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La scuola che cambia . Innovazioni psicologiche .

a cura di Paolo Meazzini


Paolo Meazzini . Lucio Cottini

Il fattore M
nella scuola
Guida alla valutazione
e al miglioramento
delle capacità di memoria
nell’allievo

Vannini Editrice
C o l l a n a P s i c o l o g i a A p p r e n d i m e n t o D i s a b i l i t à

La scuola che cambia . Innovazioni psicologiche


a cura di Paolo Meazzini

Collana GEA
Responsabili: Roberto Cavagnola (Anffas Brescia Onlus), Paolo Moderato (Università IULM di Milano)
Comitato di Redazione: Serafino Corti (Fondazione Sospiro), Luigi Croce (Università Cattolica di Brescia),
Marco Faini (Anffas Brescia Onlus), Umberto Mezzana (Società Editrice Vannini), Enrico Micheli (ULSS 1,
Belluno), Tarcisio Sartori (Centro Studi Futura-Anffas - Brescia)
Coordinatore Scientifico: Mauro Leoni

ISBN 978-88-7436-090-1

Copertina di Chiara Bonomi


Progetto grafico, redazione e stampa: Società Editrice Vannini a r.l. - Gussago (BS)

Copyright © 2007 by Società Editrice Vannini a r.l.


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Finito di stampare nel mese di gennaio 2007


presso l’azienda grafica della Società Editrice Vannini - Gussago (BS)
Indice

Autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

Capitolo 1 La memoria: architettura e dinamica . . . . . . . . . . . 13


Un po’ di storia non fa poi troppo male . . . . . . . . . . . 13
Architettura della memoria: il modello multistadiale
di Atkinson e Shiffrin . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
I magazzini sensoriali (MS) . . . . . . . . . . . . . . 19
Il magazzino di memoria a breve termine (MBT) . . . . . . 21
Il magazzino di memoria a lungo termine (MLT) . . . . . . 23
- Il recupero delle informazioni dalla MLT . . . . . . . . 24
Quali sono i fatti che legittimano il modello multistadiale . . 28
Dal modello multistadiale a quello multicomponenziale . . . . . 31
Memoria a breve termine o memoria operativa? . . . . . . 31
I livelli di elaborazione delle informazioni . . . . . . . . 34
La divisione tra memoria episodica e quella semantica . . . 35
Il modello multicomponenziale . . . . . . . . . . . . 37
Memoria e stati affettivi . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
Memoria e motivazione . . . . . . . . . . . . . . . 39
Ansia e memoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
6 IL FATTORE M NELLA SCUOLA

Capitolo 2 Dimenticare e ricordare: la trama dei fattori che portano all’oblio


o che potenziano la memoria . . . . . . . . . . . . . . . 45
Alcune teorie di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . 45
Il decadimento della traccia . . . . . . . . . . . . . 47
L’interferenza mnestica . . . . . . . . . . . . . . . 49
Limiti della teoria basata sull’interferenza . . . . . . . . 52
Le teorie olistiche e costruttivistiche . . . . . . . . . . 53
La teoria basata sull’accesso o sul recupero delle informazioni 56
Principi fondamentali per migliorare la memoria . . . . . . . . 57
Caratteristiche delle informazioni . . . . . . . . . . . 57
Processi cognitivi che favoriscono la memorizzazione . . . 59
Processi di natura affettiva ed emozionale . . . . . . . . 65

Capitolo 3 Come si evolve la memoria . . . . . . . . . . . . . . . 67


Lo sviluppo della memoria nei primi anni di vita . . . . . . . . 67
Lo sviluppo delle strategie di memoria . . . . . . . . . . . 70
Lo sviluppo delle conoscenze sulla memoria (metamemoria) . . . 73

Capitolo 4 Un curricolo per il potenziamento della memoria . . . . . . 79


Obiettivi del curricolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
Il flow chart procedurale . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

Capitolo 5 La valutazione focalizzata sulle strategie . . . . . . . . . . 87


Valutazione della conoscenza e uso delle strategie di memoria . . 87
Reiterazione della codifica . . . . . . . . . . . . . . 88
Codifica spaziale . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
Evidenziazione percettiva . . . . . . . . . . . . . . 92
Associazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
Organizzazione semantica . . . . . . . . . . . . . . 96
Deficit di “mediazione”, deficit di “produzione” e “uso maturo”
delle strategie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
Le prove di valutazione focalizzata . . . . . . . . . . . . . 99
Il prospetto riassuntivo . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
Schede per la valutazione focalizzata sulle strategie . . . . . . 103
INDICE 7

Capitolo 6 L’intervento educativo . . . . . . . . . . . . . . . . . 163


Il training sulle strategie di memoria . . . . . . . . . . . . 165
L’autoistruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
Le schede di intervento . . . . . . . . . . . . . . . 168
Il training metacognitivo e attribuzionale . . . . . . . . . . . 197
La metodologia educativa . . . . . . . . . . . . . . 199
- Il problem solving su compiti di memoria
(Mnemonic Problem Solving) . . . . . . . . . . . . 199
- Identificazione del problema . . . . . . . . . . . . . 210
- Definizione di soluzioni alternative (pensiero divergente) . . 210
- Elencazione delle conseguenze . . . . . . . . . . . . 211
- Adozione della soluzione per affrontare il problema . . . . 211

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221
Autori

PAOLO MEAZZINI insegna Psicologia clinica e Psicologia dell’apprendimento e della


memoria all’Università di Udine. È direttore delle riviste Psicologia e Scuola e
HDi2000 - Rivista italiana di psicologia, pedagogia e riabilitazione. Dirige la
Scuola di Specializzazione in Psicoterapia cognitiva e comportamentale di Padova
e Rimini. Ha pubblicato 33 libri e oltre 200 articoli scientifici.

LUCIO COTTINI insegna Didattica generale e Pedagogia speciale all’Università di


Udine. È responsabile scientifico della rivista American Journal on Mental
Retardation (Edizione italiana). Dirige il Centro socio-educativo “Francesca” di
Urbino ed è uno dei referenti scientifici del progetto “Autismo Marche”. Ha pubbli-
cato 21 volumi e oltre 100 articoli scientifici.
Introduzione

È apparentemente paradossale constatare come, da un lato, ci sia un unanime


accordo nell’attribuire un ruolo centrale e strategico ai processi di memorizzazione
e recupero nell’apprendimento e, dall’altro, non si assista, se non sporadicamente,
alla messa in atto di progetti specifici per il potenziamento di questa fondamentale
funzione.
Il paradosso, dicevamo, è solo apparente, in quanto trova risoluzione nel convin-
cimento diffuso che la memoria sia una facoltà da esercitare e come tale poco
migliorabile dal punto di vista qualitativo. Al contrario, gli studi degli ultimi decen-
ni hanno contribuito a rendere evidente come si tratti di un costrutto dinamico, che
si fonda su una serie di principi che possono facilitare e rendere maggiormente effi-
caci i processi di memorizzazione e recupero. Certamente va esercitata, ma non solo
in maniera meccanica: non è un caso che la dizione apprendimento mnemonico
abbia assunto nella scuola una valenza alquanto negativa.
Utilizzare in maniera efficace la propria memoria, infatti, non significa sempli-
cemente cercare di immagazzinare degli stimoli così come gli stessi si presentano,
ma mettere in campo delle procedure più sofisticate, le quali, attraverso una codifi-
ca e una organizzazione delle informazioni, ne consentano un più agevole recupero
e impiego funzionale. Questa prospettiva dipende primariamente da tre processi fra
loro strettamente correlati:
– l’utilizzo delle cosiddette strategie di memoria, cioè di quei sistemi di organiz-
zazione delle informazioni che vengono attivati sia a livello di codifica che di
recupero;
– la conoscenza del tipo di strategia che si sta impiegando e la consapevolezza
della sua efficacia nei compiti mnestici (metamemoria);
– la motivazione a utilizzare le strategie, connessa sia al sistema di credenze e di
convinzioni circa l’importanza del loro impiego, che alla consapevolezza di esse-
re in grado di apprenderle attraverso uno sforzo personale.
In questo lavoro presentiamo un curricolo educativo finalizzato a favorire l’ac-
quisizione e l’utilizzo spontaneo, in contesti di vita scolastica e quotidiana, delle
12 IL FATTORE M NELLA SCUOLA

strategie di memoria da parte di allievi di scuola primaria e secondaria di primo


grado.
Dopo una descrizione dei diversi modelli di studio della memoria, dei processi
di elaborazione e dei meccanismi di recupero delle informazioni nel corso dello svi-
luppo, illustreremo un approccio metodologico e una serie di proposte operative
facilmente utilizzabili nell’ambito delle diverse discipline. Non si tratta, infatti, di
“fare l’ora di memoria”, ma di proporre un approccio strategico nei compiti mnesti-
ci, che porti gli allievi ad acquisire una competenza e una consapevolezza dei pro-
cessi da impiegare e che favorisca la costruzione di un metodo di studio adeguato al
proprio stile di apprendimento.
Capitolo 1

La memoria:
architettura e dinamica

Un po’ di storia non fa poi troppo male


L’uomo (e perchè no anche la donna) si è da sempre posto domande riguardanti
se stesso, il suo destino nel mondo, le sue mete esistenziali ecc.
Non poteva fare eccezione a tale spirito inquisitore quella parte del nostro orga-
nismo che rende possibile la produzione di tutti questi quesiti, vale a dire la mente.
E all’interno di quest’universo, non potevano mancare domande inerenti al modo
con cui accumuliamo la conoscenza e la sappiamo utilizzare. È questo il settore che
copre l’insieme di quei processi che gli psicologi moderni, dai tempi di Ebbinghaus
– tanto per intenderci –, chiamano memoria.
Volendo schematizzare la storia degli studi, delle osservazioni e delle ricerche
riguardanti la memoria, potremo individuare uno spartiacque alla fine dell’Ottocento.
Prima di quel periodo storico, la memoria e la sua investigazione erano appan-
naggio della filosofia. Ricordate Platone e la sua teoria della tavoletta di cera? No?
Un breve salto a ritroso di più di 2000 anni potrà servire allo scopo, perché alcune
delle considerazioni rilasciate da Platone non sono affatto platoniche (scusate il
gioco di parole), nel senso che hanno lasciato una traccia su molte delle interpreta-
zioni che saranno poi avanzate a proposito della memoria.
Che diceva allora Platone di così importante? Semplicemente faceva equivalere
la nostra struttura mentale a una tavoletta di cera sulla quale l’esperienza, con cui
l’uomo entrava in contatto, lasciava una traccia più o meno solida. Tale traccia, poi,
con l’andare del tempo si sarebbe affievolita fino a sparire del tutto. A questo punto,
l’esperienza sarebbe stata del tutto persa per la persona.
Quale interesse può aver riscosso tale teoria per quanto riguarda le interpreta-
zioni successive della memoria? Notevole, se pensate che non è stata ancora del
tutto smantellata l’ipotesi secondo la quale le tracce lasciate dall’esperienza tendo-
no gradualmente ad attenuarsi e a scomparire col passare del tempo. Se passiamo
in esame le teorie più recenti elaborate per spiegare i diversi meccanismi e proces-
si della memoria, troveremo ancora attuale il ragionamento analogico effettuato da
Platone.
14 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

Egli infatti ragionava come se la struttura mentale equivalesse a una tavoletta di


cera. Tale analogia era quella cui Platone poteva avere accesso. Tuttavia col passa-
re del tempo, molte cose sono cambiate a proposito delle teorie riguardanti la memo-
ria, ma non quella di avvalersi di analogie per meglio parlare di essa.
Così, via via, la memoria è stata fatta equivalere a una biblioteca organizzata
secondo certi criteri, a campi magnetici funzionanti secondo determinati parametri
(teoria della Gestalt) e infine a magazzini e contenitori (modello chiamato Human
Information Processing, il cui acronimo HIP sarà in seguito più volte utilizzato) sulla
falsariga di quanto avviene nel mondo dei computer.
Non ci vuole molto a cogliere i vantaggi di un ragionamento analogico di questo
tipo, ma anche gli svantaggi, che si racchiudono in una sola parola: reificazione.
Vale a dire, a forza di parlare di magazzini di memoria a breve e a lungo termi-
ne, si rischia di cadere nell’errore di considerarli una realtà ben precisa, aventi cioè
una corposità pari a quella di una mano o del cervello.
Al contrario, termini di questo tipo dovrebbero essere accompagnati da un’en-
diade estremamente preziosa e prudente, vale a dire “Come se...”.
Potremo, cioè, legittimamente affermare che la memoria sembra comportarsi
come se fosse organizzata in due o più magazzini, come vedremo successivamente,
senza per questo confermarne l’esistenza.
Potremo tranquillamente ammettere che tale ragionamento sia giustificato in
quanto aiuta a penetrare nella matassa davvero complicata della memoria. Il che,
detto in termini più corretti ed eleganti, significa ammettere che ha un elevato pote-
re euristico (favorisce, cioè, la produzione di ipotesi e di ricerche), senza per questo
giocarci la camicia per affermarne l’esistenza.
D’altro canto non sono pochi quelli che sostengono che gran parte della psicolo-
gia consti di ragionamenti analogici, i quali talvolta sono euristicamente fondati,
talaltra invece sono solo un inno a un’immaginazione, che sarebbe stato meglio
spendere altrove.
Fatta questa necessaria premessa linguistica, riprendiamo la breve storia riguar-
dante gli studi sulla memoria.
Avevamo identificato lo spartiacque alla fine dell’Ottocento. In questo periodo,
infatti, inizia ad affermarsi un nuovo modo per studiare l’insieme dei processi men-
tali. È il metodo scientifico che Ebbinghaus utilizza per studiare i meccanismi fon-
damentali della memoria.
Allo scopo di poter produrre dati non condizionati dall’apprendimento passato,
Ebbinghaus s’inventò un nuovo materiale da sperimentare su se stesso, vale a dire
trigrammi privi di senso formati da una consonante, vocale, consonante (l’acronimo
è CVC).
Grazie a queste sillabe senza senso, egli riteneva di aver azzerato l’effetto che
l’apprendimento passato avrebbe giocato sul processo di memoria. In altri termini,
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 15

apprendere una serie di parole quali sole, tavolo ecc. sarebbe stato facilitato dal fatto
che esse facevano già parte della conoscenza accumulata dal soggetto. Il loro ricor-
do, pertanto, avrebbe indicato la presenza di quest’esperienza passata piuttosto che
l’effetto della memoria, vera e propria.
Utilizzando, invece, materiale CVC veniva a essere annullato ogni apprendimen-
to precedente. In questo modo sarebbe stato possibile calcolare, ad esempio, il
numero di volte in cui una serie di sillabe CVC doveva essere ripetuta per poter esse-
re ricordata del tutto, il tempo necessario affinché questa serie non potesse essere più
ricordata ecc.
L’obiettivo di Ebbinghaus era evidentemente quello di studiare la memoria nella
sua nudità, eliminando tutte quelle associazioni che potevano inquinarne l’evoluzione.
Come spesso succede nella storia della scienza, le rose hanno sempre delle spine.
Accanto ai meriti insindacabili di Ebbinghaus, che sostanzialmente consistono nel-
l’aver gettato le basi della ricerca scientifica, vi sono anche degli aspetti meno pre-
gevoli.
Di questi, il primo e più importante è quello di aver adottato nei suoi esperimen-
ti un materiale del tutto artificiale, che ha portato ricercatori successivi all’interno di
un vero e proprio cul de sac. Aver cioè elaborato leggi sulla memoria che valgono
solo o prevalentemente all’interno del laboratorio e non possono essere utilmente
estese ai fenomeni naturali, quali il riconoscimento di un viso, il ricordo di una can-
zonetta, l’apprendimento di una poesia ecc.
Come contrappunto, la tradizione iniziata da Ebbinghaus e che ebbe vita piutto-
sto lunga, fino a tutti gli anni Sessanta, si vide confrontata da un modello teorico, che
ebbe i suoi inizi negli anni Trenta a opera dello psicologo inglese Bartlett (1932).
Questi, pur non disconoscendo la positività dell’approccio adottato da
Ebbinghaus ne contestò l’artificiosità. A suo dire l’utilizzazione del materiale CVC
non avrebbe mai portato a cogliere l’evoluzione naturale della memoria, così come
avviene nel mondo usuale.
Per ottenere questo scopo, Bartlett ritenne necessario far ricorso a un diverso
materiale. Al posto delle sillabe CVC utilizzò dei brani di lettura, che venivano fatti
leggere ai partecipanti all’esperimento, ai quali poi veniva chiesto di trascrivere
tutto quanto essi ricordavano. La loro trascrizione era quindi confrontata col brano,
allo scopo di individuarne gli scostamenti e le distorsioni.
Grazie a questo metodo Bartlett riuscì a individuare degli errori sistematici, pre-
senti in tutti o quasi i protocolli.
Essi possono essere così classificati come di seguito indicato.
a) Omissione. Vengono tralasciati i dettagli della storia che non si uniformano con
l’idea generale che il lettore aveva elaborato.
b) Razionalizzazione. Vengono introdotti elementi che rendono il protocollo più
logico e razionale rispetto al testo originale.
16 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

c) Enfasi. Alcuni aspetti del testo vengono accentuati, a scapito di altri in contrasto
con quanto oggettivamente descritto.
d) Ordine. Talvolta viene alterata la sequenza con la quale vengono descritte le azio-
ni nel testo.
e) Distorsioni. I soggetti tendono a distorcere il senso di numerosi eventi descritti
nel testo, in quanto vi apportano il peso della loro cultura, dei loro atteggiamen-
ti e delle loro emozioni.
Questi dati unitamente ad altri che Bartlett ottenne studiando il ricordo delle facce,
dei disegni ecc. lo spinsero a ipotizzare la presenza nei suoi soggetti di uno sforzo
teso a dare significato al materiale che era stato loro presentato (effort after meaning).
In altre parole, la mente non subirebbe passivamente l’impatto degli stimoli che
vengono a essa presentati ma tenderebbe a ricostruire la situazione di partenza, con-
ferendo a essa il massimo dei significati possibili.
È per questa sottolineatura, che l’approccio di Bartlett è stato definito costrutti-
vistico.
Ebbinghaus e Bartlett, quindi, i due pionieri che tracciarono percorsi diversi allo
studio della memoria. Che successe poi?
Come dicevamo in precedenza, fino agli anni Sessanta fu il modello di Ebbinghaus
a imporsi in modo incontrastato, fino a che la ricerca psicologica sulla memoria non
risentì, forte, l’impatto della cibernetica e della teoria dell’informazione.
Emersero allora i primi modelli in cui non solo veniva applicato a tale settore
d’indagine il lessico dell’informatica, si veda per tutti input, output, stoccaggio delle
informazioni, ma anche si prendeva lo spunto dal computer per ipotizzare un fun-
zionamento analogo a livello di memoria.
Sono questi i modelli HIP di cui il più famoso e ricco d’implicazioni teoriche
rimane quello elaborato da Atkinson e Shiffrin (1968), che verrà descritto nelle pagi-
ne successive.
Tale approccio può essere definito bottom up (dalla base al vertice), in quanto è
particolarmente interessato a studiare il modo con cui lo stimolo o l’informazione in
entrata viene via via modulato fino a pervenire al magazzino della memoria a lungo
termine (acronimo MLT).
I limiti di tali modelli, che, comunque, costituiscono tuttora un polo di forte
attrazione, stanno nel circoscrivere la realtà a quella di laboratorio e a non tener
conto delle differenze individuali.
A superare questi limiti ci pensa l’approccio cognitivistico in senso stretto, che
può essere definito top bottom (vale a dire dal vertice alla base). Sua caratteristica
qualificante, infatti, è quella di assumere che il partecipante agli esperimenti venga
a contatto col materiale da memorizzare portando seco la sua cultura, le sue aspet-
tative, le sue capacità ecc. Sarebbero queste a delineare il destino mnestico del mate-
riale che gli era stato presentato in laboratorio.
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 17

Sin da queste prime battute, il lettore avrà colto che l’approccio HIP è vicino a
quello sperimentale di Ebbinghaus, pur con le sue diversità, mentre quello cogniti-
vistico risente in modo molto evidente l’impatto delle teorie elaborate da Bartlett.
Tuttavia la dialettica tra le diverse impostazioni non è affatto finita.
Nel 1976 Neisser, uno dei fondatori dell’approccio cognitivistico, durante una
conferenza sugli “Aspetti Pratici della Memoria”, stupì o meglio scandalizzò l’udi-
torio con una conferenza al tritolo. In essa egli fece a pezzi (o meglio ci tentò) la tra-
dizione di ricerca iniziata da Ebbinghaus, sostenendo che la banalità e l’artificiosità
di gran parte delle ricerche condotte sino a quel periodo nel campo della memoria,
le rendevano del tutto inutili alla comprensione reale dei processi mnestici.
Ciò che ci voleva, era entrare nella vita. Studiare il modo con cui l’uomo usa la
memoria nei suoi contesti naturali, quando ad esempio deve testimoniare, studiare,
rintracciare un vecchio percorso e così via.
Per raggiungere questi risultati – egli continuava – sarebbe stato necessario sal-
tare a piè pari la metodologia oramai vetusta di laboratorio e dare spazio a procedu-
re quali il resoconto che la persona rilasciava a proposito delle sue esperienze, i que-
stionari, le autovalutazioni ecc.
Come si vede, il programma di Neisser si pone a 180° rispetto alla tradizione pas-
sata e per la sua accentuazione sugli aspetti naturali della memoria, va sotto il nome
di modello ecologico.
Ma – chiediamocelo – davvero la posizione di Neisser è intrinsecamente votata
ad assumere una posizione di totale contrapposizione a quanto fatto sino a quel
tempo nel campo dell’indagine scientifica sulla memoria?
Sono in molti a pensare di no.
Baddeley e Wilkins (1984), ad esempio, sobriamente esprimono il loro convinci-
mento secondo cui i dati ottenuti nella ricerca ecologica potranno costituire base per
la valutazione della robustezza e generalizzabilità delle leggi elaborate in laboratorio.
Addirittura Cohen (1988) sostiene che i due approcci sono complementari l’uno
all’altro. Quello ecologico arricchirebbe il modello HIP, togliendolo dalla sua artifi-
ciosità, mentre quello HIP fornirebbe al primo guide metodologiche sicure e rigorose.
Come spesso succede nella vita di ogni giorno, anche nella dialettica scientifica
vale il detto “In medio stat virtus”.

Architettura della memoria: il modello multistadiale di Atkinson


e Shiffrin
Tale modello, risultato di anni di sperimentazione lungo la strada indicata da
Ebbinghaus, è presentato nella figura 1.1.
Esso è articolato in una serie di stadi, per la precisione tre, all’interno dei quali
l’informazione proveniente dall’ambiente viene trattata e manipolata.
18 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

Il primo di questi stadi ha a che vedere coi cosiddetti magazzini (o registri) sen-
soriali. Il loro compito è quello di trattenere per un periodo molto breve di tempo
(circa 0,5 sec) le informazioni provenienti dall’ambiente.
Tali informazioni possono avere una natura verbale-acustica, visiva, tattile, olfat-
tiva ecc. Un fenomeno, che può interessare il lettore e che può grossolanamente far-
gli intuire alcuni degli eventi che si verificano, è il cosiddetto effetto postumo a
livello visivo.
Provatevi a fissare un punto luminoso nello spazio e poi chiudere gli occhi.
Constaterete che la luminosità si manterrà in queste condizioni ancora per un breve
lasso di tempo per poi svanire.
Un fenomeno analogo avverrebbe all’interno dei magazzini sensoriali, dove
affluiscono copiose le informazioni e dove altrettanto rapida è la loro scomparsa a
meno che esse non siano oggetto di attenzione da parte della persona e non siano tra-
sferite nel magazzino di memoria a breve termine (MBT).
All’interno della MBT avvengono processi di trattamento e di organizzazione
delle informazioni disponibili. In altre parole le informazioni verrebbero impac-
chettate in modo tale da poter essere ulteriormente metabolizzate e trasferite al
magazzino di memoria a lungo termine (MLT) dove teoricamente dovrebbero gode-
re di un giusto periodo di tranquillità.
Questa, succintamente, è la struttura della memoria, così come concettualizzata
da Atkinson e Shiffrin.

Magazzini di Memoria
a Breve Termine (MBT)
Magazzini
Memoria operativa
Sensoriali Magazzino di Memoria
a Lungo Termine (MLT)
Processi
Input
di controllo
ambientale Iconico
Permanenza
Reiterazione
Acustico duratura
Codificazione
delle informazioni
Assunzione
Altri
di decisione
Strategie

Risposta

Figura1.1 - Modello multistadiale di Atkinson e Shiffrin


CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 19

Descritta in tal modo, però, essa avrebbe la rigidità e la sterilità di una statua di
granito. Non si comprenderebbe, cioè, il modo grazie al quale le informazioni ven-
gono trattate e trasferite da uno stadio a quello successivo.
Per rispondere adeguatamente a tale ovvia domanda, Atkinson e Shiffrin hanno
fatto riferimento ai cosiddetti processi di controllo, grazie ai quali le informazioni
vengono organizzate e rese digeribili agli stadi più elevati.
Procediamo con ordine, però, iniziando ad analizzare in modo più attento ognu-
no degli stadi presentati in questo modello e i relativi processi di organizzazione e
di trattamento delle informazioni.

I magazzini sensoriali (MS)


Sono tanti, quanti sono i nostri organi sensoriali. La loro funzione è quella di
recepire le informazioni provenienti dai diversi percorsi sensoriali e di mantenerle
per il tempo necessario affinché entrino in azione le strategie collocate da Atkinson
e Shiffrin all’interno della MBT.
La permanenza di queste informazioni è quanto mai effimera. Ma quanto? La
risposta fu fornita da un giovane ricercatore statunitense Sperling (1960) che mise a
punto una tecnica innovativa per misurare tale parametro con riferimento alle infor-
mazioni di natura visiva.
Se dopo circa quarant’anni, tali esperimenti sono tuttora ampiamente descritti nei
testi sacri della memoria, ciò significa che essi hanno in qualche modo segnato la
storia della ricerche in tale settore.
Ci sembra quindi inevitabile descrivere dettagliatamente la procedura adottata da
Sperling.
Egli iniziò col presentare mediante visione tachistoscopica (è questo uno stru-
mento che permette di proiettare degli stimoli visivi per periodi di tempo estrema-
mente brevi) la seguente sequenza di lettere.

R T K M

H L B F

S J W D

Figura 1.2 - Sequenza di lettere presentate da Sperling


20 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

Il tempo di presentazione fu talmente ristretto (50 millesimi di secondo pari a


1/20 di secondo) che i soggetti non ebbero la possibilità di ispezionare tutte le lette-
re presentate.
Subito dopo la presentazione, ai soggetti fu chiesto d’indicare tutte le lettere che
riuscivano a ricordare (tecnica del resoconto globale). La media fu di circa quat-
tro/cinque lettere.
Tuttavia i soggetti espressero il loro convincimento di aver visto un numero di
lettere superiore a quello ricordato.
Secondo Sperling tale sensazione da parte dei soggetti esprimeva la loro impos-
sibilità di trattenere nella MBT tutte le informazioni a loro presentate, in questo caso
le lettere. Infine – così ragionava Sperling – era possibile usando un’altra procedu-
ra dimostrare che in realtà tutte le lettere erano state in un certo qual modo registra-
te prima di essere obliate, per lo meno in parte.
Per verificare questa nuova ipotesi, Sperling ideò una nuova tecnica che chiamò
resoconto parziale. Essa funzionava nel seguente modo: dopo aver presentato la
sequenza di lettere simile a quella della figura 1.2, faceva sentire ai soggetti un
rumore avente una delle seguenti tre tonalità: alta, media e bassa.
Precedentemente i soggetti erano stati informati che la tonalità alta avrebbe signi-
ficato la richiesta di ricordare le lettere collocate sulla riga posta in alto; quella
media avrebbe fatto riferimento alle lettere collocate sulla riga posta nel mezzo e
infine quella bassa alle lettere disposte sull’ultima riga.
Il ragionamento che stava alla base di questo cambiamento procedurale può esse-
re così riassunto: se i soggetti ricordavano le lettere collocate sulla riga segnalata dal
suono, evidentemente ciò significava che essi riuscivano a mantenere in memoria
tutte le lettere. Ricordiamo, infatti, che il suono veniva emesso dopo e non prima la
presentazione della serie di lettere. I soggetti, quindi, ignoravano quale riga avreb-
bero dovuto ricordare. In certo qual modo venivano presi alla sprovvista.
Veniamo quindi ai dati. Con la nuova procedura i soggetti riuscivano a ricordare
circa 3 lettere per riga il che fa 9 lettere su 12, vale a dire il 75% di quanto era stato
loro presentato. Con la vecchia procedura, invece, il ricordo era mediamente pari al
35% del numero di lettere presentate.
Una bella differenza, non credete?
A tale esperimento Sperling ne fece seguire un secondo che si differenziava dal
primo solo per l’intervallo di tempo che separava la presentazione della sequenza di
lettere da quella del suono. In questo caso esso veniva prodotto dopo 0,5 secondi.
I risultati misero in evidenza il fatto che, allungando il periodo tra la presenta-
zione della sequenza di lettere e quella del suono, il ricordo ha una caduta verticale.
Il significato di tutto questo? Semplice: le informazioni vengono trattenute nella
loro quasi integrità nei MS per non più di 0,5 sec, dopodiché o decadono oppure ven-
gono trasferite nella MBT.
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 21

Il magazzino di memoria a breve termine (MBT)


Secondo gli scienziati che hanno dedicato maggiori risorse allo studio di tale
magazzino, è probabile che solo un centesimo di tutte le informazioni che afflui-
scono ai MS raggiungano il livello di coscienza e che solo una ventesima parte di
esse venga stabilmente immagazzinata.
Evidentemente se la nostra memoria fosse limitata solo ai MS con tutta sicu-
rezza non avremmo potuto prevalere, come specie animale, sulle altre, men che
meno costruire quell’intricato sistema di conoscenze, valori ecc. che è la nostra
cultura.
Cosa si verifica quindi a quella ventesima parte delle informazioni che raggiun-
gono il livello di coscienza? Esse, dopo essere rimaste nei MS per quel brevissimo
periodo di tempo suindicato, vengono elaborate grazie alle strategie che entrano in
azione successivamente.
Vediamo in che modo, portando un esempio concreto.
Il primo dei due autori per alcuni anni aveva il seguente numero telefonico:
5421854. Esso poteva essere memorizzato in diversi modi. Quello adottato consi-
stette nell’individuare un aspetto particolare di tale sequenza di cifre, vale a dire il
fatto che la prima e l’ultima coppia erano composte dalle stesse cifre.
A questo punto il numero venne trasformato in 54.218.54. Dopodiché, memoriz-
zata la regola, che consisteva nell’aver identificato quella particolarità del numero,
fu sufficiente reiterarlo alcune volte (non molte, fortunatamente) nel seguente modo
54.218, al quale veniva infine applicata la regola.
Se vogliamo dare un nome alle strategie impiegate, la prima va sotto il nome di
codificazione, la seconda di reiterazione.
Grazie alla prima, ogni informazione viene trasformata dalla persona in modo
altamente idiosincratico. Tornando al numero in parola, il primo dei due autori addi-
rittura non riusciva a riconoscere il proprio numero, quando esso veniva scandito dal
coniuge, che lo aveva modificato nel seguente modo 542.185.4, in sommo dileggio
al principio della parsimonia.
L’informazione, così codificata, viene infine reiterata subvocalmente per il
numero delle volte ritenuto necessario per una più stabile memorizzazione.
Seguendo il modello di Atkinson e Shiffrin, codificazione e reiterazione sono i
processi necessari affinché l’informazione si trasferisca nella MLT.
A essi, poi, se ne aggiungono altri due, che sono l’assunzione di decisione e
l’applicazione di particolari strategie, utili a favorire il processo di memorizza-
zione.
Per quanto riguarda il primo elemento, è evidente che la reiterazione è gene-
ralmente sotto il controllo della persona che decide o no di attivarla. Basta ricor-
dare la penosità con la quale molti di noi sono stati castigati nelle scuole del pas-
sato, improntate alla logica sadica dell’apprendimento mnemonico delle poesie,
22 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

per avere una conferma della volontarietà della reiterazione e della sua scarsa effi-
cacia.
Per quanto concerne, invece, il secondo aspetto, esso fa riferimento all’insieme
di mnemotecniche che la persona ha appreso o mediante l’apprendimento per tenta-
tivi ed errori oppure attraverso l’acquisizione di tecniche “ad hoc”, elaborate allo
scopo di facilitare il permanente stoccaggio delle informazioni.
A questo punto potrebbe sorgere spontanea in molti lettori, la domanda “Perché
mai siamo costretti a ricorrere a tutti questi processi per poter immagazzinare sta-
bilmente le informazioni?”.
La risposta chiara e inequivocabile è che la MBT ha una capacità di manteni-
mento delle informazioni piuttosto limitata, che può essere allargata solo attraverso
il ricorso a queste e ad altre strategie.
Va a merito di George Miller (1956) aver studiato questo aspetto così importan-
te della MBT che lo portò a individuare una legge, tuttora accettata anche se non più
integralmente.
Tale legge consiste nell’aver quantificato la capacità ritentiva della MBT: si trat-
terebbe del numero “magico” sette, più o meno due. In altre parole – così ritenne
Miller – la MBT sarebbe in grado elaborare un numero di informazioni che va da un
minimo di cinque a un massimo di nove.
Per spiegare in modo più chiaro la posizione di Miller, possiamo pensare alla
MBT come a un armadio che possegga al massimo sette più o meno due cassetti, vale
a dire da cinque a nove cassetti.
Ognuno di essi è in grado di contenere un bit o un’unità d’informazione.
Questa può essere semplice come ad esempio una delle cifre che componevano il
numero telefonico suindicato oppure un raggruppamento di cifre, come poi si è
verificato in realtà oppure un’intera frase, un’immagine più o meno complessa
ecc.
L’aspetto strano e affascinante nel contempo è che questi cassetti possono conte-
nere informazioni anche complesse, a condizione che siano raggruppate in modo
tale da formare quello che Miller chiamò col termine di chunk.
Se ci pensate, è grazie a questa possibilità di raggruppamento che siamo in grado
di leggere e di comprendere. Se dovessimo infatti leggere una frase del tipo “Molti
psicoterapeuti danno di matto” e inserissimo in ogni cassetto dell’armadio una let-
tera alla volta, supereremmo ben presto il limite di capienza della MBT. Ciò visibil-
mente è una limitazione fortissima. Tra gli altri inconvenienti il più drammatico
sarebbe quello di non poter assolutamente comprendere il significato di un’intera
frase.
Se, invece, inseriamo, come di fatto si verifica, una parola oppure una frase
all’interno di ogni cassetto, i problemi d’incanto svaniranno, come ogni buon letto-
re sicuramente avrà colto.
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 23

Il magazzino di memoria a lungo termine (MLT)


Esso è la meta finale cui pervengono le informazioni dopo aver superato lo sbar-
ramento dei MS ed essere state adeguatamente trattate durante la permanenza in
MBT.
Su alcune caratteristiche della MLT regna una ragionevole incertezza. Ad esem-
pio per quanto riguarda la sua capienza, vi sono due schieramenti opposti. Di que-
sti, il primo, rappresentato da Freud e dal neurochirurgo Penfield, sostiene che le
informazioni qui residenti verrebbero mantenute per sempre; altri, invece, si pongo-
no su posizioni più prudenti.
Ancora, vi è controversia sul modo con cui le informazioni vengono preservate
in MLT. Esse si evolvono sulla scorta dei principi indicati dalla scuola della Gestalt
e da Bartlett (la ricerca del significato), si associano l’una all’altra formando ampie
e articolate reti associative oppure rimangono stabili e fisse nel tempo?
Di fatto vi è accordo sull’enorme e quasi illimitata sua capienza. È grazie alle
informazioni mantenute in MLT che abbiamo consapevolezza della nostra storia per-
sonale, manteniamo in vita la nostra cultura e costantemente la arricchiamo ecc.
Più precisamente Bower (1975) ha identificato le seguenti classi d’informazioni
contenute in MLT:
a) il modello spaziale del mondo che ci circonda;
b) la conoscenza del mondo fisico, delle leggi fisiche e delle proprietà degli
oggetti;
c) i nostri atti di fede e i nostri valori, le regole e norme sociali di comportamento
ecc.;
d) gli schemi motori, le capacità di affrontare e risolvere i problemi, le strategie per
raggiungere i nostri obiettivi ecc.;
e) le abilità percettive e quelle che ci consentono di dare significato al linguaggio,
alla musica ecc.
In breve, potremo identificare nella MLT gran parte del nostro essere noi stessi.
Se queste sono le conoscenze che possediamo a proposito di quanto è contenuto
nella MLT, che dire degli altri processi che hanno vita al suo interno?
Il primo di questi è la codificazione, già incontrata a proposito della MBT. Nel
caso della MLT essa, però, non ha natura eminentemente acustica. Anzi, sembra ora-
mai accertato che siano attivi tre diversi processi di codificazione: acustico, seman-
tico e visivo o immaginativo.
Più rilevante ai fini della comprensione del funzionamento mnestico è l’altro
processo chiamato recupero. Con questo termine si fa riferimento alla capacità che
ognuno di noi possiede, di poter pescare o meglio recuperare dalla MLT le informa-
zioni di volta in volta richieste.
24 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

Il recupero delle informazioni dalla MLT


Esso può avvenire in modo consapevole oppure no.
La prima situazione si verifica quando siamo posti di fronte a delle domande più
o meno esplicite e siamo motivati a fornire a esse una risposta. In questo caso la
ricerca delle informazioni richieste avviene sotto il nostro controllo. È a questo
punto che ricorriamo a strategie di recupero che generalmente sono altamente per-
sonalizzate.
Facciamo un esempio. Se per caso vi capitasse di partecipare a uno dei molti e
banali spettacoli televisivi o radiofonici basati sui quiz, vi potrebbero rivolgere la
seguente domanda: “Mi dica la capitale del Sudan”.
La risposta potrebbe essere immediata e quasi automatica oppure no.
Nel primo caso è probabile che la capitale cercata sia inserita all’interno di una
struttura associativa da voi frequentemente usata. Ad esempio, vi dilettate di viaggi
di piacere e l’ultimo di questi vi ha portato in Egitto ai confini del Sudan, oppure
avete interessi antropologici o di altra natura.
Nel secondo caso entrano in gioco altri processi. La correttezza della vostra
risposta dipenderà da:
a) motivazione a rispondere;
b) sufficiente stima nelle vostre capacità mnestiche;
c) possesso delle informazioni;
d) conoscenza e uso di tecniche di recupero.
Assumendo che in voi siano presenti i fattori (a) e (b), vi impegnerete a ricerca-
re la risposta corretta ricorrendo a una o più delle strategie di recupero che avrete
appreso, ancora una volta al di fuori del contesto scolastico.
Ad esempio, se le vostre strategie preferite di recupero delle informazioni si fon-
dano prevalentemente su elementi di natura acustica, potreste recitare le capitali
dell’Africa che vi vengono in mente a mo’ di rosario, fino a pervenire a quella o a
quelle che hanno qualche assonanza con la capitale oggetto del quiz. È probabile che
una volta citata la capitale dell’Egitto (Il Cairo), questa vi porti quasi inevitabil-
mente a ricordare quella del Sudan, che è Kartoum (ve lo eravate ricordato?).
Se, al contrario, le vostre strategie preferite di recupero si fondano su elementi di
natura visiva, è probabile che elaboriate un’immagine visiva dell’Africa e che col-
lochiate all’interno di questa mappa mentale il Sudan. È possibile che questo aiuto
visuo-mentale possa essere decisivo per recuperare la risposta corretta.
In caso negativo, rimane una terza strategia che consiste nella miscelazione delle
prime due. Vale a dire il ricorso a una strategia acustica oppure visuo-acustica.
L’esempio ora descritto vale quando il recupero avviene sotto il nostro vigile
controllo. Tuttavia sono di gran lunga più numerosi i casi nei quali il recupero avvie-
ne automaticamente, al di fuori o al di sotto del nostro livello di consapevolezza.
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 25

Ancora una volta, la lettura è un esempio quanto mai indicativo. Infatti la sem-
plice attribuzione del suono a una qualsiasi lettera del nostro alfabeto e di significa-
to a una parola non sono forse esempi di recupero automatico di informazioni che
risiedono nella MLT?
Come avete constatato il processo di recupero delle informazioni è tra quelli
decisivi ai fini di una memorizzazione efficace.
Descritto, seppur in modo epidermico, il modo con cui tale processo viene atti-
vato, passiamo all’esame dei diversi modi mediante i quali esso può essere misu-
rato.
Ad aiutarci in questa descrizione, ecco la figura 1.3.

Riconoscimento
Rievocazione
Riapprendimento
Ricostruzione
Confabulazione
Re-integrazione
Recupero dipendente da stato
Recupero dipendente dal contesto
Immaginazione

Figura 1.3 - Tecniche di recupero dell’informazione

a) Riconoscimento. È questa una procedura che consiste nel porre di fronte al sog-
getto una serie di elementi all’interno dei quali egli deve indicare quello vecchio,
a suo tempo già presentato. Tale prova non è proceduralmente dissimile dalla tec-
nica di riconoscimento penale in uso negli Stati Uniti. In questa procedura il
testimone è invitato a identificare il presumibile colpevole all’interno di una fila
di personaggi, di cui alcuni sicuramente innocenti, altri probabilmente colpevoli
di qualche misfatto. Se ne differenzia per la minore complessità e grazie al cielo
per la totale assenza di responsabilità in caso di scelta scorretta.
b) Rievocazione. È ciò che generalmente viene indicato col termine di ricordo. Essa
consiste nel recuperare dalla MLT tutte le informazioni riguardanti un determina-
to argomento senza poter contare su alcun aiuto, come si verifica nel caso del
riconoscimento, in cui l’elemento da ricordare è fisicamente presente. Gli esem-
pi sono addirittura innumerevoli. Si va dalla rievocazione della risposta corretta
alla domanda dell’insegnante, a cantare una canzone, a descrivere una splendida
serata al mare e così via.
26 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

c) Riapprendimento. Si tratta di un sistema di misurazione elaborato da Ebbinghaus


e tuttora utilizzato. Esso consiste nel calcolare il numero di volte in cui dobbia-
mo rileggere un determinato argomento già studiato per raggiungere un comple-
to apprendimento. La formula applicata è la seguente:
Nº di prove originarie - Nº di prove di riapp.
Punteggio di riapprendimento = x 100
Nº di prove originarie

Il riapprendimento è la prova più sensibile tra quelle elaborate per misurare la


permanenza delle informazioni nella MLT ed è quella che sicuramente fornisce le
maggiori soddisfazioni. Quante volte ci eravamo erroneamente convinti di aver
perso totalmente un’abilità, una lingua straniera ecc. per accorgerci poi che tor-
nando sui libri riuscivamo velocemente a guadagnare il terreno perduto?
d) Ricostruzione. Essa ha un duplice significato. Il primo fa riferimento a quella
situazione nella quale gli elementi precedentemente visionati vengono ora pre-
sentati in disordine. Il compito richiesto è quello di rimetterli in ordine, rico-
struendo la sequenza originaria. Il secondo fa riferimento al modo con cui un
evento, più o meno significativo e del quale non ricordiamo più alcune informa-
zioni, viene integrato dai nostri schemi culturali, dai nostri valori, intenzioni ecc.
È questo il tipo di prova preferito da Bartlett.
e) Confabulazione. Fa riferimento a quegli errori di recupero che vengono spesso
compiuti quando il soggetto si trova in uno stato di elevata tensione. In assenza
delle informazioni richieste, egli tenderebbe a colmare le lacune inventandosene
alcune di non esistenti. Sembra che tale fenomeno sia piuttosto ricorrente in quel-
le ricerche nelle quali mediante ipnosi si vuole portare il soggetto a ricordare
eventi del suo passato. Al di là della difficoltà, per non dire impossibilità, di veri-
ficare l’esattezza del ricordo, è tipico della persona ipnotizzata completare la
trama dei suoi ricordi con elementi irrealistici. Se questo può far rincuorare, un
fenomeno simile lo si ritrova presso i pazienti affetti dal morbo di Korsakoff.
f) Re-integrazione. Si verifica quando la presenza di qualche stimolo fa riaffiorare
alla mente una sequela di ricordi più o meno rilevante. Come ricorderà il lettore che
avrà avuto modo di godersi Proust, gli stimoli olfattivi sono particolarmente indi-
cati a produrre tale fenomeno. Non vi è mai capitato di attraversare la strada di una
città sconosciuta e d’imbattervi in odori, sperabilmente galvanizzanti, che automa-
ticamente vi hanno trasportato con la memoria in altri luoghi e con altre persone?
g) Recupero dipendente da stato. È questo il risultato di una serie di esperimenti
quanto mai originali. Il primo di essi, condotto da Goodwin e dai suoi collabora-
tori (1969), valutava la correttezza e il numero delle informazioni ricordate da
soggetti che nella fase di presentazione erano sobri, mentre non lo erano nella
fase di rievocazione e viceversa. Tale dato veniva poi confrontato con quello
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 27

ottenuto da soggetti che non erano sobri nella fase di presentazione né in quella
di rievocazione. I risultati, sorprendenti, indicarono che la rievocazione era
migliore nel secondo caso, quando cioè lo stato fisico e mentale dei soggetti era
uguale sia nella fase di presentazione che di rievocazione.
h) Recupero dipendente dal contesto. Un’altra serie di esperimenti, anche essi
divertenti e originali, presero l’avvio dalla constatazione che il cambiamento di
posto che avveniva nella fase di rievocazione rispetto a quello in cui aveva avuto
luogo la presentazione del materiale produceva un decremento nella prestazione
mnestica, rispetto a quei soggetti per i quali non era stato attuato alcuno sposta-
mento. La prova più spettacolare di questo fenomeno fu prodotta da Godden e
Baddeley (1978), i quali organizzarono il loro esperimento in modo tale che alcu-
ni soggetti apprendessero il materiale sott’acqua e qui lo rievocassero in un
momento successivo, altri lo apprendessero sempre sott’acqua, ma lo rievocas-
sero in situazione naturale di laboratorio. I dati di questi gruppi furono confron-
tati con quelli prodotti da altri soggetti i quali furono inseriti in situazioni oppo-
ste, vale a dire apprendevano e rievocavano il materiale in laboratorio oppure
l’apprendevano in laboratorio e lo rievocavano sott’acqua.
I risultati di quest’esperimento sono rappresentati nella figura 1.4.

50

Parole apprese a terra

40

30

20 Parole apprese sott’acqua

10

Rievocazione a terra Rievocazione sott’acqua

Figura 1.4 - Risultati ottenuti quando la situazione rievocativa era simile a quella della presentazione delle
informazioni oppure diversa
28 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

i) Immaginazione. Grazie alle pionieristiche ricerche dello psicologo canadese


Paivio (1971) è oramai un fatto assodato che il ricorso all’immaginazione costi-
tuisce un fattore in grado di facilitare potentemente il recupero delle informazio-
ni, verbali e non.

Quali sono i fatti che legittimano il modello multistadiale


Come ogni modello scientificamente attendibile, anche questo è sorto su una
base di fatti empiricamente accertati.
Il primo di questi ha a che fare coi fenomeni che tipicamente si verificano quan-
do dobbiamo apprendere una lista di parole, numeri, CVC ecc.
Tali fenomeni sono conosciuti sotto il nome di effetto di priorità ed effetto di
recenza. Essi consistono nel fatto che solitamente gli elementi che occupano gli ulti-
mi posti all’interno della lista vengono meglio ricordati rispetto a quelli presentati
per primi e ancora di più rispetto a quelli che occupano le posizioni intermedie.
Nella figura 1.5 viene presentata una tipica curva d’apprendimento, nella quale
questi fattori sono nettamente visibili.

% di rievocazione

100

80

60

40

20

1 15
Item da rievocare

Figura 1.5 - Percentuale di rievocazione corretta in funzione della posizione occupata da ogni item nella serie
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 29

L’interpretazione più accettata attribuisce l’effetto recenza alla MBT, vale a dire
gli ultimi elementi della lista sono ancora presenti in MBT nel momento in cui i sog-
getti vengono invitati a rievocarli. Quello di priorità, invece, viene solitamente attri-
buito alla MLT. Si ritiene, cioè, che essi abbiano avuto modo di consolidarsi e di
essere trasferiti nella MLT. E che succede a quelli che occupano una posizione
intermedia? Con tutta probabilità essi subiscono l’interferenza giocata dagli ele-
menti dotati di una maggiore potenza rievocativa, con uno scadimento rispetto a
questi.
A tagliare la testa al toro per quanto riguarda il ruolo svolto dalla MBT e dalla
MLT nell’apprendimento di una lista, entrarono in campo Peterson e i suoi collabo-
ratori (1959).
Essi realizzarono un esperimento in cui introdussero una tecnica nuova, che da
essi prese il nome. In breve, fu presentata ai soggetti una lista composta da sillabe
prive di senso (CVC). Il loro compito era quello di ricordare solo una di esse alla fine
della presentazione. Compito questo di assoluta facilità. Le cose però non erano così
prive di asperità come il lettore sarebbe indotto a pensare. Ai soggetti, infatti, fu dato
il compito di contare a ritroso sottraendo tre numeri alla volta con intervalli di tempo
rispettivamente di 3, 6, 9, 12, 15 o 18 sec. Il ragionamento, che sottostava a tale
esperimento, è piuttosto lineare: “Se impediamo ai soggetti di utilizzare il processo
di reiterazione che tipicamente si verifica nella MBT, dovremo essere in grado di
produrre un decremento della prestazione, che sarà tanto più elevato quanto più a
lungo durerà l’operazione di calcolo”.
I risultati dettero ragione a Peterson. Infatti la percentuale di rievocazione cor-
retta scese vistosamente dal 70% dopo il primo intervallo al 10% quando fu intro-
dotto l’intervallo maggiore, quello cioè di 18 sec.
Viene quindi confermata l’ipotesi secondo cui la MBT gioca un ruolo determi-
nante nell’apprendimento di una lista e che il bloccaggio delle operazioni tipica-
mente effettuate a livello di MBT è in grado di produrre un notevolissimo decre-
mento. Fenomemo questo che invece non si verifica quando gli elementi sono stati
trasferiti all’interno della MLT.
Altro motivo di distinzione tra MBT e MLT è il diverso tipo di codifica che avver-
rebbe all’interno dei due sistemi.
Durante la permanenza delle informazioni in MBT la codificazione sarebbe di
tipo acustico, mentre nella MLT di natura semantica.
A questa conclusione sarebbero pervenuti numerosi scienziati. Tra questi
anche Baddeley (1966), il quale scoprì che la rievocazione immediata di liste
composte di parole scollegate l’una dall’altra subiva un forte decremento quando
esse erano foneticamente simili (es., bravo/brado/brama ecc.), mentre ciò non si
verificava quando le parole erano semanticamente simili e acusticamente diverse
(es., grande/grosso/largo ecc.). Questi dati subivano invece un’inversione dopo
30 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

un intervallo di ritenzione piuttosto lungo, quando, cioè, le parole erano state tra-
sferite nella MLT.
Sembrerebbe, quindi, che le caratteristiche fonemiche e grammaticali delle frasi
siano dimenticate quasi immediatamente, mentre ciò non si verificherebbe nel caso
del significato delle parole e delle frasi.
Analogamente Craik e Levy (1970) scoprirono che parole strettamente collegate
l’una all’altra dal punto di vista concettuale (es., canarino, gallo, aquila ecc. tutti
facenti parte della famiglia degli uccelli) favorivano la MLT, ma non la MBT.
Ultimo fatto a sostegno del modello multistadiale proviene dalla neurologia.
L’ipotesi in questo caso può essere così formulata: “Se davvero la MBT funziona
in modo diverso rispetto alla MLT dovremo prima o poi scoprire dei danni alla cor-
teccia che colpiscono selettivamente o l’uno o l’altro dei due magazzini”.
Il fenomeno che conferma quest’ipotesi va sotto il nome di amnesia anterograda,
l’incapacità cioè di memorizzare nuovi eventi, mentre rimarrebbero quelli relativi al
passato della persona.
Generalmente l’amnesia anterograda sorge in conseguenza di un trauma cranico
o di forti attacchi epilettici. Gli eventi preesistenti al trauma si manterrebbero in
memoria e verrebbero ricordati in modo soddisfacente, mentre risulta impossibile
apprendere nuovi elementi.
Un caso estremamente interessante è stato descritto da Blakemore (1986).
Il paziente, che di professione era direttore del coro della London Sinfonietta
oltre a essere un esperto mondiale per quanto riguardava la musica rinascimentale,
subì un’infezione virale che gli distrusse l’intero ippocampo e parte della corteccia.
Le conseguenze, drammatiche a livello di memoria, furono quelle di farlo vive-
re in un costante presente. Ad esempio, quando la moglie entrava in ospedale a visi-
tarlo anche per la terza volta, lui rispondeva con abbracci e parole affettuose come
se quella fosse la prima volta. In altri termini non riusciva a mantenere in memoria
il fatto che la moglie gli aveva fatto precedentemente visita in quella stessa matti-
nata.
A fronte di questi drammatici deficit in MBT, egli aveva mantenuto un’ottima
padronanza musicale, sia teorica che pratica; ricordava i nomi degli amici ecc. In
altre parole non riusciva più ad apprendere, riuscendo, invece, a recuperare infor-
mazioni e abilità dalla MLT.
L’insieme di questi fatti depone sicuramente a favore del modello di Atkinson e
Shiffrin. Malgrado ciò, il modello multistadiale ora non è più ritenuto un punto
fermo nelle ricerche sulla memoria.
Altri e sorprendenti dati hanno portato gli scienziati a modificare, per lo meno in
parte, tale modello, rendendolo più articolato e sofisticato.
È all’analisi di questi risultati, che hanno prodotto un piccolo sisma nel campo
della memoria, che è dedicato il paragrafo successivo.
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 31

Dal modello multistadiale a quello multicomponenziale


Il passaggio dal modello multistadiale a quello che potremo definire col nome di
modello componenziale è stato reso possibile, dalle ricerche effettuate sul funziona-
mento della MBT, sui diversi livelli di elaborazione delle informazioni e sulla distin-
zione tra memoria episodica e semantica.

Memoria a breve termine o memoria operativa?


Il primo elemento del modello di Atkinson e Shiffrin a essere investito dal nuovo
look sulla memoria, fu la MBT.
Nel modello multistadiale, essa è vista come un contenitore, che dovrebbe fun-
zionare analogamente a un armadio con più cassetti. Viene data importanza relativa
ai processi mediante i quali l’informazione viene trattata. La sua caratteristica è un
automatismo, che scatta in modo quasi passivo.
Nelle nuove teorie sulla MBT, che si rifanno prevalentemente ai risultati prodot-
ti da Baddeley e dal suo gruppo (BADDELEY e HITCH, 1974; HITCH e BADDELEY, 1976;
BADDELEY e LIEBERMAN, 1980; BADDELEY, 1986; 1990; BADDELEY e WILSON, 1993;
BADDELEY e HITCH, 1994; BADDELEY, 2003), tale sottosistema mnestico viene diversa-
mente concettualizzato, al punto tale da consigliare un cambiamento anche nel
nome. Non più memoria a breve termine ma memoria operativa o di lavoro.
Questo nuovo termine mette in evidenza più l’aspetto dinamico che quello stati-
co della MBT. Accentua più il ruolo che tale sottosistema gioca nel rendere possibi-
le l’acquisizione di abilità complesse, quali la lettura, scrittura ecc. piuttosto che
quello strutturale.
Per questa ragione riteniamo che i due termini, che sinonimi non sono, non siano
affatto in contrapposizione l’uno all’altro ma complementari. Vale a dire quando
vorremo far riferimento all’aspetto strutturale, riteniamo conveniente utilizzare il
termine MBT. Al contrario, quando vorremo far riferimento all’aspetto dinamico ci
avvarremo dell’altro termine il cui acronimo è MO.
Chiarito l’aspetto semantico, esaminiamo insieme la figura 1.6, nella quale viene
raffigurato il modello della MO elaborato da Baddeley e dal suo gruppo. In esso la
MO è vista come un insieme costituito da tre diverse componenti.
Di queste, la prima, quella che svolge un ruolo essenziale ai fini della memoriz-
zazione, è la centrale esecutiva. Essa viene concettualizzata come un sistema di con-
trollo per quanto riguarda la distribuzione dell’attenzione, che viene rivolta alle
diverse informazioni con le quali entriamo in contatto.
In altre parole la centrale avrebbe lo scopo di monitorare gli stimoli che costan-
temente affluiscono agli organi sensoriali e di decidere quali di questi diventerà
oggetto d’attenzione.
32 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

Altre sue caratteristiche sono la flessibilità grazie alla quale può trattare ogni tipo
di informazione, indipendentemente dalla sua natura (visiva, acustica ecc.) e la
capacità d’immagazzinare informazioni per brevi periodi di tempo.
L’anello fonologico (o loop fonologico) è, a sua volta, suddiviso in due sottosi-
stemi. Di questi il primo va sotto il nome di sistema di controllo articolatorio. Esso
entra in funzione quando il soggetto è impegnato a eseguire dei compiti specifici, il
cui numero è comunque sorprendentemente elevato.
Alcuni esempi serviranno a chiarire il funzionamento di tale sottosistema.
Quando desideriamo immagazzinare un numero telefonico e ce le ripetiamo silen-
ziosamente, è a questo sottosistema che facciamo ricorso. Ancora, esso entra in fun-
zione ogniqualvolta ci stiamo predisponendo a parlare e facciamo affluire le parole
che poi pronunceremo e via dicendo.
In breve il sistema di controllo articolatorio, che organizza l’informazione secon-
do sequenze temporali, può essere definito come la nostra “voce interna”.
Il secondo sottosistema, il magazzino fonologico, mantiene al suo interno tutte le
informazioni di natura linguistica, funzionando come il nostro “orecchio interno”.

Centrale esecutiva
Sistema di controllo attentivo
e capacità limitata

Loop fonologico Quaderno visuo-spaziale


Sistema di stoccaggio
Sistema di controllo delle informazioni spaziali
articolatorio e visive • Capacità limitata
Sistema di rehearsal
verbale • Capacità
temporale limitata
L’occhio interno

Magazzino fonologico La voce interna


Sistema di stoccaggio
linguistico • L’orecchio interno
Velocità di decadimento

Figura 1.6 - Modello della memoria operativa secondo Baddeley


CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 33

Le tracce mnestiche in esso immagazzinate decadono nel tempo di 11/2 - 2 secon-


di, a meno che non siano oggetto di reiterazione, che viene effettuata attraverso il
sistema di controllo articolatorio. Infine l’informazione entra nel magazzino fonolo-
gico attraverso tre diversi percorsi:
a) dal MS preposto alla ricezione di messaggi acustici;
b) dal sistema di controllo articolatorio, che invia costantemente informazioni di
natura acustica affinchè vi siano immagazzinate;
c) dalla MLT attraverso processi di recupero delle informazioni di natura acustica.
Infine entrambi i sottosistemi, che funzionano sinergicamente, utilizzano un
sistema fonologico di codifica, che si articola su più livelli:
a) acustico, che si fonda su elementi quali il tono, il volume ecc. del suono;
b) fonemico, che si basa su suoni semplici quali quelli prodotti dalla pronuncia di
singole lettere dell’alfabeto;
c) articolatorio, che si fonda sui movimenti muscolari necessari a produrre parole e
frasi.
A completamento del modello, manca l’ultimo elemento vale a dire il quaderno
visuo-spaziale. Esso è preposto alla ricezione di informazioni aventi una natura spa-
ziale e visiva, vale a dire stimoli che colpiscono l’occhio o immagini che vengono
recuperate dalla MLT.
Rimane ancora oggetto di divisione tra gli esperti del settore la presenza di uno
o due sottosistemi, specializzati l’uno nella ricezione delle informazioni spaziali,
l’altro in quella delle informazioni visive.
Volendo concretare questa disquisizione, arditamente teorica, potremo citare
alcuni esempi nei quali il quaderno visuo-spaziale viene attivato. Il primo esempio
si verifica quando stiamo guidando su una strada a noi familiare e ne prevediamo le
caratteristiche (lineare, tortuosa ecc.). In questo caso l’informazione accede al qua-
derno visuo-spaziale grazie al recupero dalla MLT. Un secondo esempio si verifica
quando vediamo e riconosciamo la scrittura di un nostro amico o conoscente. In que-
sto caso l’informazione raggiunge il quaderno visuo-spaziale dopo aver attraversa-
to il MS.
È per questa ragione che esso viene chiamato il nostro occhio interno.
Che dire a proposito di questa concettualizzazione? Sicuramente essa ha mostra-
to di possedere una forte carica euristica. Ha favorito, cioè, l’elaborazione di nume-
rose ricerche, incrementando la conoscenza di tale sottosistema.
Altrettanto sicuramente, però, corre il grosso rischio di cadere nella trappola
della reificazione, personalizzando in modo eccessivo i diversi sottosistemi. Termini
quali occhio interno, orecchio interno ecc. fanno pericolosamente ricordare termini
similari usati in religioni diverse.
34 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

È sperabile che tale tipo di ricerca non finisca per divenire la nuova religione
cognitivistica.
Si tratta, infatti, di un gioco pericoloso, come insegna il triste destino scientifico
della psicoanalisi, che ha fatto della reificazione uno dei suoi nuclei linguistici e
concettuali.

I livelli di elaborazione delle informazioni


Spetta a Craik e Lockart (1972), il merito di aver approfondito le diverse moda-
lità mediante le quali l’informazione che arriva alla MO viene elaborata.
Nel loro esperimento, giustamente famoso, hanno identificato ben tre livelli di
elaborazione. Tramite essi l’input verrebbe inizialmente analizzato per quanto riguar-
da i suoi aspetti sensoriali, per passare poi ad analisi sempre più complesse e sofisti-
cate, quali quelle che hanno come oggetto il significato delle parole e delle frasi.
In termini più precisi, i livelli individuati sarebbero i seguenti tre:
a) Livello strutturale o superficiale. In questo caso l’analisi è orientata agli aspetti
meramente fisici dell’input. Ad esempio, nel caso di una parola verrebbero indi-
viduate caratteristiche quali il colore, la dimensione, il fatto di essere scritta in
corsivo oppure no ecc.
b) Livello fonetico o intermedio. Quando l’informazione è trattata a questo livello,
vengono presi in considerazione gli aspetti tipicamente fonetici, quali ad esem-
pio il fatto che nella frase vi siano parole che fanno rima con altre ecc.
c) Livello semantico o profondo. In questo caso oggetto d’analisi è il significato
veicolato dalla parola e dalla frase.
Aspetto di decisivo rilievo, poi, è la regola da essi identificata, secondo la quale
più è profondo il livello di analisi delle informazioni, maggiore è la loro possibilità
di essere ricordate nel tempo.
Seguendo la loro ipotesi di lavoro si perviene quindi alla conclusione secondo cui
ciò che importa non è tanto il trasferimento dell’informazione da un sottosistema a
quello successivo, come suggerito da Atkinson e Shiffrin, quanto il tipo d’ analisi cui
le informazioni vengono sottoposte.
Ed è a questo proposito che viene presentata la distinzione tra reiterazione di
mantenimento e reiterazione elaborativa.
La prima comporterebbe la ripetizione delle informazioni nel modo con cui esse
vengono presentate. Il rischio, in questo caso, è quello di fermarsi al livello superfi-
ciale di analisi.
La seconda comporta una rielaborazione delle informazioni presentate, che può
consistere nel ricodificarle semanticamente (livello profondo di analisi) o nell’inse-
rirle all’interno di una rete associativa, da tempo consolidata.
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 35

La conclusione cui si può pervenire non è quindi del tutto nuova. Già Bartlett
aveva indicato nello sforzo a fornire significato, uno dei fattori decisivi ai fini della
memorizzazione.
Il merito di Craik e dei suoi collaboratori è stato quello di aver approfondito i
diversi processi di trattamento dell’informazione e di averne evidenziato il funzio-
namento.

La divisione tra memoria episodica e quella semantica


Quali sono le informazioni che vengono mantenute nella MLT e come sono orga-
nizzate?
Alla prima di queste domande hanno fornito una risposta, oramai divenuta parte
integrante delle ricerche sulla memoria, Tulving e Donaldson (1972) e Tulving
(1985).
Nel primo dei due articoli citati viene proposta la distinzione tra memoria episo-
dica (ME) e memoria semantica (MSe).
La ME è la memoria autobiografica, nella quale vengono registrate tutte le nostre
esperienze-eventi che si sono verificati, incontri con persone, regali ricevuti ecc. In
generale questi ricordi sono ricchi di dettagli, con particolare riferimento alla dimen-
sione spazio-temporale.
Ad esempio, grazie alla ME siamo in grado di rispondere a domande del tipo
“Dove hai trascorso le vacanze la scorsa estate? Quanti giorni ti sei fermato in quel
delizioso villaggio di montagna? Ti sei divertito? Ti sei rilassato? ecc.”.
Come si può agevolmente constatare, le informazioni contenute in ME hanno una
tonalità personale per non dire intima, che le contraddistinguono dall’altro tipo di
memoria.
Diversa, invece, la MSe. Essa, usando le parole dello stesso Tulving (1985) sareb-
be “... una specie di enciclopedia mentale, l’insieme di conoscenze organizzate che
possediamo a proposito delle parole e degli altri simboli verbali, del loro significa-
to ecc.” (p. 391).
Caratteristica fondamentale della MSe è quella di poter essere utilizzata senza
alcun riferimento agli aspetti spaziali e temporali connessi alle informazioni ricor-
date. Ad esempio, non ricordiamo quando abbiamo appreso a parlare italiano, sap-
piamo però che lo sappiamo parlare (per lo meno così speriamo!).
Tuttavia malgrado questa sua peculiarità, possiamo inserire nella MSe anche dati
idiosincratici; connessi cioè alla nostra persona. Ad esempio, quando ci viene chie-
sta l’età o l’indirizzo, la risposta, immediata, proviene dalla MSe. Non è necessario
ricorrere alla ME, a ricordi cioè personali, per rispondere adeguatamente.
È chiaro, comunque, che i due tipi di memoria sono strettamente connessi l’uno
all’altro. Ad esempio, la conoscenza semantica, che possediamo a proposito dei com-
36 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

puter, si fonda su una serie di incontri personali non sempre rilassanti con diversi tipi
di computer (è questo il processo bottom-up, che parte dalle sensazioni per perveni-
re ai livelli più astratti della semantica e della concettualizzazione). Tali conoscenze
fanno parte della ME. D’altro canto quando c’imbattiamo in un computer qualsiasi
applichiamo a esso tutte le conoscenze che possediamo (processo up-bottom, che va
dai livelli più astratti a quello dell’informazione sensoriale), incluse nella MSe.
Proprio per questo costante intrecciarsi, la distinzione tra i due tipi di memoria
ha un forte valore euristico, mentre nella realtà dei fatti sono poche le situazioni in
cui essa risulta evidente. Facciamo un altro esempio atto a dimostrare la difficoltà
che incontriamo nel districare una memoria dall’altra.
Quando leggiamo un libro, i significati che attribuiamo alle parole provengono
dalla MSe mentre i ricordi affettivi, emotivi e di qualsiasi altra natura che esse pro-
ducono appartengono alla ME.
Ultimo aspetto che è opportuno segnalare a proposito della distinzione tra queste
due diverse memorie è la possibilità di distinguere un terzo tipo di memoria che
Cohen e Squire (1980) chiamano col nome di memoria procedurale, la capacità,
cioè, di ricordare tutte le routine che permettono di eseguire compiti più o meno
complessi, dal giocare al pallone ad aprire una scatoletta ad attivare un computer.
In termini più precisi i due ricercatori optano per una distinzione della memoria
in due sottosistemi: memoria declarativa e memoria procedurale.
Completata la risposta alla prima domanda, affrontiamo ora la seconda, quella
cioè riguardante l’organizzazione delle informazioni pervenute nella MLT.
Il modello (rete gerarchica) che più di altri sembra fornire una risposta soddisfa-
cente agli interrogativi sui processi organizzativi attivi all’interno della ML, è stato
avanzato da Collins e Quillian (1969, 1972).
Esso riguarda la MS. Fa riferimento quindi alle parole e ai loro significati che ver-
rebbero organizzati gerarchicamente così come viene indicato nella figura 1.7.
In essa la MS viene concettualizzata come una rete di concetti collegati l’uno
all’altro da degli indicatori. Ogni parola o concetto viene rappresentato da un nodo
della rete. Il significato, poi, di una qualsiasi parola è dato dalla configurazione di
indicatori che collegano quella parola ad altre.
Alcuni di questi indicatori fanno riferimento alle proprietà di una parola, ad
esempio, un canarino “è in grado di cantare” ed “è giallo”; altri indicatori fanno rife-
rimento alla categoria semantica cui la parola appartiene. Nel caso della parola
“canarino”, esso fa parte della categoria “uccelli”, parola questa collocata a un livel-
lo intermedio. A sua volta la parola “uccello” fa parte della parola “animale” collo-
cata al livello più alto presente in questa rete semantica.
Dato che tutti gli uccelli (tranne alcune eccezioni) hanno delle proprietà in
comune (es., hanno ali, sanno volare e posseggono delle penne), è inutile collegare
tutti questi dati con quelli specifici a ogni singola razza di uccelli. Tali proprietà,
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 37

Ha la pelle
È in grado di muoversi
Mangia
Animale
Respira

Ha le ali
Ha le piume
Pesce
Sa volare Ha le pinne
Ha le branchie
Uccello
Sa nuotare
Canarino

Salmone

Struzzo Squalo È rosa


È in grado Ha zampe È commestibile
di cantare lunghe e sottili
È giallo Nuota
Non sa volare controcorrente
Può per depositare
È alto È pericoloso mordere le uova

Figura 1.7 - Modello gerarchico di Collins e Quillian

cioè, vengono connesse alla parola “uccello”, senza essere recuperate, ogniqualvol-
ta parliamo di un particolare uccello. Sono cioè informazioni presenti nella nostra
enciclopedia, che però vengono recuperate solo in casi particolari, rimanendo laten-
ti in tutti gli altri.
Analogamente le proprietà condivise dagli uccelli, dai mammiferi, dai pesci ecc.
vengono collocate al livello più alto di questa gerarchia in quanto denotano il con-
cetto di animale. Ne segue che è ridondante recuperare queste informazioni (pro-
prietà legate al concetto di animale) quando parliamo di una specie in particolare ed
è altrettanto svantaggioso recuperare le informazioni connesse al genere degli uccel-
li quando parliamo di una specie particolare.
Il ragionamento, che adottiamo in questo caso, si fonda sull’implicazione logi-
camente legittima, per cui qualsiasi informazione sia stata immagazzinata a propo-
sito delle parole collocate a livello superiore si applica anche alle parole collocate ai
livelli inferiori.
Per quanto plausibile, il modello di Collins e Quillian (1972) è da alcuni ricerca-
tori oggetto di costanti rivisitazioni, che, comunque, non ne intaccano il potere espli-
cativo.

Il modello multicomponenziale
L’insieme dei dati e dei modelli elaborati successivamente al modello multista-
diale di Atkinson e Shiffrin, ha comportato l’introduzione di alcuni correttivi. Grazie
38 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

a essi, il modello che al momento presente pare maggiormente in sintonia con lo


stato attuale della ricerca nel settore della memoria, prevede (COHEN, KISS e LE VOI,
1993):
a) una MBT, della quale sono stati precisati e addirittura svelati alcuni dei proces-
si fondamentali, al punto tale da aver comportato il cambiamento terminologi-
co in MO;
b) livelli diversi di elaborazione delle informazioni, il primo dei quali, quello di
superficie tanto per intenderci, pare entrare in azione già all’interno dei MS;
c) una più articolata MLT, nella quale sono rinvenibili tre diversi contenitori, quel-
lo episodico, semantico e procedurale.
Sicuramente il quadro che ne esce è decisamente più articolato del modello mul-
tistadiale, ma sicuramente più ricco in termini di informazioni fattuali sulla memo-
ria e di implicazioni pratiche.

Memoria e stati affettivi


Alla base di ogni fenomeno affettivo ed emozionale vi è un costrutto di natura
fisiologica che va sotto il nome di arousal. Esso può esser fatto equivalere al con-
cetto di tensione, così come viene esperito soggettivamente da ognuno di noi.
La domanda che qui ci interessa porre riguarda l’influenza dell’arousal sui pro-
cessi di memorizzazione. Una volta tanto la risposta esiste e sembra essere univoca.
Già negli anni Sessanta Kleinsmith e Kaplan (1964) eseguirono un esperimento che
tuttora trova posto nei testi dedicati allo studio della memoria.
Il loro intendimento era quello di controllare l’influenza esercitata dall’arousal
sul processo di ritenzione e della successiva rievocazione.
A tal fine furono presentate ai loro soggetti sperimentali delle parole, metà
delle quali si pensava che inducessero un livello più elevato di arousal rispetto
all’altra metà. Le parole in questione furono: kiss (bacio), rape (stupro), vomit
(vomito), exam (esame), dance (danza), money (denaro), love (amore) e swim
(nuoto). A ognuna di esse poi fu associato un numero che andava da 2 a 9. Per
verificare l’esistenza del processo di arousal fu misurata la risposta elettrodermi-
ca (misura la sudorazione palmare) che compariva nei 4 secondi successivi alla
presentazione di ogni parola. Furono poi considerate ad alto arousal quelle tre
parole che per ogni soggetto producevano le fluttuazioni elettrodermiche più ele-
vate e a basso arousal quelle tre parole che producevano le fluttuazioni elettro-
dermiche meno elevate.
Dai risultati presentati nella figura 1.8 si può constatare che la frequenza di rievo-
cazioni corrette del numero associato alle parole a basso arousal è elevata quando il
tempo di ritenzione è relativamente breve (fino a 45’), mentre decade vistosamente
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 39

Item corret. rievocati %

50

40 Alto arousal

30

20

Basso arousal
10

1 giorno 1 settimana

2 20 45 1440 10080
Tempo in minuti

Figura 1.8 - Percentuale di numeri correttamente rievocati in funzione del livello di arousal e dell’intervallo
di ritenzione

quando la rievocazione viene richiesta dopo intervalli di tempo più lunghi. Risultati
opposti emersero a proposito dei numeri associati a parole a elevato arousal.
La loro frequenza rievocativa fu bassa quando l’intervallo di ritenzione era breve
(fino a 45’) per salire cospicuamente quando l’intervallo di ritenzione veniva allungato.
L’importanza di questi dati sta nel fatto che l’arousal pervade tutti i nostri stati
affettivi ed emozionali e influenza tutti i nostri processi cognitivi. Dei numerosi stati
affettivi ed emozionali, influenzati dall’arousal, verranno ora esaminati i due sui
quali esiste una più abbondante letteratura: la motivazione e l’ansia.

Memoria e motivazione
Innanzitutto una necessaria definizione. Chiamiamo “motivazione” quello stato
interno della persona caratterizzato da:
a) uno stato di bisogno, che può avere una natura fisiologica, psicologica o sociale;
b) un livello elevato di attivazione corticale (il termine tecnico è arousal) che, come
detto, può essere fatto equivalere al concetto di tensione;
c) una precisa direzione assunta dal comportamento del soggetto orientato a soddi-
sfare il bisogno e a raggiungere l’obiettivo designato.
40 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

Nella persona, così motivata, i diversi sottosistemi mnestici non subiscono affat-
to cambiamenti inerenti alla loro struttura. Vengono, invece, alterati in modo più o
meno accentuato i processi mediante i quali l’informazione si muove lungo diretti-
ve bottom-up e up-bottom, così come si può constatare seguendo l’itinerario trac-
ciato nella figura 1.9.
A essere influenzato per primo è il sistema centrale di allocazione e distribuzio-
ne dell’attenzione.
Nella persona motivata, infatti, vengono alterati tre parametri tipici di questo
processo e che sono:
a) Focus, vale a dire ciò che è oggetto del processo attentivo. Detto in altre parole,
la persona motivata orienta la sua attenzione verso gli stimoli o le informazioni
motivanti, tralasciando tutte le altre. Gli esempi che illustrano questo particolare
processo della focalizzazione attentiva sono piuttosto numerosi. Siete mai stati
avvinti dalla lettura di un libro molto incuriosente? Se sì, la vostra attenzione sarà
stata orientata sicuramente in direzione del libro piuttosto che verso altri lidi.
b) Durata. Rimanendo nel campo della lettura del libro, avrete sicuramente mante-
nuto costante la vostra attenzione, fino a che i vostri occhi o altre parti del vostro
corpo non vi avranno inviato sgradevoli messaggi di stanchezza. Ciò significa,
per inciso, che la persona motivata è disposta ad affrontare dei disagi, talvolta
anche piuttosto pesanti, pur di raggiungere l’obiettivo.

Mondo
Attenzione MO MLT
esterno

focus codificazione

Recupero
reiterazione
durata

stabilità

Motivazione

Figura 1.9 - Rapporti tra motivazione e memoria


CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 41

c) Stabilità. Ciò significa che saranno state poche le volte in cui l’attenzione sarà
stata rivolta verso altre fonti d’informazione. Il lettore coinvolto dalla trama del
libro avrà inibito lo spostamento dell’attenzione verso altri stimoli.
Evidentemente un’attenzione, così modulata, fornirà agli altri sottosistemi della
MO informazioni qualitativamente più pregiate.
Su di esse poi entreranno in campo i processi di:
a) Reiterazione immediata ed elaborativa, mediante la quale le informazioni ven-
gono riciclate e organizzate.
b) Codificazione, che verrà effettuata ripescando dalla MLT tutte le strategie là rin-
venibili, dalla pura e semplice associazione a mnemotecniche vere e proprie.
Le informazioni, così impacchettate e reiterate, passeranno infine nella MLT da
cui dovranno essere recuperate. E ancora una volta la motivazione entra in campo
per influenzare tale processo.
Il modo mediante il quale avviene tale impatto è stato già accennato in prece-
denza. Vale la pena, a questo punto, completarne la descrizione.
Se ci trovassimo di fronte a una domanda alla quale non fossimo in grado di
rispondere in modo automatico, sentiremmo la necessità di effettuare uno sforzo per
recuperare l’informazione, sperabilmente depositata nella MLT.
Tale sforzo, però, è funzione di alcune variabili, quali:
a) Livello di motivazione, collegato al grado di incentivazione o di rinforzo che il
soggetto si attende di ottenere. In altre parole la persona giustamente si chiede:
“Se mi sforzo di recuperare l’informazione, quale vantaggio otterrò?”.
b) Livello di autostima, che la persona nutre nei confronti delle sue capacità di
memoria. In questo caso la domanda che silenziosamente la persona si pone è la
seguente: “Se davvero m’impegno nello sforzo teso a recuperare l’informazione
richiesta, ci riuscirò? Sono bravo in questi giochi di memoria oppure no?”.
Il gioco di queste variabili rientra a pieno titolo all’interno della teoria elaborata
da Bandura (1977; 1982) a proposito dell’autoefficacia e che viene presentata nella
figura 1.10.
In breve, così ragiona Bandura, la persona accetta di affrontare un compito, a
condizione di attribuire a se stesso delle chance di successo. Sono queste le cosid-
dette “aspettative di successo”. Quando queste aspettative sono orientate positiva-
mente, scatta un altro nodo decisionale, che consiste nel verificare se la produzione
del comportamento corretto comporta un risultato vantaggioso per la persona (aspet-
tative di risultato). Il vantaggio o rinforzo può naturalmente avere una natura diver-
sa, economica (denaro), sociale (fare una bella figura), affettiva (rinsaldare il rap-
porto con la persona amata) ecc.
42 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

Persona Comportamento Risultato

Aspettative Aspettative
di successo di risultato

Figura 1.10 - Teoria dell’autoefficacia di Bandura

Se la risposta sarà positiva per quanto riguarda entrambi i nodi decisionali, la


persona accetterà l’impegno, resistendo a eventuali insuccessi.
Al contrario, se la persona risponderà negativamente all’uno o all’altro dei due
quesiti sono elevate le probabilità d’abbandono del compito.
Ancora una volta gli esempi serviranno a chiarire l’insieme di questi processi.
Il primo dei due autori non è tra i patiti dell’enigmistica. Tuttavia in particolari situa-
zioni, laddove non sono reperibili fonti alternative di distrazione, si è lasciato irreti-
re dal gioco dei cruciverba. Ma... essendo molto bassa la motivazione, in questo caso
le aspettative di risultato, scattò immediato il disimpegno alle prime frustrazioni. Se,
invece, tali aspettative fossero state elevate, sicuramente avrebbe persistito nel com-
pito e cambiato sistematicamente le strategie pur di raggiungere il risultato deside-
rato.
In questo caso sono le aspettative di risultato a non avere la forza sufficiente.
In altre situazioni potrebbero essere quelle di successo a far cilecca. Ciò potrebbe
succedere ad esempio nel caso in cui fosse richiesto a uno dei due autori di prepa-
rare per l’indomani una relazione sulla teoria delle catastrofi applicata alle scienze
comportamentali. La totale assenza di informazioni a tal proposito lo porterebbe a
un immediato rifiuto del compito.
Dopo queste precisazioni, speriamo di aver fornito una spiegazione accettabile
per quanto attiene ai rapporti tra motivazione e recupero mnestico.
Se vi è motivazione, il soggetto continuerà nel tentativo di recuperare l’informa-
zione richiesta malgrado gli insuccessi iniziali, modificando di volta in volta la stra-
tegia di recupero. Se motivazione non vi è, il soggetto si fermerà, invece, ai primi
insuccessi.
CAPITOLO 1 LA MEMORIA: ARCHITETTURA E DINAMICA 43

L’ultimo aspetto inerente ai rapporti tra motivazione e memoria riguarda le


modalità di risposta, che nelle persone motivate si esprimono mediante un migliore
rapporto interpersonale, un eloquio più sicuro e una capacità cognitiva più stringen-
te e adeguata rispetto alla situazione nella quale la motivazione è del tutto assente.

Ansia e memoria
Della motivazione l’ansia condivide il solo aspetto fisiologico, vale a dire uno
stato più elevato di attivazione o arousal (MEAZZINI e GALEAZZI, 1984; GUASCO e
MEAZZINI, 1989). Se ne differenzia, invece, per gli altri aspetti.
Mentre la persona motivata tende a entrare all’interno del compito, ad accettar-
ne cioè la sfida, la persona in stato d’ansia risponderà in modo esattamente opposto.
Tenderà, cioè, a sottrarsi a esso e, nel caso di inevitabile coinvolgimento, a disto-
gliere l’attenzione da esso.
La persona in stato d’ansia, inoltre, leggerà negativamente l’insieme di informa-
zioni che il suo corpo invierà alla mente (tachicardia, respirazione affannosa ecc.) e
sarà quasi condizionata a rivolgere a se stessa apprezzamenti negativi, del tipo “Oh!
Mio Dio non ce la faccio più”, “Perché mai mi sono cacciato in questa trappola
ecc.?”.
Venendo al modello della figura 1.9, vediamo in che modo esso può essere modi-
ficato per spiegare al meglio l’impatto decisamente negativo prodotto dall’ansia sui
processi di memoria.
È sufficiente al posto del riquadro MOTIVAZIONE collocarne mentalmente un
altro ANSIA e potremo iniziare il nostro itinerario.
Per prima cosa a essere influenzato è il sistema centrale di allocazione e distri-
buzione dell’attenzione, che verrebbe letteralmente inondato da informazioni pro-
venienti da fonti diverse.
Queste sono:
a) Informazioni di natura fisiologica, vale a dire lo stato di malessere, che, in quan-
to avvertito dalla persona, costituisce una classe potente di messaggi.
b) Informazioni provenienti dal dialogo interno che la persona in ansia intesse con
se stessa. Nel momento in cui affermo “Non ce la faccio a superare il compito”,
convoglio verso il sistema centrale delle informazioni che rischiano d’intasarlo.
c) Informazioni provenienti dal mondo esterno, quali ad esempio la domanda rivol-
tagli dal docente e così via. Nel caso di una situazione così caratterizzata, è pro-
babile che l’attenzione non sia focalizzata sugli elementi vincenti, vale a dire la
domanda del docente e il recupero dell’informazione corretta dalla MLT.
L’attenzione, cioè, può oscillare passando dall’informazione (a) a quelle (b) e (c).
Questa oscillazione continua impedisce un soddisfacente lavoro cognitivo.
44 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 1

A sua volta l’anello articolatorio e i processi in esso implicati non possono più
funzionare in modo adeguato, visto che la centrale non è in grado di sovritendere a
tutte le operazioni richieste dalla situazione.
A ciò si aggiunge la difficoltà a operare secondo la direzione up-bottom.
Vengono, cioè, alterate o addirittura annullate le strategie solitamente utilizzate per
recuperare le informazioni giacenti nella MLT.
In questi casi è naturale attendersi un feedback a tonalità negativa, che deprimerà
ulteriormente la persona aggravando il suo stato d’ansia.
Un massacro cognitivo, quindi, che solo un insegnante comprensivo può evitare
(MEAZZINI, 2000).
Capitolo 2

Dimenticare e ricordare:
la trama dei fattori che portano all’oblio
o che potenziano la memoria

Alcune teorie di riferimento


Cosa potrebbe succedere se non fosse possibile dimenticare alcunché? Una
vera catastrofe! La nostra corteccia sarebbe così satura, se non addirittura stra-
boccante di informazioni, da impedirci nuovi apprendimenti e da interferire
pesantemente coi meccanismi di recupero, essenziali a ogni processo di memo-
ria.
Dimenticare, quindi, non sempre è un male. Lo è, invece, serissimo, quando
dimentichiamo cose che non vorremmo mai dimenticare oppure eventi e procedure
che in certi casi rendono possibile la nostra stessa esistenza. È il caso questo di
pazienti cerebropatici, dei malati di Alzheimer ecc.
Altrettanto problematico è lo stato delle nostre conoscenze psicologiche ora esi-
stenti a riguardo dell’oblio.
Numerose infatti sono state le teorie elaborate per venire a capo di quest’enigma.
Tuttavia nessuna di esse è in grado di fornire un’interpretazione a 360° di tale pro-
cesso. Ognuna ha messo in evidenza un aspetto particolare dell’oblio. Manca al
momento attuale un quadro globale e definitivo. Peccato!
Questa è la ragione per la quale è opportuno passare in rassegna le maggiori teo-
rie sinora elaborate a proposito dell’oblio. Ognuna di esse contiene un pizzico di
verità. Contribuisce a spiegare alcuni dei processi che sono alla base dell’oblio a
esclusione di altri.
Prima, però, di immergerci nel mare delle teorie e delle ipotesi riguardanti l’o-
blio, alcuni fatti. Essi riguardano la famosa curva dell’oblio, che nel corso degli anni
ha subito modificazioni di rilievo.
La prima di queste curve fu elaborata da Ebbinghaus e descriveva il decadimen-
to delle informazioni in funzione del tempo. In linea con quei tempi, le informazio-
ni erano costituite da sillabe senza senso.
Dalla figura 2.1 si deduce che le informazioni venivano dimenticate in un arco di
tempo molto ristretto. Nell’arco di un’ora veniva perso addirittura il 60% di quanto
era stato appreso. Nel tempo successivo la perdita veniva gradualmente incrementa-
46 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

% di ritenzione

100

80

60

40

20

1 8 14 24 5 31
Ore Giorni

Figura 2.1 - La curva dell’oblio di Ebbinghaus

ta pervenendo al livello del 70% e mantenendosi costante fino al 31º giorno, quando
fu richiesto al soggetto di ricordare le sillabe senza senso presentate in precedenza.
A leggere questi dati, temo che molti lettori siano assaliti da uno stato di profon-
da depressione. Non è però il caso di accasciarsi più di tanto. Infatti questa curva
dell’oblio non rappresenta quanto avviene nella vita quotidiana. E questo per un’ot-
tima ragione. L’oggetto della sperimentazione di Ebbinghaus, vale a dire le famige-
rate sillabe senza senso, è del tutto privo di significato ed è questa sua caratteristica
del materiale ad aver prodotto il disastro. Basta cambiare oggetto del ricordo per
ottenere dati di gran lunga più tranquillizzanti. Un’occhiata alla curva presentata
nella figura 2.2 serve alla scopo. Essa descrive il ricordo di episodi di vita quotidia-
na vissuti da Linton, che da lei venivano registrati nel suo diario.
Come il lettore può constatare, il tasso d’oblio è minimo, quasi asintotico volen-
do usare un termine tecnico. In altre parole, nell’arco di 6 anni la perdita è pari a
circa il 25%.
Un miracolo o quasi, se questi dati sono confrontati con quelli prodotti da
Ebbinghaus? Quali i fattori che ne sono alla base? Facilmente intuibili. Si tratta di
esperienze così significative per la Linton, da averla stimolata addirittura a regi-
strarle nel suo diario giornaliero.
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 47

% di ritenzione

100

80

60

40

20

1 2 3 4 5 6
Anni

Figura 2.2 - La curva dell’oblio di Linton (1999)

Ci troviamo quindi di fronte a dati fortemente contrapposti, che permettono


immediatamente di pervenire a delle conclusioni. La prima è questa: la memoria
episodica prevale su quella semantica. La seconda: le esperienze e le informazioni
sono ritenute meglio e più a lungo se hanno significato per la persona.
Risolto allora il problema dell’oblio? Nient’affatto. Rimane aperta la domanda
riguardante i fattori che in ogni caso producono perdita nel ricordo delle esperienze
e delle informazioni.
È proprio per colmare questa lacuna che troveremo utile ritornare alle teorie del-
l’oblio dalle quali eravamo partiti.

Il decadimento della traccia


Originata nell’antica Grecia, tale teoria ha mantenuto la sua popolarità fino agli
anni Trenta dello scorso secolo. Essa sosteneva che ogni evento, al quale la persona
presta attenzione, produce una traccia nel sistema nervoso centrale, la cui natura e
funzionamento rimanevano a quel tempo del tutto oscuri.
48 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

Gli antichi greci usavano come analogia un disco di cera, come abbiamo già visto
nel primo capitolo. Essi assumevano che ogni evento lascerebbe una traccia, che,
come cera lasciata esposta al sole, gradualmente perderebbe consistenza per poi
scomparire del tutto.
In tempi a noi più vicini, quando la psicologia scientifica aveva già mosso i primi
passi (KANIZSA, LEGRENZI e MEAZZINI, 1975), si sosteneva che il fattore in grado di pro-
durre l’oblio fosse il mancato esercizio. Vale a dire un’informazione, semplice o
complessa che fosse, sarebbe stata meglio ritenuta se fosse stata costantemente
replicata e meglio ancora se, tra il momento della sua produzione e quello del suo
recupero, non trascorresse molto tempo.
Nulla di nuovo sotto il sole – direbbe qualcuno. Altro non è se non l’aggiorna-
mento del detto latino “Repetita juvant”, la cui versione più aggiornata ruota attor-
no al concetto di reiterazione. Un’informazione, più volte reiterata mentalmente, ha
maggiori probabilità di essere ricordata rispetto a quella che non lo sia stata, in quan-
to la traccia mnestica sarebbe stata più volte consolidata.
Tale teoria in parte è vera. Numerose informazioni, di natura semantica o episo-
dica, vengono infatti mantenute nel magazzino a lungo termine grazie al fatto di
essere costantemente reiterate.
Una prova?
Il lettore esamini le curve di oblio presentate nella figura 2.3 e constaterà che le
informazioni, in questo caso dei contenuti di una lezione, si mantengono a meravi-
glia qualora lo studente dedichi del tempo a ripassarle.

Apprendimento
100% 10 minuti 5 minuti
2-4 minuti

1 2 7 30

Giorni

Figura 2.3 - Effetto prodotto da ripassi continui sugli argomenti presentati durante una lezione
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 49

Nello specifico il giorno 1, quello della lezione, avremo naturalmente apprendi-


mento pari a 0 degli argomenti che saranno oggetto della lezione. Esso salirà al
100% alla fine di essa. Il giorno successivo, dedicando 10 minuti al ripasso, si man-
tiene un ricordo pari a circa il 90% (curve gialle). Lo stesso risultato si ottiene quan-
do il ripasso avviene nei giorni successivi, anche se la sua durata viene gradualmente
accorciata da 10 minuti a 2-4 min. Aspetto ancora più importante è che tale dato si
mantiene in tempi lunghi, vale a dire dopo un intervallo di 30 giorni.
Al contrario, quando i contenuti della lezione non vengono ripassati ricadiamo
più o meno all’interno delle previsioni effettuabili mediante la curva di Ebbinghaus.
Dopo trenta giorni la ritenzione degli argomenti della lezione si approssima allo
zero.
La reiterazione, quindi, è un fattore assolutamente non trascurabile nella spiega-
zione sia dell’oblio che del mantenimento delle informazioni.
Essa, però, impedisce di capire come mai talvolta non solo dimentichiamo mal-
grado le reiterazioni, ma anche come mai distorciamo gli eventi o le informazioni
che abbiamo acquisito.
Ancora, a parità di intervalli di tempo tra l’acquisizione delle informazioni e il
loro recupero, vi sono informazioni o eventi che talvolta ricordiamo meglio di altri.
Come mai? Le risposte a queste domande sono state fornite dalla teoria basata sul
concetto d’interferenza e da quella elaborata dagli psicologi della Gestalt e dai primi
cognitivisti, Bartlett fra tutti.

L’interferenza mnestica
È grazie prevalentemente a Underwood e ai suoi collaboratori (cfr. MEAZZINI,
1975; MEAZZINI e CORAO, 1978) che il fenomeno dell’interferenza nei processi di
memoria è stato studiato in modo esteso e approfondito.
Essa consiste di due processi, che hanno un senso di marcia del tutto antitetico.
Il primo di questi va sotto il nome di interferenza proattiva e influenza l’acquisizio-
ne e la ritenzione di materiale presentato alla persona in un momento successivo.
Il paradigma sperimentale usato per produrre interferenza proattiva è il seguente:
– Gruppo sottoposto a interferenza: apprendimento di informazioni A – apprendi-
mento di informazioni B – verifica della ritenzione relativa alle informazioni A
(in sigla A – B – A).
– Gruppo di controllo: apprendimento di informazioni A – nessun altro apprendi-
mento – verifica della ritenzione relativa alle informazioni A (in sigla A – 0 – A).
La seconda forma d’interferenza è nota come interferenza retroattiva e agisce
ostacolando il recupero dell’informazione precedentemente acquisita.
Il suo paradigma sperimentale è il seguente:
50 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

– Gruppo sottoposto a interferenza: apprendimento di informazioni A – apprendi-


mento di informazioni B – verifica della ritenzione riguardante le informazioni
B (in sigla A – B – B).
– Gruppo di controllo: nessun apprendimento – apprendimento di informazioni B
– verifica della ritenzione relativa alle informazioni B (in sigla 0 – B – B).
Un esempio quanto mai significativo dell’interferenza retroattiva lo ritroviamo in
un esperimento di Slamecka (1960), anomalo rispetto alla tradizione sperimentale
del tempo, in quando utilizzò dei brani di prosa al posto di sillabe senza senso.
I dati, riportati nella figura 2.4, mostrano che la percentuale del ricordo aumenta
col numero delle ripetizioni. Fenomeno, questo, del tutto scontato.
Tuttavia se tra il periodo della presentazione e della reiterazione del brano e quel-
lo del suo recupero si chiede alla persona di apprendere un numero diverso di com-
piti, la quantità di parole correttamente ricordate tende a scemare in modo vistoso e
significativo. E il calo è tanto più accentuato quanto più numerosi sono i brani inter-
calati.
I dati ci dicono che maggiore è il numero di volte in cui il brano viene letto, più
elevato è il numero di parole correttamente ricordato. Tuttavia quando tra una lettu-
ra e quella successiva si fa leggere ai soggetti uno o più brani la percentuale delle
parole correttamente ricordate presenta una frequenza inferiore di rievocazione, con
tutta probabilità determinata dall’interferenza retroattiva.

% ritenzione
100

80

60

8 sessioni di apprendimento
40

4 sessioni di apprendimento
20

2 sessioni di apprendimento

0 4 8
Numero compiti interferenti

Figura 2.4 - Fattori che influenzano il ricordo di un brano di prosa


CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 51

Un risultato analogo, per quanto riguarda il ricordo delle informazioni, si ottiene


laddove è presente l’interferenza proattiva. In questo caso, quanto abbiamo appreso in
precedenza tende a ostacolare l’apprendimento e il recupero di nuove informazioni.
Naturalmente entrambi i tipi di interferenza producono effetti più o meno nefasti
a seconda della presenza di numerosi fattori, dei quali i principali sono i seguenti:
a) Grado di apprendimento del materiale. Tanto più le informazioni sono metabo-
lizzate dalla persona, tanto minore è l’effetto prodotto dall’interferenza.
b) Significatività del materiale appreso. L’interferenza dispiega la sua massima
influenza negativa, quando le informazioni apprese sono artificiali, come le
famose sillabe senza senso descritte nel primo capitolo. L’effetto è di gran lunga
inferiore laddove il materiale che deve essere appreso è costituito da concetti,
brani ecc. aventi un loro compiuto significato.
c) Quantità e frequenza del materiale interferente. È piuttosto ovvio attenderci che,
qualora il numero delle informazioni che sono apprese durante il periodo di riten-
zione sia piuttosto elevato, aumenterà l’impatto prodotto da entrambi i processi
interferenti. Supponiamo, ad esempio, che uno studente abbia studiato il capito-
lo di un testo scolastico, si sia recato poi a casa di amici a vedere la partita della
squadra del cuore, sia quindi tornato a casa e abbia letto il capitolo di un libro di
fantascienza e infine studiato il capitolo tratto da un diverso testo: il suo livello
di ritenzione e successivo recupero sarà sicuramente inferiore, a parità di altre
condizioni, a quello di un suo collega che si sarà limitato solo a studiare quello
stesso capitolo e che poi si sia messo a riposare.
d) Somiglianza tra il materiale appreso e quello interferente. È questo un dato rei-
teratamente confermato dalla ricerca sperimentale (HIGBEE, 1990). Esso mostra in
modo inequivocabile che maggiore è la somiglianza tra quanto è stato appreso
dalla persona e le attività eseguite nell’intervallo di ritenzione, minore è la quan-
tità e la qualità del materiale recuperato. Da ciò un consiglio per quando dobbia-
mo studiare più materie. Dopo aver studiato una materia o un determinato argo-
mento, è preferibile passare a uno sensibilmente diverso. Viene meglio control-
lata l’interferenza proattiva.
e) Somiglianza tra contesti. Anche questo è un fatto oramai acquisito dalle ricerche
di laboratorio e confermato da numerose esperienze informali vissute da tutti noi.
Ad esempio, se abbiamo fatto la conoscenza di una persona nel suo studio, abbia-
mo maggiori probabilità di ricordarcene il nome se lo incontriamo nuovamente
all’interno di quell’ambiente o di quel contesto piuttosto che in uno diverso
(BADDELEY, 1986).
f) Intervallo tra le fasi di apprendimento. Se è necessario studiare più di un argo-
mento, l’interferenza produrrà effetti meno dirompenti se studieremo un argo-
mento alla volta, separandolo temporalmente da quello successivo. Un esperi-
52 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

mento fra tanti serve a chiarire l’impatto di questa decisione temporale a propo-
sito dello studio. Alcuni soggetti studiarono quattro serie di parole in un’unica
seduta mentre gli altri le appresero nell’arco di tre giorni. Il primo gruppo riuscì
a ricordare solo il 31% della quarta serie di parole dopo un giorno e il 7% dopo
una settimana. L’altro gruppo, che aveva invece appreso le quattro serie distri-
buite nel tempo, riuscì a rievocare della quarta serie l’89 % dopo un giorno, il
72% dopo una settimana e il 34% dopo un mese.
Con molta probabilità la migliore rievocazione del secondo gruppo è attribuibile
al minor impatto prodotto dall’interferenza proattiva delle prime tre serie sulla
quarta.

Limiti della teoria basata sull’interferenza


Come Henderson (1999) reiteratamente suggerisce, la maggiore limitazione
delle teorie basate sui due tipi di interferenza poggia su ricerche di laboratorio, che
sono artificiali per due ordini di ragioni. La prima sta nella situazione, lontana
dalla vita quotidiana, in cui gli esperimenti furono condotti. La seconda, più seria,
nell’uso di materiale verbale, quali ad esempio i trigrammi, che non ha alcun cor-

Numeri ricordati

10
Sonno
8 Veglia

2 4 6 8
Intervalli di ritenzione

Figura 2.5 - Perdita di informazioni in funzione dell’intervallo di ritenzione e dello stato di veglia o di sonno
del soggetto sperimentale. In ascissa la quantità dei numeri appresi, in ordinata gli intervalli di tempo tra
l’apprendimento e la rievocazione (grafico originale di Jenkins e Dallenbach, 1924)
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 53

rispettivo con quello con cui ci si confronta nella vita di ogni giorno. È forte, quin-
di, il sospetto che non sia così immediata la generalizzazione al mondo esterno dei
risultati ottenuti in laboratorio. In altre parole i contesti sono molto diversi l’uno
dall’altro.
Tuttavia vi sono conferme della sua validità difficilmente contestabili. Una di
queste è l’esperimento storico condotto da Jenkins e Dallenbach nel lontano 1924 e
riportato in http://mtsu.edu/sschmidt/Cognitive/forgetting/forgetting html.
Da esso si deduce che il ricordo di numeri subisce il calo prevedibile secondo
Ebbinghaus quando la persona è in stato di veglia, è impegnata cioè a svolgere com-
piti diversi che possono interferire con l’apprendimento (figura 2.5).
Il dato è quasi speculare con un livello di ritenzione pari al 50% dopo otto ore,
quando al contrario la persona trascorre il suo tempo dormendo, eliminando quindi
qualsiasi forma di interferenza.
Altre conferme, meno precise, dell’impatto prodotto dall’interferenzaa emer-
gono dalla vita quotidiana, nella quale è facile constatare che i fattori indicati in
precedenza sono in grado di alterare visibilmente la qualità e la quantità dei nostri
ricordi.

Le teorie olistiche e costruttivistiche


Già nel 1922 Wulff, psicologo gestaltista, aveva constatato che nella riproduzio-
ne di figure geometriche, non compariva soltanto oblio ma anche fenomeni interes-
santi di distorsione. In altre parole alcune figure venivano ricordate e riprodotte in
maniera diversa da quella originaria. Talvolta venivano accentuati alcuni attributi
della figura, talaltra venivano appiattiti, talaltra ancora venivano modificati renden-
do le figure più vicine a quelle note. Ad esempio un’ellisse molto simile a un cer-
chio veniva ricordata e riprodotta avvicinandola a quest’ultima figura (cerchio) piut-
tosto che alla prima.
Emergeva da questo esperimento, seguito da molti altri, una visione della memo-
ria intesa come processo assolutamente non meccanico ma ricostruttivo. La mente
cioè ricostruiva il passato seguendo delle linee guida interne, che potevano modifi-
care sostanzialmente l’input.
A spiegare per lo meno alcuni di questi meccanismi vi sono tre linee di ricerca.
La prima di queste si richiama a un altro esperimento classico condotto sulle
distorsioni di memoria, quello di Carmichael, Hogan e Walter (1932). Lo scopo da
essi perseguito era quello di precisare i processi di trasformazione cui le figure sono
sottoposte nel momento in cui vengono apprese e devono essere riprodotte. Ai sog-
getti partecipanti a questa ricerca fu presentata una serie di figure ambigue (chia-
mate figure stimolo nella figura 2.6), che dovevano essere riprodotte subito dopo la
presentazione dell’ultima figura della lista.
54 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

Figure Parole Figure Parole Figure


riprodotte lista 1 stimolo lista 2 riprodotte

Tendine in Romboide
una finestra in un rettang.

Bottiglia
Staffa

Lettera “C”
Luna
crescente

Arnia
Cappello

Occhiali Manubrio
ginnico

Figura 2.6 - Esempi delle figure stimolo usate da Carmicahel et al. (1932) e delle distorsioni cui le stesse
sono state sottoposte in funzione delle diverse istruzioni presentate ai soggetti

Durante l’esposizione delle figure stimolo, veniva detto a un gruppo di soggetti


che la figura somigliava a un determinato oggetto, di cui si profferiva il nome (qui
descritto a destra oppure a sinistra della figure stimolo), mentre a un altro gruppo si
diceva che quella stessa figura assomigliava a un oggetto diverso. Così ad esempio
si diceva a un gruppo che la prima figura-stimolo somigliava a delle “tendine di una
finestra”, mentre all’altro gruppo si diceva che essa assomigliava a un romboide
inserito all’interno di un rettangolo.
Nella colonna centrale della figura 2.6. sono presentate le figure-stimolo ambigue
mostrate ai soggetti mentre nelle colonne poste ai lati sono presentate le riproduzio-
ni effettuate dai due gruppi di soggetti, che – ricordiamolo – avevano ricevuto infor-
mazioni diverse relativamente all’oggetto raffigurato nella figura-stimolo ambigua.
I disegni riprodotti dai soggetti subito dopo la presentazione dell’ultima figura
della serie mettono in evidenza sia il processo di trasformazione cui fu sottoposta
ognuna delle figure-stimolo sia quello di codificazione attivato dalle istruzioni ver-
bali fornite dai soggetti.
Dai risultati di quest’esperimento discende una duplice conseguenza, che
influenzerà il destino della sperimentazione effettuata sulla memoria.
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 55

La prima di queste consiste nel fatto che quanto viene ricordato non è il dato fisi-
camente presente, ma ciò che il soggetto codifica nella sua mente.
La seconda che la riproduzione dell’input, così codificato, è molto idiosincrati-
ca. In altri termini ogni soggetto riproduce le figure compatibilmente al modo con
cui ognuna di esse è stata codificata. Ogni figura, quindi, viene riprodotta in modo
diverso da ognuno dei soggetti partecipanti all’esperimento.
La seconda linea di ricerca parte da Bartlett (si veda il Capitolo 1) e produce dati
ancora più incoraggianti per quanto riguarda la visione costruttivistica della memo-
ria.
Nella sua ricerca più conosciuta, Bartlett presentò a dei giovani adulti un brano
tratto da una leggenda di una tribù di indiani nordamericani. Caratteristica di questo
brano era quello di essere molto lontano dai clichè della cultura occidentale.
I risultati che si evidenziarono al momento della rievocazione fecero emergere i
seguenti meccanismi, già indicati nel primo capitolo, vale a dire (a) omissione; (b)
razionalizzazione; (c) enfasi; (d) ordine; (e) distorsioni.
Quest’ultimo, come accennato nel Capitolo 1, fu chiamato da Bartlett effort after
meaning, vale a dire lo sforzo prodotto dai soggetti di fornire del brano letto un
significato che fosse in linea con la loro cultura.
Il terzo indirizzo di ricerca è uno sviluppo di quanto Bartlett aveva dimostrato.
La differenza nel caso di queste ricerche consisteva nel misurare il peso di pregiu-
dizi e di opzioni ideologici sul ricordo di brani che potevano essere congrui o incon-
grui con essi.
I risultati ribadirono quanto prevedibile.
Se a un lettore marxista si chiedeva di leggere un passo tratto dal Mein Kampf di
Hitler, erano numerose le omissioni, le accentuazioni negative e le distorsioni anche
se in realtà non vi era niente di biasimevole in quella particolare pagina. Il ricordo,
cioè, si uniformava alla cultura posseduta dalla persona. Le informazioni dissonan-
ti subivano distorsioni tali da rendere il brano ricordato del tutto irriconoscibile
rispetto a quello originario.
Ovviamente i risultati furono esattamente agli antipodi quando il brano era con-
gruo con la cultura politica della persona. Diminuivano le omissioni e, cosa ancora
più importante, scemava considerevolmente il numero delle distorsioni.
Risultati analoghi furono ottenuti con soggetti di orientamento destrorso quando
fu loro chiesto di leggere una pagina tratta dal Manifesto del partito comunista di
Marx.
Sembra proprio che la nostra mente vada a caccia di informazioni rinforzanti,
escludendo o deformando ciò che non collima con le coordinate culturali, quindi,
anche politiche della persona. Fatto questo piuttosto pesante da digerire per chi
crede nella facile manipolazione della persona. Siamo un po’ più resistenti alle trap-
pole politiche e alle seduzioni pubblicitarie di quanto si pensi. Grazie al Cielo.
56 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

La teoria basata sull’accesso o sul recupero delle informazioni


In tempi più recenti l’attenzione del mondo della ricerca si è spostato dallo stu-
dio dei processi interferenziali alla struttura e dinamica riguardanti il processo di
recupero delle informazioni.
Lo spunto per questa rigogliosa messe di ricerche e di dati fu fornita dal neuro-
chirurgo Penfield, che negli anni Sessanta condusse ricerche davvero pionieristiche.
Durante numerose delle sue operazioni usava applicare una carica elettrica, del tutto
indolore, ad alcune zone della corteccia, delle quali una era il lobo temporale.
Lo scopo perseguito da Penfield era quello di elaborare una mappa più precisa
delle funzioni attribuibili alle aree corticali attraverso l’elettrostimolazione per evi-
tare di traumatizzare zone che, seppur spazialmente esigue, avrebbero potuto creare
problemi estremamente gravi in campo linguistico e più largamente cognitivo.
Con suo sommo stupore, Penfield constatò che alcuni dei suoi pazienti, circa il 4
per cento, riportavano dei flashback quando venivano loro stimolati i lobi tempora-
li. Si trattava per lo più di incidenti oppure di fatti emotivamente importanti per la
vita del paziente, che venivano descritti con dettagli molto accurati.
Sembra quindi che per lo meno eventi connessi con la memoria episodica siano
ritenuti quasi integri nel magazzino a lungo termine. Siano pertanto pronti a essere
recuperati alla presenza di stimoli appropriati, che nel caso di Penfield, consisteva-
no in una stimolazione elettrica.
Prima di gridare al miracolo, alcune necessarie obiezioni.
La prima di queste riguarda la percentuale davvero esigua di pazienti che ricor-
davano quegli eventi. Il 96 per cento non sembrava esserne in possesso. La percen-
tuale è davvero troppo esigua per poggiare su basi solide la teoria di Penfield.
La seconda obiezione deriva dal fatto che non esiste alcuna prova per quanto
riguarda l’esistenza e la veridicità degli episodi vissuti dai pazienti in periodi prece-
denti della loro esistenza e da loro rievocati.
È la stessa obiezione, sollevata a proposito dei ricordi postnatali apparentemen-
te suscitati durante la trance ipnotica. In che modo verificarne la validità dato che si
tratta di esperienze lontane nel tempo, i cui testimoni sono probabilmente passati a
miglior vita o possono aver ricordi del tutto sfrangiati dall’urto del passato?
È ancora presto, quindi, per affermare che per lo meno quanto è contenuto nella
memoria episodica goda di vita sempiterna.
Di gran lunga più sofisticato l’esperimento condotto da Tulving e Psotka (1971).
Ai soggetti sperimentali fu chiesto di apprendere sei serie diverse, ognuna delle
quali composta di ventiquattro parole. Ogni serie consisteva di parole che afferiva-
no a sei diverse categorie semantiche, ad esempio testa, gamba, braccio e piede
(categoria di riferimento “corpo umano”) e così via.
A un gruppo fu chiesto di rievocare le parole precedentemente apprese nel modo
da essi desiderato. All’altro furono presentati i nomi di ognuna delle sei categorie,
cui facevano riferimento le parole.
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 57

I risultati furono piuttosto eloquenti. La rievocazione era notevolmente facilitata


quando veniva presentato un suggerimento adeguato in fase di recupero delle infor-
mazioni. Ancora, che la peggiore performance dell’altro gruppo era provocata da un
crescente accumulo di interferenza retroattiva. Infatti la serie presentata per prima è
quella che subisce il decadimento maggiore, mentre quella che era stata mostrata per
ultima mostra il risultato migliore. L’indicazione che scaturisce da questa ricerca è
che un aiuto appropriato nella fase di recupero migliora sostanzialmente la quantità
di informazioni rievocate in quanto pone sotto controllo l’effetto prodotto dall’in-
terferenza retroattiva.
Qual è il significato di quest’esperimento? Che la perdita di informazioni non è
tanto legata all’oblio, al fatto cioè che esse non sono più disponibili all’interno dei
magazzini di memoria venendo in qualche modo espulse da essi, quanto al fatto che
l’interferenza blocca i processi atti a recuperarle.
In conclusione dimentichiamo perché subiamo l’influenza negativa dei processi
d’interferenza e perché molte delle informazioni che acquisiamo non sono per nien-
te reiterate.
Come spiegare quindi quelle prestazioni sorprendenti in cui la persona mostra
delle performance addirittura stupefacenti?
La risposta è piuttosto semplice: dispongono di tecniche mnestiche mediante le
quali riescono a organizzare al meglio sia l’input che l’output delle informazioni. A
questo stato di fatto, spesso si aggiungono fattori di natura emozionale e motivazio-
nale, che migliorano la sequenza di tutti i processi coinvolti nel processo di memoria.

Principi fondamentali per migliorare la memoria


Ogniqualvolta ci sforziamo di memorizzare qualche informazione, scopriremo
che vi sono dei principi i quali ne facilitano sempre i processi.
Essi appartengono a tre categorie. La prima riguarda le caratteristiche delle infor-
mazioni o degli episodi che vengono ricordati, la seconda concerne i processi cognitivi
attivati dalla persona, mentre la terza ha a che vedere con i fattori di natura affettiva.

Caratteristiche delle informazioni

a) Significatività dell’esperienza o dell’informazione. Vi siete mai chiesti come mai


vi sono degli episodi che rimangono conficcati nella nostra memoria vita natural
durante mentre altri non lo sono affatto? La risposta è molto semplice: gli episo-
di memorizzati, indipendentemente dal loro segno, positivo o negativo, hanno
per noi un particolare significato di natura affettiva o strumentale. Ad esempio,
ricorderemo tutti (perlomeno ce lo auguriamo) il giorno del nostro matrimonio o
58 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

della prima comunione dei nostri figli ecc. Naturalmente anche le cerimonie che
accompagnano i lutti sono, ahimè, piuttosto ben ricordate. In tutti questi casi a
facilitare il ricordo vi sono esperienze affettive che hanno circondato questi epi-
sodi, innalzando la tensione (arousal) che la persona ha vissuto e garantendo in
tal modo una migliore memorizzazione.
Considerazioni analoghe valgono nel caso di episodi negativi. Siamo convinti
che ricorderete con particolare precisione gli errori che avrete commesso nella
scelta dei percorsi automobilistici. La strada sbagliata è una di quelle che non
dimenticherete mai più, in modo particolare se vi avrà portato via un paio d’ore,
come sovente capita a Roma.
Per inciso il ricordo di eventi negativi mal si concilia con la teoria freudiana
secondo la quale perlomeno alcuni degli eventi negativi sarebbero rimossi vale a
dire non più recuperabili dalla MLT.
Tuttavia la significatività non tocca solo la memoria episodica ma anche quella
semantica.
Ecco spiegato il motivo per cui le sillabe senza senso sono più facilmente dimenti-
cabili di parole presentate singolarmente e queste, a loro volta, lo sono meno di frasi
e di racconti aventi un significato compiuto. In questo niente di nuovo – direte voi.
Bartlett l’aveva già identificato dandogli il nome di effort after meaning. Non si
spiega allora la pertinacia di numerosi insegnanti, in questo aiutati da testi total-
mente inadeguati, a trasferire ai loro allievi informazioni che per essi sono sprovvi-
ste di senso. Si tratta di una pura e semplice perdita di tempo, nella quale non si sa
se sia più alto il livello di masochismo dell’insegnante oppure quello degli allievi.
b) Familiarità. È evidente che informazioni, conoscenze e situazioni usuali sono
più facilmente memorizzabili di quelle insolite, anche se vi sono eccezioni a que-
sta regola. La ragione è piuttosto chiara. Si tratta di elementi costantemente posti
all’attenzione della persona. Questa può riapprenderli consapevolmente oppure
inconsapevolmente (memoria implicita). Ancora, elementi familiari possono fun-
gere da anello di congiunzione per altri che non lo sono affatto. Ad esempio, il
ricordo di una persona cara attiva quasi inevitabilmente quello di alcune situa-
zioni nelle quali sono avvenuti degli incontri piacevoli. Se uno di noi fosse invi-
tato a descrivere le attività svolte in una determinata giornata e a ricordare il gior-
no della settimana, incontrerebbe probabilmente delle difficoltà. Al contrario, se
si chiedesse d’indicare l’ultima volta in cui ebbe la possibilità di incontrare la
persona cara, non solo ricorderebbe il giorno della settimana e la data ma anche
numerosi particolari, di cui aveva perso consapevolezza. Altro aspetto della
familiarità, particolarmente rilevante ai fini dello studio, è l’enorme economia
che essa ci consente di effettuare durante lo studio di un testo. Infatti una parte
più o meno cospicua di esso è già conosciuta dello studente. Egli ha quindi l’op-
portunità di dedicarsi interamente alle parti nuove, non familiari quindi.
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 59

c) Novità o eterogeneità. Se la familiarità è un fattore in grado di facilitare i pro-


cessi di memoria, paradossalmente lo sono anche informazioni o esperienze
nuove. È quello che tecnicamente va sotto il nome di effetto von Restorff
(MEAZZINI, 1975), dal nome della psicologa che per prima si interessò a questo
fenomeno. Un esempio? Supponete di partecipare a un esperimento nel quale vi
si chieda di memorizzare una serie di parole, nel caso specifico 20. Sono tutte
parole scritte in nero ad eccezione di una scritta in rosso. I dati dimostrano che
questa parola viene riconosciuta e rievocata molto meglio di qualsiasi altro item.
Le ragioni per le quali questo fenomeno si verifica sono due. Una, sicura, sta nel
fatto che uno stimolo nuovo attira inevitabilmente l’attenzione della persona,
facilitando in tal modo il processo di codificazione e quelli della memoria ope-
rativa. La seconda ragione, solo ipotizzabile, è che la maggior attenzione pre-
stata a eventi nuovi ha probabilmente una sua base antropologica. È plausibile
pensare che l’uomo primitivo abbia tratto giovamento dal fatto di prestare atten-
zione a stimoli in precedenza mai visti o sentiti. In questo modo poteva valutar-
ne il grado di pericolosità e trarre le debite conseguenze. Probabilmente l’as-
senza di questo fattore avrebbe potuto pregiudicare la stessa sopravvivenza del-
l’umanità.
Scendendo a livelli più concreti, l’effetto von Restorff è alla base del migliore
ricordo delle informazioni che vengono sottolineate all’interno del testo.
Precauzione: affinché tale effetto produca i suoi risultati è necessario che le righe
sottolineate non superino una certa percentuale di quelle contenute nella pagina,
diciamo il 20%. Qualora sottolineassimo in rosso l’80% delle righe sarebbero
quelle non sottolineate a essere eterogenee vale a dire a distaccarsi dalle altre,
come una figura dal suo sfondo.
Naturalmente vi sono altre caratteristiche delle informazioni che possono facili-
tare il ricordo. Tra queste sicuramente la loro vividezza, il colore delle parole e
degli eventi ecc. Si tratta però di fattori che hanno minor impatto di quelli suin-
dicati.

Processi cognitivi che favoriscono la memorizzazione


a) Attenzione. È naturalmente il primo dei processi cognitivi che viene coinvolto
nella memorizzazione. Possiamo assimilarla metaforicamente a un cancello.
Quando esso è aperto le informazioni entrano nei magazzini sensoriali, nella
memoria di lavoro ecc. Quando invece è chiuso, nessuna informazione ha la pos-
sibilità di entrare nella nostra mente.
Spesso defaillance dell’attenzione vengono attribuite ai processi di memoria.
Niente di più falso. La persona non ricorda determinate informazioni o eventi
semplicemente perché non ha prestato a essi la necessaria attenzione. La memo-
60 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

ria è assolutamente incolpevole. Non si può naturalmente recuperare alcuna


informazione se questa non è stata immagazzinata nella MLT. Una buona memo-
ria, quindi, ha come presupposto il buon funzionamento dell’attenzione.
b) Organizzazione. Ancora una volta un esperimento famoso nella storia della psi-
cologia sperimentale. Si tratta dell’effetto Bousfield o raggruppamento. In breve,
se alla persona vengono presentate in modo casuale ad esempio 16 parole, che
appartengono a quattro diverse categorie (supponiamo fiori, animali, utensili,
professioni) si verificano due fenomeni interessanti. Il primo, chiamato raggrup-
pamento, consiste nel fatto che le parole non vengono più rievocate tenendo
conto dell’ordine casuale con cui erano state presentate ma a piccoli gruppi. La
persona dapprima ricorda due o tre nomi di professioni, poi altrettanti delle altre
tre categorie. In altre parole ha utilizzato la sua precedente conoscenza per appor-
re un ordine o meglio ancora un’organizzazione a parole che durante la fase di
presentazione erano slegate le une dalle altre. Il secondo risultato è il significati-
vo miglioramento nella rievocazione rispetto a quella di un numero identico di
parole, prive di qualsiasi possibilità di essere organizzate semanticamente.
Un altro esempio potrebbe ulteriormente convincerci della necessità. Si tratta
ancora una volta di un esperimento presentato da Higbee (1977). Fu presentata a
due gruppi di soggetti questa sequenza apparentemente casuale di numeri:
581215192226293336404347. Al primo gruppo fu chiesto di memorizzarli in
modo meccanico. Al secondo di scoprire l’esistenza di una regola e sulla base di
questa immetterli in MLT. Tre settimane dopo, il primo gruppo non riuscì a ricor-
dare la sequenza, mentre ci riuscì il 23% dell’altro gruppo. Per chi non l’avesse
ancora scoperta, la regola è: aggiungere al primo numero cinque 3, al secondo
numero otto 4 e così via alternando il 3 al 4.
Conclusione i processi di memorizzazione vengono fortemente facilitati se si rie-
sce ad apporre alle informazioni, esperienze ecc. una nostra organizzazione.
c) Associazione. È un fattore così potente da aver convinto psicologi e neuropsico-
logi che l’intera corteccia funzioni come una macchina in grado di costituire
associazioni tra eventi diversi. A dir il vero, però, tale visione affonda le sue radi-
ci in un filone della filosofia, che va sotto il nome di empirismo inglese e che
toccò il suo apice nel XVIII secolo. Fu allora che Thomas Brown scoprì alcune
fondamentali leggi della memoria. Ad esempio, il nome di una persona può farci
ricordare un’altra ad essa simile dal punto di vista estetico o caratteriale. La let-
tura di alcune parole può farci ripercorrere dei collegamenti con altre parole o
addirittura rivivere determinate esperienze. Prendiamo a prestito la figura elabo-
rata da Buzan (1989) per penetrare nel mondo intricato delle associazioni.
Nella figura 2.7 è presentata nella parte superiore un’informazione, che molto
assomiglia a una molecola (potremo chiamarla Mneme?) ricca di potenziali asso-
ciazioni.
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 61

Figura 2.7 - Visione associativa della memoria secondo Buzan

Ognuno di quei ganci rappresenta un potenziale legame associativo, di natura


semantica (gerarchica oppure no), episodica ecc. con altri mneme.
Si viene così a creare una catena associativa grazie alla quale la rievocazione di
uno di questi mnemi può facilitare quella di altri mnemi ad esso associato.
Nell’esempio surriportato del ricordo di una persona, supponiamo quello di un
caro amico, può capitare che il suo nome si associ a quello di altre persone che
portano nomi simili (memoria semantica) e che, allungando l’associazione, si
pervenga a rievocare una persona con la quale abbiamo recentemente litigato
oppure gioiosamente brindato ecc. (memoria episodica).
Constatata la forza delle associazioni nei processi di ritenzione e di recupero,
rimane tuttora insoluta la ragione per la quale alcuni preferiscono associazioni
visive, altri uditive ecc.
62 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

d) Sinestesia. È l’uso simultaneo di più sensi allo scopo di migliorare qualità e


quantità del ricordo. Niente meglio di un esempio può chiarire il funzionamento
delle sinestesie e spiegarne l’efficacia ai fini della rievocazione. Quando guar-
diamo un film utilizziamo più organi sensoriali, senza accorgercene. I processi
cioè si snodano in modo quasi automatico. Riceviamo input che sono contempo-
raneamente visivi e uditivi. Questi, a loro volta, si suddividono in parole e in
musica. La sinergia tra queste due categorie di stimoli fa sì che il ricordo di
un’informazione afferente a una categoria di stimoli o all’altra permetta il recu-
pero di numerose informazioni di natura diversa. Ad esempio, l’ascolto della
musica, che fa da sottofondo ai Magnifici Sette (per i più giovani, fu un film
western davvero cult), porta a rievocare il nome degli attori, la trama del film e
alcune tra le sue immagini più intense. Non è finito però. È possibile che vi siano
altri organi sensoriali interessati oltre a quelli più comuni. Ad esempio, l’olfatto.
Vi sono città nel mondo che hanno degli aromi o degli odori particolari e che fun-
gono da amo cui agganciare altre informazioni. Uno dei due autori, durante un
periodo di insegnamento all’università dell’Oregon, usava pranzare presso un
bistrot vicino al campus. In quel contesto era molto pregnante l’odore delle uova,
della pancetta e di altre spezie che contribuivano a produrre un cocktail olfattivo
facilmente identificabile. Ogniqualvolta egli percepisce una stimolazione olfatti-
va simile a quella recepita in quel bistrot, vengono recuperate immagini visive e
acustiche piuttosto precise. Ad esempio, viene recuperato il modo un po’ pom-
poso con cui il cuoco si addobbava, alcune delle discussione avute con qualche
collega ecc. Il tutto senza alcuno sforzo. Proust aveva intuito chiaramente questa
straordinaria capacità della nostra mente. Basta un punto d’appoggio (nel suo
caso l’aroma del thè offerto dalla zia) e il mondo risorge. Detto in modo più fat-
tuale vengono recuperate informazioni che sembravano essere del tutto scom-
parse.
e) Immaginazione. È la produzione nella nostra mente di eventi che non sono pre-
senti fisicamente o che non lo possono essere. È la conferma delle nostre enormi
potenzialità mentali. Quale uso farne nel caso della memoria? Ancora una volta
un esempio a nostro parere significativo.
Supponiamo di dover studiare le battaglie di Napoleone e di soffermarci su quel-
la per lui fatale, Waterloo. Generalmente lo studente si limita a leggere una o più
pagine facendo appello alla sola memoria visiva (la lettura dei periodi nei quali
la battaglia è descritta). In questa forma di lettura e di studio vi sono dei limiti
piuttosto pesanti. Il primo riguarda il fatto che si fa ricorso solo alla memoria
visiva; il secondo che le associazioni saranno prevalentemente di natura visiva e
semantica. Eppure vi sono molte altre fonti cui attingere attraverso l’immagina-
zione. Ad esempio, lo studente può immaginarsi di vedere gli eserciti con le loro
divise variamente colorate, il fango e l’erba della collina in cui la battaglia ha
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 63

avuto luogo, i cavalli lanciati alla carica delle posizioni nemiche. A tali immagi-
ni visive può aggiungere quelle uditive quali ad esempio il rombo dei cannoni, lo
scoppiettio dei moschetti, le urla dei feriti, il nitrito dei cavalli ecc. Ancora, può
produrre immagini olfattive quali ad esempio l’odore rilasciato dalla polvere da
sparo, quello dell’erba bagnata ecc. È molto probabile che la battaglia di
Waterloo così ricca di stimoli afferenti a organi sensoriali diversi si trasformi per
lo studente in evento davvero memorabile.
f) Visualizzazione. È una delle categorie che confluiscono nel concetto di immagi-
nazione. A essa viene dato risalto particolare rispetto alle altre forme di immagi-
nazione, perché costituisce la dimensione immaginifica più largamente usata e
caratterizzata dalla maggiore efficacia. Essa vale sia a riguardo della memoria
episodica che di quella semantica. In questo caso ovviamente non saranno tanto
immaginate le parole in sé e per sé quanto gli oggetti o le situazioni cui esse
fanno riferimento. La visualizzazione è particolarmente sviluppata nel ricordo di
parole o frasi concrete e non astratte, in quello di parole ed eventi a forte carica
emotiva ecc. Ad esempio, provi il lettore a produrre immagini a proposito di que-
ste situazioni “Bambino che dorme”, “Un fiume in piena”, “Uno scoiattolo che
mangia una nocciola” ecc. Sicuramente non incontrerà difficoltà di alcuna sorta.
Più difficile, invece, produrre immagini a proposito di parole del tipo “Dubbio”,
“Mistero”, “Odio” ecc. Parole ed eventi concreti quindi producono più facil-
mente immagini visive e queste, a loro volta, facilitano il ricordo. Non altrettan-
to può dirsi di parole, frasi astratte. È più difficile associare a esse immagini visi-
ve e tale difficoltà abbassa il rendimento mnestico.
Una sottocategoria del processo di visualizzazione è la rotazione mentale, parti-
colarmente utile quando vogliamo ricordare con pienezza di dettagli persone,
luoghi, opere artistiche ecc.
Con questo termine facciamo riferimento a una tecnica particolare grazie alla
quale ci sforziamo di visualizzare una situazione rotando attorno a essa, guar-
dandola cioè con la nostra mente da prospettive diverse. Ad esempio, posso
immaginare di guardare piazza San Marco avendo la basilica di fronte a me, poi
posso girare lo sguardo verso le procuratie vecchie, spostandolo verso l’ala napo-
leonica e infine concludere con le procuratie nuove. Mentre si sta visualizzando
il luogo ci si sforza di portare alla mente il maggior numero di dettagli possibili.
La tecnica vale anche nel caso del salotto di casa così come di molte altre situa-
zioni. Mi colloco mentalmente al suo centro e seguendo un’esplorazione visiva
ordinata e sistematica cerco di recuperare il numero maggiore di informazioni.
g) Situazioni umoristiche. Guardiamo la figura 2.8. In essa è rappresentato un uomo
che scivola su una buccia di banana e atterra in modo rovinoso. Si tratta di una
situazione che penetra facilmente nella nostra memoria e che riteniamo per lungo
tempo. Perché mai? Le ragioni sono duplici. La prima sta nel fatto che eventi in
64 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 2

Figura 2.8 - Figura che rappresenta un uomo che scivola per terra a causa di una buccia di banana

grado di suscitare le nostre emozioni, producono risposte neurologiche che per-


mettono un loro maggiore consolidamento mnestico. La seconda è, ancora una
volta, l’effetto von Restorff. Si tratta infatti di situazioni piuttosto rare che ben si
differenziano da quelle usuali. Spiccano nella nostra mente come la luna piena in
un cielo ricoperto di nubi. Come usare tale fattore per favorire la memorizzazio-
ne di eventi e di situazioni? Ad esempio, nel ricordo dei visi, è utile esagerare
alcuni aspetti quali ad esempio il naso e visualizzarne una lunghezza alla Cyrano
de Bergerac per suscitare un sorriso. Ancora voglio ricordare una persona che si
veste in modo poco convenzionale. Posso visualizzarla con addosso un vestito
arlecchinato, mentre assume quelle pose tipiche della maschera.
Insomma ridere fa bene non solo alla qualità della nostra esistenza ma anche a
quella della nostra memoria.
CAPITOLO 2 DIMENTICARE E RICORDARE 65

Processi di natura affettiva ed emozionale


a) Affetto. Vi sono ricordi davvero indelebili. Sono quelli che riguardano esperien-
ze ricche d’affetto. Non si dice forse che la prima ragazza o ragazzo non si
dimenticano mai? Ancora, come dimenticare esperienze affettivamente ricche
vissute coi propri genitori o con amici molto intimi!
Perché mai ciò avviene, probabilmente per due ordini di fattori. Il primo di que-
sti è connesso col livello di arousal associato a esperienze di questo tipo. Come
descritto nell’ultimo paragrafo del primo capitolo, eventi affettivamente impor-
tanti innalzano il nostro livello di arousal e questo, a sua volta, ne garantisce un
migliore ricordo. Il secondo fattore è connesso col piacere di ricordare eventi di
questa natura. Il loro recupero è oggetto quindi di rinforzo. È questo il fattore che
ci porta a recuperare più frequentemente esperienze di questo tipo e a reiterarle
costantemente.
b) Motivazione. Su di essa ci siamo soffermati a lungo nella parte finale del primo
capitolo. Basti qui riassumere gli effetti della motivazione. Essi consistono nel
migliorare la qualità della nostra attenzione e la sua persistenza, nel favorire il
passaggio nella memoria di lavoro e nel facilitare i processi di codificazione e di
organizzazione e infine di rendere più agevole il processo di recupero.
c) Ansia. Si tratta di un processo che generalmente produce un peggioramento per
quanto riguarda tutti i processi cognitivi, quindi anche quelli connessi con la
memorizzazione. In particolare l’ansia sembra alterare negativamente il proces-
so attentivo, portando la persona a prestare scarsa attenzione a quanto avviene
nel mondo esterno e a rendere più difficoltoso il processo di recupero delle infor-
mazioni (MEAZZINI, 2000). Che fare a questo punto? Due le soluzioni più promet-
tenti. La prima consiste nell’insegnare alla persona ansiosa tecniche di rilassa-
mento in grado di abbassare il livello della sua ansia (GALEAZZI e MEAZZINI, 2004).
La seconda nel trasferirle le cosiddette study skills vale a dire nell’insegnarle le
abilità di studio, quali la segmentazione del tempo, la lettura veloce, le mappe
cognitive ecc.
In conclusione ottimizzare la nostra capacità di memoria consiste nell’usare al
meglio i processi cognitivi, trasformandoli in mnemotecniche e nel mantenere un
livello di arousal che sia compatibile coi processi di apprendimento.
Capitolo 3

Come si evolve la memoria

Nel primo capitolo è stato messo in evidenza come la memoria non costituisca
una funzione unitaria, venendosi di fatto a configurare come sistema complesso e
articolato, nel quale un insieme di componenti specializzate svolgono ruoli specifici
per l’economia del sistema. I magazzini (o registri) sensoriali, la memoria operati-
va o di lavoro con la sua organizzazione multicomponenziale, la memoria a lungo
termine articolata in memoria procedurale e dichiarativa (implicita ed esplicita), con
quest’ultima che presenta un’ulteriore differenziazione funzionale in memoria epi-
sodica e semantica, rendono assai complessa l’analisi dei processi evolutivi.
A questa situazione si aggiunge il fondamentale ruolo rivestito dalle strategie di
memoria e dal sistema di conoscenze specifiche sulla memoria (metamemoria), alle
quali è stato dedicato il secondo capitolo. Tali processi condizionano in maniera
decisiva l’efficacia del sistema mnestico, specie per quanto concerne la memoria
dichiarativa o esplicita.
Alla luce di questa situazione, molto articolata dal punto di vista funzionale (che
speriamo non abbia confuso il Lettore), risulta complesso effettuare un’analisi dei
processi di sviluppo della memoria con la sinteticità richiesta da un volume opera-
tivo come questo, dedicato alla presentazione di un curricolo educativo. Dovendo
operare delle scelte, in relazione al ruolo centrale che nel presente lavoro viene riser-
vato alle strategie di memoria e ai processi metamnemonici, articoliamo la tratta-
zione sui seguenti punti:
– lo sviluppo della memoria nei primi anni di vita;
– lo sviluppo delle strategie di memoria;
– lo sviluppo delle conoscenze sulla memoria (metamemoria).

Lo sviluppo della memoria nei primi anni di vita


A livello generale si può affermare che più i processi sono automatici, tanto più
essi devono essere considerati filogeneticamente arcaici e presenti precocemente
nello sviluppo. Al contrario, i processi che richiedono un elevato controllo consape-
68 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 3

vole e l’impiego di strategie attive di elaborazione sono un’acquisizione filogeneti-


camente più recente e compaiono relativamente tardi nello sviluppo.
Anche per quello che riguarda il sistema mnestico, i magazzini sensoriali, essen-
do altamente automatizzati nel loro funzionamento, risultano presenti verosimil-
mente in epoche molto precoci dello sviluppo dell’individuo. Si tratta di strutture
computazionali molto specializzate, che sono presenti e ben funzionanti già dalla
nascita (un modulo nell’accezione di FODOR, 1983), svolgendo un ruolo nel garanti-
re la corretta rilevazione degli stimoli e la loro iniziale codifica in un sistema fon-
damentale per garantire alcune semplici funzioni adattive come il riconoscimento
percettivo (si pensi alle discriminazioni che opera il bambino nei primi mesi, fino ad
arrivare, a 7-8 mesi, alla differenziazione fra persone note e sconosciute).
Alcuni autori (NEISSER, 1967; HARRIS, 1978; CORNOLDI, 1986) tendono a ritenere
che non vi siano differenze nel funzionamento dei registri sensoriali fra bambini e
adulti e che l’unica cosa che verosimilmente si modifichi nel corso dello sviluppo
sia l’utilizzo degli input provenienti da questi sistemi da parte delle altre componenti
del sistema mnestico.
Relativamente alla memoria operativa o di lavoro, molte attenzioni si sono con-
centrate sulla capacità di immagazzinamento (span). Sono state avanzate ipotesi
(per una rassegna si veda VIANELLO, 1998) sul fatto che i limiti indicati da Miller e da
Baddeley (dalle 5 alle 9 unità, si veda il Capitolo 1), simili seppur riferiti a modelli
teorici diversi, possano essere considerati tipici degli adulti, più che dei bambini.
Solo con il procedere della maturazione la memoria di lavoro acquisirebbe (non
prima dei sette anni, comunque) la capacità tipica dell’adulto. Secondo Pascual-
Leone (1970), il numero assoluto di informazioni che il bambino è in grado di uti-
lizzare contemporaneamente aumenta dai 5 ai 12 anni. Tale affermazione, tuttavia,
ha sollevato non poche critiche (per un approfondimento di questo dibattito si veda
BERTI e BOMBI, 1985).
Molti autori ritengono che le differenze fra adulto e bambino non siano dovute
tanto a motivi strutturali (cioè a una diversa capacità della memoria operativa),
quanto a un diverso utilizzo delle strategie. In altre parole, i bambini, per varie cause
(minore esperienza, minore capacità di pianificare il proprio apprendimento, ecc.),
utilizzerebbero meno le strategie (come la reiterazione e la codificazione) che per-
mettono alla memoria di lavoro di tenere contemporaneamente presenti nel proprio
magazzino molti elementi per più di pochi secondi. Su questo aspetto, comunque, ci
soffermeremo maggiormente nel prossimo paragrafo.
Se le strategie di elaborazione subvocalica del materiale (come la reiterazione)
si strutturano abbastanza tardi nello sviluppo (fanno la loro comparsa verso i sette
anni, per perfezionarsi negli anni successivi), i bambini piccoli, fin da tre anni,
risultano comunque in grado di impiegare alcuni sistemi esterni di facilitazione
della memorizzazione. È quanto hanno appurato Flavell e i suoi collaboratori
CAPITOLO 3 COME SI EVOLVE LA MEMORIA 69

(WELLMANN, RITTER e FLAVELL, 1975) con un ingegnoso impianto sperimentale. A bam-


bini di due e tre anni veniva raccontata una storia che aveva come protagonista un
cagnolino. La vicenda veniva mimata con l’ausilio di un cane giocattolo e con alcu-
ne tazzine sotto le quali il cagnolino veniva nascosto. A un certo punto lo speri-
mentatore interrompeva il racconto e si allontanava con una scusa; a metà dei bam-
bini veniva detto di attendere finché lo sperimentatore non fosse tornato, ad altri,
invece, veniva richiesto di tenere in memoria dove era andato a finire il cagnolino.
Osservando il comportamento attraverso uno specchio unidirezionale i ricercatori
hanno potuto notare che i bambini di tre anni, ai quali era stato affidato il compito
di ricordare dov’era il cagnolino, mettevano in atto varie strategie per favorire la
memorizzazione, come tenere l’indice verso la tazzina critica o fissarla a lungo.
Questi comportamenti non furono, viceversa, utilizzati dall’altro gruppo di bambi-
ni. Al suo ritorno lo sperimentatore, prima di riprendere il racconto interrotto, chie-
deva a tutti i bambini di indicargli dov’era rimasto il cagnolino. I bambini che ave-
vano usato le strategie riuscivano in questo compito meglio di quelli ai quali non
era stato detto nulla e che, pertanto, avevano memorizzato l’informazione solo in
maniera incidentale.
Anche per quanto riguarda la memoria a lungo termine, lo sviluppo dei primi
anni di vita si concretizza con una serie di incrementi che riguardano sia aspetti
quantitativi, che qualitativi.
Dal punto di vista quantitativo, come sottolinea Stella (2000), vi sono pochi
dubbi che il bagaglio delle conoscenze di cui ogni bambino dispone si accresca in
funzione dell’età e della quantità di interazioni con il mondo esterno. Un neonato
non è completamente una tabula rasa, poiché nasce avendo già a disposizione siste-
mi specializzati per interagire produttivamente con la realtà esterna, però il suo
patrimonio di conoscenze è estremamente limitato, benché vada incontro a rapidis-
simi incrementi già nei primi anni di vita. Anche il suo repertorio di abilità (memo-
ria procedurale o implicita) è costituito all’inizio da una gamma ristretta di schemi,
strutturati a un livello organizzativo molto semplice. Appare quindi ovvio ipotizza-
re una linea evolutiva della memoria a lungo termine, che comporti un progressivo
incremento delle conoscenze depositate nel magazzino a lungo termine.
Ma non finisce qui. Infatti, oltre a questo accrescimento quantitativo, il bambino,
fin dai primi anni, diventa capace di utilizzare dei concetti (tipici della memoria
dichiarativa di tipo semantico), cioè egli è in grado di creare una classe di elementi
aventi tutti la stessa proprietà (colore, modalità di utilizzazione, ecc.). Questa capa-
cità, come vedremo meglio in seguito, apre la strada alla strutturazione di strategie
di memoria anche molto sofisticate. Secondo Nelson e Brown (1978), grazie all’uti-
lizzo sempre più ampio di schemi (chiamati anche script in quanto costituiscono una
specie di canovaccio, di copione) che collegano gli elementi in vario modo, il bam-
bino riesce a passare gradualmente da un’organizzazione episodica (che comunque
70 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 3

non scompare) a una semantica. Questa interpretazione appare in sintonia anche con
la posizione espressa dalla Karmiloff-Smith (1992), la quale ha ipotizzato un conti-
nuum lungo il quale la conoscenza immagazzinata in memoria a lungo termine viene
continuamente “ridescritta” durante tutto il corso dello sviluppo.
Un’altra differenza che si evidenzia fra bambini nei primi anni di vita (prescola-
ri) e bambini più grandi, fino agli adulti, riguarda il diverso ruolo attribuito alle
immagini oppure alle verbalizzazioni. Vari autori (BRUNER, OLVER e GREENFIELD, 1966;
BRUNER, 1986; PAIVIO, 1971; CORNOLDI, 1986; VIANELLO, 1998) hanno evidenziato la
preferenza dei bambini per il codice immaginativo rispetto a quello verbale. Ancora
una volta, tuttavia, non siamo in grado di sapere se ciò è dovuto a motivi strutturali
(es., una maggiore capacità nell’infanzia e nella fanciullezza di memorizzare le
immagini o di conservarle per più tempo nella memoria a breve termine o di pas-
sarle più facilmente nella memoria a lungo termine) oppure all’influenza ambienta-
le, cioè al fatto che la nostra cultura (in particolare la scuola) privilegia gli aspetti
verbali.
In conclusione, quindi, nel periodo prescolare tutte le componenti del sistema di
memoria si strutturano e si potenziano parallelamente agli altri processi cognitivi,
per preparare l’autentica modificazione qualitativa e quantitativa che si verifica a
partire dai sette anni circa, con la progressiva acquisizione della capacità di usare
strategicamente il proprio sistema di memoria e di essere consapevoli delle sue
potenzialità e dei suoi limiti.

Lo sviluppo delle strategie di memoria


Le strategie di memoria, quelle che nel Capitolo 2 abbiamo indicato come pro-
cessi cognitivi che favoriscono la memorizzazione, sono da considerarsi come atti-
vità intenzionali del bambino, piani d’azione e controlli esecutivi che egli mette in
atto per apprendere e ricordare. Queste diventano sempre più articolate ed efficaci
con lo sviluppo, grazie anche all’aiuto degli adulti e all’educazione. Purtroppo la
nostra organizzazione scolastica non brilla certo per l’attenzione che viene rivolta a
tali fondamentali processi.
Per quanto riguarda l’età in cui queste modalità di approccio ai compiti vengono
acquisite, vari ricercatori anche recentemente (BAKER, 1994; ALEXANDER, CARR e
SCHWANENFLUGEL, 1996; CROWLEY, SHRAGER e SIEGLER, 1997; HASSELHORN,1995; JOYNER e
KURTZ-COSTES, 1997; SCHNEIDER e SODIAN, 1997; BRAY, REILLY, VILLA e GRUPE, 1997;
SCHNEIDER, 2002; HERRMANN, RAYBECK e GRUNEBERG, 2002) asseriscono che nulla è rin-
tracciabile nel comportamento di bambini di età inferiore ai 7/8 anni che stia a indi-
care una condotta strategica in fatto di memoria.
La reiterazione, che è stata la strategia più studiata, inizia a manifestarsi verso i
7 anni e assume forme sempre più complesse con l’età.
CAPITOLO 3 COME SI EVOLVE LA MEMORIA 71

Le sperimentazioni effettuate già da Flavell e dal suo gruppo negli anni Sessanta
e Settanta (FLAVELL, BEACH e CHINSKY, 1966; RITTER, KAPROVE, FITCH e FLAVELL, 1973),
fornendo ai soggetti indizi di rievocazione e cercando di leggere i movimenti delle
labbra o richiedendo loro di “pensare ad alta voce”, hanno evidenziato come i bam-
bini di 8 anni si limitavano a reiterare l’ultima parola mano a mano che procedeva
la presentazione; quelli di 10 ripetevano insieme all’ultima parola anche qualcuna di
quelle precedenti; mentre quelli di 13 anni tendevano a reiterare insieme le parole
appartenenti a una stessa categoria, malgrado queste non venissero presentate di
seguito (clustering o effetto Bousfield).
Studi più recenti, condotti anche con ricerche di tipo longitudinale (SCHNEIDER e
SODIAN, 1997) confermano sostanzialmente le sperimentazioni iniziali per quanto
concerne la comparsa tardiva della strategia di reiterazione, specie quando la stes-
sa deve funzionalmente associarsi a quella di codificazione (es., reiterando non solo
un elemento alla volta, ma formando gruppi di elementi da reiterare).
Anche gli studi sull’apprendimento delle altre strategie (per una rassegna si veda
RONCATO e ZUCCO, 1993; ANDREANI DENTICI, 1993; JOYNER e KURTZ-COSTES, 1997) hanno
portato a risultati simili a quelli emersi a proposito della reiterazione.
Per quanto riguarda le strategie di organizzazione semantica del materiale (clu-
stering e formazione di storie), è stato dimostrato che i bambini tendono a eviden-
ziare un primo livello di padronanza verso la fine della scuola elementare (9-10
anni). È stato anche appurato che i raggruppamenti semantici possono essere favo-
riti dalle istruzioni date dall’adulto e che i soggetti i quali hanno ricevuto un’educa-
zione formale usano strategie più deliberate e finalizzate rispetto a quelli non istrui-
ti. Anche le ricerche sugli anziani, a questo proposito, indicano che il declino mne-
stico dopo i 70 anni è minore nei soggetti con istruzione elevata anche quando impa-
rano materiale nuovo (ANDREANI DENTICI, 1993).
Sempre a partire dalla quarta-quinta elementare si sviluppano strategie per la
comprensione dei testi, come prendere nota delle idee principali, sottolineare, porsi
da soli delle domande, concentrarsi sulle parti più difficili o su quelle omesse pre-
cedentemente. Si è notato, però, che gli studenti continuano ad applicare delle tec-
niche inefficaci e hanno bisogno di aiuti dell’adulto per usare strategie più mature.
In sintesi, quindi, lo sviluppo delle strategie mnestiche richiede che il consolida-
mento di procedure più mature si combini con l’abbandono di vecchie abitudini;
inoltre, è necessario che le strategie diventino sempre più generalizzabili (cioè uti-
lizzabili in contesti differenti da quelli nei quali sono state apprese) e flessibili.
Questo, come vedremo in seguito, è fortemente facilitato dall’affinamento della
conoscenza e della consapevolezza del bambino sul funzionamento della propria
memoria, cioè dallo sviluppo della competenza metamnemonica.
Un’altra componente importante da considerare nello sviluppo è costituita dalla
memoria visuo-spaziale. L’ampia rassegna elaborata dal Vecchi e Cornoldi (1998)
72 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 3

fornisce informazioni molto interessanti e significative ai fini del nostro lavoro. Le


differenze evolutive che gli autori mettono in evidenza mostrano come la memoria
visuo-spaziale sia legata alla capacità motoria, all’utilizzazione dei referenti spazia-
li destro e sinistro rispetto a se stessi e a oggetti esterni e mostra un aumento note-
vole tra i 7 e gli 11 anni. Questo incremento avviene soprattutto nei compiti che
richiedono immagini mentali attive, come la rotazione e l’integrazione di immagini
e nei compiti più complessi in cui intervengono anche le abilità verbali, le quali per-
mettono, ad esempio, la comparazione di un luogo o di un percorso con un altro.
Mentre i bambini, anche piccoli, sanno svolgere compiti visuo-spaziali con basso
carico attentivo, con lo sviluppo delle capacità verbali e operatorie compaiono le
abilità visuo-spaziali complesse che non richiedono più solo il riconoscimento della
posizione di uno stimolo, ma la sua collocazione relativa, la ricostruzione di una
sequenza di azioni, l’evocazione di immagini ricordo e l’interiorizzazione di sche-
mi operatori dinamici.
Si potrebbe continuare ancora nella presentazione di studi e posizioni teoriche
diverse, ma probabilmente questa insistenza non sarebbe apprezzata dal nostro
Lettore che si aspetta soprattutto suggerimenti operativi. Pensando soprattutto a lui,
facciamo uno sforzo di sintesi e articolazione dell’ampia letteratura esistente sullo
sviluppo delle strategie mnestiche. Con una schematizzazione sicuramente eccessi-
va, ci sembra che tre aspetti generali possano essere estrapolati:
– il fatto che le diverse strategie tendano a comparire in periodi abbastanza tardivi
dello sviluppo (a età differenti in relazione alla complessità delle strategie, ma
comunque non prima dei sette-otto anni);
– il notevole ruolo che può essere svolto per l’apprendimento delle strategie dalla
mediazione degli adulti e, più in generale, da appropriati training educativi;
– la particolare progressione dello sviluppo, che determina, per tutte le strategie,
una iniziale impossibilità di utilizzare la strategia, poi un suo uso assistito, fino
alla condizione di impiego spontaneo.
Basandosi su quest’ultima evidenza, Flavell e Wellman (1977) hanno proposto il
modello esplicativo di sviluppo indicato in tabella 3.1. A un primo livello (strategia
non disponibile) i bambini non padroneggiano ancora le abilità su cui si fondano le
strategie; a un secondo (carenza di produzione della strategia), pur disponendo dei
prerequisiti necessari all’utilizzo delle strategie, non le mettono in atto spontanea-
mente; all’ultimo livello le strategie diventano disponibili per un uso autonomo e
funzionale (uso maturo della strategia).
A questa particolare modalità di acquisizione e utilizzo delle strategie di memo-
ria si collegano i concetti di “deficit di mediazione”, “deficit di produzione” e “uso
spontaneo” delle strategie (FLAVELL, 1970; BROWN, 1972), sui quali avremo cura di
tornare in seguito descrivendo il curricolo educativo (si vedano i Capitoli 5 e 6).
CAPITOLO 3 COME SI EVOLVE LA MEMORIA 73

Tabella 3.1 - Caratteristiche dei deficit di mediazione, di produzione e dell’uso maturo


delle strategie (da FLAVELL e WELLMAN, 1977, modificato)
Strategia Carenza di produzione
Caratteristiche connesse Uso maturo
non disponibile della strategia
all’uso delle strategie delle strategie
(deficit di mediazione) (deficit di produzione)

Possesso dei prerequisiti Da assenti a Da abbastanza a Totalmente presenti


su cui si fonda la strategia scarsamente presenti totalmente presenti

Capacità di utilizzare Assente Assente Presente


spontaneamente
la strategia

Effetti dell’insegnamento Inefficaci Efficaci L’insegnamento


della strategia non è necessario

Efficacia dell’utilizzo – Positiva Positiva


della strategia in compiti
mnestici

Lo sviluppo delle conoscenze sulla memoria (metamemoria)


Il “deficit di produzione”, illustrato a conclusione del paragrafo precedente,
descrive la situazione nella quale i bambini non utilizzano spontaneamente delle stra-
tegie pur possedendo tutte le capacità per farlo, mentre le impiegano quando ricevo-
no specifici suggerimenti da parte di adulti. Il mancato impiego autonomo delle stra-
tegie dipende dal fatto che i bambini non si rendono conto di averle oppure non
sanno valutare l’utilità che esse possono rivestire in certi compiti. Queste conoscen-
ze sulla propria memoria e sulle possibilità di usarla efficacemente fanno riferimen-
to all’area della metamemoria, che la Brown e i suoi collaboratori (BROWN, BRANSFORD,
FERRARA e CAMPIONE, 1984) suggeriscono di distinguere in due capitoli principali:
– la metamemoria come conoscenza dei propri processi mentali;
– la metamemoria come controllo e autoregolazione di questi processi.
La metamemoria, quindi, non è da considerarsi una forma particolare di memo-
ria, ma un’attività cognitiva di controllo dei processi di memoria.
Fin dai primi studi, un campo di indagine privilegiato è stato quello dei rapporti
fra competenze metamnemoniche e prestazioni mnestiche (KURTZ e BORKOWSKI, 1984;
PRESSLEY, BORKOWSKI e O’SULLIVAN, 1985; SCHNEIDER, 1985; BORKOWSKI, 1988). In seguito
sono state sviluppate ricerche anche sui collegamenti fra metamemoria e aspetti affet-
tivi (soprattutto per quanto riguarda la motivazione), con riferimento particolare agli
stili di attribuzione (CONNOR, 1995; MEAZZINI, COTTINI, MONTAGNA, LANI e ANGELINI, 1995a;
WEHMEYER e PALMER, 1997; BJORKLUND, MILLER, COYLE e SLAWINSKI, 1997; HERRMANN et al.,
2002). Tutti questi studi, con le loro ripercussioni operative, hanno rappresentato uno
dei riferimenti principali per l’elaborazione del nostro curricolo educativo.
74 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 3

Andando più nello specifico, va sottolineato come all’inizio sembrò quasi ovvio
ritenere che le buone competenze metamnemoniche influenzassero positivamente le
prestazioni di memoria. Le prime rassegne sull’argomento (CAVANAUGH e PERLMUTTER,
1982; SCHNEIDER, 1985) confermarono tale ottimismo solo in parte, poiché numerose
ricerche correlazionali evidenziavano deboli relazioni fra metamemoria e memoria.
Molti autori che avevano sposato questa impostazione vennero assaliti da una sorta
di sconforto. Una analisi attenta e critica di queste ricerche, comunque, ha permes-
so poi di inquadrare meglio la situazione e di evidenziare come le fragili relazioni
rilevate fossero risultate tali soprattutto a causa della scarsa precisione degli stru-
menti utilizzati per la valutazione della metamemoria. Ulteriori indagini, tra cui
quelle basate sui programmi di training (CORNOLDI e CAPONI, 1992; COTTINI e MEAZZINI,
1997; BJORKLUND, et al., 1997; HUDSON e GILLAM, 1997), hanno fatto emergere un qua-
dro complesso, da cui risulta, come dato di fondo sostanzialmente condiviso, che le
capacità mnemoniche dei bambini (almeno di età superiore ai 6 anni) sono positi-
vamente influenzate da interventi educativi che migliorano il livello metamnemoni-
co. Infatti, è grazie al progredire della metamemoria che il soggetto diventa capace
di scegliere sia le strategie da utilizzare per acquisire e conservare le informazioni,
che le informazioni le quali meritano di essere conservate fra le tante che l’ambien-
te continuamente fornisce.
Per quanto riguarda lo studio circa lo sviluppo della conoscenza e della capacità
di controllo della propria memoria da parte dei bambini vanno segnalati una serie di
lavori condotti da Cornoldi, Vianello e dai loro collaboratori (CORNOLDI e ORLANDO,
1988; VIANELLO, 1991). In tali ricerche, gli autori hanno cercato di distinguere le
strutture di ragionamento operatorio dalle conoscenze metamnemoniche, utilizzan-
do una tecnica di indagine che prevedeva di narrare ai bambini una storia nella quale
il protagonista doveva svolgere un compito che richiedeva il ricordo di varie conse-
gne, ricordo necessario per il lieto fine della storia. Il racconto veniva interrotto in
vari punti da una serie di domande rivolte ai bambini sui motivi delle dimenticanze
del protagonista, su eventuali suggerimenti utili per ricordare meglio, sulla previ-
sione del successo del protagonista nei compiti mnestici. Questa procedura permet-
teva di indagare le conoscenze relative ai seguenti aspetti:
– le idee generali sul funzionamento della mente e della memoria;
– le cause dell’oblio;
– le strategie volte a favorire la memorizzazione o il recupero.
Con questa tecnica, associata a una serie indipendente di misure dell’intelligen-
za e del livello operatorio valutato con test di ispirazione piagetiana, gli autori hanno
riscontrato che molte conoscenze metamnemoniche sono già abbozzate fra i 5 e i 7
anni e che la loro presenza è strettamente correlata con lo sviluppo del pensiero logi-
co, il quale permette la presa di coscienza.
CAPITOLO 3 COME SI EVOLVE LA MEMORIA 75

In particolare, i bambini di 3-4 anni pur descrivendo la memoria in termini dina-


mici (le idee possono “entrare” e “uscire” dalla testa) non riconducono il ricordo e
l’oblio a processi direzionati intenzionalmente e attivamente dal soggetto.
A 5-6 anni la memoria non viene descritta più solo come un contenitore più o
meno capiente, ma come un processo della mente sul quale è possibile influire. La
dimenticanza viene spesso attribuita alla cattiva ricezione (al “non aver sentito”,
“non aver capito”, ecc.) e sui processi di memoria si ritiene possano incidere com-
ponenti di carattere fisiologico come “la stanchezza”, “il sonno” ecc. Le strategie
di memoria espresse a questo livello riguardano soprattutto il momento dell’im-
magazzinamento delle informazioni (es., si ritiene che sia importante ripetere le
cose da ricordare non appena vengono udite). Minor attenzione viene riservata,
invece, al momento di mantenimento delle informazioni, anche se i bambini intui-
scono che la variabile tempo riveste una certa importanza per il ricordo (“bisogna
fare in fretta”).
A 7-8 anni l’attenzione dei bambini si estende anche al periodo del manteni-
mento delle informazioni; il passare del tempo viene ora indicato come principa-
le causa della dimenticanza e l’utilizzo di strategie di memoria viene previsto
anche per l’intervallo di ritenzione. Ad esempio, i bambini sostengono solitamen-
te che se la reiterazione è utile immediatamente dopo la percezione del materiale
da ricordare, lo è ancora di più se effettuata anche durante il periodo di manteni-
mento.
Dagli 8 anni circa diventa una variabile molto importante non solo il tempo che
intercorre fra il momento in cui l’informazione viene recepita e quello in cui deve
essere riferita, ma anche il modo in cui si impiega tale tempo. Viene introdotto il
concetto di interferenza che altre attività, soprattutto se sono piacevoli, possono
avere sulla capacità di ricordo. Lo sforzo e l’impegno per mantenere le informazio-
ni in memoria assumono un ruolo rilevante e si cominciano a percepire alcuni van-
taggi che potrebbero derivare dalla creazione di collegamenti associativi. Questa
capacità, però, risulta ancora a uno stadio molto primitivo e si limita ad alcune asso-
ciazioni dirette (es., “prendere un fiore così ci si ricorda che bisogna dire fiore”) o
concatenate (es., “se ci si ricorda il fiore, poi viene in mente anche il ramo e la
foglia”).
Dopo i 10 anni circa emerge la consapevolezza che gli aspetti emozionali e
motivazionali rivestono un ruolo molto significativo. Emozioni intense possono
interferire con la capacità di memorizzare, mentre la mancanza di volontà e inte-
resse impediscono una buona memorizzazione e un buon ricordo. Lo sforzo
cognitivo viene sempre meglio canalizzato in rapporto al fine; viene riportata
l’importanza del concentrarsi; le associazioni vengono utilizzate in maniera più
raffinata e non riguardano solo abbinamenti a due a due, ma vere e proprie cate-
ne (clustering).
76 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 3

Anche la nostra ricerca finalizzata alla standardizzazione del MnemoTest (COTTINI


e MEAZZINI, 2005) ha evidenziato una consapevolezza circa la natura e l’utilità delle
strategie mnestiche che comincia a strutturarsi a partire dagli 8 anni, per poi pro-
gredire in maniera abbastanza lineare fino ai 13 anni, quando si verifica un picco
molto consistente. La figura 3.1 riporta i punteggi medi ottenuti alle diverse età dal
campione di standardizzazione, costituito da 1356 bambini di età compresa fra gli 8
e i 13 anni.
Un aspetto centrale da considerare, a conclusione di questo paragrafo dedicato
allo sviluppo della metamemoria, riguarda le relazioni che esistono fra conoscenza
metamnemonica e capacità di utilizzare adeguatamente le strategie, con conseguen-
te vantaggio nelle prestazioni di memoria.
Sembra un quesito ingenuo, ma non lo è poi tanto.
Alcuni autori (SCHNEIDER e PRESSLEY, 1989; CORNOLDI, 1995; JOYNER e KURTZ-COSTES,
1997) hanno analizzato questo rapporto evidenziando che non sempre l’evoluzione
è parallela. Riportando una serie di studi sperimentali che hanno preso in conside-
razione soprattutto l’organizzazione categoriale (clustering), gli autori sottolineano
che esistono situazioni che evidenziano la priorità della conoscenza metacognitiva e
altri, invece, in cui viene esibita la strategia pur non conoscendola. Questi dati non
autorizzano la definizione di una teoria causale né in un senso, né nell’altro. In altre

8 9 10 11 12 13
ETÀ (anni)

Figura 3.1 - Punteggi medi di metamemoria ottenuti al MnemoTest dal campione di standardizzazione
CAPITOLO 3 COME SI EVOLVE LA MEMORIA 77

parole, non è possibile asserire che la conoscenza metamnemonica circa la natura e


l’utilità di una strategia si strutturi sempre a partire dal comportamento o che, al con-
trario, sia la consapevolezza metamnemonica a determinare l’impiego di specifiche
strategie. Quello che appare evidente, invece, è il rapporto di scambio e di influen-
za reciproca. Come sostiene Cornoldi (1995), infatti, si instaura una costante inter-
connessione fra le idee che influenzano il comportamento e i riscontri legati al com-
portamento che aiutano ad arricchire e integrare le idee sul processo. A un uso più
maturo della strategia corrisponderà anche una migliore conoscenza metacognitiva
di essa, di quando vada usata, di come possa essere estesa a situazioni nuove con
effetti positivi anche di transfert.
Tutto questo ci sembra una giustificazione e uno stimolo forte a individuare le
procedure per una educazione strategica e metamnemonica da sviluppare nella
scuola.
Capitolo 4

Un curricolo per il potenziamento


della memoria

Eccoci arrivati al cuore del nostro contributo.


Il percorso fin qui sviluppato, che speriamo sia stato seguito con interesse dal
nostro Lettore, ci consente ora di entrare nel contesto delle proposte didattiche. Sono
stati messi in evidenza, infatti, alcuni principi di fondo, in assenza dei quali l’intero
impianto metodologico poteva non essere percepito nella sua organicità e apparire
solo come un insieme di esercizi più o meno stimolanti, alcuni dei quali magari già
visti in altri contesti.
Richiamando i principali nodi tematici del nostro discorso possiamo sostene-
re che:
– la memoria è costituita da un insieme di funzioni e processi molto articolati, che
hanno trovato una sintesi in vari modelli esplicativi orientati ad approcci inter-
pretativi diversi;
– non si tratta di una facoltà, ma di un costrutto dinamico che si fonda su una serie
di principi che possono facilitare e rendere maggiormente efficaci i processi di
memorizzazione e recupero;
– tali processi fanno riferimento alle caratteristiche delle informazioni da ricorda-
re, alle azioni di tipo cognitivo attivate dalla persona e hanno a che vedere anche
con fattori di natura affettiva; in altre parole, richiamano soprattutto il possesso
di strategie di memoria, la consapevolezza del loro funzionamento (metamemo-
ria) e la motivazione a utilizzarle;
– i processi elencati, che hanno uno sviluppo assai tardivo nel bambino, possono
essere attivati attraverso la mediazione degli adulti e, più in generale, grazie ad
appropriati training educativi.
Facendo riferimento a queste argomentazioni, vari autori, già a partire dagli anni
Settanta, hanno dato il via alla sperimentazione di programmi finalizzati all’inse-
gnamento delle strategie di memoria, il cui uso era ritenuto necessario anche per il
superamento delle difficoltà di apprendimento.
80 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 4

Di recente è stata sottolineata l’importanza degli aspetti metacognitivi e motiva-


zionali visti come momenti essenziali per favorire il mantenimento e la generaliz-
zazione dell’uso delle strategie1.
In altri termini, non pare più sufficiente studiare solo i processi cognitivi
(la conoscenza delle strategie di memoria da parte dell’allievo), ma bisogna consi-
derare anche gli aspetti metacognitivi e affettivi (la conoscenza da parte dell’allievo
del funzionamento della propria memoria e l’importanza che egli attribuisce all’uso
delle strategie).
Ed è proprio in questa direzione che si indirizza il nostro curricolo che adesso
andiamo a illustrare.

Obiettivi del curricolo


Il curricolo che presentiamo è finalizzato a favorire l’acquisizione e l’utilizzo
spontaneo, in contesti di vita scolastica e quotidiana, delle strategie di memoria da
parte di allievi di scuola primaria e secondaria di primo grado, con possibilità di
essere generalizzato nelle situazioni di difficoltà di apprendimento. Questo obietti-
vo è perseguito attraverso lo snodarsi di tre linee integrate di intervento:
a) conoscenze delle strategie;
b) procedure metacognitive di controllo;
c) atteggiamenti generali verso le strategie.
La figura 4.1 riporta uno schema in cui sono elencati gli obiettivi della nostra
proposta di intervento.
Il primo obiettivo perseguito dal curricolo si indirizza alla conoscenza e all’uso
delle strategie di memoria.
Tali strategie, come già sottolineato nel Capitolo 2, permettono di stabilire delle
connessioni significative fra il materiale memorizzato. Risultano, quindi, di fonda-
mentale importanza, in quanto permettono all’allievo di recuperare le informazioni
pertinenti fra quelle numerosissime disponibili in memoria. Si ritiene che le varia-
zioni determinate dallo sviluppo sull’uso della memoria dipendano in buona parte
dall’acquisizione di abilità strategiche finalizzate a razionalizzare le capacità mne-
moniche (REESE, 1975; HASSELHORN, 1995). Anche per quanto riguarda le consistenti

1
Il riferimento è ai lavori di PRESSLEY et al. (1985); BORKOWSKI, WEYHING e TURNER (1986); PALINCSAR e
BROWN (1984); FERRETTI (1989); CORNOLDI e CAPONI (1992); MEAZZINI, COTTINI, PEDICONI, LANI e ANGELINI
(1993); COMMISSARIS, VERHEY e JOLLES (1996); ROMAINVILLE (1996); SWANSON e TRAHAN (1996); PIERCE e
LANGE (1997); WYNN-DANCY e GILLAM (1997); HUDSON e GILLAM (1997) BJORKLUND et al. (1997); SWANSON e
SIEGEL (2001); HERRMANN et al. (2002); COTTINI (2003c); COTTINI E LANI (2005).
CAPITOLO 4 UN CURRICOLO PER IL POTENZIAMENTO DELLA MEMORIA 81

CONOSCENZA PROCESSI ATTEGGIAMENTI


DELLE STRATEGIE METACOGNITIVI VERSO
DI MEMORIA DI CONTROLLO LE STRATEGIE

Conoscere le seguenti – Individuare i motivi per – Acquisire la convinzione


strategie: cui si può dimenticare. che la memoria è una
– reiterazione – Mostrare funzione che può essere
della codifica; consapevolezza dei limiti migliorata.
– codifica spaziale; della memoria. – Riconoscere di avere la
– Capire che dimenticare capacità di espandere
– evidenziazione
non significa i limiti della propria
percettiva;
necessariamente aver memoria.
– associazione;
perso l’informazione. – Essere consapevoli
– organizzazione
– Capire che usare che i miglioramenti
semantica (clustering
strategie di memoria dipendono dall’impegno
e storie).
migliora la prestazione. e dallo sforzo personale.

ATTEGGIAMENTO
STRATEGICO NEI COMPITI
DI MEMORIA

Generalizzazione Generalizzazione
su compiti su compiti
di vita scolastica di vita quotidiana

Figura 4.1 - Obiettivi del curricolo

difficoltà di memoria associate a situazioni di ritardo mentale, si tende ora ad attri-


buire un ruolo eziologico sempre più importante ai deficit riscontrati nell’uso di stra-
tegie e piani organizzati diretti a un obiettivo (mnemotecniche). Eloquenti, a questo
proposito, i lavori di Malim (1994), Hale e Borkowski (1991), Bebko e Luhaorg
(1998), Laws, MacDonald e Buckley (1999).
Fra le varie strategie di memoria, nel nostro curricolo viene attribuito un ruolo
prioritario a quelle usate con maggiore sistematicità nella vita di relazione:
82 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 4

– reiterazione della codifica;


– codifica spaziale;
– evidenziazione percettiva;
– associazione;
– organizzazione semantica (clustering e formazione di storie).
Per intervenire specificamente su questa area abbiamo elaborato un pacchetto di
prove per la valutazione dell’uso spontaneo delle strategie di memoria e una serie di
proposte metodologiche riferite alle singole strategie.
Oltre alla conoscenza delle strategie, il curricolo persegue l’obiettivo di stimola-
re nell’allievo l’affinamento di procedure metacognitive di controllo. Tali procedu-
re stanno a rappresentare i processi decisionali che aiutano i soggetti a scegliere,
monitorare e coordinare le strategie specifiche.
Uno dei principali problemi con allievi in età evolutiva e con difficoltà di appren-
dimento risiede proprio nella loro incapacità di scegliere la strategia appropriata per
affrontare un certo compito.
Abbiamo già sottolineato come ogni strategia si caratterizza per essere efficace
con particolari tipi di materiale e per ricordi di varia durata. Nel nostro curricolo
sono previste, a questo proposito, una serie di attività di didattica metacognitiva.
Forte risalto, inoltre, viene dato a esercitazioni in ambiente naturale in grado di favo-
rire il processo di generalizzazione dell’uso delle strategie. Infine, sempre allo scopo
di facilitare i processi decisionali, abbiamo strutturato particolari interventi sulle
abilità di automonitoraggio, utili ad aiutare l’allievo nella verifica dell’efficacia
delle strategie (in confronto al non uso delle stesse).
Ultimo aspetto preso in considerazione nel curricolo è quello relativo agli atteg-
giamenti verso le strategie.
Questa componente si riferisce sia al sistema di credenze e di convinzioni circa
l’importanza dell’uso delle strategie, che alla consapevolezza di essere in grado di
apprenderle attraverso uno sforzo personale.
Si tratta, in altre parole, di ricercare una partecipazione volitiva dell’allievo alle
attività proposte attraverso un lavoro sugli “stili di attribuzione” (“locus of control”)
e sulla “percezione di autoefficacia”, i quali risultano strettamente correlati alle
componenti metacognitiva e motivazionale.
Con la dizione di locus of control si tende a indicare il fatto che, di fronte al suc-
cesso o all’insuccesso in determinati compiti, le persone possono nutrire atteggia-
menti molto diversi: alcuni attribuire la causa dei risultati alle proprie capacità e al
proprio sforzo, altri alla fortuna o a ulteriori fattori esterni.
Kurtz e Borkowski (1984), Connor (1995), Wehmeyer e Palmer (1997) e
Bjorklund et al. (1997) hanno evidenziato che i bambini i quali attribuiscono il suc-
cesso allo sforzo impegnato sono più strategici di quelli che attribuiscono i propri
CAPITOLO 4 UN CURRICOLO PER IL POTENZIAMENTO DELLA MEMORIA 83

risultati a fattori non controllabili, come la fortuna e le doti innate. Un sistema di


convinzioni attribuzionali di tipo positivo (orientato a individuare la causa del suc-
cesso nel proprio sforzo) riveste notevole importanza anche per i soggetti con diffi-
coltà di apprendimento e con ritardo mentale, i quali, avendo sperimentato continue
esperienze di fallimento, corrono il rischio di assumere un atteggiamento passivo e
di incrementare in tal modo il proprio disagio.
Intimamente connessa allo stile di attribuzione vi è un’altra variabile cognitiva,
la quale è stata particolarmente studiata da Bandura (1982): la “percezione di
autoefficacia”. Si tratta della convinzione che ogni allievo ha sulla propria capacità
di raggiungere i livelli desiderati nella esecuzione dei compiti. Questa autoconsa-
pevolezza del proprio livello di efficacia, assai deficitaria in molti allievi, ha effet-
ti sostanziali sulla loro capacità di apprendimento e sulla costruzione di un buon
livello di autostima e di identità psicologica. Di tutto questo, comunque, abbiamo
già diffusamente parlato nel primo capitolo.

Il flow chart procedurale


Gli obiettivi generali sopra evidenziati sono perseguiti attraverso le fasi indicate
nel diagramma di flusso (figura 4.2).
Come si può notare, l’intervento educativo, finalizzato a promuovere un atteg-
giamento strategico nei compiti di memoria è organizzato in tre fasi principali:
– la fase di valutazione dell’atteggiamento strategico nei compiti mnestici;
– la fase di valutazione focalizzata sulle singole strategie di memoria;
– la fase di implementazione dell’intervento educativo.
Per la valutazione dell’atteggiamento strategico nei compiti mnestici, abbiamo
elaborato e standardizzato uno strumento denominato MnemoTest (COTTINI e
MEAZZINI, 2005), il quale si compone di una serie di prove finalizzate alla verifica
dell’uso di strategie di memoria e del possesso di conoscenze metamnemoniche
(consapevolezza del funzionamento della memoria).
La valutazione dell’atteggiamento strategico nei compiti di memoria viene effet-
tuata mediante 12 schede, nelle quali sono presentati i seguenti compiti scolastici e
di vita quotidiana:
1. ricordare un numero di targa;
2. ricordare un numero di telefono per il tempo sufficiente a comporlo;
3. ricordare una serie di oggetti presentati in successione;
4. ricordare le informazioni contenute in un manifesto pubblicitario;
5. ricordare alcune informazioni sottolineate all’interno di un brano;
84 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 4

INPUT MNEMOTEST

Approccio
strategico SI
OUTPUT
ai compiti
mnestici?

NO

Approccio SI
parzialmente
strategico?

NO

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
SULLE STRATEGIE

TRAINING
TRAINING
METACOGNITIVO
SULLE STRATEGIE
E ATTRIBUZIONALE

NO Approccio SI
strategico?

Figura 4.2 - Il flow chart procedurale


CAPITOLO 4 UN CURRICOLO PER IL POTENZIAMENTO DELLA MEMORIA 85

6. ricordare il nome di alcune persone conosciute a una festa;


7. ricordare degli indirizzi;
8. ricordare il nome di alcuni animali indicati dall’insegnante;
9. ricordare le cose da inserire nella cartella;
10. ricordare una lista di cose da acquistare;
11. ricordare le fasi di una lavorazione;
12. ricordare la collocazione di alcuni prodotti nella mappa di un supermercato.
Questi compiti mnestici molto comuni si prestano a essere affrontati attraverso
l’impiego consapevole delle strategie di memoria delle quali si è parlato in prece-
denza (reiterazione della codifica, associazione, evidenziazione percettiva, organiz-
zazione semantica ecc.).
A titolo di esempio presentiamo una scheda compresa nella batteria (figure 4.3a
e 4.3b). Per la visione completa dello strumento si rimanda al lavoro specifico già
citato (COTTINI e MEAZZINI, 2005).
La valutazione attraverso il MnemoTest consente di avere un’informazione gene-
rale circa le modalità di approccio ai compiti da parte degli allievi. Nel caso in cui
si evidenzi un comportamento non strategico, si procede alla valutazione focalizza-

VALUTAZIONE DELL’ATTEGGIAMENTO STRATEGICO VALUTAZIONE DELL’ATTEGGIAMENTO STRATEGICO


LE PROVE DI PRE-ASSESSMENT Prova n. 4b
Prova n. 4a

Figure 4.3a e 4.3.b - Scheda compresa nella batteria MnemoTest


86 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 4

ta, la quale consiste in un pacchetto di prove di valutazione mirato a esaminare in


profondità la conoscenza e l’uso delle singole strategie di memoria. Se, invece, nella
modalità utilizzata dall’allievo nell’affrontare i compiti mnestici, si evidenzia una
padronanza parziale delle strategie, si propongono delle esercitazioni di tipo meta-
cognitivo.
La valutazione focalizzata sulle strategie permette di delineare in maniera preci-
sa e operativa gli obiettivi da perseguirsi mediante l’intervento educativo rivolto
all’allievo caratterizzato da deficit di apprendimento (è generalizzabile anche ad
allievi con ritardo mentale lieve, COTTINI e LANI, 2005; COTTINI e PAOLINI, 2006). Si
decidono, in altre parole, le strategie sulle quali orientare il training educativo e il
tipo di curricolo da utilizzare.
Il training sulle strategie, infatti, può essere condotto a due livelli facendo ricor-
so a strumenti di difficoltà progressivamente crescente: il “curricolo prerequisiti” e
il “curricolo strategico”.
Nei capitoli che seguono prenderemo in esame la seconda e terza fase del curri-
colo, presentando le varie proposte metodologiche e illustrando i riscontri che deri-
vano dall’applicazione di tali strumenti con allievi a sviluppo tipico, con difficoltà
di apprendimento e ritardo mentale lieve.
Capitolo 5

La valutazione
focalizzata sulle strategie

Torniamo per un attimo al diagramma di flusso presentato nel precedente capitolo,


nel quale sono illustrate le linee guida del curricolo: si potrà constatare come le prove
di valutazione focalizzata vengono proposte agli allievi che dimostrano un atteggia-
mento non strategico nella fase di valutazione condotta attraverso il MnemoTest.
Con la valutazione focalizzata, infatti, viene effettuata una approfondita analisi
delle singole strategie, al fine di individuare le abilità e le difficoltà degli allievi e
scegliere, di conseguenza, l’approccio didattico più adeguato in presenza di bisogni
speciali. È fondamentale sottolineare che questo approfondimento valutativo non
deve essere necessariamente proposto a tutti, ma solo a quegli allievi che manife-
stano deficit consistenti.
Come già detto, le strategie mnestiche prese in considerazione nel nostro curri-
colo sono le seguenti:
a) reiterazione della codifica;
b) codifica spaziale;
c) evidenziazione percettiva;
d) associazione;
e) organizzazione semantica (clustering e formazione di storie).
Per ognuna di queste abbiamo elaborato una scheda con 6 item descrittori del
progressivo livello di conoscenza e di uso spontaneo della strategia e una serie di
prove necessarie per valutare il possesso delle abilità indicate nei singoli item.
In questo capitolo presentiamo sia le schede che gli esercizi di valutazione rela-
tivi a tutte le strategie.

Valutazione della conoscenza e uso delle strategie di memoria


Le singole strategie di memoria sono state già analizzate nel Capitolo 2, per cui
ci limitiamo solo a qualche nota di richiamo necessaria per introdurre le schede di
valutazione focalizzata.
88 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Reiterazione della codifica


La reiterazione consiste nella ripetizione mentale del materiale da memorizzare.
Tale procedura non ha effetti durevoli sulla memoria, ma è utile nei compiti a breve
termine (es., ricordare un numero di telefono, dei nomi, ecc.) e rappresenta il primo
passo verso l’uso di strategie più complesse. Anche nella prospettiva delineata da
Baddeley e collaboratori (BADDELEY e HITCH, 1974; BADDELEY e LIEBERMAN, 1980;
BADDELEY, 1986, 1990; BADDELEY e HITCH, 1994; BADDELEY e WILSON, 1993; BADDELEY,
2003), questa strategia riveste un ruolo prioritario all’interno di uno dei sistemi com-
ponenti la memoria di lavoro: il ciclo fonologico. Questo dispositivo è in grado di
conservare, in forma fonologica appunto, un numero ristretto di informazioni (circa
6 o 7). La quantità di informazioni memorizzabili può variare in relazione alla velo-
cità di reiterazione, cioè al numero di item che possono essere ripetuti prima che
decadano (in circa 2 secondi). Questo nuovo modello di memoria di lavoro di
Baddeley modifica sensibilmente l’approccio derivato da Atkinson e Shiffrin (1968)
e fa cadere l’idea del “magico numero 7” di Miller (1956), secondo il quale lo span
di MBT rifletterebbe un numero costante di raggruppamenti (chunks), a prescindere
dalle loro caratteristiche.
Secondo Baddeley, invece, il numero di elementi che possono essere rievocati e
quindi mantenuti in memoria di lavoro (span di memoria) è funzione del tempo
necessario per articolarli. A seguito di questa posizione teorica, forte rilevanza viene
attribuita al lavoro educativo centrato sulla rapidità di articolazione del linguaggio
(COMBLAIN, 1994).
A livello più generale, comunque, si sottolinea l’esistenza di un’ampia serie di
studi (MARCELL, HARVEY e COTHRAN, 1988; BALDI, SALA e TRAFICATE, 1994; CONWAY,
2003), i quali evidenziano il ruolo fondamentale svolto dal ciclo fonologico nei
processi di apprendimento.
Altra strategia di particolare rilevanza, strettamente connessa con quella di reite-
razione, è la codifica. Questa dipende dal funzionamento di un’altra componente
della memoria di lavoro che ha funzioni più complesse rispetto al ciclo fonologico:
l’esecutivo centrale. Tale dispositivo, infatti, regola l’entrata in funzione delle altre
componenti della memoria di lavoro (ciclo fonologico e blocco per appunti visuo-
spaziale), provvedendo a ricodificare il materiale quando questo ha una lunghezza
tale da superare la capienza della componente fonologica (RONCATO e ZUCCO, 1993;
NORMAN e SHALLICE, 1986; SHALLICE, 1988, 1994). La codifica è l’operazione che si
effettua, ad esempio, quando si deve ricordare un numero di telefono di varie cifre
e lo si memorizza in gruppi di due o tre cifre ciascuno.
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 89

Scheda 5.1 - Per la valutazione focalizzata relativa alla strategia di Reiterazione della
codifica
Valutazione focalizzata sulle strategie di memoria

1. STRATEGIA DI REITERAZIONE DELLA CODIFICA

Allievo: .................................................................................................... Età: ................................. Classe: .................................

VALUTAZIONE

ITEM DESCRITTORI Data ................................ Data ................................

0-2 3-4 5-6 0-2 3-4 5-6

1. Ripete ad alta voce con l’educatore gli item


da ricordare.
Es., L’educatore dice: “Proviamo a ripetere      
insieme questi nomi (numeri, lettere, ecc.)
di seguito...”.
2. Se il numero degli item è elevato, li codifica
dietro suggerimento dell’educatore e li ripete.
Es., L’educatore dice: “Guarda (ascolta) questi      
numeri (lettere, ecc.). Sono molti ... 327654.
Proviamo a unirli 32 76 54 e a ripeterli”.
3. Rievoca ad alta voce, con l’aiuto dell’educatore,
gli item precedentemente codificati e reiterati.
Es., L’educatore dice: “Unisci insieme questi
     
numeri (lettere, ecc.) e ripetili” Dopo 20 secondi
circa: “Adesso dimmi quali numeri (lettere, ecc.)
erano?”.
4. Rievoca ad alta voce, senza aiuto dell’educatore,
gli item precedentemente codificati e reiterati.
Es., L’educatore dice: “Guarda (ascolta) questi
numeri (lettere, ecc.). Cerca di tenerli in mente.      
Fammi sentire ad alta voce come fai”. Dopo 20
secondi circa: “Adesso dimmi quali numeri
(lettere, ecc.) erano?”.
5. Effettua la reiterazione della codifica
silenziosamente o mentalmente.
Es., L’educatore dice: “Guarda (ascolta) questi
numeri (lettere, ecc.). Cerca di tenerli in mente      
senza parlare ad alta voce”. Dopo 20 secondi
circa: “Adesso dimmi quali numeri (lettere, ecc.)
erano?”.
6. Generalizza l’uso della strategia ad altri compiti. Sempre Talvolta Mai Sempre Talvolta Mai
o quasi o quasi o quasi o quasi
mai mai
     
90 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Codifica spaziale
La strategia denominata di codifica spaziale consiste nell’utilizzare, come aggan-
cio mnestico per il recupero delle informazioni, immagini mentali create dalle con-
nessioni spaziali esistenti tra gli item.
L’esistenza di questa modalità di codifica è stata messa in evidenza con chiarez-
za da Baddeley (1986, 1990, 2003), il quale ha teorizzato l’esistenza di una memo-
ria di lavoro composta di più sistemi: il ciclo fonologico per la manipolazione delle
informazioni basate sul linguaggio; il blocco per appunti visuo-spaziale per il trat-
tamento delle immagini visive e l’esecutivo centrale come sistema attenzionale di
controllo. Senza soffermarci nell’analisi del modello di Baddeley, già descritto nel
Capitolo 1, ci si limita a descrivere le funzioni del blocco per appunti visuo-spazia-
le, dal quale dipende la codifica spaziale delle informazioni. Si tratta di un sistema
multiforme costituito da due componenti: quella visiva e quella spaziale. Mentre la
prima componente, legata agli aspetti visivi dell’immaginazione, risponde a doman-
de sul “che cosa” (“what system”), quella spaziale – che a noi particolarmente inte-
ressa – è responsabile della localizzazione degli stimoli e risponde a domande circa
il “dove” (“where system”).
Anche per quanto concerne questo sistema accessorio della memoria di lavoro si
segnala l’esistenza di vari studi, i quali ne evidenziano il ruolo e l’importanza nei
processi di apprendimento (ELLIS, WOODLEY-ZANTHOS e DULANEY, 1989; ZUCCO, TESSARI e
SORESI, 1995; ELLIOT, POLLOCK, CHUA e WEEKS, 1995; VECCHI e CORNOLDI, 1998).
L’accesso a questo sistema può essere effettuato direttamente attraverso le infor-
mazioni spaziali e indirettamente attraverso la creazione di immagini mentali, for-
nendo in questo modo un doppio aggancio mnestico. Tale sistema gioca un ruolo
fondamentale per l’orientamento geografico e per la soluzione di compiti spaziali,
tanto frequenti nella vita di ogni giorno.
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 91

Scheda 5.2 - Per la valutazione focalizzata relativa alla strategia di Codifica spaziale

Valutazione focalizzata sulle strategie di memoria

2. STRATEGIA DI CODIFICA SPAZIALE

Allievo: .................................................................................................... Età: ................................. Classe: .................................

VALUTAZIONE

ITEM DESCRITTORI Data ................................ Data ................................

0-2 3-4 5-6 0-2 3-4 5-6

1. Individua e riferisce la posizione degli oggetti in


relazione al proprio corpo e viceversa (concetti
topologici riferiti a se stessi).      
Es., L’educatore dice: “Dimmi dove si trova
questo oggetto. Vicino, lontano ...................... a te?”
2. Individua e riferisce la posizione che gli oggetti
occupano uno in confronto all’altro (concetti
topologici riferiti agli oggetti).
     
Es., L’educatore dice: “Dimmi dove si trova
questo oggetto. Vicino, lontano .................. a
quest’altro?”
3. Individua la posizione degli oggetti e ne rievoca il
nome quando l’insegnante ne indica la
collocazione spaziale.
Es., L’educatore dice: “Dimmi in che posizione si
     
trovano questi oggetti”. Dopo 2 minuti circa:
“Adesso dimmi il nome dell’oggetto in alto, di
quello a destra, .....................”.
4. Dopo aver descritto ad alta voce la posizione
degli oggetti presentati, ne rievoca il nome indi-
candone la corretta collocazione spaziale.
Es., L’educatore dice: “Dimmi il nome e la
     
posizione in cui si trovano questi oggetti”. Dopo
2 minuti circa: “Adesso dimmi il nome degli
oggetti che hai visto e la loro posizione”.
5. Rievoca il nome degli oggetti presentati e la loro
collocazione spaziale servendosi
autonomamente della strategia.
Es., L’educatore dice: “Guarda questi oggetti”.      
Dopo 2 minuti circa: “Adesso dimmi il nome degli
oggetti che hai visto e la loro posizione”.
6. Generalizza l’uso della strategia ad altri compiti. Sempre Talvolta Mai Sempre Talvolta Mai
o quasi o quasi o quasi o quasi
mai mai
     
92 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Evidenziazione percettiva
È facilmente constatabile nelle esperienze di ogni giorno come si tenda a ricor-
dare con maggiore facilità quelle informazioni che risultano evidenziate o esagera-
te per alcune caratteristiche (colore, forma, sottolineatura, intensità acustica, ecc.).
Si tratta di un fenomeno noto come effetto von Restorff (KELLEY e NAIRNE, 2001; HUNT
e LAMB, 2002), il quale risulta molto utilizzato nelle fasi di studio (ad esempio, quan-
do si sottolineano le informazioni principali di un brano), ma che può essere profi-
cuamente impiegato anche con soggetti disabili mentali, avendo l’accortezza di evi-
denziare con colori molto forti (il rosso soprattutto) per attivare il processo attenti-
vo (BEBKO e LUHAORG, 1998).
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 93

Scheda 5.3 - Per la valutazione focalizzata relativa alla strategia di Evidenziazione


percettiva
Valutazione focalizzata sulle strategie di memoria

3. STRATEGIA DI EVIDENZIAZIONE PERCETTIVA

Allievo: .................................................................................................... Età: ................................. Classe: .................................

VALUTAZIONE

ITEM DESCRITTORI Data ................................ Data ................................

0-2 3-4 5-6 0-2 3-4 5-6

1. Indica fra una serie di item quello colorato,


sottolineato o comunque alterato visivamente o
acusticamente in alcuni particolari.
     
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure (parole,
ecc.). Dimmi il nome (indica) di quella evidenziata
(colorata, ingrandita, ecc.)”.
2. Colora, sottolinea o comunque rende più evidenti
(sia visivamente che acusticamente) alcuni
particolari dell’item da ricordare.
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure (parole,      
ecc.). Evidenziane (colorane, sottolineane, ecc.)
una”.
3. Rievoca l’item evidenziato quando l’educatore
richiama la caratteristica percettiva (colore, forma,
sottolineatura, ecc.).
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure (parole,      
ecc.). Evidenziane (colorane, sottolineane, ecc.)
una”. Dopo 2 minuti circa: “Adesso dimmi il nome
della figura (parola, ecc.) che avevi evidenziato
(colorato, sottolineato, ecc.)”.
4. Rievoca due item colorati, sottolineati o comunque
alterati visivamente o acusticamente, quando
l’educatore richiama la caratteristica percettiva.
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure (parole,
ecc.). Evidenziane (colorane, sottolineane, ecc.)      
due”. Dopo 2 minuti circa: “Adesso dimmi il nome
delle figure (parole, ecc.) che avevi evidenziato
(colorato, sottolineato, ecc.)”.
5. Rievoca l’intera serie che gli è stata
precedentemente presentata, servendosi
autonomamente della strategia.
     
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure (parole,
ecc.)”. Dopo 2 minuti circa: “Adesso dimmi il nome
di tutte le figure (parole, ecc.) che avevi visto”.
6. Generalizza l’uso della strategia ad altri compiti. Sempre Talvolta Mai Sempre Talvolta Mai
o quasi o quasi o quasi o quasi
mai mai
     
94 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Associazione
L’associazione si ha nel momento in cui un termine viene connesso a un altro al
fine di facilitarne la memorizzazione e il recupero. In questo caso il recupero può
avvenire risalendo al termine connesso, il quale deve possedere una forte familiarità
per il soggetto (RATCLIFF e MCKOON, 1994; SWELLER, VAN MERRIENBOER e PAAS, 2000).
Tale strategia costituisce un valido criterio per il recupero di un nome rispetto al
quale non si riescono a trovare buone connessioni semantiche. Ad esempio, se si
vogliono ricordare nomi poco familiari, può essere utile associarli ad altri molto
conosciuti che fanno rima o che comunque somigliano fonologicamente a essi. Il
possesso del termine ben noto dovrebbe facilmente condurre al recupero di quello
originario. Un principio per molti versi simile si utilizza nel momento in cui vengo-
no costruiti versi rimanti. Questi facilitano sensibilmente il ricordo non solo in rela-
zione al principio della rima, ma anche in riferimento alla musicalità del verso
(HOWE, COURAGE, VERNESCU e HUNT, 2000).
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 95

Scheda 5.4 - Per la valutazione focalizzata relativa alla strategia di Associazione

Valutazione focalizzata sulle strategie di memoria

4. STRATEGIA DI ASSOCIAZIONE

Allievo: .................................................................................................... Età: ................................. Classe: .................................

VALUTAZIONE

ITEM DESCRITTORI Data ................................ Data ................................

0-2 3-4 5-6 0-2 3-4 5-6

1. Indica il tipo di associazione esistente tra gli item


presentati.
Es., L’educatore dice: “Guarda (ascolta) queste figure      
(parole, ecc.). C’è ne sono due che si assomigliano.
Dimmi quali sono e perché si assomigliano”.
2. Collega attraverso associazioni di natura diversa item
poco noti a quanto già sa.
Es., L’educatore dice: “Guarda (ascolta) questa figura      
(parola, ecc.). Trova una parola che conosci bene e
che gli assomiglia per qualcosa (suono, significato,
ecc.)”.
3. Dopo aver associato (ad alta voce) un item a una
parola molto comune, l’allievo rievoca l’item quando
l’educatore richiama l’associazione.
Es., L’educatore dice: “Guarda (ascolta) questa figura
(parola, ecc.). Trova una parola che conosci bene e      
che gli assomiglia per qualcosa (suono, significato,
ecc.)”. Dopo 2 minuti circa: “Adesso dimmi la figura
(parola) che ti avevo presentato. Ricordati che la
avevi collegata a .....................”.
4. Rievoca item memorizzati attraverso la formazione
autonoma (effettuata a voce alta) di associazioni,
quando l’educatore lo invita a servirsi della strategia.
Es., L’educatore dice: “Guarda (ascolta) queste figure
(parole, ecc.). Trova delle altre parole che conosci
bene e che assomigliano a queste per qualcosa      
(suono, significato, ecc.)”. Dopo 2 minuti circa:
“Adesso dimmi le figure (parole) che ti avevo
presentato. Ricordati che avevi fatto dei
collegamenti”.
5. Rievoca gli item presentati servendosi
autonomamente della strategia.
Es., L’educatore dice: “Guarda (ascolta) queste figure      
(parole, ecc.)”. Dopo 2 minuti circa: “Dimmi cosa ti
avevo presentato”.
6. Generalizza l’uso della strategia ad altri compiti. Sempre Talvolta Mai Sempre Talvolta Mai
o quasi o quasi o quasi o quasi
mai mai
     
96 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Organizzazione semantica
Il concetto di organizzazione è fondamentale ai fini della strutturazione di un
funzionale sistema di memoria (si veda la prima parte del lavoro). Si tratta di un
ampliamento del concetto di associazione che interessa due item. In questo caso,
infatti, le connessioni si allargano fino a investire numerosi elementi (NELSON, 1993;
ERICSSON e DELANEY, 1999; SWELLER et al., 2000).
Nel nostro curricolo sono state inserite due strategie che fanno riferimento al
concetto di organizzazione.
La prima è quella del raggruppamento semantico o clustering, particolarmente
studiata da Bousfield (1953). Tale strategia fa riferimento alla situazione in cui il
materiale viene organizzato in gruppi di item caratterizzati da una forte interattività,
in quanto appartengono a una stessa categoria (es., la categoria degli animali, degli
abiti, delle parti del corpo, ecc.).
La seconda strategia organizzativa consiste nel formare una storia per connette-
re in maniera significativa item non associati. Si tratta di una strategia efficace, in
quanto la storia fornisce una traccia facilmente memorizzabile che, una volta recu-
perata, permette il fluido ricordo degli item connessi.
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 97

Scheda 5.5 - Per la valutazione focalizzata relativa alla strategia di Organizzazione


semantica in categorie
Valutazione focalizzata sulle strategie di memoria

5. STRATEGIA DI ORGANIZZAZIONE SEMANTICA IN CATEGORIE (CLUSTERING)

Allievo: .................................................................................................... Età: ................................. Classe: .................................

VALUTAZIONE

ITEM DESCRITTORI Data ................................ Data ................................

0-2 3-4 5-6 0-2 3-4 5-6

1. Organizza il materiale che gli viene presentato


utilizzando le categorie preliminarmente indicate
dall’educatore.
     
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure
(parole, ecc.). Ci sono degli animali, degli abiti,
ecc. Metti insieme gli animali, gli abiti, ecc.”.
2. Classifica il materiale (a voce alta) secondo
categorie individuate autonomamente.
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure      
(parole, ecc.). Fai dei gruppi con le figure (parole)
che stanno bene insieme e dimmi perché”.
3. Rievoca il materiale quando l’educatore evoca le
categorie mediante le quali lo aveva classificato
(voce alta).
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure
(parole, ecc.). Fai dei gruppi con quelle che      
stanno bene insieme e dimmi perché”. Dopo 2
minuti circa: “Adesso dimmi le figure (parole) che
hai visto. Ricordati che c’erano animali ...”.
4. Rievoca il materiale quando l’educatore lo invita a
servirsi della strategia.
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure
(parole, ecc.). Fai dei gruppi con quelle che      
stanno bene insieme e dimmi perché”. Dopo 2
minuti circa: “Adesso dimmi le figure (parole) che
hai visto. Ricordati che avevi fatto dei gruppi”.
5. Rievoca il materiale presentato servendosi
autonomamente della strategia.
Es., L’educatore dice: “Guarda queste figure      
(parole, ecc.)”. Dopo 2 minuti circa: “Dimmi le
figure (parole) che hai visto”.
6. Generalizza l’uso della strategia ad altri compiti. Sempre Talvolta Mai Sempre Talvolta Mai
o quasi o quasi o quasi o quasi
mai mai
     
98 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Scheda 5.6 - Per la valutazione focalizzata relativa alla strategia di Organizzazione


semantica con formazione di storie
Valutazione focalizzata sulle strategie di memoria

6. STRATEGIA DI ORGANIZZAZIONE SEMANTICA CON FORMAZIONE DI STORIE

Allievo: .................................................................................................... Età: ................................. Classe: .................................

VALUTAZIONE

ITEM DESCRITTORI Data ................................ Data ................................

0-2 3-4 5-6 0-2 3-4 5-6

1. Completa una sequenza composta di figure oppure una


frase, ecc., inserendo uno o più elementi (figura, parola,
ecc.) precedentemente indicati.
Es., L’educatore dice: “Guarda questa sequenza di figure      
(frasi, ecc.). Manca un elemento (figura, parola, ecc.).
Aggiungilo scegliendo fra quelli che ti presento e spiega
perché”.
2. Costruisce semplici storie, al fine di connettere alcuni
item da ricordare.
Es., L’educatore dice: “Guarda questa sequenza di figure      
(parole). Costruisci una storia a tua scelta che le
colleghi”.
3. Collega gli item di una serie attraverso delle storie e
successivamente li rievoca, quando l’educatore richiama
la storia.
Es., L’educatore dice: “Guarda questa sequenza di figure
(parole, ecc.). Costruisci ad alta voce una storia a tua      
scelta che le colleghi”. Dopo 2 minuti circa: “Adesso
dimmi il nome delle figure (parole, ecc.). Ricordati che la
storia .................” (l’educatore legge la storia tralasciando il
nome delle figure o parole da ricordare).
4. Collega gli item di una serie attraverso delle storie e
successivamente li rievoca, quando l’educatore lo invita a
servirsi della strategia.
Es., L’educatore dice: “Guarda questa sequenza di figure      
(parole, ecc.). Costruisci ad alta voce una storia a tua
scelta che le colleghi”. Dopo 2 minuti circa: “Adesso
dimmi il nome delle figure (parole, ecc.). Puoi aiutarti
ricordando la storia”.
5. Si serve autonomamente della strategia per rievocare
degli item non connessi.
Es., L’educatore dice: “Guarda questa sequenza di figure      
(parole, ecc.)”. Dopo 2 minuti circa: Dimmi il nome delle
figure (parole, ecc.)”.
6. Generalizza l’uso della strategia ad altri compiti. Sempre Talvolta Mai Sempre Talvolta Mai
o quasi o quasi o quasi o quasi
mai mai
     
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 99

Deficit di “mediazione”, deficit di “produzione” e “uso maturo”


delle strategie
Come sarà apparso evidente, le schede di valutazione focalizzata intendono pro-
porre una modalità di valutazione del possesso delle strategie di memoria, che vada
oltre una semplice logica di tipo tutto o niente. In altre parole, non si vuole soltanto
valutare se l’allievo è in grado o meno di utilizzare le strategie di memoria, ma
anche se manifesta un deficit di mediazione, di produzione o un uso maturo della
strategia, così come proposto da Flavell (1970) e Brown (1972).
Come abbiamo già avuto modo di descrivere nel Capitolo 2, un deficit di media-
zione indica che il soggetto non padroneggia assolutamente i prerequisiti su cui si
fonda la strategia. Di conseguenza, anche se questa gli venisse insegnata, egli non
sarebbe in grado di avvalersene per migliorare le proprie prestazioni mnestiche.
I deficit di mediazione, quindi, costituiscono situazioni di grave difficoltà, che scon-
sigliano l’insegnamento diretto delle strategie (almeno nella situazione come si pre-
senta al momento della valutazione).
Il mancato possesso delle abilità descritte nei primi due item delle schede di valu-
tazione focalizzata evidenzia un deficit di mediazione. Come si può notare, infatti,
in tali item l’allievo non viene valutato su compiti mnestici, ma soltanto sulla capa-
cità di organizzare i materiali in relazione alla strategia. In altri termini viene inda-
gato se possiede o meno i prerequisiti.
Un deficit di produzione, invece, indica una situazione di minore problematicità:
il soggetto dimostra, in questo caso, delle carenze che si ritengono colmabili con
training specifici. I prerequisiti sono in parte posseduti e l’insegnamento della stra-
tegia produce rapidamente un miglioramento delle prestazioni di memoria. Gli item
n. 3, 4 e 5 delle schede servono a misurare i deficit di produzione dell’allievo.
L’uso maturo della strategia, illustrato nell’item 6 delle schede, costituisce chia-
ramente la situazione ottimale in cui l’allievo dispone della strategia e si dimostra in
grado di impiegarla spontaneamente e con profitto in ogni situazione (atteggiamen-
to strategico).

Le prove di valutazione focalizzata


Ogni abilità descritta nei vari item delle schede di valutazione focalizzata viene
indagata mediante 6 prove specifiche riportate di seguito. Tale abilità si ritiene
acquisita quando l’allievo riesce positivamente in almeno 5 prove su 6.
Va fatto notare che, mentre la fase di valutazione condotta con il MnemoTest può
essere effettuata in maniera collettiva coinvolgendo l’intera classe (si veda COTTINI e
MEAZZINI, 2005), le prove di valutazione focalizzata vanno invece proposte indivi-
dualmente.
100 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

La somministrazione individuale delle prove, importante per garantire la neces-


saria precisione, impegna chiaramente la struttura scolastica che è tenuta a organiz-
zare i tempi e le collaborazioni (lavoro coordinato fra insegnante di sostegno e cur-
ricolare, utilizzazione delle ore di compresenza, collaborazione da parte di inse-
gnanti a disposizione, ecc.).
Le prove di valutazione sono precedute da due strutture di prova, le quali rap-
presentano degli esempi per illustrare all’allievo il tipo di compito che dovrà risol-
vere. In questo modo si evita il rischio di avere prestazioni carenti a causa di una
inadeguata comprensione delle richieste.

Alla fine del capitolo, dopo il prospetto riassuntivo, sono riportate le prove di
valutazione focalizzata per le strategie di:
– Reiterazione della codifica (RC);
– Codifica spaziale (CS);
– Evidenziazione percettiva (EP);
– Associazione (Ass);
– Organizzazione semantica in categorie (OS Clustering);
– Organizzazione semantica con formazione di storie (OS Storie).
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 101

Il prospetto riassuntivo
I risultati che scaturiscono dalla somministrazione delle prove di valutazione
focalizzata possono essere riportati in un apposito prospetto riassuntivo illustrato in
figura 5.1.

Reiterazione
della codifica

Organizzazione Codifica
semantica spaziale
(storia)

Organizzazione Evidenziazione
semantica percettiva
(clustering)

Associazione

Figura 5.1 - Il prospetto riassuntivo della valutazione

Colorando gli item superati nelle varie schede si ottiene una fotografia del sog-
getto, dalla quale risulta immediatamente il livello di padronanza delle varie strate-
gie (presenza di deficit di mediazione o di produzione).
Tutto ciò è particolarmente utile anche per la programmazione di interventi edu-
cativi mirati. L’educatore infatti, sulla base di tali riscontri, può decidere di privile-
giare l’educazione di una o più strategie di memoria.
Presentiamo di seguito (figure 5.2 e 5.3) due prospetti riassuntivi che derivano
dall’applicazione delle prove di valutazione focalizzata su un allievo con difficoltà
di apprendimento e un allievo affetto da sindrome di Down. (Per necessità di stam-
pa, invece del colore sono stati utilizzati motivi diversi.)
102 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Reiterazione
della codifica

Organizzazione Codifica
semantica spaziale

• • •• •••• •••• •••• •••• • •• • •••• ••••••••• •••


(storia)

• • •• • •• • •• • •• • •• • • • • • • ••••
• • •• • • • • • • • • • • • • • •
• • •• • •• • •• • •• • •• • • • • • •

• • • • • •• • •• • •• • •• • • •
• • •• •• • • •

• • • • •• • • • • • • •• •
• • •••• •••• •••• •••• ••••

• • •• •• •• •
• • •• • •• • •• • •

• • • • • • • ••
• • •• • •• • •

• •• •• •

• • •• •

• ••

••

•••
••••
••••••
•••••••
•••••••••
••••••••••
Organizzazione •••••••••••
•••••••••••••
Evidenziazione
semantica •••••••••••••• percettiva
••••••••••••••••
(clustering) •••••••••••••••••
••••••••••••••••••

Associazione

Figura 5.2 - Il prospetto riassuntivo della valutazione effettuata con un allievo di 4ª classe della primaria
con difficoltà di apprendimento

Reiterazione
della codifica

Organizzazione Codifica
semantica spaziale
(storia)
• •••• ••••
• ••
• • ••


•••
••••
••••••

Organizzazione Evidenziazione
semantica percettiva
(clustering)

Associazione

Figura 5.3 - Il prospetto riassuntivo della valutazione effettuata con un allievo affetto da sindrome di Down
di 13 anni
Schede
per la valutazione
focalizzata sulle strategie
104 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Guarda queste figure. RC
Sono ......................................................
Ora le ripetiamo insieme [6 volte].
Adesso continua da solo [6 volte].
Scheda 1A
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 105

VALUTAZIONE
Guarda questi numeri (lettere). FOCALIZZATA
Sono ......................................................
RC
Ora li ripetiamo insieme [6 volte].
Adesso continua da solo [6 volte].

Scheda 1B

5
7
2

M
U
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

6 3
5
1
106 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Guarda questi numeri. RC
Sono molti ......................................................
Ora proviamo a unirli insieme.
Adesso ripeti ........................ [6 volte].
Scheda 2A

ESEMPIO: IL TUO INSEGNANTE TI SPIEGA COME FARE

327654 32 76 54

3 8
9
2 7
1 3
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

8 6
4 2
9 0
1 5 2
7 4
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 107

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Guarda queste lettere. RC
Sono molte ......................................................
Ora proviamo a unirle insieme.
Adesso ripeti ........................ [6 volte].
Scheda 2B

ESEMPIO: IL TUO INSEGNANTE TI SPIEGA COME FARE

RECUIM RE CU IM

C O
E
P A
U M P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

Z E
F I
F E R
T A
I L
108 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
Guarda questi numeri. FOCALIZZATA
Sono molti, uniscili e ripetili. RC
Attento che fra poco dovrai ricordarli.
(Coprire i numeri e invitare l’allievo
a continuare a ripetere. Dopo 20’’ ...).
Scheda 3A
Adesso dimmi i numeri che ti ricordi.

9 0
5
2 0
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

37215

723680
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 109

VALUTAZIONE
Guarda queste lettere. FOCALIZZATA
Sono molte, uniscile e ripetile. RC
Attento che fra poco dovrai ricordarle.
(Coprire le lettere e invitare l’allievo
a continuare a ripetere. Dopo 20’’ ...).
Scheda 3B
Adesso dimmi le lettere che ti ricordi.

M E
P
D A

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
PARAM

MECAFA
110 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
Guarda questi numeri. FOCALIZZATA
Attento che fra poco RC
ti chiederò di ricordarli.
Fammi sentire ad alta voce come fai.
(Coprire i numeri. Dopo 20’’ ...). Scheda 4A
Adesso dimmi i numeri che ti ricordi.

743286
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

1539209

82596012
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 111

VALUTAZIONE
Guarda queste lettere. FOCALIZZATA
Attento che fra poco RC
ti chiederò di ricordarle.
Fammi sentire ad alta voce come fai.
(Coprire le lettere. Dopo 20’’ ...). Scheda 4B
Adesso dimmi le lettere che ti ricordi.

PROMEL

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
CAMORES

SAPETIAC
112 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
Guarda questi numeri. FOCALIZZATA
Attento che fra poco RC
ti chiederò di ricordarli.
Non parlare ad alta voce.
(Coprire i numeri. Dopo 20’’ ...). Scheda 5A
Adesso dimmi i numeri che ti ricordi.

395461
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

2518764

84297243
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 113

VALUTAZIONE
Guarda queste lettere. FOCALIZZATA
Attento che fra poco RC
ti chiederò di ricordarle.
Non parlare ad alta voce.
(Coprire le lettere. Dopo 20’’ ...). Scheda 5B
Adesso dimmi le lettere che ti ricordi.

OLMEIP

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
MALOCIN

PERMATRI
114 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
CS

Valutazione relativa all’item 1 della scheda


Per la valutazione dell’’item 1 della scheda 5.2. (p. 91) non sono previsti eser-
cizi del tipo “carta-matita”, ma situazioni concrete. Vanno predisposti degli ogget-
ti, attrezzi e altro materiale nell’aula o nella palestra e si deve chiedere al bambi-
no di porsi nelle diverse posizioni. La richiesta, infatti, è quella di riconoscere la
posizione degli oggetti rispetto a se stesso.
Preparare gli oggetti (materiali) nell’aula o palestra; quindi chiedere al bambi-
no di porsi nelle seguenti posizioni:
– davanti alla porta
– di fianco al tavolo
– sotto il lampadario
– sopra il tappeto
– lontano dalla sedia
– vicino alla finestra
– tra l’armadio e la lavagna (questo è un esempio, si dovrà indicare la posizio-
ne in base alla collocazione degli oggetti nella stanza)
– a destra dell’insegnante
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

– a sinistra della riga composta dai compagni


– di fronte alla cartina geografica (al poster, al quadro, all’orario delle lezioni,
ecc.)
– dentro al cerchio (posto a terra)
– fuori dall’aula
Per la valutazione si assegna un punto per ogni due posizioni che l’allievo assu-
me correttamente (il punteggio massimo ottenibile è 6, come per altre schede).
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 115

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Guarda bene le figure CS
e rispondi alle domande.

Scheda 2A

DOV’È DOVE SONO


L’APE? I COLORI?

DOV’È
IL BICCHIERE?
DOV’È
IL GATTO?

DOVE SONO
DOV’È
DOV’È LE CAROTE?

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
IL CARTELLO
IL FUNGO?
STRADALE?

DOV’È DOV’È DOVE


IL MAIALE? LA PALLA? SONO
I FIORI?
116 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Guarda bene le figure
e rispondi alle domande.
CS

Scheda 2B

DOV’È
LA PERA?

DOV’È
IL PALLONCINO?

DOVE SONO
DOV’È
LE RADICI?
IL CUSCINO?

DOV’È IL CANE?
DOV’È
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

IL CUCCHIAINO?

DOV’È
DOVE SONO
LA BAMBINA?
I LIBRI?
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 117

Dimmi in che posizione si trovano VALUTAZIONE


questi oggetti... Dopo 2 minuti circa: FOCALIZZATA
Adesso dimmi il nome dell’oggetto che era sopra..., CS
di quello sotto, di quello a fianco. Effettuare
la rievocazione prima con due figure,
poi con tre figure, infine con quattro figure.
Scheda 3A

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
118 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Dimmi in che posizione si trovano VALUTAZIONE


questi oggetti... Dopo 2 minuti circa: Adesso FOCALIZZATA
dimmi il nome dell’oggetto che era sopra..., CS
di quello sotto, di quello a fianco. Effettuare
la rievocazione prima con due figure,
poi con tre figure, infine con quattro figure.
Scheda 3B
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 119

Dimmi in che posizione si trovano VALUTAZIONE


questi oggetti... Dopo 2 minuti circa: Adesso FOCALIZZATA
dimmi il nome dell’oggetto che era sopra..., CS
di quello sotto, di quello a fianco. Effettuare
la rievocazione prima con due figure,
poi con tre figure, infine con quattro figure.
Scheda 4A

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
120 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Dimmi in che posizione si trovano VALUTAZIONE


questi oggetti... Dopo 2 minuti circa: Adesso FOCALIZZATA
dimmi il nome dell’oggetto che era sopra..., CS
di quello sotto, di quello a fianco. Effettuare
la rievocazione prima con due figure,
poi con tre figure, infine con quattro figure.
Scheda 4B
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 121

Dimmi in che posizione si trovano VALUTAZIONE


questi oggetti... Dopo 2 minuti circa: Adesso FOCALIZZATA
dimmi il nome dell’oggetto che era sopra..., CS
di quello sotto, di quello a fianco. Effettuare
la rievocazione prima con due figure,
poi con tre figure, infine con quattro figure.
Scheda 5A

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
122 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Dimmi in che posizione si trovano VALUTAZIONE


questi oggetti... Dopo 2 minuti circa: Adesso FOCALIZZATA
dimmi il nome dell’oggetto che era sopra..., CS
di quello sotto, di quello a fianco. Effettuare
la rievocazione prima con due figure,
poi con tre figure, infine con quattro figure.
Scheda 5B
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 123

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP
Guarda bene queste figure, parole e sillabe.
Ora esegui quello che ti viene chiesto.

Scheda 1A

Tocca la figura riempita di grigio

Tocca la parola diversa

CANE MARE
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
SOLE
PALLA
LIBRO
NEVE

Tocca la sillaba diversa

LO
FA
RI

GU MO SA
124 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP
Guarda bene queste figure, parole e numeri.
Ora esegui quello che ti viene chiesto.

Scheda 1B

Tocca la figura diversa

Tocca la parola diversa

MATITA
TAVOLO
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

MONETA

CHIESA PIANTA
OCCHIO

Tocca il numero diverso

7
1
9

3 5 2
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 125

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP
Ora fai in modo, seguendo le indicazioni,
che alcune figure, parole o sillabe
si vedano (si sentano) meglio.
Scheda 2A

Colora il disegno che preferisci

Sottolinea una di queste parole

CANE SOLE
MARE
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

NEVE LUCE PALO

Leggi tutte le sillabe e una soltanto più forte

TO
FA
RA

SI PU LE
126 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP
Ora fai in modo, seguendo le indicazioni,
che alcune figure, lettere o parole
si vedano meglio.
Scheda 2B

Disegna gli altri visi cambiando per ognuno un particolare (caratteristica)

Ricopia le seguenti lettere scrivendone una più grande delle altre

ACHBNPSE
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

Sottolinea una di queste parole

CARTA BIRRA

GATTO PENNA

MAMMA
NOTTE
BOCCA SALTO
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 127

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP
Ora fai in modo, seguendo le indicazioni,
che alcune figure, parole o sillabe
si vedano (si sentano) meglio.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo di ricordare Scheda 3A
quello che ha evidenziato)

Colora il disegno che preferisci

Sottolinea con un colore una di queste parole

GOMMA CASSA

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
MONTE

GAMBA PASTA
MAGLIA

Leggi tutte le sillabe e una soltanto più forte

NE RA
DA

PE
TA CI
128 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP
Ora fai in modo che alcune figure,
parole o frasi si vedano meglio.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo di ricordare
quello che ha evidenziato, richiamando il tipo Scheda 3B
di evidenziazione)

Colora i due disegni


che preferisci

Sottolinea due di queste parole

GALLO FOGLI
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

MEDICO LAMPO

ZUCCA STRADA

PIZZA FESTA

Sottolinea la frase che preferisci


Il cane abbaia
L’orologio è fermo
L’ape punge
La finestra è chiusa
Il leone è feroce
Il quadro è appeso
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 129

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP
Ora osserva bene le figure, parole o sillabe.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo di ricordare
quelle evidenziate)
Scheda 4A

TORO RADIO

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
MUCCA FIORE

LETTO BORSA

PE DO

RA FO

SU CO
130 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP

Ora osserva bene le figure, parole o frasi.


(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo di ricordare Scheda 4B
quelle evidenziate)

SUCCO PIEDE

MOLLA
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

LANCIA
CUORE
VETRO
QUADRO LIBRO

Roma è la capitale d’Italia


Le scimmie mangiano banane
Ogni anno ha dodici mesi
Il diamante è prezioso
Oggi il tempo è bellissimo
Quel divano è molto comodo
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 131

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
EP

Ora osserva bene le figure, parole o sillabe.


(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo di ricordare Scheda 5A
più cose possibili, segnando l’ordine di rievocazione)

BIRRA SAPONE

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
FUMO OCCHIO

DISCO CANARINO

SCA PER

TRI NE

BRA POR
132 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Ora osserva bene le figure,
parole o frasi. EP
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo di ricordare
più cose possibili, segnando l’ordine
di rievocazione). Scheda 5B

METAURO ADDA PO
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

SENNA TEVERE NILO

RENO ADIGE DON

I pinguini vivono al polo nord


La neve cade d’inverno
La giraffa ha il collo lungo
La domenica è festa
L’oceano è profondo
Il treno corre sulle rotaie
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 133

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Ass
Guarda queste figure,
dimmi quali si assomigliano e perché.
Scheda 1A

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
134 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Ass
Leggi queste parole,
dimmi quali si assomigliano e perché.
Scheda 1B

PORTA

FIUME TORTA

TROTA

CASTELLO SOLE
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

OMBRA
CAMMELLO

STAMPANTE

CORTA

BALLO SEDIA

CARTA

ALLEGRIA GIALLO
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 135

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Guarda queste figure, Ass
trova parole o figure
che assomigliano per qualcosa
a quelle presentate e dimmi perché. Scheda 2A

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
136 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Ass
Leggi queste parole,
trovane altre che gli assomigliano
e dimmi perché.
Scheda 2B

CAPPELLO

PENNELLO

PINGUINO
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

PROFUMO

FORZA

RABBIA
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 137

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Guarda le figure. Ass
Trova parole o figure che assomigliano
a quelle presentate.
Attento che tra un po’ ti chiederò di ripeterle.
Scheda 3A
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo di ricordare
le parole suggerendogli l’associazione)

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
138 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Leggi le parole. Ass
Trovane altre che assomigliano
a quelle presentate.
Attento che tra un po’ ti chiederò di ripeterle.
Scheda 3B
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo di ricordare
le parole suggerendogli l’associazione)

ALLUVIONE

LATINO

INFANZIA
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

RIFORMA

SPRUZZO

MARCELLI

CARLI

MORELLI
LUCHETTI
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 139

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Ass
Leggi le parole, trovane altre
che assomigliano a quelle presentate.
Attento che tra un po’ ti chiederò di ripeterle.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
Scheda 4A
di ricordare le parole suggerendogli
di usare la strategia)

DATA

CALCIO

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

POTASSIO

SCIPIONE L’AFRICANO

DANTON

ALESSANDRO MAGNO
140 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Ass
Leggi le parole, trovane altre
che assomigliano a quelle presentate.
Attento che tra un po’ ti chiederò di ripeterle.
Scheda 4B
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le parole suggerendogli
di usare la strategia)

FORMAGGIO

BOTTIGLIA

RACCHETTA

TAVOLO
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

CAMPO GRANAIO

ANELLO

GATTO
MURO

GIOVANNI LETTO

PORTA
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 141

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Ass
Guarda le figure.
Attento che tra un po’ ti chiederò di ricordarle.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo Scheda 5A
di ricordare le figure)

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
142 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Ass
Leggi le parole.
Attento che tra un po’ ti chiederò di ripeterle.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo Scheda 5B
di ricordare le parole)

PORTACHIAVI

OCCHIALI SIGARETTA

AGENDA PIEDE

CILIEGIA

CAPPOTTO FRULLATORE
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

TRAMONTO GIRAFFA

PROFUMO

CANDELA

CALCIATORE MONTAGNA

TAVOLO CARTELLA

RADIO MARIONETTA
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 143

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
OS Clustering
Osserva queste carte* con le figure
(presentate una alla volta)
e segui le indicazioni.
Scheda 1A

* Per l’effettuazione di questa scheda è necessario dotarsi di 6 immagini di animali e di vestiti, 4 immagini di
attrezzi e 2 immagini di frutti.

Questi 4 disegni raffigurano due animali e due vestiti, collocali nelle caselle giuste.

ANIMALI VESTITI

Questi 6 disegni raffigurano due animali, due vestiti e due attrezzi, collocali nelle caselle giuste.

ANIMALI VESTITI ATTREZZI

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

Questi 8 disegni raffigurano due animali, due vestiti, due attrezzi e due frutti, collocali nelle caselle giuste.

ANIMALI VESTITI ATTREZZI FRUTTI


144 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
OS Clustering

Ascolta queste parole


e segui le indicazioni. Scheda 1B

Adesso ti dirò il nome di due animali e di due vestiti: leone, cappello, rinoceronte, guanti; devi scrivere
i nomi nelle caselle giuste.

ANIMALI VESTITI

Adesso ti dirò il nome di due animali, di due vestiti e di due attrezzi: martello, gilet, scarpe, orso, cacciavite,
cane; devi scrivere i nomi nelle caselle giuste.

ANIMALI VESTITI ATTREZZI


P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

Adesso ti dirò il nome di due animali, di due vestiti, di due attrezzi e di due frutti: asino, melone, riga, bue,
mutande, ciliegia, felpa, pennello; devi scrivere i nomi nelle caselle giuste.

ANIMALI VESTITI ATTREZZI FRUTTI


CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 145

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Metti insieme le figure
OS Clustering
secondo le categorie indicate.

Scheda 2A

OGGETTI DI CUCINA

............................................................................................................

............................................................................................................

VESTITI

............................................................................................................

............................................................................................................

OGGETTI DI CUCINA
............................................................................................................

............................................................................................................

ANIMALI
............................................................................................................

............................................................................................................

VESTITI

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
............................................................................................................

............................................................................................................

ANIMALI OGGETTI DI CUCINA FIORI VESTITI


................................................. ................................................. ................................................. .................................................

................................................. ................................................. ................................................. .................................................


146 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Metti insieme le parole
OS Clustering
secondo le categorie indicate.

Scheda 2B

FORCHETTA
OGGETTI DI CUCINA

............................................................................................................
SCIARPA
............................................................................................................

PIATTO VESTITI

............................................................................................................
MAGLIA
............................................................................................................

OGGETTI DI CUCINA
GATTO
COLTELLO ............................................................................................................

............................................................................................................

VESTITI
PANTALONI LEONE
............................................................................................................

............................................................................................................

ANIMALI
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

PENTOLA CAPPOTTO ............................................................................................................

............................................................................................................

TULIPANO CAMICIA GIRAFFA

PADELLA ELEFANTE

CUCCHIAIO MIMOSA SCARPE

ANIMALI OGGETTI DI CUCINA FIORI VESTITI


................................................. ................................................. ................................................. .................................................

................................................. ................................................. ................................................. .................................................


CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 147

VALUTAZIONE
Metti insieme le figure
FOCALIZZATA
che stanno bene insieme
e indica il nome del gruppo. OS Clustering
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le figure suggerendogli
le categorie) Scheda 3A

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

3 ......................................................................................................

......................................................................................................

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

3 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
148 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
Metti insieme le parole
FOCALIZZATA
che stanno bene insieme
e indica il nome del gruppo. OS Clustering
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le parole suggerendogli
le categorie) Scheda 3B

ROMA 1 ......................................................................................................
GIOVANNI ......................................................................................................

LEOPARDO
2 ......................................................................................................

......................................................................................................
MILANO GABRIELE

3 ......................................................................................................
PESCE ......................................................................................................

1 ......................................................................................................
ANELLO TRAPANO
......................................................................................................

......................................................................................................
GIALLO MARTELLO
2 ......................................................................................................

......................................................................................................
BRACCIALE ROSSO
......................................................................................................

CACCIAVITE
3
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

......................................................................................................

......................................................................................................
AZZURRO ORECCHINO
......................................................................................................

TEMPERINO GATTO UCCELLO 1 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
MACCHINA BICICLETTA ......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................
TRENO COMPASSO
......................................................................................................

......................................................................................................
SERPENTE RIGHELLO
3 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
MOTORINO GOMMA CANE
......................................................................................................
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 149

VALUTAZIONE
Metti insieme le figure
FOCALIZZATA
che stanno bene insieme
e indica il nome del gruppo. OS Clustering
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le figure suggerendogli
di usare la strategia) Scheda 4A

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

3 ......................................................................................................

......................................................................................................

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

3 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
150 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
Metti insieme le parole
FOCALIZZATA
che stanno bene insieme
e indica il nome del gruppo. OS Clustering
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le parole suggerendogli
di usare la strategia) Scheda 4B

ROSA 1 ......................................................................................................
ALBICOCCA ......................................................................................................

BOB
2 ......................................................................................................

......................................................................................................
TULIPANO MELA

3 ......................................................................................................
SLITTA ......................................................................................................

1 ......................................................................................................
SCI CICLAMINO
......................................................................................................

......................................................................................................
PESCA VIOLA
2 ......................................................................................................

......................................................................................................
UVA CAPPELLO
......................................................................................................

KIWI
3
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

......................................................................................................

......................................................................................................
PRIMULA GUANTI
......................................................................................................

LEONE GIRAFFA VERDURA 1 ......................................................................................................

......................................................................................................

FINESTRA DOLCI ......................................................................................................

......................................................................................................

CARNE ZEBRA 2 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
PAVIMENTO FRUTTA ......................................................................................................

SOFFITTO 3 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
PORTA CONIGLIO
......................................................................................................
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 151

VALUTAZIONE
Guarda bene queste figure. FOCALIZZATA
Attento che tra un po’ OS Clustering
ti chiederò di ricordarle.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le figure)
Scheda 5A

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

3 ......................................................................................................

......................................................................................................

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

1 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

2 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

3 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
152 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
FOCALIZZATA
Leggi bene le parole.
Attento che tra un po’ ti chiederò di ripeterle. OS Clustering
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le parole)
Scheda 5B

MARTEDI 1 ......................................................................................................
ARLECCHINO ......................................................................................................

PULCINELLA
2 ......................................................................................................

......................................................................................................
FOGLIA RAMO

3 ......................................................................................................
GIOVEDI ......................................................................................................

1 ......................................................................................................
FEBBRAIO PALLAVOLO
......................................................................................................

......................................................................................................
BIONDO LUGLIO
2 ......................................................................................................

......................................................................................................
NUOTO CASTANO
......................................................................................................

NOVEMBRE
3
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

......................................................................................................

......................................................................................................
CALCIO MORO
......................................................................................................

AMERICA GEMELLI INVERNO 1 ......................................................................................................

......................................................................................................

AUTUNNO ARIETE ......................................................................................................

......................................................................................................

ESTATE EUROPA 2 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
PESCI ASIA ......................................................................................................

PRIMAVERA 3 ......................................................................................................

......................................................................................................

......................................................................................................
AFRICA SCORPIONE
......................................................................................................
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 153

Completa la sequenza VALUTAZIONE


inserendo nello spazio vuoto FOCALIZZATA
la figura corretta. OS Storie

Scheda 1A

? ?

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

? ?
154 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Completa la sequenza VALUTAZIONE


inserendo nello spazio vuoto FOCALIZZATA
la parola corretta. OS Storie

Scheda 1B

LUPI
NANI Biancaneve e i sette ................................................... rientravano

CASETTA stanchi la sera nella loro ........................................................................

VILLA

CACCIATORE
FIUME Un ................................................................................, una bella mattina

SOLE di .............................................................................. uscì di casa e andò


P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

PRATO
a caccia nel ....................................................
BOSCO

NUVOLE
STELLE Il cielo era coperto da grosse ............................................ nere.
OMBRELLO
Marco uscì per ...................................................... ma tornò subito
STRADA
in casa a prendere l’ .............................................................. perché
PIAZZA
PIOGGIA aveva paura della ....................................................
ALBERO
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 155

Inventa una storia VALUTAZIONE


usando le figure, FOCALIZZATA
poi raccontala o scrivila OS Storie
nelle righe.

Scheda 2A

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................
156 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

Inventa una storia VALUTAZIONE


usando le parole, FOCALIZZATA
poi raccontala o scrivila OS Storie
nelle righe.

Scheda 2B

PANE TAVOLO LETTO

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

FORESTA FUCILE SENTIERO AUTO


P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

ALBERO PENNA MONTE SCARPA VINO

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 157

VALUTAZIONE
Inventa una storia usando le figure. FOCALIZZATA
Attento che tra un po’ di chiederò OS Storie
di ripeterla.

Scheda 3A

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................
158 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
Inventa una storia usando le parole. FOCALIZZATA
Attento che tra un po’ ti chiederò OS Storie
di ripeterla.

Scheda 3B

DISCO MARE

FAGIOLI
FUNGHI

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

BICCHIERE
RADIO
FARO

OCCHIALI MELA
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

QUADERNO MANO PALLA

CAPELLI COLLA QUADRO

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 159

VALUTAZIONE
Inventa una storia usando le figure. FOCALIZZATA
Attento che tra un po’ di chiederò OS Storie
di ricordarle.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le figure Scheda 4A
suggerendogli la storia)

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

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P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

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STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................
160 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
Inventa una storia usando le parole. FOCALIZZATA
Attento che tra un po’ di chiederò OS Storie
di ripeterla.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le parole
suggerendogli la storia) Scheda 4B

ALBERO MAESTRA

PENNA
LIBRO

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

RIGA
FOTO
CAPPELLO

TETTO TELEFONO
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

REGALO SCARPE NAVE

LETTO CANE MELA

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................
CAPITOLO 5 LA VALUTAZIONE FOCALIZZATA SULLE STRATEGIE 161

VALUTAZIONE
Inventa una storia usando le figure. FOCALIZZATA
Attento che tra un po’ di chiederò OS Storie
di ripeterla.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le figure) Scheda 5A

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

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P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)
STORIA ............................................................................................................................................................................................................

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STORIA ............................................................................................................................................................................................................

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162 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 5

VALUTAZIONE
Inventa una storia usando le parole. FOCALIZZATA
Attento che tra un po’ di chiederò OS Storie
di ripeterla.
(Dopo 2 minuti circa chiedere all’allievo
di ricordare le parole) Scheda 5B

NOCE BOSCO

SEDIA
SASSI

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

CAVALLO
QUADRO
FIUME

CAMPANA BISTECCA
P. Meazzini, L. Cottini, Il fattore M nella scuola - © 2007 - Vannini Editrice - Gussago (BS)

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

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COSTUME ACQUA PESCE

GHIACCIO DOTTORE AUTO

STORIA ............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................
Capitolo 6

L’intervento educativo 1

Siamo giunti all’ultimo atto del nostro percorso, sicuramente il più atteso da chi
opera nel contesto educativo e raramente dispone di strumenti per orientare la sua
azione didattica su capacità trasversali come la memoria.
Nell’elaborazione delle proposte di intervento educativo, abbiamo cercato di
rispettare due esigenze che riteniamo di fondamentale importanza:
a) evitare che l’insegnamento delle strategie si trasformi in una semplice trasmis-
sione di modalità d’azione precostituite, che l’allievo è chiamato ad apprendere
passivamente;
b) favorire il mantenimento e la generalizzazione delle strategie acquisite.
Il primo punto si collega a una polemica sollevata da alcuni psicologi costrutti-
visti (KRONICK, 1988; POPLIN, 1988), i quali hanno sottolineato il rischio che l’inse-
gnamento delle strategie possa costituire un ostacolo alla costruzione attiva della
conoscenza. Quello della costruzione attiva da parte dell’allievo è un concetto di
grande significato, che ha rappresentato il fulcro di numerose teorie psicologiche,
fra cui quella di Dewey e Piaget.
La posizione teorica di Kronik e di Poplin è stata vivacemente contestata da due
autorevoli esponenti della psicologia cognitiva, Harris e Pressley, i quali hanno
sostenuto che descrivere l’insegnamento delle strategie come meccanico e l’allievo
impegnato nel loro apprendimento come passivo rappresenta una concettualizzazio-
ne non corretta, sicuramente frutto di un fraintendimento (HARRIS e PRESSLEY, 1991).
La tesi da essi sostenuta è che un buon insegnamento delle strategie comprende tutti
i principi del costruttivismo e anche qualcosa di più. Il ruolo attivo dell’allievo nel-
l’apprendimento strategico, infatti, è stato sempre evidenziato come prioritario fin
dalla prima elaborazione dell’approccio cognitivo-comportamentale formulata da
Meichenbaum (1977).

1
Il presente capitolo è stato elaborato da Paolo Meazzini, Lucio Cottini e Bruna Lani.
164 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Senza dilungarci su questi aspetti che ci porterebbero fuori dai ristretti ambiti
applicativi che ci siamo imposti (anche per evitare di essere abbandonati dai nostri
Lettori proprio ora), sottolineiamo soltanto la sintesi cui pervengono Harris e
Pressley. La loro tesi è che non esiste un conflitto teorico fra psicologia cognitiva
e psicologia evolutiva, né una incompatibilità operativa fra l’insegnamento delle
strategie e la didattica basata sulla scoperta (che deriva dalla psicologia costrutti-
vistica).
L’anello di congiunzione fra questi due approcci è rappresentato dalla cosiddet-
ta autoregolazione, con particolare riferimento all’impiego didattico della strategia
di autoistruzione, la quale prevede che educatore e allievo elaborino insieme, in
maniera tanto creativa, quanto razionale e sistematica, modalità efficaci e indivi-
dualizzate per affrontare i problemi.
Alla luce di queste considerazioni – per salvaguardare la partecipazione attiva
degli allievi al processo di apprendimento – la fase di intervento sulle strategie si
articola in momenti di insegnamento interattivo attraverso la tecnica dell’autoistru-
zione e in specifiche proposte operative (esercizi) di progressiva difficoltà, riferite
alle singole mnemotecniche.
Venendo al secondo aspetto sollevato, quello cioè che riguarda il mantenimen-
to e la generalizzazione delle strategie insegnate, abbiamo già sottolineato come
questo rappresenti il problema principale degli allievi con difficoltà di apprendi-
mento e ritardo mentale lieve (quelli con grave ritardo mentale non riescono a gio-
varsi di insegnamenti strategici di questo tipo). Per aiutarli a superare tale ostaco-
lo è necessario puntare, oltre che all’insegnamento diretto delle mnemotecniche,
alla promozione di una conoscenza metacognitiva delle strategie (anche se rudi-
mentale), con particolare riferimento al dove e quando utilizzarle. Inoltre, è oppor-
tuno porre attenzione a motivare l’allievo all’uso delle strategie, soprattutto attra-
verso la constatazione della loro utilità nel quotidiano (atteggiamenti positivi verso
le strategie).
Sulla scorta di queste premesse, la presentazione della fase di intervento edu-
cativo è articolata in due momenti, i quali prendono in considerazione rispettiva-
mente:
1. il training sulle strategie di memoria, con descrizione dell’insegnamento attra-
verso l’autoistruzione e presentazione di specifici esercizi riferiti alle singole
mnemotecniche;
2. il training metacognitivo, con formulazione di proposte per lo sviluppo della
metamemoria e di suggerimenti per favorire un atteggiamento positivo verso le
strategie di memoria.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 165

Il training sulle strategie di memoria


L’autoistruzione
L’autoistruzione è definita come la capacità dell’allievo di fornire a se stesso le
istruzioni verbali necessarie all’esecuzione di un compito. Tale procedura si è dimo-
strata molto utile nell’educazione di bambini con difficoltà di varia natura, allo scopo
di migliorare le loro capacità di attenzione e di memoria, nonché di ridurre alcuni
comportamenti inadeguati e di eccessiva dipendenza dall’educatore (WHITMAN, 1987;
BORNAS e SERVARA, 1992; DUARTE e BAER, 1994; KEOGH, WHITMAN e MAXWELL, 1987, 1998).
L’elaborazione della strategia di autoistruzione deriva da una serie di studi e spe-
rimentazioni effettuati partendo da diverse impostazioni teoriche. Prima di tutto è
evidente l’influenza esercitata da Vigotskij (1962), il quale ha teorizzato, nel suo
modello di sviluppo, la situazione del bambino che è inizialmente sensibile alle
istruzioni esterne mediate dall’ambiente sociale, per poi progressivamente struttura-
re una forma di linguaggio verbale interiorizzato (autoverbalismo). Questo viene a
costituire un meccanismo evolutivo fondamentale per favorire lo sviluppo del pen-
siero (COTTINI, 2004b).
La definizione degli aspetti tecnici relativi alla strategia di autoistruzione si deve
comunque a una serie di contributi scaturiti nell’ambito della ricerca cognitivo-
comportamentale.
Meichenbaum (1977), ad esempio, ha particolarmente approfondito l’importan-
za dell’autoistruzione e le modalità di utilizzazione di tale procedura in situazioni
educative, arrivando a delineare un itinerario educativo che, partendo da un con-
trollo esterno da parte dell’educatore, conduce l’allievo alla possibilità di autorego-
lare il proprio comportamento attraverso verbalizzazioni interne.
Altri autori (WHITMAN e JOHNSTON, 1984; WHITMAN, 1987; KEOGH et al., 1987; GRAHAM
e HARRIS, 1996; GROTE, ROSALES, MORRISON e ROYER, 1997) hanno cercato di esaminare
l’utilità dell’autoistruzione nell’insegnamento a bambini con difficoltà di apprendi-
mento e ritardo mentale lieve, ottenendo positivi risultati sia per quanto riguarda l’ac-
quisizione di abilità, che per il loro mantenimento e la loro generalizzazione.
In sintesi, queste prime sperimentazioni hanno evidenziato il fatto che gli allie-
vi, ai quali viene insegnato ad autoistruirsi, diventano molto più attenti mentre svol-
gono compiti scolastici e, in generale, più abili solutori di problemi.
Facendo riferimento a questi studi, abbiamo elaborato una proposta di interven-
to che si articola in quattro fasi denominate rispettivamente:
a) guida totale;
b) guida attenuata;
c) performance autonoma con controllo;
d) performance autonoma.
166 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

a) Guida totale - In questa fase l’educatore descrive inizialmente la strategia da


utilizzare e ne dimostra l’esecuzione in modo che sia molto evidente. In seguito,
insieme all’allievo, cerca di individuare una serie di semplici verbalizzazioni che
possano guidare i diversi momenti dell’esecuzione (fin da questa fase l’allievo rive-
ste un ruolo attivo). L’educatore, poi, dimostra l’esecuzione del compito, verbaliz-
zando ad alta voce le istruzioni decise insieme all’allievo.
b) Guida attenuata - Nella seconda fase l’educatore verbalizza le istruzioni deci-
se, mentre l’allievo esegue il compito in maniera sempre più autonoma. Gli aiuti for-
niti nella fase precedente vengono progressivamente attenuati.
c) Performance autonoma con controllo - In questa terza fase l’intervento del-
l’educatore viene ulteriormente attenuato, fino a non fornire più le istruzioni verba-
li. Ora è l’allievo che ad alta voce si autoistruisce al fine di eseguire il compito in
maniera corretta. Il ruolo dell’educatore si assottiglia fino a svolgere funzioni di
semplice controllo con possibilità di fornire feedback correttivi. A questo punto l’e-
ducatore e l’allievo progettano congiuntamente alcune esperienze di generalizza-
zione.
d) Performance autonoma - Nell’ultima fase viene stimolato il passaggio a
un’autoistruzione mentale, cioè effettuata con verbalizzazioni interne. A questo
livello l’intervento di aiuto esterno dell’insegnante risulta completamente eliminato.
Durante il training di autoistruzione, quindi, i suggerimenti relativi al compito da
portare a termine sono inizialmente forniti dall’insegnante, che poi cede progressi-
vamente il posto all’allievo, il quale diventa così l’artefice del suo processo di auto-
regolazione del comportamento. Le quattro fasi descritte non sono da intendersi
come momenti rigidi, in quanto devono essere adattate (nella loro progressione e
durata) agli allievi con i quali si interagisce. Va sottolineato comunque, come sarà
apparso evidente, che per poter utilizzare l’autoistruzione gli allievi devono posse-
dere alcune basilari abilità di comunicazione verbale.
Per rendere più chiara questa descrizione, riportiamo nella scheda 6.1 un esem-
pio di impiego dell’autoistruzione per l’insegnamento della strategia mnestica di rei-
terazione della codifica.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 167

Scheda 6.1 - Utilizzo dell’autoistruzione per l’insegnamento dell’abilità di “ricordare


un numero di telefono per alcuni secondi”

Strategia: REITERAZIONE DELLA CODIFICA.


Compito: ricordare un numero di telefono per alcuni secondi.

1. GUIDA TOTALE
L’educatore illustra il compito da svolgere: “Bisogna leggere il numero di telefono, tenerlo in
mente, andare nell’altra stanza e comporlo. Come potremmo fare?”.
Durante questa fase ogni suggerimento deve essere tenuto in considerazione. Ad esempio,
allievo: “Potremmo leggerlo molte volte”; educatore “OK, proviamo!”.
Da queste interazioni si arriva alla indicazione strategica.
Educatore: “Perché non proviamo a ripeterlo ad alta voce mentre andiamo nell’altra stanza,
3-2-7-6-5-4 ................................. Sono troppi numeri e si dimenticano. Proviamo a unirli 32-76-54.
Sì, così è più facile!”
Dopo questa fase interattiva, educatore e allievo decidono l’autoistruzione che dovrà guidare
l’esecuzione:
“Per ricordare un numero di telefono devo unire i numeri a due a due e ripeterli”.
L’educatore dimostra il compito verbalizzando ad alta voce l’autoistruzione.

2. GUIDA ATTENUATA
Educatore: “Per ricordare il numero di telefono devo unire i numeri a due a due e ripeterli.
Allora, 32-76-54, 32-76-54, 32-76-54 .........................”.
Educatore e allievo vanno insieme nella stanza dove c’è il telefono.
Educatore: “......................... 32-76-54; il numero era .........................”
Allievo: “32-76-54!” e lo compone.

3. PERFORMANCE AUTONOMA CON CONTROLLO


Allievo ad alta voce: “Per ricordare un numero di telefono devo unire ......................... 32-76-54,
32-76-54......” ed esegue.
Educatore: “Oltre che per ricordare un numero di telefono, per cosa potrebbe essere utile
questo modo?”.
Educatore e allievo, nei limiti del possibile in maniera interattiva, programmano esperienze
di generalizzazione.

4. PERFORMANCE AUTONOMA
L’allievo progressivamente utilizza la strategia con autoverbalizzazione mentale sia per il
compito specifico che per le esperienze di generalizzazione.
168 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Le schede di intervento
Oltre all’utilizzo didattico dell’autoistruzione, il training sulle strategie viene
condotto anche attraverso una serie di proposte operative (esercizi). Per ogni strate-
gia di memoria, infatti, abbiamo elaborato due percorsi didattici:
– Curricolo prerequisiti, da adottare quando si vogliono insegnare strategie per le
quali l’allievo manifesta deficit di mediazione. A questo livello non sono previsti
compiti mnestici, ma solo modalità di organizzazione dei materiali in relazione
alla strategia che si insegna.
– Curricolo strategico, basato su una serie di esercitazioni di memorizzazione e
recupero, da adottare quando l’allievo presenta deficit di produzione (per mag-
giori chiarimenti circa le caratteristiche dei deficit di mediazione e di produzio-
ne rimandiamo al capitolo precedente).
Il programma prevede, inoltre, una serie di compiti scolastici e di vita quotidia-
na utili per favorire il transfert di apprendimento delle strategie su situazioni con-
crete.
Presentiamo di seguito le modalità di organizzazione degli esercizi riferiti a tutte
le strategie. Come si potrà notare, la progressione delle proposte operative prevede
il passaggio da esercitazioni mnestiche nelle quali l’utilizzo delle strategie è solle-
citato e guidato dall’educatore, ad attività di ricordo autonomo. Oltre ciò, vengono
proposti inizialmente compiti di riconoscimento e, solo in seguito, compiti più com-
plessi di rievocazione.
Ricordiamo che riconoscimento e rievocazione sono due modalità fondamentali
di lavoro della memoria. Nel primo caso l’allievo è aiutato dal fatto che le cose da
ricordare vengono di nuovo messe a sua disposizione, ma devono essere discrimi-
nate da altre con cui sono mescolate; nel secondo caso, invece, l’allievo è chiamato
a ricordare utilizzando esclusivamente i propri mezzi.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 169

TRAINING SULLE STRATEGIE DI MEMORIA:


ORGANIZZAZIONE DEGLI ESERCIZI

1. REITERAZIONE DELLA CODIFICA

CURRICOLO PREREQUISITI

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi viene richiesto di ripetere, articolando il linguaggio


il più rapidamente possibile, nomi, lettere, numeri, sillabe.
Ripeti velocemente La difficoltà delle esercitazioni è resa progressivamente cre-
scente in relazione al tipo di materiale (nomi, lettere, ecc.) e al
numero di elementi da ripetere.

Agli allievi viene richiesto di codificare elementi di diverso tipo


(lettere in sillabe, sillabe in parole, numeri singoli in numeri di
Metti insieme 2 o più cifre).
La difficoltà delle esercitazioni è resa progressivamente cre-
scente in relazione al numero di elementi da codificare.

Agli allievi viene richiesto di effettuare congiuntamente le ope-


razioni oggetto delle esercitazioni precedenti: codificare e rei-
terare le codifiche effettuate.
Metti insieme e ripeti
La difficoltà delle esercitazioni è resa progressivamente cre-
scente in relazione al tipo di materiale e al numero di elemen-
ti da codificare e ripetere.

CURRICOLO STRATEGICO

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi vengono presentati elementi da rievocare (nomi,


lettere, numeri, sillabe). Dopo 20” circa viene mostrata una
Riconosci nuova serie di elementi chiedendo se è uguale a quella pre-
gli elementi presentati cedente oppure se è stato aggiunto o tolto qualcosa.
La difficoltà delle esercitazioni è dipendente dal materiale e
dal numero di elementi.

Agli allievi vengono presentati elementi da rievocare (nomi,


lettere, numeri, sillabe). Dopo 20” circa viene chiesto il nome
Rievoca degli elementi mostrati.
gli elementi presentati Anche in questo caso, le esercitazioni sono rese progressiva-
mente più complesse agendo sul tipo di materiale e sul nume-
ro di elementi.
170 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

TRAINING SULLE STRATEGIE DI MEMORIA:


ORGANIZZAZIONE DEGLI ESERCIZI

2. CODIFICA SPAZIALE

CURRICOLO PREREQUISITI

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi viene richiesto di individuare i concetti topologici in


riferimento al proprio corpo (es., la palla si trova lontano da
Individua la posizione
me, il tappeto è sotto di me, ecc.).
degli oggetti in relazione
Vengono presentati prima concetti spaziali più semplici
al tuo corpo
(sopra, sotto; vicino e lontano, ecc.) poi più complessi (destra
e sinistra).

Agli allievi viene richiesto di individuare la posizione che gli


oggetti occupano uno in relazione all'altro (es., la palla è vici-
na al tavolo, ecc.).
Individua la posizione
La difficoltà delle esercitazioni è resa progressivamente cre-
degli oggetti in relazione
scente in relazione al tipo di concetto spaziale considerato
ad altri oggetti
(come in precedenza) e al numero di relazioni (es., la palla è
sopra il tavolo, il tavolo è sotto la palla, il bicchiere è a destra
della bottiglia, la bottiglia è a sinistra del bicchiere).

CURRICOLO STRATEGICO

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi vengono presentati oggetti collocati in varie posi-


zioni nello spazio. Dopo un certo tempo (2 minuti circa) si
chiede di indicare quale oggetto era posto in una determinata
Cosa c’era
posizione.
in questa posizione?
Le esercitazioni sono organizzate per difficoltà crescente in
relazione al tipo di oggetti presentati (più o meno comuni) e al
numero di elementi da rievocare.

Agli allievi vengono presentati oggetti collocati in varie posi-


zioni nello spazio. Dopo un certo tempo (2 minuti circa) si
Rievoca chiede di rievocarli.
gli elementi presentati Come in precedenza, la difficoltà delle esercitazioni dipende
dal tipo di oggetti presentati e, soprattutto, dal numero di ele-
menti da rievocare.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 171

TRAINING SULLE STRATEGIE DI MEMORIA:


ORGANIZZAZIONE DEGLI ESERCIZI

3. EVIDENZIAZIONE PERCETTIVA

CURRICOLO PREREQUISITI

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi viene richiesto di individuare fra una serie di ele-


menti quello colorato, sottolineato o comunque alterato visiva-
Qual è diverso? mente o acusticamente per alcuni particolari. La difficoltà delle
esercitazioni è resa progressivamente crescente in relazione
al tipo di materiale (disegni, parole, ecc.) presentato.

Agli allievi viene richiesto di colorare, sottolineare o comunque


rendere più evidenti alcuni aspetti degli elementi (disegni,
Evidenzia parole, ecc.) presentati.
La difficoltà delle esercitazioni è resa progressivamente cre-
scente in relazione al tipo di evidenziazione richiesta.

Agli allievi viene richiesto di individuare le differenze esistenti


fra due o più elementi (disegni, parole, ecc.) presentati.
Trova le differenze Le schede iniziali prevedono differenze facilmente rilevabili,
mentre in quelle successive le stesse sono sempre meno evi-
denti.

CURRICOLO STRATEGICO

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi vengono presentati una serie di elementi (disegni,


parole, sillabe, numeri, lettere) da rievocare, nella quale uno o
Quale era la cosa più sono evidenziati. Dopo 2 minuti circa viene chiesto quale
evidenziata? era o quali erano gli elementi evidenziati.
La difficoltà delle esercitazioni è dipendente dal tipo di mate-
riale e dal numero di elementi da rievocare.

Agli allievi vengono presentati una serie di elementi o un


brano scritto. Gli si chiede di memorizzare alcuni elementi che
Rievoca
ritiene più importanti. Dopo 2 minuti circa viene chiesto di rie-
gli elementi che ritieni
vocare gli elementi.
più importanti
La difficoltà delle esercitazioni è dipendente dal tipo di mate-
riale presentato e dal numero di elementi da rievocare.
172 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

TRAINING SULLE STRATEGIE DI MEMORIA:


ORGANIZZAZIONE DEGLI ESERCIZI

4. ASSOCIAZIONE

CURRICOLO PREREQUISITI

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi viene richiesto di individuare le somiglianze (visive,


uditive, semantiche, ecc.) esistenti fra vari elementi (disegni,
Individua parole, ecc.).
perché si assomigliano La difficoltà delle esercitazioni è dipendente dal materiale pre-
sentato e dal tipo di somiglianze (forma, suono, significato,
ecc.).

Agli allievi viene richiesto di creare associazioni fra elementi


presentati e altri elementi a lui familiari.
Crea associazioni
La difficoltà delle esercitazioni è resa progressivamente cre-
scente in relazione al tipo di materiale presentato.

CURRICOLO STRATEGICO

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi viene presentata una serie di elementi, alcuni dei


quali sono fra loro collegabili (per forma, suono, significato,
ecc.). Si invitano gli allievi ad indicare le associazioni. Dopo un
certo tempo (2 minuti circa) si chiede di rievocare gli elemen-
Rievoca
ti richiamando le associazioni effettuate.
le cose collegate
La difficoltà delle esercitazioni è dipendente dal grado di asso-
ciabilità del materiale (se ci sono somiglianze facilmente evi-
denziabili o se bisogna creare associazioni personali) e dal
numero di elementi da rievocare.

Agli allievi viene presentata una serie di elementi da ricordare


(nomi, date, formule, ecc.). Dopo 2 minuti si chiede di rievo-
Rievoca
carli. Come in precedenza, la difficoltà delle esercitazioni è
gli elementi presentati
progressivamente aumentata agendo sul grado di associabi-
lità del materiale e sul numero di elementi da rievocare.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 173

TRAINING SULLE STRATEGIE DI MEMORIA:


ORGANIZZAZIONE DEGLI ESERCIZI

5. ORGANIZZAZIONE SEMANTICA IN CATEGORIE (CLUSTERING)

CURRICOLO PREREQUISITI

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi viene richiesto di classificare il materiale presenta-


to elemento per elemento, cioè di collocarlo in categorie preli-
minarmente indicate dall’educatore.
Metti nelle categorie
La difficoltà delle esercitazioni è dipendente dal numero di
categorie nelle quali si chiede di organizzare il materiale e
dalla loro familiarità per gli allievi.

Agli allievi viene richiesto di organizzare una serie di elemen-


ti in categorie autonomamente individuate.
Organizza le categorie La progressione di difficoltà delle esercitazioni è dipendente
dalle stesse condizioni evidenziate per il primo livello: numero
di categorie e familiarità del materiale.

Agli allievi viene richiesto di trovare altri elementi che possa-


no essere inseriti in categorie già organizzate.
Completa le categorie La difficoltà delle esercitazioni è resa progressivamente cre-
scente in relazione al grado di familiarità e concretezza del
materiale (frequenza d’uso e valore d’immagine).

CURRICOLO STRATEGICO

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi vengono presentati una serie di elementi (disegni o


parole) categorizzabili e gli si chiede di classificarli per catego-
ria. Dopo 2 minuti circa vengono invitati a rievocare gli elemen-
Rievoca gli elementi
ti, richiamando le categorie nelle quali erano stati organizzati.
delle categorie
Familiarità del materiale e numero di elementi da rievocare
sono i criteri usati per le rendere le esercitazioni progressiva-
mente più complesse.

Agli allievi vengono presentati una serie di elementi catego-


rizzabili con la richiesta di rievocarli dopo un certo tempo
Rievoca (2 minuti circa).
gli elementi presentati Come per il livello precedente, la difficoltà delle esercitazioni
è dipendente dal tipo di materiale presentato e dal numero di
elementi da rievocare.
174 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

TRAINING SULLE STRATEGIE DI MEMORIA:


ORGANIZZAZIONE DEGLI ESERCIZI

6. ORGANIZZAZIONE SEMANTICA CON FORMAZIONE DI STORIE

CURRICOLO PREREQUISITI

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi vengono presentate delle storie non complete. Gli


si chiede di completarle aggiungendo un elemento da sce-
gliere fra varie alternative.
Completa la storia
La difficoltà delle esercitazioni è dipendente dal tipo di storia
presentata (figurata o scritta, concreta o astratta, ecc.) e dal
numero di alternative previste.

Agli allievi vengono presentati vari elementi (disegni, nomi,


ecc.) non connessi e gli si chiede di costruire una storia che li
Costruisci la storia riguardi.
La difficoltà delle esercitazioni dipende dal tipo di elementi
(più o meno concreti e collegabili) e dal loro numero.

CURRICOLO STRATEGICO

TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ DESCRIZIONE

Agli allievi vengono presentati una serie di elementi e li si invi-


ta a costruire una storia che li colleghi. Dopo un certo tempo
(2 minuti circa) si chiede di rievocare gli elementi richiamando
Rievoca
la storia elaborata.
gli elementi della storia
La difficoltà delle esercitazioni è dipendente dal tipo di ele-
menti presentati (più o meno concreti e collegabili) e dal loro
numero.

Agli allievi vengono presentati una serie di elementi con la


Rievoca richiesta di rievocarli dopo un certo tempo (2 minuti circa).
gli elementi presentati Come per il livello precedente, la difficoltà delle esercitazioni
dipende dal tipo di elementi presentati e dal loro numero.

Nota
Per evidenti motivi di spazio non è purtroppo possibile presentare tutte le proposte educative, per
cui ci limitiamo ad alcuni esempi riferiti alle singole strategie (presso l’Editrice Vannini è possi-
bile richiedere il kit completo di schede fotocopiabili). Tali esemplificazioni sono di diversa com-
plessità e per tale motivo idonei ad allievi di classi diverse.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 175

Strategia di reiterazione della codifica


Curricolo strategico

Reiterazione della codifica


Strategico Scheda 1a

Francesco possiede una valigetta 24 ore dove tiene tutti i suoi documenti;
per aprirla è necessario conoscere la combinazione. Per paura di
dimenticare la combinazione Francesco l’ha scritta in un foglio che tiene
dentro al portafoglio...

Arrivato in ufficio Francesco si accorge di aver dimenticato a casa il


portafoglio con all’interno la combinazione della valigetta. Cerca allora di
ricordare la combinazione...
Guarda bene la combinazione e cerca di ricordarla!!!

Vedi la pagina seguente


176 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Reiterazione della codifica


Strategico Scheda 1b

Purtroppo Francesco non riesce a ricordare bene la combinazione...

Che confusione!!! Qual è la combinazione giusta???


Puoi aiutare Francesco?

Figura 6.1 - Esercizio relativo al curricolo strategico (compito di riconoscimento)


CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 177

Reiterazione della codifica


Strategico Scheda 2a

Stefano va al negozio di articoli musicali e acquista uno stereo. Alla cassa


il commesso gli compila il certificato di garanzia valevole un anno...

Dopo qualche settimana lo stereo smette di funzionare, Stefano si reca


così al negozio, dove il commesso gli chiede il certificato di garanzia.
Stefano purtroppo non ricorda dove l’ha messo. Il commesso gli dice che
senza il numero del certificato di garanzia non può far nulla, ma Stefano
purtroppo non ricorda nemmeno il numero...
Guarda bene il numero riportato sul certificato e memorizzalo!!!

Vedi la pagina seguente


178 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Reiterazione della codifica


Strategico Scheda 2b

Stefano purtroppo non ricorda il numero riportato sul certificato di


garanzia...

Puoi aiutarlo???
Ricordi il numero del certificato???

Figura 6.2 - Esercizio relativo al curricolo strategico (compito di rievocazione)


CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 179

Strategia di codifica spaziale


Curricolo strategico

Codifica spaziale
Strategico Scheda 1a
180 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Codifica spaziale
Strategico Scheda 1b

Figura 6.3 - Esercizio relativo al curricolo strategico (Cosa c’era in quella posizione)
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 181

Strategia di evidenziazione percettiva


Curricolo strategico

Evidenziazione percettiva
Strategico Scheda 1a

Che spasso!
Finalmente la maestra
ha deciso di portarci
in gita a Roma.
182 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Evidenziazione percettiva
Strategico Scheda 1b

Cammina cammina,
tra un vicolo e l’altro
qualcuno si è perso.

La maestra un po’ “smemorata”


non riesce a ricordare
chi manca.

Ha bisogno di aiuto.
Chi manca???
...................................................

Figura 6.4 - Esercizio relativo al curricolo strategico (Rievoca gli elementi che ritieni più importanti)
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 183

Strategia di associazione
Curricolo prerequisiti

Associazione
Prerequisiti

“Sarà difficile ricordarsi tutti i nomi degli insegnanti.


Mmm... Dovrò trovare un sistema.
Ma quale?”

“Ecco, ho trovato!
Penserò a parole o cose
che assomigliano Amanda chiede aiuto,
al loro nome. vuoi provare?
Ma sono tanti...
AIUTO!!!”

Figura 6.5 - Esercizio relativo al curricolo prerequisiti (Crea associazioni)


184 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Associazione
Prerequisiti

Cruciverba pazzo
fanno rima con

trovale e scrivile nel numero


corrispondente.
Se è giusto, nella riga evidenziata,
troverai una parola che fa rima con...

...GIGANTE!!!
Figura 6.6 - Esercizio relativo al curricolo prerequisiti (Crea associazioni)
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 185

Strategia di associazione
Curricolo strategico

Associazione
Strategico Scheda 1a

Il gioco delle rime


Unisci con una freccia le parole che fanno rima tra di loro.
186 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Associazione
Strategico Scheda 1b

Qualcuno si è divertito a cancellare alcuni disegni. Prova a ricordare quali


e scrivi il nome nelle righe.

.........................................................................

......................................................................... .........................................................................

.........................................................................

.........................................................................

Figura 6.7 - Esercizio relativo al curricolo strategico (Rievoca le cose collegate)


CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 187

Associazione
Strategico Scheda 2a

Se ti dico casa cosa ti viene in mente? ... E se ti dico tavolo? ... I disegni a
sinistra ti ricorderanno sicuramente quelli a destra, uniscili con una
freccia...
188 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Associazione
Strategico Scheda 2b

Metti alla prova la tua memoria! Alcuni disegni sono stati cancellati, prova
a ricordarli e a scrivere il nome sulle righe.

......................................................................... .........................................................................

.........................................................................

......................................................................... .........................................................................

Figura 6.8 - Esercizio relativo al curricolo strategico (Rievoca le cose collegate)


CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 189

Strategia di organizzazione semantica in categorie (clustering)


Curricolo prerequisiti

Clustering
Prerequisiti

Figura 6.9 - Esercizio relativo al curricolo prerequisiti (Organizza le categorie)


190 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Strategia di organizzazione semantica in categorie (clustering)


Curricolo strategico

Clustering
Strategico Scheda 1a
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 191

Clustering
Strategico Scheda 1b

Mmm... cosa manca?

Aiuta Ebby a ricordare...

Figura 6.10 - Esercizio relativo al curricolo strategico (Rievoca gli elementi delle categorie)
192 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Clustering
Strategico Scheda 2a

Il magico cappello
del nostro amico
prestigiatore nasconde
un sacco di segreti!

Quante cose è riuscito a tirare fuori!


Osserva bene... sicuramente non potrai ricordarli a caso, ma c’è qualcosa
che...
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 193

Clustering
Strategico Scheda 2b

Ora ti darò un aiuto. Cosa è uscito dal cappello del prestigiatore? Prova a
ricordare...

Figura 6.11 - Esercizio relativo al curricolo strategico (Rievoca gli elementi delle categorie)
194 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Strategia di organizzazione semantica con formazione di storie


Curricolo prerequisiti

Storie
Prerequisiti

Sei fantasioso e creativo?


Prova a inventare una storia che abbia significato usando queste parole
così scollegate tra loro.

BOTTONE

MATITA CHIAVE

TAVOLO OMBRELLO

CANDELA

STELLA

CILIEGIE

APE

Figura 6.12 - Esercizio relativo al curricolo prerequisiti (Costruisci la storia)


CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 195

Strategia di organizzazione semantica con formazione di storie


Curricolo strategico

Storie
Strategico Scheda 1a

Concorso culinario
Il cuoco del ristorante più famoso della città inventa una nuova ricetta per
partecipare al concorso. La lista degli ingredienti è lunga e siccome il
cuoco è di solito sbadato, invece di scriverla su un foglio decide di
inventarci una storia sopra per poterla ricordare meglio.

Ingredieznutcichero,
,
uova, paonrnea, ananas,
liqu spagna
pan di
È l’ora della merenda, Ambrogio
e Gianni sono molto golosi, preparano
infatti la panna mescolata con uova e
zucchero. Ambrogio apre il frigo. Idea!
“Mettiamoci anche dei pezzi di ananas
con un po’ di liquore”. I due amici non
sono ancora soddisfatti, versano il loro
miscuglio sul pan di spagna che la
mamma ha comperato. Finalmente
contenti si siedono davanti alla
televisione a mangiare il dolce.
196 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

Storie
Strategico Scheda 1b

Concorso culinario

Scrivi gli ingredienti


...............................................

...............................................

...............................................

...............................................

...............................................

...............................................

...............................................

Figura 6.13 - Esercizio relativo al curricolo strategico (Rievoca gli elementi presentati)
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 197

Il training metacognitivo e attribuzionale


Come è già stato più volte sottolineato nel corso del lavoro, un programma edu-
cativo finalizzato a potenziare le capacità mnestiche degli allievi deve comprendere
sia un training specifico sulle strategie di memoria, che una serie di attività per
migliorare il controllo metacognitivo e per favorire un atteggiamento positivo verso
l’utilizzo delle strategie stesse (componente emotivo-motivazionale).
Nella nostra proposta curricolare, l’attenzione viene concentrata sulle capacità
metamnemoniche e sugli stili di attribuzione.
Con la dizione di capacità metamnemonica si intende la conoscenza che un indi-
viduo possiede circa il funzionamento della propria memoria. Come abbiamo già
sottolineato, questa conoscenza si rivela di fondamentale importanza ai fini dell’as-
sunzione di un atteggiamento strategico nei compiti mnestici. Infatti, nel momento
in cui l’allievo sviluppa forme di consapevolezza (anche semplice) dei processi di
immagazzinamento e recupero, delle loro possibilità e limiti, diventa maggiormen-
te capace di apprezzare il ruolo delle strategie e di scegliere quelle più idonee alla
memorizzazione di specifiche informazioni. Alcuni autori (FLAVELL e WELLMAN, 1977;
BORKOWSKI, 1988; CORNOLDI, 1995; JOYNER e KURTZ-COSTES, 1997) distinguono fra una
sensibilità metacognitiva generale, la quale riguarda la propensione del soggetto a
riflettere sulla natura della propria attività cognitiva e le conoscenze specifiche di
metamemoria, richieste per la messa in pratica di operazioni di tipo mnestico (uso
delle strategie di memoria).
Nel momento in cui siamo impegnati in un compito mnestico, infatti, è necessa-
rio mettere in atto una serie di affinati processi di controllo. Questi consistono nella
capacità di definire la situazione che si presenta (solitamente si tratta di un proces-
so di vero e proprio problem solving), nel collegarla ad altre situazioni già affronta-
te, nell’attivare le funzioni e i processi ritenuti più idonei, nel tenere sotto controllo
le procedure adottate e nel raccogliere continuamente dei feedback che derivano dal-
l’esecuzione.
La progressiva acquisizione di conoscenze sulle modalità di funzionamento della
propria memoria e sui processi che possono essere messi in campo per renderla più
efficace ed efficiente, si costruisce gradualmente durante lo sviluppo del bambino
fino alle soglie dell’adolescenza (BJORKLUND, 1977; KAIL, 1979; DIXON e HULTSCH,
1983; VIANELLO, 1991; BJORKLUND et al., 1997).
Tale sviluppo della capacità metamnemonica viene richiamato per spiegare il
perché le prestazioni in compiti di memoria migliorano con l’età, pur nella para-
dossale constatazione che le capacità di immagazzinamento del bambino piccolo
sono probabilmente di livello non troppo diverso rispetto a quelle di soggetti più
grandi.
Oltre alle potenzialità cognitive dell’allievo e alle metodologie di insegnamento,
a condizionare il successo nell’apprendimento scolastico e non concorrono anche
198 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

aspetti emotivo-motivazionali. Vanno segnalati, a questo proposito, alcuni studi che


si concentrano sulle componenti in grado di influenzare la motivazione, l’attenzio-
ne e l’autostima dell’allievo. Fra queste componenti un ruolo importante gioca sicu-
ramente lo stile di attribuzione o locus of control, cioè la tendenza dell’allievo ad
attribuire le cause dei propri successi e insuccessi a fattori interni, come lo sforzo
profuso o a fattori esterni, come la fortuna e l’eventuale aiuto fornito dall’educato-
re (CONNOR, 1995; FLAMMER, 1995; MEAZZINI, COTTINI, MONTAGNA, LANI e ANGELINI, 1995a,
1995b; WEHMEYER e PALMER, 1997; BJORKLUND et al., 1997; HERRMANN et al., 2002).
Le ricerche sull’incidenza del locus of control nel determinare il livello di moti-
vazione e, conseguentemente, la qualità dell’apprendimento dell’allievo si sono svi-
luppate in maniera precisa a partire dalla teoria dell’attribuzione di Weiner (1985).
L’assunto base di tale teoria ipotizza che l’analisi delle cause alle quali le persone
attribuiscono il successo o l’insuccesso delle proprie azioni risulta di fondamentale
importanza per determinare l’atteggiamento che assumeranno nei riguardi di vari
compiti.
Pressley, Borkowski e Schneider (1987), a questo proposito, considerano centra-
le l’importanza attribuita dagli allievi allo sforzo in compiti di comprensione,
memorizzazione e apprendimento, quando cioè è richiesto l’uso di strategie cogni-
tive. Un buon utilizzatore di strategie, infatti, non solo possiede tutte le conoscenze
e il controllo sulle strategie da usare, ma riconosce che il successo dipende dal pro-
prio impegno personale nella scelta, uso e controllo di strategie appropriate.
Oltre alla dimensione di internalità ed esternalità, Weiner (1985) ne ha introdot-
te altre due: quella della stabilità e della controllabilità. Il ritenere che i propri suc-
cessi o insuccessi siano determinati principalmente dall’impegno personale è una
modalità attributiva di tipo interno (locus of control interno), instabile (i successi o
gli insuccessi non sono definiti una volta per tutte, ma possono modificarsi in rela-
zione al tipo di impegno) e controllabile (è il soggetto che può decidere quanto sfor-
zo dedicare ai diversi compiti). La fortuna, al contrario, è una modalità attributiva di
tipo esterno, instabile e incontrollabile.
De Beni e Zamperlin (1997) analizzano gli effetti delle attribuzioni sul sistema
affettivo-emozionale degli allievi. Come si può rilevare dalla tabella 6.1, chi attri-
buisce il proprio successo all’impegno o all’abilità (locus attributivo interno) è por-
tato ad avere una buona autostima (soddisfazione e orgoglio), mentre chi attribuisce
il fallimento alla mancanza di impegno o alla propria incapacità ha poca stima di sé,
dalla quale derivano senso di colpa e vergogna.
La controllabilità riguarda l’attribuzione della responsabilità, e quindi del meri-
to o del demerito, a se stessi o a fattori esterni e si collega a emozioni come rabbia,
gratitudine, senso di colpa ecc. Lo studente che attribuisce la riuscita all’impegno
(attribuzione instabile), rispetto a quello che l’attribuisce all’abilità (attribuzione
stabile) è più perseverante nell’eseguire compiti particolarmente difficili.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 199

Tabella 6.1 - Emozioni conseguenti alle principali attribuzioni (da DE BENI e ZAMPERLIN, 1997)

Attribuzioni In situazione di successo In situazione di insuccesso

Impegno Soddisfazione Senso di colpa, vergogna


Abilità Fiducia in sé Depressione, apatia, vergogna
Difficoltà del compito Sorpresa Dispiacere
Caso Sorpresa Sorpresa, dispiacere
Aiuto degli altri Gratitudine Rabbia

In sintesi, quindi, lo stile più funzionale al successo nei processi di apprendi-


mento, soprattutto se sono di tipo strategico, è quello che attribuisce la massima
valenza all’impegno personale.
Su questa linea si indirizza il modello di Borkowski e Muthukrishna (1996), ela-
borato sulla base di numerose sperimentazioni e anche due nostre ricerche, le quali
hanno esaminato, con soggetti in età evolutiva, la relazione esistente fra lo stile di
attribuzione e le prestazioni scolastiche (MEAZZINI et al., 1995a) e fra lo stile di attri-
buzione e la capacità di instaurare relazioni interpersonali (MEAZZINI, 2000).

La metodologia educativa
La regola di base da seguire nel lavoro sulla metamemoria risiede nella interru-
zione dei compiti, al fine di far decidere all’allievo se la strategia adottata fino a quel
momento porterà i risultati sperati o se potrebbe essere vantaggioso seguire un altro
procedimento strategico.
Esistono, a questo proposito, varie proposte riferite alla didattica metacognitiva
applicata alle abilità strumentali e alle abilità di studio (per il Lettore italiano si
segnalano: MEAZZINI, 1990; CORNOLDI e CAPONI, 1992; DE BENI e PAZZAGLIA, 1991;
CORNOLDI et al., 1995; CISOTTO, 1998).
In questa sede, senza riproporre proposte di intervento già facilmente reperibili
in letteratura, viene presentata una metodologia di lavoro sul problem solving appli-
cato ai problemi mnestici, la quale può integrare il materiale didattico già esistente.
Tale metodologia di lavoro, oltre a guidare l’allievo a modalità di pensiero diver-
gente nell’affrontare compiti di memorizzazione e recupero di informazioni, perse-
gue anche l’obiettivo di evidenziare la relazione esistente fra impegno, comporta-
mento strategico e prestazione efficace, la quale rappresenta la linea di lavoro prin-
cipale sugli stili attributivi.

Il problem solving su compiti di memoria (Mnemonic Problem Solving)


I compiti che impegnano la memoria non vengono solitamente interpretati come
problemi da affrontare facendo riferimento a particolari strategie. La capacità di
200 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

memoria, infatti, viene considerata nella maggior parte dei casi, almeno dagli allie-
vi della scuola dell’obbligo, come una facoltà che può essere posseduta in maniera
maggiore o minore, ma che comunque è poco influenzata dalla modalità di affron-
tare i compiti.
Con l’obiettivo di stimolare un approccio attivo ai compiti mnestici, da interpre-
tarsi come veri e propri problemi da affrontare, abbiamo elaborato una metodologia
di lavoro didattico, denominata Mnemonic Problem Solving (MPS), la quale si ispi-
ra soprattutto al lavoro di D’Zurilla (1986) e alle applicazioni che si sono avute sia
in campo cognitivo (MEAZZINI, 1984; 1991; VAN SICKLE e HOGE, 1992; GASKINS, 1995),
che sociale (SHURE e SPIVACK, 1974, 1982; KAZDIN, MICHELSON, SUGAI e WOOD, 1983;
ELIAS e TOBIAS, 1996; SHURE, 1997, 2001; DANISH, 1997; BEDELL e LENNOX, 1997).
Il MPS è articolato in due momenti rispettivamente finalizzati a favorire negli
alunni:
a) l’acquisizione di conoscenze di base sul funzionamento della memoria;
b) la promozione di esperienze di concreto problem solving, nelle quali vengono
guidati a definire il problema, a indicare soluzioni per affrontarlo, a valutare l’ef-
ficacia delle soluzioni, ad assumere delle decisioni.
Come si avrà modo di dire anche in seguito, il MPS è una modalità di lavoro col-
lettiva, dapprima guidata dall’educatore, poi sempre più autonomamente gestita
dagli allievi. È applicabile su tutti i contenuti e rappresenta, se correttamente con-
dotta, un’attività in grado di motivare gli allievi, anche quelli meno propensi a inte-
ragire attivamente nel gruppo.

a) Le conoscenze di base sul funzionamento della memoria


Possedere una certa conoscenza circa il funzionamento della propria memoria
facilita sicuramente il processo di ricerca delle soluzioni in un compito mnestico,
che rappresenta il momento centrale del problem solving. Gli allievi della scuola di
base, solitamente, non possiedono una sufficiente consapevolezza sui processi con-
nessi al ricordo e sulle modalità per utilizzare al meglio le proprie capacità in que-
sto campo. Tali conoscenze dovrebbero riguardare:
– le potenzialità della memoria e le differenze individuali;
– il motivo per cui si possono dimenticare le cose;
– le modalità per far funzionare al meglio la memoria;
– il ruolo dell’impegno nel ricordo.
Per questo tipo di lavoro preliminare al problem solving, possono risultare di
sicura utilità i vari programmi esistenti sulle abilità metacognitive ai quali si è fatto
cenno in precedenza, con particolare riferimento a quelli specificamente centrati
sulla metamemoria. Oltre ciò, soprattutto per quanto concerne l’obiettivo di cono-
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 201

scere le modalità per un funzionamento ottimale della memoria, sono importanti le


esercitazioni sulle strategie presentate nel paragrafo precedente.
In aggiunta a queste proposte, la metodologia del MPS prevede una serie di 25
lezioni interattive specifiche. Di seguito vengono presentate alcune esemplificazio-
ni riferite a:
– individuare quali sono i motivi che provocano la dimenticanza;
– assegnare il giusto ruolo all’impegno per la memorizzazione e il ricordo;
– scoprire quante cose si possono ricordare per breve tempo (funzionamento della
memoria di lavoro fonologica);
– verificare la differenza fra il ricordare cose concrete e astratte;
– evidenziare le caratteristiche della memoria a lungo termine.
Questi esempi sono di difficoltà crescente e possono essere proposti ad allievi
dalla prima alla quinta classe della scuola primaria. Facendo riferimento a essi e a
quanto argomentato in questo lavoro circa il funzionamento della memoria, gli edu-
catori potranno facilmente ricavare molte altre situazioni da dibattere con la classe,
al fine di migliorare le conoscenze degli allievi. La creatività e l’inventiva che tra-
dizionalmente appartengono all’insegnante italiano rappresentano una garanzia di
successo a questo proposito.
202 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

COME FUNZIONA LA MEMORIA

 1. Quali sono i motivi che provocano la dimenticanza? 

PRESENTAZIONE ALLA CLASSE


Gli insegnanti informano la classe che consegneranno a ognuno una immagine sulla quale
saranno invitati a riflettere prima individualmente e poi collettivamente. In particolare, gli allievi
dovranno rispondere, sul loro quaderno, al perché Giulia (la bambina della figura) ha dimentica-
to la poesia.

DISCUSSIONE CON LA CLASSE


Una volta completata questa prima fase di riflessione individuale, l’insegnante procede dando ini-
zio alla discussione con la classe. La natura interattiva e cooperativa di questa fase è soddisfat-
ta nel rispetto di due regole auree (regole di base del brainstorming):
1. non interrompere il compagno mentre parla;
2. non esprimere giudizi di valore su quanto viene affermato.
Alcuni consigli per orientare la discussione possono essere:
• commentare le diverse ipotesi pensate dai bambini;
• evidenziare l’interferenza di fattori temporali, emotivi, fisici, ecc. come possibili cause della
dimenticanza;
• delucidare l’importanza dell’organizzazione delle informazioni per la memoria a lungo termine;
• chiedere se potevano essere adottate delle strategie per ricordare meglio.
Una volta completata la fase di discussione l’insegnante è invitato a illustrare, evitando di dare
qualsiasi giudizio di valore, il pensiero dell’esperto della memoria: il Prof. Ebby.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 203

Cosa ne pensa il Prof. Ebby?

La memoria è come una grande


“biblioteca”. Se le cose
da ricordare non sono ordinate
è difficile recuperarle quando
Si può ripetere molte volte
servono.
la poesia. Così si ricorda come
una canzone. È un po’ faticoso,
ma a molti piace recitare
le poesie.
Quando passa il tempo
è difficile tenere a mente le cose.
Bisogna sforzarsi, impegnarsi
a memorizzare
nel modo giusto. Si possono fare dei
collegamenti. È più facile
ricordare il significato,
ma possono sfuggire
le parole giuste.
204 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

COME FUNZIONA LA MEMORIA

 2. Quanto è importante l’impegno per ricordare bene? 

PRESENTAZIONE ALLA CLASSE


Anche la presente esercitazione, adatta per allievi della prima e seconda classe, si avvale di un
supporto visivo, finalizzato a rendere più agevole la comprensione. Una volta osservata la figu-
ra i bambini sono chiamati a riflettere sul ruolo dell’impegno nella memorizzazione e recupero
delle informazioni. Dovranno trascrivere nel proprio quaderno il nome dei bambini (protagonisti
dell’illustrazione) che hanno il comportamento più corretto per affrontare il compito scolastico e
dovranno motivare la loro scelta.

DISCUSSIONE CON LA CLASSE


Al termine della riflessione personale gli insegnanti dovranno stimolare una discussione con la
classe, sempre nel pieno rispetto della due regole del brainstorming presentate nella scheda
precedente.
Possono essere lette le riflessioni personali dei bambini, con un commento collettivo che, guida-
to sapientemente dall’educatore, porti a enfatizzare il legame indissolubile tra impegno, motiva-
zione e successo nella memorizzazione e recupero delle informazioni.
L’insegnante, una volta completata la discussione con la classe, può invitare gli allievi a verifica-
re il pensiero dell’esperto della memoria collegato telefonicamente: il Prof. Ebby.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 205

Ascolta le spiegazioni telefoniche del Prof. Ebby

Se non ci si impegna
sulle cose non è possibile
ricordare. È necessario uno
sforzo. Finiti i compiti
Le cose da ricordare ci si potrà dedicare
non si stampano nella mente. ad altro.
Bisogna volerle ricordare.
Questo processo
si chiama motivazione.

Siccome studiare
e memorizzare le cose
è faticoso, ogni tanto,
quando si è stanchi,
è bene prendersi
un po’ di riposo.
206 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

COME FUNZIONA LA MEMORIA

 3. Quante cose si possono ricordare per breve tempo? 

PRESENTAZIONE ALLA CLASSE


Informate i vostri allievi che avete intenzione di condurre con loro il seguente esperimento:
presenterete 16 sillabe senza senso (es., glu, fun, ecc.) e chiederete a uno di loro di ricordarle
dopo 15 secondi dalla presentazione.
Chiedete a tutti gli allievi di segnare sul proprio quaderno il numero di sillabe che pensano ver-
ranno ricordate ed eventualmente perché. Informateli che non ci saranno processi di valutazio-
ne e che ogni cosa scritta nel quaderno rimarrà personale. Si tratta, infatti, solo di un modo per
capire meglio come ricordiamo.

ESPERIMENTO
Scegliete un allievo e proponetegli le seguenti 16 sillabe:
PUN GLI STRA DUC
NAD FIR SFRI SUC
LEF SOP RIN GNU
ZIR BRU TED GOP
Dopo 15 secondi chiedetegli di rievocare le sillabe e segnatele.

DISCUSSIONE CON LA CLASSE

Una volta completato l’esperimento potete iniziare la discussione con la classe. Stimolate gli
interventi dando a tutti la possibilità di esprimere fino in fondo il proprio concetto. Le regole del
gioco, da fare assolutamente rispettare, sono due:
1. non possono essere interrotti quelli che parlano;
2. non si devono esprimere giudizi di valore su quanto viene affermato.
Alcuni consigli per orientare la discussione possono essere i seguenti:
– commentare l’esperimento evidenziando le possibili differenze individuali legate alla familia-
rità con il materiale, all’emozione, ecc. Mettete comunque in risalto i limiti della memoria a
breve termine nel ricordare elementi sconnessi (le prestazioni dovrebbero oscillare fra le 4-5
e le 8-9 sillabe).
– chiedere se cambiando il tipo di materiale (es., con numeri, lettere o parole) le prestazioni
sarebbero state le stesse, allo scopo di poter sottolineare il ruolo che svolge la concretezza e
la possibilità di creare associazioni nel determinare i risultati mnestici.
– chiedere se potevano essere adottate delle strategie per ricordare meglio (es., la reiterazio-
ne e la codifica).
Una volta completata la discussione senza dar l’impressione che esistano risposte giuste e sba-
gliate, potete mostrare (a titolo di curiosità!) il pensiero dell’esperto di memoria: il Prof. Ebby.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 207

Le considerazioni di un esperto della memoria: il Prof. Ebby

Le informazioni
(nel nostro caso sillabe)
che si ricordano meglio sono le
prime presentate (effetto deno-
minato priorità) e le ultime
(effetto recenza). Per ricordare più cose a
Si tratta di un compito di memoria breve termine bisogna fare
nel quale dovete ricordare delle cose delle connessioni fra le
per poco tempo. Il sistema impegnato informazioni (in questo caso
è quello a breve termine: è difficile perché le sillabe
la memoria di lavoro. sono sconnesse. Se fossero
stati numeri, si potevano
fare delle associazioni).
La memoria di lavoro può
mantenere poche informa-
zioni (da 4-5 a 8-9) e per
un breve periodo di tempo In situazioni come questa,
(dai 2 ai 20 secondi per ricordare per più tempo
circa). è utile ripetere le cose dentro
di sé (gli esperti chiamano
questo modo di fare
“reiterazione”).
208 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

COME FUNZIONA LA MEMORIA

 4. Ricordare cose concrete e cose astratte 

PRESENTAZIONE ALLA CLASSE


Informate la classe che presenterete una situazione nella quale a un allievo, Filippo, vengono
poste due domande diverse per verificare l’efficacia della sua memoria.
Chiedete ai vostri allievi di segnare sul proprio quaderno a quale domanda Filippo risponderà
meglio e perché.

DESCRIZIONE DELLA SITUAZIONE


A Filippo vengono poste le seguenti due domande per valutare le capacità della sua memoria a
lungo termine:
1. In quale giorno, mese e anno Armstrong posò per primo il piede sulla luna?
2. Che attività svolgevi lo scorso anno, il giorno 15 del mese di aprile?

DISCUSSIONE CON LA CLASSE


Una volta completata la presentazione, lasciate un po’ di tempo ai vostri allievi per segnare sul
quaderno le loro considerazioni. Una volta completata questa operazione, date inizio alla discus-
sione assicurandovi il rispetto delle due regole descritte nella precedente scheda.
Alcuni aspetti che devono essere enfatizzati nella discussione sulla base degli interventi degli
allievi sono i seguenti:
– mettete in risalto la differenza fra il ricordare cose astratte e cose concrete;
– fate notare come le cose concrete sono tali in quanto collegate con informazioni facilmente
recuperabili (es., le esperienze vissute, i luoghi dove si sono svolte delle esperienze, ecc.);
– evidenziate che la memoria a lungo termine funziona sulla base dell’organizzazione delle
informazioni (le informazioni collegate si ricordano più facilmente);
– collegate queste situazioni ad altre legate al metodo di studio (es., quando si studia bisogna
fare dei collegamenti, riferirsi a quanto già si sa sull’argomento, ecc.).
Anche in questo caso, una volta completata la discussione, potete mostrare il pensiero del Prof.
Ebby.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 209

Il Prof. Ebby “fotografa” la mente di Filippo

Vi faccio vedere come si potrebbe comportare


Filippo per rispondere alle due domande.

1ª DOMANDA:
– potrebbe ricordarsi perché è un
appassionato di scoperte e di viaggi;
– potrebbe ricordarsi perché è un
appassionato di date (il 21 luglio 1969 è
facilmente collocato nel suo archivio di date
importanti);
– potrebbe ricordarsi perché ha associato la
data con qualche altra data per lui
importante (es., il fratello è nato nello
stesso anno e mese, ma dieci giorni dopo).

2ª DOMANDA:
– potrebbero essere successi fatti importanti
in quel giorno che ricorda bene;
– potrebbe collegare al fatto che il giorno 15
aprile dell’anno prima cadeva in un certo
giorno della settimana e che in quel giorno
faceva certe cose a scuola e dopo la
scuola;
– potrebbe collegare alcuni luoghi nei quali
era solito andare.

In ogni caso il ricordo è migliore se le


informazioni sono organizzate. Per questo
motivo, il ricordo di esperienze vissute (la 2ª
domanda) è sicuramente più facile in
confronto a conoscenze non collegate con
niente (la 1ª domanda).

Per ricordarsi le cose bisogna fare dei


collegamenti
210 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

b) Il problem solving
Nella nostra proposta didattica, la stimolazione di esperienze di problem solving
mnestico si articola nei seguenti quattro momenti identificati dall’acronimo “IDEA”:
– Identifica il problema.
– Definisci soluzioni alternative.
– Elenca le conseguenze delle soluzioni definite.
– Adotta la soluzione (o una delle soluzioni) che ritieni più efficace.

Identificazione del problema


La prima operazione da sviluppare nella ricerca delle soluzioni più efficaci per
affrontare un compito mnestico è quella che D’Zurilla (1986) definisce come iden-
tificazione del problema o, più in generale, orientamento al problema.
L’allievo deve riuscire a definire, prima avvalendosi dell’aiuto dell’educatore
poi in maniera sempre più autonoma, le caratteristiche del compito da svolgere e
verificare se lo stesso è simile ad altri già affrontati in precedenza. Questa analisi
preliminare tende a pre-orientare le risorse cognitive e ad attivare la percezione di
autoefficacia (BANDURA, 1982), cioè le aspettative di successo e di fiducia nelle pro-
prie risorse personali.

Definizione di soluzioni alternative (pensiero divergente)


Una volta identificato e messo a fuoco il compito mnestico da eseguire, si entra
nel vivo del problem solving stimolando l’allievo a fornire soluzioni alternative al
problema posto. Questo, infatti, non potrà essere risolto senza far crescere la capa-
cità di formulare un numero più o meno ampio di soluzioni tra le quali effettuare una
scelta.
La rigidità e la ripetitività con la quale si affrontano le situazioni, al contrario,
costituiscono gli ostacoli principali alla soluzione dei problemi.
Un approccio didattico che tenda a indicare immediatamente le soluzioni giuste
da adottare può portare alcuni allievi a non sviluppare la necessaria flessibilità e
creatività nell’affrontare le situazioni (DE BONO, 1976).
La metodologia del MPS fa riferimento alla strategia del brainstorming per sti-
molare il pensiero divergente. Si tratta di una tecnica messa a punto da Osborn
(1989) e adattata sia a contesti educativi, che professionali (MEAZZINI, 1991).
L’insegnante, fungendo da trainer, stimola gli allievi a sentirsi liberi di dire tutto ciò
che pensano al riguardo di una determinata situazione, con la certezza di venire
ascoltati e accettati. Ogni soluzione ipotizzata viene trascritta alla lavagna, senza che
nessun componente della classe possa esprimere su di essa giudizi di valore o com-
menti di vario tipo. Perché il brainstorming sortisca effetti positivi è necessario che
gli allievi siano educati al rispetto tassativo di questa regola fondamentale.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 211

Le esperienze condotte in vari contesti (anche quelli educativi) hanno dimostra-


to come, dopo un periodo di adattamento, i partecipanti al gruppo di brainstorming
tendano ad avere una produttività tri- o quadruplicata (MEAZZINI, 1991) rispetto alla
persona singola e arrivino a elaborare un ampio numero di soluzioni.
Gli allievi, con questa metodologia, possono essere facilitati ad assumere un
atteggiamento attivo (pedagogia della scoperta) di fronte a situazioni problemiche,
le quali richiedono l’utilizzo strategico delle proprie capacità mnestiche.

Elencazione delle conseguenze


La delineazione di molte alternative per affrontare i compiti deve essere seguita
da una analisi attenta dei costi e dei benefici che possono derivare con l’adozione di
ogni singola soluzione.
Si tratta del cosiddetto pensiero consequenziale (SHURE e SPIVACK, 1974, 1982; VAN
SICKLE e HOGE, 1992; SHURE, 1997, 2001), cioè della capacità di prevedere le conse-
guenze positive e negative legate a ogni ipotesi di soluzione.
L’insegnante inizialmente può guidare il processo segnando alla lavagna i com-
menti degli allievi su ogni alternativa. In questa fase deve chiaramente indirizzare la
discussione, sia favorendo la partecipazione di tutti, che facendo notare alcuni aspet-
ti importanti ai fini della soluzione dei problemi, i quali risultino poco dibattuti o
addirittura trascurati. Chiaramente la modalità di intervento dell’educatore può
variare in relazione all’età degli allievi, alla loro abitudine a confrontarsi con questa
metodologia, alla familiarità della situazione considerata. Il suggerimento fonda-
mentale, comunque, è quello di rimanere il più possibile nello sfondo o, perlomeno,
di diminuire progressivamente la frequenza dei propri interventi.

Adozione della soluzione per affrontare il problema


L’ultima fase del processo è quella nella quale gli allievi individuano la soluzio-
ne o le soluzioni più adeguate per affrontare con successo il compito. Una soluzio-
ne si considera efficace quando, a giudizio degli allievi, consente di risolvere il pro-
blema con i maggiori benefici e i minori costi e quando la sua adozione si integra
bene con la struttura cognitiva del soggetto. In altre parole, se anche si prevedesse
che il sistema migliore per ricordare una certa consegna fosse quello di effettuare
particolari associazioni fonologiche del materiale, questa soluzione potrebbe risul-
tare poco idonea per un allievo che tenda a enfatizzare strategie di memoria visiva.
È fondamentale, quindi, portare gli allievi a verificare che non esiste un solo modo
per affrontare adeguatamente i problemi mnestici, anche se alcuni presentano
indubbiamente vantaggi in confronto ad altri.
L’adozione della metodologia del MPS darebbe risultati sicuramente poco signi-
ficativi se si indirizzasse soltanto a indicare la strada giusta da seguire nell’affron-
tare i compiti mnestici. Si tenderebbe a ricreare un atteggiamento poco flessibile
212 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

negli allievi, anche se più competente. L’obiettivo principale, invece, è quello di


favorire una riflessione metacognitiva sul modo di affrontare i compiti, in maniera
da favorire realmente un approccio strategico, flessibile e autoregolato.
Di seguito vengono presentati due schemi di lezione interattiva sul MPS condot-
ti in una classe seconda e in una quarta della scuola primaria su contenuti di geo-
grafia e storia.
Il curricolo comprende 25 esempi di lezioni tratti da argomenti disciplinari rife-
riti a tutte le classi della scuola primaria (5 lezioni interattive per ciascuna classe).
Da questi, chiaramente, ogni educatore può derivarne molti altri.
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 213

2ª CLASSE SCUOLA PRIMARIA

LEZIONE-TIPO SUL PROBLEM SOLVING MNESTICO

Geografia. Studio dell’ambiente: la pianura


 Brano da studiare: “Gli allevamenti della pianura”


LA SITUAZIONE PROBLEMICA
Viene letto in classe un brano del libro dal titolo: “Gli allevamenti della pianura”, che poi dovrà
essere memorizzato.

GLI ALLEVAMENTI DELLA PIANURA


In pianura, dove il foraggio è abbondante, ci sono molte stalle razionali in cui vengono allevati
bovini. I bovini si nutrono di fieno. Nelle stalle moderne la mungitura viene fatta con appositi mac-
chinari. Il latte viene portato in parte nelle centrali del latte per la distribuzione e in parte presso
caseifici per essere trasformato in formaggi di vario tipo.
In pianura ci sono grandi allevamenti di maiali. I maiali hanno un’alimentazione varia. Negli alle-
vamenti razionali il cibo viene distribuito per mezzo di nastri trasportatori. La carne suina viene
in parte consumata fresca e in parte viene lavorata nei salumifici per ottenere salsicce, prosciut-
ti, salami e altri insaccati.
In pianura ci sono grandi allevamenti di pollame. Il mangime dei polli è costituito soprattutto da
granturco e viene distribuito per mezzo di nastri trasportatori. I polli sono allevati per la carne e
per le uova. Le uova vengono consumate fresche o vengono vendute alle industrie alimentari
(pastifici, ecc.).

IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA


L’educatore aiuta gli allievi a definire il problema presentato delineando:
– se si tratta di un compito di memoria a breve o a lungo termine;
– se si tratta di una situazione che richiede un tipo di memoria incidentale o intenzionale;
– se il brano descrive una situazione che i bambini hanno potuto sperimentare oppure no;
– se le diverse informazioni da memorizzare e rievocare sono fra loro connesse o meno.
214 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

BRAINSTORMING (pensiero divergente)


L’educatore, fungendo da segretario verbalizzatore oppure incaricando di questo compito un
allievo, stimola l’individuazione di possibili modalità per ricordare più facilmente il brano.
Richiede che venga rispettata la regole fondamentale del brainstorming: non si possono espri-
mere commenti o giudizi di valore sulle soluzioni ipotizzate dai diversi bambini. Informa che ogni
soluzione verrà scritta alla lavagna.
Dopo un iniziale momento di silenzio e di preoccupazione, un primo bambino formula una solu-
zione:
“Per ricordarsi bisogna leggere il brano molte volte”.
Un altro bambino dice:
“Bisogna pensare all’uscita che abbiamo fatto lo scorso anno in un’azienda agricola”.
L’insegnante insiste chiedendo di pensare ad altre possibilità. La discussione si anima e piovo-
no varie ipotesi di soluzione del problema:
“Si possono sottolineare i nomi degli animali”.
“Si possono fare dei disegni per meglio ricordare”.
“Si può fare un riassunto del brano”.
“Si possono scrivere le differenze fra i diversi ambienti: pianura, montagna, mare, ecc.”.
Ci fermiamo qui, in quanto le altre soluzioni elencate ricalcano queste indicate (l’educatore,
comunque, deve scriverle tutte).
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 215

ELENCAZIONE DELLE CONSEGUENZE (pensiero consequenziale)


Vengono analizzate, interagendo con gli allievi, le possibili conseguenze che potrebbero deriva-
re dall’adozione delle soluzioni ipotizzate (costi e benefici).
L’insegnante chiede alla classe cosa può succedere di positivo e negativo se lo studio viene fatto
con le modalità indicate. Comincia dalla prima ipotesi di soluzione: “Cosa può succedere se leg-
giamo molte volte il brano?”.
Le principali risposte che vengono dai bambini sono le seguenti:
“Ci si stanca”.
“Gli si stampa nella mente”.
“Si ricorda solo per poco tempo” (questo bambino fa riferimento a quanto appreso con la prima
parte del curricolo dedicata allo studio del funzionamento della memoria).
“È un modo molto noioso”.
L’insegnante chiede di mettere a fianco ad ogni conseguenza un segno “+” o “-“ a seconda che
la stessa sia positiva o negativa (due “+” o due “-“ per soluzioni molto positive o molto negative).
Si passa, poi, alla seconda soluzione proposta.
“Che cosa può succedere se per ricordarci ripensiamo all’uscita dello scorso nell’azienda agri-
cola?”
Anche in questa caso fioccano le risposte dei bambini:
“È facile ricordarsi perché ci siamo divertiti tanto”.
“Quello che abbiamo visto, però, non sono le stesse cose riportate nel brano”.
L’insegnante interviene per guidare e indirizzare la discussione:
“Basta ripensare a quello che avete visto o bisogna fare qualcosa in più per ricordare i contenu-
ti del brano?”.
Ne seguono altre risposte più affinate:
“Non basta ricordare la nostra uscita, bisogna fare dei collegamenti tra le cose viste e quello che
c’è scritto nel brano”.
“Se ci si vuole ricordare, bisogna fissare bene in testa gli animali, poi è facile fare confronti fra le
cose viste e i tipi di allevamento più moderni”.
“Bisogna tener conto che l’azienda da noi visitata era in collina, mentre il brano parlava della pia-
nura. Solo ripensando a quello che abbiamo visto non ci si ricorda dopo molto tempo”.
Anche in questo caso, l’insegnante chiede di indicare se le conseguenze ipotizzate in seguito
all’adozione della soluzione sono di tipo positivo o negativo.
La procedura si ripete per la terza soluzione ipotizzata.
“Cosa succede se sottolineiamo il nome degli animali?”.
Gli allievi elencano una serie di conseguenze:
“È più facile che rimangano in mente i nomi”.
“Oltre a sottolineare possiamo anche fare un disegno”.
“Anche in questo caso, però, ci ricorderemo bene se facciamo dei collegamenti”.
“Giusto! Se sottolineiamo il nome degli animali finisce che ci ricordiamo questi nomi, ma non tutte
le cose collegate”.
“Allora sottolineiamo anche quelle”.
“Se sottolineiamo tutto finisce per succedere una gran confusione che non aiuta a ricordare”.

Con le stesse modalità e sotto la guida dell’insegnante vengono prese in considerazione tutte le
soluzioni indicate dagli allievi, avendo cura di mettere insieme quelle che prevedono accorgi-
menti simili. Questo per non appesantire la discussione, che deve essere accattivante e parteci-
pata da tutti gli allievi.
216 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

ADOZIONE DELLA SOLUZIONE PER AFFRONTARE IL PROBLEMA


(pensiero causale-comparativo)
L’insegnante chiede agli allievi di scegliere, fra le soluzioni indicate, quella o quelle che presen-
tano maggiori benefici e minori costi. La scelta deve essere strettamente personale.
L’insegnante nella eventuale discussione che potrà sviluppare (o anche attraverso colloqui indi-
viduali con i singoli allievi, quando se ne presenta l’opportunità), deve essere attento a non dar
l’impressione che esista una sola modalità per risolvere il compito mnestico. Va messo in risalto
che l’approccio strategico può modificarsi in relazione al tipo di contenuto da memorizzare e alle
caratteristiche individuali (bambini che utilizzano preferenzialmente il canale visivo o quello ver-
bale, ecc.).
Lasciato il tempo necessario per esaminare le diverse soluzioni, l’insegnante chiede agli allievi
di indicare come, secondo loro, si sarebbe comportato il Prof. Ebby.

E il Prof. Ebby, come si comporterebbe?


Scrivilo nella didascalia

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CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 217

4ª CLASSE SCUOLA PRIMARIA

LEZIONE-TIPO SUL PROBLEM SOLVING MNESTICO

Storia: Le guerre puniche


 Brano da studiare: “La battaglia del Metauro: 
uno degli scontri più duri fra Roma e Cartagine (207 a.C.)”

LA SITUAZIONE PROBLEMICA
Gli allievi vengono invitati a leggere per proprio conto in classe il brano sotto riportato.

LA BATTAGLIA DEL METAURO:


UNO DEGLI SCONTRI PIÙ CRUENTI FRA ROMA E CARTAGINE (207 A.C.)
In un momento critico della seconda guerra punica, quando Annibale spadroneggiava ancora
nell’Italia meridionale e i romani, pur riorganizzandosi, erano impossibilitati a cacciarlo dall’Italia,
giunse da Marsiglia la notizia che il fratello di Annibale, Asdrubale, era diretto in Italia dalla
Spagna con 20.000 uomini circa. Un ricongiungimento degli eserciti dei due fratelli avrebbe potu-
to essere fatale per le sorti dei romani. Essi fecero il massimo sforzo possibile e ben otto legio-
ni mossero incontro al nuovo invasore per difendere l’Italia centro-settentrionale, mentre
Annibale era bloccato al sud.
Asdrubale passò le Alpi, arruolò molti galli alleati dei cartaginesi, raggiungendo così una forza sti-
mata a 30.000 uomini. Informati del suo proposito di ricongiungersi con Annibale passando attra-
verso l’Umbria, i romani raccolsero tutte le forze disponibili (comprese le due legioni di stanza a
Roma) ammontanti a circa 40.000 uomini a Senigallia, per cercare di impedire l’avanzata verso
sud. Asdrubale cercò di evitare i romani con una marcia lungo la via Flaminia, ma in un luogo
vicino a Tifernum Metaurense (l’attuale S. Angelo in Vado, paese non lontano da Urbino), lungo
la riva sinistra del Metauro, avvistò i romani che avanzavano in ordine. Dispose il suo esercito
con davanti alle file gli elefanti, aumentò la profondità dello schieramento e dopo aver ridotto in
breve spazio i suoi uomini, si pose in mezzo di fronte agli elefanti e attaccò l’ala sinistra dei roma-
ni, deciso a vincere o a morire in battaglia.
Il console romano Marco Livio Salinatore affrontò i cartaginesi con decisione e, venuto a com-
battimento, lottò animosamente. L’altro console, Gaio Claudio Nerone, schierato all’ala destra,
non poteva avanzare e circondare l’ala dell’esercito nemico a causa della difficoltà del terreno,
quella stessa che aveva consigliato ad Asdrubale l’attacco sull’ala sinistra. Mentre era incerto
sulla condotta da seguire, le circostanze stesse gliela suggerirono: egli tolse dall’ala destra quei
soldati che venivano a trovarsi lontano dal combattimento ed essendo girato sul lato sinistro del
suo schieramento, attaccò di fianco i cartaginesi che erano sugli elefanti.
Fino a quel momento l’esito della battaglia era rimasto incerto, perché entrambi gli avversari
combattevano con grande energia, non nutrendo né i romani né i cartaginesi alcuna speranza di
salvezza se fossero stati sconfitti. Quando, però, Claudio attaccò i nemici alle spalle, la battaglia
divenne ineguale, perché una parte dei soldati romani investiva i nemici di fronte e l’altra alle
spalle: così il grosso degli invasori fu fatto a pezzi nel campo di battaglia. Anche Asdrubale morì
in battaglia insieme ad almeno 10.000 dei suoi. I romani perdettero circa 2.000 uomini.
Così si concluse uno degli scontri decisivi delle guerre puniche, la prima grossa vittoria romana
dopo le sconfitte patite ad opera di Annibale. Gli stessi abitanti di Roma restarono quasi increduli
all’arrivo delle prime notizie sulla vittoria. Dopo, la gioia fu grandissima. Il pericolo corso era stato
infatti enorme: il ricongiungimento dei due eserciti cartaginesi sarebbe stato forse fatale per i
romani.
218 IL FATTORE M NELLA SCUOLA CAPITOLO 6

IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA


L’educatore e gli allievi definiscono il problema:
– si tratta di un compito di memoria a lungo termine;
– essendo un brano di storia va contestualizzato (collegato allo studio sull’impero romano e, più
in particolare, sulle guerre puniche);
– si tratta di un brano lungo, che richiederà un certo sforzo per essere memorizzato;
– i termini utilizzati sono ben conosciuti.
Scaturisce dalla discussione guidata che si tratta di un compito di memoria a lungo termine, che
richiede uno sforzo intenzionale per essere appreso. Le informazioni contenute nel brano sono,
per la maggior parte dei bambini, concretamente conosciute.

BRAINSTORMING (pensiero divergente)


L’educatore, con le modalità già descritte nell’esempio precedente, stimola gli allievi a indicare le
strade che ritengono più proficue per studiare il brano e per ricordarne i contenuti.
Le risposte degli allievi sono abbastanza varie, ma denotano in generale una buona conoscen-
za del funzionamento di base della memoria. La classe è già stata coinvolta in esercitazioni spe-
cifiche su questo obiettivo (primo momento del Mnemonic Problem Solving). Di seguito vengono
elencate le principali:
“È utile fare un disegno che illustri lo svolgimento della battaglia”.
“Si possono sottolineare le informazioni più importanti”.
“Si può provare a ipotizzare cosa sarebbe successo se la battaglia la vincevano i cartaginesi”.
“Si possono scrivere nel quaderno le informazioni più importanti: ricordando quelle, torna in
mente tutto”.
“Non credo che sia importante impegnarsi tanto, perché la storia è molto interessante e sicura-
mente si riesce a ricordare facilmente”.
“Si devono memorizzare bene i personaggi principali della storia”.
“Si deve collegare questo episodio con quello che già abbiamo studiato sui romani”.

ELENCAZIONE DELLE CONSEGUENZE (pensiero consequenziale)


Viene descritta solo la discussione sviluppata all’interno della classe sulla prima soluzione ipotiz-
zata, la quale prevedeva di effettuare un disegno illustrativo della battaglia. Lo scopo di questi e-
sempi di lezioni interattive sul Mnemonic Problem Solving, infatti, è quello di illustrare concre-
tamente la metodologia, che poi dovrà essere adattata da ogni educatore in relazione ai conte-
nuti e al livello evolutivo degli allievi.
L’insegnante chiede:
“Quali vantaggi e quali svantaggi per il ricordo possono derivare dal fare un disegno che illustri
lo svolgimento della battaglia?”.
Gli allievi esprimono considerazioni assai pertinenti:
“Si capisce bene come si sono svolti i fatti e questo aiuta a ricordarli”.
“Succede come se vedessimo un film”.
“Qualcuno, come me, non si trova bene con i disegni e preferisce ricordare la trama della storia”.
“Concentrandosi solo sullo svolgimento della battaglia si trascurano altre cose importanti, come
il numero dei soldati, ecc.”.
“Se si fa vedere sulla cartina anche dove si trovava Annibale è facile ricordarsi il brano”.
Come appare evidente dal tipo di risposte date su questa prima ipotesi di soluzione del proble-
ma mnestico, si tratta di allievi che hanno fatto un positivo percorso metamnemonico. Viene
messo in evidenza, infatti, che la modalità visiva può avere caratteristiche facilitanti e inibenti per
il ricordo e che non per tutti i soggetti ha la stessa rilevanza. In questi casi va sollecitata l'indivi-
duazione di più strategie da utilizzare congiuntamente (es., evidenziare nel disegno le parole
chiave in grado di richiamare gli aspetti principali del brano).
CAPITOLO 6 L’INTERVENTO EDUCATIVO 219

ADOZIONE DELLA SOLUZIONE PER AFFRONTARE IL PROBLEMA


(pensiero causale-comparativo)
Quando gli allievi raggiungono un livello di competenza elevato, come nel caso di questo esem-
pio, è molto importante concentrare il lavoro finalizzato a stimolare il pensiero causale-compara-
tivo non solo nell’individuazione delle strategie mnestiche più adeguate, ma anche sulla possibi-
le generalizzazione di queste, cioè sulla individuazione di contesti diversi nei quali le stesse stra-
tegie potrebbero funzionare al meglio.

In questo caso anche il Prof. Ebby ha qualche dubbio.


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La scuola che cambia . Innovazioni psicologiche . a cura di Paolo Meazzini

Tutto cambia, diceva Eraclito. E la scuola non fa eccezione alla regola. Sta cambiando. Non sempre
in modo coerente e sistematico, è vero. Non vi sono però dubbi. Il mondo della scuola è in costante
fermento non solo per i cambiamenti introdotti dai vari ministri che si susseguono di governo in
governo ma per una necessità inderogabile. La società nel suo insieme sta esercitando pressioni, più o
meno forti e dirette, affinché la scuola introduca quelle modificazioni curricolari e organizzative che la
rendano sempre più adeguata ai bisogni attuali e a quelli futuri.
Ambizione di questa collana è quella non solo di seguire quest’itinerario ma anche di sollecitarne
il ritmo lungo alcune traiettorie che paiono essere vincolanti.
La prima di queste riguarda le cosiddette abilità trasversali, che vanno da un uso sapiente delle abi-
lità cognitive (memoria, ragionamento, problem solving, metodologie di studio ecc.) a un più sofistica-
to apprendimento dei ruoli sociali (assertività, prosocialità ecc.).
La seconda pone l’accento sul cardine di ogni cambiamento che è la persona dell’insegnante, alla
quale offrire opportunità di crescita professionale. Insomma uno specchio grazie al quale poter riflet-
tere sulla propria missione, sulle strategie più adeguate per raggiungerla.
La terza ha come oggetto la scuola, globalmente intesa. L’obiettivo è quello di porre in evidenza
i fattori di eccellenza che possono decretare il successo dell’istituzione.

I primi libri di questa collana sono:


Meazzini, P. e Cottini, L.
Il fattore M nella scuola.
Guida alla valutazione e al miglioramento delle capacità di memoria nell’allievo

Fedeli, D.
Il bullismo: oltre.Vol. I - Dai miti alla realtà: la comprensione del fenomeno

Fedeli, D.
Il bullismo: oltre.Vol. II - Verso una scuola prosociale: strategie preventive
e di intervento sulla crisi

In programmazione
Insegnare il pensiero positivo
Insegnare a ragionare
L’insegnante valutato
Daniele Fedeli

IL BULLISMO: OLTRE
Vol. I - Dai miti alla realtà: la comprensione
del fenomeno
l bullismo è un fenomeno sfuggente e poliedrico. Qualche esempio? Il
I bullo spesso ha un ruolo di leadership nel suo gruppo dei coetanei, in
altri casi invece manifesta isolamento sociale; può agire sul piano fisico, ma
può ricorrere anche ad atti verbali e relazionali più nascosti; può mostra-
re le condotte devianti già nei primi anni di scuola, oppure solo in tarda
adolescenza; può venire da famiglie in condizioni socioeconomiche difficili, pp. 184
ma può anche appartenere a contesti benestanti. € 20,00
È possibile orientarsi all’interno di un fenomeno così complesso? Il primo ISBN 978-88-7436-091-8
volume di quest’opera, mantenendo un approccio multidimensionale e plu-
ridisciplinare, evidenzia l’articolazione fenomenologica del bullismo, pre-
sentando possibili classificazioni del comportamento aggressivo e discu-
tendo i numerosi fattori che possono contribuire alla sua insorgenza.

Daniele Fedeli

IL BULLISMO: OLTRE
Vol. II - Verso una scuola prosociale:
strategie preventive e di intervento sulla crisi
possibile sconfiggere il bullismo? La risposta è assolutamente positiva,
È a patto che la scuola si doti di strumenti efficaci e coerenti. Questo
secondo volume presenta in maniera dettagliata le strategie e i percorsi
operativi più utili per prevenire e contrastare il fenomeno bullismo, senza
cadere in mode tanto promettenti quanto effimere.
Dopo aver guidato il lettore nella progettazione di una Politica Scolastica pp. 304
Antibullismo, l’attenzione viene posta a due ampie categorie di strategie: € 25,00
quelle preventive e quelle di intervento sulla crisi. Lungo questo percorso, ISBN 978-88-7436-099-4
30 schede di lavoro permettono di esercitarsi nelle strategie proposte e
sperimentare i principali “ferri del mestiere”.
Saremo in grado di vincere la sfida del bullismo?
Elenco delle pubblicazioni

GIACOMO VIVANTI
GEA Disabili, famiglie e operatori: chi è il paziente difficile?
AUTISMO Strategie per costruire rapporti collaborativi nell’autismo e
nelle disabilità dello sviluppo
D.J. COHEN, F.R. VOLKMAR pp. 176 ISBN 978-88-7436-079-6
Autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo
Vol. I - Diagnosi e assessment PAOLA VISCONTI, MARCELLA PERONI, FRANCESCA CICERI
pp. XXIV+400 ISBN 978-88-86430-79-1 Immagini per parlare
Percorsi di comunicazione aumentativa alternativa
Vol. II - Strategie e tecniche di intervento per persone con disturbi autistici
pp. XXXIV+470 ISBN 978-88-86430-80-7 pp. 184 ISBN 978-88-7436-087-1

MARIO LAMBIASE KATHY HUNTER


Autismo e lobi frontali Sindrome di Rett
Alla ricerca delle basi anatomiche di un enigma Una mappa per orientare genitori
pp. 288 ISBN 978-88-7436-024-6 e operatori nella quotidianità
pp. 304 - Formato 21x29,7 ISBN 978-88-7436-039-0

LINDA A. HODGDON
Strategie visive per la comunicazione STRUMENTI DI VALUTAZIONE
Guida pratica per l’intervento nell’autismo
e nelle gravi disabilità dello sviluppo PEP-3
pp. 200 - Formato 21x29,7 ISBN 978-88-7436-020-8
Profilo Psicoeducativo -
3ª edizione ISBN 978-88-7436-096-3

LINDA A. HODGDON SIS - Support Intensity Scale


Strategie visive e comportamenti problematici Sistema di valutazione dell’intensità dei sostegni necessari
Gestire i problemi comportamentali nell’autismo alle persone con disabilità ISBN 978-88-7436-095-6
attraverso la comunicazione
pp. 264 - Formato 21x29,7 ISBN 978-88-7436-086-4 Il modello Superability
Un approccio globale alla disabilità, al ritardo generalizzato
ENRICO MICHELI, MARILENA ZACCHINI dello sviluppo, e all’autismo ISBN 978-88-7436-114-4
Verso l’autonomia
La metodologia TEACCH del lavoro indipendente
DISABILITÀ INTELLETTIVE
al servizio degli operatori dell’handicap
pp. 224 ISBN 978-88-86430-49-4 AAMR (AMERICAN ASSOCIATION ON MENTAL RETARDATION)
Ritardo Mentale - 10ª edizione
MARILENA ZACCHINI, ENRICO MICHELI Definizione, classificazione e sistemi di sostegno
Manuale pp. 272 ISBN 978-88-7436-026-0
Anch’io gioco
Quaderno di lavoro pp. 96 ISBN 978-88-7436-027-7
Come costruire giochi interessanti per i bambini autistici
pp. 120 - Formato 21x29,7 ISBN 978-88-7436-072-7 N.A. WIESELER, R.H. HANSON
Psicopatologia delle disabilità intellettive
T. LOMASCOLO, A. VACCARO, S. VILLA (a cura di) Implicazioni psicoeducative e farmacologiche
Autismo: modelli applicativi nei servizi pp. 432 ISBN 978-88-7436-025-3
Realizzazione di un programma psicoeducativo
mediante la formazione in service MARINA SALA, ANNA LISA BONATI (a cura di)
pp. 240 ISBN 978-88-86430-85-2 Ritardo mentale e psicofarmaci
Verso la costruzione di un approccio razionale
pp. 160 ISBN 978-88-7436-050-5
CAROL GRAY
Il libro delle storie sociali R.L. SCHALOCK, M.A. VERDUGO ALONSO
Ad uso delle persone con disturbi autistici Manuale di qualità della vita
per apprendere le abilità sociali Modelli e pratiche di intervento
pp. 280 - Formato 21x29,7 ISBN 978-88-7436-017-8 pp. 440 ISBN 978-88-7436-033-8
Elenco delle pubblicazioni

ROBERT L. SCHALOCK PAOLA VANINI


Il comportamento adattivo e la sua misurazione Potenziare la mente? Una scommessa possibile
Implicazioni nel campo del ritardo mentale L’apprendimento mediato secondo il metodo Feuerstein
pp. 320 ISBN 978-88-86430-88-3 pp. 256 ISBN 978-88-7436-009-3

R. CAVAGNOLA, M. PILONE MAURIZIO PILONE, CARLO MUZIO


La valutazione del pensiero strategico
Autonomia, indipendenza e autodeterminazione
Assessment per il ritardo mentale
Percorsi educativi
e i disturbi di apprendimento
per le disabilità intellettive ISBN 978-88-86430-82-1
pp. 192 ISBN 978-88-86430-52-4

M. PILONE, R. CAVAGNOLA, F. FIORITI ROBERTO MEDEGHINI, ROBERTO CAVAGNOLA


La valutazione funzionale nel ritardo mentale adulto L’assistente educatore nella scuola
Aspetti metodologici e strumenti operativi Ad personam... un ruolo da ripensare
pp. 160 ISBN 978-88-86430-58-6 pp. 144 ISBN 978-88-86430-50-0

CAROL SELLARS IVONNE BISCOTTI, BRUNO NAVONI


Crescere nell’autonomia La comunicazione leggera
Gestire i rischi e le potenzialità individuali Pragmatica della comunicazione nei contesti educativi
in persone con disabilità intellettive per disabili: esercizi di critica interattiva
pp. 128 ISBN 978-88-86430-87-6
pp. 168 ISBN 978-88-7436-047-5

ALDO LEVRERO
DANIELE FEDELI, DONATELLA TAMBURRI La Qualità nei servizi per disabili. Modelli operativi
Mi insegni a giocare? Indicazioni per un percorso verso una maggiore
Strategie per insegnare abilità ludico-ricreative efficienza e professionalità nel lavoro con i disabili
a bambini disabili pp. 96 ISBN 978-88-86430-53-1
pp. 184 ISBN 978-88-7436-041-3

LUCIO MODERATO APPRENDIMENTO


FARE (Formule e Attività per il Ritardo Evolutivo)
ROBERTO MEDEGHINI (a cura di)
Programma per l’insegnamento di abilità cognitive, Dalla qualità dell’integrazione all’inclusione
logico-deduttive, logico-matematiche, lettura, scrittura Analisi degli indicatori di qualità per l’inclusione
pp. 60 Volume + CD-Rom ISBN 978-88-7436-034-5 pp. 144 ISBN 978-88-7436-077-2

LUCIO COTTINI (a cura di) ROBERTO MEDEGHINI


Bambini, adulti, anziani e ritardo mentale Idee di differenze
Progetti per la continuità educativa Rappresentazioni e prassi per le disabilità nella formazione
pp. 296 ISBN 978-88-86430-83-8 professionale di Bergamo e provincia
pp. 128 ISBN 978-88-7436-113-7
LUCIO COTTINI
Progress ROBERTO MEDEGHINI (a cura di)
Perché è così difficile imparare?
Un software per la progettazione personalizzata
Come la scuola può aiutare gli alunni con disturbi
nelle situazioni di disabilità
specifici di apprendimento
pp. 208 ISBN 978-88-7436-076-5
pp. 200 ISBN 978-88-7436-040-6

OLIMPIA PINO ROBERTO MEDEGHINI


Funziono, dunque sono? Percorsi didattici per la comprensione del testo
Un’analisi globale dei fattori di sviluppo nelle disabilità Un approccio metacognitivo alla lettura
pp. 256 ISBN 978-88-86430-78-4 pp. 176 ISBN 978-88-86430-51-7
Elenco delle pubblicazioni

ROBERTO MEDEGHINI, ANNA LANCINI ANNA GARDIN


Percorsi didattici per la soluzione dei problemi aritmetici Come valutare le abilità matematiche
pp. 208 ISBN 978-88-86430-86-9 Vol. 1 - Prove di analisi dei prerequisiti per l’aritmetica
pp. 34 + 80 (schede) - F.to 21x29,7 ISBN 978-88-7436-045-1
DANIELE FEDELI Vol. 2 - Prove di valutazione intermedia per la matematica
Lo sviluppo socio-emotivo
pp. 36 + 50 (schede) - F.to 21x29,7 ISBN-978-88-7436-046-8
Percorsi teorico-pratici per bambini in difficoltà
pp. 280 ISBN 978-88-7436-042-0
B. GRECO, E. MICHELUZ, G. MIDENA
Vado in prima sulle ali della rima
LUCIO MODERATO
Un percorso strutturato per l’apprendimento
Aiutami a crescere
Guida per genitori e educatori di bambini disabili e non della lettura e scrittura e dei primi concetti matematici
pp. 344 - Formato 21x29,7 ISBN 978-88-7436-021-5
pp. 144 ISBN 978-88-86430-57-9

BEPPE PEA
Matematica nella scuola di base PBP
Vol. I - I concetti dello spazio e del tempo
nella scuola materna e nel primo ciclo della scuola di base
AUTISMO
pp. 176 ISBN 978-88-86430-54-8 R. CAVAGNOLA, P. MODERATO, M. LEONI (a cura di)
Vol. II - I concetti della logica e della aritmetica Autismo: che fare?
nel primo ciclo della scuola di base Orientarsi nella complessità dei trattamenti e delle teorie
pp. 240 ISBN 978-88-86430-55-5 pp. 128 ISBN 978-88-7436-051-2

CLAUDIO VIO (a cura di)


TARCISIO SARTORI
Cartella Pedagogica Autismo
pp. 128 + 32 - Formato 21x29,7 ISBN 978-88-7436-003-1
Dalla diagnosi all’intervento psicoeducativo
pp. 112 ISBN 978-88-7436-073-4

LA SCUOLA CHE CAMBIA DISABILITÀ INTELLETTIVE


M. DEMCHAK, K.W. BOSSERT
DANIELE FEDELI
L’assessment dei comportamenti problema
Il bullismo: oltre
Valutare le condizioni specifiche e impostare il trattamento
Vol. I - Dai miti alla realtà: la comprensione del fenomeno
pp. 104 ISBN 978-88-7436-022-2
pp. 184 ISBN 978-88-7436-091-8
Vol. II - Verso una scuola prosociale: strategie preventive D. SANDS, B. DOLL
e di intervento sulla crisi Pianificare obiettivi e prendere decisioni
pp. 304 ISBN 978-88-7436-099-4 Percorsi educativi per bambini con disabilità dello sviluppo
pp. 96 ISBN 978-88-7436-032-1
LUCIO COTTINI, PAOLO MEAZZINI
F. FIORITI
Il fattore M nella scuola
Guida alla valutazione e al miglioramento delle capacità L’utilizzo di strumenti di facilitazione visiva in comunità alloggio
pp. 96 ISBN 978-88-7436-112-0
di memoria nell’allievo
pp. 240 ISBN 978-88-7436-090-1

CARLO PASCOLETTI TECNOSCUOLA (software)


Imparare a scrivere
Vol. 1 - Le componenti dell’abilità di scrittura e prove LUCIO MODERATO
di valutazione dei prerequisiti FARE (Formule e Attività per il Ritardo Evolutivo)
pp. 64 + 18 (schede) - F.to 21x29,7 ISBN 978-88-7436-043-7 Programma per l’insegnamento di abilità cognitive,
Vol. 2 - L’apprendimento, le disgrafie, il curricolo Smith logico-deduttive, logico-matematiche, lettura, scrittura
pp. 92 + 20 (schede) - F.to 21x29,7 ISBN 978-88-7436-044-4 pp. 60 Volume + CD-Rom ISBN 978-88-7436-034-5
Elenco delle pubblicazioni

CAD Plus 3.0: gestire Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico SLang (Slow-Language) 2.0: riabilitazione neuropsicologica
Funzionale e Piano Educativo Individualizzato della disfasia evolutiva ISBN 978-88-7436-057-4
ISBN 978-88-7436-053-6
Orion 2.0: l’apprendimento dei concetti topologici
FlashWord 2.2: la riabilitazione dei disturbi della lettura ISBN 978-88-7436-058-1
(dislessia evolutiva) ISBN 978-88-7436-054-3

Letras 2 3.0: training riabilitativi per la dislessia evolutiva AJMR


ISBN 978-88-7436-055-0
American Journal on Mental Retardation
Progress 3.0: gestire le attività educative e riabilitative Edizione Italiana
di soggetti disabili (stesura diagnosi, costruzione obiettivi Abbonamento annuale (3 numeri) € 80,00
curricolari e compilazione del portfolio) Prezzo unitario: € 30,00 - Arretrati: € 35,00
ISBN 978-88-7436-056-7 ISSN 1721-3959

www.vanninieditrice.it 800176999
P u b b l i c a z i o n i d i i n t e r e s s e

AJMR
edizione italiana
American Journal on Mental Retardation
Edizione Italiana

ramai da qualche anno nell’edizione italiana – a cura di Vannini


O Editrice in collaborazione con ANFFAS Onlus – la più nota
e prestigiosa rivista internazionale sulle disabilità intellettive,
Abbonamento annuale
(3 numeri) € 80,00
Prezzo unitario:
valutata dal Journal Citation Reports la fonte più autorevole € 30,00
nell’ambito dello studio e dell’intervento sulle disabilità. Arretrati: € 35,00
ISSN 1721-3959
AJMR edizione italiana è un quadrimestrale composto da due
sezioni:
• Sezione Scientifica, una selezione degli articoli più rilevanti
dell’originale americano e una raccolta dei migliori contributi
nazionali;
• Sezione Politiche Sociali, un aggiornamento e dibattito su
servizi, norme e progetti di legge in materia di disabilità.
AJMR è luogo privilegiato della ricerca sul ritardo mentale fondata
sul metodo scientifico e strumento di scambio multidisciplinare tra
educazione, psicologia e medicina.
L’informazione più aggiornata e valida per i professionisti del
settore e tutti coloro che vivono la rete territoriale per le
disabilità.
Sono in preparazione anche volumi monografici di AJMR Edizione
Italiana, che affrontano tematiche cruciali come l’intervento
psicofarmacologico nel ritardo mentale e l’invecchiamento
della persona disabile.

REDAZIONE AMERICANA American Association on Mental Retardation, D.K. Routh,


W. Maclean, C. Kasari,Y. Taylor, L. Abbeduto, M.G. Aman, M. Appelbaum, D.M. Baer, D.B. Bailey Jr,
B.L. Baker, L.M. Bambara, G. Berkson, S. Borthwick-Duffy, M. Cataldo, D.A. Cory-Slechta, J.P. Das,
P. Davidson, D.K. Detterman, J. Favell, F. Floyd, L. Master Glidden, R.J. Hagerman, R.M. Hodapp, R.H.
Corner, C. Hughes, J. Jacobson, R. Karrer, M.W. Krauss, M.H. Lewis, C. Mervis, G.B. Mesibov, J.A.
Mulick, K. Nihira, M.A. Romski, C. Sandman, R.R. Saunders, L.E. Schreibman, M. Seltzer,
S.R. Schroeder, J.R. Scotti,W.P. Silverman, R.L. Sprague, H.Tager-Flusberg,T.Thompson, E.F. Zigler

RESPONSABILI SCIENTIFICI REDAZIONE ITALIANA Roberto Cavagnola, Serafino Corti, Lucio


Cottini, Luigi Croce, Marco Faini, Mauro Leoni, Paolo Moderato

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