Sei sulla pagina 1di 3

Chichibio e la gru

Si tratta di una novella della sesta giornata narrata da Neifile e la regina della
giornata è Elissa. TEMA: motti di spirito, la burla.
Sintesi del contenuto:
Chichibio, cuoco del ricco banchiere fiorentino Currado Gianfigliazzi, ottiene l’incarico di
cucinare una gru dal padrone, tuttavia prima di servirla ne offre una coscia alla donna
amata. Di fronte allo stupore del padrone, Chichibio cerca di giustificarsi riferendo che
in realtà ne avevano solo una e pertanto Currado lo sfida a dimostrarlo. L’indomani
presso le rive di un fiume, sperando di cavarsela, il cuoco indica al padrone alcune gru
che stavano riposando su una zampa sola, ma Currado, emettendo un grido, le fa
scappare e dimostra che in realtà ne avevano due. Temendo la violenta reazione del
padrone, Chichibio pronuncia una battuta di spirito riferendo che avrebbe dovuto
gridare anche al volatile della sera precedente e allora, essendo il padrone divertito
dalla risposta, riesce ad evitare la punizione.
I personaggi
Nella novella si assiste allo scontro tra due personaggi che mostrano valori morali del
tutto opposti:
● Currado Gianfigliazzi è un uomo aristocratico, conduce una vita nobile
dedicandosi alla cavalleria;
● Chichibio è un cuoco umile e scriteriato, se ne sta in casa, occupandosi
allegramente delle incombenze della cucina. Sappiamo che è veneziano per via
dei pregiudizi che i fiorentini al tempo avevano su di loro, ovvero che erano
chiacchieroni e superficiali. Possiede uno spirito scherzoso e ciò lo dimostra con
il tono ironico con cui si pone verso la donna amata Brunetta. Tuttavia cede
facilmente alle tentazioni, infatti quando la donna lo minaccia di non concedersi
più a lui, le cede la coscia della gru.
Chichibio senza esitazione offre la coscia alla donna, quasi non temendo la reazione del
padrone. Scoperta della slealtà, il cuoco riuscirà a cavarsela per ben tre volte, grazie
alla prontezza delle sue risposte. Con la prima nega di aver sottratto una coscia
all’animale, quindi sfrutta una palese menzogna, poi messo alle strette, la ripete e
Currado, essendo un illustre signore e non volendo turbare i suoi ospiti, decide di
rimandare lo scontro all’indomani, concludendo il discorso con la minaccia di una
punizione memorabile. Il giorno dopo, con imprudenza, Chichibio azzarda una
seconda battuta riferendosi alle gru che riposavano con una sola zampa. Il padrone,
sapendo della bugia fa muovere le gru con un grido e proprio mentre il cuoco era alle
strette, pronto a subire la penitenza, attraverso una terza impulsiva risposta, così
comica e irragionevole, riesce a spegnere l’ira di Currado e a salvarsi.
La tecnica narrativa sorprendente
La novella è una delle più note del Decameron proprio per via dell’astuzia e prontezza di
parola dello scapestrato Chichibio. È il climax irragionevole e comico che culmina con la
terza risposta che riesce a rovesciare il corso degli eventi. Notiamo come l’arte della
parola giochi un ruolo fondamentale nella definizione della fortuna e pertanto del
destino. A questo esito sorprendente si raggiunge grazie a una tecnica di depistaggio
narrativo, infatti la figura di Chichibio viene già descritta come comica sin dall’inizio e
ciò avvalora l’effetto conclusivo. Questo scatena un senso di degna ammirazione per
la brillante trovata non solo per i personaggi della novella, ma anche per i giovani della
brigata e Boccaccio stesso.
Evidente è il mimetismo linguistico che ci permette di capire la lingua di Chichibio: il
veneziano («Voi non l’avrì da mi, donna Brunetta, voi non l’avrì da mi»). Ma a questa
lingua così popolare si contrappone il linguaggio di rispetto utilizzato nei confronti del
padrone e degli ospiti, quindi altra capacità di Chichibio è quella di adattare il registro
linguistico alla situazione.
Lisabetta da Messina
Si tratta di una novella della quarta giornata, raccontata da Filomena, in cui il tema è
quello degli amori infelici e il re è Filostrato.
Sintesi:
A Messina Lisabetta, sorella di tre ricchi mercanti toscani, si innamora di Lorenzo, un
giovane uomo che gestiva gli affari di famiglia. Gli incontri segreti dei due amanti, però,
vengono presto scoperti dai fratelli, i quali uccidono l’uomo di nascosto. Lisabetta era
preoccupata e addolorata in quanto non vedeva il suo amante tornare. Tuttavia, in
sogno, le appare la sorte dell’amato, ne va a prendere il corpo, accompagnata da una
vecchia e fedele serva ne porta solo la testa a casa. Inserisce quest’ultima all’interno di
un vaso di basilico che annaffiava con le sue lacrime. Il vaso non puzzava e il basilico
continuava a crescere. I vicini sorprendendo gli strani atteggiamenti della ragazza,
avvertono i fratelli che le strappano il vaso e scoprono della testa. Allora decidono
definitivamente di lasciare Messina. La donna sempre più addolorata, si ammala e infine
muore.
L’amore come forza inarrestabile
L’episodio tratta di un amore segreto, anche se, malgrado tutti vogliano tenerlo
nascosto, non ci riescono, né i fratelli con l’uccisione di Lorenzo che poi apparve in
sogno a Lisabetta, né Lisabetta con le sue lacrime sul vaso di basilico perché poi le
viene strappato dai fratelli, né infine i fratelli con la loro partenza da Messina. Per
Boccaccio l’amore è una forza inarrestabile che si impone naturalmente e non può
soccombere perché appartiene alla natura umana. Coloro che tentando di fuggire da
esso vengono messi allo scoperto, tant’è che l’ironica conclusione dimostra come la
fuga da Messina a Napoli, abbia portato alla composizione di una canzone popolare
conosciuta da tutti per la sua storia.
L’utilitarismo dei fratelli
Il motivo del comportamento dei fratelli è l’avidità e come descrive il critico Vittore
Branca, loro sono influenzati dallo “spietato ambiente di mercanti toscani” in cui conta
unicamente la “ragion di mercatura”, ovvero avrebbero fatto di tutto pur di difendere il
nome di famiglia e i loro affari. Per questo motivo uccidono Lorenzo e lo fanno con
indifferenza e perfidia. Inoltre mostrano una notevole noncuranza nei confronti della
sorella: non la ascoltano mai, non le rivolgono la parola, non la aggiornano sui fatti che
le interessano, non si preoccupano della sua condizione. Da qui si nota come sia
evidente l’utilitarismo dei fratelli.
La lotta disperata di Lisabetta
Differente è la figura di Lisabetta, che viene descritta dagli epiteti come «bella e
costumata» e pertanto possiede alte qualità morali, nobili. Inoltre è soggetto d’amore
la progressiva attrazione verso di lui, il trasferimento notturno per incontrarlo. Si tratta
di una donna pronta a combattere duramente per il suo amore, tant’è che quando
sospetta della sua morte, con ingegno, lo domanda ai fratelli ed escogita un piano
segreto. Davanti al cadavere poi non versa alcuna anima, anzi con un coltello raccoglie
la testa dell’amato per darne una degna sepoltura. Quando i fratelli le strappano il vaso
è così addolorata che muore. Eppure sin dall’inizio si comprende che ella è destinata a
soccombere. È un’anima delicata che non può far fronte alla forza coalizzata dei
fratelli e la cui parola è inutile perché non cambierà il suo destino.
I campi semantici e le coppie di sinonimi
Il domandare e il piangere sono i temi principali della novella, infatti molti sono i campi
semantici riferiti a tali azioni: l’atto di chiedere notizie di Lorenzo ai fratelli
(domandandone), di chiamare la notte l’amato (chiamava,pregava), di porre domande
insistenti per lui (richiese). Di pianto e lacrime la donna è disseminata (lagrime,pianse,
piagnea,pianto). Evidente è la presenza di coppie sinonimiche che evidenziano i
passaggi decisivi della trama.
Federigo degli Alberighi
Si tratta di una novella della quinta giornata, dedicata agli amori e la regina e
novellatrice è Fiammetta.
Sintesi del contenuto:
Fiammetta prima di passare al racconto vero e proprio spiega come ha appreso
dell’accaduto e riferisce che si tratta di una storia realmente accaduta, raccontata da
Coppo di Borghese Domenichi ai suoi amici. Il giovane aristocratico Federigo degli
Alberighi è innamorato di una «gentil donna» di nome monna Giovanna, la quale non si
cura di lui. Consumate tutte le sue ricchezze per lei, Federigo si ritira nella sua villa in
contado dove si dedica alla caccia con il suo falcone. Monna Giovanna, rimasta vedova,
si trasferisce nelle vicinanze per la villeggiatura, ma suo figlio si ammala e quindi
esprime il desiderio di poter avere il falcone di Federigo, col quale si sarebbe rinvigorito.
L’amore della madre nei suoi confronti la spinge a fare tale richiesta all’uomo, il quale
prima di conoscere le ragioni della sua visita, la accoglie in casa e, non avendo cosa
offrire, le cucina il falcone, unica fonte di ricchezza rimasta, per pranzo. Scoperte però le
vere intenzioni, Federigo è piuttosto deluso e triste. La donna non ottiene ciò che aveva
sperato e il figlio muore. Successivamente è spinta dai fratelli a risposarsi e quindi
sceglie Federigo che aveva mostrato grandezza d’animo nei suoi confronti.
Un amore senza misura e a lieto fine
Fin dai tempi dei poeti provenzali la concezione dell’amore si accostava a quella del
servitium, nonché del servizio che gli aristocratici erano disposti a concedere alla
propria dama pur di ricevere il loro amore. Erede di quella tradizione è Federigo che
organizza banchetti, feste ed esaurisce tutto il suo patrimonio per monna Giovanna:
mostra cioè una marcata liberalità nei suoi confronti. Non a caso l’uomo rappresenta la
figura dell’aristocratico magnanimo, che antepone il desiderio d’amore ai suoi
interessi. Di conseguenza, all’incontro con l'amata nel contado, non esita ad offrirle
l’unico bene prezioso che gli era rimasto. Malgrado rimanga deluso dalle azioni di
monna Giovanna, è pronto a sposarla una volta morto il figlio di lei.
Il sentimento di Federigo è pura e incondizionata devozione, il suo saluto e i suoi gesti
sono simbolo di un perfezionamento interiore e ciò riprende molto i tratti della poesia
cortese e stilnovista. Anche monna Giovanna è caratterizzata da un forte amore, ma
questo è più un amore materno senza confini che la spinge a compiere atti “crudeli”
nei confronti di altri uomini.
Malgrado l’iniziale fallimento di Federigo, questo col tempo riesce a conquistare l’amore
dell’amata che, alla fine, coglie la sua magnanimità e decide di sposarlo. Per questo,
però, l’uomo ha dovuto pagare un alto prezzo: perdere l’unica ricchezza che gli era
rimasta e che era sua fonte di sostentamento.
Un insegnamento esemplare
Dall’esperienza, entrambi i personaggi hanno saputo trarre degli insegnamenti:
Federigo, non più interessato al corteggiamento del codice cortese si prodiga verso i
valori della società borghese mercantile, dedita al guadagno, invece monna Giovanna
spinta dalle virtù aristocratiche scopre il reale amore di Federigo nei suoi confronti e lo
colma.
L’arte del narrare
Nella novella si può cogliere la stratificazione delle voci narranti: Fiammetta è il
narratore di secondo grado che ha ascoltato la vicenda da Coppo di Borghese
Domenichi, il quale la racconta. L'abilità della parola e il saper dilettare vengono
esaltati grazie alle tecniche della retorica antica, ovvero saper disporre in ordine gli
argomenti, ricordarli e presentarli con eleganza. Inoltre la narrazione porta più a
parteggiare i sentimenti e gli atteggiamenti di Federigo, in quanto spesso e volentieri
vengono ripresi, rispetto alle esperienze e alla situazione di monna Giovanna per cui il
lettore ha minore compassione.

Potrebbero piacerti anche