Le désir rend
possible
l’impossible
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MARIO PERSANO
In particolare:
1) “L’emergenza educativa nel tempo della smemoratezza e
della insensatezza”: il valore insostituibile dell’esperienza.
2) La crisi dell’educazione.
3) La profondità della crisi: scomposizione dell’umano
nella “cultura dell’insensatezza e nella crisi dell’io”.
4) Il recupero della radice umana della capacità educativa:
la relazione educativa.
5) L’educazione ha come oggetto la persona.
6) Autorità e Tradizione.
7) L’emergenza educativa nella famiglia, nella scuola, nella
società con rifermento ai mass-media e allo sport.
Testi consigliati:
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dalla passione per la realtà e per tutta la sua inesauribile
bellezza che ieri come oggi non è mai troppo facile o scontato
riconoscere e toccare con mano. Questa passione per la realtà
è il fondamento più importante del cammino educativo, è il
punto di partenza per riconoscere e confrontarsi con i propri
desideri e le proprie aspirazioni. È contagiare intelligenze,
cuori ed emozioni indirizzandoli all’amore e all’accoglienza
della realtà nella sua ampiezza di espressione e manifestazione.
Insegnare a capire ed amare il reale è anche contrastare chi
intende o pratica l’educazione come schermo protettivo,
spesso mistificante.
Il contatto diretto con la realtà è sempre faticoso, assai più
semplice è nasconderla sotto il velo di mille e sottili sofismi.
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inestirpabili desideri, di quelle irriducibili esigenze hanno
l’ampiezza e la profondità del rapporto con l’infinito. Essi
nascono dal pozzo profondo da cui trae origine il nostro
“io” e nel proprio dinamismo tendono dalla superficie
dell’apparente alla profondità dell’origine, dell’essere.
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considera la verità più di quello che sa. Egli è testimone
di un modo di conoscere che desidera e applica per sé. Il
suo compito è quello di introdurre il giovane alla totalità
della realtà in un’intensità e adesione tali che i desideri e
le domande possano emergere, così come Dante dichiara:
“Ciascun confusamente un ben apprende,
nel qual si quieti l’animo e disira,
perché di giugner lui ciascun contende”
(Purgatorio XVII, 127-129)
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Perciò mettiamoci in coda, seguiamolo, guardiamolo, stiamo
attenti a lui e cerchiamo di mettere a posto le cose come siamo
capaci”.
La guida, l’educatore è un uomo che ha vissuto e vive la
compagnia per un modo di affezione nuova che nasce tra
le persone: in essa domina su qualsiasi altro sentimento la
stima dell’altro, la disponibilità ad aiutare, un’amorosità
disposta a soccorrere l’altro, a condividere sempre il
bisogno, nella percezione fisica del tempo e dello spazio
come via al destino. Perciò mostra ad altri come tutto
ciò nasce in se stesso, dal momento che l’educazione è
innanzitutto comunicazione di sè.
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rende viva e reattiva la propria vita. I malesseri più evidenti
degli adolescenti rispecchiano questa mancanza o difficoltà
di trasmissione di esperienza. Essi sono spinti al consumo
frenetico di oggetti, ad ogni possibile divertimento, a non
aver inibizioni, a riempire il vuoto continuamente e a non
rapportarsi con la noia e il dolore. Ma non c’è nessuno che si
introduce tra questo imperativo sociale e il giovane, lasciato
solo e in balìa di se stesso e delle sue aspirazioni più profonde.
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L’emergenza educativa nel tempo
della smemoratezza e della insensatezza:
il valore insostituibile dell’esperienza
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“Ci vuole l’educazione e ci vogliono i maestri capaci
di insegnare. Ma è difficile avere l’una e gli altri se non
c’è un patrimonio di valori e di saperi, diciamo pure una
tradizione, ritenuta degna di essere tramandata (CEI, “La
sfida educativa”, editori Laterza, Bari 2009).
Chi è impegnato nella scuola come l’insegnante che al
mattino entra in classe col desiderio di rendere partecipi
i ragazzi della sua competenza così da aiutarli a guardare
e ad affrontare la realtà in modo diverso e con uno
sguardo positivo sulle persone e sulle cose, sa benissimo
che la lezione non sarà mai sufficiente per accendere il
loro interesse. C’è bisogno di una presenza carica di
attrattiva, un’espressione di umanità coinvolgente tanto
da illuminare la possibilità di un cammino comune
nella realizzazione di sé e nella ricerca del significato
della realtà. È indispensabile suscitare l’interesse e la
volontà di compiere un passo, di seguire una strada nella
consapevolezza di non sentirsi soli.
Giovani e adulti non possono allontanare da sé lo
scetticismo e l’indifferenza che inesorabilmente sfociano
in quel nichilismo che divora ogni traccia di umanità e
di desiderio se l’insegnamento è lontano dalla realtà e
dalla condizione personale. Ma possono interessarsi e
immedesimarsi nel momento in cui si imbattono in chi
documenta una pienezza di umanità desiderabile per se
stessi. Accade così un’inesorabile sfida alla ragione e alla
posizione umana precostituita tale da provocare una
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reazione, qualunque essa sia, sia che si aderisca sia che si
rifiuti.
L’educazione non può esaurirsi nella spiegazione del
reale, ma deve essere uno strumento efficace per entrare in
esso. Se vogliamo introdurre i giovani alla scoperta della
realtà possiamo farlo solo se noi per primi compiamo il
percorso che proponiamo agli altri: se i giovani scorgono
nel nostro volto di adulti la letizia e la certezza di
un’avventura umana più bella e attraente, testimoniata dal
nostro modo di vivere, allora potranno interessarsi a quello
che diciamo e forse potrà sorgere in loro il desiderio di
seguirci immedesimandosi nelle ragioni per cui viviamo.
L’educazione è una testimonianza di un bene che si
vive. Dal momento che la realtà non è sufficentemente
riconosciuta ed abbracciata se non viene affermato il
suo significato, la prima responsabilità dell’educatore
è rispondere non in maniera astratta ma con azioni alla
domanda di bene, di senso, di ricerca di significato e
dunque di felicità.
Perciò il compito educativo si può riassumere con una
parola che esprime anche il metodo: la testimonianza.
Essa è tale perchè si comunica da persona a persona e si
può vivere anche del riverbero che provoca nelle persone
che ne sono colpite.
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umana “dobbiamo prima di tutto aprirci a noi stessi, cioè
accorgersi vivamente delle nostre esperienze, guardare con
simpatia l’umano che è in noi, dobbiamo prendere in consi-
derazione quello che veramente siamo. Considerare vuol dire
prendere sul serio quello che proviamo, sorprenderne gli aspetti,
cercarne tutto il significato” (L. Giussani).
Considerare qualcosa o qualcuno vuol dire farne esperien-
za. Per L. Giussani il significato e la modalità di applicazione
dell’esperienza è il fondamento dell’educazione e della cre-
scita personale nella scoperta di sé, della realtà e dell’altro.
“L’esperienza è ciò che ci fa crescere nella dimensione naturale
di cui siamo fatti”, afferma L. Giussani nel “Il cammino al
vero è un’esperienza” (SEI, Torino 1995) e approfondisce:
“Spesso non consideriamo l’esperienza nella sua completezza e
nella sua genuinità, ma a partire da espressioni parziali come
frequentemente accade nel campo affettivo, negli innamoramen-
ti o nei sogni. Ciò che caratterizza l’esperienza è il capire
ciò che accade, comprenderne il senso: essa dunque implica
l’intelligenza del senso delle cose. Il senso di una cosa si
scopre nella sua connessione con il resto del mondo, perciò
fare esperienza di un qualcosa vuol dire “scoprire a che
cosa serve per il mondo”.
Fare esperienza è dunque accorgersi dei due aspetti fonda-
mentali dell’uomo, la capacità di comprendere e la capacità
di amare: ciò che caratterizza l’esperienza è comprendere e
aderire a ciò che accade. Ancora L. Giussani: “Spesso con-
fondiamo l’esperienza con dei pregiudizi o degli schemi magari
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inconsapevolmente assimilati dall’ambiente. Invece di aprirci in
quell’atteggiamento di attesa, di attenzione sincera, di dipen-
denza che profondamente l’esperienza suggerisce ed esige, spesso
imponiamo all’esperienza categorie e spiegazioni che la bloccano
e la angustiano presumendo di risolverla”. Perciò “l’esperienza
è il metodo fondamentale attraverso cui la natura favorisce lo
sviluppo della coscienza e la crescita della persona”.
Facendo esperienza di un avvenimento, di ciò che acca-
de e che provoca meraviglia, cogliendone tutti gli aspetti e
paragonandola con il proprio cuore e la propria mente si
cresce nella consapevolezza di sé. L’esperienza autentica è
un aderire e un far proprio ciò che viene indicato attraverso
la partecipazione e il coinvolgimento di mente e cuore per
comprenderne il significato e il valore. Per poter crescere c’è
bisogno di essere provocato da qualcuno o da qualcosa che
attrae e desta stupore.
Una vera e autentica esperienza nell’incontro con avveni-
menti significativi o con persone autorevoli allarga l’orizzonte
della mente e del cuore, domanda il significato di ciò che
accade, apre a ciò che è più grande, al riconoscimento del
Mistero che racchiude il senso, l’origine e il significato di
ogni cosa.
“È ragionevole chi sottomette la propria razionalità all’e-
sperienza” (J. Guitton) dal momento che l’esperienza è
l’emergere del reale perciò la ragione deve saper leggere
l’esperienza e non viceversa, altrimenti crea un pregiudizio.
La realtà si rende evidente nell’esperienza perchè essa è
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il “luogo dove la realtà emerge in un determinato volto, se-
condo un determinato aspetto, secondo una sua determinata
flessione” (L. Giussani).
Perciò è indispensabile considerare come punto di
partenza l’esperienza per conoscere noi stessi e la realtà,
liberando la nostra mente dal condizionamento delle im-
magini, dagli schemi e dalle riduzioni a cui siamo sottopo-
sti, influenzati dall’esterno, dalla mentalità di tutti o delle
nostre convenienze immediate.
Il cammino al vero diventa dunque un’esperienza
solo se attiviamo il paragone consapevole tra quello che
proviamo e le esigenze che ci costituiscono.
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Sono presentati alcuni suggerimenti per affrontare
l’emergenza educativa, senza pretesa accademica,
per favorire la ripresa e lo sviluppo di temi come
la consapevolezza di sè e della realtà, la libertà e
responsabilità delle proprie scelte insieme alla centralità
della persona e alla funzione insostituibile dell’esperienza,
essenziali per un autentica educazione.
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Suggerimenti per un’educazione
possibile: l’emergenza educativa
è la sfida decisiva e più urgente
per l’uomo e per la società
Introduzione
“Il cammino educativo non è un interesse all’altro per
un proprio progetto, ma è una comunione di umanità
nella quale abbiamo la consapevolezza del destino: per
questo ci muoviamo con attenzione capillare alla realtà
dell’altro”. (L. Giussani)
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L’educazione, “introduzione alla realtà totale”
(L. Giussani) è un processo umano, globale e originario
in cui entrano in gioco e sono determinanti le strutture
fondamentali della personalità umana:
- la relazionalità, naturale costituzione relazionale dell’uomo
- il desiderio di amore e di felicità, fondamento originale
della natura umana
- la consapevolezza e la maturazione a comprendere e a
valutare
- la libertà nel suo rapporto insostituibile con la
responsabilità (da respondeo, rispondere e orientare la
propria vita secondo un riferimento ideale e concreto
allo stesso tempo)
- la credibilità e l’autorevolezza di chi ha il compito di
educare.
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La crisi dell’educazione
È emergenza educativa
• perché i rapporti tra le generazioni sono diventati più
incerti e problematici soprattutto nella trasmissione e
condivisione dei modelli di comportamento e di vita
• perché le possibilità di un’autentica formazione della
persona sono diventate precarie per la difficoltà di
mettere in relazione costruttiva le componenti
essenziali dello sviluppo della personalità:
- la consapevolezza di sé e della realtà (fondamento
dell’identità personale e del rapporto con la realtà)
- la libertà e la responsabilità delle proprie scelte (fondamento
della possibilità di determinazione e di progettualità).
È emergenza educativa sia per la mancanza di relazione
e di comunicazione che si manifesta tra i soggetti
dell’educazione e sia per la necessità di soddisfare e
realizzare quella parte indispensabile dell’uomo che è la
sua dimensione naturale originaria:
- il bisogno di amore e la sua corrispondenza affettiva
(capacità di generare)
- il bisogno di conoscenza nelle sue dimensioni di comprendere
e valutare (capacità di giudizio)
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- la libertà personale e la dimensione autorevole dell’educatore
(capacità di responsabilità).
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La profondità della crisi
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b) La ripresa educativa deve realizzarsi come comuni-
cazione tra generazioni in una società in cui prevale il
fenomeno del relativismo “che sottrae la luce della verità e
conduce ogni persona a dubitare della bontà della sua stessa
vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del
suo impegno a costruire con gli altri qualcosa di comune”
(Benedetto XVI). Le conseguenze inevitabili e diffuse della
mentalità relativista dominante nella vita personale si
manifestano come
- insoddisfazione
- senso di vuoto esistenziale
- sradicamento dei legami e degli affetti
- fragilità personale o senso di incapacità
- precarietà delle relazioni
- mancanza di autostima fino all’odio di sè.
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• della crisi generale della famiglia, della sua concezione
ideale e della sua tenuta, le cui cause sono:
- la denatalità, mancanza di fiducia nella vita e di capacità
della sua trasmissione
- la marginalizzazione sociale dell’impegno formativo
scolastico, universitario e professionale
- l’individualismo che sottrae alla responsabilità per la vita
civile
- le difficoltà ad affrontare con serietà e responsabilità la
malattia, la vecchiaia, la morte, momenti inevitabili
della vita, insieme alle prove e agli ostacoli quotidiani.
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Senso vuol dire significato e direzione, capacità di dare
un nome alle proprie esperienze ed esigenze, azioni e
relazioni, in un ordine più vasto che orienta il progetto
del vivere ed aiuta la valutazione dell’agire, attraverso le
seguenti condizioni fondamentali:
• provenienza da….. origine: da dove veniamo
• appartenenza a...…identità: chi siamo
• indirizzato a…...…destino: dove andiamo.
Ammettere un senso delle cose che ci circondano e di
ciò che facciamo vuol dire riconoscere un orizzonte più
grande entro cui si formano ipotesi, in cui si instaurano
confronti e anche conflitti, ma con cui si è in riferimento
e in comunicazione.
In questa prospettiva le funzioni dell’autorità e della
tradizione sono parte integrante della comunicazione
educativa e attraverso la loro riconosciuta o smarrita
influenza la libertà si ritrova in relazione consapevole e
attiva e può ricercare e ricostruire l’identità personale e la
capacità di responsabilità.
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• come prevalenza della cultura tecnologica che
produce mezzi ma non dà scopi, propone possibilità
innumerevoli ma nessun criterio di scelta.
La tecnologia è considerata senza limiti dal momento che
tutto è illimitatamente manipolabile dalle Scienze.
Gli strumenti tecnologici tendono a determinare e a
manipolare particolarmente
- la realtà esterna, il mondo
- il proprio corpo e la propria psiche
- la trasmissione della vita e la morte
- le scelte e le relazioni, tutte realizzabili e tutte revocabili.
Senza la capacità di un senso critico e di riconoscimento
dell’appartenenza per la propria crescita personale il
giovane sperimenta l’inesperienza (esperienza è ciò che
fa crescere) e conseguentemente un senso di incertezza
per la costante pressione sulla persona della complessità
del mondo, dell’asprezza della dura competitività e della
sua impietosa richiesta di prestazione, della mancanza
di riferimenti ideali e di compagnia alla propria vita.
f ) L’esistenza di ciascuno si presenta divisa tra “sogno di
potenza” e “desiderio di rassicurazione”
e conseguentemente tra
- realtà di rischio e di insicurezza
- libertà personale e determinismo sociale (moda e
conformismo)
- narcisismo individuale e omologazione di gruppo o di massa.
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Abbandonata a sè stessa la persona è in una condizione
di smarrimento, di solitudine profonda, di segreta
depressione, di sofferenza che non assume oggi il
modello contestatario della trasgressione e del conflitto
perché non c’è più norma da trasgredire e un nemico con
cui confliggere, bensì il modello:
- della sovrastima di sé e del successo narcisistico
- della condizione di depressione da cui la rinuncia a vivere in
prima persona.
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Scomposizione dell’umano
nella “cultura dell’insensatezza e nella crisi dell’ io”
Alcune considerazioni:
• Il progresso e l’influenza sociale delle Scienze e della
Tecnologia progressivamente le ha rese paradigma
della razionalità tendente a rinchiudere tutto ciò che
non appartiene ad essa in una dimensione a-razionale
o irrazionale: il mondo degli affetti diviene
contrapposto a quello della razionalità.
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rispetto all’esperienza vissuta e alle questioni di senso.
L’affettività si riduce alla reattività emozionale, estranea
alla vita razionale, perciò spontaneista ed incontrollata e
sempre più povera di valore simbolico (prevalenza della
anaffettività).
Si perde così l’unità della persona (il centro unitario
della personalità) in grado di camminare verso la propria
maturità con senso di responsabilità.
Si avverte la mancanza dell’esperienza di una
razionalità affettiva e un’affettività ragionevole, il cui
vissuto sia sin dall’inizio unitario e perciò costruttivo
di una personalità equilibrata.
Le stranezze di alcuni atteggiamenti giovanili sono
conseguenza di una richiesta insoddisfatta, a volte tacita,
di una esistenza dove sensibilità e intelligenza, affetto e
giudizio, cuore e mente non perseguono lo stesso cammino.
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Modelli educativi diffusi che riflettono il contesto
culturale esistente a conferma della scissione antropologica:
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Il recupero della radice umana
della capacità educativa
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L’educazione ha come oggetto la persona
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Nella realtà concreta del soggetto dell’educazione è
compresa oggi particolarmente quella componente del
suo essere persona in cui si rivela il suo strutturale essere
in relazione: l’identità-differenza sessuale.
Una crescita armonica dell’identità personale, nelle
sue pieghe affettive, intellettuali e spirituali, non può
che intrecciarsi con la propria specifica configurazione
sessuale, con l’essere determinato dalla natura come
uomo e come donna.
La connotazione sessuale è costitutiva e strutturante
la personalità della donna e dell’uomo, che possiedono
con essa anche una differente percezione del mondo,
l’una più protesa a potenziare i luoghi della creatività e
del pensiero intuitivo, l’altro più disposto a utilizzare gli
strumenti della razionalità argomentativa e produttiva.
Una certa cultura esalta oggi la differenza ma pratica
e promuove l’indifferenza. Guarda senza distinzione
l’universo giovanile, appiattendo l’intero ventaglio
dei desideri secondo logiche omologanti e neutre (la
moda unisex e i comportamenti standardizzati), omologa
l’omosessualità come modello relazionale, fa del genere
una scelta a prescindere dal dato della differenza sessuale,
usa volentieri nello spettacolo e nella pubblicità l’allusione
all’umano androgino.
Oppure quando fa riferimento alla differenza sessuale
la esaspera e la oggettivizza al massimo, come maschio o
come femmina contrapposti.
È un cultura che mentre elogia la differenza la teme.
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Questa mentalità dominante impoverisce la
percezione del valore simbolico della differenza sessuale
sia come paradigma essenziale della relazione, fondata sul
dispiegamento della differenza e non sulla sua riduzione,
sia come testimone della fecondità della differenza e della
sua capacità di produrre novità reale.
2. Quale educazione?
La sostanza dell’educare non è una tecnica per
produrre qualcosa in qualcuno, ma un agire per attivare
la capacità di azione di altri, un’agire generatore che
suscita attivamente l’identità personale attraverso una
relazione coinvolgente e comunicativa.
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Due osservazioni:
• L’insegnamento, dal momento che nessuno può
apprendere tutto da sè ma esige di essere istruito
nell’apprendere e nel ricevere un’essenziale e iniziale
patrimonio culturale, è considerato non come sapere
che si trasferisce da una persona all’altra ma va
insegnato, offerto e proposto in modo da far-segno
all’intelligenza di chi ha da apprendere. Questa è la
funzione dell’insegnante che non assiste semplicemente
la spontaneità dell’allievo e neppure trasferisce le sue
competenze come se fosse un contenitore, ma propone
un metodo e dispone così l’intelligenza al suo atto
insostituibile di comprensione e di rielaborazione
critica.
• L’intero processo evolutivo, e dunque generativo
dell’intera umanità della persona è per risvegliarla
e orientarla alla profondità di sè, alla sua capacità
di comprendere il vero, di volere il bene e di agire
autenticamente e liberamente.
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Autorità e tradizione
L’educazione avviene in una “relazione generativa”,
dunque è indispensabile che ci sia chi si assume o gli
venga riconosciuta una funzione di autorità.
Il potere dell’autorità (colui che fa crescere) è
giustificato se esercitato all’interno di una relazione
interpersonale come coinvolgimento, responsabilità e
impegno di crescita: il buon educatore si educa educando
così come il buon insegnante impara insegnando.
Sottrarsi al compito di esercitare il potere-dovere di
educare significa disertare la relazione in cui si è implicati
e di cui si è responsabili vanificando così l’occasione della
crescita umana possibile anche per se stessi. “L’esperienza
dell’autorità sorge come incontro con una persona ricca di
coscienza della realtà: cosichè essa si impone come rivelatrice,
genera novità, stupore e rispetto. C’è in essa un’attrattiva
inevitabile” (L. Giussani).
La funzione autorevole garantisce che l’offerta di “un
ipotesi esplicativa della realtà” diventi verificabile e visibile
ed è segnalata da una autorevolezza riconosciuta e che
rende ragionevole l’adesione dell’educando. Una tale
autorità ha il compito essenziale e delicato di svolgere
una “funzione di coerenza” del processo educativo come
capacità di dare le ragioni di ciò che propone e ciò
che impone, come continuità di richiamo, di stabilità
d’impegno, di adattamento del giudizio nel mutare
delle situazioni, come verifica del cammino. La funzione
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dell’autorità “è nell’essenzialità di una proposta” (L.
Giussani), una continuità di richiamo all’impegno dei
valori ultimi e della coscienza attraverso un permanente
giudizio sulla realtà. Così l’educatore è implicato sia come
chi introduce con la massima ampiezza alla realtà e alla
domanda di senso, sia come testimone e protagonista
mettendo in gioco il proprio modo di vivere la realtà e di
affermarne il senso, due attitudini essenziali dell’azione
educativa e di ciò che L. Giussani ha chiamato “il rischio
educativo”.
Un ultimo suggerimento.
L’educazione è un’esperienza di “grande misericordia
un continuo abbraccio all’altro prima che possa cambiare:
misericordia vuol dire che ti amo prima che tu cambi,
prima che tu diventi come vorrei, prima che tu diventi più
buono, prima che tu diventi migliore: prima di tutto questo
ti amo, affermo il tuo valore prima di ogni esito, prima
di ogni attesa (tante volte la nostra attesa diventa pretesa)
affermo il tuo valore prima di ogni pretesa. L’educazione
è questa accoglienza, questo abbraccio, questo perdono: la
misericordia è l’inizio dell’educazione” (F. Nembrini).
Così accade nell’esperienza sorprendente in cui il
giovane studente o il proprio figlio incominciano a
guardare l’adulto con interesse e meraviglia, con curiosità
e voglia di imparare, col desiderio di vivere ciò che viene
insegnato, che siano le raccomandazioni del genitore o le
lezioni impartite in classe.
L’apprendimento avviene in un rapporto affettivo che
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sollecita la capacità motivazionale: si impara nella vita e
nella scuola solo ciò che in qualche modo già si ama.
Il processo conoscitivo diventa più accessibile perchè
più attraente se c’è una corrispondenza tra educando ed
educatore e ciò che si apprende o che viene insegnato
può permanere per l’intensità di bene che li unisce. Al
contrario la gran parte della pedagogia contemporanea,
per la sua concezione di insegnamento e di educazione,
tende ad escludere questo aspetto decisamente
importante: se si teorizza, come accade, che il compito
della scuola è istruire e non educare, conseguentemente
la vita scolastica viene sottovalutata e sottostimata perchè
senza interesse e senza coinvolgimento emotivo. La
scuola o l’università diventano il luogo dove trascorrere
il tempo in cui è coinvolta la propria capacità razionale,
mentre il resto della giornata è rivitalizzata dal desiderio
di vivere ed esprimere la propria potenzialità, i propri
interessi, la propria umanità fino in fondo. Affinchè
riprendano vigore tutti gli aspetti fondanti la personalità
umana introducendosi ed aderendo alla realtà quotidiana
è indispensabile ricercare “la Bellezza di parole vere
per dare forma, possedere e vivere ciò che di invisibile c’è
nella propria vita interiore e che desideriamo far fiorire”
(T. Eliot). È l’incontro con la Bellezza che illumina e
rende più attraente la realtà affinchè si mostri visibile ed
incontrabile nelle strade, nelle piazze, nella scuola, e possa
alimentare i desideri e i progetti comuni con l’intento di
far fiorire i luoghi dove essi permangono.
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Non parole conclusive ma desiderio
di un nuovo inizio
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Mario Persano insegna Pedagogia Generale e
Sociale presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia,
corso di Laurea in Scienze delle Attività Motorie
e Sportive dell’Università degli Studi di Bari.
Già docente di Storia e Filosofia e di Religione
nei Licei, da quarant’anni condivide il cammino
educativo di giovani e adulti alla scoperta di sè,
della realtà e dell’altro.
Dal 2010 è cappellano e componente del
Comitato Etico dell’Istituto Oncologico
Giovanni Paolo II di Bari e dal 2019 del Comitato
Tecnico Scientifico gestione della Biobanca.
È presidente dell’associazione di volontariato
“Opera San Nicola” odv che sostiene centinaia
di famiglie bisognose per disagio economico,
sociale ed educativo.
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“Se le porte della percezione
fossero sgombre,
ogni cosa apparirebbe
come infinita.”
William Blake
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