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TASK

TASK 1: Definire l’aspetto fisico di Caliban, isolando i luoghi testuali idonei della Tempesta.

Caliban è uno dei personaggi principali de “La Tempesta” di William Shakespeare, opera rappresentata per
la prima volta nel 1611 presso la corte di re Giacomo I e pubblicato la prima volta nel 1623 nel First Folio.
“La tempesta” è una delle opere più importanti e significative dell’intera produzione shakespeariana in
quanto viene trattato per la prima volta il tema dell’Other, cioè del diverso. Questo testo è stato scritto
all’inizio del 1600, quindi nel periodo in cui stava iniziando l’attività coloniale inglese, e l’other che i
colonizzatori si trovano di fronte sono i nativi delle terre che vogliono conquistare. Ne “La Tempesta”
Caliban rappresenta l’Other, è uno ma in realtà rappresenta tutti gli indigeni che i colonizzatori incontrano e
poi sottomettono. In questo testo non troviamo una descrizione dettagliata e precisa dell’aspetto fisico di
Caliban da parte di Shakespeare, ma possiamo immaginarlo tramite alcune parole ed alcune frasi
pronunciate dai personaggi presenti nel testo.

Un primo riferimento lo troviamo all’inizio del libro nel Dramatis Personae, ovvero l’elenco dei personaggi
de “la Tempesta”, in cui ogni nome è accompagnato da una brevissima descrizione: per Caliban troviamo “a
savage and deformed slave”, cioè “uno schiavo selvaggio e deforme”. Ci sono dei dubbi riguardo questo
“savage” perché, per esempio, dal punto di vista linguistico questa rozzezza non emerge dato che Caliban
parla un inglese perfetto grazie agli insegnamenti di Prospero. Anche l’aggettivo “deformed”, cioè deforme
è un po' un’incognita: bisognerebbe capire infatti se si fa riferimento ad una vera deformazione fisica del
personaggio, oppure se con questo aggettivo si intende semplicemente dire che Caliban è diverso e meno
elegante dell’occidentale Prospero. È importante precisare però che oggi non siamo sicuri che il Dramatis
Personae sia stato scritto da Shakespeare stesso, è probabile infatti che sia stato scritto da coloro che
hanno curato l’opera in seguito, dato che all’epoca l’autore si dedicava solamente al contenuto del testo;
anche le didascalie che oggi troviamo nei libri sappiamo che sono state aggiunte dai vari editori per
facilitare la nostra comprensione del testo, infatti Shakespeare e tutti i drammaturgi del periodo
elisabettiano, dato che non c’era la possibilità né il tempo di copiare un copione per ogni attore, diluivano
le didascalie all’interno del testo, così gli attori potevano capire da soli cosa avrebbero dovuto fare in base a
quello che dicevano. Si fa riferimento alla deformità di Caliban anche in un altro punto del testo, più
precisamente nell’ultimo atto quando Prospero dice che è una “canaglia deforme” (V.i 268 “mis-shapen
knave’”) e che “è deforme nei modi come nell’aspetto” (V.i 290-291 “He is disproportion’d in his manners
as in his shape”). Ma anche queste frasi non chiariscono i nostri dubbi dato che dobbiamo tener conto che
Prospero, che rappresenta gli occidentali, ha un giudizio molto negativo su Caliban anche a livello estetico,
dato che lui è abituato ai canoni estetici occidentali. Inoltre, il suo punto di vista è molto limitato, perché
chiaramente il modo in cui Prospero vede Caliban, non è lo stesso modo in cui altre persone simili a Caliban
vedrebbero Caliban stesso.
Nel primo atto troviamo dei riferimenti a Caliban nei discorsi pronunciati da Prospero e sua figlia Miranda,
infatti il mago gli dice che è uno schiavo velenoso (I.ii 321 Poisonous slave), uno schiavo bugiardo (I.ii 346
Thou most lying slave), è immondizia, letame (I.ii 348 Filth as thou art) e la ragazza lo definisce uno schiavo
odioso (I.ii 353: Abhorred slave), appartenente ad una spregevole, abbietta razza (I.ii 360 Vile race). Inoltre,
in un discorso che alcuni editori attribuiscono a Miranda ed altri a Prospero, dato che il linguaggio è più
simile a quello usato solitamente dall’uomo che a quello della ragazza, vediamo che viene detto a Caliban
“balbettavi come un bruto, come una cosa rozza e primitiva” (I.ii 358-359 Wouldst gabble like a thing most
brutish). Questo passaggio è molto importante perché capiamo che per gli occidentali la lingua dei nativi
era qualcosa di barbaro e primitivo, la giudicavano senza nemmeno conoscerla e lo stesso discorso valeva
anche per le religioni, considerate anch’esse primitive. Il problema è che gli occidentali non guardavano alla
cultura dei nativi come qualcosa di diverso, ma di inferiore, per cui non c’era né il riconoscimento né il
rispetto della diversità: tutto ciò che era considerato inferiore o diverso dai colonizzatori doveva essere
modificato per renderlo simile se non uguale alla cultura occidentale perché l’occidentale era migliore e il
nativo doveva essere migliorato imitando il primo, imponendo lingua e religione con la forza.
Poi possiamo notare che Prospero definisce Caliban un “cucciolo di strega lentigginoso” (I.ii 383 A freckled
whelp hag-born). Con questa frase ci fornisce sia una sua caratteristica fisica, ovvero le lentiggini che ci
permettono di delinearne meglio l’aspetto fisico, sia un’informazione sul suo passato: Caliban infatti è il
figlio della strega Sycorax e del diavolo. Sycorax era una strega potentissima che era stata esiliata su
quest’isola, dove aveva soggiogato con la sua magia tutti gli spiriti che vi abitavano, tra cui Ariel, che la
donna aveva punito per la sua disobbedienza intrappolandolo in un albero. Prospero quando arrivò
sull’isola liberò Ariel che diventò la sua fedelissima spia, ma non incontrò la strega perché era morta diversi
anni prima del suo arrivo.

Nel secondo atto Trinculo e Stephano, due naufraghi approdati sull’isola a causa della tempesta causata da
Prospero, incontrano Caliban. Trinculo, alla vista del ragazzo si chiede se sia umano o no, e lo paragona ad
un pesce, dicendo: “Cosa abbiamo qui? Un uomo o un pesce? Morto o vivo?” (II.ii 24-25 What have we
here? A man or a fish? Dead or alive?). Qui poi abbiamo oltre alla descrizione visiva anche una descrizione
olfattiva, infatti Trinculo dice che “puzza come un pesce – una puzza di pesce vecchissimo - una specie di
baccalà andato a male e nemmeno tanto fresco. Proprio uno strano pesce!” (II.ii 25-27 A fish: he smells like
a fish; a very ancient and fish-like smell; a kind of, not of the newest Poor-John. A strange fish.). In realtà
dal testo non si riesce a capire se Trinculo stia scherzando, lo stia prendendo in giro, o se veramente
l’aspetto fisico del nativo ricordava in qualche modo un pesce. Caliban nel corso del racconto viene spesso
associato agli animali, infatti Prospero lo paragona ad una tartaruga (I.ii 319 Thou tortoise!) e Stephano lo
definisce prima un vitello lunare (II.ii 107 The siege of this moon-calf) e poi un gatto (II.ii 84-85 Here is that
which will give language to you, cat).

In generale Caliban appare agli occhi degli occidentali come un mostro, infatti moltissime volte nel corso
della storia viene chiamato così: un mostro delicato (II.ii 91-92 A most delicate monster!), abominevole (II.ii
159 An abominable monster! ), ridicolo (II.ii 165 A most ridiculous monster! ), un mostro urlante e ubriaco
(II.ii 179 A howling monster; a drunken monster!), un servo- mostro (III.ii 8 Servant-monster ), un mostro
dalla testa di cane e un mostro scostumato (II.ii 154-155 This puppy headed monster. A most scurvy
monster!).

Shakespeare in questo testo dimostra la sua intelligenza e soprattutto la sua precocità: inizia infatti ad
interrogarsi per primo sul rapporto fra colonizzatore e colonizzato, su cosa è giusto fare o non fare con i
nativi e riporta queste sue domande in scena: infatti il rapporto tra Caliban e Prospero e la loro storia
rappresenta simbolicamente ciò che nella realtà accadeva tra colonizzatori e colonizzati. Solitamente i
colonizzatori arrivavano su queste nuove terre con un atteggiamento pacifico, dicevano di avere qualche
problema con la nave anche se magari non era vero, sfruttavano il buon cuore dei nativi e nel frattempo
iniziavano ad insediarsi ed espandersi. In questo modo si potevano creare due situazioni: o i nativi si
trovavano confinati in zone sempre più piccole oppure decidevano di ribellarsi ma, a causa della migliore
organizzazione degli occidentali e al loro possesso di armi più evolute, li “sconfiggevano” e poi li punivano
per essersi ribellati, per esempio rendendoli loro schiavi. Allo stesso modo Prospero era arrivato sull’isola,
aveva incontrato Caliban con il quale aveva instaurato inizialmente un bel rapporto, lo nutre, gli insegna la
sua lingua poi però inizia a sfruttarlo per i lavori più pesanti, ad insultarlo e a punirlo rendendolo alla fine
suo schiavo proprio nell’isola che in realtà apparteneva a Caliban.

TASK 2: Nella Tempesta di Giorgio Strehler del 1978, per la parte di Caliban fu scelto un attore bianco
tinto di nero. Commenta questa scelta registica alla luce di quanto appreso sui CS.

Giorgio Strehler, famoso regista italiano noto non solo per le sue strepitose rappresentazioni ma anche per
aver fondato il Teatro Piccolo di Milano, nel 1978 decise di rappresentare una sua personalissima versione
de “La Tempesta” di Shakespeare. Lo spettacolo si svolse presso l’attuale Teatro Lirico a Milano e non nella
sede principale di via Rovello, perché il palco di quest’ultimo era troppo piccolo. Inoltre il Teatro Lirico era
l’unico che consentiva di far oscillare in sicurezza l’attrice che avrebbe interpretato Ariel, cioè Giulia
Lazzarini, la quale veniva tirata su e giù per dare l’impressione del volo e di una natura etera. Fondamentale
per la messinscena dell’opera fu la traduzione di Agostino Lombardo che ha permesso poi la rielaborazione
teatrale da parte di Strehler.

In quest’opera il regista sceglie di rappresentare Caliban con un attore bianco, Massimo Foschi, con il corpo
completamente dipinto di nero. Questa scelta molto particolare non è da considerarsi razzista, ma
semplicemente Strehler decide di rappresentare la deformità di Caliban esclusivamente basandosi sul
colore della sua pelle e sul modo di muoversi sul palcoscenico, infatti, colpisce molto l’entrata in scena del
personaggio, che emerge da una botola e sale sul palco, dando l’idea di una figura misteriosa, nata
dall’oscurità e a contatto con il demonio. Inoltre il fatto che Shakespeare non abbia fornito una descrizione
precisa di questo personaggio e che faccia riferimento solo ad una sua deformità, ha permesso al regista di
rappresentare quest’ultima nel modo che riteneva più opportuno e coerente rispetto alla sua
interpretazione del personaggio.

Strehler vuole rappresentare “La Tempesta” sicuramente dando una sua interpretazione, quindi con una
nuova consapevolezza, ma allo stesso tempo decide di rimanere fedele all’opera senza stravolgerla più di
tanto. Probabilmente proprio per questo motivo sceglie un attore bianco dipinto interamente di nero per il
ruolo di Caliban. Infatti dobbiamo considerare che “La Tempesta” fu rappresentata per la prima volta nel
1611 presso la corte di re Giacomo. In questo momento stava iniziando il periodo coloniale inglese e i
coloni che si trovavano nelle parti del mondo che via via venivano scoperte e occupate erano considerati
inferiori e non civilizzati. Shakespeare quindi non avrebbe mai potuto far rappresentare la parte di Caliban
ad un colono di colore nero sia perché ai tempi non esisteva ancora il fenomeno della tratta degli schiavi o
dell’immigrazione e per questo si trovavano solamente attori inglesi bianchi che, per rappresentare i coloni,
si cospargevano di diversi materiali di colore nero così da modificare il colore della loro pelle, sia perché
questa scelta, se fosse stata possibile, avrebbe sicuramente scandalizzato il pubblico. Strehler quindi sceglie
un attore bianco proprio per rimanere fedele all’opera originale e agli usi dell’epoca in cui viveva
Shakespeare, anche perché altrimenti nel 1978 non ci sarebbe stato nessun problema nel vedere un uomo
di colore nero recitare questa parte.

Un’altra motivazione di questa scelta potrebbe essere più profonda e collegata al fatto che Strehler non si
limita a riprodurre ciò che viene narrato ne “La Tempesta”, ma scava nel testo lasciando ampio margine alla
spettacolarità così da sottolineare il carattere di ricerca interiore che egli attribuiva alla rappresentazione.
La scelta di far rappresentare Caliban ad un attore bianco dipinto di nero potrebbe quindi indicare la
volontà di raffigurare con il nero la parte oscura di Caliban, ovvero il suo essere malvagio, perfido e rozzo a
causa della sua primitiva bestialità e con il bianco i lati positivi del suo carattere infatti è un uomo buono e
innocente, cosa che proviene dal non essere stato ancora corrotto dalla civiltà. In questo modo lo
spettatore ha un impatto con la parte rozza, oscura e malvagia di Caliban e allo stesso tempo può cogliere la
parte che si nasconde dietro tale oscurità che è quella di un Caliban buono e innocente.

Un’altra interpretazione che si potrebbe dare a questo contrasto tra nero e bianco potrebbe essere
l’opposizione tra colonizzato e colonizzatore, infatti “La Tempesta” ruota attorno a questo tema, cioè il
rapporto tra gli indigeni colonizzati e gli europei colonizzatori: questi ultimi arrivavano nelle terre dei nativi
con un atteggiamento pacifico, sfruttavano il loro buon cuore e nel frattempo iniziavano ad insediarsi ed
espandersi, fino a renderli loro schiavi. A questo punto poi iniziava la colonizzazione non solo a livello
militare ma anche a livello culturale, ovvero si imponevano lingue, religioni, usi e costumi occidentali. Nella
rappresentazione strehleriana di Caliban il bianco potrebbe indicare la parte non colonizzata del ragazzo,
che vediamo per esempio nel modo amichevole con cui all’inizio accoglie Prospero e Miranda, illustrando
loro tutte le qualità dell’isola. Questa parte più “pura” e naturale però viene sempre più coperta e nascosta
dal predominante nero che invece rappresenta il colonizzatore, o meglio ancora la colonizzazione da parte
degli occidentali che vogliono cambiare radicalmente la cultura di coloro che ritengono diversi, infatti per
esempio vediamo che Caliban impara ed inizia a parlare la lingua che gli è stata insegnata dall’occidentale
Prospero, ovvero l’inglese.

Infine Strehler con questa rappresentazione di Caliban vuole sottolineare che questo suo aspetto oscuro e
mostruoso non è dato dal fatto che lui sia così animalesco per natura come pensavano i colonizzatori, ma al
contrario era la stessa schiavitù imposta dagli occidentali a renderlo un bruto. Piuttosto che rappresentare
il lato intrinsecamente brutale dell'umanità, la rappresentazione di Caliban sembra essere un emblema
della disumanità dell'uomo verso l'uomo nella forma della schiavitù. L’intento di Strehler non è di cogliere
le sottigliezze psicologiche dei personaggi ma di dare risolto alle implicazioni politiche e sociali delle
relazioni.

TASK 3: Analisi di un discorso politico o giornalistico secondo le modalità adottate a lezione. Un testo a
scelta tra quelli in dispensa a eccezione del testo di Powell e di Mengiste.

Il primo discorso che l’attuale Primo Ministro inglese Boris Johnson tenne in Parlamento risale al 25 Luglio
2019, due giorni dopo la sua vittoria nelle elezioni. Quando pronuncia questo discorso si rivolge ai membri
del Parlamento, alcuni dei quali sono conservatori come lui, e in esso presenta gli obiettivi del suo Governo
e i vari step da seguire per raggiungerli.

Boris Johnson è l’attuale Primo Ministro inglese, in carica dal 23 Luglio 2019. Noto soprattutto per le sue
posizioni pro-Brexit, Johnson è il più famoso tra i cosiddetti “falchi”, vale a dire i “Brexiteers” più
intransigenti e meno disposti al compromesso. Il suo esordio in politica risale al 2001, quando viene
eletto al Parlamento inglese con i conservatori. Nel 2008 arriva la candidatura a sindaco di Londra e nel
2012 viene rieletto per un secondo mandato, nell’anno in cui la capitale britannica ospita le Olimpiadi
che verranno da lui supervisionate. Nel 2015 viene rieletto in Parlamento e dopo il referendum su
Brexit, tenutosi nel 2016, Johnson viene nominato ministro degli Esteri nel nuovo governo di Theresa
May, anche se nel luglio 2018 Johnson si dimette per protesta contro la linea "morbida" per l'uscita
dall'Unione europea  sostenuta dal governo May. Nel 2019 si candida per la guida del Partito
Conservatore e il 23 luglio 2019 vince le elezioni diventando leader del Partito Conservatore e primo
ministro britannico.

Come la maggior parte dei testi politici troviamo nella prima parte del discorso tutti gli obiettivi che Johnson
vuole raggiungere durante la sua carica come Primo Ministro ed entro il 2050, successivamente sviluppa
ogni parte presentata inizialmente aggiungendo più informazioni.

All’inizio non troviamo belle parole o testi iniziali per guadagnare l’attenzione degli ascoltatori,
probabilmente perché essendo il primo ministro a parlare e soprattutto per la prima volta, non ha
bisogno di strategie per richiamare l’attenzione, soprattutto se pensiamo per esempio ai membri del suo
stesso partito, che condividendo la sua politica e le sue idee, non hanno bisogno di essere convinti.
Quindi possiamo dire che non adotta la strategia retorica della Captatio Benevolentiae. In questa sorta
di “introduzione” troviamo un omaggio alla sua predecessora Theresa May, e la ringrazia per l’ottimo
lavoro svolto durante il suo mandato. Qui utilizza la strategia dell’inclusion che troveremo più spesso nel
suo discorso e che possiamo identificare nella frase “I am sure the whole House will join me…”.

Successivamente troviamo subito la presentazione della questione centrale su cui si svilupperà tutto il
discorso di Johnson: la volontà di uscire dall’Unione Europea entro e non oltre il 31 Ottobre e rendere il
Regno Unito “il miglior posto al mondo”. Inoltre troviamo anche altri obiettivi di vario genere come
quello economico, tecnologico, della sostenibilità, dell’aspettativa di vita e di avere una democrazia solida.
Guardando il video notiamo anche del leggero umorismo quando dice “And when I say the greatest place
on earth, I’m conscious that some may accuse me of hyperbole.” scatenando una risata generale.
Nella prima parte del discorso vengono presentati gli step immediati che bisogna seguire per raggiungere
questi obiettivi. Il primo step, che è fondamentale, è che la democrazia ottenga la piena fiducia del popolo
inglese e ciò è possibile in primis creando una buona collaborazione tra i vari membri del Parlamento e
quindi anche trovando un accordo con tutti i partiti di opposizione, e poi portando a termine le varie
promesse fatte dal Parlamento: quindi principalmente bisogna uscire dall’Unione Europea entro la data
prestabilita e rimuovere il backstop irlandese. Inoltre sottolinea che l’uscita dall’Unione Europea avverrà
con o senza accordo: se appunto esso non si dovesse trovare l’unione verrà lasciata sotto l’articolo 50.
Infine aggiunge che la Gran Bretagna è preparata a questa situazione più di quanto si possa pensare, ma
non del tutto e che quindi nei 98 giorni che restano si deve mettere il turbo alle varie preparazioni per
essere sicuri che ci sia il minor disturbo possibile alla vita nazionale.

Nella seconda parte si concentra sugli altri obiettivi da portare a termine e fa riferimento sia ai rapporti
che si manterranno con l’Unione Europea sia ai cambiamenti che avverranno nel Regno Unito.

Riguardo il primo punto dice che:

- Vorrebbe rimanere in buoni rapporti con l’Unione Europea;


- Vuole rimuovere i rappresentanti inglesi dal Parlamento Europeo per farli tornare nel Regno
Unito e far si che utilizzino le loro capacità nell’aiuto del paese;
- Non verrà nominato nessun Commissario del Regno Unito per la nuova Commissione Europea.

Poi presenta gli altri obiettivi riguardanti i cambiamenti che avverranno nel paese da quel momento,
senza aspettare l’uscita dall’UE: (fra questi troviamo)

- Miglioramento dell’assistenza sanitaria


- Miglioramento dell’istruzione
- Aumento del numero dei poliziotti che si trovano per strada a causa dell’aumento della
criminalità e in relazione a questo punto dice anche che coloro che saranno riconosciuti colpevoli
dei più gravi reati sessuali e violenti saranno tenuti a scontare una pena detentiva che rifletterà
veramente la gravità del reato.
- Eliminazione del divario di opportunità nella società tramite investimenti in infrastrutture vitali,
trasporto e alloggi che possono migliorare la qualità della vita delle persone, alimentare la crescita
economica e fornire opportunità
- Cambiamento radicale del sistema d’immigrazione.

Infine troviamo la conclusione nella quale spiega la sua certezza nel poter far diventare la Gran Bretagna il
miglior posto al mondo, non solo attraverso dei pensieri positivi e degli atteggiamenti propositivi, ma anche
con l’aiuto e l’incoraggiamento di un Governo pieno di idee, pronto a creare il cambiamento e determinato
ad attuare le politiche di cui si ha bisogno per avere successo come nazione.

In questo discorso sono presenti poche strategie retoriche tra le quali troviamo:

 L’ Inclusion in numerose parti del testo, infatti Johnson utilizza spesso il pronome “we” o l’aggettivo
possessivo “our” : “We will be the home of electric vehicles”, “our United Kingdom will be firm”.
 Il riferimento all’emotività quando nella conclusione riporta una sua esperienza personale,
introducendola con “Since I was a child” nella quale racconta che appunto fin da quando è piccolo
sente dire anche dalle personalità più importanti che ormai ci si deve accontentare di essere una
nazione mediocre e non più un grande impero come in passato; ma lui non è d’accordo, è sicuro
che il Regno Unito può tornare ad essere una grande nazione e lo dimostra in frasi come “in 2050
[…] we will look back on this period, this extraordinary period, as the beginning of a new golden age
for our United Kingdom.” oppure “we are going to prove the doubters wrong again”. Tutte frasi che
vogliono colpire l’emotività di chi sta ascoltando, che vogliono convincere l’ascoltatore che è
possibile raggiungere questo obiettivo.
 Una grande chiarezza espositiva infatti il registro linguistico utilizzato da Johnson in questo discorso
è, si, formale ma costituito da termini facilmente comprensibili e, questo ovviamente è un
elemento fondamentale per la persuasione del pubblico.
 Guardando il video, notiamo anche del leggero umorismo quando dice “And when I say the
greatest place on earth, I’m conscious that some may accuse me of hyperbole” oppure “when I fully
intend to be around” scatenando una risata generale.
 Possiamo inoltre dire che il primo ministro ricorre ad una pratica discorsiva tipica dei discorsi
politici, in cui si tende a presentare la propria politica e le proprie idee come le più realizzabili,
concrete e soprattutto le uniche in grado di rendere il paese migliore e che permetteranno di
riportarlo ad un’epoca d’oro, infatti dice “a new Golden age for our United Kingdom”. In questo
modo l’ascoltatore sarà più propenso a votare per questo partito, in quanto si sentirà coinvolto e
fiducioso.
 Elementi extra-testuali: Infine, guardando il video possiamo notare come il primo ministro durante
il discorso tenda a gesticolare molto, ad alzare il tono della voce quando vuole sottolineare
l’importanza di alcuni concetti e a girarsi verso i membri del Parlamento per coinvolgerli
ulteriormente.

TASK 4: Chris Cleave; The Other Hand: delineare il rapporto del romanzo con la “globalizzazione”.

“The Other Hand” è il secondo romanzo di Chris Cleave, uscito nel 2008 e che, tramite una narrazione con
un doppio punto di vista, racconta la storia di Little Bee, una sedicenne nigeriana che vuole richiedere asilo
in Gran Bretagna e di Sarah O'Rourke, una donna inglese in carriera, vedova e con un figlio di nome Charlie.
Queste due donne condividono un episodio del loro passato molto doloroso e significativo per la vita di
entrambe: infatti si sono incontrate per la prima volta su una spiaggia in Nigeria dove Sarah e suo marito
Andrew, nel tentativo di salvare Little Bee e sua sorella Nkiruka da dei criminali che le stavano inseguendo,
stringono un patto con questi ultimi: se i due si tagliano un dito della loro mano con un machete,i criminali
non uccideranno le ragazze. Sarah riesce, invece Andrew non trova il coraggio, condannando a morte una
delle due ragazze e il senso di colpa lo accompagnerà fino a quando due anni dopo si suiciderà.

L’autore di questo romanzo, Chris Cleave ha vissuto parte della sua infanzia nel Camerun, in Africa, e questo
lo ha portato a porre la sua attenzione sulle dinamiche, gli stili di vita delle persone diverse da lui, ma
soprattutto sulle problematiche post-colonial. In questo libro infatti l’autore, a volte esplicitamente a volte
implicitamente, mette in relazione e fa un confronto tra la situazione del Terzo Mondo e l’Occidente, quindi
la parte di mondo in via di sviluppo e la parte che è già sviluppata. Ma soprattutto più volte affronta il tema
della globalizzazione, ovvero un insieme ampio di fenomeni, connessi con la crescita dell’integrazione
economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo. Cleave però rivendica il fatto che oggi ne
parliamo continuamente, diciamo di vivere in un mondo globalizzato, senza però riflettere e soprattutto
comprendere né il significato completo di questo termine né tutti i risvolti positivi che questo fenomeno
potrebbe avere se lo impiegassimo correttamente e non solo in termini di economia e commercio.

Spesso nel testo sono infatti citate le marche di alcuni brand, che rappresentano proprio gli scambi
commerciali e economici che avvengono tra gli Stati:

 Nel capitolo 1 e 3 troviamo un riferimento alle Dunlop Green Fresh Trainers quando Little Bee nel
primo capitolo è in fila per fare una telefonata e descrive la terza ragazza che si trova davanti a lei
dicendo che indossa una maglietta azzurra, dei jeans e le Dunlop, che diventano in un certo senso
un elemento identificativo di questa ragazza di cui noi lettori e nemmeno Little Bee conosciamo il
nome, infatti viene definita “la ragazza senza nome” (“she was wearing a blue T-shirt and blue
denim jeans and white Dunlop Green Flash trainers”; “looked down at her Dunlop Green Flash
shoes”).
 Nel 4 capitolo che è forse il più importante del libro dato che qui troviamo il climax, viene citato il
marchio Emporio Armani. Infatti sulla spiaggia dove si trovano Sarah, Andrew, Little Bee e Nkiruka
arrivano i criminali che stavano inseguendo le due sorelle e Sarah nota che uno di essi,
precisamente il ragazzo che aveva l’arco e la freccia con cui puntava il collo della guardia che dopo
poco avrebbe colpito e sarebbe morta, indossava una bandana nera su cui c’era scritto “Emporio
Armani” (He was wearing a black bandanna. The bandanna said EMPORIO ARMANI). Inoltre
sempre nel quarto capitolo troviamo anche la marca Hermés, in riferimento al bikini verde che
indossava Sarah in quel momento (“I was wearing a very small green bandeau bikini from
Hermès”).
 Nel capitolo 9 c’è Little Bee che racconta che da piccola aveva trovato nella giungla una jeep in cui si
trovava lo scheletro di un uomo. Sul cruscotto c’era il teschio di questo scheletro che “indossava”
ancora un paio di occhiali da sole con la montatura d’oro sottile del brand Ray-ban e la ragazza, non
conoscendo questa marca, pensò che fosse il nome del defunto (“The sunglasses had thin gold
frames.[…] the glasses said Ray-Ban. I supposed that this had been the man’s name”).
 In generale possiamo dire che nel testo sono citati moltissimi altri marchi come Fendi, Puma,
Vogue, Chloe, Nike, Adidas, riviste di moda nominate da Sarah, programmi come “Hell's Kitchen” o
“Chi vuol essere millonario?”, Marchi di auto come Ford, Peugeot, Mercedes, due delle quali si
trovavano nel villaggio di Little Bee e anche lo stesso costume di Batman di Charlie.

Passando oltre l'aspetto economico e commerciale della globalizzazione, guardiamo la cultura: nel capitolo
3 arriva il taxista e stava ascoltando in macchina “We are the champions” dei Queen, e Little Bee riconosce
subito la canzone (“It was a song called “We Are the Champions” by a British music band called Queen”)
oppure nel capitolo 5 Little Bee, raccontando a Sarah cosa era successo sulla spiaggia dopo che lei e Andrew
erano andati via, dice di aver sentito provenire da un camion la canzone “One” degli U2, altra canzone che
conosceva perché la sentiva spesso a casa sua (“There was a radio in the cab of the truck and it was
playing “One” by U2. I knew this song. It was always playing in our home”). Inoltre Cleave fa riferimento
anche alla globalizzazione in ambito cinematografico, e ci fa riflettere sul fatto che in un villaggio nigeriano
si riesca a vedere un film proveniente dall’Inghilterra, ma al tempo stesso non si possiede la strumentazione
tecnologica adeguata per poterlo visualizzare, infatti gli uomini si dovevano recare in città per prendere un
generatore diesel e un proiettore, ma nonostante questo il film si sente senza audio (“In my village […] the
men went to the town and they brought back a projector and a diesel generator,[…]There was no sound
with the film, […]. The only film we had was called Top Gun and we watched it five times”). Anche questo
tipo di globalizzazione però viaggia in senso unilaterale: l’occidente esporta lingua, musica, film (e volendo il
conflitto), senza accettare l 'influenza dell'altro. Anche il fatto che Little Bee non ha mai bevuto il tè
nonostante venisse prodotto a est della Nigeria, è significativo perché indica che molto spesso i prodotti di
un paese vengono interamente esportati ancor prima che gli abitanti del paese di origine potessero
usufruirne, cosa che in Occidente non avverrebbe mai.

Già dalla prima pagina del libro, Cleave ci esorta a riflettere sui processi e sugli effetti della globalizzazione,
e ci pone di fronte ad una dei grandi paradossi della globalizzazione, ovvero che il denaro può circolare
liberamente attraverso tutte le linee di confine con estrema facilità, ma le persone no. Infatti Little Bee
afferma di voler essere una moneta inglese anziché una ragazza africana perchè una moneta è libera di
viaggiare senza alcun tipo di restrizione, a differenza sua e di tutti coloro che vivono in “paesi in via di
sviluppo” (“ Most days I wish I was a British pound coin instead of an African girl (…) A pound is free to
travel to safety, and we are free to watch it go. This is the human triumph. This is called globalisation.”).
A questo si aggiunge lo sfruttamento delle risorse del territorio, che portarono ad una guerra, che peraltro
non essendo riconosciuta dalle parti in causa, non rendeva possibile a chi, come Little Bee, volesse scappare
e rifugiarsi. "[...] in that village we did not yet know was built on an oil field and would soon be fought
over by man." Quindi a livello economico continua lo sfruttamento delle risorse delle ex-colonie con
l'illusione di ricevere in cambio dei beni provenienti dall'occidente. In questo modo l’autore evidenzia,
quindi, come la globalizzazione sia un fenomeno esclusivamente unilaterale: i benefici sono rivolti
solamente all’Europa e all’Occidente.
Un ultimo passaggio significativo lo troviamo nell’ultimo capitolo del libro quando Little Bee mentre si trova
sulla spiaggia dove da li a poco l’avrebbero catturata, guardando Charlie giocare con altri bambini nigeriani
sorride e conclude il romanzo con una connotazione positiva della globalizzazione, cioè con la speranza che
come oggi ci si concentra solo sul lato economico e commerciale della globalizzazione, si possa iniziare a
sfruttare questo fenomeno per far circolare anche la democrazia e tutti quei principi validi e condivisibili
dell’Occidente per aiutare i paesi più arretrati, non solo a livello economico ma anche a livello sociale, a
migliorare e far sì che tutti questi principi vengano applicati nei confronti di tutti i cittadini di questo “
villaggio globale” e non solo nei confronti degli occidentali.
porta alla luce un ricco universo di relazioni umane (sociali, individuali, economiche,
discorsive, spaziali), situandolo al crocevia tra lo spazio moderno, localizzato e esclusivo della
Nazione e quello postmoderno della globalizzazione, caratterizzato da network e flussi. Entro
questa cornice, Cleave riesce a dar corpo e verità poetica a intuizioni forti e profonde
porta alla luce un ricco universo di relazioni umane (sociali, individuali, economiche,
discorsive, spaziali), situandolo al crocevia tra lo spazio moderno, localizzato e esclusivo della
Nazione e quello postmoderno della globalizzazione, caratterizzato da network e flussi. Entro
questa cornice, Cleave riesce a dar corpo e verità poetica a intuizioni forti e profond
TASK 5: Chris Cleave; The Other Hand: analizzare la presenza e il ruolo delle “soglie” e degli apparati
paratestuali, e il rapporto che questi intrattengono con il romanzo.

“The Other Hand” è il secondo romanzo di Chris Cleave, in cui l’autore tratta vari temi molto importanti,
come per esempio il modo in cui vengono trattati i richiedenti asilo e gli altri immigrati, la globalizzazione
che viene usata solamente per i fini commerciali e non sociali e la speranza di un cambiamento radicale
nella società. Però possiamo analizzare questo romanzo anche da un altro punto di vista, ovvero
esaminando le soglie e gli apparati paratestuali di cui il libro è ricco.

Il termine soglia indica l’insieme di elementi come copertina, dediche, ringraziamenti, citazioni e così via
presenti all’interno del libro prima e dopo il testo, che aiutano il lettore ad orientare la propria lettura nella
giusta prospettiva e a comprendere meglio il testo, sia a livello lessicale che pragmatico. È importante
sottolineare che questo romanzo viene pubblicato nel Regno Unito con il titolo “The other hand” e in
America con il titolo “Little bee”; inoltre troviamo anche delle differenze nelle soglie, per esempio per
quanto riguarda la copertina del libro oppure la loro disposizione.

La prima soglia che incontriamo quando acquistiamo un libro cartaceo è la copertina, di cui abbiamo tre
versioni.

Per quanto riguarda la versione di “Little bee” pubblicata dall’editore Simon &
Schuster, abbiamo uno sfondo arancione su cui viene rappresentato il volto di
una ragazza di profilo, in cui riusciamo a distinguere solamente i capelli ricci ma
non i vari componenti del volto dato che la sagoma è completamente colorata
di nero: vediamo la bocca e il naso di profilo, e l’occhio è rappresentato da una
piccola figura bianca in cui possiamo riconoscere il profilo di un’altra donna con
i capelli raccolti in uno chignon. Grazie a questo contrasto cromatico e alla
differenza nella rappresentazione dei capelli possiamo intuire che queste due
figure rappresentino le due protagoniste del romanzo: la figura più grande e
colorata di nero rappresenta Little Bee, mentre la figura più piccola e bianca,
Sarah. All’interno della figura più grande troviamo anche scritto il titolo del libro
in corsivo e in arancione, riprendendo così il colore dello sfondo. Poi possiamo
notare che nella copertina sono presenti anche il nome dell’autore fiancheggiato dal titolo di un’altra sua
opera, “Everyone brave is forgiven”, il numero di copie vendute (“more than one million copies sold”), due
editorial blurb da parte del “The Washington Post” che dice che il libro lascia senza fiato, e del “The New
York Times Book Review” che afferma che si tratta di un romanzo commovente e toccante. Infine nella
parte alta della copertina troviamo la scritta “#1 New York Times bestseller”.

Per quanto riguarda invece “The Other Hand” abbiamo due tipi di copertina.

Nell’edizione pubblicata dalla casa editrice “Sceptre” troviamo sempre uno


sfondo arancione sul quale è rappresentato un albero dai cui rami si alzano in
volo numerosi uccelli che creano un cerchio che va dai rami rappresentati a
sinistra, spogli e secchi, a quelli rappresentati a destra, che sono invece più
rigogliosi. Tutto questo è rappresentato in nero, tranne degli elementi che si
trovano all’interno di questo cerchio o vicini all’albero, che sono rappresentati
in bianco: a sinistra troviamo uno scoiattolo, un passerotto, una bicicletta, una
sedia e una bottiglia; a destra invece sono rappresentati un fucile, una banana,
un ananas, una spada ed una scimmia. Anche in questo caso è più che evidente
un contrasto tra la parte sinistra e destra della copertina: la prima rappresenta
il mondo occidentale, la città e molto probabilmente Londra, ovvero la città in
cui Sarah vive e lavora, mentre la seconda rappresenta i paesi in via di sviluppo, la giungla, la guerra e in
generale la Nigeria, quindi il paese di provenienza di Little Bee. La presenza di questo cerchio però potrebbe
simboleggiare sia l’unione tra questi due mondi, rappresentata nel libro dal rapporto che si crea tra Sarah e
Little Bee, oppure potrebbe far riferimento ad uno dei temi centrali del libro, ovvero la speranza che il
fenomeno della globalizzazione non venga impiegato solo per scopi economici e commerciali, ma anche per
far circolare in maniera bilaterale (e non più unilaterale) tradizioni, cultura, principi e valori. Al centro del
cerchio troviamo il titolo in bianco e sotto l’albero, nella sezione orizzontale che rappresenta la terra,
troviamo il nome dell’autore anche qui fiancheggiato dal titolo di un’altra sua opera, “Incendiary”.

Invece nell’edizione di “The other hand” pubblicata da Coronet troviamo


l’immagine di un bambino o una bambina sulla riva di una spiaggia, il suo
riflesso nell’acqua e un tramonto dietro di lui/lei. Se si tratta di una bambina
potrebbe rappresentare Little Bee nel momento più importante della storia,
ovvero quando insieme a sua sorella Nkiruka scappa dai criminali che le
vogliono uccidere fino ad arrivare sulla spiaggia dove incontra per la prima
volta Sarah ed Andrew. Questo primo incontro e i seguenti avvenimenti
cambieranno poi la vita a tutti i protagonisti della storia. Oppure se si tratta di
un bambino potrebbe rappresentare Charlie che alla fine del romanzo, dopo
che Little Bee gli rivela il suo vero nome, Udo, si toglie il costume di Batman
che aveva indossato per l’intera storia perché si sente libero di essere un
bambino invece che un supereroe e di giocare con i bambini nigeriani presenti
sulla spiaggia. A differenza delle altre edizioni qui troviamo solamente il nome
dell’autore, senza riferimenti ad altre opere e tre editorial blurb dal “The guardian”, “Daily Mail” e “The
indipendent”.

Nell’edizione di “Little Bee” nella pagina successiva alla copertina troviamo una serie di elogi da parte di
giornali sia americani, come The Washington Post, The New York Times Book Review, USA today e altri, sia
di giornali inglesi come il The Guardian, il Daily Mail, The Indipendent e così via. Ma in realtà in questo libro
ci sono numerosissimi elogi infatti ne troviamo due sulla copertina, subito dopo ben cinque pagine di
citazioni di alcune delle più importanti testate giornaliste e addirittura anche sul retro della copertina. Qui
solitamente si trova la trama del libro, invece in Little Bee troviamo solo una scritta in cui l’autore afferma
di non voler anticipare ciò che succederà nel romanzo e dice solamente che si tratta della storia di due
donne sconosciute, i cui destini si incontreranno e esorta il lettore a non raccontare cosa succede nel libro
una volta concluso, perché la magia sta nel modo in cui la storia si evolve. Sempre nel retro della copertina
troviamo una breve introduzione dell’autore, Chris Cleave, in cui troviamo altri elogi che accompagnano le
ulteriori citazioni che completano la pagina.

Subito dopo troviamo una dedica, “for Joseph”. In generale il fatto che il libro sia dedicato ad una persona
in particolare potrebbe essere significativo, ma in questo caso no perché non sappiamo nulla a riguardo
dato che non è specificato chi questo Joseph sia.

All’interno del libro troviamo due citazioni rispettivamente prima e dopo il racconto: la prima è del UK
Home office del 2005 “Britain is proud of its tradition of providing a safe haven for people fleeting [sic]
persecution and conflict.” in cui troviamo un errore grammaticale (la mancanza di “from” tra “fleeting” e
“persecution”) che troviamo in tutte le edizioni del libro, quindi probabilmente Cleave vuole mostrare come
non sia normale che un testo di un documento ufficiale presenti un errore del genere. Inoltre è una frase
che si oppone a tutto il significato del testo, infatti Little Bee e le altre ragazze rinchiuse nel centro di
accoglienza, non vengono accolte e ospitate felicemente in Gran Bretagna. Per questo motivo possiamo
considerarla una citazione polemica e soprattutto una critica al sistema di asilo britannico che si interessa
così poco della questione, che non si cura nemmeno di correggere un documento di tale importanza. La
seconda citazione invece si trova alla fine del romanzo ed è un proverbio nigeriano che afferma che se il
proprio viso è gonfio per le forti percosse della vita, bisogna sorridere e far finta di essere grassi (“If your
face is swollen from the severe beatings of life, smile and pretend to be a fat man”). Con questa frase
l’autore vuole esortare il lettore ad affrontare con forza e positività le sconfitte e le sofferenze della nostra
vita proprio come fa Little Bee. Infatti la ragazza nel corso della sua vita ha sofferto molto, basti pensare alla
morta brutale della sorella, al fatto che hanno bruciato il suo villaggio uccidendo tutti gli abitanti, ma
nonostante questo non reagisce mai con violenza, rabbia o aggressività e ne dà prova quando nell’ultimo
capitolo nonostante capisca di essere stata catturata per la seconda volta, preferisce salvare Charlie e
sorridere piuttosto che disperarsi per ciò che stava succedendo.
Poi troviamo le note, ovvero una serie di appunti dell’autore che iniziano in un modo un po' particolare e in
un certo senso banale perché l’autore scrive “grazie per aver letto questo libro”. Poi specifica quali sono gli
elementi reali e quelli inventati, e spiega su quali fonti si è basato per scrivere il romanzo: per esempio dice
che il Black Hill Immigration Centre è stato inventato da lui ma ciò che è riportato al riguardo potrebbe
sembrare reale dato che ciò che scrive si basa sulle testimonianze di ex detenuti di questi posti; anche la
spiaggia in Nigeria è inventata infatti non fa riferimento a nessun luogo specifico, ma i conflitti per il
petrolio lungo il delta del fiume Niger stavano realmente accadendo. Queste dichiarazioni forniscono
maggiore credibilità al racconto, chiariscono gli eventuali dubbi del lettore e lo aiutano nella comprensione
del testo.

Infine troviamo i ringraziamenti a diverse persone: ad alcune per il sostegno, ad altre per le osservazioni e
la lettura del testo e ad altre per i suggerimenti. Subito dopo troviamo una serie di domande e risposte
dell’autore riguardo il libro ed un estratto di un altro libro di Cleave di nome Gold.

TASK 6: Angela Carter, Nights at the Circus: valuta il ruolo della metafora circense nell’economia generale
del romanzo (cioè temi, e/o simbolismo, e/o struttura, ecc.).

“Night at the circus” è un romanzo di Angela Carter pubblicato nel 1984. La storia è ambientata nel 1899
quando la protagonista, una ragazza di nome Fevvers, è ormai una famosa trapezista del circo
dell’americano Colonnello Kearney, di cui è diventata l’attrazione principale dato che è l’unica che, avendo
le ali, può volare realmente, senza trucchi. Durante l’intervista con la quale si apre il romanzo, cattura
l'attenzione del giovane giornalista Jack Walser, che decide di seguire il circo, finendo per prendervi parte.

Uno dei perni attorno a cui ruota tutto il racconto è la metafora del circo, che ritroviamo nell’intero
romanzo in diversi ambiti. Sicuramente la scrittrice sarà stata influenzata da un altro grande autore a lei
contemporaneo, Federico Fellini, che ha fatto del circo l’elemento principale della sua produzione e
secondo il quale il circo è la metafora della vita o meglio lo spettacolo stesso della vita.

Uno dei significati della metafora del circo è l’allusione al senso di vita, apparentemente magica,
affascinante, straordinaria ma che allo stesso tempo nasconde amarezza ed angoscia. Infatti all’inizio della
seconda parte del romanzo il circo ci viene presentato dal punto di vista di Walser con parole tutt’altro che
positive: dice infatti che l’aria che vi si respira è impregnata di un “aroma of horse dung and lion piss”,
ovvero un aroma di sterco di cavallo e urina di leone, e i suoi membri conducono una vita molto dura e
costellata di umiliazioni. Troviamo infatti molti personaggi con un passato triste e che si trovano ad
affrontare realtà difficili, tutti cioè si trovano a combattere la propria battaglia per la vita tra bene e male,
realtà e finzione e il mondo che li circonda è buio e pieno di insidie. Per esempio Mignon dopo un’infanzia e
un’adolescenza tristissime, viene ora quotidianamente picchiata dal marito, l’addestratore di scimmie
Monsieur Lamarck e usata sessualmente da Samson, detto “l’uomo forte”, “the Strong Man” e per questo
motivo viene considerata la prostituta del circo. Un altro esempio è il capo clown Buffo, un alcolizzato,
infatti l’autrice dice che aveva sempre una bottiglia in tasca, che ci svela cosa si trova realmente dietro la
maschera dei clown: dice che essa serve a nascondere la disperazione, il fallimento, ci dice che “il
divertimento che il clown crea, cresce in proporzione all'umiliazione che è costretto a subire” (“the mirth
the clown creates grows in proportion to the humiliation he is forced to endure”). Anche la maschera di
Buffo è tragica, e lui stesso conferma che senza essa non è nessuno poiché dietro di lei si cela soltanto il
nulla, l’assenza (“And what am I without my Buffo’s face? Why, nobody at alI. Take away my make-up
and underneath is merely not-Buffo. An absence. A vacancy”), confermando così la sua continua lotta tra
realtà e finzione.

Il circo è l’elemento che per eccellenza indica il caos, la confusione e la Carter in questo romanzo cerca
proprio di creare scompiglio nella mente dell’autore per esempio tramite l’utilizzo di due modalità narrative
affinché il lettore non capisca la vera identità del narratore. Il romanzo è diviso in tre parti e in ognuna di
esse troviamo appunto un tipo di narrazione diversa dalla precedente:

- Nella prima parte, Londra, il narratore è esterno e duplice, infatti riporta sia la prospettiva di Welser in
terza persona, sia quella di Fevvers in prima;

- Poi abbiamo Pietroburgo, in cui troviamo il narratore, sempre esterno, che riporta solo la prospettiva di
Welser;

- Infine nella terza ed ultima parte, Siberia, troviamo nuovamente la prospettiva di Fevvers, oltre quella di
Welser.

Anche la divisione del romanzo in tre parti, ambientate in tre luoghi diversi è un riferimento al circo e ai
suoi costanti spostamenti. La natura nomade e vagabonda del circo è la rappresentazione dell’instabilità,
della precarietà e quindi anche dell’imprevedibilità della vita. Questa instabilità è rappresentata inoltre da
elementi tipici del circo come salti in aria, trapezi, funamboli e così via. 
Un altro elemento che fa parte della struttura del romanzo e che rappresenta il caos del circo è la modalità
con cui vengono narrate le varie vicende. Notiamo da subito che non c’è corrispondenza tra fabula ed
intreccio: il romanzo infatti si apre con l’intervista che Walser fa a Fevvers quando lei è già famosa, ha già
iniziato la sua carriera, quindi i fatti non sono narrati in ordine cronologico. Inoltre durante l’intervista la
stessa Fevvers raccontando le sue storie fa numerosi salti temporali, al contrario invece di Walser che è più
ordinato, concreto e permette al lettore di mantenere un contatto con la realtà. Queste due figure centrali
del romanzo rappresentano la nostra vita e l’opposizione tra ordine (Walser) e caos (Fevvers): né ordine né
caos possono esistere l'uno senza l'altro e insieme raggiungono un equilibrio che è costante all’interno della
nostra vita.
Il circo in questo romanzo per alcuni personaggi rappresenta anche la rinascita, l’inizio di una nuova vita.
Troviamo Fevvers per esempio che dopo esser stata praticamente una prigioniera del museo delle donne-
mostro di Madame Schreck e dopo aver rischiato di essere immolata dal vecchio signore proprietario del
castello in cui fugge, rincontra la madre adottiva Lizzie e inizia la sua carriera nel circo, diventandone
l’attrazione principale. Le sue ali quindi che inizialmente potrebbero essere considerate quasi un “difetto”
rappresentano invece la liberazione della ragazza, il suo riscatto a livello sociale.

Un altro tema presente nel romanzo che possiamo sempre ricollegare alla metafora del circo è quello del
realismo magico che la Carter riesce ad ottenere combinando il mitico con il realistico. Per esempio il
colonnello Kearney, direttore del circo, inizialmente sembra un personaggio realistico ma successivamente
il suo comportamento contraddice questa condizione: scopriamo infatti che è un uomo stravagante, che
usa la sua maialina Sybil per prendere tutte le decisioni importanti per lui usando le carte alfabetiche che le
vengono messe davanti. Quindi capiamo che Sybil non è solo il suo maiale domestico ma è anche il suo
consigliere e ciò da al lettore la sensazione che l’animale possegga dei poteri magici o comunque che sia
molto più intelligente del suo padrone. Sybil non è l’unico animale che ci dà questa sensazione: le scimmie
istruite di Lamark sembrano anche più intelligenti di quasi tutti gli uomini e le donne che si occupano di loro
quando, con il pretesto di provare per lo spettacolo, progettano di rovesciare il loro professore. Un altro
elemento magico lo troviamo quando Fevvers mentre cerca di scappare dal Granduca salta sul modellino di
treno presente in un uovo Fabergè e poi si ritrova sul vero treno diretto per la Siberia.
Inoltre, con i due personaggi principali, Fevvers e Walser, viene illustrato anche il contrasto tra il magico e il
credibile. Il ruolo di Walser di giornalista pragmatico in cerca di fatti radica la storia nella realtà, mentre la
condizione di Fevvers, metà cigno e metà donna, rimane surreale e soprattutto dubbia: nel corso del
romanzo non ci viene detto esplicitamente se la storia di Fevvers è reale oppure no, anzi la scrittrice vuole
confondere il lettore per esempio quando nel primo capitolo il narratore dice “ as if to dare him:”believe it
or not!”” oppure “Her slogan is “is she fact or is she fiction?”
Con il realismo magico Angela Carter è in grado di rivolgere l'attenzione al quotidiano attraverso una forma
accattivante e giocosa. Il fantastico, distorcendo la realtà, può aiutare a comprenderla meglio, può cioè
evidenziarne o esplicitarne aspetti nascosti o poco chiari.

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