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I 7 passi della tentazione, secondo Gen 3.

1. La suggestione
La porta d’ingresso al peccato è un semplice pensiero. È esogeno, non si identifica con noi. Ciò non vuol dire
che tutti i nostri pensieri ci portino al peccato, ma si inizia da lì. I pensieri non sono peccato in sé, se
riusciamo a ignorarli se ne vanno, ma spesso non li ignoriamo e diventano sempre più insistenti. Non è
oggetto di confessione l’essere tentati. È normale. Sono pensieri che portati alle estreme conseguenze
portano a essere guidati da una paura, portano all’amor proprio, a non fidarsi di Dio, a dare molto peso a
cose terrene (il serpente striscia sul suo ventre) e poco a quelle del Cielo e alle cose ultime (Novissimi).

2. Il turbamento.
L’intervento non umano destabilizza.

3. Il dialogo.
Entrare in dialogo con la tentazione è pericoloso. Inizia una lotta con un’intelligenza che ci supera. Il
serpente è la più astuta delle bestie. Potremmo ancora vincere e respingere la tentazione, ma quanta
fatica. Si entra in una lotta, una battaglia spirituale, che ci ruba tempo ed energie, e con un avversario più
astuto di noi, che alla lunga ci vince. Che sarebbe successo se invece di continuare a parlare col serpente
Eva avesse parlato con Dio? «Signore, questa cosa che dice il serpente è strana, non mi convince …».
Il tentatore ha le sue strategie, che sono: 1) assolutizza un bisogno, che può essere un desiderio
concupiscente, un sentimento o spirituale «sarete come Dio»; 2) banalizza delle realtà,: «non morirete
affatto», cercando di non far pensare alle conseguenze; 3) Ssottilmente insinua un dubbio, una sfiducia sulla
bontà di Dio, sul suo essere Padre; 4) quando vede che si vacilla, mette fretta. Come insegna Sant’Ignazio: a)
sfrutta il meccanismo della paura, opposta alla fiducia in Dio; b) conosce i nostri punti deboli; c) cerca di
restare nascosto, evitandoci di entrare in il dialogo con Dio, con un direttore spirituale o con un fratello
nella Fede.

4. Il consenso.
È il momento decisivo in cui aderiamo alla suggestione del nemico. È questo il vero momento in cui
avviene il peccato, anche se materialmente non è ancora stato eseguito. I sensi esterni interni ed esterni
sono pervertiti. «Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e
desiderabile per acquistare saggezza» (Gen 3,6a).

5. La passione.
Il male viene materialmente commesso. Si percepisce una spinta interiore, frutto della perversione delle
nostre percezioni, che è impellente, mette fretta, … Anche la nostra libertà è stata menomata. Il peccato
rende schiavi. «chiunque commette il peccato è schiavo del peccato» (Gv 8,34). Rialzarci diventa difficile, e
ad ogni caduta lo diventa di più. Ogni volta il peccato chiede di più.

6. La comunicazione del peccato.


Il finale è tragico. Per quanto possa essere piccolo il nostro peccato, ha sempre conseguenze sugli altri. I
nostri sensi, pervertiti, diventano fomite di peccato per chi entra nel nostro raggio d’azione.

7. La vergogna per il peccato e il senso di colpa.


Dopo esserci resi conto del male che facciamo, arriva il senso di colpa, che anziché risarcire il male, ci porta
a continuare a separarci da Dio se non accettiamo con umiltà le nostre mancanze e chiediamo perdono.
L’esito è esattamente l’opposto a quello promesso dal tentatore. Opera una triplice scissione, generando
un rapporto difficoltoso con la natura, nella relazione con l’altro e con Dio.
I 7 passi della Redenzione, secondo Lc 1.
1. L’ispirazione
La porta d’ingresso alla nostra redenzione è un’ispirazione dello Spirito Santo. È una Parola flebile, ma
creatrice. Si esprime con una parola di Dio, che, dal significato in ebraico di dabàr “parola”, può essere sia
un evento che una Parola di Dio. Sono pensieri che portati alle estreme conseguenze portano ad amare Dio
e gli altri per amore di Dio, e portano ad atti di Fede, Speranza, Carità, a vincere la paura, a considerare le
realtà del Cielo e delle cose ultime (Novissimi).

2. Il turbamento.
L’intervento non umano destabilizza, rompe sempre l’omeostasi, la rigidità del proprio assetto. Infatti, una
volta accolto, ci mette in cammino al seguito di Gesù. Dicevamo appunto, che è creativo.

3. Il dialogo.
Il fatto che una Parola venga da Dio non significa rinunciare al tentativo di comprendere meglio, che
avviene nel dialogo con Dio e con i suoi messaggeri. Si entra in un combattimento spirituale, nel quale
occorre prima discernere il punto d’arrivo del pensiero iniziale, per capire se si tratta di una suggestione o
ispirazione, poi vincere le nostre resistenze, ostacoli, mancanza di fiducia in Dio. Certamente Dio lascia
sempre libero l’uomo di rispondere. Questo non significa che in questa battaglia non si possano perdere
tempo ed energie inutilmente.

4. Il consenso.
È il momento decisivo in cui accogliamo l’ispirazione divina. È questo il vero momento in cui avviene la
vittoria e l’adesione alla volontà divina. «Avvenga di me secondo il tuo discorso (Lc 1,38)». Avvenga è in
modo ottativo, esprime un desiderio. L’accoglienza inizia a provocare un risanamento dei senti sensi interni
esterni ed esterni precedentemente pervertiti. L’assenso è sempre un atto di Fiducia in Dio e di
Obbedienza. Non si tratta di capire, ma di accettare di vivere qualcosa che riconosciamo venire da Dio.
Zaccaria aveva voluto capire, in altre parole prendere dall’albero del bene e del male, perciò l’angelo gli si
rivolta contro. Maria, invece, vuole vivere, prende così dall’albero della vita. Per questo con lei l’angelo
continua a parlare in modo luminoso. Ciò che avverrà in lei è opera dello Spirito Santo, non un’opera
umana, infatti supera le nostre forze. Inoltre, Dio poserà su di lei la sua ombra, ovvero ci sarà bisogno che
Dio faccia un’opera nel suo cuore, con cui si incontrerà intimamente nella preghiera.

5. L’Incarnazione.
Cristo accolto, nasce in noi. Diventiamo portatori di Cristo. L’uomo resta libero e di fatto viene liberato,
rientra in sé stesso (cf. Lc 15,20), il suo vero io. Mentre si sperimenta una liberazione, si sperimentano
anche una crescita di Fede, Speranza, Carità, pace e serenità spirituali. La reiterazione di questa accoglienza
e incarnazione permette di gustare “e vedere” la bontà del Signore.

6. La conferma della Chiesa, la Comunicazione del bene


L’opera dello Spirito Santo in noi è sempre diretta ad un bene per la comunità e mai solo personale. La
comunità ha il compito di confermare e validare l’ispirazione accolta, valutandone i frutti (cf. Lc 1,39ss
“Visitazione”).

7. La gioia, la gratitudine, l’armonia


Dopo segue l’esultanza, che è esplosione di gioia e frutto di un amore che si espande (cf. Lc 1,46 ss
“Magnificat”). Gli esiti sono la lode ed unione con Dio, la gratitudine, la comunione con i fratelli con i quali
siamo in comunione amorosa e di servizio, la pacificazione col creato. Crescono Fede, Speranza e Carità. Si
riconosce la nostra piccolezza di fronte ai frutti che sono fuori dalla portata delle premesse, per cui si
riconosce l’opera di Dio, che è ciò che ci viene chiesto di comunicare alla generazione futura.

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