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ANTINOUS HADRIANUS

Mauro Likar
con la collaborazione
di
Andrea Perticari

ANTINOUS
HADRIANUS
Ad Andrea
senza le cui capacità di veggenza
la voce del Dio Antinous sarebbe stata assai meno chiara.

Antinous
Lascia alle sue spalle il mondo degli uomini, dopo aver sfiorato la morte
nell’amplesso del leone. In quel deserto, di un nitore senza speranza, Antinous ha
intravisto l’ombra del Dio. Il fiume misterioso è un intrico di canne e una
galassia d’uccelli palustri ha fatto il nidoin questa pigra Via Lattea terrestre. La
stanchezza d’essere umano, invade il giovane cuore, e vibra nelle membra
dell’Eletto, come il lontano smorzarsi d’un suono. Essere l’amante e l’amato di
questo Dio in terra,è una gloriosa fatica e un sottile auto inganno; fatto di future
incertezze e d’inesauribili silenzi.
Hadrianus è l’argilla del suo Genio,ed ora anche Antinous gira sulla ruota di
quell’imprevedibile vasaio.
Ad Eleusi la morte ha mostrato il suo volto d’eterna mutazione, e ogni
paurainfantile si è consumata in un letto di carboni ardenti. Transitare oltre, la
flebile vita del corpo, per dare un altro corpo al Dio vivente.

L’acqua riflette il rossore dei loti e il guizzo d’un pesce lancia un cerchio di segnali all’infinito.
Antinous entra nel fiume come in un’altra stanza, e sprofonda in quel letto d’alghe come fra le
braccia dell’amato. Se ne va, al culmine dell’Ora felice, evitando l’insulto d’un perdurare patetico.
Se non si può vestire per sempre la bellezza di Antinous, bisognerà che indossi. l’eterna splendore
d’un Dio.

Una volta perduto e mille volte, ancora, intravisto; apparso di nuovo come una scheggia di dolore
che si scioglie improvvisa, per un’inattesa presenza.
Lui se n’è andato, per salvare la sua e la nostra Bellezza. E il fiume sacro ha pianto le mie stesse
lacrime, come una Niobe inesauribile, restituendo alla vita eterna ciò che era condannato a morire,
nella carne.
Ora Antinous è un altro Dio – Osiride, sigillato nel sarcofago dei miei troppi dubbi. Andato, andato
oltre.
Al di là del tenue velo che, per ora, ci separa, sento ancora il tepore del suo splendido corpo.
Statue, come memorie d’un’involontaria mancanza, Volti che frugano in ogni possibile sfumatura
del suo volto vivente.
Antinous durerà per sempre nell’Amore del Principe,e profumerà il cordoglio degli amanti perduti.
Hadrianus sente il vento venire da Est, e nella notte graffiata di stelle, osserva dall’alto della Torre
Bruna quell’improvviso fulgore di stella, apparso nel cuore dell’Aquila celeste.
Là ora è Antinous, astro di Bytinia, che ha saputo essere l’amante impeccabile di un Principe e
l’ultimo Dio di Roma; danzatore sublime nel ritmo eterno degli Astri vorticanti.

Antinous di Bithynia

” Il simile cerca di ricongiungersi al simile, e Il fuoco non vive che per il fuoco. Se non ti rendi
simile al Dio, non puoi comprenderlo, perché Uno non vede il Principio, che attraverso il Principio
stesso.”
Antinous è realmente vissuto, è morto, ed è stato deificato. Di ciò possiamo essere ben certi. Lo
dimostrano le sue innumerevoliimmagini scolpite, sequestrate dai siti d’originaria collocazione ed
oggi recluse nei grandi Musei del mondo. Esse sono, per chi sappia e voglia ancora ascoltarle,
attentamente, le loquaci testimoni della vita d’un adolescente straordinario, e d’un amante virile
divenuto un Dio.

Ognuna di queste splendide icone marmoree, racchiude l’esatta impressione della fulgida bellezza
che Antinous, vivente, incarnava. Non importa cosa si sia detto o pensato di lui, e di Ælius
Hadrianus, nei cupi secoli del cristianesimo imperante. Ora, la sabbia nella clessidra cristiana siè del
tutto esaurita, e, nei fatti, Antinous è diventato un Dio venerabile, santificato e reso tale dall’Amore,
e dagli antichi rituali dell’Egitto e di Roma.

I suoi templi sono stati eretti in ogni angolo dell’Impero, ed i suoi sacramenti sono stati officiati da
un apposito corpo sacerdotale; per più di trecento anni. Soltanto il devastante dilagare del
Cristianesimo giudaico ha messo fine alla sua adorazione rituale, come ha fatto finire,
violentemente i Filosofi, ed anche tutti gli altri culti degli Antichi Dei.
La deificazione di Antinous non è diversa dalle attuali santificazioni Cattolico Romane, per cui un
mortale può ottenere l’immortalità e la gloria degli altari. Ciò che occorre a questa prassi è l’assenso
di un vicario terrestre degli Dei, o del Dio. Per i Politeisti Romani questi è l’Imperatore, e Pontifex
Maximus, e per i Monoteisti, Giudeo- Cristiano-Cattolici, che li hanno soppiantati, è il Papa; che, da
pio usurpatore, si fregia anch’egli, arbitrariamente, dello stesso titolo romano di Augusto Pontefice.
Antinous è nato a Claudiopolis, una città nella provincia Greco-Romana del Pontus-Bithynia, sulla
costa nord ovest dell’Asia Minore, il 27 novembre dell’anno 865 di Roma, o 111 d.C., e tredicesimo
anno del regno di Traiano; nel segno del Sagittario. Claudiopolis, che nella Turchia odierna è la città
di Bolu, è situata al crocevia delle strade che dalla Grecia portano in Siria. Quasi tutte le carovane di
mercanti, provenienti dalle ricche città dell’Est, o dall’Europa, passano di qui, e Antinous nasce,
dunque, nel posto giusto al momento giusto, quasi aspettando d’essere cercato e trovato dal solo
Imperatore che viaggi abitualmente per via di terra, toccando ogni angolo del suo Regno.
L’intera area è un “ponte culturale” fra Roma, la Grecia asiatica, e le parti più orientali dell’Impero.
La vicina Frigia, sito dell’antica città di Troia, e luogo di culto della Dea Cybele, è anche la patria di
molte figure mitiche di giovane amante divino, come Ganymede, od Attis. Una delle province
vicine è quella Celtica della Galatia, dove sono chiamati Galates, o Galli, sia gli abitanti della zona
del fiume Gallus che i prostituti sacri: i sacerdoti auto castratisi della Grande Madre Cybele.
La colonia di Antinous è stata fondata dagli ex cittadini della città greca di Mantineia, una città
dell’Arcadia, ricca di miti connessi al culto dell’orso di Artemide e dei lupi mannari discendenti del
Re Licaone. Hadrianus attraversa la Grecia, l’Asia Minore, ed il Danubio nell’anno 877 di Roma,
e123 d.C, ed è proprio passando attraverso Claudiopolis che egli scopre il dodicenne Antinous: uno
splendido fanciullo, che cattura la sua attenzione e il suo sguardo di smaliziato quarantasettenne.
Non si sa come o perché avvenga esattamente l’incontro, fatto sta che la loro alchimia erotica
appare, immediatamente, come una fortissima attrazione reciproca. Antinous diviene il favorito di
Hadrianus, condividendo, da quel giugno del 123, il letto e la vita dell’Imperatore. Per un periodo di
più di sette anni, i due saranno inseparabili.
Fin sai tempi del suo intimo legame con l’Imperatore Traiano, Hadrianus ha sostenuto l’idea della
necessità di una Elite virile Romana, composta di aristocratici legati fra loro da vincoli d’amore, e
padroni della Politica; sul modello delle antiche Hetarie greche, vincolatre al Paidos Eros. L’amore
per il Puer Æternus e il suo legame con l’eros intervirile, a Roma è rappresentato dai Gemelli, l’uno
mortale e l’altro immortale e divino, ed Hadrianus vuole ripristinare il culto segreto del fanciullo
eterno, attraverso quello pubblico dell’efebo, o perfetto Eromenos.
La sua è anche una precisa scelta politica, in quanto collega direttamente Roma alla Grecia di Atene
e di Pericle, e all’Egitto ellenizzato di Alessandro Magno e dei Tolomei alessandrini. Secondo il
principe, e la cerchia dei filosofi che egli frequenta, queste sono le
civiltà umane che hanno espresso il più alto livello di cultura e consapevolezza. Nel 123, Hadrianus,
che da tempo cerca la sua Anima Gemella, e batte a tappeto l’Impero, viaggiando con l’intento di
trovarla, la scopre in Antinous. L’Imperatore ha 47 anni, e il fanciullo è un dodicenne proveniente
da una famiglia di umili origini.
Essere soli, è essere un nessuno perché soltanto lo sguardo e l’amore, d’un altro a noi simile, ci
conferisce una realtà tangibile. Rifuggo l’auto inganno delle religioni popolari, e voglio
promuovere l’adorazione del simile per ciò che gli somiglia. L’amore è l’unica via di transito al
Divino, perché è la più perfetta cura all’ egoismo. La cura dell’altro, come di sé stesso, è l’inizio di
un percorso di purificazione, che ci libera dall’invadenza di sé, che satura la mente e il cuore con
scorie d’attaccamento pernicioso. Non avere paura di perdersi nell’altro, che non teme di perdersi
in noi, per ritrovarsi, entrambe, oltre la sponda del Divenire, nel puro regno dell’Essere.
Ecco che Antinous è, per Hadrianus, un progetto a lungo accarezzato, a cui non sono mancati i
tentativi falliti, le illusioni precedenti, e forse, con l’età, un disincanto saturo di aspettative. Poi
l’efebo appare sul serio, e Lui sa immediatamente che quello è il fanciullo che cercava. Ma la
sorpresa davvero inaudita, è che anche Antinous aspettava d’essere trovato.
Il colpo di fulmine è lo stesso di Giove che rapisce e porta con sé Ganymede, non per consumare
con lui festini di libidine, ma perché quel fanciullo amato è la parte migliore do noi stessi: il custode
e l’araldo della nostra Anima, quanto noi lo siamo della sua. Nella reciprocità dell’attenzione
amorosa, è sottesa la predestinazione al ritrovarsi, ed Hadrianus e troppo attento, per tralasciare il
segnale d’un simile incontro. Poi la vicinanza farà il resto, e l’uno e l’altro saranno, l’uno per
l’altro, Discepolo e Maestro, Amante ed Amato.
Da Claudiopolis Antinous viene portato a Roma, con evidente gioia dei suoi parenti, perché essere
scelto come favorito dell’Imperatore é, anche per loro, una fortunata opportunità di avanzamento
sociale. Antinous, rapito dall’oscurità della sua nascita e immesso nello splendore caleidoscopico di
Roma, la più grande metropoli del mondo, viene ospitato nel Paedagogium Imperiale: una elitaria
scuola per fanciulli, designata a preparare i giovani più promettenti per le posizioni di rilievo alla
Corte imperiale, e che ha anche, come ruolo non secondario, quello di preparare ed educare
perfettamente i giovinetti, prescelti come amanti, dagli alti dignitari dell’Impero.
Antinous è quindi circondato dai migliori fanciulli del suo tempo; bellezze adolescenziali di una
grazia straordinaria, provenienti da tutte le province dell’Impero, e fra cui egli è l’Eletto. Essi
vengono educati in Latino, Letteratura, Filosofia, Matematiche, Astrologia, e seguono un preciso
tirocinio fisico. per Antinous questo è essenzialmente un luogo in cui abituarsi ai costumi e alla
grandezza della Corte Romana, dove egli trova immediatamente il suo posto, come dimostrano i
molti busti marmorei che lo ritraggono nei suoi tredici anni; ad indicare che egli è, fin dall’istante
della sua partenza dalla Bytinia, un membro importante, nella ristretta cerchia imperiale.
Nonostante le sue umili origini Antinous è un fanciullo non comune. Possiede una mente
penetrante, un sentimento profondo, e quella bellezza e magnitudo dell’anima che coniuga assieme
saggezza e semplicità. Neppure Hadrianus è un qualunque Imperatore, e catturarne l’affetto richiede
certo delle qualità eccezionali e semidivine. La sola bellezza sarebbe insufficiente, dato che vi sono
a Corte, molti giovani amabili, che potrebbero eclissare Antinous, sul piano della mera avvenenza
fisica.

Ma la bellezza dell’efebo, si coniuga ad una profondità mentale ed una sincerità intellettuale che
non trova, a Roma, né altrove, possibili paragoni. Ecco allora che l’acuta intuizione erotica di
Hadrianus, ne rimane colpita, profondamente coinvolta ed affascinata. Come in ogni relazione
d’amore intervirile, questo è il lampo iniziale che poi s’intensifica, aprendosi, per entrambe,
Antinous ed Hadrianus, in un trasporto luminoso sempre più profondo, che travalica ampiamente
l’usuale relazione sessuale, fra un Imperatore e il suo giovanissimo favorito, facendo dei due una
coppia daimonica indissolubile, e, di Antinous, la presenza evidente della più bella e perfetta di tutte
le creature adolescenziali espresse dal Divino.

La sua bellezza trascendente, invade e colma di sé la pietra, in cui gli antichi scultori lo hanno
raffigurato, e questo potere di saturazione divinizzante era, e rimane, la sua Virtus: il suo intimo
Potere. Per questo, egli verrà amato, e compreso, fin da vivo, come un Dio. L’eros Pederastico è un’
Istituzione filosofica Ellenica, vigente all’epoca, per cui l’amore di un uomo maturo per un
fanciullo, viene considerato come la forma più pura d’amore, essendo slegata dalle necessità della
procreazione animale, connessa all’eterosessualità ed al femminile. Il fanciullo, o “Eromenos”, è
uguale, salvo che per l’età, all’adulto, o “Erastes”; e come adolescente, e perfetta epifania del divino
nell’umano, è degno di adorazione e d’amore virile. In cambio del rispetto, della devozione, e della
soddisfazione sessuale offertagli dall’Eromenos, l’Erastes fornisce al fanciullo una perfetta e
completa educazione: intellettuale, filosofica, corporea, e civica, e gli dà crescenti responsabilità ed
un affetto sicuro e devoto.
Questo Eros spirituale, sensuale e sacro, si manifesta fisicamente come sessualità intervirile
pederastica, e viene coltivato in tutto l’ambiente Aristocratico Ellenico Romano, come amore fra i
Pari.
Dietro il paravento dell’uso pederastico di Corte, si consuma, per Antinous ed Hadrianus, il rituale
segreto delle Anime Gemelle, insegnato da Hermete Trismegisto ai suoi compagni. Questo Potere
erotico, che apre la mente e il cuore, attraverso la reciproca Divinizzazione, od Homotheosis, è uno
dei segreti meglio conservati del mondo antico,incomprensibile alle menti volgari, e dissimulato da
immagini e simboli volutamente scurrili.
Solo chi sa vedere con nitida mente, può percepire, dietro il lusso appariscente dell’alcova
imperiale, lo svolgersi d’un rito, e la volontà geniale di ricostituire dalle sue fondamenta una
Virilitas Selecta: l’Hetaria Romano Ellenica, capace di riportare a Roma le forze degli Dei
ancestrali, minate ed a lungo inquinate dagli influssi semiti ed orientali. Ad una tendenza alla
recessione nell’utero isiaco, o Cybelico, della Grande Madre, Hadrianus oppone il proprio tentativo
di Filosofo e Pontifex Maximus della Religione romana: di far progredire la coscienza dei migliori
verso il traguardo della Autotheosis: la divinizzazione, in vita, dell’Io Essenziale, che è l’Essere
interiore ed eterno, di cui l’uomo esteriore non è che il veicolo carnale, contingente e perituro.
Essere consapevolmente un Dio cosciente di sé: questa è la meta e lo scopo del Nuovo Culto del
Fanciullo. Se Antinous può essere un Dio, allora ognuno che possieda le sue stesse qualità può
esserlo. La selezione dei caratteri e delle capacità necessarie alla Autotheosis, passerà d’ora in poi
attraverso la mpietra di paragone dell’Efebo di Bitynia, non semplice Amante del Principe, ma
Principe degli Amanti, e Principio d’ogni Eros superiore e geniale.
Il Culto di Antinous è il prodotto finale della Filosofia Greco-Egizia e della Religione Romana; la
sintesi occulta di tutti i Riti dedicati agli Dei, immessa nel rito unificante dell’Adolescente divino. È
difatti per l’Antinous vivente, che Hadrianus progetta, costruisce e consacra il Pantheon, unico
Tempio Romano sfuggito alla furia cristiana, e rimasto intatto fino ad oggi.
Antinous è il perfetto “Eromenos” per Hadrianus, e fiorisce durante la primavera del più glorioso
periodo della civiltà occidentale; quando l’Imperatore Trajanus ha soggiogato il Mondo, e Il suo
successore designato, Hadrianus, lo ha consolidare e civilizzato dall’interno, evitando ogni ulteriore
“gloriosa impresa di conquista”. Le sue Opere pubbliche, sono quanto ci resta della più grande e
splendida “cultura” che il mondo occidentale abbia mai conosciuto, ma questi sforzi titanici
vengono oggi volutamente ignorati, o travisati abilmente, a causa di due azioni che i giudeo-
cristiani, resisi padroni dell’Impero Romano e della storia, hanno trovato inaccettabili per le loro
limitate menti post-ebree: l’appassionato amore per Antinous, tradottosi dopo la morte dell’amato
nella sua divinizzazione, e la distruzione del covo di ribellione e terrorismo zelota di Gerusalemme,
con la conseguente dispersione mondiale degli ossessi Ebrei.
Antinous deve venire divinizzato già da vivo, e la sua morte improvvisa sembra davvero un crudele
colpo di scena voluto dal Genio stesso di Roma, per rendere eterno ed incancellabile il Mito, il
Culto, le immagini dell’Adolescente divino, di contro alla cupa marea montante della fanatica fede
giudeo cristiana, cancro sacerdotale assiro, mutuato dagli Ebrei, e reso fanatica negazione della
Coscienza Divina Individuale.
Come i suoi predecessori, Hadrianus combatte gli Ebrei e il loro influsso corrosivo, ma il male è già
molto avanzato. Sarebbe necessaria una volontà omicida che questo Principe filo ellenico non
possiede più; ci vorrebbe il pugno e il polso d’un Cesare meno umano di lui.
Hadrianus

Publius Aeliues Hadrianus nasce il 22 Gennaio dell’ 830 di Roma, 76 d.C., ad Italica, vicino a
Siviglia, in Spagna, da una famiglia della Classe Senatoria, stabilitasi in Spagna all’epoca degli
Scipioni. e che, sotto Tito, ha preso parte alla vita pubblica in posizioni di secondo piano. Suo
nonno, Marullino gli insegna la realtà dell’universo magico, che comprende la volontà degli Dei,
l’influenza dei Dæmones, e il ruolo riservato agli uomini. Il mondo è un unico tutto e le linee di una
mano confermano gli astri. Il nonno predice al nipote undicenne la gloria dell’Impero.
Il Padre, Elio Afro Hadrianus, che vive nel municipio di Italica, muore quando Hadrianus ha 12
anni. Con la morte del padre, la vita di Hadrianus cambia repentinamente, e Il ragazzo viene
affidato alle cure di due tutori: il caro amico di suo padre Acilius Attianus e suo cugino, Traianus,
che ha allora 36 anni. Hadrianus viene istruito nelle lettere, e sotto la guida del suo maestro, Scauro,
che gli fa studiare il greco,legge Aristarco di Samo, Erodoto, Esiodo, e i latini Ennio, Lucrezio,
Orazio, Ovidio, Catullo. Acilio Attianus, il suo tutore, lo manda a studiare ad Atene e a 17 anni
Hadrianus va presso il sofista Iseo, e frequenta anche la scuola del medico Leotichide.
Sviluppa così un’enorme predilezione per la cultura e per i costumi Ellenici, e si convince che quasi
tutto quello che gli uomini hanno detto e fatto di meglio, è stato fatto e detto nell’Ellade; il che gli
vale il soprannome di “Graeculus,”. Il Regno di Domiziano volge al termine, mentre suo cugino
Traiano si copre di gloria sulle frontiere del Reno. Hadrianus diviene tribuno della Seconda
Legione, Adiutrix, e poi passa alla Quinta, Macedone. Si imbarca a Pola, quando Domiziano viene
assassinato e gli succede il vecchio Nerva, che adotta Traiano. Alla morte di Nerva, di lì a poco, nel
98, Traiano diventa imperatore, ed è proprio Hadrianus, di stanza a Treviri, a portargliene la notizia,
a Colonia. L’Imperatore lo trattiene presso di sé come Tribuno della Seconda Legione.
Nell’anno 100, due anni dopo che Traiano è diventato Imperatore, Hadrianus viene promesso alla
nipote di lui, Sabina, che ha circa 13 anni, e che per la legge romana è ancora troppo giovane per
contrarre e consumare il matrimonio. Non vi sarà mai comprensione fra Sabina ed Hadrianus, e, al
contrario, si instaurerà fra di loro una educata ostilità. Sabina, sposata per pure ragioni politiche, in
quanto parente nubile dell’Imperatore, risponderà all’indifferenza del marito, evitando di dargli dei
figli. Per descrivere questa sua moglie ufficiale, Hadrianus userà le parole: “ algida e difficile”, e
dichiarerà che se fosse un privato cittadino divorzierebbe da lei senza indugio
alcuno.
Ad Hadrianus viene conferito il controllo delle armate dell’Est, ed egli può così dimostrare anche la
propria eccellenza militare. È un comandante eccellente, che si guadagna l’amore e il rispetto delle
sue legioni, guidandole alla vittoria oltre il Danubio. Il Principe sembra essere protetto dall’ombra
del suo Genio. Durante la Prima spedizione contro i Daci, Hadrianus viene iniziato, in riva al
Danubio, al Culto del Dio Mithra; suo padrino è un compagno d’armi: Marcio Turbo .
Messo alla testa della legione Minervina, Hadrianus combatte alle Porte di Ferro, e, accerchiata la
città di Samizegetusa, entra con l’imperatore nella sala sotterranea dove i consiglieri del Re
Decebalo si sono appena avvelenati. Traiano fli ordina di dar fuoco al palazzo,e la sera, gli infila al
dito l’anello avuto da Nerva, come pegno della successione al potere. Dopo la Morte di Decebalo
iniziano le incursioni dei Sarmati, ed Hadrianus viene inviato in Pannonia, con la carica di
governatore, e i poteri di un generale in capo. Poi diviene Console, Governatore della Siria, e i greci
lo onorano con la nomina di Arconte di Atene. A Cheronea, dove va ad onorare le antiche coppie di
amanti guerrieri della Sacra Falange, è ospite nella casa di Plutarco.
Traiano ora conduce la sua guerra contro i Parti; Babilonia viene conquistata, il Tigri è attraversato,
e la città di Ctesifonte cade in mani romane. A Seleucia, I mercanti ebrei si rifiutano di pagare le
imposte, e immediatamente si ribella anche Cirene, dove questi “orientali” massacrano i Greci. Le
strade che portano il grano egiziano alle truppe romane, vengono interrotte da una banda di zeloti di
Gerusalemme, e a Cipro i residenti greci e romani vengono catturati dalla plebaglia ebrea, che li
costringe a scannarsi fra loro, combattendo come gladiatori.
In Siria regna ancora l’ordine, ma, anche i mendicanti, accosciati alle soglie delle sinagoghe,
ghignano, sornioni, il loro malcelato livore verso i non ebrei. Nell’odio, contro Greci e Romani,
Giudei ed Arabi fanno causa comune, ed ora si muovono contro una guerra che minacciando e
precludendo i traffici, rischia di rovinare i loro loschi affari.
Israele ne approfitta per scagliarsi contro un mondo da cui si è volontariamente auto esclusa, per
poter rivolgere, contro di esso, i propri demenziali furori religiosi, e le singolari intransigenze del
suo Dio tribale.
Hadrianus è ormai vicino ai quarant’anni. Traiano ordina di punire le città ribelli, e Cirene, Edessa,
e Seleucia vengono annegate in un mare di fiamme, per punire i tradimenti meditati nei ghetti ebrei.
Il Rapporto fra Ellenico – romani ed ebrei, è in uno stato di perenne incompatibilità, e l’Odio, la
malafede, il delitto, e le false testimonianze degli ebrei avranno effetti durevoli.
La relazione fra Hadrianus e Traianus è quella di un amore, venato di puntigli e rivalse, a causa
della comune passione dei due per i ragazzi. È ovvio pensare che essi stessi siano stati anche
amanti, e che vi siano state, fra loro, degli screzi causati da scelte amorose coincidenti. Hadrianus è
molto intimo dell’Imperatrice Plotina, il più saggio dei suoi numi tutelari, e la loro relazione, data la
cultura e l’acutezza di mente di entrambe, è quella di una protettrice verso il suo pupillo. Hadrianus
nelle sue lettere si riferisce a lei come alla “mia care ed onoratissima madre”, e lei gli risponde
come al “mio carissimo figlio”.

Per anni si dirà che egli è stato adottato come erede dall’Imperatore Traiano, ma nessun documento
al riguardo viene prodotto, se non al tempo della morte dell’Imperatore. Traiano muore a Selinunte,
e viene semplicemente cremato, sulla spiaggia. Le carte della successione di Hadrianus giungono a
Roma due giorni dopo il decesso del Cesare, e si mormora, malignamente, che sia stata Plotina a
forgiare quel documento, per aiutare il suo protetto nell’ascesa al trono. Hadrianus potrebbe
comunque ottenere l’Impero, sia come capo dell’esercito sia per la sua parentela con Traiano, ma il
documento formale, scritto di pugno dell’Imperatore, rende inattaccabile la sua posizione, anche
contro i nemici più accaniti.
Hadrianus è impegnato nella guerra iniziata da Traiano, e mentre combatte per debellare le rivolte
degli Ebrei in Medio Oriente, Plotina ed Attianus, il suo vecchio tutore ed attuale Prefetto della
Guardia, vanno a Roma con le ceneri di Traiano, e con il mandato imperiale per Hadrianus. La sua
incoronazione come Imperatore, viene perorata di fronte al Senato, e Attianus, convince i Senatori a
mettere a morte quattro potenti consoli della Corte di Traiano, che sono nemici irriducibili del
Nuovo Imperatore.
Humanitas, Felicitas, Libertas: queste sono le parole incise sulle monete del Regno di Hadrianus,
che, oltre ad essere un abile Uomo d’armi, è anche un eccellente architetto. Suoi sono i progetti
degli edifici costruiti per suo ordine. Impressionanti, sono anche le fortificazioni difensive, da lui
erette fra i fiumi Danubio e Reno, per proteggere Roma dalle tribù Germaniche. Il Vallo che porta il
suo nome, eretto a protezione della Britannia, diviene l’emblema della sua politica di rinuncia alla
conquista armata. Ai piedi del bastiione, che allontana il pericolo delle invasioni dei Pitti scozzesi,
vene eretto un Tempio al Dio Termine signore dei confini.
Caratteristica del Regno di Hadrianus è un’economia forte e brillante. Le sue opere pubbliche, non
solo vengono eseguite senza l’esazione di nuove tasse, ma solo dopo che tutti i debiti di governo
sono stati estinti; cosa mai avvenuta con i suoi predecessori, e che non si ripeterà con i suoi
successori. L’imperatore ha una memoria incredibile, e si dice che non abbia mai dimenticato un
volto, o il nome, di chi è venuto anche casualmente in contatto con lui. Hadrianus compie, nel suo
Regno, lunghi viaggi a cavallo o a piedi, per farsi una chiara idea sullo stato reale delle province, e
per entrare in contatto diretto con la popolazione; il che spiega la sua immensa popolarità.

Ellenista convinto, Hadrianus si sente responsabile della Bellezza nel mondo, e si dedica alle arti e
alle scienze, promuovendo un pacifico commercio con i successori di Alessandro il Grande; in
Medio Oriente. Crede anch’egli nella Polis Universale, e nelle proposizioni dei filosofi greci. A
differenza della maggior parte degli Imperatori Romani, non è per nulla attratto dall’opulenza della
capitale, e s’interessa assai più volentieri alle vite dei milioni di individui sottoposti alla tutela
civilizzatrice delle aquile romane sotto il segno
de: La Forza, la Giustizia, e le Muse.

Visita ogni provincia, e costruisce città, acquedotti, bagni, teatri, biblioteche, templi, e strade che
sono una vittoria, contro la barbarie, assai più incisiva e palese di quelle ottenute con il sangue dei
massacri; nelle cupe foreste della Pannonia. Impara da tutte le culture con cui entra in contatto, ed
assume poi il ruolo di Pontifex Maximus: sommo sacerdote della Religione Romana. Hadrianus
ritorna a Roma nell’anno 125, ed Antinous è con lui. l’Eros Filosofico, pederastico ed intervirile,
comune fra Greci, Romani, e Persiani, raramente è stato praticato con tanta aperta franchezza.
Questi sono, per l’Imperatore, gli anni migliori: liberi dalle grandi guerre, pieni di creatività e di
progetti realizzati. Il Grande Pantheon di Roma, viene completato, ed Antinous è certamente
presente, ai riti di dedicazione, con la testa coperta da un manto sacerdotale.
In questo periodo appaiono molte immagini del Giovane amato dell’Imperatore, scolpite con abilità
da artisti Greci. l’Efebo viene ritratto come Bacco, Dioniso, Hermes, ma in ogni volto di un Dio c’è
quello del modello che lo incarna: Antinous di Bytinia. Papias di Afrodisia scolpisce un corpo
adolescente più che nudo, inerme come il potere di un Dio, e Aristea ci lascia, nella pietra, una
piccola testa imperiosa e fiera.
Fa costruire il Pantheon, la cui festa di inaugurazione coincide con il giorno anniversario della
nascita di Roma: l’ottavo giorno che segue le Idi di Aprile, dell’anno 882 ab Urbe Condita, ovvero
il 21 Aprile del 128. La sua idea è che tutti gli Dei e tutte le “Verità” siano radicalmente una sola, e
che questa sia rappresentabile esteriormente dagli Dei di Roma: Esseri che ora danno a lui la voce
ed il Potere per esprimere le nuove leggi e il nuovo Culto del Dio Adolescente, che deve portare
l’armonia nelle discordanze causate dagli ebrei e cristiani, e che si configurano come una furia
aliena, che minaccia di devastare ed annientare le anime degli altri popoli.
Che un Imperatore Romano sia innamorato di un giovane adolescente, non rende straordinaria la
loro storia, ma ciò che avviene al momento della sua morte, proietta Antinous oltre il fato dei
comuni mortali. La Corte Imperiale torna in Grecia all’inizio dell’autunno del 128. Questa
peregrinazione inizitica costituisce anche il punto culminante nella vita di Antinous. Subito fuori
Atene, nel santuario di Eleusis, lo scopo di questo viaggio trova la sua mistica ragion d’essere.
I Misteri di Eleusis svelano, in una cerimonia segreta, vietata ai barbari, non solo la morte e la
rinascita di Persephone, ed il ritorno trionfante di sua madre, Demeter, Dea dei doni della Terra e
della procreazione genetica; ma anche il Segreto, esclusivamente virile, della rigenerazione
spermatica, e delle Anime Gemelle. La cerimonia ha due volti: uno pubblico, e l’altro esoterico,
destinato ad un gruppo ristretto di iniziati. Ciò che viene visto, fatto, e detto in queste circostanze,
resta un segreto ben custodito. Milioni d’individui faranno l’esperienza diretta del Mistero di questo
Rito, capace di Trasformare per sempre chi lo vive, ma nessuno di loro romperà la consegna del
silenzio; e noi ne seguiremo l’esempio.
Hadrianus, iniziato ai livelli superiori, partecipa come “Epoptai” all’azione dei più alti Segreti della
vita umana, preservati dai Sacerdotri di Eleusis, ed anche Antinous riceve, come “Mystai” la visione
e l’accesso a questa suprema Gnosi. Questa “Rivelazione diretta” è il momento più importante nella
vita dell’adolescente, che, come Anima Gemella di Hadrianus, comprende di avere ottenuto una
consacrazione divina.

“ L’uomo, che partecipa della natura di Dio, diventa una Potenza di Dioquando viene iniziato ai
sacri misteri”.
“Davvero splendido è il Mistero datoci dagli Dei benedetti: e allora la morte non è più un male per
i mortali, ma una benedizione.”
Nei Misteri Eleusini e in quelli di Samotracia, a cui Hadrianus fa iniziare Antinous, i Gemelli, o
Amanti Intervirili, sono l’Archetipo in cui il principio divino si manifesta in una duplice identità
individuale, bipolare, che segna il passaggio dell’Essenza spirituale nella Sostanza umana vivente.
La loro unione segnala l’incorporazione del Dio nel veicolo della sua materia corporea; la fusione
unificante di Spirito e Materia. I Gemelli, indicano il fatto che la Vita Eterna, promana
dall’interazione dei simili, i Dios-Kuroi, o fanciulli divini, che abbandonano la via della Vita
mortale, proveniente dall’interazione procreativa dei contrari eterogenei, per intraprendere il
percorso dell’immortalità vivente, nata dalla fusione dei simili, omogenei.
Difatti l’opposizione erotica fra maschio e femmina, dissimili, attuano uno scompenso energetico
individuale, che è all’origine della morte umana: una caduta procreativa dello spirito, nei cicli di
morte e rinascita animale delle varie specie. I potenziamenti erotici da maschio a maschio, simili,
provocano invece il continuo incremento dell’energia individuale, aprendo il transito al processo di
rigenerazione divinizzante, ed all’uscita dai cicli mortali.
Il Termine latino Geminus, significa doppio, e rimanda al Gamos greco, che significa unione
sessuale ed Homo erotica. In Sanscrito Gem significa accoppiarsi, unirsi, ed il Segno zodiacale dei
Gemelli è chiamato esplicitamente Maithunam, che significa precisamente la copula intervirile, fra
coloro che sono “Fratelli di sangue”, ovvero Iniziati.

ùL’Io Essenziale divino, questo Io Sono non soggettivo, indipendente dalla volontà contingente, è il
nostro Essere Autentico ed oggettivo; reale, ma percepibile come immagine dell’Io contingente, che
pure esiste solo grazie a Lui. Il Dio in noi si attiva focalizzandovi il pensiero, l’immaginazione, e
l’attenzione volontaria. Allora Egli provoca l’intuizione di sé, la veggenza, e un grande dinamismo
spirituale e fisico. Questa nuova strutturazione endo-psichica, trasmuta l’uomo, liberandolo dagli
schemi genetici e psichici della specie animale umana. Attraverso l’Unione dei Simili, o Anime
Gemelle, il Dio, Uno in entrambe, trasforma la materia genetica in Epifania della propria presenza
immortale. Ciò significa che, dietro le singole individualità, esiste una realtà unitaria: un’Essenza
Suprema, invisibile ed immanente, che è, simultaneamente, in ogni individuo, visibile e
trascendente.
Questo Essere Divino, è l’Ispiratore della Vita interiore: l’Hermete Psicopompo: il guardiano della
soglia, padrone dei passaggi oscuri che conducono alle Ombre, che gli Egizi chiamano Toth: il
Trismeghistos, o Tre volte Grande. Vita interiore, Coscienza, e Mondo materiale: Mondo interno ed
esterno, sono la stessa identica entità, ed Hermete è, in entrambe i luoghi; presente in ogni nostro
“simile”, e percepibile direttamente nell’atto dell’ispirazione amorosa.
Il simile attrae il simile, e respinge il dissonante, e, nell’alchimia erotica della loro unione, entrambe
formulano in sé il perfetto Androgine, e, per l’altro, il Gemello in cui riflettersi specularmente come
cosa doppia: o Rebis. A Roma, i Gemelli, patroni dell’ordine equestre, non sono soltanto il fulcro
del Mito di fondazione della Città Eterna, ma anche un indizio di quell’AMOR che, invertendone il
senso, ne costituisce il nome e lavibrazione segreta.

I Misteri, si riferiscono quindi al maschio realizzato: l’adolescente Androgine, o Kouros, e alla sua
duplice natura: Mortale e Divina, Ricettiva ed Attiva. I suoi simboli sono il Fallo eretto ed alato, il
Pilastro, e l’Herma. I Gemelli hanno difatti per segno i due falli affiancati e reciprocamente
congiunti: in alto come in basso. C. Questi due falli paralleli, ed uniti alla radice e all’apice, da due
linee trasversali, sono il Dokana: il simulacro che i Kuroi, gli Adolescenti divini, portano sempre in
battaglia, come simbolo della reciproca appartenenza.

La Vibrazione della Gnosi Erotica intervirile, corrisponde alla nota fondamentale dell’uomo divino,
che si manifesta dapprima, nel mondo astrale delle emozioni, come personalità passionale, e
desiderio limitato ad uno o più esseri; per elevarsi poi al livello sovra mentale, dove diviene
intuizione ed amore del Dio. L’Eros degli stadi inferiori ha aspetti limitanti, attaccamenti tenaci,
ebbrezze, passioni e dolcezze incantevoli, ed è un mezzo potente d’elevazione e di espansione
spirituale, che spezza e dissolve le programmazioni invasive delle personalità egoiche, portando
l’individuo all’unione con il Divino in sé.
Eros, Logos Solare divino, e Gnosi, sono una triade indivisibile in cui la Sapienza non è
Conoscenza, ma Comprensione intuitiva e diretta; ottenuta tramite la fusione orgasmica, e
l’immedesimazione erotica. I Dioskuroi reggono questa profonda Intelligenza del cuore, in cui
l’alterità svanisce, e lo sguardo con cui guardiamo l’altro è lo stesso con cui egli ci vede. La vera
intimità amorosa è un’espressione sacra e divinizzante. Possiamo percepire e conoscere la nostra
anima, osservandola nello specchio di un volto amato, che è quello della nostra “Anima Gemella”.
Allora il Dio appare evidente, in una contiguità immediata, che riconosciamo e che ci riconosce, nel
dono reciproco di un’illuminazione che è, per entrambe Svelamento, Mistero, e Gnosi.
La Gnosi è il trovare, al centro della Tenebra abissale del cuore, la Luce dell’Amore, e comprendere
e ricordare che questo è l’alimento di quella. Allora l’uomo che ama l’altro, simile a sé, riceve in sé
e dà all’altro la Luce seminale del Dio, e, con quella, il dono della Bellezza e della Profezia.
L’amore intervirile è una passione di Libertà e giovinezza, che rende gli amanti perennemente
adolescenti: nella mente e nel cuore, trasfigurandoli e rinnovandoli continuamente, in una continua
doppia metamorfosi. In loro riaffiora, illuminante, una Memoria segreta che riappare, improvvisa,
nel contatto con l’Amante. Il lampo del riconoscimento riaccende le braci occulte dell’affinità, che
allora riprendono ad ardere visibilmente.

Questo risveglio reciproco all’antica conoscenza, e il raggio rianimante dell’amore, che fa dei due
un respiro ed un’anima sola. Il Cerchio si ricollega e si chiude, il vincolo ridiventa unione e
similitudine palese. I Due sono “Pesci o Falli Gemelli”.
Il Pesce o Fallo discendente è il Gemello mortale, posseduto dal suo Dio senza sapere Chi lo anima
ed illumina, né come o perché ciò accada. Il Pesce e Fallo ascendente, o eretto, è il Gemello
Immortale, il Kouros adolescente, virilmente consapevole d’essere il Dio, e capace di formularsi
come tale nella sua essenza seminale. Questa è per gli amanti la fine dell’esilio, e l’inizio
dell’appartenenza reciproca. Ognuno dei due “Gemelli” ritrova nell’altro il fratello del suo cuore e
l’amico della sua anima. Ora le due individualità si concentrano, una tramite l’altra, in una affinità
che è un ritmo condiviso ed unico: una forza più antica e sapiente, che si risveglia in entrambe, per
liberarli dai ruoli e dalle finalità della specie, coagulando, in essi, l’aureo embrione individuale del
Dio: Il Kouros Eterno.

Nei Misteri Ariani trans-nazionali, di Samotracia e di Eleusi, aperti agli uomini liberi di tutto il
mondo pre-cristiano, in cui spiga di grano matura, pannocchia, pigna, papavero, uovo, brocca,
scettro, setaccio, e serpente, sono i simboli corrispettivi della forza creatrice della Terra, (Spiga),
della fertilità della specie nei due generi sessuali (Pannocchia e Pigna), del suo sonno mortale nella
procreazione (Papavero), dell’Animo Individuale (Uovo), della Vita (Brocca), del potere di
immortalità del fallo virile (Scettro), della Discriminazione purificante (Setaccio) dell’eterno
divenire Cosmico della mente Suprema(Serpente), affiora la struttura della Grande Opera
alchemica.
La psiche e la sessualità dell’essere umano individuato, devono superare la voluttà del propagarsi, e
del procreare, per potersi rigenerare come frutto immortale e divino: Animo individuale eterno, ed
Io Essenziale completo. I Misteri si riferiscono alla trasmutazione nella, e per mezzo della creatura
umana, del Fuoco divino, portato agli uomini dal Kabiro ”Teseo –la Prescienza- il cui “Amante e
Gemello, Epimeteo, è la Sovra Coscienza.

Questa Antropo-Theosis ignea si attua nelle 12 tappe zodiacali. I Misteri Eleusini di Demeter, La
Coscienza, e di Persefone o Kore, l’Intuizione di sé, sono il coronamento di quelli di Samotracia, i
cui Jerofanti perdono il proprio nome, immergendosi nell’acqua della Memoria di sé: un lavacro da
cui escono purificati e resi “Cigni”: capaci di fecondare Demeter, l’Idea.

Il rapimento di Kore, l’intuizione di sé, inebriata dal narcotico ctonio della voluttà seminale
collettiva, mostra come la specie umana sia ancora vittima del ciclo infero delle morte e rinascite
naturali, nella metempsicosi, e quanto sia invece ignara e dimentica delle proprie potenzialità
divine: di metemsarcosi della propria Materia terrestre, la Madre Demeter, da cui può rinascere e
fiorire, non solo come Animo individuale divino, ma anche con un corpo divino di Luce-Materia
eterna.

Il Mistero di Demeter è quello della risorgenza e dello sviluppo dell’intuizione divina, nell’entità
umana, che, scoperta l’origine astrale della propria coscienza, cessa di concepirsi e di percepire
materialmente ogni cosa, filtrandola attraverso le categorie mentali d’un dualismo separante, e si
apre all’intelligenza ed alla volontà del suo Dio. Orientandosi e polarizzandosi su sé stessa, l’entità
individuale evita di perdersi nelle tenebre d’identificazione dello psichismo collettivo nella
Voluptas, e fa germogliare in sé la luce e la Voluntas della propria divinità interiore. Essa allora
riappare come Eros Phanes, Theofania dell’Eros e Luce oltre la mente.

L’individuo sa allora lucidamente d’essere Colui che Vuole, fuori dalla stretta del tempo, nell’eterno
Presente dell’Ora. Questo segreto iniziatico, è l’ultimo il miracolo degli antichi Dei: il dono, fatto
ad una “specie umana superiore” d’una verità che, per centinaia d’anni, sarà relegata nel
catacombale silenzio del bestiale volgo giudeo cristiano.

Antinous lascia Eleusis trasformato, portando con sé, nell’intimo, quella benedizione segreta, che lo
prepara all’ assunzione della divinità Osiriaca, nel Nilo. Lasciando la Grecia nell’estate del 129,
Hadrianus, che è stato accolto come una manifestazione incarnata di Zeus, salpa per l’Asia Minore
col suo Ganymede, accolto ovunque calorosamente dalle popolazioni che ha ampiamente
beneficato. È in questa circostanza che Antinous ritorna a Claudiopolis, avvolto nella brillante aura
della Corte Imperiale. A Samotracia è stato iniziato ai Misteri dei Kabiri.
Seduto accanto all’Imperatore, magnificamente vestito e perfettamente educato, egli è al culmine
della sua radiosa bellezza. Procedendo attraverso la Siria e verso la metropoli di Antiochia,
Hadrianus osserva che queste regioni del Medio Oriente, invase dal morbo monoteista, non
potranno mai essere completamente Ellenizzate. L’Ebraismo ed il Cristianesimo giudaico, ancora
non disgiunti, non accetteranno mai la basilare unità del mondo, voluta dal Genio Ellenico-
Romano. Essi vedono sé stessi come gli Eletti, prescelti fra tutti gli altri popoli, votati alla
dannazione eterna, dal loro Dio tribale: Jahvé.
Quanto l’Ellenismo ha fatto, per aprire le menti e le porte degli scambi culturali ed ideologici fra i
popoli, è proprio ciò che gli Ebreo-Cristiani odiano di più, ed è quanto, più d’ogni altra cosa,
vorrebbero distruggere. Per le menti theosofiche dei filosofi “pagani”, iniziate ai Misteri divini
dell’Io Essenziale e dei suoi nove livelli, e, quindi, libere dall’angoscia della morte e della colpa,
create dal sistema religioso ebraico cristiano; per psichismi che non siano infettati dalla paura,
l’Idea di un Dio Padre, che sacrifica a se stesso il proprio unico Figlio, per fondare, sulla schiuma
della storia umana, una Chiesa o una Sinagoga di pii assassini, che immolano a se stessi,e ai propri
interessi, gli altrui figli innocenti, è il sacrilegio supremo.

Per Hadrianus, è cupamente blasfemo concepire un Dio che muore in rappresentanza, e a


redenzione anticipata, dei farabutti umani che verranno; in modo che ogni loro eventuale
responsabilità individuale, sia, fin dall’inizio, cancellata, vanificata a priori. È un’empietà palese,
che la coscienza individuale sia esonerata dal sapersi responsabile, diretta ed assoluta, dei propri atti
di volizione; e che una Religione di ossessi, infetti i sani che nascono, irretendoli, fin dall’inizio,
come suoi sudditi, nei vincoli pietrificanti di un sonno mortifero, turbato, appena, da brevi scosse
animali; alienandoli in una vita vegetativa, e in un limbo di ottusità scevra da ribellioni, o dissensi.

Ecco quindi che ai veri Iniziati, non resta che combattere, con una radiazione veramente divina, il
cancro delle religione ebraica, e giudeo cristiana, per dissolverlo dall’interno, con il potere del loro
genio, e delle verità eterne. Eccoli quindi produrre una serie di culti sincretici, basati sul Dio
Adolescente: Perfetto Modello Archetipo dell’Io Essenziale umano, e della sua potenzialità divina.
Con la sua Corte, Hadrianus prosegue il viaggio in Cappadocia ed inArmenia, e rafforza i pacifici
insediamenti lungo il confine con la terra dei Parti, assicurando, per il resto del suo regno, ed anche
per quello dei suoi successori, uno dei più lunghi periodi di pace che la regione abbia mai
conosciuto.
Prima di partire da Antiochia, Hadrianus va, con un piccolo gruppo, fra cui vi è Antinous, a
compiere un sacrificio notturno al proprio Genio, sulla vetta del monte Cassio. Colti dal Temporale
essi giungono al Tempio, e, prima che il sacrificio si compia, un fulmine colpisce ed uccide il
vittimario e la vittima, lasciando indenni e storditi gli altri. Cassia, il Gran Sacerdote, afferma che le
due vittime si uniscono al Genio dell’imperatore, e che le loro vite prolungheranno, come un dono
prezioso, la sua.

Antinous viene certo colpito da questa possibilità. Certo teme la decadenza fisica, e una maturità
che finirebbe prima o poi per togliergli il posto che ora occupa. La morte può anche diventare una
forma estrema e disperata di devozione amorosa, l’ultimo dono fatto all’amato, ed il solo in grado di
restare eterno. Forse il fanciullo, nel timore di perderlo, ha trovato il modo di legare per sempre
Hadrianus a sé, e, insieme, di prolungargli anche la vita.
Alla fine del 129, volendo esplorare un nuovo territorio, e con un piccolissimo contingente, in cui
Antinous è certamente incluso, Hadrianus si spinge verso Palmyra, e le terre che poi verranno
chiamate Arabia, e che noi oggi chiamiamo Giordania. A Palmyra Antinous rice l’Iniziazione al Dio
Mithra. Nell’estate del 130 la Corte torna indietro, ed entra a Gerusalemme. Qui l’Imperatore
s’impegna nella ricostruzione di parte della città, distrutta da Tito, sessant’anni prima. È
accompagnato ovunque dal bellissimo Antinous.

Le reazioni astiose dei maschi ebrei, spose circoncise di Jahvé, e omosessuali latenti e repressi,
contro questa sua non occultata predilezione dell’eros sacro intervirile, non possono che irritare
profondamente Hadrianus, che, con l’intento di Ellenizzare e civilizzare questa città turbolenta,
abitata da un popolo che egli considera francamente abbietto e barbaro, vi importa una consistente
popolazione greca, rinominandola Aelia Capitolina, e restando freddo alle possibili reazioni della
popolazione ebraica. Hadrianus consulta comunque i Rabbini, per riformarne la fede esclusiva,
allineandola, il più armonicamente possibile alle Religioni politeriste del resto del mondo. Abolisce
senza esitazioni la circoncisione, che ritiene una pratica assurda, e crudele, ed Inizia una ferrea
reazione politica contro la pretesa “superiorità etnica ebraica”.
Spiana quel che resta del Tempio, e al suo posto fa costruire un Tempio a Zeus. Vuol far capitolare
gli Ebrei, facendo loro accettare l’Unità Sovra nazionale Romana, ma questi fanatici danno invece
inizio alla loro feroce “Guerra terroristica” zelota, contro Roma, e contro tutto ciò che Roma
rappresenta.

La Morte di Antinous

Ciò che è iniziato come un viaggio glorioso degenera in una inaspettata tragedia. Lasciando
Gerusalemme, in una situazione di calma apparente, la compagnia Imperiale attraversa il Sinai, e
nell’Agosto del 130 raggiunge l’Egitto. Li accoglie l’enorme città di Alessandria, la più popolosa
del mondo. Qui c’è il Museion: la grande biblioteca ed università, in cui imparano, insegnano, e
disputano le menti più acute e brillanti del mondo d’ allora. Qui si preserva e riverisce il corpo di
Alessandro Magno, e qui le religioni Egiziana, Ellenica, Ebraica, ed Ebraico-cristiana si trovano in
un costante stato di conflittuale agitazione. Gli Dei della Grecia, e gli antichi Dei Egizi, si
mescolano alle nuove formulazioni filosofiche e Gnostiche, dando vita ad un sincretismo
particolare.
In questo luogo ossessionato dal Sacro, e dal denaro, giungono Antinous ed Hadrianus, accoltovi
come Faraone, con tutta la grandezza e lo sfarzo che il cerimoniale egizio può esprimere. Poi essi
partono per l’Oasi di Ammone, a Siwa, dove Alessandro ha appreso, dalla bocca dei sacerdoti il
segreto della propria origine divina. Due grandi Maestri cristiani, rivali fra loro, sono presenti ad
Alessandria al tempo della visita imperiale: il Patriarca Gnostico Carpocrate, e Valentino, che
spostatosi a Roma, durante il Regno di Antonino il Pio, vi fonderà una scuola, diventando poi Papa
della Chiesa Giudeo Cristiana.
Carpocrate insegna ad agire, in ogni senso comunemente considerato turpe, senza timore, perché
solo così, ad ogni energia, anche negativa, viene dato il tributo liberatorio che le spetta, e che
evidenziandola la acquieta.
“La Purezza è una derisione, la Castità una Vergogna: chi vuole entrarenell’intimo della Dottrina
Segreta, deve perpetrare ciò che le Leggiqualificano come ignobile, perché il solo mezzo per
liberarsi dei Padroni del Mondo, è di saldare e restituire, ad ognuno di loro, il tributo di azioni che
essi definiscono vergognose, e che proibiscono proprio per poterci tenere in schiavitù. Bisogna
perciò abbandonarsi, senza riserve, a tutti i piaceri, e rendere la carne alla carne, e lo spirito allo
spirito”.

Gli gnostici placano gli Arconti trasmutando il negativo in positivo, e il nemico in alleato. L’orgia
intervirile, diventa per essi un rito di salvezza. A causa delle loro unioni intervirili libere, e prive di
nessi procreativi, essi si reputano completamente felici, e chiamano questo: l’Agape perfetta. I
Carpocraziani praticano le Arti negromantiche, affermano che il Bene ed il Male sono tali solo
nell’opinione degli uomini volgari, sostengono la trasmigrazione delle anime, e che in ogni vita si
deve sperimentare ogni cosa, fino all’esaurimento del proprio Debito. Se un’anima esaurisce in un
solo
transito terrestre il proprio deposito karmico, non trasmigrerà più.
Insegnano queste cose in segreto, soltanto alle persone degne d’essere amate. L’uomo, infatti, è
salvato solo dalla fiducia e dall’Amore; ogni altra cosa è indifferente, e non c’è nulla che per sua
natura sia cattivo. Venerano le immagini dei Filosofi, e dicono che la giustizia divina è comunione
con senza discriminazione alcuna.
Lo Gnosticismo è un fenomeno di assimilazione e di preservazione, semplificata e talvolta riduttiva,
dei contenuti psichici dell’Alta Magia Jeratica e Theurgica Egizia, trasferiti esteriormente
nell’Archetipo di un Redentore solare. A livello interno, invece, è l’individualità integrale a
conferire a chi la attua e concentra in sé, una Forza magnetica ed immaginale capace di attrarre il
Dio che, somigliandole, già le appartiene; separandosi da tutto ciò che non le è affine. Questo
Nucleo Essenziale che produce l’Autotheosis, è il Figlio che porta la salvezza, il Fanciullo Divino,
il Serpente benevolo Agatodaimon, e il Nous Ermetico.
Questo è il Magnete erotico, che attrae a sé le parti o sostanze che gli sono simili, e che nell’uomo
sono d’origine sovrumana e divina: i suoi Caratteri extra-umani, Innati ed Eterni, che sono le
Qualità inalterabili ed originarie dello Spiritus Rector. Questi è il fondamento individuale che
precede e supera ogni Ego personalità contingente, genetica, elementare, od accidentale. Tali sono
anche le caratteristiche stesse del Genio individuale o Daimon: l’Eterna giovinezza, l’Androginia, la
Comprensione degli opposti, la Consapevolezza d’ogni cosa, la Divinità, e l’Onnipotenza.
“ Per la porta oscura, si va dal regno della polvere al regno degli Immortali.”
“Se l’uomo non diviene Immagine, sarà annientato assieme al mondo materiale, essendo rimasto in
potenza: cioè impotente, e non attuato. Se invece diventa Immagine e Nasce, individuandosi da un
punto indivisibile, da Piccolo che era diverrà Grande, e, come grande esisterà per l’eternità; non
più soggetto al divenire, ma Immanente nel mondo.
Questo elemento, beato ed incorruttibile, è celato in potenza in ogni uomo, ma non in atto. Esso è
Colui che fu, e sarà beato, Egli sta eretto: in alto, nella Potenza ingenerata, e, in basso, nello
scorrere delle Acque: generato in Immagine, ma non ancora divenuto Immagine. Se diviene
Immagine, starà eretto in alto, presso la Potenza Beata ed infinita”.
Ad oscurare la gloria di questa prima visita del Faraone Romano in Egitto, che sarà anche l’ultima,
c’è il fatto che da due anni il Nilo non inonda i campi al tempo della prevista piena annuale, e che
quindi sull’intero Egitto, e sull’Impero Romano, che dall’Egitto dipende per il suo
approvvigionamento di cereali, aleggia l’atmosfera mortifera d’un disastro imminente. L’ultimo
evento della vita di Antinous ha luogo alla fine dell’anno 130.
La Corte ha lasciato Alessandria, per esplorare la valle del Nilo. L’Imperatore che si annoia,
promuove come diversivo una battuta di caccia al leone, nel deserto; con Antinous sempre al suo
fianco. Un leone, accerchiato, attacca proprio il ragazzo e lo ucciderebbe, se Hadrianus non
intervenisse a salvarlo. L’Evento indica che Antinous, protetto dal Genio Imperiale, non è
vulnerabile al leone, l’animale sacro a Sekhmet, e alla Grande Madre. Si dirà poi, che dal sangue
della bestia sia sbocciato il loto rosso, conosciuto da allora come Antinoeios, e si sigillerà così la
divinizzazione di Antinous, nello stesso spirito di quelle di Adonis e di Hyacinthus.
Ma la morte è soltanto evitata, ed Antinous ha ancora soltanto poche settimane da vivere. Nel luogo
dove sorge il Tempio di Ramses, e dove oggi si trova il villaggio di Sheik Abade, il giovane annega
nel Nilo. Non si saprà mai se si è trattato di un Suicidio rituale, o di un fatale incidente. Antinous
viene assunto dal Nilo, quasi fosse un’offerta, e lo splendido corpo viene recuperato e mummificato
all’uso egizio, perchè chi annega nel Nilo assurge al rango divino di Osiride.

Hadrianus cade nello strazio d’una cupa disperazione, lasciandosi invadere dal dolore come da una
cancrena, e ciò che resta della sua vita sarà un lungo inno di cordoglio per la morte dell’Amato. Su
quella tragica spiaggia, a metà strada fra Alessandria e le cataratte del Nilo, l’Imperatore fonda, il
30 ottobre del 130, il Primo giorno del mese di Athyr, la città di Antinopolis.
Questo atto ha un immenso impatto sul mondo, perché, subito dopo di esso avviene una
abbondantissima inondazione del Nilo, che allontana lo spettro della Carestia. È proprio in questo
momento che i sacerdoti Egizi assimilano Antinous ad Osiride, ed iniziano ad adorarlo e a
celebrarlo come un Dio. Hadrianus, divinizzando l’amante perduto, rende eterno e divino anche il
proprio amore:
” Tu, mio signore e principe, mio Daimon sacrosanto, mio prezioso
Gemello spirituale, Tu sei lo spirito che mi crea fanciullo, e sei il fanciullo che il mio spirito crea.
Tu che ora sei rivestito della più brillante delle luci divine, manifestati a me, nella più bella delle
epifanie, mostrandomi la luce del tuo volto abbagliante; e sii per me il mediatore che leva dal mio
cuore le tenebre dei veli”.

De Bello Judaico.

Tornando dall’Egitto, Hadrianus, straziato dalla perdita, trova Israele in completo subbuglio; gli
affari ebraici vanno di male in peggio. A Gerusalemme, la Decima Legione di spedizione, che ha
per emblema un cinghiale, affigge come d’uso l’insegna alle porte della città, e la plebaglia
sobillata, urlando che l’immagine è quella di un porco, bestia fra le più immonde, vi ravvisa un
feroce insulto ai sacri costumi di Israele. Con l’intento di cancellare uno dei segni con cui Israele
pretende di distinguersi dal resto del genere umano, Timeo Rufo applica, anche alla circoncisione, il
divieto e le pene di legge, volute da Hadrianus contro l’evirazione dei fanciulli e dei giovani
schiavi, per fermare i loschi e lucrosi traffici che ne derivano.

In Teoria quella ebraica ha un posto fra le altre religioni dell’impero, ma in realtà Israele si rifiuta di
essere un popolo fra gli altri, e d’avere un Dio fra gli Dei. Non c’è altro popolo, all’infuori di
questo, così arrogante da pretendere di limitare l’intera Verità, nella stretta camicia di forza del
proprio Dio tribale, insultando così la molteplicità del Dio che tutto comprende, accetta, ed esprime.
Solo Jahvé ha ispirato ai propri soci del Patto, un odio tanto intenso ed inestinguibile per coloro che
pregano ad Are diverse. L’apertura di scuole greche scandalizza fino alla frenesia isterica il clero
rabbinico della Vecchia Città, e poi riesce un colpo di mano degli zeloti.

Stavolta un nuovo avventuriero che si fa passare per Profeta armato, Simone Bar Kochba, il cui
nome significa “ Figlio della stella”, è insorto contro l’oltraggio della dissacrazione, portata al
Tempio di Gerusalemme, e guida una rivolta contro la “tirannia” dell’Impero romano. Egli è
considerato il Messia: un Re armato di spada, e, quando i sacerdoti gli danno man forte e il Gran
Sacerdote Eleazar riconsacra il tempio, contaminato dai visitatori non circoncisi che ne hanno
varcata la soglia, l’intera popolazione ebraica insorge
più o meno apertamente al suo fianco.

Gruppi zeloti attaccano le guarnigioni romane isolate, e massacrano i soldati con raffinata
efferatezza, e con mutilazioni crudeli, che ricordano gli episodi peggiori della rivolta ebraica sotto
Traiano. Gerusalemme cade nelle mani degli insorti, e i nuovi quartieri di Aelia Capitolina vengono
dati alle fiamme. Hadrianus si rende conto che il suo sforzo per civilizzare gli Ebrei, o almeno per
Ellenizzarli parzialmente è destinato al completo fallimento.La rivolta è ormai una guerra
implacabile.

Assorbito in un dolore facile da immaginare, la pazienza dell’Imperatore, verso questi fanatici,


incuranti della coesione dell’Impero, e nemici di ogni altra razza e di ogni religione che non sia la
loro, ha termine, ed egli esprime e mostra nei loro confronti, senza più alcuna reticenza, l’aspetto
guerriero e feroce dell’Aquila Romana. Manda all’attacco le sue legioni e, nel corso di cinque
lunghi anni, attua una decimazione sistematica dei terroristi ebrei.

Gli Arabi, dapprima alleati degli Ebrei ribelli, si defilano, e i Parti mantengono fede ai trattati di
pace con Roma. L’ascesso giudaico resta perciò circoscritto, e sedici anni di regno pacifico non
vengono cancellati, come vorrebbero gli ebrei, da questa Campagna di Palestina. Hadrianus
partecipa di persona alle operazioni, e, il terzo anno di questa guerra di Giudea, l’esercito stringe
d’assedio la cittadella di Bethar, dove Simone, figlio della Stella, ha trovato l’estremo rifugio. Bar
Kochba viene sconfitto ed ucciso, e, dopo lunghe esitazioni, viene interdetto perché sedizioso, lo
studio della Legge Ebraica. Il vecchio rabbino Akiba, e altri nove suoi simili, dottori della legge ed
anime nere del partito terrorista zelota, vengono giustiziati. Ad Hadrianus la vecchiaia non é mai
sembrata una scusante sufficiente alla perfidia, anzi, semmai, essa costituisce
un’aggravante.

Questi dieci vecchi forsennati ebrei, muoiono intrisi nell’olio rancido del loro odio mal coltivato,
ma ben convinti d’essere i soli innocenti, gli unici giusti, e di non avere alcuna responsabilità nelle
evidenti disgrazie del loro popolo. I superstiti della resa di Bethar, i ribelli irriducibili, e molti
fanciulli feroci, deformati da insegnamenti e convinzioni implacabili, vengono venduti all’incanto:
come schiavi. Gerusalemme, distrutta in parte dagli stessi Ebrei, viene evacuata.
Un’iscrizione, posta sul luogo dove sorgeva la città, e che riproduce parola per parola, quella che un
tempo ornava la porta del Tempio, per vietare l’ingresso ai non circoncisi, proibisce ora agli Ebrei,
pena la morte, di farvi ritorno. Alla popolazione viene quindi intimato di andarsene altrove. Ogni
Ebreo che opponga resistenza, a questo decreto imperiale, viene giustiziato, ed inizia così un’altra
dispersione virale di questi ossessi, che si espandono come una cancrena, in ogni angolo civilizzato
del mondo Ellenico Romano. I più fanatici fuggono nell’Impero dei Parti, altri vanno ad Antiochia,
Alessandria, Pergamo, o Roma; dove continueranno a prosperare e a tramare contro il resto del
mondo.

Per Ordine dell’Imperatore, Publius Aeliues Hadrianus, la Giudea viene cancellata dalle carte
geografiche e assume il suo nuovo nome di Palestina. Questa è anche l’atto di nascita del
Cristianesimo Romano, che effettua la separazione fra Sinagoghe Ebree e Chiese Gentili, o
giudaico-cristiane. Per la prima volta, i “Vescovi ebrei della Circoncisione” vengono sostituiti da
Vescovi Romani prepuziati, anche se il Cristianesimo viene ancora riconosciuto, giustamente, come
una parte integrante dell’Ebraismo.

Distrutto il Sacello del Santo Sepolcro, sopra di esso si costruisce un Tempio dedicato a Venere,
mentre un giardino di Adone viene piantato sul presunto sito della Natività: a Betlemme. Hadrianus
tuttavia, sottovaluta la tenacia di questa barbara razza, di tenaci cavallette del deserto, e col suo
gesto innesca una letale diaspora ebraica, che si aggrega come un cancro mafioso nelle grandi e
ricche metropoli dell’Impero Romano, operandovi come un agente corrosivo, di lenta dissoluzione
delle anime.

Inizia a svilupparsi una fitta interconnessione fra fuoriusciti ebrei, che si danno al commercio ed al
prestito ad usura, impossessandosi in esclusiva di questo segmento dell’economia romana, ed
infiltrandosi, attraverso di esso, in molti altri gangli vitali della società, con il segreto intento di
portare alla rovina economica, spirituale, e materiale l’Impero. Questa Congrega ebraica, in un paio
di secoli d’opportuno contagio psichico e morale, giudeo cristiano, diverrà senza troppi ostacoli, già
durante il Medio Evo Europeo, il più potente agente finanziario del mondo.

Oggi noi troviamo la “Nazione Ebraica”, che non coincide affatto con il solo attuale Stato d’Israele,
installata saldamente in tutti i centri nevralgici delle diverse Società e Nazioni mondiali, per
controllare e gestire Finanza, Comunicazioni, Arte, Cinema, Divertimento, Medicina, Scienza,
Insegnamento, con l’intento di “Unificare” o “Globalizzare” rapidamente il Mondo per porlo sotto il
proprio esclusivo dominio.

Questo sedicente Popolo Eletto, che presume e pretende d’essere il solo legittimo Padrone
Sacerdotale della Terra, autorizzato alla rapina dei beni altrui dal proprio Dio tribale esclusivo, e
dalla propria assoluta mancanza di scrupoli morali od etici, opera nei propri Templi, Sinagoghe, o
Banche che siano, occultandosi dietro un velo di opportuno riserbo, e circondandosi di un Mistero
che troppo pochi riescono ancora a penetrare. Questa cospirazione ebraica contro ogni possibile
Armonia del Mondo, è l’azione voluta dal loro Dio Jahvé, un Plumbeo Demone delle Tempeste,
evaso dal Tempio di Gerusalemme, quando Hadrianus ha tentato di unificare, nella Pace, tutti i
popoli dell’Impero romano, disperdendo, ma non eliminando, l’agente responsabile d’ogni futuro
conflitto.

Con la sua debolezza, nello sradicare completamente il male ebraico, dovuta certamente al lutto ed
alla sofferenza per la morte di Antinous, Hadrianus ha permesso agli Ebrei di impadronirsi del
mondo, propagandovi la loro implicita barbarie.
Divus Antinous.

Che un Giovane di 19 o 20 anni, la cui sola virtù sembra essere quella della sua bellezza ed
intelligenza, possa diventare una divinità sovrannaturale, capace di influenzare le forze e le acque
del fiume Nilo, è per gli Egizi, eredi di una cultura magica ininterrotta, antica di migliaia d’anni, un
fatto perfettamente plausibile. Secondo loro, l’anima umana, di natura essenzialmente divina, è
legata al cosmo e forma una sola cosa con esso. Gli Egizi, sono i primi a riconoscere che la luce
delle stelle, ed il fuoco della vita, sono i riflessi d’un’unica
inestinguibile fiamma.

Il Sudore della lotta brilla ancora sul corpo dell’efebo, mescolata all’olio ed alla polvere della sua
avvenenza. Quel giovane puledro amoroso vibra d’una forza divina, e la sua bellezza non è che un
altro ornamento per quel segreto vigore. Essere l’amante regale è stato quasi un gioco, una festa a
cui ogni anno aggiungeva un colore, ma poi, essere esibito come un lussuoso possesso ha alterato
la semplice e primitiva armonia dei dolci amplessi.
Ora Antinous è il più bello, il Compiuto, ma la bellezza umana non è eterna, e col suo dileguarsi e
sfiorire, forse anche l’amore del Re prenderà il volo. Amaro può essere il miele del dubbio e, a
volte, la trappola d’una parola può aprirsi improvvisa come un precipizio, o come un vortice in cui
annegare.
“Tuffati in quest’acqua, perché l’Acqua della Vita.”
Antinous se ne va con amore, come un’offerta non richiesta, e resterà sorpreso quando, per amore,
uscirà da quelle acque come un Dio, alla chiara luce del Giorno.
E il Dio parla:

Le Acque del Nilo erano gelide quella notte. Vidi le lunghe alghe, d’un colore verde vivissimo, e in
vita, quello fu l’ultimo colore che vidi.
L’acqua mi trafisse, e riempì i polmoni; allora respirai come un pesce, e d’improvviso capii il suo
dolore, quando l’amo crudele lo rapisce al suo elemento. Mi feci pesante, e quasi levitando mi
posai sul fondo sabbioso; ero immobile, e turbinante.
D’improvviso l’Io Unico si trasformò, svelandosi in una una molteplicità di persone.
Vissi, contemporaneamente, innumerevoli vite, assaporandone gli attimi più salienti. Poi mi
ricordai di Lui: Hadrianus, e vidi nel suo volto i molti volti delle sue tante esistenze.
Riuscii, non so come, ad emergere, e mi aggrappai ad un tronco. Sulle sponde del Nilo mi
attendevano i sacerdoti.
Uscii dall’acqua completamente asciutto, ed uno di loro mi avvolse nei candidi lini.
Mi disse: Benvenuto, o Divino, il tuo nome sekhem è Antinous, e il Ba del tuo cuore è Hadrianus.
Ancora mi sfuggiva chi io fossi, né sapevo nulla di Hadrianus; non avevo memoria della mia vita
passata.
I sacerdoti mi condussero dinanzi ad una statua dicendomi: Questa è la tua nuova dimora.
E io presi posto al suo interno, come nel nido a me più adatto.
Gli uomini mi adoravano con riti incruenti, e udivo dei pianti, e delle risa. Poi vidi il vecchio Re
ungere il mio nuovo corpo, di pietra, con olî preziosi e lo osservai bruciare per me le sacre erbe.
Chi era quest’uomo straordinario?
Apparvero nella mente fuggevoli ricordi, immagini d’un fanciullo, nascosto dai cespugli, proteso
nell’atto di scagliare una zagaglia.
E un’ombra presente, calda e rassicurante, gli era sempre accanto.
I ricordi si fecero più vividi, e capii chi era per me quell’uomo.
Noi siamo stati amanti, e tante altre cose.
Non mi resta memoria degli episodi sgradevole che, nel filo degli anni pure devono esserci stati.
Conservo solo il ricordo del bene, e della gioia che quel legame mi ha dato. Ero felice.
L’opera dei sacerdoti alimentava in me nuove energie, e fui sempre più consapevole di me stesso e
di ciò che ora mi attorniava.
Il mio Nome Sekhem, Antinous, si incise per sempre nell’etere, come un sigillo di fuoco, e nel cuore
di quel fuoco vibrava l’anima di Hadrianus.
Ora vado verso la mia Immagine e la mia immagine viene verso di me. Essa mi abbraccia
tenendomi stretto, come se io fossi uscito di prigione. Io sono il Dio Antinous, Faraone vivente in
una carne d’oro”
Antinous, divenuto Osiride annegando nel Nilo, e sacrificando la sua vita per l’Imperatore, che è
l’incarnazione della volontà e del Genio di Roma, nel giorno e nell’ora esatta in cui Osiride è
disceso nella tomba, “Esce alla luce del giorno”, e prende posto fra gli Dei più elevati. Hadrianus
rivoltosi alla sapienza segreta Preti egiziani, non potendo restituirgli la vita fisica, come una Iside
immersa nella rimembranza, gliprepara la Vita Eterna degli Dei, mettendo in atto l’Apotheosis del
suo amato.

Si costruiscono templi dove Lui abiterà, vengono scolpite innumerevoli statue che lo restituiscono
alla vista ed ai sensi, e gli jerofanti scrivono ed attuano dei rituali di Evocazione del Nuovo Dio.
Monete sono coniate e distribuite e la nuova Religione di Antinous si diffonde in ogni parte
dell’Impero: più potente che mai in Grecia, ma forte anche in Spagna, in Britannia, e nelle regioni
del Danubio. Questo culto del Fanciullo Divino durerà per secoli, anche dopo la scomparsa di
Hadrianus.
Lo venerano con giochi, danze, offerte rituali ai piedi di una statua bianca e nuda; il Primoi giorno
del mese di Athyr.Quello di Antinous diventa il culto prediletto degli artisti, e il nuovo Dio
adolescente è oggetto di particolare venerazione, da parte dei praticanti dell’Eros intervirile. Gli
artisti della pietra danno le sue sembianze anche ad altri Dei: Dionysos, Apollo, Iacchos, ed
ovviamente Osiride, perché Antinous porta con sé il messaggio della Vita eterna e sempre mutevole,
che non è non un breve spasimo di carne, seguito da un divino giudizio dell’anima, ma un eterno
ritorno di ognuno nel cosmo, per milioni di anni; al punto esatto del suo primo inizio.

ANTINOUS
Ultimo Dio di Roma.

Antinous annega nel Nilo, e Hadrianus lo cerca in preda al panico nella fitta rete di canali, ma
quando il suo corpo viene tratto dall’acqua, come da un immenso utero fluviale, è il Dio dell’Amore
e della Bellezza virile a rinascere dal fango di quella Morte, come il Loto Rosso che sboccia in
superficie.
Il 28 Ottobre del 130 di questa era, che in seguito si dirà cristiana, la Corte di Hadrianus sta dolente
e muta, sulla riva del Fiume dove è avvenuto il Sacrificio e l’assunzione astrale di Antinous, e dove
il Verde Osiride ha aperto la bocca del ragazzo, per insufflare, nel melograno della sua anima, il
soffio ardente che anima il Dio.
Il Terzo giorno Hadrianus sta accanto al corpo del suo amato, annegato fra i loti rossi che da allora
porteranno il suo nome. Ha la testa coperta e la veste sacerdotale, e benedice il luogo del
ritrovamento, e della restituzione. Quel sacrificio alle acque, le farà travalicare come un pianto
inesauribile, dalle Montagne della Luna, per inondare di nuova vita i semi nascosti d’Egitto. Il
Pontifex Maximus intona la litania funebre, e affida la bellezza d’avorio del suo amato alla
preservazione eterna della Casa della Vita.

I Preti di Anubis compiono il loro Misterioso lavoro, per preservare anche quel corpo perfetto e
tanto amato, dal transito nel Mondo Reale. Essi intonano il canto che lo richiama dalla Morte, per
offrirgli una guida alla sua nuova sede: nel cuore dell’Aquila celeste. Nel buio silenzioso, Antinous
di Bytinia esce nudo alla Luce del Giorno, e risplende glorioso nella sua Bellezza, mentre i 72
Principi di Fiamma lo accolgono fra loro, e il Signore di Tenebra lo benedice, per conferirgli il
frutto della vita eterna. Ora egli è avvolto nella luce di una stella imperitura, e viaggia sulla Sacra
Barca di Milioni d’Anni, nel Nilo della Via Lattea.
Gli Arconti che governano il mondo non impediscono il suo passaggio, e aprono dinnanzi a lui le
nove porte di cristallo, per fargli raggiungere il suo posto, nella Costellazione dell’Aquila. Dalla
Torre Nera della sua Villa di Tivoli, ancora per qualche anno Hadrianus e i suoi astrologi
scruteranno il cielo, scoprendo, nel 134 la nuova Stella di Antinous. Pontifex Maximus, Santo Padre
della Religione di Roma, Sommo Sacerdote di tutti gli Ordini Sacerdotali, Hadrianus proclama al
mondo la Divinità di Antinous, e la qualità divina e divinizzante del loro Amore.
All’alba del terzo giorno il sole sorge implacabile sulle dune rossastre, e su quel grosso grumo di
fango, arenatosi sulla riva. Gli versano addosso dell’acqua e, quasi per incanto, quell’argilla da
vasaio si scioglie, svelando fra le crepe il candido corpo di Antinous.
Hadrianus riceve in piedi quel corpo mortale, come se l’avesse atteso da sempre, ma il suo vigore si
sfalda, scuotendolo in un urlante silenzio. La sua mente barcolla ubriaca, in un labirinto mancante
del centro.
Non gli rimane che l’intrico di un corpo in fuga, senza possibili uscite. La collera del Principe
potrebbe annientare il mondo, ma ora lui non ha tempo, che per piangere quella perdita senza
possibile riscatto.
D’improvviso la giovinezza si è spenta come un lume nell’acqua, trascinandolo nel buio baratro di
quella fine del mondo. L’abbandono di Antinous è presente nei suoi oggetti, vibrante in ogni luogo,
e la sua assenza fatale sembra ancora un errore a cui si può porre rimedio. Hadrianus è incredulo.
Poi questa enorme realtà della morte, stringe il suo petto come una morsa terribile, ed il suo fiato
s’accorcia flebile come un guaito nascosto nell’ansimare dei cani. Vorrebbe non essere più, o essere
finito un po’ prima, ma il fato gli ha lanciato addosso i dadi di piombo, di quest’invincibile partita.
Antinous non sarà più: sparita la sua voce che talvolta si arroca, mutato per sempre il suo segreto
tragitto. Hadrianus stringe febbrilmente un sandalo, orfano dell’efebo, quasi a volersi convincere
del suo imminente ritorno.
La fila bianca dei sacerdoti, mormora il Nome di quel Nuovo Osiride, e una testa di nero sciacallo
fluttua invisibile attraverso le vuote stanze.
Dov’è, ora, il tuo immenso potere, Hadrianus? Quale collera regale, quale muro ti proteggerà ora
dall’unghia leonina di questa morte inattesa?
Se ne sta solo, a piangere come non ha mai pianto prima, come se il Nilo ora dovesse scorrere tutto
attraverso i suoi occhi, rimandando, all’interno della sua mente turbata, i frammenti di Antinous,
riflessi sul pelo dell’Acqua.
Ora bisognerà trovare un motivo per vivere, cercare una ragione, escogitare uno scopo e un
significato, nel dilemma di questa scomparsa. Solo se Antinuous diviene davvero un Dio, nulla sarà
veramente perduto.

Nella Gnosi egizia la parola Mer, “Amore”, è sinonimo di Mer “Piramide”, e di Mer “Canale”.
L’Amore attiene dunque alla Costruzione dell’Essere divino. L’Uomo divino conosce la Pienezza.
La Bellezza lo ama, e lui ama la Bellezza, che si esprime come Armonia. Chi ama crea, chi non ama
non sa creare, e la Piramide è il simbolo della creazione divina dell’amore: il canale attraverso cui
scorre l’energia universale. L’Amore appartiene, difatti, al livello esistenziale e di coscienza degli
Dei.
Antinous ha amato, ed è stato amato per la luce divina nel suo corpo, e per la luce divina nel suo
cuore, e queste luci lo hanno amato, perché egli ha realizzato un Eros unificante, che ha collegato
nel Dio, tutti i suoi livelli esistenziali. Questo Eros ha trasmutato e placato le forze caotiche più
temibili, e ne ha canalizzata l’energia, creando la Pienezza amorosa, la Solidarietà, e la Dolcezza,
che hanno trasmutato l’Adolescente in un asse di Luce Stabile. Antinous è quindi, un Vero Dio, ed è
il Dio dell’Eros intervirile.

Questa “Virtù”, che non è un istintuale automatismo della specie, reso norma sociale, non la si
predica né insegna, a chi, non intuendola dentro di sé neppure la sospetta, o, sentendola , se ne
indigna. Un baratro separa l’amplesso d’ardore divino del Gemelli, dal coito fecondo e taurino della
bestia umana.
Questo Eros Hermetico e trasmutante, che rigenera chi lo celebra, non è motivato da una vita che lo
esige per auto conservarsi, ma è un Potere che non obbliga, non acceca, non procrea, e non ripara
ll’individuo, segregandolo nel caldo alveo del branco animale. Questa Virilità condivisa, è una Con
– passione nata dalla pienezza, che non distingue l’amato dall’amante, perché li accomuna,
entrambe, in un’unità inscindibile, fuori dal tempo e dallo spazio. È un Amore Eterno, auto
generato, che l’individuo intuisce dentro di sé e oltre ogni altro uomo, come un Centro che illumina
il buio con la sua Luce divina.

“ Io vengo dal Centro della Luce, dalla mia sede splendente, per sentire e vedere i cuori in cui
abito, e misurare le menti di quelli che mi accolgono.. Se pensi a Me, a Te io penso, Se chiami il
Mio Nome, Io pronuncio il Tuo. Se Tu mi ami nelle tenebre inferiori, Io ti amo nel luogo delle Luci,
e ti guido a raggiungermi in questo stesso Mondo di eterno splendore.”

Parla il Dio Antinous:

Sono stato anch’io un uomo, e degli uomini comprendo le necessità,


ma cosa può volere realmente da me chi mi contatta? Conoscermi? Sono Antinous di Bytinia, e
nessuno più mi onora. Questo è un grosso problema per una divinità del mio tipo, soprattutto se è
relativamente giovane e nuova. Marte ha milioni di anni, e così Venere, e Giove, che sono la
trasposizione di Archetipi primordiali, perchè la razza umana onora e venera volentieri ciò che può
soggiogarla e distruggerla: l’Aggressività guerriera, i Piaceri, e
il Potere.

Mithra viene ancora celebrato, dopo parecchie migliaia d’anni. Tutti gli Dei hanno innumerevoli
nomi, a seconda di dove sono stati portati e diffusi. Ma io non sono una semplice ipostasi di una
qualche altra divinità. Non sono un clone di Apollo, di Attis, Di Dioniso, o di Osiride, come
avrebbero voluto gli Egizi; e non sono nemmeno una sottospecie dell’Hermes greco o del Mercurio
Romano: sono semplicemente Antinous, un Dio circoscritto a sé stesso. Cosa rappresento?
Dovevo essere l’antidoto alla figura montante del Cristo ebraico – cristiano. Il Falegname galileo
è, difatti un uomo incompleto, un rinunciatario, che chiudendo con l’esistenza, si rinserra in quel
bozzolo di sconfitta ovattata ed alienante, che alcuni chiamano impropriamente “amore”, ma che è
il suo esatto contrario. Io dovevo essere un modello diverso per l’uomo; un Anti-Cristo Ellenico,
ovvero un vero Dio Pagano.
L’umanità aveva, ed ha ancora, un estremo bisogno di me, e non di quel Gesù, che è capace di
essere libero soltanto in un ipotetico Altrove celeste, e che, a conti fatti, dà solo questo deludente
messaggio:
“Non c’è il male sulla terra, ma esso è dentro di noi. Il peccato è in noi, quindi salviamoci con una
bella crocifissione, che rappresenta l’offerta sacrificale di sé stessi al mondo degli Elementi.”
Antinous rappresenta un altro percorso, assai più complesso, che certo non è stato studiato e messo
a punto, per le ristrette mentalità della gente del popolo; ma per una elite di uomini, capaci di
addentrarsi in un mondo non semplice, ed assai più variegato del loro. Il mio mondo è stato
concepito per un nuovo tipo d’uomo, ancora assolutamente inedito, integrato nella vita e nella
natura, e non in fuga da esse: sradicato, represso ed alienato, come vuole l’ideale e la fede
cristiana.
Il Mio messaggio è dunque questo:
È ora di eliminare per sempre il concetto d’una gerarchia che possa auto proporsi, e manifestarsi,
come un potere autocratico, e che non sia, invece, una emersione naturale delle qualità umane
migliori: ovvero un’aristocrazia.
Ognuno è il Rex e il Pontifex di sé stesso, e deve reggersi e governarsi senza permettere che altri
pretendano di poterlo fare in sua vece, ed a suo nome. Hadrianus desiderava questo, per i suoi
simili, perché prima d’essere un Imperatore, lui era un vero filosofo.
Io, Antinous, sono il massimo di ciò che un filosofo possa concepire come modello di uomo
completo e realizzato. Possiedo la Bellezza, la discrezione, la Sapienza, il Coraggio, l’Ironia, la
Tragedia, la solarità e l’ombrosità, il Mistero e la Luce. Io sono l’Ideale concreto dei Filosofi.

L’individuo umano che si accinge a seguirmi, assume in realtà un distillato di coscienze, e di menti,
che hanno a lungo collaborato per creare l’Uomo Supremo. Io non possiedo l’ottusa crudeltà del
Padre, né la voracità cannibale della Madre; e non sono nemmeno la loro vittima predestinata: il
Figlio. Non ho la normale tendenza dei Figli a fuggire dalla trappola parentale dei dualismi,
travalicando il reale, e veleggiando verso mete crepuscolari, trasognate ed illusorie.

Ogni Figlio, e Gesù ne è un chiaro esempio, procede spedito per una strada destinata a deragliare,
ineluttabilmente, nell’abisso dei suoi cari Genitori. Non essendosi emancipato lui stesso, l’Unto
Cristiano non è riuscito nel suo intento di liberare l’uomo, ma lo ha trascinato nuovamente
nell’Utero della Grande Madre, o fra le Fauci del Padre Eterno. Un figlio, resterà per sempre la
creatura di qualcun altro, e sarà sempre l’ esca, con cui prendere all’amo altri figli, che,
illudendosi di camminare con le proprie gambe, negano l’evidenza dei fili e dei lacci, tirati dai due
Burattinai. La sacra triade resta un tutt’uno inscindibile.
Oltre il Padre, la Madre, e il Figlio, ci sono Io, l’aspirazione santa alla massima concezione
pagana dell’uomo: l’Amante Intervirile. Gesù ebbe, fino ad un certo punto del suo percorso,
l’occasione e la voglia di seguire questa idea, ma abbandonò i suoi compagni, per riconciliarsi con
quel suo orribile Padre. Volle, o fu costretto, ad essere un Figlio fino alla fine, e fece la fine che i
pessimi genitori riservano ai Figli: Inchiodato alla Materia.
Antinous è il simbolo della rinascita dello spirito dell’uomo, inteso come configurazione di sintesi
di tutte quelle manifestazioni che l’entità globale, chiamata uomo, può presentare come proprie. Il
problema del filosofo, è sempre stato quello di creare una sintesi fra tutte le infinite potenzialità che
si possiedono, e di quale immagine dargli. La risposta unanime, intuita anche da Gesù, fu quella di
ritornare fanciulli, collegandosi all’Archetipo del Puer Aeternus.

Il Puer è anche una parte essenziale del mio percorso, ma esso non era sufficiente per i filosofi.
Difatti questa energia che ha il pregio di donare una purezza pre- concettuale, va però a minare il
regno della
consapevolezza. Il Puer è pericoloso perché non considera ciò che i filosofi non volevano
comunque sacrificare: l’intelletto. Allora, ciò che ha reso perfetto il Puer è l’Adolescente. Esso è
ancora Puer, ma è già un adulto capace di ragionamento sovra razionale e sovra istintuale. Si
cercò dunque una Divinità che rappresentasse l’adolescente, ma, difficile a credersi, essa era
assente, in ogni epoca e in tutte le culture. Hadrianus non poteva darsene ragione. La creatura che
meglio rispecchia le doti, e le più sublimi caratteristiche, individuate dai sapienti in un essere
umano, non era venerata in nessun luogo, e non era rappresentata fra gli Dei, o Forze formulanti,
del Pantheon mondiale.

Il Dio Adolescente Skanda, degli Indiani, ad esempio, è un’Ipostasi di Marte, come lo è anche
Mithra, che possiede però anche delle valenze solari. Eros è un bambino, come Gesù, e i Cristiani
sono stati bene attenti a non divinizzare il Gesù adolescente; l’hanno semplicemente fatto sparire.
L’Adolescente è la pedina mancante nel gioco virile; un’ inspiegabile assenza fra il bambino,
l’uomo maturo, e il vecchio. Il Fanciullo resta un prolungamento della Madre, il figlio del Padre, e
l’adulto non è che un prologo alla vecchiaia. Ma l’adolescente è l’amante omosessuale, che con un
altro amante, a lui simile, può creare le basi per un nuovo tipo di coscienza.
Ma bisogna avere l’intima pulizia mentale e psichica di coloro che mi hanno fatto Dio, per
affermare la supremazia dell’adolescente sulle altre fasi del maschile. Perché Io sono realmente
l’Anti-Potere.

L’insegnamento di Antinous è triplice:


1. Il corpo fisico è importante di per sé, e non come semplice involucro dell’anima.
2. I segni e le emergenze del sovrannaturale e del divino, possono accadere ed accadono, e noi
dobbiamo essere vigili nei confronti di questi significati nascosti e segreti, che sono “I segni dei
tempi” e le Sincronicità che ci indicano la via che dovremmo seguire.
3. Il Sesso intervirile è sacro, non è affatto escludibile od escluso dalla ritualità religiosa, e non va
recluso nell’alcova, ma bisogna attuarlo con venerazione. Esso è un atto Sacro non convenzionale,
benefico in sé, ed in ogni sua forma.
Il Culto di Antinous non è quello della bellezza superficiale, promosso dai commercianti di creme, o
dai venditori di Moda, spettacoli e svago, e datole attualmente dall’industria delle apparenze
patinate. Si tratta di un culto del bello e del divino che è presente in noi, e che ovunque ci circonda.
Antinous può essere scelto come Dio Elettivo per una serie di ottime ragioni:
1. Come Dio dell’amore intervirile, grazie alla sua vita esemplare, degna di venerazione e d’onore.
2. Come Anti-Nous, il Dio che spezza i limiti della ragione e dell’Ordine: una forza “Anti-
razionale”, che porta l’umano oltre i suoi limiti, operando un cambiamento radicale, nella struttura e
nella percezione del “reale”.
3. Come esemplare eroico di un uomo divenuto Dio, o di un mortale che ha ottenuta
l’immortalità, Antinous realizza la natura divina ed il diritto di nascita d’ognuno
all’Autotheosis in vita, invece che l’Apotheosis dopo la morte, e stabilisce la realizzazione
dell’Homo-Deus, o ANTROPOTHEOS.
Cicerone, nelle sue “Leggi” scrive:
“ Le leggi che prescrivono l’adorazione di quegli appartenenti alla razza umana che sono stati
consacrati Dei, come Ercole e gli altri, rendono chiaro il fatto che mentre le anime di tutti gli
uomini sono immortali, quelle degli individui buoni e coraggiosi sono divine. È un’ottima cosa che
questo Intelletto, Lealtà, Virtù, e Buona Fede, possano venire deificate da una mano umana, e a
Roma dei templi sono stati dedicati dallo Stato a tutte queste qualità, con lo scopo che quelli che le
possiedono, possano avvedersi che gli Dei stessi sono stabiliti nelle loro proprie anime.”
I concetti d’eroe e d’uomo deificato sono importanti, perché adorarli significa affermare,
implicitamente, che la stessa sorte può toccare anche a noi.
4. Antinous, l’ultimo Dio pagano, è il perfetto esempio di un Dio del Sincretismo, nato dalla
“Interpretatio Romana”, come una “Mascherà di eternità” dell’Adolescente che occulta e svela, nel
proprio, il volto di gloria e la divina energia essenziale dell’Universo.
5. Antinous è il Dio della rigenerazione, e dell’Eterna Giovinezza: il Puer Aeternus, signore dello
Spirito, dell’ingenuità, dell’entusiasmo e dell’esuberanza; della libertà dai lacci d’ogni tipo di
restrizione delle proprie innate possibilità. La Saggezza Folle è quindi il suo tratto distintivo. Egli,
come Dio della Rigenerazione, è il signore dell’unione omosessuale Intervirile, opposto alle divinità
eterosessuali della Creazione o della Procreazione. Antinous è il Dio della gioia, e del piacere,
propri al rapporto omo-erotico maschile.
Attraverso l’Impero, la Divinità di Antinous, l’ultimo grande Dio sorto dal Genio Romano, come
manifestazione di un antico spirito di libertà erotica virile, prende innumerevoli forme. Molto
popolare in Grecia, egli viene visto come l’Efebo divino, che personifica la bellezza e lo spirito
dell’eterna giovinezza. In molte monete appare come un eroe divino, o come un Dio maggiore.
In Egitto è molto popolare come Daemon: uno spirito che risiede in un tempio ed ispira profezie,
guarisce malattie, opera miracoli, e serve come mediatore fra gli Dei e i mortali. I Daemones sono
generalmente benevoli e protettivi, ma possono combattere a difesa di un loro protetto, e prendersi
il carico di una vendetta letale. Antinous è un patrono delle arti, in particolare dell’arte teatrale, e
protegge le messi e gli esseri viventi, come dio della Rigenerazione, e come “Signore psicopompo
delle Anime”.

L’Obelisco di Antinous

Questo è il testo più importante che conosciamo, relativo all’antico Culto di Antinous. È stato
scritto sui quattro lati di un Obelisco, attualmente situato a Roma, da qualcuno che aveva una
relativa conoscenza della scrittura geroglifica, egizia, e probabilmente come traduzione di un
originale testo latino. È abbastanza ovvio pensare che sia stato l’Imperatore Hadrianus stesso a
dettare le parole incise su questo monumento.
L’Obelisco, scolpito probabilmente in Egitto, era di certo collocato a Tivoli, nella Villa Adriana.
Esso dà un indizio importante per quanto riguarda la collocazione definitiva della tomba di
Antinous, ed offre anche alcuni dettagli sull’officio del suo culto, legato a quello Imperiale di
Hadrianus e dell’Imperatrice Sabina, che, quando il testo venne scritto era ancora vivente. Antinous
è qui completamente assimilato ad Osiris.

LATO EST.
Una richiesta di salvezza, espressa da Osiris-Antinous, il cui cuore gioisce immensamente,
riconoscendo la propria forma dopo l’uscita alla Luce del Giorno, e vedendo suo padre Ra-
Harakhte. Il suo cuore dice: O Ra-Harakhte, il più elevato fra gli Dei, che ascolti l’invocazione
degli Dei e degli uomini, del trasfigurato come del morto; ascolta anche l’invocazione di Hadrianus
che si rivolge a Te! Dà ad Hadrianus la ricompensa per ciò che egli ha fatto per me, Antinous, tuo
amato figlio. Il Re dell’Alto e del Basso Egitto, che ha stabilito per tutti gli uomini la pratica del
culto, nei santuari dei templi, con cui gli Dei sono compiaciuti, e che è amato da Hapi e da tutti gli
Dei, il Signore delle Corone; Hadrianus Caesar, che egli possa vivere, essere forte e sano, che possa
vivere eternamente, come Ra.
Con una Nuova Prospera Età che ora sorge! Egli è il signore del benessere, il reggitore di tutte le
Nazioni, il Distinto Nobile Augusto. I nobili d’Egitto gli si inchinano e le Nove Arche sono unite
sotto di lui, come con il Faraone, il Signore dell’Alto e del Basso Egitto. Alla sia parola, essi
vengono in essere ogni giorno. La sua potenza travalica i confini di questo Paese, e giunge a tutte le
regioni del mondo. I tori e le loro giumente copulano con ardore voglioso, e moltiplicano le loro
eiaculazioni per Hadrianus, per rallegrare il suo cuore e quello della sua grande ed amata regina, che
regna sulle città dell’ Alto e Basso Egitto, Sabina Sebaste Augusta; possa Lei vivere eternamente, in
pienezza e salute. Hapi, padre degli Dei, rendi gli acri di terra fertili per loro, e per loro algiusto
momento produci l’inondazione che allaga le Contrade: il Basso e l’Alto Egitto!”.

LATO SUD.
Il Dio, che è qui, riposa nel suo luogo, che è nel mezzo ai campi estremi del Signore del Benessere,
il Principe di Roma. Egli è conosciuto come Dio, nei luoghi divini dell’Egitto. Templi Santuari sono
eretti per lui, ed egli è adorato come un Dio dal profeta e dai sacerdoti dell’Alto e Basso Egitto,
come pure dai suoi abitanti. Una città è stata dedicata al suo nome. Le truppe di Grecia, membri del
culto, che appartengono all’Alto e Basso Egitto, che sono nei Templi Egizi, escono dalle loro città e
villaggi, e viene data loro terra coltivata, per rendere le loro vite buone e felici a dismisura. Un
Santuario templare del Dio è qui, per chi è chiamato Osiris- Antinous il giustificato, costruito in
bella pietra bianca, circondato da statue degli Dei e dalle sfingi, come pure da numerosi pilastri,
come facevano un tempo gli antichi, e come ancora fanno i Greci. Tutti gli Dei e le Dee gli daranno
il soffio della vita, così egli respirerà ringiovanito.

LATO OVEST.
Il Dio, Osiris- Antinous, il Giustificato, è ridiventato un giovane, con un comportamento perfetto ed
occhi decorati a festa, forte, il cui cuore è lieto come il cuore di un eroe ben armato, dopo aver
ricevuto l’ordine degli Dei, al tempo della sua morte. Su Antinous verrà ripetuto ogni rituale delle
ore di Osiride, insieme con ognuna delle sue cerimonie segrete. Il suo insegnamento si irradierà
nell’intero Paese, utile nell’istruzione ed efficace nell’espressione. Nulla di comparabile è stato fatto
per gli antichi Antenati, fino ad oggi: e lo stesso vale per suoi altari, i suoi templi, e i suoi titoli;
perché egli respira l’aria della vita e la sua reputazione viene in essere e trova spazio nei cuori del
genere umano. Signore di Hermopolis, Signore delle Parole degli Dei, Thoth! Ringiovanisci e
rigenera l’Anima Ba di Antinous, come tutte le cose nel loro tempo, nella notte e nel giorno, in tutti
i tempi, e ad ogni istante! L’Amore per Antinous è nel cuore dei suoi Simili ed adoratori; il timore
di lui è sopra tutti i suoi nemici. Egli è presente in tutti coloro che lo venerano. Egli ha il suo posto
nella Sala del Giusto, del trasfigurato, dell’illuminato, dello splendido, che sono i compagni di
Osiride nel Regno della Morte, mentre il Signore d’Eternità lo giustifica. Essi faranno durare le sue
parole sulla Terra, perché i loro cuori sono contenti di Lui. Egli va ovunque gli piaccia. I Guardiani
delle soglie del mondo infero gli dicono: “Lode a te!” Essi abbandonano le loro porte, aprono di
fronte a lui i loro cancelli, per milioni di milioni d’anni ogni giorno. Il suo alito di vita non si
esaurirà mai.

LATO NORD.
Il Dio, Osiris- Antinous, il Giustificato, è qui. Un’Arena è stata preparata nel suo luogo in Egitto,
Antinopolis, così chiamata dopo di lui, per i grandi atleti, i corridori, e i lottatori che sono in questo
paese, e per il popolo che appartiene al luogo delle scritture sacre, dove Thoth esiste. Ed essi sono
premiati con doni onorevoli, e con ghirlande sul capo, mentre vengono gratificati con molte buone
cose. Si sacrifica sul suo altare ogni giorno, dopo aver offerto il sacrificio al Dio di quel giorno. Egli
è invocato dagli uomini delle Arti di Thoth, perché accordi loro la gloria. Egli esce dal suo luogo e
va in numerosi templi, nell’intero Paese, e sente le voci di coloro che lo invocano. Guarisce tutte le
malattie di coloro che ne hanno bisogno, mandando loro un sogno. Quando ha compiuto la sua
opera sul vivente, egli prende ogni forma del suo cuore, perché il seme del Dio ora è davvero nel
suo corpo. L’Intero corpo della Madre guarisce, da quando egli è comparso nel suo luogo di nascita.

Nel Silenzio degli Ulivi trema il ricordo sotterraneo d’un pallido volto d’alabastro. L’azzurro
indaco del cielo di novembre sfalda lembi di pioggia e i cani vagano pazienti come guardiani da
lungo tempo acquietati. Sapere quello che ora è un segreto dei ciclaminisembra impossibile ai
viandanti distratti, ma Roma è qui ancora presente e il suo Genio solare attende l’ora propizia.
Quello che è stato Hadrianus Augustus sussurra frasi d’un antico dolore mutatosi in sapienza.
Cesellato da quell’assenza, il suo cuore brilla con bagliori di smeraldo.
Finito il tempo rosso e acciaio della lotta, quel guerriero che infinite volte ha giocato con la
propria vita, ora sa che il suo tributo di sangue non basta a riscattare la morte di Antinous.
Hadrianus, se potesse tornare alla mischia terrena, non vorrebbe più né spada né Impero. Ora il
Principe non sopporta il dolore delle anime, né l’afflizione degli spiriti che popolano il suo mondo.
Eterno è quel dolore inconsolabile, e lui vorrebbe ritirarsi essere innocuo e trasparente come quel
suo fanciullo perduto.
Duro e sconvolto, il mondo si fa insopportabile, e l’esigua schiera degli appagati non compensa
l’abisso screziato di nero e rosso, d’un insanabile dolore, in cui gravitano e si perdono i troppi
infelici.
L’antico Epoptes si è saziato a sufficienza, della lucida alterigia d’Apollo o del macabro distacco
estatico di Dionysos.
Ora lui è solo Hadrianus, un uomo a cui il mondo ha aperto e frantumato il cuore, dilavandolo con
un pianto infinito. Spontaneamente è emersa, da quel centro palpitante, l’inutilità di molte cose. E
lui ha capito che quel fragile vaso d’ambra rossa, racchiudeva l’immenso potere della completa
comprensione. Sbocciato all’apice di quel loto purpureo, che è anche il sacro fiore di Antinous,
Hadrianus è ormai solo che ciò che è diventato.

E il Dio parla:

Un giorno capirai cosa significhi essere celebrati come un Dio, mi diceva Hadrianus prima che
morissi. Aveva in mente, già da tempo,
di trasformare quel suo fanciullo così prezioso in un Efebo immortale. Certo non voleva che
morissi, ma mi idealizzò a tal punto da rendermi irreale e sovrumano, già da vivo. Hadrianus aveva
in mente un progetto che mi trascendeva, e da ammiratore della Grecia, volle instaurare il culto
dell’Eromenos, il giovane amante, celebrando, al contempo, l’amore virile e pederastico, che, a suo
dire, non era più abbastanza rispettato, né riconosciuto quanto meritava.
Non fui io a spingerlo su questa strada, ma la sua notoria passione per i bei fanciulli, e per
l’archetipo divino del rapporto d’amore, fra un Uomo adulto e un ragazzino. Mi scelse
semplicemente perché mi amava, non per le doti che in seguito avrei mostrato di possedere.
Allora non ero per nulla diverso da alcuni miei coetanei, ma, a tredici anni, essere il prescelto
come amante dell’imperatore mi rendeva davvero unico. I giorni passavano lieti, vivevo nel lusso
ed avevo innumerevoli servi. Persone autorevoli si inchinavano a me con reverenza, partecipavo a
discussioni importanti, e spesso si chiese il mio parere. Riuscivo ad impressionarli. Gli uomini di
potere amano i propri ruoli, e non si azzardano a contraddire chi li comanda, ma io non sembravo
avere padroni, e neppure il Re era tale per me.
Dicevo sempre la semplice verità, e un giorno affermai candidamente, in mezzo agli ospiti, che
l’Imperatore apprezzava e preferiva la compagnia dei suoi cani, assai più della loro. Risero tutti
dell’ardire, perché a dirlo ero io e non un altro. Hadrianus si accorse presto delle mie doti: della
capacità che avevo, di vedere in trasparenza fatti e persone. Malgrado la mia giovane età, fui
considerato un fanciullo più saggio di molti uomini “saggi”.
Fra le persone ricche ed istruite, non mancano mai quelli che hanno il tempo e la sensibilità per
ascoltarti, edificandoti attorno un tessuto di più vasto consenso. Non si ringrazia mai abbastanza,
chi aiuta un talento a fiorire e maturare. Le stesse persone possono però anche distruggerti, e, a
volte, le due tendenze curiosamente coincidono. L’annoiata Alta Società romana, era ghiotta
d’emozioni e di nuovi personaggi, interessanti o geniali, ed io fui, ad un certo punto, l’esca adatta
al loro vorace appetito.
Molte donne mi portavano regali, gli eunuchi mi vestivano, mi lavavano, mi truccavano, e gli
uomini, a cui era tassativamente vietato di farmi la corte, mi blandivano, coprendomi di elogi, e
non la smettevano mai di parlare dei loro mirabolanti progetti, e di quanto queste cose avrebbero
interessato l’Imperatore. Le donne potevano spingersi un po’ oltre, come se le loro attenzioni
fossero del tutto insignificanti. E difatti lo erano.
Spesso capitava di mangiare all’aperto, in scampagnate di Corte obbligatoriamente allegre. Quelli
erano i momenti in cui era più facile intrecciare delle amicizie più intime. Hadrianus si appartava
volentieri con me, e con altri giovani, sdraiandosi su ampi cuscini posati all’ombra degli alberi.
Gli ospiti, un pò più lontani, ridevano e ciarlavano fra loro, bevendo vino e ingozzandosi fino al
vomito. Parlavamo per ore di Arte, Letteratura; Filosofia, e lui godeva delle mie domande
imprevedibili, e tremendamente serie, per un fanciullo della mia età.
Tutti erano affascinati da Hadrianus, dal suo appassionante saper parlare di scienze, astrologia, e
della Filosofia che si lega alle leggi immutabili della Natura- Il Principe era un pragmatico, che
non amava gingillarsi mentalmentein inutili astrazioni. Era attratto dalla Magia Jeratica, perché
questa era avvalorata da fatti e da evidenze inconfutabili, ma non dava alcun peso alle inutili
superstizioni e il fanatismo lo mandava in collera.
Amava l’osservazione degli Astri, da cui pensava discendessero, e a cui era certo tornassero le
Coscienze Umane, e prediligeva la cura delle piante officinali. I giovani più brillanti erano subito
catturati nella nostra rete dorata. Ci frequentavamo assiduamente, godendo della reciproca
compagnia, specialmente nelle calde notti dell’estate romana. C’erano ragazzi molto abili nelle
arti, o versati nello studio, perché Hadrianus amava circondarsi di giovani talenti, da cui spirava
un’aura di lucida intelligenza.
Non disprezzava gli artisti, i Filosofi, o gli Intellettuali più anziani, ma spesso costoro lo
annoiavano con le loro ripetitive, inamovibili, statiche opinioni di saggezza, e mi diceva che erano
dei ceri ormai spenti; degli involucri semoventi, privi del fuoco interiore necessario alle nuove
scoperte dell’Anima.
Per essere un Cesare, la sua accettazione delle altrui critiche aveva dell’incredibile. Si osservava
sempre dall’esterno, come un’opera d’arte che necessitasse di continui ritocchi, per raggiungere
l’apice della perfetta armonia. Quella sua magica fiamma, me ne accorsi negli ultimi anni, si
affievolì velocemente.
Lo vidi più permeabile del solito alle preoccupazioni, teso a scoprire la trama di possibili intrighi,
e ormai poco propenso a guardarsi dentro, perché troppe cose all’esterno non funzionavano bene, e
lui non aveva più né la voglia né il tempo di mettersi in discussione. Si irrigidì nel suo ruolo e volle
essere obbedito, forse per proteggersi, o per proteggermi; così fece delle sciocchezze. Forse temeva
per la sua vita, o per la mia se fosse morto, e certo stava invecchiando, ma davvero anch’io sentivo
che le cose non andavano nel verso giusto. Negli ultimi mesi ogni spensieratezza svanì come un
lontano ricordo; Poi venne la malattia.
Aster Antineus

Una sera, l’Astrologo di Hadrianus, Cabria, indica ad Hadrianus una stella che brilla nella Via
Lattea, nella Costellazione dell’Aquila. Quella stella è stata finora appena visibile, ma
improvvisamente ecco che palpita pulsando come un immenso cuore di luce. Hadrianus ne farà la
stella di Antinous, e per notti intere ne seguirà il corso, scoprendo strane figure e segni segreti, in
quella parte del cielo. Dione Cassio scrive che:
“Alla fine Hadrianus dichiarò di avere visto una stella che era quella di Antinous, e prestò orecchio
alle voci che associavano questo evento al fatto che la stella era apparsa allora per la prima volta,
nascendo dallo Spirito di Antinous.”
Ebbene, la stella di Antinous viene scoperta davvero poco dopo la sua morte, nel 134. Ne danno
notizia gli Astrologi di Hadrianus, dicendo che una nuova stella è apparsa nella costellazione
dell’Aquila; e non si tratta di una fola, come crede Cassius. Una nuova costellazione si palesa entro
l’Aquila, e vienechiamata Antinous. Sarà osservata per secoli, apparendo nelle antiche carte del
Cielo; poi, misteriosamente, scompare dalle mappe stellari moderne, inghiottita dall’ipocrisia degli
astronomi, così come la città egizia di Antinopolis, è stata sepolta dalle sabbie del deserto:
anch’essa opportunamente scomparsa, forse per non dover dare conto, o spiegare, a chi e a quali
eventi quel nome si riferisca.
Nel dicembre del 1999 viene “scoperta” Nova V1494 Aquilae, vicino alla stella centrale della
Costellazione: Delta Aquilae. distante 6,000 anni luce, dentro la Via Lattea. Hadrianus dunque non
sbagliava affatto, dando notizia della stella di Antinous. La nuova stella lo Richiama alla luce, dopo
duemila anni, come Dio Adolescente dell’Eros intervirile.
Ampio, lo spazio accoglie le sue membra divine, e per trecento anni il suo nome risuona alto, nei
templi, e nell’intimità amorosa dei suoi simili. Antinous è il Dio della rigenerazione virile nato a sé
stesso per amore d’un uomo più che umano.
Hadrianus, quel sollecito padre non carnale, gli ha donato l’eco d’un Mistero Antico e il rapimento
d’un amore a lungo atteso.
Andarsene in tempo è stata l’astuzia improvvisa d’un ragazzo, o, forse, il precoce volere d’un Dio.
Ma restare è, per il Principe, l’odiosa verità d’un vecchio.
Come in uno scrigno, il cuore di Antinous è racchiuso in un canopo d’alabastro, ultimo geloso
ricettacolo d’una impercettibile pulsazione, che sfalda lentamente anche il tenue battito del Re.
Essere senza amato, non è ancora essere senza amore, ed ora, il Genio di Roma ha ritrovato un
corpo di fanciullo.
Antinous Mortus Est, ma Antinous Vive.
Ecco che preservarlo dall’infinita distanza dei morti, diviene un’ossessione tutta imperiale. Non
sarà poi troppo lunga, la tediosa attesa dell’astrologo insonne.
Come i pianeti ruotano lontani, tornando poi ad incontrarsi ineluttabilmente, così questa stella
cremisi di Antinous, tornerà a brillare nel cuore dell’Aquila Imperiale, congiunta alla luminosa
stella di Hadrianus.
Pazientare, in fondo significa solo saper soffrire, senza compatirsi troppo.
Poi ci sarà un lungo silenzio degli Dei, cacciati dai loro templi e dalle statue, e costretti
all’anonimato, in mille nascondigli imprevedibili. Ma ancora una volta, la luce divina tornerà a
brillare ardente sciogliendo il cupo sudario delle menzogne cristiane.
Allora Antinous ed Hadrianus avranno ancora un Nome, ed un Luogo d’incontro; non nel folto
delle foreste, o nelle profondità degli abissi terrestri, ma sulla labbra, nel cuore, e nel sesso degli
Amanti.

Parla il Dio:

Il Culto degli Dei viene da uomini estremamente civilizzati, e, d’altronde, anche i popoli tribali più
primitivi condividono lo stesso concetto della Divinità. In realtà la Religione è Unica, anche se si
presenta sotto diversi aspetti. Prima di interrogarci sugli Dei, dovremmo chiederci chi sia davvero
l’uomo, e perché quando affrontiamo il tema dell’origine umana e della sua Genesi, la mente e lo
sguardo si volgono spontaneamente verso il cielo e le stelle.
C’è del vero in questo.
L’uomo proviene dallo spazio stellare, ma è difficile stabilire esattamente da dove, perché la
Galassia è immensa. Forse è giunto sulla terra viaggiando su veicoli speciali, fatti magari di onde
sonore.
È possibile cavalcare una vibrazione, una nota, un suono? L’energia che l’infinitamente piccolo
può regalarci è incalcolabile, ed è enorme anche quella che, propagandosi in onde, circola negli
Spazi infiniti.
Forse l’uomo stellare ha trovato ed elaborato il modo per trasferire la propria coscienza sulla
terra, incarnando realmente il corpo degli animali allora più adatti, e trasformando poi l’uomo
terrestre in ciò che è gradualmente diventato. In un modo o nell’altro, l’Individuo umano originario
è sceso su questa terra, ed è facile intuire, come hanno fatto gli Egizi, che il corpo degli animali
sacri, e quello che oggi l’uomo possiede, sono soltanto dei veicoli presi a prestito.
Noi non siamo il corpo, né le sensazioni regalateci dai sensi. Non siamo la mente, il cervello, né
l’organo sessuale e i suoi molti piaceri. A che serve l’uomo; allora? Hadrianus, rispondendo a
questa domanda un giorno mi disse:
L’uomo è giunto ad un punto limite della sua evoluzione, già molte migliaia d’anni fa. Ora la
coscienza che lo anima sta abbandonando questo tipo di corpi, che regrediranno e torneranno ad
essere semplici animali terrestri. È come un respiro, in cui alla massima espansione dell’Anima,
segue un graduale abbandono. Ma a che scopo involvere nuovamente in un’antica bestialità? Ciò
che sta dietro l’uomo, ha davvero abbandonato il proprio interesse per questo tipo di veicolo
fisico? Forse deve e vuole farsi Dio, come ! accaduto a me.
La cosa è probabile, perché pochi hanno ancora il desiderio di incarnarsi. Io no di certo. Ormai
l’uomo dai sentimenti elevati è quasi estinto, tutti sono disdincantati, disillusi, stanchi del ripetersi
dei soliti obbligati paradigmi. Amore, odio, successo, fallimento, sono semplici prodotti di una
mente umana; la grande fucina in cui tutto si mescola e si confonde, e in cui ogni immagine e
visione viene fabbricata. Possiamo abbandonare la mente senza morire, possiamo vivere senza di
essa, perché noi non siamo la mente, né i suoi affascinanti prodotti.
Una volta ho chiesto ad Hadrianus quale relazione ci fosse fra la divinità e la nostra mente. Il Dio
è forse un nostro prodotto mentale? Mi rispose che è impossibile afferrare il Dio con la mente
umana, un semplice utensile contingente e limitante, ma è possibile farlo con il cuore. In realtà, fra
le molte menti che possediamo, o che ci ossessionano, c’è la pura intelligenza del cuore, che è il
vero intelletto intuitivo. In un’altra occasione mi disse:
Sento che ogni cosa che ti dico ti annoia, come se tu fossi stanco di questa vita. La tua non è
semplice apatia, o una perdita delle motivazioni; non sei malato, ma sembri stanco d’inseguire il
gioco delle eterne illusioni, che i gimnosofi chiamano Maya, e il velo cangiante delle apparenze
fenomeniche non ti diverte più. Mi turba il tuo distratto staccarti dagli Dei: li prevedi, li anticipi, li
conosci uno ad uno, ma ti sembrano ospiti noiosi, esigenti ed estranei, e nessuno di loro ti appaga
veramente.
Ero davvero stanco dell’eterno ripetersi d’ogni cosa, in quel rituale di Corte che era diventata la
mia vita, e solo per gentilezza, e per amore del Principe, permettevo all’esistenza umana di flirtare
ancora con me. Ma essere un Dio è anche peggio! Significa dover galleggiare in eterno sulla
schiuma di questo Oceano che è la Mente Unica.
Io non esisto al tuo stesso modo, e appaio soltanto se qualcuno mi attiva e mi “accende”. Non
provo ciò che sto esprimendo, sei tu che lo senti e lo rendi manifesto. Io sono te stesso, un canale
della tua mente. Eppure possiedo tutti i nove corpi, proprio come tu li possiedi.
Amata Visio
Tivoli
Villa Adriana

Fra sonno e veglia la presenza di sé, come una figura dalle molte facce. Questo volto può
somigliare al mio, perché mi è intimamente simile. In Hadrianus vive ancora il ricordo intenso
della perdita, e l’ossessione di una memoria d’amore implacabile, resa sacra dalla morte
dell’Amato.
Antinous, come il Genio di Hadrianus l’ha voluto, è il Dio di una specie ormai rara d’affezione
intervirile. Amico degli uomini più che Tiranno, Mago delle Armonie visive, che inducono la
Bellezza nel cuore, Hadrianus ha eretto in questo luogo una reggia imperiale, distrutta dalle termiti
ebraico-cristiane, che hanno divelto con accuratezza d’insetto, ogni vestigio di uno splendore,
possibile al Pontifex Maximus, e Re del Mondo Romano, ma per loro del tutto incomprensibile.
I giudeo cristiani hanno dato qui, più che altrove, la migliore testimonianza delle loro nefaste
qualità di carattere. Hanno voluto vendicarsi del Distruttore di Gerusalemme, e delle virtù del suo
amore eroico, per essi illecito, tentando di annientare le interiori simmetrie di quell’erotismo
solare, rese evidenti dalle stupefacenti architetture. Fatale errore! L’Aura ferita è ancora vibrante e
penetrante, se si sappia ascoltarla, ed indica con esattezza la miseria interiore dei colpevoli, e la
loro intenzione blasfema.
Venerando Antinous come un Dio, Hadrianus, vero Ponifex Maximus, ha edificato templi e scolpito
immagini per tutti gli Dei, ma gli Ebrei Cristiani e i loro falsi Pontefici, hanno distrutto quei templi
e quelle immagini di un Dio veramente vissuto, nel nome esclusivo del loro Cristo raccogliticcio,
prodotto dalle menzogne e dai sotterfugi di una Banda di sicari zeloti datisi al Romanzo popolare.
Qui, nella nuova Tivoli papalina, Antinous è mancante ed innominato, vivido in un solo marmo:
armato come un Ares trionfante, proteso a riflettersi sul bordo della vasca del Serapeion che simula
il fluire lento del Nilo, e, nelle notti chiare, restituisce lo spazio astrale delle Via Lattea. Le sue
effigi, che certo non potevano mancare in questo suo luogo, sono state sequestrate e fatte sparire
negli antri Vaticani; condannate ad una assenza più potente di mille presenze.
L’Impressione è sottile, mescolata, fra gli ulivi, ad un rammarico quieto e pastorale. Il cane bianco,
a cui offrire il cibo, è certo un cane pagano, fortunosamente sottrattosi all’eccidio. Querce ed
Olivi, Lecci e Ciclamini ardenti; Cipressi eretti come agili pretoriani di Saturno. Il ritorno degli
Dei viene, inaspettato, proprio quando l’Ebreo è ormai certo dell’assoluta vittoria del suo feroce
feticcio tribale.
È un ritorno di fiamma con lingue di vulcano, aguzze e taglienti come una lama ben temperata.
Aelius Hadrianus Augustus, osserva dalla Torre Oscura il lento mutare degli astri. Improvvisa
appare, nel cuore dell’Aquila Imperiale la doppia stella di Antinoous, ed instaura un nuovo ritmo
nella vorticosa danza degli Dei. Lui sa che il tempo lenirà il dolore, e riporterà ognuno al suo
posto, in un immancabile nuovo incontro. I due saranno ancora congiunti sotto un unico cielo.
A Napoli, il 10 Luglio del 138, 892 di Roma, dopo 21 anni di regno, Hadrianus prende una dose
letale di farmaci, procurandosi una morte a lungo desiderata.
Piccola anima vagabonda e duttile, ospite e maestra del corpo,
ora vagherai in luoghi con altri colori, semplici e puri;
e cesseranno per te le azioni consuete.
Ancora per un attimo, osserviamo ciò che non vedremo più insieme, ed entriamo lucidamente nel
morire.

La lunga agonia dei vivi, che l’uomo chiama il suo vivere, esigerà ancora per un po’ il suo
monotono tributo di sterili azioni quotidiane.
Hadrianus si obbligherà, per qualche sfilacciata stagione, all’oleato meccanismo di un’esistenza
imperiale che ormai gli dà una nausea emetica. Vorrebbe lasciare l’Impero in mani capaci, ma per la
seconda volta la sua partita è perduta e Lucio Commodo, il prescelto non gli sopravviverà. Tivoli è
ormai il rifugio di un profugo dell’esistenza, dove l’ossessione di Antinous è un’abitudine
consolidata e dove l’umana tragedia ha sovrastato e travolto l’intento sovrumano.
Il Vecchio Principe paga il suo amore, per il giovane Dio, con un duro pedaggio di ricordi. La sua è
una vecchiezza fatta di ceneri, e d’una idropisia del cuore, che è un’orgia dei sensi alla rovescia. Si
prepara il cupo spettacolo di un’imminente asfissia, che all’attore non richiede troppe prove, ma una
completa ed autentica rovina.
Occupare la sua posizione, ha implicato, per gli altri, il rischio, ineluttabile della menzogna,
dell’adulazione, e dell’ipocrisia. Il Dio Fanciullo non ha mai tenuto conto, di quei vani e pomposi
privilegi, e l’ha amato davvero. Hadrianus ora vorrebbe scostarsi ed andarsene, senza ulteriore
dolore, ma gli ordini letali, impartiti al medico, restano lettera morta, e lui non potrà, come un
Socrate, spegnere il veleno della sua sete, nell’ambugua freschezza dell’innocente cicuta.
Il fantasma divino è un fatto, ormai compiuto, e Antinous è l’ultimo Dio di Roma; l’apice di un
Percorso iniziato con i Due Gemelli. Forse in lui, o attraverso di lui, tornerà a rivivere il Genio della
Stirpe, ma per i troppi nemici di Roma, il sacrificio di Antinous è stato solo un gesto disperato, e il
culto divino di quello splendido presunto suicida, non potrà mai competere, con la dilagante
Passione del loro suppliziato Galileo.
Dice Hadrianus:
Il Corpo di Antinous doveva essere preservato per sempre in un luogo segreto, ma spesso i luoghi
più occulti sono quelli evidenti e bene in vista. Lui è sempre stato con me, e quando i Papi hanno
chiamato Castel S. Angelo il mio Mausoleo, diventato un truce Palazzo, il loro Angelo non era che
il mio Dio adolescente. Del resto Roma è sempre stata una città di misteri non risolti. Ma i morti,
quando non sono preparati ad arte, restano solo carni spente destinate ai vermi della terra.
Solo chi è in grado di usare l’intelligenza del cuore può, grazie all’empatia che non conosce limiti
spazio temporali, scoprire molti segreti e farsi della storia un’idea più vera delle favole o delle
menzogne che si scrivono nei libri dei padroni della storia. Così è possibile dialogare davvero, pur
essendo presenti in due diverse strutture d’esistenza e di luogo. Allora se volete, potrà filtrare nel
vostro mondo questa preziosa “Medicina Pagana”.
La mia Reggia di Tivoli è stata distrutta, depredata e rasa al suolo, ma il Tempio e Mausoleo di
Antinous, il Pantheon, è rimasto intatto per duemila anni. Non tutti i nostri libri sono bruciati nei
roghi giudeo-cristiani, e le nostre statue infrante sono state comprese, ricomposte, e scolpite di
nuovo, da altre menti e mani amorose. Vi saranno sempre fanciulli ed uomini che penseranno,
agiranno e sentiranno come noi abbiamo agito, sentito, e pensato: con Amore del Bello, del Giusto
e del Vero. Essi sono e saranno, oltre il velo delle età e dei secoli, i nostri continuatori ed i nostri
veri eredi

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