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LA VIDA ES SUENO - Calderon

de la Barca Riassunto
Letteratura Spagnola
Università degli Studi di Catania
7 pag.

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Calderón de la Barca: (teatro barocco)
L’ultimo grande autore del canone della letteratura spagnola de los siglos de oro che affronteremo è Calderon de la
barca, il quale, come Lope de vega, è un autore di teatro.
La sua importanza risiede nel fatto che egli è un autore definibile “europeo”, perché la sua produzione teatrale ha
una importante ricaduta sul teatro seicentesco d’Europa.
Possiamo dire che Calderòn è un vero autore barocco, nel senso che all’interno della sua opera teatrale, quelle che
sono le peculiarità della sensibilità barocca si manifestano interamente. Lo vedremo soprattutto nell’opera più
conosciuta di Calderon.
[La vita interessa poco al prof, preferisce partire dal testo per capire l’autore.]
Calderon ebbe una vita scapestrata: Con i fratelli uccide un servo del duca di Frías. Questo dato biografico è
importante conoscerlo perché un episodio del genere lo troviamo dentro “la vida es sueño”.
La cosa più importante, è che Calderon vive del proprio lavoro di scrittore di teatro. Ancora nel 500 molti scrittori
svolgevano altre mansioni oltra quella letteraria per potersi mantenere, mentre nel 600 inizia già ad esserci chi vive
della propria scrittura.
Calderòn viaggia moltissimo in Italia e in Fiandra per ragioni politiche. Questo è un’ulteriore dato importante perché
nel 600 L’Italia, come la Francia, dal punto di vista teatrale è estremamente matura. Gli spettacoli sono messi in
scena in spazi ad essi dedicati, non più in piazze o simili, e pertanto entra in un idea di teatro diversa da quella che
ancora vigeva in Spagna.
Ulteriore aspetto importante da tenere in conto, è che Calderon ha una formazione culturale abbastanza tradizionale
ma molto solida, adeguata a esercitare la professione di drammaturgo:
-Studia Latino e retorica;
-Legge i classici antichi;
-Studia e si laura in diritto. Questo è importante perché, tra lo studio approfondito della retorica e lo studio del
diritto, Calderon elabora una capacità logica molto ferrea che traspare nelle sue opere teatrali.
Calderon scrive anche liriche, ma la sua passione è il teatro dedicandosi ad essa quasi interamente, infatti, la sua
produzione è molto vasta:
Parliamo di 120 commedie; 70 autos ai quali si aggiungono numerosissimi entremeses.
Proprio perché sono tanti, la critica ha organizzato l’opera di calderone anche sulla base di certi filoni tematici:
Abbiamo delle commedie: (commedie non perché sono comiche, ma la parola commedia mantiene una
connotazione classica) come El purgatorio de san Patricio e La vida es sueño, quella più famosa.
Altre commedie de enredo, cioè con intreccio, sono:
-Galàn fantasma (1630?); -La dama duende (1626).
Queste commedie di intreccio, chiamate così perché ci sono tanti elementi che rendono fitta e complessa la trama,
fanno si che queste opere si presentino come un genere brillante e affascinante e dalle trovate sceniche e giochi
verbali rilevanti. Calderon, infatti, quando scrive pensa sempre alla scena. (il che è visibile anche nell’incipit de la
vida es sueño).
Il teatro Calderoniano è caratterizzato da i giochi verbali, ovvero momenti all’interno dei quali Calderòn scrive in
maniera concettosa, giocando con le parole ed è proprio questo che rende la sua produzione affascinante.
All’interno di questa vasta produzione abbiamo anche i drammi d’onore come:
-El alcalde de Zalamea (1642?); -El médico de su honra (1635)
I drammi d’onore sono quel tipo di testo definito dalla critica come etico: si pone cioè non solo il problema
dell’onore dei protagonisti, ma si cerca di ragionare anche su cos’è l’onore.
È un teatro dunque abbastanza variegato.
La vida es sueño:
Il titolo stesso è accattivante: Ancora oggi ci chiediamo se la vita è “sueño”, ovvero illusione, immaginazione.
Il testo si presta a questo tipo di interpretazione tanto che viene definita anche un’opera a carattere filosofico.

Trama:
Lazione si svolge in Polonia;
Basilio, re di quel paese, di fronte alla rivelazione degli oracoli che predicono che suo figlio Sigismundo si ribellerà a
lui, commettendo orribili crimini, chiude il figlio in una grotta fortificata.

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Già questo incipit ci fa capire da che tradizione Calderon recupera questo elemento tematico: Un re che fa predire il
futuro del figlio è infatti un elemento tematico appartenente alla tradizione medievale della letteratura cavalleresca
o della narrativa breve medievale.
Sigismundo, dunque, cresce senza conoscere il mondo e nulla sulla propria origine. Non per questo però Sigismundo
cresce ignorante: Gli viene affiancato un educatore. Però il fatto che non ha contatti con l’esterno gli causa grossi
problemi a relazionarsi con gli altri. (Tipo Tarzan)
Un giorno, sfidando le predizioni, il Re Basilio fa condurre il figlio a palazzo, e l’esperienza sarà negativa  il figlio
uccide un servo di palazzo.
Perché Basilio sfida le predizioni? Lo fa per un problema di ordine politico: Suo figlio dovrebbe essere suo successore,
ma non conoscendo le cose del mondo e avendo questo peso della predizione di un figlio violento, pensa di lasciare
il regno ai suoi nipoti. Questo è un problema politico molto forte perché un erede di fatto c’è.
Ecco perché sfida le predizioni e prova a vedere se il figlio sarà in grado di gestire il regno. Tuttavia, è chiaro che
Sigismundo nel momento in cui entra in contatto col mondo ha una reazione violenta, ma non perché egli sia
violento, ma perché non sa come rapportarsi con gli altri, e probabilmente ha maturato un aggressività che non
riesce a domare che lo porta a commettere questo omicidio.
(da questo punto di vista Calderòn è molto sottile, coglie un aspetto di carattere pedagogico)

Come viene portato Sigismundo a palazzo? Verrà fatto addormentare e dalla grotta si risveglierà nelle morbide
coperte di seta del letto nobiliare. Svegliandosi allora, ha l’impressiona che la vera realtà corrisponde a quello che in
quel momento vede, mentre tutto ciò di precedente, quindi la sua vita nella grotta, sia stato solo un sogno. (la vida
es sueño).
In questo svegliarsi in un mondo diverso, con persone mai viste che lo trattano da signore, in un primo momento
riesce anche a relazionarsi, ma non appena vede che il servo fa qualcosa che secondo lui è sbagliato, lo uccide.
Dopo aver commesso questo efferato gesto, il figlio viene rinchiuso nuovamente fino a che il popolo, ribellandosi, lo
libera. Anche questo è un fatto strano: perché mai il popolo dovrebbe prendere la parte di un giovane che ha
commesso un assassinio? A questa domanda non tutti i critici sono riusciti a rispondere. Probabilmente è un
espediente per il quale Calderon forse prende la parte del popolo. Alla fine lui ha il diritto di essere il legittimo erede
al trono, e che probabilmente l’averlo rinchiuso è stata una forte ingiustizia.
Il protagonista, alla fine, vincerà sul padre, ma reagirà con giustizia e con prudenza, e si mostrerà molto più sensato
di quanto non lo sia stato il padre.

Dunque la morale che ci presenta Calderòn è la seguente: io posso stare rinchiuso in caverna per tutta la vita, ma se
possiedo libri e mi costruisco una cultura, posso uscirne e saprei comportarmi ugualmente con giustizia e prudenza.
(Il mito della caverna di Platone viene in un certo senso recuperato ma trasformato).
La “Vida es sueño” non significa che tutta la vita sia un sogno, ma che i valori di questo mondo hanno soltanto una
realtà simile a quella dei sogni. È quasi un inneggiamento più che all’illusione, al fatto che noi possiamo vivere di
illusioni e che la realtà può essere simile a quella dei sogni.

All’interno di questa storia si inserisce anche un personaggio femminile, Rosaura con tutta una trama secondaria da
lei rappresentata.
Rosaura viene da lontano alla ricerca di suo padre, che, guarda caso aveva abbandonato lei e la madre, ed è la
persona che istruisce Sigismundo.
Lei però, nel momento in cui arriva per pura casualità in questo castello in Polonia, non può viaggiare da donna, e si
traveste da uomo. Questo è un altro motivo narrativo, la donna che si traveste da uomo, che trova le sue origini
nella cultura medievale. Anche qui vi sono romanzi cavallereschi e altri tipi di testo che ricorrono a questo topos.
Incipit la vida es sueño:
Notiamo come ci sia una parte descrittiva della scena prima dell’inizio
Già questo è un aspetto particolarmente interessante, perché ci fa capire come Calderòn sia fortemente scenico.
Sta immaginando in maniera chiara quella che è la scenografia. Se si volesse mettere in scena questo testo, si deve
fare in modo che il pubblico possa vedere Rosaura vestita da uomo che scende da un dirupo ecc.
Un importante critico spagnolo, Francisco Rico, ha messo in evidenza proprio questo aspetto visuale, e lo utilizza per
leggere il testo.

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Traduzione: (1 brano antologico)
Ippogrifo violento,
Che corresti sfidando a gara il vento,
dove mai, buia fiamma,
uccello paco, pesce senza squama,
e bruto senza istinto
naturale, al confuso labirinto
di queste nude rupi,
ti sfreni, ti precipiti e dirupi?
Resta con questo monte,
perché le belve trovino un Fetonte,
Ch’io, all’unico cammino
Che mi segna la legge del destino,
cieca ormai disperata,
discenderò dalla cima arruffata
di questa eccelsa altura,
che volge al sole la sua fronte oscura!
Male polonia, accogli
Uno straniero, se col sangue togli
Al suo ingresso l’amore,
e giunge a te come giunge al dolore.
La mia sorte lo dice,
ma dov’ebbe conforto un infelice?

Rosaura sostanzialmente viene semplicemente disarcionata dal suo cavallo, che lei chiama ippogrifo.
L’Ippogrifo è già un immagine molto forte perché Calderòn sta recuperando la mitologia.
Già dall’incipit, dà al suo lavoro, un attacco molto forte dal punto di vista culturale.
“che corresti sfidando a gare il vento.. dirupi”
Percepiamo da una parte l’eccesso, perché Rosaura è sostanzialmente solo caduta da cavallo, ma Calderòn è un
immaginario, ha una capacità visuale potentissima, e come vediamo ricorre in maniera piena a tutta una serie di
immagini visuali che hanno un valore simbolico, ma che rientrano in quella visione lirica tipica della cultura barocca,
dove un evento semplice si connota sempre con qualcosa di più grande:
è la poetica dell’eccesso, la poetica dell’iperbole.
Calderon non si accontenta di narrare l’evento in maniera semplice, ma lo carica di una serie di significati.
Ecco perché il teatro di Calderòn più che essere letto deve essere visto.
Calderòn è volutamente iperbolico, ma non per questo è meno reale, perché c’è questa musicalità.

2 brano antologico:
Momento in cui Rosaura arriva alla grotta, ed avviene l’incontro con Sigismundo. Rosaura è ancora vestita da uomo,
quindi lui ha la sensazione di parlare con un uomo appunto.
Come vediamo Calderòn da sempre queste “diciture”:
“Si spalancano i battenti della porta e appare Sigismondo incatenato e vestito di pelli. C’è una luce nella torre”.

Sigismundo:
Oh Sventurato me! Oh me infelice! Sigismundo, mentre parla con Rosaura sostanzialmente
Chiedervi, cieli, pretendo, apre una “pausa”. Sigismundo sta recitando un monologo,
per il male che mi è stato inflitto, che ovviamente riguarda quella che è la propria
quale è stato il mio delitto condizione, e chiede che male ha mai fatto per vivere
contro di voi nascendo; incatenato dentro una grotta.
per quanto se nacqui, intendo Arriva alla conclusione che già nascendo ha commesso un
la ragione del peccato delitto.
una causa ho pure dato
al vostro giusto rigore,

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poiché il delitto maggiore
dell’uomo è d’essere nato.
Ma vorrei mi fosse detto
Perché il dubbio mi si sveli Si pone problema: se io sono un essere umano, un essere
(tralasciando il fatto dei cieli vivente, che è nato come tutti gli altri, perché io non ho il
E che la nascita è un delitto), diritto di avere la vita che hanno gli altri? Cioè di essere
che cosa vi dà diritto libero?
di far che il castigo non cessi?
Gli altri non nacquero anch’essi Il primo esempio che fa è “l’ave”, l’uccello, che già appena
E se gli altri sono nati nato può liberarsi nell’aria. Anche in questo caso, come
Quali beni gli son dati vuole la cultura barocca, per definire questo concetto di
Che a me non sono concessi? libertà dell’uccello, Calderon utilizza una serie di parole, o
Nasce l’uccello, di gale ornato comunque un gioco linguistico abbastanza intricato.
Simile a un nume
E appena è un fiore di piume Il secondo animale che si prende in esempio è il “bruto”
O un ramoscello con le ali, cioè la bestia, e si dice che già appena nata, ha tutta una
già nelle eteree sale serie di elementi negativi e questo animale brutale già di
sfreccia con velocità, natura è spinta nel duello dalla sua malvagità, e,
rinnegando la pietà nonostante ciò, ha più libertà di quanta non ne possa
che al suo nido lo redime; avere io che ignoro questo istinto.
io che sono più sublime,
perché ho meno libertà? Il terzo esempio è il pesce: Egli nasce dentro il mare.
Nasce la bestia, il mantello Dunque parliamo di tre animali che hanno sempre una
Dipinto di un bel disegno, situazione “circoscritta” nella quale vivere, ma,
e appena degli astri un segno nonostante ciò, hanno comunque più libertà di lui.
(grazie al divino pennello)
Già la spinge nel duello della sua malvagità È una riflessione notevole: Quale legge e quale rigore può
L’umana necessità rifiutare ad un uomo il diritto della libertà?
Mostro del suo labirinto; Dio ha concesso ad un uccello, ad un animale bruto, e ad
e io, che ignoro questo istinto, un pesce la libertà, mentre ad un uomo che nasce col
perché ho meno libertà? diritto alla libertà, gli viene rifiutato.
Nasce il pesce, e non respira,
avvolto di alghe e di lino,
così navicella di squame,
sopra l’onde si
quando in ogni parte gira
toccando l’immensità,
di tanto capacità
fino al punto più profondo;
ed io, arbitro del mondo,
perché ho meno libertà?
Nasce il ruscello, serpente
Che in mezzo ai fiori si scioglie d’argento,
tra le foglie si spezza la sua corrente,
mentre un canto gli si accende
di quei fiori e la pietà,
che gli offre la maestà
della fuga cui lo invita;
io che sto sopra la vita,
perché ho meno libertà?
Accecato dal furore
Un vulcano, un Etna scosso,
mi vorrei strappar di dosso

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i brandelli del mio cuore:
Quale legge, e che rigore
Rifiutare a un uomo riesce
Quel diritto,
dove cresce l’altrui bene non represso
e che a un fulmine Dio ha concesso
ha un uccello, a un bruto e a un pesce?

Quello che risulta particolare in questo brano, è che Sigismundo si lamenta della sua sorte avversa, e si paragona a gli
altri animali. Quello che è importante in questo monologo, e che costituisce uno strumento espressivo notevole, è la
drammaticità con cui Sigismondo, con consapevolezza, esprime questo senso di prigionia facendo riferimento a gli
altri esseri viventi.
Il linguaggio e declamatorio, cioè l’obiettivo di Sigismundo è quello di suscitare pietà in cui lo sta ascoltando, cioè
Rosaura.
In questo monologo si condensa tutta la problematica dell’opera. Il tema fondamentale è la mancanza della libertà,
e questa mancanza è il filo conduttore di tutta la vida es sueño.

La forma strofica utilizzata è la decima, forma adeguata ad esprimere dei sentimenti intimi, essendo abbastanza
discorsiva, ma anche al tempo ottima per quella che è una sfera narrativa.
Il verso Calderoniano, è un verso anche abbastanza ricco di enjambement, proprio perché l’elemento narrativo deve
in qualche modo prevalere.
Il ricorso allo stile colto è evidente: Calderon de la Barca aderisce al conceptismo: (Differenza tra conceptismo e
culturanismo) è un autore barocco proprio perché alla fine adotta quei ricorsi retorici tipici della propria epoca.
Un altro aspetto che emerge in questo monologo è il ricordo all’iperbato. Questa continua inversione nell’ordine
della frase e del periodo. Anche questo è tipico del barocco e del conceptismo.
Per esempio l’iperbato lo si nota nei versi in cui i verbo è messo alla fine.
Un altro aspetto che possiamo notare in questo brano è il ricorso all’iperbole, che troviamo in tutta l’opera.
Per esempio, proprio all’inizio quando si dice che “il maggior delitto dell’uomo è essere nato”, una esagerazione.
Il lirismo, fortemente accentuano in questo monologo, e il ricorso al concettismo, permettono di dare non solo un
certo effetto musicale iperbolico, ma accentuano la condizione pesante di vita da prigioniero che vive Sigismundo.

Calderon è un uomo che nella sua formazione ha studiato molto la retorica, e lo studio della giurisprudenza, gli ha
permesso insieme alla retorica, di avere una capacità di poter sviluppare una sintassi estremamente logica.
In cosa percepiamo questa sintassi logica?  nel ricorso a tutta una serie di connettori che utilizza. Per esempio, al
verso 109: “Causa sufficiente ha avuto la vostra giustizia e il vostro rigore, poiché il delitto maggiore dell’uomo è
essere nato”.
Questo “poiché/pues” ha una funzione connettiva. E di questi elementi di connessione, all’interno di questo
monologo ce ne sono diversi. Quindi la logica sintattica alla quale ricorre Calderon, non è quella “paratattica”, ma è
appunto una sintassi logica. (porque, ya que etc).
Il ragionamento quindi si incatena con una logicità che proviene a Calderon dalla sua formazione retorica.

Alla fine il problema che si pone è, cosa avrà mai fatto di male per meritare questo? Non ha fatto nulla, dunque se è
punito per non aver fatto nulla, conclude che nascere è già un male.
Nascere è un delitto, io sono nato, di conseguenza è logico che mi si tratti male.
La logica è ferrea.

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Lettura terzo passo antologico:
Siamo nel secondo atto scena diciannovesima. Parla Sigismundo:
è vero si; reprimiamo
questa fiera condizione,
quest’ira, questa ambizione,
perché poi forse sogniamo;
ed ormai, so che esistiamo,
in un mondo singolare,
dove vivere è sognare;
e l’esperienza mi insegna
che l’uomo che vive sogna
fino a farsi svegliare.
Sogna il re il suo trono, e vive
Nell’inganno comandando
Disponendo e governando;
e l’applauso, che riceve
in prestito, al vento scrive,
e in cenere lo converte
la morte (sventura forte!)
Chi ancora vorrà regnare
Dovendosi ridestare nel sogno
Della notte?
Sogna il ricco la ricchezza,
che continui affanni gli offre;
sogna il povero che soffre
la miseria e la tristezza;
sogna chi ha gli aggi s’avvezza,
sogna chi nell’ansia tende,
sogna chi ferisce e offende,
e nel mondo, in conclusione,
sogna ognuno la passione che egli vive,
e non lo intende nessuno.
Io sogno la prigionia che mi
Tiene qui legato,
e sognai che un altro stato
mi rendeva l’allegria.
Che è la vita? Frenesia.
Che è la vita? Un’illusione,
sono un’ombra, una finzione,
e il maggior bene, un bisogno
del nulla, la vita è un sogno,
e i sogni sogni sono.

È molto poetico questo monologo, perché ancora una volta possiamo ritrovare una serie di strumenti retorici che
danno poeticità e drammaticità a questo monologo, già per esempio per il fatto che troviamo questo verbo
“sognare”, declinato e ripetuto molte volte, con un momento culminante finale che dà un effetto maggiormente
drammatico.
Al di la della questione retorica, e della logica discorsiva che troviamo in questo brano, bisogna esaminarne anche il
contenuto.
Verrebbe da dire che è un contenuto abbastanza pessimista, perché la conclusione, la vita è un sogno, e i sogni sono
soltanto sogni, ci costringe alla riflessione sul fatto che l’esistenza umana è un correre verso un qualcosa (il sogno,
che sia del re o del povero) che rimane sempre un sogno, e dunque ogni sforzo è vano.

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Questo lo si vede nel sogno del Re, che Calderon ci dice essere rivolto al comandare, di disporre e governare, ma per
ricevere cosa? Un applauso, però in prestito, perché alla fine morirà pure lui, e sarà cenere come chiunque altro.
È chiaro che Sigismundo dice tutto questo perché ha già conosciuto la possibilità di uscire dalla grotta: è stato già
addormentato e portato a palazzo, svegliatosi in un'altra circostanza.
Il risveglio in questa circostanza estranea, lo ha riportato nella grotta.
Quindi la realtà è la grotta, e il sogno è stato quello di essere libero, e di essere cioè nel palazzo del re.
Ma alla fine, se questa è la realtà, tutta la vita è un sogno, menzogna.
L’opera poi finisce in un altro modo, dove tutto questo elemento pessimistico si scioglie, perché Sigismundo
diventerà Re, appiana le divergenze col padre e tutto si sistema, ma intanto Calderon, con la sua ferrea logica, ci
porta a ragione su tutta una serie di cose che hanno una grossa rilevanza di ordine esistenziale.
Se esaminiamo tutto questo alla logica della mentalità barocca, possiamo confermare che la vida es sueño, è
l’espressione più matura del sentimento barocco, che imposta la propria sensibilità culturale, a partire dal
sentimento del desengaño, cioè dell’illusione.

Ecco perché La vida es sueño viene chiamato teatro filosofico, perché Calderon si appoggia a Platone, alla logica
aristotelica che ha studiato ed imparato benissimo.
Quindi, alla fine, questo monologo è una riflessione che ci conduce a riflettere sull’esistenza, ma al tempo stesso è
esemplare del sentimento della cultura barocca, quella della disillusione e del tempo che scorre.
D’altra parte la cultura barocca è ricca di queste disillusioni. Basti pensare alle belle chiese barocche la cui bellezza è
solo apparente perché dietro nascondo la povertà della chiesa.

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