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La religione di Brian Weiss 155

La religione di Brian Weiss


Benedetta Rinaldi, Roma

Invictus

Dal profondo della notte che mi avvolge,


buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
ringrazio gli dèi chiunque essi siano
per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze


non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime


incombe solo l'Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,


quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.

William Ernest Henley1

Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha pensato a se


stesso come in rapporto a una dimensione trascendente
e divina. La fede è un sentimento complesso e dal pun-
to di vista epistemologico non è possibile giungere a
conclusioni inequivocabili a riguardo.
Come clinici e studiosi della mente noi non possia-
mo mai affidarci a criteri rassicuranti di verità/falsità
con i quali liquidare le esperienze e i fenomeni che van-
no al di là della nostra personale esperienza: se una per-
sona si sente in contatto con gli alieni mi sta raccon-

1
Henley, W. E., 1875, Invictus, A book of verses, Nabu Press.
156 Benedetta Rinaldi

tando il suo modo di sentire e percepire, la sua realtà; il


punto da cui partire allora sarà eludere il pensiero “tut-
to questo è falso, è frutto di un delirio”, accettando il
confronto con quella che il filosofo Humberto Matura-
na ha descritto come “realtà con l'oggettività messa fra
parentesi”2 in base alla quale, posti di fronte a due tesi
opposte e contrastanti, non possiamo trovare una solu-
zione giudicando tra ciò che è vero e ciò che è falso, fra
chi ha “torto” e chi ha “ragione”, o in una presunta via
di mezzo fra questi, ma nell'assumere una prospettiva in
cui il conflitto sia spiegato come un operare dell'osser-
vatore in differenti, ma non incompatibili, domini di e-
sistenza.3
Nessuno può dimostrare che esista o meno una vita
nell’aldilà: tutto ciò che la psicologia può fare è indaga-
re i motivi che portano l’uomo a porsi certe domande e
che l’essere umano si sia sempre interrogato sul-
l’esistenza di una o più divinità e sulla possibilità di una
vita dopo la morte, attraverso la reincarnazione, è un
“fatto” con il quale dobbiamo fare i conti.
Il mito della reincarnazione o metempsicosi (dal gre-
co metempsýchosis, trasferimento o passaggio dell’ani-
ma) ha origini antichissime e purtroppo i ricercatori
non hanno rinvenuto fonti che enunciassero precisa-
mente la metempsicosi come teoria, né conosciamo
come si articolasse la credenza nella trasmigrazione del-
le anime.
Le prime testimonianze risalgono al movimento re-
ligioso dell’antica Grecia (VI sec. a.C.) fondato, secon-
do la tradizione, dal poeta tracio Orfeo e chiamato orfi-
smo.
L’orfismo si sviluppò in seno al culto di Dioniso,

2
Maturana, H., 1993, Autocoscienza e Realtà, Raffaello Cortina Editore, Mila-
no.
3
Giordano, G., 1999, La psicoterapia come atto etico in una dimensione tran-
scontestuale - Note per una messa in scena costruttivistica tratto dal sito Psycho-
media: http://www.psychomedia.it/pm/modther/modtec/giordano4.htm.
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probabilmente al fine di rovesciare in senso ascetico e


catartico la fuga dal mondo predicata dai seguaci del dio
(Rhode, 1894)4.
Al centro dei misteri orfici vi era l’idea dell’anima
come immortale e costretta, dopo la morte, a reincar-
narsi in un altro corpo al fine di espiare la propria colpa
per raggiungere, attraverso le successive vite, la perfe-
zione divina.
Successivamente, intorno al 530 a.C., Pitagora fon-
dò la sua scuola ispirandosi proprio alle comunità orfi-
che: secondo Pitagora e i suoi adepti, la trasmigrazione
dell’anima dopo la morte era uno strumento necessario
di purificazione che si verificava ciclicamente, in base al
compimento di un ciclo astronomico dell’universo.
In entrambe le tradizioni emerge quindi l’idea di
un’anima “viva” prima di incarnarsi nel corpo.
L’idea della reincarnazione fece il suo ingresso nel
campo della filosofia con Platone, il quale, rifacendosi
proprio alle tradizioni orfiche e pitagoriche, espose
all’interno del Fedro5 la sua visione della reincarnazione
attraverso il mito del carro e dell’auriga.
Il filosofo greco immaginava l’anima come una biga
alata che, in seguito alla morte, cerca di raggiungere il
mondo della conoscenza assoluta, l’Iperuranio. Tuttavia
a causa della propria istintualità l’anima, rappresentata
da un cavallo nero, non riesce ad elevarsi spiritualmente
ed è perciò condannata, precipitando verso il basso, a
reincarnarsi. L’anima “caduta” si incarnerà in qualcuno
lontano dalla saggezza, mentre solo a pochi eletti sarà
dato rinascere sotto forma di saggio o filosofo.
Tale prospettiva escatologica, per Platone, è stret-
tamente legata alla teoria della conoscenza secondo cui
conoscere significa ricordare, poiché l’apprendimento è
dato dal rievocare una conoscenza innata e da sempre
4
Rhode, E., 1894, Psiche. Culto delle anime e fede nell'immortalità presso i Gre-
ci, trad. it. 2006, Laterza.
5
Platone, Fedro, Bompiani, Milano, 2000.
158 Benedetta Rinaldi

contenuta all’interno dell’anima, ma perduta con l’atto


della nascita.
Attraversando lo spartiacque storico rappresentato
dalla nascita di Gesù Cristo, nel II e III secolo d.C. ri-
troviamo il tema della metempsicosi all’interno delle
speculazioni del movimento filosofico-religioso chia-
mato gnosticismo (dal greco gnòsis = conoscenza) che
professava una dottrina della salvezza tramite la cono-
scenza. La salvezza dell’anima secondo il corpus filoso-
fico gnostico dipende dal raggiungimento di una forma
di conoscenza illuminata e superiore, frutto di un per-
corso di ricerca della Verità e la metempsicosi è consi-
derato un mezzo necessario all’anima per espiare le
proprie colpe ed aprirsi alla “conoscenza totale”.
Tra i sapienti gnostici particolarmente importante è
la testimonianza di Carpocrate, un filosofo nato ad A-
lessandria di Egitto di cui abbiamo poche notizie certe.
Egli riteneva che l’uomo dopo la morte dovesse, rein-
carnandosi più volte, accedere ad ogni tipo di esperien-
za al fine di elevarsi alla conoscenza superiore e liberare
l’anima dalla schiavitù delle vite successive, così come
era avvenuto per Gesù Cristo.
Il “ciclo dei ritorni” secondo il filosofo costringe
l’anima ad immergersi nelle circostanze più disparate
affinché questa possa ricordare da dove viene (passato),
dove si trova (presente) e dove va (futuro).
Per Carpocrate non possiamo mai essere assolti da
peccati che non abbiamo commesso, quindi per uscire
dal ciclo della reincarnazione l’anima deve attraversare
tutte le forme del male e ogni genere di passione6.
Jung stesso7 ha riconosciuto – anche se non senza
contraddizioni – l’esistenza di una sorprendente rela-
zione tra gli aspetti fondanti della psicologia analitica e

6
Antonelli, G., 1992, Jung e lo Gnosticismo, in Trattato di Psicologia Analitica,
a cura di A. Carotenuto, Utet, Torino.
7
Jung, C. G., 1917, Psicologia dell’inconscio, in Opere, vol. 7, Boringhieri, To-
rino.
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il simbolismo gnostico, sia per quanto riguarda la per-


cezione dell’inconscio come fonte di conoscenza, sia
per la considerazione del male quale componente salvi-
fica8.
Oltre che nella tradizione greca ed europea ritro-
viamo il concetto di reincarnazione all’interno delle
grandi religioni orientali dell’induismo e del buddhismo.
Il buddhismo spiega ciò che avviene dopo la morte
attraverso il ciclo delle rinascite o samsara, sostenendo
che non ci sia un’anima o spirito individuale che possa-
no trasmigrare in un altro corpo. Le rinascite successive
vengono stabilite in base alla legge di causa-effetto
(karma) in virtù della quale l’uomo raccoglierà ciò che
semina.
Anche l’induismo si affida al karma inteso come re-
sponsabilità nel realizzare la propria natura divina attra-
verso l'azione consapevole e al potere del samsara, il ci-
clo delle incarnazioni, in relazione al quale i desideri ac-
cumulati nelle esperienze sono alla base del fenomeno
del ritornare in un altro corpo, fino al completo dissol-
vimento di ogni desiderio.
La breve panoramica sulla storia della reincarnazio-
ne a cui ho fatto riferimento, illustra come l’idea di una
vita “carnale” dopo la morte sia sempre stata presente
nella cultura dell’uomo e interpretata come uno stru-
mento di crescita o di salvezza spirituale.
Agli inizi del 1900, con l’avvento della psicoterapia,
anche gli studi analitici iniziarono ad essere popolati dai
sogni, dalle fantasie e regressioni ipnotiche di pazienti
che sentivano di aver vissuto esperienze di vita apparte-
nenti ad altre epoche.
Sigmund Freud per primo, penetrando col grimal-
dello psicoanalitico all’interno dell’universo di desideri
e timori inconsci dell’umanità, interpretò la fede
dell’uomo in una vita dopo la morte come il tentativo di

8
Antonelli, G., 1992, Jung e lo Gnosticismo, cit.
160 Benedetta Rinaldi

arginare l’angoscia legata all’idea del trapasso, in quanto


l’essere umano non può rappresentarsi la sua stessa
morte. Per Freud, quindi, l’idea della reincarnazione
servirebbe all’uomo come meccanismo di difesa, per
non sentirsi completamente perso e annichilito dalla
prospettiva della fine e quindi immaginare una vita suc-
cessiva lenirebbe il timore dell’ignoto9.
Carl Gustav Jung si confrontò anch’egli col tema
della reincarnazione, adottando un approccio molto
differente dall’illustre collega viennese; in un’intervista
del 1958 in cui gli veniva chiesto se fosse possibile pen-
sare all’immortalità della coscienza, egli si espresse così:
…la questione dell’immortalità è così pressante, di una
tale urgenza, che bisognerebbe comunque tentare una ri-
sposta. […] Naturalmente voi potreste obiettare che sono
solo fantasie compensatorie che non possiamo soffocare,
radicate sì nella nostra natura (tutta la vita aspira
all’eternità), ma ben lungi dal costituire una prova. Però
dobbiamo anche dirci che, sebbene questa obiezione entro
certi limiti sia giusta, noi possediamo prove inconfutabili
che talune parti, se non altro, della nostra psiche non sono
soggette alle leggi dello spazio e del tempo, altrimenti le
percezioni al di fuori dello spazio e del tempo sarebbero
assolutamente impossibili, e invece esistono, avvengono.
[…] Il concetto di immortalità non ci dice nulla
sull’idea ad esso correlata di rinascita o metempsicosi; an-
che in questo caso dobbiamo dipendere dai sogni, i quali
ci danno qualche indizio. Ma è opportuno non dimentica-
re che un continente altamente civilizzato (nel senso di
civiltà spirituale) come l’India crede fermamente nella
trasmigrazione delle anime e considera assiomatica l’idea
della reincarnazione. […] Certo, oggi ci sono anche da
noi molte persone che credono nella reincarnazione. Forse
è solo un segno della nostra barbarie il fatto che non pen-

9
Freud, S., 1915, Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, Opere, vol. 8,
Bollati Boringhieri, Torino.
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siamo in quel modo e che incominciamo solo adesso a


prendere seriamente queste idee.”10
…è chiaro che tutti moriremo un giorno e questo è il
triste finale di tutto: ma ciò nonostante c’è qualcosa in noi
che a quanto pare non ci crede. Ma questo è solo un dato,
un dato psicologico, non dimostra niente. È così e ba-
sta…[…] ma quando si pensa in un certo modo, si sta
molto meglio e secondo me se si pensa come ci porta a fare
la natura, il nostro modo di pensare è giusto11.
Ne Gli stadi della vita Jung spiega: Come medico, io
sono convinto che è più igienico, per così dire, vedere nel-
la morte una meta a cui tendere, e che vi è qualcosa di in-
sano nella resistenza che noi le opponiamo e che toglie alla
seconda metà della vita il suo scopo. Perciò trovo molto
ragionevoli tutte quelle religioni che hanno una meta ul-
traterrena. […] Pensando che la vita oltrepassi i confini
della morte, noi agiamo secondo il senso della vita anche
se il significato di questa idea ci sfugge.12
In sintesi Jung sostiene che 1) sia impossibile con-
fermare o confutare l’esperienza della reincarnazione
dal punto di vista scientifico; 2) la psiche non è sogget-
ta alle leggi dello spazio e del tempo che conosciamo,
così nulla possiamo dire circa la sua evoluzione; 3) pen-
sare a una vita dopo la morte corrisponde ad un moto
naturale della nostra psiche.
Per quanto riguarda l’origine delle idee religiose e
della reincarnazione Jung (1939)13 si riferisce agli arche-
tipi: [...] al mondo effimero della nostra coscienza essi
comunicano una vita psichica sconosciuta, appartenente
ad un lontano passato; comunicano lo spirito dei nostri
ignoti antenati, il loro modo di pensare e di sentire, il loro
modo di sperimentare la vita e il mondo, gli uomini e gli

10
McGuire, W. - Hull R. F. C. (a cura di), 1977, Jung parla, Adelphi, Milano,
1995.
11
Ivi, p. 537.
12
Jung, C. G., 1930, Gli stadi della vita, Opere, vol. 8, Boringhieri, Torino.
13
Jung, C. G., 1939, Psicologia e religione, Opere, vol. 11, Boringhieri, Torino.
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dèi. L’esistenza di questi stati arcaici costituisce presumi-


bilmente la fonte della credenza nella reincarnazione e
nella credenza di vite anteriori.
Mentre per Freud l’idea della reincarnazione è dun-
que frutto di un meccanismo di difesa, per Jung essa af-
fiora alla coscienza dell’uomo come prodotto naturale
dell’influenza del mondo archetipico sull’esistenza.
Successivamente in ambito psicoanalitico/psichia-
trico il tema della vita oltre la morte venne lentamente
insabbiato e relegato nell’ambito nosografico come e-
spressione di una sintomatologia nevrotica o, nel peg-
giore dei casi, psicotica.
Questo genere di atteggiamento da parte dell’intelli-
ghenzia clinica non è un caso isolato, bensì ha investito
anche la tecnica ipnotica e l’interpretazione dei sogni,
ovvero tutti quei fenomeni che più profondamente
hanno a che fare con la natura stessa della psiche e con
gli elementi fondanti della psicoterapia.
I motivi in relazione a quanto detto sono molteplici:
in primo luogo vi è tra i clinici il potente desiderio di
riscattare un innato sentimento di inferiorità della psi-
cologia rispetto alla medicina e per fare questo la psico-
terapia deve sempre di più di adeguarsi a criteri scienti-
fici di riproducibilità, misurabilità e oggettività: la psi-
coterapia dunque deve essere “breve”, incentrata sul
sintomo – meglio se di matrice cognitivo-comporta-
mentale – e avvalersi di appositi test, studiati per speci-
fiche problematiche. Chiaramente sogni, ipnosi e di-
scorsi sulle vite passate non rientrano nei criteri scienti-
fici, non sono controllabili e quindi vanno soppressi
poiché parlano di una dimensione che, come la psiche, è
complessa, misteriosa, potente e indefinibile. Proprio in
risposta a questa posizione Jung ebbe modo di spiegare:
“Secondo me il primo dovere dello psicologo scientifico
sta nel mantenersi aderente ai fatti vitali della psiche, nel-
l'osservare con esattezza questi fatti, aprendosi in tal modo
a quelle esperienze più profonde delle quali non ha assolu-
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tamente conoscenza.”14 e in questo senso i sogni, la tran-


ce e i discorsi sulle vite precedenti sono “fatti” che le
persone esperiscono e raccontano spontaneamente in
terapia.
Un altro motivo può essere ravvisato nel timore di
ciò che non conosciamo e nella forza dirompente delle
emozioni: parlare di sogni, vivere la trance o interrogar-
si sulle vite precedenti apre le porte a vissuti emotivi
molto forti, che si teme possano travolgere la diade ana-
litica (così come avvenne per Freud mentre utilizzava
l’ipnosi); in realtà il malessere individuale nasce proprio
dalla perversione delle emozioni, il cui scorrere naturale
viene ad essere forzatamente interrotto o deviato e solo
tramite l’ascolto di questi contenuti è possibile ripristi-
nare il contatto curativo con il mondo interno.
Nonostante tutte queste resistenze, negli ultimi an-
ni in ambito psichiatrico il tema della reincarnazione è
tornato ad essere fonte di ricerca e dibattito soprattutto
grazie alle esperienze raccontate dal Dr. Brian Weiss nei
suoi libri che, divenuti best seller15, hanno contribuito a
generare intorno a lui un grande movimento di curiosi e
“seguaci” in tutto il mondo.
Brian Weiss è nato nel 1944 a New York, dopo es-
sersi laureato con lode in Medicina alla Columbia
University ha intrapreso una brillante carriera come
psichiatra e psicoterapeuta fino a diventare Preside del
Dipartimento di Psichiatria del Mount Sinai Medical
Center di Miami, in Florida.
Intorno agli anni ’80 egli si trovava all’apice del ri-
conoscimento professionale quando entrò nel suo stu-
dio una giovane donna di nome Catherine afflitta da se-

14
Jung, C. G., 1917, Psicologia dell’inconscio, in Opere vol. 7, Boringhieri, To-
rino.
15
Weiss, B., 1988, Molte vite, molti maestri, Mondadori, Milano.
Weiss, B., 1993, Oltre le porte del tempo, Mondadori, Milano.
Weiss, B., 1996, Molte vite, un solo amore, Mondadori, Milano.
Weiss, B., 2001, Messaggi dei maestri, Mondadori, Milano.
164 Benedetta Rinaldi

vere fobie (temeva l’acqua, il buio, aveva paura di rima-


nere soffocata): questa terapia segnò un profondo cam-
biamento non solo nella vita della paziente, ma in quella
di Weiss come uomo e psicoterapeuta.
Weiss racconta16 che per circa 18 mesi aveva cercato
di aiutare Catherine con la psicoterapia ma i suoi sin-
tomi non erano affatto regrediti, al contrario erano ar-
rivati al punto da imporle gravi limitazioni nella vita di
tutti i giorni.
A quel punto lo psichiatra decise di utilizzare con la
paziente l’ipnosi per esplorare e cogliere eventuali
traumi rimossi dalla sua coscienza: dopo averla fatta
lentamente scivolare in trance le chiese di ritornare al
tempo in cui per la prima volta erano comparsi i sinto-
mi e Catherine si lasciò andare ad un racconto incredi-
bile, nel quale lei si vedeva “incarnata” nel corpo di una
giovane donna egiziana di nome Aronda vissuta nel
1863 a.C.; la paziente descrisse la sua vita e quella del
villaggio in cui viveva, rievocando anche il momento
della propria morte per annegamento, avvenuta a 25
anni insieme alla piccola figlia di nome Cleastra, a causa
di una violenta inondazione.
Né Weiss né Catherine credevano che quanto emer-
so dall’ipnosi potesse avere a che fare con qualcosa di
diverso da una fantasia, ma ciò che avvenne in seguito li
costrinse a riflettere: dopo una settimana dalla regres-
sione alla vita di Aronda, la paziente perse totalmente
alcune delle sue gravi fobie e ben presto fu in grado di
rievocare, sempre attraverso l’immersione ipnotica, al-
tre vite precedenti i cui traumi avevano prodotto i sin-
tomi che nella vita attuale Catherine ancora pativa, con
il risultato che tutti i suoi disagi psicologici sparirono in
breve tempo.
Weiss racconta di aver passato un periodo molto
sofferto a causa del conflitto che sentiva tra il suo esse-

16
Weiss, B., 1988, Molte vite, molti maestri, cit.
La religione di Brian Weiss 165

re un rigoroso psichiatra, educato ai criteri scientifici e


l’orizzonte metafisico che si andava sempre più impo-
nendo al suo sguardo.
Durante una delle sue regressioni Catherine iniziò a
parlare direttamente con il Dott. Weiss raccontandogli
dei dettagli della sua vita personale che solo lui poteva
conoscere e che riguardavano nello specifico la morte di
suo padre e la morte del suo primogenito Adam, spirato
ventitré giorni dopo la nascita.
A quel punto lo psichiatra si rivolse a Catherine
chiedendo come facesse a sapere tutti questi particolari
della sua vita e la donna rispose che erano gli “Spiriti
Maestri” a trasmetterle quei messaggi: essi venivano de-
scritti come anime estremamente evolute, con il compi-
to di offrire dei messaggi sullo scopo della nostra vita
sulla terra, sulla vita, la morte, l’amore e la speranza.
In particolare gli “Spiriti Maestri” confermavano
l’esperienza della reincarnazione dicendo attraverso Ca-
therine: Siamo noi a scegliere quando entrare nel nostro
stato fisico e quando lasciarlo. E capiamo poi quando ab-
biamo portato a termine ciò per cui siamo stati mandati
quaggiù. Sappiamo quando il tempo finisce e voi avrete
accettato la vostra morte. Perché a quel punto avrete capi-
to che da questa vita non potrete ottenere niente di più.
Così quando avrete avuto modo di riposare e di riorga-
nizzare la vostra anima, vi sarà consentito di scegliere se
rientrare nello stato fisico…17.
Questo straordinario avvenimento convinse Weiss a
ritenere quanto vissuto da Catherine durante le regres-
sioni come qualcosa di reale, proveniente da una miste-
riosa dimensione spirituale che li aveva scelti entrambi
per innescare una rivoluzione spirituale basata sul-
l’amore, quella che io ho definito “la religione di Brian
Weiss”.
Parlo di religione (dal verbo latino religare = unire

17
Weiss, B., 1996, Molte vite, un solo amore, cit.
166 Benedetta Rinaldi

insieme) perché i libri e i racconti dello psichiatra ame-


ricano ci mettono in contatto con una forza divina che
vuole promuovere la crescita e il benessere psichico at-
traverso la consapevolezza del significato di vita e mor-
te su questa terra: L’ultima risposta è l’amore. Il quale
non è un’astrazione, ma un’energia effettiva, ovvero un
ampio spettro di energie, che tu puoi creare e conservare
nel tuo essere. Semplicemente amando. È così che cominci
a entrare in contatto con Dio dentro te stesso. Apriti
all’amore. Esprimi il tuo amore.
[…] Non lasciare che la depressione o l’ansia frenino
la tua crescita. Depressione vuol dire perdita di prospetti-
va, oblio, tendenza a dare tutto per scontato. Ristabilisci
l’ordine dei tuoi valori. Ricorda tutte quelle cose che non
debbono essere date per scontate. Sappi cambiare prospet-
tiva e rammenta ciò che è importante e ciò che lo è meno.
Esci dalla carreggiata. Ricordati di sperare.
Ansia vuol dire essersi smarriti nel proprio io. Vuol
dire aver perso i propri confini. Nasce dal ricordo oscuro
di una carenza d’amore, da un sentimento d’orgoglio feri-
to, da una perdita di pazienza e di pace. Ricorda che non
sei mai solo!18.
Un altro aspetto che avvicina l’esperienza di Brian
Weiss a quella religiosa è il grandissimo riscontro di
pubblico che hanno ottenuto i suoi libri e le sue appari-
zioni mediatiche. Le richieste di una consultazione con
Weiss sono talmente tante che ogni anno il suo staff
organizza seminari e workshop di gruppo in tutto il
mondo – alcuni su navi da crociera – durante i quali le
persone, sotto le sue indicazioni, cercano di esperire
una trance regressiva per scoprire chi fossero in un’altra
vita e guarire da malesseri psicologici e psicosomatici.
Per quanto riguarda il processo di regressione Weiss
sostiene che non sia importante stabilire se esso riguar-
di l’immaginazione, la fantasia, la metafora, il ricordo o

18
Ibidem.
La religione di Brian Weiss 167

la combinazione di tutti questi aspetti: è importante


che la persona si abbandoni all’esperienza lasciando che
le immagini e le emozioni emergano dalle profondità
del mondo interno: Quando si individua il modello ri-
corrente e se ne comprendono le cause, la catena può veni-
re spezzata. […] Perché la tecnica e il processo della tera-
pia della regressione diano risultati, non occorre che tera-
peuta e paziente credano nelle vite precedenti. Tuttavia si
è riscontrato che solo tentando questa via si raggiungono
spesso dei miglioramenti clinici. E quasi sempre si verifica
una crescita spirituale. (Weiss, 1996)19.
Le esperienze raccontate dallo “psichiatra della re-
gressione” destano sempre reazioni contrastanti: alcuni
si sentono profondamente toccati dai suoi libri e vor-
rebbero sperimentare in prima persona il ritorno alla vi-
te precedenti, altri invece restano scettici o lo conside-
rano un abile manipolatore di umane debolezze. Quello
che sappiamo è che un numero sempre maggiore di per-
sone si rivolgono all’ipnoterapia per tentare di regredire
e riuscire a trovare una cura per i propri disagi psicolo-
gici attuali.
Perché l’uomo ha sempre pensato alla reincarnazio-
ne come strumento di guarigione e crescita spirituale?
Io credo che il bisogno dell’uomo di immaginare
una vita oltre la morte attinga a delle caratteristiche pe-
culiari della psiche: Jung ha messo in evidenza come la
dimensione psichica non risponda ai criteri spazio-
temporali definiti dalle leggi della fisica. L’uomo intui-
sce e fa esperienza di energie e capacità che vanno al di
là della sua capacità di comprensione: questo lo vedia-
mo ad esempio durante le sedute di ipnosi, quando le
persone riescono ad accedere a capacità psicofisiche e di
auto-guarigione, impossibili da replicare durante il nor-
male stato di coscienza.
C’è qualcosa dentro di noi di misterioso e potente,

19
Ibidem.
168 Benedetta Rinaldi

per alcuni può essere il manifestarsi di Dio, per altri ci


sono ragioni cognitive e adattive spiegabili scientifica-
mente.
Non è importante verificare se la fiducia e l’adesione
a un sistema di pensiero, religioso o laico che sia, corri-
sponda al “vero”, ma è necessario che la mia fiducia nel
metodo mi aiuti a vivere la vita in maniera soddisfacen-
te e costruttiva: […] quando mi sento bene e sono soddi-
sfatto nessuno può dimostrarmi che non lo sono. Gli ar-
gomenti logici non incidono sui sentimenti di cui io faccio
esperienza immediata […] e l’immortalità è uno dei fatti
che concernono i sentimenti.20
Un altro aspetto che a mio avviso spinge le persone
a immaginare una vita oltre la morte è la questione della
conoscenza: lo gnostico Carpocrate, come abbiamo vi-
sto, sosteneva che per acquisire una crescita spirituale
fosse necessario attraversare tutte le esperienze possibi-
li, tornando in vita nei panni di un altro corpo.
Anche in psicoterapia noi cerchiamo di costruire col
paziente scenari e linguaggi differenti, per aiutarlo a co-
noscere i suoi bisogni emotivi e quelli altrui: immagi-
niamo forme di esistenza alternative dove sia possibile
sperimentare, con gli stessi occhi, una realtà differente.
L’immaginazione non resta, quindi, una pura astrazione
impregnata di desiderio irrisolto, ma costituisce il pre-
supposto necessario per l’atto creativo e la concretizza-
zione del cambiamento sperato.
L’idea della regressione alle vite precedenti, forse,
nasce per aiutarci a visualizzare noi stessi nei panni di
un’altra persona, al fine di esperire dei modi di vita al-
ternativi da confrontare con l’esistenza che stiamo sce-
gliendo nel presente: se il peccato e il dolore hanno a
che fare con ciò che è separato,21 occultato, segreto al-
lora la possibilità di immedesimarsi con altre vite può
20
Jung, C. G., 1935, Pratica della psicoterapia, Opere, vol. 16, Boringhieri, To-
rino, 1981, p. 23.
21
Ibidem.
La religione di Brian Weiss 169

aiutare l’uomo a ricongiungere quelle parti interne che


dentro di sé sono odiate e scisse.
La reincarnazione può essere dunque interpretata
come un esercizio di integrazione dell’Ombra, di tutte
le esperienze negative, che l’uomo si rappresenta con
l’obiettivo di amplificare la sua capacità di vivere
l’esistenza.
Assecondare le potenzialità costruttive del nostro
mondo interno ci permette di realizzare la reincarna-
zione su questa terra, cioè morire e rinascere ogni gior-
no, cambiando occhi e sembianze, restando fedeli alla
nostra anima invincibile.

Abstract

Benedetta Rinaldi
La religione di Brian Weiss

Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha pensato a se stesso


come in rapporto ad una dimensione trascendente e divina.
La fede è un sentimento complesso e dal punto di vista epi-
stemologico non è (ancora?) possibile giungere a conclusio-
ni inequivocabili, eppure è un dato di fatto che l’essere uma-
no si sia sempre interrogato sull’esistenza di una o più divi-
nità e sulla possibilità di una vita dopo la morte, attraverso la
reincarnazione. Tale fenomeno, ancora oggi, è degno di
un’importante riflessione dal punto di vista psicologico, non
solo per le straordinarie affinità tra fede e psicoanalisi, ma
anche perché è in costante aumento il numero di persone
che desiderano andare alla ricerca delle proprie “vite prece-
denti” attraverso l’ipnosi. Lo psichiatra americano Brian
Weiss, ha pubblicato diversi libri raccontando come attraver-
so l’ipnosi alcuni suoi pazienti siano regrediti alle vite tra-
scorse in altre epoche, riuscendo così a guarire i propri ma-
lesseri psicologici. Il presente articolo, partendo
dall’esperienza di Brian Weiss, intende approfondire i signi-
ficati psicologici e i risvolti terapeutici legati alla fede nella
reincarnazione.
170 Benedetta Rinaldi

Parole chiave: fede – ipnosi – morte – psicoanalisi – reincar-


nazione – religione

Benedetta Rinaldi
The Religion of Brian Weiss

Since time immemorial, man has considered himself to


be in contact with a transcendent and divine dimension.
Faith is a complex sentiment and from the epistemological
point of view it is not (yet?) possible to reach unequivocal
conclusions, despite the fact that human beings have always
wondered as to the existence of one or more divinities and
the possibility of life after death through reincarnation. That
phenomenon is still worth reflecting on today, from the
psychological point of view, not only because of the extra-
ordinary affinities between faith and psychoanalysis, but also
because the number of those wishing to discover their “pre-
vious lives” through hypnosis is constantly on the increase.
The American psychiatrist Brian Weiss has published va-
rious books describing how through hypnosis certain pa-
tients of his have regressed to lives lived in other epochs,
thus succeeding in healing their psychological ills. The au-
thor, taking as an example the experience of Brian Weiss, e-
xamines the psychological significance and therapeutic a-
spects of the faith in reincarnation.

Keywords: faith- hypnosis – death – psychoanalysis – rein-


carnation – religion

Benedetta Rinaldi, Psicologo Psicoterapeuta, esperta in ipnosi clinica, docente a


contratto per la cattedra di “Modelli teorici, tecniche di ricerca e intervento in Psi-
cologia Dinamica” e docente dell’area psicologico-psichiatrica del “Master in Scien-
ze Criminologiche” presso l’Università degli studi Guglielmo Marconi di Roma. Da
anni si occupa della diagnosi e del trattamento dei disturbi dell’immagine corporea
in Chirurgia Estetica e tiene seminari sulla Relazione di Aiuto presso l’Ospedale
Fatebenefratelli di Roma. Lavora privatamente a Roma e Acilia.

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