietà. In-
dividui e proprietà possono essere variamente presi in prestito dal mondo dell’e-
sperienza ordinaria o mondo di riferimento, in base a un principio generale di mu-
tua trasformabilità dei mondi e a specifiche regole di reciproca accessibilità. La co-
struzione dei mondi possibili avviene all’interno della cooperazione interpretativa
tra il testo e il lettore; tale processo è progressivo e implica tre passaggi (cfr. Eco,
1979, p. 72). Anzitutto il lettore avanza delle ipotesi generali sulla struttura e le leg-
gi che reggono i mondi possibili, ma le considera ipotesi di lavoro da mettere come
tra parentesi (“estensioni parentesizzate”); in seguito il lettore incontra segnali di
trasformazione degli stati di cose del mondo (segnali di suspence, “nodi testuali”):
egli è chiamato a costruire delle ipotesi relative alle trasformazioni imminenti del
mondo possibile (“previsioni e passeggiate inferenziali”); infine vengono costruiti i
mondi possibili, il che permette di confermare o di smentire le ipotesi generali sul
funzionamento e quelle specifiche relative all’andamento del mondo testuale
(“strutture di mondi”).
Il problema delle trasformazioni interne al mondo indiretto è stato affrontato dalla
semiotica interpretativa sotto la specifica etichetta delle “condizioni elementari
della sequenza narrativa” (o “microracconti”). Eco ritiene che le condizioni mini-
mali del racconto siano rappresentate dalla descrizione di azioni e di mutamenti
sia esterni che interni ai soggetti; egli accenna ad alcuni criteri che stabiliscano la
loro rilevanza (1979, pp. 107-8). All’interno della semiotica del cinema e degli au-
diovisivi è stata distinta l’esperienza audiovisiva del mondo indiretto e dei suoi
mutamenti (“mostrazione”, tipica secondo Gaudreault, 1988, del cinema delle origi-
ni) da quella dell’organizzazione narrativa lineare (“narrazione”). Roger Odin
(2000, pp. 17-40) propone di precisare il problema mediante la distinzione tra nar-

105
Semiotica dei media

rativizzazione («inscrizione dei movimenti nel registro delle azioni e [...] produzio-
ne di un sentimento di narratività») e narrazione (costruzione di un racconto li-
neare mediante procedure di discorso che in misura differente sono sia di mostra-
zione che di articolazione narrativa).
La semiotica generativa per lungo tempo non ha dimostrato interesse per il mondo
indiretto in quanto campo di trasformazioni. Le questioni del mondo indiretto, della
sua relazione con il mondo diretto e quindi dei “livelli di realtà” sono stati affrontati
a partire dalla categoria di figuratività: si dice “figurativo” il contenuto di un discor-
so (verbale, uditivo o visivo) che ha un corrispettivo a livello dell’espressione della
semiotica naturale, ovvero di quella “macrosemiotica” che è la realtà percepibile.
All’interno del percorso generativo greimasiano le trasformazioni avvengono a un
livello più profondo: quello delle strutture semionarrative; queste vengono manife-
state al livello più superficiale delle strutture discorsive attraverso una tematizza-
zione e (appunto) una figurativizzazione. Per esempio la struttura astratta semio-
narrativa del passaggio dal nascondimento alla rivelazione può tradursi nel tema
della bellezza nascosta e rivelata, e quindi nella figura e nella storia del brutto ana-
troccolo. Il livello figurativo dunque riveste una serie di trasformazioni già stabilite
a livello profondo senza esserne responsabile; la sua responsabilità concerne so-
prattutto gli effetti di reale del discorso: per esempio un film dal vivo sul brutto
anatroccolo è maggiormente veridittivo rispetto a un cartone animato. Inoltre ab-
biamo già visto (in Percezione e sensazione nelle scienze umane e in semiotica, pp.
83-4) come il livello figurativo si collega al e si distingue dal livello plastico, in un
rapporto analogo a quello tra sensazione (plastico) e percezione (figurativo).
Dalla fine degli anni ottanta la semiotica generativa ripensa il problema del figura-
tivo e la sua relazione con la trasformazione e il mutamento: la superficie percetti-
va e sensibile del mondo e del discorso viene vista come il luogo di micro e macro
manifestazioni del senso: «la figuratività non è il semplice ornamento delle cose:
essa è [lo] schermo dell’apparire la cui virtù consiste nel dischiudersi, nel lasciarsi
intravedere, grazie o a causa della sua imperfezione, come una possibilità di senso
ulteriore» (Greimas, 1987, p. 57, grassetto mio). Ne consegue una rinnovata atten-
zione per il tessuto di microfratture che, nella vita quotidiana, provocano la rifor-
mulazione delle situazioni e delle relazioni (per esempio in Landowski, 2004).

scopre una serie di collegamenti che permettono di dare un nome e una


motivazione al rapitore; viene così introdotto un turning point che orienta
da qui in poi il plot dell’episodio. La tensione cresce sia per il tempo limi-
tato dall’assenza di aria sia perché irrompono nella bara delle formiche ros-
se che iniziano a pungere Nick: nuovo turning point. Infine un controllo
incrociato dei dati relativi al tipo di formica, ai percorsi del furgone e ai
dettagli della vita del rapitore permette di individuare il luogo del seppelli-
mento e salvare in extremis Nick (ultimo turning point). La cadenza rego-
lare delle trasformazioni si ritrova dunque anche all’interno della situazio-

106
5. L’ordinamento del mondo indiretto

ne quadro: questa, in entrambe le parti che compongono l’episodio, è arti-


colata in tre punti di svolta disposti regolarmente all’inizio, verso la metà e
alla fine.

4. Trasformazioni narrative e qualità sensibili

Nel cap. 4, par. 3.3, abbiamo insistito sul fatto che i processi sensibili e
quelli percettivi vivono in un rapporto di costante, possibile ridetermina-
zione reciproca. Possiamo vedere immediatamente all’opera questo lavoro
di reciproca determinazione nei processi di ordinamento del mondo indi-
retto: in questo caso l’interazione tra sensazione e percezione segue due
percorsi distinti.
Da un lato i punti di svolta e le variazioni del mondo indiretto vengono ac- Trasformazioni
compagnate e segnalate da mutamenti e scarti delle qualità sensibili, sia narrative
tonali che ritmiche. Il brusco spegnersi della canzone country e i due lun- e trasformazioni
ghi movimenti di macchina (il carrello intorno a Nick che scende dall’auto sensibili
e la steady-cam) segnalano con un evidente salto ritmico l’avvio della costi-
tuzione della situazione; una forte differenza nella ritmica del movimento
di macchina e nell’intensità luminosa segnala l’irruzione del punto di vista
“alieno” del rapitore di Nick; i particolari caratteri luministici, l’ordina-
mento spaziale e il movimento di macchina anomalo (il fluido e prolunga-
to carrello da sopra la spalla di Nick) si legano all’entrata in scena del bic-
chiere-esca; infine abbiamo già insistito sullo scarto ritmico sonoro e visivo
che contraddistingue l’inquadratura del rapimento di Nick. Il mutamento
dunque prima di essere “compreso” viene “sentito” in base alla variazione
di uno o più parametri sensibili.
In secondo luogo alcune qualità sensibili si collegano ad altrettanti ele- Le metafore
menti del mondo indiretto in modo tale da metterne in rilievo per analo- sensibili: figure
gia determinate caratteristiche non immediatamente evidenti ma comun- e allegorie
que pertinenti: parliamo di metafore sensibili o “figure”. Per esempio l’im-
magine ricorrente della torcia di Nick che fruga nel buio, accarezza gli og-
getti indiziari via via individuati e li sottrae all’indistinzione del buio not-
turno è la figura di una procedura di indagine agita dal detective che gra-
dualmente e pazientemente getta fasci di luce e di comprensione nella te-
nebra del mistero.
Le figure possono essere isolate oppure collegarsi in serie coerenti, e dare
vita ad “allegorie” sensibili: la risonanza di senso che lega le configurazioni
percettive e quelle sensibili viene estesa in tal modo a intere filiere di azioni
di personaggi differenti, o a catene di ambienti diversi e così via. Inoltre sia
le figure isolate che le serie allegoriche possono entrare in opposizione reci-
proca. Per esempio nella nostra sequenza il personaggio di Nick e le sue
azioni vengono ripetutamente contraddistinti sia dalla presenza dell’ele-

107
Semiotica dei media

mento luminoso vivo e chiaro che squarcia le tenebre (il raggio della torcia,
i flash abbaglianti della macchina fotografica), sia da uno stile ritmico flui-
do e lineare, che procede in direzione diritta a esplorare lo spazio tridimen-
sionale del parcheggio. Queste caratteristiche sensibili tonali e ritmiche
contrastano nettamente con quelle che vengono attribuite allo sguardo del
rapitore di Nick. Sul piano tonale questo soggetto si lega al buio e alla te-
nebra: le sue soggettive sono parzialmente ostruite da superfici scure e in
un caso l’immagine resta completamente occlusa per circa due secondi;
inoltre sul piano ritmico il suo movimento è brusco, spezzato da scarti im-
provvisi, e il suo andamento è prevalentemente verticale. Ciò cui assistia-
mo nella sequenza è quindi anche il contrasto tra una “creatura della luce”
dall’andamento fluido e continuo e una “creatura della tenebra” dall’anda-
mento incerto e spezzato. In base a questa linea di lettura l’inquadratura fi-
nale, con il brusco sollevarsi dell’ombra scura sulla figura illuminata di
Nick (fig. 2) e il successivo flash bianco che sottrae l’immagine alla vista,
costituisce una vittoria della tenebra sulla luce: ciò cui assistiamo non è
propriamente il rapimento di Nick quanto piuttosto la sua “sparizione” 1.

5. Il design narrativo dell’esperienza

Percezione L’uso di mappe situazionali per controllare l’insorgenza di trasformazioni


e ordinamento nei rapporti tra noi e il mondo e per valutarne la portata non è un procedi-
delle trasformazioni mento esclusivo dell’esperienza mediale e delle relazioni con il mondo in-
nell’esperienza diretto: nella nostra esperienza ordinaria noi adoperiamo costantemente
ordinaria meccanismi analoghi. Mentre sto scrivendo queste pagine mi viene in
mente per esempio che devo andare a fare la spesa, che domani dovrò riti-
rare l’auto dal meccanico, che devo telefonare a mio fratello che è uscito da
poco dall’ospedale e deve tenere sotto controllo la propria salute... Ciascu-
na di queste numerose situazioni quadro mi richiede una mappa situazio-
nale che mi permetta di valutare eventuali trasformazioni che si possono
verificare e di pianificare interventi appropriati 2.

1. Si può osservare che la metafora sensibile o figura che abbiamo analizzato (l’opposizione tra
luce e tenebra) rappresenta la sopravvivenza e il ritorno di un modulo fortemente radicato nella
memoria culturale del soggetto occidentale (per esempio riporta alla vita una figura teologica
del mondo cristiano). Anche le figure hanno dunque una storia, con i loro punti di emergenza,
ripresa, reinvenzione.
2. In chiave più tecnica, alcune teorie di ambito psicologico sottolineano come siano costante-
mente in atto operazioni di valutazione immediata (appraisal) degli stimoli sensoriali; e come
tale “controllo valutativo dello stimolo” (Stimulus Evaluation Check) si svolga integrando stret-
tamente processi cognitivi ed emotivi. Secondo alcuni neurocognitivisti (per esempio Damasio,
1999) sarebbero proprio tali meccanismi ad assicurare la costituzione basilare della coscienza e
dell’identità, a partire dalla rappresentazione che ci facciamo della situazione del nostro corpo e
delle trasformazioni apportate dall’irruzione degli stimoli esterni.

108
5. L’ordinamento del mondo indiretto

Questo non toglie che tra esperienza ordinaria ed esperienza mediale vi sia- La disciplina
no delle differenze: queste sono motivate, come ormai sappiamo, dalla na- delle trasformazioni
tura artificiale e progettata della seconda. Nel caso dell’esperienza mediale nell’esperienza
le situazioni quadro che rappresento sono in numero limitato e controlla- mediale: il design
bile, anche se possono essere molto numerose, quasi a simulare la moltepli- narrativo
cità della vita quotidiana reale (pensiamo alle linee narrative di una soap
opera o in generale di una narrazione seriale di lungo periodo). Inoltre, sul
versante della cadenza delle trasformazioni, non percepisco un clock rego-
lare di trasformazioni nelle situazioni che compongono la mia esperienza
quotidiana; al contrario abbiamo visto che nell’esperienza mediale la ca-
denza delle trasformazioni è spesso ben definita e in quanto tale avvertibile
dallo spettatore.
Diremo dunque che la quantità delle situazioni quadro e la cadenza delle
trasformazioni al loro interno definiscono differenti stili di design narrati-
vo dell’esperienza.

Percorsi di approfondimento

L’attenzione per il momento presente e per le attività di mappatura delle relazioni


con il mondo che esso ospita è al centro di numerose ricerche neurocognitive che
abbiamo tenuto presenti nella nostra elaborazione: per es. Damasio (1999) e Stern
(2004). Per le teorie dell’appraisal e in genere per il legame tra emozione, cognizio-
ne e azione nell’esperienza del mondo si vedano le sistemazioni complessive di
Galati (2002) e Anolli (2002) e i rimandi ivi contenuti (in particolare a Frijda,
1986). Un’applicazione delle teorie psicologiche dell’emozione alla lettura è Levo-
rato (2000).
Alcuni studi di semantica estensionale del testo narrativo di taglio interpretativista
(oltre ai testi citati in Mondi narrativi e condizioni elementari del racconto, pp.
105-6) sono aa.vv. (1978) e Bonomi (1994). Per la trattazione del figurativo all’in-
terno della semiotica generativa rinviamo ai testi già indicati nei Percorsi del cap. 3.
Nel campo delle teorie dell’audiovisivo la questione della costituzione del raccon-
to nel mondo indiretto è stata affrontata a partire dalla discussione sulle relazioni
tra “mostrazione” e “narrazione” e sull’unità narrativa elementare del racconto
audiovisivo: cfr. Gaudreault (1988) e Odin (2000). Più di recente anche questa
questione è stata reimpostata alla luce delle teorie neurocognitive dell’embodi-
ment, per esempio da Grodal (2009).
La questione della figura e del figurale (ovvero di come alcune qualità sensibili
possano esprimere nel testo visivo e audiovisivo, in relazione con il mondo del rac-
conto e lungo tracciati di ripresa e reinvenzione di configurazioni culturali, sensi
ulteriori e non verbalizzabili), ha rappresentato un luogo di rilancio del dibattito
sulle relazioni tra sensazione, percezione e narrazione. Limitando l’attenzione al-
l’ambito dell’audiovisivo cfr. Aumont (1996, 2009), Brenez (1998), Aubral, Cha-
teau (1999), Dubois (2004), Hansson (2005), Bertetto (2007).

109
Semiotica dei media

Quaderno degli esercizi

• Riprendi lo spot che hai già iniziato ad analizzare: quali trasformazioni di ri-
lievo intervengono nel mondo indiretto? Con quale portata e quale cadenza si
manifestano? Quali segnali sensibili le accompagnano? Confronta vari tipi di fic-
tion seriale: una serie poliziesca, una sit-com, un serial di lunga durata, una mini-
serie. Quali differenze riscontri per quanto concerne il numero di situazioni qua-
dro e le loro relazioni?
• Prendi in considerazione una fiction televisiva di tuo interesse: riesci a indivi-
duare alcune grandi metafore sensibili? Per aiutarti, lavora su alcuni assi di oppo-
sizione (luce vs ombra, interno vs esterno, ordine vs caos ecc.) e cerca di capire se
differenti valori sensibili si legano a differenti gruppi di personaggi o a differenti
situazioni articolando un’opposizione tra loro.
• Analizza una sequenza in cui sia presente una forte suspence (sul tipo di quella
relativa al rapimento di Nick): in che modo l’effetto di suspence richiede la messa
in opera di mappe situazionali di tipo previsionale? In che relazione sta l’attivazio-
ne di tali mappe con il ritmo delle trasformazioni? Quali elementi sensibili sono
responsabili di tali effetti?
• Prendi in esame le dichiarazioni di alcuni autori di testi mediali circa i proble-
mi e le difficoltà che si incontrano nel costruire mondi fittizi e nel tenerli in rela-
zione con il mondo reale (per es. Dick, 1978) e confronta tali affermazioni con
quanto hai studiato nel corso del capitolo.
• Prendi in considerazione alcuni manuali di sceneggiatura televisiva e cinema-
tografica (per es. McKee, 1997): come si pone il problema del design narrativo del
mondo indiretto?

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111
6
L’ordinamento del discorso

1. Premessa

Questo capitolo prende in esame il terzo snodo dell’esperienza mediale, col-


locato al punto di incrocio tra lo strato dell’ordinamento delle risorse espe-
rienziali e il campo di oggetti intenzionali del discorso. Il secondo paragrafo
introduce la porzione di Grave Danger immediatamente successiva a quella
presa in esame nel capitolo precedente: essa serve da base per le considera-
zioni che seguono. Il terzo paragrafo introduce il concetto di discorso e de-
linea le tre accezioni in cui esso si declina: la produzione, l’intreccio e il for-
mato; esso esamina inoltre la questione dei differenti modi e gradi di evi-
denza del discorso rispetto al mondo indiretto, all’interno dell’esperienza
mediale. Il quarto paragrafo offre alcuni strumenti per analizzare il discorso
nella sua accezione di intreccio: questo viene considerato e analizzato in
quanto traccia di una serie di movimenti e gesti compositivi. Il quinto pa-
ragrafo infine sviluppa l’idea che l’ordinamento del discorso definisce un
particolare aspetto progettuale dell’esperienza mediale: il suo design tem-
porale.

2. Vuoti, salti, ritorni

La sequenza del rapimento di Nick si è conclusa, abbiamo visto, con un’im-


provvisa dissolvenza in bianco, un flash che occlude per un istante la visuale.
Con altrettanta rapidità l’immagine si riapre sulla stessa scena del crimine:
tra lo squillare concitato di sirene e cellulari entra dal fondo un’auto dalla
quale scendono Grissom e Catherine. Brass, che sta interrogando il poliziot-
to Michael, li informa che Nick «è sparito da circa 25 minuti». I due detecti-
ve iniziano le ricerche ripercorrendo passo passo il tragitto di Nick. Catheri-
ne ritrova il giubbotto del collega rapito e individua fibre di tessuto bianco
imbevuto di una sostanza che sospetta essere alcool; Grissom vede invece il
bicchiere nella busta che ha attirato anche Nick: «forse è un messaggio»,
commenta il detective in primissimo piano. Mentre l’uomo alza gli occhi
verso la sinistra dello schermo, sullo sfondo di un effetto sonoro ascendente,

113
Semiotica dei media

figura 1

irrompe la sigla iniziale di csi: una sequenza di immagini veloci e frammen-


tate di Las Vegas, membri della squadra csi al lavoro (in sovrimpressione
appaiono i nomi degli attori), dettagli anche ravvicinatissimi di oggetti, par-
ti di corpi, eventi (una goccia di sangue, l’iride di un occhio, un’esplosione
ecc.). La canzone Who Are You degli Who fa da sfondo alla sequenza e ne
determina in modo evidente gli andamenti ritmici. Questa prima parte,
compresa la sigla, dura 2 minuti e 50 secondi: dall’inizio dell’episodio sono
passati 7 minuti. Dopo la sigla è possibile inserire un break pubblicitario
(nell’edizione italiana c’è solo un segmento di alcuni fotogrammi neri).
Alla ripresa due immagini di Las Vegas dall’alto introdotte e separate da
flash bianchi riportano alle modalità espressive dell’inizio dell’episodio. Il
secondo flash introduce l’immagine in dettaglio di un proiettile: una mano
guantata vi incide una x sulla punta, carica una pistola e spara in fronte a
due ragazze legate l’una di spalle all’altra. Sul rumore dello sparo l’immagi-
ne stacca sulla silhouette di un uomo che ripete l’azione su due manichini
facendo schizzare della vernice rossa e blu su uno schermo bianco teso sullo
sfondo; in sovrimpressione appare la scritta “earlier that night” (fig.
1). L’uomo è Grissom e sta indagando sull’omicidio delle due ragazze pri-
ma che avvenga il rapimento di Nick. Un carrello in steady-cam segue
Grissom e Sara mentre entrano nell’ufficio del detective discutendo del
caso e una serie di primi piani in campo e contro campo seguono la loro
conversazione: Grissom ha ricevuto e fatto incorniciare una dichiarazione
di possesso di Trigger, il mitico cavallo di Roy Rogers. Seguono altre brevi

114
6. L’ordinamento del discorso

scene che vedono impegnati i differenti personaggi della squadra all’inter-


no della sede csi: Haggis spiega a Greg le regole del gioco da tavolo tratto
dalla serie televisiva Hazzard e i due iniziano a giocare una partita; Archie
discute con Conrad sull’assegnazione di fondi per un lavoro di ricerca. Più
lungo e articolato il racconto che Warrick fa a Nick nello spogliatoio men-
tre si cambia: due uomini lo hanno provocato sabato sera mentre era fuori
con la sua fidanzata e solo per poco la situazione non è sfociata in un atto
di violenza; Nick ascolta, annuisce, interviene, fa domande mentre carica
la pistola. Quando escono dallo spogliatoio i due incrociano Catherine che
assegna loro due incarichi da spartirsi; i due amici decidono di tirare a sor-
te: il lancio di una moneta fa sì che il recupero dei rifiuti nel parcheggio
tocchi a Nick. «Questa tienila tu: porta sfortuna», dice Nick lanciando la
moneta a Warrick. Sul gesto di Nick e mentre la moneta ricade, un flash
bianco accompagnato da un rumore elettronico cupo, come di vento, in-
troduce il primissimo piano di Nick steso in un buio rossastro con gli occhi
chiusi: il rumore si fonde con quello di un automezzo in moto. Nick si sve-
glia nel retro di un’auto, l’auto si arresta, Nick si agita ma qualcuno gli pre-
me un panno bianco sulla bocca. Sul rilassarsi del corpo di Nick subentra
un nuovo stacco pubblicitario. Il segmento, dalla ripresa dopo la sigla al
nuovo stacco pubblicitario, dura 7 minuti e 25 secondi.

3. Le articolazioni del discorso

3.1. Produzione, intreccio, formato Poniamo che mentre parte il nuovo stac-
co pubblicitario un amico ci raggiunga davanti alla televisione e ci chieda
che cosa è successo fino a quel punto. Abbiamo due scelte. Se vogliamo ta-
gliare corto raccontiamo semplicemente che «Nick è stato rapito e sono
iniziate le indagini per ritrovarlo»: in questo modo forniamo all’amico le
informazioni necessarie perché egli possa costruirsi una mappa situazionale
“di pronto uso”, essenziale ma comunque sufficiente a seguire la storia da
quel punto in poi. Se invece abbiamo tempo e voglia di spendere qualche
parola in più possiamo dilungarci a dire che «all’inizio il telefilm fa vedere
Nick che arriva sul luogo del recupero di alcuni resti umani e viene rapito
da uno sconosciuto; poi il racconto fa un salto in avanti e dopo venticin-
que minuti Grissom e Catherine iniziano a indagare e trovano alcune trac-
ce; poi si interrompe perché c’è la sigla e, quando riprende, fa un salto al-
l’indietro e fa vedere alcune vicende avvenute nella sede csi prima della
scena del rapimento; alla fine siamo riportati al presente, Nick è tramortito
e viene trasportato non si sa dove. Tutto questo è durato circa sette minu-
ti». In questo secondo caso non ci limitiamo a consegnare al nostro amico
una mappa situazionale essenziale, ma ripercorriamo e riepiloghiamo con
lui e per lui la nostra esperienza di visione.

115
Semiotica dei media

Il discorso è Se a questo punto rileggiamo con attenzione il resoconto che abbiamo fat-
un’entità sincretica to, ci accorgiamo di un paio di cose curiose. Anzitutto non abbiamo parla-
to al nostro amico solamente di quanto è avvenuto nella Las Vegas in cui si
svolge l’episodio di csi. Piuttosto, abbiamo introdotto una serie di soggetti
e di azioni (il telefilm “fa vedere”, il racconto “fa un salto in avanti”, “si in-
terrompe” “riprende” ecc.) che sono responsabili della produzione dell’e-
sperienza del mondo indiretto: in altri termini abbiamo fatto emergere la
presenza di quel secondo campo di oggetti intenzionali che chiamiamo il
discorso.
Una seconda constatazione segue immediatamente. Per come ne abbiamo
parlato al nostro amico, il discorso appare dotato di proprietà e caratteristi-
che diverse: in un caso “fa vedere”, in altri casi si muove o ci fa muovere
nello spazio e nel tempo (“siamo riportati al presente”), in altri casi ancora
appare come un oggetto dotato di una certa estensione temporale (“è dura-
to sette minuti”). Il discorso si manifesta dunque come un’entità sincreti-
ca: è opportuno distinguere differenti definizioni del discorso all’interno
dell’esperienza mediale. Ne possiamo individuare tre.
Il discorso Ritorniamo al brevissimo flash bianco che interrompe le immagini del ra-
come produzione pimento di Nick e introduce alla stessa scena spaziale dopo venticinque
minuti. Si tratta di un segno di interpunzione (una sorta di “punto e a
capo” visivo e sonoro) che introduce bruscamente nell’esperienza di visio-
ne la consapevolezza della sua natura complessivamente artificiale ed etero-
diretta: le attività di osservazione valutativa del mondo indiretto e i relativi
aggiornamenti delle mappe situazionali vengono guidati da un fluire di
immagini e di suoni controllato “dall’esterno” e dotato di una esistenza au-
tonoma. Questa consapevolezza si estende a tutto l’insieme dei materiali
visivi e sonori che vengono erogati dal dispositivo della televisione: sotto
questo aspetto non c’è effettiva differenza tra il flash bianco che interrompe
una situazione e introduce a un’altra, e l’identico flash bianco della mac-
china fotografica di Nick che punteggia la sequenza appena conclusa. Una
prima e basilare definizione del discorso è dunque quella di “processo di
manifestazione dei materiali sensoriali responsabili della costituzione pro-
gressiva dell’esperienza mediale”. Si tratta di una entità in costante movi-
mento, così come è mutevole e trascorrente l’esperienza che essa costitui-
sce: la stessa etimologia latina del termine “discorso” rinvia a un movimen-
to inquieto e turbolento. Parliamo a questo proposito di “produzione” di-
scorsiva, laddove il termine “produzione” intende rinviare a un fenomeno
in atto, fluido e contingente.
Il discorso Il segno di interpunzione rappresentato dal flash bianco, d’altra parte, invi-
come intreccio ta a riconfigurare questo movimento discorsivo nei termini di un procedi-
mento e di un’azione più articolati. Nel pensare e nel descrivere questo
flash come un’interruzione e una ripresa, implichiamo che il movimento

116
6. L’ordinamento del discorso

del discorso venga considerato come un “procedimento di composizione


di materiali eterogenei precedentemente sussistenti, in un insieme unitario
e originale di nuova fattura”, un’azione di montaggio o per meglio dire
(usando una metafora più antica) di tessitura: non parliamo più quindi di
produzione discorsiva, quanto piuttosto di “intreccio”. Non a caso nel no-
stro linguaggio ordinario diciamo che perdiamo il “filo” di un discorso, o
che ne tiriamo le “fila”, che leggiamo un “testo” (termine derivante da tex-
tum o tessuto) o che stiamo seguendo una certa “trama”.
L’intreccio, abbiamo detto, compone materiali eterogenei in un insieme Il discorso
unitario: il prodotto dei gesti di composizione si dispone dunque all’inter- come formato
no di un “ambiente spaziale o temporale dotato di una estensione misura-
bile e di una conformazione descrivibile in termini di struttura”: possiamo
dire che il discorso viene nuovamente riconfigurato in quanto “formato” 1.
Nel nostro caso il formato è definito da caratteristiche temporali e consiste
nei sette segmenti lineari di circa sette minuti di cui si compone ogni epi-
sodio di csi, per una durata complessiva di circa 50 minuti a episodio;
nonché nella struttura di un incipit cui segue la sigla e quindi (dopo uno
stacco pubblicitario) la ripresa dell’episodio. Questa articolazione a base
temporale potrebbe essere tradotta in termini spaziali: per esempio nel
caso acquistassimo il dvd di Grave Danger troveremmo un menu che seg-
menta il doppio episodio in una serie di “capitoli” in modo simile a quan-
to avviene per esperienze basate su materiali grafici.
In sintesi dunque il discorso viene definito all’interno dell’esperienza me- Il ruolo interstiziale
diale in tre modi: come produzione, entità dinamica costituita dai materia- del discorso
li mediali responsabili del farsi dell’esperienza in corso; come intreccio,
procedimento di composizione di materiali eterogenei in un insieme uni-
tario; come formato, oggetto dotato di un’estensione e di un’articolazione
spaziale e/o temporale. Le tre definizioni sono strettamente legate e inter-
dipendenti. Inoltre la logica della loro successione è quella di un passaggio
dal discorso visto in relazione con il mondo indiretto al discorso visto in re-
lazione con il mondo diretto: il che mette in luce la natura interstiziale e
mediatrice propria del discorso nel suo complesso.

3.2. Le evidenze del discorso Il modello dell’esperienza mediale che propo-


niamo e che stiamo descrivendo implica un’articolazione interna comples-
sa: tanto i differenti strati disposti “in orizzontale” quanto i campi di og-
getti intenzionali disposti “in verticale” sono compresenti e si determinano

1. Possiamo osservare che, quando nel cap. 2, par. 3.3 abbiamo parlato della “conformazione”
del discorso quale criterio per distinguere differenti forme di esperienza mediale, alludevamo in
modo specifico alle principali tipologie di formati mediali.

117
Semiotica dei media

reciprocamente. Abbiamo cercato di esprimere graficamente questo aspet-


to mediante la metafora della trasparenza reciproca di strati e campi di og-
getti. Da questo principio generale deriva che anche il discorso costituisce
una presenza costante e irriducibile nell’orizzonte dell’esperienza mediale:
questa non può in nessun caso esser rappresentata come un “immergersi”
totalizzante ed esclusivo dello spettatore nel mondo indiretto. Esaminere-
mo più in dettaglio nel prossimo paragrafo in che modo il discorso in
quanto intreccio e la costituzione del mondo indiretto interagiscono e si
determinano reciprocamente.
Il discorso presenta D’altra parte la compresenza di strati e livelli non esclude e anzi incoraggia
diversi gradi e forme differenti gradi di evidenza di uno strato o di un altro, di un campo di og-
di manifestazione getti o di un altro: la modulazione dell’esperienza mediale consiste appun-
e di evidenza to in questi costanti e regolati andirivieni. In base a questo secondo princi-
pio, anche il discorso potrà avere gradi e modi differenti di manifestazione
rispetto al mondo indiretto (e la stessa sorte tocca ovviamente al mondo
diretto, come vedremo nel prossimo capitolo). In particolare distinguiamo
tre gradi di evidenza del discorso – considerato nel suo complesso di pro-
duzione, intreccio e formato – rispetto al mondo indiretto.
Il discorso In primo luogo il discorso rappresenta lo sfondo di costituzione dell’espe-
come attività rienza mediale, costantemente presente all’interno dell’esperienza stessa e
di costituzione capace di emergere e di attirare su di sé l’attenzione in qualsiasi momento.
dell’esperienza Più in particolare l’attenzione dello spettatore si rivolge ai materiali media-
li, ai processi di composizione e ai formati che rendono possibile e guidano
l’esperienza mediale, in tutti i momenti e i luoghi di transito, di interru-
zione e di giunzione rispetto allo sviluppo delle situazioni del mondo indi-
retto: tipicamente l’inizio e la fine dell’erogazione dei materiali mediali, le
microcongiunzioni interne alle singole sequenze, i passaggi da una sequen-
za all’altra, i momenti in cui le situazioni del mondo indiretto conoscono
fasi di rallentata o mancata trasformazione (come nei brani o nelle sequen-
ze descrittive). Per esempio l’inizio di Grave Danger si può leggere sotto
questo aspetto come il graduale spostamento di attenzione dello spettatore
dal discorso (le immagini di Las Vegas dall’alto separate dai rapidi flash
bianchi, la canzone country di sfondo) al mondo indiretto (l’avvio della si-
tuazione narrativa a partire dall’arrivo di Nick nel luogo di ritrovamento
dei resti). Nel corso della sequenza introduttiva il fatto che mentre Nick in-
daga il poliziotto sta vomitando, è espresso con un cambio di messa a fuo-
co tra Nick in primo piano e il poliziotto sullo sfondo. Ancora più evidenti
gli interventi discorsivi legati alla sospensione più o meno prolungata dal-
l’evoluzione del mondo indiretto, come avviene con il flash che separa il
rapimento di Nick dalla sequenza dell’avvio delle indagini di Grissom e
ancora più radicalmente con la sigla della serie csi che interrompe lo svi-
luppo narrativo della vicenda. Infine l’intero segmento della sigla rappre-

118
6. L’ordinamento del discorso

senta uno spazio di assoluta assenza di trasformazioni narrative e di altret-


tanto forte visibilità dell’attività discorsiva 2.
In secondo luogo il discorso può manifestarsi mediante una traduzione Il discorso
esplicita all’interno del mondo diretto, ovvero una messa in scena di pro- come oggetto
cessi e attività discorsive. Queste attività possono essere dello stesso tipo del di rappresentazione
discorso in atto (sono i casi di cosiddetta “mise en abîme”: cinema nel ci- nel mondo indiretto
nema, quadro nel quadro, racconto nel racconto ecc.) oppure di tipo diffe-
rente 3. Per esempio il segmento degli avvenimenti che si svolgono prima
del rapimento di Nick è ricco di riferimenti più o meno diretti e trasparen-
ti a processi e attività discorsive differenti rispetto alla fiction audiovisiva
che si sta svolgendo. Lo sparo di Grissom che riproduce l’omicidio delle
due ragazze proietta su uno schermo teso dietro i due manichini delle mac-
chie rosse e blu simili a un quadro astratto (il riassunto dell’episodio sul
sito ufficiale della serie csi parla di una specie di “dipinto alla Pollock”: fig.
1). Soprattutto, il lungo racconto orale che Warrick fa a Nick, permette
allo spettatore di assistere non solo e non tanto alla storia che Warrick rac-
conta, quanto e soprattutto all’atto del suo narrare. Vedremo peraltro nel
prossimo capitolo come la messa in scena di un intero dispositivo tecnolo-
gico di discorsivizzazione (la trasmissione via web-cam delle immagini di
Nick sepolto vivo dal rapitore) costituisca uno degli elementi caratteristici
di Grave Danger.
Infine, il discorso può manifestarsi come un’attività di destituzione (piut- Il discorso
tosto che di costituzione) del mondo indiretto: i procedimenti compositivi come attività
e di intreccio non consentono allo spettatore la costituzione di un mondo di destituzione
indiretto unitario e lineare, ma al contrario impediscono un normale fun- dell’esperienza
zionamento degli usuali processi interpretativi. Un simile turbamento può
essere appena accennato: per esempio il caso delle due gemelle uccise, av-
viato ma poi non ripreso in Grave Danger, o la chiacchierata tra Grissom e
Sara sul cavallo di Roy Rogers rappresentano delle anomalie rispetto ai
normali andamenti di un episodio di csi e in quanto tali insinuano all’in-
terno del mondo indiretto alcuni indizi circa la sua natura artificiale e lega-

2. È interessante osservare che in alcuni casi i “segni di interpunzione” che separano e collega-
no differenti sequenze esprimono i movimenti del discorso mediante delle figure, ovvero delle
metafore sensibili analoghe a quelle incontrate nel capitolo precedente (par. 4) a proposito di
soggetti e azioni del mondo indiretto. Per esempio il movimento della moneta lanciata da Nick
alla fine del flash back sugli avvenimenti precedenti al suo rapimento, con la sua qualità ritmica
di movimento fluido in cui un oggetto momentaneamente librato in aria ricade pesantemente
verso una superficie solida, permette di percepire il passaggio dal passato del flash back al presen-
te della prigionia di Nick come un “ricadere” nella difficile situazione che si è prodotta prima
dello stacco della sigla.
3. Queste differenti modalità di manifestazione del discorso rispondono a un principio di ri-
mediazione: forme storicamente e tecnologicamente successive del discorso riprendono e simu-
lano quelle precedenti. Sviluppiamo questo aspetto nel cap. 9, par. 3.2.

119
Semiotica dei media

ta a processi discorsivi. In altri casi questo andamento è più marcato: per


esempio in alcuni film di David Lynch, quali Lost Highway (Fr./usa, 1997)
o Inland Empire (Fr./Pol./usa, 2006), l’esperienza del mondo indiretto
viene gradualmente portata verso una impasse radicale e irreversibile 4.

Il problema del discorso narrativo nella semiotica del testo

L’attenzione per le varie forme di discorso ha caratterizzato la semiotica del testo.


Data la particolare pervasività del racconto, l’attenzione della disciplina si è con-
centrata sul discorso narrativo: si è anzi ritenuto che questo fosse il modello per
altri tipi di discorso (scientifico, pubblicitario ecc.) che più o meno esplicitamente
articolano in forma di racconto i propri contenuti. Lo studio del discorso narrativo
si è basato sulla distinzione tra quello che in questo volume chiamiamo il tracciato
narrativo, riorganizzazione degli eventi lungo una linea spazio-temporale misura-
bile, generalmente definito storia (in inglese story), e quello che noi abbiamo defi-
nito l’intreccio, operazione di ridisposizione dei materiali della storia all’interno
del discorso o risultato di tale operazione, definito racconto (in inglese plot). A par-
tire da qui la ricerca ha seguito due direzioni principali.
La prima direzione di ricerca ha separato la storia dal racconto e l’ha analizzata in
base alle logiche generali e astratte che presiedono alla sua articolazione. Le radici
di questa impostazione di ricerca stanno nel lavoro dei Formalisti russi degli anni
venti e trenta e in particolare nell’opera di Vladimir Propp. Nella semiotica con-
temporanea questa linea è stata perseguita da vari studiosi (Bremond, Todorov) e
ha trovato il luogo di maggior elaborazione all’interno della teoria di Greimas.
Questa direzione di ricerca ha condotto alla costruzione di una grammatica narra-
tiva generale. Essa contempla sia un asse paradigmatico di selezione (le unità del-
la storia sono considerate essere presenti nello spazio culturale in forma di motivi
o funzioni preesistenti al singolo racconto) sia un asse sintagmatico all’interno del
quale le unità in base vengono combinate in un modello narrativo dotato di una
logica ben definita: per esempio una perdita o una serie di perdite iniziali e un re-
cupero o una serie di reintegrazioni finali, e dunque in sostanza un passaggio rego-
lato di oggetti materiali o simbolici da un soggetto all’altro (Propp e il primo Grei-
mas); una serie di miglioramenti o peggioramenti variamente combinati (Bre-
mond); l’assegnazione iniziale di un compito, il mandato, e il riconoscimento finale

4. Questo fenomeno è stato efficacemente descritto nei termini dell’estetica psicoanalitica di


Jacques Lacan come una “emergenza del reale” all’interno del regime simbolico e immaginario
del mondo indiretto. In base a questa rete di concetti, all’interno dell’esperienza mediale si pro-
duce la manifestazione dell’unica realtà che vi agisce effettivamente: la particolare, fragile e pre-
caria attività di messa in forma del vuoto e di messa in senso dell’insensato che è appunto l’atti-
vità del discorso. Cfr. Recalcati (2007) per l’ambito delle arti visive, e Bellavita (2005) per l’au-
diovisivo.

120
6. L’ordinamento del discorso

del suo svolgimento, la sanzione (il secondo Greimas) ecc. La semiotica testuale di
taglio cognitivista e interpretativista degli anni ottanta ha ripensato tale approccio
e ha considerato i modelli narrativi in quanto schemi-tipo (templates), o sceneg-
giature-modello (scripts) che fanno parte della competenza culturale del lettore o
spettatore: nell’interpretare un racconto il lettore se ne serve per lavorare i mate-
riali che il testo gli fornisce in modo da costruire delle macroproposizioni che gli
permettono di condensare e quindi controllare cognitivamente l’andamento del
racconto (cfr. per es. Eco, 1979).
La seconda direzione di ricerca ha affrontato il discorso narrativo senza separare
la storia dal racconto, ma concentrandosi al contrario proprio sulle relazioni tra le
due entità. Un libro fondamentale a questo riguardo è stato Genette (1972). Il teo-
rico francese introduce la distinzione tra storia e racconto rifacendosi a due fonti: i
Formalisti russi, che distinguevano tra fabula (storia) e sjužet (intreccio), e gli stu-
di di morfologia poetica di Günter Müller che negli anni sessanta aveva distinto
tra erzählte Zeit (tempo raccontato) e Erzählzeit (tempo del raccontare). I due con-
cetti esprimono rispettivamente in Genette la linea degli eventi narrati nel loro or-
dine logico e cronologico intrinseco (storia) e la linea di presentazione degli even-
ti all’interno del discorso narrativo (racconto). Genette analizza le possibili rela-
zioni tra le due linee di svolgimento in termini di ordine, durata e frequenza.
La teoria genettiana conoscerà una enorme diffusione e molte applicazioni. Occor-
re tuttavia considerare con Ricoeur (1983-85) che Genette “oggettiva” storia e rac-
conto e astrae quindi tali entità rispetto alle dinamiche della loro costituzione al-
l’interno dell’esperienza di fruizione del testo: di qui la critica espressa da Ricoeur,
secondo la quale in questa impostazione si perde la possibilità di tematizzare e di
spiegare lo Zeiterlebnis, l’esperienza vissuta della temporalità narrativa.
Lungo la strada indicata da Ricoeur sono produttive alcune indicazioni della se-
miotica del cinema e dell’audiovisivo. Già Christian Metz (1968) aveva ipotizzato
che i materiali audiovisivi del film vengono percepiti e fruiti in quanto discorso
narrativo grazie ai differenti procedimenti di montaggio che intervengono su di
essi per organizzare le relazioni spaziali e temporali del mondo diegetico; di qui
una grande sintagmatica, ovvero una tipologia dei differenti procedimenti di-
scorsivi di costituzione cinematografica del mondo narrativo, dalla sequenza or-
dinaria al sintagma alternato a quello parallelo ecc. In tal modo Metz pone l’ac-
cento sul processo di costituzione della storia da parte del discorso e non sulla
relazione astratta tra due linee di svolgimento. In questa direzione (ma in termi-
ni più decisamene cognitivisti) Bordwell (1985, p. 53) definisce la narrazione fil-
mica come «il processo mediante il quale il sjužet del film e lo stile [ovvero l’in-
sieme degli specifici mezzi espressivi del cinema tecnologicamente e cultural-
mente definiti] interagiscono nell’indirizzare lo spettatore mediante opportune
indicazioni nella sua costruzione della fabula», entità puramente cognitiva e
mentale.

121
Semiotica dei media

4. L’analisi dell’intreccio e della gestualità compositiva

La configurazione 4.1. Il tracciato e l’intreccio Abbiamo richiamato all’inizio del paragrafo


incrociata di mondo precedente il principio generale secondo il quale anche i campi di oggetti
indiretto e discorso intenzionali, e non solo gli strati, si determinano reciprocamente all’inter-
no dell’esperienza mediale. Ci concentriamo ora su un caso specifico ma
molto importante di tale principio: la configurazione incrociata tra il mon-
do indiretto e il discorso in quanto intreccio.
Torniamo alla ripresa di Grave Danger, una volta conclusa la sigla e lo stac-
co pubblicitario: dopo l’assassinio delle gemelle, sulle immagini di Gris-
som che replica il delitto, si sovrappone la scritta “earlier that night”
(fig. 1). La sovrapposizione della scritta mette in moto alcuni gesti interpre-
tativi che dobbiamo seguire con attenzione.
La constatazione di base è che, nel presentarci gli eventi del mondo indiret-
to, il discorso ha effettuato uno “spostamento”, ha cambiato il loro ordine
“originale”. Una simile constatazione implica a ben vedere una riconfigu-
razione sia del mondo indiretto che del discorso, in particolare del discorso
in quanto intreccio.
La trascrizione Per quanto riguarda il mondo indiretto, le trasformazioni che si svolgono al
sequenziale suo interno e che producono le modifiche delle mappe situazionali vengono
del mondo indiretto: ora tradotte nei termini di una o più sequenze lineari articolate da nessi cro-
dalle mappe nologici (prima, dopo, mentre) e causali (a causa di, in conseguenza di, indi-
ai tracciati pendentemente da). Le mappe situazionali, che sono sincroniche, vengono
quindi trascritte in “tracciati” sequenziali che permettono la collocazione dei
singoli episodi all’interno di una trama più ampia. Questi tracciati non ser-
vono più, come le mappe, per essere consultati “sul posto” e valutare l’anda-
mento della situazione all’interno del momento presente in cui essa si volge;
piuttosto, i tracciati permettono di collocare a posteriori certi episodi all’in-
terno di una linea cronologica, di valutare le loro connessioni reciproche, di
confrontare vicende che si sono svolte a distanza per individuare analogie e
contrasti e così via. Insomma: i tracciati permettono di guardare agli sviluppi
del mondo indiretto con un certo distacco, come dall’alto e con una maggio-
re libertà di spaziare da un punto all’altro. È appunto grazie a tale trasforma-
zione che possiamo comprendere che l’arrivo di Grissom e Catherine avvie-
ne venticinque minuti “dopo” il rapimento, che l’indagine sull’omicidio del-
le due gemelle si è svolta “prima” del rapimento di Nick e che l’invio di Nick
sul luogo del rapimento è stato la “conseguenza” del lancio sfortunato di una
moneta. La teoria del racconto ha definito questi tracciati con i termini di
storia o fabula, e li ha opposti al racconto, o sjužet, o intreccio (cfr. Il proble-
ma del discorso narrativo nella semiotica del testo, pp. 120-1).
L’intreccio come La riconfigurazione del mondo indiretto è strettamente collegata a quella
partitura gestuale che subisce l’intreccio. Una volta assunto il tracciato del mondo indiretto
come riserva di materiali a partire dai quali l’intreccio attua i propri prelievi

122
6. L’ordinamento del discorso

e montaggi, è possibile pensare e vivere il processo discorsivo come una se-


quenza di gesti, ovvero di microsceneggiature sensomotorie volte a produr-
re la composizione complessiva del discorso. Così, possiamo dire che l’in-
treccio viene “avviato, interrotto, ripreso”; i materiali che lo compongono
vengono “afferrati, trascinati, annodati” ecc. Inoltre, se si assume il tracciato
del mondo indiretto come sistema di riferimento di tale gestualità, diviene
possibile valutare un andamento “spaziale” dei gesti compositivi: si parla
quindi di direzione in avanti o all’indietro, di accelerazioni o rallentamenti e
così via. È appunto in base a tale principio, e a conclusione del complesso
lavoro di configurazione incrociata, che giungiamo a constatare che Grave
Danger, nel riferirci gli eventi avvenuti “earlier that night”, effettua
“uno spostamento” riportando “in avanti” eventi del passato 5.
In conclusione, dal processo di riconfigurazione che abbiamo esaminato
deriva che l’intreccio può essere espresso nella forma di una partitura ge-
stuale, una sorta di coreografia di movimenti che per un verso procede con
uno stile riconoscibile (fatto per esempio di salti, strappi, slanci più o
meno nervosi, o al contrario di un regolare fluire privo di incertezze) e per
altro verso giunge a comporre schemi unitari (linee, cerchi, ellissi continue
o spezzate). Approfondiamo questo punto e delineiamo alcuni strumenti
di analisi dell’intreccio in quanto partitura gestuale compositiva.

4.2. Microtessitura, macrotessitura e schemi complessivi Nel delineare i para- Microtessitura,


metri che definiscono lo stile ritmico del gesto compositivo, iniziamo con macrotessitura
il distinguere tra un andamento continuo o discontinuo: nel primo caso i e parametri
materiali vengono intessuti rispettando l’unità spaziale e temporale della li- di definizione
nea narrativa (microtessitura), mentre nel secondo caso sono presenti salti
e spostamenti (macrotessitura o montaggio). In entrambi i casi entrano in
gioco quattro parametri che definiscono le qualità ritmiche del gesto: la di-
rezione, l’articolazione, la portata e l’investimento/modulazione dell’ener-
gia gestuale 6.
Nel caso di una microtessitura (andamento continuo dei gesti di composi- La microtessitura:
zione) la direzione della gestualità può procedere in avanti, nel rispetto direzione,
della progressione dell’azione narrata, oppure all’indietro, “riavvolgendo” articolazione,
l’azione, oppure ancora in senso longitudinale, tra differenti sottoazioni portata, investimento
relativamente autonome ospitate all’interno di una stessa situazione. L’e-

5. Si osservi che nella nostra descrizione abbiamo assunto che l’intreccio lavora come un mecca-
nismo di spostamento di parti del tracciato per presentarle allo spettatore o lettore; è però possi-
bile anche una metafora opposta ma facente parte della medesima logica, che porti a vivere l’in-
treccio come un meccanismo di spostamento dello spettatore o del lettore: potremmo dire (e
molti romanzi lo dicono) che “ora ci spostiamo” a quanto accaduto alcune ore prima.
6. Il lettore può seguire i paragrafi che seguono facendo riferimento al quadro riassuntivo forni-
to a conclusione del paragrafo.

123
Semiotica dei media

sempio di Grave Danger ci pone di fronte a casi di “normale” progressione,


anche se in un paio di casi si assiste a moderati movimenti longitudinali,
espressi mediante uno spostamento di attenzione tra primo piano e sfondo
dell’immagine (il poliziotto che vomita mentre Nick continua a indagare,
Catherine che analizza la misteriosa fibra bianca mentre Grissom trova il
bicchiere nella busta di plastica). Il criterio della direzione si lega a quello
dell’articolazione: il gesto compositivo può essere a senso unico (come ac-
cade normalmente) o a doppio senso: può esserci in alcuni casi un’alter-
nanza tra progressioni e regressioni. Inoltre la portata del gesto può essere
più pronunciata: il movimento in avanti o all’indietro può recuperare o
anticipare porzioni più o meno ampie del tracciato. Infine l’investimento
energetico e la sua modulazione si esprimono nella velocità del gesto di
composizione rispetto all’andamento della linea narrativa: la presentazione
della linea di eventi del mondo indiretto può essere accelerata o rallentata
(riassunti più veloci, uso dell’accelerato, o al contrario ampie descrizioni,
uso del ralenti ecc.).
La macrotessitura: Nel caso dell’andamento discontinuo del gesto compositivo e della macro-
direzione, tessitura, la direzione del gesto può essere anzitutto rivolta in avanti oppu-
articolazione, re all’indietro rispetto alla linea narrativa che si stava sviluppando; avremo
portata, investimento casi di ellissi e di “salti” che portano al recupero di porzioni successive o
precedenti della linea narrativa: il primo caso è molto diffuso, e ne abbia-
mo visto un esempio proprio nel passaggio dal rapimento di Nick all’arrivo
di Grissom e Catherine sul luogo della sparizione; il secondo caso, molto
più raro, è proprio di racconti che procedono a ritroso, partendo dalla con-
clusione di una storia e narrandone le parti precedenti per segmenti succes-
sivi. Il gesto compositivo può inoltre seguire una direzione longitudinale, a
recuperare linee narrative differenti: queste normalmente appartengono
allo stesso mondo indiretto e si svolgono simultaneamente l’una rispetto
all’altra (narrazione alternata), ma in alcuni casi estremi possono anche ap-
partenere a mondi differenti e non comunicanti (narrazione parallela). In
Grave Danger e in genere in csi il discorso segue separatamente le indagini
di ciascun investigatore e dedica alcuni particolari punti snodo al ricon-
giungersi dei loro sforzi e al confronto dei loro risultati. Anche in questo
caso la direzione si lega all’articolazione del gesto: al movimento di recupe-
ro (in avanti o all’indietro) può infatti aggiungersi un movimento di ritor-
no al punto in cui il racconto era stato lasciato in sospeso; nel caso di
un’andata e ritorno dapprima verso il passato e poi nuovamente al presente
avremo un flash back (come quello che in Grave Danger descrive gli avveni-
menti che si sono svolti quella stessa sera prima del rapimento di Nick),
mentre nel caso opposto di uno slancio in avanti e poi di un ritorno al pre-
sente avremo un flash forward (soluzione più rara in cui si presenta un av-
venimento che sulla linea narrativa si colloca in un momento successivo);
infine anche le narrazioni parallele possono conoscere un passaggio pro-

124
6. L’ordinamento del discorso

I parametri di analisi dell’intreccio

• Andamento continuo (microtessitura):


– direzione del gesto: avanti/indietro/longitudinale;
– articolazione del gesto: movimento unico o combinato;
– portata del gesto: arco temporale coperto;
– investimento e modulazione dell’energia gestuale: velocità.
• Andamento discontinuo (macrotessitura o montaggio):
– direzione del gesto: recupero di eventi avanti/indietro/longitudinale;
– articolazione del gesto: movimento unico (ellissi) o combinato (flash back, flash
forward, contemporaneità);
– portata del gesto: distanza temporale tra porzioni del mondo indiretto recuperate;
– investimento e modulazione energetica: gestione del montaggio e dei passaggi
in termini di velocità e andamento ritmico.

gressivo dall’una all’altra (come avviene in narrazioni costruite per episodi


relativamente autonomi) o il ritorno più o meno regolare dall’una all’altra
(come avviene nei racconti “corali” che contemplano differenti linee nar-
rative variamente intrecciate). Inoltre i movimenti compositivi possono
avere una differente portata: il salto in avanti dalla sparizione di Nick al-
l’avvio delle indagini è di 25 minuti, il ritorno all’indietro si presume di cir-
ca un’ora e così via.
L’investimento energetico e la sua modulazione si manifestano, all’interno
dell’andamento discontinuo del gesto di composizione, negli stili di mon-
taggio e nella velocità dei passaggi tra le inquadrature: per esempio la serie
csi è contraddistinta da assolvenze e dissolvenze velocissime, un montag-
gio secco e rapido ecc. Come sempre sono possibili eccezioni e variazioni
che sottolineano particolari passaggi: il movimento della moneta che rica-
de e la dissolvenza in nero che riporta al presente in cui Nick è legato e tra-
mortito viene accompagnata da un ralenti che evidenzia un passaggio pro-
lungato.
L’insieme dei differenti gesti di composizione, continui e discontinui, ren- Gli schemi
de infine percepibile uno schema complessivo, risultante dal sedimentarsi complessivi
delle scelte gestuali effettuate: nel caso di Grave Danger è possibile rappre- dell’intreccio
sentare questo tracciato come una linea diritta spezzata, composta da linee
minori (le operazioni investigative dei singoli membri) che si incrociano
costantemente. Nel caso del flash back analizzato in questo capitolo la linea
effettua un temporaneo ritorno all’indietro, mentre nel caso dell’incubo di
Nick (che esamineremo nel cap. 9) c’è una deviazione in flash forward ver-
so un futuro immaginato. Altri flash back più puntuali e frammentati in-
terrompono la linea con istantanei salti all’indietro (le immagini-ipotesi

125
Semiotica dei media

sulle modalità del rapimento di Nick o sull’omicidio che ha indirettamente


prodotto anni addietro il movente del rapimento). In altri casi il tracciato
complessivo dell’intreccio può essere più complesso, soprattutto quando
l’articolazione dei gesti si fa più nervosa e poco controllabile, e comporta
numerosi movimenti in avanti e all’indietro o frequenti spostamenti tra li-
nee narrative differenti.

5. Il design temporale dell’esperienza

La costruzione Stamattina un collega al telefono mi ha trattato un po’ bruscamente, e non


di intrecci ne comprendo il motivo. Faccio un breve esame di coscienza: recupero al-
nell’esperienza cuni episodi recenti che ci hanno visti lavorare insieme, li confronto tra
ordinaria loro per cogliere qualche mio sgarbo inavvertito, ripercorro la storia più
antica della nostra amicizia, comparo le mie vicende accademiche e le sue
per scoprire analogie e differenze e così via. Queste esperienze ci ricordano
che ogni giorno noi costruiamo continuamente intrecci: buona parte della
nostra esperienza ordinaria è dedicata a riorganizzare le esperienze passate
o a immaginarne di future in termini narrativi, ovvero mediante un loro
montaggio e una loro composizione discorsiva capaci di produrre nuove
configurazioni sensate. In cosa l’esperienza ordinaria differisce dall’espe-
rienza mediale sotto questo aspetto? Si possono individuare due differenze
strettamente legate e riconducibili alla natura artificiale dell’esperienza me-
diale più volte richiamata.
La disciplina In primo luogo all’interno dell’esperienza ordinaria permane una separa-
degli intrecci zione tra l’esperienza viva e diretta da un lato, e la sua riorganizzazione nar-
nell’esperienza rativa e discorsiva dall’altro. Al contrario, nell’esperienza mediale il rappor-
mediale: il design to con il mondo indiretto e la percezione della sua organizzazione nel di-
temporale scorso sono compresenti e contemporanei: in quanto spettatore (o lettore)
percepisco il mondo indiretto e vivo le sue trasformazioni proprio e solo
attraverso la percezione dei gesti di composizione dell’intreccio. Deriva di
qui una particolare esperienza temporale che consiste nel sentire e nel vi-
vere il tempo del mondo indiretto non semplicemente nei termini lineari e
progressivi del tempo sociale e storico, ma piuttosto in quanto “variazione
immaginaria” (Ricoeur) della temporalità ordinaria.
La seconda differenza riguarda il carattere progettuale, più volte richiama-
to, dell’esperienza mediale: il procedimento di composizione dell’intreccio
nell’esperienza mediale non è autodeterminato come nell’esperienza nor-
male, ma piuttosto eterogestito ed eterodiretto. L’esperienza temporale di
cui ho appena parlato è dunque il risultato di una pianificazione e di un
progetto: il discorso narrativo, e in modo particolare l’intreccio, si rivelano
dunque in ultima istanza gli strumenti di un design temporale dell’espe-
rienza.

126
6. L’ordinamento del discorso

Percorsi di approfondimento

Come abbiamo detto in Il problema del discorso narrativo nella semiotica del testo,
pp. 120-1, esiste un’ampia bibliografia semiotica relativa al discorso narrativo. Ci
limitiamo a completare i riferimenti forniti con il richiamo a Chatman (1978), che
sintetizza in un quadro unitario tanto le grammatiche del racconto quanto le ri-
flessioni sul discorso narrativo. Un’opera recente che riprende questi temi è Ber-
nardelli, Ceserani (2005). Di taglio più pratico Perissinotto (2005). Un’utile intro-
duzione al concetto di “discorso” e all’analisi della narratività è Segre (1985) (in
part. pp. 175-213).
Per le teorie del discorso in ambito cinematografico e audiovisivo rimandiamo ai
riferimenti introdotti nei Percorsi del cap. 3. Sul “discorso dei media” in chiave di
discourse analysis di matrice linguistica, si veda Antelmi (2006).
Come accennato in Il problema del discorso narrativo nella semiotica del testo, pp.
120-1, la riflessione sulla temporalità narrativa in termini di esperienza innerva
l’ampia opera di Ricoeur (1983-85). Gli aspetti temporali dell’esperienza mediale
audiovisiva sono stati approfonditi da Bettetini (1979) e ripresi più recentemente
da Volli (2003).
Una serie molto ricca di studi ha lavorato sulle forme del discorso televisivo, con
una particolare attenzione ai format della narrativa seriale: Casetti (1984), Capret-
tini (1996), Casetti, Di Chio (1997), Buonanno (2002), Grasso, Scaglioni (2003),
Cardini (2004), Pozzato, Grignaffini (2008), Innocenti, Pescatore (2008), Carini
(2009), Iovane (2009), Grasso, Scaglioni (2009). Due collane di volumi utili per
ulteriori ricerche sulla discorsività televisiva sono quella della vqpt (Verifica qua-
litativa programmi trasmessi), attualmente Zone. Collana di studi e ricerche sui me-
dia, edita da rai-eri e Link. Idee per la televisione, edita da rti.
I processi di narrativizzazione propri dell’esperienza ordinaria sono stati al centro
di numerose riflessioni: ricordiamo almeno per gli aspetti mentali Bruner (1986) e
per quelli sociali Jedlowski (2000).

Quaderno degli esercizi

• Riprendi il testo breve che hai già analizzato. In quali modalità e con quale
grado di evidenza si rende visibile il discorso al suo interno?
• Sempre con riferimento al testo breve che stai analizzando, applica i criteri di
analisi della gestualità compositiva introdotti al par. 4 e individua le qualità ritmi-
che e il tracciato complessivo che essa disegna.
• Riprendi uno dei manuali di sceneggiatura di cui ti sei occupato al capitolo
precedente ed esamina in che modo vi vengono trattati i problemi relativi a pro-
duzione discorsiva, intreccio e formato.
• Confronta la costruzione dell’intreccio in un autore classico come per esem-
pio John Ford, uno moderno come Stanley Kubrick e uno contemporaneo come
per esempio Quentin Tarantino: quali differenze e quali analogie riscontri?

127
Semiotica dei media

• Quali particolari problemi per la costruzione dell’intreccio pone e quali ri-


sorse offre il racconto seriale? Fai un confronto tra racconti seriali nel fumetto e
racconti seriali televisivi e individua analogie e differenze nelle costruzioni di in-
treccio.

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6. L’ordinamento del discorso

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129
7
L’ordinamento del mondo diretto

1. Premessa

Il quarto nodo dell’esperienza mediale si colloca all’incrocio tra lo strato


dell’ordinamento narrativo e il campo di oggetti intenzionali del mondo
diretto. Analizziamo in particolare in che modo si definisce, all’interno del
mondo diretto, il suo rapporto di continuità o discontinuità con il mondo
indiretto. Il secondo paragrafo descrive la sequenza di Grave Danger la cui
analisi costituisce come sempre la base delle nostre osservazioni. Il terzo
paragrafo introduce l’importante distinzione tra mondo egotropico e
mondo allotropico e adopera tali concetti per spiegare differenti regimi di
rapporto tra mondo diretto e mondo indiretto. Il quarto paragrafo si con-
centra sui rapporti tra mondo diretto e indiretto nel caso di esperienze me-
diali di finzione, e considera la possibilità che il rapporto di discontinuità
proprio di questo tipo di esperienza mediale venga rinegoziato a favore di
forme parziali o fittizie di continuità. Il quinto paragrafo avanza l’ipotesi
che la progettazione dei rapporti tra mondo diretto e indiretto sia respon-
sabile del design ontologico dell’esperienza.

2. “You can only watch”

Nick, ancora stordito, viene deposto in una bara di plexiglas. Intanto le in-
dagini proseguono febbrili su più fronti: i detective sono riuniti per fare il
punto quando arriva una busta anonima indirizzata proprio a Nick. Gris-
som la apre con cautela, mentre la squadra lo osserva in ansiosa attesa da
dietro la vetrata dell’ufficio (figg. 1 e 2): la busta contiene una pen-drive
usb e un’audiocassetta.
Nick si sveglia nella bara alla flebile luce verde di alcune torce a scuotimen-
to, scopre di avere con sé una pistola e un piccolo registratore: quest’ultimo
contiene un sinistro messaggio del rapitore che lo invita al suicidio. Il de-
tective inizia a dibattersi, ma i suoi sforzi sono vani e i suoi gesti scomposti
cozzano contro le pareti rigide. Nel frattempo la squadra ascolta l’audio-
cassetta: contiene una canzone molto ritmata in stile anni sessanta (si tratta

131
Semiotica dei media

figura 1

figura 2

di Outside Chance, interpretata dai Turtles, del 1962: fig. 3), che accompa-
gna ossessivamente da questo punto in poi la sequenza. Grissom inserisce
la chiavetta usb, mentre la squadra si riunisce davanti al computer. Sullo
schermo appare un messaggio: «One million dollars in 12 hours or the csi
dies. Drop-off instructions to follow. And now for your viewing pleasure

132
7. L’ordinamento del mondo diretto

figura 3

figura 4

“you can only watch”» (“Un milione di dollari entro dodici ore o l’agente
della scientifica muore. Seguiranno istruzioni per la consegna. E ora per la
gioia dei vostri occhi ‘potete solo guardare’”). Quando Grissom clicca sulla
parola “watch”, sullo schermo appare il viso sconvolto di Nick inquadrato
da una web-cam (fig. 4).

133
Semiotica dei media

figura 5

figura 6

A questo punto Grissom, in primo piano, solleva gli occhi dallo schermo
del computer alla macchina da presa, e guarda per così dire negli occhi lo
spettatore (fig. 5). Una lunga serie di primi piani sempre più ravvicinati
mostra gli altri membri della squadra, anch’essi con lo sguardo rivolto alla
macchina da presa, alternati alle immagini di Nick che nello schermo del

134
7. L’ordinamento del mondo diretto

computer si dibatte inutilmente e a totali del gruppo impegnato nell’osser-


vazione degli schermi (fig. 6).

3. Le regolazioni del rapporto tra mondo diretto e indiretto

3.1. Mondo egotropico e mondo allotropico Non appena viene recapitata alla
sede della squadra csi la misteriosa busta riguardante Nick, Grissom la
prende e, seguito da una steady-cam dall’andamento inquieto quanto lo
stato d’animo dell’intera squadra, si reca in uno dei laboratori. Qui apre il
plico con estrema cautela: alcune inquadrature ravvicinate e dettagli ripresi
dalla macchina da presa posizionata di fronte a lui o alla sua destra seguono
passo passo i suoi gesti misurati (fig. 1). Alla sua sinistra, dietro un’ampia
parete a vetro, la squadra osserva con evidente tensione le azioni del suo
capo: due lunghi campi totali mostrano il gruppo di detective in piedi, in-
tenti a scrutare i gesti di Grissom, inquadrati nella cornice scura della ve-
trata che duplica quella dello schermo televisivo (fig. 2).
Rispetto alle sequenze dedicate alla ricerca di Nick che hanno fin qui oc- Agire pratico e agire
cupato la scena, spicca in questo segmento la quasi totale mancanza di osservativo: le figure
azione: una porzione molto ampia del flusso discorsivo viene dedicata al dello spettatore
semplice atto di aprire una busta ed estrarne due oggetti. Se l’agire prati- nel mondo indiretto
co viene deprivato, tuttavia, c’è un altro tipo di comportamento che vie-
ne posto in evidenza: l’osservare l’agire altrui. L’azione vera e propria
(l’aprire la busta per esplorarne il contenuto, affidato a Grissom) viene
dilatata e rallentata nella misura in cui le si affianca e sovrappone l’atto di
assistere all’azione stessa (che coinvolge il resto della squadra). Azione
pratica e azione osservativa, d’altro canto, non sono intrecciate né sempli-
cemente giustapposte: esse sono decisamente separate. La vetrata che si
frappone tra l’operare di Grissom e l’osservare della squadra definisce un
setting spaziale rigidamente bipartito: i detective osservano “al di qua”
della vetrata quanto si svolge “al di là” di essa, senza la possibilità di inter-
venirvi direttamente.
Non può sfuggire allo spettatore (né all’analista che ne ripercorre i passi)
che questo setting e la condizione dei detective della squadra csi che vi
sono inseriti richiamano per analogia la situazione di un altro soggetto: lo
spettatore stesso, intento ad osservare una serie di azioni dalle quali è ra-
dicalmente separato, sulle quali non può influire direttamente e che non
possono raggiungerlo personalmente. Esattamente come la squadra osser-
va da dietro la vetrata le azioni del suo capo, lo spettatore percepisce sé
stesso nell’atto di osservare l’insieme delle azioni che si svolgono all’inter-
no del mondo indiretto, separato e protetto dalla superficie dello scher-
mo televisivo. Non a caso, come abbiamo notato, nelle due inquadrature
frontali della squadra la cornice della vetrata duplica quella dello schermo
televisivo.

135
Semiotica dei media

Cerchiamo di approfondire la natura di questa separazione. Lo spettatore,


abbiamo detto, non può agire su, né “essere agito” da, quanto avviene al di
là dello schermo, all’interno del mondo indiretto; o per lo meno non può
farlo allo stesso modo in cui agisce e viene agito all’interno del mondo di-
retto “al di qua” dello schermo. Questo principio implica due differenti
criteri di organizzazione dei mondi. Il mondo diretto, “al di qua” dello
schermo, è organizzato in riferimento alla presenza corporea situata dello
spettatore; questa definisce le coordinate spaziali, temporali e il tipo di re-
lazioni personali con gli altri soggetti che fanno parte della stessa porzione
di mondo: spazio, tempo e relazioni personali vengono percepiti in riferi-
mento al qui, all’ora e all’io che determinano il radicamento di ciascun
soggetto nella situazione. Il mondo diretto è, possiamo dire, un mondo
alla prima e alla seconda persona. Al contrario, il mondo indiretto “al di
là” dello schermo viene organizzato come un sistema autonomo rispetto al
radicamento somatico dello spettatore nella propria situazione di vita, si-
stema dotato di punti di riferimento e di orientamento completamente in-
terni: si tratta di un mondo alla terza persona.
Il mondo indiretto è Parleremo dunque di un’organizzazione egotropica del mondo diretto e di
in linea di principio un’organizzazione allotropica del mondo indiretto: diremo per brevità che
allotropico il mondo diretto è un “mondo egotropico” e che il mondo indiretto è un
“mondo allotropico”. Il mondo egotropico è dunque anzitutto la nicchia
spaziale e temporale in cui il soggetto si sente immediatamente situato e
che quindi vive e valuta in riferimento al proprio corpo, alle sue possibilità
di movimento e di azione, all’impatto che gli eventi e le trasformazioni
hanno su di esso; il mondo allotropico è invece vissuto come separato da
questa dimensione esistenziale di immediato contatto e di personale coin-
volgimento.

3.2. I regimi del rapporto tra mondo diretto e indiretto L’esperienza dell’orga-
nizzazione egotropica o allotropica del mondo non è esclusiva dell’espe-
rienza mediale (cfr. par. 5); tuttavia essa caratterizza l’esperienza mediale e
in particolare la distinzione tra mondo diretto e mondo indiretto. La con-
seguenza più immediata di questo principio è una costitutiva discontinuità
tra mondo diretto e mondo indiretto: i media introducono l’esperienza di
due mondi ugualmente abitabili ma ontologicamente differenti e in linea
di principio non comunicanti 1. Rispetto a questa situazione di base sono
possibili due tipi di sviluppo.

1. Se non in certe figurazioni immaginarie, in cui gli spettatori entrano nello schermo, come in
La rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo, Woody Allen, usa, 1985), oppure alcuni
personaggi ne escono, come in Videodrome (David Cronenberg, Canada, 1983) e in vari altri
film dell’orrore; ma vedremo nel prossimo paragrafo come l’idea di una osmosi tra i due mondi
sia presente in molte esperienze di finzione.

136
7. L’ordinamento del mondo diretto

La semiotica dell’enunciazione testuale

I rapporti tra le situazioni del mondo diretto e quelle del mondo indiretto in cui si
svolge l’esperienza mediale sono state focalizzate e analizzate dalla semiotica a
partire dalla riflessione sul concetto di “enunciazione”. Tale concetto viene formu-
lato dal linguista francese Émile Benveniste (1966, 1974) sulla scorta di, o paralle-
lamente a, osservazioni di altri studiosi, in particolare quelle avanzate da Karl
Bühler negli anni trenta e da Roman Jakobson alla fine degli anni cinquanta. Per
Benveniste l’enunciazione è l’atto individuale di appropriazione e di uso della lin-
gua all’interno di situazioni concrete, situate, dialogiche. L’atto dell’enunciazione
dà forma all’esperienza che i soggetti fanno nel praticarla; tale forma può essere di
due tipi. Da un lato, l’enunciazione discorsiva permette ai soggetti di configurare
l’esperienza all’interno della quale viene praticata l’enunciazione stessa (configu-
ra, diremmo nella nostra terminologia, un’esperienza egotropica); questo avviene
in quanto l’enunciazione adotta un “apparato formale”, ovvero una serie di ele-
menti linguistici in sé “vuoti” che acquistano il loro riferimento solo rispetto allo
stesso atto di enunciazione: i pronomi personali di prima e seconda persona (l’“io”
e il “tu”), un sistema temporale definito rispetto al presente dell’enunciazione (ol-
tre al presente il passato prossimo e il futuro semplice), i “deittici”, ovvero aggettivi
dimostrativi e avverbi che si qualificano rispetto al “qui” e all’“ora” dell’enuncia-
zione (“questo, quello, poco fa, tra poco” ecc.). Dall’altro lato, l’enunciazione storica
articola l’esperienza di quanto viene enunciato come non pertinente rispetto alla
situazione di enunciazione, dislocato in una dimensione “altra” (configura, direm-
mo nella nostra terminologia, un’esperienza allotropica); di qui l’uso della terza
persona (“egli”), un sistema temporale che prescinde dal presente (passato remo-
to, varie forme di trapassati o di futuri prospettivi), e la rinuncia alle forme deitti-
che (non “ieri”, ma “il giorno prima”, non “qui” ma “in quel punto” ecc.). Per Ben-
veniste le forme discorsive sono prioritarie da un punto di vista logico rispetto a
quelle storiche: dal momento che l’enunciazione è per lui una pratica linguistica
viva, direttamente operante nell’esperienza di comunicazione faccia a faccia, l’e-
sperienza della storia presuppone sempre l’esperienza del discorso.
Il seguito della riflessione sposta la discussione dalla comunicazione faccia a fac-
cia ai testi scritti, e da un’attenzione per il soggetto che enuncia a quella per il sog-
getto della lettura dei testi. In tal modo il rapporto faccia a faccia non avviene più
effettivamente, ma viene simulato all’interno dell’esperienza di lettura del testo
scritto per ottenere particolari effetti cognitivo-emotivi (cfr. cap. 11).
Le conseguenze di un simile spostamento vengono esplicitate all’interno della se-
miotica generativa greimasiana. Per Greimas (cfr. Greimas, Courtés, 1979, voce
“enunciazione”), il semiotico, nel momento in cui affronta lo studio del testo, non
può risalire in alcun modo alla situazione di enunciazione originaria, ma può solo
ricostruire la sua inscrizione in forma di simulacro all’interno del testo enunciato.
L’istanza dell’enunciazione viene pensata sotto questo aspetto come una duplice

137
Semiotica dei media

operazione: anzitutto di débrayage , di “disinnesco” dell’io/qui/ora in un non-io,


non-qui e non-ora installati nell’enunciato (per es. De Gaulle che dice «La Francia
è un bel paese»); quindi di embrayage , ovvero di “reinnesco” che riporta soggetti,
tempi e luoghi “altri” a essere individuabili in quanto soggetti dell’enunciazione (lo
stesso De Gaulle che dice «Il generale de Gaulle pensa che la Francia sia un bel
Paese»). È evidente che si è prodotta una rotazione di 180 gradi rispetto alla conce-
zione di Benveniste: dal momento che la riflessione avviene attorno al testo e alla
sua fruizione piuttosto che rispetto al proferimento di enunciati faccia a faccia, la
priorità logica spetta ora all’enunciazione in quanto costituzione di un mondo “al-
tro”, mentre la messa in forma della situazione di fruizione è secondaria e logica-
mente successiva; il testo non parla direttamente al suo lettore, ma piuttosto simu-
la la relazione diretta e la continuità tra il proprio mondo e quello della sua lettura
a partire da una radicale e costitutiva alterità.
Questa impostazione di studio è stata applicata, oltre che ai testi scritti, anche a
quelli visivi e audiovisivi. In questi ambiti è stato valorizzato la posa e soprattutto
la direzione dello sguardo dei soggetti rappresentati come strumenti di costruzio-
ne di continuità o discontinuità tra mondo rappresentato e situazione di visione.
Per esempio Calabrese (1985) traccia una tipologia del nudo femminile rinasci-
mentale: le pose del corpo e la direzione dello sguardo dei soggetti ritratti manife-
stano una loro più o meno accentuata consapevolezza dell’essere guardati e una
più o meno evidente volontà di restituire lo sguardo allo spettatore. Casetti (1986)
analizza invece il testo filmico e distingue quattro configurazioni generali delle po-
sizioni reciproche tra personaggi e spettatore: l’inquadratura oggettiva in cui do-
mina il personaggio in quanto “egli”; l’interpellazione, in cui il personaggio indiriz-
za lo sguardo e rivolge la parola allo spettatore e in tal modo gli dà del “tu”; la sog-
gettiva, in cui lo spettatore viene messo nella posizione di un “io”; e l’oggettiva ir-
reale, in cui l’“io” e il “tu” divengono un “noi” in occasione di inquadrature partico-
larmente ardite e anomale ma non riconducibili ad alcun personaggio. Se l’oggetti-
va costruisce un rapporto di discontinuità tra mondo diegetico e mondo della visio-
ne, le altre tre forme costruiscono in modo differente un rapporto di pseudoconti-
nuità.

La radicalizzazione Un primo sviluppo tende a radicalizzare la discontinuità costitutiva tra


dell’allotropia mondo diretto e mondo indiretto: è quanto avviene nelle esperienze di fin-
del mondo indiretto zione (cfr. cap. 2, par. 3.4). In questo caso la discontinuità viene applicata
per sineddoche (ovvero in base a una omologia del tutto con la parte) agli
interi mondi di vita che circondano i soggetti situati. L’organizzazione
egotropica o allotropica si estende fino a coinvolgere non solo la porzione
di mondo immediatamente presente al soggetto, ma altresì gli orizzonti di
ricordi e di attese o progetti che circoscrivono e qualificano tale presente, e
dunque le mappe situazionali mediante le quali il soggetto dona senso a
quanto gli sta accadendo: alcuni eventi passati e alcuni progetti e attese ci

138
7. L’ordinamento del mondo diretto

riguardano più direttamente di altri in quanto fanno parte in modo più


immediato del nostro mondo. Evidentemente Grave Danger fa parte di
questo tipo di esperienze: se, mentre seguiamo le vicende di Nick sullo
schermo, ci giunge la telefonata di una persona cara che chiede il nostro
aiuto urgente, siamo immediatamente in grado di valutare il differente sta-
tuto della serie di eventi all’interno dello schermo e di quella che chiede il
nostro intervento nel mondo diretto (benché il decidere se lasciare o meno
a metà il telefilm per correre ad aiutare il nostro amico sia un altro paio di
maniche...).
Un secondo, possibile sviluppo tende invece a riassorbire la discontinuità L’egotropizzazione
tra mondo diretto e mondo indiretto e a riconfigurare quindi il mondo in- del mondo indiretto
diretto in quanto egotropico. È il caso, per la verità molto ampio e diversi-
ficato, dell’esperienza mediale fattuale (cfr. cap. 2, par. 3.4). In alcuni casi
ciò avviene in quanto il mondo di vita che costituisce l’orizzonte del mon-
do indiretto è lo stesso dello spettatore: per esempio nei notiziari di infor-
mazione, nei documentari e ancor di più nel film di famiglia. In altri casi
più estremi può accadere che la stessa porzione di mondo indiretto mostra-
ta dai dispositivi mediali vada ricollocata all’interno della situazione ego-
tropica del mondo diretto: è il caso delle videocamere di sorveglianza.

4. L’esperienza di finzione dalla discontinuità alla pseudocontinuità

4.1. Dalla discontinuità radicale alla discontinuità moderata L’esperienza del- Il regime di finzione:
la finzione lavora dunque all’interno di un orizzonte di competenze e di at- allotropia radicale
tese che prevede una discontinuità radicale tra mondo diretto egotropico e del mondo indiretto
mondo indiretto allotropico. È appunto in questo senso che l’esempio del-
la squadra csi che osserva Grissom da dietro la vetrata permette allo spet-
tatore di percepire una relazione di (parziale) analogia con la propria situa-
zione (figg. 1 e 2). Tuttavia, una volta fissati i parametri di fondo dei due
possibili regimi di rapporto tra mondo diretto e mondo indiretto, occorre
subito osservare che al loro interno sono possibili alcune rimesse in gioco e
negoziazioni di tale rapporto: per un verso le esperienze fattuali riprendo-
no vari aspetti di quelle finzionali; per altro verso queste ultime utilizzano
alcune modalità espressive proprie delle esperienze fattuali in modo da far
vivere al proprio spettatore l’esperienza finzionale “quasi come” fosse fat-
tuale. Seguiamo questa seconda pista a partire dalla sequenza di Grave
Danger che stiamo analizzando.
Ritorniamo per un momento sulla scena della squadra csi che segue le Il regime di finzione:
azioni di Grissom da dietro la vetrata. Essa esprime certamente una discon- allotropia moderata
tinuità tra sistema osservante e sistema osservato e rinvia alla discontinuità del mondo indiretto
tra mondo diretto e mondo indiretto. Tuttavia, al tempo stesso, tale set-
ting tempera e corregge questa discontinuità: il mondo indiretto è certa-

139
Semiotica dei media

mente distinto dal mondo diretto e dalla situazione egotropica in cui lo


spettatore è inserito, ma al tempo stesso ne “riproduce” al proprio interno
alcuni aspetti e andamenti. Questa tendenza alla messa in scena della si-
tuazione spettatoriale caratterizza con crescente esplicitezza il seguito della
sequenza.
Al segmento analizzato seguono infatti due sottosequenze. La prima ri-
guarda Nick che, al suo risveglio nella bara di plexiglas, ascolta il sinistro
messaggio che il rapitore ha inciso nel registratore sepolto con lui. La se-
conda sottosequenza riguarda la squadra che ascolta la canzone incisa dal
rapitore nell’audiocassetta fatta recapitare: la particolare carrellata circolare
in avanti e indietro sui detective raccolti intorno al tavolo sul quale è pog-
giato il registratore insiste appunto su questo spettacolo del gruppo immo-
bile, teso nell’atto dell’ascolto (fig. 3). Possiamo evidenziare due aspetti che
accomunano le due sottosequenze e al tempo stesso le distaccano dal seg-
mento precedente. In primo luogo, se in precedenza la squadra osservava
Grissom nell’atto di agire, ora tanto la squadra (compreso Grissom) quan-
to Nick ascoltano un messaggio registrato: l’oggetto dell’attenzione percet-
tiva è ora un discorso mediato da un dispositivo tecnologico; lo spettatore
riceve dunque ulteriori indicazioni per riconoscere nella situazione del
mondo indiretto la situazione del mondo diretto della quale egli fa parte.
In secondo luogo, anche se i materiali sensoriali non sono più di tipo visivo
ma puramente uditivi, lo spettatore si rende conto che le percezioni dei
personaggi coincidono con le sue: egli ascolta il messaggio registrato e la
canzone dei Turtles come e insieme a Nick e ai membri della squadra csi.
Tale coincidenza percettiva sottolinea ulteriormente l’analogia tra situazio-
ne rappresentata e situazione spettatoriale.
Un ulteriore passo avanti in questo senso si ha di lì a poco, quando Gris-
som inserisce nel computer la chiavetta usb e appaiono sullo schermo i
messaggi del rapitore e il volto di Nick ripreso dalla web-cam. In questo
caso le ripetute inquadrature dello schermo del computer (nuovo e ulterio-
re dispositivo tecnologico di erogazione di materiali sensoriali) fanno sì che
non solo le percezioni uditive dei personaggi coincidano con quelle dello
spettatore (sullo sfondo continua, martellante, la canzone dei Turtles), ma
anche quelle visive in certa misura siano le stesse (figg. 4 e 6).
La “diegetizzazione Ecco dunque evidenziato un primo caso di negoziazione della discontinui-
del dispositivo” tà radicale tra mondo diretto e mondo indiretto propria dell’esperienza fin-
zionale: la situazione di visione e di ascolto dei materiali mediali per il tra-
mite di un dispositivo tecnologico, propria del mondo diretto, viene ripro-
dotta all’interno del mondo indiretto; il mondo egotropico che circonda e
situa lo spettatore viene per così dire allotropizzato all’interno del mondo
indiretto: si tratta di un procedimento che è stato definito dalla teoria del

140
7. L’ordinamento del mondo diretto

film “diegetizzazione del dispositivo” 2. Ne deriva un rapporto di disconti-


nuità moderata tra mondo indiretto e mondo diretto.
Facciamo tre osservazioni sul regime di discontinuità moderata che abbia- Rappresentazioni
mo evidenziato. In primo luogo il procedimento della diegetizzazione del e teorie
dispositivo può essere implicito e variamente “mascherato”: per esempio dello spettatore
anche la scena della squadra che osserva Grissom da dietro la vetrata, pur
non mettendo in scena un vero e proprio dispositivo mediale, presenta
un’analogia con l’atto del guardare uno schermo televisivo. D’altronde
uno dei più celebri casi di diegetizzazione del dispositivo è La finestra sul
cortile (Rear Window, Alfred Hitchcock, usa, 1954), in cui un fotoreporter
con la gamba ingessata vede (forse) maturare e compiersi un delitto nella
casa di fronte dall’ampia finestra del suo studio.
In secondo luogo, per annullare parzialmente la discontinuità tra mondo
diretto e indiretto l’esperienza finzionale fa ricorso a un procedimento pro-
prio delle esperienze mediali di tipo fattuale. Per esempio nell’intratteni-
mento e nell’informazione vengono spesso messi in scena all’interno del
mondo indiretto vari tipi di rappresentazioni “vicarie” dello spettatore che
rappresentano delle “istruzioni per l’uso” del testo: si pensi al pubblico in
studio nelle trasmissioni televisive di varietà o di approfondimento; ai reso-
conti giornalistici delle reazioni della “gente comune” a un fatto di crona-
ca; ai personaggi che esprimono un giudizio positivo su un prodotto in
uno spot pubblicitario e così via.
Osserviamo infine che, quando il procedimento della diegetizzazione del
dispositivo viene adoperato all’interno di un’esperienza finzionale, spesso
viene espressa una teoria riferita all’essere e all’agire dello spettatore. Le
rappresentazioni dello spettatore per un verso gli restituiscono la propria
situazione, orientando la sua attenzione a quanto egli è e a quanto egli fa
nel mondo diretto; per altro verso gli forniscono alcune indicazioni e alcu-
ne risorse interpretative mediante le quali egli può “rendersi conto” della
condizione nella quale è immerso. Per esempio il passaggio che abbiamo
analizzato in Grave Danger (dalle azioni di Grissom osservate da dietro la
vetrata ai messaggi vocali ascoltati da Nick e dalla squadra, fino allo spetta-
colo sconvolgente di Nick sepolto vivo che la web-cam mostra tanto ai suoi
compagni quanto allo spettatore) evidenzia in misura crescente una condi-
zione caratterizzata al tempo stesso da una piena capacità di visione e una
completa impotenza di azione; condizione vissuta dai personaggi in scena
ma, anzitutto, propria e tipica dello spettatore e parte essenziale del piacere
che lo mantiene di fronte allo schermo: come afferma il rapitore di Nick,

2. Il termine “diegesi” si riferisce, lo ricordiamo, al mondo indiretto e a quanto vi è contenuto:


cfr. Mondi narrativi e condizioni elementari del racconto, pp. 105-6.

141
Semiotica dei media

con ironia solo parziale, «for your viewing pleasure “you can only
watch”» 3.

4.2. Dalla discontinuità alla pseudocontinuità Le immagini del volto di Nick


ripreso dalla web-cam sono appena apparse sullo schermo del computer
(fig. 4). Un primo piano frontale mostra Grissom con gli occhi puntati in
basso, verso lo schermo, il volto illuminato dalla luce azzurra del riverbero,
la bocca semiaperta e lo sguardo aggrottato. Poi improvvisamente il detec-
tive alza lo sguardo e lo fissa sullo spettatore, mentre la camera si avvicina
lentamente al suo viso (fig. 5). Lunghi primi piani dapprima più distanti
poi ravvicinati inquadrano uno ad uno i membri della squadra, lo sguardo
rivolto anch’essi sullo spettatore.
Questi sguardi in macchina dei personaggi vengono giustificati in quanto
rivolti a uno schermo più ampio appeso ad altezza d’uomo nel laboratorio,
come rivela di lì a poco un campo totale ripreso dalle spalle della squadra
(fig. 6). Tuttavia questa spiegazione non risarcisce lo spettatore del piccolo
shock che essi gli procurano: contrariamente alle regole ordinarie dell’espe-
rienza mediale di finzione, lo spettatore ha l’impressione che lo sguardo
che sta rivolgendo al mondo indiretto venga colto e restituito dai soggetti
di tale mondo; per alcuni, lunghi momenti lo sguardo dei soggetti che abi-
tano il mondo indiretto incrocia il suo, sembra avvertire la sua presenza e
istituire con lui un legame di reciprocità particolarmente forte e intimo.
Il regime di finzione: Non è difficile, alla luce di quanto detto nei paragrafi precedenti, cogliere
pseudoegotropia le ragioni del disagio procurato da questo sguardo in macchina: gli insistiti
del mondo indiretto sguardi lanciati dai personaggi verso lo spettatore implicano che mondo
indiretto e mondo diretto non siano più distinti in quanto sistema allotro-
pico e sistema egotropico, ma piuttosto facciano entrambi parte di uno
stesso sistema egotropico. Il rapporto di discontinuità tra il mondo indi-
retto e il mondo diretto viene riconfigurato in modo molto più radicale
che nel caso della discontinuità moderata esaminato sopra: se prima aveva-
mo parlato di una “eterotropizzazione del mondo diretto”, possiamo ora
parlare di una “egotropizzazione del mondo indiretto”. Tra mondo indi-
retto e mondo diretto cade la cesura della discontinuità e si costituisce un
regime unitario e fluido: dal momento che una distinzione comunque per-
mane, parliamo di un rapporto di pseudocontinuità e di una “pseudoego-
tropia” del mondo indiretto.

3. In questa sede abbiamo evidenziato che la discontinuità moderata viene costruita mediante il
procedimento della diegetizzazione del dispositivo di erogazione dei materiali mediali; tuttavia è
possibile anche un altro procedimento: la diegetizzazione del dispositivo di produzione tecnica
dei materiali mediali, la messa in scena a vario titolo del farsi del film (o dell’immagine fotogra-
fica, o dell’articolo di giornale ecc.). Riprenderemo questo punto nel prossimo capitolo, quando
avremo introdotto il soggetto della percezione del mondo indiretto (cfr. cap. 8, par. 3).

142
7. L’ordinamento del mondo diretto

Il rapporto di pseudocontinuità tra mondo indiretto e mondo diretto è re- Esperienza


lativamente raro nel caso delle esperienze mediali di finzione, ma comun- di finzione
que non ne è assente. In alcuni casi sono gli inizi e le conclusioni a rappre- ed esperienza
sentare casi di costituzione di una pseudopresenza diretta dei personaggi fattuale
che guardano negli occhi lo spettatore e per così dire “gli danno del tu”;
mentre le parti centrali sono deputate a una narrazione “alla terza perso-
na”. In altri casi (come quello che stiamo esaminando) sguardi e indicazio-
ni rivolti dai personaggi allo spettatore sorgono inaspettati, investono im-
provvisamente lo spettatore e gli rivelano che quanto egli sta guardando
“lo riguarda”.
D’altra parte, come già nel caso della discontinuità moderata, i procedi-
menti di interpellazione diretta dello spettatore o del lettore, responsabili
del regime di pseudocontinuità nell’esperienza di finzione, sono frequenti
o normali in tutti i casi di esperienza fattuale: per esempio un telegiornale
o uno spot pubblicitario, in cui il conduttore, l’anchorman o il testimonial
guardano regolarmente lo spettatore negli occhi; oppure una videoconfe-
renza o una chat video via web, che sostituisce e riproduce le dinamiche di
un rapporto faccia a faccia.

5. Il design ontologico dell’esperienza mediale

Mentre scrivo queste pagine ho davanti una grande finestra che dà su un Egotropia
piccolo giardino; sollevo lo sguardo e osservo i miei figli, presi dal loro gio- e allotropia
co, al di là dei vetri. Ma d’un tratto la mia bambina si accorge di me, mi nell’esperienza
guarda e mi lancia un cenno, quasi un gesto di intesa. Improvvisamente il ordinaria
sistema di organizzazione che reggeva la situazione è cambiato, perché è
cambiato il rapporto tra i mondi che ci ospitavano e in cui vivevamo. Pri-
ma che la bambina si accorgesse del mio sguardo, il mio ufficio da un lato e
il giardino dall’altro vivevano per me in una relazione di separazione e di
parziale alterità: dallo spazio egotropico del mio ufficio seguivo i giochi dei
bambini “alla terza persona”, nello spazio allotropico al di là della cornice
della finestra. Il saluto e lo sguardo della bambina mi richiamano alla con-
sapevolezza della praticabilità reciproca e della continuità tra questi due
mondi: la relazione con i miei bimbi diviene ora alla prima e seconda per-
sona.
L’organizzazione del mondo in porzioni egotropiche e allotropiche e la ne- La disciplina
cessità di organizzare i rapporti tra esse fanno parte dunque dell’esperienza dell’allotropia
ordinaria che ciascuno di noi svolge continuamente all’interno della vita nell’esperienza
quotidiana. Anche in questo caso tuttavia l’esperienza mediale introduce mediale: il design
due particolarità. ontologico
In primo luogo essa impone necessariamente una distinzione netta tra un

143
Semiotica dei media

mondo diretto egotropico e un mondo indiretto che, essendo costituito a


partire da un discorso, è allotropico. L’esperienza mediale ci obbliga quin-
di a valutare di volta in volta se quanto scorre nel mondo indiretto si confi-
gura per noi “alla terza persona” oppure se i soggetti e gli eventi che guar-
diamo e ascoltiamo ci rivolgono un appello diretto e ci coinvolgono in pri-
ma persona: dobbiamo insomma decidere se e quanto essi ci tocchino, ci
“riguardino” (nel senso in cui usa questa espressione Georges Didi-Huber-
man), ci “pungano” (secondo una metafora utilizzata da Roland Barthes
in un saggio sulla fotografia).
In secondo luogo, come ormai siamo abituati ad aspettarci, l’esperienza
mediale attua ancora una volta un lavoro di progettazione di questo aspet-
to dell’esperienza. Per un verso essa si basa su quella rete di saperi pratici
che permette di distinguere differenti tipi di esperienze mediali e che fun-
ziona quindi da orizzonte di attese nel momento in cui si affronta una par-
ticolare esperienza mediale (cfr. cap. 2, par. 3.4). Per altro verso ogni parti-
colare esperienza mediale introduce al proprio interno risistemazioni, ne-
goziazioni, passaggi inaspettati – come nel caso dello sguardo in macchina
di Grissom che abbiamo analizzato nel paragrafo precedente. L’esperienza
mediale progetta dunque i modi mediante i quali i soggetti vivono il rap-
porto con mondi “altri” e, allo stesso tempo, prendono coscienza dei limi-
ti, delle possibilità, delle responsabilità insite nel mondo “proprio”: possia-
mo dire che essa realizza un design ontologico dell’esperienza.

Percorsi di approfondimento

I concetti di organizzazione egotropica e allotropica del mondo vissuto ritornano


in vario modo nelle scienze neurocognitive contemporanee di ispirazione fenome-
nologica: si parla per esempio di spazio egocentrico vs allocentrico, o di spazio pe-
ripersonale vs extrapersonale. Su questi aspetti cfr. Rizzolatti, Sinigaglia (2006, in
particolare pp. 53-77).
Come abbiamo detto in La semiotica dell’enunciazione testuale, pp. 137-8, la semio-
tica si è occupata dei problemi affrontati nel capitolo principalmente in base alla
categoria della enunciazione. Un’ottima sintesi del concetto e della sua evoluzione,
anche nell’ambito del’audiovisivo, è Manetti (2008). Sulle applicazioni all’ambito
del visivo rinvio a Eugeni (2004) (oltre ai manuali di analisi e sulle teorie dell’au-
diovisivo introdotti al cap. 3). Una raccolta di saggi (anche storici) sui problemi
dell’“indicalità” è Raynaud (2006).
La questione della responsabilità dello sguardo dello spettatore è stato al centro di
alcuni dibattiti recenti: cfr. Didi-Huberman (2003) e Montani (2007). Il riferi-
mento all’immagine che “punge” è in Barthes (1980).
Nell’ambito della teoria del film un’analisi classica della eteronomia di quanto si
svolge al di là dello schermo è Cavell (1979).

144
7. L’ordinamento del mondo diretto

Quaderno degli esercizi

• Riprendi il testo breve che hai già analizzato. Quali modalità di rapporto tra
mondo indiretto e mondo diretto ritrovi al suo interno?
• Reperisci e analizza una serie di opere di finzione, cinematografiche o televisi-
ve, che mettono in scena la fruizione di media. In che modi esse offrono allo spet-
tatore strumenti per riconfigurare la propria esperienza mediale diretta?
• Reperisci e analizza una serie di opere di finzione che mettono in scena il pas-
saggio da un mondo diretto a un mondo indiretto. Quali implicazioni possiede il
passare dal fuori al dentro lo schermo cinematografico o televisivo e viceversa a se-
conda di testi comici, dell’orrore ecc.? Quali teorie sui media e sui loro spettatori
implicano queste trame finzionali?
• Analizza le differenti figure vicarie dello spettatore in un programma televisi-
vo di intrattenimento (pubblico in studio, spettatori che telefonano, passanti in-
tervistati dagli inviati ecc.): osserva in che modo vengono messi in scena i diffe-
renti comportamenti e giudizi di questi soggetti e valuta in che misura e in che
senso essi costituiscono delle indicazioni di comportamento per il pubblico “a
casa”.
• Reperisci e analizza una serie di “sguardi in macchina”, sia in testi di finzione
che in testi di informazione (telegiornali, programmi di approfondimento televisi-
vo) o in pubblicità. Avanza delle ipotesi sulle ragioni per cui queste differenti
esperienze mediali costruiscono un rapporto di pseudocontinuità con il mondo
dello spettatore.

Riferimenti bibliografici

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Semiotica dei media

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146
8
Le relazioni con i soggetti
del mondo indiretto

1. Premessa

Questo capitolo esamina il quinto snodo dell’esperienza mediale, all’in-


crocio tra lo strato di costituzione del legame relazionale intersoggettivo
e il campo di oggetti intenzionali del mondo indiretto. Il secondo para-
grafo descrive la sequenza che conclude la prima parte di Grave Danger,
al centro dell’analisi condotta nel corso del capitolo. Il terzo paragrafo
esamina le relazioni tra il soggetto dell’esperienza mediale e il soggetto
della percezione del mondo indiretto (quell’entità identificata spesso,
ma come vedremo in modo semplicistico, con la “macchina da presa”).
Il quarto paragrafo analizza le relazioni tra il soggetto dell’esperienza e
gli altri soggetti rinvenibili all’interno del mondo indiretto: i “personag-
gi”. Il quinto paragrafo introduce l’idea che lo snodo dell’esperienza me-
diale affrontato in questo capitolo sia responsabile del design etico del-
l’esperienza.

2. 4672 Carney Lane, Boulder Highway

Questo l’indirizzo presso il quale Grissom deve portare, da solo e disar-


mato, la somma del riscatto che Catherine si è procurata. Una serie di to-
tali e di dettagli inquadra di spalle il poliziotto di fronte a un capannone
fatiscente, immerso nella luce vivida del pieno giorno (fig. 1). Un carrello,
sempre di spalle, lo segue mentre entra al suo interno: una tenebra com-
patta, appena rischiarata dalla luce che filtra dai vetri color sangue rappre-
so, è trafitta dai raggi del sole che penetrano dalle pareti sconnesse. Ri-
chiamato da una voce anonima («superi la porta...») Grissom avanza te-
nendo avanti a sé la torcia elettrica: alcune soggettive mostrano il furgone
usato per il rapimento, taniche sporche, il cadavere di un cane disteso su
un fianco; una serie di primi piani studiano il volto teso e sospettoso del
poliziotto (fig. 2). Nel momento in cui Grissom supera un pannello che
divide l’ampio locale, un controcampo in totale mostra un uomo di spalle

147
Semiotica dei media

figura 1

figura 2

seduto a una scrivania che osserva sullo schermo di un computer lo spet-


tacolo del volto di Nick semicosciente (fig. 3); sullo sfondo dell’immagine
il punto luminoso e mobile della torcia elettrica segnala la presenza di
Grissom all’altro capo dello stanzone spoglio e oscuro. Il dialogo tra i due
uomini, disposti l’uno di fronte all’altro ai due lati estremi dello spazio e

148
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

figura 3

figura 4

ciascuno con la torcia in mano, viene ripreso mediante alcuni campi e


controcampi dapprima in totale poi sempre più ravvicinati fino a divenire
dei piani medio lunghi. Mentre Grissom mostra tensione, malumore e
l’intenzione di concludere al più presto lo scambio, il rapitore prolunga la
conversazione in modo sgradevole: allude a possibili rapporti omosessuali

149
Semiotica dei media

tra Grissom e Nick, insiste sul senso di terribile sofferenza e di assurda


impotenza che Grissom prova nel guardare il volto torturato del suo de-
tective nella bara: «come si sente, sapendo che non c’è niente che può fare
per tirarlo fuori da quell’inferno: inerme, inutile, impotente? Bene. Ben-
venuto nel mio mondo!».
Nel pronunciare le ultime parole, l’uomo apre la giacca: ha legati al cor-
po alcuni pacchi di esplosivo. Dopo aver consigliato a Grissom di sco-
starsi, preme senza esitazioni il detonatore. Una terribile esplosione scon-
volge l’immagine: due inquadrature dall’esterno mostrano il frantumarsi
dei vetri del capannone. Al suo interno, alcune lente inquadrature in
steady-cam collegate mediante dissolvenze incrociate indugiano su parti-
colari della scrivania e delle pareti imbrattate di sangue e brandelli del
corpo del rapitore. Grissom stordito si rialza, il volto sporco anch’esso di
sangue. Una sua soggettiva mostra un totale del capannone ormai vuoto,
inondato da un fiotto di luce che entra da una finestra distrutta sulla si-
nistra; nell’aria, tra il fumo, danzano leggeri i frammenti delle banconote
(fig. 4).

3. Il soggetto della percezione del mondo indiretto

3.1. Rendersi conto del soggetto della percezione All’inizio della sequenza la
figura di Grissom in piedi davanti al capannone di lamiera arrugginita, in
pieno sole, viene inquadrata mediante un totale immobile che isola la figu-
ra dell’uomo di spalle sulla destra dello schermo, a fianco di un alto palo
scuro (fig. 1). Dopo un dettaglio della borsa con il denaro, ripreso anch’es-
so da dietro, e uno delle spalle di Grissom che gira la testa dai due lati,
l’immagine ritorna sullo stesso campo totale dell’inizio: questa volta Gris-
som si muove verso il capannone. Le due inquadrature seguenti tornano
sul dettaglio delle sue spalle e poi su quello della borsa, ma questa volta le
immagini sono in movimento: un carrello segue il detective e, quando sale
i pochi gradini e apre la porta di lamiera, si ferma a inquadrarlo dal basso.
Soggetto della Come il lettore può verificare rileggendo la breve descrizione appena fatta,
percezione vs nel guardare questo segmento di Grave Danger noi percepiamo due serie di
soggetto del mondo azioni distinte (per quanto strettamente correlate), riferibili a due diversi
indiretto soggetti. Da un lato vediamo le azioni svolte da Grissom all’interno del
mondo indiretto: il suo restare fermo a osservare il capannone, il suo avan-
zare e aprire la porta. Dall’altro lato assistiamo a una serie di azioni percet-
tive svolte da un altro soggetto che guarda, si avvicina o si ritrae, sta fermo
o si muove rispetto alla scena del mondo indiretto, più o meno in sincronia
con i personaggi che lo abitano. Se, come abbiamo argomentato nel cap. 4,
par. 3.1, la percezione è un processo attivo di esplorazione sensomotoria e

150
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

prensione situata del mondo, le immagini che vediamo ci fanno assistere


“dal vivo” a uno di questi processi attivi di percezione.
Per quanto le due serie di azioni appaiano in contemporanea e congiunte,
l’agire percettivo del soggetto anonimo che segue le azioni di Grissom è lo-
gicamente prioritario: infatti è solo mediante il percepire quanto tale sog-
getto sente che lo spettatore può assistere all’agire di Grissom e in generale
a quanto avviene nel mondo indiretto. Prima ancora di avvertire la presen-
za dei soggetti interni al mondo indiretto, lo spettatore si rende conto
quindi della presenza di un altro tipo di soggetto che chiameremo il “sog-
getto della percezione” del mondo indiretto.

3.2. Comprendere il soggetto della percezione Il soggetto della percezione si Soggetto della
presenta allo spettatore come responsabile di un’attività percettiva in atto percezione e mondo
esercitata rispetto al mondo indiretto; egli viene quindi qualificato dal tipo indiretto: esclusione
di rapporto che lo lega a tale mondo, rapporto che lo spettatore può com- vs inclusione
prendere a partire da una serie di tracce e di indizi. Rileggiamo la breve de-
scrizione delle inquadrature che aprono la sequenza 1. Al loro interno, nul-
la allude al fatto che il soggetto della percezione faccia parte del mondo in-
diretto: nessuno si rivolge a lui, né i suoi movimenti rimandano a una pre-
senza direttamente coinvolta e coinvolgibile in quanto si sta svolgendo.
Diremo dunque che il rapporto tra il soggetto della percezione e il mondo
indiretto che egli percepisce è un rapporto di “esclusione”: il mondo indi-
retto è, per il soggetto della percezione, un mondo che egli percepisce ma
che lo esclude.
Pure, alcuni elementi spingono a dettagliare e a modificare parzialmente Esclusione radicale
questa affermazione. I totali in cui la macchina da presa è immobile evi- vs esclusione
denziano certamente la condizione di esclusione del soggetto della perce- moderata
zione dal mondo; in altri momenti, tuttavia, la macchina effettua leggeri
movimenti nervosi (inq. 2) o più consistenti spostamenti in avanti tali da
manifestare una precisa intenzionalità che guida l’esplorazione percettiva
(inqq. 5 e 6). In questi casi il soggetto della percezione manifesta (per

1. All’interno di queste sei inquadrature possiamo reperire un’elegante simmetria. La sequenza


che comprende il totale di Grissom davanti al capannone (inq. 1) – il dettaglio della borsa (2) –
il dettaglio delle spalle di Grissom (3) delle prime tre inquadrature si ripete con una leggera in-
versione “a chiasmo” (ovvero “a X”) nelle successive tre: totale (4) – dettaglio delle spalle (5) –
dettaglio della borsa (6). Al tempo stesso viene introdotta una progressiva dinamizzazione delle
immagini: la prima inquadratura è completamente statica, quasi una fotografia filmata; nel det-
taglio dell’inquadratura 2 Grissom è immobile, ma alcuni leggeri movimenti della camera a
mano introducono una sorta di vibrazione inquieta; nella 3 è Grissom, ripreso di spalle, a muo-
vere il capo; il totale dell’inquadratura 4 vede muoversi Grissom verso il capannone; il dettaglio
delle sue spalle dell’inquadratura 5 è un carrello che lo segue nel suo percorso di avvicinamento;
infine il dettaglio della borsa dell’inquadratura 6 è anch’esso un carrello che accompagna Gris-
som e lo inquadra dal basso mentre sale i gradini.

151
Semiotica dei media

quanto debolmente) il possesso di un corpo, di una collocazione nel mon-


do, di stati di coscienza che si traducono in movimento: egli manifesta in-
somma una semipresenza all’interno del mondo indiretto, benché esso ri-
sulti comunque escluso da tale mondo – in particolare a partire dall’atteg-
giamento dei soggetti del mondo indiretto che, come Grissom in questo
caso, non ne riconoscono la presenza. Dobbiamo dunque distinguere un
rapporto di “esclusione radicale” (il soggetto della percezione percepisce
un mondo da cui è completamente escluso) da uno di “esclusione modera-
ta” (il soggetto della percezione manifesta una presenza e una semi-inclu-
sione all’interno di un mondo che tuttavia non riconosce tale presenza).
Inclusione radicale Effettuiamo ora due piccoli spostamenti in avanti all’interno della sequen-
vs inclusione za che stiamo esaminando. Primo spostamento: appena Grissom entra nel
moderata capannone buio e si toglie gli occhiali da sole, vengono introdotte numero-
se inquadrature, statiche o dinamiche, che sono riferibili a quanto egli vede
nel suo percorso esplorativo. Si tratta di quel tipo di inquadrature che,
com’è noto, vengono chiamate “soggettive”. È evidente che in questi casi il
rapporto tra il soggetto della percezione del mondo indiretto e il mondo
stesso cambia: da una relazione esclusiva essa si fa inclusiva. Chi percepisce
è situato con il proprio corpo nel mondo indiretto, agisce al suo interno,
può essere toccato dalle trasformazioni che vi si verificano e viene ricono-
sciuto in quanto tale dagli altri soggetti presenti in esso.
La soggettiva rappresenta un caso di “inclusione radicale”; tuttavia è possi-
bile anche un’“inclusione moderata”: possiamo individuarne un esempio se
compiamo un altro piccolo spostamento e ci portiamo all’inquadratura in
cui il rapitore sta osservando le immagini di Nick sofferente. Sono soprat-
tutto le immagini della web-cam a interessarci in questo caso: nel momento
in cui ci mostrano Nick, esse manifestano la propria origine tecnologica e
riproduttiva; anche in questo caso il soggetto della percezione è dunque si-
tuato all’interno del mondo indiretto, ne fa parte, vi agisce e ne viene diret-
tamente toccato, ma tale soggetto è anzitutto un dispositivo tecnologico di
ripresa. Il caso della web-cam è un caso estremo in quanto essa funziona
senza che vi sia qualcuno che la manovra, come una videocamera di sorve-
glianza o una telecamera “robotizzata” in grado di operare senza alcun sog-
getto umano; in altri casi la produzione di immagini da parte di un disposi-
tivo di ripresa richiama per metonimia la presenza di un soggetto umano
che maneggia il dispositivo di registrazione all’interno del mondo indiretto
e si avvicina quindi all’inclusione radicale proprio della soggettiva 2.

2. Il caso dell’inclusione moderata del soggetto della percezione nel mondo indiretto corrispon-
de di fatto al procedimento di diegetizzazione del dispositivo di ripresa delle immagini e dei
suoni cui abbiamo accennato nel capitolo precedente (cfr. par. 4.1) quale ulteriore procedimen-
to utile a riassorbire la discontinuità tra mondo diretto e mondo indiretto.

152
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

Possiamo rapidamente osservare su questo punto una trasformazione dal- Linguaggi audiovisivi
l’estetica audiovisiva classica a quella contemporanea: la prima assegnava classici vs
all’esperienza di finzione i due estremi dell’esclusione e dell’inclusione ra- contemporanei
dicale, mentre riservava le due alternative intermedie all’esperienza fattua-
le; l’estetica contemporanea ha invece esteso massicciamente l’uso dell’e-
sclusione e dell’inclusione moderate alla fiction: si pensi all’uso diffusissi-
mo della camera a mano o della steady-cam nella fiction televisiva, oppure
ai numerosi film che simulano (in parte o completamente) immagini gira-
te da videocamere amatoriali o da altri dispositivi di ripresa 3.

3.3. Condividere il soggetto della percezione Mentre guardo la macchina da


presa seguire Grissom che si appressa al minaccioso capannone, cerco feb-
brilmente con la mano i pop corn che avevo preparato al mio fianco: tasto
disperatamente la ciotola ma non trovo nulla; un rapido sguardo conferma
che dei pop corn non c’è più traccia. Anche io ho svolto un’azione di esplo-
razione sensomotoria, analoga a quella che vedo effettuare dal soggetto del-
la percezione all’interno del mondo indiretto. Tuttavia è chiara la distin-
zione tra le due attività: la ricerca dei pop corn viene svolta e controllata da
me all’interno di un mondo che abito e in cui mi muovo liberamente. Essa
dunque mi appartiene; l’attività di percezione dello spostamento di Gris-
som al contrario viene svolta da un soggetto che è altro da me all’interno di
un mondo che non mi è direttamente presente, e dunque non mi appar-
tiene.
Una simile alternativa tra appartenenza e non appartenenza dell’esperienza Simulazione
percettiva può tuttavia essere negoziata. Ricordiamo (cfr. cap. 4, par. 3.1) incorporata e circuiti
che le attività di esplorazione sensomotoria e di prensione situata del mon- del “come se”
do non vengono solo attuate direttamente dai soggetti della percezione
mediante spostamenti fisici nel mondo, ma anche svolte in un regime di si-
mulazione incorporata; questo fa sì che oltre alla percezione effettiva vi
siano continue attività percettive del tipo “come se”: ricostruzioni, prepa-
razioni o semplici ipotesi di tragitti esplorativi. Una volta constatato che
ho fatto fuori tutti i pop corn, alzo lo sguardo verso il mio armadio-dispen-
sa e calcolo rapidamente il percorso e le operazioni che dovrei fare per
prenderne altri.
Questa abitudine alla costante simulazione di attività percettive e senso- La condivisione
motorie fa sì che lo spettatore, nel momento in cui si trova di fronte le trac- dei processi
ce dell’attività in atto del soggetto della percezione del mondo indiretto, sensoriali
possa leggerle come percorsi di simulazione incorporata che si svolgono al- del soggetto
l’interno del mondo indiretto, e quindi viverle come attività percettive e della percezione
sensomotorie parzialmente proprie e non più radicalmente di altri. Parlia-

3. Due esempi per tutti, di genere differente: il film di guerra a impegno civile Redacted (Brian
de Palma, usa/Canada, 2007) e l’action horror Cloverfield (Matt Reeves, usa, 2008).

153
Semiotica dei media

mo a questo proposito di una condivisione dell’esperienza percettiva tra


soggetto dell’esperienza e soggetto della percezione del mondo indiretto; e
la opponiamo a un regime di non condivisione della stessa esperienza.
Il “posizionamento” Comprendere la relazione tra il soggetto della percezione e il mondo indi-
dello spettatore retto da un lato e far scattare o meno una condivisione dell’esperienza per-
cettiva svolta da tale soggetto dall’altro rappresentano fasi differenti della
costituzione della relazione intersoggettiva. Tuttavia esse si determinano
reciprocamente e definiscono congiuntamente il tipo di esperienza percet-
tiva che lo spettatore fa del mondo indiretto. In particolare l’incrocio delle
diverse possibilità emerse in ciascuno dei due ambiti definisce differenti
“posizionamenti” e gradi di coinvolgimento percettivo dello spettatore ri-
spetto al mondo indiretto: da un grado massimo di distacco (rapporto di
esclusione del soggetto della percezione rispetto al mondo indiretto e rela-
zione di non condivisione tra questi e lo spettatore) a un grado massimo di
presenza (rapporto di inclusione del soggetto della percezione rispetto al
mondo indiretto e relazione di condivisione tra questi e lo spettatore), pas-
sando per i gradi intermedi degli altri possibili incroci.

Il punto di vista nel testo narrativo

Molti dei temi trattati in questo capitolo sono stati affrontati dalla semiotica all’in-
terno del dibattito sul “punto di vista” narrativo. Già nella seconda metà dell’Otto-
cento alcuni autori come Henry James delineavano il problema della relazione tra
la narrazione e lo “sguardo” dei personaggi dei propri racconti. Il problema si tra-
sforma, nel corso del Novecento, da questione di tecnica narrativa a questione di
teoria della letteratura: al suo interno si intrecciano e si sovrappongono differenti
distinzioni riguardanti il punto di vista narrativo, in particolare tra: a) un’accezione
puramente sensoriale (un percepire), una cognitiva (un sapere), una valoriale (un
valutare e un credere); b) un’accezione contingente (una certa posizione del perso-
naggio rispetto a una specifica scena e l’espressione di suoi singoli giudizi) e una
assoluta (un regime di narrazione e l’espressione di una complessiva visione del
mondo); c) l’atto del percepire e l’atto del riferire narrativamente quanto si perce-
pisce (che nel discorso letterario sono intimamente uniti); d) un approccio seman-
tico (che analizza la logica dei punti di vista) e un approccio pragmatico (che ana-
lizza gli effetti di tali strategie sul lettore in termini di suspence, manipolazione af-
fettiva e ideologica ecc.).
Genette (1972) riprende tali questioni in ambito semiotico e narratologico. Egli in-
terviene sul punto c, e distingue nettamente la questione del punto di vista (pro-
blema di “modo” e di “prospettiva”) da quello del narratore (problema di “voce”). Il
punto di vista così delimitato risulta uno strumento di selezione quantitativa del-
l’informazione relativa al mondo diegetico per il tramite del personaggio, che Ge-
nette chiama focalizzazione. La focalizzazione può essere interna (il Narratore ri-

154
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

ferisce quello che sa il Personaggio), esterna (il Narratore riferisce meno di quanto
ne sappia il Personaggio) o di grado zero (il Narratore dice più di quanto ne sappia
uno qualunque dei Personaggi).
La concezione di Genette è stata molto influente e oggetto di numerose critiche,
da lui stesso in parte discusse in 1983. Di particolare interesse gli sviluppi verifi-
catisi all’interno della semiotica dell’audiovisivo. Per un verso è stato osservato
che Genette si concentra sulla dimensione del sapere piuttosto che su quella del
percepire (cfr. punto a delle problematiche sopra tracciate): François Jost ha pro-
posto in tal senso di integrare la nozione di focalizzazione con quelle di oculariz-
zazione (e auricolarizzazione). Per altro verso è stato avvertito il limite di un ap-
proccio puramente semantico, tale cioè da non considerare gli effetti del gioco dei
punti di vista sullo spettatore (cfr. punto d delle problematiche sopra tracciate).
Tali effetti sono stati colti in due dimensioni. La riflessione francese ha insistito
sulla dimensione affettiva e identitaria, a partire da una teoria psicoanalitica del
cinema: Metz (1977) definisce identificazione primaria quella che lega lo spettato-
re al proprio atto di sguardo, costruito e diretto dalla macchina da presa, e identi-
ficazione secondaria quella che lega lo spettatore ai differenti personaggi. La teo-
ria anglosassone ha insistito invece sulla dimensione cognitiva: per esempio Bra-
nigan (1984) ha delineato i processi di comprensione narrativa costruiti dal gioco
dei punti di vista e in particolare dalla soggettiva. Alcuni interventi tentano una
mediazione tra le due impostazioni: per esempio Bettetini (1984) e Casetti (1986).
Lungo questa stessa linea di mediazione, il capitolo ha cercato di mostrare come
questi due approcci possano convergere alla luce della più recente impostazione
neurocognitivista, e come sia necessario recuperare un’articolazione tra contin-
genza e assolutezza, meno focalizzata dalla riflessione teorica (cfr. punto b delle
problematiche sopra tracciate).

4. I soggetti interni al mondo indiretto

4.1. Rendersi conto del personaggio Torniamo alle inquadrature iniziali


della sequenza. Fin qui ci siamo concentrati sul manifestarsi dell’attività
del soggetto di percezione del mondo indiretto; spostiamo ora la nostra
attenzione sul personaggio che appare in scena: lo stesso Grissom in
quanto soggetto interno al mondo indiretto. La prima inquadratura lo
mostra immobile di fronte al capannone: il colore scuro dei suoi vestiti
lo fa spiccare sullo sfondo chiaro e luminoso, accanto al lungo palo nero
che si slancia alla sua destra (fig. 1). Il detective appare quasi come un
oggetto inanimato, parte di una composizione immobile e priva di vita.
La seconda inquadratura insiste in dettaglio sulla borsa: anche qui al
centro dell’immagine c’è un oggetto; esso manifesta un leggero movi-
mento, che però sembra quasi dovuto a cause non personali, come l’o-

155
Semiotica dei media

scillazione prodotta dal vento. Ma nella terza inquadratura questa situa-


zione inizia a cambiare: Grissom di spalle muove la testa “nervosamen-
te” a sinistra e a destra, quindi avvia un movimento di avvicinamento
“cauto” diretto verso la porta di lamiera velata di ruggine, sempre guar-
dandosi intorno “guardingo”, per aprire infine la porta con un gesto che
mostra “decisione”.
Il corpo del Cosa è cambiato effettivamente nel passaggio dalle prime due inquadra-
personaggio esprime ture a quelle che seguono? Da un mondo di soli oggetti si è passati alla
lo svolgimento manifestazione di una presenza personale: lo spettatore si rende conto che
dei suoi stati all’interno del mondo indiretto è presente e operante un soggetto. Pos-
di coscienza siamo osservare in prima battuta che questo “rendersi conto” è collegato
al manifestarsi della presenza di un corpo vivente e visibile, situato in un
mondo e nell’atto di operare al suo interno. Ciò che rende evidente la
“vita” di questo corpo non è il suo semplice apparire (come abbiamo det-
to, nella prima inquadratura Grissom sembra quasi un oggetto del pae-
saggio), e neppure il suo altrettanto semplice muoversi (anche la borsa
piena di soldi della seconda inquadratura sembra mossa dal vento, senza
che questo la renda un soggetto personale). Se attribuiamo al corpo di
Grissom lo statuto del corpo di un soggetto è perché, a partire dalla pro-
pria presenza e mediante il proprio movimento, esso manifesta lo svolger-
si e il manifestarsi di una esperienza in atto. Possiamo dire, in altri termi-
ni, che il corpo in movimento di Grissom appare come il corpo di un
soggetto, in quanto strumento di costituzione e di manifestazione di una
serie di stati di coscienza 4. Il lettore può peraltro verificare come nella
nostra descrizione abbiamo indicato tra virgolette i differenti stati inte-
riori di Grissom nel segmento analizzato, a partire dai gesti e dalle azioni
che li manifestano.
Soggetti vs oggetti La presenza di corpi in grado di manifestare un’esperienza in atto, e quin-
di la costituzione progressiva di stati di coscienza, introduce una prima
distinzione all’interno del mondo indiretto tra “oggetti” e “soggetti” 5. La
controprova di questo principio è data dal fatto che anche alcuni elementi
che di per sé sarebbero oggetti possono esser percepiti in quanto viventi e
soggettivizzati qualora sia possibile attribuire ad essi degli stati coscienti:
come avviene in certi film (a cartoni animati o live) in cui giocattoli, au-

4. Si tratta a ben vedere dello stesso principio che ci aveva portati a ipotizzare una presenza si-
tuata e riconoscibile del soggetto della percezione all’interno del mondo indiretto, principio
reso più evidente ed esplicito nel caso dei soggetti interni al mondo indiretto. Lo ritroveremo
anche in alcune manifestazioni del soggetto del discorso nel prossimo capitolo (par. 3.1).
5. In questo capitolo lavoriamo sulla relazione con i soggetti del mondo indiretto; teniamo
dunque in ombra le relazioni dello spettatore con gli oggetti che vengono mostrati. Recuperia-
mo comunque questo aspetto nella terza parte: cfr. cap. 15, par. 3.

156
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

tomobili, soprammobili divengono veri e propri personaggi. Per conver-


so, è possibile che alcuni soggetti umani perdano la capacità di manifesta-
re stati di coscienza e divengano quindi soggetti oggettivizzati: si pensi al-
l’iconografia degli zombies nei film dell’orrore e in genere al fatto che ogni
corpo umano o animale al momento della propria morte (e dunque della
perdita definitiva e irreversibile della possibilità di sperimentare stati di
coscienza) dona automaticamente vita all’immagine del soggetto che era
appena stato (Blanchot).

4.2. Comprendere il personaggio Appena entrato nel capannone Grissom


toglie gli occhiali da sole, accende la torcia elettrica e annuncia ad alta voce
la propria presenza: «Scientifica di Las Vegas». Allorché la voce misteriosa
lo invita a procedere, il detective inizia la sua esplorazione dell’ambiente.
Oltre al pick up bianco con cui il rapitore ha trasportato Nick, il raggio
della torcia si sofferma sul cadavere di un cane disteso a terra. A questo
punto un primo piano di Grissom mostra il suo volto dalle sopracciglia ag-
grottate che guarda in basso a destra verso il cadavere del cane, annusa ve-
locemente l’aria, alza lo sguardo verso sinistra in direzione della porta verso
la quale è stato richiamato dalla voce misteriosa, poi di nuovo verso il cada-
vere e quindi verso la porta (fig. 2).
Soffermiamoci su questa inquadratura. Essa permette allo spettatore di fare Il corpo
un passo avanti rispetto al semplice rendersi conto che esiste un soggetto del personaggio
esperiente dotato di stati di coscienza; lo spettatore viene ora avviato a e la comprensione
comprendere gli stati di coscienza che caratterizzano concretamente e in degli stati
un determinato momento l’esperienza in atto di Grissom: tensione, preoc- di coscienza
cupazione, inquietudine, determinazione, disgusto, curiosità circa la rela-
zione tra il cadavere del cane e l’identità del misterioso personaggio di cui
ha ascoltato la voce e così via. Ma in che modo avviene questa operazione
di interpretazione e di comprensione?
Cominciamo con l’osservare che essa procede a partire dalla presenza del Fisiognomica
corpo di Grissom al centro dell’immagine: la sua costituzione massiccia, la dei personaggi
mimica dei suoi movimenti e delle sue posture e quella particolarmente
espressiva del suo volto. Poco prima un altro elemento aveva caratterizzato
il detective: la sua voce, anch’essa riconducibile a una sorta di gesto, pro-
dotto e prolungamento di un atto di fonazione che interviene sull’ambien-
te circostante. La centralità del corpo, già intuita nella fase del rendersi
conto della presenza dell’altro, si conferma al momento della comprensio-
ne dei suoi stati di coscienza 6.

6. Occorre osservare che questo ruolo del corpo del personaggio ai fini di un’interpretazione
dei suoi stati interiori si gioca su due livelli collegati, uno più generale e uno più particolare. A
livello più generale i corpi sono dotati di alcune qualità sensibili (sia tonali che ritmiche) stabili
e ricorrenti: Grissom possiede una corporatura solida, un modo di gesticolare molto controllato

157
Semiotica dei media

La consonanza La questione diviene dunque: in che modo passiamo dall’osservazione del


somatica tra corpo di Grissom e dei suoi movimenti agli stati di coscienza che esso vive
personaggio e manifesta? La risposta sta nel fatto che nell’osservare la mimica del perso-
e spettatore naggio noi ripetiamo a nostra volta in forma virtuale la microsceneggiatu-
ra somatica cui tale mimica risponde, e siamo in grado in tal modo di spe-
rimentare personalmente e direttamente gli stati di coscienza cui tale mi-
crosceneggiatura è collegata. Mediante l’osservazione del corpo altrui e del
suo muoversi, noi attiviamo un particolare vocabolario somatico ed espe-
rienziale che lega microsceneggiature sensomotorie e stati di coscienza co-
gnitivi, affettivi, attivi. Diremo dunque che la comprensione degli stati di
coscienza altrui a partire dal corpo mobile dell’altro, viene resa possibile da
un meccanismo di “consonanza” tra lo spettatore e il personaggio in scena.
È la messa in opera di tale meccanismo di consonanza che permette allo
spettatore di “leggere” i veloci spostamenti degli occhi di Grissom e il suo
arricciare il naso in quanto manifestazioni di un processo di ragionamento
in atto, di una sensazione di disgusto e così via: tutti stati di coscienza che
lo spettatore stesso vive in forma simulata 7.

e un po’ rigido, una mimica del volto molto composta, una voce profonda e leggermente roca e
così via. Tali qualità lo isolano rispetto al resto della squadra che gioca invece su registri espressi-
vi più vivaci e immediati e su giochi di contrasti reciproci: l’aspetto “afro” di Warrick, la capi-
gliatura crespa, l’espressione degli occhi spesso aggrottata, la costituzione minuta, contrastano
con il corpo di Nick, che è al contrario muscoloso, dalla mascella squadrata ecc.; una distinzio-
ne delle caratteristiche e degli stili somatici che viene replicata sul versante femminile tra Cathe-
rine e Sara: slanciata, bionda, nervosa la prima; più minuta, bruna, riflessiva la seconda. Queste
differenti qualità somatiche non si limitano a distinguere “esteriormente” i vari personaggi, ma
indicano differenti stili di comportamento “interiore”: per esempio la distinzione somatica di
Grissom rispetto alla squadra è da ricondurre a uno stile maggiormente freddo e distaccato, una
maggiore riflessività, una migliore capacità di ragionamento e una più marcata capacità decisio-
nale. A livello più particolare e contingente, tali qualità somatiche stabili e ricorrenti vengono
di volta in volta rigiocate nelle particolari azioni e situazioni in cui i personaggi sono coinvolti, e
servono allo spettatore da sistema di riferimento per cogliere gli stati di coscienza (ragionamen-
ti, umori, emozioni, piani di azione e così via) che abitano e muovono i personaggi in un deter-
minato momento. Nell’incontro con il rapitore di Nick, Grissom conferma il proprio stile so-
matico misurato e poco espansivo, ciò che rende particolarmente rilevanti i minimi segni che
tradiscono la sua tensione e la sua rabbia: il gioco inquieto degli sguardi che abbiamo visto, il ri-
petuto serrarsi della mascella, l’indurirsi del tono della sua voce.
7. Ritorna qui il termine di “simulazione” già introdotto a proposito dei fenomeni di “simula-
zione incorporata” dei fenomeni sensoriali (cfr. cap. 4, par. 3.1 e la ripresa del concetto appena
fatta in par. 3.3). Per quanto è possibile che vi sia un legame tra questi differenti fenomeni (gli
studiosi sono divisi su questo aspetto), è importante sottolineare che essi si collocano a differen-
ti livelli del processo esperienziale: la simulazione incorporata è un processo di base che riguarda
l’esplorazione immediata del mondo percepibile; i processi di consonanza che stiamo conside-
rando sono processi avanzati che concernono la comprensione di stati di coscienza complessi di
altri soggetti.

158
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

Occorre tuttavia aggiungere immediatamente che il meccanismo della Il ruolo


consonanza è una condizione necessaria ma non sufficiente per giungere dell’inferenza
alla comprensione degli stati di coscienza. Torniamo all’inquadratura del nella comprensione
volto di Grissom che guarda alternativamente il cadavere del cane e l’uscio degli stati
oltre il quale si cela il misterioso rapitore. Lo spettatore può comprendere di coscienza
quanto Grissom pensa, sente e sente di fare solo se fa intervenire il proprio
sapere previo su quanto è accaduto: dal rapimento di Nick alle ricerche fre-
netiche e infruttuose, dalla tortura visiva di Nick sofferente nella bara alla
fortunosa ricerca dei soldi per il riscatto. In altri termini, il meccanismo in-
terpretativo della consonanza va integrato con un meccanismo di “inferen-
za” che fa riferimento ai saperi sedimentati nella mappa situazionale elabo-
rata fino a quel punto.
Sarebbe però un errore pensare il meccanismo della consonanza e quello La determinazione
dell’inferenza come due vie alternative di interpretazione degli stati di co- incrociata
scienza del personaggio. Piuttosto, essi si trovano in una relazione di deter- tra consonanza
minazione incrociata tale da configurare la comprensione degli stati di co- e inferenza
scienza altrui come un movimento “a spirale”, in base alla dinamica dei
processi interpretativi che ormai ben conosciamo: più lo spettatore “vive”
gli stati di coscienza del personaggio mediante il meccanismo di consonan-
za, meglio può richiamare e mettere a punto gli sfondi di sapere mediante
meccanismi di inferenza; e viceversa più saperi richiama mediante le infe-
renze e meglio potrà “impersonare” il soggetto del mondo indiretto che si
muove nello schermo. Risulta utile e pertinente a questo proposito il du-
plice senso che possiede in alcune lingue la parola interpretare: lo spettato-
re al tempo stesso comprende il soggetto del mondo indiretto e ne riper-
corre in forma imitativa gli stati interiori 8.
I meccanismi legati alla comprensione dei soggetti del mondo indiretto Soggetti di primo
introducono due distinzioni al loro riguardo. In primo luogo lo spettato- piano vs soggetti
re non è chiamato a comprendere tutti i personaggi allo stesso modo e di sfondo
con un simile grado di continuità e di dettaglio degli stati interiori: per
esempio il poliziotto Michael introdotto all’inizio dell’episodio scompare
nel seguito. Questo determina una distinzione tra personaggi principali e
personaggi secondari, cioè un gioco di rilievo dei personaggi tra soggetti
“di primo piano” e “di sfondo”. Si tratta ovviamente di un gioco mobile,
dinamico e negoziabile: spesso nei racconti un personaggio di sfondo si
rivela decisivo a un certo punto della vicenda, oppure ritorna inaspettata-
mente in un altro episodio della stessa serie o finisce per divenire un per-
sonaggio stabile.

8. Vedremo più avanti che le risorse interpretative derivanti dalla consonanza con i soggetti del
mondo indiretto possono essere rinforzate o al limite sostituite dai processi di consonanza inne-
scati direttamente dalla produzione discorsiva e dai suoi soggetti nello spettatore: cfr. infra, cap.
11, par. 3.2 e cap. 13, par. 4.

159
Semiotica dei media

Soggetti individuali In secondo luogo è possibile che alcuni personaggi si dimostrino uniti da
vs soggetti collettivi criteri di comprensione omogenei: in alcuni casi la squadra csi viene colta
“in gruppo”, mentre manifesta stati coscienza del tutto analoghi, per esem-
pio di fronte allo spettacolo di Nick sofferente. In questo caso si definisce
una distinzione tra soggetti individuali e soggetti collettivi; distinzione che,
anche in questo caso, è spesso da rivedere e aggiornare nell’evoluzione del-
l’esperienza mediale.

4.3. Condividere il personaggio Grissom continua ad avanzare in direzione


della porta verso la quale è stato richiamato dalla voce misteriosa. Una
nuova inquadratura in soggettiva mostra il raggio della sua torcia elettrica
indugiare sulle ciotole del cibo del cane morto, il giaciglio dell’animale,
una scatola di cartone. Dopo un piano medio del detective inquadrato dal
basso, un carrello lo segue di spalle mentre si avvicina alla porta e si appre-
sta a varcarla.
Dalla comprensione Possiamo certamente dire che “comprendiamo” gli stati di coscienza di
alla condivisione Grissom in questi istanti: il suo timore, la cautela, ma anche la sua curiosità
degli stati e la determinazione ad affrontare finalmente faccia a faccia il misterioso in-
di coscienza dividuo. Ma il termine “comprendere” non esprime a pieno il tipo di rela-
zione che intratteniamo con il personaggio del detective; in questo caso la
comprensione prelude a un ulteriore passaggio che ci conduce a condivide-
re una parte degli stati di coscienza di Grissom: il detective si muove nel
mondo indiretto spinto dalla stessa curiosità e dall’ansia di conoscere lo
scioglimento della vicenda che anima anche noi spettatori, dalla posizione
di comodità ma anche di impotenza in cui siamo confinati. La relazione tra
lo spettatore e il soggetto del mondo indiretto passa dunque da una rela-
zione di “comprensione” a una relazione di “condivisione” degli stati di
coscienza: lo spettatore non solo comprende come Grissom vive la situa-
zione della ricerca di Nick, ma è condotto a vivere come lui e con lui l’azio-
ne nel suo svilupparsi. In cosa consiste questa condivisione e che cosa viene
condiviso tra spettatore e soggetto del mondo indiretto? Quali meccanismi
e quali condizioni determinano un simile passaggio?
Le inquadrature Cominciamo con l’osservare che un ruolo decisivo all’interno della sequen-
soggettive za che stiamo analizzando viene svolto dalle inquadrature semisoggettive o
e la condivisione soggettive di Grissom: carrelli che lo seguono da dietro le spalle (semisog-
dell’agire percettivo gettive), inquadrature di quanto egli vede e ascolta nel suo percorso di
esplorazione percettiva (soggettive visive e sonore). Come abbiamo detto
nel par. 3 la soggettiva implica un rapporto di inclusione radicale tra il sog-
getto della percezione e il mondo indiretto e incoraggia una relazione di
condivisione dell’esperienza percettiva tra questi e lo spettatore. D’altra
parte possiamo ora constatare che la soggettiva sollecita mediante un mec-
canismo di sineddoche (la parte per il tutto) una condivisione più ampia
non solo delle percezioni, ma di tutto l’insieme degli stati di coscienza

160
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

(cognitivi, emotivi e attivi) del soggetto del mondo indiretto così come si
presentano in quel particolare momento, e così come lo spettatore può
comprenderli in base alla dinamica di consonanza e inferenza descritta so-
pra. Il “percepire con” implica dunque per lo spettatore un condividere gli
stati di coscienza contingenti del soggetto del mondo indiretto. Ma questa
è solo una prima area e un primo stadio della condivisione.
Soffermiamoci su un’altra soggettiva di Grissom, che si colloca alla fine della La condivisione delle
sequenza che stiamo esaminando. Quando il detective si risveglia dallo stor- mappe situazionali
dimento conseguente all’esplosione vede il capannone distrutto, illuminato
da un fiotto di luce che penetra da una finestra sfondata sulla sinistra: nello
spazio vuoto, tra le volute del fumo, volteggiano dolcemente i frammenti
delle banconote del riscatto (fig. 4). L’immagine rimanda immediatamente
al vanificarsi degli sforzi di Catherine per procurarsi il denaro, ma possiede
anche una portata più generale: il volteggiare leggero dei frammenti di ban-
conote nell’aria costituisce la figura (nel senso precisato nel cap. 5, par. 4)
del complessivo vanificarsi di tutti gli sforzi compiuti fino a quel punto dalla
squadra dei detective per salvare Nick; essa richiama dunque, a conclusione
della prima parte dell’episodio, il ricordo di tutto quanto si è svolto fino a
quel momento. D’altra parte il fatto che tale inquadratura sia una soggettiva
mette in evidenza che una simile memoria non è patrimonio esclusivo di
Grissom e della sua squadra: assieme ai progetti e ai piani di azione condotti
fino a quel punto dalla squadra csi, lo spettacolare suicidio del rapitore ren-
de inservibile anche l’insieme di aspettative e di speranze che lo spettatore
stesso aveva maturato. La soggettiva delle banconote in frammenti porta
dunque alla luce una seconda area e un secondo grado di condivisione tra lo
spettatore e il soggetto del mondo indiretto: dalla condivisione degli stati
immediati e contingenti di coscienza si passa alla condivisione di una me-
moria relativa a quanto si sta verificando e capace di cogliere il valore e il
senso dell’avvenimento contingente; in una parola viene condivisa tra lo
spettatore e il soggetto del mondo indiretto la mappa situazionale maturata
fino a quel punto. La soggettiva richiama dunque non solo la condivisione
degli stati di coscienza contingenti, ma dell’intera mappa situazionale che si
è definita nel corso dell’episodio, nonché dell’intero flusso di saperi e emo-
zioni che ha condotto alla sua progressiva costruzione.
Consideriamo infine un ultimo elemento. Le soggettive di Grissom all’in- La condivisione degli
terno del capannone non costituiscono un caso isolato: esse si collegano a sfondi memoriali,
quelle molto simili di Nick che esplora il parcheggio nella sequenza intro- affettivi e valoriali
duttiva, poi riprese quasi letteralmente nell’esplorazione investigativa dello
stesso Grissom e di Catherine subito dopo il rapimento; o quelle di War-
rick che analizza la zona in cui era parcheggiato il pick up del rapitore. Ri-
tornano in tutti questi casi movimenti esplorativi di un ambiente buio, ri-
schiarato dal raggio della torcia elettrica che, come una sorta di “solidifica-
zione” dello sguardo, fruga l’oscurità e strappa brandelli di oggetti e di in-

161
Semiotica dei media

dizi. Le soggettive di Grissom dunque non sono isolate: esse si collegano a


un sistema coerente di soggettive e semisoggettive che vengono attribuite
in Grave Danger ai componenti della squadra csi. L’organizzarsi delle sog-
gettive in una rete sistematica che fa riferimento ai membri della squadra
csi rinvia a una terza area e a un terzo grado di condivisione tra spettatore
e soggetti del mondo indiretto. Ciò che accomuna i membri della squadra
csi e che al tempo stesso lega lo spettatore a questa microcomunità è uno
sfondo condiviso di memorie, di affetti, di sensibilità, di convinzioni e di
valori che si è definito e precisato nel tempo, mano a mano che la serie
evolveva episodio dopo episodio. La portata sineddotica della soggettiva
percettiva si estende dunque ulteriormente fino a coinvolgere la condivi-
sione di un sentire comune che tocca sia una serie di memorie e di compe-
tenze di lunga durata (che prescindono cioè dal singolo episodio), sia un’e-
tica di fondo improntata alla condivisione e alla responsabilità reciproca,
alla ricerca scientificamente corretta e disciplinata della verità a partire da-
gli indizi raccolti e così via.
Soggetti protesi In sintesi lo spettatore può condividere con alcuni soggetti del mondo in-
vs soggetti alieni diretto alcuni stati di coscienza contingenti, lo sviluppo e lo stato della pro-
pria mappa situazionale, un sentire di fondo relativo a memorie e a valori
di più ampia portata. Le tre aree e i tre gradi di condivisione si rafforzano e
si sorreggono reciprocamente 9. A partire da questo insieme di meccanismi
possiamo introdurre un’ulteriore distinzione tra i soggetti che abitano il
mondo indiretto: da un lato avremo coloro con i quali lo spettatore condi-
vide (con un grado di stabilità e di completezza variabile) stati di coscienza,
mappe situazionali e sfondi etici: li chiameremo “soggetti protesi”; dall’al-
tro lato avremo personaggi con i quali tale condivisione non può scattare,
che chiameremo “soggetti alieni”. Anche in questo caso sono possibili
scambi e trasformazioni: un soggetto inizialmente alieno può divenire pro-
tesi, o viceversa, nel corso della narrazione.

4.4. Il carattere aspettuale dell’esperienza mediale Soffermiamoci ancora un


istante sulla distinzione tra soggetti protesi e soggetti alieni e sulla questio-
ne della possibile condivisione degli stati di coscienza. Nel momento in cui
Grissom sta varcando la porta del tramezzo che separa in due parti il ca-
pannone, un improvviso controcampo porta in primo piano, di spalle e se-
duto a una scrivania, la misteriosa figura del rapitore (fig. 3). Lo vediamo

9. Ricordiamo inoltre che tali condivisioni sono attivate e riattivate molto spesso (con le ecce-
zioni di cui diremo subito nel par. 4.4) da inquadrature soggettive: il fatto che lo spettatore ven-
ga calato nella posizione percettiva contingente e somaticamente situata del personaggio rinvia
per sineddoche agli altri ordini di condivisione; non a caso si parla di “punto di vista” del perso-
naggio per indicare tutto l’insieme di stati, memorie, sensibilità e valori eventualmente condivi-
si da parte dello spettatore.

162
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

osservare con indifferenza sullo schermo di un computer di fronte a lui (e


quindi anche di fronte a noi) lo spettacolo di Nick sofferente ripreso dalla
web-cam. Grissom, il cui sguardo ci aveva fin qui accompagnato, è ora so-
lamente un punto di luce in fondo allo stanzone. È impossibile negare un
piccolo effetto di shock causato da questa inquadratura: essa costringe lo
spettatore a guardare tanto Grissom quanto lo spettacolo di Nick trasmes-
so dallo schermo del computer dal punto di vista del misterioso rapitore e
torturatore. «Benvenuto nel mio mondo», dirà di lì a poco l’uomo a Gris-
som e, indirettamente, allo stesso spettatore. Come possiamo interpretare
questa semisoggettiva a partire da quanto detto nel paragrafo precedente?
Come mai la soggettiva (o, come in questo caso, la semisoggettiva), che
dovrebbe essere riservata a soggetti protesi e qualificarli in quanto tali, vie-
ne estesa a soggetti alieni?
Per quanto l’attribuzione della soggettiva a soggetti alieni possa avere diffe- La “protesizzazione”
renti motivazioni 10, in questo caso essa costituisce l’avvio e la premessa di parziale dei soggetti
una successiva comprensione e di una possibile condivisione di stati di co- alieni
scienza, mappe situazionali e sfondi etici del personaggio alieno. Nella pri-
ma parte dell’episodio (che si conclude con questa sequenza) le premesse
che muovono le azioni e gli stati di coscienza del misterioso personaggio
non vengono dichiarati: essa si chiude, come abbiamo visto, con il suo
spettacolare suicidio. Tali premesse emergono tuttavia nella seconda parte.
L’uomo è il padre di una ragazza che a causa del contributo della squadra
csi è stata condannata per concorso di colpa in un omicidio cui era sostan-
zialmente estranea. La dura esperienza del carcere ha traumatizzato la ra-
gazza e suo padre. Il progetto del rapimento, il seppellimento di Nick e il
complesso dispositivo di trasmissione via web-cam costituiscono una ven-
detta dell’uomo: questi ha voluto che la squadra csi condividesse il senso
di disperata impotenza che si prova nel guardare soffrire una persona cara
senza poter intervenire in alcun modo, di cui lui stesso è stato vittima.

10. Oltre al caso dell’introduzione di una multiaspettualità, che qui approfondiamo, sono pos-
sibili almeno altri tre casi. Il primo è quello di un uso temporaneo della soggettiva in un conte-
sto monoaspettuale: la soggettiva viene assegnata momentaneamente a soggetti alieni che sono
destinati a restare tali. Si tratta di scelte che producono un effetto di disagio per lo spettatore, in
quanto rappresentano inviti alla condivisione e all’intimità percettiva con un soggetto di cui
(ancora) si ignorano stati di coscienza e intenzioni, o di cui già si conoscono o si intuiscono in-
tenzioni e piani di azioni contrari rispetto al punto di vista dei soggetti protesi: per esempio le
soggettive dei mostri di vario genere del cinema dell’orrore. Il secondo caso è quello di un’aspet-
tualità mobile, che transita da un soggetto all’altro: per esempio nel film A Clockwork Orange
(Arancia meccanica, S. Kubrick, gb, 1971) le soggettive e il punto di vista vengono attribuiti nel-
la prima parte del film alle vittime del crudele teppista Alex, e nella seconda parte del film allo
tesso Alex in fase di rieducazione. Infine un terzo caso è quello del soggetto “pseudoalieno”: le
soggettive vengono attribuite a un soggetto sconosciuto che nel seguito del’esperienza mediale si
rivela essere un soggetto protesi.

163
Semiotica dei media

Queste progressive rivelazioni non pregiudicano la distinzione tra soggetti


protesi (la squadra csi) e soggetti alieni (il rapitore e nella seconda parte
dell’episodio sua figlia). Tuttavia lo spettatore sente che esiste anche un al-
tro taglio di visione e di valutazione della vicenda cui sta assistendo; e av-
verte che tale differente punto di vista sulla stessa vicenda è potenzialmente
praticabile allo stesso modo di quello “dominante” della squadra csi che
egli stesso condivide. Si delinea in altri termini, a partire dalle soggettive e
semisoggettive del rapitore, la natura relativa e prospettica di ogni espe-
rienza cosciente: questa, per lo stesso fatto di essere situata, è orientata e
parziale, ovvero aspettuale.
Multiaspettualità Possiamo concepire Grave Danger come un caso di “multiaspettualità mo-
vs monoaspettualità: derata”: lo spettatore sperimenta la presenza e la potenziale praticabilità di
la “polifonia” punti di vista differenti e complementari all’interno del mondo indiretto,
dell’esperienza ma i meccanismi di condivisione restano baricentrati su un personaggio o
mediale su un gruppo preciso di personaggi (in questo caso la squadra csi) 11. In tal
modo Grave Danger si distingue dai casi di esperienze mediali di tipo più
rigidamente “monoaspettuale”: è il caso di produzioni discorsive “a tesi”,
in cui personaggi positivi e negativi sono nettamente distinti senza che si
possano condividere neppure potenzialmente le ragioni che animano i sog-
getti alieni (è il caso di produzioni di propaganda, di quelle pubblicitarie
ecc.). Al tempo stesso Grave Danger non presenta i caratteri della “multia-
spettualità radicale”, che mette in scena una serie di punti di vista differen-
ti senza offrire allo spettatore criteri di scelta tra l’uno e l’altro di essi.

5. Il design etico dell’esperienza

La dinamica La questione dell’aspettualità ci porta di fronte a una dinamica che non è


aspettuale esclusiva dell’esperienza mediale. Sto svolgendo una riunione con i miei col-
nell’esperienza laboratori e discutiamo della possibilità di cooptare un nuovo ricercatore nel
ordinaria nostro gruppo di lavoro. Ascolto i differenti pareri e, nell’interpretarli, cerco
di cogliere i reali sentimenti di ciascuno nei confronti del possibile nuovo ar-
rivato: simpatia, fiducia, oppure antipatia e timore che sottragga spazi e visi-
bilità e così via. L’esperienza ordinaria ci chiede costantemente, nelle nostre
relazioni con gli altri soggetti e nelle scelte che facciamo ogni giorno, di in-
crociare e confrontare i nostri “punti di vista” per individuare consonanze e
dissonanze, relazioni di condivisione o di estraneità nei criteri che guidano le
nostre valutazioni del mondo e il nostro agire al suo interno.

11. La multiaspettualità è estremamente diffusa nelle esperienze mediali: il genere letterario del
romanzo è stato storicamente contraddistinto dalla tendenza a presentare una certa pluralità di
punti di vista e una “polifonia” (Bachtin) di stili di discorso, di visione e di azione nel mondo,
tale da richiedere allo spettatore un costante confronto tra il proprio punto di vista e quelli mol-
teplici presentati all’interno di tali “opere-mondo”.

164
8. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto

Anche in questo caso l’esperienza mediale riprende una dinamica dell’espe- La disciplina
rienza ordinaria ma la lavora in modo particolare. Essa può porre lo spetta- dell’aspettualità:
tore in relazione con scelte particolarmente articolate, e chiedergli esperi- il design etico
menti mentali complessi circa la scelta della posizione da adottare, dei sog-
getti per i quali parteggiare, delle soluzioni da adottare. Mediante la pro-
gettualità che la contraddistingue, l’esperienza mediale regge e disciplina
un uso “in prova” dei punti di vista altrui, e rende tale esperienza un parti-
colare “laboratorio del giudizio morale” (Ricoeur). Parliamo a questo pro-
posito di un design etico dell’esperienza.

Percorsi di approfondimento

Le considerazioni che abbiamo avanzato sulla costituzione del legame intersogget-


tivo si basano sul dibattito oggi molto vivo in campo filosofico e neurocognitivo,
circa i differenti meccanismi di “simpatia” ed “empatia” che agiscono nell’espe-
rienza: rinviamo, oltre che ai testi di introduzione al neurocognitivismo segnalati
nel cap. 1, alle opere più specifiche di Berthoz, Jorland (2004), Goldman (2006),
Stueber (2006). La scoperta dei “neuroni specchio” (senz’altro importante ma
oggi anche controversa per quanto concerne la portata dei loro effetti sull’espe-
rienza umana) è presentata da Rizzolatti, Sinigaglia (2006), Rizzolatti, Vozza
(2008), Iacoboni (2008). Una delle conseguenze di tale scoperta è l’idea di una
“consonanza intenzionale” sviluppata da Gallese (2005). Gli sviluppi delle teorie
dell’empatia nel campo dell’etica sono discussi da Boella (2006, 2008).
L’interesse per i meccanismi della simpatia e dell’empatia è transitata agli studi di
teoria dell’esperienza letteraria e filmica; concentrandoci su quest’ultimo settore
rimandiamo alla sintesi delle posizioni fornita da Coplan (2009). Alcuni interven-
ti più specifici sono Murray Smith (1995), Plantinga, Murray Smith (1999), Car-
roll (2008) e Plantinga (2009). Sulla relazione tra spettatore e personaggio nella se-
rialità televisiva ha lavorato in una prospettiva molto vicina alla nostra Braga
(2003, 2008).
Il dibattito semiotico sul punto di vista, cui abbiamo fatto cenno in Il punto di vi-
sta nel testo narrativo, pp. 154-5, è riassunto e commentato per il settore letterario
in Pugliatti (1985), Meneghelli (1998) e Turchetta (1999). Per il settore degli au-
diovisivi rimandiamo, oltre ai testi di introduzione generale alle teorie dell’audio-
visivo introdotti al cap. 3, alla raccolta Cuccu, Sainati (1987). Il collegamento tra
punto di vista e visione etico-valoriale del mondo (indispensabile per lo sviluppo
dei temi legati all’aspettualità) si ritrova in particolare, con impostazioni differen-
ti, in Booth (1983) e in Bachtin (1963, 1975). L’idea del racconto come “laborato-
rio del giudizio morale” in relazione a una teoria narrativa del sé è sviluppata da
Ricoeur (1990, in part. pp. 231-62). L’idea del cadavere (“la spoglia”) come prima
immagine del soggetto è di Blanchot (1955, pp. 222-31).
Una particolare attenzione è stata tributata, tra le espressioni somatiche degli stati
di coscienza, alla conformazione e alla mimica del volto umano: il dibattito stori-

165
Semiotica dei media

co sulla fisiognomica è ripreso e commentato da un punto di vista semiotico da


Magli (1995). Per il dibattito relativo al corpo dell’attore rinvio alla sintesi di Pi-
tassio (2003).

Quaderno degli esercizi

• Riprendi il testo breve che hai già analizzato. Come si manifesta il rapporto
tra il soggetto della percezione e il mondo indiretto? Quali configurazioni, di in-
clusione o di esclusione, risultano prevalenti? In che modo lo spettatore viene av-
vicinato oppure tenuto a distanza rispetto al mondo indiretto?
• Analizza, sempre all’interno del testo breve, la relazione tra spettatore e sog-
getti del mondo indiretto: in che modo si distinguono soggetti e oggetti? Come è
possibile distinguere tra i soggetti quelli di primo piano e quelli di sfondo, quelli
individuali e quelli collettivi? Puoi identificare soggetti con i quali sussiste una re-
lazione di condivisione con lo spettatore? Quali aree sono toccate dalla condivi-
sione: percezioni, stati di coscienza contingenti, saperi, affetti, convinzioni e valori
di più ampia portata? Esistono invece soggetti che vengono configurati come
“alieni”?
• Analizza un film o un video recenti nei quali le attività di ripresa siano presen-
ti in modo evidente (per esempio mediante movimenti di macchina instabili,
messa a fuoco incerta e così via). Compila una lista degli effetti che rendono per-
cepibile il lavoro della macchina da presa o della telecamera (o della videocamera
o del videofonino). Confronta questo stile di ripresa con quelli di altri tipi di testi
(per esempio con quelli del cinema “classico”).
• Analizza gli aspetti somatici (compresa voce e gestualità) che contraddistin-
guono i personaggi di alcune fiction televisive contemporanee: quali rapporti di
analogie e di differenze riscontri? Quali sistemi di opposizioni e di analogie vedi
all’opera?
• Analizza uno spot pubblicitario: come viene giocata l’aspettualità, ovvero qua-
li punti di vista risultano prevalenti? Mediante quali tattiche lo spettatore viene
invitato a condividere particolari punti di vista e a rigettarne altri in quanto inade-
guati o inappropriati? Aiutati con le considerazioni specifiche del capitolo 15.

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168
9
Le relazioni con i soggetti del discorso

1. Premessa

In questo capitolo prendiamo in esame il sesto snodo dell’esperienza me-


diale, che si colloca all’incrocio tra lo strato della costituzione di relazioni
intersoggettive e il campo di oggetti intenzionali del discorso. Il secondo
paragrafo introduce, come di consueto, la sequenza di Grave Danger su
cui esercitiamo la nostra analisi nel seguito del capitolo: si tratta del mo-
mento in cui la squadra individua finalmente il luogo in cui è stato se-
polto vivo Nick. Il terzo paragrafo affronta la questione della costituzio-
ne dei soggetti del discorso: dal momento che il discorso era apparso
un’entità articolata in produzione, intreccio e formato, a ciascuna di tali
articolazioni corrisponde un soggetto particolare. Il quarto paragrafo ap-
profondisce le modalità mediante cui può definirsi all’interno della no-
stra cultura il soggetto del discorso e in particolare quello responsabile
dell’intreccio: distinguiamo tra i due profili di apparato e di autore. Il
quinto paragrafo affronta la questione della relazione tra il soggetto del-
l’esperienza e i soggetti del discorso: l’elemento di fondo di tale relazione
è individuato nella fiducia, variamente definita a seconda dei tre tipi di
soggetto. Il sesto paragrafo introduce l’idea, a partire da queste ultime
considerazioni, che questo snodo sia responsabile del design retorico
dell’esperienza.

2. L’incubo di Nick

L’incrocio dei dati raccolti dai detective ha permesso di individuare il vi-


vaio all’interno del quale è stato sepolto Nick: le macchine della polizia
corrono sul luogo. La camera a mano segue febbrile le ricerche sempre più
frenetiche. È Catherine a trovare l’antenna di trasmissione della web-cam e
a richiamare i compagni. Nel sottosuolo intanto Nick è allo stremo delle
forze: la macchina da presa penetra nel tubo di aereazione, arriva al corpo
del detective ricoperto di formiche rosse nella luce verdastra delle torce; un
velocissimo zoom in avanti focalizza alcune formiche che mordono l’uomo

169
Semiotica dei media

figura 1

figura 2

e quindi si inoltra sotto la sua pelle a seguire le tossine iniettate all’interno


di una vena; i rumori dei morsi lasciano spazio a quelli del milieu interno,
con lo sciabordare ritmico del sangue, fino ad arrivare al cuore che pulsa
spasmodico (figg. 1 e 2). Subentra uno stacco pubblicitario.
Alla ripresa, l’apertura di un coperchio metallico rivela i volti del dottor
Robbins e del suo assistente inquadrati dal basso, in una contre-plongée per-

170
9. Le relazioni con i soggetti del discorso

figura 3

figura 4

fettamente verticale, mentre fissano la macchina da presa (fig. 3). «È un


peccato che non siano arrivati in tempo» esclama il medico legale mentre la
posizione della macchina da presa si sposta in posizione simmetrica a quel-
la precedente, in una plongée verticale sopra i due uomini: essi hanno appe-
na estratto da uno dei vani dell’obitorio il cadavere di Nick e lo stanno os-

171
Semiotica dei media

figura 5

servando. Il dialogo continua e ritorna l’inquadratura dal basso, una sorta


di bizzarra soggettiva del cadavere. A questo punto si sente una risata fuori
campo, e appare l’immagine in primissimo piano degli occhi di Nick che si
aprono in un bianco e nero piuttosto contrastato che da qui in poi accom-
pagna la sequenza (fig. 4).
Un’inquadratura in piano medio (una sorta di soggettiva di Nick se questi
avesse il viso rialzato a sufficienza) rivela gli stessi medici che ridono sguaia-
tamente; il dottor Robbins avvia la riproduzione della canzone Christmas
in Las Vegas. Inquadrature analoghe dei due medici mentre eseguono una
grottesca autopsia di Nick con attrezzi da macellaio e una sega elettrica, si
alternano a primi piani del volto del detective impassibile. All’improvviso
al posto dell’assistente del medico subentra il padre di Nick, che si informa
con una recitazione caricata da sit-com umoristica circa le modalità del de-
cesso del figlio (fig. 5); il dottor Robbins gli risponde a tono snocciolando
dati medici sull’asfissia che ha ucciso il detective. Allorché il medico strap-
pa il cuore di Nick per consegnarlo al padre soddisfatto («suo figlio aveva
davvero un buon cuore!»), una rapidissima dissolvenza in bianco e una
nuova assolvenza altrettanto veloce portano su un primissimo piano degli
occhi di Nick che si aprono all’improvviso; il ritorno del colore, il rumore
del cuore pulsante e della cupa musica che accompagnava la ricerca nel vi-
vaio segnalano che siamo nella bara: Nick è ancora vivo e il suo era solo un
incubo.

172
9. Le relazioni con i soggetti del discorso

3. I soggetti del discorso e le loro manifestazioni

Catherine è sicu-
3.1. I soggetti della produzione, dell’intreccio e del formato
ra di aver individuato, nel vivaio notturno squarciato dalle luci delle torce
elettriche, il trasmettitore della web-cam: le frequenze del suono elettro-
nico del rilevatore aumentano sempre più e si uniscono alla musica di ar-
chi che accresce la tensione della scena. Una steady-cam fluida segue i
vari spostamenti della donna che si inginocchia a smuovere la terra. A
questo punto un piano ravvicinato inquadra le mani di Catherine che
scavano disperatamente fino a recuperare il sacchetto di plastica con il di-
spositivo di trasmissione che comprova la scoperta: il movimento di mac-
china è leggermente flottante, quasi a partecipare all’instabilità pratica ed
emotiva del particolare momento; il piano successivo inquadra ancora le
mani di Catherine con il sacchetto: questa volta la macchina è ferma, in
compenso sono le torce dei compagni di squadra accorsi al richiamo della
donna a ondeggiare e rendere internamente animata e instabile l’inqua-
dratura.
Le immagini e il sonoro che descrivono gli istanti del ritrovamento del Il soggetto
luogo in cui Nick è sepolto sono dunque caratterizzati da un costante della produzione
movimento. Come già sappiamo (cfr. cap. 6, par. 3) questo complesso e discorsiva
fluido insieme di trasformazioni visive e sonore è la prima modalità di
manifestazione del discorso: esso costituisce la produzione discorsiva in
atto. Possiamo tuttavia fare a questo punto un passo avanti e osservare
che una simile, incessante mobilità rimanda a uno stato di coscienza di
eccitazione e di frenesia che, perfettamente sintonizzato con lo stato d’a-
nimo della squadra, ne esplicita ed esalta la turbolenza interiore. In altri
termini, la produzione discorsiva si manifesta ora come il corpo di un
soggetto del discorso, oggetto mobile capace di esprimere alcuni stati di
coscienza soggettivi. In questo modo la produzione discorsiva rinvia a
un soggetto responsabile dei suoi andamenti che, attraverso essa, espri-
me i propri stati di coscienza e li rende condivisibili: da entità imperso-
nale essa diventa strumento di un “soggetto (responsabile) della produ-
zione” 1.

1. Si potrebbe sostenere che il movimento ondeggiante dell’immagine va riferito al soggetto


della percezione del mondo indiretto che dimostra in questo caso un rapporto di esclusione mo-
derata rispetto al mondo indiretto (cfr. cap. 8, par. 3.2); ma si tratterebbe di una risposta incom-
pleta. I movimenti di macchina entrano infatti a far parte in questo caso di un andamento com-
plessivo che coinvolge i gesti degli attori, il movimento delle luci, il pulsare sonoro del dispositi-
vo di rilevamento maneggiato da Catherine, l’accompagnamento musicale, le urla dei soccorri-
tori e così via. Torneremo nella terza parte del libro sulla relazione di consonanza immediata
con il soggetto della produzione discorsiva e sulla conseguente efficacia simbolica del discorso
in quanto produzione: cfr. cap. 11, par. 3.2.

173
Semiotica dei media

Il soggetto Andiamo avanti nell’esame della sequenza. Mentre Catherine segnala di-
dell’intreccio sperata la propria presenza a Nick urlando attraverso i tubi di aerazione,
l’inquadratura penetra (quasi a seguire le onde sonore delle grida della
donna) all’interno della bara, per poi passare nel corpo del detective attra-
verso le sue vene (figg. 1 e 2). Questi complessi movimenti di macchina vir-
tuale si prestano a due ordini di considerazioni.
Da un lato essi esibiscono uno scarto e uno spostamento tra due spazi e
due temporalità: dal mondo superiore dei vivi, in cui si svolge la forsennata
ricerca, al mondo infero dei morti, in cui Nick subisce la sua tortura. Due
mondi che differiscono anche dal punto di vista visivo e sonoro: dal buio
tagliato da sciabolate di luce del vivaio ai colori innaturali, verdi e rossi ac-
cesi, dell’interno della bara; dalle urla e dal motivo musicale incalzante del-
la ricerca, ai suoni innaturalmente amplificati del morso delle formiche e
del battito cardiaco del detective sepolto. I movimenti di macchina che pe-
netrano nella bara di Nick esibiscono dunque quel procedimento di com-
posizione e montaggio di materiali eterogenei che rappresenta la seconda
articolazione del discorso: l’intreccio. Anche in questo caso inoltre il proce-
dimento dell’intreccio manifesta il rimando a un soggetto responsabile del-
la gestione complessiva dei materiali espressivi, capace di coordinare i dif-
ferenti materiali espressivi in vista di un risultato unitario: affiora dunque il
profilo di un “soggetto (responsabile) dell’intreccio”.
Il soggetto D’altra parte le inquadrature del viaggio all’interno della bara e del corpo
del formato di Nick mettono in atto un distacco di tipo tecnologico rispetto a quelle
immediatamente precedenti relative alla ricerca del luogo del seppellimen-
to. Se facciamo intervenire alcune elementari competenze relative alle mo-
dalità di realizzazione dell’audiovisivo, riconosceremo che il procedimento
di generazione delle immagini è cambiato: non più normali riprese live più
o meno manipolate in postproduzione, ma brevi segmenti generati in com-
puter graphics. Si profila in tal modo un “soggetto del formato”, responsa-
bile della realizzazione e della impaginazione del discorso in quanto ogget-
to concreto e materiale.

Gradi e forme 3.2. Le evidenze dei soggetti del discorso Abbiamo detto nel cap. 6, par. 3.2,
di manifestazione che il discorso conosce differenti gradi e modalità di manifestazione rispet-
dei soggetti to al mondo indiretto, e che esiste una costante modulazione di tale evi-
del discorso denza. L’emergere o meno del discorso implica evidentemente anche una
maggiore o minore evidenza dei suoi soggetti: nel caso in cui il discorso ri-
mane sullo sfondo, la presenza dei soggetti del discorso resta più o meno
implicita; nel caso in cui il discorso viene figurativizzato nel mondo indi-
retto, anche i suoi soggetti conosceranno una “incarnazione” in soggetti
del mondo indiretto; infine, nel caso in cui avviene una destituzione del
mondo indiretto e della sua coerenza, affiora con particolare evidenza l’o-
perato dei soggetti del discorso, e in particolare del soggetto dell’intreccio.

174
9. Le relazioni con i soggetti del discorso

È necessario ora completare questo punto con un’osservazione importante: le I fenomeni


manifestazioni del discorso, e quindi dei suoi soggetti, sono differenti a se- di “rimediazione”
conda del tipo di materiali sensoriali e dei dispositivi che permettono l’attiva- discorsiva
zione delle esperienze mediali. Sotto questo aspetto il discorso audiovisivo
rappresenta la fase avanzata di uno sviluppo molto lungo: questo cammino
parte dalla discorsività orale, basata sulla vocalizzazione e la presenza diretta e
somatica del soggetto del discorso; passa attraverso la discorsività scritta e ico-
nica in cui il soggetto del discorso è presente solo indirettamente e metonimi-
camente attraverso le tracce che ha lasciato mediante il proprio agire somati-
co su un supporto; e arriva all’esibizione di immagini in movimento e suoni
registrati automaticamente, che solo in modo doppiamente indiretto rinvia-
no alla presenza di un corpo che costruisce un discorso. Ora, come alcuni au-
tori hanno messo in rilievo, questo progresso è stato sostenuto dal principio
della “rimediazione” (Bolter e Grusin): le nuove forme discorsive hanno ri-
prodotto al proprio interno quelle precedenti. Per esempio un romanzo può
fingere di essere un racconto orale rivolto a un ipotetico ascoltatore, un qua-
dro può simulare uno sguardo diretto del soggetto al proprio osservatore e
così via. In altri termini le forme di discorso più recenti possono esibire al
proprio interno anche le forme del discorso e dei suoi soggetti precedenti –
per quanto in forma simulata.
Nel caso del discorso audiovisivo queste considerazioni implicano che i sog-
getti del discorso possono manifestarsi – tanto all’interno del mondo indiret-
to quanto all’interno del discorso stesso – sia come soggetti di un discorso au-
diovisivo, sia come soggetti di un discorso scritto, sia infine come soggetti di
un discorso orale. Nel caso di Grave Danger per esempio essi appaiono di
volta in volta come organizzatori di dispositivi mediali (per esempio il rapito-
re con il meccanismo della web-cam che mostra il volto di Nick agonizzan-
te); come erogatori di scritte e materiali grafici (lo stesso rapitore nei messaggi
che scorrono sullo schermo del computer, ma anche il soggetto del discorso
che si esprime con soprascritte quali “earlier that night”); o infine
come narratori orali (Warrick che racconta a Nick nello spogliatoio la dram-
matica serata del sabato precedente, o la voice over che riassume quanto acca-
duto nella prima parte del doppio episodio all’inizio della seconda).
Queste possibilità configurano l’esperienza mediale come un alternarsi e un La regolazione
sovrapporsi regolato di voci e di presenze discorsive di varia natura, che pos- delle voci
sono essere percepite come allineate (i vari racconti che ci giungono conver- dei soggetti
gono nel permetterci la ricostruzione di mappe situazionali unitarie) oppure del discorso
come sfalsate e dunque tali da contraddirsi e talvolta da delegittimarsi a vi-
cenda (le differenti “voci” riferiscono versioni differenti di un fatto e ci ren-
dono impossibile la costruzione di mappe situazionali unitarie) 2.

2. Questo aspetto verrà ripreso nella terza parte, cap. 14, par. 5.

175
Semiotica dei media

Il soggetto del discorso nel testo narrativo e nel film

Tra le tre accezioni del soggetto del discorso (in quanto responsabile di produzio-
ne, intreccio e formato), sono state soprattutto le prime due ad attirare l’attenzione
della semiotica del testo e del racconto.
Una prima linea di riflessione si concentra sul soggetto del discorso come pro-
duzione. Come abbiamo visto (cfr. Il punto di vista nel testo narrativo, pp. 154-5)
nel suo influente saggio del 1972 Genette aveva invitato a distinguere la questio-
ne del punto di vista da quella della voce narrante. Nell’affrontare la questione
della voce e della narrazione l’autore francese chiarisce che «ogni avvenimento
raccontato da un racconto si trova a un livello diegetico immediatamente supe-
riore a quello dove si situa l’atto narrativo produttore di tale racconto» (ivi, p.
275). Egli distingue così tra tre differenti livelli: extradiegetico, esterno al mondo
prodotto dall’atto narrativo; diegetico (o intradiegetico), interno a tale mondo;
metadiegetico, livello costruito da un atto narrativo di secondo grado: «l’istanza
narrativa di un racconto primo è dunque, per definizione, extradiegetica, come
l’istanza narrativa di un racconto secondo (metadiegetico) è per definizione die-
getica» (ivi, p. 276). Inoltre egli introduce una seconda, complementare distinzio-
ne tra narratori eterodiegetici, presentati come assenti dalla storia narrata, e
narratori omodiegetici, presenti nella storia che essi narrano in quanto perso-
naggi. L’incrocio tra extra/intra da un lato e omo/eterodiegeticità dall’altro per-
mette di costruire una tipologia delle voci narranti. Un capitoletto veloce, poi
ampliato in Genette (1983), segnala la presenza di fronte al narratore di una
possibile figura di ascoltatore o recettore cui il narratore si rivolge, chiamato
narratario.
Nel riprendere le idee di Genette, Greimas osserva che narratore e narratario co-
stituiscono l’esplicitazione di due istanze più astratte di produzione dell’enunciato
presupposte dalla sua semplice esistenza: il destinante o enunciatore da un lato, il
destinatario o enunciatario dall’altro; i narratori e narratari diegetici di Genette
vengono ribattezzati interlocutore e interlocutario. Greimas propone di studiare le
relazioni tra questi attanti alla luce delle categorie e degli strumenti dell’analisi del
racconto, come storie di manipolazione e di sanzione agite dal destinante sul desti-
natario: tra queste strategie occupano un posto di rilievo quelle fiduciarie o di veri-
dizione, tese a stabilire il valore di verità di quanto viene trasmesso (cfr. Greimas,
Courtés, 1979, voci “enunciazione”, “veridizione” e voci collegate). Questa imposta-
zione è stata parzialmente criticata in tempi recenti da Coquet (2007), che rivendica
un fondamento somatico e naturale del soggetto del discorso.
Questa linea di riflessione parte, come è evidente, dalle manifestazioni figurative
dell’istanza di produzione del discorso all’interno del mondo indiretto per risalire
alle forme non figurative della sua presenza. Essa è stata molto influente anche
nella semiotica del cinema: per esempio Casetti (1986) riprende la distinzione di
Greimas tra enunciatore ed enunciatario come istanze astratte, e narratore e nar-

176
9. Le relazioni con i soggetti del discorso

ratario come loro manifestazioni; egli ritiene che questi ultimi agiscano in forma
implicita (informatore e osservatore) o esplicita (narratore e narratari diegetici) ri-
spetto al mondo finzionale mostrato. In altri casi il narratore extradiegetico viene
chiamato narratore-camera (Sara Kozloff), mega-narratore o narratore primario
(André Gaudreault) ecc.
Una seconda linea di riflessione sposta l’attenzione sul soggetto del discorso in-
teso come intreccio. Alcuni studiosi hanno lavorato sull’attività di tale soggetto
in termini di scrittura. Metz (1971) sottolinea come le differenti convenzioni
espressive del cinema (ovvero i codici e i sottocodici cinematografici, siano essi
specifici del cinema o non specifici e comuni ad altre pratiche espressive) non
vengono semplicemente selezionate e messe in atto dai film, ma piuttosto in-
trecciate, modificate e rilavorate al loro interno mediante un processo di sposta-
mento o dislocazione che egli chiama “scrittura” – un termine che ha conosciuto
negli anni settanta una certa fortuna a partire dalle riflessioni post-strutturaliste
di Derrida, Kristeva, Barthes. Nell’effettuare una serie di analisi filmiche sulla
base delle idee di Metz, Raymond Bellour (1979) ha dimostrato che nel cinema
classico americano questo lavoro del film prende la forma di giochi ordinati di
ripetizioni e variazioni. Più recentemente la riflessione sulla “scrittura” ha preso
due strade. Da un lato c’è chi propone di considerarla una pratica sociale collet-
tiva e generale: Fontanille (1994) ha proposto di chiamare quest’attività, di natu-
ra socio-semiotica, prassi enunciazionale. Dall’altro lato c’è chi insiste sulla na-
tura specifica della scrittura: Aumont (1996, p. 150) sostiene che l’immagine cine-
matografica per un verso trasporta e trasforma «elementi di simbolizzazione o
elementi già simbolizzati», per altro verso a partire da essi inventa un senso
grazie al proprio potere figurale.
Altri studiosi hanno lavorato, più che sull’attività di scrittura, sui soggetti dell’in-
treccio in quanto istanze di progettazione del percorso di interpretazione del testo,
percepiti e delineati dal lettore o dallo spettatore nel corso della fruizione testuale.
Così per esempio Eco (1979) riprende l’idea che la lettura del testo implichi la co-
struzione di un profilo dell’autore, che Wayne Booth o Wolfgang Iser chiamano
Autore implicito: Eco parla di un Autore modello quale ipotesi interpretativa avan-
zata dal lettore sulla base della strategia testuale di scambio regolato del sapere.
Bettetini (1984) chiama un simile soggetto Enunciatore modello.
A partire dalla metà degli anni ottanta entrambe le linee di ricerca delineate (sia
quella orientata al soggetto della produzione che quella focalizzata sul soggetto
dell’intreccio) vengono sottoposte ad alcune critiche. Bordwell (1985) ritiene che lo
spettatore sperimenti la presenza di una narrazione (ovvero un set di indizi per la
costruzione di una storia), ma non di un narratore né di un autore implicito, a
meno che la stessa strategia narrativa non gli richieda di costruire il profilo di una
figura autoriale in base a fattori storici e culturali veicolati principalmente da tratti
stilistici. Ancora più radicale la critica di Metz (1991) contro l’idea che la teoria
adotti figure personali e antropomorfe per spiegare i processi di enunciazione fil-
mica. L’unico modo di riproporre oggi la figura dell’enunciatore testuale sembra

177
Semiotica dei media

dunque quella di Odin (2000), che ritiene tale figura costituita dallo spettatore in
base ai modi di produzione del senso culturalmente situati e in particolare alle in-
dicazioni che consentono la fruizione sensata del film di finzione: «l’enunciatore
non è un fatto testuale ma una supposizione e una costruzione dello spettatore o
del lettore» (ivi, p. 66).

4. Intreccio, scrittura, stile

4.1. Il soggetto dell’intreccio come apparato Come abbiamo già fatto al cap.
6, dedichiamo una particolare attenzione al discorso in quanto intreccio;
focalizziamo dunque l’attenzione sul soggetto che ne è responsabile.
Marche e stile Torniamo al momento in cui la macchina da presa penetra con un flui-
del soggetto do travelling nel tubo di aerazione, raggiunge il detective sepolto, avan-
dell’intreccio za velocemente sui dettagli delle formiche rosse ingigantite che mordo-
no la sua pelle spostandosi dall’una all’altra (fig. 1). Ciò che ci colpisce
in questo movimento, oltre alla sua abilità tecnica, è la similarità che lo
lega ad altri momenti della serie csi: l’uso del travelling virtuale, che
penetra in spazi angusti o all’interno dei corpi delle vittime e ingrandi-
sce in modo inusitato elementi microscopici per svelare fenomeni nor-
malmente invisibili, è un procedimento espressivo tipico e ricorrente
della serie csi; esso, al pari di altre procedure espressive, conferisce ai
differenti episodi una riconoscibilità immediata e un’identità specifica
rispetto ad altre produzioni di fiction televisiva. Possiamo dire dunque
che nei singoli episodi di csi ritroviamo una serie di configurazioni (sia
sensibili 3, sia relative all’ordinamento del discorso) che con la loro ri-
corsività costituiscono delle impronte capaci di manifestare la presenza
e l’azione di un soggetto riconoscibile, familiare, cui ci lega una condi-
visione di abitudini estetiche e di gusti – un po’ come leggendo la lette-
ra di un amico ritroviamo certe espressioni o un certo ritmo delle frasi
che ci appaiono come una “firma” che lo rende insieme riconoscibile e
presente.
Diremo dunque, da questo nuovo punto di vista, che le configurazioni ri-

3. In effetti abbiamo già incontrato questo fenomeno all’interno del primo snodo dell’esperien-
za mediale: il travelling virtuale in computer graphics è una di quelle configurazioni sensibili, to-
nali e ritmiche, che con la loro ricorsività e le loro variazioni controllate definiscono l’identità
sensibile di una esperienza mediale (cfr. cap. 4, par. 7). Ora, all’interno di questo sesto snodo,
tali configurazioni subiscono una riconfigurazione: esse appaiono come componenti del discor-
so tali da esprimere l’azione ricorsiva del soggetto scritturale; in sintesi, esse vengono riconfigu-
rate quali marche stilistiche.

178
9. Le relazioni con i soggetti del discorso

correnti costituiscono delle marche; e che nel loro insieme le marche defi-
niscono uno stile di scrittura che rimanda a sua volta a un soggetto dell’in-
treccio riconoscibile e familiare 4.
Nel caso della serie csi il soggetto dell’intreccio si costituisce mediante la Marche standard
definizione e la messa in opera di un repertorio di marche stilistiche al- e soggetto-apparato
l’interno dei differenti episodi della serie, indipendentemente dal nome
del regista che firma il singolo episodio: parleremo di tale soggetto in
quanto “apparato”, definito a partire da un set di “marche stilistiche
standard”.

4.2. Il soggetto dell’intreccio come autore Spostiamo ora la nostra attenzio-


ne alla sequenza, immediatamente successiva, della grottesca autopsia del
cadavere di Nick (figg. 3, 4 e 5). È impossibile non avvertire un senso di
crescente disagio. Il brusco salto temporale ci ha introdotti in una situazio-
ne del tutto inusuale per la serie csi: la morte di uno dei protagonisti; le
stesse modalità espressive sono spinte sempre di più verso forme inattese ri-
spetto agli standard stilistici ben collaudati della serie: l’uso di plongées e
contre-plongées, gli sguardi in macchina dei due medici e dello stesso Nick,
il brusco passaggio al bianco e nero, il tono grottesco e caricato della recita-
zione dei medici e del padre di Nick e in genere l’aspetto parodistico e
splatter della scena dell’autopsia rappresentano scostamenti vistosi rispetto
alle marche stilistiche standard della serie 5. Come giustificare tale intro-
missione? Come recuperare una sensatezza dei processi di scrittura e una
coerenza del soggetto che li opera?
Anzitutto possiamo osservare che la strana sequenza dell’incubo di Nick
non è l’unica anomalia di Grave Danger rispetto a un “normale” episodio
di csi: anche l’uso del flash back iniziale, le relativamente lunghe conversa-
zioni tra i membri della squadra che ritardano l’azione, il caso dell’omici-
dio delle due gemelle inizialmente introdotto ma non sviluppato, l’insi-
stenza degli sguardi in macchina dei membri della squadra nella sequenza
del «potete solo guardare», la conversazione “inutile” ai fini dell’azione tra
vecchie glorie di Las Vegas (tra cui Tony Curtis che cita indirettamente un
suo vecchio e famoso film con Jack Lemmon, A qualcuno piace caldo) ecc.
sono intromissioni e manipolazioni rispetto all’andamento stilistico stan-
dard della serie.

4. La terminologia segue una serie metaforica coerente, relativa alla tecnologia della scrittura: lo
stilus era la bacchetta usata per incidere lettere e numeri sulle tavolette di cera.
5. Il finale della sequenza, con il risveglio di Nick, risolve solo in parte il senso di inquietudine:
certo, esso permette di legittimare la scena dell’autopsia etichettandola come un suo “incubo”,
ma resta l’intromissione di un segmento che resiste a una riduzione ai parametri di lettura ordi-
nari e alle marche stilistiche standard degli episodi della serie.

179
Semiotica dei media

Marche Se vogliamo recuperare un senso a questo insieme di anomalie, dovremo


personalizzate individuarvi il ricorrere di una serie di marche stilistiche estranee alla serie
e soggetto-autore csi, ma pure non casuali né isolate: esse rimandano piuttosto ai film del re-
gista che firma la realizzazione di Grave Danger, Quentin Tarantino. L’uso
di dialoghi che ritardano e sostituiscono l’azione; l’improvviso irrompere
della violenza con un certo gusto per lo splatter e per il grottesco; la fram-
mentazione temporale del racconto mediante flash backs, flash forwards e
inserti che si rivelano sogni, incubi o allucinazioni dei personaggi; più in
generale un atteggiamento al tempo stesso ironico, distaccato, appassiona-
to e partecipe rispetto alle convenzioni e alle marche stilistiche standard di
un certo genere cinematografico: sono tutti elementi che caratterizzano il
cinema di Tarantino e che si presentano come un nuovo repertorio di mar-
che stilistiche differente da quello standard 6.
Grave Danger manifesta dunque la presenza di un secondo soggetto del-
l’intreccio, caratterizzato da un nuovo repertorio di marche stilistiche. An-
che in questo caso il soggetto che affiora possiede una consistenza propria,
una riconoscibilità basata su una consuetudine, una familiarità e una con-
divisione di gusti con lo spettatore. Il suo statuto è tuttavia differente ri-
spetto al soggetto apparato: le marche rimandano allo stile di qualcuno in-
dividuato con un nome e un cognome; che nel momento in cui si presta a
dirigere l’episodio di una serie televisiva, pur assumendo l’andamento e lo
stile del soggetto apparato 7, è sempre pronto a riaffermare la propria speci-
ficità e autonomia stilistica. Parliamo dunque in questo caso di “marche
personalizzate” e del soggetto dell’intreccio in quanto “autore”.
Possiamo dire che apparato e autore sono i due ampi profili che il soggetto

6. Una volta adottata questa chiave di lettura, affiora peraltro una serie complessa di rimandi e
di citazioni e autocitazioni marcatamente tarantiniani: la sepoltura dell’eroe ancora vivo cita l’e-
pisodio analogo di Kill Bill volume 2, del 2004 (uscito nelle sale qualche mese prima della tra-
smissione dell’episodio di csi); la ricerca forsennata della persona rapita e sepolta viva cita un
vecchio film con William Prince, Macabre (William Castle, usa, 1958), dove, con elegante in-
versione dei ruoli, è un padre medico a cercare di salvare la figlia che è stata sepolta viva; alcune
battute dei personaggi (per esempio quella di Grissom al rapitore alla fine della prima parte:
«normalmente avrebbe ragione al cento per cento, ma in questo caso si sbaglia al cento per cen-
to») ricalcano quelle di personaggi di film di Tarantino e così via. Diremo meglio al cap. 10 di
come la notazione di tali marche stilistiche tarantiniane abbia costituito un forte motivo di ag-
gregazione dei fan di Tarantino che in vari siti Internet hanno commentato Grave Danger.
7. Anche il gesto dell’assunzione troppo esibita e insistita di alcune marche stilistiche standard
suona come un gesto scritturale consapevolmente d’autore. Per esempio il travelling digitale di
ingrandimento dei particolari interni e invisibili viene adoperato con un’insistenza sospetta ri-
spetto a un normale episodio di csi: per penetrare, in modo del tutto gratuito, all’interno della
chiavetta usb nella sequenza del «potete solo guardare»; per entrare prima nella bara, poi nel
corpo di Nick, con una duplicazione del movimento, nella sequenza che stiamo esaminando
ecc.

180
9. Le relazioni con i soggetti del discorso

dell’intreccio assume nell’orizzonte della cultura mediale. La loro distinzio-


ne d’altra parte non va vista come un’opposizione netta ma piuttosto come
una polarità: in molti casi l’uno può assumere movenze e caratteri dell’al-
tro, come testimonia lo stesso caso di Grave Danger.

5. La relazione fiduciaria

Abbiamo detto fino a questo punto che il soggetto dell’esperienza mediale


avverte la presenza e l’azione, all’interno del discorso, di alcuni soggetti.
Possiamo ora chiederci quale tipo di relazione egli istituisce con essi.
Torniamo alla sequenza che stiamo analizzando. Per un verso ci rendiamo La relazione
conto che anche nei confronti dei soggetti del discorso (e, in modo parti- di condivisione
colare, nei confronti del soggetto della produzione discorsiva e dell’intrec- con i soggetti
cio) possiamo attuare un movimento di comprensione degli stati di co- del discorso
scienza e delle intenzioni che muovono il loro agire: comprendiamo lo sta-
to emotivo teso e concitato del soggetto della produzione, espresso dai mo-
vimenti incessanti del corpo del discorso 8; e comprendiamo parimenti
l’atteggiamento ironico e rilassato che accompagna Tarantino nella propria
interpretazione degli standard stilistici della serie csi. Al tempo stesso però
ci rendiamo conto che la logica che governa la nostra relazione con i sog-
getti del discorso non si orienta prioritariamente verso una condivisione di
stati di coscienza; piuttosto, essa mira a veder confermato o smentito un
rapporto di fiducia. In altri termini la natura fiduciaria della relazione di-
viene in questo caso prioritaria.
A ben vedere, la ragione di tale fenomeno risiede nella dinamica propria La relazione di
dell’esperienza mediale. Nel momento in cui accettiamo di sottoporci ad fiducia con i soggetti
essa, infatti, decidiamo di affidare una parte del nostro vivere e del nostro del discorso
esperire ai soggetti del discorso; accettiamo cioè di entrare in uno spazio di
interazione all’interno del quale la costituzione di quanto abbiamo di più
caro e di più proprio, la nostra esperienza, viene affidata ad altri soggetti. Si
tratta di un atto che può essere compiuto solo nella persuasione che l’altro
sia un altro sé, ovvero che esista una condivisione di fondo di valori, norme
e convinzioni tali per cui questa delega del sé quale centro di elaborazione
dell’esperienza non pregiudichi il suo sviluppo e i suoi effetti, ed essa si
svolga come se a compierla fossimo noi stessi.
Osserviamo che è possibile dettagliare meglio il tipo di relazione fiduciaria Valori veridittivi,
a seconda dei differenti soggetti del discorso. Così, il soggetto della produ- estetici, tecnici
zione discorsiva è responsabile, per la natura stessa del suo operare, dei va-
lori di verità del discorso: la sua posizione è quella di un testimone, sogget-

8. Sui meccanismi della consonanza immediata tra corpo del discorso e corpo dello spettatore e
sulla conseguente “efficacia simbolica” del discorso, ci soffermiamo nella terza parte, in partico-
lare nel cap. 11, par. 3.2.

181
Semiotica dei media

to chiamato alla responsabilità veritativa del proprio dire. La sua compe-


tenza corrisponde dunque all’origine del sapere che trasmette, all’arché di
quanto mostra 9. Il soggetto dell’intreccio è invece responsabile dei valori
estetici del discorso: la sua competenza si sposta dall’origine del dire ai pa-
rametri di gusto che assicurano una base di condivisione. Infine il soggetto
della realizzazione tecnica del formato è responsabile dei valori pratici e
d’uso del discorso: la qualità delle riprese e degli effetti, il rispetto delle du-
rate dei singoli segmenti e dell’episodio nel suo insieme, nel caso di un’edi-
zione in dvd della qualità del riversamento audio e video ecc.
Relazioni Osserviamo di sfuggita (riprenderemo questo punto al prossimo capitolo,
intersoggettive par. 3) che la relazione simpatica/empatica (con i soggetti del mondo indi-
e costruzione retto) e quella fiduciaria (con i soggetti del discorso), pur seguendo due lo-
della socialità giche distinte, convergono nella costruzione di un legame sociale median-
te la percezione di un sentire comune con gli altri soggetti. Possiamo dire
che nel caso della relazione di simpatia/empatia tale sentire comune che
regge il legame sociale viene costruito e sperimentato; laddove nella rela-
zione fiduciaria tale sentire comune viene presupposto ed eventualmente
verificato o negoziato.

6. Il design retorico dell’esperienza

La gestione Sono ancora immerso nella riunione con i miei collaboratori di cui ho par-
della fiducia lato nel cap. 8, par. 5, e stiamo sempre discutendo la possibilità di cooptare
nell’esperienza un nuovo ricercatore nel nostro gruppo di lavoro. A un certo punto una
ordinaria dottoranda mi prende da parte e mi riferisce a mezza voce che il possibile
candidato ha in realtà copiato la sua brillante tesi di dottorato sulle marche
stilistiche nel cinema di Quentin Tarantino da un’opera rumena sullo stes-
so argomento di cui noi tutti ignoravamo l’esistenza. Una simile rivelazio-
ne è ovviamente decisiva nel rifiutare la cooptazione del nuovo studioso;
ma quanto devo credere alla mia collaboratrice? Se convocassi il giovane,
gli chiedessi ragione dell’accusa e lui la rigettasse con sdegno, a chi dare fi-
ducia?
La disciplina Anche sotto questo aspetto dunque l’esperienza mediale riprende e prolun-
della fiducia ga al proprio interno una serie di andamenti dell’esperienza ordinaria. Al
nell’esperienza tempo stesso, essa è in grado di rendere particolarmente insidiosi e com-
mediale: plessi i problemi legati alla fiducia, al credere e alla confidenza: molti film
il design retorico lavorano per esempio sull’idea che “nulla è ciò che sembra” e giocano il
proprio finale su una rivelazione che costringe lo spettatore a riconoscere
come menzognero il soggetto del discorso in cui aveva fino a quel punto ri-

9. Cfr. cap. 11, par. 4.1.

182
9. Le relazioni con i soggetti del discorso

posto la propria fiducia 10. L’esperienza mediale diviene dunque un “labo-


ratorio del credere” e la sua natura progettuale fa sì che essa costituisca un
design retorico dell’esperienza.

Percorsi di approfondimento

Sullo studio semiotico dei soggetti del discorso si vedano, oltre ai rimandi conte-
nuti in Il soggetto del discorso nel testo narrativo e nel film, pp. 176-8, i manuali di
introduzione alle teorie semiotiche e sull’audiovisivo presentati al cap. 3. Il concet-
to di “rimediazione” è stato introdotto da Bolter, Grusin (1999).
Le questioni relative allo stile, con riferimento rispettivamente alla letteratura e al-
l’arte, vengono inquadrate in C. Segre, Stile, in Segre (1985, pp. 307-30). Più per-
sonale (e radicale) l’approccio di Bottiroli (1997). Nel campo del cinema e dell’au-
diovisivo tale nozione è stata valorizzata da Bordwell (per es. 1997) che insiste sul-
le relazioni tra modi di produzione, evoluzioni tecnologiche, procedimenti ideati-
vi e definizione stilistica. La questione della traccia documentale e delle forme di
esperienza che essa implica è stata rilanciata da Ferraris (2009).
La questione della fiducia si ritrova nella semiotica greimasiana sia a proposito
delle procedure di veridizione, sia nell’analisi di alcune passioni che (come la col-
lera) giocano appunto sulla delusione di attese fiduciarie: cfr. Greimas (1983) e
Greimas, Fontanille (1991). Per alcuni approcci di taglio sociologico si vedano
Gambetta (1988) e Roniger (1992); utili per la declinazione del problema nella so-
cietà contemporanea molti spunti di Giaccardi, Magatti (2003). Il problema della
fiducia e della affidabilità in relazione all’agire comunicativo è stato delineato in
senso filosofico da Petrosino (1999), in chiave sociologica da Gili (2005), e in sen-
so più semiotico e pragmatico da Casetti (2002).

Quaderno degli esercizi

• Riprendi il testo breve che hai già analizzato. Prendi in esame gli elementi e gli
snodi che portano maggiormente in evidenza la presenza operante del soggetto
della produzione, di quello dell’intreccio e di quello del formato.
• Individua le differenti manifestazioni espressive del soggetto del discorso: per-
sonaggi che si rivolgono direttamente allo spettatore, scritte, scorrere complessivo
delle immagini e dei suoni. Che relazioni puoi individuare tra essi? Ti sembra che
lavorino in senso cooperativo o che siano in atto processi di delegittimazione tra i
differenti soggetti?
• Esamina le procedure espressive ricorrenti nel testo che stai analizzando: ta-
glio dell’inquadratura, illuminazione, movimenti di macchina, stili di montaggio
ecc. Quali di esse sono ricorrenti in testi affini (per esempio, se stai analizzando un

10. Un esempio famoso è I soliti sospetti (The Usual Suspects, Bryan Singer, usa/Germania,
1995).

183
Semiotica dei media

trailer cinematografico presta attenzione al montaggio veloce, all’uso delle dissol-


venze, alla voice over ecc.)? Quali appaiono delle marche specifiche del soggetto
della scrittura? Tale soggetto si configura come apparato o come autore? Se indi-
vidui un profilo di soggetto autore, in quali scelte di scrittura riconosci un inten-
zionale sovvertimento delle marche stilistiche standard?
• Quali elementi e snodi portano alla luce la relazione fiduciaria tra i soggetti
del discorso e lo spettatore? In che modo le traduzioni figurative del discorso e dei
suoi soggetti pongono il problema della fiducia e della confidenza tra i partner
della comunicazione? La relazione fiduciaria è maggiormente orientata ai valori
veridittivi, a quelli estetici o a quelli d’uso?
• Prendi in esame un film in cui sia presente la voice over. Come interferisce tale
voce con la presentazione degli svolgimenti? Come si rapporta ai personaggi?
Quali sono le sue caratteristiche sensibili (tono, ritmo, implicazioni sinestesiche
ecc.: riprendi quanto detto a questo proposito al cap. 4)?
• Esamina esempi differenti di fiction televisiva contemporanea. Stila una lista
di procedimenti espressivi e osserva quali si ritrovano in serie differenti. Quali cor-
relazioni tra procedure espressive e generi o sottogeneri delle serie riesci a indivi-
duare?
• Considera la figura dell’attore: in che senso, in che misura e mediante quali
elementi è considerabile anch’egli un soggetto del discorso?

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9. Le relazioni con i soggetti del discorso

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185
10
Le relazioni con i soggetti
del mondo diretto

1. Premessa

Questo capitolo prende in esame il settimo e ultimo snodo dell’esperienza


mediale, collocato all’incrocio tra lo strato della costituzione delle relazioni
intersoggettive e il campo di oggetti intenzionali del mondo diretto: esso
analizza quindi il costituirsi di relazioni tra il soggetto dell’esperienza me-
diale e altri soggetti che fanno parte del suo mondo di vita.
Nel secondo paragrafo raccontiamo un’esperienza anomala rispetto ai ca-
pitoli precedenti: quella di una (forzata) incursione tra i siti Internet che
parlano a vario titolo di Grave Danger o ne mostrano alcuni brani: de-
scriviamo in particolare il clip relativo alla sequenza del salvataggio di
Nick, che conclude l’arco narrativo del doppio episodio di csi. Il terzo
paragrafo analizza le relazioni tra i differenti soggetti implicati in questi
scambi via Internet, già spettatori di Grave Danger, e si chiede in che
modo si configura tra essi un legame sociale. Il quarto paragrafo torna
alla sequenza del salvataggio di Nick e analizza mediante quali modalità
il legame sociale tra gli spettatori viene precostituito e indirizzato dalla
stessa fiction – e dunque sottomesso a una intenzionalità e a una proget-
tualità. Il quinto paragrafo avanza in conclusione l’idea che l’esperienza
mediale è analizzabile anche sotto il profilo dei progetti di costituzione di
relazioni sociali di cui essa è portatrice: i media mettono in atto un de-
sign sociale dell’esperienza.

2. Un imprevisto finale

2.1. «As I found They Found Nick» Nick si è appena riscosso dall’allucina-
zione. La squadra scava disperatamente, seguita da una camera a mano più
flottante e inquieta che mai. L’orologio di Warrick segna l’ora 0: l’ossigeno
di Nick è finito. Nella bara l’uomo, ormai psicologicamente distrutto e di-
vorato dalle formiche rosse, schiaccia la pistola al collo e sta per premere il
grilletto. A questo punto il mio televisore si spegne: tutta la zona in cui abi-
to è vittima di un black out.

187
Semiotica dei media

figura 1

Appena la corrente ritorna, dopo circa un quarto d’ora, riaccendo la televi-


sione: Grave Danger è terminato. Che fare? Trovare una videoteca vicina
aperta a quest’ora è impossibile. Eppure mi rode la curiosità di sapere cosa
ne è stato del povero Nick e della squadra... Alla fine ho un’idea: accendo il
computer, mi collego a Internet, accedo al sito di scambio video Youtube e
faccio una ricerca con le parole “csi Grave Danger clip”. E qui faccio alcu-
ne scoperte interessanti.
Anzitutto Grave Danger è presente con circa 140 clip, un numero molto
elevato. Molti di questi sono semplicemente il ritaglio di alcuni brani del
telefilm, eventualmente collegati tra loro a formare sequenze più ampie 1.
Sono presenti inoltre molti clip video che rielaborano le immagini del dop-
pio episodio sintetizzandolo, aggiungendo una colonna sonora originale ed

1. L’attenzione degli utenti di Youtube si sofferma su alcune sequenze particolari: per esempio
il rapimento di Nick (Nick Kidnapped, in 5 parti postate da fruity11, viste da 22.300 a 15.000
utenti circa), o l’incontro con il rapitore che conclude la prima parte (csi: Grave Danger (clip),
postato da SatanicoPandemonium e visto da 17.000 utenti).

188
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto

figura 2

eventualmente alcune manipolazioni grafiche 2. Ma il clip video più visto


in assoluto di Grave Danger è quello che stavo cercando io: Grave Danger:
They Found Nick, postato dalla mano premurosa quanto provvidenziale di
MissyWatson e visto da più di 27.000 contatti, abbraccia i decisivi 4 minuti
e 28 secondi che mi sono perso (fig. 1) 3. Posso così avviare il video, passare
alla modalità di visione a schermo intero e godermi le ultime fasi del salva-
taggio di Nick.
La squadra sta per estrarre finalmente Nick, quando una telefonata di
Haggis ferma l’operazione: il collega informa Catherine della possibilità
che vi sia una carica di esplosivo sotto la bara, pronta a esplodere appena
sollevato il corpo del detective sepolto. Grissom decide di usare una ru-
spa per gettare sulla bara una quantità di terra pari al peso di Nick nel
momento in cui questi viene tirato fuori; ma l’uomo è ormai fuori di sé:
Grissom si china sulla bara ancora chiusa per un colloquio a tu per tu
attraverso il diaframma di plexiglas, e convince Nick a sottostare a que-
st’ultima prova (fig. 2). L’esecuzione del piano di Grissom è spettacola-
re. La terra viene gettata sulla bara; la squadra tira la corda allacciata alla
cintura del detective e lo trae fuori violentemente dal cumulo nell’istan-

2. Nick Stokes: Grave Danger di Ki20so domina con più di 24.000 contatti, ma i rifacimenti e le
sintesi sono molte (per esempio Grave Danger in 10 minutes, di Shortmoose offre ai suoi circa
12.000 contatti l’occasione di una visione “compattata” del doppio episodio).
3. La stessa MissyWatson ha postato lo stesso clip in due parti separate, entrambe molto viste:
Nick Stokes: Grave Danger (14.600 contatti) e Nick Stokes is Saved (24.700 contatti circa).

189
Semiotica dei media

te la bara esplode e proietta Nick a terra, finalmente salvo. Alcune im-


magini più lente e rilassate concludono la sequenza: un lungo primo
piano in ralenti di Nick steso, il volto tremante sporco di terra; le imma-
gini del detective che viene portato via in ambulanza insieme a Warrick
e Catherine; quelle dei membri della squadra rimasti sul posto, riuniti in
una sorta di foto di famiglia: «I want my guys back!» sono le ultime pa-
role che Grissom rivolge a Ecklie prima di una dissolvenza in nero.
Il clip è terminato. Passo dal video a tutto schermo allo schermo parziale e
osservo che la parte inferiore contiene ben 115 commenti al video che ho
appena visto. Incuriosito, inizio a leggere di cosa si tratta.

2.2. Di cosa parliamo quando parliamo di Grave Danger Scorro i primi inter-
venti e mi accorgo che essi sono dei racconti dell’esperienza mediale di vi-
sione di Grave Danger o di alcuni suoi momenti salienti. La possibilità di
rivedere il clip, tipica del sito che stiamo esplorando, è in questo caso deci-
siva in quanto consente allo spettatore di rendere nuovamente presente il
ricordo dell’esperienza mediale e di ricostituire in tal modo la stessa espe-
rienza in forma viva e attuale 4:

stef500 (9 months ago) 5


we saw this episode in science class I LOVED IT!!!!!! IT WAS AWESOME!!!!!!!
rockies07 (8 months ago)
so sad I cry every time!!
xtremeskittelz2007 (2 months ago)
i cried when they finally got him out. this was a hell of an episode.
ClarissaDalllo (1 month ago)
The best CSI episode ever! Simply wonderful, always makes me cry. Really nearly
brakes my heart when they find out there’s a bomb under the box, and Warrick fi-
nally gets away from Nick, Nick cries out in deathly fear. This sound, oh my
God! George Eads did a great job in that episode. And Grissom! “I want my guys
back.” Wonderful.
ElyLauren (1 year ago)
this is so sad i like when they get him out its so sad when he starts crying i was like
crying when i saw this on my grandpas plazma tv it was so much more dramatic! 6

4. Riproduciamo gli interventi letteralmente, comprese le inesattezze lessicali, ortografiche e


grammaticali che sono tipiche di una scrittura immediata quale quella sui siti di discussione.
5. Il riferimento temporale avviene rispetto alla data in cui ho consultato i siti per scrivere que-
ste pagine, nel dicembre 2008.
6. Questo commento viene fatto al clip Nick Stokes Grave Danger che, come detto alla nota
precedente, riproduce la prima metà del più ampio Grave Danger: They Found Nick.

190
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto

Ma non tutti gli interventi ricordano e confidano l’esperienza di visione di


csi Grave Danger. In altri casi i partecipanti al dibattito passano dalla con-
fessione della propria esperienza alla richiesta e fornitura di informazioni
utili per una migliore comprensione dell’episodio o di alcuni suoi passaggi.
Un esempio di questo tipo riguarda la frase finale di Grissom (in italiano:
«voglio riavere i miei uomini»):

GroovyGirl88 (2 weeks ago)


Unfortunately, I didn’t watch the entire part of this episode.. Can anyone tell me
why Grissom said: “I want my guys back” in the end of the episode?
sorsha2 (2 weeks ago)
Grimsom the team was split up, some were forced to work the day shift by the
guy standing to the left of Grisom. So when this happened to Nick, Grisom reali-
zes that he should ahve fought harder to keep them all together as one unit rather
then letting them get split up.
GroovyGirl88 (2 weeks ago)
Oh okay, that makes sence.. Thanks.. ;) 7

A questo punto sono curioso di esplorare altre reazioni degli spettatori alla
trasmissione di Grave Danger. Mi metto così alla ricerca di blogs che hanno
ospitato opinioni e pareri “a caldo” all’indomani della trasmissione in pri-
ma visione del secondo episodio sulla rete televisiva cbs 8. Trovo diversi si-
ti che ospitano discussioni di questo tipo: le opinioni si fanno di più ampio
respiro e al centro dell’attenzione si collocano le particolari scelte effettuate
da Tarantino rispetto alle marche stilistiche standard della serie. Da un lato
si delinea la comunità dei fan del regista, che dichiara il proprio apprezza-
mento per le anomalie introdotte e fa partire un gioco di riconoscimento
delle marche tarantiniane. Per esempio nel blog Everything Tarantino
(http://www.everythingtarantino.com/data/csi.shtml) il moderatore sotto-
linea in un intervento del 20 maggio che

It was also nice to see some of Tarantino’s influence show up in the show. Most
noticably for me was the two conversations – first between Nick Stokes and the
black csi guy in the locker room, and the second between the old guys at the bar
with the csi’s dad who ended up giving them the $1M.

7. Si noti che quest’ultima battuta di GroovyGirl88 cita quella che Sara dice a Grissom nella
parte iniziale di Grave Danger, allorché il detective ipotizza che le due ragazze assassinate siano
due gemelle.
8. Avvenuta il 19 maggio 2005: la trasmissione ottenne un’audience di ben 30,3 milioni di spet-
tatori, registrando un record assoluto di ascolti per la serie csi.

191
Semiotica dei media

E il 22 maggio ButchTheBoxer16 9 precisa

Another amusing note which ties in a funny way is that The Turtles did the song
Outside Chance on the tape that was sent to csi. Well, in Kill Bill Vol.1, when
Uma Thurman is about to fight Lucy Lui, the song Please Don’t Let Me Be Mi-
sunderstood plays as they start to duel. Although the song in the movie was done
by Santa Esmeralda, it was actually a remake of the same song, except it was origi-
nally done by...The Turtles! :)

Dall’altro lato si delinea invece la comunità di spettatori che non sono in


modo particolare fan di Tarantino, e che considerano talvolta irritanti le
peculiarità di scrittura del doppio episodio. Per esempio un’assistente bi-
bliotecaria di 25 anni che si firma Kcountess, dal suo blog Life in the Past
Lane, lamenta la lentezza dell’episodio, legata alle lunghe conversazioni tra
i personaggi che rallentano o sostituiscono l’azione:

My Mom--voice of the average viewer--said at a number of points, “Why aren’t


they doing anything? They’re just sitting there.” Which I kind of disputed earlier
on (“Well how much can they do if they don’t really have a lead at the moment”,
etc.), but by the 1hr:30min mark, was starting to agree with, though my questions
along those lines were more aimed toward the writers. Some more investigating,
some more twists and turns would have been great, and I don’t think that adding
more action would have taken away from the personal, psychological stuff. I firm-
ly believe that you can still do that, even while doing action. Besides, if you work
the chracterization in with action, your viewers are actually paying attention, in-
stead of nodding off.

3. Il web e l’esperienza della socialità

Siti web Riflettiamo sul tipo di esperienza mediale che abbiamo appena fatto con-
e osservabilità sultando Youtube e gli altri siti Internet in cui si svolgono discussioni su
delle relazioni sociali Grave Danger. Il fatto più immediatamente evidente è che abbiamo incro-
ciato un’ampia serie di discorsi: le stringhe di pareri postati su Youtube o i
vari interventi sui blogs con le relative risposte. D’altra parte spiccano con
altrettanta evidenza le differenze tra questi oggetti e soggetti discorsivi e il
discorso, così come esso ci è apparso in Grave Danger. Tali differenze sono
sostanzialmente due, e si possono individuare facendo riferimento ai para-
metri di distinzione delle esperienze mediali introdotti nel cap. 2, par. 3.
Anzitutto la conformazione del formato non è più lineare e definita ma

9. Molto spesso, come in questo caso, i nicknames scelti dai fan di Tarantino riprendono i nomi
di più o meno famosi personaggi tarantiniani.

192
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto

piuttosto reticolare e aperta: da un’esperienza testuale inserita in un’espe-


rienza di flusso, siamo passati a un’esperienza ambientale (in cui possiamo
ritrovare eventualmente microesperienze testuali, come il videoclip della
sequenza di Grave Danger). Inoltre la produzione discorsiva e l’intreccio
non sono più unitari e precostituiti: essi sono affidati a un “coro” di voci
che intrecciano il discorso passo passo e in forma cooperativa, coro cui pos-
siamo aggiungere la nostra stessa voce nel caso desiderassimo postare anche
noi un messaggio o un commento; di conseguenza la relazione del discorso
con il mondo diretto è in questo caso una relazione di continuità e l’espe-
rienza diviene partecipativa.
Esamineremo meglio questo tipo di esperienza, tipica dei nuovi media, al
cap. 16. Per il momento ci interessa focalizzare e ritenere un punto specifi-
co: stante la continuità tra ambiente del discorso e mondo di vita del sog-
getto, la consultazione dei siti che parlano di Grave Danger ci permette di
prendere in esame le relazioni che si costituiscono tra i soggetti dell’espe-
rienza mediale all’interno del mondo diretto. Esaminiamo dunque come si
configura questa relazione.
Un primo aspetto che colpisce immediatamente in queste relazioni è il fat- Socialità
to che i soggetti coinvolti sentono di condividere un patrimonio comune e condivisione
di saperi, memorie, affetti e valori. Tale patrimonio concerne l’esperienza
di visione di Grave Danger e più ampiamente della serie csi, con tutto ciò
che questo implica: legami affettivi con i personaggi, conoscenza degli an-
tecedenti della vicenda, adesione ai valori che determinano i comporta-
menti dei protagonisti (e in particolare a quelli legati all’amicizia e alla coe-
sione della squadra) e così via. Si può osservare che uno spostamento dei
patrimoni condivisi provoca un parallelo sfasamento tra differenti gruppi
sociali: per esempio abbiamo visto come nei blogs che si occupano di Grave
Danger la comunità dei fan di Tarantino non coincide con quella dei fan
della serie csi.
Un secondo aspetto consiste nel fatto che i soggetti sentono di potersi fida- Socialità e fiducia
re reciprocamente gli uni degli altri, ovvero di poter affidare ad altri in va-
ria misura la determinazione della propria esperienza: se consulto con ansia
il clip di MissyWatson è perché sono sicuro che si tratta del reale brano di
Grave Danger che mi sono perso; se tanti soggetti confidano gli aspetti
emozionali più intimi della visione del telefilm è perché sono sicuri che
non verranno per questo presi in giro, ma piuttosto ascoltati e compresi; se
alcuni postano una personale rielaborazione dell’episodio con una colonna
sonora da essi stessi composta, è perché sono relativamente sicuri che il
giudizio degli altri membri del gruppo su questa operazione estetica sarà
giusto e forse benevolo.
I due aspetti della condivisione e della fiducia sono strettamente uniti e in- Socialità e pratiche
teragenti: per un verso il senso di fiducia si basa sulla consapevolezza della condivise
condivisione di saperi, di affetti e di regole di azione (per esempio sulla co-

193
Semiotica dei media

La ricezione testuale

A partire dalla fine degli anni settanta si delinea all’interno della semiotica un’at-
tenzione per il ricettore del testo nelle sue varie forme di lettore, spettatore, osser-
vatore di immagini fisse. Il ricettore passa dal ruolo di semplice decodificatore di
informazione a quello di un soggetto attivo in grado di mettere in atto una serie di
operazioni complesse e articolate. Giocano nel campo semiotico due spinte con-
giunte (cfr. Eco, 1990, pp. 17-21): da un lato una linea semiotico-strutturale che rea-
gisce al dominio eccessivo della nozione classica di struttura dell’opera e recupera
il ruolo, il piacere e la libertà della lettura del testo (per esempio con i lavori che
Roland Barthes produce negli anni settanta); dall’altro lato una linea fenomenolo-
gica ed ermeneutica che (a partire dai lavori di Roman Ingarden degli anni trenta e
mediante le riprese di Wolfgang Iser negli anni settanta) sottolinea l’idea che l’esi-
stenza del testo è legata all’atto della sua lettura e che quindi il testo stesso va
consultato come un costante appello alle attività del proprio lettore implicito e im-
plicato. Di fronte alla figura del soggetto del discorso in quanto enunciatore o Auto-
re Modello (cfr. Il soggetto del discorso nel testo narrativo e nel film, pp. 176-8), si
precisa dunque la figura simmetrica del soggetto cui il testo è destinato. Da un lato
la semiotica generativa greimasiana insiste sulla presenza dell’enunciatario o de-
stinatario e sulle sue figurativizzazioni all’interno dei racconti; dall’altro lato la se-
miotica interpretativa delinea la figura di un lettore implicito o Lettore Modello,
inteso come «un insieme di condizioni di felicità, testualmente stabilite, che devo-
no essere soddisfatte perché un testo sia pienamente attualizzato nel suo contenu-
to potenziale», e dunque una strategia testuale «il cui profilo intellettuale è deter-
minato solo dal tipo di operazioni interpretative che si suppone (e si esige) che egli
sappia compiere» (Eco, 1979, pp. 61-2). Un’idea simile traspare anche dal concetto
di posizionamento dello spettatore che affiora negli studi di taglio semiotico sul ci-
nema e viene canonizzata dalla cosiddetta “Screen theory”.
Questa svolta collega e separa al tempo stesso la semiotica da una rete di studi più
ampia e variegata che si raccoglie sotto l’etichetta di reception and audience
studies, al cui interno confluiscono due filoni di ricerca: da un lato un filone umani-
stico di teoria dell’arte, della letteratura e dei media; dall’altro un filone sociologi-
co, antropologico ed etnografico di ricerca sulle pratiche microsociali di consumo
letterario, artistico e mediale, e sulle loro relazioni con i fenomeni macrosociali. I
punti di collegamento tra la semiotica e gli audience studies sono due: il ricettore
viene considerato un soggetto attivo e questa attività viene vista in termini cogniti-
vi, come una produzione di senso e di significati. Anche i punti di contrasto sono
due. Da un punto di vista metodologico gli audience studies contestano che la se-
miotica mediante le proprie analisi testuali possa individuare l’effettivo operare
cognitivo e pratico dei pubblici, che non è necessariamente legato alle determina-
zioni testuali e che si può cogliere solo mediante metodi di rilevazione empirica
(per esempio i metodi etnografici di osservazione partecipante). Da un punto di vi-

194
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto

sta epistemologico e di presupposti della ricerca, l’assolutizzazione del profilo di


ricettore determinato dal testo, propria della semiotica, condurrebbe quest’ultima a
giocare dalla parte delle istituzioni che detengono il potere mediatico; gli audience
studies intendono invece fare il gioco opposto e lavorano sotto questo aspetto in
alcune direzioni che la semiotica non può seguire: essi valorizzano la dimensione
comunitaria e sociale della ricezione, dalle comunità interpretanti locali alla più
ampia sfera pubblica; inoltre gli studi sull’audience esaltano le tattiche e le prati-
che di resistenza dei ricettori rispetto ai progetti interpretativi mediante i quali il
potere mediale tende a riprodurre i propri quadri ideologici. Per esempio in un
saggio molto influente Stuart Hall (1980) sostiene che occorre considerare come in-
dipendenti le pratiche di codifica del testo messe in atto dagli apparati mediali e
quelle di decodifica messe in atto dalle audience; è possibile che la decodifica
adotti gli stessi codici dominanti della codifica (lettura egemonica dominante), ma
è anche possibile che le comunità interpretanti si discostino parzialmente (lettura
negoziata) o del tutto (lettura oppositiva) rispetto alle indicazioni del testo.
La semiotica risponde a queste obiezioni in modi differenti. Da un lato la semiotica
generativa, soprattutto con l’indirizzo sociosemiotico, espande la propria concezio-
ne di testo a quella di discorso (cfr. per es. Marrone, 2001), in modo da ricompren-
dere oggetti di analisi quali interazioni della vita quotidiana, spazi sociali ecc. A
partire da qui essa riafferma che anche le tattiche personali e comunitarie dei re-
cettori sono documentabili e analizzabili mediante l’analisi dei discorsi con stru-
menti semiotici e in particolare narratologici. Dall’altro lato la semiotica interpreta-
tiva distingue tra le interpretazioni del testo e i suoi usi: le prime possono essere
molteplici e non legate alle intenzioni esplicite documentabili dell’autore empirico
del testo ma, al contrario delle seconde, sono “autorizzate” dal testo stesso a parti-
re da elementi intersoggettivamente rilevabili (cfr. Eco, 1979, 1990).
A partire dalla seconda metà degli anni novanta si sono aperte nuove possibilità di
dialogo e di scambio tra semiotica e audience studies, la cui portata e le cui dimen-
sioni sono tutt’ora al centro del dibattito. Le nuove condizioni che hanno reso pos-
sibile una ripresa del dialogo sono due. In primo luogo è emersa la consapevolezza
che le audience sono oggi estese o diffuse (Abercrombie, Longhurst, 1998; cfr. an-
che Alasuutari, 1999): si parla di convergenza mediale (Jenkins), di rimediazione
(Bolter e Grusin) o di rilocazione (Casetti) per descrivere e interpretare tanto la
multiforme pervasività mediale quanto le nuove forme di interazione con i media
da parte degli spettatori (si tratta di fenomeni sui quali torniamo nel cap. 16). In
questo contesto le audience hanno sempre di più la possibilità di mediatizzare la
propria presenza e i propri interventi, e dunque di inscrivere in forma discorsiva
all’interno dei media stessi le proprie pratiche: ne deriva una parziale ricucitura
dello strappo metodologico tra semiotica e audience studies. In secondo luogo gli
audience studies si rendono conto di trovarsi a un bivio e di dover ripensare la pro-
pria storia e il proprio sviluppo (Livingstone, 1998, 2006); in particolare viene av-
vertita l’esigenza di superare la pregiudiziale ideologica che identificava l’attività
dei pubblici con pratiche di resistenza al potere mediale e di studiare piuttosto di

195
Semiotica dei media

volta in volta i complessi intrecci e le dialettiche di scambio tra le predeterminazio-


ni degli apparati mediali e le iniziative autonome delle audience (cfr. per esempio
Jenkins, 2006); in questo senso viene almeno in parte superata la questione epi-
stemologica che opponeva semiotica e audience studies.

noscenza e il rispetto di una “etichetta” di comportamenti comunicativi);


per altro verso l’agire fiduciario permette la messa in atto di pratiche volte a
recuperare, esplicitare, attualizzare, elaborare il patrimonio condiviso di sa-
peri, memorie, affetti e valori. Tali pratiche sono differenti, e vale la pena
esaminarle perché permettono di vedere dal vivo l’intreccio di condivisione
e fiducia.
Anzitutto troviamo il fatto puro e semplice dell’abitare insieme uno stesso
ambiente mediale: i soggetti sono o sono stati impegnati nell’esperienza
condivisa di tessitura del discorso, di inscrizione di tracce della propria pre-
senza e di presa d’atto e di lettura di quelle degli altri, di manifestazione
della propria voce e di accoglienza delle voci altrui. All’interno di questa
pratica di base, ne troviamo poi di più specifiche. C’è per esempio la prati-
ca della confessione intima: i racconti delle esperienze di visione del tele-
film insistono soprattutto su reazioni emotive, ovvero su tutta una partitu-
ra di emozioni private che vengono in tal modo rese pubbliche e condivisi-
bili. Poi è possibile individuare la pratica della formulazione ed esplicita-
zione di giudizi: sono soprattutto i blogs a vedere in atto questo tipo di in-
terventi, che rappresenta un’altra modalità di esporre un sentire personale,
questa volta con l’intento più pronunciato di una “chiamata a raccolta” di
altri soggetti che condividono lo stesso sentire. Molto evidente in altri casi
la pratica della implementazione congiunta e coerente dei saperi condivisi:
le richieste di informazioni e chiarimenti, il mettere a disposizione di tutti
le proprie competenze specifiche (per esempio relative agli episodi prece-
denti della serie, come abbiamo visto nel nostro esempio sulla frase di Gris-
som «I want my guys back»), il giungere in forma cooperativa a fornire al-
cune risposte ai quesiti corrispondono a questo tipo di azione congiunta.
Infine è possibile assistere alla proposta di nuovi materiali mediali prodotti
dagli stessi soggetti che partecipano allo scambio dialogico (si parla in tal
caso di ugc, user generated content); in alcuni casi si tratta di interventi si-
mili a quelli della confessione o del giudizio: i vari video che rimontano le
immagini di Grave Danger sullo sfondo sonoro di una canzone in forma di
videoclip musicale espongono al pubblico un prodotto privato e sollecita-
no il loro giudizio; in altri casi ci troviamo più vicini alle “comunicazioni
di servizio” utili per consolidare il patrimonio di saperi comuni: tali per
esempio i clip che “riassumono” Grave Danger in una manciata di minuti
a uso e consumo di chi non ha visto l’episodio.

196
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto

Condivisione di saperi, affetti e convinzioni da un lato e apertura fiduciaria Le relazioni sociali


dall’altro, nella loro interazione, caratterizzano dunque le relazioni tra i
soggetti del mondo diretto. Diremo che tali caratteri definiscono queste re-
lazioni come “relazioni sociali”: forme elementari dell’abitare insieme, del
condividere una serie di risorse, dell’elaborare collettivamente tali risorse a
partire da un reciproco affidarsi e confidarsi.

4. L’esperienza mediale e il fondamento della socialità

4.1. Il riorientamento della relazione di condivisione Fino a questo punto Condivisione


abbiamo esplorato il tipo di relazione che si costituisce tra gli spettatori e fiducia dal mondo
di Grave Danger a partire dai siti Internet che ne parlano; abbiamo dun- indiretto al mondo
que lasciato da parte il doppio episodio di csi in sé. In apparenza si trat- diretto
ta di una scelta dettata dal fatto che, tra l’esperienza di visione del tele-
film e quella della partecipazione alle comunità di discorso che ne deri-
vano, non ci sarebbe un collegamento significativo: la prima verrebbe
semplicemente “usata” all’interno della seconda per produrre una base
sociale – così come si raccolgono comunità intorno a conoscenze e pas-
sioni non mediali, dalle armi antiche alla pesca con la mosca. Tuttavia, a
ben vedere, una simile conclusione sarebbe affrettata. Abbiamo visto in-
fatti nei due capitoli precedenti che il legame di condivisione e il legame
fiduciario si ritrovano anche all’interno dell’esperienza di visione del te-
lefilm: in particolare il primo caratterizza le relazioni con i soggetti del
mondo indiretto, il secondo quelle con i soggetti del discorso. Possiamo
chiederci a questo punto se, all’interno della stessa esperienza di visione
di Grave Danger, questi nuclei di relazione sociale subiscano un riorien-
tamento: se essi non vengano reindirizzati dall’asse delle relazioni tra il
soggetto del mondo diretto e i soggetti del mondo indiretto e del discor-
so, all’asse delle relazioni tra i differenti soggetti del mondo diretto; se,
insomma, le relazioni sociali tra gli spettatori di Grave Danger che ab-
biamo colto nel paragrafo precedente non vengano fondate e progettate
dalla stessa esperienza mediale della visione del telefilm che ne costitui-
sce l’oggetto di base.
Torniamo dunque a Grave Danger, e in particolare alla sequenza del salva- La condivisione
taggio di Nick che abbiamo visto su Youtube; e concentriamo in primo vissuta ed esibita
luogo la nostra attenzione sui soggetti del mondo indiretto. Osserviamo
anzitutto che nella sequenza tocca il suo culmine quel regime di condivi-
sione di memorie, valori, emozioni che lega lo spettatore e i singoli soggetti
della squadra csi (cfr. cap. 8, par. 4.3): noi seguiamo il salvataggio di Nick
“con” i componenti della squadra, non solo nel senso che assistiamo a nu-
merose soggettive o semisoggettive dei detective, ma anche nel senso che il
nostro grado di sapere e le emozioni che guidano la forsennata corsa contro
il tempo per salvare Nick sono comuni tra noi e i membri del gruppo. È

197
Semiotica dei media

importante osservare, alla luce di quanto abbiamo detto sopra, che questa
esperienza di condivisione tra lo spettatore e i soggetti del mondo indiretto
costituisce già di per sé una relazione sociale elementare: essa permette allo
spettatore di sentire di far parte di un gruppo cui lo lega un bagaglio di co-
noscenze, affetti vissuti, intenti attuali.
Ma c’è di più. Questo legame di condivisione si ritrova ora non solo nel-
la relazione tra spettatore e singolo personaggio, ma altresì nelle relazioni
tra gli stessi personaggi: il sentire comune e l’agire cooperativo della
squadra csi (il suo costituire, in base a quanto detto in cap. 8, par. 4.2,
un “soggetto collettivo”) vengono messi in risalto in modo insistente.
Così, gli stessi gesti salvifici vengono compiuti ora dall’uno ora dall’altro
dei suoi componenti: per esempio lo scavare, lo scuotere la terra dalla
bara e così via; in alcuni casi viene inoltre sottolineato il legame affettivo
tra i detective: Warrick per esempio non vuole allontanarsi dalla bara
senza aver salvato Nick; per arrivare infine alla battuta finale di Grissom
che conclude la sequenza riaffermando la compattezza del gruppo: «I
want my guys back!» 10.
Il superamento A partire di qui la sequenza del recupero di Nick si configura come la cele-
del diaframma brazione cerimoniale del recupero e della riammissione di uno dei membri
dello schermo all’interno della comunità. È importante osservare che questa cerimonia ri-
produce l’attraversamento dello schermo televisivo e si presta dunque a es-
sere interpretata dallo spettatore come un ripercorrere e celebrare la pro-
pria ammissione alla condivisione di saperi, affetti e memorie che lega la
squadra. Pensiamo alla sottosequenza del dialogo tra Grissom e Nick, an-
cora nella bara: una serie di soggettive alternate mostra il dialogo tra il capo
della squadra e il suo detective separati dalla lastra di plexiglas trasparente
ma sporca e graffiata. Questa barriera di separazione inizialmente divide in
modo drammatico Nick dal contatto con il suo capo, un po’ come avveni-
va per la vetrata che abbiamo analizzato al cap. 7. In un secondo momento
tuttavia essa si trasforma in una superficie di comunicazione e di contatto:
per rassicurare Nick, Grissom poggia la mano sul lato esterno e invita Nick
a fare altrettanto (fig. 2). Infine il coperchio viene rimosso e le mani di

10. Il forte legame che lega i membri della squadra csi emerge con evidenza in molte altre occa-
sioni nel corso dell’episodio: esemplare al riguardo la sequenza dell’attivazione della chiavetta
usb e del conseguente spettacolo di Nick nella bara mostrato dalla web-cam e vissuto collettiva-
mente dalla squadra (analizzato al cap. 7). L’essere gettati in una stessa situazione di visione e di
ascolto, il richiamo di memorie e affetti comuni, l’esperienza lacerante di una medesima soffe-
renza e di un’impotenza condivisa – in una parola: il veder morire Nick insieme – riattualizzano
e rinnovano un forte legame comunitario tra i soggetti del mondo indiretto; al tempo stesso, la
forte analogia tra la situazione vissuta dai soggetti del mondo indiretto e quella dello stesso spet-
tatore all’interno del mondo diretto orienta l’attenzione di quest’ultimo verso l’esistenza di una
rete di legami orizzontali che lo legano ad altri spettatori partecipi della stessa esperienza media-
le di visione di Grave Danger.

198
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto

Nick vengono inquadrate mentre si protendono ad afferrare disperatamen-


te il braccio di Grissom.
Possiamo dire, dunque, che nel corso della sequenza il legame di condivi-
sione che lega lo spettatore ad alcuni personaggi isolati viene riconfigurato
come legame che unisce lo spettatore ad un’intera comunità di soggetti del
mondo indiretto. L’esperienza di visione di Grave Danger non appare iso-
lata, ma condotta assieme a un gruppo di soggetti e tale da trasformare il
gruppo in comunità inclusiva: il soffrire, il morire, ma anche lo sperare e
l’operare insieme permettono di riprendere, confermare, consolidare il le-
game sociale. Gli strumenti chiave di una simile riconfigurazione sono
due: da un lato la messa in scena di una relazione sociale estesa tra un grup-
po di soggetti del mondo indiretto; dall’altro la messa in scena dell’ammis-
sione di una o più figure dello spettatore alla comunità che si è in tal modo
costituita.
D’altra parte – e giungiamo qui al punto che maggiormente ci interessa – Il riorientamento
attraverso una simile riconfigurazione il legame sociale si fa fluido e pronto della relazione
a contagiare e coinvolgere chiunque abbia vissuto la stessa esperienza, ov- sociale verso
vero tutti i componenti del pubblico di Grave Danger. La squadra csi ap- il mondo diretto
pare in questo senso come il modello di un’altra, speculare comunità: quel-
la degli stessi spettatori; e la celebrazione dell’inserimento dello spettatore
nella comunità del mondo indiretto celebra allo stesso tempo la sua appar-
tenenza alla comunità spettatoriale.
In sintesi, attraverso il complesso gioco di rappresentazioni e di specchi che
abbiamo descritto, le esperienze mediali riorientano la relazione sociale ele-
mentare tra spettatore e personaggio in una relazione dapprima tra spetta-
tore e comunità di soggetti del mondo indiretto e quindi tra il singolo spet-
tatore e gli altri membri del pubblico.

4.2. Il riorientamento della relazione fiduciaria Passiamo ora a considerare i


soggetti del discorso e la relazione fiduciaria tra costoro e lo spettatore.
Due aspetti delle loro scelte e dei loro comportamenti appaiono particolar-
mente pertinenti.
Una prima scelta concerne soprattutto il soggetto dell’intreccio in quanto I “vuoti” del discorso
apparato (cfr. cap. 9, par. 4.1). Se tutta la sequenza non presenta problemi
di interpretazione e di comprensione, la battuta finale di Grissom («I want
my guys back») necessita per essere compresa di conoscenze supplementari
che vanno al di là della visione del doppio episodio. Se ripercorriamo Gra-
ve Danger, non tarderemo a individuare altri passaggi caratterizzati da un
andamento reticente ed enigmatico e da un atteggiamento di “elusione”.
In questi casi il soggetto del discorso evita di fornire una gamma completa
e soddisfacente di informazioni e dissemina l’esperienza mediale di blanks,

199
Semiotica dei media

di vuoti che spetta al pubblico colmare mediante forme più o meno coope-
rative di interpretazione. Tali vuoti possono essere colmati mediante il ri-
corso a una conoscenza più estesa della serie e al recupero di mappe situa-
zionali precedenti relative al mondo di csi: queste sono necessarie ad
esempio per cogliere il significato della frase di Grissom «I want my guys
back». Oppure possono richiedere la conoscenza di altre serie televisive: il
soprannome “Pancho” dato dal padre di Nick al ragazzo e ripreso da Gris-
som nella sequenza che stiamo analizzando deriva probabilmente dalla vec-
chia serie televisiva degli anni cinquanta The Cisco Kid. O, infine, possono
richiedere l’intervento di competenze specifiche del mondo diretto: per
esempio le parole che Grissom legge sulle labbra di Nick attraverso la web-
cam e che lo spettatore non può ascoltare (negli scambi in Youtube, un ra-
gazzo sordo che sa leggere il labiale ne rivela il contenuto agli altri users).
Non è un caso che a tutti gli esempi appena citati corrispondano altrettanti
scambi di informazioni nei gruppi di discussione su Internet: l’atteggia-
mento di elusione è infatti un primo procedimento utile al riorientamento
del legame fiduciario dalla relazione tra spettatore e soggetto del discorso a
quella tra i vari spettatori. In particolare tale procedimento denuncia pub-
blicamente l’esistenza di un segreto e sollecita quindi una ricerca collettiva
dei frammenti di verità mancanti o deficitari.
Le allusioni Un secondo aspetto pertinente riguarda più direttamente il soggetto del-
del discorso l’intreccio in quanto autore (cfr. cap. 9, par. 4.2). In questo caso si percepi-
sce un atteggiamento non tanto di elusione, quanto di “allusione”: l’autore
fornisce allo spettatore costanti e fuggevoli rinvii a conoscenze specifiche
relative al mondo mediale o a particolari patrimoni iconografici. Pensiamo
alla grottesca figura di Nick nella bara: i due tappi scuri che si è ficcato nel
naso pendono sul davanti come dei grotteschi baffetti alla Hitler, mentre i
pezzi di stoffa infilati nelle orecchie lo rendono simile a un buffo animale
da cartone animato, una sorta di enorme, mostruoso Bugs Bunny (fig. 2).
Ancora: nei ralenti che seguono il recupero del detective, il corpo e il volto
sono percorsi da un tremore gelatinoso e ricordano alcune inquadrature di
scene di azione alla Sergio Leone o alla Sam Peckinpah.
Anche a questo proposito non è casuale che molti interventi nei blogs dei
fan di Tarantino si siano dedicati a una collazione minuziosa dei numero-
sissimi rinvii disseminati dal regista in Grave Danger. Il procedimento
dell’allusione costituisce infatti una seconda modalità di riorientamento
della relazione fiduciaria che, in tal modo, passa dal garantire il legame tra
spettatore e autore all’alimentare la relazione sociale tra gli spettatori al-
l’interno del cosiddetto fandom – l’insieme dei mondi discorsivi ristretti,
costruiti e abitati dagli appassionati di particolari serie, personaggi, autori
mediali.

200
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto

5. Il design sociale dell’esperienza

La relazione sociale e l’esperienza della socialità sono centrali nell’esperien- La socialità


za ordinaria. Costantemente, noi sentiamo di appartenere a (o di essere nell’esperienza
esclusi da) gruppi comunitari definiti da una condivisione di saperi, me- ordinaria
morie, affetti e valori; gruppi legati dal comune impegno a custodire, riat-
tualizzare, manipolare incessantemente tale patrimonio; gruppi impegnati
in tal senso in una serie di pratiche più o meno codificate e ritualizzate, ba-
sate sulla fiducia reciproca. Una simile esperienza ci aiuta a delineare la no-
stra identità, i tratti e le storie che ci definiscono: si pensi, solo per fare un
esempio, all’importanza che rivestono le memorie famigliari, la loro custo-
dia e la loro trasmissione, nel permettere ai soggetti di individuare una pro-
pria collocazione all’interno del mondo che essi abitano.
L’esperienza mediale, anche sotto questo aspetto, riprende e prolunga l’e- La disciplina
sperienza ordinaria, con due particolarità. Da un lato essa artificializza il pa- della socialità
trimonio di memorie, di affetti e di valori sulla cui condivisione si basa il le- nell’esperienza
game sociale: alle storie e alle persone che conosciamo direttamente si so- mediale:
vrappongono i legami e i ricordi di storie e personaggi dei mondi mediali il design sociale
indiretti che frequentiamo, e che divengono la base di scambi e condivisioni
con altri soggetti del mondo diretto. Dall’altro lato l’esperienza mediale
rende artificiali spazi, modi e tempi delle pratiche sociali: se voglio scam-
biare la mia opinione con qualche altro spettatore di Grave Danger, posso
certamente fare due chiacchiere con un mio collega di fronte alla macchi-
netta del caffè (rimanendo quindi all’interno dell’esperienza ordinaria e di-
retta), ma posso anche collegarmi a un sito in cui si discute del doppio epi-
sodio di csi, e coinvolgermi così in una nuova esperienza mediale. In que-
sto secondo caso le modalità della mia interazione (modi, tempi, mezzi
ecc.) sono previsti e consentiti in base alle modalità e ai vincoli fissati dai
progettisti del sito: per esempio in Youtube non posso immettere interventi
più lunghi di un certo numero di caratteri, il mio intervento riceve una cer-
ta formattazione, la temporalità degli scambi non è immediata e così via.
Ancora una volta dunque l’aspetto saliente dell’esperienza mediale appare
la sua progettualità, il fatto cioè che essa è pre- e eterocostituita, o per lo
meno pre- ed eteroindirizzata: in particolare, sotto l’aspetto considerato in
questo capitolo, essa appare come l’occasione e lo strumento per la messa
in opera di un design sociale dell’esperienza.

Percorsi di approfondimento

La bibliografia di taglio sociologico sulla relazione sociale e i nuclei elementari del-


la socialità (dalla riflessione del primo Novecento di Georg Simmel a quella degli
anni settanta di Erving Goffman) è molto ampia: rimandiamo per un orienta-
mento alle voci corrispondenti di Gallino (2004). Un problema rimasto costante-

201
Semiotica dei media

mente sullo sfondo della nostra riflessione è quello del grado e del tipo di “libertà”
e di autodeterminazione del soggetto dell’esperienza sociale e mediale; ci hanno
aiutato a orientarci le riflessioni di Cesareo (1998, 2004). La questione è stata ri-
lanciata di recente in termini aggiornati e problematici da Magatti (2009).
I problemi relativi ai nuovi media e alla loro analisi semiotica verranno approfonditi
nei Percorsi di approfondimento del cap. 16. Per la questione più specifica del rappor-
to tra nuovi media e legami comunitari il testo classico è Rheingold (1993); un in-
quadramento accurato negli articoli di Nancy K. Baim e di Nicholas W. Jankowski
all’interno di Lievrouw, Livingstone (2006, rispettivamente alle pp. 5-36 e 37-66
dell’edizione italiana). Sul legame tra relazioni sociali in rete e identità del soggetto
cfr. la ricognizione e le ricerche di Tosoni (2004). Sui fenomeni legati al fandom ri-
mandiamo a Scaglioni (2006), cui ci lega anche l’interesse per un approccio al feno-
meno in chiave di esperienza.
Le questioni relative al ruolo del lettore/spettatore/osservatore nelle teorie, semio-
tiche e non, presentano una bibliografia molto ampia. Oltre ai testi citati in La ri-
cezione testuale, pp. 194-6, si vedano Bertoni (1996) per una ricognizione nell’am-
bito della teoria della letteratura e Denunzio (2004) per una ricognizione di ampio
respiro sulle teorie dello spettatore cinematografico. Più focalizzato sui temi che
abbiamo affrontato, e dedicato alla figura dello spettatore di cinema, è Fanchi
(2005).
Alcuni testi che introducono agli audience studies sono (oltre a quelli citati alle pp.
194-6 di questo capitolo) Moores (1993), McQuail (1997), Livingstone (1998), Li-
volsi (2003), Gillespie (2005), De Blasio et al. (2008).

Quaderno degli esercizi

• Riprendi ancora una volta il testo breve che hai già analizzato. Puoi reperirvi
delle traduzioni figurative del legame comunitario tra soggetti sociali e/o spettato-
ri? Puoi individuare eventualmente dei riferimenti che richiedono pratiche di de-
codifica e di interpretazione particolarmente elaborate e quindi tali da incoraggia-
re una collaborazione tra spettatori? Ti vengono in mente altre esperienze mediali
in cui puoi ritrovare tali caratteristiche?
• Cerca in Internet la presenza di commenti riferiti a vario titolo allo spot o alla
campagna che stai analizzando: su quali principi si basano tali commenti? È possi-
bile individuare la costruzione di forme di comunitarietà? È possibile pensare che
queste fossero previste e incoraggiate dallo stesso spot?
• Esamina vari tipi di interazione on line: blogs, discussioni in differita, chat live
(per esempio mediante Messenger o altri software simili), social networks (come
Facebook), siti di giochi on line eccetera. Prova a stilare una mappa delle differenti
tipologie di esperienza di legame comunitario chiedendoti come si presentano i
differenti soggetti, quali sono le forme della loro interazione, quali insiemi di me-
morie e valori sono posti in condivisione, quali pratiche vengono messe in atto,
quali regole e quali vincoli vengono richiesti ecc.

202
10. Le relazioni con i soggetti del mondo diretto

• Scegli un prodotto culturale “di culto”, ovvero riguardo al quale esiste una
consistente produzione di interventi e di commenti di fan (per esempio la saga di
Harry Potter o Il Grande Fratello). Analizza le produzioni del fandom, individua le
differenti tipologie ed esamina in che modo esse si incrociano con la tipologia del-
le forme di comunità on line del punto precedente.

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culturale, Carocci, Roma.
magatti mauro (2009), Libertà immaginaria. Le illusioni del capitalismo tecno-
nichilista, Feltrinelli, Milano.
marrone gianfranco (2001), Corpi sociali, Einaudi, Torino.
mcquail denis (1997), Audience Analysis, Sage, London (trad. it. L’analisi del-
l’audience, il Mulino, Bologna 2001).
moores shaun (1993), Interpreting Audiences. The Etnography of Media Consum-
ption, Sage, London (trad. it. Interpretare l’audience. Etnografia del consumo dei
media, il Mulino, Bologna 1998).
rheingold howard (1993), The Virtual Community. Homesteading on the Elec-
tronic Frontier, Addison-Wesley, Reading (ma) (trad. it. Comunità virtuali. Parla-
re, incontrarsi, vivere nel ciberspazio, Sperling & Kupfer, Milano 1994).
scaglioni massimo (2006), tv di culto. La serialità televisiva americana e il suo
fandom, Vita e Pensiero, Milano.
tosoni simone (2004), Identità virtuali. Comunicazione mediata da computer e
processi di costruzione dell’identità personale, FrancoAngeli, Milano.

204
Parte terza
L’analisi delle esperienze mediali

La terza parte di questo libro, dal cap. 11 al cap. 16, prende in esame singole
tipologie di esperienza mediale. Nella prima parte (cap. 2, par. 3) avevamo
introdotto alcuni criteri generali che ci permettono di distinguere in termi-
ni concreti e operativi tra differenti forme dell’esperienza mediale. La “visi-
ta guidata” che abbiamo effettuato nella seconda parte ci ha portati a esa-
minare da vicino un caso di fiction televisiva; per quanto abbiamo cercato
di estendere costantemente le nostre considerazioni all’esperienza mediale
in generale, si è trattato comunque dell’esame ravvicinato di un tipo speci-
fico di esperienza situata e ad attivazione automatica, testuale (per quanto
inserita in un flusso) e finzionale. I capitoli della terza parte intendono pre-
sentare altre forme di esperienza mediale, e fornire gli strumenti adeguati
per analizzarle.
Il lettore potrebbe temere a questo punto che ci prepariamo ad applicare il
modello di analisi dei sette snodi, delineato nella parte precedente, a cia-
scuna delle tipologie che stiamo per presentare. Su questo intendiamo, al-
meno in parte, tranquillizzarlo: i capitoli che seguono focalizzano la pro-
pria attenzione solamente su alcuni degli snodi individuati, e in particolare
su quelli che ci permettono di mettere in risalto i caratteri specifici delle
differenti forme dell’esperienza mediale. Tuttavia, essi non contengono
solo qualcosa in meno rispetto alla seconda parte, ma anche qualcosa in
più: alcuni aspetti, che per ragioni di lunghezza o di pertinenza erano rima-
sti in ombra nell’excursus condotto nella seconda parte, verranno ripresi e
adeguatamente valorizzati in questa sede.
Anche in questa terza parte basiamo le nostre considerazioni sull’analisi di
alcuni casi concreti, scelti con una certa libertà tra esperienze mediali con-
temporanee o, in alcuni casi, del passato più o meno recente. I vari casi
vengono introdotti nel primo paragrafo e ripresi nel corso di ciascun capi-
tolo, fornendo mano a mano concetti e terminologia di analisi: confermia-
mo in tal modo l’impostazione operativa adottata nella prima e seconda
parte. I riquadri interni ai capitoli cambiano funzione: essi riassumono ora
gli approcci della semiotica (in particolare della semiotica del testo) alle
particolari tipologie di media che vengono prese in considerazione.

205
11
L’articolo della stampa quotidiana

1. Premessa

In questo capitolo prendiamo in esame l’esperienza mediale della lettura di


un articolo di quotidiano. Ci rivolgiamo dunque alle esperienze situate che
richiedono una costante attivazione e riattivazione manuale da parte del
soggetto in quanto non possono contare su un player esteriorizzato e auto-
matico. Si tratta inoltre di un’esperienza di carattere testuale e fattuale
(cfr. cap. 2, par. 3).
La nostra analisi si concentra sulle relazioni instaurate dal lettore dell’arti-
colo con i soggetti del discorso e in modo particolare con il soggetto della
produzione e con quello dell’intreccio: essa si riallaccia quindi alle temati-
che affrontate al cap. 9. La trattazione ci permette sia di esaminare in che
modo si configura tale relazione all’interno della specifica esperienza di let-
tura, sia di approfondire la questione (lasciata in ombra a suo tempo) della
relazione con il soggetto della produzione discorsiva. Risulta particolar-
mente importante la possibilità che questi instauri una relazione di conso-
nanza immediata con il soggetto dell’esperienza.
Il secondo paragrafo introduce il caso di analisi: una corrispondenza di
Enzo Biagi dal Polesine dei primi anni cinquanta. Il terzo paragrafo si con-
centra sul soggetto della produzione discorsiva, ovvero il responsabile della
voce che i materiali grafici fanno risuonare all’interno dell’esperienza di let-
tura, e mette in luce la relazione di consonanza immediata tra questi e il
lettore. Il quarto paragrafo focalizza invece la dimensione storica e sociale
del soggetto del discorso, sia in quanto soggetto della produzione che in
quanto soggetto dell’intreccio.

2. Miracoli sulle acque

Nel novembre del 1951 il Po esonda a causa delle forti piogge; la zona del
Polesine, in Veneto, subisce una grave inondazione: i morti sono più di ot-
tanta e i senzatetto circa 180.000. Si tratta della prima grande tragedia natu-
rale italiana del dopoguerra. Il giovane cronista Enzo Biagi visita con im-

207
Semiotica dei media

barcazioni di fortuna i paesi inondati raccogliendo storie e testimonianze.


Il 24 novembre 1951 sul “Giornale dell’Emilia” appare l’articolo di cui tra-
scriviamo la prima parte 1.

Le fotoelettriche di Corbola illuminano l’approdo dei profughi

Eran passate da poco le 10. Cadeva qualche goccia. I pescatori di Goro e i marinai
romagnoli, si eran già sdraiati sul fondo delle battane, o in un angolo riparato del
barcone, per chiudere un occhio. Il soldato addetto al centralino della base di
Corbola stava scrivendo una lettera alla ragazza. Nella stanza da pranzo della Trat-
toria degli autisti, il generale Petroni esaminava, al lume di una lampada, gli ulti-
mi dispacci. Pareva che la giornata fosse conclusa. Si udiva, lontano, il rombo di
qualche motore, e il muggito delle vacche ammassate sugli argini. Moto-barche e
zattere ondeggiavano, leggere, nell’improvvisato porticciolo. Solo le ronde batte-
vano i piedi sull’asfalto umido, stancamente. Gli operatori delle fotoelettriche get-
tavano fasci di luce fredda sull’immensa laguna. Ma a un tratto si udirono delle
grida: «Allo zuccherificio di Bottrighe chiamano aiuto».

La preghiera dei guardiani

Lo stabilimento è allagato. L’acqua ha coperto i macchinari, i gabinetti delle ricer-


che chimiche, gli immensi magazzini stipati di pacchi. Sono rimasti sul posto sol-
tanto i guardiani che vigilano su quelle cose morte, su quelle ricchezze perdute.
Due uomini, durante la consueta ispezione, erano finiti in una camera allagata, e
vi erano rimasti bloccati. Non sapevano neppure nuotare, e intanto l’acqua saliva,
e il liquido sporco e gelato intorpidiva le membra, toglieva loro il respiro. Si face-
vano coraggio a vicenda, e ogni tanto provavano a urlare, chiedevano angosciosa-
mente di essere tolti da quella trappola. Ma nessuno li sentiva, e l’acqua ancora
cresceva. Disse uno: «Rimarremo qui dentro, per sempre. Ci siamo salvati dall’i-
nondazione, ma da qui non si va fuori. Chi vuoi che venga a prenderci? Dormono
tutti, c’è anche un po’ di nebbia, sarebbe pure difficile trovarci».
Disse l’altro: «Preghiamo».
Ormai l’acqua copriva le spalle dei due prigionieri. «Proviamo ancora una volta»
propose uno «tutti e due assieme». Gridarono: «Aiuto!» poi tacquero. Avevano un
nodo alla gola, una voglia immensa di piangere. Il vento portò quella invocazione
verso la riva, alle capanne di foglie, alle tende che ospitano tanta gente che ha per-
duto la casa. C’era ancora chi vegliava, e qualcuno partì per dare l’allarme. L’agita-

1. Gli articoli di Biagi sul Polesine sono stati ripubblicati in F. M. Battaglia, B. Benvenuto (a
cura di), Professione reporter. Il giornalismo d’inchiesta nell’Italia del dopoguerra, Rizzoli bur, Mi-
lano 2008; il brano analizzato è alle pp. 60-2.

208
11. L’articolo della stampa quotidiana

ta corsa dell’uomo fu accompagnata dall’abbaiare dei cani randagi che vagano per
la campagna.
Allora i pontieri saltarono su un motoscafo e, guidati dalla scia dei riflettori, pun-
tarono verso quella stanza dove stava per entrare la morte. Manovrarono con abi-
lità, si immersero nella corrente, ma riuscirono ad afferrare quelle braccia che, di-
speratamente, cercavano una mano amica. Dissero i due guardiani: «Quando tut-
to sarà finito faremo costruire una nicchia e vi porremo una statuetta di San Cri-
stoforo, che portò Gesù attraverso le onde».
Poi la luce dei grossi fari si spostò verso un altro punto, verso la sezione Maternità
dell’ospedale di Adria. Si era saputo che una donna era stata colta dalle doglie, ma
nella città non c’è energia elettrica e i medici visitano e operano in ambienti ri-
schiarati dalle candele. Allora i soldati orientarono quelle sorgenti luminose sui
padiglioni, sulle corsie, dove un bimbo stava per affacciarsi a questo mondo. E i
due gemellini – che riempirono di strilli le deserte camerate – furono accolti da un
bianco chiarore, non videro, nell’aprire per la prima volta gli occhi, ombre pauro-
se, ma il dolce e sorridente volto della mamma.
Più tardi albeggiò e vedemmo spuntare i rossi anfibi dei vigili. C’erano a bordo
non molti passeggeri. Disse il comandante del primo scafo: «Ad Adria, il livello è
andato su di dieci centimetri, e sulla superficie affiorano spesso carogne di anima-
li. I buoi hanno i ventri gonfi, enormi; i maiali scivolano via con le corte zampe ri-
volte verso il cielo. Solo le anitre e le oche si divertono a giocare, e pescano con fa-
cilità. Ma le bestie morte inquinano l’acqua, e vedrete che tra non molto scoppierà
qualche caso di tifo».
Raccontò pure che, dalle parti di Rovigo, nei paesi, molti chiudevano le imposte
delle finestre per ingannare i pompieri che, sfidando grossi pericoli, cercavano di
condurre in salvo gli abitanti dei casolari minacciati.
«Hanno seccato chili e chili di pane, disse, ammazzano galline, bollono l’acqua, e
si preparano a una lunga resistenza. Si sentono assediati da noi, e non dal fiume.»
[...]

3. Il soggetto del discorso come soggetto vocale

3.1. Le voci di dentro Leggiamo il titolo e l’inizio dell’articolo: come si svol- La lettura:
ge questo tipo di esperienza mediale? È evidente che, al contrario di quanto l’organismo
accade per l’audiovisivo, il passaggio dall’incontro di materiali sensoriali allo come player
svolgimento dell’esperienza mediale non è automatico: l’esperienza va attiva-
ta e costantemente sostenuta mediante una serie di operazioni svolte dallo
stesso soggetto. In questo caso insomma non c’è un player automatico: è il
soggetto dell’esperienza stesso con il suo organismo – ovvero il suo sistema di
mente e corpo – a svolgere il ruolo di dispositivo di attivazione.
Questa attivazione avviene mediante l’operazione della lettura: il soggetto La presenza
opera una traduzione dei segni grafico-verbali in un flusso sonoro articola- della voce
to che fa risuonare interiormente. Il lettore deve insomma recitare per sé

209
Semiotica dei media

stesso lo scritto: recitare nel senso di “impersonare”, dare corpo e colloca-


zione al flusso del discorso fissato graficamente, facendolo rivivere median-
te il proprio organismo all’interno della particolare situazione di lettura.
Questo implica che l’esperienza mediale della lettura si configuri anzitutto
come percezione della presenza viva di una voce: il soggetto della produ-
zione discorsiva viene percepito come presente e operante mediante le in-
flessioni, gli andamenti, le modulazioni di un flusso vocale; flusso fissato
(nel duplice senso di inscritto ma anche temporaneamente immobilizzato)
nel tessuto grafico che compone l’articolo, ma restituito dallo stesso lettore
alla vita, al dinamismo, alla presenza.
Torniamo per esempio al titolo e alle prime righe dell’articolo. Il carattere
più ampio e in grassetto del titolo (Le fotoelettriche di Corbola illuminano
l’approdo dei profughi), lo spazio vuoto tra questo e il corpo dell’articolo, la
continuità grafica di quest’ultimo, ci avvertono di una differenza tra la
voce che proferisce il titolo e quella che prende stabilmente in mano la pro-
duzione del discorso a partire dalle prime righe («Eran passate da poco le
10. Cadeva qualche goccia ecc.»). Nell’attivare la recitazione interiore del-
l’articolo traduciamo queste differenze grafiche in una modifica del tono
della voce che stiamo impersonando: in questo modo costituiamo la perce-
zione di un passaggio di mano da una voce introduttiva (che proferisce il
titolo) a una voce responsabile da quel punto in poi della produzione del
discorso; voce presente al tempo stesso in noi e di fronte a noi.
La confabulazione Osserviamo di sfuggita che affiora ancora una volta a questo riguardo la ca-
organizzata ratteristica di base dell’esperienza mediale: il suo costituire l’artificializza-
zione progettuale di un’esperienza ordinaria. Una simile recitazione di di-
scorsi per noi stessi è infatti una pratica di confabulazione interiore che
svolgiamo costantemente: essa ci permette ad esempio di raccontarci quan-
to ci è accaduto, impersonare altre persone mediante l’adozione imitativa
della loro voce per cogliere il loro punto di vista eventualmente alternativo
al nostro, cantare una canzone che ci piace o recitarci la sequenza di un
film che ci ha colpiti, anticipare i passaggi di un discorso che dobbiamo te-
nere o scrivere e così via. Solamente, nel caso della lettura, accettiamo che
la nostra attività di confabulazione interiore venga organizzata e guidata
passo passo da un’istanza esteriore che ne ha preventivamente progettato
gli andamenti.

Toni e ritmi 3.2. Espressione vocale ed efficacia simbolica Nella lettura, dunque, il sog-
della voce getto dell’esperienza traduce un tessuto di segni grafici in un flusso vocale
interiore, e costituisce in tal modo la percezione della presenza di uno o più
soggetti della produzione discorsiva in quanto voci. Occorre prestare at-
tenzione alla particolare relazione che lega il soggetto dell’esperienza e il
soggetto della produzione discorsiva.
Torniamo al nostro articolo, leggiamo il primo periodo e prendiamo in esa-

210
11. L’articolo della stampa quotidiana

me più da vicino la voce di base responsabile della sua produzione. Possia-


mo notare che essa è contraddistinta da alcune qualità ricorrenti, sia tonali
che ritmiche (cfr. cap. 4, parr. 5 e 6). Le qualità e i diagrammi tonali sono
legati al tessuto fonico del discorso: in questo caso esso è uniforme, privo di
stacchi e anomalie; fa eccezione la frase conclusiva, che si affolla improvvisa-
mente di consonanti rutilanti, spesso precedute da altre consonanti dentali
o gutturali (“tratto”, “udirono”, “grida”, “zuccherificio”, “Bottrighe”):
queste immettono nella voce un senso di apprensione e di urgenza. Le qua-
lità e i diagrammi ritmici sono legati a due parametri: da un lato la lunghez-
za dei segmenti che compongono il flusso fonico, indicate dalla punteggia-
tura e dalle impostazioni grafiche (la divisione all’interno di e tra i periodi
mediante la punteggiatura, gli a capo alla fine di ogni paragrafo, la separa-
zione mediante i titoletti tra gruppi di paragrafi ecc.: criterio quantitativo);
dall’altro la struttura accentuativa determinata dalla distribuzione degli ac-
centi tonici su sillabe e parole. Per quanto riguarda il primo aspetto i periodi
sono brevi, separati da punti e frammentati all’interno dalle virgole; i mo-
duli si ripetono in forma abbastanza monotona, con rari slanci. Anche la
struttura determinata dagli accenti è piuttosto regolare, con il frequente ri-
corso a frasi scandite da ottonari e dodecasillabi. Le qualità ritmiche confer-
mano dunque una sostanziale uniformità: l’impressione è quella di un flus-
so vocale articolato in forma piana, senza particolari strappi o impennate.
Ma anche sotto il profilo ritmico si conferma l’anomalia della frase conclu-
siva, l’unica che in questo primo paragrafo costituisce un momento di slan-
cio: essa è spezzata in moduli ritmici atipici rispetto a quelli che precedono,
tali da non rispondere più a una metrica regolare e piana. La prosecuzione
della lettura dell’articolo conferma questo stato di cose: toni e ritmi restano
regolari e controllati, con alcuni rari e significativi strappi ed eccezioni.
Possiamo chiederci a questo punto: che tipo di relazione instauriamo, in La voce
quanto lettori, con questa voce? Ricordiamo che ogni voce rinvia al sogget- e l’espressione
to che l’ha prodotta in quanto prolungamento immateriale nello spazio di degli stati
un gesto somatico di produzione: la voce ci appare come la manifestazione di coscienza
presente di un corpo nell’atto di svolgere e manifestare un’esperienza. del soggetto
Questo fatto rende la relazione con il soggetto della produzione discorsiva del discorso
molto vicina a quella con i soggetti del mondo indiretto (cap. 8, par. 4 e
cap. 9, par. 5): anche in questo caso percepiamo un corpo esperiente che
vive e manifesta stati di coscienza soggettiva; e anche in questo caso possia-
mo risalire dai gesti di questo corpo agli stati di coscienza vissuti e manife-
stati. La differenza rispetto alla relazione con i soggetti del mondo indiretto
consiste nel fatto che gli stati di coscienza manifestati dalla voce sono rela-
tivi non a un agire generico, ma a quella specifica forma di azione che è la
produzione discorsiva e l’esperienza che essa implica. Per esempio abbia-
mo osservato che il tono e il ritmo piani e regolari dell’articolo di Biagi si
animano allorché viene riferito l’arrivo della notizia della richiesta di aiuto,

211
Semiotica dei media

a esprimere la trasformazione da uno stato costante di attenzione concen-


trata nell’enunciare l’accaduto a uno stato circoscritto di apprensione e di
urgenza. Colpisce, nel corso dell’articolo, che anche il resoconto di alcune
azioni più concitate (come il drammatico salvataggio dei guardiani dello
zuccherificio) viene raccontato con un tono “piatto” e un ritmo del tutto
regolare e ripetitivo 2, in modo da esprimere un distacco emotivo e il man-
tenimento di una pacata concentrazione del parlante.
La consonanza Possiamo cogliere analogie e differenze tra i due tipi di relazione (quella
immediata con i soggetti del mondo indiretto e quella con il soggetto della produzio-
e l’efficacia simbolica ne del discorso) su un altro punto strettamente collegato. Ricordiamo che
della voce la comprensione degli stati di coscienza dei soggetti del mondo indiretto
avviene mediante l’interazione di meccanismi di consonanza e meccani-
smi di inferenza: a partire dallo spettacolo dei corpi in movimento dei
personaggi, per un verso ne impersoniamo e simuliamo gesti e movenze
per sentire quanto essi sentono, per altro verso richiamiamo ciò che sap-
piamo su di essi. Nel caso della relazione con la voce del soggetto della
produzione discorsiva i meccanismi di consonanza sono più immediati,
profondi e totalizzanti. Anzitutto, come abbiamo detto nel par. 3.1, l’e-
sperienza della lettura viene attivata a partire da un atto di incorporazio-
ne: in prima istanza attraverso la lettura noi facciamo nostra questa voce,
utilizziamo il nostro organismo per farla risuonare, viviamo in prima per-
sona i suoi toni e i suoi slanci, e solo in seconda istanza percepiamo il sog-
getto vocalizzante come distinto da noi. La tensione improvvisa che elet-
trizza la coda del primo periodo o l’andamento tranquillo del racconto
del salvataggio, noi li viviamo come fossero nostri: non abbiamo alcuna
possibilità di aggirare una simile immersione viva in un flusso sensibile.
Inoltre, anche quando la voce è divenuta altro da noi, essa mantiene un
forte legame viscerale con il nostro organismo e un deciso potere di in-
fluenza immediata: nel caso avessimo chiesto a un amico di leggerci l’arti-
colo di Biagi, la recitazione ad alta voce delle frasi che annunciano la ri-
chiesta di aiuto dallo zuccherificio di Bottrighe ci avrebbe trasmesso un
immediato, leggero trasalimento.
In sintesi possiamo dire che, nel caso della relazione con il soggetto del di-
scorso, l’interazione tra consonanza e inferenza prevede un peso maggiore
dei meccanismi di consonanza immediata: gli stati di coscienza espressi
dalla voce vengono assimilati dal lettore e fatti propri mediante una “effi-
cacia simbolica” del discorso, un’azione diretta (per quanto non esclusiva)
dei movimenti e dei ritmi della voce sui meccanismi somatici del lettore.

2. Con la sola eccezione della frase «Disse l’altro: “Preghiamo”», isolata a separare i due periodi
che descrivono la disperazione dell’essere intrappolati e il sorgere della speranza per il grido
ascoltato.

212
11. L’articolo della stampa quotidiana

Semiotica e informazione giornalistica

L’informazione giornalistica ha attratto l’attenzione della semiotica fin dai suoi pri-
mi sviluppi. Quotidiani e rotocalchi sono analizzati da Roland Barthes in vari saggi,
con l’intento di individuare i sistemi mitologici e ideologici di cui sono portatori e
le strategie di naturalizzazione che mascherano il loro fondamento culturale: per
esempio Barthes (1961) analizza l’interazione tra l’articolo e l’immagine fotografica
che lo accompagna, mentre Barthes (1962) studia la struttura narrativa della noti-
zia di cronaca.
Negli anni successivi l’intento critico della primissima generazione semiotica resta
vivo e si ridefinisce in base ai nuovi strumenti della semiotica. Di qui due approcci
(cfr. Eco, 1997): uno di taglio sociolinguistico attento soprattutto a denunciare l’uso
di linguaggi settoriali e criptici nei quotidiani (cfr. per esempio Eco, 1971 e Dardano,
1986), e uno di taglio testuale che analizza le strategie di presentazione delle noti-
zie con l’intento di smascherare la loro presunta obiettività: per esempio Bettetini
(1981) esamina l’intreccio di forme narrative e commentative; Veron (1981) analizza
le forme di costruzione semiotica dell’avvenimento; Calabrese e Violi (1984) porta-
no alla luce le strategie di individuazione dei contenuti chiave nel “Corriere della
Sera” e in “Repubblica” (ma sulla lettura del quotidiano in generale cfr. anche Ca-
labrese, Violi, 1980); la ricerca coordinata da Buscema (1982) pone al centro dell’at-
tenzione e dell’analisi i telegiornali.
A partire dalla seconda metà degli anni ottanta si assiste a una serie di trasformazio-
ni: cambia l’informazione, sia a stampa sia televisiva, mentre cresce il fenomeno del-
l’informazione sui nuovi media; e cambiano anche gli atteggiamenti della semiotica:
questa rinuncia alle questioni legate all’“obiettività” dell’informazione (cfr. Landow-
ski, 1984, trad. it. pp. 153-64); riprende il suo dialogo con la (micro e macro) sociolo-
gia dei media e dell’informazione; presta una nuova attenzione agli aspetti del sensi-
bile e delle emozioni anche in questo settore. Derivano di qui lavori quali quelli di
Ferraro (1994) e Pozzato (2004), che analizzano l’informazione alla luce dei processi
di costruzione di immagine; Marrone (1998, 2010), che studia l’interazione di forme
del sensibile, forme narrative e forme passionali nella definizione dell’identità delle
testate giornalistiche televisive; Montanari (2004) che lavora sulle continuità e di-
scontinuità del racconto della guerra nei differenti media.

Invitiamo a questo punto il lettore e rileggere la nostra analisi della sequen- La relazione
za del ritrovamento del luogo di sepoltura di Nick in Grave Danger effet- di consonanza
tuata al cap. 9. Ci si accorgerà come questa particolare relazione di conso- immediata
nanza immediata con il soggetto della produzione discorsiva, che abbiamo con il soggetto
qui sviluppato a proposito di un soggetto vocalizzante, possa essere estesa della produzione
anche ad altri tipi di esperienze mediali. Nel caso dell’audiovisivo potrem- discorsiva
mo parlare di una vocalizzazione visivo-sonora, per esprimere l’idea che
anche in questo caso le produzioni discorsive vengono vissute come flussi

213
Semiotica dei media

di un agire somatico che entrano in immediata risonanza e consonanza con


il sentire dello spettatore.

4. Il soggetto del discorso come soggetto sociale

Fiducia e veridizione 4.1. La voce del cronista e la relazione fiduciaria I meccanismi di consonanza
immediata che legano il soggetto dell’esperienza a quello della produzione
discorsiva costituiscono la base per la costruzione della specifica relazione
fiduciaria tra essi; in particolare tale relazione fiduciaria concerne il valore
di verità del discorso espresso dalla voce (cfr. cap. 9, par. 5). Tale relazione
è anzi particolarmente importante nel caso di un’esperienza mediale di
tipo fattuale, affrontata dal lettore o spettatore nella consapevolezza di un
rapporto di continuità tra il mondo indiretto e quello diretto: la voce del
soggetto del discorso costituisce il nostro legame esperienziale con un
mondo che si estende in continuità con quello in cui viviamo e operiamo,
e non semplicemente con un mondo “altro” quale quello dell’esperienza di
finzione.
La natura La voce del soggetto del discorso è dunque attenta a legittimare lo statuto
testimoniale della di verità di quanto dice; questo avviene mediante due tattiche. La prima
voce del cronista consiste nell’adozione del tono piatto e dimesso che abbiamo analizzato:
esso si incarica di costruire o ribadire la natura testimoniale della voce del
cronista rispetto al mondo indiretto. Il soggetto della produzione discorsi-
va, nell’atto di riferire gli avvenimenti, manifesta un’attenzione quieta e
pacata, raramente percorsa da fremiti comunque controllati. In tal modo
questa voce denuncia una propria appartenenza sociale: essa recupera e ri-
badisce il ruolo socioculturale del “cronista”, il cui mandato è quello di ri-
cercare, guardare e riferire senza coinvolgersi e dunque senza viziare i crite-
ri di credibilità e di affidabilità 3.
L’origine del dire La seconda tattica (strettamente connessa alla prima) consiste nel denun-
e del mostrare ciare più o meno implicitamente l’arché, l’origine del proprio dire. Essa si
coglie in modo particolare alla fine del brano che analizziamo. Qui per un
verso la voce narrante si mette improvvisamente in scena all’interno del
mondo indiretto in quanto soggetto di osservazione solidale con il mondo
osservato (Più tardi albeggiò e vedemmo spuntare i rossi anfibi dei vigili). In
tal modo il soggetto della produzione discorsiva si presenta come lo stesso
soggetto della percezione del mondo indiretto, legato a tale mondo da un
rapporto di inclusione (cap. 8, par. 3.2); si tratta di una tattica che raggiun-

3. La questione dell’appartenenza sociale della voce del soggetto della produzione è più com-
plesso, e verrà ripreso nel cap. 14, par. 3. Per il momento osserviamo che la qualificazione socio-
semiotica del cronista viene definita anche dagli aspetti lessicali, con la compresenza di forme
paraletterarie (“eran”), termini semidialettali (le “battane”) o forme colloquiali (“chiudere un
occhio”), che ricorrono in tutto l’articolo.

214
11. L’articolo della stampa quotidiana

ge la massima efficacia nel caso del fotogiornalismo e del videogiornalismo,


dal momento che la produzione dell’immagine fotografica, cinematografi-
ca o video implica di per sé una compresenza di mondo riprodotto e appa-
rato di riproduzione.
Per altro verso vengono introdotte le dichiarazioni del comandante dello
scafo mediante virgolettati (disse il comandante del primo scafo: «Ad Adria,
il livello è andato su di dieci centimetri, e sulla superficie affiorano spesso ca-
rogne di animali...») o nella forma del discorso indiretto (Raccontò pure
che, dalle parti di Rovigo, nei paesi, molti chiudevano le imposte delle fine-
stre...). L’installazione nel discorso di queste voci seconde implica un par-
ziale distacco della voce prima, un non assumersi per intero la responsa-
bilità di quanto esse riferiscono e il garantire solamente la verità del fatto
che tali voci esistono e “circolano”: posizione particolarmente rilevante
per le affermazioni allarmistiche relative alle possibili epidemie e per
quelle accusatorie sulla mancata volontà di essere salvati da parte di alcu-
ni abitanti.
Possiamo affermare che il passaggio agli aspetti fiduciari e veritativi ha spo- La natura sociale
stato inevitabilmente l’attenzione verso il carattere culturalmente e social- e culturale del
mente situato della relazione tra il soggetto dell’esperienza e il soggetto del- soggetto del discorso
la produzione discorsiva. Il rinvio e questo radicamento sociale della voce
sono duplici: essa rimanda al tempo stesso a un personaggio (il giornalista
Biagi) e a un mestiere (il reporter, o meglio il cronista).

4.2. Racconto e commento La voce del soggetto del discorso esibisce dun- Il soggetto
que un’attività che consiste in un semplice riferire: vengono esclusi inter- della produzione
venti diretti ed espliciti che permettano di determinare una linea interpre- e i commenti espliciti
tativa, e lo stesso tono emotivo della voce resta quieto e distaccato; in tal
modo viene stretto e ribadito il legame fiduciario tra il lettore e il soggetto
della vocalizzazione in quanto “cronista” e testimone. In altri casi questa
stessa voce potrebbe tuttavia assumere un andamento opposto, e intercala-
re o sostituire al racconto dei fatti un commento degli stessi: è il caso per
esempio degli articoli di fondo o di opinione che danno per scontata la co-
noscenza delle vicende cui fanno riferimento e si impegnano piuttosto a
esprimere dei pareri e delle interpretazioni.
Tuttavia le chiavi interpretative che il soggetto della vocalizzazione lascia Il soggetto
da parte vengono rimesse in gioco dal soggetto responsabile dell’intreccio dell’intreccio
nell’articolo di Biagi. Il lavoro di scelta e montaggio degli episodi non è in- e i commenti
fatti casuale ma costituisce una linea interpretativa coerente dell’accaduto. impliciti
Tale linea interpretativa adotta una rete di simboli e riferimenti di tipo re-
ligioso e cristiano: la preghiera dei due guardiani imprigionati, esibita nella
frase isolata e dal titoletto della sezione; il vento che, come simbolo divino
dello Spirito, porta l’estremo grido di aiuto dei due ad altri uomini; il pro-

215
Semiotica dei media

posito dichiarato a conclusione della vicenda di costruire un’edicola a san


Cristoforo; il richiamo implicito all’episodio evangelico (e, prima ancora,
biblico) dei soggetti miracolosamente salvati dalle acque simbolo del male
e dell’indistinzione; il fascio di luce come simbolo della salvezza che giunge
a squarciare le tenebre (esibito fin dal titolo dell’articolo); la scena finale
della natività sono tutti riferimenti che un lettore di formazione cattolica
può agevolmente cogliere e collegare in una rete coerente.
Agli atteggiamenti espliciti del soggetto della produzione discorsiva e della
vocalizzazione, impersonati e vissuti dal lettore direttamente sulla propria
pelle, si combinano dunque – all’interno dell’articolo di Biagi come in un
qualunque articolo della stampa quotidiana o periodica – gli atteggiamenti
impliciti del soggetto dell’intreccio, dati dalla scelta e dal montaggio dei
differenti materiali espressivi adottati.

Percorsi di approfondimento

Tre introduzioni complessive di taglio differente al giornalismo contemporaneo


sono Castronovo, Tranfaglia (2002), Sorrentino (2002) e Agostini (2004). Su gior-
nalismo e letteratura (e, più in generale, per i rimandi a introduzioni storiche al
giornalismo) si veda Papuzzi (1998). Una buona introduzione alla semiotica del
giornalismo è Lorusso, Violi (2004). Calabrese, Volli (1995) è una guida all’analisi
dei telegiornali ispirata a metodi semiotici e di agevole lettura. Una sintesi delle
discussioni e delle analisi semiotiche dell’informazione si trova in Marrone (2001,
pp. 65-135). Sul fotogiornalismo e in genere sulla relazione tra giornalismo, foto-
grafia e tattiche della veridizione, rinviamo a Vilches (1993), Eugeni (2000), Scala-
broni (2003), Peverini, Spalletta (2007).
Sul “contagio emotivo” si vedano i testi sull’esperienza mediale indicati nei Per-
corsi di approfondimento del cap. 3. Sulla questione dell’efficacia simbolica cfr.
Lévi-Strauss (1958) e le sue riprese indicate e discusse da Marrone (2001, pp. xxxi-
xxxvi).
Sulle questioni relative alla voce e all’enunciazione vocale rinviamo ai Percorsi di
approfondimento del cap. 14. Sulle questioni legate alla lettura da un punto di vista
neurocognitivo, si vedano Dehaene (2007) e Wolf (2007).

Quaderno degli esercizi

• Confronta differenti tipologie di articoli di quotidiano: il resoconto di crona-


ca, l’articolo di commento (per es. un articolo di fondo), un’intervista ecc. Come
variano il tono della voce e le sue caratteristiche? Quali sono i diversi procedimen-
ti di costruzione della fiducia tra il soggetto della vocalizzazione e il lettore? Che
relazione intravedi tra il tono della voce e lo status socio-culturale del soggetto del
discorso (direttore della testata, commentatore e fondista, intellettuale ospite, cro-
nista ecc.)?

216
11. L’articolo della stampa quotidiana

• Soffermati su un articolo che possieda una forte componente narrativa: come


vengono gestite le tensioni emotive dalla voce? Quali strumenti grafici, fonetici,
prosodici, sintattici vengono messi all’opera?
• Confronta l’articolo di taglio narrativo con altri articoli in cui sia presente una
componente di analisi e di commento dei fatti. Confronta articoli di quotidiani di
impostazione politica e ideologica differente. Quali elementi manifestano gli at-
teggiamenti dei soggetti del discorso rispetto ai fatti trattati? In che modo tali at-
teggiamenti tendono a costruire una consonanza e una relazione fiduciaria con il
lettore? Che differenze individui tra articoli narrativi e articoli di commento?
• Analizza l’incipit di alcuni romanzi di larga tiratura, sia italiani che stranieri:
come si presenta la voce del soggetto del discorso? A quale “identità” essa riman-
da? Quale atteggiamento manifesta rispetto a quanto viene narrato? Quali tipi di
relazioni sociali tra i lettori essa potrebbe innescare? Confronta poi le tue osserva-
zioni con i commenti sullo stesso romanzo che trovi sul web (pareri di fan, consi-
gli di passaparola, interventi polemici ecc.).

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218
12
La grafica del periodico illustrato

1. Premessa

Questo capitolo prende in esame l’esperienza mediale della visione, o let-


tura veloce, di un periodico illustrato; quanto diremo può comunque es-
sere applicato all’analisi di una qualunque esperienza mediale che venga
attivata dal percorso dello sguardo su una superficie grafica bidimensio-
nale: lettura del quotidiano nel suo insieme, visione di una pagina o di
un cartellone pubblicitari e così via. Anche in questo caso, come nella let-
tura dell’articolo di giornale, il soggetto attiva l’esperienza personalmen-
te, senza ricorrere a un player esterno; tale attivazione è questa volta affi-
data al processo di percorrenza visiva di uno spazio grafico bidimensiona-
le dalla conformazione reticolare e dai confini definiti: si tratta di una
esperienza ipertestuale. Inoltre non risulta pertinente la relazione tra
mondo diretto e mondo indiretto, quanto piuttosto quella tra mondo di-
retto e discorso, una relazione caratterizzata dalla discontinuità: si tratta
dunque di una esperienza di tipo estetico (cfr. come sempre i criteri in-
trodotti nel cap. 2, par. 3).
Il particolare tipo di esperienza ci porta a focalizzare la nostra attenzione
sul discorso: in particolare, sullo sfondo di quanto detto nei capitoli 6 e 9
della seconda parte, approfondiremo alcuni aspetti relativi al discorso in
quanto formato.
Il secondo paragrafo introduce gli oggetti di analisi: tre riviste di diffe-
rente impostazione dedicate al corpo e alla salute. Il terzo paragrafo
esamina da vicino la costituzione del discorso e si concentra sul discor-
so in quanto formato. Il quarto paragrafo prende in considerazione il
fatto che il formato costituisce in alcuni casi uno spazio metadiscorsi-
vo: uno spazio discorsivo di primo grado che permette di selezionare
esperienze mediali e discorsi di secondo grado; il paragrafo affronta
quindi la questione del soggetto del formato in quanto metasoggetto
discorsivo.

219
Semiotica dei media

2. Corpi in copertina

Gli ultimi anni hanno visto un boom delle riviste dedicate al corpo e alla
salute; la moltiplicazione delle testate ha coinciso con una differenziazione
di destinatari e quindi di tagli e impostazioni. Per la nostra analisi abbiamo
scelto tre riviste mensili il cui titolo indica immediatamente un riferimento
a corpo e salute, ma che sono al tempo stesso molto differenti l’una dall’al-
tra: si tratta dei numeri usciti nel febbraio 2009 di “Ok. La salute prima di
tutto”, “Men’s Health” e “Salute naturale”.
“Ok. La salute prima di tutto”, edita dal gruppo rcs, si presenta come
un periodico femminile: la copertina (fig. 1) esibisce l’attrice Stefania
Rocca, mentre gli “strilli” evidenziati in rosso presentano articoli e servizi
dedicati all’amore, al dimagrimento, alle confessioni di alcuni divi soprat-
tutto televisivi. “Men’s Health”, del gruppo Mondadori, denuncia fin dal
sottotitolo (Il magazine maschile più letto nel mondo) la propria destina-
zione (fig. 2): campeggia in copertina in piano americano l’attore Hugh

figura 1

220
12. La grafica del periodico illustrato

figura 2

figura 3

221
Semiotica dei media

Jackman, mentre i titoletti rimandano ad articoli su come bruciare i gras-


si o evitare le malattie invernali. Infine “Salute naturale” (fig. 3), del
gruppo Riza, rinuncia alla fotografia per presentare il disegno acquerella-
to di una ragazza tra i girasoli che beve una tisana, nuda e inginocchiata
con il busto eretto; il disegno è schiacciato da alcuni titoli molto ampi
che segnalano un servizio sull’ossigenazione del sangue: tutti elementi che
la caratterizzano come una rivista salutista attenta ai benefici della natura
e dell’equilibrio tra mente e corpo (La nuova via del vivere bene è il suo
sottotitolo).

3. L’analisi del formato grafico

Visione 3.1. L’esplorazione sensomotoria del formato Partiamo dall’esame delle tre
dell’immagine copertine: iniziamo a guardarle e chiediamoci che tipo di esperienza me-
e organizzazione diale stiamo svolgendo 1. Anche qui, come nel caso della lettura, incontria-
di percorsi mo alcuni materiali sensoriali inerti che sta a noi attivare in un’esperienza
mediale: si tratta in questo caso di tracce grafiche verbali e visive depositate

1. In tal modo facciamo partire l’esperienza mediale dall’atto di lettura visiva; occorre essere
consapevoli che così facendo operiamo una semplificazione: l’esperienza mediale inizia infatti
quando prendiamo in mano una delle nostre riviste. Avvertiamo anzitutto che essa si presenta
come un particolare oggetto materiale dotato di alcune qualità di tipo visivo e tattile: la sua
superficie esterna è generalmente liscia e lucida, con una grammatura della carta superiore a
quella delle pagine interne; il formato standard di cm 20,7 × 28,5 e il peso (che varia dai due
etti e mezzo ai tre etti) legato a sua volta alla fogliatura e alla grammatura della carta, permet-
tono di maneggiare e sfogliare la rivista con relativa facilità, sia appoggiandola su una superfi-
cie sia tenendola in mano, per esempio in metropolitana o in treno. La nostra competenza ci
permette di individuare e di valutare eventuali variazioni rispetto a questi standard: per esem-
pio una rivista può segnalare il proprio carattere ecologico usando una copertina di carta rici-
clata ruvida e non sbiancata; oppure può evidenziare la propria preziosità aumentando la
grammatura della carta interna o il formato, o il numero di pagine e così via; in altri casi anco-
ra la portabilità e la maneggevolezza della rivista possono essere esibite riducendo il formato,
come accade per alcune riviste che pubblicano un’edizione di formato normale e una di for-
mato ridotto leggibile con più difficoltà ma meno ingombrante negli spostamenti. Insomma:
una rivista – come un qualunque prodotto editoriale (un libro, un quotidiano, un fumetto
ecc.) e prima ancora come un qualunque prodotto tout court – è anche un oggetto materiale e
in quanto tale esibisce qualità tonali legate al tatto, al peso, alle dimensioni, alle possibilità di
manipolazione che essa permette o impedisce. È importante sottolineare che, in base al nostro
modello dell’esperienza, tale area non viene “superata” e annullata nel seguito della lettura, ma
rimane ben presente e disponibile per ulteriori processi di produzione del senso: si pensi per
esempio a come l’esperienza di lettura di un libro in brossura si qualifichi costantemente nel
suo svolgersi come meno prestigiosa (o meno impegnativa) rispetto a quella di un’edizione di
lusso. Riprenderemo la questione della relazione esperienziale con gli oggetti a proposito della
semiotica della pubblicità, al cap. 15, par. 3.1.

222
12. La grafica del periodico illustrato

su un supporto cartaceo. Per attivare l’esperienza mediale però non è più


sufficiente il “dare voce” alle tracce grafiche: occorre prima di tutto orga-
nizzarle in quanto forme colorate disposte su uno spazio di fondo bidi-
mensionale, valutare quindi le possibilità di percorrenza visiva e sensomo-
toria di questo spazio e infine attuare i tragitti che sono stati intravisti. Solo
all’interno di tali tragitti potremo poi tradurre le tracce grafiche verbali in
vocalizzazioni interiori.
Insomma: se la lettura aveva conferito all’esperienza un andamento lineare, Lettura e movimento
l’interazione con una superficie grafica la configura come plurilineare, tale
per cui ogni tragitto si definisce all’interno di una matrice reticolare di pos-
sibilità. E se la lettura ci era apparsa come l’artificializzazione dell’esperien-
za ordinaria di confabulazione interiore, l’osservazione di una superficie
grafica si definisce piuttosto come l’artificializzazione di un altro tipo di
esperienza ordinaria: l’esplorazione di un campo visivo, che (come abbia-
mo detto nel cap. 4, par. 3.1) è sempre basato su tragitti esplorativi di tipo
sensomotorio e sulla simulazione di interventi attivi e di manipolazione di
quanto si osserva.
Questa dinamica implica una conseguenza importante per quanto ri- Il ruolo prioritario
guarda l’ordinamento del discorso nelle sue differenti accezioni (cfr. del formato
cap. 6, par. 3). Il discorso viene percepito in questo caso basilarmente
come un oggetto dotato di una precisa articolazione spaziale, cioè come
“formato”. A partire dalla percezione del formato avviene l’attivazione di
specifici tragitti di sguardo e di lettura e dunque la percezione di un’atti-
vità di produzione discorsiva e di un intreccio di materiali differenti. Per
esempio l’occhio può muoversi sulla superficie delle nostre copertine in
quanto attratto da un elemento particolare quale il logo delle riviste, op-
pure le immagini centrali di “Ok. La salute prima di tutto” e di “Men’s
Health”, o i titoli molto evidenti di “Salute naturale”; i percorsi dello
sguardo e della produzione discorsiva possono essere indirizzati sia in
senso orizzontale che verticale: per esempio “Ok. La salute prima di tut-
to” e “Men’s Health” privilegiano l’uso di due colonne di titoletti verti-
cali tra cui scegliere, mentre “Salute naturale” pone i titoli in un’unica
ampia colonna che occupa quasi tutta la superficie e dà maggior peso al-
l’orientamento orizzontale.
L’interazione circolare che si crea tra formato e produzione ribadisce il ruo-
lo centrale del discorso in quanto formato. Per un verso il formato viene
percepito come una sorta di carta topografica che fornisce istantaneamente
e in forma sinottica la planimetria di un territorio e che al tempo stesso se-
gnala differenti ma limitate possibilità di esplorazioni e tragitti. Per altro
verso le produzioni discorsive che risultano dall’attivazione di tali tragitti
rimandano costantemente alla matrice che li consente e che li guida, ovve-

223
Semiotica dei media

ro nuovamente al formato. Concentreremo dunque la nostra attenzione in


questo capitolo sul discorso in quanto formato 2.

3.2. Il diagramma tonale e ritmico del formato In base a quanto abbiamo


appena detto, il discorso in quanto formato viene percepito sia come un
oggetto a sé, sia come la matrice e il programma dei percorsi di esplora-
zione che permettono di attivare le produzioni discorsive. Nel primo
caso esso sarà distinto da qualità tonali, nel secondo da qualità ritmiche,
legate cioè ai possibili movimenti esplorativi. Non potendo procedere a
un esame completo delle riviste, dedichiamoci all’analisi ravvicinata del
sommario di “Ok. La salute prima di tutto” (fig. 4). La rivista presenta
un sommario a doppia pagina affiancata; esso irrompe dopo una sola
doppia pagina pubblicitaria e data la sua ampiezza occupa per intero il
campo visivo del lettore, come una sorta di ampio schermo cinemato-
grafico.

figura 4

2. Da un punto di vista pratico può essere utile ricostruire una mappa grafica del formato dise-
gnando (o ricalcando su carta sottile dalle pagine che si analizzano) i blocchi di testo della gab-
bia grafica per poi individuare su di essa i pesi visivi e tracciare i principali vettori direzionali. Si
ricostruisce in tal modo lo schema grafico (quello che tecnicamente si chiama il menabò o ti-
mone) della rivista.

224
12. La grafica del periodico illustrato

Dal punto di vista tonale, risaltano due elementi: l’aspetto lineare e pulito Qualità e diagramma
dei caratteri grafici e l’impostazione cromatica: domina il distacco delle fi- tonali del formato
gure scure e delle scritte su fondo rosso rispetto al fondo bianco; ma si no-
tino, sulla base di queste ricorrenze, alcune variazioni poco ordinate, quali
ad esempio i colori cangianti delle virgolette – freccette accanto ai numeri
delle pagine.
Dal punto di vista ritmico dobbiamo distinguere vari elementi. Anzitutto Qualità e diagramma
osserviamo la presenza di una certa gabbia grafica complessiva evidenziata ritmici del formato:
dalla disposizione del testo e dall’uso di filetti o altri accorgimenti. In que- la “gabbia”
sto caso ciascuna pagina è costruita in base a tre colonne verticali delimita-
te da un sistema di filetti tipografici: nella pagina sinistra esse si allargano a
mano a mano che si avvicinano al centro pagina, mentre al contrario si re-
stringono a destra nell’avvicinarsi al bordo esterno. Questa simmetria non
è perfetta in quanto le parti inferiori delle due colonne verso il centro della
pagina destra vengono riaccorpate in unico blocchetto di tre colonnine
riunite sotto il titoletto Le rubriche.
In secondo luogo notiamo che tale gabbia grafica prevede (o su di essa si I pesi visivi
sovrappone) un sistema di pesi visivi, ovvero l’occupazione di alcune su-
perfici particolarmente consistenti da parte di elementi unitari ed evidenti:
in questo caso sulla parte superiore delle due larghe colonne centrali si apre
un ampio collage di immagini fotografiche che rimandano ad alcuni degli
articoli e che costituiscono un forte elemento di equilibrio centrale. Anche
qui però l’equilibrio non è perfetto: alcune immagini fuoriescono infatti da
questo collage; in particolare spicca, al piede della seconda colonna della
pagina sinistra, la fotografia di un conduttore di telegiornale.
In terzo luogo osserviamo che alcuni elementi grafici o iconici sono dotati I vettori
di un potere di orientamento dello sguardo: parliamo di “vettori”, quali di orientamento
dita o braccia puntate, frecce indicatrici, orientamento di corpi e sguardi.
Nel caso che stiamo esaminando spicca ad esempio la posa dell’animale al
centro del collage, nell’immagine più ampia: mentre le pose degli esseri
umani nelle altre foto guardano verso lo spettatore, il lori (una piccola pro-
scimmia indiana) è orientato verso sinistra e rilancia lo sguardo del lettore
verso tale direzione.
La gabbia grafica globale, il sistema di pesi visivi e la presenza di vettori Il sistema
determinano le direzioni preferenziali dei tragitti di esplorazione visiva e di nidificazione
sensomotoria della superficie grafica. Questi elementi costituiscono nel dei diagrammi ritmici
loro insieme un diagramma ritmico (cfr. cap. 4, par. 6) che qualifica am-
piezza, direzione e investimenti energetici dei movimenti esplorativi.
Questo diagramma ha d’altra parte una struttura gerarchizzata: esso può
incorporare diagrammi minori, legati a eventuali gabbie grafiche locali e
in particolare all’ampiezza reciproca dei segmenti e delle parti che com-
pongono le varie aree della pagina (blocchetti di testo o immagini). Al-
l’interno di tali gabbie minori o di secondo grado in genere la direzione e

225
Semiotica dei media

l’ampiezza sono prefissati, e il diagramma modula solo la velocità e gli in-


vestimenti energetici degli spostamenti. In questo caso le due colonne in-
termedie e la parte inferiore delle colonne centrali più ampie presentano i
riferimenti agli articoli del numero della rivista in blocchetti regolari ordi-
nati sotto titoletti evidenziati da uno sfondo rosso (Gli esperti rispondono,
Anch’io, Un medico per amico ecc.). Le due colonnine laterali sono invece
riservate a “comunicazioni di servizio” più veloci, quali ad esempio la le-
genda dei simboli che compaiono negli articoli o gli indirizzi Internet ed
e-mail. In teoria le possibilità di gerarchizzazione sono numerose, ma in
pratica difficilmente si giunge oltre il secondo livello di annidamento che
abbiamo individuato.

4. Il formato come spazio metadiscorsivo e i suoi soggetti

Percorro dunque con lo sguardo il sommario di “Ok. La salute prima di


tutto”. A un certo punto la mia curiosità è attratta da un trafiletto sulla si-
nistra: a pagina 42 viene segnalato un servizio su Vincenzo Salemme, del
quale viene riportata la seguente dichiarazione : «Le prime tre volte che ho
fatto l’amore con mia moglie ho vomitato. Sono pieno di nevrosi, vado
dall’analista». Incuriosito (dal particolare delle tre volte: perché proprio
tre?) vado a pagina 42 e inizio a leggere l’articolo. È chiaro che dalla per-
correnza della doppia pagina del sommario alla lettura del trafiletto, e so-
prattutto dell’articolo, si è prodotto uno scarto: siamo passati da un’espe-
rienza di visione di una superficie grafica a un’esperienza di lettura di un
particolare articolo. Che relazione sussiste tra le due esperienze, che perce-
piamo comunque collegate?
Dal formato Cominciamo con l’osservare che non sempre l’esplorazione visiva di super-
metadiscorsivo fici grafiche implica il passaggio verso esperienze mediali più specifiche: per
alla costituzione dei esempio potrei guardare una pagina pubblicitaria o studiare la piantina
discorsi e ritorno della metropolitana della mia città senza oltrepassare l’esperienza attivata
dai miei percorsi visivi. Accade tuttavia in alcuni casi (e una rivista consi-
derata nel suo complesso grafico è uno di questi) che tale tipo di esperienza
serva a orientare il lettore verso la scelta di una seconda e più specifica espe-
rienza da attivare. Le superfici grafiche sono usate spesso in questo senso
come “metaspazi” utili affinché il soggetto venga messo in grado di fare
una scelta tra differenti esperienze specifiche da attivare; esse obbediscono
in questo senso a una logica dell’“ipermediazione” (Bolter e Grusin) che
ha trovato più di recente forme di applicazione particolarmente efficaci nei
nuovi media (per esempio nelle pagine web, o nei menu di opzioni di vi-
deogiochi e di dvd: cfr. cap. 16) 3.

3. Occorre anche considerare che alcuni tipi di spazio metadiscorsivo non corrispondono a
superfici grafiche: per esempio i palinsesti televisivi. È tuttavia interessante notare come tali

226
12. La grafica del periodico illustrato

In casi di questo genere, il discorso in quanto formato viene riconfigurato Soggetti


come uno spazio metadiscorsivo, ovvero “di primo grado”, rispetto al qua- e metasoggetti
le si può scegliere di attivare esperienze (e quindi costruire discorsi) “di se- del discorso
condo grado”. Questo fatto implica che anche il soggetto percepito come
responsabile del formato venga riconfigurato come un “metasoggetto del
discorso”, ovvero un soggetto di primo grado (in questo caso identificabile
grosso modo con il direttore o con l’editore della rivista) rispetto ai respon-
sabili dei discorsi particolari di secondo grado che esso ospita (grosso
modo, in questo caso, gli autori dei singoli articoli). Un simile metasogget-
to, pur essendo distinto dai responsabili dei discorsi particolari, ne è tutta-
via avvertito come il responsabile ultimo, incaricato di organizzare le sin-
gole voci degli estensori degli articoli, di conferire un’identità unitaria al
discorso polifonico che essi producono, di garantire veridicità e godibilità
delle loro produzioni.
I profili e le identità del metasoggetto del discorso vengono costituiti e per- La natura sociale
cepiti a partire principalmente dal formato (per quanto siano possibili altri e culturale
luoghi di esplicitazione: editoriali, avvisi ai lettori, pubbliche dissociazioni dei metasoggetti
da questo o quell’articolo ecc.) e sono legate a fattori socialmente e cultu- del discorso
ralmente definiti. Vediamo quali profili del metasoggetto del discorso ven-
gono delineati a partire dai sommari delle nostre tre riviste.
Partiamo da “Ok. La salute prima di tutto”, che abbiamo già analizzato
(fig. 4). Quanto osservato sopra permette di individuare una direzionalità
piuttosto varia della lettura: l’occhio è sospinto dal centro in varie direzioni
e viceversa, con spostamenti modulati da un ritmo sincopato e caratterizza-
ti da cromatismi variati. Parliamo di un modello rotocalco, perché questo
tipo di grafica rimanda a molte caratteristiche della stampa periodica (ma
anche quotidiana) contemporanea: molto spesso la grafica esibisce una cal-
colata irregolarità e molteplicità di percorsi in modo da dare l’impressione
di offrire al suo lettore un insieme eterogeneo di materiali che questi può
percorrere in modi non casuali ma comunque liberi e dinamici. Il meta-
soggetto del discorso che si manifesta mediante questa presentazione dei
contenuti e delle forme della rivista appare dunque non particolarmente
autorevole sotto il profilo medico e scientifico 4: egli si conforma piuttosto

metaspazi siano comunque traducibili in superfici grafiche: per esempio nei menu delle televi-
sioni satellitari o del digitale terrestre che permettono il passaggio da un canale all’altro, oltre
che ovviamente negli schemi grafici di quotidiani e riviste dedicati a riferire la programmazio-
ne televisiva.
4. La responsabilità scientifica è piuttosto demandata a un secondo soggetto: la Fondazione
Umberto Veronesi, cui viene associata, in un quadrato blu contornato di rosso posto in alto a
destra della copertina, la direzione scientifica. Si osservi come invece in “Salute naturale” tale
dissociazione tra direzione editoriale e scientifica non venga prodotta (cfr. infra).

227
Semiotica dei media

al profilo del responsabile di un periodico di informazione leggera, media-


tore di notizie, curiosità, confidenze di vip e organizzatore di tali materiali
in forma varia e vivace.
Differente l’impostazione del sommario di “Men’s Health” (figg. 5 e 6).
Qui il sommario giunge a pagina 11, dopo differenti pagine pubblicitarie, e
le due pagine che lo compongono non sono adiacenti ma successive. La
gabbia grafica evidenzia due colonne, quella nella parte interna più ampia
in entrambe le pagine. La prima pagina del sommario presenta nella colon-
na interna una fotografia dell’attore Hugh Jackman e una riproduzione in
piccolo della copertina; per il resto è occupata da blocchetti di testo regolari
con titolo e sintesi degli articoli che fanno parte della categoria “Storie di
copertina”. La seconda pagina evidenzia due immagini prive di cornice e
blocchetti più brevi, regolari, divisi per categoria. Tutte le immagini seguo-
no ed evidenziano l’andamento delle colonne, e costituiscono indicazioni
vettoriali per rispettarne l’andamento di lettura; solo la fotografia della co-
lonna destra sulla seconda pagina è orientata vettorialmente verso destra,
quasi a invitare a proseguire la lettura della rivista. Le qualità ritmiche rin-
viano a un forte ordine nella lettura sia per quanto concerne la direzione,
dominata dalla scansione delle colonne, sia per quanto riguarda la ritmica
molto regolare. Le qualità tonali rafforzano tale impressione di ordine, con
l’uso di colori limitato (nero per i caratteri, rosso per il numero di pagine
sul fondo bianco: anche le immagini non presentano forti colori alternati-
vi) e un lettering molto razionale e tecnico. Parliamo di un modello catalo-
go. Il profilo che emerge è quello di un metasoggetto razionale, dotato di
autorevolezza legata a una competenza di tipo tecnico, capace di fissare uno
sfondo rigoroso per gli articoli e di determinare un atteggiamento di lettura
serio e ordinato qualunque siano gli argomenti affrontati.
“Salute naturale”, infine, introduce il sommario alle pagine 4 e 5, dopo
aver presentato un editoriale del proprio “Direttore scientifico”, Raffaele
Morelli (fig. 7). Le due pagine affiancate sono occupate all’esterno da due
colonne che occupano circa un terzo di ciascuna pagina: quella a sinistra
ospita il colophon con tutte le indicazioni sulla gerenza della rivista, men-
tre quella sul bordo destro contiene l’annuncio di alcuni incontri perso-
nali con Raffaele Morelli. Il sommario è sviluppato nella parte centrale
della doppia pagina, in un rettangolo delimitato da un filetto giallo ocra e
diviso in due colonne che rispondono alla suddivisione delle due pagine.
La scansione dei titoletti è abbastanza regolare; movimentano tale impo-
stazione cinque disegni di piante o alimenti utili alla salute accompagnati
da didascalie, e un blocchetto rosa fucsia nella parte inferiore della colon-
na di sinistra che contiene le indicazioni per contattare i numerosi esperti
della rivista. La ritmica della lettura del sommario è complessivamente
ordinata e regolare: le due colonne ben delineate costituiscono un invito

228
12. La grafica del periodico illustrato

figura 5

figura 6

229
Semiotica dei media

figura 7

a percorrere gli argomenti in modo organico. La stessa presenza del bloc-


chetto fucsia, pur rompendo la simmetria, rafforza l’orientamento del-
l’occhio dall’alto verso il basso costituendo un “peso” grafico che àncora
e stabilizza la colonna di sinistra. Questo ordine non ha tuttavia la rigidi-
tà tecnica e razionale di “Men’s Health”, pur non giungendo alla varietà
di percorsi e ritmi di “Ok. La salute prima di tutto”: la presenza dei dise-
gni che inframmezzano lo scorrimento degli argomenti costituisce una
possibilità di deviazione che toglie all’andamento della lettura ogni possi-
bile rigidità. Le qualità tonali confermano un controllo non rigido dell’e-
sperienza: la gamma cromatica è limitata con ampio uso di gialli e verdi
che si incrociano nell’azzurro del numero delle pagine e nei titoletti delle
didascalie che accompagnano i disegni; lo stesso uso del disegno piuttosto
che la fotografia (presente già nella copertina) rimanda a un’idea di hand
made e di artigianato: parleremo complessivamente di un modello luna-
rio. Un simile sommario delinea un metasoggetto del discorso autorevole
in quanto rassicurante, pronto a comporre un percorso di lettura vario
ma rilassante, da affrontare con leggerezza. Si tratta di un soggetto che
peraltro si manifesta qui molto più che nelle altre testate analizzate: sia in
quanto “responsabile scientifico” pronto ad accogliere il lettore fin dalla
soglia della rivista con l’Editoriale, sia in quanto variegata rete di esperti
pronti a rispondere alle domande inoltrate.

230
12. La grafica del periodico illustrato

Percorsi di approfondimento

I temi trattati in questo capitolo sono stati affrontati dalla semiotica dei testi pla-
nari (ovvero caratterizzati da un supporto bidimensionale) o più ampiamente dal-
la semiotica dell’immagine. Questa a sua volta ha ripreso vari spunti dalla psicolo-
gia dei processi visivi, in particolare dalla Gestalt: ancora oggi utile in questo senso
Arnheim (1974). Alcune opere di orientamento sono Aumont (1990), Appiano
(1997), Eugeni (2004), Polidoro (2008). Sulla semiotica grafica in senso più stretto
Bertin (1967). Sulla grafica dei quotidiani Savarese (1991). Si tratta di concetti e
metodi di analisi che hanno dimostrato la loro validità anche in altri settori, in
particolare nella semiotica del fumetto e in quella della pubblicità (cfr. riquadri ri-
spettivamente ai capp. 13 e 15).

Quaderno degli esercizi

• Procurati alcune riviste e magazines di tematiche e taglio differenti (di attuali-


tà, femminili, di gossip ecc.). Con il metodo suggerito alla nota 2 ricostruisci la
gabbia grafica della copertina e delle pagine del sommario. Quali differenze ri-
scontri in termini tonali e ritmici? Che relazione intravedi tra il taglio della rivista
e la sua grafica?
• Esamina la prima pagina di alcuni quotidiani dal punto di vista della grafica.
Quanto incide il formato materiale e il tipo di carta nella percezione dell’oggetto-
quotidiano? Quali percorsi di lettura possibili vengono attivati dalla gabbia grafi-
ca? Come vengono usate le immagini e il colore? In che modo le differenze tra i
quotidiani esprimono differenti profili dei metasoggetti del discorso?
• Analizza il sistema dei titoli delle prime pagine di alcuni quotidiani: come va-
riano i collegamenti tra titoli, sottotitoli, corpi degli articoli? In quali modi la gab-
bia grafica e il sistema di pesi visivi e di vettori suggerisce una gerarchia tra le noti-
zie e un loro peso differente?
• Concentrati sulle immagini grafiche e fotografiche che trovi nelle pagine in-
terne, comprese quelle pubblicitarie. Quali caratteristiche tonali e ritmiche intra-
vedi? In che modo esse rifluiscono nel metaspazio del quotidiano? In particolare,
sussistono secondo te dei vettori interni alle immagini capaci di orientare anche al
di fuori di esse la lettura delle pagine del quotidiano?

Riferimenti bibliografici

appiano ave (1997), Manuale di immagine, Meltemi, Roma.


arnheim rudolf (1974), Art and Visual Perception: A Psychology of the Creative
Eye, nuova ed. (ed. or. 1954), University of California Press, Berkeley-Los Angeles
(trad. it. Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 1984).
aumont jacques (1990), L’image, Nathan, Paris.

231
Semiotica dei media

bertin jacques (1967), Sémiologie graphique. Les diagrammes. Les réseaux. Les
cartes, Mouton de Gruyter, Paris-The Hague.
eugeni ruggero (2004), Analisi semiotica dell’immagine. Pittura, illustrazione,
fotografia, nuova ed. riveduta e aggiornata, isu Università Cattolica, Milano.
polidoro piero (2008), Che cos’è la semiotica visiva, Carocci, Roma.
savarese rossella (1991), Grafica quotidiana, in M. Bonfantini, A. Martone (a
cura di), Specchi del senso. Le semiotiche speciali, esi, Napoli, pp. 183-209.

232
13
Il fumetto

1. Premessa

Questo capitolo esamina l’esperienza mediale della lettura del fumetto. Ci


troviamo ancora nell’ambito delle esperienze che richiedono un’attivazione
personale da parte del soggetto che la vive. In questo caso la conformazione
del discorso è ambigua in quanto il fumetto si presta sia a una lettura reti-
colare e ipertestuale, sia a una lettura lineare e testuale. La relazione di di-
scontinuità tra mondo diretto e indiretto la qualifica inoltre come espe-
rienza di finzione, anche se in alcuni casi recenti di graphic journalism e re-
portages a fumetti la lettura del fumetto tende a essere ridefinita come espe-
rienza fattuale (cfr. come sempre cap. 2, par. 3).
L’analisi del fumetto ci consente di approfondire i problemi legati alla ten-
sione e agli scambi tra formato e produzione discorsiva che abbiamo intro-
dotto nel capitolo precedente, ma anche di toccare alcuni aspetti della rela-
zione tra soggetto dell’esperienza e soggetti del mondo indiretto. Ripren-
diamo dunque e approfondiamo alcuni temi toccati all’interno della se-
conda parte nei capitoli 6 e 8.
Il secondo paragrafo presenta l’esempio scelto per l’analisi: una sequenza
tratta dal primo episodio del graphic novel The Dark Knight Returns (Il ritor-
no del Cavaliere oscuro, Frank Miller dc Comics, 1986). Il terzo paragrafo in-
troduce all’analisi del fumetto evidenziando la produttiva tensione tra visio-
ne reticolare e lettura lineare, dunque tra esperienza del formato ed esperien-
za della produzione, con particolare attenzione per gli aspetti del ritmo. Il
quarto paragrafo esamina la relazione tra discorso e mondo indiretto e mette
in evidenza come l’esperienza personale e vissuta del ritmo possa essere usata
dal lettore per interpretare gli stati di coscienza di alcuni personaggi.

2. Il Cavaliere oscuro ritorna

The Dark Knight Returns è un graphic novel scritto da Frank Miller, dise-
gnato dallo stesso Miller con Klaus Janson e Lynn Varley e uscito per i tipi
della dc Comics nel 1986. Il romanzo racconta la ricomparsa di Batman

233
Semiotica dei media

figura 1

dopo dieci anni di silenzio, in una Gotham City futuribile, arsa dalla sicci-
tà e devastata da efferati episodi di violenza. La sequenza che analizzeremo
si trova all’interno del primo episodio dell’opera e occupa le tavole da 14 a
19: Bruce Wayne rivive nel ricordo l’omicidio dei suoi genitori e sente ri-
tornare in sé ormai incoercibile lo spirito di Batman che aveva a lungo cac-
ciato e represso. Nella descrizione che segue useremo triplette di numeri
separati da un punto per indicare tavola (primo numero), striscia (secondo
numero) e vignetta (terzo numero).
Le tavole 14 e 15 (fig. 1) sono perfettamente divise in quattro strisce di
quattro vignette rettangolari di uguale grandezza. La striscia 14.1 mostra in
primo e primissimo piano il vecchio Bruce Wayne che, davanti al televiso-
re, scopre preoccupato che sta per andare in onda The Mark of Zorro, il
film legato all’esperienza dell’omicidio dei suoi genitori. Le vignette sono
accompagnate dai balloons delle voci televisive e dalle didascalie del mono-
logo interiore del personaggio. La striscia 14.2 alterna immagini uguali alle
precedenti con quelle del ricordo del piccolo Bruce. A partire da 14.3 e
fino alla fine della pagina seguente, le vignette procedono in un ralenti si-
lenzioso immerso in una luce plumbea: le immagini ricostruiscono l’omi-

234
13. Il fumetto

figura 2

cidio dei genitori di Bruce, così come lo stesso Bruce lo sta rivivendo nel
ricordo.
La tavola 16 (fig. 2) è piuttosto complessa: essa combina in un montaggio
attentamente regolato alcuni primi piani di Bruce, le immagini del suo ri-
cordo (in particolare il dettaglio delle perle della collana della madre appe-
na uccisa che rotolano), le voci provenienti dai notiziari televisivi e i primi
piani degli annunciatori che riferiscono orribili episodi di cronaca. La ta-
vola mantiene in generale la rigida struttura delle quattro vignette per stri-
scia, ma la striscia 16.3 divide ciascuna vignetta in due ottenendo quindi 8
vignette.
La tavola 17 si apre con un’unica, anomala vignetta che occupa per intero
lo spazio delle strisce 17.1 e 17.2, smarginando sia a destra che a sinistra ri-
spetto ai bordi normalmente bianchi della tavola. Bruce si sposta da sini-
stra a destra, urta e fa cadere una statua che si sbriciola a terra in basso a de-
stra. Tuttavia la suddivisione in vignette non scompare del tutto: sullo
sfondo i riquadri della vetrata di casa Wayne disegnano una griglia che cor-
risponde alla suddivisione in quattro vignette per due strisce. La metà infe-
riore della pagina riprende la scansione in due strisce da quattro vignette

235
Semiotica dei media

figura 3

per mostrare ancora immagini del ricordo alternate al volto di Bruce sotto
la doccia. L’unica voce che risuona in questa tavola è quella impersonale,
introdotta in forma di didascalie, dello spirito di Batman che parla a Bruce:
«You are nothing... A hollow shell, a rusty trap that cannot hold me [...]
You cannot stop me...» [“Tu non sei nulla... un guscio vuoto, una trappola
arrugginita che non può trattenermi [...] Tu non puoi fermarmi”].
La tavola 18 (fig. 3) riprende il ritmo regolare delle strisce da quattro vi-
gnette, con un’eccezione finale. Bruce ascolta i messaggi della segreteria te-
lefonica, presentati da balloons dalla forma “aguzza” e scanditi da piccoli
“beep” e “click”. Davanti a lui si staglia una vetrata divisa in quadri regola-
ri. Dietro la vetrata vediamo in soggettiva con Bruce avvicinarsi un pipi-
strello: la striscia finale, 18.4, è interamente occupata da un’unica vignetta
che mostra il pipistrello con le fauci spalancate mentre frantuma la griglia
della finestra e si getta verso Bruce e verso il lettore; la vignetta smargina
verso il basso e verso destra occupando lo spazio bianco del bordo della ta-
vola.
La tavola 19 infine si apre con un’immagine dei tetti di Gotham sotto un
ampio cielo nuvoloso che occupa lo spazio delle due strisce superiori; l’im-

236
13. Il fumetto

magine smargina verso sinistra e verso l’alto (ma la scritta del rumore del
tuono nella parte superiore smargina anche verso destra). La parte in basso
a destra è occupata da due piccole immagini di schermo televisivo con di-
dascalie che riproducono le parole dell’anchorman. A partire dalla metà in-
feriore della tavola riprende il ritmo regolare delle quattro vignette a stri-
scia, per raccontare il ritorno a lungo preparato del Cavaliere oscuro.

3. Ritmo percepito e ritmo vissuto nel fumetto

3.1. Formato e produzione discorsiva nel fumetto Poniamoci di fronte alla Il formato come
prima tavola doppia di The Dark Knight Returns. Per un verso essa viene spazio multilineare
percepita come una superficie grafica reticolare da percorrere mediante tra- e metadiscorsivo
gitti visivi e sensomotori e, al tempo stesso, da osservare sinotticamente
come matrice attiva di percorsi possibili: ritroviamo la costituzione del di-
scorso in quanto formato analizzata nel capitolo precedente. In questo
caso la griglia grafica è scandita dalla suddivisione della tavola in vignette:
essa si presenta molto rigida nelle tavole 14 e 15, con alcune variazioni in
quelle successive; come nel caso della pagina di rivista individuiamo inoltre
un sistema di pesi visivi e di linee vettoriali che orientano i percorsi all’in-
terno della superficie grafica: per esempio la statua che cade nell’ampia vi-
gnetta della tavola 17 o la scritta “rrrrmmmmbbbllllll” della tavola 19.
Il complesso di questi elementi costituisce un diagramma ritmico com-
plessivo che qualifica i percorsi sia in termini di durate che di accenti:
struttura molto regolare nelle tavole 14 e 15, esposta ad alcune variazioni di
vario genere nelle tavole che seguono.
Per altro verso, a partire dalla percezione sinottica e reticolare del formato, La produzione
attiviamo un’esperienza mediale lineare mediante una lettura sequenziale discorsiva lineare
delle vignette (nel sistema occidentale da sinistra a destra e dall’alto al bas-
so) che implica sia l’osservazione visiva delle immagini sia un’attivazione
vocale interiore di voci, suoni e rumori. All’esperienza del formato suben-
tra quella della produzione: torna in particolare quell’attività del “dar
voce” ai segni grafico-verbali analizzata al cap. 11; attività qui particolar-
mente variegata e complessa a causa della pluralità di forme visivo-sonore
tali da rinviare a voci e rumori di qualità differente. Per esempio colgo la
differenza tra il parlato più impersonale dello speaker televisivo, quello dal-
la tonalità “aspra” delle voci della segreteria telefonica alla tavola 18, il tono
più basso e intimo della voce interiore di Bruce Wayne nella tavola 14 o
dello spirito di Batman riportati nelle didascalie che occupano la parte su-
periore delle vignette della tavola 17. Ugualmente, faccio risuonare diffe-
rentemente i secchi “click” della tavola 16 e della tavola 18 e il basso e pro-
fondo “rrrrmmmmbbblllll” che apre la tavola 19. E perfino l’assenza di
materiali grafico-verbali e grafico-sonori che accompagna la seconda metà

237
Semiotica dei media

della tavola 14, l’intera tavola 15 e la seconda metà della tavola 18 non è
semplice assenza di suoni ma momentanea e percepita sospensione dell’at-
tività sonorizzante interiore e dunque silenzio “costruito” in quanto tale.
La determinazione La percezione del formato e quella della produzione entrano dunque in un
incrociata rapporto di compresenza e di determinazione incrociata, come abbiamo
tra formato visto a proposito della lettura del periodico. Tuttavia nel caso del fumetto
e produzione la produzione discorsiva non possiede più un andamento plurilineare. Al-
discorsiva cune direzioni di lettura trasversali sono pur sempre possibili: posso per
esempio osservare il ricorrere “a scacchiera” del motivo della collana spez-
zata alla tavola 16, o quello della croce rappresentato dall’incrocio delle
sbarre alla finestra alla tavola 18. Tuttavia risulta prevalente e dominante
una lettura lineare che percorre il formato in un’unica direzione progressi-
va. Il lettore di fumetto si trova insomma di fronte a differenti modalità di
svolgimento dell’esperienza mediale, che sono compresenti e si determina-
no a vicenda: l’osservazione sinottica della tavola in quanto formato; l’atti-
vazione di percorsi trasversali che colgono e ripercorrono rime visive o vi-
sivo-sonore tra differenti zone della tavola; oppure una lettura lineare che
attiva la produzione discorsiva sequenziale di immagini e di suoni.

Ritmo percepito 3.2. Diagrammi ritmici ed effetti somatici Questa compresenza caratterizza
e ritmo vissuto l’esperienza di lettura del fumetto e produce una conseguenza peculiare
nel fumetto che tocca soprattutto gli aspetti ritmici. Abbiamo detto al capitolo prece-
dente che è possibile analizzare il formato nei termini del ritmo dei percor-
si visivi e sensomotori – cioè delle esperienze di attivazione e di produzio-
ne discorsiva – che esso precostituisce. D’altra parte abbiamo visto nel pre-
cedente cap. 11 che le qualità ritmiche della produzione discorsiva possie-
dono una particolare efficacia simbolica: essi creano una immediata riso-
nanza nel soggetto dell’esperienza e nel suo organismo. Ne deriva che, nel
caso percezione del formato e percezione della produzione discorsiva siano
compresenti, le qualità ritmiche vengano avvertite contemporaneamente
in due modi diversi e interagenti: come ritmi percepiti (nel formato) e
come ritmi vissuti (nella produzione). Questo fenomeno, meno evidente
nel caso del rotocalco, diviene centrale nel fumetto a causa dell’instaurarsi
in posizione dominante di una modalità di produzione discorsiva lineare:
nel leggere il fumetto percepiamo visivamente il ritmo e allo stesso tempo
lo sentiamo agire su di noi e sul nostro corpo.
Durate Ritorniamo alla sequenza di The Dark Knight Returns e verifichiamo que-
e accentuazioni: sto assunto mediante un’analisi più ravvicinata. Come accennato sopra le
i diagrammi ritmici strutture grafiche che riconosciamo stagliarsi sulla pagina permettono di
individuare a colpo d’occhio un determinato andamento ritmico della let-

238
13. Il fumetto

tura. Una serie di elementi si incaricano in particolare di disciplinare il si-


stema quantitativo delle durate: i passaggi tra le vignette, le strisce, le ta-
vole singole, le tavole doppie, gli interi albi richiedono tempi crescenti e
quindi cesure via via più ampie nel processo di lettura; ugualmente, l’am-
piezza relativa delle vignette e la complessità di decifrazione della scena
rappresentata determinano tempi più brevi (vignette piccole e/o semplici)
o più lunghi (vignette ampie e/o complesse) di osservazione; i balloons e le
didascalie più grandi e/o pieni o più ristretti e/o radi svolgono una fun-
zione analoga. Un’altra serie di elementi d’altra parte definisce la distribu-
zione di accenti: questa viene determinata da meccanismi visivo-retorici e
sinestesici quali la presenza di rumori espressi da un lettering evidente e
invasivo, effetti grafici di esplosioni o di cadute di oggetti, l’uso delle linee
cinetiche, l’uso di particolari toni cromatici che staccano rispetto a quan-
to precede e segue e così via.
Nel nostro caso le tavole 14 e 15 mostrano, come abbiamo già detto, una Ritmo e strutture
struttura molto regolare. Questa griglia estremamente rigida determina tensive
un’attivazione discorsiva cadenzata dal passaggio ripetuto in moduli co-
stanti da una vignetta all’altra, da una striscia all’altra, da una tavola al-
l’altra. Il progressivo svanire di balloons e didascalie nelle prime due stri-
sce della tavola 14 e fino alla fine della tavola 15 accentua tale regolarità
che viene affidata a puri mezzi visivi. Rispetto a questa impostazione la
tavola 16 introduce tre perturbazioni. In primo luogo reintroduce alcuni
elementi grafico-sonori; questi possiedono comunque una regolarità rit-
mica: nelle tre strisce inferiori intervengono con regolarità a vignette al-
ternate. In secondo luogo come già osservato la tavola 16 attua un restrin-
gimento ritmico nel sottofinale: la striscia 16.3 dimezza le vignette e quin-
di determina la percezione di una scansione dell’esperienza discorsiva in
segmenti più brevi e ravvicinati. Infine, se le due tavole non presentavano
forti elementi di accentazione, i “klik” che scandiscono la striscia 16.3
rappresentano l’irruzione di un “ticchettio” regolare e ravvicinato, che
torna in funzione di segno di interpunzione conclusivo dopo l’ultimo
balloon di 16.4.3. L’intensificazione ritmica della striscia 16.3 (dato sia
dall’accorciamento delle durate che dall’irruzione di accenti grafico-sono-
ri) prelude a un breve ritorno alla regolarità ritmica di 16.4 e quindi alla
ben più consistente “distensione” della durata costituita dall’illustrazione
che occupa la metà superiore della tavola 17, che smargina occupando i
bordi bianchi della tavola. L’effetto di caduta della statua sulla destra in-
troduce un nuovo elemento di accento molto forte, per quanto puramen-
te visivo (non ci sono effetti grafico-sonori della caduta della rottura della
statua). Si conclude in tal modo un’ondata tensiva, costituita da una re-
golarità ritmica rigida (tavole 14 e 15), da una intensificazione (tavola 16 e

239
Semiotica dei media

Semiotica e fumetto

La semiotica ha iniziato a occuparsi molto presto di fumetti. In un saggio famoso


Eco (1964) svolge un’analisi della prima tavola di Steve Canyon (di Milton Caniff),
con un’attenzione al rapporto tra forme grafiche, racconto e valori ideologici. La ri-
cerca degli anni settanta si è concentrata sulle differenti convenzioni espressive
del fumetto (i suoi “codici” e il suo “linguaggio”) sia di tipo iconico (le distorsioni
caricaturali di volti e corpi), sia di tipo grafico-sonoro (le metafore e sinestesie gra-
fico-sonore), sia di tipo grafico (le modalità di impaginazione). Esempi di tale impo-
stazione si ritrovano in vari lavori quali quelli di Fresnault-Deruelle (1972, 1977),
Gubern (1972), il numero della rivista “Communications” dedicato al fumetto
(aa.vv., 1976), Krafft (1978).
A partire dalla fine degli anni ottanta si assiste a un’attenzione rinnovata per il fu-
metto e le nuove forme nel frattempo emerse (in particolare il graphic novel); l’at-
tenzione si sposta sul fumetto in quanto “discorso”, capace di articolare in modo
originale e specifico l’esperienza narrativa del lettore. Sono esempi di questo nuo-
vo corso di studi Peeters (1998), Groensteen (1998), Baetens (2001), Floch (2002) e i
saggi riuniti in Barbieri (2006).

in particolare 16.3) e da una distensione accompagnata da un’accentazio-


ne (tavola 17.1-2).
Quanto accade dalla metà della tavola 17 fino alla parte superiore della
tavola 19 replica questo schema e prospetta una seconda ondata tensiva
(più breve) con una distensione finale. La scansione delle vignette ri-
mane costante e costituisce di nuovo un ritmo di fondo regolare su cui
si sovrappongono balloons del parlato e scritte grafico-sonore dei rumo-
ri. Di particolare rilievo sia i “beep” e “click” della segreteria telefonica
che punteggiano la parte superiore della tavola 18 introducendo un
“ticchettio” di accenti; sia il fatto che a partire da 18.3 e per tutta la
striscia 18.4 il “sonoro” scompare di nuovo, facendo emergere la regola-
rità ritmica della scansione visiva. Questo andamento regolarmente ca-
denzato prelude alla seconda “distensione”, nuovamente accompagnata
da una forte accentazione (anche in questo caso puramente visiva e non
sonora): l’irruzione del pipistrello di 18.4 e la frantumazione della vetra-
ta. La seconda ondata ripete dunque con una certa variazione lo sche-
ma della prima: regolarità ritmica, intensificazione tensiva, distensione
accentata.
Dal ritmo guardato Questa analisi ricostruisce il diagramma ritmico complessivo della se-
al ritmo vissuto quenza e descrive quanto l’occhio può scoprire scorrendo le tavole. Ma,
come abbiamo detto, questo ritmo guardato prospetta un ritmo vissuto
dal lettore sulla propria pelle e sul proprio corpo mediante l’attivazione

240
13. Il fumetto

della produzione discorsiva. Se leggiamo effettivamente queste tavole e ci


assoggettiamo alla durata e quindi ai ritmi che la articolano e la scandisco-
no, avvertiamo la sensazione fisica di “ingabbiamento” rigido, sgradevol-
mente costrittivo e tensivo cui ci costringe la griglia delle tavole 14, 15 e 16,
con la particolare intensificazione e il martellamento degli accenti della ta-
vola 16; avvertiamo parimenti il senso altrettanto fisico di liberazione e di
distensione dato dallo smarginamento della parte superiore della tavola 17;
e avvertiamo infine il ripetersi di una simile sequenza somatica di ingab-
biamento-liberazione, procedendo nella lettura dalla seconda metà della
tavola 17 fino alle vignette smarginate della fine della tavola 18 e dell’inizio
della tavola 19.

4. Corpo del lettore e corpo del personaggio

Formato e produzione discorsiva, e quindi ritmo guardato e ritmo vissuto,


sono dunque compresenti e interagiscono nell’esperienza di lettura del fu-
metto. La loro interazione produce effetti incrociati: il formato, in quanto
prospetta la percezione fisica del ritmo, viene in parte somatizzato; per
converso, il ritmo vissuto della produzione acquisisce una particolare visi-
bilità e una certa evidenza riflessiva all’interno dell’esperienza. Questa si-
tuazione si manifesta con evidenza se passiamo a esaminare le relazioni tra
discorso e mondo indiretto.
Spostiamo l’attenzione dal discorso al mondo indiretto nella sequenza di La diegetizzazione
The Dark Knight Returns. Ci accorgiamo subito che alcuni elementi caratte- del formato
ristici del formato ritornano anche qui, tanto da poter parlare di una “diege-
tizzazione del formato” 1. Infatti la griglia grafica che definisce il ritmo di
fondo dell’esperienza discorsiva – il rigido schema di quattro vignette per
quattro – viene riprodotta all’interno del mondo indiretto e diviene la gri-
glia di sbarre che sostiene la vetrata di casa Wayne. Questo passaggio è mol-
to evidente nell’illustrazione che occupa la metà superiore della tavola 17: la
scansione della vetrata in riquadri coincide perfettamente con la scansione
delle vignette della tavola e sostituisce la griglia grafica. Molte vignette della
successiva tavola 18 inoltre esibiscono la griglia di sbarre della vetrata, il par-
ticolare dell’incrocio di due sbarre (che riproduce l’incrocio dei bordi delle
vignette) o la loro ombra sul pavimento o sul volto di Bruce.
D’altra parte è importante sottolineare il significato simbolico che assume La griglia e la gabbia
la vetrata nel mondo indiretto: essa separa Bruce dall’esterno e in particola-
re dall’irruzione del pipistrello-spirito di Batman: è la trappola in cui Bruce

1. In analogia con il procedimento della “diegetizzazione del dispositivo” di cui abbiamo parla-
to al cap. 7, par. 4.1.

241
Semiotica dei media

ha chiuso Batman (di cui si parla in una delle didascalie), ma anche la trap-
pola in cui ha chiuso sé stesso.
Sentire del lettore A partire da tutto questo, diviene molto importante la conclusione della
e sentire seconda ondata ritmica che abbiamo rilevato. L’irruzione del pipistrello
del personaggio frantuma la vetrata che separa Bruce dal mondo esterno e riduce a pezzi la
griglia ordinata delle sbarre; al contempo, la vignetta che rappresenta tale
evento apre a due immagini ampie, esse stesse “liberate” dalla costrizione
della griglia grafica, e coincide con un senso di liberazione e di distensione
del ritmo somaticamente vissuto dal lettore. Il lettore non possiede infor-
mazioni all’interno del mondo indiretto per interpretare gli stati di co-
scienza di Bruce in questo momento: il volto del personaggio nelle vignette
precedenti è enigmatico e il suo corpo è fuori campo; tuttavia, dato il siste-
ma di analogie tra mondo indiretto e discorso che è stato costruito, egli è
portato ad applicare al personaggio di Bruce a livello del mondo indiretto
la stessa sensazione somatica di “liberazione”, distensione, rilassamento
che egli sta vivendo nell’esperienza della produzione discorsiva. In altri ter-
mini, pur in assenza di segnali espliciti circa gli stati di coscienza del perso-
naggio, il lettore può avanzare ipotesi circa quello che il personaggio sta
sentendo mediante l’uso e l’applicazione di una particolare risorsa: il pro-
prio sentire attuale, il sapere somatico relativo all’esperienza ritmica che
egli stesso sta vivendo.
Consonanza Cercando di generalizzare questa osservazione, possiamo riprendere quan-
immediata to abbiamo detto al cap. 11, par. 3.2 sulla consonanza immediata che viene
e comprensione costituita a partire dalla produzione discorsiva (quella che abbiamo chia-
del personaggio mato l’efficacia simbolica del discorso) e applicarla alle relazioni tra il let-
tore o spettatore e i soggetti del mondo indiretto, i personaggi. Il meccani-
smo di base della comprensione degli stati di coscienza dei personaggi pas-
sa, abbiamo detto al cap. 8, par. 4.2, attraverso una consonanza innescata
dai corpi e dai volti dei personaggi in scena, adeguatamente rielaborati dai
processi inferenziali. In alcuni casi tuttavia le inferenze riguardo a tali stati
di coscienza vengono innescate e sostenute non dalle consonanze con i cor-
pi dei personaggi, ma da quelle più immediate con il soggetto della produ-
zione discorsiva: il caso di The Dark Knight Returns ce ne ha fornito un
esempio. Molto spesso d’altra parte i due procedimenti si integrano: si
pensi a una qualunque sequenza di thriller in cui le immagini del volto
contratto del protagonista impegnato in un’azione estrema sono accompa-
gnate da un tessuto di percussioni che simula un battito cardiaco impazzito
e/o da movimenti di macchina febbrili. Queste dinamiche confermano an-
cora una volta come, nell’esperienza mediale, anche i fenomeni di conso-
nanza immediata vengano riassorbiti in meccanismi di tipo inferenziale:
l’emozione è sempre una risorsa per l’interpretazione, e questa crea nuove
forme emozionali.

242
13. Il fumetto

Percorsi di approfondimento

Un primo approccio al fumetto è Raffaelli (1997). Un’introduzione al fumetto in


chiave semiotica è Barbieri (1998). Molti spunti utili in Caprettini (1997). Due in-
troduzioni di taglio sociologico sono Frezza (1999) e Brancato (2000). Un libro
semplice ma utile per acquisire la terminologia anglosassone sul fumetto e la sua
analisi è Saraceni (2003). La questione del ritmo nel fumetto è approfondita in
Barbieri (2004), da cui abbiamo ripreso varie idee per la nostra analisi. Per un ap-
proccio non strettamente disciplinare ma ricco di spunti utili rinviamo ad alcune
opere di autori di fumetti che riflettono sul proprio linguaggio: Eisner (1985,
1996) e McCloud (1994).
Sul fumetto supereroistico in modo specifico si veda Bongco (2000) (che contiene
un capitolo sul linguaggio e uno dedicato proprio a The Dark Knight Returns). Sul
fumetto contemporaneo, Stefanelli (2006). Infine due storie del fumetto sono Re-
staino (2004) e Barbieri (2009).

Quaderno degli esercizi

• L’analisi condotta sulla sequenza di The Dark Knight Returns si è concentrata


sulle qualità ritmiche. Analizza la stessa sequenza sotto il profilo delle qualità tona-
li (colore, consistenza del segno grafico, lettering ecc.).
• Il fumetto contemporaneo dialoga intensamente con altri mezzi e in partico-
lare con il cinema. Analizza in che modo alcune sequenze di graphic novels sono
state tradotte per il grande schermo. Se vuoi utilizzare anche in questo caso la se-
quenza che abbiamo analizzato, confrontala con quella analoga del film Batman
(Tim Burton, usa, 1989).
• Confronta lavori di uno stesso sceneggiatore con disegnatori differenti e valu-
ta in che modo il lavoro di sceneggiatura si adatta a diversi stili grafici. Per esem-
pio confronta l’impostazione di The Dark Knight Returns con quelle di Batman:
Year One (Frank Miller e David Mazzucchelli, dc Comics 1988) ed Elektra: Assas-
sin (Frank Miller e Bill Sienkiewicz, Marvel, 1986-87).
• La nostra analisi si è concentrata sulla tavola e sulla striscia in quanto inserita
all’interno di una tavola. Analizza l’andamento ritmico della striscia autonoma,
per esempio nei Peanuts; valuta per esempio le differenze che si producono nel
passaggio dalla striscia divisa in vignette a quella unica (in cui la striscia coincide
con una lunga vignetta) che Schulz usa abbastanza spesso nell’ultimo periodo del-
la sua produzione.
• Riprendi in esame alcuni passaggi di Grave Danger: per esempio la sequenza
in cui la squadra, raccolta davanti al computer e con sullo sfondo la canzone dei
Turtles, vede per la prima volta il volto di Nick nella bara, oppure le sequenze del
ritrovamento della bara. In che modo gli andamenti della consonanza somatica
immediata tra produzione del discorso e spettatore forniscono a quest’ultimo in-
dicazioni per interpretare lo stato interiore dei personaggi in scena?

243
Semiotica dei media

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13. Il fumetto

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245
14
La canzone pop

1. Premessa

Questo capitolo prende in esame l’esperienza mediale dell’ascolto di una


canzone pop. Molte delle considerazioni che facciamo sono comunque ap-
plicabili anche ad altre esperienze mediali basate sull’ascolto e quindi sulla
costituzione di oggetti sonori e sull’“ammobiliamento” di ambienti sono-
ri (come per esempio una trasmissione radiofonica).
Con l’analisi della canzone ci spostiamo sul terreno delle esperienze media-
li attivate automaticamente mediante dispositivi di erogazione di materiali
sensoriali – in questo caso sonori. La conformazione del discorso è lineare e
testuale; il rapporto con il mondo diretto può essere sia di tipo estetico
(discontinuità con il discorso) che di tipo finzionale (discontinuità con il
mondo indiretto: cfr. come sempre cap. 2, par. 3).
L’analisi della canzone pop ci permette ancora una volta di riprendere e
completare quanto abbiamo osservato sul discorso e i suoi soggetti ai
capitoli 6 e 9; essa ci dà in particolare l’occasione per approfondire la
questione delle manifestazioni della produzione discorsiva nel mondo
indiretto e delle relazioni tra personaggi e voci, accennata nel cap. 9,
par. 3.2.
Il secondo paragrafo introduce la canzone che costituirà il nostro oggetto
di analisi: La leva calcistica della classe ’68 di Francesco De Gregori (1982);
questa descrizione introduttiva verrà fatta in base ai parametri classici del-
l’analisi musicologica: armonia, melodia, ritmo, timbro e intensità. Il ter-
zo paragrafo esamina la canzone in quanto produzione discorsiva, oggetto
dunque di un’esperienza viva e progressiva di ascolto che mette al centro
della propria attenzione una voce. Il quarto paragrafo analizza la canzone
in quanto formato: oggetto autonomo, spazializzato, ripetibile da altri ese-
cutori. Infine il quinto paragrafo allarga l’attenzione a una questione di
portata più ampia, che si ritrova in varia forma all’interno di una qualun-
que esperienza narrativa: a partire da una considerazione della canzone in
quanto racconto, esamineremo le relazioni che si costituiscono tra la voce

247
Semiotica dei media

di produzione del discorso e le voci presenti e agenti all’interno del mondo


indiretto.

2. Fútbol

La leva calcistica della classe ’68 è stata pubblicata per la prima volta da
Francesco De Gregori nell’album Titanic, del 1982 1. Successivamente
l’artista ne ha presentato una versione live nell’album La valigia dell’atto-
re del 1997, con orchestrazione e stile interpretativo differenti. Noi ana-
lizzeremo la prima versione. Iniziamo con l’ascoltare attentamente e de-
scrivere la nostra esperienza di ascolto; è utile usare a tal fine i tradiziona-
li parametri dell’analisi musicologica: armonia, melodia, ritmo e tempo,
timbro, intensità 2.
Le prime note della canzone di De Gregori introducono una serie di otto
accordi suonati dal solo pianoforte: l’attacco in Re detta la tonalità della
canzone e apre un giro di accordi che vede alternarsi Re, Re/Do#, Si-, Re/
La, Sol, Sol/Mi, Sol/La e La. La durata di ogni accordo si inserisce regolar-
mente nel ritmo del brano, in 4/4: ogni accordo occupa una battuta, ben
scandita dal tocco del pianista. Questa struttura armonica è caratterizzata
inoltre da un progressivo modificarsi di ogni accordo prima di passare a un
accordo radicalmente differente: Re si modifica in Re/Do, Si- in Re/La, il
Sol passa poi per slittamenti successivi omogenei al Sol/Mi, al Sol/La e fi-
nalmente al La. Quest’ultimo crea infine un effetto di sospensione che
reintroduce al Re di partenza. Il timbro del pianoforte è limpido, con un
leggero effetto di risonanza. L’intensità è abbastanza regolare, ma nella par-
te conclusiva del giro (dall’accordo di Sol fino a quello di La), il tocco si fa
più delicato e l’intensità sonora diminuisce; anche il tempo di esecuzione
rallenta leggermente. Il secondo giro di accordi ripete un andamento pres-
soché identico.

1. Edizioni musicali bmg Ariola-Serraglio, 1982.


2. Al lettore che non abbia alcuna conoscenza relativa al linguaggio della musica suggeriamo la
lettura di un manuale di base, per esempio del classico Otto Károlyi, Introducing Music, Pen-
guin, Harmondsworth 1965 (trad. it. La grammatica della musica. La teoria, le forme, gli stru-
menti musicali, Einaudi, Torino 1969 e successive ristampe). Ci preme in questa sede sottolinea-
re che il ritmo presenta in musicologia due aspetti correlati. Da un lato esso definisce la forma
dell’ambiente temporale del brano musicale in termini di scansione di accenti principali e se-
condari e di durate determinate a partire da tale scansione: questo aspetto consiste nella misura
delle battute, che può essere a tempi pari (2/2, 2/4, 2/8) o dispari (3/2, 3/4, 3/8). Dall’altro lato
esso definisce l’andamento del quadro armonico e della melodia, in termini di durata rispettiva-
mente degli accordi e delle singole note e delle loro pause. Il termine tempo esprime invece le
variazioni di velocità all’interno dell’esecuzione. Per le differenze (ma anche le analogie) rispetto
alle “qualità ritmiche” cfr. la nota 4.

248
14. La canzone pop

All’inizio della terza ripetizione del giro di accordi subentra la voce del can-
tante che esegue la prima parte della canzone:

Sole sul tetto dei palazzi in costruzione


sole che batte sul campo di pallone
e terra e polvere che tira vento
e poi magari piove
Nino cammina che sembra un uomo
con le scarpette di gomma dura
dodici anni e il cuore pieno
di paura

Lo schema armonico rimane quello dei due giri di accordi iniziali; nello
spazio sonoro definito dalle otto battute su cui si snodano le combinazioni
“verticali” degli accordi, si introduce ora la linea “orizzontale” della melo-
dia con la sua serie di frasi progressive. Queste seguono uno schema di ten-
sioni, sospensioni, distensioni e ricadute costruito sia dallo sviluppo in al-
tezza delle frasi musicali, sia dal sistema dell’andamento ritmico interno e
delle pause: la melodia scende gradatamente dall’ottava di partenza a quella
inferiore, con effetti di slancio e di tensione alla fine del primo e del terzo
verso (in corrispondenza delle parole “costruzione” e “vento”) e ricadute e
distensioni dopo il secondo e il quarto verso (“pallone” e “piove”). Questo
schema si ripete anche nel secondo gruppo di versi, in cui però il penulti-
mo e l’ultimo verso vengono legati e l’effetto di sospensione tensiva viene
spostato sull’ultima parola, “paura”. Come già accadeva nell’introduzione
strumentale, il tempo di esecuzione rallenta leggermente nella parte finale
di ciascun giro di accordi. Dal punto di vista timbrico il brano è caratteriz-
zato dalla compresenza e dal contrasto del suono del pianoforte e di quello
della voce del cantante: il suono del piano è meno intenso e tende quindi a
costituire uno sfondo di accordi rispetto alla presenza della voce.
Dopo l’ultimo accordo in La, il giro armonico cambia e passa a una tonali-
tà minore; subentra infatti un Sol- che apre un nuovo giro di accordi: Sol-,
Do, Fa, La4, Re-, Sol-7, Do, Sol-, Do. Questa sezione occupa complessiva-
mente dodici battute. Il testo cantato è il seguente:

Nino non aver paura


di sbagliare un calcio di rigore
non è mica da questi particolari
che si giudica un giocatore
un giocatore lo vedi dal coraggio
dall’altruismo e dalla fantasia

249
Semiotica dei media

Al contrario di quanto avveniva nel giro armonico precedente, le durate


degli accordi sono differenti: i passaggi da Sol- a Do che aprono e chiudo-
no (ripetuti per due volte in chiusura) il giro, occupano una battuta ciascu-
no, come avveniva prima; gli accordi al centro del giro (Fa, La4 e Re-) oc-
cupano invece una durata doppia (due battute). Da tali ripetizioni e dal
raddoppiamento delle battute nella parte centrale deriva un senso di stasi e
di sospensione trattenuta, come una sorta di esitazione, che domina questa
parte della canzone. La linea melodica abita questo spazio armonico con
un andamento alternato a onde ascendenti, discendenti, nuovamente
ascendenti, separate da pause vuote che occupano due battute (dopo “pau-
ra”, “rigore”, “coraggio”) o tre (dopo “giocatore”). Il quadro timbrico e
l’intensità rimangono costanti, con l’accompagnamento voce-pianoforte.
Nella parte finale di due battute sull’accordo di Do, il pianoforte rimasto
nuovamente solo rallenta il tempo e diminuisce il volume, ciò che prelude
a una nuova trasformazione. Subentra infatti un nuovo giro armonico in
maggiore: Fa, La-/Mi, Do-/Mib, Re4, Re, Sol-, Sol-/Do, Do, Fa, La4, La.
Questa sezione occupa sedici battute. Il testo cantato è:

E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai


di giocatori tristi che non hanno vinto mai
ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro
e adesso ridono dentro al bar
e sono innamorati da dieci anni
con una donna che non hanno amato mai
chissà quanti ne hai veduti
chissà quanti ne vedrai

Gli accordi occupano in genere due battute 3. Il quadro armonico è dun-


que ancora meno variato, più disteso e più stabile. La linea melodica si basa
sulle ripetizioni delle note La, Lab e Do superiore: si tratta di una melodia
basata sulla ripetizione di cellule simili o identiche, sullo sfondo della quale
varia l’ambiente armonico. Ne deriva un’impressione di falso movimento,
con slanci, tensioni, ricadute e distensioni che però non fanno progredire o
fanno progredire in misura minima gli abbassamenti o gli innalzamenti
della linea melodica.
Alcune variazioni importanti riguardano il quadro timbrico e l’intensità.
Fin dall’inizio del segmento subentra un tessuto timbrico più ricco e arti-
colato rispetto al solo accompagnamento di pianoforte: la voce resta sem-
pre in primo piano e il suono del pianoforte resta evidente; tuttavia que-
st’ultimo viene avvolto da ondate crescenti di archi e punteggiato dal ritmo

3. In base al raggruppamento di Sol-/Do con Do e di La4 con La.

250
14. La canzone pop

delle percussioni e della chitarra. L’intensità del suono si fa inoltre com-


plessivamente più potente.
Le ultime parole (“chissà quanti ne vedrai”) vedono gli archi mimare e
prolungare la cellula melodica costituita dalle note La e La# della voce,
quindi il piano riprende visibilità e introduce dall’ultimo accordo di La al-
l’accordo di Re che apre una nuova sezione della canzone. Il testo eseguito
è il seguente:

Nino capì fin dal primo momento


l’allenatore sembrava contento
e allora mise il cuore dentro alle scarpe
e corse più veloce del vento

prese un pallone che sembrava stregato


accanto al piede rimaneva incollato
entrò nell’area, tirò senza guardare
ed il portiere lo fece passare

Si ripresenta in questa parte il quadro armonico e melodico della prima se-


zione. Cambia rispetto a quella il tessuto timbrico e l’intensità. Se lì la voce
era accompagnata dal solo pianoforte, in questo caso percepiamo la presen-
za oltre al pianoforte di chitarra, batteria, basso, su cui subentra all’inizio
della seconda parte un suono di organo elettrico. Questo insieme timbrico
rende complessivamente l’intensità del suono superiore a quella della pri-
ma sezione. Sulla parte finale (la “scena” del piccolo e glorioso gol di Ni-
no) subentra una forte presenza delle percussioni e un deciso innalzamento
dell’intensità del suono.
Anche la sezione successiva riproduce il quadro armonico e ritmico della
seconda sezione già esaminata; in questo caso anche il testo è quasi identi-
fico:

Ah! Nino non aver paura


di tirare un calcio di rigore
non è mica da questi particolari che
si giudica un giocatore
un giocatore lo vedi dal coraggio
dall’altruismo e dalla fantasia

Il tessuto timbrico resta ricco, con pianoforte, percussioni, organo elettrico


ecc.; subentrano inoltre gli archi già ascoltati nella sezione analoga prece-
dente e l’intensità del suono resta alta. Nella parte finale tuttavia (“un gio-
catore lo vedi dal coraggio ecc.”) l’arredamento timbrico si spoglia e resta-

251
Semiotica dei media

no nuovamente solo voce e pianoforte, con una presenza molto discreta di


archi; anche l’intensità si abbassa fin quasi a spegnersi.
Si passa in tal modo alla ripresa della terza sezione: qui il testo della prima
parte (quello che andava da “E chissà quanti ne hai visti” fino a “e adesso
ridono dentro al bar”) viene sostituito da una nenia cantata a mezza voce
(“Na, naranà...”) accompagnata in modo discreto da piano, chitarra e per-
cussioni, dall’intensità moderata. Mano a mano subentrano anche gli ar-
chi. La seconda parte di questa sezione recita un nuovo testo:

Il ragazzo si farà
anche se ha le spalle strette
quest’altr’anno giocherà
con la maglia numero sette

Ritorna l’accompagnamento del solo pianoforte, ma la presenza degli altri


strumenti resta percepibile in sordina ed esplode sulle ultime parole: qui
un rullante progressivo di batteria accompagna un generale innalzamento
di intensità e l’ingresso di vari strumenti tra cui domina oltre alle percus-
sioni l’organo elettrico. Il quadro armonico presenta lo stesso giro in Re
dell’introduzione del pianoforte, nonché della prima e dell’ultima sezione;
la melodia suonata dall’organo è però differente e consiste in alcune frasi
ripetute tre volte per intero (la quarta volta a sfumare) che percorrono nei
due sensi la scala di Re con vari effetti di sospensione, slancio e ricaduta.

3. Voce del soggetto, voce sociale

La canzone: L’esperienza dell’ascolto della canzone ci mette in contatto con un fluire di


performance materiali sonori. La nostra competenza culturale d’altra parte ci rende con-
e oggetto sonoro sapevoli del fatto che questo flusso è organizzato in una particolare forma,
quella della canzone, caratterizzata da una certa durata, un certo sistema di
ripetizioni, la presenza della voce del cantante in posizione di evidenza e
così via. In tal modo il flusso dei materiali sonori viene riconfigurato in
quanto discorso in atto; e, come per ogni tipo di discorso, la percezione che
ne abbiamo si sfalda e si moltiplica (cfr. cap. 6, par. 3.1): da un lato il di-
scorso ci appare come una produzione in atto e come l’intreccio di deter-
minate componenti all’interno di uno scorrimento temporale: la canzone
viene percepita come esecuzione o “performance”. Dall’altro lato essa ap-
pare come formato: oggetto sonoro spazializzato dotato di sezioni e di par-
ti e dunque di una certa struttura, in linea di principio autonomo rispetto
alla particolare esecuzione che stiamo ascoltando e perciò soggetto a esecu-
zioni differenti (per esempio quella fornita nel disco live dallo stesso De
Gregori). Come sempre quando si tratta della percezione del discorso, i

252
14. La canzone pop

differenti aspetti sono compresenti e interagenti. Dovendo separarli per


necessità di chiarezza, esaminiamo anzitutto la canzone in quanto produ-
zione discorsiva e performance.
L’esecuzione presenta il concorso di differenti soggetti timbrici; tra questi La performance
un posto particolare spetta alla voce del cantante che, come abbiamo vi- e la voce:
sto, gode di particolare evidenza e attraversa stabilmente quasi tutta la i diagrammi tonali
canzone. La voce di De Gregori appare caratterizzata da alcune precise e ritmici
qualità sia tonali che ritmiche 4. Dal punto di vista tonale la sua voce è
contraddistinta da una grana leggermente nasale e da una intensità mode-
rata e regolare (gli innalzamenti di volume sono limitati e prudenti). Dal
punto di vista ritmico si tratta di una voce dalla gestualità “larga” e trasci-
nata, che attua slanci prudenti e lunghe “pattinature”: caratteristica la
pronuncia veloce dei gruppi consonantici e il perdurare sulla dizione delle
vocali, spesso arricchite da modulazioni ascendenti o discendenti (rigoore,
particolaari, giocatoore, vedraai ecc.). Questi frequenti allungamenti vo-
calici rendono poco nette le accentazioni eseguite dalla voce, che privile-
gia un andamento per brevi slanci e ricadute; in tal modo essa contrasta
con l’investimento energetico evidente e puntuale che si percepisce nella
produzione del suono da parte di alcuni strumenti: per esempio con il
pianoforte, che accompagna la voce nella prima parte della canzone, o le
percussioni nella seconda parte.
A partire dalla qualificazione fornita da questi diagrammi tonali e ritmici,
la voce del cantante mette in atto tre tipi di rinvio.
Anzitutto la voce è lo strumento di manifestazione del soggetto della pro- L’espressione degli
duzione discorsiva, in quanto incaricata di esprimere con i suoi movimenti stati di coscienza
determinati stati di coscienza soggettivi 5. La voce, come già sappiamo (cfr.
cap. 11, par. 3), viene percepita come un gesto spogliato dal corpo che lo ha
prodotto; in quanto tale essa agisce una mimica in grado di esprimere una
serie coerente di stati di coscienza. La voce di De Gregori rinvia sotto que-
sto aspetto a una certa indolenza e a una velata ironia: lo sviluppo delle rea-
zioni emotive viene ristretto entro precisi limiti di estensione e di dinami-

4. Nel distinguere le qualità sensoriali in tonali e ritmiche avevamo preso in prestito due termi-
ni del linguaggio musicale ampliandone la portata: tale operazione rischia qui di creare qualche
problema. Il lettore tenga presente che “tonale” e “ritmico” vengono qui adoperati in riferi-
mento alle qualità sensoriali nell’accezione introdotta e spiegata al cap. 4.
5. In effetti anche le voci dei differenti strumenti vengono percepite come espressioni di corpi
in movimento, tali da tessere una coreografia di gesti espressivi: questi si intrecciano variamente
e con differente peso con quelli della voce. Le possibilità di questi dialoghi e di questi scambi,
che giungono fino a una sostituzione della voce da parte degli strumenti, sono numerose e lega-
te a forme e convenzioni culturalmente radicate. Possiamo dire che la voce è uno strumento in
quanto ogni espressione strumentale e sonora è una voce, prodotto e prolungamento del gesto
espressivo di un corpo.

253
Semiotica dei media

ca, il che riflette un atteggiamento complessivo di dissimulazione e di di-


stacco da quanto la voce stessa pronuncia e porge.
Il personaggio Lungo questa direzione scatta il secondo rinvio: la voce rimanda a un
del cantante carattere e a un personaggio. Si tratta in questo caso del personaggio De
Gregori, cantautore della scuola romana (l’inflessione regionale deter-
mina la pronuncia di molti termini), che si caratterizza per apparire
schivo, sfuggente, ma anche per una certa ironia, una sorta di costante
distacco e una certa indolenza nel manifestarsi e così via. Personaggio
che viene costruito non solo da questa canzone ma da tutto un insieme
ampio e complesso di elementi: lo stile grafico e le copertine dei suoi al-
bum, i comportamenti adottati nei suoi concerti dal vivo, i (pochi) vi-
deoclip che realizza, l’abbigliamento, le interviste che rilascia ecc. Sotto
questo aspetto la voce, nel suo esibirsi in una performance, rappresenta
sempre la promessa di un corpo che completi e renda “ancorabile” a un
supporto tangibile la coreografia vocale: molti aspetti del divismo cano-
ro si basano sull’esibizione, sul camuffamento o sul nascondimento del
corpo del cantante (qualche volta anche a causa della sua morte).
Il radicamento Infine (e siamo al terzo rinvio) la voce del soggetto della produzione di-
culturale della voce scorsiva individuata come voce del personaggio De Gregori è anche una
voce sociale e culturale, posizionabile in un gioco di contrasti e affinità al-
l’interno di una mappa degli stili canori che si sono definiti nel Novecento.
Essa è per esempio ben differente dalla voce impostata di origine lirica e
teatrale; si connette per alcuni aspetti alla voce “naturale”, colloquiale e in-
tima del crooner senza conservarne però la partecipazione emotiva e l’omo-
geneità. Si tratta di una voce che si distacca dalla grana ruvida, raschiante e
opaca dei cantanti blues e riprende alcuni elementi delle voci urlanti della
protesta giovanile, ma mitigandone decisamente i toni. Il suo riferimento
più evidente è senz’altro la tradizione degli chansonnier francesi e dei folk
singer anglosassoni: in particolare essa riprende il tono distaccato – ora iro-
nico, ora beffardo, ora semplicemente privo di emozioni – di Bob Dylan;
mediante Dylan inoltre la voce di De Gregori si connette a un’altra tradi-
zione novecentesca: quella della voce svogliata e distaccata del cabaret tede-
sco e delle ballate di Bertolt Brecht 6.

6. Si osservi che anche le “voci” degli strumenti possono rimandare ad alcune appartenenze so-
cioculturali. Per esempio il riferimento alla tradizione del cantautorato è sottolineata dal ruolo
importante che riveste l’accompagnamento del solo pianoforte: si tratta infatti di uno strumen-
to che può essere suonato dallo stesso cantante, che esibisce in modo evidente il tocco fisico del
musicista e l’aspetto “artigianale” del farsi della canzone. Un ruolo analogo viene svolto in altri
casi dalla chitarra o, come nel modello di Dylan, dalla combinazione di chitarra e armonica. Si
pensi allo statuto particolare delle esecuzioni unplugged di certe canzoni in alcuni concerti o al-
bum, esecuzioni che nel caso di artisti che sono anche autori delle proprie canzoni affermano e
celebrano il principio di autorialità nella musica pop.

254
14. La canzone pop

4. Verse, chorus, bridge: la canzone come oggetto sonoro

Passiamo ora al secondo aspetto che abbiamo richiamato sopra: dalla can-
zone in quanto produzione e performance, alla canzone in quanto forma-
to e oggetto sonoro. Il riconoscimento della canzone in quanto oggetto
sonoro e l’individuazione della sua struttura sono legati a due fattori. Da
un lato gioca (in senso top-down) la nostra competenza culturale relativa
alla forma canzone, alla sua durata e alle sue articolazioni interne, nonché
alle sue possibili varianti: forma che si definisce a partire dagli anni venti
in relazione all’avvento dei nuovi media di diffusione del suono registrato
(dischi e radio) e si mantiene relativamente stabile fino ai nostri giorni.
Dall’altro lato gioca (in senso bottom-up) la nostra capacità di individua-
re all’interno del flusso sonoro la ripetizione di unità modulari di diffe-
rente formato.
Come abbiamo detto nella descrizione analitica della canzone, già l’intro- La struttura
duzione musicale di pianoforte ci permette di cogliere che per due volte si dell’oggetto sonoro
ripete uno stesso giro armonico. La voce che entra dopo i due giri di accor-
di intona una melodia che segue lo stesso schema armonico e ripete per
due volte la stessa sequenza di frasi musicali. Si delinea in tal modo una
prima unità modulare che viene ripetuta due volte: la strofa o, con termine
inglese, il verse.
La conclusione del secondo verse implica il passaggio a un quadro armoni-
co e melodico differente (a partire dalle parole “Nino non aver paura”).
Possiamo considerare questo modulo un ritornello, in quanto è l’unica se-
zione della canzone che torna invariata nella seconda parte: lo chiamiamo
con la terminologia anglosassone chorus.
Concluso il chorus un rallentamento del pianoforte introduce un terzo mo-
dulo, differente sia dal verse che dal chorus quanto a quadro armonico e ad
andamento melodico (a partire dalle parole “E chissà quanti ne hai visti”).
Questo terzo modulo non è propriamente un ritornello, ma neppure una
strofa: esso corrisponde a quello che nella canzone anglosassone si chiama
bridge, o middle-eight (in quanto è composto generalmente di otto battute
collocate al centro della canzone).
Nella sua conclusione il bridge reintroduce al modulo del verse ripetuto due
volte, cui segue il chorus identico a quello della prima parte e un nuovo
bridge parzialmente strumentale. Infine la lunga coda musicale finale ri-
prende il giro armonico dell’introduzione strumentale e del verse sovrappo-
nendovi però una nuova melodia.
Nel complesso dunque La leva calcistica della classe ’68 si presenta all’a-
scolto con una struttura formale regolare composta da tre moduli ripe-
tuti due volte: il verse (ripetuto due volte), un chorus e un bridge. Que-

255
Semiotica dei media

figura 1

sto schema è inquadrato tra una introduzione e una coda strumentali


che ricalcano l’andamento armonico del verse. Anche le durate sono re-
golari: ogni verse dura 30 secondi, i due choruses durano ciascuno circa
24 secondi mentre i due bridges durano circa 30 secondi ciascuno. L’in-
troduzione musicale, modellata sul verse, dura anch’essa 30 secondi,
mentre la coda ripete più volte lo schema a sfumare e dura quindi 53 se-
condi. Si ottiene lo schema riprodotto nella fig. 1 (in cui indichiamo
con il pattern a linee oblique l’introduzione e la coda musicali; con le ri-
ghe orizzontali i verses, con le linee verticali i choruses e con il pattern a
scacchiera i bridges).
Il radicamento Anche questa struttura compositiva possiede una storia e una colloca-
culturale degli zione culturale. Essa riprende uno degli schemi più assodati della canzo-
oggetti sonori ne pop, quello verse-chorus, o strofa-ritornello; ma lo modifica con l’in-
troduzione di un modulo di passaggio, più breve e in tonalità minore,
tra il chorus e il verse successivo: quello che abbiamo chiamato il bridge.
Questo schema proviene dalla canzone d’autore anglosassone, ma non è
del tutto nuovo all’interno della tradizione italiana: non a caso la melo-
dia che accompagna la coda strumentale cita Mi ritorni in mente, una
canzone di Lucio Battisti e Mogol 7 che presenta uno schema complessi-
vo ugualmente tripartito.

7. Edizioni musicali Acqua Azzurra, 1969.

256
14. La canzone pop

Semiotica e musica pop

Un’attenzione per la “musica di consumo” è ben presente fin dagli esordi della di-
sciplina semiotica, in linea con la sensibilità della teoria critica della Scuola di
Francoforte (in particolare di Theodor W. Adorno) per la musica industrializzata
nella società di massa. Per esempio Eco (1964) si occupa di musica gastronomica:
ne mette in rilievo la struttura formulare, ripetitiva e pertanto immediatamente ap-
pagante; sottolinea il collegamento tra canzone e cantante-personaggio (l’esempio
è quello di Rita Pavone); analizza il collegamento tra musica commerciale e mass
media. Nel 1972 e nel 1977 Barthes analizza (in due saggi rifluiti in Barthes, 1982) la
grana della voce di due cantanti popolari francesi; il tema della voce, del canto e
del loro rapporto con il corpo è d’altronde al centro di numerosi altri lavori dello
studioso francese, in particolare di Barthes (1970) e della voce “Ascolto” dell’Enci-
clopedia Einaudi rifluita in Barhes (1982).
All’inizio degli anni settanta si sviluppa con maggior decisione una semiotica della
musica; per quanto l’oggetto di analisi precipuo sia la musica colta, non manca in
qualche caso un’attenzione alla popular music: per esempio Stefani (1976) analizza
E la vita la vita di Enzo Jannacci e Cochi e Renato; e, nel delineare una teoria delle
competenze “enciclopediche” di tipo musicale dei fruitori, distingue tra un modello
popolare e uno erudito (Stefani, 1982).
Nel corso degli anni ottanta e novanta, altri studi piegano in modo più specifico la
semiotica alla musica popolare e alla sua forma chiave, la canzone. Un’applicazio-
ne delle principali teorie di semiotica della musica alla popular music è Middleton
(1990). L’autore, già in un saggio del 1983 (ripubblicato in Bennett, Shank, Toynbee,
2007, pp. 15-20), indica nell’analisi delle differenti forme di ripetizione sintattica la
principale chiave di approccio a tale oggetto e distingue tra ripetizioni di cellule
melodico-ritmiche elementari (musematica) e ripetizioni di unità più ampie quali
intere frasi (discorsiva). Questo approccio è sviluppato da Tagg (1994) che in nume-
rosi interventi svolti fin dagli anni ottanta elabora e applica un modello molto com-
pleto di analisi della canzone basato sul rinvenimento di unità musematiche e di-
scorsive, sull’individuazione dei pattern di movimento processuale cui esse danno
luogo, sul confronto intertestuale con altri testi pertinenti. Anche Fabbri (2008, la
cui prima edizione è del 1996) è attento alle forme di costruzione sintattica della
canzone e ai suoi sviluppi storici, e fa dialogare la pratica compositiva e i manuali
che la accompagnano con la sistemazione teorica e la pratica analitica.
A partire dalla fine degli anni novanta fino a oggi emergono due linee di sviluppo.
La prima, più decisamente attestata, tende a collegare l’analisi semiotica della can-
zone ai numerosi e differenti contesti e pratiche di apparizione, ciò che implica un
rinnovato dialogo con l’articolata tradizione di studi sociologica sulla popular mu-
sic: per esempio Sibilla (2003) adotta un approccio narratologico e, a partire dall’i-
dea che la musica pop costituisce una forma di esperienza narrativa di cui la can-
zone rappresenta l’unità di base, analizza differenti luoghi di tale racconto (l’ascol-

257
Semiotica dei media

to radiofonico, la visione dei videoclip ecc.). Peverini (2004) lavora sulle varie for-
me di risemantizzazione della canzone pop e dei suoi interpreti che avvengono nel
videoclip musicale. Spaziante (2007) esplora le differenti articolazioni sociosemio-
tiche della canzone pop, con particolare attenzione al rapporto tra l’enunciazione
canora e la costruzione intermediale del personaggio cantante. Quest’ultima indi-
cazione ci conduce alla seconda tendenza in atto, che consiste nel focalizzare l’at-
tenzione teorica e analitica sulle voci dei cantanti e sulle loro performance vocali,
valorizzando quindi un’analisi della sostanza fonica in quanto strumento originale
di costruzione del senso: oltre al già citato lavoro di Spaziante rimandiamo ai saggi
della prima parte di Bennett, Shank e Toynbee (2007).

5. La polifonia dell’esperienza

Vocalizzazione Fino a questo punto abbiamo esaminato la canzone in quanto discorso.


discorsiva e voci Spostiamo ora la nostra attenzione al mondo indiretto che si compone e si
dei personaggi modifica all’interno dell’esperienza mediale della canzone; e analizziamo le
sue relazioni con il discorso, e in modo particolare con la produzione e la
voce. Possiamo riprendere e approfondire a questo proposito un aspetto
più generale delle relazioni tra il discorso e il mondo indiretto: il rapporto
tra la voce del soggetto della produzione discorsiva e le voci dei personaggi
che risuonano all’interno del mondo indiretto (cfr. in particolare cap. 9,
par. 3.2).
La voce perduta Nel momento in cui entra in scena, dopo l’introduzione musicale, la voce
del cantante assume un comportamento e un andamento descrittivi: la pri-
ma parte del verse dedica alcune rapide pennellate all’ambiente, la seconda
parte introduce il personaggio di Nino. Questa voce oscilla tra precisione di
alcuni particolari (i palazzi in costruzione, le scarpette di gomma dura) e una
generale incertezza e quasi svogliatezza nel precisare termini e sviluppi possi-
bili: “magari” piove, Nino “sembra” un uomo. In generale c’è una sorta di
sospensione tra ciò che si vede e che è da un lato, e ciò che sembra dall’altro,
che ritroveremo più avanti. Si tratta in ogni caso della voce di un soggetto
che non fa parte del mondo indiretto e che ne parla alla terza persona.
Sotto questo aspetto avvertiamo che, nel passaggio dal verse al chorus, si
produce uno scarto: ora la voce si rivolge direttamente a Nino, non parla
più alla terza ma alla seconda persona e dà del tu al bambino protagonista;
lo stesso passaggio in tonalità minore allude a un tono più intimo, a una
comunicazione più personale. La voce dell’interprete ha cambiato ruolo:
da quella del narratore impersonale, del cantastorie che descrive una scena
e una situazione, è passata a impersonare la voce dell’allenatore o del padre
di Nino che parlano al ragazzino e lo incoraggiano: si tratta forse di una
voce che risuona nella mente del bambino, e che ricorda i valori umani che
rendono grande il gioco del calcio e i suoi protagonisti.

258
14. La canzone pop

L’avvento del bridge implica una nuova trasformazione. La voce continua a


dare del tu a Nino, ma quanto dice è ben lontano dal tono incoraggiante e
idealista del chorus: alla voce anonima del narratore e a quella personale del-
l’allenatore è subentrata nel bridge una terza voce che, rinunciando alle idea-
lità legate al calcio, apre una prospettiva disillusa sul destino di vecchio ragaz-
zo mai completamente maturato che attende il bambino. L’introduzione di
un tessuto timbrico più vario e articolato e l’aumentata intensità del volume
sottolineano il ruolo importante di questa terza voce disillusa e malinconica.
Il ritorno del verse implica anche il ritorno della voce narrante imperso-
nale, impegnata questa volta a raccontare la piccola, epica azione di gioco
del ragazzino. Torna anche l’andamento sospeso e incerto tra l’essere e il
sembrare: l’allenatore “sembra” contento, il pallone “sembra” stregato,
l’intera azione di gioco è narrata senza dichiarare apertamente se il gol è
frutto di bravura o di fortuna (“ed il portiere lo fece passare”). Spetta so-
prattutto all’accompagnamento strumentale (in particolare alle percus-
sioni che sottolineano il gol) l’esaltazione del trionfo del ragazzino, in lie-
ve disaccordo commentativo con la voce (che, come abbiamo detto, non
si fa coinvolgere troppo dal punto di vista emotivo) e il testo che essa
canta. Il chorus riporta in scena la seconda voce e i principi ideali che essa
propone e ricorda a Nino: l’orchestrazione trascina inizialmente l’effetto
di esaltazione successivo all’azione di gioco, ma successivamente la spe-
gne poco a poco per tornare alla presenza più raccolta e meno chiassosa
della sola voce con pianoforte.
A questo punto il prolungamento della simmetria con la prima parte ri-
chiederebbe il ritorno della terza voce scettica e disillusa. La voce del can-
tante intona invece una nenia cantata a mezza bocca, quasi tra sé e sé, con
un accompagnamento musicale discreto: essa rinuncia dunque al recupero
della terza voce e delle sue disillusioni; al tempo stesso però il vuoto pro-
dotto da tale assenza rimane incolmato, ciò che permette alla voce del di-
sincanto di risuonare silenziosamente sullo sfondo, inespressa ma presente,
rimossa ma non cancellata. Questa presenza silenziosa del disincanto rende
ambigua la conclusione della canzone. Sulla seconda parte del bridge la ter-
za voce viene sostituita da una quarta voce, attribuibile all’ingaggiatore che
ha valutato la prestazione di Nino e ne determina l’inserimento in squadra.
Di per sé la frase dell’ingaggiatore suona come la conferma del successo del
bambino e rappresenta il compimento delle sue aspettative: questa valenza
è sottolineata dal ritorno “trionfale” delle percussioni, del tessuto timbrico
articolato e dell’intensità sonora pronunciata che aveva accompagnato il
racconto del gol. Tuttavia la presenza silenziosa della voce del disincanto fa
risuonare la frase come l’indicazione di un destino già segnato di felicità
mancata o irrimediabilmente imperfetta. Il leggero scollamento tra l’essere
e il sembrare che animava la voce del narratore impersonale e il generale
scetticismo cui è improntato lo stile della voce del cantante riaffiorano in

259
Semiotica dei media

tal modo nell’andamento conclusivo della canzone e ne determinano la fi-


nale apertura di senso.
Questa analisi delle voci che sono presenti e che si alternano ne La leva cal-
cistica della classe ’68 pone in rilievo, come dicevamo, una questione più
ampia che riguarda ogni esperienza mediale di tipo narrativo. Come sap-
piamo la produzione discorsiva viene percepita anzitutto come la presenza
e il movimento di una voce; d’altra parte all’interno dell’esperienza media-
le si profila un mondo indiretto all’interno del quale altri soggetti possono
prendere la parola. Di qui alcuni aspetti importanti nell’analisi del discorso
narrativo.
Gli spazi delle voci In primo luogo sono possibili differenti relazioni tra la voce della produ-
tra mondo indiretto zione discorsiva e quelle del mondo indiretto. A un estremo troveremo una
e discorso voce percepita come impersonale (cioè tale da non appartenere a nessuno
dei soggetti del mondo indiretto), come nei verses della canzone analizzata:
i teorici del discorso narrativo hanno parlato di diegesis o showing. All’altro
estremo troveremo voci che parlano direttamente e che sono ascrivibili a
soggetti del mondo indiretto, come nel chorus e nel bridge della canzone o
in qualunque dialogo di un romanzo: si tratta della mimesis o telling. Tra i
due estremi vi sono poi possibilità intermedie date dal discorso riferito o
indiretto, in cui per così dire la voce del narratore impersonale si fa inter-
prete della voce dei personaggi per riassumerne gli andamenti facendo
sempre però sentire la propria presenza. Osserviamo che il caso della can-
zone di De Gregori non è un caso di mimesis pura, in quanto la voce del
cantautore resta ben percepibile pur mettendo in scena il proprio imperso-
nare altre voci.
La polifonia In secondo luogo tale fenomeno permette di sottolineare che ogni espe-
dell’esperienza rienza narrativa è un’esperienza “polifonica”, ovvero di attivazione e di
mediale ascolto di voci differenti: differenti per il loro timbro, per gli stati di co-
scienza che esprimono, per gli sfondi memoriali e valoriali che vi risuona-
no, per il rimando a collocazioni e identità socioculturali. Questa alternan-
za e questa sovrapposizione di voci rimanda d’altra parte alla natura mul-
tiaspettuale dell’esperienza mediale (cfr. cap. 8, par. 4.4): ascoltare una
voce vuol dire prepararsi a riprodurla; riprodurre una voce vuol dire imper-
sonare l’altro; impersonare l’altro significa infine sposarne, in parte e tem-
poraneamente, i punti di vista, e dunque esercitarsi nella difficile arte del
vivere la complessità multiaspettuale dell’esperienza.

Percorsi di approfondimento

In questo capitolo abbiamo intenzionalmente evitato di affrontare il vasto campo


della semiotica musicale, limitandoci alle sue applicazioni alla canzone pop. Il let-
tore che desidera approfondire le sue conoscenze in questa direzione può far riferi-
mento a varie introduzioni: Stefani (1976, 1982, 1987), Nattiez (1987, 1988), Tara-

260
14. La canzone pop

sti (1994, 2002); Marconi (2001). Un’antologia di semiotica della musica è Marco-
ni, Stefani (1987). Uno strumento completo e aggiornato (di orientamento in par-
te semiotico) è Nattiez (2001-05). Di taglio più strettamente semiotico le introdu-
zioni a particolari aspetti del linguaggio musicale realizzate da Stefani, Marconi,
Ferrari (1990) e Stefani, Marconi (1992).
Per quanto riguarda la semiotica della popular music, oltre ai testi citati in Semioti-
ca e musica pop, pp. 257-8, due lavori collettivi che danno un’idea degli orienta-
menti recenti della ricerca sono D’Amato (2001) e Calefato, Marrone, Rutelli
(2007), il primo di impronta più musicologica, il secondo maggiormente socio-
semiotico.
I temi affrontati nel capitolo possono essere opportunamente collocati sullo sfon-
do di due aree di studio più ampie. La prima concerne gli auditory studies, una
tendenza variegata che afferma l’importanza delle esperienze sonore (tanto brui-
stiche, ovvero relative all’universo dei rumori, quanto musicali, quanto vocali) ri-
spetto a quelle visive esplorati dai visual studies. Un esempio recente è Bull, Back
(2003); un testo specifico è Midolo (2007). Per alcune analisi del mezzo radiofoni-
co che tengono conto di tale sfondo e per le bibliografie relative rimando a Orto-
leva, Scaramucci (2003). Sulla voce nel film si veda Chion (1982, 1990).
La seconda area di studio è l’analisi delle relazioni tra oralità, scrittura e racconto,
e quindi delle persistenze e dei ritorni della radice orale del racconto nelle forme
scritte e neo-orali quali quelle che si ritrovano nei media sonori. Un orientamento
a questi temi è Bernardelli, Pellerey (1999). L’apertura di uno specifico ambito di
ricerca dedicato alla “enunciazione vocalizzata” è delineato da Violi (2006).

Quaderno degli esercizi

• Analizza alcune autobiografie, libri intervista o articoli dedicati ad alcuni can-


tanti (a puro titolo di esempio indico Bob Dylan, Chronicles vol. 1, Feltrinelli, Mi-
lano 2004, in cui tra l’altro Dylan racconta un episodio che spiega l’influsso su di
lui dello stile brechtiano): in che modo questi artisti pongono il problema dell’in-
terpretazione vocale e sonora, della voce in quanto strumento di costruzione della
propria identità, del confronto con gli stili interpretativi precedenti e coevi?
• Confronta due differenti interpretazioni di una stessa canzone: per esempio
Generale cantata da De Gregori e da Vasco Rossi. Analizza cosa varia negli stili vo-
cali e recitativi, nell’orchestrazione, nella gestione dei tempi e delle intensità.
• Prendi in esame differenti canzoni di uno stesso autore e cerca di individuare
le costanti compositive nei giri armonici, nelle frasi melodiche, nella struttura
complessiva della canzone.
• Analizza qualche manuale di composizione di canzoni, elenca i modelli che
emergono, confrontali con quelli di differenti autori e scuole.
• Esamina un film in cui la canzone pop abbia una presenza di una certa evi-
denza: per esempio I’m not there (Todd Haynes, usa/Germania, 2007). In che
modo la canzone viene fatta interagire con le immagini? Quali reciproci arricchi-

261
Semiotica dei media

menti di senso si ottengono da tale combinazione? E, in particolare, in che modo


la canzone con le proprie strutture e andamenti contribuisce a tale operazione?
• Torna all’analisi di un articolo di quotidiano o rivista (cfr. capp. 11 e 12) o an-
che di un fumetto (cap. 13): come vengono organizzate le differenti voci dei sog-
getti (dialoghi, monologhi interiori e flussi di coscienza ecc.)? Che relazione vedi
tra questa pluralità compresente di registri vocali e la multiaspettualità dell’espe-
rienza mediale di cui abbiamo parlato al cap. 8?

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263
15
Il commercial televisivo

1. Premessa

Questo capitolo analizza l’esperienza mediale di visione di un commercial,


ossia di un filmato pubblicitario normalmente trasmesso in televisione: si
tratta di quello che in Italia si chiama un po’ impropriamente lo “spot”.
Quanto diremo ci introdurrà più ampiamente a considerare alcune dina-
miche della comunicazione aziendale, sia pubblicitaria che di marketing
in senso ampio.
Il commercial ci riporta nell’ambito dell’audiovisivo, ovvero di un tipo di
esperienza attivato mediante l’erogazione automatica di materiali sensoria-
li da parte dei dispositivi mediali; si tratta di un’esperienza testuale, di tipo
fattuale: pur presentando storie non direttamente riferite al mondo diret-
to, essa mette in relazione il soggetto dell’esperienza con oggetti e azioni ef-
fettivamente reperibili e praticabili nel proprio mondo di vita (cfr. come
sempre cap. 2, par. 3).
L’analisi del commercial e delle dinamiche della comunicazione pubblici-
taria ci permette di riprendere e di approfondire alcuni aspetti dell’espe-
rienza mediale in generale. In particolare sviluppiamo l’idea che, intreccia-
ta alla rete di relazioni con i soggetti del mondo indiretto (cfr. cap. 8), si
presenta anche l’esperienza della relazione con gli oggetti dello stesso mon-
do indiretto; esperienza che va spiegata alla luce dei processi sensoriali atti-
vati (cfr. cap. 4).
Al centro della nostra analisi c’è un commercial della Pepsi Cola della se-
conda metà degli anni ottanta: come di consueto la sua descrizione ana-
litica occupa il secondo paragrafo. Il terzo paragrafo è dedicato alla rela-
zione tra lo spettatore e i differenti oggetti e soggetti del mondo indiret-
to, con particolare attenzione al prodotto che viene pubblicizzato. Il
quarto paragrafo è incentrato sulla costituzione di relazioni di fiducia tra
lo spettatore e i soggetti del discorso, e in particolare quello della produ-
zione e quello dell’intreccio. Oltre a tali soggetti si profila un responsa-
bile ultimo del discorso del commercial e più complessivamente della

265
Semiotica dei media

rete di esperienze incentrate sulla bibita pubblicizzata: il brand (o mar-


ca) Pepsi Cola.

2. Ahhh!

Lo spot che analizzeremo in questo capitolo è un commercial televisivo


della Pepsi Cola prodotto alla fine degli anni ottanta. Esso fa parte di
un’ampia serie di comunicati basati sul pay off finale “Pepsi Cola. The
choice of a new generation” 1. Lo spot, più lungo di un normale commer-
cial da 30 secondi (dura 56 secondi e mezzo), consta di 36 inquadrature.
Nel caso del commercial Pepsi utilizzeremo una trascrizione “tecnica” det-
tagliata: si tratta di un procedimento di descrizione analitica metodica che,
data la sua complessità e il tempo che richiede, è consigliabile solo nel caso
di testi brevi (spot, videoclip, singole sequenze audiovisive); si tratta in
ogni caso di un procedimento indispensabile per valutare i microandamen-
ti dell’esperienza mediale.

figura 1

1. Non sono riuscito a datare con precisione lo spot, che comunque, considerando l’uso del pay
off e del particolare trademark a lettering arrotondato, si colloca tra il 1987 e il 1991. Per quanto
concerne il pay off e la strategia di brand di questo periodo della Pepsi Cola cfr. il par. 4.2.

266
N. Durata * Banda visiva ** Banda sonora ** Osservazioni
inq.

1 0:00-1:05 Descrizione del contenuto: Una spiaggia affollata: in primo piano vari Rumori Voce gracchiante della
= 1” bagnanti seduti sulla sabbia o in piedi, sul- (intensità, radio (cfr. sotto)
lo sfondo rocce e mare (fig. 1) fonte,
movimento,
Movimenti di macchina: Macchina fissa provenienza
rispetto al
Ampiezza del quadro/Distanza Piano lungo quadro):
di ripresa:

Angolazione di ripresa: Normale Parlato Voce del dj radiofoni-


(intensità, co che saluta e annun-
Profondità di campo e messa a Focus esteso, ma lo sfondo di rocce e mare fonte, cia le temperature
fuoco: appare leggermente fuori fuoco, calato in movimento, della giornata
una caligine azzurrina provenienza
rispetto al
Illuminazione: Luce piena sia dal fondo che dalla parte de- quadro):
stra del quadro
15.

Colore: Le figure umane in primo piano appaiono Musica Assente


in una colorazione rossastra; il fondo di (intensità,
rocce e mare è invece immerso in una fo- fonte,
schia azzurrina movimento,
Composizione interna del qua- Quadro brulicante con soggetti che si muo- provenienza
dro: vono in direzioni differenti rispetto al
quadro):
Sovrascritte grafiche e loro e- Nessuna
ventuale movimento:
Il commercial televisivo

267
Modalità di transizione: Taglio netto

2 1:06-2:02 Un gruppo di bagnanti che fa jogging sullo sfondo del mare, mentre altre c.s., in continuità
= 1” persone giocano: permane una pluralità di vettori direzionali
3 2:03-3:19 Campo medio con panoramica a seguire un furgone bianco in movimento da si- c.s. + rombo del motore del furgone Varie differenze rispetto a
= 1,30” nistra verso destra sullo sfondo della folla inq. precedenti: lunghezza
maggiore, introduzione di
un movimento di macchi-
na, piano più ravvicinato,
introduzione del rumore
del furgone in primo piano

268
4 3:20-4:23 Un gruppo di ragazze mostrate in campo medio-lungo (o piano americano) pas- c.s. Il rombo del furgone si attenua
= 1” sa da destra a sinistra sullo sfondo del mare. Il focus isola i soggetti rispetto allo
sfondo del mare (effetto dell’uso di focali lunghe)

5 4:24-6:08 Ingresso del furgone bianco da destra verso sinistra in primo piano, sullo sfondo c.s. Rombo del furgone e frenata La direzione di ingresso
= 1” della spiaggia; all’arresto del veicolo vediamo inquadrato dal finestrino l’abita- del furgone rima con la di-
Semiotica dei media

colo con la breve apparizione dell’autista, un giovanotto con maglia a righe e rezione di spostamento
occhiali da sole delle ragazze nell’inq.
prec. La distanza dell’in-
quadratura si riduce ulte-
riormente passando dal
piano medio al primo pia-
no, nuovamente con riferi-
mento al furgone

6 6:09-7:11 Campo medio di una buffa famigliola seduta sulla sabbia: non solo i due anziani c.s.
= 1” coniugi ma anche il loro cane indossano un cappello-ombrello per ripararsi dal
sole. I tre orientano all’unisono pigramente gli sguardi verso le proprie spalle

7 7:12-9:19 Medio primo piano con furgone bianco di sguincio sulla sinistra: il giovane auti- c.s. + rumori degli sportelli sbattuti Inquadratura piuttosto
= 2” sta scende dal mezzo, apre il portellone laterale ed entra nell’abitacolo lunga, a seguire un’azione
più complessa di quelle
fin qui mostrate e sempre
con il furgone e il giova-
notto come protagonisti. Si
può pensare a una sorta di
soggettiva della famigliola
dell’inq. precedente
8 9:20-10:23 Campo lunghissimo della spiaggia e dei bagnanti da una posizione legger- c.s. + rumore del portellone laterale L’angolazione di ripresa
= 1” mente elevata del furgone che viene richiuso (coin- è simile a quella dell’inq.
cide con il taglio finale dell’inq.) 1 ma da una posizione
più elevata e arretrata (o
con uno zoom più largo).
Al rumore della radio ac-
cesa si sovrappone quel-
lo del portellone del fur-
gone, anche se questo
non viene inquadrato, in
continuità con il sonoro
dell’inq. precedente

9 10:24-12:10 Campo medio del giovanotto all’interno del furgone. Sulla destra, un com- Silenzio: di qui in poi scompare la
= 1,5” plesso impianto scuro di registrazione e amplificazione del suono: il ragazzo voce gracchiante del dj radiofonico
mette una cuffia audio e si avvicina a un microfono (fig. 2)

10 12:11-13:07 Dettaglio di un interruttore che viene spostato dalle dita (del giovanotto) Rumore dell’interruttore
= 0,5”

11 13:08-14:14 Campo medio: da una superficie bianca (il tetto del furgone) su cui svettano Rumore meccanico degli altoparlanti La figura dei due altopar-
15.

= 1” delle bandiere colorate emergono due grossi altoparlanti che si alzano lanti è antropomorfa e fa
pensare a due occhi o
due bocche di un essere
artificiale

12 14:15-16:01 Primo piano ripreso lateralmente e con focale lunga (sfondo fuori fuoco) di Sul passaggio di inquadratura si alza La donna non guarda in
= 1,5” una donna con gli occhi chiusi e il volto girato verso la camera. La donna il rumore del caratteristico “fischio” macchina ma verso una
apre gli occhi con leggero riverbero prodotto dagli direzione imprecisata
altoparlanti
Il commercial televisivo

269
13 16:02-17:13 Campo medio del giovanotto all’interno del furgone. Il giovanotto prende un Mentre sfuma il fischio, entra in pri- Angolazione e distanza i-
= 1,5” bicchiere di vetro tipo tumbler e dei cubetti di ghiaccio, li accosta al microfo- mo piano sonoro il rumore cristalli- dentiche a inq. 9
no e getta un cubetto nel bicchiere no e quasi metallico dei cubetti di
ghiaccio che cadono nel bicchiere...
14 17:14-18:16 Dettaglio del bordo del bicchiere imperlato di goccioline di umidità; in alto a ... che si prolunga in modo più evi- Viene ripreso lo schema
= 1” sinistra si intravede il microfono scuro. Cadono dall’alto uno alla volta due dente nell’inq. 14 piano medio + dettaglio
cubetti di ghiaccio che roteano leggermente e rimbalzano prima di fermarsi delle inqq. 9 e 10.
Il dettaglio esalta le qua-
lità sensibili visuali dei

270
cubetti di ghiaccio inne-
scando un’esperienza si-
nestesica (freschezza,
fluidità della caduta, ela-
sticità del rimbalzo ecc.)
Semiotica dei media

15 18:17-20:07 Primo piano ripreso lateralmente e con sfondo fuori fuoco della donna del- Viene ripreso il rumore dei cubetti di Il movimento ottico e lo
= 1,30” l’inq. 12: gira la testa verso la propria sinistra. Un leggero zoom all’indietro e ghiaccio che cadono nel bicchiere spostamento di focale
uno spostamento della messa a fuoco dal primo piano allo sfondo permette amplificati e con un effetto di eco mimano lo spostamento
di distinguere che la sua attenzione è attratta dai due grossi altoparlanti che... dell’attenzione del sog-
emersi dal furgone che sono appunto alla sua sinistra sullo sfondo getto femminile.
La caduta dei cubetti nel
bicchiere viene amplifi-
cata mediante ripetizio-
ne visiva (inqq. 13-14) e
sonora (inqq. 14-15-16)

16 20:08-21:07 Campo lungo di un gruppo di bagnanti con mare sullo sfondo: tutti orienta- ... si prolunga nell’inq. 15, mentre e- L’inq. ricorda alcune di
= 1” no lo sguardo verso la sinistra dello schermo merge un rumore indistinto di folla quelle della prima parte,
ma questa volta alla plu-
ralità di vettori e direzio-
ni subentra un criterio di
ordinamento e un “at-
trattore” della comples-
sità visiva

17 21:08-22:18 Primissimo piano del giovanotto di fronte al microfono. Il ragazzo avvicina il Silenzio
= 1,5” collo di una bottiglietta di bibita al microfono; il suo sguardo è fisso all’og-
getto e la sua bocca accenna un sorriso
18 22:19-24:00 Dettaglio della bottiglietta, al centro dell’immagine leggermente obliqua: la Nel momento in cui la bibita viene Torna la combinazione a-
= 1” sua superficie è appannata dall’umidità; si legge in basso, ben visibile con i stappata il tipico rumore “pop” viene zione + dettaglio per de-
suoi colori bianco, rosso e blu sullo sfondo scuro della bibita, il logo “Pepsi”. amplificato e con effetto di eco, con... scrivere visivamente i ge-
A sinistra è visibile il grosso microfono scuro. Sulla destra la mano del giova- sti del giovane. In questo
ne con un apribottiglie stappa la bibita con un breve gesto deciso: la superfi- caso il dettaglio è inter-
cie del liquido si agita e fuoriesce lo sbuffo leggero del fumo dell’anidride car- pretabile come una sog-
bonica (fig. 3) gettiva del giovane.
Il dettaglio esalta anche
in questo caso alcune
qualità visuali dell’ogget-
to (la bottiglietta) e del
modo di gestire la rela-
zione con esso (le qualità
dinamiche e ritmiche del
gesto di stapparla)

19 24:01-25:06 Primo piano del cane con il cappello-ombrello (già intravisto nell’inq. 6) che ... prolungamento e ripetizione effetto
= 1” si gira verso le proprie spalle (alla sinistra dello schermo) eco nell’inq. 19...

20 25:07-26:03 Primissimo piano di due bambine (una delle quali con un paio di grossi oc- ... e nell’inq. 20 Viene mantenuta una
= 1” chiali) che guardano con attenzione e si spostano leggermente verso la sini- forte continuità nel riferi-
15.

stra dello schermo; leggero movimento di macchina di reframing con panora- mento spaziale di orien-
mica da destra a sinistra tamento verso la sinistra

21 26:04-28:03 Primissimo piano del giovanotto di fronte al microfono, con in mano la botti- Silenzio. Quando il liquido inizia a La durata è particolar-
= 2” glietta di Pepsi. Il ragazzo inclina la bottiglietta e inizia a versare la bibita scu- scorrere dalla bottiglia al bicchiere il mente ampia, stante la
ra nel bicchiere davanti al microfono, con lo sguardo sempre puntato sul li- rumore del fluido (“clop clop”) viene complessità dell’azione
quido che scorre. Una leggerissima panoramica di reframing da destra a sini- amplificato e ripetuto con effetto eco eseguita. Il movimento di
stra ne segue i gesti che... reframing verso sinistra
mima quello dell’inq. pre-
Il commercial televisivo

271
cedente. Inoltre il vettore
visuale dello sguardo del
ragazzo, puntato verso si-
nistra, prolunga gli sguar-
di degli altri astanti e lo
porta a conclusione sulla
bottiglia di Pepsi
22 28:04-29:10 Primissimo piano di un giovane disteso che si toglie gli occhiali da sole e si ... si prolunga, amplificato con river-
= 1” gira verso la sinistra dello schermo bero e ripetizione nell’inq. 22...

23 29:11-30:13 Campo medio ripreso con focale lunga di alcuni bagnanti (tra cui spicca un an- ... e nell’inq. 23 Le inqq. 22 e 23 riprendono
= 1” ziano signore seduto) che girano lo sguardo verso la sinistra dello schermo il movimento degli sguar-

272
di verso sinistra in base a
uno schema ripetitivo

24 30:14-31:16” Primissimo piano del giovanotto che versa la Pepsi di fronte al microfono; il Il rumore si prolunga ancora... Cfr. sopra su direzione
= 1” suo sguardo è sempre fisso sul fiotto di bibita, mentre la sua bocca si allarga sguardi verso Pepsi
Semiotica dei media

in un sorriso

25 31:17-33:16 Dettaglio del bordo del bicchiere con la bibita davanti al microfono: dall’alto ... e nell’inq. 25 si trasforma (sempre Cfr. sopra per rimandi si-
= 2” piove il fiotto di bevanda scura mentre sulla superficie brulica la schiuma e amplificato) in quello frusciante del- nestesici. L’amplificazio-
rimbalzano verso l’alto piccoli sprizzi che rimandano alla frizzantezza (fig. 4). la frizzantezza ne visiva si accompagna
qui a un’amplificazione
temporale non legata
alla resa di un’azione ma
alla esibizione delle qua-
lità sensoriali dell’ogget-
to bevanda

26 33:17-34:11 Primo piano dei due altoparlanti bianchi sul furgone Il rumore frusciante della frizzantez- Il rinvio degli altoparlan-
= 1” za si prolunga... ti a due occhi o meglio a
due bocche è evidente

27 34:12-35:14 Campo lungo di un gruppo di bagnanti con mare sullo sfondo identica al- ... e si fonde con quello “ambientale” L’inq. riprende la 16 ma so-
= 1” l’inq. 16 (di cui rappresenta una sorta di continuazione): tutti i bagnanti co- delle onde del mare stituisce il movimento de-
minciano a muoversi verso la sinistra dello schermo (fig. 5) gli sguardi al movimento
dei corpi che si spostano.
Questo movimento rima
con quello delle onde del
mare
28 35:15-36:06 Primissimo piano di un giovane (sempre ripreso con focale lunga ed effetti c.s. Ritorna la dialettica qua-
= 0,5” di messa a fuoco) che si passa le mani in testa mentre esce dall’acqua per dro di insieme/isolamen-
dirigersi verso la sinistra dello schermo to di un soggetto specifi-
co e viceversa

29 36:07-38:03 Primissimo piano del giovanotto che davanti al microfono accosta il bicchie- Silenzio. Nuovamente temporalità
= 2” re alle labbra e inizia a bere la bibita. Leggero movimento di reframing con Nella parte finale rumore della de- lunga su atti di consumo
panoramica questa volta da destra a sinistra (fig. 6) glutizione del liquido... del prodotto.
Andamento ripetitivo del
sonoro a onde progressi-
ve: silenzio, avvio, ampli-
ficazione/riverbero/eco,
nuovo silenzio; ma l’on-
data del suono è sempre
più ampia (si è fusa con
rumori ambientali)

30 38:04-39:15 Primo piano di una ragazza tra la folla, ripresa con focale lunga, che guarda ... che viene ripreso, amplificato e ri- Il movimento di refra-
= 1,5” verso la sinistra dello schermo e si sposta verso la destra: movimento di pa- petuto ming verso destra intro-
noramica di reframing da sinistra a destra. La bocca della ragazza esprime duce un elemento di va-
una sensazione di sete (si passa la lingua sulle labbra che poi contrae). Ne- riazione, anche se lo
15.

gli ultimi fotogrammi un volto sfuocato in primo piano si sovrappone all’im- sguardo dei soggetti è
magine della ragazza (esibizione della ripresa a distanza con focale lunga) sempre orientato verso
sinistra

31 39:16-42:07 Primissimo piano del giovanotto che davanti al microfono scosta il bicchiere Viene ripetuto per la terza volta il ru- Durata molto lunga, do-
= 2,5” dalle labbra, avvicina la bocca al microfono e parla al suo interno (fig. 7) more amplificato della deglutizione; vuta all’esibizione mar-
si spegne il riverbero sonoro del suo- cata di azione semplice
no della deglutizione; il campo sono-
ro viene occupato nell’ultimissima
Il commercial televisivo

273
parte dell’inq. dal suono proferito
dal giovanotto.
Giovanotto: “Ahhh!”

32 42:08-43:15 Campo medio lungo di un gruppo di bagnanti che si muovono con determi- Il suono “Ahhh” amplificato e pro-
= 1” nazione verso la sinistra dello schermo lungato diviene un tappeto sonoro
quasi astratto che si estende all’inq.
32...
33 43:16-45:20 Campo lunghissimo della spiaggia e dei bagnanti da una posizione leggermente ... e all’inq. 33 La posizione è simile al-
= 2” elevata simile all’inq. 9. Spostamento massiccio dei bagnanti verso il furgone l’inq. 9 ma spostata verso
che si intravede in fondo, sulla sinistra dello schermo sinistra in modo da inqua-
drare il furgone parcheg-
giato sul ciglio della spiag-
gia, verso la sinistra dello
schermo

34 45:21-49:03 Primo piano del giovane di spalle mentre apre il portellone posteriore del furgo- Mentre si spegne il riverbero del- Durata molto lunga, legata

274
= 4” ne in cui si intravedono varie casse di Pepsi Cola, il logo ben esibito sulle casset- l’“Ahhh”, rumore del portellone che vie- soprattutto alla esibizione
te. Il ragazzo calza in testa un berretto su cui campeggia ancora il logo Pepsi, ne aperto. Dopo un attimo di silenzio: prolungata del logo
mentre si volta e parla sorridendo alla folla (fig. 8) Giovanotto: “Ok! Who’s the first?”

35 49:04-50:08 Campo medio lungo inquadrato dall’alto del retro del furgone, con il giovane da- Grida della folla
Semiotica dei media

= 1” vanti, e la folla che lo circonda. Il protendersi delle mani e l’avanzamento dei


corpi crea un forte elemento di convergenza verso il retro del furgone e le botti-
glie di Pepsi

36 50:09-56:12 Campo lungo inquadrato leggermente dall’alto con angolazione laterale rispetto Le grida della folla, in continuità con Il sistema di accenti della
= 6” al furgone e alla folla che lo circonda. Un movimento ottico di zoom all’indietro l’inq. precedente, diminuiscono di vo- voice over isola la dizione
scopre gradualmente la spiaggia ora deserta e ancora cosparsa di ombrelloni e lume mentre lo zoom si allontana. “Pepsi” e prolunga i suoni
asciugamani, sulla quale si aggira un bagnante solitario. La parte finale dell’in- In concomitanza con l’apparizione del- della parola “new”
quadratura riprende esattamente la posizione della macchina dell’inq. 33. le sovrascritte grafiche una voice over
Mentre ancora procede il movimento di zoom all’indietro, entra dalla parte infe- dalla qualità leggermente roca e aspra
riore dello schermo e con un effetto di progressivo rimpicciolimento la scritta recita “Pepsi. The choice of a new ge-
“Pepsi” che va a posizionarsi al centro dell’immagine: tale posizionamento coin- neration”
cide con la fine del movimento di zoom all’indietro. Poco prima che tale equili-
brio si produca entrano dai due lati due strisce formate da tre righe bianche che
vanno a posizionarsi sotto la scritta Pepsi e si trasformano nella scritta, distri-
buita su due righe, “The choice of / a new generation” (fig. 9)
Dissolvenza in nero

* La durata viene espressa in questo caso usando il time code di un programma di montaggio. Tali programmi indicano con la cifra a sinistra dei due punti i secondi e con la cifra a destra il
numero di fotogrammi cinematografici (24 al secondo: non quindi i decimi di secondo); abbiamo tradotto la durata in secondi arrotondando al mezzo secondo.
** Per la prima inquadratura indichiamo la lista completa degli indicatori; nelle inquadrature successive semplifichiamo la trascrizione e non indichiamo gli elementi persistenti rispetto alle
inquadrature precedenti (per esempio non ripeteremo che la camera rimane fissa, ma indicheremo solo in casi in cui è presente un movimento di macchina). Per alcune indicazioni relative alla
scala dei piani e agli altri indicatori cfr. Vincenzo Buccheri, Il film. Dalla sceneggiatura alla distribuzione , Carocci, Roma 2003 e David Bordwell, Kristin Thompson, Film Art. An Introduction , 8th
ed., McGraw-Hill, New York-London 2008 (trad. della 6a ed.: Cinema come arte. Teoria e prassi del film , Il Castoro, Milano 2003).
15. Il commercial televisivo

figura 2

figura 3

275
Semiotica dei media

figura 4

figura 5

276
15. Il commercial televisivo

figura 6

figura 7

277
Semiotica dei media

figura 8

figura 9

278
15. Il commercial televisivo

3. Who’s the first? Le relazioni con il mondo indiretto

3.1. Le relazioni con gli oggetti del mondo indiretto La comunicazione


pubblicitaria ha la finalità di persuadere all’acquisto e al consumo di
un determinato prodotto, e questo prodotto è molto spesso un oggetto
materiale. Di conseguenza essa implica spesso la presenza nel mondo
indiretto di un oggetto e la costituzione di una relazione (qualificata
come positiva e euforica) tra questo oggetto e il soggetto dell’esperien-
za. Tale relazione tra soggetto e oggetto tende a essere centrale, nel sen-
so che anche le relazioni di condivisione o di non condivisione con i
soggetti del mondo indiretto sono determinate e ordinate dalla relazio-
ne tra questi e l’oggetto-prodotto: per esempio il commercial tenderà a
istituire una relazione di condivisione tra lo spettatore e i personaggi
che vivono una relazione positiva ed euforica con l’oggetto-prodotto,
in modo da rinforzare la relazione positiva tra il prodotto e lo stesso
spettatore. Questa centralità della relazione tra il soggetto dell’esperien-
za e uno o più oggetti del mondo indiretto ci permette di portare alla
luce un aspetto dell’esperienza mediale rimasto in ombra nella seconda
parte: la relazione non più solo con altri soggetti, quanto piuttosto con
alcuni oggetti.
Nel riflettere su tale esperienza di relazione possiamo riprendere quanto I processi sensoriali
abbiamo detto al cap. 4 sull’andamento dei processi sensoriali (cfr. in e la costituzione
particolare par. 3). Anzitutto percepire un oggetto è un processo attivo: se di relazioni pratiche
guardo una bottiglietta di Pepsi di fatto simulo l’esperienza somatica e e sensibili
sensomotoria dell’afferrarla, del maneggiarla, dello strapparla, del berne il con gli oggetti
contenuto; questo vuol dire che tra il guardare la bottiglietta, il preparar-
mi a usarla, il guardare qualcun altro che la stappa e ne beve il contenuto
e l’eseguire io stesso l’azione c’è un legame di continuità. In secondo luo-
go i processi sensoriali sono multimodali e intermodali: essi coinvolgono
e connettono canali sensoriali differenti; anche i processi di simulazione
incorporata di cui abbiamo appena parlato possono essere innescati solo
da un senso (per esempio la vista o l’udito), ma richiamano tutto il com-
plesso intermodale che caratterizza l’esperienza dell’oggetto. Ci è suffi-
ciente guardar bere la Pepsi per innescare un sistema sensoriale comples-
so, in cui per esempio hanno un peso notevole i dati gustativi (e lo stesso
fanno i bagnanti sulla spiaggia a partire dai soli elementi sonori). In terzo
luogo i processi sensoriali consistono nell’intreccio di due ordini di attivi-
tà: la percezione di alcuni oggetti intenzionali e la sensazione di qualità
soggettive; di conseguenza nella percezione dell’oggetto sono intrecciate
la simulazione di una sequenza di azioni percepite (l’afferrare la botti-
glietta, lo stapparla con un gesto deciso ecc.) e quella di un alternarsi re-

279
Semiotica dei media

golato di qualità sentite (la freschezza, il sapore dolce e il senso di frizzan-


tezza ecc.).
Gli oggetti sono Iniziamo a comprendere in cosa consistono la costituzione e la regolazione
microsceneggiature di una relazione tra il soggetto dell’esperienza e l’oggetto-prodotto del
di esperienze mondo indiretto. L’oggetto viene costituito come il ricettacolo di una sce-
neggiatura esperienziale, il tracciato di un’esperienza viva dotato sia di un
versante sensibile che di un versante pratico, disponibile ad essere attivato
dal soggetto e per il soggetto. Lo spettacolo televisivo dell’uso del prodotto
e delle sensazioni che se ne ricavano, pur limitato alle sole modalità della
vista e dell’udito, permette allo spettatore di ricostruire l’intero sistema
multimodale e intermodale di questo tracciato esperienziale che costituisce
l’identità dell’oggetto. Possiamo dire in questo senso che la comunicazione
pubblicitaria è una palestra dei processi sensoriali, perché ci insegna cosa
possiamo e dobbiamo aspettarci in termini esperienziali dagli oggetti che ci
circondano.
Soffermiamoci, per esempio, sulla relazione che lega il soggetto con l’og-
getto-bibita nel commercial della Pepsi. Essa si configura come un’espe-
rienza simulata del prodotto e soprattutto delle sue qualità sensibili: il ver-
sante percettivo e pratico è in tal caso dominato da quello sensibile e quali-
tativo. Così, l’esibizione visiva e sonora di alcuni dettagli della bibita attiva
in forma di simulazione incorporata alcune csc (configurazioni sensibili
complesse, o diagrammi sensibili) all’interno delle quali le qualità visive e
sonore sono correlate a qualità tattili e gustative che godono di un valore
fortemente positivo. I dettagli della bottiglietta imperlata di goccioline, il
rumore della bottiglietta stappata, il liquido bruno che fluisce dolcemente
nel bicchiere e lo strato brulicante di schiuma frizzante (inqq. 18, 21 e
24-25: fig. 4) svolgono appunto il compito di richiamare una competenza
sensoriale dello spettatore legata al consumo effettivo di una bibita gasata
fresca, con tutti gli investimenti euforici che tale esperienza implica. La co-
stituzione di una simile relazione è a sua volta finalizzata strategicamente a
una valorizzazione della bibita agli occhi (e alle orecchie, alle mani e alla
bocca) dello spettatore 2.

3.2. Le relazioni con i soggetti del mondo indiretto Come abbiamo accennato
sopra, la costituzione di una relazione con il prodotto-oggetto è centrale
nella comunicazione pubblicitaria: anche le relazioni con i soggetti sono
funzionali al rafforzamento della relazione di base con l’oggetto. Per ren-

2. Si osservi in ogni caso il radicamento culturale tanto dell’individuazione delle qualità visivo-
sonore che attivano la configurazione sensibile (la patina umida, la schiuma ecc.), quanto degli
investimenti valoriali positivi: sappiamo bene come i criteri del gusto siano relativi all’apparte-
nenza culturale, etnica, sociale e talvolta familiare.

280
15. Il commercial televisivo

derci conto di questo principio, torniamo al nostro commercial Pepsi: pos-


siamo individuare due tipi di relazioni con i soggetti del mondo indiretto.
Da un lato troviamo una relazione di condivisione con il soggetto del La relazione
mondo indiretto che vive l’esperienza di consumo del prodotto. Al centro di condivisione
dell’attenzione sta il personaggio del giovanotto-Pepsi inquadrato in pri- con i personaggi
missimo piano nell’atto di consumare la bibita (inqq. 29 e 31: figg. 6 e 7). che fanno esperienza
Le conformazioni percepibili del suo corpo, sia visive che sonore (i rumori dei prodotti
amplificati della deglutizione e dell’“ahhh!” finale), fanno avvertire allo
spettatore lo svolgersi di un’esperienza sensoriale soggettiva molto piacevo-
le che può essere non solo compresa, ma parzialmente condivisa a partire
dalla competenza sensibile comune al personaggio e allo spettatore stesso,
appena riattivata nello spettatore dall’esibizione del prodotto. Anche in
questo caso dunque la costituzione della relazione risponde a una strategia
di valorizzazione del prodotto: viene esibito non più il prodotto con le sue
qualità sensibili, ma un soggetto del mondo indiretto nell’atto di vivere
un’esperienza viva e appagante di consumo; soggetto con il quale lo spetta-
tore innesca una relazione di condivisione facendo interagire meccanismi
di inferenza e di consonanza sensibile (cfr. cap. 8, par. 4.2).
Dall’altro lato troviamo una relazione di condivisione con i soggetti del La relazione
mondo indiretto che vivono (la maturazione di) un desiderio di consumo di condivisione
del prodotto e che di conseguenza pianificano e mettono in atto alcuni con i personaggi
comportamenti di acquisto. La posizione centrale spetta in tal caso alla fol- che desiderano fare
la di bagnanti che, dapprima indifferenti, vengono poi attratti dall’esibi- esperienza
zione sonora amplificata del consumo della Pepsi e orientano quindi verso dei prodotti
il prodotto e il suo acquisto dapprima lo sguardo, poi il corpo (le inqq.
sono molto numerose: si considerino per esempio le inqq. 16 e 27: fig. 5).
Gli elementi che incoraggiano la condivisione tra lo spettatore e la folla di
bagnanti sono numerose. Lo spettatore percepisce anzitutto che tanto lui
stesso quanto la folla di personaggi del mondo indiretto stanno vivendo
una situazione di comunicazione mediata: come quella dello spettatore,
l’esperienza della folla viene attivata a partire da un dispositivo tecnologico
(il sistema di amplificazione usato dal giovanotto-Pepsi). Inoltre lo spetta-
tore percepisce un sincronismo nella maturazione del desiderio del prodot-
to tra sé stesso e la folla. Infine, la folla viene presentata come un soggetto
collettivo, unificato da una medesima esperienza e dalla costituzione di sta-
ti mentali condivisi; al tempo stesso al suo interno vengono isolate, con un
meccanismo di sineddoche, singole figure esemplari (la donna delle inqq.
12 e 15; il cane con il cappello-ombrello delle inqq. 6 e 19, le bimbe dell’inq.
20, il giovane dell’inq. 22, la ragazza dell’inq. 30): questo doppio movimen-
to incoraggia lo spettatore a sentirsi parte di questo pubblico messo in sce-
na dal commercial. Di nuovo: lo stabilirsi di una relazione di condivisione
tra spettatore e folla rappresentata è funzionale a rafforzare e stabilizzare la

281
Semiotica dei media

valorizzazione del prodotto-bibita e a innescare comportamenti imitativi


di acquisto.
Il coordinamento In sintesi dunque la costituzione delle relazioni tra il soggetto dell’esperien-
tra gli assi za mediale e gli oggetti e i soggetti del mondo indiretto sono funzionali,
di relazioni nel messaggio pubblicitario, alla messa in atto di differenti strategie di va-
con l’oggetto lorizzazione dell’oggetto-prodotto. Notiamo a questo proposito che i tre
e i soggetti assi relazionali individuati nel commercial Pepsi (con l’oggetto-bibita, con
il soggetto-giovanotto e con i soggetti-bagnanti) e le relative strategie di va-
lorizzazione sono strettamente coordinati e organizzati reciprocamente in
modo da non interferire l’uno con l’altro, ma al contrario da rafforzarsi a
vicenda. Tale coordinamento riguarda sia la dimensione temporale che
quella spaziale. Dal punto di vista temporale si osservi il ritorno “a loop”
della struttura primo piano del giovanotto-Pepsi/dettaglio del prodotto/
piani medi e lunghi della folla/primi piani di singoli bagnanti/primo piano
del giovanotto-Pepsi ecc. In tal modo i tre assi di relazioni vengono alter-
nati in modo ordinato e serializzato. Dal punto di vista spaziale i tre tipi di
relazione vengono coordinati in una mappa coerente: i totali della spiaggia
mostrano sguardi (o, nella parte finale, movimenti di corpi) che puntano
coerentemente verso la sinistra dello schermo; questi sguardi e movimenti
si prolungano all’interno del furgone con i primi piani dello sguardo del
giovanotto-Pepsi che fissa attentamente la bottiglietta della bibita (in alcu-
ni casi anche la panoramica di reframing della macchina da presa da destra
a sinistra accentua questo movimento di tensione verso la sinistra dello
schermo implicito nei raccordi di sguardo: per es. inqq. 20-21); infine i det-
tagli che esprimono le soggettive del giovanotto sul prodotto Pepsi Cola
concludono questo percorso di sguardo indicandone l’oggetto ultimo: il
prodotto-bibita. Il flusso di sguardo che parte dalla folla, passa attraverso il
giovanotto-Pepsi e raggiunge il prodotto, esprime il movimento di deside-
rio che anima il commercial e che regola le sue relazioni cognitive, emotive
e pratiche con lo spettatore.

Costruzione 3.3. La diegetizzazione del dispositivo di persuasione Se a questo punto allar-


di relazioni ghiamo la nostra attenzione ad altri commercial, ci accorgiamo che i tre
di condivisione tipi di strategia di valorizzazione che abbiamo individuato si ritrovano ge-
e strategie neralmente adoperati in forma isolata o in coppia, ma raramente tutti in-
persuasive sieme. Alcuni commercial esibiscono la fabbricazione o il consumo del
prodotto esaltandone le qualità sensibili; altri sottolineano le reazioni posi-
tive di soggetti nell’atto di usare il prodotto; altri ancora infine usano dei
testimonial impegnati a dichiarare il loro apprezzamento per il prodotto e
quindi a consigliarne l’uso.
Il dispositivo La ragione della completezza e complessità del commercial Pepsi sta, a ben
persuasivo vedere, in una caratteristica peculiare dello spot che abbiamo scelto: esso
mette in scena lo stesso meccanismo pubblicitario di cui è parte. Il ruolo

282
15. Il commercial televisivo

Semiotica, marketing, pubblicità

Fin dal suo avvio la semiotica contemporanea ha rivolto la propria attenzione ai


messaggi pubblicitari: Barthes (1964) e Eco (1968, pp. 167-8) analizzano rispettiva-
mente un annuncio della pasta Panzani e un gruppo di annunci Camay, Volkswa-
gen, Knorr (per una rilettura di questi interventi cfr. Marrone, 2003). Le ragioni di
una simile attenzione segneranno il destino successivo della semiotica della pub-
blicità: i due autori mettono in luce (pur con accenti diversi) il carattere altamente
convenzionale e codificato degli annunci pubblicitari a stampa; e quindi la loro ca-
pacità di veicolare, confermare e al tempo stesso documentare codici e valori so-
cialmente diffusi. In questo senso la semiotica della pubblicità riproduce al proprio
interno in modo molto evidente quella tensione dialettica tra i sistemi di significa-
zione e i processi di significazione propria di tutta la ricerca semiotica (cfr. La se-
miotica e il suo sviluppo: segno, testo, esperienza, pp. 61-2).
Un’attenzione ai sistemi di significazione (e dunque ai linguaggi, ai valori e alle
ideologie) prevale nel mondo anglosassone durante gli anni settanta e i primi anni
ottanta. I lavori di Williamson (1978), Goffman (1976), Dyer (1982), Leiss, Kline,
Jhally (1986), Jhally (1987) sottolineano la funzione di riproduzione dei dati cultu-
rali svolta dalla pubblicità all’interno del mondo sociale; ne risultano sminuite tan-
to le attività di ricezione quanto le dinamiche processuali dei testi pubblicitari.
Proprio questi aspetti legati ai processi di significazione vengono valorizzati dalla
semiotica francese di scuola greimasiana, in particolare con il lavoro di Jean-Marie
Floch, a partire dalla seconda metà degli anni ottanta (cfr. Floch, 1985, 1990). Viene
superata un’attenzione focalizzata sui singoli annunci pubblicitari o televisivi,
mentre si fa strada un più ampio e complesso interesse per i fenomeni intertestuali
che costruiscono l’identità di brand (Floch, 1995; Semprini, 1992, 1995; Lombardi,
2001) e per i vari elementi del marketing mix (Umiker-Sebeok, 1987; Grandi, 1995;
Ceriani, 2001). Anche le relazioni tra comunicazione pubblicitaria e contesto socia-
le vengono letti in chiave dinamica e di scambio reciproco dalle analisi sociosemio-
tiche di questo periodo (cfr. per esempio Landowski, 1989; Colombo, 1989; Giaccar-
di, 1995; Semprini, 1997, 2003; Eugeni, Fumagalli, 1999).
Questo orientamento non dimentica d’altra parte un esame dei sistemi di significa-
zione pubblicitaria, in particolare per le articolazioni di valore soggiacenti: sulla
scorta di Floch (1990), Semprini (1992) individua quattro grandi aree valoriali: pra-
tica, utopica, critica e ludica; mentre Ferraro (1998, 1999) evidenzia quattro regimi
discorsivi di valorizzazione: casuale, posizionale, prospettico e multiprospettico.
Più recentemente questi mapping semiotici dei valori si sono rivelati anche un uti-
le strumento per prevedere le tendenze in atto, soprattutto del mondo giovanile
(Ceriani, 2007; Proni, 2007).
A partire dalla seconda metà degli anni novanta il paradigma esperienziale è
emerso con forza anche all’interno della semiotica della pubblicità e del marketing;
ne è risultato un orientamento ancor più deciso in direzione di uno studio dei pro-

283
Semiotica dei media

cessi piuttosto che dei sistemi. I segnali più evidenti sono tre. In primo luogo l’at-
tenzione si focalizza sugli aspetti estesici (ovvero legati alla sensazione e al senti-
re) ed emozionali della pubblicità (cfr. per es. Melchiorri, 2002; Finocchi, 2006). In
secondo luogo l’attenzione si allarga alle pratiche e alle esperienze di acquisto e di
consumo dei prodotti da parte dei soggetti sociali (Pezzini, Cervelli, 2006; Ferraresi,
Parmiggiani, 2007; Marsciani, 2007). In terzo luogo la semiotica della pubblicità in-
contra la semiotica degli oggetti, in quanto il prodotto stesso viene pensato, in rife-
rimento alle differenti forme esperienziali che esso procura all’interno del tessuto
della vita quotidiana, quale componente della propria comunicazione (cfr. Pozzato,
1995; Landowski, Fiorin, 1997; Nacci, 1998; Semprini, 1999; Landowski, Marrone,
2002; Deni, 2002; Fontanille, Zinna, 2006; Mattozzi, 2006; Mangano, 2008; Marro-
ne, 2010). In senso più ampio e comprensivo, la semiotica è giunta di recente a in-
teressarsi al marketing esperienziale, e ad analizzare i modi mediante i quali diffe-
renti Experience Provider controllati da un brand (messaggi pubblicitari, spazi di
acquisto, packaging, prodotti ecc.) svolgono un’attività complessa e sinergica di Ex-
perience Management del soggetto-cliente, attività opportunamente progettabile
(cfr. Ferraresi, Schmitt, 2006).

della comunicazione pubblicitaria consiste infatti nell’inserirsi all’interno


di situazioni ordinarie della vita quotidiana; sollecitare l’attenzione del
pubblico; raffigurare in modo evidente l’uso gratificante di alcuni oggetti,
beni o servizi; attivare quindi nei destinatari il desiderio di sperimentare
una relazione simile con tali oggetti mediante la pianificazione e attuazione
di comportamenti di acquisto e consumo. Se il lettore ripercorre il comu-
nicato si accorge che questo procedimento costituisce la sua ossatura narra-
tiva: il commercial intende persuadere al consumo della Pepsi raccontando
una storia di persuasione al consumo della Pepsi. Questo commercial met-
te dunque in atto una diegetizzazione del dispositivo persuasivo della co-
municazione pubblicitaria.

4. The choice of a new generation. Le relazioni con il discorso

Spostiamo ora la no-


4.1. Le relazioni fiduciarie con i soggetti del discorso
stra attenzione alle relazioni del soggetto dell’esperienza mediale con i
soggetti del discorso; riprendiamo in tal modo alcune questioni affrontate
al cap. 9.
Se rileggiamo la trascrizione dello spot ci accorgiamo che molto spesso, so-
prattutto in riferimento alle immagini della folla dei bagnanti, abbiamo
sottolineato una particolare qualità visiva dell’immagine, derivante a sua
volta da una scelta tecnica: l’uso di focali lunghe permette di inquadrare
una certa scena a distanza; l’effetto visivo che ne deriva è quello di un’im-
magine “multiplanare”, in cui un determinato strato visuale viene tenuto a

284
15. Il commercial televisivo

fuoco mentre altri strati sovrapposti o di sfondo sono più o meno legger-
mente fuori fuoco. L’uso di focali lunghe emerge lungo tutto il commer-
cial: per esempio nell’inq. 15 lo spostamento di fuoco permette di muovere
l’attenzione dal primo piano della donna agli altoparlanti alle sue spalle; i
numerosi primi piani di soggetti inquadrati tra la folla vengono isolati in
quanto lo sfondo resta fuori fuoco; particolarmente interessante l’inq. 30:
la macchina, nel seguire la ragazza che si sposta, incrocia altri soggetti fuori
fuoco che ne limitano parzialmente la visibilità; infine l’ultima inquadratu-
ra, la 36 (fig. 9), sembra quasi svelare esplicitamente l’uso della focale lunga
mediante lo zoom all’indietro che, partendo dal furgone assediato dalla fol-
la di acquirenti, arretra a inquadrare l’intera spiaggia ormai deserta.
Sarebbe tuttavia limitante considerare l’uso della focale lunga un semplice La relazione
espediente tecnico ed estetico. Pur facendo parte di uno stile audiovisivo di fiducia veridittiva
ampiamente diffuso nel cinema americano alla fine degli anni ottanta, tale
uso deriva dal cinema documentario: la sua pratica richiama l’idea di
un’attività di registrazione “a distanza”, capace di riprendere la scena osser-
vata senza intervenire su di essa manipolandone gli andamenti. Anche il
sonoro realistico (la radio gracchiante, i rumori amplificati, l’assenza di
una colonna musicale “over”) partecipa di tale stile e ne rafforza i caratteri.
Ne deriva una conseguenza importante per lo statuto del soggetto della
produzione discorsiva, garante come sappiamo dei valori di verità del di-
scorso (cfr. cap. 9, par. 5): tale soggetto si mostra allo spettatore nell’atto di
riferire fedelmente una scena del cui andamento non è responsabile. Di qui
una relazione di forte “fiducia veridittiva” tra il soggetto dell’esperienza
mediale e il soggetto della produzione discorsiva 3.
Questa considerazione può essere estesa al soggetto dell’intreccio: anche in La relazione
questo caso il commercial costruisce una relazione fiduciaria, giocata però di fiducia estetica
sul valore estetico del discorso. Per un verso abbiamo già detto che molte
scelte stilistiche richiamano quelle del nuovo cinema americano del perio-
do: il cinema dei Coppola, dei Lucas e degli Spielberg aperto alle contami-
nazioni con le nouvelles vagues europee e con il cinema-verità, e particolar-
mente apprezzato in quegli anni da una “new generation” di spettatori. Per
altro verso il fatto di essere un commercial “al quadrato”, capace di mettere
in scena lo stesso meccanismo della persuasione pubblicitaria, ha delle con-
seguenze interessanti per quanto concerne la relazione fiduciaria con il sog-
getto dell’intreccio: l’uso dell’ironia offre allo spettatore una complicità
che richiama una condivisione stretta di valori, competenze e consapevo-
lezze. Sintomatico sotto questo aspetto il personaggio del giovanotto-Pepsi
che, nell’incarnare all’interno del mondo indiretto il soggetto del discorso,
ne mette in rilievo il carattere ironico e quasi beffardo.

3. In questo senso la figura sociosemiotica del “documentarista” è simile a quella del “cronista”
che abbiamo delineato nel cap. 11, par. 4.

285
Semiotica dei media

Costruzione In sintesi: se la costituzione delle relazioni con oggetti e soggetti del mondo
di relazioni fiduciarie indiretto era funzionale a strategie di valorizzazione del prodotto, la costi-
e strategie tuzione delle relazioni con i soggetti del discorso appare funzionale alla
persuasive messa in atto di strategie di fiducia che vedono coinvolto lo spettatore. Le
due principali strategie emerse sono quella di una fiducia veridittiva, pro-
pria dei comunicati che esaltano la “verità” di quanto lo spettatore sta ve-
dendo (tipicamente, si parla di slice of life per indicare un genere di com-
mercial che pretende di essere uno specchio fedele di piccole situazioni di
vita quotidiane); e quella di una fiducia estetica, propria dei comunicati
che sottolineano la condivisione di stili di gusto tra spettatore e soggetti del
discorso (si pensi agli stili pubblicitari più “di tendenza” ed estetizzanti).
Se allarghiamo lo sguardo ad altri commercial ci accorgiamo che in genere
essi puntano sull’una e sull’altra di tali strategie fiduciarie: anche sotto que-
sto aspetto lo spot della Pepsi si conferma come un esempio particolar-
mente ricco e complesso.

4.2. Le relazioni fiduciarie con la marca Soffermiamoci ora sulle apparizioni


nel commercial del logo della Pepsi Cola, il brand che produce la bibita al
centro dello spot. L’apparizione del brand è graduale. Il furgone che arriva
sulla spiaggia è bianco e del tutto anonimo, né particolari segnali nell’abbi-
gliamento del giovanotto che ne discende indicano che si tratta di un ven-
ditore di Pepsi Cola. Il logo appare per la prima volta nell’inq. 18, allorché
il giovanotto stappa la bottiglietta e un dettaglio in soggettiva lo inquadra
sulla superficie umida della bottiglia 4 (fig. 3). Una volta introdotto, esso
scompare ancora fino alle inqq. 34 (fig. 8) e 35, ovvero verso la conclusione
del commercial: qui nelle due lunghe inquadrature finali il logo appare
dapprima in forma ripetuta sulle casse di bibite nel retro refrigerato del fur-
gone, quindi sul cappellino che il giovanotto si pone in testa; infine il solo
nome Pepsi ritorna nel claim finale scritto in sovrimpressione e pronuncia-
to dalla voice over (fig. 8).
La marca come Lo statuto di questo logo e in genere della Pepsi è a ben vedere ambiguo.
metasoggetto Per un verso esso “marchia” alcuni oggetti del mondo indiretto, e in parti-
del discorso colare la bibita di cui viene esibito il consumo. Per altro verso la posizione
finale del logo e del nome Pepsi “marchia” il discorso stesso e figura come
una sua firma conclusiva: la Pepsi non appare più solo come la bibita mo-
strata, ma come il soggetto che rivendica la responsabilità ultima del di-
scorso, dei suoi svolgimenti e delle sue articolazioni. Il brand Pepsi passa
dunque da oggetto del discorso a soggetto del discorso stesso; più esatta-

4. Esso appare contornato da una forma trapezoidale, con una parte rossa a sinistra e una blu a
destra che delimitano un cerchio: al suo interno una parte rossa superiore e una blu inferiore
vengono separate da una forma bianca rettangolare e a forma di onda che contiene la scritta blu
scuro in caratteri maiuscoli arrotondati “pepsi”.

286
15. Il commercial televisivo

mente, possiamo parlare del brand Pepsi come di un “metasoggetto del di-
scorso” (cfr. cap. 12, par. 4). Con questo termine intendiamo tre aspetti
differenti e complementari.
In primo luogo la Pepsi è un metasoggetto del discorso in quanto riassume La marca riassorbe
e riassorbe in sé le relazioni fiduciarie costituite tra lo spettatore e i soggetti le relazioni fiduciarie
della produzione e dell’intreccio, che abbiamo esaminato nel paragrafo
precedente. L’emergenza finale del brand rappresenta una sorta di rinuncia
a una maschera e di rivelazione del vero e autentico responsabile ultimo del
discorso: le relazioni fiduciarie già maturate, sia di tipo veridittivo che di
tipo estetico, non scompaiono ma vengono fatte proprie dal nuovo sogget-
to rappresentato dal brand. Al tempo stesso, il brand con il suo apparire si
fa garante di tali relazioni e dunque rafforza il legame fiduciario con lo
spettatore 5. Si tratta di una strategia comunicativa usuale nella pubblicità:
il brand adopera solitamente le zone iniziali e finali dei comunicati per af-
fermare la propria responsabilità discorsiva ultima.
In secondo luogo Pepsi in quanto brand è un metasoggetto del discorso La marca coordina
perché collega tra loro differenti commercial e differenti manifestazioni di- differenti
scorsive. Lo stesso pay off finale “The choice of a new generation” ricorre in manifestazioni
tutti gli spot prodotti tra il 1984 e il 1991 e rimanda a un complessivo rin- discorsive
novamento del brand nel contesto della “Pepsi Challenge” contro la Coca
Cola. In questa fase della sua evoluzione di marketing i responsabili della
Pepsi stanno rinnovando profondamente l’identità del brand e puntano su
connotazioni di giovinezza, freschezza, bevanda di tendenza ecc. Una simi-
le operazione passa per molte e articolate mosse: un nuovo design del logo,
l’ingaggio di alcuni cantanti pop-rock (Michael Jackson in primis) in qua-
lità di testimonial, l’adozione di un visual design degli spot improntato a
un’estetica contemporanea ecc.
In quest’ottica lo stesso prodotto offerto dal brand (in questo caso la bibi- La marca media
ta) è considerabile come un discorso teso a produrre una certa esperienza il passaggio
standardizzata: esiste un’assoluta continuità tra la comunicazione mediata dal mondo indiretto
dei commercial, la comunicazione semi-mediata degli eventi organizzati da al mondo diretto
Pepsi (per esempio i concerti di Michael Jackson) e l’esperienza diretta del
punto vendita (i frigo Pepsi), del packaging (la bottiglietta) e del prodotto
(il liquido della bibita). Passiamo qui alla terza ragione per cui il brand
Pepsi è un metasoggetto del discorso: esso si ritrova sia all’interno di espe-
rienze mediali (la bottiglietta Pepsi del commercial e la firma Pepsi dei dif-
ferenti comunicati della campagna pubblicitaria) sia all’interno di espe-

5. In questo senso il brand è al tempo stesso simile e differente dal metasoggetto che si mani-
festa mediante un formato metadiscorsivo, come la “Direzione del periodico” incontrato al
cap. 12. Simile perché anche in questo caso si tratta di un responsabile ultimo della discorsivi-
tà; differente in quanto la sua apparizione è locale e solo a posteriori riferibile all’insieme del
discorso.

287
Semiotica dei media

rienze non mediali che si svolgono nel mondo diretto (la bottiglietta Pepsi
nella sua materialità e il suo consumo effettivo). Il brand si pone e viene
percepito come responsabile e garante della trasferibilità coerente dell’e-
sperienza mediale all’interno dell’esperienza diretta 6; nell’assicurare con la
propria costante e riconoscibile presenza questa coerenza, il brand costrui-
sce la propria unitarietà e riconoscibilità (o al contrario, in casi negativi, la
propria frammentazione e ambiguità).

Percorsi di approfondimento

Per una ricognizione generale dei problemi (non solo semiotici) relativi alla pub-
blicità si possono vedere Abruzzese, Colombo (1994) e Ferraresi, Mortara, Sylwan
(2007). Una rete ampia e differenziata di interventi è in Grasso (2000).
Alcuni manuali di semiotica della pubblicità sono Beasley, Danesi (2002); Volli
(2003, 2005) (di taglio greimasiano); Bianchi (2005) e Saba (2006) (concentrati su-
gli spot pubblicitari). Un ottimo punto di partenza è Traini (2008). Sullo spot (e
il trailer, il banner ecc.) come “forme (discorsive) brevi”, Pezzini (2002). Più in
particolare sulla marca si vedano Musso (2005), Ferraresi (2008), Lombardi (2007)
e soprattutto Marrone (2007), una sintesi ragionata della semiotica della pubblici-
tà. Un confronto tra autori “pro-logo” e autori “no-logo” è in Mariano, Megido
(2007). Sulla comunicazione di impresa in termini più generali, Bettetini (1993).
Per altri aspetti più specifici rimandiamo ai testi citati nella parte finale di Semioti-
ca, marketing, pubblicità, pp. 283-4.

Quaderno degli esercizi

• Esplora la tua casa e prendi nota di oggetti e prodotti che compongono il tuo
ambiente di vita (mobili, vestiario, cibi e bevande, profumi e deodoranti, elettro-
domestici ecc.). Quali e quanti di questi sono riconducibili a una marca e a un’at-
tività di comunicazione pubblicitaria?

6. Questo ruolo del brand dipende dalla natura fattuale dell’esperienza di fruizione di messaggi
pubblicitari, ovvero dalla continuità percepita tra mondo indiretto e mondo diretto (cfr. cap. 2,
par. 3.4): nel seguire uno spot siamo consapevoli che si tratta di una vicenda fittizia; ma al tem-
po stesso sappiamo che quella vicenda vuole comunicarci qualche cosa che riguarda il mondo in
cui viviamo, che essa ci riguarda e ci tocca: che non parla solo a noi ma parla anche di noi. Non
a caso il discorso pubblicitario è stato affrontato anche con gli strumenti della retorica, la disci-
plina che per prima si è occupata del discorso persuasivo, ovvero di un discorso che è ritenuto in
radice essere responsabile di una trasformazione del mondo in cui viene pronunciato; in parti-
colare l’ampio uso delle forme narrative nella pubblicità contemporanea mette in luce il caratte-
re di exemplum del messaggio pubblicitario, accomunandolo a generi discorsivi del passato oggi
dimenticati di cui tuttavia esso rappresenta la versione contemporanea: dalla predicazione me-
dioevale alla precettistica seicentesca.

288
15. Il commercial televisivo

• Isola una categoria merceologica di oggetti, per esempio quelli dedicati alla
cura e all’igiene della persona. Prova a mappare i valori in base ai quali la comuni-
cazione ne ha costruito una desiderabilità (valori sensibili, sociali, relazionali
ecc.).
• Procurati il maggior numero di manifestazioni discorsive di uno o più prodot-
ti della categoria che hai scelto: spot pubblicitari televisivi e/o radiofonici, annun-
ci a stampa, affissioni ecc. Analizza anche il packaging del prodotto facendo atten-
zione alla complessità esperienziale (visiva, olfattiva, tattile) che viene di volta in
volta articolata. Mediante quali dinamiche e strategie vengono richiamati e colle-
gati al prodotto i valori del mapping? Come viene costruito il legame relazionale
fiduciario con i soggetti del discorso e con il metasoggetto del brand?
• Recati ad analizzare un punto vendita del prodotto (meglio se il brand del
prodotto possiede negozi propri in franchising): in che modo l’articolazione dello
spazio, il design dei mobili di esposizione, i colori scelti per le parti e il mobilio, le
divise dei venditori, fattori ambientali quali illuminazione, temperatura, profumi
ecc., compongono una esperienza di accostamento al prodotto? Che legami esi-
stono fra tale esperienza e il mapping di valori e le strategie sia di valorizzazione
che fiduciarie veicolate dai comunicati sul prodotto?
• Recati a mangiare presso un fast food (per esempio un MacDonald’s). Come
viene preparata l’esperienza del pasto nello spazio del locale? Come si presenta vi-
sivamente e olfattivamente il panino che hai scelto? C’è continuità o discontinuità
tra l’esperienza di ingerimento simulata nei materiali pubblicitari e quella effettiva
(analizza i differenti dati tattili, olfattivi, di gusto, visivi e anche uditivi)?

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292
16
Il videogioco

1. Premessa

Questo capitolo si occupa dell’analisi semiotica del videogioco. Le nostre


considerazioni risultano comunque utili per affrontare con strumenti se-
miotici il più ampio campo dei nuovi media digitali, caratterizzati da alcu-
ni tratti salienti: interattività con il fruitore; convergenza e interazione di
esperienze mediali e non mediali differenti; moltiplicazione e dispersione
negli spazi sociali dei dispositivi di erogazione dei materiali sensoriali che
innescano e guidano l’esperienza.
Nel caso del videogioco (e rifacendoci come sempre ai criteri introdotti nel
cap. 2, par. 3) l’attivazione dell’esperienza nel mondo diretto è condivisa
dal dispositivo e dal soggetto: quest’ultimo sceglie sia quali materiali senso-
riali il dispositivo gli debba erogare tra quelli individuati come disponibili,
sia se tale erogazione debba essere demandata completamente al dispositi-
vo (come quando nel corso del gioco avviamo la riproduzione di un breve
filmato) o se piuttosto la responsabilità della scelta debba tornare a sé stesso
(come nelle sequenze di gioco “normali”). Di qui una posizione interme-
dia tra esperienze di attivazione manuale e automatica. La particolare con-
formazione del discorso la rende un’esperienza ambientale; la continuità
tra mondo indiretto e discorso la rende una esperienza tipicamente parte-
cipativa, ma di fatto tutte le altre possibilità dello schema del cap. 2, par.
3.4 sono praticabili.
In questo capitolo intendiamo comprendere in che modo i nuovi media
digitali riprendono il modello complessivo dell’esperienza mediale presen-
tato nella seconda parte, e ne adattano alcuni aspetti alle nuove condizioni
che essi presentano. Non esaminiamo punto per punto i sette snodi, ma ne
isoliamo tre in cui è possibile cogliere con particolare evidenza le novità in-
trodotte dai nuovi media: le modalità di ordinamento del mondo indiretto
e la modulazione delle mappe situazionali (cap. 5); le relazioni con i sogget-
ti del mondo indiretto (cap. 8); la percezione e l’ordinamento del discorso,
con particolare riferimento al formato in quanto spazio metadiscorsivo
(capp. 6 e 12).

293
Semiotica dei media

Il secondo paragrafo presenta il videogioco al centro della nostra analisi,


Spore (Will Wright, Maxis/Electronic Arts, 2008), descrive una sequenza
di gioco e illustra le altre possibilità di intrattenimento offerte dal prodot-
to. Il terzo paragrafo si concentra sul mondo indiretto e affronta sia l’orga-
nizzazione delle trasformazioni nelle mappe situazionali, sia la relazione tra
il giocatore e i soggetti presenti nel mondo indiretto. Il quarto paragrafo
prende in esame l’esperienza del discorso nel videogioco e nei nuovi me-
dia. Il quinto paragrafo riassume rapidamente le novità intraviste e le loro
relazioni per comprendere le trasformazioni in atto e le direzioni di svilup-
po dell’esperienza mediale.

2. In una galassia lontana lontana...

2.1. Un dio tascabile Spore è un videogioco per pc e Mac pubblicato nel


settembre 2008 dalla Electronic Arts. La sua uscita è stata segnata da un im-
mediato successo: nelle prime tre settimane ha venduto 2 milioni di copie.
Tale successo è dovuto in larga parte alla notorietà del suo creatore, Will
Wright, già autore di due giochi di enorme successo: SimCity (Maxis,
1989) e soprattutto The Sims (Maxis/Electronic Arts, 2000), il videogioco
più venduto della storia. Con queste opere Wright aveva affermato una
particolare concezione del videogioco quale dispositivo che permette di si-
mulare una relazione interattiva del giocatore con situazioni complesse e
dinamiche: costruire e gestire una grande città nel primo caso, padroneg-
giare le scelte relazionali e pratiche della vita quotidiana per The Sims. Lo
stesso autore aveva dichiarato che Spore avrebbe ulteriormente amplificato
tale logica simulatoria: di qui una grande attesa per il gioco, frutto di diver-
si anni di lavoro di un nutrito team di grafici e sviluppatori. I risultati, pur
non appagando completamente le aspettative 1, sono comunque molto in-
teressanti.
All’avvio del gioco, dopo i credits, una cut scene 2 introduttiva conduce lo
sguardo in avanti nel vuoto stellare fino a raggiungere una galassia a forma
di spirale, inquadrata di lato e leggermente dall’alto, che gira lentamente.

1. Il gioco è stato accolto da alcune polemiche che hanno riguardato due aspetti. Da un punto
di vista tecnico le complesse procedure di riconoscimento di autenticità della copia del gioco,
che costringono a giocare la prima volta on line e impediscono qualunque tentativo di copia,
hanno costituito un ostacolo alla sua diffusione. Dal punto di vista contenutistico la particola-
re concezione evoluzionista “panspermatica” adottata dal gioco ha sollecitato la perplessità di
alcuni scienziati e la protesta di alcune associazioni contrarie alla teoria dell’evoluzione: cfr.
Christian Nutt, gdc: Lessons Learned From Spore: Its Science And More, March 25, 2009, Ga-
masutra. The Art & Business of Making Games, http://www.gamasutra.com/php-bin/news_
index.php?story=22888.
2. Le cut scenes, o cinematics, sono brevi sequenze di carattere cinematografico, non alterabili
dal giocatore e in questo caso in formato 16:9.

294
16. Il videogioco

figura 1

Emerge una musica elettronica ipnotica, con lunghe note tenute. Nella ga-
lassia si distinguono sette stelle che emanano onde luminose: una piccola
scritta mi invita a cliccare su una delle stelle per iniziare a giocare (fig. 1).
In alto a sinistra spicca il nome e il logo del gioco; subito sotto tre etichette,
o tags, propongono tre differenti tipi di attività: “gioca” (il simbolo è un
triangolino come quello del tasto “play” del videoregistratore), “crea” (il
simbolo sono due strumenti di lavoro incrociati) e “condividi” (il simbolo
è un quadrato diviso in settori). In basso, sempre a sinistra, altri tre ele-
menti permettono ulteriori scelte: il simbolo della spirale della Galassia mi
fa accedere a un menu di impostazioni (che comprende anche l’uscita dal
gioco); il simbolo di un quadrato diviso in caselle (uguale a quello della tag
“condividi” ) introduce alla Sporepedia, che presenta in forma sinottica
tutte le creature e gli oggetti dell’universo Spore; infine un pulsante per-
mette l’accesso a o la disconnessione da Internet.
Iniziamo a esaminare l’attività di gioco.

2.2. L’evoluzione del videogioco Spore consiste nel costruire l’evoluzione di


una o più specie animali su un certo pianeta. Una volta scelto il pianeta su
cui avviare la partita, occorre decidere in quale delle cinque fasi in cui si ar-
ticola il gioco ci si colloca: Cellula, Creatura, Tribù, Civiltà e Spazio. È

295
Semiotica dei media

possibile giocare più partite in contemporanea su differenti pianeti, ma


solo quando una delle fasi viene superata su uno qualsiasi di essi, le fasi suc-
cessive risulteranno sbloccate anche sugli altri pianeti. Il gioco propone
dunque un classico meccanismo a livelli e lo articola su differenti partite.
Nella fase iniziale il giocatore deve dare un nome alla propria cellula ed ef-
fettuare alcune scelte di base: in particolare è importante il tipo di bocca e
di alimentazione scelta (carnivora, erbivora od onnivora). L’attività della
cellula all’interno della prima fase consiste semplicemente nel procurarsi
cibo, nello sfuggire ai predatori e nel riprodursi: al momento della riprodu-
zione il giocatore spende i punti dna accumulati annettendo nuovi organi
e nuove capacità; tali trasformazioni modificano l’orientamento della cel-
lula, per esempio accentuandone il carattere carnivoro e le capacità di com-
battimento. Al tempo stesso l’intero sistema ambientale si modifica in cor-
rispondenza di tali scelte: per esempio una cellula portata al combattimen-
to sarà attaccata più spesso da altre creature.
Nelle fasi successive questa stessa logica di base si applica a situazioni sem-
pre più complesse e all’interno di sceneggiature di gioco più elaborate 3. Le
scelte che vengono via via effettuate si ripercuotono sugli sviluppi della
specie: come chiarisce la stessa guida del gioco a proposito della fase Spa-
zio, «l’evoluzione è un lungo viaggio in cui le prime scelte e le azioni hanno
conseguenze essenziali sul futuro della specie. Il percorso scelto, dal mi-
crorganismo fino allo sviluppo della personalità e della cultura di una civil-
tà, riecheggerà a lungo».
D’altra parte ogni fase possiede una propria autonomia in quanto prevede
differenti generi di obiettivi e di strategie per raggiungerli. Sotto questo
aspetto (come è stato acutamente osservato dall’anonimo estensore della
voce Spore per Wikipedia) ognuna delle fasi si conforma a un particolare
format di videogioco e cita più o meno esplicitamente un genere videolu-
dico: la fase cellulare riprende il vecchio Pac-Man, la fase delle creature re-
cupera Diablo; la fase tribale Populous; la fase di civilizzazione riprende e
cita SimCity, Risiko! e le varie versioni di Civilization; mentre giochi quali
SimEarth e Destroy All Humans! vengono invece ripresi per la fase spaziale,

3. Nella fase Creatura la specie si muove sulla terraferma e acquisisce rudimentali capacità so-
ciali, sia interagendo con i membri della propria specie sia con altre specie. Nella fase Tribù vie-
ne avviata una forma primitiva di vita sociale: i soggetti vivono in tribù di dodici membri al
massimo e possono costruire e scambiare strumenti, armi o vestiti. Lo stadio della Civiltà pone
alla specie che è risultata dominante l’obiettivo di conquistare l’intero pianeta, mediante strate-
gie di tipo militare, economico o religioso. Infine la fase Spazio permette al giocatore di muo-
versi all’interno di un panorama sconfinato (il programma prevede 500.000 pianeti e numerosis-
sime specie differenti): egli può prendere contatto con specie di altre galassie mediante relazioni
di guerra o di alleanza; l’obiettivo è di accumulare medaglie galattiche fino a diventare il re della
galassia.

296
16. Il videogioco

con elementi di sandbox per il tipo di gioco 4. Inoltre vari elementi, dalla
fase Creatura in poi, rimandano a The Sims (tutti i riferimenti alle relazioni
interpersonali), mentre gli scontri diretti tra creature citano i vari picchia-
duro e sparatutto. Sotto questo aspetto Spore non è un semplice videogio-
co, ma un meta-videogioco: per un verso esso realizza il sogno di Will
Wright di costruire un dispositivo che colleghi i differenti ambienti di si-
mulazione da lui inventati nel corso della propria carriera; per altro verso si
pone come una galassia videoludica capace di contenere l’intero universo
del videogioco e di riassumerne per così dire l’evoluzione.

2.3. Trionfo e morte di Mediasemiotichensis Vediamo più da vicino come si


svolge un segmento di gioco di Spore. Ho avviato da un po’ di tempo una
partita con una creatura che, in onore di questo volume, ho chiamato Me-
diasemiotichensis e ho collocato sul pianeta Media Semiotics (la fantasia
non mi manca). La prima fase di gioco, la caccia al cibo della cellula all’in-
terno del brodo primordiale, è stata superata abbastanza agevolmente: ho
deciso di conferire alla piccola Midi (la chiamerò così da qui in poi per bre-
vità) un orientamento carnivoro. Sono quindi approdato alla fase Creatura
e attualmente sono circa a un quarto del percorso evolutivo: ho incentivato
le capacità di combattimento di Midi e sto incrementando decisamente il
suo orientamento carnivoro e bellicoso.
All’inizio della partita che analizzo 5 Midi è al centro della scena, di spalle,
su un prato bluastro: sullo sfondo si intravedono alcuni alberi dalla strana
forma tra i quali giocano piccole creature gialle. La melodia dolce e un po’
ipnotica di musica elettronica che mi ha accompagnato dal menu della ga-
lassia ha lasciato il campo sonoro a un tessuto di cinguettii, gracidii e gru-
gniti. Prima di iniziare a giocare osservo con attenzione i vari elementi pre-
senti sullo schermo (fig. 2). In alto a sinistra due riquadri mi ricordano
quali sono le finalità del mio agire (in questo momento mi viene suggerito
di cacciare quattro Disleum, le creaturine che si agitano sullo sfondo, per
acquisire punti dna, e di procurarmi nuove parti per evolvermi indivi-
duando speciali carcasse di animali). In basso, sempre a sinistra, una picco-
la mappa indica la posizione di Midi sul territorio: in particolare essa evi-
denzia dov’è il suo nido e dove sono i nidi di altre specie. In basso al centro
una serie di quadranti indica le azioni che posso far svolgere a Midi: a cia-
scuno dei due atteggiamenti di base – amichevole (colore verde e simbolo

4. s.a., “Spore (videogioco)”, in Wikipedia. L’enciclopedia libera, http://it.wikipedia.org/wiki/


Spore_(videogioco).
5. L’analisi delle sequenze di gioco pone al ricercatore un problema pratico: come fissare la se-
quenza giocata che si vuole analizzare, data la sua estrema volatilità e l’impossibilità di riprodurla –
o almeno di riprodurla identica – in molti videogiochi. Le due soluzioni possibili sono riprendere

297
Semiotica dei media

figura 2

del balloon) o aggressivo (colore rosso e simbolo del bersaglio) – corrispon-


dono alcune abilità che si legano alla storia evolutiva di Midi e agli organi
di cui l’ho via via dotata. In basso a destra un’immagine della mia creatura
evidenzia lo stato di salute e quello della fame mediante due indicatori a
forma di barretta (in questo momento quella della fame segna un punteg-
gio basso). La parte inferiore dello schermo è infine occupata da una stri-
scia di simboli. A sinistra alcuni pulsanti mi permettono di tornare al
menu di base del gioco, di bloccare o far ripartire la partita, di accedere alla
Sporepedia o alla mia collezione personale di creature. Segue verso destra
un indicatore dei miei punti dna (sono a 20, un po’ bassino perché mi
sono concesso un paio di nuove pinze per un colpo di livello 5). La parte
centrale è occupata da una barra che indica il punto evolutivo cui è arrivata
Midi: ho superato la seconda delle tre tacche interne alla fase Creatura. In-
fine un piccolo pulsante all’estrema destra mi permette di accedere a un
quadrante che ripercorre tutta intera la storia evolutiva della specie che sto
guidando fin dalla fase primordiale della cellula: le creature che ha ucciso,
quelle con cui ha dialogato, le parti del corpo e le abilità che ha via via ac-
quisito e quelle che ha ceduto (fig. 3). Nella parte superiore un indicatore
specifica la cronologia in milioni di anni dell’evoluzione che sto guidando.

lo schermo del computer con una videocamera, oppure (se possibile) attivare un programma di
registrazione digitale di quanto vi si svolge, per poi analizzare con calma le sequenze ottenute.

298
16. Il videogioco

figura 3

Inoltre lo sviluppo indica l’orientamento di Midi verso un tipo predatore


(piuttosto che socievole o adattabile).
Chiudo il quadrante della storia evolutiva e ritorno con Midi sul prato az-
zurro. Decido di ignorare il suggerimento di mangiare i Disleum e di gui-
dare Midi a esplorare una zona a ovest del nido, che ancora non ho visto.
Posso spostare la mia creatura posizionando il cursore in un punto bersa-
glio, cliccando e aspettando che la creatura si diriga in quel punto e si arre-
sti, oppure posso trascinare la creatura all’interno del mondo che essa abita
tenendo costantemente premuto il tasto sinistro del mouse. In ogni caso lo
sguardo della macchina da presa virtuale segue fedelmente la creatura,
mentre il sonoro evidenzia i passi fruscianti e ritmati di Midi sul prato.
Inoltre la direzione di marcia e gli spostamenti di Midi sono monitorati
nella piccola mappa in basso.
Avanzo dietro una collinetta e incrocio un nido di creature che hanno la
forma e il colore di una salsiccia verticale con quattro zampette: se passo
sopra di esse il cursore, un’etichetta mi informa che si tratta di Tokocat; il
simbolo della faccina rossa con la bocca storta, i piccoli fulmini rossi che
emanano da loro e lo stridio con cui accolgono Midi mi fanno capire che si
tratta di una razza non amichevole. Ecco infatti che improvvisamente il so-
noro viene invaso da un rullare di tamburi e un Tokocat attacca Midi da
sinistra. Il rullio di tamburi si fa più forte e si mescola alle grida delle crea-
ture mentre scatta il combattimento: maneggio morsi e colpi con i pulsanti
in basso al centro (le nuove pinze di cui avevo appena dotato Midi per for-

299
Semiotica dei media

tuna funzionano benissimo) e osservo con piacere che la barretta di indica-


zione di benessere del Tokocat, in sovrimpressione, scende più rapidamen-
te di quella di Midi. Alla fine Midi vince il combattimento: il Tokocat gia-
ce a terra mentre i suoi compagni si alzano in volo per fuggire. Cliccando
sul cadavere permetto a Midi di mangiare l’incauto avversario e vedo con
sollievo risalire il livello dell’indicatore della fame.
Piuttosto fiero mi avventuro ancora verso l’interno del territorio che
non ho mai esplorato, ma all’improvviso sento uno strano ruggito alla
mia destra. Non faccio in tempo a voltarmi che un enorme piede schiac-
cia e uccide la mia creatura. Una cut scene mostra Midi morta in terra e
una scritta mi avvisa che devo tornare al nido per ricominciare una nuo-
va partita.

2.4. Creare e condividere Un po’ deluso dall’improvviso attacco da parte


della Creatura Epica (questo il nome dei grossi e imbattibili mostri di cui
fa parte l’enorme uccello che ha ucciso Midi) chiudo la partita salvando le
modifiche apportate e torno al menu della Galassia per esplorare più velo-
cemente le altre due modalità che Spore mi offre.
La modalità “Crea” mi permette di accedere a un menu di editor, o “crea-
tori”, con il quale posso costruire (o modificare se già esistenti) creature,
strumenti, edifici, veicoli da usare nelle diverse fasi all’interno del mondo
Spore (fig. 4). Tre pulsanti mi permettono di accedere alle attività di co-
struzione, colorazione o “prova”. Particolarmente interessante quest’ulti-
ma. La creatura, definitiva o semicostruita, appare a tutto schermo all’in-
terno di una sorta di arena; alcuni pulsanti posti in basso mi permettono di
farla muovere, danzare, manifestare emozioni; cliccando sui simboli di una
macchina fotografica e di una cinepresa posso rispettivamente produrre
scatti o filmati della creatura in movimento; i filmati sono inoltre pubblica-
bili automaticamente su Youtube.
Torno a questo punto al menu base della Galassia e avvio la terza modalità
di uso di Spore: la “Condivisione” (fig. 5). In questo caso lo schermo è divi-
so in un menu a colonna sulla sinistra e in una zona ampia sulla destra: il
menu a sinistra mi permette di scegliere cosa visualizzare sulla destra. Oltre
che alla Sporepedia (ovvero all’elenco completo di creature, edifici e veico-
li), ho accesso a una mia pagina personalizzata ospitata sui server della E.
A. (“Miospore”) che posso usare per caricare le mie creazioni e scaricare
quelle di altri giocatori sconosciuti o amici. In tal modo, se l’universo di
Spore di ogni giocatore resta chiuso agli altri, è possibile tuttavia un’osmosi
regolata di creazioni. È anche possibile che ospiti e gestisca sulla mia pagi-
na commenti di altri giocatori nei confronti delle mie creazioni: in tal caso
la mia pagina si trasforma in una sorta di blog in cui intrecciare relazioni,
scambi di pareri e suggerimenti o discussioni di varia natura con altri gio-
catori.

300
16. Il videogioco

figura 4

figura 5

Le modalità “Crea” e “Condividi” completano dunque la percezione di


Spore: non solo (meta)videogioco, esso è un ambiente virtuale complesso
che permette di svolgere una serie di attività differenti e relativamente au-
tonome, per quanto più o meno correlate all’universo in cui si svolge l’atti-
vità di gioco.

301
Semiotica dei media

3. L’interazione con il mondo indiretto

Trasformazioni 3.1. L’esteriorizzazione delle mappe situazionali Torniamo al segmento di


del mondo indiretto partita che ho descritto al par. 2.3, ed esaminiamo come avviene l’ordina-
e mappe situazionali mento narrativo del mondo indiretto (tema toccato nelle sue linee generali
al cap. 5). Se ripercorriamo la sequenza di gioco che ha visto prima il trion-
fo poi la caduta di Midi ci accorgiamo immediatamente che “è successo
qualcosa”: Midi si è mossa a esplorare un ambiente, è stata attaccata da un
Tokocat, ha combattuto e ha vinto, ha mangiato il cadavere dell’avversa-
rio, poi ha continuato l’esplorazione ma è stata schiacciata dall’enorme
creatura sconosciuta ed è morta. Il videogioco presenta sotto questo aspet-
to la stessa dinamica di ordinamento narrativo del mondo indiretto che ab-
biamo visto all’opera nell’audiovisivo o in altre forme mediali; anche in
questo caso un’esperienza che si svolge al presente viene trascritta in una
mappa situazionale di ordine mentale: tale mappa da un lato permette di
ricapitolare il passato, inquadrare il presente e prevedere gli sviluppi suc-
cessivi, dall’altro lato viene costantemente aggiornata e rimodulata a parti-
re dal monitoraggio della situazione presente mediante dei dispositivi di
traccia che individuano gli snodi chiave e li trascrivono al suo interno. Le
mappe possono essere di scala e ordine differente a seconda di quanto è
ampio l’orizzonte di eventi che esse abbracciano e trascrivono.
Il giocatore Tuttavia, se questa dinamica resta identica, due elementi strettamente in-
co-determina trecciati si trasformano. Da un lato percepiamo che l’evoluzione della si-
le trasformazioni tuazione dipende in questo caso anche dalle nostre scelte, o per meglio dire
del mondo indiretto dall’interazione tra le nostre opzioni e le condizioni ambientali del mondo
indiretto. In questo senso si assiste a un processo di riconfigurazione. In
partenza il giocatore percepisce di svolgere una serie di semplici gesti (quali
spostare il mouse sul tappetino, premerne i tasti o girarne la rotella) che gli
permettono di scegliere e di co-determinare quali materiali sensoriali gli
vengano erogati dal dispositivo mediale. Tale percezione viene tuttavia ri-
configurata nell’esperienza del gioco, e finisce per essere percepita dal gio-
catore come un proprio interagire con l’ambiente del mondo indiretto per
co-determinarne personalmente gli svolgimenti.
Le mappe Dall’altro lato assistiamo a una “esteriorizzazione” delle mappe situaziona-
situazionali vengono li: soffermiamoci su questo punto. Nel caso dell’audiovisivo (ma anche del
esteriorizzate racconto scritto) le mappe situazionali sono di ordine mentale; i luoghi di
esplicitazione – per esempio le sequenze in cui i personaggi fanno il punto
della situazione o si riassume quanto accaduto fino a quel momento – sono
rari. Nel videogioco invece le mappe situazionali vengono visualizzate in
modalità molteplici e compresenti: si tratta di mappe di differente scala e
ampiezza, mantenute costantemente aggiornate da alcuni dispositivi di
traccia. È appunto in questo senso che parliamo di una esteriorizzazione

302
16. Il videogioco

delle mappe situazionali. Vediamo alcuni esempi di tale esteriorizzazione


in Spore.
Un primo gruppo di mappe situazionali esteriorizzate trascrive la situazio-
ne contingente: sono, potremmo dire, mappe 1:1. Per esempio la piccola
cartina geografica in basso a sinistra ci segnala costantemente dove ci tro-
viamo con Midi, qual è la nostra direzione di spostamento, dov’è il nostro
nido, quali nidi di altre creature possiamo incontrare, quale tragitto di mi-
grazione hanno preso le altre Midi ecc. Allo stesso modo gli indicatori del-
lo stato di benessere e di fame monitorano e ci riferiscono la condizione
della nostra creatura.
Un secondo gruppo di mappe situazionali esteriorizzate trascrive l’evolu-
zione interna alla singola fase Creatura: sono mappe 1:10. I segnali più evi-
denti sono l’indicatore dei punti dna accumulati e la barra di progresso in
basso. Ma a ben vedere il corpo stesso della creatura, la sua attrezzatura
biologica (un certo tipo di bocca, di occhi, di mani e piedi ecc.) e le relative
capacità segnalate nella pulsantiera in basso al centro costituiscono la trac-
cia visibile della sua storia di sviluppo. In maniera analoga nelle fasi succes-
sive altri elementi del mondo indiretto (totem, edifici, vestiario ecc.) costi-
tuiranno dei “segni del tempo”, sedimentazioni visibili di uno sviluppo
evolutivo.
Infine la stessa appartenenza alla fase Creatura individua la collocazione del
momento contingente all’interno di una mappa temporale globale, di sca-
la 1:100. L’esteriorizzazione di tale mappa si ottiene cliccando sul bottone
in basso a destra e accedendo al quadrante che ripercorre l’intera storia evo-
lutiva della specie, evidenzia gli episodi e i punti di svolta salienti, segnala
gli orientamenti che ne sono derivati (fig. 3).
I due aspetti che abbiamo evidenziato – la riconfigurazione delle operazio- La produzione
ni mediali in termini narrativi da un lato e l’esteriorizzazione delle mappe dell’evento nel
situazionali dall’altro – sono strettamente connessi: le mappe situazionali presente di gioco
esteriorizzate hanno infatti un ruolo essenziale nel riconfigurare costante-
mente l’agire effettivo del giocatore nel mondo diretto in un interagire con
l’ambiente del mondo indiretto per orientarne gli andamenti 6. Esse inol-
tre sottraggono il flusso dei gesti del giocatore all’indistinzione e permetto-
no di individuare punti salienti dello svolgimento, punti cioè in cui si pro-
duce una trasformazione più o meno radicale della mappa (per esempio la
morte di Midi). In altri termini le mappe situazionali esteriorizzate per-
mettono di vivere l’esperienza della produzione di un “evento”: una tra-

6. Ovviamente esse non sono l’unico strumento di tale riconfigurazione, cui collaborano vari
aspetti della messa in scena del mondo indiretto: il meccanismo di spostamento della creatura,
l’uso dei pulsanti di comando e così via.

303
Semiotica dei media

sformazione irreversibile del mondo, personalmente agita ed esperita dal


giocatore nel presente.

3.2. Avatar: le relazioni con i personaggi Il lettore avrà osservato che nel de-
scrivere la sequenza di gioco nel par. 2.3 ho usato spesso espressioni alla pri-
ma persona per descrivere spostamenti e scelte di Mediasemiotichensis.
Dietro questi segnali linguistici sta evidentemente una particolare relazio-
ne di condivisione che mi lega in quanto giocatore alla creatura: siamo
dunque spinti verso l’aspetto della sintonia relazionale tra lo spettatore/
giocatore e i soggetti del mondo indiretto, argomento affrontato al cap. 8,
par. 4. In quella sede avevamo osservato che i diversi tipi di relazione si ba-
sano su differenti gradi di attivazione di un sentire la presenza di un altro
soggetto di esperienza, nel comprendere i suoi stati interiori ed eventual-
mente nel condividerli; sia la comprensione che (soprattutto) la condivi-
sione, vedono all’opera meccanismi di simulazione-consonanza e meccani-
smi di cognizione-inferenza. Cosa avviene nel caso di Spore e, più ampia-
mente, del videogioco?
La comprensione Se pensiamo al mio rapporto con Midi, possiamo dire che cambiano i
e la condivisione meccanismi che mi permettono di comprendere e di condividere gli stati
degli stati di coscienza della mia creatura. Anzitutto la comprensione non è più affi-
di coscienza data (o lo è minimamente) all’osservazione di un corpo, della sua costitu-
dei personaggi zione fisica e della sua mimica: sono soprattutto indicatori scritti o sim-
bolici a manifestare gli stati fisici ed emotivi di Midi e delle altre creature:
per esempio gli indicatori della fame e del grado di benessere complessi-
vo, i cuoricini che indicano il suo innamoramento, le faccine che esplici-
tano lo stato emotivo delle altre creature e così via. In questo senso il
meccanismo di consonanza somatica tra lo spettatore/giocatore e i perso-
naggi viene aggirato oppure ha un peso minore. Per quanto riguarda i
meccanismi volti a costituire una condivisione tra spettatore e personag-
gi, ritroviamo nel videogioco molti dei procedimenti osservati nell’audio-
visivo: l’uso di soggettive visive e sonore rimanda a una condivisione di
stati di coscienza contingenti, di mappe situazionali e di sfondi di cono-
scenze e valori di più ampia portata. Tuttavia nel caso del videogioco
questi aspetti, per quanto possano essere presenti, non sono strettamente
necessari né sufficienti. I giochi possono essere visualizzati in soggettiva,
ovvero in prima persona, ma anche (e spesso indifferentemente) in terza
persona: per esempio posso giocare una partita di calcio della serie Fifa
dal punto di vista del giocatore, ma anche guardandola dall’alto. Nel caso
di Spore, nella fase creatura, sia ha una semisoggettiva visiva e una sogget-
tiva sonora: il soggetto della percezione segue la creatura e registra gli
stessi suoni che essa ode, riproducendone la provenienza e la direzionalità

304
16. Il videogioco

sui due altoparlanti del computer. Inoltre il giocatore può condividere


conoscenze pregresse con il personaggio (come avviene in molti adventure
games in cui il patrimonio di conoscenze del personaggio procede in sin-
tonia con quello del giocatore), ma tale condivisione può anche non esse-
re installata: per esempio in Spore la creatura non ha consapevolezza della
storia evolutiva che io invece conosco e posso ricostruire. Infine il gioca-
tore può condividere lo sfondo di valori del personaggio, ma questo non
è strettamente necessario: potrei fare di Midi una creatura cooperativa e
amichevole oppure aggressiva e polemica indipendentemente dai valori
che mi muovono nella vita reale 7.
Il meccanismo basilare della costituzione di una condivisione tra giocatore La relazione
e personaggio risiede dunque altrove e si collega alle dinamiche di gestione di responsabilità
dei materiali sensoriali proprie dei nuovi media. Se esamino attentamente
la mia relazione con Midi, mi accorgo che ciò che mi lega a lei è il fatto che
io sono responsabile di quello che ella è stata, è e sarà. Midi non è altro che
il risultato di azioni e di scelte che ho via via effettuato nel corso della parti-
ta: in ogni momento di gioco sono posto di fronte ad alcune scelte di azio-
ne possibili (attaccare un’altra specie o farmela amica? Procurarmi un nuo-
vo organo o no? ecc.) che determineranno il seguito dello sviluppo della
creatura. Alla radice della mia relazione con Midi – e, in genere, alla base
della relazione tra il giocatore e il soggetto o i soggetti-protesi del videogio-
co – sta dunque quel fenomeno di riconfigurazione esaminato nel paragra-
fo precedente: nel momento in cui le mie pratiche di erogazione dei mate-
riali sensoriali vengono riconfigurate come un affrontare il mondo indiret-
to, io mi percepisco in quanto dotato di agency, capacità di agire consape-
volmente per modificare le situazioni di tale mondo. Questa capacità de-
termina la percezione di una mia responsabilità nei confronti di uno o più
soggetti dei quali il software mi affida il controllo e il destino: è appunto
questa responsabilità a costituire la relazione di forte condivisione con il
soggetto controllato 8. Si conferma sotto questo aspetto il collegamento tra
esperienza relazionale e design etico dell’esperienza mediale, decisamente

7. Questa relativa indipendenza è al centro di numerosi dibattiti sulle valenze etiche del vi-
deogioco e sulla stessa possibilità che il videogioco si presti a veicolare valori, convinzioni,
ideologie.
8. In effetti nel videogioco la distinzione tra soggetti protesi e soggetti alieni coincide con
quella tra soggetto/i controllabile/i e soggetti non controllabili: nel caso di Spore posso con-
trollare una sola specie a partita; in altri casi (per esempio nel precedente gioco di Will
Wright, The Sims) è possibile spostare il controllo delle azioni da un soggetto a un altro. Os-
serviamo che, a partire da quanto detto, si comprende anche il collegamento tra l’agency e
l’esteriorizzazione delle mappe situazionali evidenziata nel paragrafo precedente: esse costi-
tuiscono risorse per le scelte cui sono chiamato e tracce delle scelte che ho effettuato.

305
Semiotica dei media

Semiotica, new media, videogiochi

La semiotica ha iniziato a occuparsi di nuovi media digitali nella seconda metà de-
gli anni ottanta. Si delineano in particolare tre aree di problemi, che accompagna-
no la riflessione per tutti gli anni novanta. La prima concerne lo statuto semiotico
dell’immagine virtuale, prodotta al computer e quindi priva di un referente ogget-
tuale soprattutto nella computer graphic: è una questione che a partire da Queau
(1986) si ritrova per esempio in Colombo (1990); per una panoramica, cfr. Bettetini,
Colombo (1993). La seconda questione riguarda le interfacce digitali, ovvero gli am-
bienti che permettono un’interazione tra uomo e macchina. La bibliografia al ri-
guardo è molto ricca: per esempio Bettetini (1991) analizza le interazioni che si
svolgono all’interno dell’“interspazio” tra uomo e macchina nei termini di uno
scambio di azioni e saperi regolato e visibile tra enunciatore ed enunciatario; Co-
lombo, Eugeni (1996) distinguono tra spazi rappresentati (i mondi visibili del vi-
deogioco) e spazi rappresentanti (l’interspazio di Bettetini, o spazio dell’azione del
fruitore), a loro volta distinti dallo spazio logico dell’architettura ipertestuale (cfr.
infra); Zinna (2004) distingue tra spazio di memorizzazione e spazio di rappresen-
tazione/inscrizione. La terza questione concerne le nuove forme frammentate, reti-
colari, multimediali e interattive che può assumere il testo nei media digitali, ovve-
ro l’ipertestualità. I testi seminali sono in questo caso Landow (1992) (pubblicato
in versioni aggiornate la più recente delle quali è Landow, 2006) e Bolter (1991): il
tema dell’ipertesto (per il quale cfr. Bettetini, Gasparini, Vittadini, 1999 e vari inter-
venti all’interno di Bertetti, Manetti, 2001) consente di legare l’approccio ai nuovi
media ad approcci più tradizionali della teoria della letteratura, in particolare alle
nozioni di intertestualità sviluppate dal post-strutturalismo.
Verso la fine dell’ultimo decennio del secolo scorso il panorama degli studi si tra-
sforma (anche in corrispondenza di alcune innovazioni tecnologiche degli stessi
new media oggetto di studio, e in particolare l’avvento del web e della comuni-
cazione interattiva in rete). Anche in questo caso possiamo individuare tre piste di
evoluzione della ricerca. La prima si concentra sul videogioco e mette in crisi gli
approcci semiotici classici, in particolare le idee di ipertesto e di struttura
(iper)narrativa: si assiste in questo settore a una frattura tra “narrativisti” e “ludo-
logi” che si ricompone solo nel momento in cui viene rilanciato uno studio non del-
le “strutture” testuali e narrative del videogioco quanto piuttosto dell’esperienza
videoludica: cfr. Wolf, Perron (2003), Harrigan, Wardrip-Fruin (2004), Raessens,
Goldstein (2005), Rutter, Bryce (2006), Egenfeldt-Nielson, Heide Smith, Pajares
Tosca (2007). In questa chiave Eugeni e Bellavita (2006) hanno analizzato il video-
gioco The Sims. Per alcuni esiti di questo dibattito cfr. Grodal (2009).
La seconda tendenza esamina le forme di rimediazione messe in atto dai nuovi
media rispetto ai media precedenti: i modi in cui essi ripropongono, riformulano,
incrociano all’interno delle loro interfacce i dispositivi di cinema, radio, televisione
o della pagina scritta. Questa tendenza di taglio socio-semiotico (o di semiotica cul-

306
16. Il videogioco

turale dei dispositivi mediali) viene lanciata da Bolter, Grusin (1999) e si ritrova in
particolare, per quanto concerne il cinema, in Manovich (2001). Ma studi analoghi
riguardano altri media e in particolare la televisione: cfr. per esempio Colombo
(2007) e Scaglioni, Sfardini (2008). Anche in ambito letterario la questione della ri-
mediazione pone analoghi problemi di ridefinizione in radice del mezzo: cfr. per
esempio Mazzarella (2008).
La terza tendenza si concentra infine sugli usi del web con particolare attenzione
alle pratiche di dialogo e interazione, analizzate nuovamente con un taglio di tipo
socio semiotico: cfr. per esempio Vittadini (2002). Più di recente anche lo studio dei
videogiochi si è concentrato sempre di più sull’analisi delle interazioni videoludi-
che on line: cfr. per esempio Wolf, Perron (2008), Surman (2009).

forte nel caso del videogioco a partire dalle nuove possibilità di agency of-
ferte al giocatore.

4. L’interazione con il discorso

Spostiamo ora la nostra attenzione sulle altre attività che Spore mi consente
di svolgere, descritte nel par. 3.3: la costruzione di creature o di oggetti e la
condivisione o discussione on line sulla pagina web “MioSpore”. Cosa
cambia in questi casi rispetto all’esperienza di gioco che ho vissuto fino a
poco prima guidando Midi nella sua evoluzione? Evidentemente non sono
più in relazione con il mondo indiretto in cui Midi si sta sviluppando; ma
non posso neppure dire di essere ritornato all’interno del mondo diretto in
cui vivo, opero, svolgo e sedimento la mia esperienza ordinaria. L’esperien-
za che svolgo nel costruire creature, edifici o veicoli che potrò poi usare al-
l’interno del mondo indiretto, o nello scambiare tali oggetti con altri gio-
catori raccogliendo i loro commenti, si svolge all’interno di un altro campo
di oggetti intenzionali: il discorso, o più esattamente il formato in quanto
spazio metadiscorsivo.
Abbiamo visto al cap. 12, par. 4 come la percorrenza visiva di superfici gra-
fiche implichi la costituzione del formato in quanto spazio metadiscorsivo
rispetto a singole produzioni discorsive: mi muovo visivamente all’interno
della gabbia grafica del periodico e scelgo di “entrare” a leggere un certo ar-
ticolo. Questa “nidificazione” dei discorsi e il rapporto sensomotorio con il
formato che essa implica, si ripresentano nel caso del videogioco e più am-
piamente dei nuovi media; troviamo però alcune importanti innovazioni.
In primo luogo lo spazio metadiscorsivo non è più limitato dal proprio Uno spazio
supporto materiale (nel caso del periodico, la rivista in quanto oggetto car- metadiscorsivo
taceo); la conformazione reticolare del formato si estende quindi nei nuovi illimitato e globale
media in misura non controllabile dal soggetto dell’esperienza: il web è un

307
Semiotica dei media

metaspazio illimitato non più “tabulare” ma “globale” (Farinelli). Nel cap.


2, par. 3.3 abbiamo espresso questa trasformazione come passaggio del di-
scorso (più esattamente, del formato) da una conformazione ipertestuale a
una ambientale.
La multimedialità In secondo luogo i discorsi di secondo grado che vengono attivati a parti-
re dalla percorrenza del metaspazio di primo grado fanno riferimento a
esperienze mediali differenti. Nel caso del periodico mi limitavo alla let-
tura degli articoli e alla visione di fotografie; nel web posso leggere e guar-
dare immagini fisse, ma anche attivare la visione di audiovisivi o di brani
audio o di videogiochi, come la partita di Spore che ho analizzato nei due
paragrafi precedenti.
La possibilità In terzo luogo è ora possibile modificare alcuni oggetti e alcune superfici
della traccia del metaspazio, e lasciare quindi una traccia del proprio passaggio e delle
azioni svolte. Nel caso del periodico le possibilità di traccia erano al tempo
stesso permesse e limitate dai processi di scrittura (vi è mai capitato di leg-
gere una “Settimana Enigmistica” con i cruciverba già risolti?). Il meta-
spazio dei nuovi media è dotato di possibilità di memorizzazione molto
più ampie e complesse: conserva il ricordo del grado di sviluppo raggiunto
dalla mia creatura, delle modifiche di forma e di carattere che ho introdot-
to in altre creature, dei messaggi che ho postato sulla pagina “Miospore” e
così via.
L’integrazione Infine il metaspazio dei nuovi media consente non solo esperienze mediali
tra esperienze e accessi a mondi indiretti ma anche e al tempo stesso esperienze mediate
mediali del mondo diretto: i commenti nella pagina “MioSpore” provengono da
e non mediali soggetti reali appartenenti al mio stesso mondo diretto; e se acquisto on li-
ne una estensione di Spore dal sito della Maxis, i soldi vengono effettiva-
mente prelevati dalla mia carta di credito.
L’ipertrofia In sintesi lo spazio metadiscorsivo costituito dalla superficie grafica vie-
dello spazio ne enormemente potenziato negli ambienti virtuali dei nuovi media di-
metadiscorsivo gitali: assistiamo a una ipertrofia del formato. La costituzione di un me-
taspazio ipertrofico costituisce il secondo nucleo di trasformazioni in-
trodotte dai nuovi media – accanto alla costituzione di un mondo indi-
retto modificabile dal soggetto esaminata nei due paragrafi precedenti.
Anche in questo caso gioca un processo di riconfigurazione delle prati-
che di erogazione dei materiali sensoriali svolte dal soggetto: queste ven-
gono percepite come percorrenza esplorativa dello spazio metadiscorsi-
vo e come attivazione di specifiche esperienze mediali o mediate che
sono nidificate al suo interno. Un ruolo chiave in questo processo di ri-
configurazione viene giocato dalle interfacce, o superfici grafiche dello
schermo.

308
16. Il videogioco

5. L’esperienza mediale nell’era della postmedialità

L’ipertrofia dello spazio metadiscorsivo presenta una conseguenza particola- Lo spazio


re: l’esperienza mediale resa possibile dai nuovi media digitali tende a rias- metadiscorsivo
sorbire in modo evidente le forme precedenti di esperienza mediale, e al ipertrofico e le forme
tempo stesso le rende indistinguibili sia tra loro sia rispetto alle esperienze dell’esperienza
non mediali. Questo fenomeno ha conseguenze profonde nel modo di senti- mediale
re e di percepire l’esperienza mediale in sé, nel contesto culturale attuale.
Anzitutto c’è un riassorbimento. I media digitali attuano in forme molto Rimediazione
spinte quei processi di “rimediazione” che abbiamo considerato nel cap. 9, e ridisposizione delle
par. 3.2: le forme mediali precedenti (discorso orale, scritto, visivo, audio- esperienze mediali
visivo) vengono riprodotte e simulate all’interno dei media digitali. In que-
sto caso troviamo però un aspetto ulteriore, praticamente sconosciuto nel
passato: la presenza ipertrofica dello spazio metadiscorsivo fa sì che venga-
no ora recuperati e simulati non solo lo svolgersi delle esperienze mediali
precedenti, ma altresì i dispositivi e le pratiche della loro attivazione. Ai
processi di rimediazione si aggiungono processi di “ridisposizione”, ovvero
di riformulazione di dispositivi e pratiche. Per accedere alla visione di un
video su Youtube dobbiamo premere un bottone virtuale che simula il ta-
sto play del telecomando del nostro videoregistratore, e così per sospendere
la visione; ma ritroviamo costanti riferimenti al dispositivo cinematografi-
co anche in un videogioco come Spore (per esempio il passaggio allo scher-
mo in 16:9 nelle cut scenes). Metafore analoghe qualificano e danno un sen-
so all’ascolto di un brano musicale piuttosto che all’operazione di “sfoglia-
re” un album di fotografie.
In secondo luogo però, a questo evidente assorbimento fa riscontro la per- De-individuazione
cezione di una omogeneizzazione delle differenti esperienze mediali all’in- delle esperienze
terno di una esperienza unitaria. Noi avvertiamo come unico il metaspazio mediali
che percorriamo e a partire dal quale attiviamo i filmati, i brani audio o le
pagine dei quotidiani; e, prima ancora, percepiamo come unitarie le prati-
che di attivazione dell’esperienza mediale nel mondo diretto a partire dai
dispositivi del computer e delle sue periferiche.
In effetti una simile indistinzione delle specifiche esperienze mediali di ori-
gine è ancora più radicale: le pratiche di attivazione e lo svolgimento delle
esperienze mediali vengono accostati, all’interno dello stesso spazio meta-
discorsivo, a pratiche di tipo mediato o non mediale: abbiamo analizzato
nel paragrafo precedente con quale continuità passiamo dal visionare un
video a scambiare un parere con altri spettatori nell’area di commento di
Youtube, e più ampiamente in un qualunque sito di social networking.
L’indistinzione tra esperienze mediali e non mediali all’interno del meta-
spazio produce un ulteriore effetto di omogeneizzazione: lo stesso spazio

309
Semiotica dei media

metadiscorsivo è percepito in continuità con lo spazio sociale. Anche lo


spazio sociale appare un ambiente reticolare invaso in modo ipertrofico da
esperienze mediali dai confini imprecisi. Si pensi alla moltiplicazione degli
schermi che tappezzano la nostra vita quotidiana: cinema, televisioni, vi-
deowalls, telefonini ecc. La tendenza all’indistinzione, partita dall’interno
del metaspazio ipertrofico dei nuovi media, finisce dunque per inghiottire
lo stesso metaspazio e per renderlo scarsamente distinguibile dallo spazio
sociale del mondo diretto.
Nuovi media La situazione che si delinea è dunque paradossale. Per un verso i nuovi me-
e configurazione dia recuperano e mettono in scena in modo evidente dispositivi, pratiche,
contemporanea delle immaginari e materiali dei media precedenti; per altro verso essi suggeri-
esperienze mediali scono una indistinzione e una a-specificità delle esperienze mediali sia
l’una rispetto all’altra sia rispetto alle esperienze non mediali.
Ora, questi caratteri propri dell’esperienza dei nuovi media si ripercuotono
in modo profondo sulla cultura contemporanea: essi finiscono per impron-
tare una particolare sensibilità nei confronti dei media e dell’esperienza
mediale in generale. Ritroviamo riprodotto in questo ambito il paradosso
appena descritto. Da un lato i grandi media del Novecento vengono rico-
nosciuti e celebrati per il loro peso culturale ed estetico: non solo per i loro
prodotti (film, canzoni ecc.) ma più radicalmente per i loro dispositivi e le
pratiche che essi hanno codificato. Stampa, cinema, radio, televisione en-
trano nei musei e divengono oggetto socialmente sancito di studio e con-
templazione. Dall’altro lato le esperienze mediali appaiono intessere pro-
fondamente l’esperienza ordinaria in modo da rendere difficilmente distin-
guibili i passaggi dall’una all’altra o da un’esperienza mediale a una non
mediale.
Una fine, Eccoci dunque ricondotti all’orizzonte culturale descritto nell’Introduzio-
un principio ne: quell’orizzonte a partire dal quale ha preso corpo la svolta esperienziale
dei media studies e da cui noi stessi siamo partiti nell’ideazione di questo
manuale. Comprendiamo ora in che misura l’esperienza dei nuovi media
stia oggi ridefinendo i modi di sentire e di vivere le esperienze mediali in
generale. E in che misura la stessa esperienza della ricerca si scopra radicata
culturalmente, nel suo lavoro di incessante comprensione e ricomprensio-
ne dei processi mediali.

Percorsi di approfondimento

Tra le introduzioni generali ai nuovi media segnalo Pasquali (2003), Lievrouw, Li-
vingstone (2006), Menduni (2007). I termini chiave legati ai new media sono
esposti in Mascheroni, Pasquali (2006). Una fondamentale introduzione alla se-
miotica dei nuovi media è Cosenza (2008); per alcuni approfondimenti si veda an-
che Cosenza (2003). Le questioni legate all’esperienza somatica del virtuale vengo-

310
16. Il videogioco

no affrontate in chiave estetica ed estesica da Diodato (2005). L’idea che viviamo


una condizione non tanto postmoderna quanto postmediale è stata avanzata nel
campo della teoria dell’arte da Krauss (1999) e discussa tra gli altri da Hansen
(2004), Rodowick (2007) e Casetti (2009). L’idea del superamento di una logica
della tavola e della mappa all’interno di una nuova cultura della rete e del globo è
sviluppata in Farinelli (2009).
Sulla semiotica del videogioco si vedano Maietti (2004), Bittanti (2004) ed Eugeni
(2009); Matteo Bittanti dirige con Gianni Canova la collana “Ludologica” (Uni-
copli, Milano) dedicata all’analisi di singoli videogiochi o di specifiche questioni
legate al videogioco, che ha pubblicato a tutt’oggi una quindicina di volumi. Sulle
migrazioni intermediali del cinema cfr. De Giusti (2008).
Tra le numerose risorse on line dedicate al videogioco si vedano almeno il sito
della rivista on line “Game Studies. The International Journal of Computer
Game Research”, http://gamestudies.org e quello di “Ludology.org” http://www.
ludology.org/weblog/.

Quaderno degli esercizi

• Confronta differenti tipi di videogioco sotto i vari aspetti dell’esperienza me-


diale: quali elementi sensibili e stilistici li differenziano? Quali sono i modi di or-
ganizzare l’esperienza narrativa?
• Come vengono gestiti nei videogiochi i passaggi tra esperienze del mondo del
discorso ed esperienze del mondo indiretto? Come viene introdotto il giocatore
nella finzione? Quali dispositivi di tracciabilità si ritrovano?
• Confronta differenti videogiochi e analizza la relazione tra giocatore e perso-
naggi: come viene costruita la condivisione con alcuni di essi e la distanza rispetto
ad altri? Che relazione c’è tra i differenti gradi di prossimità al personaggio e la
possibilità di determinarne scelte e trasformazioni?
• Cosa cambia nei videogiochi legati a dispositivi differenti dal computer, come
per esempio quelli per iPhone o nel caso delle consolle televisive quali Wii?
• Aiutandoti anche con quanto detto al cap. 10, analizza alcuni siti web di social
networking: come viene organizzata l’esperienza del mondo del discorso? Come si
passa anche in questi casi al mondo indiretto? Per esempio, come viene consentito
e incoraggiato (o al contrario scoraggiato) il passaggio dalla visione di filmati a
schermo parziale a quella a schermo pieno?
• Scegli vari tipi di interfaccia grafica (per esempio un videogioco, un software
di montaggio video, un sito di giochi on line ecc.). Descrivi le interfacce e i modi
in cui queste permettono le interazioni del fruitore. Traccia una tipologia delle
più comuni metafore mediante le quali vengono configurati il mondo del discorso
(scrivania, bacheca, televisione, schermo cinematografico ecc.) e gli interventi su
di esso del fruitore.

311
Semiotica dei media

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314
Indice dei nomi

Abercrombie Nick, 195, 203 Benjamin Walter, 14, 46


Abruzzese Alberto, 53, 55, 288-9 Bennett Andy, 257-8, 262
Adorno Theodor W., 257 Benveniste Émile, 137-8, 145
Agostini Angelo, 216-7 Bergson Henri, 14
Alasuutari Pertti, 195, 203 Bermúdez José Luis, 37-8
Allen Woody, 136 Bernardelli Andrea, 127-8, 261-2
Ambrosini Maurizio, 69-70 Bernárdez E., 72
Anolli Luigi, 109-10 Bertetti Paolo, 306, 312
Antelmi Donella, 127-8 Bertetto Paolo, 69-70, 109-10
Appiano Ave, 231 Berthoz Alain, 165-6
Arnheim Rudolf, 13, 231 Berton Mireille, 54-5
Aubral François, 109-10 Bertoni Federico, 202-3
Aumont Jacques, 93, 109-10, 177, 184,
Bertrand Denis, 68, 70
231
Bettetini Gianfranco, 62, 68, 70, 127-8,
Auteliano Alice, 93-4
155, 166, 177, 184, 213, 217, 288-9,
Aydede Murat, 37, 40
306, 312
Biagi Enzo, 207, 215
Bianchi Cinzia, 288-9
Baars Bernard J., 37-8
Bickle John, 37-8
Bachtin Michail, 164-6
Back Les, 261-2 Bignell Jonathan, 69-70
Baetens Ian, 240, 244 Bittanti Matteo, 311-2
Baim Nancy K., 202 Blackmore Susan, 37-8
Barale Francesco, 37-8 Blanchot Maurice, 157, 165, 167
Barbieri Daniele, 240, 243-4 Boden Margaret A., 36, 39
Barker Jennifer M., 93 Boella Laura, 165, 167
Barthes Roland, 17, 61, 144-5, 177, 194, Bolter Jay David, 175, 183-4, 195, 306-7,
213, 217, 257, 262, 283, 289 312
Battisti Lucio, 256 Bongco Mila, 243-4
Beasley Ron, 288-9 Boni Federico, 68, 70
Bellavita Andrea, 120, 128, 306, 312 Bonomi Andrea, 109-10
Bellour Raymond, 54-5, 177, 184 Booth Wayne, 165, 167, 177

315
Semiotica dei media

Bordwell David, 121, 128, 177, 183-4, Castle William, 180


274 Castronovo Valerio, 216-7
Borelli Davide, 53-4 Cavell Stanley, 144-5
Bottiroli Giovanni, 183-4 Ceriani Giulia, 93-4, 283, 289
Braga Paolo, 165, 167 Cervelli Pierluigi, 284, 292
Brancato Sergio, 243-4 Cesareo Vincenzo, 202-3
Branigan Edward, 155, 167 Ceserani Remo, 127-8
Branston Gill, 68, 70 Changeux Jean Pierre, 37-8
Brecht Bertolt, 254 Chateau Dominique, 93-4, 109-10
Bremond Claude, 120 Chatman Seymour, 127-8
Brenez Nicole, 109-10 Chion Michel, 261-2
Briggs Asa, 53, 55 Colombo Fausto, 53-5, 283, 288-90,
Bruner Jerome, 127-8 306-7, 312
Bryce Jo, 306, 314 Coplan Amy, 165, 167
Buccheri Vincenzo, 274 Coquet Jean-Claude, 176, 185
Bühler Karl, 137 Corrain Lucia, 93-4
Bull Michael, 261-2 Cosenza Giovanna, 310, 312
Buonannno Milly, 127-8 Courtés Joseph, 137, 146
Burgoyne Robert, 69, 72 Crick Francis, 29
Burke Peter, 53, 55 Cronenberg David, 136
Burton Tim, 93, 243 Cuccu Lorenzo, 69-70, 165, 167
Buscema Massimo, 213, 217

D’Aloia Adriano, 54-5


Calabi Clotilde, 37, 40, 92, 94 Damasio Antonio R., 108-9, 111
Calabrese Omar, 93-4, 138, 145, 213, D’Amato Francesco, 261-2
216-7 Danesi Marcel, 69, 71, 288-9
Calefato Patrizia, 261-2 Dardano Maurizio, 213, 217
Caniff Milton, 240 David Zelazo Philip, 37, 40
Canova Gianni, 311 Davis Lloyd, 69, 72
Cappelletto Chiara, 37-8 Deahene Stanislas, 216, 217
Cappuccio Massimiliano, 37-8, 93-4 De Blasio Emiliana, 202-3
Caprettini Gian Paolo, 127-8, 243-4 De Giusti Luciano, 311-2
Carboni Massimo, 37-8 De Gregori Francesco, 247-8, 252-4,
Cardini Daniela, 127-8 260-1
Cardone Lucia, 69-70 Deleuze Gilles, 83
Carini Stefania, 127-8 Deni Michela, 284, 290
Carluccio Giulia, 54-5 Denunzio Fabrizio, 202-3
Carroll Noël, 165, 167 De Palma Brian, 153
Casetti Francesco, 14, 53-5, 69-70, Derrida Jacques, 177
127-8, 138, 145, 155, 167, 176, 183-4, Dewey John, 14
195, 311-2 Di Chio Federico, 69-70, 127-8

316
Indice dei nomi

Dick Philip K., 47, 110-1 Gage Nicole M., 37, 39


Didi-Huberman Georges, 144-5 Galati Dario, 109, 111
Di Francesco Michele, 37-8 Gallagher Shaun, 37, 39
Diodato Roberto, 310, 312 Gallese Vittorio, 37, 39, 93, 165, 167
Dubois Philippe, 109, 111 Gallino Luciano, 201, 203
Dusi Nicola, 69, 71, 93-4 Gambetta Diego, 183, 185
Dyer Gillian, 283, 290 Gasparini Barbara, 306, 312
Dylan Bob, 254, 261 Gaudiosi Massimiliano, 69, 72
Gaudreault André, 105, 109, 111, 177
Gazzaniga Michael, 36, 39
Eco Umberto, 61-2, 105, 111, 121, 128, Genette Gérard, 105, 111, 121, 128,
177, 185, 194-5, 203, 213, 218, 240, 154-5, 167, 176, 185
244, 257, 262, 283, 290 Gensini Stefano, 69, 71
Edelman Gerald, 29, 37-8 Giaccardi Chiara, 183, 185, 283, 290
Egenfeldt-Nielson Simon, 306, 312 Gili Guido, 183, 185
Gillespie Marie, 69, 71, 202-3
Eisner Will, 243-4
Goffman Erving, 201, 283, 290
Elsaesser Thomas, 54-5
Goldman Alvin I., 165, 167
Eugeni Ruggero, 53-5, 69, 71, 144, 146,
Goldstein Jeffrey, 306, 313
216, 218, 231-2, 283, 290, 306, 311-2
Gorman Lyn, 53, 55
Gozzano Simone, 37, 39
Grandi Roberto, 283, 290
Fabbri Franco, 257, 262
Grasso Aldo, 127-8, 288, 291
Fabbri Paolo, 68, 71 Greimas Algirdas Julien, 17, 62, 69, 72,
Fanchi Mariagrazia, 202-3 83-4, 106, 111, 120, 137, 146, 176, 183,
Farinelli Franco, 311, 313 185
Ferraresi Mauro, 284, 288, 290 Grifero Tonino, 37, 39
Ferrari Franca, 261, 263 Grignaffini Giorgio, 127, 129
Ferraris Maurizio, 183, 185 Grodal Torben, 54, 56, 109, 306, 313
Ferraro Guido, 213, 218, 283, 290 Groensteen Thierry, 240, 244
Finocchi Riccardo, 284, 290 Groupe Mu, 84, 94
Fiorin José-Luiz, 284, 291 Grusin Richard, 175, 183-4, 195, 307,
Flitterman-Lewis Sandy, 69, 72 312
Floch Jean-Marie, 84, 240, 244, 283, Gubern Román, 240, 244
290
Fontanille Jacques, 69, 71, 84, 93-4,
177, 183, 185, 284, 290 Hagener Malte, 54-5
Franzini Elio, 37, 39 Hall Stuart, 195, 203
Fresnault-Deruelle Pierre, 240, 244 Hansen Mark B. N., 311, 313
Frezza Gino, 243-4 Hansson Karlo, 109, 111
Frijda Nico H., 109, 111 Harrigan Pat, 306, 313
Frixione Marcello, 37, 39 Haynes Todd, 261
Fumagalli Armando, 283, 290 Heide Smith Jonas, 306, 312

317
Semiotica dei media

Hitchcock Alfred, 141 Landowski Eric, 69, 71, 84, 106, 111,
Hofstadter Douglas C., 37, 39 213, 218, 283-4, 291
Husserl Edmund, 14 Landreth Anthony, 37-8
Laureys Steven, 37, 40
Le Breton David, 36, 39
Iacoboni Marco, 165, 167 LeDoux Joseph, 37, 39
Ingarden Roman, 194 Leiss William, 283, 291
Innocenti Veronica, 93, 127, 129 Leone Sergio, 200
Iovane Giorgia, 127, 129 Leoni Federico, 37, 39
Iser Wolfgang, 14, 177, 194 Levorato Maria Chiara, 109, 111
Ivry Richard B., 37, 39 Lévi-Strauss Claude, 216, 218
Lievrouw Leah A., 202-3, 310, 313
Livingstone Sonia, 195, 202, 204, 310,
Jackson Michael, 287 313
Livolsi Marino, 202, 204
Jacques Bertin, 231-2
Lo Feudo Giorgio, 69, 71
Jakobson Roman, 137
Lombardi Marco, 283, 288, 291
James Henry, 154
Longhurst Brian, 195, 203
Jankowski Nicholas W., 202
Lorusso Anna Maria, 68, 71, 216, 218
Jannacci Enzo, 257
Lucignani Giovanni, 39-40
Janson Klaus, 233
Lyotard Jean-François, 83
Jauss Hans Robert, 14
Jedlowski Paolo, 36, 39, 127, 129
Jenkins Henry, 195-6, 203
Magatti Mauro, 183, 185, 202, 204
Jensen Klaus Bruhn, 69, 71
Magli Patrizia, 69, 71, 166-7
Jhally Sut, 283, 291
Maietti Massimo, 311, 313
Jorland Gérard, 165-6
Malavasi Luca, 54, 56
Jost François, 155
Maldonato Mauro, 37, 40
Mancini Paolo, 53, 55, 68, 71
Mandik Peter, 37-8
Károlyi Otto, 248 Manetti Giovanni, 144, 146, 306, 312
Kline Stephen, 283, 291 Mangano Dario, 284, 291
Koch Christof, 29, 37, 39 Mangun George R., 37, 40
Kozloff Sara, 177 Manovich Lev, 307, 313
Krafft Ulrich, 240, 244 Marconi Luca, 261-2
Krauss Rosalind, 311, 313 Mariano Luigi, 288, 291
Kristeva Julia, 177 Marini Ronaldo, 68, 71
Kubrick Stanley, 163 Marks Laura, 93-4
Marraffa Massimo, 37, 40
Marrone Gianfranco, 68, 71, 84, 93-4,
Lacan Jacques, 120 195, 204, 213, 216, 218, 261-2, 283-4,
Lancioni Tarcisio, 93-4 288, 291
Landow George, 306, 313 Marsciani Francesco, 69, 71, 284, 291

318
Indice dei nomi

Marzano Michela, 37, 40 Odin Roger, 105, 109, 111, 178, 185
Mascheroni Giovanna, 310, 313 Oliverio Alberto, 37, 40
Mattozzi Alvise, 284, 291 Ortoleva Peppino, 36, 40, 53-4, 56, 261,
Mazzarella Arturo, 307, 313 263
Mazzucchelli David, 243
McCloud Scott, 243-4
McKee Robert, 110-1 Pachoud Bernard, 37, 40
Pajares Tosca Susana, 306, 312
McLean David, 53, 55
Papuzzi Alberto, 216, 218
McQuail Denis, 202, 204
Parmiggiani Paola, 284, 290
Megido Victor, 288, 291
Pasquali Francesca, 310, 313
Melchiorre Virgilio, 37, 40
Paternoster Alfredo, 37, 40, 92, 95
Melchiorri Giorgio, 284, 291 Pavel Thomas G., 105, 111
Menduni Enrico, 310, 313 Pavone Rita, 257
Meneghelli Donata, 165, 167 Peckinpah Sam, 200
Merleau-Ponty Maurice, 14, 83 Peeters Benoit, 240, 245
Metz Christian, 121, 129, 155, 167, 177, Peirce Charles Sanders, 16, 61-2
185 Pellerey Roberto, 69, 71, 261-2
Middleton Richard, 257, 262 Pepperell Robert, 54, 56
Midolo Elena Dominique, 261, 263 Perissinotto Alessandro, 127, 129
Miller Frank, 93, 233, 243 Perron Bernard, 306-7, 314
Mogol, 256 Pescatore Guglielmo, 127, 129
Montanari Federico, 213, 218 Petitot Jean, 37, 40
Montani Pietro, 37-8, 144, 146 Petrosino Silvano, 183, 185
Moores Shaun, 202, 204 Peverini Paolo, 216, 218, 258, 263
Pezzini Isabella, 69, 71, 284, 288, 291-2
Morabito Carmela, 36, 40
Piattelli Palmarini Massimo, 36, 40
Morelli Raffaele, 228
Pinotti Lamberto, 39-40
Mortara Ariela, 288, 290
Pisanty Valentina, 69, 71
Moscovitch Morris, 37, 40 Pitassio Francesco, 166, 168
Mules Warwick, 69, 72 Plantinga Carl, 54, 56, 165, 168
Müller Günter, 121 Polidoro Pietro, 93, 95, 231-2
Murray Smith Greg, 165, 168 Ponzoni Cochi, 257
Musso Patrizia, 288, 291 Pozzato Maria Pia, 68, 71, 127, 129, 213,
218, 284, 292
Pozzetto Renato, 257
Proni Giampaolo, 283, 292
Nacci Michela, 284, 291 Propp Vladimir, 120
Nadel Lynn, 37, 40 Pugliatti Paola, 165, 168
Nattiez Jean-Jacques, 260-1, 263 Punt Michael, 54, 56
Noë Alva, 93-4
Nolan Christopher, 93
Nutt Christian, 294 Queau Philippe, 306, 313

319
Semiotica dei media

Raessens Joost, 306, 313 Simmel Georg, 201


Raffaelli Luca, 243, 245 Simonigh Chiara, 54, 56
Raynaud Savina, 144, 146 Singer Bryan, 183
Re Valentina, 93-4 Sinigaglia Corrado, 144, 146, 165, 168
Recalcati Massimo, 120, 129 Sobchack Vivian, 54, 56
Reeves Matt, 153 Somaini Antonio, 37, 40, 54, 56
Restaino Franco, 243, 245 Sorice Michele, 53, 56, 68, 72
Rheingold Howard, 202, 204 Sorrentino Carlo, 216, 218
Ricoeur Paul, 37-8, 60, 69, 72, 121, Spalletta Marica, 216, 218
126-7, 129, 165, 168 Spaziante Lucio, 258, 263
Rizzolatti Giacomo, 144, 146, 165, 168 Spinicci Paolo, 93, 95
Robbins Philip, 37, 40 Stafford Roy, 68, 70
Rodowick David Norman, 311, 313 Stam Robert, 69, 72
Rondolino Gianni, 69, 72 Stefanelli Matteo, 243, 245
Roniger Luis, 183, 185 Stefani Gino, 257, 260-3
Rosch Eleanor, 93, 95 Stern Daniel, 109, 111
Rossi Vasco, 261 Stueber Karsten R., 165, 168
Roy Jean-Michel, 37, 40 Surman David, 307, 314
Rutelli Romana, 69, 71, 261-2 Sylwan Guingo, 288, 290
Rutter Jason, 306, 314

Tagg Philip, 257, 263


Saba Cosetta G., 288, 292 Tarantino Quentin, 18, 73, 180, 200
Sainati Augusto, 69, 72, 165, 167 Tarasti Eero, 260, 263
Saraceni Mario, 243, 245 Termine Liborio, 54, 56
Saussure Ferdinand de, 17, 61 Thompson Evan, 37, 40, 93, 95
Savarese Rossella, 231-2 Thompson John B., 54, 56
Scaglioni Massimo, 127-8, 202, 204, Thompson Kristin, 274
307, 314 Thwaites Tony, 69, 72
Scalabroni Luisa, 216, 218 Todorov Tzvetan, 120
Scaramucci Barbara, 261, 263 Tomasi Dario, 69, 72
Schefer Jean-Louis, 54, 56 Tononi Giulio, 37, 40
Schmitt Bernd H., 284, 290 Tosoni Simone, 202, 204
Schneider Susan, 37, 40 Toynbee Jason, 69, 71, 257-8, 262
Schulz Charles M., 243 Traini Stefano, 69, 72, 288, 292
Segre Cesare, 127, 129, 183, 186 Tranfaglia Nicola, 216-7
Semprini Andrea, 283-4, 292 Turchetta Gianni, 165, 168
Sfardini Anna, 307, 314 Umiker-Sebeok Jean, 283, 292
Shank Barry, 257-8, 262
Shaviro Steven, 54, 56
Sibilla Gianni, 257, 263 Varela Francisco, 37, 40, 93, 95
Sienkiewicz Bill, 243 Varley Lynn, 233
Silverstone Roger, 53, 56 Velmans Max, 37, 40

320
Indice dei nomi

Veron Eliseo, 213, 218 Weber Anne-Katrin, 54-5


Vilches Lorenzo, 216, 218 Williamson Judith, 283, 292
Villa Federica, 54-5 Wittgenstein Ludwig, 14
Violi Patrizia, 69, 72, 213, 216-8, 261, Wolf Mark J. P., 306-7, 314
263 Wolf Maryanne, 216, 218
Vittadini Nicoletta, 306-7, 312, 314 Wright Will, 294, 305
Volli Ugo, 36, 40, 68, 72, 127, 129,
216-7, 288, 292
Voltolini Dario, 37, 40 Zahavi Dan, 37, 39
Vozza Lisa, 165, 168 Zelazo Philip David, 37, 40
Ziemke T., 72
Zilberberg Claude, 93-4
Wardrip-Fruin Noah, 306, 313 Zinna Alessandro, 69, 71, 284, 290,
Warshow Robert, 54, 56 306, 314

321
Indice dei termini principali

allotropia, organizzazione allotropica diagrammi sensibili, 88-91


del mondo, mondo allotropico, del formato, 224-6, 238
135-43 e strutture tensive, 239
aspettualità del racconto/dell’esperien- ritmici, 89-91
za mediale, 162-4, 258-60 tonali, 88, 90
autore, cfr. intreccio (soggetto/i dell’) diegesi, 105
diegetizzazione (del dispositivo), 140-1,
197-9, 282-4
configurazioni sensibili discorso, 44 ss.
complesse (csc), 82-5 articolazioni del, 115, cfr. produzione,
elementari (cse), 81-2 intreccio, formato
tonali/ritmiche, 84-5 conformazioni del, 50-2
consonanza (meccanismi di), cfr. inter- efficacia simbolica del, 210-4, 241-2
pretazione e discorso (efficacia simbo- modalità e gradi di manifestazione/
lica del) evidenza del, 118-20, 174-8
corpo soggetti del, 169 ss., 284-8, cfr. fidu-
dei soggetti del discorso, 122-6, 173, cia/relazione fiduciaria e formato
241-3 (soggetto/i del)
dei soggetti del mondo diretto,
209-12
dei soggetti del mondo indiretto, efficacia simbolica, cfr. discorso
155-60 egotropia, organizzazione egotropica
del mondo, mondo/sistema egotro-
pico, 135-43
design (dell’esperienza mediale), 41-3 emozione
etico, 164-5 dei soggetti del mondo indiretto,
narrativo, 108-9 101
ontologico, 143-4 del soggetto dell’esperienza, cfr. sin-
retorico, 182-3 tonia relazionale con i soggetti del
sensibile, 91-2 mondo indiretto, interpretazione/
sociale, 201 dinamica interpretativa, discorso
temporale, 126-7 (efficacia simbolica del)

323
Semiotica dei media

nella costituzione delle mappe situa- e meccanismi di consonanza e infe-


zionali, 108n renza, 157-60, 210-4, 237-42
empatia/simpatia, cfr. sintonia relazio- intreccio (del discorso), 115-7, 122-6
nale con i soggetti del mondo indiretto e scrittura, 177 ss.
enunciazione, 137-8, 176-8 soggetto/i dell’, 178 ss.
esperienza
descrizioni antropologiche dell’,
27-8 mappe situazionali, 101-3, 302-4
descrizioni filosofiche dell’, 30-1 mondo diretto, 44
descrizioni neurologiche dell’, 28-30 rapporti del m. d. con il mondo in-
semiotica dell’, 62 diretto, 135 ss.
terminologia dell’, 25-6 soggetto/i del, 187
esperienza mediale, 41 ss. mondo indiretto, 44, 92 ss.
(ad attivazione) automatica, 48-50 oggetti del, 279-80
(ad attivazione) manuale, 48-50, 207 soggetti interni del m. i., personaggi,
ss. 155 ss.
(ad attivazione) pervasiva, 48-50 soggetto/i della percezione del, 150-4
(ad attivazione) situata, 48-50 statuti del, 52-3
ambientale, 50-2, 293 ss.
di flusso, 50-2
ordinamento narrativo (strato dell’), 35
estetica, 52-3
del discorso, 113 ss.
fattuale, 52-3, 139, 143, 207 ss., 265
del mondo diretto, 131
ss.
del mondo indiretto, 97 ss.
finzionale, 52-3, 138-43
ipertestuale, 50-2, 219 ss., 233 ss.
partecipativa, 52-3
percezione, 77-81, 83-4
testuale, 50-2, 233 ss.
posizionamento dello spettatore, 154
processi sensibili, 81-5
processi sensoriali, 77-81
fiducia/relazione fiduciaria, 181-2, 199 produzione (del discorso/discorsiva),
ss., 214-5, 284-8 115-7, 176
figura/e, 107-8, 119n, 161 e linearità, 237 ss.
formato (del discorso), 115-7 e vocalizzazione, 175, 209 ss., 252 ss.
come spazio metadiscorsivo reticola- soggetto/i della, 252-4
re, 226-31, 237 ss., 307-8 punto di vista (narrativo), 154-5, cfr. a-
della canzone come oggetto sonoro, spettualità del racconto/dell’esperienza
255-6 mediale
soggetto/i del, 226-30

qualità sensibili, 85-91


interpretazione/dinamica interpretati- degli oggetti, 279-80
va, 30, 32-3 ritmiche, 88-9, 90

324
Indice dei termini principali

tonali, 85-8, 90 sentire comune/condivisione, 162 ss.,


uso delle q. s. come marche stilisti- 197 ss.
che, 178 ss. sintonia relazionale (strato della), 35
uso metaforico delle, 107 con i soggetti del discorso, 169 ss.,
284-8
con i soggetti del mondo diretto, 187
racconto ss.
condizioni elementari del, 105-6 con i soggetti del mondo indiretto,
vs commento, 215-6 147 ss., 280-2, 304-5
vs storia, 120-1 situazione, 99-101, 104-7
reception studies, 194 storia, cfr. racconto
rilevazione/qualificazione sensibile
(strato della), 34, cfr. processi senso-
riali, processi sensibili, percezione, turning point(s), 104-7
sensazione

voce
semiotica dei soggetti del discorso, cfr. produ-
dei media, 57 ss. zione discorsiva (e vocalizzazione)
evoluzione della, 61-2 dei soggetti del mondo indiretto,
sensazione, 79-85 157, 158 e n, 258-60

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