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Ser Ciappelletto da Prato è descritto da Boccaccio come “il peggior uomo che mai
nascesse”. Egli è un falsario pronto ad utilizzare tutti i suoi mezzi per contorcere la realtà, un
abile bugiardo e uno spietato disseminatore di litigi e contrasti all’interno di parenti e amici;
assassino, bestemmiatore, traditore della Chiesa e della religione (che naturalmente non
segue), ladro, dedito al gioco d'azzardo, ruffiano nei confronti di uomini e donne è, oltretutto,
un accanito bevitore di vino: un uomo, quindi, non estraneo al peccato.
Ser Ciappelletto (chiamato così per via della sua bassa statura), è un notaio che abita in
Francia e che viene assunto da Musciatto Franzesi per la gestione dei suoi intricati affari
sparsi in innumerevoli regioni.
Durante il suo viaggio, trova accoglienza in casa di due fratelli usurai e qui è vittima di un
malore. I due proprietari sono timorosi delle ripercussioni che la diffusione della notizia della
morte di un personaggio simile nella loro abitazione senza l’estrema unzione avrebbe
comportato. Il loro dialogo, però, non sfugge a Ser Ciappelletto, che rassicura i suoi ospiti
garantendo loro nessuna preoccupazione futura.
Per questo, fa venire il più “santo” tra i parroci, per una sua prima ed ultima confessione.
Durante la visita del prete, Ciappelletto gli fa credere di essere un uomo perfetto e di non
aver mai commesso un peccato, quasi un santo.
Il frate, stupito da una simile purezza, dopo la morte dell’uomo, raccoglie tutti i suoi fratelli in
riunione con il solo obiettivo di lodare il defunto.
Al funerale partecipa un gran numero di persone che, convinte che ciò che è stato detto
riguardo il morto sia del tutto vero, adorano la sua salma proprio come se si trattasse di un
individuo degno di essere beatificato ed adorato.