Sei sulla pagina 1di 12

Il sogno di Dioniso

Psiche, Cura, Numinoso

Ferdinando Testa, Catania

Colui che agisce deve soffrire e imparare.


(Eschilo)

“Andavo in una casa, una grande casa in campagna;


entravo al piano di sopra con un’ascia in mano e inizio a
fare una strage. Uccidevo tutti i giovani che incontravo.
Ero accompagnato dalla mia fidanzata che mi aiutava.
Sangue, corpi smembrati da tutte le parti. Ero di una
ferocia inaudita. Andavo al piano di sotto e vedevo degli
anziani e dei bambini, ma non li uccidevo, non li toccavo.
Ad un certo punto mi accorgo che la mia ragazza sta
parlando con un superstite, invece di ucciderlo si era
seduta a dialogare con lui. Ascoltando dal piano di
sotto, mi chiedevo incredulo perché lei stesse rischiando
di compromettere gli esiti della strage. Come poteva
essere così noncurante! Una rabbia esplosiva mi pervase
ovunque, una rabbia che non era mia.”
Questa la terribile scena vissuta in sogno, raccontata
dal giovane Alessandro nel mio studio in un mattino
solare col tepore di una giornata primaverile. È turbato,
smarrito, angosciato dalle ombre oniriche che hanno
fatto pulsare il sangue del corpo immaginale. Terrore,
violenza, stordimento, crudeltà, un compito da portare
a termine: una strage. Una belva in cerca della sua preda.
La coscienza s’interroga, chiede spiegazioni, è
legittimata a capire, ha il diritto e il dovere di sapere; e
poi l’ascia… un’arma così antica e tagliente! Di fronte
al terrore della scena, il silenzio penetra nella stanza,
il dialogo viene gelato dall’invasione dell’immagine.
L’immaginazione è drammatica e la scena occupa lo
spazio vuoto lasciato tra di noi: il teatro dell’orrore abita
lo spazio terapeutico.
42 Ferdinando Testa

“Tutto ciò che agisce è crudeltà”, afferma Artaud.1


Avverto che Dioniso è all’opera, la sua forza vitale
si impone con potenza e nella scena l’azione e il
movimento non danno tempo e spazio al dialogo nella
Psiche del paziente: “Il dialogo, nella forma scritta e
parlata, non appartiene specificatamente alla scena,
appartiene al libro. Sostengo che la scena è il luogo
fisico che esige di essere riempito”, continua Artaud.2
E allora la conoscenza richiama alla memoria il dramma
dell’esistenza, Dioniso, signore dell’Anima, del gioco,
del vino, dei misteri di Eleusi, del Femminile.
“Sappiamo dai teologi, siano essi scrittori in prosa
o poeti, che il Dio è per sua natura indistruttibile ed
eterno, e tuttavia che, sotto l’influsso di qualche piano
e scopo prestabiliti, egli subisce nel suo essere delle
trasformazioni. Quando il Dio si cambia e si distribuisce
in venti, acqua, terra, stelle, piante e animali, essi
descrivono questa esperienza e trasformazione con i
termini di ‘lacerazione’ e ‘smembramento’. Lo chiamano
Dioniso”.3
Con queste immagini mi addentro nella ricerca del dio
che fa dell’esperienza di essere iniziati al “tremendum
e al numinoso”4 il tema della sua esistenza. Tali scene
inizialmente turbarono la coscienza di Jung, tanto da
ritenere Dioniso il cugino di Wotan, connotato da
Nietzsche come l’archetipo del terrore senza culto che
aveva inebriato i giovani tedeschi. Avverto il peso di
tale oscurità e comprendo che le letteralizzazioni delle
immagini comportano una deviazione dall’impatto
estetico e sensoriale delle scene orribili, facendo rifugiare
il terapeuta in fantasie difensive che spesso negano le
diverse fasi espressive dell’attuazione degli istinti.
Dioniso non è solo il “signore dell’isteria”,5 ma
anche colui che è al confine, che divide; straniero che
parte da lontano e gira per il mondo a testimonianza
1
Artaud, A. L’arte e la morte, Il Nuovo Melangolo, Genova, 2003.
2
Ivi.
3
Plutarco, Sull’Amore, Newton Compton, Roma, 1994.
4
Hillman, J., Il nuovo politeismo, Comunità, Milano, 1992.
5
Hillman J., Il mito dell’analisi, Adelphi, Milano.
Il sogno di Dioniso. Psiche, Cura, Numinoso 43

dell’anelito dell’inconscio alla ricerca incessante della


conoscenza che mette al proprio centro il corpo. Un
corpo smembrato, dilaniato, diviso, sparpagliato, fatto a
pezzi. Con Dioniso viene gettato il confine, nella tragedia
del dolore umano, tra l’aspetto titanico e quello umano,
ricordando ciò che Jung espresse con parole memorabili
nel suo lavoro su Aion: “Il potere divino imprigionato nei
corpi non è altro che Dioniso disperso nella materia…
Dioniso, giovinezza degli dei… rinnovamento del
Dio”.6 Le immagini violente, pertanto, acquistano un
nuovo punto di vista, una nuova visione che supera la
dinamica degli opposti e si addentra direttamente nel
cuore dell’ignoto dell’inconscio personale e collettivo,
valorizzando il numinoso nel suo epifenomeno al di
là di un modello di integrazione e di comprensione
razionale. È possibile allora cogliere la presenza di
Dioniso negli aspetti ciclotimici, slegandoli dai legami
solo con l’isteria, ma riconoscendo il divino nella
scissione tra immaginazione e azione, nella depressione,
nella maniacalità, negli scatti di collera esplosiva, nella
tristezza euforica di una circolarità folle che produce
oscillazioni senza trasformazioni. Si assiste a ripetizioni
sintomatologiche che non lasciano rinnovamento, ma
un senso vano di sacrificio e inutilità. Ciclotimia è
malattia del sangue, ciclo del thymós: l’anima sanguigna è
totalità corporea e psichica. Il thymós è un mescolamento
di vitalità, rappresentata dal sangue, e di psiche,
rappresentata dal respiro. In tale visione immaginale
il thymós non ha a che fare con il rispecchiamento o
con la riflessione, metafora di una visione romantica
della follia, ma è una messa in scena dell’Anima: il
thymós è vissuto come passione in connessione con il
rito. Legare la ciclotimia a Dioniso significa ritenerla
una malattia dell’andare e venire di vitalità, emozione e
passione, accompagnato dall’incapacità della psiche di
rappresentarsi nel mondo dell’azione, che risulta invalida
e inferma. È nell’azione violenta priva di bellezza che la
fantasia si unisce all’azione, l’immaginazione folle con
l’azione disordinata, come era avvenuto nel sogno del
6
Jung, G. C., Aion, Boringhieri, Torino, 1982.
44 Ferdinando Testa

giovane paziente. Ritroviamo mirabilmente questo tema


sul piano del collettivo, per esempio, nelle Baccanti di
Euripide che si concludono in modo tragico, perché
viste con gli occhi di Penteo, dalla parte di Penteo7 e
non da quella di Dioniso. Prima di venire ucciso, Penteo
indossa abiti femminili e diventa bisessuale come
Dioniso. Penteo a un passo dalla morte vede doppio ma
proprio questo è il suo grande limite: relegare Dioniso e
l’immaginazione ai margini, scissa dall’azione incapace
di bagnarsi con l’energia vitale di Zoe e dell’infinito.
“Ogni cosa deve essere riportata alla luce”,8 dice
Jung; non bisognerebbe relegare il culto di Dioniso ai
suoi aspetti titanici, come avviene nella nostra società,
seppellendolo in un abisso di dissoluzione spassionata
dove tutte le differenze umane sono annullate nel
nome della civiltà. Dioniso è il “signore dei misteri”9
e il mistero del giovane paziente è quello che lo porta
a spostare lo sguardo verso l’alto, verso la presenza
dell’Anima che sa dialogare, attendere, riflettere,
fermarsi in silenzio e sedersi sulle scale prendendosi del
tempo, il tempo del Femminile. Il tempo dell’Anima,
che nel sogno inizia il paziente all’ascolto, esce fuori
scena pur restando nella scena; resta a consolare ciò
che è rimasto giovanile, vivificandolo con le parole del
sentimento e non con l’azione del terrore, quella stessa
azione a cui lei stessa aveva partecipato. L’Anima mette
un limite, spinge il paziente a guardare in alto piuttosto
che a rimanere sotto, perché sopra c’è qualcosa che è
ancora vivo e che lei ha deciso di risparmiare, accogliere
… perché l’Anima non è l’Io e quando l’Anima appare,
è impossibile sapere cosa sta per accadere.
Il tema dell’incontro con l’Anima è proprio
l’enigma del paziente ciclotimico, che cerca di restituire
vita all’Anima e l’Anima alla vita, rimanendo però
intrappolato all’interno di una struttura circolare
non sottoposta ad alcuna modifica e non riuscendo
7
Euripide, Le Baccanti, Feltrinelli, Milano, 2007.
8
Jung, G. C., Aion, cit.
9
Kerényi, K., Dioniso, Adelphi, Milano, 1992.
Il sogno di Dioniso. Psiche, Cura, Numinoso 45

a diventare un ponte di collegamento tra la fantasia e


l’azione: i tentativi si ripetono, provocando così una
sorta di salasso emozionale, un sovraccarico di fantasie
idealizzanti dove il sangue della collera, della rabbia
esplosiva, non viene mescolato con l’umidità dell’acqua,
la nebbia dell’Anima, la rugiada mattutina. La metafora
dell’Anima umida richiama il senso dell’infinito, del
vago, della leggerezza che disorienta, in attesa che dalle
valle del sentire si possano alzare i veli impercettibili
della luce, rendendo il corpo un elemento al confine tra
lo stare di qua e la tensione dall’altra parte, al di là. Il
lungo e costante lavoro analitico ha portato il paziente
a riflettere sulle connessioni presenti nel sogno tra le
diverse figure, mettendo in risalto gli aspetti immaginali
e simbolici tra l’azione di vitalità (il sangue) e di mistero
della scena orrenda. L’Anima impara a riflettere e
a dialogare con ciò che resta e non è stato rovinato.
La scena, teatro dell’incontro tra sangue e Anima, ha
prodotto una nuova visione che ha allargato la coscienza
dell’Io, invitandola al dialogo con l’Anima, accettandone
lo spessore e l’esistenza.
Grazia si avvicina all’analisi dopo aver svolto un lavoro
terapeutico durato diversi anni. Eppure racconta di non
comprendersi, di non capire perché spesso è costretta da
una forza primitiva a spogliarsi nuda quando è da sola e
a correre velocemente per i tre piani della sua abitazione,
coperta solo da una pelliccia e un anello a forma di
pantera, per poi buttarsi esausta sul letto fortemente in
preda ad un’intensa eccitazione corporea ed emotiva. Mi
racconta della sua incessante lotta con il cibo fin dalla
giovane età, affermando di essere sempre stata attratta
dalla carne cruda che mangiava solo con le mani in una
sorta di pasto rituale consumato con intenso piacere
misto poi ad un malessere del corpo. Quando Grazia
racconta tutto ciò, muovendosi sulla poltrona con il
corpo affatico ma irrequieto, appesantito ma selvaggio,
costretta a stare scalza e a camminare a piedi nudi in
seduta … perché il fuoco che avverte è troppo forte. Una
donna, intelligente, profonda studiosa della dimensione
spirituale, con un mondo onirico ricco di simboli
46 Ferdinando Testa

religiosi, tradizionali e pagani, con un vivo interesse per


il mondo dello sciamanesimo e dell’invisibile, con una
particolare attrazione per il mondo dell’ipnosi regressiva,
il karma, le vite precedenti, al punto da arrivare ad
affermare: “Ho un compito da portare a termine di
qua e finché non lo faccio non posso andare di là.” Il
tema della morte è stato ed è marcatamente presente
nella vita di Grazia, non come paura o angoscia, ma
come incontro con una dimensione altra, vissuta fin
dalla tenera età come esperienza dello straordinario, del
ritornare a casa. Una strada, prima di ritornare nell’antica
dimora, piena di visioni, premonizioni, sincronicità,
percezioni di presenze di forze spirituali ed energetiche,
sogni particolarmente significativi che aprono ad un
altro aspetto dell’esperienza con Dioniso, come colui
che inizia ai misteri, al confine tra l’al di qua e l’aldilà…
il dio che va e viene. Il tema della morte rimanda
ad una predisposizione archetipica verso il mondo
dell’aldilà, amplificata da esperienze traumatiche in
tenera età e dall’inadeguatezza di uno scudo materno
tra l’intensità dell’archetipico e la vita quotidiana. Tutto
questo interesse della libido verso il mondo spirituale e
dell’oltre ha portato Grazia ad anestetizzare il corpo
nel corso della sua vita, a non viverlo, a soffocarlo sotto
il manto della vergogna, mummificato da bende eteree
e lontane dalla terra, per poi ritrovarsi puntualmente
a vivere esperienze con il maschile in modo passivo
e inconsapevole. Dioniso era stato tagliato fuori dalla
dimensione del corpo, scisso e innalzato a dimensione
spirituale come evasione dalla realtà e privo della forza
trasformativa dell’emozione che lo rivitalizza. Come
Nietzsche era salito troppo in alto, vivendo il mistero
staccato dalla danza rituale, dal movimento istintivo e
spontaneo, se non relegato nella voracità del cibo crudo
a ricordarle la nudità della materia.
E allora è lo stesso Dioniso che con la sua energia
eccessiva, caratteristica della sua archetipicità, spinge e
costringe Grazia a cercare altro e ad onorarlo secondo il
suo culto religioso, piuttosto che rimanere prigioniera e
vittima solo del suo aspetto titanico: folgorata di fronte
Il sogno di Dioniso. Psiche, Cura, Numinoso 47

al numinoso. Ma il numinoso impossessatosi di Grazia


attraverso le distorte relazioni umane le aveva prodotto
una serie di vissuti emozionali che causavano non la
frammentazione, ma lo smembramento dell’Io. Se da un
lato tali esperienze al confine testimoniavano l’incontro
di Grazia con l’iniziazione alla dimensione misterica,
dall’altro la nutrivano di stati altri non psicopatologici
in senso stretto ma al confine tra qua e là, di brevi
cortocircuiti, di sogni premonitori, di assenze e di vuoti
mnemonici anche all’interno del setting.
“Ho dovuto dormire nuda, come una tigre selvaggia
dallo sguardo felino che dice e non dice. Se non soddisfo
questo richiamo sto male. La tigre pensa solo ad
aggredire, non è mai soddisfatta. Feroce ma bellissima.
Quelli che mi disturbano li sbranerei: un’azzannata e
tutto il sangue che esce. Quando c’è sangue e violenza,
mi viene un impulso sessuale. La tigre non ferisce,
ammazza e mangia. La tigre si fa sentire troppo viva,
poi mi sbrana.”
“Adesso il mio corpo mi sta piacendo un po’ di più,
lo sto accettando. Pensavo di uscire di notte col coltello
e ammazzare qualcuno come una pantera, non potevo
far ragionare la mente e mi si accavallavano tanti istinti”.
“Dottore adesso la sto vedendo come in una visione,
tutto vestito di nero, alzato. È come se vedessi il suo
spirito che va e che viene. Ci siamo conosciuti in
un’altra vita, in un’altra dimensione. La stanza è buia,
qui non parliamo. La mancanza di materia è quella che
mi tiene legata al mondo. Il mio desiderio è quello di
andare nella via delle visioni, ma non come fuga per
insoddisfazione: come scelta cosciente”.
Si tratta di vissuti ed episodi di chi ha smarrito la
bussola, legata alla terra ed al cielo contemporaneamente,
disorientata eppure radicata nella realtà sociale, familiare
e professionale; disancorata nella profondità del suo
mondo psichico, accompagnata dalla fantasia di voler
diventare una barbona senza meta che si perde nel
mondo.
Aspetto romantico della follia? Oppure semplice
iniziata al mistero dell’aldilà? In lei non c’è traccia di
48 Ferdinando Testa

angoscia o di terrore, ma solo desiderio inquieto di ricerca


di qualcos’altro. Teme che l’analisi possa allontanarla
da quel mondo, riconducendola monoteisticamente
all’unità dell’Io, riportando tutto sull’altare della
famiglia, delle relazioni umane, del lavoro, perdendo
così la specificità del mistero.
Fu così che Grazia, tra dubbi, perplessità,
aggiustamenti del timone, salpando come Dioniso su
terre geografiche sconosciute per poi tornare indietro,
riuscì gradualmente a lasciarsi andare al libero accadere
nel setting, con la consapevolezza che l’analisi non
avrebbe rubato, aggiunto, unito ciò che era stato
spezzato, ma che avrebbe rispettato, valorizzato ed
esplorato il mondo delle differenze, perché per Dioniso
la differenza non è aberrazione. Le “altre Grazie”
avrebbero potuto quindi ugualmente esistere e convivere
senza condurre tutto all’unità: Dioniso è il signore del
diviso. Ancora una volta il sogno bussa come un ospite
straniero alla porta del sognatore, e, richiamando i
vissuti controtransferali, riporta a valle, verso il mondo
dell’Anima, dove la relazione umana, le origini, le radici,
il paesaggio geografico, i colori facevano da sfondo
onirico in un contatto con le emozioni del corpo vissuto
nell’hic et nunc, abbandonando, almeno per ora, il monte
per la valle, lo spirito per l’Anima.
“Come Nietzsche, scendevo da una montagna, ero
accompagnata da degli animali; so che devo andare a
valle, in una casa di legno dove mi aspettava un uomo.
Scendo e gli animali vanno verso sinistra, c’è una piccola
stradina tutta bianca per la neve, pura. Io so che devo
prendere la strada fatta di terra nera, che mi porta a
valle. Arrivo in questa casa e c’è un uomo che mi aspetta
con fare erotico”.
Grazia, identificandosi con Nietzsche, riteneva
l’umano spesso stupido e banale e aveva la
consapevolezza che occorresse seguire la strada
alchemica, non nella purezza incontaminata, ma “nel
passaggio attraverso la nigredo”.10 Lentamente si faceva
strada nella sua coscienza, attraverso le strade del
Jung, C. G., Nietzsche, Boringhieri, vol. 1, Torino, 2011.
10 �
Il sogno di Dioniso. Psiche, Cura, Numinoso 49

sogno, la necessità di una fusione naturale del corpo


e della sessualità nell’incontro umano: Eros diventa
crogiolo per fertilizzare la rigidità e la centralità dell’Io.
Grazia aveva paura di frammentarsi, lo era a suo modo
forse sempre stata. La paura era quella di perdere la
valenza energetica di quella tensione libidica che, come
nell’artista, è fonte di sofferenza ma anche di creatività.
“Da quando sono nata ho dentro una forza, un
nucleo da cui ho sempre attinto. Era la mia luce e mi
dava la vita. Un giorno, intorno a 40 anni, mentre
camminavo, volevo attingere a questo serbatoio ma l’ho
trovato vuoto, non c’era più niente; un’eclissi oscurata
tra me e l’Io profondo. Sono caduta. Eclissata. Persa.
Una luce oscurante”.
Dioniso è ancora una volta all’opera con i suoi tanti
aspetti sulla scena della psiche, della vita del paziente
e della relazione analitica. Lavorare sul sogno non è in
questo caso un’opera di sezionamento, come si fa con
i cadaveri, ma di smembramento per cercare di trovare
i frammenti che fanno del cosmo un mondo vissuto.
E il sogno allora, in questa visione, ha il compito di
mettere insieme i pezzi sparsi dell’Anima, per dare
senso e significato a ciò che accade, facendoci vivere
l’unità nelle differenze, o, come direbbe Jung, “gli
dei come diversi volti di un unico Dio”.11 Attraverso
il racconto onirico, Grazia poteva recuperare ciò che
era disperso, ciò che lo Spirito aveva dissolto con il suo
soffio lungo i viali dell’ignoto, scindendo l’Anima dal
corpo, ritrovandolo nei sintomi fisici, nelle perversioni,
negli episodi ciclotimici e nelle esperienze folgoranti di
certe relazioni incapaci di sopportare l’incontro con il
numinoso. Adesso Grazia poteva aprirsi alla molteplicità
senza abbandonare Dioniso, ma con consapevolezza
psichica, per poter scendere nel mondo di Ade e
recuperare il rapporto con la madre conflittuale durante
la sua gioventù, ma costantemente e ossessivamente
presente nei suoi sogni attuali come spazio di dialogo
con il mondo dell’aldilà. Come Dioniso era andato a
recuperare, ritrovare e riportare il femminile materno
11
Jung, G. C., Lettere, Magi, vol. 3, Roma, 2006.
50 Ferdinando Testa

in Cielo, rappresentando l’assunzione della Vergine


Maria per la Chiesa cattolica, così Grazia aveva ripreso
e riportato su le immagini materne e, attraverso un
lento e graduale percorso di elaborazione di ricordi e
vissuti, aveva potuto collocarla in uno spazio geografico
della propria Psiche per poter fare entrare il nuovo: il
cambiamento dell’Io che si apre all’Anima.
In seduta è più presente e consapevole dell’unità
centrale del corpo e del fatto che la luce della coscienza
dimora negli organi e nelle parti del corpo: “Quando
ero giovane anelavo alla vecchiaia per buona pace dei
sensi e ho rovinato il mio corpo. Ora che sono vecchia
inseguo la gioventù perché la pace dei sensi non c’è e
ho continuato a rovinare il mio corpo… povero corpo
mio così poco usato e così tanto abusato… provo quasi
pietà per lui e tanta rabbia per me… devo rispettarlo e
amarlo… adesso so”. Il lavoro analitico ha concesso a
Grazia di recuperare il corpo come archetipo del tempio
dell’Anima e di scoprire una nuova visione del mondo e
dell’essere nel mondo, come testimonia nei suoi recenti
sogni l’ingresso dell’elemento vegetale e dell’acqua,
l’umidità delle emozioni, la vitalità di un Femminile
che rinfresca e rigenera lo Spirito: “Stavamo sopra la
terrazza di casa, stavamo preparando una grossa tavola
per 70 persone. Io aiutavo gli altri, però non pensavo
al cibo. Ad un certo punto c’era un grande albero di
nespole, con tre grandi frutti. Io ne ho staccata una,
l’ho tagliata e l’ho offerta ad un uomo sconosciuto, un
operaio (sicuramente l’Anima di un operaio che era
morto su quella terrazza mentre costruiva la casa). Io
ne ho mangiata un’altra. Poi ho preso la macchina, sono
andata via e so che dovevo andare al mare…”.
Il sogno di Dioniso. Psiche, Cura, Numinoso 51

Abstract
Ferdinando Testa
Il sogno di Dioniso. Psiche, cura, numinoso
L’autore mette in evidenza il ruolo e la funzione della
dimensione archetipica in relazione al mito di Dioniso e
ai gravi disturbi della sfera psichica, prendendo spunto
dal lavoro di Jung e Hillman. Guardare gli eventi
psicopatologici anche in una dimensione archetipica ed
immaginale restituisce pregnanza scientifica ed empirica
alla concezione del luminoso, così fortemente presente
in alcune patologie gravi. In tale visione, il dolore e
la sofferenza non possono essere solo rinviati ad una
dimensione relazionale e genitoriale. Il mito di Dioniso
rappresenta in tale lavoro il fulcro a cui fare riferimento,
con l’attenzione verso la dimensione onirica, intesa come
possibilità progettuale a disposizione del terapeuta per
esplorare il mondo dell’inconscio personale e collettivo.
Parole chiave: archetipi – cura – Dioniso – fantasie –
immaginale – mito – numinoso – patologia – sogno
Ferdinando Testa
The Dream of Dionysus. Psyche, Treatment, Numinous
The author here stresses the role and function of
the archetypical dimension in relation to the myth of
Dionysus and serious psychic disturbance, taking his
cue from the works of Jung and Hillman. Considering
psychopathological events also in the archetypical and
imaginary dimension restores scientific and empirical
significance to the concept of the numinous, which
is so powerfully present in certain pathologies. In this
context, pain and suffering cannot be simply referred
back to a relational and generational dimension. The
Dionysian myth represents the point of reference, with
attention to the oneiric dimension, intended as a project
available to the therapist in exploring the individual and
collective unconscious.
52 Ferdinando Testa

Keywords: archetypes – treatment – Dionysus –


fantasies – imaginary – myth – numinous – pathology
– dream

Testa Ferdinando: Psicologo analista del C.I.P.A.(centro italiano di psicologia


analitica), Istituto Meridionale, docente di psicologia del sogno, autore di volumi
e pubblicazioni inerenti tematiche psicoanalitiche e psicologiche. È impegnato
da anni nel lavoro clinico-riabilitativo con i pazienti con grave disagio psichico.
Studioso dell’immagine e delle sue implicazioni nel mondo dell’arte e della
terapia. È stato docente a contratto presso l’università di Enna e di Palermo.
Socio del CSPL. Vive e lavora a Catania

Potrebbero piacerti anche