Sei sulla pagina 1di 14

Politici digitali e democrazia

Pietro Chiesa; Matricola n. 14050A

Artificial Intelligence − a.a. 2022/2023

Introduzione

Il seguente scritto tenta di riflettere sui rapporti tra il sistema liberal-democratico e


l’Intelligenza Artificiale (IA) attraverso le nuove figure dei politici digitali: chatbot
programmate per svolgere il compito dei politici umani. In particolare il primo
paragrafo, dopo una breve introduzione storica sull’IA, si concentra sulla figura di
Alan Turing e sul significato del Machine Learning (ML). Il matematico inglese è una
delle figure fondamentali nella storia dell’IA e le sue riflessioni hanno costituito le
premesse del ML. Per quanto riguarda le moderne tecniche di ML si è tentato di porre
l’accento sulle loro immense possibilità conoscitive. La meccanizzazione dei processi
di apprendimento costituisce un grimaldello universale. Nel secondo paragrafo si è
tentato di mostrare come nella storia del pensiero politico esista un nesso stretto tra
conoscenza e potere politico. Questa connessione giustifica le riflessioni successive.
Come le enormi possibilità conoscitive offerte dal ML, nella loro declinazione in
chatbot, possono entrare nel discorso politico? Nel terzo paragrafo, dopo aver descritto
alcuni dei casi specifici nei quali chatbot hanno tentato di entrare nella agone politico,
si è tentato di riflettere sulle conseguenze generali di queste grandi novità. In
particolare, sfruttando le considerazioni svolte da Norberto Bobbio sulla genesi e sulla
natura del sistema democratico, si è dato particolare rilievo ai problemi etici che queste
portano seco.

1. Intelligenza Artificiale e Machine Learning: conoscenza e apprendimento


automatico

L’espressione Intelligenza Artificiale, tanto utilizzata nel dibattito contemporaneo,


rappresenta la cima di un albero che affonda le sue radici fin nella cultura classica.
L’espressione appare per la prima volta nel 1955 in un articolo di John McCarthy: A

1
proposal for the Dartmouth summer research project on Artificial Intelligence1.
Prescindendo dalla funzione pratica del testo, quella di raccolta fondi, possiamo
osservare come vi si possa individuare un obiettivo preciso: quello di costruire una
macchina che sia in grado di riprodurre le funzioni dell’intelletto umano.
Tale obiettivo può essere sussunto tra quelle tendenze di lungo periodo che
permeano la storia e lo sviluppo del pensiero filosofico fin dalle sue origini. Senza
tornare fino alla scuola eleatica, possiamo constatare come il tentativo di isolare
schemi ricorrenti nel ragionamento umani inforzi la ricerca aristotelica nell’Organon2.
Quello che però è ancora inimmaginabile nei sillogismi aristotelici è la costruzione di
una macchina che possa sfruttare queste formalizzazioni. Da questo punto di vista le
figure fondamentali sono quelle di Blaise Pascal e Gottfried Leibniz. Il francese, noto
filosofo e matematico, fu il costruttore delle prime calcolatrici meccaniche,
soprannominate, appunto, le pascaline. Il filosofo delle monadi costruisce, nel corso
di innumerevoli studi, un linguaggio universale, il quale sarebbe poi dovuto diventare
il linguaggio utilizzato dal calcolatore universale. L’obiettivo di queste riflessioni era
quello di permettere alla certezza di entrare nell’ambito dell’umano: «uomini seri e di
buona volontà, seduti attorno ad un tavolo per risolvere qualche spinoso problema,
potranno formularlo nella caratteristica universale. A quel punto diranno:
Calculemus»3. Inizia quindi nel diciassettesimo secolo il percorso che, passando per il
lavoro logico di Boole, Frege, Cantor, Hilbert e Gödel, porta alla teorizzazione e,
successivamente, alla realizzazione, della macchina di Turing. Oltre agli sviluppi nel
campo della logica matematica, fondamentali per la costruzione della macchina furono
gli sviluppi nel campo dell’elettronica, i quali permisero di superare gli ostacoli che
aveva incontrato Charles Babbage nella realizzazione della macchina analitica4.
Il lavoro di Alan Turing diede inizio propriamente al campo dell’informatica e di

1
J. McCarthy, M. Minsky, N. Rochester, C. Shannon, A Proposal for the Dartmouth Summer Research
Project on Artificial Intelligence, in «AI Magazine», 27 (1955), n. 4, p. 2.
2
Organon significa strumento ed è l’espressione utilizzata da Alessandro d’Afrodisia, discepolo di
Aristotele, per indicare l’insieme di tutte le opere di logica del suo maestro. È importante ricordare lo
stretto legame sussistente tra logica aristotelica e logica booleana, la quale sarà fondamentale nel
percorso per giungere alla costruzione dei moderni computer. Cfr. M. Davis, The universal computer:
the road from Leibniz to Turing; trad. it. G. Rigamonti (a cura di), Il calcolatore universale: da Leibniz
a Turing, Milano, Adelphi, 2021, p. 40.
3
Citazione originariamente di G. W. Leibniz ripresa da M. Davis, Il calcolatore universale: da Leibniz
a Turing, cit., pp. 37-8.
4
La macchina analitica di Babbage, filosofo e matematico inglese, è stato il primo esempio di un
computer meccanico.

2
conseguenza anche a quello dell’IA. Il problema che Turing intende affrontare è «se
sia possibile per ciò che è meccanico manifestare un comportamento intelligente»5. La
risposta a questa domanda sta nella elaborazione del celebre test di Turing, criterio per
valutare la somiglianza tra l’intelligenza di una macchina e quella di un uomo6. Per
mostrare l’importanza del lavoro svolto dal matematico londinese è necessario
accennare al concetto di macchina di Turing, elaborato nell’ambito della
dimostrazione dell’insolubilità algoritmica dell’Entscheidungsproblem7. La macchina
di Turing, poi effettivamente realizzata, è un tentativo di simulazione del calcolo
umano. Le quintuple, che costituiscono il suo codice, permettono di eseguire qualsiasi
calcolo che possa essere eseguito da un essere umano. L’idea di partenza è quella
riduzionista della scomposizione delle operazioni che la mente umana svolge
calcolando. Presupposto di queste elaborazioni è la concezione del cervello umano
come macchina discreta. A partire dai lavori di Turing sono due gli aspetti che siamo
interessati a sottolineare.
In prima istanza il grande dibattito aperto da Turing è quello che caratterizza tutta
la recente storia della IA; la distinzione tra IA in senso debole e IA in senso forte. Da
un lato le macchine agiscono nel paradigma del «come se». Le macchine riescono a
produrre quello che può produrre l’intelletto umano. Lo emulano in tutti i suoi aspetti
ma non saranno mai effettivamente delle menti pensanti. Dall’altro lato invece le
macchine possono essere effettivamente menti pensati. Possono funzionare come
funziona il cervello umano. La decisione tra queste due prospettive dipende
necessariamente da qual è la concezione di mente e di intelligenza di partenza. Turing
affronta questo problema nel già citato articolo nel quale viene elaborato il test. La sua
soluzione sembra essere una soluzione pragmatica. La domanda decontestualizzata ha
poco significato e la risposta definitiva è la fiducia che, grazie ai rapidi sviluppi in
questo campo, nel giro di pochi anni la questione diventerà meno importante: «alla

5
A. Turing, Intelligent Machinery, 1948; trad. it. in G. Lolli (a cura di), Intelligenza Meccanica, Torino,
Bollati Boringhieri, 1994, p. 88.
6
Il test di Turing si basa sul principio dell’imitazione. L’idea di fondo è che una macchina è da
considerarsi intelligente se riesce a convincere un essere umano di essere anche lei un essere umano.
Cfr. A. Turing, Computing machinery and intelligence,1950; trad. it. in G. Lolli (a cura di), Intelligenza
Meccanica, Torino, Bollati Boringhieri, 1994, pp. 121-157.
7
Il problema fu posto da D. Hilbert nel 1928 e consisteva nel: «Trovare un metodo che, data una formula
della logica del primo ordine, determinasse, in un numero finito di passi ben definiti ed effettivi, se essa
era o non era valida»; M. Davis, Il calcolatore universale: da Leibniz a Turing, cit., p. 135.

3
fine del secolo l’uso delle parole e la generale opinione corrente si saranno talmente
mutate che chiunque potrà parlare di macchine pensanti senza aspettarsi di essere
contraddetto»8.
In seconda istanza mettiamo l’accento sul fatto che il matematico inglese supporta
le tesi che le macchine possano essere educate e che possano essere in grado di
prendere iniziativa, oltre ad eseguire pure operazioni di calcolo algoritmico. Questi
due aspetti aprono alla costruzione di macchine ancora più simili agli esseri umani.
Macchine in grado di superare i confini del codice scritto dal programmatore.
Macchine in grado di perfezionarsi e migliorarsi. L’educazione e la possibilità di
prendere iniziativa sono aspetti fondamentali nella definizione dell’intelligenza
umana, dai quali è impossibile prescindere per un serio tentativo di emulazione. Queste
argomentazioni nascono dalla constatazione che: «l’individuo isolato non sviluppa
alcun potere intellettuale»9. Partendo da questo presupposto l’educazione, sia
dell’uomo che della macchina, diventa fondamentale. La centralità di questi due
aspetti spalanca le porte al campo del ML.
Per quanto vasto, il campo del ML si può definire come quell’insieme di tecniche e
strumenti che permettono ad una macchina di migliorarsi, di apprendere
dall’esperienza. Per quanto riguarda questo campo: «dire che qualcosa è stato appreso
non significa solo che quel qualcosa è stato afferrato e immagazzinato, come accade
ai dati in un database. In linea generale, si può dire che i programmi in grado di
apprendere lo fanno estraendo pattern dai dati»10. L’idea dell’identificazione di pattern
di dati è ciò che permette l’effettivo funzionamento di questa tecnologia. L’apprendere
di una macchina significa in sostanza la possibilità di riconoscere schemi ricorrenti. In
questo modo la macchina può veramente relazionarsi con il mondo esterno superando
la barriera dell’esperienza che sembrava, in principio, invalicabile.
Sono due le forme maggiormente diffuse di ML: l’apprendimento supervisionato e
quello non supervisionato. La differenza sostanziale sta nel grado di autonomia del
processo. Per quanto riguarda l’apprendimento supervisionato, la macchina è guidata
da un agente umano. Le categorie tramite cui sono catalogati i dati sono preimpostate.

8
A. Turing, Computing machinery and intelligence, cit., p. 133.
9
A. Turing, Intelligent Machinery, cit., p. 119.
10
J. Kaplan, Artificial Intelligence: what everyone needs to know, 2016; trad. it., Intelligenza Artificiale:
guida al futuro prossimo, Roma, Luiss U. P., 2018, p. 43.

4
La macchina ha già nel suo codice una serie di modelli ed esempi da sfruttare; quindi,
il grado di autonomia è minore di quello dell’apprendimento non supervisionato. Di
contro, per quanto riguarda l’apprendimento non supervisionato, i dati arrivano senza
etichette ed è la macchina che deve trovare gli schemi ricorrenti, e, una volta allenatasi,
è in grado di ritrovarli. Il paragone con il processo di apprendimento umano è
esplicativo. Riprendiamo l’esempio del riconoscimento delle immagini di gatti
utilizzato da Jerry Kaplan11. Un umano apprende a identificare i gatti in un’immagine
grazie ad feedback positivo o negativo sulla presenza del gatto nell’immagine;
apprendimento per prove ed errori. Effettivamente gli vengono mostrate immagini con
gatti e immagini senza gatti e riceve un feedback. In questo modo apprende a
distinguere dove i gatti ci sono e dove non ci sono. In maniera diversa, per quanto
riguarda l’apprendimento non supervisionato, basta allenare la macchina solo su
immagini con gatti. Ciò sarà sufficiente per ottenere il risultato dell’identificazione.
Questo è possibile in virtù di un enorme insieme di correlazioni e pattern ricorrenti che
la macchina identifica, durante l’allenamento, solo sulle immagini in cui sono presenti
gatti. Il processo di allenamento – alla luce di quanto appena detto interpretabile come
apprendimento -, nonostante l’immensa mole di dati necessaria, rimane comunque
abbastanza rapido. Almeno tanto rapido quanto basta per far concorrenza, o addirittura
superare, agli esseri umani. In definitiva il ML è un insieme di tecniche che permette
alle macchine di trattare una immensa mole di dati, impensabile per un essere umano,
a grande velocità ed estrarne degli schemi ricorrenti.
Questa breve introduzione sul ML ha l’obiettivo di mostrare quali sono le enormi
potenzialità di questo campo di sviluppo. Lavorare sull’educazione, sulla possibilità
di apprendere, significa lavorare ad un grimaldello universale. I processi di
apprendimento, in tutte le loro innumerevoli forme, sono il prerequisito necessario per
qualunque forma di sviluppo: tanto per lo sviluppo emotivo del neonato quanto per
decidere tra le differenti interpretazioni della meccanica quantistica. Il fatto che una
macchina possa apprendere apre scenari immensi in tutti i campi, dalla medicina alla
politica. Inoltre se inquadriamo ciò nella cornice di una crescente capacità
computazionale, nonostante i problemi identificati dalla teoria della complessità
computazionale, possiamo immaginare le enormi possibilità di questa tecnologia. Non

11
Cfr. ivi, pp. 45-46.

5
è strano che la rapidità, congiunta alla vastità della conoscenza potenzialmente
gestibile da una macchina, generi non pochi dubbi.

2. Conoscenza e potere: la conoscenza come legittimazione del potere politico

Dopo aver mostrato nel paragrafo precedente le immense possibilità conoscitive del
IA, grazie alle tecniche di ML, in questo secondo paragrafo tenteremo di mostrare
come queste possibilità facciano sorgere non poche domande in ambito politico. In
particolare per quanto concerne la risposta a una delle quattro grandi domande della
filosofia politica, identificate da Norberto Bobbio: qual è il fondamento dell’obbligo
politico?12 Una delle possibili risposte a questa domanda è quella della sussistenza di
un nesso tra conoscenza e potere politico. Chi conosce il bene comune è legittimato a
governare. In questo senso, le strabilianti possibilità conoscitive che l’IA offre, ci
pongono davanti ad importanti questioni politiche. Il Problema del rapporto tra IA e
potere politico inerisce alla lunga e attualissima lotta tra il paradigma democratico e
quello tecnocratico.
Il primo e il principale autore ad aver teorizzato il nesso tra conoscenza e potere
politico è Platone, in particolare nella Repubblica13. L’autore ateniese infatti nella
costruzione della kallipolis14, sulla scia dell’analogia con l’anima individuale,
suddivide la popolazione in tre classi. La classe dei produttori e dei commercianti,
costituita da coloro che prediligono il guadagno, la classe dei guardiani, che avranno
il compito di difendere la polis, e infine i governanti-filosofi che, in quanto unici
conoscitori del bene, reggeranno la città. La tripartizione permette a tutti gli abitanti di
contribuire al bene secondo il loro temperamento, secondo le loro possibilità. La
divisione in classi viene giustificata ai cittadini per mezzo di una «nobile menzogna»15,
il fatto che ogni anima sia mescolata a diversi materiali preziosi: bronzo per i
produttori, argento per i guardiani e oro per i filosofi. Questa giustificazione mostra in

12
Le altre tre domande identificate da Norberto Bobbio: qual è l’ottima costituzione politica? Qual è la
natura dell’agire politico? Qual è il metodo e quali sono le condizioni di validità della scienza politica?
Cfr. N. Bobbio, Teoria generale della politica, Torino, Einaudi, 1999, pp. 5-16.
13
Cfr. Platone, Politéia; trad. it. G. Reale, R. Radice (a cura di), La Repubblica, Milano, Bompiani,
2009.
14
La discussione sulla kallipolis si svolge nel secondo e nel terzo libro, ivi, pp. 345-435.
15
Ivi, p. 527.

6
maniera evidente la scala cardinale creata dal filosofo delle idee; i filosofi ne sono
all’apice. L’aspetto della costruzione platonica che ci interessa mettere in risalto è il
fatto che a detenere il potere politico siano i sapienti. Il grado di conoscenza dell’idea
del bene è ciò che in prima battuta giustifica la posizione di dominio. Questo però è
giustificato a sua volta solo dal fatto che l’idea del bene è effettivamente conoscibile.
Quest’ultima osservazione è una condizione necessaria per qualsiasi risposta alla
domanda che giustifichi l’obbligo politico tramite la conoscenza.
Prima di passare alla contemporaneità e alle sfide che ci pone, per quanto riguarda
il pensiero moderno, ricordiamo altri due importanti esempi di questa posizione:
Voltaire e Jean Jacques Rousseau. Il padre dell’illuminismo francese, intellettuale
eclettico, forse spinto dalle condizioni politiche della Francia a lui contemporanea,
supporta la posizione del dispotismo illuminato. Il cuore di questa posizione inerisce
precisamente al nostro tema: non è importante come il sovrano governi − può anche
non essere legittimato dalla volontà dei cittadini −, l’importante è che possieda la
ragione. La conoscenza adeguata è quindi il principale motivo di legittimazione di
questa posizione teorica. Come ricordato in precedenza, perché la conoscenza possa
legittimare l’obbligo politico è necessaria premessa una concezione forte della ragione.
In questo senso, Voltaire è debitore della «scienza di Newton e dell’empirismo di
Locke che gli forniscono una nuova concezione dell’universo e dell’uomo, con il
conseguente rifiuto dell’astratto razionalismo cartesiano»16.
Sempre pensando al secolo dei lumi, è interessante osservare come, pur
supportando una struttura statale antitetica al dispotismo illuminato, anche Jean
Jacques Rousseau dia importanza al nesso tra conoscenza e potere politico. Nella parte
costruttiva della sua teoria politica, quindi nel Contratto sociale, la volontà generale
non è legittimata solo dall’essere la somma delle volontà individuali ma anche
dall’essere il bene comune. La volontà generale conosce e riconosce il bene comune.
In ultima istanza, l’aggregazione delle volontà individuali è lo strumento che permette
la conoscenza di ciò che le singole parti necessitano. Anche nel pensiero del Cittadino
di Ginevra possiamo osservare uno stringente nesso tra conoscenza e potere politico.
Saltando direttamente alle liberal-democrazie contemporanee, constatiamo come la

16
G. Cambiano, L. Fonnesu, M Mori (a cura di), Storia della filosofia occidentale 3: dalla rivoluzione
scientifica all'illuminismo, Bologna, Il Mulino, 2014, pp. 271-2.

7
conoscenza sia un elemento importante della legittimazione dell’obbligo politico.
Nonostante quella che Norberto Bobbio chiama la «rivoluzione copernicana della
storia del pensiero politico»17, la conoscenza continua ad essere un aspetto importante.
Pensiamo al moderno sistema di democrazia rappresentativa senza mandato
vincolante18 nel quale, per poter svolgere la funzione di mediazione che spetta al
politico, è necessario conoscere le istanze dei rappresentati. Nel compiere la sua
funzione di rappresentante, il politico deve essere in grado di farsi carico delle
necessità degli elettori; come potrà svolgere questo compito senza conoscerle
adeguatamente? Inoltre si stanno gradualmente affermando innumerevoli istanze
tecniche, per certi aspetti anche tecnocratiche. Al politico sembra essere richiesto
anche un alto grado di conoscenza specifica delle potenziali soluzioni ai problemi per
i quali ha ricevuto l’incarico.
In questo senso è molto interessante una considerazione di Wilfredo Pareto. Il
celebre economista, riflettendo sul concetto di tecnocrazia, osserva come il politico
abbia possibilità di sbagliare scelte per due ordini di ragioni: ragioni tecniche, a causa
di una conoscenza insufficiente, e ragioni di interesse individuale. Di contro, se la
scelta è affidata ad un tecnico, la possibilità di errore tecnico è decisamente contenuta,
ma allo stesso tempo anche il tecnico non è esente dal rischio di errare per interesse.19
La ragione dello stretto nesso tra potere politico e conoscenza consiste nel fatto che,
detto in linguaggio economico moderno, l’obiettivo della decisione politica è ridurre i
residui discrezionali del decision-making. Come si può introdurre l’IA in questo
paradigma? Grazie alle nuove tecniche di ML è possibile ridurre i residui di
discrezionalità nell’ambito della decisone politica? Questo breve excursus su alcune
delle più importanti posizioni della storia del pensiero politico e sul paradigma
contemporaneo ha la funzione di dare materialità al nesso tra conoscenza e potere
politico, quindi di giustificare le prossime riflessioni.

17
Per rivoluzione copernicana nella storia del pensiero politico N. Bobbio intende il rovesciamento
radicale del punto di vista sul problema morale. Era necessario che da un punto di vista generale si
passasse ad una prospettiva individuale per poter passare dai doveri ai diritti. L’espressione è
esplicitamene usata in senso kantiano. Cfr. N. Bobbio, L’età dei diritti, in Id. L’età dei diritti, Torino,
Einaudi, 1992, pp. 55-6 (Il saggio L’età dei diritti è una conferenza tenuta da N. Bobbio a Madrid nel
1987 e pubblicato per la prima volta in N. Bobbio, Il terzo assente: Saggi e discorsi sulla pace e sulla
guerra, Torino, Sellerio, 1989, pp. 112-25, lo stesso saggio dà il nome alla raccolta qui citata).
18
Cfr. N. Bobbio, Liberalismo e Democrazia, Milano, Simonelli, 2018, p. 43.
19
Cfr. N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino (a cura di), Dizionario di Politica, Torino, UTET, 1983,
p. 1181.

8
3. Politici digitali: tra democrazia e problemi etici

Le enormi potenzialità conoscitive dell’IA ottenute grazie alle tecniche di ML


pongono innumerevoli questioni. Cosa implica un grande cambiamento del potere
conoscitivo nella gestione del potere politico? In questo paragrafo rifletteremo sulla
figura del politico digitale. Politico digitale inteso come una chatbot, supportata da IA
e ML, che svolge le funzioni di un politico tradizionale. Il sistema politico-economico
delle liberal-democrazie è da considerarsi come cornice entro la quale inquadrare la
seguente analisi. Quello che solo pochi anni fa era uno scenario inimmaginabile nel
mondo reale, ora, in virtù del costante miglioramento dei sistemi di IA, sta diventando
realtà. Gli esempi non mancano.
Per le elezioni presidenziali del 2020 in Nuova Zelanda era sto lanciato SAM
(Semantic Analysis Machine)20. Chiamato impropriamente un IA, era in realtà una
chatbot: un software che, tramite regole di elaborazione del linguaggio naturale e ML,
interagisce con gli utenti simulando una conversazione come con un altro essere
umano. SAM si definiva come: «the world’s first Virtual Politician, driven by the
desire to close the gap between what voters want and what politicians promise, and
what they actually achieve»21. Il suo ideatore, Nick Gerritsen, un imprenditore
neozelandese, afferma che SAM è stato creato per tentare di risolvere la costante
tendenza della democrazia a degenerare verso la demagogia, che rappresenta uno dei
tipici problemi della politica contemporanea. Nel pratico, la sua funzione sarebbe
quella di creare proposte realiste basate sull’analisi di dati statistici così da diminuire
lo scarto tra promesse e possibilità reali. Fabio Pacini interpreta il caso neozelandese
come una provocazione22 per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi
dell’intelligenza artificiale in politica. Anche dando credito a questa interpretazione,
supportata dalle difficoltà legate alla attribuzione delle responsabilità giuridiche ad una
chatbot, non si può negare che SAM sollevi temi importanti.

20
Cfr. L. G. Sciannella, Intelligenza artificiale, politica e democrazia, in «DPCE online», 51 (2022), n.
1, p. 342 e F. Pacini, Intelligenza artificiale e decisione politica: qualche considerazione tra questioni
vecchie e nuove, in Antonio D’Aloia (a cura di), Intelligenza artificiale e diritto: come regolare un
mondo nuovo, Milano, Franco Angeli, 2020, p. 368.
21
L. G. Sciannella, Intelligenza artificiale, politica e democrazia, cit., p. 368. Sul caso neozelandese:
cfr. H. Sarmah, World's First AI-powered Virtual Politician SAM Joins The Electoral Race In New
Zealand, in « Analytics India Magazine», 6 agosto 2020.
22
Cfr. F. Pacini, Intelligenza artificiale e decisione politica: qualche considerazione tra questioni
vecchie e nuove, cit., p. 368.

9
Un altro esempio di politico digitale, sempre nella forma della chatbot, è quello
visto in Giappone alle elezioni amministrative di Tama New Town nel 2018. Il sistema
giuridico giapponese nega la candidatura ad agenti non umani, ma ciò non ha fermato
Michihito Matsuda, il creatore della chatbot in questione. Il politico giapponese si è
candidato in vece della sua chatbot per ovviare all’inconveniente giuridico. Oltre alle
questioni amministrative, legate a sanità e trasporti, la priorità sembra essere il tema
dell’equità. La chatbot dichiara di avere come obiettivo la creazione di «fair and
balanced opportunities for everyone»23. Il vantaggio di una politico digitale, in questa
prospettiva, è la possibilità di interloquire con tutti i cittadini senza tralasciare nessuna
delle loro richieste. Una memoria vastissima e una capacità computazionale
decisamente superiore a quella umana contribuiscono a generare l’idea di una maggior
adattabilità della proposta politica alle esigenze individuali. La pretesa che un chatbot
possa offrire maggior equità sociale rispetto ad un politico tradizionale si pone come
soluzione al dilemma posto da Wilfredo Pareto per quanto riguarda le differenti
possibilità di errore del politico e del tecnico nella discussione dello scontro tra
democrazia e tecnocrazia. Le scelte di una chatbot non soffrirebbero del problema
dell’interesse individuale, insuperabile negli esseri umani, indipendentemente dal fatto
che siano tecnici o politici.
Per riflettere sulle implicazione dei politici digitali non si può prescindere dal
riflettere sul sistema nel quale questi agiscono: nella nostra analisi il sistema
democratico. In questo senso è fondamentale la distinzione tracciata da Norberto
Bobbio tra il significato sostanziale e il significato formale di democrazia. Da un lato
il governo per il popolo, sostanziale, dall’altro il governo del popolo, formale; due
significati completamente diversi per lo stesso significante. Questa distinzione è
elaborata a partire da quella tra la democrazia degli antichi, diretta, e quella dei
moderni, rappresentativa. Questa seconda distinzione si rifà in ultima istanza a quella,
già identificata da John Stuart Mill, tra libertà degli antichi, positiva, e libertà dei
moderni, negativa. È importante ricordare la genesi di questa concettualizzazione per
tentare di comprendere in quale direzione spingono le istanze che i nuovi politici

23
B. Cole, AI Candidate Promising ‘Fair and Balanced’ Reign Attracts Thousands of Votes in Tokyo
Mayoral Election, in «Newsweek», 19 aprile 2018. Cfr. anche F. Tortota, In Giappone un robot si è
candidato a sindaco, ma gli elettori preferiscono (ancora) gli umani, in «Corriere della sera», 18 aprile
2018.

10
digitali portano con loro. Istanze che mirano, da un lato, alla maggiore aderenza delle
proposte politiche alle possibilità reali, e, dall’altro, alla possibilità di una democrazia
più vicina a quella diretta, dove tutti abbiano effettivamente una possibilità di
partecipazione.
La moderna democrazia rappresentativa si afferma nelle nuove condizioni di
estensione territoriale degli stati moderni. Si distingue dalla democrazia degli antichi
per la perdita di obbligatorietà del mandato degli elettori. I limitati strumenti tecnici
disponibili − sistemi di comunicazione, informazione e trasporto non ancora molto
avanzati − ne costituivano il fondamento materiale. Il cambiamento dei supporti
materiali della democrazia contemporanea ne implica necessariamente il
cambiamento24. La pretesa del politico digitale è quella di interagire direttamente con
tutti gli elettori, quindi di tenere tutti in considerazione. A questo punto il fondamentale
principio della democrazia rappresentativa moderna, l’assenza di obbligatorietà nei
confronti degli elettori, sembra diventare inutile. Ma allora che ne sarà del processo di
mediazione caratteristico dei sistemi democratici? La democrazia moderna, il governo
del popolo, nasce dalla tradizione giusnaturalista, dalla teoria dei diritti individuali.
L’esistenza del diritto di natura, elaborato dalla tradizione giusnaturalista, pone gli
uomini in una condizione di formale eguaglianza nelle libertà, ed il sistema
democratico si pone come unico sistema in grado di utilizzare queste nuove premesse
come fondamenta. L’eguaglianza nella libertà mette ciascuno nella condizione di
essere il miglior giudice di sé stesso. Proprio per questa ragione non vi ritroviamo il
nesso, analizzato nel secondo paragrafo, tra conoscenza e potere. I diritti inalienabili
sono la base di una teoria della morale25. Il soggettivismo etico delle giusnaturalismo
è incompatibile con una teoria sofocratica26 come quella platonica, dove i governati
possono tendere verso il bene perché esiste un solo bene. In questo senso le possibilità
conoscitive dell’IA, fintantoché supportate da una etica soggettivista, fondamentale
per alcuni dei pilastri del sistema democratico, come lo stato di diritto e il pluralismo,

24
M. Risse, Artificial Intelligence and the Past, Present, and Future of Democracy, Boston, Carr Center
for Human Rights Policy at the John F. Kennedy School of Government at Harvard University, 2021,
p. 2. La tesi di fondo del testo è che i cambiamenti della struttura democratica sono necessari, al
cambiamento dei supporti tecnici, ma indirizzabili. Viene quindi mostrato come si potrebbero sfruttare
positivamente i cambiamenti derivanti dall’IA.
25
N. Bobbio, Locke e il diritto naturale, Torino, Giappichelli, 2017, pp. 48-52.
26
Nella quale la conoscenza è il motivo legittimante del potere politico.

11
non potranno produrre i risultati pretesi. Il processo di mediazione è fondamentale per
raggiungere un accordo, non per raggiungere il bene comune, o meglio, dato che,
partendo da una prospettiva di soggettivismo etico, il bene comune assoluto non esiste,
il risultato del processo di mediazione diventa il bene comune. Ma il risultato dal punto
di vista etico è totalmente diverso da quello verso il quale vuole tendere il politico
digitale. Sempre nello stesso senso vanno le argomentazioni di Yuval Noah Harari sul
rapporto tra democrazia, IA e, più in generale, tecnologia27. Allo stesso modo Norberto
Bobbio si esprime in maniera negativa sulle possibilità della digitalizzazione della
democrazia:

La democrazia rappresentativa, che è poi la sola forma di democrazia


esistente e funzionante, è già di per sé stessa una rinuncia al principio della
libertà come autonomia. L’ipotesi che la futura computer-crazia consenta
l’esercizio della democrazia diretta, cioè dia a ogni cittadino la possibilità
di trasmettere il proprio voto ad un cervello elettronico, è puerile28.

La possibilità che un politico digitale possa garantire il significato sostanziale di


democrazia, governo per il popolo, sembra scongiurata in prima battuta, più che dal
punto di vista tecnico, da quello etico. La pretesa equità della macchina è mortalmente
colpita dallo strutturale conflitto, interno all’idea di democrazia, tra libertà ed
eguaglianza; valori strutturalmente antinomici29.
In conclusione sembra che i presupposti etici della liberal-democrazia moderna,
elaborati e diffusi principalmente dalla tradizione giusnaturalista e da quella
utilitarista, siano in contrasto sostanziale con l’oggettività che i politici digitali
pretendono di portare nel dibattito democratico. Il soggettivismo etico, e il
conseguente pluralismo, sono in contrato con l’etica oggettivista. Remo Bodei,
riflettendo sulle relazione tra l’IA e le tecniche di dominio che hanno caratterizzato la
stori umana, afferma che: «Essenzialmente, la trasposizione dell’intelligenza e della
volontà dell’uomo nelle macchine non è altro che una delle tante forme di
oggettivazione della sua soggettività»30. Proprio questa soggettività è il fondamento

27
Cfr. Y. N. Harari, Why technology favors tyranny, in «the Atlantic», (2018).
28
N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Torino, Einaudi, 1984, p. 13.
29
Cfr. N Bobbio, L’età dei diritti, cit., pp. 8-9.
30
R. Bodei, Dominio e sottomissione: schiavi, animali, macchine, intelligenza artificiale, Bologna, Il
Mulino, 2019, p. 422.

12
irriducibile del nostro sistema democratico. L’oggettivazione è impossibile in ambito
politico, la mediazione rimane una strumento strutturale. In questo senso il contrasto
etico evidenziato in questo paragrafo caratterizza i rapporti tra i politici digitali e il
sistema liberal-democratico.

Bibliografia

N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino (a cura di), Dizionario di Politica, Torino,


UTET, 1983.
N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Torino, Einaudi, 1984.
N. Bobbio, L’età dei diritti, in Id. L’età dei diritti, Torino, Einaudi, 1992.
N. Bobbio, Teoria generale della politica, Torino, Einaudi, 1999.
N. Bobbio, Locke e il diritto naturale, Torino, Giappichelli, 2017.
N. Bobbio, Liberalismo e Democrazia, Milano, Simonelli, 2018.
R. Bodei, Dominio e sottomissione: schiavi, animali, macchine, intelligenza
artificiale, Bologna, Il Mulino, 2019.
G. Cambiano, L. Fonnesu, M Mori (a cura di), Storia della filosofia occidentale 3:
dalla rivoluzione scientifica all'illuminismo, Bologna, Il Mulino, 2014.
B. Cole, AI Candidate Promising ‘Fair and Balanced’ Reign Attracts Thousands of
Votes in Tokyo Mayoral Election, in «Newsweek», 19 aprile 2018.
M. Davis, The universal computer: the road from Leibniz to Turing; trad. it. G.
Rigamonti (a cura di), Il calcolatore universale: da Leibniz a Turing, Milano, Adelphi,
2021.
Y. N. Harari, Why technology favors tyranny, in «the Atlantic», (2018).
J. Kaplan, Artificial Intelligence: what everyone needs to know, 2016; trad. it.,
Intelligenza Artificiale: guida al futuro prossimo, Roma, Luiss U. P., 2018.
J. McCarthy, M. Minsky, N. Rochester, C. Shannon, A Proposal for the Dartmouth
Summer Research Project on Artificial Intelligence, in «AI Magazine», 27 (1955), n.
4.
F. Pacini, Intelligenza artificiale e decisione politica: qualche considerazione tra
questioni vecchie e nuove, in Antonio D’Aloia (a cura di), Intelligenza artificiale e
diritto: come regolare un mondo nuovo, Milano, Franco Angeli, 2020.

13
Platone, Politéia; trad. it. G. Reale, R. Radice (a cura di), La Repubblica, Milano,
Bompiani, 2009.
M. Risse, Artificial Intelligence and the Past, Present, and Future of Democracy,
Boston, Carr Center for Human Rights Policy at the John F. Kennedy School of
Government at Harvard University, 2021.
H. Sarmah, World's First AI-powered Virtual Politician SAM Joins The Electoral
Race In New Zealand, in « Analytics India Magazine», 6 agosto 2020.
L. G. Sciannella, Intelligenza artificiale, politica e democrazia, in «DPCE online»,
51 (2022), n. 1.
F. Tortota, In Giappone un robot si è candidato a sindaco, ma gli elettori
preferiscono (ancora) gli umani, in «Corriere della sera», 18 aprile 2018.
A. Turing, Intelligent Machinery, 1948; trad. it. in G. Lolli (a cura di), Intelligenza
Meccanica, Torino, Bollati Boringhieri, 1994, pp. 88-120.
Turing, Computing machinery and intelligence,1950; trad. it. in G. Lolli (a cura di),
Intelligenza Meccanica, Torino, Bollati Boringhieri, 1994, pp. 121-157.

14

Potrebbero piacerti anche