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FRANCESCA SANTULLI

MONTALBANO LINGUISTA
La riessione metalinguistica nelle storie del commissario

A RCIPELAGO EDIZIONI

Quaderni di Scienze del Linguaggio


UniverSit iULM

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Libera Universit di Lingue e Comunicazione

Quaderni di Scienze del Linguaggio Collana diretta da Mario Negri Comitato scientifico: Michael Crawford (School of Advanced Study, University of London) Jos Luis Garca Ramn (Universitt zu Kln) Giuliana Garzone (Universit degli Studi di Milano) Nunzio La Fauci (Universitt Zrich) Diego Poli (Universit degli Studi di Macerata) Michele Prandi (Universit degli Studi di Genova) Edgar Radtke (Universitt Heidelberg) Giovanna Rocca (Universit IULM, Milano) Francesca Santulli (Universit IULM, Milano) Segreteria: Manuela Anelli manuela.anelli@iulm.it La collana, originariamente destinata ad accogliere contributi maturati allinterno dellIstituto di Scienze del Linguaggio dellUniversit IULM, nel corso del tempo ha assunto una nuova fisionomia parallelamente allevoluzione delle strutture didattiche e di ricerca dellAteneo, aprendosi a contributi di studiosi provenienti da sedi diverse e diversificando altres i temi e gli obiettivi dei volumi. Le questioni affrontate coinvolgono, come poli privilegiati, da una parte le scienze del linguaggio, nella loro complessit, dallaltra quelle dellantichit, pur viste dalla prospettiva muovente dalla centralit della lingua. Esse rispecchiano lintento di dare spazio tanto alla ricerca storica quanto allanalisi sincronica, con contributi ora specialistici ora pi decisamente divulgativi, per rispondere da un lato ai bisogni della didattica e dallaltro allesigenza di sviluppare e diffondere la riflessione critica che impegna ormai da anni diverse generazioni di ricercatori. I volumi pubblicati nella collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validit scientifica.

FranCeSCa SantULLi

MOntaLBanO LingUiSta
La riflessione metalinguistica nelle storie del commissario

Milano 2010

2010 Arcipelago Edizioni Via Carlo DAdda 21 20143 Milano info@arcipelagoedizioni.com www.arcipelagoedizioni.com

Prima edizione: dicembre 2010

ISBN 978-88-7695-446-7 Tutti i diritti riservati

Ristampe: 7 6 2016 2015

5 2014

4 2013

3 2012

2 2011

1 2010

vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

Da noi, in Sicilia, parlare latino significa parlare chiaro. E quando volete parlare oscuro?. Parliamo in siciliano, Eccellenza. Vada avanti in latino. (Il birraio di Preston)

INDICE

Avvertenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Introduzione CAMILLERI LINGUIStA (DILEttANtE) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Opere analizzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo I CoDICI ............................................ 1 Lezioni di semiotica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Il peso delle parole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo II ............................................ LINGUE 1 Il problema del bilinguismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1 Personaggi monolingui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Note per il lettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Diglossia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo III VARIEt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 Limpareggiabile burocratese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 La presa in giro dellautorit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Adeguamenti e cambi di registro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo IV PARoLE ............................................ 1 I luoghi comuni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Il nuovo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Eufemismi e volgarit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Precisazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Toponomastica e nomi parlanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo V LINGUA IN USo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 Generi e canoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

9 11 17 19 20 26 35 38 38 46 53 63 66 77 89 97 99 106 114 124 137 141 143

2 Problemi pragmatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1 Deissi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Impliciti e atteggiamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Relazioni interpersonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Dialogo e cooperazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo VI GIoCo ............................................ 1 Le cameriere di Ingrid . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Agatino Catarella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1 Nomi propri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Parole storpiate, incomprese, ridefinite . . . . . . . . . . . . . 2.3 Precisione e ragionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CoMMENto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . tERMINI NotEVoLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . RIFERIMENtI BIBLIoGRAFICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

154 154 159 164 174 181 182 187 190 199 204 211 215 217

AvvERTEnzA

Lincontro con la narrativa di Camilleri dapprima i romanzi storici, e in particolare Il birraio di Preston, poi le storie di Montalbano diventato per me, gradualmente, una piacevole esperienza di lettura. Non avendo competenze specifiche di critica letteraria, ho potuto fruirne come un lettore ingenuo: tuttavia, ho cominciato ben presto, come linguista, a notare le osservazioni in tema di lingua e di usi linguistici, soprattutto nei romanzi e nei racconti che hanno come protagonista il commissario. La frequenza, direi quasi la sistematicit di questi commenti mi ha sorpreso, inducendomi a seguire il percorso dellautore lungo tutta la serie, e portandomi a individuare centinaia di annotazioni linguistiche, spesso ripetitive, a volte decisamente insolite e originali. Selezionandole e classificandole, con il gusto che nasce dai toni ironici e ludici di Camilleri, mi sono resa conto che esse affrontano i problemi fondamentali della riflessione sociolinguistica e perci potevano diventare una chiave di accesso insolita (e piacevole) alle tematiche solitamente manualistiche. Perci, prescindendo dal percorso dello scrittore, ignorando gli aspetti di critica letteraria e stilistica in senso stretto, le ripropongo come un patchwork di spunti, organizzati intorno a nuclei di riferimento, che introducono la riflessione sulluso linguistico, nella prospettiva della variazione e della pragmatica. Naturalmente il commento al commento linguistico di Camilleri e la stessa organizzazione del materiale selezionato si fondano su modelli di analisi consolidati, che tuttavia non sono necessariamente resi espliciti nel testo. Mi sono limitata

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a cenni sintetici, che spero siano sufficienti al lettore (e allo studente) per individuare la natura dei problemi affrontati, e poterli quindi approfondire con altri pi adeguati strumenti. Alcune note, con brevi citazioni e rimandi bibliografici essenziali, illustrano i concetti fondamentali, con lo scopo minimo di evitare confusioni e fraintendimenti che potrebbero derivare dalla mancata conoscenza del significato tecnico dei termini utlilizzati. Ringrazio le colleghe Donella Antelmi e Giovanna Rocca per laccurata rilettura del testo, che mi ha permesso di giovarmi delle loro osservazioni e dei loro suggerimenti, bench resti ovviamente mia la responsabilit di quanto affermato e, in molti casi, omesso.

CAMILLERI LINGUIStA (DILEttANtE)

Introduzione

Definizione di linguista secondo il Gradit: studioso, esperto di linguistica.1 Rimanda alla linguistica, che a sua volta pu essere definita lo studio scientifico, peraltro condotto secondo le pi diverse ottiche interpretative, del linguaggio umano in tutte le sue possibili manifestazioni.2 Di conseguenza, linguista di professione chi conduce studi linguistici per mestiere, li pone al centro della sua attivit lavorativa e quindi ne trae i suoi mezzi di sostentamento: fa ricerca, pubblica, insegna, divulga. Il confine che delimita la categoria sembra abbastanza netto. E per la linguistica, in una prospettiva forse riduttiva dal punto di vista epistemologico ma sicuramente accettabile nella pratica applicativa, si pu pi genericamente identificare con la riflessione sulla lingua, attivit non esclusiva del linguista di professione, ma praticata occasionalmente e con metodologia non necessariamente scientifica da qualsiasi parlante. In altri termini: il parlante usa ingenuamente la lingua, il linguista la commenta; ma qualsiasi parlante anche in grado di commentare un po la

1 Il Grande Dizionario Italiano dellUso, ideato e diretto da tullio De Mauro, una delle fonti lessicografiche a tuttoggi pi attendibili, ma simile definizione si ritrova anche nel dizionario treccani, nel Garzanti, nel Devoto-oli, per citare alcuni dei pi comunemente utilizzati. 2 questa la definizione proposta da Vineis nel Dizionario di linguistica curato da Beccaria (19962).

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lingua che usa e in realt tutti i parlanti lo fanno. Pi spesso di quanto si potrebbe a prima vista supporre. Questo fatto ha una motivazione scientifica. Il codice lingua, infatti, diversamente da altri codici come ad esempio la musica o limmagine, ha una potente e curiosa propriet: in grado di parlare di se stesso. ci che la semiotica chiama metalinguisticit. ogni lingua naturale assolve alla funzione metalinguistica,3 che rende possibile parlare della lingua con la lingua; e perci ogni parlante , potenzialmente, linguista. La funzione metalinguistica si esercita, ad esempio, ogni volta che si impara (o semplicemente si usa) una scrittura alfabetica, fondata su una analisi sofisticata delle sequenze foniche della lingua; esplicitamente metalinguistica , ovviamente, una lezione di grammatica. In contesti formalizzati, quale appunto la lezione scolastica, lanalisi metalinguistica condotta con metodologie scientificamente fondate e seguendo modelli interpretativi espliciti; per far questo si avvale di una terminologia specifica, che tende ad individuare univocamente nozioni discrete: si parla di indicativo e di congiuntivo, di nome, verbo, aggettivo, e ancora plurale, duale, lessema, fonema, e cos via. Una selva di termini tecnici, da quelli di origine antichissima ai pi recenti neologismi, designano i diversi concetti elaborati entro modelli coerenti, e finiscono spesso per transitare, pi o meno stabilmente, anche nella lingua comune. tuttavia, la funzione metalinguistica emerge, pur non servendosi di termini rigorosi, nei pi diversi contesti duso della lingua, in primo luogo nella conversazione quotidiana. Si definiscono parole, si spiegano frasi per evitare incompren3 La funzione metalinguistica una delle sei individuate da Jakobson (1960/1966) e collegate agli elementi costitutivi della comunicazione linguistica: il notissimo schema associa allemittente la funzione emotiva, al ricevente quella conativa, al contesto quella referenziale, al canale quella ftica, al messaggio quella poetica e al codice quella, appunto, metalinguistica.

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sioni; si riformula, si chiarisce, si passa da un registro espressivo ad un altro, manifestando cos la propria consapevolezza della variet. Ma si esprimono anche giudizi sul modo di parlare, proprio o di altri: si approvano o si condannano scelte espressive; si enunciano tabu o, viceversa, si manifesta un atteggiamento permissivo, si elogia la forza espressiva del turpiloquio o si lamenta laggressione della volgarit; si registra la precisione nella scelta di una parola o la vaghezza di unespressione, la predilezione per un forestierismo o il passaggio al dialetto. E tutto questo si dice, non ci si limita a farlo. Si dichiara, cio, apertamente la propria intenzione di essere volgare o di voler usare un eufemismo, di scegliere lespressione dialettale piuttosto che quella straniera, di ripetere, riformulare, adeguarsi alla situazione. Si afferma cos la propria intenzione di voler manipolare la lingua, sfruttarne le potenzialit per piegarla ai propri scopi. Cos il parlante, qualsiasi parlante, si fa temporaneamente linguista, perch lessere linguista nella natura stessa dellessere parlante. Camilleri: non fa il linguista di professione, ma linguista in quanto parlante, e per di pi un parlante con un alto livello di (auto)coscienza (La Fauci 2001: 31). La riflessione sulla lingua da lui utilizzata si arricchisce di un piano diverso, quello del narratore. Camilleri stato definito tragediatore (La Fauci 2004: 163), voce che trasforma storielle impastate nella materia dei luoghi comuni della vita pubblica e privata in originale narrazione capace anche di raccontare se stessa, meta-narrazione. Il tragediatore si racconta, racconta i suoi personaggi, riflette sulle loro storie, riflette sulla propria storia, la glossa, la giudica, la confronta: sconfina nella teoria della letteratura. I racconti che hanno come protagonista Montalbano sono libri gialli, romanzi polizieschi; il commissario legge libri gialli, ne discute, ci riflette, si paragona ad altri personaggi giungendo ad ammettere di essere diventato egli stesso un personaggio nella trasposizione televisiva e a

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confrontarsi con lattore che interpreta il suo ruolo. Persino troppo smaccatamente, e in modi per lo pi didascalici, il narratore si trasforma in critico, anche di se stesso. Ma quello che rende pi particolare e riconoscibile la sua voce la lingua, di cui non meno che delle tecniche e dei precedenti letterari egli decisamente consapevole. Camilleri fa anche teoria della lingua, o meglio delluso linguistico. Riflette esplicitamente sulla lingua, manifesta intenzioni, commenta i risultati: attraverso la propria voce e attraverso la voce dei suoi personaggi. Parla di lessico e di semantica, di modalit e di forza pragmatica, di variet di lingua e di generi testuali, di diglossia e di commutazione di codice, e di tanto altro ancora. Non usa, ovviamente, i termini tecnici propri dei linguisti di professione, ma i concetti sono chiarissimi per il linguista e, ancorch non formalizzati, comprensibili per il profano. In questo modo il narratore, consapevole della propria originalit e dellefficacia del proprio strumento espressivo, mostra le proprie tecniche al lettore, costringendolo a prendere coscienza dei meccanismi utilizzatati nel testo e permettendogli di goderne pi compiutamente. Le note metalinguistiche sono particolarmente numerose nelle storie di Montalbano, nelle quali assumono anche unaltra funzione, legata alla serialit, che particolarmente evidente soprattutto nella sequenza dei romanzi. Questi si presentano cronologicamente ordinati, ben presto con richiami coerenti allinterno della serie: numerosi, intorno al protagonista, sono i personaggi ricorrenti e le situazioni analoghe, con una certa dose di ripetitivit, ma anche con un approfondimento dei caratteri e dei rapporti interpersonali. Lapprofondimento, cos come lo sviluppo della relazione amichevole con il lettore, si ottiene anche grazie alla lingua propria di ciascun personaggio e, in modo non meno rilevante, seguendo il filo delle riflessioni metalinguistiche. Queste sono attribuite in primo luogo al protagonista, ma non di rado anche ad altri personaggi, soprattutto quelli ricorrenti; a volte

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riservate alla voce del narratore, che riporta il pensiero dei suoi personaggi, ma pu anche lasciarsi andare e far propria una glossa, una digressione sulle forme espressive che lui stesso ha scelto, mescolato, inventato. Per questo lavoro sono stati presi in considerazione i romanzi ad oggi pubblicati (cronologicamente, da La forma dellacqua a La caccia al tesoro)4 e quattro raccolte di racconti brevi (La paura di Montalbano, Un mese con Montalbano, Gli arancini di Montalbano, La prima indagine di Montalbano): stato effettuato uno spoglio dei testi, mirando ad individuare le note di commento metalinguistico e procedendo quindi a raggrupparle e classificarle. Dato il loro numero elevato se ne propone una selezione, organizzata in un percorso articolato in diverse tappe. Si sono individuati quattro nuclei fondamentali, non del tutto omogenei al loro interno, ma orientato ciascuno verso un centro di importanza fondamentale per la narrativa di Camilleri e, quel che pi interessante, per lanalisi (socio)linguistica tout court: la dinamica delle lingue, lalternanza delle variet, la scelta delle parole, le problematiche legate alluso. Questi quattro capitoli, variamente articolati al loro interno, saranno preceduti da una riflessione preliminare sullimportanza dei codici (e tra questi della lingua), presentata anchessa attraverso i commenti del narratore, ora fugaci ora al contrario ampiamente articolati e comunque sempre interconnessi e coerenti. Si aggiunger, per concludere, un ultimo tema apparentemente marginale, che tuttavia in un certo senso riassume il significato della riflessione metalinguistica nelle storie: il gioco vero e proprio, leggero ma mai privo di senso; lapproccio genuinamente ludico, divertito e
4 Al momento della effettiva pubblicazione di questo volumetto stato appena pubblicato un altro romanzo, Il sorriso di Angelica, che per non stato analizzato ai fini della presente ricerca.

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divertente, alla lingua, palestra di invenzione e di creativit. Numerosi, ancorch non esaustivi, saranno gli esempi proposti, mentre il (meta)commento sar per lo pi sintetico, limitandosi a fungere da guida lungo questo percorso, per mostrare il lavoro di linguista del tragediatore: a volte circolare, ripetitivo, ma altre volte decisamente originale. Camilleri linguista (dilettante) si muove tra il (comunissimo) rifiuto del luogo comune e la metafora ardita, tra la parafrasi e la citazione letteraria, tra il riuso di pezzi di linguaggio corrente e linvenzione pi bizzarra e idiosincratica. Il commento di tutti questi fatti, e talvolta delle tendenze e delle regole che li governano, un segno inconfondibile della voce del tragediatore che si compiace di condividere con il lettore il piacere di quel gioco linguistico che la cifra forse pi significativa della sua stessa identit narrativa.

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oPERE ANALIZZAtE:
(e abbreviazioni utilizzate nel testo)
RoMANZI

(Sellerio Editore, Palermo):

FA Ct LM VV Gt oN GB PR LC VA AS PS CV ED DG Ctes

La forma dellacqua (1994) Il cane di terracotta (1996) Il ladro di merendine (1996) La voce del violino (1997) La gita a Tindari (2000) Lodore della notte (2001) Il giro di boa (2003) La pazienza del ragno (2004) La luna di carta (2005) La vampa dagosto (2006) Le ali della sfinge (2006) La pista di sabbia (2007) Il campo del vasaio (2008) Let del dubbio (2008) La danza del gabbiano (2009) La caccia al tesoro (2010)

RACCoLtE DI RACCoNtI

(Mondadori, Milano):

MM AM PM PIM

Un mese con Montalbano (1998) Gli arancini di Montalbano (2001) La paura di Montalbano (2002) La prima indagine di Montalbano (2004)

Capitolo I

CodICI

Il commissario Montalbano chiamato a risolvere enigmi: lindagine per sua natura una raccolta di indizi, di cui necessario comprendere il significato per ricostruire una storia. In questo processo avviene una forma particolare di comunicazione, centrata sulla decodifica di una serie di segni1 da parte di un soggetto a cui questi non erano primariamente indirizzati; molti di questi segni, anzi, non sono neppure propriamente tali, in quanto non sono intenzionali, ma mero prodotto collaterale e involontario di azioni dirette a fini diversi. La ricostruzione di quegli scopi e di quelle azioni proprio lobiettivo dellindagine, che si pu in questa prospettiva considerare un problema semiotico, non diversamente da altre procedure (come, ad esempio, una diagnosi medica) fondate sulla raccolta e la comprensione di elementi da interpretare secondo la logica di un codice. Montalbano, da buon investigatore, ha piena consapevolezza della natura del proprio compito, di cui danno conto anche le lunghe riflessioni, i ragionamenti, condotti talora in forme insolite, come la lettera indirizzata a se stesso o il dialogo interiore, che diventa una prassi comunicativa nelle storie pi recenti. E Montalbano pienamente consapevole del valore

La nozione strutturale di segno formulata con chiarezza nel Cours de linguistique gnrale, libro considerato pietra miliare negli studi linguistici e punto di partenza dello sviluppo della disciplina nel ventesimo secolo (Saussure 1922/19917: 83-85): si tratta di una entit psichica a due facce, il concetto (significato) e limmagine acustica (significante), che si presentano unite e inscindibili come il recto e il verso di un foglio di carta. Importante sottolinearne il carattere astratto: non si tratta di cose n di suoni, bens di idee (di cose e di suoni).
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dei segni.2 In ci forse la radice prima del suo interesse per il linguaggio, anzi per i linguaggi, anche quelli non verbali, che una costante nelle storie. Pochi ma significativi esempi sono stati scelti per illustrare la centralit del processo di decodifica e limportanza delle scelte comunicative, non solo per la progressione della trama investigativa, ma anche per la costruzione globale del senso del racconto, dei personaggi, della stessa situazione narrativa. 1 Lezioni di semiotiCa Nel Cane di terracotta, il secondo romanzo della serie, un curioso personaggio, il vecchio parrino Alcide Maraventano, impone a Montalbano una lezione di semiotica, di primo livello. Si tratta di uno di quei passi in cui lautore sceglie di agganciarsi al mondo reale dei libri, citando Eco e la Kristeva, e cercando di bilanciare la presentazione forse troppo didascalica con la caratterizzazione pragmatica dellincontro tra i suoi due personaggi. Montalbano dapprima lo vive come un esame, poi comincia a sentirsi preso in giro, finch Maraventano si decide ad assumere un ruolo decisamente didattico, adatto al livello dellallievo, e dunque del lettore:
(1)

Lei ha letto Umberto Eco?. Montalbano principi a sudare. Ges, ora mi fa lesame di letteratura pens e riusc a dire: ho letto il suo primo romanzo e i due diari minimi che mi paiono.

2 Per comprendere la nozione linguistica di valore utile rammentare le considerazioni di Saussure, che sottolinea come il valore sia sempre costituito 1. da una cosa dissimile suscettibile desser scambiata con quella di cui si deve determinare il valore; 2. da cose simili che si possono confrontare con quella di cui in causa il valore (1922/19917: 140). Una parola, dunque, si scambia con unidea e si confronta con altre parole appartenenti al medesimo sistema.

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Io no, i romanzi non li canuscio. Mi riferivo al trattato di semiotica generale, alcune citazioni del quale ci farebbero comodo. Sono mortificato, non lho letto. Non ha letto manco semeiotik della Kristeva?. No, e non ho nessuna gana di leggerlo fece Montalbano che principiava a incazzarsi, gli era nato il sospetto che il vecchio lo stesse pigliando per il culo. E va bene si rassegn Alcide Maraventano. Allora le faccio un esempio terra terra. E quindi al mio livello disse Montalbano a se stesso. dunque, se lei che un commissario, trova un morto sparato al quale hanno infilato un sasso in bocca, che pensa?. Sa fece Montalbano deciso a pigliarsi la rivincita queste sono cose vecchie, adesso ammazzano senza dare spiegazioni. Ah. Perci per lei quel sasso messo in bocca significa una spiegazione. Certo. E che vuol dire?. Vuol dire che lammazzato aveva parlato troppo, aveva detto cose che non doveva dire, aveva fatto la spia. Esatto. Quindi lei ha capito la spiegazione perch era in possesso del codice del linguaggio, in quel caso metaforico. Ma se lei invece era alloscuro del codice, cosa avrebbe capito? Niente. Per lei quello era un povero morto ammazzato al quale avevano in-spie-ga-bil-men-te infilato un sasso in bocca. Comincio a capire disse Montalbano (CT, 166-167).

Partendo da un esempio concreto si scopre limportanza del codice, e della conoscenza del codice, senza la quale i segni restano apparentemente privi di significato, inspiegabili; lallievo Montalbano svelto dingegno e fa rapidi progressi: applica subito quanto ricavato dallesempio (significativamente tratto dalla pratica mafiosa) al caso di cui deve occuparsi (che con la mafia non ha nulla a che fare). Il commissario capisce di aver ricevuto un messaggio che per non sa leggere perch non possiede il codice e dunque necessario

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ricostruire il codice per poter procedere, perch, come conclude il parrino, le spiegazioni ci sono sempre e sempre vengono date, altrimenti lei non farebbe il mestiere che fa. Solo che i codici sono diventati tanti e diversi. Si pone, in questa pagina, uno dei problemi fondamentali della significazione e della comunicazione:3 luso di elementi concreti (un sasso, una moneta, ma anche il suono di una parola) per trasmettere significati intelligibili a chi sa riconoscere gli elementi e, soprattutto, il loro valore nel sistema4 (codice) adottato. Nel contesto sociologico che caratterizza le storie qui esaminate questo principio di fondo si intreccia con un altro problema, ricorrente nelle storie del commissario: il cambiamento dello stile della mafia, cos profondo da poter parlare di una nuova mafia, che abbandona i vecchi codici, comportamentali e comunicativi, e sembra non avere pi interesse per la spiegazione. La semiotica una scienza principe non solo per linvestigatore (e per lautore di libri gialli); lo anche per la (vecchia) mafia. Molte storie pi avanti, nella serie dei romanzi, lautore segue il corso dei pensieri di Montalbano che riflette sulle modalit di un omicidio:
(2)

Intanto, questomicidio era stato fatto, opuro ordinato, che era la stissa cosa, da qualichiduno che agiva ancora nel rispetto delle regole della vecchia mafia. E pirch? Semplici la risposta: pirch la nova mafia spara a tinchit, a dritta e a manca, a vecchi e a picciliddri, indove capita capita e non si degna mai di dari na spiegazioni di quello che ha fatto.
3

In semiotica la comunicazione viene distinta dalla significazione per la presenza, nella prima, di intenzionalit da parte di chi emette il messaggio. 4 Nella prospettiva di analisi della linguistica fondamentale la nozione di sistema (o struttura, o codice, o langue), inteso come entit astratta che d conto di tutte le possibili realizzazioni; gli enunciati sono per manifestazioni concrete, atti di parole (secondo la terminologia di Saussure).

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La vecchia mafia, no: spiegava, cuntava, chiariva. Certo non a voci o mittenno nvuro supra bianco, chisto no, ma a segni. La vecchia mafia era maestra di semiologia, che sarebbe la scienza dei segni che servono a comunicare. Morto ammazzato con una pala spinosa di ficodinnia supra al corpo? Labbiamo fatto pirch ci ha pungiuto di troppe spine, di troppi dispiaceri. Morto ammazzato con una petra dintra alla vucca? Labbiamo fatto pirch parlava ass [e cos via] (CV, 110-111).

Il commissario ha imparato la lezione, in grado perfino di riportare, a beneficio dei lettori, una definizione di semiologia, e non casualmente la centralit dei segni nella comunicazione emerge in relazione alle pratiche mafiose tradizionali, non verbali eppure cariche di significati. La lingua della mafia nella maggior parte dei casi un codice muto, che non parla e non scrive, ma racconta con altri tipi di segni. In questa prospettiva la mafia si presenta in antitesi allo stato; proprio per il linguaggio adottato, la struttura e la natura stessa del potere della mafia si rivelano in contrapposizione allorganizzazione della burocrazia statale: altisonante, astratta, tanto formalmente maestosa quanto semanticamente povera lespressione tipica della burocrazia (di cui si tratter ampiamente nel capitolo III); modesta, laconica ma fortemente pregnante quella mafiosa, fatta prima ancora che di parole di gesti, di segni concreti, di silenzi. I silenzi dei mafiosi spisso dicono chioss delle parole (CV, 246). La mafia, come si sa, non ha una posizione dominante nelle storie del commissario, e anzi spesso delitti che potrebbero apparire di matrice mafiosa sono ricondotti ad un pi quotidiano contrasto di passioni (amore, denaro, potere); accade persino che il sistema mafia diventi vittima del comune delinquente che tenta di attribuire a quella matrice il proprio delitto. Tutto ci pu apparire irrealistico rispetto al contesto sto-

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rico in cui si muove Montalbano. Ma evidentemente il narratore interessato ad altro, e molto di pi riflette (e gioca) sulla lingua dei burocrati, delle varie categorie sociali e in generale dei parlanti nel loro scambio quotidiano, di quanto non si soffermi sui raffinati meccanismi comunicativi della mafia. Tuttavia, nei (rari) casi in cui il protagonista si trova ad interagire con quel mondo emerge con chiarezza la consapevolezza dei codici che esso adotta e pretende di imporre anche agli estranei: la lingua della mafia allusiva, metonimica;5 quando si parla si sposta sempre un po il bersaglio, si ragiona per contiguit, il senso emerge nelle situazioni mettendo insieme i pezzi di un puzzle, fatti di parole per lo pi altre rispetto al tema che si dovrebbe affrontare, di presenze fisiche e di assenze, di citazioni, di silenzi. In questo contesto Montalbano consapevole di dover cogliere ogni segnale, di doversi porre in una posizione accortamente ricettiva, come accade in occasione di un colloquio telefonico con un avvocato della mafia:
(3)

Quando si parlava con Guttadauro bisognava essere svegli e vigili, cogliere macari la pi evanescente sfumatura delle parole che adoperava (GT, 71).

E ancora:
(4)

E non aggiunse altro, voleva che fosse Guttadauro a parlare. Appizz per di pi le orecchie. Ha domandato di lei. Se stava bene in salute. Un piccolo brivido percorse la spina dorsale del commissario. Se don Balduccio sinformava dello stato di salute di una persona, nel novanta per cento dei casi quella stessa persona,

5 La metonimia si pu definire come una figura retorica che comporta la sostituzione di un termine con un altro che ha con il primo un rapporto di contiguit; ad esempio, se diciamo: si guadagna il pane con il sudore della fronte, vogliamo in realt intendere col lavoro che causa sudore (scambio delleffetto per la causa) (Marchese 1978: 190).

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di l a pochi giorni, se ne acchianava al Camposanto sulla collina di Vigta (GT, 72).

I pensieri (inquieti) del commissario evidenziano il funzionamento della tecnica dellallusione, che ha finito per stabilire un nuovo codice, parallelo a quello consueto, una lingua cifrata. La Gita a tindari uno dei romanzi in cui la mafia ha decisamente pi spazio, e in esso ha luogo un incontro tra il commissario e il vecchio capomafia. Non ci sono commenti sulle modalit di relazione, semplicemente evidente che il commissario rifiuta di adeguarsi allo stile comunicativo che gli viene proposto, bench sia perfettamente in grado di coglierne i significati. Questi tuttavia vengono resi espliciti al lettore solo successivamente, attraverso un colloquio tra Montalbano e lispettore Fazio, dal quale emerge come il commissario sia stato capace di comprendere dalla semplice presenza in casa del mafioso di un sacerdote che necessario seguirlo, con una complessa messa in scena autenticamente teatrale, per essere condotti al covo di un pericoloso latitante: lo stupore dellispettore di fronte alla notizia lo porta a domandare come sia stato possibile per Montalbano scoprire tutto questo, ma questi risponder:
(5)

Io non ho scoperto niente. Me lha detto. Anzi, me lha fatto capire (GT, 130).

Con la vecchia mafia le parole non sono necessarie: non possibile mostrare le verit pi crude se non per via indiretta, le parole sarebbero uninutile maschera; qui il teatro fatto soprattutto di gesti. Non a caso lepisodio qui ricordato si completa con un colloquio tra Montalbano e il questore (che verr esaminato nel capitolo III, esempi 71-75), nel quale questultimo letteralmente raggirato dal commediante-commissario, che sfrutta appieno mostrando, commentando e compiacendosi le risorse della parola, quella tronfia, banalmen-

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te ricercata, vuota e dunque menzognera che tipica del mondo di una legge che ha perso di vista la sostanza delle cose. Montalbano, uomo di legge che si muove spesso al limite della legalit, ha invece conservato la capacit di decifrare i segni profondi; uomo di Sicilia, predilige la comunicazione asciutta, pre-verbale e comunque senza fronzoli, ma al tempo stesso, burocrate suo malgrado, sa adeguarsi allo stile di colleghi e superiori, sfruttando le risorse di quei registri linguistici di cui si discuter ampiamente pi avanti. 2 iL peso deLLe paroLe Il funzionamento dei codici comunicativi in generale dunque ben esemplificato dai comportamenti della mafia, che usa invece il linguaggio verbale con parsimonia e originalit, piegandolo al limite del lecito (e della menzogna) alle proprie esigenze. ora, la lingua essa stessa un codice, con caratteristiche tuttavia specifiche e potenzialit straordinarie. La definizione di semiotica fornita da Montalbano (esempio 2) ricalca di fatto quella che alla base degli studi linguistici moderni: la semiotica una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale e pu essere legittimamente considerata come un contenitore pi ampio dentro cui sta pure la scienza della lingua, il cui compito definire ci che fa della lingua un sistema speciale nellinsieme dei fatti semiologici.6 Al di l delle propriet specifiche individuate dai semiologi e dai linguisti, bene ricordare qui quanto osservato nellIntroduzione, come cio queste stesse riflessioni e prima ancora i commenti di Camilleri non sarebbero possibili se la lingua non possedesse la funzione metalinguistica. La riflessione sulla lingua rivela la vacuit, la superficialit, la menzogna, ma testimonia anche le difficolt e al
6

Le citazioni sono tratte dal Cours (Saussure 1922/19917: 26).

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tempo stesso la possibilit di cogliere con la lingua e nella lingua i sensi pi profondi. A questo proposito interessanti spunti si trovano nel rapporto tra Salvo e Livia. La comunicazione tra amanti, si sa, va ben oltre le parole, ma le parole, quando ci sono, portano un peso particolare, dovrebbero significare i pensieri e i sentimenti pi intimi, rappresentare il pi possibile lunicit della persona e del rapporto, rifuggire dai clich e dai copioni gi pi volte recitati. Nella situazione in cui lautore colloca Salvo e Livia, le parole finiscono con avere pi peso del solito, perch nella maggior parte delle occasioni essi possono solo parlarsi al telefono, senza neppure guardarsi in faccia. Montalbano soffre per questo limite, pi volte si ripropone di raccontare un fatto alla sua donna solo quando la incontrer, teme la distorsione del mezzo di trasmissione, ma pure abilmente la sfrutta per nascondere le sue esitazioni, il suo essere concentrato su altri temi, i suoi sensi di colpa. Col passare del tempo Montalbano avverte sempre di pi, e registra, la difficolt di questo incontrarsi (solo) con le parole:
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Con le parole, oram, non si pigliavano cchi, non si accanivano cchi: era come se le parole che annavano a circari nello stisso vocabolario, avivano d definizioni diverse e contrapposte a secondo se le usava lui o se le usava Livia. E questo doppio significato era scascione continua di equivoci, malintesi, azzuffatine. Ma se sattrovavano nzemmula e arriniscivano a stari in silenzio, luno allato allaltra, le cose cangiavano completamenti. Era come se i loro corpi accomenzavano prima ad annusarsi, a sciaurarsi a distanza, po a parlari tra di loro intendendosi benissimo con un linguaggio muto, fatto di piccoli signali come na gamba che si spostava di qualichi centimetro per attrovarisi cchi vicina allaltra, na testa che si voltava leggerissimamente verso laltra testa. E inevitabilmente i d corpi, sempre muti, finivano con labbrazzarsi disperatamente (PS, 207).

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Il linguaggio muto del corpo tra loro funziona ancora, ma la distanza li obbliga alle parole. La difficolt, limpossibilit di comunicazione attribuita ad una ragione linguistica, quasi vi fossero due interpretazioni personali e diverse dello stesso codice che, inevitabilmente, dividono gli amanti. La vaghezza semantica, che in s non un limite ma una caratteristica e una ricchezza della lingua, si trasforma, nelle condizioni particolari di questo colloquio spezzettato e a distanza, in un ostacolo. Nei rapporti personali e pi profondi di Montalbano la lingua non considerata per la sua scintillante variet, che consente i pi arditi giochi di prestigio; Salvo non sa mentire con le persone che ama, si riduce ad esprimersi con anonima, insoddisfacente banalit:
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Cara Livia, purtroppo non posso aspettare il tuo risveglio, devo andare a Montelusa dal Questore. A Palermo ti accompagner Mim col quale mi sono messo daccordo. Cerca di stare il pi possibile calma e serena. Ti telefoner stasera. Ti bacio.
SALVo

Un commesso viaggiatore dinfima categoria sicuramente si sarebbe espresso meglio, con pi affettuosa fantasia. Riscrisse il biglietto e, stranamente, gli venne identico al primo. Non cera niente da fare, non era vero che dovesse vedere il Questore, voleva solo scappottarsela dalla scena daddio. Era una farfantara, una menzogna, e lui non ci era mai riuscito a dirle alle persone che stimava (LM, 182).

E proprio per questo nelle relazioni pi vere la lingua rivendica tutto il suo potere, la sua forza. Per Salvo le parole hanno peso, come dice al maresciallo dei carabinieri che (curiosamente) diventato suo amico, teorizzando in particolare la pregnanza del turpiloquio:

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I suoi amichetti che dicono? Al momento attuale non parlano. Chi parla invece il guardiano. E credo che stavolta u zu Cec si trover sicuramente a malpartito. Maresciallo, mi fa un favore? Certo, commissario. Vuole ripetere la frase con una variante? Non ho capito. Vuole dirmi esattamente cos: credo che stavolta u zu Cec se lo piglier nel culo? Come vuole lei fece rassegnato il maresciallo. E ripet la frase aggiustandola. Ma aggiunse: Me ne spiega il motivo? Caro maresciallo, le parole, per me, hanno un peso. E pi peso lo fa la parola lorda. Tutto qua. E mi scuso se lho costretta a parlare in un modo che non il suo (PM, 223).

E quando sono toccati sentimenti profondi, come lamicizia con Mim, accade perfino che le parole si rifiutino di essere pronunciate, che evitandole si cerchi di nascondersi la verit:
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E un amico che non fa linteresse t e si mette a fari linteresse di un altro senza dirtelo, che ha fatto se non tradire lamicizia? Finalmente la parola era arrinisciuto a dirla. Mim era un traditore. Quella parola, traditore, appena pinsata gli blocc i pinseri. Per un attimo dintra al ciriveddro del commissario ci fu il vacante assoluto (CV, 196).

In questo caso particolare e doloroso ancora il percorso tra le parole, lesame attento di una lettera scritta da Mim, ci che consente a Montalbano di comprendere il comportamento dellamico:
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Nella littra diciva macari che lui, Montalbano, affidandogli il caso, in realt avrebbe potuto mettere alla prova tutte le s capacit.

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In conclusione, addimannava un aiuto. Proprio accuss, aviva usato quella parola. Aiuto. Una parola che Mim non era omo di usare alla liggera. Rifletti ancora, Montalb, sforzati di raggiunari a menti libbra, senza raggia, senza lassarti pigliare dal risentimento. Non poteva darsi che latteggiamento aggressivo, azzuffatero, di Mim era un modo s, tutto particolare, di attirare lattenzione degli altri supra a na situazione dalla quale non era capace di niscirisinni da solo? (CV, 93).

Nel Campo del vasaio, in una situazione complessa, insolita, in cui si mescolano fatti dufficio e fatti damicizia e non c confine tra la trama poliziesca di turno e le vicende private dei personaggi ricorrenti, le parole acquisiscono unimportanza del tutto particolare, represse e al tempo stesso sviscerate soprattutto nelle riflessioni che, come avviene anche in altre storie ma qui pi sistematicamente, Montalbano propone a se stesso, giungendo persino a scriversi una lunga lettera. Le parole, parafrasando Levi, possono diventare pietre, ed una parola che infine, dopo una lunga serie di romanzi (e di tentazioni) spinge, costringe quasi, il commissario sorprendentemente monogamo al tradimento della sua donna:
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C unaltra cosa che devi considerare, Adriana. Che io da anni sto con una donna che amo. E che ho sempre cercato come ho potuto di essere fedele a Livia che . Irraggiungibile disse Adriana isando la testa e taliannolo nellocchi. doveva succedere la stissa cosa ai castelli assediati nelle guerre duna volta. Resistivano a longo, alla fame, alla siti, respingevano con loglio bollente a quelli che sarrampicavano supra le mura e parivano imprendibili. Po un solo colpo di catapulta, preciso, mirato, faciva crollare di colpo la porta di ferro e gli assedianti irrompevano senza trovari cchi resistenza. Irraggiungibile, questa la parola chiave usata da Adriana. Che ci aveva sintuto la picciotta in quella parola quanno lui laviva ditta? La s raggia? La s gelosia? La s dibolizza? La s solitudine? (VA, 254-255).

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Una parola pu essere la chiave che metaforicamente apre tutte le porte, pu sfondare il ferro come un masso lanciato da una catapulta: lampio paragone con lassedio, che sembra finalizzato a dimostrare che dopo lunga resistenza basta una inezia per produrre il cedimento, purch questa sia mirata al punto giusto, finisce in realt per sottolineare il peso delle parole, che pu diventare cruciale persino nel processo di seduzione. Come si vedr dai numerosi esempi selezionati, una grande parte delle note metalinguistiche di Camilleri si soffermano sulle parole, su quel livello di analisi linguistica che riguarda gli elementi significativi del codice che compongono il lessico. Si tratta, com ovvio, degli elementi pi facilmente individuabili da parte dei parlanti, istintivamente percepiti come discreti e accessibili alla riflessione, reperibili in un vocabolario. Il lessico appare al profano come un insieme ben delineato, ancorch aperto ad accogliere nuovi elementi, distinto e distinguibile da ambiti percepiti come pi tecnici, come la grammatica.7 Ma Camilleri si avventura anche in questi altri campi di analisi, ben consapevole del fatto che, se le parole possono essere pietre, la sintassi il lanciasassi. Un esempio particolarmente efficace, e ricorrente, luso della modalit, ben esemplificato dal condizionale. Il commissario ha ricevuto una convocazione come testimone; in Tribunale, allufficio informazioni, interroga limpiegato:
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Montalbano aspitt il turno so e po mostr la convocazione alladdetto. Quello la pigli, la tali, consult un registro,
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In realt oggi la distinzione tra lessico e grammatica non necessariamente interpretata come la contrapposizione di categorie discrete; nellambito della cosiddetta Morfologia Naturale (dressler et al. 1987) emersa la tendenza a considerare lessico e grammatica come i poli estremi di un continuum che oppone un massimo di irregolarit idiosincratica e di affidamento alla memoria (lessico) ad un massimo di ripetitivit fondata su processi di elaborazione regolari (grammatica).

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tali nuovamente la cartolina, riconsult il registro, is locchi sul commissario e finalmente disse: dovrebbe essere al terzo piano, aula cinque. Pirch quel dovrebbe? Forse in quel tribunale si tenevano udienze mobili, magari su pattini a rotelle? oppure perch limpiegato era persuaso che niente fosse certo nella vita? (PIM, 139).

Le parole tipiche di una lenta e svogliata burocrazia acquistano un senso dapprima fantastico, degno del modo meraviglioso di Alice, poi inaspettatamente filosofico. Ma semplicemente luso del luogo. Poco dopo, constatato che laula indicata vuota:
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Montalbano tali il ralogio, erano gi le novi e deci. Possibile che tutti erano in ritardo? Gli venne un sospetto e cio che laddetto alle informazioni aviva ragione ad essere dubitoso e che ludienza forse si stava tenendo in unaltra aula. Il corridoio era affollato, le porte si raprivano e si chiuivano in continuazione, arrivavano folate deloquenza avvocatesca. Passato un quarto dora saddecise di spiare a uno che passava ammuttando un carrello sovraccarico di faldoni e carpette. Scusi, mi sa dire E gli pru la cartolina. Laltro la guard, la restitu a Montalbano e ripigli a caminare. Non ha visto lavviso? Spi. No. dove? fece il commissario andandogli appresso a passettini. Nella bacheca. Ludienza rimandata. A quando? A domani. Forse. In quel palazzo regnavano evidentemente non ferme certezze. Scinn le scale, rifece la fila allufficio informazioni. Non lo sapeva che ludienza allaula cinque stata rinviata? Ah, s? E a quando? sinform laddetto allufficio informazioni (PIM, 140).

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di fronte alla pigra confusione che domina il tribunale, sullo sfondo limmagine di un movimento inutile e vuoto di significati (leloquenza avvocatesca), non resta che un ossimoro per definire quel palazzo: il regno di non ferme certezze dove limpiegato addetto allufficio informazioni si informa (da chi lui stesso dovrebbe informare). Seguendo una parola, fermandosi su una modalit, Montalbano conduce i suoi pensieri a cogliere sensi profondi e insospettati per le parole; il narratore se ne appropria, riferisce; il lettore contempla lo strumento, la lingua, il suo uso e le aporie del suo uso, gioca e comprende. In realt, bench in proporzioni diverse, tutti i livelli di analisi linguistica sono prima o poi compresi nella meditazione, a partire da quello pi macroscopico, la scelta stessa della lingua (o dialetto) da usare. Che il primo dei temi che affronteremo.

Capitolo II

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Il dato formale pi marcato della narrativa di Camilleri, e delle storie del commissario, certamente la commistione di italiano e dialetto. Non si tratta solo di una meccanica alternanza, ma anche di una compenetrazione dei due codici, che porta in generale ad un accostamento del dialetto alla lingua, in armonia con una tendenza di fatto diffusissima nellarea linguistica italiana, naturalmente legata allesigenza di estendere la comprensibilit del testo ad un numero pi alto di lettori. Libridazione e la mescolanza sono frequentissime basti pensare al metodico accoppiamento di lessemi dialettali a morfemi grammaticali italiani (Novelli 2002: LXXXV) ma non sono mai oggetto di commento esplicito.1 Il narratore non interessato al problema stilistico-letterario, al suo stile, ma allo stile comunicativo dei suoi personaggi. In linea con questo principio, non si preoccupa dei suoi (eventuali) modelli e precedenti in cui sono stati utilizzati e mescolati dialetto e lingua. Il narratore interessato ad altro: considerando la questione da un punto di vista sociolinguistico, si pu affermare che per lui la commistione e lalternanza di italiano e dialetto rappresentano un esempio paradigmatico di articolazione del repertorio dei parlanti2 e di variazione nelluso.

Nellampio saggio introduttivo alla raccolta di Storie di Montalbano edita da Mondadori (Novelli 2002) si discute diffusamente di varianti e adattamenti fonetici, calchi e ibridazioni di vario genere. 2 Si pu definire come repertorio linguistico linsieme delle risorse linguistiche possedute dai membri di una comunit linguistica, vale a dire la somma di variet di una lingua o di pi lingue impiegate presso una certa comunit sociale (Berruto 19972: 72).
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Di norma, considerando il dominio linguistico dellitaliano (come, in realt, di qualsiasi altra lingua), la variet parlata a livello regionale o locale si definisce diatopica (legata, cio, ad una dimensione geografica), ma nel caso di Camilleri, siamo di fronte ad un fenomeno pi complesso: da un lato bisogna considerare gli adattamenti e laccoglimento di tratti dialettali marcati talora cos numerosi da far pensare piuttosto al dialetto contaminato dallitaliano; dallaltro, per, la variazione puramente e idealmente diatopica si interseca con altre dimensioni, poich lalternanza tra gli elementi siciliani e italiani legata inscindibilmente ai contesti duso.3 Ci porta a considerare un altro aspetto della variazione sociolinguistica che, nelle storie del commissario, particolarmente sviluppato: le differenze sistematiche che derivano dalla situazione comunicativa (diafasiche). esse non dipendono solo dalle conoscenze del parlante, dalla sua provenienza sociale o dal suo livello culturale (si parlerebbe allora di variazione diastratica), ma nascono dallesigenza di adeguarsi al contesto e di interagire pi efficacemente con linterlocutore: si possono dunque considerare una forma di alternanza al-

3 entit riconoscibilmente distinte allinterno del repertorio, costituite da insiemi di tratti linguistici congruenti che co-occorrono con (insiemi di) tratti sociali, caratterizzanti i parlanti o le situazioni dimpiego, rappresentano le diverse variet di lingua in cui [le risorse linguistiche a disposizione della comunit parlante] di articolano. [] Le principali dimensioni della variazione sincronica della lingua sono costituite: dallarea geografica in cui viene usata la lingua (o, pi specificamente, dalla regione di provenienza dei parlanti e dalla loro distribuzione geografica) variazione diatopica; dallo strato o gruppo sociale a cui appartengono i parlanti (o, pi specificamente, dalla posizione che il parlante occupa nella stratificazione sociale) variazione sociale o diastratica; dalla situazione comunicativa nella quale si usa la lingua variazione situazionale o funzionale-contestuale o diafasica; [ dal] canale attraverso cui la lingua viene usata variazione diamesica (Berruto 2006: 7-9).

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linterno del repertorio di un singolo parlante, che pu variare il modo di usare una singola lingua oppure effettuare una commutazione da lingua a dialetto (o viceversa).4 A questo proposito vale la pena sottolineare che una delle novit interpretative nellevoluzione pi recente dei modelli sociolinguistici proprio quella di considerare la variazione non come alternanza di forme allinterno di una lingua (intesa come norma astratta), ma piuttosto come fenomeno che riguarda il repertorio concretamente a disposizione del parlante.5 Per questa ragione, non solo la tecnica della contaminazione, ma anche il passaggio netto da un codice allaltro pu essere considerato un esempio di variazione dipendente dalla situazione, soprattutto se lintento comunicativo che determina la scelta espressiva viene esplicitamente indicato. dunque evidente che il commento metalinguistico risulta essenziale per sottolineare le dinamiche linguistiche messe in atto nel testo e consente anche al lettore meno attento (e meno esperto) di comprendere i significati e apprezzare i giochi verbali. In questa prospettiva, le note di Camilleri (formulate attraverso la voce del narratore o quella dei personaggi) sono indirizzate fondamentalmente a due scopi: da un lato individuare ed eventualmente spiegare i tratti dialettali, dallaltro evidenziare lalternanza dei due codici, rilevandone loccorrenza e commentandone le motivazioni.
Con lespressione commutazione di codice (dallinglese codeswitching) si indica il passaggio del parlante da un codice ad un altro, allinterno dello stesso evento comunicativo. 5 Si vedano le lucide osservazioni di De Mauro (2008: 19-22) di introduzione ad una recente ricerca sulla situazione linguistica italiana. Scegliere di guardare alla lingua dal punto di vista dei parlanti, significa accettare che la conoscenza di una lingua non funziona secondo il principio tutto-niente, ma sempre migliorabile e sempre incompleta. Significa anche, pi in generale, riconoscere che i modi di rappresentazione della lingua come struttura o sistema, pur utili a fini interpretativi, non coincidono con la reale attivit verbale degli individui e dei gruppi sociali.
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Il primo nucleo si collega strettamente alle caratteristiche del repertorio dei singoli personaggi-parlanti (e dei lettori), al loro pi o meno marcato bilinguismo;6 il secondo chiama in causa dinamiche linguistiche di natura essenzialmente sociale, che si manifestano allinterno di una comunit in cui si utilizzano sistematicamente due codici con diverse finalit e diverso valore, in una condizione che viene tecnicamente denominata diglossia.7 1 Il probleMa del bIlInguISMo 1.1 personaggi monolingui La voce narrante del tragediatore , evidentemente, bilingue. Incline anzi, sempre di pi con il progredire delle storie, ad attingere a piene mani al siciliano. Anche i personaggi sono per la maggior parte bilingui, bench con diversi gradi di padronanza dei due codici in questione, e soprattutto dellitaliano; rispetto a questultimo punto, che riguarda la compeIl termine bilinguismo indica primariamente la capacit del singolo individuo di utilizzare due (o pi) lingue diverse, non necessariamente con pari competenza. Si parla poi di bilinguismo sociale, l dove il fenomeno riguarda una comunit, allinterno della quale c sovrapposizione tra le diverse lingue, che si usano (almeno in parte) negli stessi domini. 7 Il termine diglossia entrato nelle scienze del linguaggio a partire da un notissimo studio di Ferguson (1959), che proponeva di utilizzarlo per descrivere un fenomeno di natura sociale, caratterizzato da una specializzazione delle lingue coinvolte legata al diverso grado di formalit del contesto duso. In questa prospettiva bilinguismo e diglossia non necessariamente coesistono, anzi possibile che esista una comunit in cui alla differenziazione degli ambiti duso non si accompagna leffettiva competenza dei parlanti, o almeno della maggioranza di essi. Non mancano, del resto, numerosi e significativi esempi storici di questo tipo, basti pensare al ruolo del latino durante il medioevo. Lucida e utile schematizzazione delle diverse possibilit combinatorie di bilinguismo e diglossia in Fishman (1967).
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tenza linguistica dei parlanti-personaggi, vale la pena sottolineare che, al di l di quanto si pu ragionevolmente presumere sulla base delle loro caratteristiche socio-culturali (e dunque al di l della loro reale capacit di utilizzare, correttamente e senza interferenze, litaliano), essi sono pi o meno inclini a servirsi della lingua piuttosto che del dialetto: la scelta spesso dettata dalle caratteristiche dellinterlocutore, ma pu essere, come vedremo, anche lespressione di uno stato danimo o il risultato di un ragionato intento comunicativo (v. infra). Vi sono per personaggi monolingui, nelluno e nellaltro senso: parlanti che non sono in grado di interagire in italiano (o quanto meno, pur probabilmente comprendendolo, non hanno capacit di produrlo), di cui lesempio pi importante, e ricorrente, la cameriera Adelina;8 parlanti che, viceversa, non usano mai, e neppure comprendono, il siciliano: i forestieri, tra i quali il questore (anzi, i due questori che si succedono nella cronologia dei romanzi), tipico esempio di rappresentante dello stato italiano, e, curiosamente, Livia. I biglietti sgrammaticati che Adelina lascia in casa del commissario sono manifestazione esplicita dello sforzo di passare allitaliano, quasi che il cambiamento di mezzo (dal parlato allo scritto, ovvero la variazione diamesica) imponesse di per s di abbandonare lespressione dialettale. In realt alla fatica profusa non corrisponde un esito soddisfacente. La tecnica scrittoria di Adelina cos tipica che Montalbano riesce persino a sfruttarla per produrre un falso biglietto intimidatorio. Il testo che la donna ha ordine di copiare, debitamente scritto a stampatello dal commissario, viene trasformato spontaneamente, con lunga e grande fatica:

8 Tra questi monolingui si dovrebbe forse collocare anche Catarella, il cui tliano poco pi che unintenzione, ma le caratteristiche del repertorio di Catarella sono cos particolari (e cos evidentemente enfatizzate) da meritare di essere trattate autonomamente.

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Adelina! Che c, dutturi? Piglia un foglio di carta e scrivi. Iu? Lo sapi che iu con la scrivuta... Non ha importanza, facemo accuss. Io te lo scrivo supra a un foglio di carta e tu lo copii supra a un foglio pulito. Daccordo? Pigli un foglio e scrisse a stampatello: LA SIrINgA Che Tu SAI Ce Lho Io INDoVINA ChI SoNo e FATTI VIVA Che CI MeTTIAMo DACCorDo Matre santa! fici Adelina quant longa sta scrivuta! Fai con comodo. Io vado in bagno. Ci stette squasi unorata, se la pigli apposta comoda. Nfatti, quanno nisc, Adelina aviva finuto allura allura. [] LA SIrINCA Che Tu SAI CeLLo Io INToVINA ChI SoNNo e FATTI VIVA CheCCI MeTIAMo DACorDo Annava benissimo. Pigli na busta, cinfil la littra anonima, la chiu. (CV, 250-251).

Il commissario riesce cos ad ottenere uno scritto autentico di persona semianalfabeta, che commette errori piuttosto stereotipati, dalla sostituzione delle consonanti sonore con le omologhe sorde9 (sirinca per siringa, intovina per indovina) allincapacit di segnalare lelisione con lapostrofo, dalle incertezze rispetto alluso delle doppie alla errata segmentazione delle parole, combinata con la caduta della consonante muta etimologica (cello).

9 Le consonanti sonore si pronunciano facendo vibrare le corde vocali e dunque dal punto di vista acustico si caratterizzano per la presenza di una componente periodica; le sorde, viceversa, prodotte in assenza di vibrazione, sono puri rumori. Si definiscono omorganiche le consonanti che hanno lo stesso punto di articolazione (labiali, dentali, palatali, velari, ecc.), ma si caratterizzano per un diverso modo (occlusive, nasali, laterali, fricative, vibranti, affricate) o per la presenza ~ assenza di sonorit. In italiano le coppie di occlusive omorganiche sono un tipico esempio di opposizione di sonorit: /p/~/b/,/t/~/d/,/k/~/g/.

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A parte qualche comparsa occasionale, tra i personaggi seriali Adelina, con il suo ostinato monolinguismo dialettale, uneccezione. La comunicazione con i parlanti italiani le preclusa, e dunque non a caso non riesce a capirsi e neppure ad incontrarsi con Livia. In realt, lincomunicabilit tra le due donne ben pi che un fatto linguistico, nasce da una barriera culturale che entrambe non desiderano abbattere. A Livia estranea la cultura prima che la lingua di Adelina: il suo non solo un problema di conoscenza, soprattutto un netto e inappellabile rifiuto. Cos il dialetto, espressione primigenia della natura di Montalbano, controcanto del vuoto e pomposo eloquio burocratico, rappresenta una pericolosa barriera proprio nel suo rapporto pi intimo, quello con Livia. Con veemenza e risentimento Livia bandisce il dialetto, vi sente lespressione dello strato pi profondo dellanimo di Montalbano, al quale consapevole di non avere accesso e il linguaggio diventa il simbolo, e il sintomo, di uno scarto culturale, e di una dolorosa incomunicabilit. Per Montalbano lautenticit, il rifiuto dei modi di dire, dei copioni continuamente ripetuti si traduce nel rifugio nel dialetto; la parola italiana pu facilmente trasformarsi, come per Zeno Cosini, in una menzogna,10 mentre il siciliano, pur nella sua oscura stringatezza, non mente, perch il codice prima e meglio posseduto, si porta i ricordi dellinfanzia, i nomi intraducibili delle pietanze pi amate:
10 Il dottore presta una fede troppo grande anche a quelle mie benedette confessioni che non vuole restituirmi perch le riveda. Dio mio! egli non studi che la medicina e perci ignora che cosa significhi scrivere in italiano per noi che parliamo e non sappiamo scrivere il dialetto. una confessione in iscritto sempre menzognera. Con ogni nostra parola toscana noi mentiamo! Se egli sapesse come raccontiamo con predilezione tutte le cose per le quali abbiamo pronta la frase e come evitiamo quelle che ci obbligherebbero di ricorrere al vocabolario! proprio cos che scegliamo dalla nostra vita gli episodi da notarsi. Si capisce come la nostra vita avrebbe tutt'altro aspetto se fosse detta nel nostro dialetto (Svevo 1923/1994: 380).

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Si ricord che era sempre stato goloso e ingordo fin da picciliddro, tanto che suo patre lo chiamava liccu cannarutu che significa esattamente goloso e ingordo (oN, 93).

Particolarmente evidente la dinamica delle lingue nel rapporto dei due con il piccolo Franois: Livia usa il francese, Montalbano si serve della musica del suo dialetto sicch lui e il bambino parlano ciascuno nella propria lingua materna, siciliano e arabo, capendosi perfettamente (LM, 155). La lontananza, il rifiuto del dialetto da parte di Livia si manifestano ripetutamente:
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Principiarono a mangiare con Livia e Franois che ogni tanto parlottavano, chiusi dentro uninvisibile sfera di complicit, dalla quale Montalbano era completamente escluso. Per la bont del pasto non arrinisciva a farlo arraggiare come avrebbe voluto. ottimo questo brusciuluni disse. Livia sobbalz, rimase con la forchetta a mezzaria. Che hai detto? Brusciuluni. Il roll. Mi sono quasi spaventata. Avete certe parole in Sicilia (LM, 111-112).

Il suono della parola siciliana sentito come aggressivo, inquietante, e certo Montalbano laveva usato per attirare lattenzione, riuscendo a fare uscire la donna dalla sfera in cui si era isolata con il bambino, escludendolo. Franois un tema spinoso per i due amanti e parlarne scatena la provocazione, la sfida del dialetto; nel dialogo che segue si ripropone il rifiuto esplicito di Livia, cui Salvo reagisce con una puntuale traduzione italiana, esplicitamente dichiarata e fornita con tono esageratamente didattico; la glossa perci non mitiga, e anzi rafforza la provocazione, cui si contrappone linsulto:
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Sei andato per Franois?. S.

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Sta male?. No. Allora perch ci sei andato?. Avevo spinno. Salvo, non cominciare a parlare dialetto! Sai che in certi momenti non lo sopporto! Che hai detto?. Che avevo desiderio di vedere Franois. Spinno si traduce in italiano con desiderio, voglia. ora che capisci la parola, ti domando: a te non mai venuto spinno di vedere Franois?. Che carogna che sei, Salvo. Facciamo un patto? Io non uso il dialetto e tu non minsulti. Daccordo? (oN, 123).

chiaro che il problema va ben oltre la comprensione delle parole. Ancora qualche esempio:
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La voce chiaramente non proveniva pi da Boccadasse, genova, ma da una banchisa polare durante una tormenta. Livia, che c? Che ho detto? hai detto che hai sognato Catarella, non ti basta? Livia, ma s nisciuta foddri? Non parlarmi in dialetto. (PM, 125); Al secondo incrocio, forse per simmetria con lo sbaglio precedente, Montalbano fece tutto lopposto, invece che andare a sinistra, gir a destra, senza che Livia, infervorata nei suoi discorsi, se ne rendesse conto. Stupitissimi, si ritrovarono a Mazara. Livia esplose. Ci vuole pazienza, con te!. Ma magari tu potevi addunaritnni!. Non mi parlare in siciliano! Sei sleale, mavevi promesso prima di partire da Vigta che ti saresti svuotato dei pensieri, invece continui a perderti dietro alle storie tue. Scusami, scusami (CT, 227); e com che mentre i tuoi uomini battono le campagne tu te ne stai tranquillo a mangiare in trattoria con me?. Il Questore ha voluto cos. Il Questore ha voluto che mentre i tuoi uomini lavorano e

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quella ragazza vive nellorrore tu te ne vada in trattoria?. Bih, che camurria! Livia, non smurritiare!. Ti nascondi dietro il dialetto, eh? (Pr, 101);
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Quello era il principio della rituale azzuffatina telefonica. Poteva proseguire facendo finta di nenti o farla finire a schifo. Scelse la prima strata. Disse qualcosa di spiritoso arriniscendoci malamente perch si era sentito offiso e fin di contare la storia a Livia. hai intenzione doccupartene? Mah, non so. Ci ho pensato tutto il giorno. e in conclusione sono orientato verso il no. Livia fece unirritante risatina. Perch ridi? Cos. enn! Tu ora vieni e mi spieghi pirch minchia ti scapp sta risateddra di scncica! Non parlarmi cos e non usare il dialetto! Va bene, scusa. Cos la scncica? Sfottimento, presa in giro (PM, 268-269).

Il dialetto, combinato come spesso accade con il turpiloquio, sentito da Livia non solo come qualcosa di estraneo e minaccioso, bens anche come il rifugio segreto di Salvo, la barriera protettiva eretta per escluderla. e non sempre sono sufficienti le traduzioni e le glosse per ottenere la riconciliazione. Montalbano deve ripetute spiegazioni, che naturalmente riguardano i suoi comportamenti e i suoi pensieri, ma si manifestano spesso come chiarimenti linguistici.11 una sola volta, in tutta la serie dei racconti, la situazione si capovolge
La tecnica del dialogo linguistico (Capecchi 2000: 97) commentata anche da Novelli (2002: LXXXIV), che sottolinea come per il processo di formazione dellaspirante lettore camillerista sia fondamentale la presenza di personaggi forestieri (e ci vale, forse ancor pi chiaramente, per i romanzi storici).
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ed il commissario a trovarsi di fronte a un dialetto sconosciuto: lagente Balassone, che malgrado il cognome piemontese, parlava milanese, gli propone una espressione incomprensibile:
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Allora? si decise a spiare il commissario per avere conferma del fallimento. De l del mur, c disse sibillinamente Balassone che oltre ad essere malinconico era magari mutnghero. Mi vuoi dire per cortesia, se non ti di troppo peso, che c oltre la parete spi Montalbano diventando di una pericolosa gentilezza. on sit voeuij. Vuoi usarmi la cortesia di parlare italiano?. Allapparenza e al tono pareva un gentiluomo di corte del Settecento: Balassone ignorava che da l a un momento, se andava avanti di quel passo, gli sarebbe arrivato un papagno da scugnargli il naso. Fortunatamente per lui, obbed. C il vuoto disse ed altrettanto grande che questa caverna qua (CT, 107-108).

Lironico appello alla cortesia (esplicitamente riconosciuto come segno di una pericolosa gentilezza) non nasce tanto dallo smarrimento di fronte alla parola incompresa, quanto piuttosto dallirritazione per lincapacit di comunicare dellaltro (definito del resto mutnghero), che non si accorge di avere un comportamento decisamente poco cooperativo.12 I dialetti diversi dal proprio sono per Montalbano non meno lontani di quanto il siciliano lo sia per Livia, estranei e (correttamente, dal punto di vista linguistico) ugualmente distanti dalla norma italiana. Lo rivela una piccola lezione di dialelettologia impartita a Catarella, che si sforza di contrastare la tendenza alla geminazione delle consonanti tipica dei dialetti meridionali (naturalmente finendo per produrre numerosi errori):
12 Di cooperazione tra i parlanti nella situazione dialogica si discuter ampiamente pi avanti (cap. V).

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La sapi una cosa, dotori? Proprio la stisa precisa identifica voci di suo fratelo gimelo Arturo tiene! Capita tra gemelli, Catar. Ma perch parli accuss? Acus, comu, dotori? Per esempio, dici dotori invece che dottori. Aieri a sira me lo dise uno milanise di Torino che qua avemo la tinta abitudine di parlari metendoci due cose, come si chiamano, ah ecco, consonatazioni. Vero . Ma a te che te ne fotte, Catar? Macari i milanesi di Torino fanno gli sbagli loro. Maria santissima, dottori, un piso dal cori mi allev! Difficile ass mi avveniva di parlari tinendomi accuss! (PIM, 21).

Per Montalbano ciascun dialetto ha le proprie caratteristiche che, abbracciando il punto di vista di Catarella, disposto a classificare come errori, deviazioni dalla norma (bench ci non sia accettabile in una prospettiva linguistica corretta). Il punto fondamentale per che ciascun dialetto ha pari dignit e pari tolleranza dovuta a qualsiasi parlante: largomento ottiene persuasione immediata, certo anche grazie alla fiducia sconfinata dellagente nelle parole del suo capo. 1.2 note per il lettore Il disagio del commissario di fronte al milanese e quello ripetuto e radicale di Livia nei confronti del siciliano portano a considerare la condizione del lettore non bilingue, non siciliano (e, ancor di pi, non meridionale). Come Livia, il lettore e con lui quel pendant del narratore che si suole denominare narratario13 parimenti bisognoso di guida e di chiarimenAllinterno del testo il Narratore listanza comunicativa che regola le modalit di trasmissione delle informazioni (una sorta di filtro, pi o meno spesso, compatto e resistente, che lAutore pone tra s e la Storia raccontata, una voce mandataria cui pu corrispondere o meno un volto), il Narratario, listanza di ricezione interna alla narrazione cui il Narratore si rivolge pi o meno apertamente (Vittorini 2005: 15).
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ti che in primo luogo lo aiutino a districarsi nella selva di parole troppo lontane dalla norma italiana per essere comprese; poi anche per evitare di cadere nelle trappole dei frequenti faux amis (tra cui gli ormai famosi macari, anche, e spiare, chiedere).14 Ma i romanzi e i racconti non hanno glossario: la competenza linguistica del lettore data apparentemente per scontata, il siciliano si sa.15 Vero che con laccumularsi delle storie e la loro trasposizione televisiva (che molto ha contribuito a renderle popolari e comprensibili) la competenza del lettore fedele naturalmente aumentata, soprattutto se si considera che lautore insiste nel riproporre un lessico dialettale tutto sommato abbastanza limitato. Inoltre il narratore si fa carico di un processo di istruzione progressiva, offrendo glosse e vere e proprie traduzioni, e facendo in modo che la lezione non venga percepita come tale. La tecnica pare presa a prestito dagli scrittori inglesi tardo-medievali che, per favorire la diffusione delle parole di origine francese tra quanti non avevano ancora familiarizzato con la lingua ritenuta pi raffinata, accostavano la parola straniera al suo sinonimo indigeno, che serviva pi o meno come una spiegazione dellaltra parola (Jespersen 1905/1986: 119). Alcuni esempi (nellultimo la parola dialettale segue litaliano, quasi a dargli pi precisione e pregnanza):
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era una farfantara quindi, una menzogna (LM, 182); gli piaceva il sciuro, lodore del porto di Vigta (gT, 17); Non voglio provocare scarmazzo, rumore (PIM, 264);
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Faux amis (o falsi amici) sono due parole appartenenti a due lingue diverse che hanno forma simile, ma significato diverso, come le coppie indicate nel testo. Tra gli esempi pi citati: ing. actually e it. attualmente. 15 Ma nel 2002 la casa editrice Fermento ha pubblicato un dizionarietto curiosamente intitolato: Siciliano-italiano. piccolo vocabolario ad uso e consumo dei lettori di Camilleri e dei siciliani di mare.

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Sul medico mai nessuna voce maligna, una filma (MM, 68).

Laccostamento pu essere fatto con laggiunta di un elemento (cio, vale a dire, e simili) che segnala la presenza di una traduzione o di una spiegazione pi ampia l dove pare mancare un corrispettivo italiano preciso:
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Lapis laviva convinto chera meglio fari luna, cio marinare la scola (PM, 107); [] un cartoccio di clia e simenza, vale a dire ceci abbrustoliti e semi di zucca (MM, 240); ritornare ai proprietari. I Sinagra sono quaquaraqua. Vale a dire allultimo posto nella scala-valore degli mini (MM, 118); [] il commissario alla balbuzie che sempre lo pigliava quando doveva parlare in pubblico, stavolta aggiunse la nnfara, vale a dire quel particolare modo di parlare che viene quando uno ha il naso chiuso e stracangia la pronunzia delle consonanti (MM, 328); [] una cinquantina grassissima che fin dalle prime parole si rivel essere vucciriusa, vale a dire una che invece di parlare usava un tono di voce parente stritto di un do di petto (PM, 283); A stimare da come lalba stava appresentandosi, la iurnata sannunziava certamente smusa, fatta cio ora di botte di sole incaniato, ora di gelidi stizzicchii di pioggia, il tutto condito da alzate improvvise di vento (CT, 1); [] il brusciuluni (un roll con dentro ovo sodo, salame e pecorino a pezzetti) si volatilizz (MM, 109).

Nellultimo esempio, la traduzione diventa un abbozzo di ricetta, fornito come un inciso. Altre volte basta una ripetizione, in italiano, per essere certi che il lettore abbia capito:
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Ci mette i passuluna di gaeta? Le olive nere di gaeta sono fondamentali per i polipi alla napoletana. (MM, 178).

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Si pu facilmente rilevare che tra le voci glossate pi duna designa prodotti e piatti tipici o caratteristiche climatiche proprie dellisola, a conferma del fatto che il dialetto (come facilmente intuibile) si impone innanzi tutto per la riproduzione mimetica del luogo. Alla cultura o al colore locale appartengono anche i modi tipici di interpretare i comportamenti (primo fra tutti, il quaquaraqua di sciasciana memoria), ma altre volte si tratta di concetti propri del lessico quotidiano o familiare per i quali si fatica a trovare un corrispettivo pan-italiano, come nel caso di fari luna, per il quale si possono facilmente individuare numerosi geosinonimi (da bigiare a fare filone a fare forca).16 Sembra quindi che le parole dialettali si impongano (e impongano una spiegazione) soprattutto nei campi semantici in cui la frammentazione lessicale, a livello di area linguistica italiana, pi marcata. Di ci danno conferma indiretta le vere e proprie citazioni di proverbi e modi di dire, la cui traduzione si trasforma facilmente in una spiegazione, fornita sempre senza indicarla esplicitamente come tale, semplicemente ripetendo in italiano:
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Quel giorno Tanin aveva deciso di esibirsi in un piatto strepitoso che, chiss perch, si chiamava malala damuri. Chiss perch: infatti non cera possibilit che quella zuppa di maiale (polmone, fegato, milza e carne magra), da mangiarsi con fette di pan tostato, avesse attinenza col mal damore, semmai col mal di panza (MM, 207); Supra a pasta minnulicchi! pins amaramente pigliando il biglietto che il Questore gli pruva. Sopra la pasta mandorline: il colmo di ogni possibile disastro (PM, 104);

Nel contesto italiano si incontrano frequentemente geosinonimi (e cio designazioni diatopicamente differenziate dello stesso oggetto, fenomeno o processo) soprattutto nellambito del lessico familiare e colloquiale.
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Vatti a fidare di un parrino! Il proverbio parlava chiaro: monaci e parrini/ sntici missa / e stccaci li rini. Monaci e parrini ascoltali quando dicono messa, ma subito dopo spezza loro le reni. Ah, la persa saggezza popolare! (PM, 319-320); Dottori, tutti se ne andarono che non si vidono pi. ora che facciamo? spi timidamente Catarella. Facciamo come gli antichi arrispunn Montalbano che gli era venuto lo sbromo, la gana di garrusiare, di babbiare. e che facivano lantichi, dottori? Si grattavano la panza e si taliavano i viddrichi. gli era tornata alla mente questa risposta che gli dava la nonna quandera picciliddro. Ma perch gli antichi passassero il loro tempo a grattarsi la pancia e guardarsi gli ombellichi non era mai riuscito a spiegarselo (PM, 221-222).

Nellultimo esempio proposto spicca un altro tipo di ripetizione, che d luogo allaccostamento ripetuto di due sinonimi entrambi dialettali (sbromo/gana, garrusiare/babbiare), ma lintento esplicativo si manifesta nella ricerca di un secondo termine pi comune, e gi familiare per essere stato frequentemente usato in precedenti storie. Non mancano poi esempi di vera e propria traduzione, addirittura interlineare nel caso delle parole di una moribonda faticosamente pronunciate e raccolte da Montalbano:
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Nun nun era Non era vi... vilenu. veleno Cristina u vosi Cristina lo volle e iu iu ci lu desi ma e io glielo diedi ma nun era nun era non era non era vilenu. Veleno (PM,263).

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In altri casi la traduzione si inserisce in un gioco verbale pi complesso, come nellesempio seguente, che coinvolge Catarella:
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Qualcuno ha una calcolatrice?. Io, dottori. Catarella tras, estrasse orgogliosamente dalla sacchetta una calcolatrice poco pi grande di un biglietto da visita. Che ci calcoli, Catar?. Le giornate fu lenigmatica risposta. Fra un poco te la vieni a ripigliare. Dottori le devo fare avvertenza che la macchina procede ad ammuttuna. Che significa?. Catarella equivoc, credette che il superiore non avesse capito la parola. Si spost verso la porta e spi ai colleghi: Come che che si dice in tliano ammuttuna?. Spinte tradusse qualcuno. e come la devo spingere la calcolatrice?. Come si fa con uno aralogio quanto esso non camna (LM, 147).

Come si vede, Catarella attribuisce semplicisticamente lincomprensione alla ignoranza del codice, laddove essa nasce piuttosto dallincongruit tra elementi lessicali: la cooccorrenza di calcolatrice e spingere evoca unanomalia semantica, che lascia perplessi gli interlocutori. Se qui Catarella si serve di una mera traduzione italiana, opportunamente fornita da un collega, in altri casi il narratore che indulge in spiegazioni pi ampie, vere e proprie glosse, che introduce attraverso le riflessioni del suo protagonista:
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ora mi metto a tambasire pens appena arrivato a casa. Tambasire era un verbo che gli piaceva, significava mettersi a girellare di stanza in stanza senza uno scopo preciso, anzi occupandosi di cose futili. e cos fece, dispose meglio i libri, mise in ordine la scrivania, raddrizz un disegno alla parete, pul i fornelli del gas. Tambasiva. Non aveva appetito, non era an-

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dato al ristorante e non aveva manco aperto il frigorifero per vedere quello che Adelina gli aveva preparato (FA, 151).

Certamente lattivit descritta dal verbo pare ben armonizzarsi con gli stereotipi di vita mediterranea, cos come culturalmente marcato pu considerarsi luso del verbo maritare:
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Che fare? Il problema glielo risolse il telefono che si mise a squillare. A quellora?! Capace che era quellimbecille di Mim che voleva dirgli che gli era passata la gana di maritarsi. Si diede una manata sulla fronte. ecco come era nato lequivoco la sira avanti! Augello aveva detto ho deciso di sposarmi e lui aveva capito ho deciso di spararmi. Certo! Quando mai in Sicilia ci si sposa? In Sicilia ci si marita. Le fmmine, dicendo mi voglio maritari intendono voglio pigliare marito; i mscoli, dicendo la stessa cosa, intendono voglio diventare marito. Sollev il ricevitore (gT, 49-50).

Se il modo di dire marcato come tipicamente siciliano, pu accadere che la comprensione del significato letterale delle parole non elimini la difficolt di coglierne il senso globale, in mancanza di riferimenti culturali:
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Tu, a mia, non mi vieni appresso! Per uno che non era siciliano, quelle parole sarebbero state certamente poco comprensibili, ma per Montalbano erano chiare come lacqua. Venivano a significare: tu non verrai al mio funerale, sar io a venire al tuo perch ti ammazzer prima (MM, 241).

Limportanza della comprensione delle parole confermata da un caso in cui la loro analisi puntuale e il passaggio, questa volta nella direzione opposta al consueto, dalla lingua al dialetto, aiuta a procedere nellindagine. Montalbano rilegge il passo del Vangelo di Matteo che racconta il suicidio di giuda:

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Si misi con santa pacienza a leggiri nuovamenti, squasi sillabando. e fu alle parole il campo del vasaio che prov unautentica scossa. Il campo del vasaio. Di botto, sarritrov supra un viottolo, coi vistiti vagnati dacqua di celo, a taliare uno sbalanco fatto da lastroni di crita. e risint le paroli di Ajena: chisto loco sa sempri si chiama u critaru mi vinnu la crita a quelli che flabbicano cose di crita, vasi, bmmuli, quartare. Il campo del vasaio. Traduzione: u critaru (CV, 105-106).

2 dIgloSSIa Il secondo dei due aspetti individuati allinizio, ricollegabile allambito dei problemi della diglossia, permette di riflettere sullalternanza delle lingue e sulla loro funzionalit sociale e relazionale: ci sono contesti per il dialetto e contesti per la lingua italiana; ci sono personaggi che associano luso delluno o dellaltra a particolari situazioni, stati danimo o ad un intento speciale. Cos, quanno Mim era arraggiato ass, parlava in tliano (CV, 259), avverte (in siciliano) il narratore, e questo comportamento cos caratteristico da diventare un segnale comunicativo altamente affidabile:
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Mim fin di leggiri, pos la littra sulla scrivania e, col dito indice, la fici scivolare verso il commissario. Durante la leggiuta, non aviva avuto la minima reazione e macari ora era frisco come un quarto di pollo. Prima di tutto accomenz voglio sapere come hai fatto a entrare in possesso di questa lettera. Parlava in tliano, malo signo. Forse non era accuss calmo come voliva appariri (Dg, 247).

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Se litaliano di Mim esito di una insolita sensibilit, pi spesso alla base delle scelte c la consapevolezza che in certi casi bisogna parlare italiano; persino Catarella, mosso da questa necessit, si sforza di farlo. e c la percezione di una incombente sanzione, nel caso non si rispetti la regola. emblematico il caso di un sogno, o piuttosto un incubo del commissario:
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Sattrovava in un ippodromo che aviva tre piste che procedevano parallele. Con lui cera il questore Bonetti-Alderighi impeccabilmente vistuto da cavalieri. Lui, con la varba longa e i capilli spittinati, invece aviva un vistitazzo, con la manica della giacchetta strazzata. Pariva un povirazzo che addimannava la limosina. La tribuna era china china di pirsone che facivano voci e si sbracciavano. Augello, si metta gli occhiali prima di montare! gli ordinava Bonetti-Alderighi. Non sono Augello, Montalbano sono!. Non ha importanza, se li metta lo stesso! Non vede che cieco come una talpa?. Non li pozzo mittiri, li persi vinenno qua, aiu la sacchetta sfunnata! arrispunniva lui vrigugnuso. Penalizzato! ha parlato in dialetto! diceva na vuci da un altoparlante. Lo vede che mi combina? lo rimproverava il questore. Mi scusi (CV, 208).

Litaliano si associa dunque, del tutto prevedibilmente, alla sfera pubblica, allamministrazione e in quel contesto luso del dialetto pu diventare una vera e propria colpa, se non finalizzato ad uno scopo preciso, come quello di ottenere informazioni da un testimone:
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Costantino Morabito fici un tali svuto dalla sedia che a momenti cadiva n terra. e pi e pi.. e pirch dovrebbi diri sta minchiata? Se eravamo daccordo che i Stellino non ci trasino!. e allura rapri la vucca e dimmi cu ca ci trase! grid m-

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proviso il commissario con una gran manata supra la scrivania che fici sussultare macari a Fazio. Nun lo saccio! Nun lo saccio! grid a sua volta Morabito. e si misi a chiangiri alla dispirata. Di colpo. Come pu farlo un picciliddro scantato. Montalbano vitti supra al tavolino un pacchetto di fazzuletti di carta, ne pigli uno e glielo desi. Con quello di Morabito ci si potiva oram lavari il pavimento. Signor Morabito, ma perch si mette a fare cosi? Mi meraviglio di lei che un uomo assennato! colpa mia? Che ho detto? Fazio, aiutami tu, che ho detto?. Forse simpression perch lei parl in dialetto disse Fazio con na faccia stagnata. Non me ne sono accorto, domando scusa. Certe volte mi scappa il dialetto (AS, 205-206).

evidente che lattentissimo commissario non pu essere passato al dialetto senza rendersene conto, ma lo ha fatto con una accorta motivazione, subito colta dal suo collaboratore che si presta immediatamente a fargli da spalla nella messa in scena improvvisata. Il dialetto in questo caso un mezzo intimidatorio, si associa a domande pi dirette e implica il passaggio alla forma di allocuzione colloquiale, il tu, facilmente percepito come aggressivo.17 Nella tecnica di conduzione degli interrogatori la parola ovviamente decisiva e vengono ampiamente sfruttate le opportunit offerte dal bilinguismo dei parlanti e soprattutto dalla situazione di diglossia, che spinge ad attribuire diversi valori ai codici linguistici in s. un esempio apparentemente opposto a quello precedente, mostra la minaccia nascosta questa volta non tanto nelluso dellitaliano quanto nella scelta del registro formale della burocrazia, con le sue tipiche frasi fatte e astrattezze nominali (lo stritto tliano):
Per la scelta delle forme di allocuzione vedi il cap. V; in relazione al punto qui discusso, in particolare gli esempi 189-190.
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Prendo atto di quello che ha appena detto e ne trarr le debite conseguenze disse Montalbano. Che significa? spi Dipasquale strammato. Pi che il tono di minazza, laviva mpressionato la parlata in stritto tliano del commissario (VA, 148-149).

La commutazione segue dunque principi e regole generali, le norme duso proprie delle diverse situazioni discorsive, ma anche listintiva ricerca di espressione adeguata o di contatto migliore con linterlocutore. Nello scambio di battute tipico dellinterrogatorio, un testimone passa improvvisamente al dialetto, preoccupato di venire in soccorso ad un suo compagno:
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Il ragionier Strano sazzitt, prioccupato. Il legname ancora in magazzino?. No. era gi prenotato e labbiamo. Non ci avete perso tempo, eh?. Strano tali a Crapanzano come per addimannare aiuto. Ma si pu sapiri pirch stu lignami era accuss mportanti? spi Crapanzano scordannosi litaliano (AS, 228).

La commutazione occorre, con le sue opportune motivazioni, anche in contesti meno formalizzati, come nella conversazione tra il commissario e un osservatore quasi casuale:
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Po al commissario saccost uno che disse che era il proprietario di un magazzino. Mi scusi, commissario, se la disturbo. Ma ho bisogno di sapere come ci dobbiamo comportare. Con chi?. Coi pescherecci. Ma se non ce n manco uno. Per tra due ore cominceranno a rientrare. emb?. Coi sommozzatori in azione proprio davanti ai magazzini non potranno accostare per scaricare. Stia tranquillo. Tra un quarto dora al massimo abbiamo finito.

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Ma putemo sapiri che circate? Parlari in dialetto faciva vicinanza. Certo. u m ralogio. Mi cad in acqua stamattina. Ma dicevano che le era caduta la pistola. Mero sbagliato. Li scangio sempre (Dg, 49).

Per ottenere uninformazione che soddisfi una curiosit e non una legittima esigenza, luomo cerca istintivamente un rapporto pi confidenziale, attraverso il dialetto; ma Montalbano troppo accorto, il suo dialetto mostra che ha ceduto alla richiesta, ma il contenuto della risposta rivela chiaramente una presa in giro, spingendo laltro ad ammettere, questa volta in italiano, di avere gi uninformazione ritenuta pi plausibile bench comunque insoddisfacente; infine, il commissario conclude il gioco, riuscendo a comunicare il suo messaggio efficacemente ma senza apparente contrasto: non sono fatti tuoi. Il dialetto, potenzialmente, crea complicit, vicinanza, ma pu anche spaventare, soprattutto se la commutazione improvvisa e marca un nuovo comportamento:
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Cchi che per il tono, Angela dovetti scantarsi per limproviso passaggio al dialetto. Lo tali come se lo vidiva per la prima volta (Dg, 190);

oppure pu stabilire una distanza, grazie ad una nota di commento insolita, che getta luce sullo stato danimo del personaggio:
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Vuole mangiare qualcosa? Lei molto gentile disse il vecchio dopo unesitazione. Ma guardi, solo uninsalatina, un pezzetto di formaggio magro e un bicchiere di vino. Venga di l, ho preparato la tavola. Lei mangia con me?. Montalbano aveva la vucca dello stomaco serrato, oltretutto provava una strana commozione. Ment.

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ho gi pranzato. Allora, se non le dispiace, pu conzarmi qui?. Conzare, apparecchiare. rizzitano disse quel verbo siciliano come uno straniero che si sforzasse di parlare una lingua del posto (CT, 263).

Il valore del dialetto tale che esso pu entrare, eccezionalmente, anche nel confronto tra il commissario e lautoritario rappresentante dellautorit tipicamente italiana: il questore Bonetti-Alderighi. Nel brano che segue, tratto da un lungo dialogo in cui Montalbano da accusato si trasforma in una sorta di sacro vendicatore, il dialetto marca il passaggio al colloquio diretto, da omo a omo, in cui si dicono senza cerimonie (e naturalmente con il tu) le cose vere, caricate anche dalla forza del turpiloquio, per poi tornare con leggerezza allo stile formale della normalit:
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Montalbano, lento lento, pos le mani sulla scrivania, lento lento cal il busto in avanti, lenta lenta la sua testa tras nel cono di luce della lampada. Bonetti-Alderighi si scant. La faccia di Montalbano, illuminata a met, era una stampa e una figura con una maschera africana, di quelle da mettersi prima dei sacrifici umani. e poi, tra la Sicilia e lAfrica non cera tanta distanza, pins fulmineo il Questore agghiazzando. Il commissario tali fisso fisso a Bonetti-Alderighi e poi parl, lento e vascio vascio. Te lo dico da omo a omo. Lassa perdiri il picciliddro, lassalo fora da sta storia. Mi spiegai? stato regolarmente adottato dalla sorella di Augello e da suo marito. Lassalo fora. Per le tue personali vendette, per le tue minchiate basto io. Daccordo?. Il Questore non arrispunn, lo scanto e la raggia gli facevano difficoltosa la parlata. Daccordo? rispi Montalbano. e pi quella voce era bassa, calma, lenta, pi BonettiAlderighi ne intuiva la violenza a malappena trattenuta. Daccordo fin col dire con un filo di voce. Montalbano si rimise addritta, la sua faccia nisc dalla luce.

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Posso domandarle, signor Questore, come ha avuto tutte queste informazioni?. Limprovviso cambiamento di tono di Montalbano, formale e leggermente ossequioso, stramm tanto il Questore da fargli dire quello che si era ripromesso di non dire. Mi hanno scritto (oN, 41).

Il dialetto espressione autentica, bassa ma vera, lingua in cui non si pu mentire e per questo fonte al tempo stesso di minaccia e di solidariet. Nel gioco di alternanza tra italiano e siciliano le traduzioni di servizio di cui si sono visti numerosi esempi, finalizzate a migliorare la comprensione del testo per il lettore non bilingue, si accostano a traduzioni esplicitamente etichettate come tali dai personaggi, che funzionano come cambiamenti di stile, finalizzati a restituire il senso vero delle cose. Dallitaliano al volgare:
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Montalbano? Sono Minutolo. ho parlato con il Questore. Che ha detto?. Che non vuole approfittare oltre della tua cortese disponibilit. Il che tradotto in lingua volgare significa che prima mi levo dai cabasisi e meglio ?. esattamente (Pr, 220).

Dal siciliano pi volgare allitaliano asettico del dialogo burocratico, in un brano interessante anche per altri tipi di commenti metalinguistici (che saranno esaminati pi avanti), che vanno dal ruolo del turpiloquio alla svalutazione dei luoghi comuni fino alla citazione di stile catarelliano:
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Buongiorno, signor questore. Buongiorno un cazzo!. A memoria so, mai Montalbano aviva sintuto diri una parolazza a Bonetti-Alderighi. La faccenna doviva perci essiri grossa ass.

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Signor questore, non capisco perch. Il questionario!. Montalbano si sent sollevato. Tutto qua? Fici un sorriseddro. Ma signor questore, il questionario in questione non pi in questione. Quantera bello seguire ogni tanto gli insegnamenti del grande maestro Catarella! Ma che dice?. ho gi provveduto a farglielo pervenire!. Certo che ha provveduto! ha provveduto eccome!. e allura pirch gli stava scassanno i cabasisi? Pirch gli rompiva la minchia? Tradusse le domande: Ma allora dov la questione? (VA, 232-233).

Montalbano bravo in traduzione. Quale esempio pi eclatante, e semioticamente complesso,18 della traduzione manzoniana che d il titolo ad uno dei racconti degli arancini? In Comune scomparsa la bacheca con le pubblicazioni matrimoniali e Montalbano ne discute con Augello:
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Tala la faccenna da un altro punto di vista, Mim. Chi ha fatto scomparire la bacheca, secondo mia, ha voluto significare qualche cosa. A tutte e nove le coppie? No, a una solamente. o macari solo a lui o solo a lei. Ma se avesse rotto il vetro e si fosse portato via lunico atto che linteressava, scoprire il perch ci sarebbe stato pi facile, come se ci avesse messo la firma. e cos ha dovuto portarsi appresso la bacheca intera. e che voleva significare? la traduzione in siciliano di una frase che trovi nei promessi sposi. Lhai mai letto?

18 Si tratta difatti, secondo la notissima classificazione di Jakobson (1953/19763:57), di un esempio di traduzione intersemiotica, che comporta il passaggio da un tipo di codice ad un altro.

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Lho studiato a scuola e m bastato fece Mim ammammaloccuto. e quale sarebbe la frase? Questo matrimonio non sha da fare. (AM, 236-237).

In Sicilia, terra asciutta di parole, facilmente queste, pronunciate in altre lingue e in altri testi, possono diventare gesti.

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