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La follia della croce

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La fede cristiana è la fede in


Gesù crocifisso. S. Paolo ci
ricorda che la fede nel “Cristo
crocifisso” rappresenta una follia
per coloro che non credono. È
una pazzia credere che uno
strumento di tortura e di morte
possa rappresentare un simbolo
di grazia e di vita. Solo la pazzia
può scommettere su una
sconfitta. Solo la pazzia può
credere che un uomo
abbandonato da tutti sulla croce,
possa diventare la speranza
dell’umanità.
La follia della croce, come ha
detto Erasmo da Rotterdam,
riprendendo l’espressione di S. Paolo, perché Dio ha ritenuto opportuno "salvare il mondo
per mezzo della follia, poiché esso non poteva venir redento dalla sapienza". Lo stesso
Cristo è divenuto in qualche modo folle per soccorrere la follia dei mortali, allorché è
divenuto peccato per sanare il peccato. E non ha voluto sanarlo se non con la follia della
croce.
 
Perché la croce è il simbolo del messaggio di Cristo? Si poteva scegliere  la mangiatoia
simbolo dell’incarnazione, la barca con cui si spostavo nel lago di Galilea come simbolo
del suo insegnamento, l’asciugatoio con cui ha lavato ed asciugato i piedi dei discepoli
simbolo dell’umile servizio… invece è stata scelta la croce. Questo perché la fede cristiana
è la fede in Gesù crocifisso.
 
Come è fatta una croce?
 Nella Croce si possono notare due direzioni date da un’asse orizzontale e da un’asse
verticale. La direzione verticale è il dominio del sacro che  ci conduce in cielo, ma anche lo
sguardo di Dio verso noi. Questa è la fede. L’asse orizzontale è il dominio del divenire
storico in cui si incontrano gli uomini. Il nostro sguardo verso gli altri si chiama carità. La
Croce diventa così il simbolo dell’Unità in cui le varie realtà, pur se distinte, ma non in
contrapposizione tra loro partecipano all’unità in modo organico e complementare.
 
La croce è follia, sì, ma solo per chi crede nella legge del più forte. Per chi invece ha fede
in Dio, l’evento della croce, alla luce della resurrezione, diventa la sola speranza perché si
realizzi il regno di vita, di pace e di libertà che Cristo ha annunciato. Testimoniando con le
opere, la nostra fede darà un sapore e una luce che brillerà come meriggio.  Isaia
immagina, infatti, che da un comportamento giusto emani una grande luce. Il profeta ci
svela il modo concreto di essere luce e sale: attraverso l'amore, attraverso la carità fattiva
che si piega verso il povero e il sofferente. Le parole volano e gli esempi trascinano.
Naturalmente, ci avverte Gesù, la motivazione e lo scopo delle opere buone non è la
vanità, ma la gloria del Padre. I discepoli non vivono per sé, autosufficienti, in un angolo
del mondo, bensì in pubblico, visibili e accessibili agli uomini mostrando la bellezza e la
bontà del Signore, essendo essi stessi “buona novella”.
 

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