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Ipotesi sull’attività giovanile di Lorenzo Lotto a Treviso

Nel palazzo della Commenda di S. Giovanni del Tempio in Treviso vi sono alcune
fasce affrescate risalenti all’epoca rinascimentale, quasi per nulla note e meritevoli di
essere prese in esame in questa sede.
La “scoperta” di queste interessanti decorazioni avvenne nel 1989, quando feci un
sopralluogo nell’edificio fatiscente e disabitato, e ne pubblicai il resoconto in una
rivista a carattere locale.1 In seguito sollecitai l’interessamento della stessa
Sovrintendenza e nel ‘94 venne effettuato il restauro a cura della Cooperativa
Diemmeci di Villorba.
Le stanze della Commenda presentavano una decorazione ad affresco arancio-nero,
co rappresentati motivi fitomorfi, delfini, mascheroni, tipica del periodo a cavallo tra
il XV e il XVI secolo: di queste fasce affrescate rimane pressochè integra soltanto
quella nella stanza del sottotetto, mentre un’altra al primo piano, nonostante i restauri
da poco avvenuti, non è stata purtroppo recuperata e giace ancora sotto gli intonaci.
Oltre ai rimandi stilistici siamo certi della collocazione cronologica di questi lavori
per specifici riferimenti iconografici: tra gli stemmi raffigurati vi sono naturalmente
quelli dell’Ordine di Malta e quello dei Barbo, riferentesi quest’ultimo al papa Paolo
II, il quale concesse la commenda a Ludovico Marcello il 24 gennaio 1471. Gli
stemmi Marcello si riferiscono oltre che a Ludovico a quello del doge Ludovico
Marcello, già Podestà di Treviso verso la metà del secolo. Si è già parlato in altre
sedi2 del mecenatismo del Marcello, che radunò presso di sé letterati quali Gerolamo
Bologni, Augurello Augurelli, Francesco Rolandello, Lodovico Pontico, Marcello
Filosseno e tanti altri: tra gli interessi della compagni sembra che vi fosse anche
l’alchimia: non è casuale, quindi, la presenza, in questo contesto, del giovanissimo
Lorenzo Lotto, il quale da noti documenti risulta soggiornare per qualche anno,
almeno dal 1503,3 proprio in una stanza appartenente al Priorato e avente le finestre
prospicienti il cortile della Commenda.
Sappiamo che tutta una serie di lavori di miglioramento e di decoro furono condotti
proprio in quegli anni, contemporaneamente alla decorazione dell’esterno della chiesa
con soggetti a frasche d’alloro ed uccelli svolazzanti (nel fianco prospiciente via
Commenda): il Biscaro, già nel 1898, nel suo studio su Ludovico Marcello asseriva:
“si può ammettere come assai verosimile che il Lotto medesimo sia stato se non
l’autore materiale, il felice ispiratore di quel graffito, che fu eseguito sotto i suoi
occhi”.
Roberto Fioretti, autore del progetto di restauro degli affreschi sulla base della
coincidenze cronologiche che rimandano agli stemmi raffigurati afferma con

1
Gli affreschi inediti della Commenda, suppl. a “Sport Trevigiano” del 30-6-89.
2
Cfr. Ludovico Marcello e la chiesa e commenda gerosolimitana di S. Giovanni dal Tempio, Venezia 1898.
3
Vedi anche L. Gargan, Lorenzo Lotto e gli ambienti umanistici trevigiani fra Quattro e Cinquecento, in Lorenzo
Lotto a Treviso, catalogo della mostra a cura di G. Dillon, Dosson 1980.
sicurezza che “si pone una prima datazione precisa nel 1471”4 escludendo così
l’ipotesi lottesca. Io, nonostante il significato del documento iconografico, non sono
proprio così certo. Infatti a mio parere Marcello aveva potuto benissimo omaggiare i
suoi predessori anche in epoca postuma.
Nella fascia decorativa vi sono delle discontinuità stilistiche che lasciano presupporre
l’intervento non di una sola mano: ma le teste di profilo e a tre quarti, di atmosfera
simili a quelle dei paggi Onigo in S. Nicolò, fanno riconoscere il pennello di un
notevole artista. Sembra veramente strano che in quel periodo operassero nel palazzo
del priore Marcello vari artisti e che Lotto si limitasse ad osservarli: ecco perché
penso che qua e là possono essere riconosciute le tracce dei suoi interventi, come
appunto in alcune di quelle splendide teste.

4
M. Fioretti, Il restauro degli affreschi nelle adiacenze di San Gaetano: considerazioni e restauro, in “Restauri di
Marca”, n. 6-1994, p. 21.

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