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Tipicamente quella più utilizzata tra le due è il cambiamento di stato, che si basa sul
calore latente. Ovvero sulla sottrazione di calore da parte del liquido, che vaporizza.
Quello visto è il ciclo frigorifero tradizionale, che uso quando ho a che fare con fluidi
aventi T critica superiore alla temperatura ambiente, cioè quando stiamo utilizzando
dei vapori. Quando invece ho a che fare con un gas, ovvero un fluido avente T critica
inferiore alla temperatura ambiente, la questione è diversa. Se utilizzassi un sistema di
quel genere non riuscirei ad ottenere un liquido: essendo un gas anche se comprimo
non ottengo un condensato.
Quindi se voglio liquefare un gas devo inventarmi altro:
1) Vaporizzazione di un liquido. Posso pensare di prendere un liquido vaporizzato e
farlo scambiare con il gas. Diventa cioè la fonte di freddo per liquefare il gas.
Cioè il gas in questo caso rappresenta il fluido caldo che si raffredda. Per
esempio quello che fa il frigorifero.
2) Effetto Joule-Thomspon. Un fluido può essere raffreddato per semplice
espansione isoentalpica quando il coefficiente JT è positivo.
3) Espansione isoentropica in una macchina. Per esempio le turbine, accoppiabili a
cicli frigoriferi. Il processo abbassa la temperatura.
Il ciclo Linde è il più semplice ciclo frigorifero, e si basa su una espansione
isoentalpica.
Prendo l’aria, la comprimo da 1 a 2. È una compressione isoterma, rimuovo il calore
senza cambiare la temperatura. Poi faccio raffreddare il gas facendolo scambiare con
una corrente più fredda. Poi espando: una parte si liquefa, diventa liquido, e una parte
non si liquefa e torna indietro. Quest’ultima, parte gassosa, è comunque fredda; va a
scambiare con il gas che io ho compresso e mi abbassa la sua temperatura. Itero il
processo più volte finché non arrivo al punto 3 in cui espandendo ottengo solo liquido.
Il calore lo sto rimuovendo soltanto nella trasformazione 1-2. Ecco perché Q=h1-h2.
La prima fase quindi è di semplice raffreddamento del gas, fatta con la isoentropica.
Questo ciclo ha sicuramente un rendimento più alto del ciclo Linde, ma anche costi
maggiori visto che si usa una macchina per l’espansione.
Questo perché aumenta l’efficienza dello scambio.
FRAZIONAMENTO DELL’ARIA
Quello che abbiamo fatto finora dunque è stato condensare l’aria (gas) utilizzando un
ciclo frigorifero.
Quindi abbiamo prodotto aria liquida. Ora dobbiamo ottenere le frazioni dell’aria,
ossigeno e azoto.
Da una colonna di distillazione osservando questi dati ci aspettiamo che l’azoto esca in
testa mentre l’ossigeno sul fondo. Questo perché l’azoto è più volatile dell’ossigeno
(Teb minore rispetto a quella dell’ossigeno).
Nella colonna di distillazione ci sono anche il ribollitore e il condensatore. Nel
condensatore condensiamo il distillato, perché mi serve il riflusso in colonna. Per il
condensatore ci passa l’azoto, dato che esce in testa. Come faccio però a condensare
l’azoto, dato che è un gas e in teoria è incondensabile?
PROCESSI DI FRAZIONAMENTO DELL’ARIA: FRAZIONAMENTO A
COLONNA SINGOLA, SISTEMA LINDE
Abbiamo il ribollitore ma non abbiamo il condensatore. Quindi è una colonna con sola
sezione di esaurimento. E otteniamo una corrente di ossigeno abbastanza puro, e una
corrente di azoto non pura. L’aria entra, viene raffreddata subito (zig zag) scambiando
calore con i prodotti uscenti. Poi subisce un ulteriore raffreddamento entrando nella
parte bassa della colonna. Cede calore all’ossigeno liquido che si trova sul fondo della
colonna. Quindi qui l’aria svolge la funzione di ribollitore per l’ossigeno, ma al tempo
stesso si preraffredda prima di entrare in una valvola di espansione da cui poi viene
alimentata in colonna, in testa. Si ha praticamente un flash, perché durante
l’espansione diminuisco la pressione (prima l’aria era compressa). E diminuendo la
pressione ho una vaporizzazione della miscela. Mi si separa una frazione liquida, che
va in basso, e una frazione di vapore, che invece uscirà in testa. Vista la composizione
dell’aria diciamo allora che la frazione liquida è costituita dai componenti più pesanti,
ossigeno e argon, mentre la frazione gassosa è costituita dal più leggero, l’azoto.
Ovviamente non è che tutto l’azoto passa in fase vapore; parte di esso condensa e
rimane nel liquido. Tuttavia essendo una colonna di esaurimento, la corrente di liquido
scendendo in colonna verrà via via privata dei componenti più leggeri, l’azoto
appunto.
Come si può fare per migliorare la colonna? Dobbiamo mettere un condensatore. Ma
trovare un fluido che scambi con l’azoto per condensarlo non è facile. Dico
condensarlo perché l’azoto esce gassoso.
FRAZIONAMENTO ARIA LINDE DOPPIA COLONNA
La colonna sul fondo è tale e quale a quella di prima. Ovvero l’aria viene
preraffreddata in basso scambiando nel ribollitore con l’ossigeno più caldo. Poi c’è la
valvola di espansione.
Dopo l’espansione l’aria entra, ma entra a metà colonna. Si ha un flash dovuto
all’espansione. La frazione ricca in ossigeno va in basso, è il distillato, mentre la
frazione ricca in azoto va in testa e sale, e trova un condensatore, realizzato
sfruttando un artificio. Più si alza la pressione più la T di ebollizione è alta. Faccio sì che
la colonna inferiore lavori ad una P maggiore di quella superiore (es 5 e 1). Quello che
succede è che la T alla quale O2 liquefa a 1 bar è circa un grado più bassa di quella T
a cui N2 liquefa a 5 bar. Cioè l’ossigeno liquido della colonna superiore è in grado di
condensare l’azoto che si trova nella colonna inferiore. In questo modo l’azoto che sta
condensando fornisce calore alla colonna di sopra, e viceversa, quindi la colonna di
sotto funge da ribollitore per quella sopra mentre quella superiore funge da
condensatore per quella sotto.
Sul fondo ho una corrente molto ricca in ossigeno che esce liquida. In testa alla
colonna invece avrò azoto liquido.
Comunque l’ossigeno che esce dal basso non è proprio puro. Viene preso, passa in una
valvola di espansione ed entra nella colonna superiore. Da lì uscirà più pura. L’azoto
invece, dalla colonna inferiore dopo lo scambio di calore viene espanso e mandato
nella colonna superiore. Dalla seconda colonna poi ottengo azoto gassoso al 99%. E
l’ossigeno GASSOSO (ma potrei anche prelevarlo in fase liquida) (si vede da dove è
posta la freccia nella seconda colonna) che ottengo invece sarà del 95%, perché
contiene anche un 5% di Argon che è condensato.
Come faccio allora a separare l’argon? Non è facile: le T di ebollizione di O2 e Ar sono
abbastanza vicine. Quello che normalmente si fa è inviare questa corrente ad una
ulteriore colonna che mi serve per eliminare l’argon.
L’ossigeno sarà più o meno puro anche a seconda dell’alimentazione, di dove la metto
(punto C). Metto più in basso tendo ad avere un azoto più puro, lo metto più in alto
tendo ad avere un ossigeno più pulito (e un azoto sempre più sporco). Perché?????
La corrente entra in colonna, dall’alto esce argon puro e dal fondo ossigeno e un
pochettino di argon.
Quali sono gli inconvenienti che si possono incontrare? Devo essere certo che non
siano presenti sostanze che possono solidificare, per esempio acqua e CO2, che
liquefa e solidifica molto facilmente. Quindi devo rimuoverle. Come faccio?
ESSICCAZIONE dell’aria per rimuovere acqua, e si fa con scambiatori che lavorano a T
prossima a quella di liquefazione dell’aria: l’aria viene mandata qui e via via che passa
tende a liberarsi della CO2 e dell’acqua residua, che si limitano a depositarsi sulla
superficie dello scambiatore. Quando il “?” di uno scambiatore diventa troppo alto,
cambio lo scambiatore, e il primo lo rigenero.
Cold Box. Dove si effettua l’ultimo scambio di calore, e dove avviene la distillazione.
Che ci facciamo con l’argon? In tutte quelle applicazioni ad alta temperatura
in cui devo utilizzare un inerte, perché se usassi l’azoto si formerebbero le
NX.
L’altro modo per produrre ammoniaca è utilizzando l’idrogeno, che troviamo nell’acqua
e negli idrocarburi. Quindi utilizzo una di queste due sorgenti come fonti di idrogeno.
L’elettrolisi dell’acqua la faccio dove ho energia elettrica a basso costo, quindi dove ci
sono le dighe e dove c’è acqua a volontà: in Norvegia e in certe zone dell’Africa
(perché in quelle zone l’energia prodotta è praticamente inutilizzata).
Cicli per bassissime temperature (per la liquefazione dei
gas)
L’ottenimento di bassissime temperature può essere ottenuto attraverso
cicli sovrapposti cioè cicli frigoriferi nei quali l’evaporatore del ciclo
superiore scambia calore con il condensatore del ciclo inferiore.
E’ evidente che i vari cicli sono percorsi da fluidi diversi fra loro in modo
che le pressioni siano ragionevoli (non molto elevate e comunque superiori
alla pressione atmosferica) e l’efficienza sia adeguata (cicli sottocritici).
Nel caso della liquefazione dell’aria, al fine di una separazione dei
componenti principali cioè ossigeno, azoto e gas rari, sono stati proposti due
cicli (Linde e Claude) che costituiscono la base per altri impianti più
complessi.
Questi cicli sono caratterizzati dalla presenza di uno scambiatore in
controcorrente che porta l’aria compressa ad una temperatura
sufficientemente bassa in modo che l’espansione isoentalpica produca
raffreddamento (per i gas ideali l’isoentalpica coincide con l’isoterma e
quindi è necessario un preventivo raffreddamento per portare il gas in uno
stato partendo dal quale si abbia raffreddamento; l’effetto Joule-Thomson
permette di valutare tale raffreddamento e la curva di inversione dell’effetto
Joule-Thomson separa le zone del diagramma di stato che presentano
comportamento opposto).
La differenza fra i due processi consiste nel fatto che il ciclo Linde sfrutta
esclusivamente espansioni isoentalpiche mentre quello di Claude divide
l’espansione in una parte isoentalpica ed una in un espansore (espansione
idealmente isentropica, praticamente politropica) con produzione di lavoro.
Il lavoro prodotto dall’espansore può essere utilizzato per ridurre la spesa
energetica di compressione, ma è sufficiente che esso sia estratto dal fluido
non contribuendo così all’incremento entalpico dello stesso.
Il ciclo Linde pertanto, a fronte di una maggiore semplificazione richiede
però una pressione iniziale superiore a 100 bar, mentre per quello di Claude
è sufficiente una pressione di poco superiore a 40 bar
La colonna opera una prima distillazione dell'aria nei suoi due costituenti principali; sul fondo si
raccoglie ossigeno al 40% ed azoto al 60%, in testa si raccoglie azoto al 98%.
La condensazione dell'azoto in testa viene operata tramite la miscela di ossigeno e azoto prodotta sul
fondo della colonna e espansa a pressione atmosferica. La miscela si trova a temperatura più bassa
dell'azoto. Anche l'ossigeno liquido al 40% viene inviato alla seconda colonna, ma ad un piatto
intermedio. Parte dell'azoto liquido puro prodotto viene usato come fluido refrigerante nella seconda
colonna.
Le due colonne sono poste tradizionalmente sovrapposte, tuttavia negli impianti moderni è anche
possibile separarle ed utilizzare pompe per inviare l'ossigeno liquido alla testa della colonna ad alta
pressione.