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270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE al CORSO
Attività n°: 1
Mi presento:
mi chiamo ELENA CAMISASCA e sono Professore Associato per il settore scientifico-
disciplinare di Psicologia dello sviluppo, presso la Facoltà di Psicologia dell’Università e-
Campus.
Mi sono laureata in Pedagogia e successivamente in Psicologia, indirizzo clinico, presso
l’Università degli Studi di Torino e mi sono specializzata in psicoterapia della famiglia
(scuola Mara Selvini Palazzoli).
Da molti anni svolgo attività di studio e di ricerca nell’ambito della psicologia dello
sviluppo ed in particolare mi sono occupata di maltrattamento e abuso all’infanzia,
genitorialità (sensibilità materna, stress genitoriale, conflittualità genitoriale) e
cogenitorialità e del loro impatto sull’adattamento psicologico dei figli.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE al CORSO
Attività n°: 1
Inoltre, verranno proposte esercitazioni e riflessioni con l’intento di promuovere una riflessione sul legame
tra teorie psicologiche, metodi e tecniche di intervento
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 1/S1
Titolo: INTRODUZIONE al CORSO
Attività n°: 1
Affronterò gli argomenti del programma anche nelle aule virtuali e sarò a
disposizione per le vostre domande e richieste di chiarimenti in quelle occasioni,
ma anche attraverso il sistema di messaggistica della piattaforma
dell’Università e durante le ore di ricevimento studenti nell’ufficio virtuale il
giovedì pomeriggio dalle 16 alle 17. Sono comunque disponibile anche in altri
orari su appuntamento.
Inoltre, nell’aula virtuale terrò anche dei seminari interattivi che potrete seguire
collegandovi dal vostro PC, chiedete ai vostri tutor il calendario con le date e gli
argomenti che verranno trattati.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 1/S2
Titolo: Bibliografia
Attività n°: 1
Modalità di esame
Bibliografia
Costituiranno materiale obbligatorio di studio:
Le slide
Le slide delle lezioni svolgono differenti funzioni:
• sottolineano i concetti-chiave di ciascun argomento, indispensabili da conoscere
• creano legami concettuali tra argomenti trattati da differenti punti di vista, per
stimolare il pensiero critico e una visione ampia dell’essere umano
• propongono tematiche che spiegano e integrano quanto è affrontato nei libri da
studiare
• si focalizzano su alcuni aspetti dello sviluppo tipico e atipico di recente interesse
scientifico, non trattati nei volumi ma solamente nelle slide
• presentano esemplificazioni ed esercitazioni per facilitare l’apprendimento.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 1/S2
Titolo: Bibliografia
Attività n°: 1
Attenzione:
Le slide non sostituiscono i libri da studiare e, viceversa, i libri da studiare non
sostituiscono le slide
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 1/S3
Titolo: Consigli per lo studio
Attività n°: 1
Si consiglia di studiare le slide parallelamente ai testi (in ogni lezione verranno specificate
le pagine del testo a cui riferirsi).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 1/S3
Titolo: Consigli per lo studio
Attività n°: 1
Precisazione: alcuni testi citati nelle slide (non compresi nella bibliografia) non sono
da studiare per l’esame, ma costituiscono utili riferimenti bibliografici per chi fosse
interessato, per motivi personali e professionali, all’approfondimento di specifici temi.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 2
Titolo: Lo Sviluppo Tipico E Atipico
Attività N°: 2
A partire dagli anni ’90 si è assistito ad una progressiva affermazione di una nuova disciplina, la
psicopatologia dello sviluppo (Cicchetti, 1990, Stroufe, 1990). Essa sottolinea l’importanza della
stretta interdipendenza tra comportamento normale e forme di disagio psicologico, tanto che la
comprensione dell’uno non può prescindere dallo studio dell’altro nel medesimo contesto.
Le domande fondamentali che la psicopatologia dello sviluppo si pone sono le seguenti:
- E’ possibile individuare una matrice comune tra lo sviluppo normale e patologico?
- E’ possibile che emergano esiti disadattivi all’interno di un percorso di sviluppo normale e,
in caso affermativo, quali caratteristiche patologiche assumono?
- Può verificarsi anche un processo inverso, ovvero l’emergere di esiti adattivi anche se si è
stati esposti a fattori di rischio grave per lo sviluppo?
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 2
Titolo: Lo Sviluppo Tipico E Atipico
Attività N°: 2
Normalità e patologia / 1
De Ajuraguerra e Marcelli (1982) sottolineano come non sia possibile tracciare una linea netta di demarcazione tra
normalità e patologia in età infantile, quale conseguenza della notevole dinamicità che caratterizza la struttura
psichica degli individui nel corso dei primi anni di vita. Il processo maturativo infatti si connota per la presentazione
simultanea di movimenti progressivi e regressivi, momenti critici che permettono di accedere ad una nuova
struttura di funzionamento psichico e per una notevole sensibilità alle influenze dell’ambiente esterno.
Un comportamento manifesto sia esso mentale (fobie, pensieri ossessivi) o agito (condotte aggressive), può
rappresentare un potenziale patogeno o un sintomo transitorio che accompagna una fase della crescita. Ad
esempio, nella prima e seconda infanzia è frequente l’insorgenza di alcune paure, quali quella del buio, degli
estranei, per alcuni animali che sono momentanee e tendono a risolversi in modo spontaneo.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 2/S1
Titolo: Normalita' E Patologia
Attività N°: 2
Vi sono inoltre bambini che crescono senza aver mai presentato sintomi, almeno in apparenza, e altri ancora
per i quali la mancanza di qualunque forma di disagio, propria dell’infanzia, rappresenta una sorta di
conformismo eccessivo, una sottomissione alle pressioni e alle esigenze dell’ambiente. Questi bambini
vengono descritti come gentili, saggi, docili e privi di difficoltà. In realtà, all’adattamento apparente si
associa una incapacità a costruire una organizzazione psichica interna coerente ed elaborare gli inevitabili
conflitti di sviluppo. E’ al momento dell’adolescenza che le difficoltà si palesano attraverso forme
sintomatiche importanti, come ad esempio gravi forme depressive o disturbi del comportamento
alimentare.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 2/S1
Titolo: Normalita' E Patologia
Attività N°: 2
Come è possibile, allora, definire il concetto di normalità e inevitabilmente anche il suo opposto, la
patologia?
Possiamo individuare 4 punti di vista sulla normalità (D. Marcelli, 2009, “Psicopatologia del bambino”, ed. Masson,
Milano, sesta edizione):
1) La prima definizione (salute vs malattia) è molto statica e tende a ridurre la salute (normalità) a assenza di
sintomi e la malattia ai suoi sintomi. In realtà, abbiamo visto come vi possano essere nel corso dell’infanzia
crisi e difficoltà che segnano il passaggio ad una nuova fase della crescita, così come all’opposto l’assenza di
sintomi può rappresentare solo un apparente stato di normalità e salute. Dobbiamo inoltre considerare la
potenzialità di recuperare la salute e, quindi, la normalità come un processo.
2) La seconda definizione (normalità = media) fa riferimento alla curva gaussiana (che ha studiato in statistica, si
tratta della curva a forma di “campana”, dove la media è rappresentata dalla parte più ampia al centro), ma in
questo caso si dovrebbero considerare patologici gli individui molto alti o molto bassi (che stanno agli estremi
della curva) o chi appartiene a partiti politici a cui poche persone aderiscono e così via…
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 2/S1
Titolo: Normalita' E Patologia
Attività N°: 2
Inoltre la normalità intesa come “la maggioranza delle persone fa così” è influenzata ampiamente dalla cultura. La
psicologia dello sviluppo, come disciplina, fa spesso riferimento a questa definizione (non a caso si parla di “tipico” e
“atipico”).
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 2/S2
Titolo: Normalita' E Patologia
Attività N°: 2
Normalità e patologia / 2
3) La terza definizione (normalità = modello ideale da raggiungere) è sottilmente diffusa nella nostra cultura,
specie in quella psicologica (dove spesso agiamo perché pensiamo che le cose “debbano andare così”,
facendo riferimento a un ideale di sviluppo, piuttosto che sulla base della persona che abbiamo di fronte).
Ad esempio, è un modello ideale quello di pensare che la mamma debba salutare il bambino
gioiosamente, altrimenti viene etichettata come una mamma “non sufficientemente buona” o “depressa”.
Chi lo dice che una mamma deve comportarsi così? Certamente le ricerche ci dicono quali sono gli
ambienti più favorevoli per la crescita dei bambini, ma si tratta sempre di medie (e qui torna la definizione
precedente di normalità).
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 2/S2
Titolo: Normalita' E Patologia
Attività N°: 2
Un altro termine che puoi sentire nell’ambito dello sviluppo psicologico è “immaturità”, che si
riferisce a comportamenti che si situano tra la normalità e la patologia (dove la normalità è
intesa in senso statistico o ideale). Ad esempio, bambini con impaccio motorio vengono definiti
con un’immaturità psicomotoria, oppure bambini che hanno difficoltà a tollerare le frustrazioni
possono essere etichettati con il termine “immaturità affettiva”. Ma, se ci pensiamo bene, cosa
significa che un bambino è immaturo affettivamente? C’è forse una maturità affettiva? E chi
stabilisce cosa sia maturità affettiva?
Le domande che pone il termine “normalità” sono molte e ti sarà apparso chiaro come non esiste
una definizione soddisfacente di normalità.
Normalità e patologia sono due concetti interdipendenti, se non ci fosse uno non ci sarebbe
l’altro. Si tratta di convenzioni, che sottendono una certa idea di uomo.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 2/S3
Titolo: Esercitazione
Attività n°: 1
Discuta sul forum il suo punto di vista rispetto alle diverse concezioni di
normalità
Discuta perché a sua parere i concetti di normalità e patologia sono
interdipendenti
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 3
Titolo: I FATTORI DELLO SVILUPPO
Attività n°: 1
L'eziologia metagenetica include quei fattori che intervengono durante la gestazione, al momento del
parto oppure nei primi anni di vita.
In funzione del periodo in cui essi agiscono, infatti, si suddividono in:
fattori prenatali - possono intervenire nella fase embrionale (dal concepimento fino all'ottava
settimana di gestazione) oppure durante la fase fetale (dal terzo mese fino alla nascita). In fase
embrionale gli agenti patogeni colpiscono principalmente i tessuti e gli organi, intervendondo nel
momento di massimo accrescimento e differenziazione. Durante la fase fetale gli agenti patogeni
possono rallentare l'accrescimento del feto in generale e colpire selettivamente il cervello.
Gli agenti patogeni che possono intervenire in gravidanza sono:
malattie materne infettive (ad esempio rosolia, influenza, morbillo, epatite) e non infettive (patologie
endocrino-metaboliche come il diabete);
malattie nutrizionali (carenze alimentari e vitaminiche), intossicazioni da agenti chimici (assunzione
di farmaci, alcol, nicotina, droghe), lesioni da agenti fisici (esposizione a raggi X, traumi).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 3
Titolo: I FATTORI DELLO SVILUPPO
Attività n°: 1
I fattori perinatali (tra la 27esima settimana di gestazione fino alla prima settimana di
vita extrauterina) costituiscono le cause più frequenti di lesioni a carico del sistema
nervoso centrale. Tra i fattori perinatali vi sono:
• prematurità (nascita prima della 38A settimana),
• basso peso alla nascita,
• post-maturità (nascita dopo la 42 A settimana),
• ittero (incompatibilità materno-fetale legata al fattore RH e più raramente a quello
A.BO),
• ipossia o anossia cerebrali (da ricondursi ad alterazioni placentari, attorcigliamenti del
cordone ombelicale, mancata espansione polmonare),
• traumi cranio-vertebrali verificatesi durante il parto
turbe metaboliche.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 3
Titolo: I FATTORI DELLO SVILUPPO
Attività n°: 1
. I fattori post-natali, infine, che possono causare lesioni a carico del sistema
nervoso rientrano nelle seguenti tipologie: encefaliti, meningite (di natura virale o
batterica), traumi cranici, vasculopatie cerebrali, intossicazioni, ipoalimentazione.
Le cause patogenetiche, appena elencate, tuttavia, non danno conto della complessità
degli elementi che sono alla base di un percorso di sviluppo normale oppure
patologico, alla cui origine si riconosce, invece, un intreccio inscindibile di fattori di
ordine biologico e di ordine relazionale
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 3/S1
Titolo: Il temperamento
Attività n°: 2
Il temperamento
Allport (1937) definisce il temperamento come “ natura emotiva dell’individuo e include
la sua suscettibilità alle stimolazioni emotive, alla sua abituale resistenza e velocità di
risposta, alla qualità del suo umore prevalente, nonché alle peculiarità alle fluttuazioni e
all’intensità dell’umore; questo fenomeno è costituzionale e pertanto ampiamente
ereditato”.
Thomas e Chess, nel delineare le differenze temperamentali pongono l'enfasi
soprattutto su "come" il comportamento viene espresso, piuttosto che sul "cosa", ovvero
sul tipo di azione. Gli autori, peraltro, individuano tre costellazioni di temperamento che
permettono di classificare i bambini come facili, difficili o lenti.
I bambini facili presentano ritmi regolari per ciò che concerne le funzioni biologiche,
mostrano reazioni positive nei confronti di stimoli nuovi, per lo più si adattano ai
cambiamenti e per la maggior parte del tempo sono di umore positivo moderatamente
intenso.
I bambini lenti, invece, hanno una certa irregolarità nelle funzioni biologiche, si
adattano meno rapidamente ai cambiamenti, mostrano una combinazione di reazioni
positive e negative
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 3/S1
Titolo: Il temperamento
Attività n°: 2
I bambini difficili, infine, hanno ritmi biologici irregolari, per lo più non si adattano ai
cambiamenti, hanno reazioni negative e/o , verso le situazioni nuove e la loro espressione
emotiva nella maggior parte dei casi è intensa e negativa (Attili, 1993).
Le dimensioni temperamentali
Il temperamento secondo Thomas e Chess
Secondo il modello interpretativo proposto da Thomas e Chess (1977) il temperamento dà
conto dello stile comportamentale specifico con cui l'individuo risponde alle sollecitazioni
provenienti dal mondo esterno. Esiste un interscambio reciproco tra temperamento e
ambiente: da un lato l'ambiente esercita un'influenza sul temperamento del bambino,
dall'altro, il temperamento del bambino influenza le valutazioni, gli atteggiamenti e il
comportamento di coloro che interagiscono con il piccolo.
Gli autori hanno individuato nove dimensioni per descrivere le caratteristiche
temperamentali, ciascuna associata ad una valutazione alta o bassa. Descriveremo di
seguito tali dimensioni con alcuni esempi tipici di comportamento che possono essere
osservati nella prima infanzia, in età prescolare o in età scolare (Chess & Thomas, 1987).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 3/S1
Titolo: Il temperamento
Attività n°: 2
• Adattabilità: questa caratteristica non si riferisce alla risposta iniziale, ma alla facilità
o difficoltà nel modificare la risposta nel tempo. Un esempio di adattabilità alta si
osserva quando viene dato un cibo nuovo: il bambino all'inizio può sputarlo, ma poi lo
mangia. Al contrario, un esempio di adattabilità bassa si riscontra quando il bambino,
ogni volta che indossa la tutina nuova si divincola finché non si esce da casa.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 3/S1
Titolo: Il temperamento
Attività n°: 2
Per comprendere il ruolo giocato dal complesso intreccio di tutte queste relazioni è utile
distinguere le esperienze condivise da quelle non condivise tra i figli di una medesima
famiglia (Dunn & Kendrick,1998).
micro
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 3/S2
Titolo: I fattori ambientali
Attività n°: 2
Allo stesso modo anche le condizioni in cui operano i servizi sanitari sono altrettanto
importanti; Gozzoli e Regalia (2005) mettono in evidenza che gran parte delle
barriere culturali, linguistiche e relazionali potrebbero essere superate se i servizi
potessero disporre di figure professionali preparate all'incontro con le famiglie
immigrate, dotandosi di una èquipe transculturale che possa svolgere funzioni di
mediazione linguistica e culturale.
I ricercatori hanno riscontrato che nel corso dei successivi due anni i bambini a rischio
avevano ridotto i comportamenti devianti fino alla loro scomparsa, tanto che non vi erano
differenze rispetto ai coetanei che non avevano il medesimo patrimonio genetico.
L'intervento sul contesto familiare, pertanto, aveva avuto il proprio effetto
sull'espressione genetica. In accordo con gli studi più recenti di epigenetica i fattori
ambientali possono inibire oppure favorire l'espressione di geni specifici.
Oggi è ormai accreditata la tesi per cui lo sviluppo cerebrale scaturisce da una
intcrazione complessa tra fattori innati e ambientali. La struttura cerebrale influenza il
comportamento, ma quest'ultimo, a propria volta, dà conto dello strutturarsi delle vie
neurali. Ad esempio il piccolo ricercando determinati stimoli rinforza alcuni circuiti neurali
piuttosto che altri, l'esperienza contribuisce a modellare il processo di sviluppo celebrale
(Johnson, 2000).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 04
Titolo: GENITORALITÀ TRA FATTORI DI RISCHIO E DI PROTEZIONE
Attività n°: 01
La concezione basata sui fattori di rischio e di protezione si propone di far emergere non
solo le caratteristiche e le peculiarità familiari che mettono a rischio il bambino ma anche
le potenzialità e le risorse residue che potrebbero contrastare e ridurre l’impatto dei
fattori negativi.
Si basa sull’idea che negli individui e nelle famiglie esistano una dinamicità e una stretta
interrelazione tra eventi positivi e negativi, non riconducibili alla semplice individuazione
descrittiva degli uni e degli altri.
L’evidenza che la semplice enumerazione dei fattori negativi non sia sufficiente a spiegare
il maladattamento è dimostrata dal fallimento delle concezioni classiche del
rischio, sia quella fondata sulla prospettiva della causalità diretta (vi è una causa certa e
prevedibile a cui segue un dato effetto) sia quelle basate sulle causalità multifattoriale
che pure prevedono la convergenza di diversi elementi eziologici
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 04
Titolo: GENITORALITÀ TRA FATTORI DI RISCHIO E DI PROTEZIONE
Attività n°: 01
E’ pertanto stata proposta una concezione più complessa e articolata basata sul concetto di
«causalità multifattoriale» che ha portato i ricercatori a individuare un profilo di
rischio, desumibile dalla presenza di indicatori cumulativi derivanti da diversi domini di tipo
biologico e psicosociale. Ad esempio, la psicopatologia del genitore viene studiata in
connessione a fattori biologici, ambiente sociale, relazioni affettive primarie, rapporto con il
coniuge ….
Per il fatto che non è riuscita a spiegare le ragioni per cui molte persone che sperimentano
o hanno sperimentato svariati eventi negativi e il cui profilo di rischio è alto presentino la
capacità di mantenere un discreto adattamento, di adottare strategie di coping efficaci e
conservino aree di competenza (resilienti).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 04
Titolo: GENITORALITÀ TRA FATTORI DI RISCHIO E DI PROTEZIONE
Attività n°: 01
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 04
Titolo: GENITORALITÀ TRA FATTORI DI RISCHIO E DI PROTEZIONE
Attività n°: 01
In altri termini, una analisi basata sui soli fattori di rischio non consentirebbe di accorgersi e di
osservare o comprendere la natura della resilienza e indurrebbe una sottostima delle abilità e
potenzialità degli individui.
Si parla di resilienza come processo per sottolineare la dimensione dinamica della
resilienza che è il risultato del modo in cui i fattori protettivi si amalgamano e assumono
forme dotate di significato, diventando parte di un processo compensatorio che serve a
promuovere l’adattamento.
Bowlby (1975) ipotizza che, attraverso i primi scambi con le figure di attaccamento
significative, l'individuo costruisca dei modelli operativi interni sempre più complessi
sia delle figure affettive sia di se stesso.
Secondo B. un modello operativo interno é una struttura mentale che consiste nella
rappresentazione dell’individuo ..:
Saranno questi modelli interni che gli faranno interpretare il mondo e che guideranno
il suo comportamento in situazioni nuove.
• Certo le immagini, i modelli di se stesso e della figura di attaccamento principale
non sono fissi; anzi sono dinamici e suscettibili di cambiamento a seguito delle
continue e nuove esperienze che il bambino fa del mondo esterno. Purtroppo
però finiscono col diventare e mantenersi stabili.
• Essi infatti influenzano la costruzione delle nuove esperienze ovvero fanno sì che
un individuo cerchi attivamente, sia pure a livello inconsapevole, persone,
situazioni e relazioni che corrispondono alle sue aspettative affettive. Le nuove
esperienze finiranno quindi, molto probabilmente, per confermare quegli stessi
modelli iniziali.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 4/S2
Titolo: I Modelli Mentali Dell’attaccamento
Attività N°: 2
Allora, se il bambino ha avuto delle esperienze precoci che lo hanno portato a costruirsi
un modello mentale della figura di attaccamento come di una persona che in caso di
necessità é pronta ad offrire aiuto e conforto, e di conseguenza é riuscito a
rappresentare se stesso come persona degna di essere confortata ed amata, avrà meno
bisogno di controllare continuamente la disponibilità della sua figura di attaccamento.
Sarà così più libero ed autonomo nell'esplorazione del mondo circostante e si
aspetterà fiduciosamente di essere accettato, amato e confortato dagli altri, adulti
o coetanei con cui sceglierà di interagire.
Questa maggiore fiducia in se stesso lo porterà da un lato ad essere parte attiva
nell'andamento delle interazioni di cui é partecipe e dall'altra ad evitare situazioni e
persone che possano farlo sentire frustrato nel suo bisogno e nella sua sicurezza di
essere accettato e amato.
Queste aspettative verranno estese a tutte le figure affettive che si incontreranno nel
corso della vita e determineranno i comportamenti indirizzati ad esse. In altri termini,
tutte le informazioni relative alle nuove relazioni vengono assimilate ai modelli
mentali già esistenti.
Nella sessione successiva vedremo i diversi modelli operativi dei bambini evitanti (A)
sicuri (B) e ansioso ambivalenti (C).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 4/S3
Titolo: Bambini evitanti sicuri e ambivalenti
Attività n°: 2
I modelli operativi
I bambini Evitanti (A) si penseranno come soggetti non degni di ricevere cure e amore,
di essere cattivi e della Figura di attaccamento (fda) come di persona ostile e non pronta a
dare aiuto.
I modelli operativi convogliano una rappresentazione della fda come non disponibile alle
proprie richieste di aiuto e conforto, rifiutante, distante ostile. («Se piango e cerco di
essere consolato, non mi vuole, mi respinge, si arrabbia»). In corrispondenza a questa
rappresentazione della fda, la rappresentazione del sé é improntata dall'idea di possedere
scarse capacità di suscitare nell'altro risposte positive e affettuose; l'immagine che si ha di
sé é quella di un essere poco amabile e che comunque deve tenersi a distanza dall'altro
anche se avrebbe il desiderio di avvicinarlo.
Si noti che il modello operativo riflette le concrete esperienze che il bambino ha avuto
con la fda.
Sembra quindi che il bambino evitante non abbia inibito il proprio sistema
motivazionale di attaccamento, ma stia usando il proprio modello operativo
interno in modo tale da garantirsi, visto la rappresentazione che ha di sé e della
propria fda, il massimo grado di vicinanza alla fda che quest'ultima permette.
E' come se nella mente del bambino evitante si svolgesse questo ragionamento: "se
protesto per la separazione, o mi avvicino al momento della riunione, é probabile che sarò
allontanato ancora di più, o rifiutato più dolorosamente; se con uno sforzo riesco invece a
tenermi a distanza, otterrò il massimo dell'attenzione che mia madre é disposta a darmi.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 4/S3
Titolo: Bambini evitanti sicuri e ambivalenti
Attività n°: 2
Nei bambini sicuri (B) i modelli operativi sembrano funzionare in perfetto accordo con le regole
originarie e innate del sistema di attaccamento.
Essi infatti convogliano una rappresentazione della fda disponibile a rispondere positivamente e
coerentemente alle proprie richieste di aiuto e conforto.
La rappresentazione del sé, di conseguenza, é impregnata dal senso di essere fondamentalmente degno
di amore, e che le proprie esigenze di conforto hanno valore e significato.
Nulla quindi nel modello operativo si frappone alla ricerca della vicinanza protettiva guidata
dalle regole del sistema di attaccamento.
La maggiore fiducia in se stesso del B lo porterà da un lato ad essere parte attiva nell'andamento delle
interazioni di cui é partecipe e dall'altra ad evitare situazioni e persone che possano farlo sentire
frustrato nel suo bisogno e nella sua sicurezza di essere accettato e amato.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 4/S3
Titolo: Bambini evitanti sicuri e ambivalenti
Attività n°: 2
E' stato ipotizzato da Attili (1989) che, dati i limiti delle capacità cognitive dei
bambini di un anno circa, in tali condizioni si formino due modelli operativi
distinti di sé e della fda. Dall'alternarsi e sovrapporsi dei due modelli operativi (che
le capacità cognitive non permetterebbero di sintetizzare) deriverebbe lo stile di
attaccamento ambivalente nella S.S.
Liotti (1994) ipotizza nello sviluppo successivo di un bambino la formazione di una
una struttura cognitiva sovraordinata che appare come una rappresentazione di sé
e dell'altro e della relazione
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 4/S3
Titolo: Bambini evitanti sicuri e ambivalenti
Attività n°: 2
Le prime rappresentazioni cognitive di sé, nei tre pattern di attaccamento che abbiamo fin
qui considerato, riflettono dunque come in un metaforico specchio interpersonale,
l'atteggiamento che verso il bambino hanno avuto le fda.
Nel caso dell'attaccamento Disorganizzato (D). l'effetto specchio nella costruzione dei
modelli operativi appare più complesso che negli altri pattern di attaccamento e conduce
alla costruzione di immagini frammentarie e multiple di sé e della fda come se ci si
trovasse di fronte a uno specchio infranto.
L’attaccamento disorganizzato
Di Pentima (2016), nel volume oggetto del vostro studio, sottolinea che gli studi
della Ainsworth e dei suoi colleghi (1978), attraverso l'impiego Strange Situation, avevano
consentito di individuare anche una serie di comportamenti che non era possibile includere
nei gruppi attaccamento sicuro, ambivalente ed evitante.
Si trattava di comportamenti all'apparenza privi di una evidente strategia
finalizzata al mantenimento del contatto con la figura di riferimento. Mancavano,
ad esempio, i comportamenti di esplorazione e quelli di attaccamento verso la madre,
mentre in alcuni casi questi ultimi potevano essere diretti verso l'estraneo. Erano
prevalenti manifestazioni di cautela e paura, segni evidenti di stress e mancava quasi del
tutto l'espressione di emozioni positive (quali sorrisi, vocalizzi) nei confronti della madre.
Per un approfondimento su attaccamento disorganizzato si ricorda lo studio di
Camisasca, E., Miragoli, S., & Di Blasio, P. (2014). La disorganizzazione dell’attaccamento spiega i sintomi post-traumatici
nei bambini vittime di violenza intrafamiliare?. Maltrattamento e abuso all’infanzia.
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Lezione n°: 5
Titolo: L’attaccamento disorganizzato
Attività n°: 1
Infatti l’emozione che il bambino esperisce nella relazione col genitore è la paura.
5. Se poi accade che la fda tragga conforto dalla vicinanza col bambino e quindi muti il
proprio atteggiamento pauroso, nel corso della ricerca di vicinanza operata dal figlio, il
bambino può percepirsi come salvatore onnipotente di una fda vista come debole
e indifesa.
6. E' infine possibile che il genitore dolente e "pauroso" forzi il figlio con esplicite
richieste pressanti o anche con la violenza a invertire il ruolo di attaccamento in un
ruolo di accudimento. In questi casi il bambino sentendosi inadeguato a soddisfare le
richieste di conforto avanzate dal genitore sofferente, potrà costruire una immagine di
sé carica di sentimenti di incapacità, inefficienza e colpa e una rappresentazione
del genitore che oscilla tra le attribuzioni di debolezza /infelicità e quelle di
malvagità/oppressione.
La mentalizzazione
Un attaccamento insicuro è legato allo sviluppo di disturbi psichici. Bowlby individua
alcuni eventi della vita cruciali nello sviluppo della psicopatologia (ansia, depressione,
psicosi…), ad esempio: la perdita dei genitori, la separazione prolungata, la
mancanza di cure.
I suoi collaboratori/successori hanno rivolto la loro attenzione ad aspetti più sottili
dell’interazione genitore-bambino, in particolare ci si è concentrati sul costrutto della
“sensibilità materna”.
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Lezione n°: 5/S1
Titolo: La mentalizzazione
Attività n°: 1
“La frequenza con cui le madri e i padri fanno riferimento ai propri stati mentali, nei
racconti della propria esperienza infantile di attaccamento, è un ottimo predittore della
probabilità con cui i figli svilupperanno un attaccamento sicuro nei loro confronti.
…La comprensione che il caregiver ha della mente del bambino incoraggia
l’attaccamento sicuro; l’accurata lettura che il caregiver fa dello stato mentale del
piccolo...favorisce a quest’ultimo la simbolizzazione del proprio stato interiore,
determinando così una migliore regolazione affettiva. L’attaccamento sicuro fornisce
una base relativamente solida per l’acquisizione di una piena comprensione della mente
altrui. Di contro, il bambino evitante sfugge lo stato mentale altrui, mentre quello
resistente si focalizza sul proprio stato di angoscia escludendo scambi intersoggettiviti.
I bambini disorganizzati potrebbero rappresentare una categoria separata; ipervigili
verso il comportamento del caregiver, possono sembrare acutamente sensibili al suo
stato mentale, ma non sono capaci di generalizzarlo al proprio stato mentale, che resta
così disregolato e incoerente”. (Fonagy, 2001, “Attaccamento e funzione riflessiva”, ed.
Raffaello Cortina, Milano, pp. 16-17)
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Lezione n°: 5/S1
Titolo: La mentalizzazione
Attività n°: 1
Fonagy ritiene che il legame di attaccamento sia come un luogo che dà la possibilità
al bambino di organizzare le sue esperienze emotive, inizialmente disconnesse e
non gestibili.
• In caso di attaccamento sicuro, il bambino impara presto a riconoscere le emozioni,
anche quelle negative, e a gestirle in modo appropriato
• I bambini insicuri ambivalenti, invece, manifestano la tendenza a esagerare le loro
espressioni emotive e non raggiungono una corretta regolazione
• I bambini insicuri evitanti tendono a regolare eccessivamente la manifestazione
delle emozioni fino a reprimerle, nella paura di non saperle controllare e mettersi in
situazioni pericolose
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Lezione n°: 5/S2
Titolo: Prova di apprendimento:
Attività n°: 1
Prova di apprendimento:
attaccamento
forum
Le chiedo di riflettere ora su quanto letto e ascoltato in merito alla teoria
dell’attaccamento e di provare a rispondere sul forum ai seguenti quesiti:
Prova di apprendimento:
attaccamento
forum
Le chiedo di riflettere ora su quanto letto e ascoltato in merito alla teoria
dell’attaccamento e di provare a rispondere sul forum ai seguenti quesiti:
LE TEORIE PSICOANALITICHE
Fino ad ora abbiamo studiato come Bowlby abbia introdotto il concetto di “modelli
operativi interni”, con riferimento quindi a rappresentazioni interne all’individuo, tuttavia
l’accento maggiore, anche nella teoria dell’attaccamento, è rivolta ai comportamenti.
Le teorie psicoanalitiche, di cui ora vedremo brevemente i principali modelli, hanno
evidenziato soprattutto le dinamiche interne all’individuo, non solo e non tanto (almeno
inizialmente) sulle rappresentazioni così come erano intese da Bowlby, ma su fantasie e
pulsioni, riferendosi, quindi, a ciò che non può essere visto dall’esterno (e talvolta, come
accade per i contenuti inconsci, non può essere colto nemmeno dall’individuo stesso).
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Lezione n°: 6
Titolo: LE TEORIE PSICOANALITICHE
Attività n°: 1
Fondatore della psicoanalisi fu Sigmund Freud (ricordo che “eu” in tedesco si legge
“oi”), che visse in un periodo storico caratterizzato dall’epistemologia positivista, a cui
egli cercò sempre di aderire (scontrandosi con numerose difficoltà, dal momento che
non era possibile assimilare lo studio della mente – o, come la chiamava lui,
dell’apparato psichico – allo studio della fisica e della biologia, che seguivano
procedure rigorose e “oggettive”; si veda Lezione 3).
Non a caso, la teoria freudiana si fondava sul determinismo psichico. Puoi facilmente
ritrovare nelle affermazioni seguenti, riferite ai concetti base dell’impostazione di
Freud, le caratteristiche del positivismo.
• I fenomeni psichici (consci e inconsci) hanno delle cause che possono essere
ricostruite tramite il metodo psicoanalitico, che si pone come un metodo oggettivo
di conoscenza della psiche.
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Lezione n°: 6
Titolo: LE TEORIE PSICOANALITICHE
Attività n°: 1
Non ci addentriamo ora nella complessa teoria di Freud (che studierai nel corso di
Psicologia dinamica), ma farò solamente un breve accenno alla sua teoria dello
sviluppo e alla sua idea di psicopatologia.
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Lezione n°: 6
Titolo: LE TEORIE PSICOANALITICHE
Attività n°: 1
1) Fase auto-erotica, che ha come oggetto una zona erogena del corpo: la bocca
(fase orale, in cui il soddisfacimento sta nella suzione), l’ano (fase anale, in cui
la ritenzione di feci produce piacere), i genitali (fase fallica, in cui si manifesta
la masturbazione infantile). In questa fase il bambino viene definito “perverso
polimorfo”, cioè in lui sono presenti potenzialmente tutte le perversioni. In questa
fase (2-5 anni) l’obiettivo è il soddisfacimento.
2) Periodo di latenza: condizioni organiche e culturali portano al bloccarsi delle
spinte sessuali infantili (età scolare), che permette lo sviluppo della società
3) Fase genitale: quella dell’adulto, finalizzata al congiungimento sessuale
(riproduzione)
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Lezione n°: 6
Titolo: LE TEORIE PSICOANALITICHE
Attività n°: 1
I fattori che possono interferire con lo sviluppo normale della libido sono sia di tipo
costituzionale ed ereditario (una disposizione originaria) sia psichico (attraverso un
meccanismo di difesa definito “rimozione”, caratterizzato dal rimuovere dalla
coscienza un contenuto avvertito come pericoloso, riponendolo nell’inconscio; ad es. un
contenuto incestuoso della figlia verso il padre può essere rimosso e produrre la
sintomatologia isterica).
Lo sviluppo normale della libido, se trova impedimenti (ad es. causati dalla rimozione),
può arrestarsi (FISSAZIONE) o “tornare indietro” in fasi precedenti (REGRESSIONE).
• Se si produce una regressione senza rimozione, si ha una perversione (le perversioni
altro non sono che manifestazioni stabili di ciò che si è vissuto nell’infanzia).
• La nevrosi si ha quando interviene la rimozione, che impedisce alla libido di
manifestarsi liberamente (anche se interviene la rimozione, la pulsione – che è energia
– permane, ma deve trovare altri modi per essere scaricata e lo fa in forma mascherata
attraverso i sintomi nevrotici). Ciò può portare a fissazioni e regressioni.
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Lezione n°: 6/S1
Titolo: LA PSICOANALISI FREUDIANA
Attività n°: 1
LA PSICOANALISI FREUDIANA
Una delle principali questioni nell’ambito della psicopatologia è quella relativa al “cosa
determina il disagio psicologico? E cosa ostacola la guarigione?”.
Verranno presentate due posizioni classiche della psicoanalisi, quella del conflitto
inconscio e quella dell’arresto dello sviluppo, quest’ultima oggi culturalmente molto
diffusa anche tra le persone che non si occupano di psicologia (ma vedremo anche
come si stia tentando di andare al di là di questa dicotomia (conflitto o arresto), per
abbracciare una visione sempre più ampia e complessa dell’essere umano).
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Lezione n°: 6/S1
Titolo: LA PSICOANALISI FREUDIANA
Attività n°: 1
Nei primi anni di sviluppo della teoria psicoanalitica, Freud riteneva che
un’esperienza di seduzione subita (quindi realmente vissuta) durante l’infanzia fosse
la causa della patologia, infatti pensieri ed emozioni generati da questa situazione
rimanevano scissi, non erano integrabili nella normale attività psichica.
Si noti come la causa sia ravvisabile in un qualcosa di esterno, di sociale (l’adulto
che seduce)
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Lezione n°: 6/S1
Titolo: LA PSICOANALISI FREUDIANA
Attività n°: 1
Dal 1987 Freud abbandonò questa ipotesi della seduzione infantile come causa della
nevrosi, spostando l’accento sulla sessualità e, quindi, sugli aspetti interni.
Come analizzano Mitchell e Black (“L’esperienza della psicoanalisi”, Bollati
Boringhieri, 1995, p. 236):
“Freud teorizzò che tutti gli adulti soffrono di impulsi sessuali conflittuali, non soltanto
coloro che da bambini sono stati molestati. La sessualità non diventa problematica
soltanto quando viene introdotta precocemente; c’è qualcosa di problematico nella
natura stessa della sessualità umana, qualcosa che genera conflitti inevitabili e
universali. Le esperienze reali non sono mai diventate prive di importanza nella
psicopatologia, ma per Freud il loro ruolo passò dall’essere l’agente causale in se
stesso all’essere un fattore che o aggrava o migliora un problema che disturba tutta
l’esperienza reale: la natura conflittuale delle pulsioni stesse.”
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Lezione n°: 6/S1
Titolo: LA PSICOANALISI FREUDIANA
Attività n°: 1
Per Freud lo sviluppo procede per stadi, che riguardano lo sviluppo della libido (e della
meta sui cui essa si scarica, andando così dall’oralità alla genitalità) e che la
psicopatologia ha origine dal conflitto tra le “parti” (Io, Es e Super-Io) , che genera a
sua volta la rimozione, ovvero dall’esclusione dalla consapevolezza di pulsioni, ricordi,
pensieri e sentimenti disturbanti.
In sede d’esame dovrà riferire come nella storia della psicoanalisi si siano sviluppati
differenti modelli dello sviluppo e della patologia:
• inizialmente l’accento è sul conflitto interno (e, prima ancora, sul trauma reale), che
provoca rimozione (e regressione/fissazione a stadi di sviluppo infantili)
• con i teorici delle relazioni oggettuali l’accento è sulle carenze genitoriali (che
provocano un blocco evolutivo)
• gli psicoanalisti relazionali attuali fanno riferimento sia gli aspetti interni che ambientali
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Lezione n°: 6/S2
Titolo: Il modello strutturale e delle relazioni oggettuali
Attività n°: 1
Una psicoanalista che, pur rimanendo nel solco tracciato da Freud, in parte se ne distanzia
(dando poi spunto al formarsi delle teorie delle relazioni oggettuali) è Melanie Klein.
Nel suo modello il conflitto è inteso sempre come conflitto interno, in questo caso tra
amore (verso oggetti sentiti come buoni, ad esempio il seno della mamma che nutre)
e odio (verso oggetto cattivi, come il seno della mamma quando non è disponibile
alla nutrizione). In particolare, la patologia psichica ha origine dalle precoci fantasie
sadiche e può generarsi seguendo due vie: le fantasie provocano direttamente la
patologia (psicosi infantile) oppure il soggetto mette in atto delle difese contro tali
fantasie, si tratta di difese sintomatiche (ad es. la nevrosi ossessiva come difesa
dall’ansia psicotica).
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Lezione n°: 6/S2
Titolo: Il modello strutturale e delle relazioni oggettuali
Attività n°: 1
I teorici delle relazioni oggettuali, invece, pongono l’accento sulla relazione, che
viene interiorizzata (diventa, quindi, una rappresentazione).
E’ qui presente l’idea del deficit ambientale, che provoca l’arresto evolutivo; i fattori innati
(ad esempio, il temperamento) così come l’influenza del bambino sulla mamma (e non
solo della mamma sul bambino) all’interno di questo modello rimangono in ombra.
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Lezione n°: 6/S3
Titolo: La prospettiva relazionale
Attività n°: 1
La prospettiva relazionale
Abbiamo visto come, all’interno della storia della psicoanalisi, si siano scontrate due
visioni di pensiero che, fino a non molto tempo fa, hanno continuano a esistere in
maniera separata: una centrata sull’intrapsichico (la teoria strutturale-pulsionale) e
una centrata sulle relazioni (le teorie delle relazioni oggettuali). Oggi stiamo
assistendo a un congiungersi di queste due posizioni.
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Lezione n°: 6/S3
Titolo: La prospettiva relazionale
Attività n°: 1
In quest’ottica, lo sviluppo del bambino è esito non solo di aspetti interni (le pulsioni)
e non solo di aspetti esterni, contestuali (i genitori), ma il suo sviluppo è l’esito
dell’interazione tra fattori interni ed esterni.
L’attenzione è quindi su entrambi i poli della relazione: il bambino e l’ambiente. La
psicoanalisi relazionale, in particolare, si focalizza su ciò che intercorre tra questi due
poli, cioè sulla relazione, considerando sia il contributo che la persona dà al contesto
in cui vive (ad es. un neonato calmo influenza il comportamento della mamma e la
relazione con essa) sia, viceversa, l’influenza che l’ambiente ha sull’individuo (come
sottolineato dalle teorie delle relazioni oggettuali).
Lo sviluppo individuale avviene sempre all’interno della matrice relazionale ed è al
suo interno (e grazie alle relazioni con l’altro) che diventa possibile il cambiamento.
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Lezione n°: 07
Titolo: MOIDISORGANIZZATI IN ETÀ INFANTILE E PRESCOLARE
Attività n°: 01
Di Pentima (2016), nel volume oggetto del vostro studio, sottolinea che gli studi
della Ainsworth e dei suoi colleghi (1978), attraverso l'impiego Strange Situation, avevano
consentito di individuare anche una serie di comportamenti che non era possibile
includere nei gruppi attaccamento sicuro, ambivalente ed evitante.
Si trattava di comportamenti all'apparenza privi di una evidente strategia
finalizzata al mantenimento del contatto con la figura di riferimento.
Mancavano, ad esempio, i comportamenti di esplorazione e quelli di attaccamento verso
la madre, mentre in alcuni casi questi ultimi potevano essere diretti verso l'estraneo.
Erano prevalenti manifestazioni di cautela e paura, segni evidenti di stress e mancava
quasi del tutto l'espressione di emozioni positive (quali sorrisi, vocalizzi) nei confronti della
madre.
Infatti l’emozione che il bambino esperisce nella relazione col genitore è la paura.
5. Se poi accade che la fda tragga conforto dalla vicinanza col bambino e quindi muti il
proprio atteggiamento pauroso, nel corso della ricerca di vicinanza operata dal figlio, il
bambino può percepirsi come salvatore onnipotente di una fda vista come
debole e indifesa.
6. E' infine possibile che il genitore dolente e "pauroso" forzi il figlio con esplicite
richieste pressanti o anche con la violenza a invertire il ruolo di attaccamento in un
ruolo di accudimento. In questi casi il bambino sentendosi inadeguato a soddisfare le
richieste di conforto avanzate dal genitore sofferente, potrà costruire una immagine di
sé carica di sentimenti di incapacità, inefficienza e colpa e una rappresentazione
del genitore che oscilla tra le attribuzioni di debolezza /infelicità e quelle di
malvagità/oppressione.
Più precisamente, questi bambini agiscono in modo controllato nei confronti della figura di
accudimento utilizzando strategie punitive o premurose. Il bambino che adotta
una strategia di controllo di tipo punitivo si comporta in modo prepotente nei
confronti del caregiver, perlopiù rifiutandolo o umiliandolo. Viceversa, i
bambini che adottano una strategia di controllo di tipo premuroso si comportano
in modo estremamente intelligente, vivace e sollecito nel tentativo di rispondere
ai bisogni del genitore con la premurosità e il sorriso (Main & Cassidy,
1988; Wartner, Grossman, Fremmer-Bombik, & Suess, 1994). Vediamo nelle slide
successive, le possibili evoluzioni delle disorganizzazione dell’attaccamento.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 07/S1
Titolo: MOIDISORGANIZZATI IN ETÀ INFANTILE E PRESCOLARE
Attività n°: 01
Prova di apprendimento:
E-PORTFOLIO
Prova di apprendimento:
attaccamento
E-portfolio
Le chiedo di riflettere ora su quanto letto e ascoltato in merito alla teoria
dell’attaccamento e di provare a rispondere, inviando le risposte su e-portfolio
ai seguenti quesiti:
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
Iniziamo con la presentazione del SAT che come vi dicevo costituisce uno strumento
semi-proiettivo che permette la valutazione dei MOI in bambini e adolescenti.
Di seguito, troverete alcune importanti istruzioni di somministrazione e codifica, con
l’indicazione delle categorie di risposte «tipiche» dei bambini sicuri, insicuri e
disorganizzati
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
Lo strumento prevede che il bambino osservi 2 set (una per maschi e una per femmine)
di 6 vignette che descrivono 3 situazioni di separazione definite moderate-
tranquille (M) e 3 situazioni di separazione definite severe (S).
Prima di presentare al bambino le vignette (una alla volta con relative domande),
al bambino si spiega quanto segue:
Consegna:
“Vorrei che tu mi aiutassi a capire cosa provano i bambini quando qualche volta i genitori
devono andare via e devono lasciarli per un po’ di tempo. In genere alcuni bambini si
sentono soli, altri sono comunque contenti, altri si arrabbiano, altri hanno paura. Ho qui
dei disegni in cui c’è un bambino della tua età e ora ti farò delle domande…”.
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
1) Il papà e la mamma vanno fuori per la serata e lasciano il bambino/a a casa. Qui
stanno uscendo e lo stanno salutando (S);
2) Questo è il primo giorno di scuola. Qui ci sono la maestra e i compagni. La
mamma ha appena lasciato il bambino (M);
3) Il papà e la mamma vanno via per il week-end, per due giorni, e la mamma ha
portato il bambino/a a stare dalla zia. Qui lo sta salutando (S);
4) Il bambino è andato al parco con il papà e la mamma. Qui i genitori stanno
dicendo di allontanarsi e di giocare un po’ da solo perché vogliono starsene per
conto loro a parlare (M);
5) I genitori stanno per andare via per due settimane e lasciano un bel regalo. Qui si
stanno salutando (S);
6) La mamma porta il bambino a letto, lo saluta e poi lascia la stanza (M).
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
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Lezione n°: 08
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
DOMANDE: Per ciascuna vignetta, dopo che è stata presentata al bambino, si devono
proporre le seguenti 4 domande
CAMISASCA
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Lezione n°: 08
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
IV. Fiducia in se stesso (Benessere). «Se la passa bene perché gli piace stare a
scuola, è contento, gli piace il regalo; sta bene». Si tratta di risposte che
enfatizzano il piacere di stare da solo e la possibilità di mettere in atto azioni
appropriate con la situazione.
Adeguate in situazioni M, meno in situazioni S, ove si ravvisa enfasi sul voler
contare solo su se stesso. S:-2; M: +2; NB: se emozione positiva grazie alla
presenza di qc altro, allora S1: -1 « sta bene perché c’è la zia, sta bene perché
c’è babysistter»
VIII Confusione. «se è così, se è colà..» «Si sente sola e non prova niente;
sta bene ed è arrabbiata» Risposte che considerano tutte le emozioni
alternative, esprimono una incapacità di anticipare una reazione chiara
alla separazione: Punteggio: -2
CAMISASCA
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Lezione n°: 08
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
SECONDO STEP: Si considera ancora la risposta alla terza domanda COSA FA?
codificata anche a parte con riferimento alle modalità di coping alla separazione del
bambino.
Diverse categorie:
1. attività appropriate (B): capacità di padroneggiare la situazione (guarda tv, cerca amici, si
mette a giocare, piange ma non come abbandono alla disperazione, chiama la mamma se
in S)
2. attività di controllo (B e C), finalizzate a mantenere il contatto coi genitori, appropriate in
S, non molto appropriate in M. (chiede ai genitori di rimanere, va a cercare i genitori,
segue i genitori)
3. attività inappropriate distinte in:
3 pessimismo irrealistico: (C) (pensa che i genitori non torneranno più e azioni che implicano
una ritorsione; scappa da cosa così loro si preoccupano)
3 ottimismo irrealistico (A), Il bambino prende la macchina e va dai genitori; i genitori non se
ne vanno davvero;
3 evitamento e mancanza di azione (A) ( si mette a piangere e piangere, scappa, non fa
niente, non so; si mette a mangiare)
3 pessimismo catastrofico (D) (arriva un ladro e lo uccide, spacca tutto, si vendica e uccide i
genitori)
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
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Lezione n°: 08
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
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Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
Att. C: risposte emotive di ostilità, ansia, preoccupazione con modalità di coping di attività di
controllo dei genitori, mancanza di azione, pessimismo irrealistico.
Att. Co (confuso): risposte di confusione con o senza ansia incontrollabile, mancanza di azione,
evitamento della realtà
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S1
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
ISTRUZIONI DI CODIFICA
In prima battuta, attraverso la lettura attenta delle risposte alle prime 3 domande (cosa
prova? E perché pensi che provi questo? E considerando anche la risposta cosa farà per
meglio comprendere le sfacettature delle risposte emotive)
Occorre categorizzare le risposte di tipo emotivo fornite, attribuendole ad una delle
seguenti 8 classi (a loro volta comprensive di categorie emotive)
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S1
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
CAMISASCA
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S1
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
CAMISASCA
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S1
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
CAMISASCA
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S1
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
CAMISASCA
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S1
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
CAMISASCA
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S1
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S1
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
CAMISASCA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S2
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
di Mary Main
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S2
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
Premessa
Per valutare i modelli operativi interni di attaccamento dei genitori, Mary Main ha
messo a punto negli anni ’80 la Adult Attachment Interview (George, Kaplan e
Main, 1984-1996) un’intervista che permette di indagare in soggetti adulti «gli stati
della mente circa l’attaccamento».
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S2
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
Premessa
Presentazione dell’intervista
Le farò alcune domande sulla sua storia, in particolare sulla sua infanzia nel tentativo di
comprendere e aiutarla a comprendere in che modo le cose accadute durante la sua infanzia
possono aver influenzato le sue relazioni successive e, in particolare, la relazione con suo
figlio. Le chiederò principalmente di raccontarmi della sua infanzia anche se alcune
domande si riferiranno anche agli anni successivi
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S2
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
di Mary Main
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
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Lezione n°: 08/S3
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
Sulla base dell’analisi delle diverse scale, il sistema di codifica prevede che ogni
soggetto intervistato venga assegnato a una delle 5 categorie previste:
I soggetti Sicuri-Autonomi
I soggetti Distanzianti
I soggetti Distanzianti
Questi disturbi della continuità e della coerenza della memoria vista la relazione stretta tra
memoria e coscienza, indicano dunque che le capacità integratrici della coscienza non operano
nei distanzianti ai livelli ottimali dei F.
Anche nella relazione con l'intervistatore la freschezza del discorso é minore (possono apparire
frasi stereotipate, c'é meno attenzione ad accertarsi che i significati della narrazione siano
comprensibili e condivisi, c'é meno tendenza a commentare il proprio discorso); l'impressione
é di una minore "presa" della coscienza sugli eventi interni e relazionali in corso durante
l'intervista.
E' stato anche rilevato che durante l'AAI dei soggetti distanzianti nell'intervistato compaiono
segni fisiologici di tensione emotiva (accelerazione del battito cardiaco).simili a quelli
riscontrati dai bambini evitanti alla Strange Situation.
E' verosimile, dunque che, come i bambini evitanti, anche gli adulti Dism operino una sforzo
mentale per escludere dalla coscienza emozioni e desideri connessi all'attività innata del
sistema motivazionale di attaccamento.
Preoccupati
I soggetti preoccupati esprimono un coinvolgimento confuso, passivo o arrabbiato rispetto
alle figure di attaccamento, dal quale è possibile evincere la presenza di un invischiamento
nell’ambito delle relazioni familiari che continua ad agire sul loro attuale stato mentale.
Le loro interviste si caratterizzano per una continua intrusione del passato nei loro processi
mentali, all’interno di un discorso fortemente intriso di elementi affettivi, di sensazioni e di
emozioni che il soggetto sembra non riuscire ad articolare in un quadro di pensiero logico e
coerente. Nel corso dell’intervista, questi soggetti sembrano prestare un’attenzione eccessiva
verso i ricordi collegati con l’attaccamento, con una conseguente tendenza a perdere il punto
centrale della domanda o il contesto del discorso e a produrre dettagli irrilevanti. La forma
del discorso, che appare difficile da seguire, contiene numerose violazioni delle Massime di
Grice, per quanto riguarda la lunghezza delle risposte (Massima della quantità), la loro
rilevanza (Massima della relazione) e la loro chiarezza (Massima del modo/maniera.
La categoria E si articola nei tre seguenti sottopatten: E1 (“Passivi”, che presentano
un’elevata passività del discorso che rende particolarmente confusa la narrazione delle
esperienze infantili), E2 (“Arrabbiati” o “in conflitto”, che esprimono rabbia e coinvolgimento
relativamente a uno o a entrambi i genitori) ed E3 (“Coinvolti e spaventati da eventi
traumatici”, che riferiscono esperienze traumatiche e di paura collegate all’attaccamento, che
continuano a sopraffare i loro processi mentali) (Calvo & Fava Vizziello, 1997; Simonelli &
Calvo, 2002).
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 08/S3
Titolo: VALUTAZIONE MODELLI OPERATIVI INTERNI
Attività n°: 01
Rientrano in questa categoria, gli individui che hanno fatto esperienza di traumi collegati alle
figure di attaccamento e che non li hanno ancora superati. Emergono durante il discorso indici
di disorganizzazione del pensiero cosciente e una assenza di meta-cognizione. Ad esempio,
parlano in modo insolitamente e improvvisamente elogiativo di una persona deceduta;
parlano di una persona perduta al presente; pongono una attenzione estrema ai dettagli un
decesso; confondono tempo e spazio; usano frasi strane (possono dire che il genitore li
possiede e li può indurre a fare cose malvagie al figlio), narrazioni di abusi sessuali o fisici con
vissuti di autocolpevolezza
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 09/S2
Titolo: VERIFICA DEI CONTENUTI APPRESI
Attività n°: 01
Esercitazione su e-portfolio:
SAT
In questa e nella prossima sessione troverà le risposte di un bambino al SAT.
Vi chiedo di leggerle con attenzione e di codificarle in modo tale da arrivare a
definire il suo modello operativo interno.
Vi chiedo, inoltre, di spiegare le ragioni della vostra valutazione alla luce delle
risposte fornite in termini di classi di emozioni e reazioni comportamentali alla
separazione. Inoltrate le vostre risposte su e-portfolio
Scheda di risposta N= 2
Set Domande Bambino Ipotetico
Separation Anxiety Test di Klagsbrun e Bowlby (1976)
Versione modificata da Attili (2001)
Soggetto numero:
Cognome e 2 Età: 6 nni Data:
nome:
I Domanda:
“Secondo te, cosa prova questo /a bambino/a?”
CATEGORIA
B1/G1 Non è contenta
B2/G2 E’ felice
B3/G3 E’ felice
B4/G4 Sta bene
B5/G5 E’ felice
B6/G6 Sta bene
II Domanda:
“Perché pensi che provi questo?”
III Domanda:
“Che cosa pensi che faccia ora, questo/a bambino/a?”
TIPO DI ATTIVITA’
B1/G1 Andrà in camera a giocare
B2/G2 Scriverà alla lavagna
B3/G3 Aiuterà la zia
B4/G4 Giocherà sull’erba
B5/G5 giocherà
B6/G6 dorme
IV Domanda:
“Secondo te, cosa farà questo bambino questo rivedrà i genitori?”
“Secondo te, cosa farà questo bambino se la madre decidesse di rimanere nella stanza?”
B6/G6 Si addormenta lo stesso
Tabella di correzione [bambino ipotetico]
Separation Anxiety Test di Klagsbrun e Bowlby (1976)
Versione modificata da Attili (2001)
ITEM
ATTACCAMENTO
CONFUSIONE
EVITAMENTO
ANGOSCIA
OSTILITA’
FIDUCIA
ANSIA
B1/G1 S
B2/G2 M
B3/G3 S
B4/G4 M
B5/G5 S
Soggetto numero:
Cognome e 2 Età: 6 nni Data:
nome:
I Domanda:
“Secondo te, cosa prova questo /a bambino/a?”
CATEGORIA
B1/G1 Non è contenta
B2/G2 E’ felice
B3/G3 E’ felice
B4/G4 Sta bene
B5/G5 E’ felice
B6/G6 Sta bene
II Domanda:
“Perché pensi che provi questo?”
III Domanda:
“Che cosa pensi che faccia ora, questo/a bambino/a?”
TIPO DI ATTIVITA’
B1/G1 Andrà in camera a giocare
B2/G2 Scriverà alla lavagna
B3/G3 Aiuterà la zia
B4/G4 Giocherà sull’erba
B5/G5 giocherà
B6/G6 dorme
IV Domanda:
“Secondo te, cosa farà questo bambino questo rivedrà i genitori?”
“Secondo te, cosa farà questo bambino se la madre decidesse di rimanere nella stanza?”
B6/G6 Si addormenta lo stesso
Tabella di correzione [bambino ipotetico]
Separation Anxiety Test di Klagsbrun e Bowlby (1976)
Versione modificata da Attili (2001)
ITEM
ATTACCAMENTO
CONFUSIONE
EVITAMENTO
ANGOSCIA
OSTILITA’
FIDUCIA
ANSIA
B1/G1 S
B2/G2 M
B3/G3 S
B4/G4 M
B5/G5 S
DEPRESSIONE POST-PARTUM
E ESITI SUL BAMBINO
Maternity/baby blues
Piccole alterazioni dell’umore che seguono il lieto
evento. Riguarda il 30-85% delle donne. Massima
intensità nel IV o V giorno dopo il parto, si risolve
BABY BLUES intorno alla X giornata (al massimo due settimane dopo il parto).
CAUSE: fluttuazioni ormonali, stress e stanchezza che derivano dalla nuova condizione
Non è previsto alcun trattamento specifico al fuori di sostegno, comprensione, empatia. In rari casi,
il maternity blues può peggiorare e favorire il passaggio a un vero e proprio disturbo depressivo.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 10
Titolo: DEPRESSIONE POST- PARTUM
Attività n°: 1
LA DEPRESSIONE POST-PARTUM:
Aspetti emotivi che possono influire sull’autostima della donna e sulla sua capacità
di affrontare lo stress del puerperio.
Aspetti legati all’idea che la donna ha di sé. Trasformazione fisica, sensazione di non
essere una persona libera; nuova identità di madre, vissute con insicurezza…
Percezione di scarso sostegno del partner. Aver recentemente vissuto eventi
dolorosi
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 10/S1
Titolo: DEPRESSIONE POST- PARTUM E FATTORI EZIOLOGICI
Attività n°: 1
Le possibili cause…..
I fattori di rischio aumentano la probabilità che la donna sviluppi una depressione post-natale,
ma non sono necessariamente fattori causali. Una revisione sistematica degli studi distingue
i fattori di rischio in certi e probabili.
I sintomi
Si osserva una discreta variabilità nella presentazione della sintomatologia. In
ogni madre si può manifestare una diversa costellazione di sintomi. Alcune
depressioni connotate da: ansia, senso di colpa, pensieri autolesionistici; pensieri
ossessivi, rabbia, solitudine.
Pianto immotivato
Irritabilità, rabbia Scarsa energia Disturbi del Pensieri suicidari
autosvalutazione sonno Ruminazione
Ansia, scarsa
Umore depresso appetito Ossessiva Solitudine
concentrazione
Pessimismo Sfera sessuale Difficoltà a prendere decisioni
Influenzano
Pensiamo ai sintomi depressivi…. Molte caratteristiche associate alla depressione come l’ansia,
la ruminazione, e in particolare l’irritabilità sono aspetti importanti nella comprensione delle
difficoltà genitoriali delle madri depresse.
Espressioni di rabbia,
Mancanza di interesse, entusiasmo,
stress, irritabilità che energia esitano in un minor
esitano in interazioni coinvolgimento col bambino
ostili e negative
ETA’ SCOLARE
Permangono i problemi di ansia, depressione aggressività e ostilità
E’ stata inoltre trovata una associazione tra depressione materna e
disturbo dell’attenzione e della iperattività
Problematiche di apprendimento scolastico
ETA’ ADOLESCENZIALE
I figli di madri depresse sono a rischio di disturbi depressivi, abuso
di sostanze, disturbo della condotta, fobie, attacchi di panico.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 11
Titolo: GRAVIDANZA E MATERNITA' IN ADOLESCENZA
Attività n°: 1
La maternità in età
adolescenziale
Il contenuto della lezione va studiato sulle slide
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 11
Titolo: GRAVIDANZA E MATERNITA' IN ADOLESCENZA
Attività n°: 1
Situazioni critiche
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 11
Titolo: GRAVIDANZA E MATERNITA' IN ADOLESCENZA
Attività n°: 1
Gli studi della letteratura concordano nel considerare la maternità nel periodo
adolescenziale come un fattore di rischio per lo stabilirsi di una relazione
adeguata tra madre e bambino.
Le madri adolescenti appaiono infatti ostacolate nella gestione del ruolo
genitoriale da problematiche relative al processo di costruzione della
propria identità adulta e di individuazione dalle figure genitoriali, in
particolare quella materna (Aiello e Lancaster, 2008).
L’assolvimento di tale compito evolutivo può entrare in conflitto con l’assunzione
del ruolo genitoriale e il conseguente accudimento del figlio.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 11
Titolo: GRAVIDANZA E MATERNITA' IN ADOLESCENZA
Attività n°: 1
Gli intensi bisogni di cura a livello emotivo e fisico di un bambino appena nato
possono essere vissuti dalle madri adolescenti come in conflitto coi propri ,
causando già nel corso della gravidanza e nel post-partum, sentimenti di
vulnerabilità, scarsa autostima e stati di tipo depressivo.
L’assorbimento nel processo di crescita tipico dell’adolescente fa sì che le
mamme adolescenti nel corso della gravidanza abbiano poche fantasie
riguardanti il futuro bambino, rappresetandoselo in modo meno differenziato e
ricco rispetto alle madri adulte (Ammaniti et al. 2002).
E’ importante sottolineare inoltre come nel post-parto la mamma adolescente
tenda a rivolgersi alla propria madre per ottenere sostegno nell’allevamento del
bambino, trovandosi a rinsaldare di fatto quegli aspetti di dipendenza che
vorrebbe risolvere.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 11
Titolo: GRAVIDANZA E MATERNITA' IN ADOLESCENZA
Attività n°: 1
Sintesi
Un compito impegnativo è quello di integrare nell’immagine di
Sé le trasformazioni somatiche e sessuale determinate dalla pubertà
Queste trasformazioni sono fonti di ansia
La maternità in età
adolescenziale: profili
psicologici
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 11/S1
Titolo: Profili psicologici delle madri adolescenti
Attività n°: 1
… presentano una scarsa autostima, investono poco sulla loro vita sociale,
accademica e professionale… Spesso rimangono incinte perché perseguono la
convinzione che il bambino renderà più stabile la relazione col ragazzo, oppure
per sfuggire da un ambiente difficile e violento.
Considerano il bambino come un modo per ottenere l’autonomia, un modo per
dare significato alla loro vita, un modo per conquistare un riconoscimento
sociale…. Un desiderio di riparare agli errori dei genitori…
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 11/S1
Titolo: Profili psicologici delle madri adolescenti
Attività n°: 1
Prova di apprendimento
e-portfolio
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 11/S3
Titolo: Maternita' In Adolescenza
Attività N°: 1
Quali sono i fattori connessi con la qualità della responsività nelle madri
adolescenti?
Quali sono i principali esiti nello sviluppo dei bambini delle madri adolescenti
(qualora sia presente una prevalenza di fattori di amplificazione del rischio?)
Il contributo di
Mary Ainsworth
DI M EN SI ONE accettazione-rifiuto :
Riguarda la capacità della m adre di integrare i sentim enti positivi
e negativi vs il figlio .
DI M EN SI ONE accettazione-rifiuto :
DIMENSIONE cooperazione-interferenza:
DIMENSIONE cooperazione-interferenza:
La sensitivy vs insensitivy
Scale
(Ainsworth et al. 1971)
9. ALTAMENTE SENSIBILE
Questa mamma è totalmente in linea coi segnali del bambino e vi risponde
appropriatamente e prontamente.
7. SENSIBILE
E’ in grado di interpretare accuratamente le comunicazioni del bambino e di
rispondervi prontamente
Con minor sensibilità rispetto alle madri che ottengono i punteggi più alti. Può
essere infatti meno sintonizzata con le comunicazioni più sottili del bambino,
rispetto alle madri altamente sensibili. Può anche essere meno capace di
suddividere la propria attenzione tra il bambino e le altre necessità e, di
conseguenza, può non cogliere tutti i segnali del bambino. I segnali più chiari e
definiti del bambino, invece, non vengono mai persi o mal interpretati. E’ una
mamma che empatizza col bambino e riesce a vedere le cose dal suo punto di vista
ma proprio perché la sua percezione è meno sensibile rispetto alle madri 9, le sue
risposte non sono sempre ben appropriate e pronte. Le interazioni con il
bambino sono adeguate.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 12/S1
Titolo: LA VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 1
Attività n°: 2
3. INSENSIBILE
Questa mamma non è in grado di rispondere alle comunicazioni del bambino in
modo appropriato e tempestivo anche se in alcune occasioni mostra una certa
sensibilità nelle sue risposte e interazioni col bambino. Questa insensibilità sembra
connessa ad una incapacità di vedere le cose dal punto di vista del bambino.
E’ una mamma che spesso ha in mente ad altre cose e quindi può risultare inaccessibile ai
segnali e alle comunicazioni del bambino, oppure, può mal percepire i segnali o
interpretarli non accuratamente a causa dei suoi desideri o difese.
Ancora, può essere perfettamente consapevole di ciò che il bambino sta comunicando ma
non avere alcuna intenzione di rispondervi perché non ne ha voglia, perché ciò è
fastidioso, o perché non vuole viziare. Può ritardare nel fornire la risposta appropriata
fino al punto che questa non risulta più contingente ai segnali del bambino e quindi non
risulta più appropriata né per lo stato che per l’umore del bambino. Oppure ancora può
rispondere in modo abbastanza appropriato alle comunicazioni del bambino ma
interrompe le transizioni prima ancora che il bambino sia soddisfatto, così che le
loro interazioni risultano frammentate e incomplete o le loro risposte impazienti, frettolose.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 12/S1
Titolo: LA VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 1
Attività n°: 2
1. ALTAMENTE INSENSIBILE
Queste madri sembrano concentrate quasi esclusivamente sui propri bisogni,
desideri, stati d’animo e attività.
Analizzando diversi aspetti del materiale relativo alle visite a casa, come i
momenti di alimentazione, le interazioni faccia a faccia madre-bambino, il
pianto, il seguire la madre da parte del piccolo, l’obbedienza e il contatto
fisico, Ainsworth rileva che ciò che distingue i bambini sicuri e insicuri alla
Strange Situation (che vederemo nella prossima sessione) è la capacità
delle madri di cogliere i segnali dei figli, di interpretarli correttamente e di
rispondere in modo tempestivo (sensiitivity).
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 12/S2
Titolo: VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 1
Attività N°: 02
La Strange Situation
La procedura sperimentale prevede otto fasi, ciascuna della durata di circa 3 minuti:
1) Familiarizzazione con l’ambiente
2) Mamma e bambino giocano insieme nella stanza
3) Entra l’estranea e si siede
4) La mamma esce (prima separazione) e il bambino rimane con l’estranea
5) La mamma rientra (prima riunione con il bambino) e la donna estranea esce
6) La mamma esce (seconda separazione) e il bambino rimane solo nella stanza
7) Rientra la donna estranea, che sta nella stanza insieme al bambino
8) La mamma rientra (seconda riunione) e l’estranea esce
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 12/S2
Titolo: VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 1
Attività N°: 02
PROVA DI APPRENDIMENTO
FORUM
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 12/S3
Titolo: LA VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 1
Attività n°: 1
LA VALUTAZIONE DELLA
DISPONIBILITA’ EMOTIVA
Il contributo di Zeynep Biringen
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 13
Titolo: VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 2
Attività n°: 1
Biringen, 2000
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 13/S1
Titolo: VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 2
Attività n°: 1
6 DIMENSIONI
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 13/S1
Titolo: VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 2
Attività n°: 1
GENITORE
Non
SENSIBILITA’ STRUTTURAZIONE Non OSTILITA’
INTRUSIVITA’
1-9 1-5 1-5
1-5
BAMBINO
RESPONSIVITA’ COINVOLGIMENTO
1-7 1-7
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 13/S2
Titolo: VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 2
Attività n°: 1
- flessibilità; creatività;
• evitare iper-controllo
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 13/S2
Titolo: VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 2
Attività n°: 1
PROVA DI APPRENDIMENTO
FORUM
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 13/S3
Titolo: VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI CAREGIVER-BAMBINO 2
Attività n°: 1
I genitori che adottano uno stile autoritario sono caratterizzati da una continua
ricerca di affermazione del proprio potere e da atteggiamenti distaccati
nei confronti dei figli, sollecitano raramente l’opinione del bambino,
mostrando di rado piacere e sincero interesse per i risultati da lui
ottenuti. Tendono ad essere direttivi ed esigenti, a plasmare il
comportamento del figlio, controllandolo e gestendo le sue scelte attraverso
il frequente ricorso a restrizioni e punizioni e pretendendo un’obbedienza
incondizionata. Per questi genitori assume una grande importanza il rispetto
per l’autorità, l’esercizio del potere e una rigida disciplina: credono fortemente
nella gerarchia familiare, non stimolano la discussione e pretendono che il figlio
si conformi alle loro idee e alle loro credenze, ponendo confini severi per
limitarne l’autonomia.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 14
Titolo: GLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Il basso grado di controllo può assumere diversi significati a seconda che derivi
da atteggiamenti responsivi o, al contrario, da rifiuto ed ostilità. Nel primo caso,
l’eccessiva indulgenza da parte degli adulti può derivare da una scelta
ideologica dei genitori, i quali ritengono che il figlio debba fare le proprie
esperienze senza un attivo sostegno da parte dell’adulto, o dalla loro incapacità
di esercitare un adeguato controllo su bambini particolarmente difficili. Quando
invece i genitori permissivi sono freddi, distaccati, poco empatici ed ostili, il
quadro diviene ancora più negativo. La permissività qui nasce quasi sempre dal
desiderio degli adulti di evitare problemi e di tenere a distanza il bambino, di cui
vengono accontentate tutte le richieste al solo scopo di tacitarle, evitando così
inutili seccature.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 14/S1
Titolo: GLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Infine i genitori che adottano uno stile autorevole cercano di guidare le attività e i
comportamenti del figlio, incoraggiando la comunicazione e il dialogo e
considerando fondamentali l’espressione di maturità e di indipendenza. Le richieste
che questo tipo di genitore pone sono adeguate, sempre motivate e spiegate al figlio; egli
evita, inoltre, di utilizzare punizioni e minacce, impiegando il ragionamento come strumento
per far migliorare il proprio bambino. È, quindi, un genitore che esercita la propria
autorità sul figlio, senza prevaricarne i diritti e allo stesso tempo mostrando un
adeguato calore affettivo. Questo stile combina livelli relativamente elevati sia di
sollecitudine sia di richieste di risultati. Questi genitori sostengono i loro bambini e riconoscono
le loro qualità, incoraggiandone le scelte, pur fissando dei limiti e degli standard
comportamentali. Avanzano quindi le loro richieste senza eccessiva durezza e severità; non si
considerano infallibili e, fornendo modelli adeguati d’identificazione, favoriscono la confidenza,
l’autocontrollo, l’autostima. Sostengono comportamenti socialmente competenti ed
incoraggiano i loro figli verso nuovi obiettivi, aiutandoli correttamente nel loro cammino. Essi
non ricercano la perfezione nei figli, ma li accettano e li accolgono con i loro limiti, le loro
difficoltà e le loro paure, offrendo un adeguato supporto alla loro crescita.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 14/S1
Titolo: GLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
I bambini di genitori autorevoli risultano più competenti, rispetto a quelli delle altre categorie;
tendono ad essere più fiduciosi nelle proprie possibilità, interessati ai risultati, socialmente
responsabili e competenti, dotati di auto controllo, cooperativi nei confronti degli adulti e dei
compagni. I genitori chiedono loro di impegnarsi su mete elevate, ma al tempo stesso
spiegano le ragioni del loro comportamento, favorendo la comprensione delle regole della
realtà sociale. Questi bambini sperimentano elevati livelli d’autostima, non si arrendono
facilmente di fronte alle difficoltà, ma si impegnano profondamente per raggiungere gli
obiettivi che si sono prefissati e nei quali credono. Riflettono sulle proprie azioni, sulle
conseguenze che il loro comportamento può determinare e si sentono liberi di esprimere
pensieri ed opinioni. Il successo di tale stile sta nel fatto che implica scelte flessibili a livello
del comportamento: la sua coerenza, infatti, non risiede in comportamenti che esasperano
con sistematica rigidità le reciproche posizioni di potere nella relazione, ma nella ricerca
convinta di una comunicazione che renda chiari ai figli le proprie ragioni e i propri punti di
vista nel rispetto di quelli dell’altro.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 14/S2
Titolo: GLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Hoffman individua quattro stili educativi. I primi due sono basati sulla costrizione
mentre gli altri due sono basati sulla persuasione
Hoffman individua quattro stili educativi. I primi due sono basati sulla costrizione
mentre gli altri due sono basati sulla persuasione
Tale stile educativo costrittivo si basa sul potere fisico, sulle punizioni, sulle
privazione d’oggetti materiali cari al bambino come i giocattoli, e sulle
proibizioni di svolgere attività piacevoli come uscire a giocare o incontrare i
compagni. Tali punizioni potrebbero essere definite di tipo espiatorio: i genitori
controllano il bambino attraverso la propria autorità, il potere, la forza e la superiorità
fisica. Questo stile, dei quattro descritti da Hoffman, è sicuramente quello che arreca al
bambino i maggiori svantaggi: il dialogo è completamente ignorato, i genitori non
forniscono spiegazioni e spunti di riflessione, impedendo così al bambino di
attuare strategie comportamentali alternative e ostacolando il passaggio
dall’eteronomia alla autonomia morale, condizione quest’ultima in cui
l’obbedienza ai principi non deriva più dal rispetto dell’autorità, ma dalle
aspettative e dal benessere degli altri. Il bambino educato in modo costrittivo finisce
per fondare il proprio comportamento non in conformità a regole che vive come giuste,
provenienti dal suo interno, logicamente valide, ma sulla base delle possibili punizioni che
potranno essergli inflitte. Si corre così il rischio che, in futuro, il bambino finisca per
desiderare proprio gli oggetti o a compiere le azioni proibite dall’autorità e
conseguentemente impiegare maggiore energia per resistere alle tentazioni.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 14/S3
Titolo: GLI STILI EDUCATIVI
Attività N°: 01
Il contenuto della presente lezione è stato tratto dalla revisione della letteratura di
Trincas et al. (2008) Parental monitoring e comportamenti a rischio in adolescenza:
una revisione critica della letteratura, Psicologia Clinica dello Sviluppo.
La maggior parte degli studi sull’adolescenza concorda nel rilevare le difficoltà che i
genitori incontrano nel mantenere il controllo sul comportamento dell’adolescente e
nel concedergli gradualmente più libertà d’azione. Su questa base numerosi autori
hanno messo in evidenza le varie strategie educative adottate dai genitori nel far
fronte a tali difficoltà
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 15
Titolo: IL PARENTAL MONITORING E LA VALUTAZIONE DEGLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Le due principali strategie educative considerate in letteratura sono il sostegno e il controllo. Il sostegno si
riferisce alla sensibilità e all’adattamento genitoriale nei confronti di segnali, stati e bisogni del ragazzo,
nonché alla capacità di ascolto, di responsività emotiva e di dialogo; il controllo, invece, riguarda l’insieme
di comportamenti e strategie (regole, compiti) attraverso cui il genitore supervisiona il comportamento dei
figli. In particolare, in letteratura viene utilizzato il termine parental monitoring (monitoraggio genitoriale)
per identificare le variabili che rientrano nel concetto più generico di controllo genitoriale.
Il parental monitoring comprende 3 dimensioni:
– le attività di controllo diretto, che riguardano tutti quei comportamenti rivolti direttamente ai figli come
suggerimenti, istruzioni, regole, disciplina e punizioni;
– le modalità di conoscenza indiretta, che riguardano la ricerca di informazioni sulle attività dei figli
attraverso la semplice osservazione del comportamento dei figli, o domande rivolte ad amici o altri parenti
informati sulle attività dei figli;
– il grado di conoscenza dei genitori, che indica se i genitori hanno consapevolezza o meno rispetto alle
attività dei figli e che può essere considerato una conseguenza delle attività (dirette e indirette) di monitoring
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 15
Titolo: IL PARENTAL MONITORING E LA VALUTAZIONE DEGLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Un questionario che fornisce una misura completa e ben differenziata dei diversi aspetti legati al
parental monitoring è quello di Kerr e Stattin (2000) i quali hanno sviluppato un questionario
composto da quattro scale Likert a 5 punti che misurano quattro dimensioni diverse. Questi autori
fanno una precisa distinzione tra la consapevolezza genitoriale e le modalità attraverso cui i genitori
ottengono tale consapevolezza, quali la comunicazione spontanea dei figli (child disclosure), la
sollecitazione genitoriale (parental solicitation) e il controllo genitoriale (parental control). Le scale
prevedono le stesse domande sia per i ragazzi che per i genitori. Qui di seguito elenco le scale con gli
item che le compongono:
1. Consapevolezza genitoriale, 9 item: «I tuoi genitori sanno: cosa fai nel tempo libero? Sanno quali
amici frequenti? Sanno che tipo di compiti per casa devi fare? Sanno come spendi i tuoi soldi? Sanno
quando hai un compito in classe? Sanno come vai nelle diverse materie scolastiche? Sanno dove vai
quando esci con gli amici la notte? Sanno dove vai e cosa fai dopo la scuola? Nell’ultimo mese, i tuoi
genitori hanno idea di dove vai la notte?».
2. Comunicazione spontanea dei figli, 5 item: «A casa parli di come vai nelle diverse materie a
scuola? Generalmente quando torni a casa racconti com’è andata a scuola (le tue relazioni con gli
insegnanti, cosa pensi dei vari esami, ecc.)? Tieni nascosto ai tuoi genitori cosa fai durante il tempo
libero? Tieni nascosto ai tuoi genitori cosa fai durante le notti e i fine settimana? Se esci la notte,
quando torni a casa racconti ai tuoi genitori cosa hai fatto quella sera?».
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 15
Titolo: IL PARENTAL MONITORING E LA VALUTAZIONE DEGLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
4. Controllo genitoriale, 5 item: «Devi chiedere il permesso dei tuoi genitori per
tornare tardi le sere del fine settimana? Devi chiedere ai tuoi genitori prima di poter
decidere cosa fare con i tuoi amici il Sabato sera? Se una notte ti capita di tornare
molto tardi, i tuoi genitori ti chiedono spiegazioni su dove eri e con chi eri? I tuoi
genitori ti chiedono sempre di raccontare loro dove vai la notte, con chi sei e cosa
fai? Prima di uscire il Sabato notte, i tuoi genitori ti chiedono di dire dove stai
andando e con chi?»
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 15
Titolo: IL PARENTAL MONITORING E LA VALUTAZIONE DEGLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Stattin e Kerr (2000) hanno invece ipotizzato che, indipendentemente dalla sollecitazione e
dal controllo genitoriale, l’apertura al dialogo dei figli (adolescent self-disclosure) può
essere considerata come il predittore più forte del comportamento antisociale visto che i
ragazzi che tendono a parlare spontaneamente con i loro genitori sono quelli che
presentano un minore coinvolgimento in atti antisociali rispetto ai ragazzi che comunicano
meno con i genitori.
I risultati della ricerca di Hayes et al. (2004) evidenziano che gli adolescenti appartenenti a
famiglie in cui i genitori pongono regole chiare e chiedono informazioni sulle loro attività
(alto livello di monitoraggio), mostrano meno comportamenti di ribellione, una minore
ricerca di sensazioni e un minor uso di sostanze stupefacenti e di alcol.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 15
Titolo: IL PARENTAL MONITORING E LA VALUTAZIONE DEGLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Alcuni studi mettono in evidenza che il monitoraggio può assumere una funzione diversa
rispetto ai comportamenti a rischio a seconda della fascia d’età degli adolescenti. Tale
evidenza è stata ritrovata in uno studio di Cattelino, Calandri e Bonino (2001) in cui
vengono considerati diversi fattori, protettivi e a rischio, rispetto al coinvolgimento in
comportamenti problematici (abuso di alcol, fumo di tabacco, e uso di sostanze).
Cattelino et al. (2001) hanno rilevato che elevati livelli di controllo risultano correlati a un
basso coinvolgimento in comportamenti a rischio specialmente nella fascia d’età dei 14-
15 anni, mentre con il crescere dell’età dei giovani (18-19 anni) un alto controllo correla
con un alto livello di coinvolgimento in comportamenti problematici. Gli autori spiegano
tale risultato con l’idea che nella fascia d’età dei 18-19 anni i figli probabilmente hanno
già interiorizzato le norme genitoriali e hanno sviluppato capacità di autoregolazione del
loro comportamento, in questo caso un controllo eccessivo ostacolerebbe l’autonomia
dei figli. Quindi secondo questi autori il monitoraggio ha una funzione rilevante che varia
a seconda della fascia d’età considerata.
In generale, dai diversi studi sull’argomento, si riscontra che un elevato grado di
monitoraggio genitoriale si accompagna a un minor uso di sostanze illegali e di tabacco,
un inferiore ricorso ad attività sessuali a rischio a migliori prestazioni scolastiche e minor
numero di amici devianti.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 15/S1
Titolo: IL PARENTAL MONITORING E LA VALUTAZIONE DEGLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Tale strumento ci permette di valutare gli stili educativi genitoriali, nei termini di stile educativo
democratico/autorevole, autoritario e permIssivo.
I genitori devono leggere gli item indicati, rispondendo su una scala a 5 punti ( da mai a sempre;
dove mai corrisponde al punteggio 1 e sempre al punteggio 5)
1 2 3 4 5
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 15/S1
Titolo: IL PARENTAL MONITORING E LA VALUTAZIONE DEGLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
17.Spiego a mio/a figlio/a i motivi per cui le regole devono essere rispettate
20.Incoraggio mio/a figlio/a a parlare delle conseguenze delle sue azioni
27.Quando mio/a figlio/a fa qualcosa di sbagliato, parlo e ragiono con lui/lei
34.Spiego a mio/a figlio/a cosa provo sia quando si comporta bene sia quando si comporta male
38.Spiego a mio/a figlio/a le conseguenze del suo comportamento
40. Do importanza alle regole.
Descriva e commenti sul forum le caratteristiche distintive dello stile educativo autorevole
e spieghi i suoi effetti sullo sviluppo dei bambini.
Descriva e commenti sul forum le caratteristiche distintive dello stile educativo autoritario
e spieghi i suoi effetti sullo sviluppo dei bambini.
Descriva e commenti sul forum le caratteristiche distintive dello stile educativo permissivo
e spieghi i suoi effetti sullo sviluppo dei bambini.
Descriva e commenti sul forum le caratteristiche distintive dello stile educativo trascurante
e spieghi i suoi effetti sullo sviluppo dei bambini.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 15/S3
Titolo: IL PARENTAL MONITORING E LA VALUTAZIONE DEGLI STILI EDUCATIVI
Attività n°: 1
Prova di apprendimento
forum
Spieghi quali sono a suo avviso le somiglianze e differenza tra il parental monitoring
e gli altri stili educativi
ESERCITAZIONE
Su e-portfolio
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 16
Titolo: Ripasso Ed Autoverifica
Attività N°: 1
ESERCITAZIONE su e-portfolio
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 16/S2
Titolo: Ripasso Ed Autoverifica
Attività N°: 1
La regolazione emotiva
Il contenuto di questa lezione è stato tratto
Da quanto appena descritto, risulta pertanto chiaro come la regolazione emotiva costituisca
l’insieme dei processi attraverso i quali l’individuo influenza le emozioni che prova, quando le
prova, in che modo le prova e come le esprime.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 17
Titolo: La Regolazione Emotiva
Attività N°: 1
Diversi autori, seppur con approcci differenti, hanno evidenziato come la relazione madre-
bambino costituisca il luogo elettivo di apprendimento dei pattern regolatori (Calkins 1994;
Fogel 1993; Sroufe 1995; Tronik
1998).
Beebe e Lachmann (2002) hanno evidenziato come il sistema diadico madre-bambino
risulti caratterizzato da due differenti processi di regolazione che si influenzano
reciprocamente: la regolazione interattiva e
l’autoregolazione.
La regolazione interattiva costituisce un processo bidirezionale nel quale i comportamenti
di un partner sono contingenti o influenzati da quelli
dell’altro.
Il processo di autoregolazione, invece, si riferisce alla capacità propria di ogni sistema
vivente di auto-organizzarsi controllando il livello di attivazione e l’espressività emozionale.
Le recenti scoperte in ambito neurobiologico supportano tali posizioni mettendo in luce
come la coregolazione, l’intersoggettività e la memoria, implicate in queste prime forme di
regolazione, traggano fondamento da un substrato organico rappresentato da un
particolare tipo di neuroni, “i neuroni specchio”.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 17
Titolo: La Regolazione Emotiva
Attività N°: 1
Un autore importante, Sroufe (1995), sottolinea come, nei primi mesi di vita, a partire da una
co-regolazione delle espressioni emotive e delle sequenze di azioni, guidata prevalentemente dal
caregiver, si arrivi a forme di regolazione autonoma più mature ma in ogni caso associate alla
qualità della disponibilità emotiva del caregiver. Questo processo si articola secondo Sroufe
(1995) attraverso diverse tappe evolutive.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 17
Titolo: La Regolazione Emotiva
Attività N°: 1
A partire dai 3-4 anni, i bambini sono capaci di regolare le espressioni emotive (in particolare
tristezza e rabbia) seguendo le regole di esibizione ma senza esserne consapevoli; non sembrano
comprendere la sostanziale discrepanza tra emozioni esperite ed emozioni esibite.
Questa consapevolezza compare solo a partire dai 4-5 anni e rappresenta per Saarni
(1999) una delle componenti fondamentali della competenza emotiva. Tali conquiste segnano
anche un importante traguardo meta cognitivo: portano alla consapevolezza dell’esistenza di un
mondo emotivo privato che non è visibile agli altri e quindi alla scoperta della possibilità di
dissimulare il proprio stato interiore. Queste scoperte, che sono contemporaneamente di tipo
cognitivo ed emotivo, consentono al bambino di percepirsi separato emotivamente dagli altri e
capace di decidere se condividere o meno le proprie emozioni ed eventualmente in quale
momento farlo.
Intorno ai 6-11 anni i bambini sono in grado di adottare le regole di esibizione in modo più
sofisticato ed intenzionale: ad esempio, sanno che le regole di esibizione hanno la funzione di
proteggere se stessi dalla rabbia o dalla derisione degli altri oltre che di proteggere gli altri da
emozioni spiacevoli.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 17/S2
Titolo: La Regolazione Emotiva
Attività N°: 2
Abbiamo già parlato dell’importanza della qualità della relazione caregiver bambino in merito
all’insorgenza delle competenze di regolazione emotiva. In questa sessione ampliamo
ulteriormente lo «sguardo» e parliamo dei processi di socializzazione delle emozioni e della
regolazione emotiva.
A tale riguardo, Lewis e Michalson (1983) evidenziano come i bambini, attraverso i processi di
socializzazione emotiva, imparino come esprimere le proprie emozioni, quando esprimerle, come
definirle in base ad un lessico emotivo
appropriato, come classificare le emozioni degli altri, come interpretare le condotte emozionali.
E ancora, Morris e colleghi (2007) sottolineano come il contesto familiare influenzi la capacità di
regolazione emotiva del bambino attraverso tre differenti processi: A) l’osservazione del
comportamento degli altri membri della famiglia; B) le pratiche ed i comportamenti che i membri
della famiglia mettono in atto nei confronti delle emozioni; C) il clima familiare.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 17/S2
Titolo: La Regolazione Emotiva
Attività N°: 2
Tenete presente che i differenti processi di socializzazione considerati nel modello di questi
autori focalizzano l’attenzione su alcuni meccanismi, quali il modeling, il riferimento sociale ed il
contagio emotivo, ovvero le situazioni durante le quali il bambino, osservando il comportamento
emotivo dei membri della famiglia, comprende quali emozioni sono accettate ed attese nel
proprio contesto familiare ed impara a gestirle.
Le pratiche educative ed i comportamenti dei genitori (che abbiamo già approfondito), invece,
comprendono specifici meccanismi di apprendimento quali il coaching, il controllo esercitato dai
genitori rispetto all’espressione delle emozioni negative, le reazioni alle emozioni degli altri,
l’insegnamento esplicito di strategie di regolazione emotiva e la tendenza a scegliere\evitare
particolari opportunità per fare\non fare sperimentare al bambino determinate emozioni.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 17/S2
Titolo: La Regolazione Emotiva
Attività N°: 2
Rispetto alle reazioni dei genitori di fronte alle emozioni, è stato dimostrato che, in generale, le reazioni
parentali negative di fronte alle emozioni dei bambini (allontanarsi,
minimizzare, punire, ecc) sono associate ad uno scarso adattamento sociale dei bambini e a strategie di
regolazione emotiva poco adeguate (evitamento, espressione eccessiva di rabbia), mentre le reazioni
materne focalizzate sul problema sembrano essere in
relazione alla capacità di coping attivo da parte dei bambini.
C) il clima familiare
Il clima emotivo familiare rappresenta la qualità delle relazioni familiari e la quantità di emozioni
positive e negative espresse da ciascun membro verso gli altri. (nel corso delle lezioni torneremo a
parlare di clima emotivo familiare e vi presenterò una strumento self-report di valutazione). Gli studi,
che da tempo hanno posto l’attenzione sulla competenze di sensibilità/responsività materna ai segnali
emotivi del bambino (accettazione, supporto e attenzione), hanno evidenziando come questa risulti
correlata all’adozione di strategie di autoregolazione in bambini di 2 anni e di strategie di regolazione
attive e di ricerca di supporto in bambini di 4 e 5 anni. All’opposto, altri studi evidenziano che l’ostilità
materna sembra favorire una povertà di strategie di regolazione da parte dei bambini e a disregolazione
emotiva
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 17/S3
Titolo: La Regolazione Emotiva
Attività N°: 1
Prova di apprendimento
e.portfolio
Provi a rispondere alle seguenti domande e risponda inviando poi le sue note
su e-portfolio.
LA PROSPETTIVA DI TRONICK:
Il modello della regolazione reciproca
Parlando di regolazione delle emozioni nella diade caregiver bambino, Tronick utilizza il concetto di
“mutua regolazione”. Con tale termine, l’autore sottolinea l’influenza reciproca della
comunicazione affettiva tra caregiver e bambino.
Tronick intende sottolineare come mamma e bambino costituiscano parte di un sistema di
comunicazione affettiva, dove le reazioni e l’esperienza affettiva di un partner sono determinate
dall’espressione affettiva dell’altro e viceversa. Il modello di
Tronick sottolinea come, durante la loro interazione, mamma e bambino abbiano l’obiettivo di
instaurare uno stato di regolazione reciproca (stato di reciprocità), attraverso la regolazione
congiunta dell’interazione. I comportamenti interattivi che i due protagonisti mettono in atto sono
innanzitutto manifestazioni affettive;
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 18
Titolo: Il Contributo Di Tronick
Attività N°: 1
Tenete presente che negli scambi interattivi della diade caregiver-bambino, lo stato di
reciprocità, non sempre viene raggiunto. E questo può avvenire per vari motivi, ad esempio:
errata interpretazione dei segnali del partner, comportamento non corrispondente alle aspettative,
comportamento non tempestivo…
Tali stati di non corrispondenza costituiscono il 70% del tempo dell’interazione e Tronick li
considera “normali perturbazioni”, mancate corrispondenze o mismatch. Questi episodi attivano
nel bambino l’utilizzo delle proprie capacità interattive per modificare la situazione e ripristinare la
corrispondenza (ovvero per mettere in atto una “riparazione”). Durante gli stati di mancata
corrispondenza il bambino vive emozioni negative e manifesta disagio, rabbia, tristezza,
segnalando così al partner di modificare il comportamento. Nel caso di riparazione interattiva
(realizzata grazie alle manifestazioni affettive del bambino e alla collaborazione del partner) gli
affetti negativi si riducono e possono diventare positivi. In tal modo, gli stati emotivi vengono così
autoregolati attraverso l’interazione;
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 18
Titolo: Il Contributo Di Tronick
Attività N°: 1
Tenete presente che per Tronick, ciò che è determinante per lo sviluppo del bambino non è tanto
la presenza di reciprocità, quanto la presenza della risoluzione positiva delle mancate
corrispondenze. Infatti, le mancate corrispondenze che vengono riparate assumono una
valenza positiva, perché permettono al bambino la possibilità di sviluppare ulteriormente le
proprie capacità interattive e autoregolatorie, facendolo sentire competente nelle interazioni.
Nello schema di seguito indicato, vedremo la descrizione di Tronick relativa all’alternarsi degli
stati di reciprocità e mancate corrispondenze.
Da quanto affermato fino a qui, le apparirà chiaro come quando il bambino vive una distorsione
prolungata e significativa della reciprocità (come nel caso della depressione materna), che non
riesce a riparare, aumentano lo stress e gli affetti negativi.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 18
Titolo: Il Contributo Di Tronick
Attività N°: 1
Esperienze interattive
atipiche: la depressione materna simulata
Abbiamo visto nella sessione precedente che durante le esperienze interattive il bambino
collabora con l’adulto nel perseguire la reciprocità. E’ stato anche evidenziato come, di
frequente, nelle sequenze interattive possano avvenire degli errori interattivi che
vengono poi riparati.
Ma cosa accade quando il bambino vive una distorsione prolungata e significativa della
reciprocità (come nel caso della depressione materna), che non riesce a riparare gli
errori interattivi?
Per rispondere a tale domanda, Tronick ha realizzato la nota procedura dello Still Face
Paradigm, o paradigma del volto immobile. In questa procedura, alla madre viene
richiesto di assumere per alcuni minuti una postura atipica di volto immobile
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 18/S1
Titolo: Il Contributo Di Tronick
Attività N°: 1
Questa procedura viene utilizzata con neonati di 1-4 mesi, posti di fronte alla mamma.
La procedura d’osservazione prevede tre fasi di due minuti ciascuna nel corso delle quali alla
madre viene chiesto di:
1. Di interagire con il figlio come farebbe abitualmente
2. Di mantenere un’espressione immobile (still-face)
3. Di riprendere a interagire con il figlio
Uno degli scopi principali di questa procedura è produrre una condizione controllata di stress
relazionale che permetta di verificare la capacità del bambino di adattarsi alla mancata
comunicazione materna.
Abbiamo già visto che il volto immobile nello still face paradigm riproduce, per pochi minuti, un
affetto depresso. Tronick intendeva considerarlo come una simulazione della depressione
materna, permettendo quindi di far luce su alcuni meccanismi che regolano l’interazione tra il
bambino e la mamma depressa.
Cosa accade nel bambino che osserva il volto immobile?
Si è osservato e lo potrete appura direttamente anche voi guardando il video indicato, che Il
bambino è in grado di rilevare la qualità affettiva dimostrata dalla madre e di modificare di
conseguenza e in maniera opportuna le proprie manifestazioni affettive. Quando la madre smette
di interagire con lui (volto immobile), il bambino aumenta i propri livelli di arousal e di stress e
mette inizialmente in atto delle strategie tese a recuperare il rapporto con la madre. Quando, col
passare dei minuti, si rende conto che i suoi tentativi vanno a vuoto, va in uno stato di estrema
frustrazione e disagio. Il bambino spesso mette in atto dei meccanismi per evitare lo stato di
frustrazione e dolore.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 18/S1
Titolo: Il Contributo Di Tronick
Attività N°: 1
Vediamo nel dettaglio le sei strategie di coping del bambino, individuate da Gianino (1982):
segnalazione (che può essere attuata con un tono affettivo positivo, neutro o negativo) aventi l’obiettivo di
restare coinvolto socialmente;
•attenzione rivolta altrove (concentra l’attenzione su un oggetto oppure su una parte del proprio corpo),
•autoconsolazione (orale, intreccia le dita, dondolamento),
•ritiro (motorio o percettivo),
•fuga (si inarca all’indietro, si allontana),
•allontanamento dello sguardo (non mantiene l’attenzione sull’altro).
Come è facile intuire, ad eccezione della segnalazione, le altre strategie non mantengono più l’obiettivo di
essere coinvolti socialmente; in particolare, le ultime quattro segnalano una rinuncia ad essere coinvolti per
mantenere una regolazione emotiva interna. Pertanto, so può notare come l’autoregolazione e la
regolazione interattiva siano due aspetti di un unico processo di regolazione.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 18/S1
Titolo: Il Contributo Di Tronick
Attività N°: 1
Riassumendo:
allo Still face PARADIGM, i bambini, inizialmente intensificano l’attività comunicativa, accentuando
vocalizzazioni, sguardi, movimenti delle braccia. Poi se il viso continua a rimanere immobile, essi
disturbati e infastiditi protestano, distolgono lo sguardo dalla madre per periodi sempre più lunghi
fino ad allontanarsi completamente, orientando volto e corpo di lato, voltando le spalle alla madre
ed alcuni bambini diventano soggetti ad intensa angoscia.
Compaiono forme di autoregolazione volte a ottenere autoconforto, autoconsolazione (mani in
bocca, dondolio..) che, se utilizzate in modo persistente, possono intaccare la sua capacità di
regolazione emotiva, trasformandosi in vere e proprie condotte difensive.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 18/S2
Titolo: Il Contributo Di Tronick
Attività N°: 1
ESERCITAZIONE forum
Vi chiedo di visionare attentamente il video al link di seguito indicato, focalizzando
l’attenzione sulla prima fase dello still face, prima del volto immobile.
Rispondete sul forum alle seguenti domande:
Avete notato degli stati di sincronia interattiva? Quando?
Avete notato qualche errore interattivo? Quando?
Avete notato delle riparazioni? Quando?
https://www.youtube.com/watch?v=apzXGEbZht0
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 18/S3
Titolo: Il Contributo Di Tronick
Attività N°: 1
Prova di apprendimento
forum
Sulla base di quanto studiato provi a visionare i video ai seguente link e discuta sul
forum le distinte strategie di coping messe in atto dai bambini durante la fase di still.
https://www.youtube.com/watch?v=6czxW4R9w2g
https://www.youtube.com/watch?v=apzXGEbZht0
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 19
Titolo: STILL FACE E IMPLICAZIONI CLINICHE
Attività N°: 01
Cosa succede quando la madre torna a relazionarsi col bambino, dopo il volto
immobile?
Tronick & collaboratori mostrano le analisi effettuate sul comportamento dei bambini non
solo quando il volto della madre si immobilizza, ma anche quando la madre riprende
normalmente l’interazione al termine dell’esperimento.
Secondo gli autori, in questo momento, definito di ricongiungimento, il bambino si
trova ad affrontare un compito affettivamente complesso, perché da un lato deve
affrontare la ripresa del comportamento materno (evento positivo), dall’altro lato deve far
fronte agli strascichi delle emozioni negative sorte durante il volto immobile.
Per tale ragione, gli autori evidenziano come il bambino manifesti una reazione affettiva
mista (rabbia, tristezza e gioia insieme). E’ proprio durante questa fase di
ricongiungimento che si può osservare, secondo Tronick, il processo diadico di
regolazione (ovvero la riparazione interattiva).
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 19
Titolo: STILL FACE E IMPLICAZIONI CLINICHE
Attività N°: 01
Ecco qui di seguito indicati i comportamenti e gli indicatori fisiologici «tipici» messi
comunemente in atto dai bambini durante la terza fase dello Still Face
Secondo Tronick, figli di madri depresse fanno meno esperienze di riparazione interattiva e
possono pertanto trovarsi esposti a una situazione di stress cronico. Questi bambini
sviluppano dei pattern di coping di tipo auto-regolatorio che, come abbiamo visto,
comprende il distogliere lo sguardo durante le interazioni e un più frequente ricorso a
comportamenti auto-consolatori per ridurre lo stress. Il costo di queste strategie è evidente
per la maggiore incidenza di sentimenti negativi e per il minor coinvolgimento con
l’ambiente inanimato. L’umore negativo e il disinteresse manifestato da questi bambini
compromettono le interazioni con gli altri e il loro sviluppo cognitivo, con la conseguenza di
una compromissione dello sviluppo e della loro possibilità di resilienza. La capacità di coping
dei bambini è, dunque, influenzata da situazioni di stress costante o temporaneo nelle
interazioni con le madri depresse e dalla mancata possibilità di riparazione. Questa
incapacità di autoregolarsi continua nel tempo e compromette l’esperienza della riparazione
con l’effetto di comportamenti e di attività di coping sempre più inefficaci e disorganizzati
nel corso dello sviluppo.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 19/S1
Titolo: STILL FACE E IMPLICAZIONI CLINICHE
Attività N°: 01
Durante lo Still Face, nella prima fase (interazione faccia a faccia) c’è una minore
condivisione di stati emotivi positivi e vengono espressi più sentimenti neutri e
comportamenti di ritiro sociale.
Nella seconda fase i figli delle madre depresse mettono in atto un numero minore di
tentativi di recuperare l’interazione con il proprio genitore; rispetto ai figli delle madre non
depresse, tendono ad isolarsi, impegnandosi maggiormente nell’autoconsolazione.
In sintesi, le dinamiche interattive delle diadi madre depressa bambino, sono spesso
caratterizzate da:
fallimenti nel processo di mutua regolazione
- Frequente sperimentazione per il bambino sperimenta di emozioni negative
- Accentuazione patologica dei comportamenti di autoregolazione
In questa sessione di studio approfondiremo i risultati degli studi che hanno cercato di
rilevare, attraverso un’analisi di tipo micro-analitico, la presenza di correlazioni tra indici
comportamentali (ad es. sguardo, espressione del volto, orientamento e comportamenti
consolatori auto o etero diretti) osservati nell’interazione face-to-face a quattro mesi e il
pattern di attaccamento nella Strange Situation (Ainsworth et al., 1978) a dodici mesi.
Koulomzin, Beebe, Anderson, Jaffe, Feldstein e Crown (2002) hanno rilevato che i
bambini con attaccamento sicuro a dodici mesi nella SSP, osservati nell’interazione
face-to-face con la madre a quattro mesi, presentano i seguenti comportamenti:
la guardano di più, possiedono diverse modalità di segnalare il proprio stato, esprimono
per meno tempo affettività neutra, riescono a sostenere lo sguardo della madre con
espressione neutra per un tempo abbastanza prolungato, riescono a restare in interazione
e a mantenere un contatto oculare sia ricorrendo a comportamenti stabili autoregolatori
etero-diretti sia in assenza di strategie di autoregolazione.
Similmente, Beebe et al. (2010) hanno riscontrato che bambini con attaccamento sicuro
rilevato ad un anno, nell’interazione face-to-face a quattro mesi con la madre presentano
un livello intermedio di contingenza nello scambio interattivo caratterizzato da
alcuni comportamenti tra cui: mantenimento dell’attenzione e del contatto, vocalizzi e
ricerca del coinvolgimento e dell’attenzione del caregiver. Contrariamente, l’interazione tra
la madre e il bambino con attaccamento insicuro-evitante o insicuro ambivalente, a quattro
mesi, è risultata caratterizzata rispettivamente da elevati o bassi livelli di contingenza,
difficoltà nel mantenimento del contatto oculare, strategie di coping di approccio-ritiro e
assenza di comportamenti di ricerca dell’attenzione del caregiver.
Prova di apprendimento
forum
Provi a discutere sul forum gli aspetti di queste ultime lezioni che le sono risultati più utili
e chiari per comprendere gli effetti della depressione materna sulla qualità delle relazioni
di cura e sullo psicologico dei figli.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 20
Titolo: REGOLAZIONE EMOTIVA, STRATEGIE DI COPING E ATTACCAMENTO
Attività N°: 01
Ente di afferenza:
Università degli studi di Trento (unitn)
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R I C E R C H E
L’attaccamento modera
le reazioni dei bambini
esposti al conflitto
genitoriale? Verifica
di un modello integrato
Elena Camisaca (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Sarah Miragoli (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Paola Di Blasio (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
1. Introduzione
480
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
481
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
1.1. Obiettivi e ipotesi
482
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
studi che abbiano finora analizzato il ruolo dei diversi MOI di tipo insicuro
nella relazione tra conflitto e adattamento, possono essere interessanti
alcuni spunti della letteratura (Cassidy e Kobak, 1988; Cassidy, 1994)
per ipotizzare che, nel caso dei bambini ansioso-ambivalenti, il conflitto
incida negativamente attraverso l’esasperazione della reattività emotiva e
delle percezioni di minaccia e autobiasimo, mentre, nel caso dei bambini
evitanti, orienti verso l’utilizzo di modalità difensive e anestetizzanti, che
impediscono di attivare e di elaborare le percezioni e le reazioni emotive
connesse al conflitto.
2. Metodologia
2.1. Partecipanti
2.2. Procedura
I partecipanti alla ricerca sono stati reclutati presso tre scuole ele-
mentari pubbliche di Milano e provincia (Parabiago). Le scuole sono state
reperite attraverso una procedura standard, che comprendeva un incon-
tro introduttivo esplicativo del progetto di ricerca con i dirigenti scola-
stici e le insegnanti delle classi elementari e una descrizione scritta de-
gli obiettivi e della procedura dello studio rivolta ai genitori delle classi
coinvolte. Tutti i genitori, che hanno aderito alla ricerca, hanno firmato i
483
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
2.3. Strumenti
Conflitto genitoriale
484
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
Reattività emotiva
485
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
2.4. Strategia di analisi
486
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
3. Risultati
3.1. Dati descrittivi
487
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
488
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
Tab. 2. Analisi correlazionali per bambini con stile di attaccamento sicuro (n = 87)
1 2 3 4 5 6
1. Conflitto –
2. Minaccia percepita .46** –
3. Autobiasimo .32** .38** –
4. Reattività .34** .74** .30** –
5. Internalizzazione –.05 .01 .10 –.01 –
6. Esternalizzazione .12 .08 .02 .10 .58** –
* p < .01; ** p < .05.
Attaccamento sicuro
Attaccamento evitante
489
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
Tab. 3. Analisi correlazionali per bambini con stile di attaccamento evitante (n = 34)
1 2 3 4 5 6
1. Conflitto –
2. Minaccia percepita .16 –
3. Autobiasimo .30 .59** –
4. Reattività .24 .55** .61** –
5. Internalizzazione .33 .24 .10 .06 –
6. Esternalizzazione .13 –.01 .17 .10 .50** –
* p < .01; ** p < .05.
Tab. 4. Analisi correlazionali per i bambini con stile di attaccamento ansioso-ambivalente (n = 48)
1 2 3 4 5 6
1. Conflitto –
2. Minaccia percepita .29* –
3. Autobiasimo .36* .12 –
4. Reattività .37* .66** .26 –
5. Internalizzazione .29* .36* .05 .19 –
6. Esternalizzazione .29* .26 .13 .40** .54** –
* p < .01; ** p < .05.
Attaccamento ansioso-ambivalente
490
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
491
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
In altri termini, i risultati indicano che, nel caso dei bambini ansioso-
ambivalenti (fig. 1), il conflitto genitoriale incide sul loro adattamento psi-
cologico, attraverso l’effetto di mediazione della percezione di minaccia
e della reattività emotiva. In particolare, la percezione che il conflitto sia
minaccioso per il proprio benessere e per quello della famiglia determina
l’insorgenza di comportamenti ansioso/depressivi, mentre l’elevata reat-
tività emotiva, conseguente al conflitto, rende questi bambini maggior-
mente vulnerabili all’insorgenza di comportamenti aggressivi.
4. Discussione
492
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
493
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
494
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
5. Limiti
Alcuni limiti della ricerca vanno sottolineati sia per permettere una mi-
gliore interpretazione dei risultati sia ai fini di un eventuale prosieguo futuro.
Un limite già evidenziato riguarda la scarsa numerosità di bambini con at-
taccamento ansioso-ambivalente ed evitante che impedisce una reale ge-
neralizzazione dei risultati. Più specificatamente, appare opportuno consi-
derare con cautela i risultati relativi ai bambini evitanti, poiché si discostano
da quelli della letteratura (Shaver e Hazan, 1993; Mikulincer e Shaver,
2003) per l’assenza di problemi di adattamento, sebbene in un quadro ca-
ratterizzato da inibizioni e strategie di minimizzazione del conflitto.
Un ulteriore limite risiede nella natura trasversale della ricerca, che non
consente l’analisi dell’associazione temporale tra le variabili considerate,
per individuarne le eventuali relazioni causali ed influenze bidirezionali.
Inoltre, in linea con la maggior parte degli studi condotti sui media-
tori cognitivi ed emotivi della relazione tra conflitto genitoriale e adatta-
mento dei figli, il nostro lavoro si è avvalso di un campione normativo,
che presenta livelli bassi versus moderati di conflittualità. Prendendo a
riferimento le indicazioni di Fosco e Grych (2008), possiamo sostenere
che, sebbene esistano evidenze empiriche che segnalano come i pro-
cessi di elaborazione cognitiva ed emotiva della situazione conflittuale
funzionino in modo sostanzialmente simile anche in soggetti esposti ad
alti livelli di conflitto o addirittura di violenza domestica, è plausibile ipo-
tizzare che la forza delle associazioni tra le variabili possa differire in
gruppi clinici caratterizzati da gravi livelli di conflittualità. Ad esempio, è
possibile ipotizzare che, in famiglie violente, il livello di pericolo per la
propria incolumità e quella dei familiari sia decisamente più elevato e, di
conseguenza, che i bambini esposti a tali situazioni percepiscano livelli
decisamente più elevati di minaccia. Sarebbe pertanto rilevante affiancare
al gruppo normativo un gruppo di confronto, caratterizzato da gravi situa-
zioni di conflitto per poter meglio comprendere se in diversi contesti di
sviluppo si ravvisino gli stessi effetti diretti o indiretti del conflitto sull’a-
dattamento dei figli.
Inoltre, lo studio non considera il ruolo esercitato dal genere dei
bambini nelle associazioni investigate. In letteratura è stato evidenziato
che gli studi che hanno esplorato il ruolo di tale variabile sono giunti a
risultati complessi e incoerenti (Baviskar, 2010; Davies e Lindsay, 2001,
2004). Infatti, alcuni mettono in evidenza un’assenza di differenze di ge-
495
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
6. Implicazioni cliniche
496
L’attaccamento modera le reazioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale?
tenzione sulle modalità con cui essi cercano di far fronte alla situazione
stressogena, tenendo in considerazione l’effetto che i diversi MOI eser-
citano sulla scelta delle strategie di auto e etero-regolazione. In base ai
nostri dati, individuare ed intervenire precocemente sulle strategie di-
sadattive (di iperattivazione e disattivazione) sembra costituire una via
da privilegiarsi. A questo proposito, potrebbe essere rilevante agire sia
sul rimuginio delle cognizioni e sugli elevati livelli di attivazione e disre-
golazione emotiva (tipiche degli ansioso-ambivalenti) sia sull’inibizione
e sulla repressione delle percezioni e delle emozioni negative (tipiche
degli evitanti), che, sebbene possano risultare efficaci nell’aiutare nel
breve periodo, sembrano disfunzionali e fallimentari a lungo termine.
In conclusione, a nostro avviso, l’intervento clinico in situazioni di
conflitto familiare, oltre a focalizzarsi sugli adulti e sulle loro proble-
matiche di coppia, dovrebbe sempre orientarsi alla comprensione delle
dinamiche psicologiche del bambino, prendendo in considerazione le
cognizioni e le emozioni inestricabilmente connesse e dinamicamente at-
tive nell’elaborazione dell’informazione.
7. Riferimenti bibliografici
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499
E. Camisaca, S. Miragoli, P. Di Blasio
Does attachment moderate the reactions of children exposed to marital conflict? Evi-
dence for an integrated model
Summary. The literature has shown that the marital conflict has a negative impact on child
adjustment (internalizing and externalizing behaviors). It was also well established that the chil-
dren’s appraisal of threat and self blame (Cognitive-Contextual Framework) and their emotional re-
activity (Emotional Security Hypothesis) mediate the relationship between marital conflict and child
adjustment. The present study aims to explore whether and how the different children’s Internal
Working Models (IWM) of attachment moderate these associations. 169 schoolaged children (87
secure, 48 anxious-ambivalent and 34 avoidant) and their parents participated to the study. A set
of measures (RCTS, CPIC, SIS, CBCL, SAT) were administered to children and their parents. The
results show the different effect played by marital conflict on perceptions, emotional reactions and
internalizing and externalizing behaviors by considering the IWM secure, anxious-ambivalent and
avoidant. Clinical implications and interventions are discussed.
500
Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
Nell’ambito degli studi sul conflitto genitoriale l’attenzione al rapporto tra rappresentazioni mentali
dell’attaccamento, strategie di coping e coping efficacy costituisce un tema poco indagato in letteratura. Il presente
studio esplora se e come i diversi Modelli Operativi Interni (MOI) dell’attaccamento dei bambini modulino la
relazione tra distress percepito in occasione del conflitto genitoriale, strategie di coping e coping efficacy. I
partecipanti sono 182 bambini (87 sicuri, 46 ansioso-ambivalenti e 49 evitanti) di età scolare ed i loro genitori, a cui
sono stati somministrati una serie di strumenti (RCTS, CPIC, SIS, CCSC-R1 e SAT). I risultati mostrano l’influenza
dei MOI sull’utilizzo delle diverse strategie di coping e sul loro impatto sulla coping efficacy.
Parole chiave: conflitto genitoriale, strategie di coping, attaccamento, coping efficacy, bambini
Coping strategies and coping efficacy in children exposed to marital conflict: the role of attachment
In the literature on marital conflict little attention has been paid regarding the relationship among children’s
attachment, coping strategies, and coping efficacy. The present study aims to explore whether and how the different
children’s Internal Working Models (IWM) of attachment moderate the associations among children’s perceived
distress during the conflict, coping strategies, and coping efficacy. 182 schoolaged children (87 secure, 46 anxious-
ambivalent and 49 avoidant) and their parents participated to the study. A set of measures (RCTS, CPIC, SIS,
CCSC-R1, SAT) were administered to children and their parents. The results show the influence of MOI on the use
of different coping strategies and on their effects on coping efficacy.
Keywords: marital conflict, coping strategies, attachment, coping efficacy, children
1. Introduzione
Il presente lavoro si inserisce nell’ambito degli studi sul conflitto genitoriale e focalizza
l’attenzione sul rapporto tra le rappresentazioni mentali dell’attaccamento, le strategie di coping
messe in atto dai bambini al fine di affrontare lo stress derivante dal conflitto e l’impatto che tali
strategie esercitano sulla percezione soggettiva di coping efficacy. Più specificatamente intende
verificare se la sicurezza dell’attaccamento sia in grado di influenzare sia le strategie di coping
sia il loro effetto sulla coping efficacy.
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Attaccamento e Sistemi Complessi (Attachment and Complex Systems), Vol. 1, n.1, gennaio 2014, pp. xxxxx
ISSN xxxxxxxx
© 2014 Scione Editore
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
L’interesse per questo tema nasce dalle evidenze della ricerca psicologica che, sebbene
abbia chiarito il ruolo distinto delle strategie di coping, della coping efficacy e dell’attaccamento
nel rendere il conflitto tra i genitori un evento potenzialmente dannoso per l’adattamento dei
figli, non ha, tuttavia, esplorato quali connessioni esistano tra tali dimensioni né a quali
condizioni esse possano svolgere una funzione protettiva. Sappiamo come la capacità di coping
nell’affrontare difficoltà e situazioni stressanti costituisca, nel corso dello sviluppo,
un’importante acquisizione che ha ripercussioni sull’adattamento psicologico (Clarke, 2006;
Compas, Connor-Smith, Saltzman, Thomsen, & Wadsworth, 2001; Jaser, Champion, Reeslund,
Keller, Merchant, Benson, & Compas, 2007; Skinner, Edge, Altman, & Sherwood, 2003). Le
modalità di reazione allo stress implicano la messa in atto di processi psicologici complessi che
permettono ai bambini di regolare le proprie emozioni, elaborare pensieri costruttivi, controllare
l’arousal, direzionare il proprio comportamento e agire direttamente sull’ambiente, alterando o
riducendo le fonti originarie di stress (Compas et al., 2001). Accanto al coping anche il costrutto
di coping efficacy, definito nei termini di valutazione soggettiva circa la possibilità di affrontare
con successo le richieste e l’attivazione emotiva conseguenti ad una situazione stressogena
(Sandler, Tein, Mehta, Wolchik, & Ayers, 2000), è stato da tempo individuato come fattore
protettivo cruciale nell’adattamento piscologico. La coping efficacy, infatti, produce una
significativa diminuzione nelle risposte negative di tipo fisiologico, emotivo e comportamentale
allo stress (Bandura, 1997; Heppener & Lee, 2002; Maddux, 1995; Thompson, 1981),
garantendo sia un rassicurante senso di prevedibilità circa la possibilità di poter risolvere o
modificare i problemi sia di potersi adattare alla situazione stressogena (Bandura, 1997;
Thompson, 1981; Heckhausen & Schulz, 1995; Skinner, 1995).
Nell’ambito degli studi sul conflitto genitoriale, le strategie di coping e la coping efficacy
sono componenti significative dei due principali modelli teorici, quello della Sicurezza Emotiva
e quello Cognitivo Contestuale, che hanno descritto le condizioni a causa delle quali il conflitto
diviene dannoso per i figli (si vedano le rassegne di Malagoli Togliatti & Lubrano Lavadera,
2009; Zaccagnini & Zavattini, 2005; Zimet & Jacob, 2001). Questi modelli sottolineano come,
in caso di conflitto genitoriale, le interpretazioni e le reazioni dei bambini influenzino il loro
benessere psicologico, in modo addirittura più rilevante rispetto al confitto stesso. Più in
particolare, il modello della Sicurezza Emotiva (Davies & Cummings, 1994, 1998) afferma
come il bambino, quando percepisce l’incertezza del legame tra i suoi genitori: a) sperimenta un
elevato distress, b) si costruisce rappresentazioni interne della famiglia particolarmente negative
e distruttive, c) mette in atto tentativi cronici disfunzionali di ipercoinvolgimento o evitamento
del conflitto, che lo rendono emotivamente insicuro e, quindi, vulnerabile all’insorgenza di
problemi psicologici. In questo modello, l’insicurezza emotiva non corrisponde all’analogo
costrutto della teoria dell’attaccamento, perché deriva direttamente dalle percezioni e dalla
rappresentazione della relazione di coppia, che il bambino si costruisce nel tempo. I risultati
empirici delle ricerche basate su tale modello teorico hanno evidenziato come la presenza di
problemi psicologici di tipo ansioso e depressivo possa dipendere sia dal coinvolgimento
cronico nel conflitto genitoriale (Davies & Cummings, 1998; Harold, Shelton, Goeke-Morey &
Cummings, 2004; Jenkins, Smith & Graham, 1989; O’Brien, Margolin, John, & Krueger, 1991)
sia dall’adozione di strategie di evitamento (Davies, Forman, Rasi & Stevens, 2002; Nicoletti,
El-Sheikh & Whitson, 2003; O’Brien et al., 1991; Wadsworth, Raviv, Compas & Connor-
Smith, 2005). Al contrario, strategie di coping attivo o di distrazione (Sandler, Tein, & West,
1994; Nicoletti et al., 2003; De Carlo Santiago & Wadsworth, 2009) e di ricerca di supporto
(Nicoletti et al., 2003; Wadsworth & Compas, 2002) sembrano svolgere un ruolo protettivo.
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
L’importanza della coping efficacy è stata invece introdotta nel modello Cognitivo
Contestuale (Grych & Fincham 1990), che evidenzia l’importanza dei tentativi messi in atto dai
bambini per comprendere la situazione conflittuale e per affrontarla con successo. Gli Autori
sostengono che i bambini esposti al conflitto cerchino di comprendere cosa stia accadendo
attraverso due processi sequenziali di elaborazione primaria e secondaria. Con il primo processo
il bambino valuta la situazione conflittuale in termini di negatività, pericolo e rilevanza per il
proprio benessere e per quello della famiglia; con il secondo processo egli cerca di comprendere
i motivi che stanno alla base del conflitto, chi ne è il principale responsabile e le proprie
possibilità di affrontarlo con successo. I bambini che valutano il conflitto come pericoloso per il
proprio benessere e per il funzionamento della famiglia (minaccia percepita), che nutrono la
convinzione di essere la causa del conflitto (autobiasimo) e che ritengono di non essere in grado
di rispondervi in modo efficace (scarsa coping efficacy) sono maggiormente a rischio di esiti
disadattavi. I diversi studi, che negli anni hanno empiricamente testato le implicazioni del
modello Cognitivo Contestuale, hanno concentrato l’attenzione sui fattori di disadattamento
evolutivo, quali la minaccia percepita insita nel conflitto e l’autobiasimo (Atkinson, Dadds,
Chipuer, & Dawe, 2009; Buehler, Lange, & Franck, 2007; Dadds, Atkinson, Turner, Blums, &
Lendich, 1999; Fosco, & Grych, 2008; Grych, Fincham, Jouriles, & McDonald, 2000; Grych,
Harold, & Miles, 2003; Kim, Jackson, Conrad, & Hunter, 2008; Rhoades, 2008; Siffert,
Schwarz, & Stutz, 2012), sottovalutando il ruolo della coping efficacy e del suo potenziale
protettivo. Eppure, alcuni primi studi sulla coping efficacy (Covell & Miles, 1992; Cumming,
Davies, & Simpson, 1994; Grych & Fincham 1993; Sandler et al., 2000) ne avevano dimostrato
la rilevanza nel favorire l’adattamento positivo in situazioni conflittuali. In particolare, Sandler e
colleghi (2000), in una articolata ricerca volta a verificare se tra le strategie di coping e la
coping efficacy esista una relazione bidirezionale esplicativa dell’adattamento dei bambini,
hanno concluso che le strategie di coping predicono la coping efficacy, che, a sua volta, media
l’adattamento psicologico dei figli. Nello specifico, hanno dimostrato come il coping attivo
favorisca una maggior coping efficacy, che a sua volta contrasta l’insorgenza di problematiche
di internalizzazione; mentre il coping di evitamento riduce la coping efficacy, che risulta così
connessa a problematiche sia di internalizzazione sia di esternalizzazione. Lo studio di Sandler e
colleghi (2000), sottovalutato dalla letteratura sul conflitto, ci sembra particolarmente
importante per diverse ragioni: in primo luogo, esso assegna alla coping efficacy il ruolo di
mediatore nel contrastare esiti disadattivi, coerentemente con gli orientamenti attuali della
letteratura che mirano a valorizzare il peso dei fattori protettivi nello sviluppo; inoltre, il
costrutto di coping efficacy, inteso come percezione soggettiva di efficacia nel far fronte allo
stress, implica il riferimento ad una dimensione interna di sicurezza personale, che potrebbe
essere connessa alla qualità del legame affettivo di attaccamento dei bambini.
A questo proposito, la relazione tra attaccamento e percezione del conflitto, già chiarita in
alcuni studi (Camisasca, Miragoli, & Di Blasio, 2013; El-Sheikh & Elmore-Staton, 2004;
Lindsey, Yvonne, & Tankersley, 2009), individua nell’attaccamento sicuro un fattore protettivo
in grado di garantire un migliore adattamento psicosociale nei bambini esposti al conflitto.
Alcuni studi empirici hanno dimostrato che i soggetti sicuri, non solo attuano strategie di coping
efficaci, tra cui particolarmente rilevante la ricerca del supporto interpersonale (Armsden &
Greenberg, 1987; Baker, 2006; Howard & Medway, 2004; Seiffge-Krenke, 2006; Shulman,
1993; Simpson, Rholes, & Nelligan, 1992; Steward, Jo, Murray, Fitzgerald, Neil, Fear, et al.,
1998), ma soprattutto nutrono una più consistente percezione di coping efficacy (Wei, Heppner,
& Mallinckrodt, 2003).
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Camisasca, Miragoli e Di Blasio
In sintesi, stimolati sia dai dati sull’importanza dell’attaccamento (Baker, 2006; Howard &
Medway, 2004; Simpson et al., 1992; Simpson & Rholes, 1994; Torquati & Vazsonyi, 1999;
Vetere & Myers, 2002) sia dai risultati sull’associazione tra strategie di coping e coping efficacy
(Sandler et al., 2000), ci siamo domandate quale relazione esista tra tali dimensioni in situazioni
di conflitto e, in particolare, se l’attaccamento possa essere un fattore cruciale nel modulare
l’utilizzo delle diverse strategie di coping e il loro impatto sulla coping efficacy. L’obiettivo
generale di questo studio è, dunque, quello di analizzare il ruolo dei diversi Modelli Operativi
Interni (MOI) dell’attaccamento (sicuro, ansioso-ambivalente ed evitante) quali elementi
esplicativi sia dell’utilizzo delle strategie di coping, conseguenti al distress percepito da bambini
in occasione del conflitto tra i genitori, sia del loro effetto sulla coping efficacy.
2. Metodo
Più specificatamente questo studio si propone di esplorare se i diversi MOI di tipo sicuro,
evitante e ansioso-ambivalente siano in grado di moderare la natura delle connessioni tra
distress percepito dai bambini a causa del conflitto tra i genitori (predittore), strategie di coping
(coping attivo, coping distrazione, coping di evitamento e coping di ricerca del supporto;
mediatori) e coping efficacy (outcome). In linea con le indicazioni della letteratura sopracitata,
ipotizziamo che i bambini sicuri utilizzino prevalentemente strategie di ricerca del supporto e
che tale utilizzo possa garantire loro una maggior sensazione di coping efficacy. Diversamente,
ci aspettiamo che i bambini insicuri, sia ansioso-ambivalenti sia evitanti, utilizzino
prevalentemente strategie di distrazione e di evitamento, e che gli ansioso-ambivalenti, a
differenza degli evitanti, possano mettere in atto strategie di ricerca di supporto, senza tuttavia
trarne un senso di efficacia.
2.2 Partecipanti
A partire da un gruppo iniziale composto da 200 bambini (53% femmine), con età
compresa tra 8 e 11 anni (M = 9.0, DS = 1.1), e dai loro genitori, sono stati selezionati 182
bambini e genitori suddivisi in due gruppi pareggiati per età e non differenti significativamente
rispetto al genere (2(1) = .95, p = .37). Un gruppo di bambini (n = 87) con attaccamento sicuro
(45% maschi, età: M = 9.1, DS = 1.0) e i loro genitori (età md: M = 40.9, DS = 4.3; età pd: M =
43.1, DS = 4.4) e un gruppo (n = 95) con attaccamento insicuro (50,5% maschi, età: M = 9,1, DS
= 1.2) e i loro genitori (età md: M = 40.8, DS = 4.1; età pd: M = 42.5, DS = 4.6), di cui 46
bambini con attaccamento ansioso-ambivalente e 49 con attaccamento evitante. Tutti i bambini
appartengono a famiglie normocostituite, con una durata media del matrimonio pari a 14 anni
(DS = 4.2). Lo status socio-culturale familiare, rilevato attraverso la professione e il titolo di
studio dei due genitori, indica che il 55% delle famiglie ha uno status socio-culturale medio, il
16% alto e il 29% basso.
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
2.3 Procedura
I partecipanti alla ricerca sono stati reclutati presso tre scuole elementari pubbliche di
Milano e provincia (Parabiago e Lissone). In un incontro introduttivo esplicativo il progetto di
ricerca è stato presentato ai rispettivi dirigenti e al corpo insegnante, fornendo una descrizione
scritta degli obiettivi e della procedura dello studio rivolta ai genitori delle classi elementari
coinvolte. Tutti i genitori, che hanno aderito alla ricerca, hanno firmato i moduli di consenso,
che descrivevano il progetto di ricerca, il carattere volontario della partecipazione e la
riservatezza dei dati raccolti.
Gli strumenti per i genitori sono stati consegnati in una busta chiusa ed anonima, con la
richiesta che venissero compilati presso il proprio domicilio. La somministrazione degli
strumenti ai bambini è invece avvenuta a scuola, in un luogo che potesse garantire tranquillità e
riservatezza.
2.4 Strumenti
Conflitto genitoriale
Distress
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Strategie di coping
Coping efficacy
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
Grych et al., 1992). Nello specifico, la scala Coping efficacy ( = .69), composta da 6 item (su
scala a 3 livelli: 0 = falso, 1 = in parte vero, 2 = vero), misura il livello secondo il quale i
bambini ritengono di essere in grado di affrontare con successo le richieste e l’attivazione
emotiva conseguenti al conflitto tra i genitori. Esempi di item: “Quando i miei genitori litigano,
io riesco a fare qualcosa che mi fa sentire meglio”, “Io so cosa fare quando i miei genitori hanno
delle discussioni”.
In primo luogo, è stata condotta un’analisi della varianza (ANOVA) per esaminare la
presenza nei bambini con diversi MOI (sicuro, ansioso-ambivalente ed evitante) di eventuali
differenze significative nelle medie dei punteggi alle variabili indagate.
In secondo luogo, al fine di verificare se l’attaccamento moderi la relazione tra distress
(predittore), strategie di coping (mediatori) e coping efficacy (outcome), sono stati considerati
separatamente i tre sottogruppi di bambini sicuri, ansioso-ambivalenti ed evitanti. Nello
specifico, in ciascun gruppo, sono state condotte delle correlazioni sia per esplorare le
associazioni tra le variabili sia per valutare l’esistenza delle precondizioni necessarie per
l’applicazione del modello di mediazione (vale a dire correlazioni significative tra predittore,
mediatori e outcome). Il modello di mediazione si ritiene validato se sono soddisfatte 4
condizioni (Baron & Kenny, 1986; pp. 1174-1178). Le prime due riguardano (1) l’influenza del
predittore (distress) sulla variabile di outcome (coping efficacy) e (2) sulle variabili di
mediazione (strategie focalizzate sul problema, ristrutturazione cognitiva positiva, coping di
distrazione, coping di evitamento e coping di ricerca del supporto). La terza (3) richiede che vi
sia una relazione tra la variabile di outcome e le variabili di mediazione, dopo aver controllato lo
specifico effetto del predittore. Quando questi requisiti sono soddisfatti, viene effettuato un
confronto tra la prima e la terza regressione (4) per determinare l’effetto del predittore sulla
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3. Risultati
[Inserire tabella 1]
I punteggi rilevati relativi al conflitto sono, in media, da moderati a bassi: questo appare in
linea con la letteratura (Fosco & Grych, 2008, Buehler et al., 2007; Davies et al., 2002), poiché i
partecipanti alla nostra ricerca non appartenevano ad un campione clinico. Le percezioni dei
bambini e di entrambi i genitori risultano, inoltre, significativamente associate tra di loro
(aggressività verbale materna vs aggressività verbale paterna: r = .56, p < .01; conflitto percepito
dai bambini vs aggressività verbale materna: r = .27, p < .01; conflitto percepito dai bambini vs
aggressività verbale paterna: r = .20, p < .05).
Le ANOVA condotte sui sottogruppi di bambini con diversi MOI non segnalano differenze
significative nelle variabili investigate, ad eccezione dell’utilizzo della strategie di coping di
distrazione: i nostri dati, infatti, segnalano che i bambini evitanti, a differenza dei sicuri e degli
ansioso-ambivalenti, fanno significativamente più ricorso a tale tipo di strategia.
Presentiamo i dati suddivisi nei tre sottogruppi distinti di bambini sicuri, ansioso-
ambivalenti ed evitanti.
Attaccamento sicuro
Nel gruppo di bambini sicuri (tabella 2), i dati correlazionali segnalano innanzitutto che
all’aumentare del conflitto genitoriale aumenta anche il vissuto di distress dei figli (r = .47).
Relativamente alle associazioni tra distress percepito, strategie di coping e coping efficacy, i
risultati segnalano che il predittore (distress) correla positivamente con tutti i mediatori: coping
focalizzato sul problema (r = .51), ristrutturazione cognitiva positiva (r = .30), coping di
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
distrazione (r = .21), coping di evitamento (r =.50) e di ricerca del supporto (r = .26); mentre
risulta negativamente associato all’outcome, ovvero ai vissuti di efficacia nel far fronte alla
situazione conflittuale (r = -.37). Tra i mediatori, il coping di evitamento risulta negativamente
correlato ai vissuti di coping efficacy (r = -.30), mentre il coping di ricerca del supporto
positivamente correlato (r =.21); non si ravvisano invece associazioni significative con la coping
efficacy per le altre strategie di coping considerate.
[Inserire tabella 2]
I dati, pertanto, segnalano che per i bambini sicuri livelli più accentuati di distress si
associano all’utilizzo di un’ampia gamma di strategie di coping, e che, tra queste, solo il coping
di evitamento e di ricerca del supporto risultano significativamente correlate alla coping
efficacy, sebbene con effetti diversi. Si ravvisano, quindi, le condizioni per la verifica degli
effetti di mediazione nell’associazione tra distress genitoriale e coping efficacy. A questo
proposito, l’effetto del predittore (distress) su ciascuno dei mediatori (coping focalizzato sul
problema, ristrutturazione cognitiva positiva, coping di distrazione, coping di evitamento e di
ricerca del supporto) è stato testato attraverso regressioni lineari volte a verificare la condizione
2 del modello di mediazione. Successivamente, sulla variabile di outcome (coping efficacy) è
stata condotta una regressione gerarchica, in cui il predittore è stato introdotto allo Step 1, per
verificare la condizione 1 del modello; e i mediatori sono stati introdotti allo Step 2, per
verificare le condizioni 3 e 4.
[Inserire tabella 3 e 4]
Attaccamento evitante
Per i bambini evitanti (tabella 5) i dati correlazionali segnalano, come per i sicuri, che
all’aumentare del conflitto genitoriale aumenta anche il vissuto di distress dei figli (r = .29).
Relativamente alle associazioni tra distress percepito, strategie di coping e coping efficacy, i
risultati segnalano che il predittore (distress) correla positivamente con i soli mediatori coping
di distrazione (r = .29) e coping di evitamento (r =.31), e risulta negativamente associato alla
coping efficacy (r = -.32). Tra i mediatori solo il coping di distrazione risulta positivamente
correlato ai vissuti di coping efficacy (r = .30).
[Inserire tabella 5]
In altre parole, i dati segnalano che, per i bambini evitanti, livelli più accentuati di distress
si associano all’utilizzo delle sole strategie di coping di evitamento e di distrazione, e che, tra
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queste, solo il coping di distrazione risulta positivamente correlato alla coping efficacy. Si
ravvisano pertanto le condizioni per la verifica degli effetti di mediazione.
[Inserire tabella 6 e 7]
Attaccamento ansioso-ambivalente
Per i bambini ansioso-ambivalenti (tabella 8) i dati correlazionali segnalano, come per gli
altri, che all’aumentare del conflitto genitoriale aumenta anche il vissuto di distress dei figli (r =
.35). Relativamente alle associazioni tra distress percepito, strategie di coping e coping efficacy,
i risultati segnalano che il predittore (distress) correla positivamente con tutti i mediatori, ad
eccezione del coping di distrazione, e precisamente con: coping focalizzato sul problema (r =
.53), ristrutturazione cognitiva positiva (r = .40), coping di evitamento (r =.55) e di ricerca del
supporto (r = .29). Il distress percepito risulta, inoltre, negativamente associato all’outcome,
ovvero ai vissuti di efficacia nel far fronte alla situazione conflittuale (r = -.31). I dati segnalano,
inoltre, che nessuna delle strategie utilizzate dai bambini ansioso-ambivalenti correla con la
coping efficacy.
[Inserire tabella 8]
4. Discussione
Come abbiamo illustrato nell’introduzione, questo studio si focalizza sul ruolo dei tre
distinti MOI dell’attaccamento (sicuro, ansioso-ambivalente ed evitante) nel modulare l’effetto
delle strategie di coping nell’associazione tra distress percepito dai bambini in situazioni di
conflitto e coping efficacy.
I risultati, sebbene preliminari per l’esiguo numero di soggetti ansioso-ambivalenti ed
evitanti, evidenziano che le strategie di coping utilizzate dai bambini in condizione di distress,
esercitano un ruolo distinto sulla loro percezione di coping efficacy, in modo differenziato a
seconda dei MOI dell’attaccamento con il caregiver. Più precisamente, è emerso che, i bambini
sicuri, in condizioni di distress, attivano tutte le strategie di coping (coping focalizzato sul
problema, ristrutturazione cognitiva positiva, coping di distrazione, evitamento e ricerca del
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
supporto) e che, tra le diverse strategie utilizzate, solo la ricerca del supporto risulta in grado di
favorire una maggiore percezione di coping efficacy. Tali dati sono in linea con la letteratura,
che evidenzia come i MOI dei bambini sicuri, esito di interazioni sensibili e responsive con i
propri caregiver (Attili, 2007; Attili, Di Pentima, & Toni, 2013) garantiscano una maggior
flessibilità nell’utilizzo delle strategie di coping e soprattutto permettano l’attivazione della
ricerca del supporto interpersonale (Baker, 2006; Buelow, Lyddon, & Johnson, 2002;
Mikulincer & Shaver, 2007). Il dato che in situazioni di conflitto genitoriale la ricerca del
supporto costituisca l’unica strategia di coping in grado di favorire i vissuti di coping efficacy
dei bambini sicuri, ci appare, inoltre, del tutto coerente sia con le rappresentazioni interne
dell’attaccamento di questi bambini sia con i dati della letteratura sul conflitto. Infatti, la
possibilità per i bambini sicuri di esprimere il proprio distress e di cercare aiuto negli altri,
risulta efficace in quanto solidamente ancorata alla convinzione che gli adulti significativi siano
effettivamente disponibili ad ascoltarli e a proteggerli. Possiamo anche presumere che gli stessi
genitori, resi consapevoli dai loro bambini del disagio che essi stanno provando, siano più
propensi non solo a rassicurarli, ma anche ad attuare nel rapporto con il partner strategie di
negoziazione del conflitto (Castellano, Velotti, Crowell, & Zavattini, 2013). La scelta di
ricercare il supporto degli altri risulta, a nostro parere, la strategia più funzionale ed idonea sia a
preservare i bambini dal coinvolgimento cronico nel conflitto (ad esempio, nel ruolo di
mediatore, risolutore o alleato di un genitore contro l’altro) sia a proteggerli dalla messa in atto
di strategie di evitamento e congelamento delle emozioni, a loro volta associate ad esiti
disadattivi (Davies et al., 2002; Harold et al., 2004; Nicoletti et al., 2003; O’Brien et al., 1991;
Wadsworth et al., 2005).
Nei bambini evitanti, l’aumentato distress, determinato dalla situazione conflittuale,
comporta un incremento solo delle strategie di coping di distrazione e di evitamento. Anche
questo dato è in linea con la letteratura (Baker, 2006; Howard & Medway, 2004; Simpson et al.,
1992; Simpson & Rholes, 1994; Torquati & Vazsonyi, 1999; Vetere & Myers, 2002) e del tutto
coerente con le rappresentazioni interne del sé e degli altri degli individui evitanti, che, come
evidenziato da diversi studi, mettono in atto strategie di “disattivazione” (Cassidy & Kobak,
1988; Mikulincer & Shaver, 2003; Shaver & Mikulincer, 2002). Tali strategie, connotate da una
sorta di “presa di distanza”, possono assumere le due forme distinte di disattenzione attiva e di
inibizione/soppressione. La disattenzione attiva garantisce ai soggetti che la percezione degli
eventi minacciosi e dei vissuti di angoscia e impotenza, ad essi associati, non giunga alla
consapevolezza; mentre l’inibizione e la soppressione permettono di ridurre al minino le
cognizioni e i vissuti di fragilità percepiti e codificati in connessione all’evento stressante
(Mikulincer et al., 2003; Shaver & Mikulincer, 2002). I nostri dati sembrano indicare che i
bambini evitanti utilizzino sostanzialmente strategie di inibizione, che permettono loro di
allontanare dalla mente, attraverso azioni distraenti e sforzi cognitivi di evitamento, il distress
comunque percepito a causa del conflitto genitoriale. Questi risultati suggeriscono, inoltre,
l’effetto protettivo della sola strategia di distrazione nel favorire la coping efficacy dei bambini
evitanti, in linea con alcune evidenze empiriche (DeCarlo Santiago & Wadsworth, 2009;
Wadsworth & Compas 2002) secondo cui la regolazione delle emozioni attraverso l’utilizzo di
azioni distraenti avrebbe un effetto positivo sull’adattamento psicosociale. È comunque utile
ricordare che, sebbene a breve termine tali strategie di disattivazione possano essere
adattive, poiché frenano i processi ripetitivi e intrusivi delle emozioni negative connesse
all’evento stressogeno (Shaver e Mikulincer, 2002; Mikulincer, Shaver e Horesh, 2006), a
lungo termine potrebbero risultare disadattive poichè ostacolano l’elaborazione dei
contenuti connessi al disagio. I vissuti di efficacia riscontrati nei nostri bambini evitanti,
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Camisasca, Miragoli e Di Blasio
I risultati di questa ricerca debbono essere considerati alla luce di alcuni limiti, che vanno
riconosciuti sia per permettere una loro migliore interpretazione sia per un eventuale prosieguo
dello studio. Un primo limite, già evidenziato, riguarda la scarsa numerosità dei bambini con
attaccamento ansioso-ambivalente ed evitante, che impedisce una reale generalizzazione dei
risultati.
Inoltre, la natura cross-sectional dello studio, impedisce un’adeguata comprensione
dell’associazione temporale tra le variabili, in particolare, rispetto alle relazioni causali e
bidirezionali tra strategie di coping e coping efficacy. Sarebbe pertanto opportuno realizzare
studi longitudinali in grado di chiarire meglio questa associazione.
Un ulteriore limite concerne la mancata considerazione degli effetti del genere e dell’età
nella messa in atto delle strategie di coping e nell’analisi del loro effetto sulla coping efficacy.
La letteratura di riferimento, a questo riguardo, ha fornito risultati non del tutto coerenti. In
particolare, alcuni studi non hanno rilevato nei bambini di età scolare differenze di genere
nell’utilizzo degli stili coping (Altshuler & Ruble, 1989; Curry & Russ, 1985; Spirito, Stark,
Grace, & Stamoulis, 1991); mentre altri hanno dimostrato che le femmine, rispetto ai maschi,
utilizzano in modo più accentuato strategie di ricerca del supporto e di problem solving (Causey
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
& Dubow, 1992; Eschenbeck, Kohlmann, & Lohaus, 2007; Spirito et al., 1991). Anche
relativamente all’influenza dell’età sono stati ottenuti risultati non del tutto omogenei.
Alcuni lavori evidenziano, infatti, un’associazione positiva tra aumento dell’età e strategie di
problem solving (Ebata & Moos, 1991; Eschenbeck et al. 2007; Fields & Prinz, 1997; Griffith,
Dubow, & Ippolito, 2000); altri studi rilevano, invece, una certa stabilità nel tempo per quanto
concerne l’utilizzo delle strategie di coping attivo e di ricerca del supporto (Causey & Dubow,
1992; Compas, Malcarne, & Fondacaro, 1988; Donaldson, Prinstein, Danovsky, & Spirito,
2000; Seiffge-Krenke, 1993; Wertlieb, Weigel, & Feldstein, 1987); e altri ancora riferiscono un
decremento dell’utilizzo delle strategie di distrazione dall’infanzia all’adolescenza (Donaldson
et al., 2000; Eschenbeck et al., 2007; Hampel & Petermann, 2005; Spirito et al., 1991). In studi
successivi potrebbe essere, quindi, essere utile chiarire l’effetto del genere e dell’età
nell’associazione tra strategie di coping e coping efficacy, per meglio comprendere, in
sottogruppi di bambini distinti per genere, l’evoluzione del senso di efficacia personale in
relazione alla percezione del conflitto genitoriale.
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
Nell’ambito degli studi sul conflitto genitoriale l’attenzione al rapporto tra rappresentazioni mentali
dell’attaccamento, strategie di coping e coping efficacy costituisce un tema poco indagato in letteratura. Il presente
studio esplora se e come i diversi Modelli Operativi Interni (MOI) dell’attaccamento dei bambini modulino la
relazione tra distress percepito in occasione del conflitto genitoriale, strategie di coping e coping efficacy. I
partecipanti sono 182 bambini (87 sicuri, 46 ansioso-ambivalenti e 49 evitanti) di età scolare ed i loro genitori, a cui
sono stati somministrati una serie di strumenti (RCTS, CPIC, SIS, CCSC-R1 e SAT). I risultati mostrano l’influenza
dei MOI sull’utilizzo delle diverse strategie di coping e sul loro impatto sulla coping efficacy.
Parole chiave: conflitto genitoriale, strategie di coping, attaccamento, coping efficacy, bambini
Coping strategies and coping efficacy in children exposed to marital conflict: the role of attachment
In the literature on marital conflict little attention has been paid regarding the relationship among children’s
attachment, coping strategies, and coping efficacy. The present study aims to explore whether and how the different
children’s Internal Working Models (IWM) of attachment moderate the associations among children’s perceived
distress during the conflict, coping strategies, and coping efficacy. 182 schoolaged children (87 secure, 46 anxious-
ambivalent and 49 avoidant) and their parents participated to the study. A set of measures (RCTS, CPIC, SIS,
CCSC-R1, SAT) were administered to children and their parents. The results show the influence of MOI on the use
of different coping strategies and on their effects on coping efficacy.
Keywords: marital conflict, coping strategies, attachment, coping efficacy, children
1. Introduzione
Il presente lavoro si inserisce nell’ambito degli studi sul conflitto genitoriale e focalizza
l’attenzione sul rapporto tra le rappresentazioni mentali dell’attaccamento, le strategie di coping
messe in atto dai bambini al fine di affrontare lo stress derivante dal conflitto e l’impatto che tali
strategie esercitano sulla percezione soggettiva di coping efficacy. Più specificatamente intende
verificare se la sicurezza dell’attaccamento sia in grado di influenzare sia le strategie di coping
sia il loro effetto sulla coping efficacy.
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ISSN xxxxxxxx
© 2014 Scione Editore
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
L’interesse per questo tema nasce dalle evidenze della ricerca psicologica che, sebbene
abbia chiarito il ruolo distinto delle strategie di coping, della coping efficacy e dell’attaccamento
nel rendere il conflitto tra i genitori un evento potenzialmente dannoso per l’adattamento dei
figli, non ha, tuttavia, esplorato quali connessioni esistano tra tali dimensioni né a quali
condizioni esse possano svolgere una funzione protettiva. Sappiamo come la capacità di coping
nell’affrontare difficoltà e situazioni stressanti costituisca, nel corso dello sviluppo,
un’importante acquisizione che ha ripercussioni sull’adattamento psicologico (Clarke, 2006;
Compas, Connor-Smith, Saltzman, Thomsen, & Wadsworth, 2001; Jaser, Champion, Reeslund,
Keller, Merchant, Benson, & Compas, 2007; Skinner, Edge, Altman, & Sherwood, 2003). Le
modalità di reazione allo stress implicano la messa in atto di processi psicologici complessi che
permettono ai bambini di regolare le proprie emozioni, elaborare pensieri costruttivi, controllare
l’arousal, direzionare il proprio comportamento e agire direttamente sull’ambiente, alterando o
riducendo le fonti originarie di stress (Compas et al., 2001). Accanto al coping anche il costrutto
di coping efficacy, definito nei termini di valutazione soggettiva circa la possibilità di affrontare
con successo le richieste e l’attivazione emotiva conseguenti ad una situazione stressogena
(Sandler, Tein, Mehta, Wolchik, & Ayers, 2000), è stato da tempo individuato come fattore
protettivo cruciale nell’adattamento piscologico. La coping efficacy, infatti, produce una
significativa diminuzione nelle risposte negative di tipo fisiologico, emotivo e comportamentale
allo stress (Bandura, 1997; Heppener & Lee, 2002; Maddux, 1995; Thompson, 1981),
garantendo sia un rassicurante senso di prevedibilità circa la possibilità di poter risolvere o
modificare i problemi sia di potersi adattare alla situazione stressogena (Bandura, 1997;
Thompson, 1981; Heckhausen & Schulz, 1995; Skinner, 1995).
Nell’ambito degli studi sul conflitto genitoriale, le strategie di coping e la coping efficacy
sono componenti significative dei due principali modelli teorici, quello della Sicurezza Emotiva
e quello Cognitivo Contestuale, che hanno descritto le condizioni a causa delle quali il conflitto
diviene dannoso per i figli (si vedano le rassegne di Malagoli Togliatti & Lubrano Lavadera,
2009; Zaccagnini & Zavattini, 2005; Zimet & Jacob, 2001). Questi modelli sottolineano come,
in caso di conflitto genitoriale, le interpretazioni e le reazioni dei bambini influenzino il loro
benessere psicologico, in modo addirittura più rilevante rispetto al confitto stesso. Più in
particolare, il modello della Sicurezza Emotiva (Davies & Cummings, 1994, 1998) afferma
come il bambino, quando percepisce l’incertezza del legame tra i suoi genitori: a) sperimenta un
elevato distress, b) si costruisce rappresentazioni interne della famiglia particolarmente negative
e distruttive, c) mette in atto tentativi cronici disfunzionali di ipercoinvolgimento o evitamento
del conflitto, che lo rendono emotivamente insicuro e, quindi, vulnerabile all’insorgenza di
problemi psicologici. In questo modello, l’insicurezza emotiva non corrisponde all’analogo
costrutto della teoria dell’attaccamento, perché deriva direttamente dalle percezioni e dalla
rappresentazione della relazione di coppia, che il bambino si costruisce nel tempo. I risultati
empirici delle ricerche basate su tale modello teorico hanno evidenziato come la presenza di
problemi psicologici di tipo ansioso e depressivo possa dipendere sia dal coinvolgimento
cronico nel conflitto genitoriale (Davies & Cummings, 1998; Harold, Shelton, Goeke-Morey &
Cummings, 2004; Jenkins, Smith & Graham, 1989; O’Brien, Margolin, John, & Krueger, 1991)
sia dall’adozione di strategie di evitamento (Davies, Forman, Rasi & Stevens, 2002; Nicoletti,
El-Sheikh & Whitson, 2003; O’Brien et al., 1991; Wadsworth, Raviv, Compas & Connor-
Smith, 2005). Al contrario, strategie di coping attivo o di distrazione (Sandler, Tein, & West,
1994; Nicoletti et al., 2003; De Carlo Santiago & Wadsworth, 2009) e di ricerca di supporto
(Nicoletti et al., 2003; Wadsworth & Compas, 2002) sembrano svolgere un ruolo protettivo.
2
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
L’importanza della coping efficacy è stata invece introdotta nel modello Cognitivo
Contestuale (Grych & Fincham 1990), che evidenzia l’importanza dei tentativi messi in atto dai
bambini per comprendere la situazione conflittuale e per affrontarla con successo. Gli Autori
sostengono che i bambini esposti al conflitto cerchino di comprendere cosa stia accadendo
attraverso due processi sequenziali di elaborazione primaria e secondaria. Con il primo processo
il bambino valuta la situazione conflittuale in termini di negatività, pericolo e rilevanza per il
proprio benessere e per quello della famiglia; con il secondo processo egli cerca di comprendere
i motivi che stanno alla base del conflitto, chi ne è il principale responsabile e le proprie
possibilità di affrontarlo con successo. I bambini che valutano il conflitto come pericoloso per il
proprio benessere e per il funzionamento della famiglia (minaccia percepita), che nutrono la
convinzione di essere la causa del conflitto (autobiasimo) e che ritengono di non essere in grado
di rispondervi in modo efficace (scarsa coping efficacy) sono maggiormente a rischio di esiti
disadattavi. I diversi studi, che negli anni hanno empiricamente testato le implicazioni del
modello Cognitivo Contestuale, hanno concentrato l’attenzione sui fattori di disadattamento
evolutivo, quali la minaccia percepita insita nel conflitto e l’autobiasimo (Atkinson, Dadds,
Chipuer, & Dawe, 2009; Buehler, Lange, & Franck, 2007; Dadds, Atkinson, Turner, Blums, &
Lendich, 1999; Fosco, & Grych, 2008; Grych, Fincham, Jouriles, & McDonald, 2000; Grych,
Harold, & Miles, 2003; Kim, Jackson, Conrad, & Hunter, 2008; Rhoades, 2008; Siffert,
Schwarz, & Stutz, 2012), sottovalutando il ruolo della coping efficacy e del suo potenziale
protettivo. Eppure, alcuni primi studi sulla coping efficacy (Covell & Miles, 1992; Cumming,
Davies, & Simpson, 1994; Grych & Fincham 1993; Sandler et al., 2000) ne avevano dimostrato
la rilevanza nel favorire l’adattamento positivo in situazioni conflittuali. In particolare, Sandler e
colleghi (2000), in una articolata ricerca volta a verificare se tra le strategie di coping e la
coping efficacy esista una relazione bidirezionale esplicativa dell’adattamento dei bambini,
hanno concluso che le strategie di coping predicono la coping efficacy, che, a sua volta, media
l’adattamento psicologico dei figli. Nello specifico, hanno dimostrato come il coping attivo
favorisca una maggior coping efficacy, che a sua volta contrasta l’insorgenza di problematiche
di internalizzazione; mentre il coping di evitamento riduce la coping efficacy, che risulta così
connessa a problematiche sia di internalizzazione sia di esternalizzazione. Lo studio di Sandler e
colleghi (2000), sottovalutato dalla letteratura sul conflitto, ci sembra particolarmente
importante per diverse ragioni: in primo luogo, esso assegna alla coping efficacy il ruolo di
mediatore nel contrastare esiti disadattivi, coerentemente con gli orientamenti attuali della
letteratura che mirano a valorizzare il peso dei fattori protettivi nello sviluppo; inoltre, il
costrutto di coping efficacy, inteso come percezione soggettiva di efficacia nel far fronte allo
stress, implica il riferimento ad una dimensione interna di sicurezza personale, che potrebbe
essere connessa alla qualità del legame affettivo di attaccamento dei bambini.
A questo proposito, la relazione tra attaccamento e percezione del conflitto, già chiarita in
alcuni studi (Camisasca, Miragoli, & Di Blasio, 2013; El-Sheikh & Elmore-Staton, 2004;
Lindsey, Yvonne, & Tankersley, 2009), individua nell’attaccamento sicuro un fattore protettivo
in grado di garantire un migliore adattamento psicosociale nei bambini esposti al conflitto.
Alcuni studi empirici hanno dimostrato che i soggetti sicuri, non solo attuano strategie di coping
efficaci, tra cui particolarmente rilevante la ricerca del supporto interpersonale (Armsden &
Greenberg, 1987; Baker, 2006; Howard & Medway, 2004; Seiffge-Krenke, 2006; Shulman,
1993; Simpson, Rholes, & Nelligan, 1992; Steward, Jo, Murray, Fitzgerald, Neil, Fear, et al.,
1998), ma soprattutto nutrono una più consistente percezione di coping efficacy (Wei, Heppner,
& Mallinckrodt, 2003).
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Attaccamento e Sistemi Complessi (Attachment and Complex Systems), Vol. 1, n.1, gennaio 2014, pp. xxxxx
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
In sintesi, stimolati sia dai dati sull’importanza dell’attaccamento (Baker, 2006; Howard &
Medway, 2004; Simpson et al., 1992; Simpson & Rholes, 1994; Torquati & Vazsonyi, 1999;
Vetere & Myers, 2002) sia dai risultati sull’associazione tra strategie di coping e coping efficacy
(Sandler et al., 2000), ci siamo domandate quale relazione esista tra tali dimensioni in situazioni
di conflitto e, in particolare, se l’attaccamento possa essere un fattore cruciale nel modulare
l’utilizzo delle diverse strategie di coping e il loro impatto sulla coping efficacy. L’obiettivo
generale di questo studio è, dunque, quello di analizzare il ruolo dei diversi Modelli Operativi
Interni (MOI) dell’attaccamento (sicuro, ansioso-ambivalente ed evitante) quali elementi
esplicativi sia dell’utilizzo delle strategie di coping, conseguenti al distress percepito da bambini
in occasione del conflitto tra i genitori, sia del loro effetto sulla coping efficacy.
2. Metodo
Più specificatamente questo studio si propone di esplorare se i diversi MOI di tipo sicuro,
evitante e ansioso-ambivalente siano in grado di moderare la natura delle connessioni tra
distress percepito dai bambini a causa del conflitto tra i genitori (predittore), strategie di coping
(coping attivo, coping distrazione, coping di evitamento e coping di ricerca del supporto;
mediatori) e coping efficacy (outcome). In linea con le indicazioni della letteratura sopracitata,
ipotizziamo che i bambini sicuri utilizzino prevalentemente strategie di ricerca del supporto e
che tale utilizzo possa garantire loro una maggior sensazione di coping efficacy. Diversamente,
ci aspettiamo che i bambini insicuri, sia ansioso-ambivalenti sia evitanti, utilizzino
prevalentemente strategie di distrazione e di evitamento, e che gli ansioso-ambivalenti, a
differenza degli evitanti, possano mettere in atto strategie di ricerca di supporto, senza tuttavia
trarne un senso di efficacia.
2.2 Partecipanti
A partire da un gruppo iniziale composto da 200 bambini (53% femmine), con età
compresa tra 8 e 11 anni (M = 9.0, DS = 1.1), e dai loro genitori, sono stati selezionati 182
bambini e genitori suddivisi in due gruppi pareggiati per età e non differenti significativamente
rispetto al genere (2(1) = .95, p = .37). Un gruppo di bambini (n = 87) con attaccamento sicuro
(45% maschi, età: M = 9.1, DS = 1.0) e i loro genitori (età md: M = 40.9, DS = 4.3; età pd: M =
43.1, DS = 4.4) e un gruppo (n = 95) con attaccamento insicuro (50,5% maschi, età: M = 9,1, DS
= 1.2) e i loro genitori (età md: M = 40.8, DS = 4.1; età pd: M = 42.5, DS = 4.6), di cui 46
bambini con attaccamento ansioso-ambivalente e 49 con attaccamento evitante. Tutti i bambini
appartengono a famiglie normocostituite, con una durata media del matrimonio pari a 14 anni
(DS = 4.2). Lo status socio-culturale familiare, rilevato attraverso la professione e il titolo di
studio dei due genitori, indica che il 55% delle famiglie ha uno status socio-culturale medio, il
16% alto e il 29% basso.
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Attaccamento e Sistemi Complessi (Attachment and Complex Systems), Vol. 1, n.1, gennaio 2014, pp. xxxxx
Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
2.3 Procedura
I partecipanti alla ricerca sono stati reclutati presso tre scuole elementari pubbliche di
Milano e provincia (Parabiago e Lissone). In un incontro introduttivo esplicativo il progetto di
ricerca è stato presentato ai rispettivi dirigenti e al corpo insegnante, fornendo una descrizione
scritta degli obiettivi e della procedura dello studio rivolta ai genitori delle classi elementari
coinvolte. Tutti i genitori, che hanno aderito alla ricerca, hanno firmato i moduli di consenso,
che descrivevano il progetto di ricerca, il carattere volontario della partecipazione e la
riservatezza dei dati raccolti.
Gli strumenti per i genitori sono stati consegnati in una busta chiusa ed anonima, con la
richiesta che venissero compilati presso il proprio domicilio. La somministrazione degli
strumenti ai bambini è invece avvenuta a scuola, in un luogo che potesse garantire tranquillità e
riservatezza.
2.4 Strumenti
Conflitto genitoriale
Distress
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Strategie di coping
Coping efficacy
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
Grych et al., 1992). Nello specifico, la scala Coping efficacy ( = .69), composta da 6 item (su
scala a 3 livelli: 0 = falso, 1 = in parte vero, 2 = vero), misura il livello secondo il quale i
bambini ritengono di essere in grado di affrontare con successo le richieste e l’attivazione
emotiva conseguenti al conflitto tra i genitori. Esempi di item: “Quando i miei genitori litigano,
io riesco a fare qualcosa che mi fa sentire meglio”, “Io so cosa fare quando i miei genitori hanno
delle discussioni”.
In primo luogo, è stata condotta un’analisi della varianza (ANOVA) per esaminare la
presenza nei bambini con diversi MOI (sicuro, ansioso-ambivalente ed evitante) di eventuali
differenze significative nelle medie dei punteggi alle variabili indagate.
In secondo luogo, al fine di verificare se l’attaccamento moderi la relazione tra distress
(predittore), strategie di coping (mediatori) e coping efficacy (outcome), sono stati considerati
separatamente i tre sottogruppi di bambini sicuri, ansioso-ambivalenti ed evitanti. Nello
specifico, in ciascun gruppo, sono state condotte delle correlazioni sia per esplorare le
associazioni tra le variabili sia per valutare l’esistenza delle precondizioni necessarie per
l’applicazione del modello di mediazione (vale a dire correlazioni significative tra predittore,
mediatori e outcome). Il modello di mediazione si ritiene validato se sono soddisfatte 4
condizioni (Baron & Kenny, 1986; pp. 1174-1178). Le prime due riguardano (1) l’influenza del
predittore (distress) sulla variabile di outcome (coping efficacy) e (2) sulle variabili di
mediazione (strategie focalizzate sul problema, ristrutturazione cognitiva positiva, coping di
distrazione, coping di evitamento e coping di ricerca del supporto). La terza (3) richiede che vi
sia una relazione tra la variabile di outcome e le variabili di mediazione, dopo aver controllato lo
specifico effetto del predittore. Quando questi requisiti sono soddisfatti, viene effettuato un
confronto tra la prima e la terza regressione (4) per determinare l’effetto del predittore sulla
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Camisasca, Miragoli e Di Blasio
3. Risultati
[Inserire tabella 1]
I punteggi rilevati relativi al conflitto sono, in media, da moderati a bassi: questo appare in
linea con la letteratura (Fosco & Grych, 2008, Buehler et al., 2007; Davies et al., 2002), poiché i
partecipanti alla nostra ricerca non appartenevano ad un campione clinico. Le percezioni dei
bambini e di entrambi i genitori risultano, inoltre, significativamente associate tra di loro
(aggressività verbale materna vs aggressività verbale paterna: r = .56, p < .01; conflitto percepito
dai bambini vs aggressività verbale materna: r = .27, p < .01; conflitto percepito dai bambini vs
aggressività verbale paterna: r = .20, p < .05).
Le ANOVA condotte sui sottogruppi di bambini con diversi MOI non segnalano differenze
significative nelle variabili investigate, ad eccezione dell’utilizzo della strategie di coping di
distrazione: i nostri dati, infatti, segnalano che i bambini evitanti, a differenza dei sicuri e degli
ansioso-ambivalenti, fanno significativamente più ricorso a tale tipo di strategia.
Presentiamo i dati suddivisi nei tre sottogruppi distinti di bambini sicuri, ansioso-
ambivalenti ed evitanti.
Attaccamento sicuro
Nel gruppo di bambini sicuri (tabella 2), i dati correlazionali segnalano innanzitutto che
all’aumentare del conflitto genitoriale aumenta anche il vissuto di distress dei figli (r = .47).
Relativamente alle associazioni tra distress percepito, strategie di coping e coping efficacy, i
risultati segnalano che il predittore (distress) correla positivamente con tutti i mediatori: coping
focalizzato sul problema (r = .51), ristrutturazione cognitiva positiva (r = .30), coping di
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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
distrazione (r = .21), coping di evitamento (r =.50) e di ricerca del supporto (r = .26); mentre
risulta negativamente associato all’outcome, ovvero ai vissuti di efficacia nel far fronte alla
situazione conflittuale (r = -.37). Tra i mediatori, il coping di evitamento risulta negativamente
correlato ai vissuti di coping efficacy (r = -.30), mentre il coping di ricerca del supporto
positivamente correlato (r =.21); non si ravvisano invece associazioni significative con la coping
efficacy per le altre strategie di coping considerate.
[Inserire tabella 2]
I dati, pertanto, segnalano che per i bambini sicuri livelli più accentuati di distress si
associano all’utilizzo di un’ampia gamma di strategie di coping, e che, tra queste, solo il coping
di evitamento e di ricerca del supporto risultano significativamente correlate alla coping
efficacy, sebbene con effetti diversi. Si ravvisano, quindi, le condizioni per la verifica degli
effetti di mediazione nell’associazione tra distress genitoriale e coping efficacy. A questo
proposito, l’effetto del predittore (distress) su ciascuno dei mediatori (coping focalizzato sul
problema, ristrutturazione cognitiva positiva, coping di distrazione, coping di evitamento e di
ricerca del supporto) è stato testato attraverso regressioni lineari volte a verificare la condizione
2 del modello di mediazione. Successivamente, sulla variabile di outcome (coping efficacy) è
stata condotta una regressione gerarchica, in cui il predittore è stato introdotto allo Step 1, per
verificare la condizione 1 del modello; e i mediatori sono stati introdotti allo Step 2, per
verificare le condizioni 3 e 4.
[Inserire tabella 3 e 4]
Attaccamento evitante
Per i bambini evitanti (tabella 5) i dati correlazionali segnalano, come per i sicuri, che
all’aumentare del conflitto genitoriale aumenta anche il vissuto di distress dei figli (r = .29).
Relativamente alle associazioni tra distress percepito, strategie di coping e coping efficacy, i
risultati segnalano che il predittore (distress) correla positivamente con i soli mediatori coping
di distrazione (r = .29) e coping di evitamento (r =.31), e risulta negativamente associato alla
coping efficacy (r = -.32). Tra i mediatori solo il coping di distrazione risulta positivamente
correlato ai vissuti di coping efficacy (r = .30).
[Inserire tabella 5]
In altre parole, i dati segnalano che, per i bambini evitanti, livelli più accentuati di distress
si associano all’utilizzo delle sole strategie di coping di evitamento e di distrazione, e che, tra
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Attaccamento e Sistemi Complessi (Attachment and Complex Systems), Vol. 1, n.1, gennaio 2014, pp. xxxxx
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
queste, solo il coping di distrazione risulta positivamente correlato alla coping efficacy. Si
ravvisano pertanto le condizioni per la verifica degli effetti di mediazione.
[Inserire tabella 6 e 7]
Attaccamento ansioso-ambivalente
Per i bambini ansioso-ambivalenti (tabella 8) i dati correlazionali segnalano, come per gli
altri, che all’aumentare del conflitto genitoriale aumenta anche il vissuto di distress dei figli (r =
.35). Relativamente alle associazioni tra distress percepito, strategie di coping e coping efficacy,
i risultati segnalano che il predittore (distress) correla positivamente con tutti i mediatori, ad
eccezione del coping di distrazione, e precisamente con: coping focalizzato sul problema (r =
.53), ristrutturazione cognitiva positiva (r = .40), coping di evitamento (r =.55) e di ricerca del
supporto (r = .29). Il distress percepito risulta, inoltre, negativamente associato all’outcome,
ovvero ai vissuti di efficacia nel far fronte alla situazione conflittuale (r = -.31). I dati segnalano,
inoltre, che nessuna delle strategie utilizzate dai bambini ansioso-ambivalenti correla con la
coping efficacy.
[Inserire tabella 8]
4. Discussione
Come abbiamo illustrato nell’introduzione, questo studio si focalizza sul ruolo dei tre
distinti MOI dell’attaccamento (sicuro, ansioso-ambivalente ed evitante) nel modulare l’effetto
delle strategie di coping nell’associazione tra distress percepito dai bambini in situazioni di
conflitto e coping efficacy.
I risultati, sebbene preliminari per l’esiguo numero di soggetti ansioso-ambivalenti ed
evitanti, evidenziano che le strategie di coping utilizzate dai bambini in condizione di distress,
esercitano un ruolo distinto sulla loro percezione di coping efficacy, in modo differenziato a
seconda dei MOI dell’attaccamento con il caregiver. Più precisamente, è emerso che, i bambini
sicuri, in condizioni di distress, attivano tutte le strategie di coping (coping focalizzato sul
problema, ristrutturazione cognitiva positiva, coping di distrazione, evitamento e ricerca del
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Attaccamento e Sistemi Complessi (Attachment and Complex Systems), Vol. 1, n.1, gennaio 2014, pp. xxxxx
Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
supporto) e che, tra le diverse strategie utilizzate, solo la ricerca del supporto risulta in grado di
favorire una maggiore percezione di coping efficacy. Tali dati sono in linea con la letteratura,
che evidenzia come i MOI dei bambini sicuri, esito di interazioni sensibili e responsive con i
propri caregiver (Attili, 2007; Attili, Di Pentima, & Toni, 2013) garantiscano una maggior
flessibilità nell’utilizzo delle strategie di coping e soprattutto permettano l’attivazione della
ricerca del supporto interpersonale (Baker, 2006; Buelow, Lyddon, & Johnson, 2002;
Mikulincer & Shaver, 2007). Il dato che in situazioni di conflitto genitoriale la ricerca del
supporto costituisca l’unica strategia di coping in grado di favorire i vissuti di coping efficacy
dei bambini sicuri, ci appare, inoltre, del tutto coerente sia con le rappresentazioni interne
dell’attaccamento di questi bambini sia con i dati della letteratura sul conflitto. Infatti, la
possibilità per i bambini sicuri di esprimere il proprio distress e di cercare aiuto negli altri,
risulta efficace in quanto solidamente ancorata alla convinzione che gli adulti significativi siano
effettivamente disponibili ad ascoltarli e a proteggerli. Possiamo anche presumere che gli stessi
genitori, resi consapevoli dai loro bambini del disagio che essi stanno provando, siano più
propensi non solo a rassicurarli, ma anche ad attuare nel rapporto con il partner strategie di
negoziazione del conflitto (Castellano, Velotti, Crowell, & Zavattini, 2013). La scelta di
ricercare il supporto degli altri risulta, a nostro parere, la strategia più funzionale ed idonea sia a
preservare i bambini dal coinvolgimento cronico nel conflitto (ad esempio, nel ruolo di
mediatore, risolutore o alleato di un genitore contro l’altro) sia a proteggerli dalla messa in atto
di strategie di evitamento e congelamento delle emozioni, a loro volta associate ad esiti
disadattivi (Davies et al., 2002; Harold et al., 2004; Nicoletti et al., 2003; O’Brien et al., 1991;
Wadsworth et al., 2005).
Nei bambini evitanti, l’aumentato distress, determinato dalla situazione conflittuale,
comporta un incremento solo delle strategie di coping di distrazione e di evitamento. Anche
questo dato è in linea con la letteratura (Baker, 2006; Howard & Medway, 2004; Simpson et al.,
1992; Simpson & Rholes, 1994; Torquati & Vazsonyi, 1999; Vetere & Myers, 2002) e del tutto
coerente con le rappresentazioni interne del sé e degli altri degli individui evitanti, che, come
evidenziato da diversi studi, mettono in atto strategie di “disattivazione” (Cassidy & Kobak,
1988; Mikulincer & Shaver, 2003; Shaver & Mikulincer, 2002). Tali strategie, connotate da una
sorta di “presa di distanza”, possono assumere le due forme distinte di disattenzione attiva e di
inibizione/soppressione. La disattenzione attiva garantisce ai soggetti che la percezione degli
eventi minacciosi e dei vissuti di angoscia e impotenza, ad essi associati, non giunga alla
consapevolezza; mentre l’inibizione e la soppressione permettono di ridurre al minino le
cognizioni e i vissuti di fragilità percepiti e codificati in connessione all’evento stressante
(Mikulincer et al., 2003; Shaver & Mikulincer, 2002). I nostri dati sembrano indicare che i
bambini evitanti utilizzino sostanzialmente strategie di inibizione, che permettono loro di
allontanare dalla mente, attraverso azioni distraenti e sforzi cognitivi di evitamento, il distress
comunque percepito a causa del conflitto genitoriale. Questi risultati suggeriscono, inoltre,
l’effetto protettivo della sola strategia di distrazione nel favorire la coping efficacy dei bambini
evitanti, in linea con alcune evidenze empiriche (DeCarlo Santiago & Wadsworth, 2009;
Wadsworth & Compas 2002) secondo cui la regolazione delle emozioni attraverso l’utilizzo di
azioni distraenti avrebbe un effetto positivo sull’adattamento psicosociale. È comunque utile
ricordare che, sebbene a breve termine tali strategie di disattivazione possano essere
adattive, poiché frenano i processi ripetitivi e intrusivi delle emozioni negative connesse
all’evento stressogeno (Shaver e Mikulincer, 2002; Mikulincer, Shaver e Horesh, 2006), a
lungo termine potrebbero risultare disadattive poichè ostacolano l’elaborazione dei
contenuti connessi al disagio. I vissuti di efficacia riscontrati nei nostri bambini evitanti,
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Camisasca, Miragoli e Di Blasio
I risultati di questa ricerca debbono essere considerati alla luce di alcuni limiti, che vanno
riconosciuti sia per permettere una loro migliore interpretazione sia per un eventuale prosieguo
dello studio. Un primo limite, già evidenziato, riguarda la scarsa numerosità dei bambini con
attaccamento ansioso-ambivalente ed evitante, che impedisce una reale generalizzazione dei
risultati.
Inoltre, la natura cross-sectional dello studio, impedisce un’adeguata comprensione
dell’associazione temporale tra le variabili, in particolare, rispetto alle relazioni causali e
bidirezionali tra strategie di coping e coping efficacy. Sarebbe pertanto opportuno realizzare
studi longitudinali in grado di chiarire meglio questa associazione.
Un ulteriore limite concerne la mancata considerazione degli effetti del genere e dell’età
nella messa in atto delle strategie di coping e nell’analisi del loro effetto sulla coping efficacy.
La letteratura di riferimento, a questo riguardo, ha fornito risultati non del tutto coerenti. In
particolare, alcuni studi non hanno rilevato nei bambini di età scolare differenze di genere
nell’utilizzo degli stili coping (Altshuler & Ruble, 1989; Curry & Russ, 1985; Spirito, Stark,
Grace, & Stamoulis, 1991); mentre altri hanno dimostrato che le femmine, rispetto ai maschi,
utilizzano in modo più accentuato strategie di ricerca del supporto e di problem solving (Causey
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Attaccamento e Sistemi Complessi (Attachment and Complex Systems), Vol. 1, n.1, gennaio 2014, pp. xxxxx
Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto
& Dubow, 1992; Eschenbeck, Kohlmann, & Lohaus, 2007; Spirito et al., 1991). Anche
relativamente all’influenza dell’età sono stati ottenuti risultati non del tutto omogenei.
Alcuni lavori evidenziano, infatti, un’associazione positiva tra aumento dell’età e strategie di
problem solving (Ebata & Moos, 1991; Eschenbeck et al. 2007; Fields & Prinz, 1997; Griffith,
Dubow, & Ippolito, 2000); altri studi rilevano, invece, una certa stabilità nel tempo per quanto
concerne l’utilizzo delle strategie di coping attivo e di ricerca del supporto (Causey & Dubow,
1992; Compas, Malcarne, & Fondacaro, 1988; Donaldson, Prinstein, Danovsky, & Spirito,
2000; Seiffge-Krenke, 1993; Wertlieb, Weigel, & Feldstein, 1987); e altri ancora riferiscono un
decremento dell’utilizzo delle strategie di distrazione dall’infanzia all’adolescenza (Donaldson
et al., 2000; Eschenbeck et al., 2007; Hampel & Petermann, 2005; Spirito et al., 1991). In studi
successivi potrebbe essere, quindi, essere utile chiarire l’effetto del genere e dell’età
nell’associazione tra strategie di coping e coping efficacy, per meglio comprendere, in
sottogruppi di bambini distinti per genere, l’evoluzione del senso di efficacia personale in
relazione alla percezione del conflitto genitoriale.
Bibliografia
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Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 21
Titolo: TEORIA DELLA MENTE E COMPETENZA EMOTIVA
Attività N°: 01
Sighinolfi, C., Norcini Pala, A., Rocco Chiri, L., Marchetti, I., & Sica, C. (2010). Traduzione e
adattamento italiano del Difficulties in Emotion Regulation Strategies (DERS): una ricerca
preliminare. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 16(2), 141-170.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 21
Titolo: TEORIA DELLA MENTE E COMPETENZA EMOTIVA
Attività N°: 01
Di seguito troverete gli item relativi alla regolazione emotiva del questionario
Metti un segno X sul numero corrispondente all’affermazione che ritieni sia la più vicina
a quella che senti tu, su una scala da 1 a 5:
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 21/S1
Titolo: TEORIA DELLA MENTE E COMPETENZA EMOTIVA
Attività N°: 01
The Emotion Regulation Questionnaire (ERQ: Gross & John, 2003) è un questionario
compost da 10-item self report compost da 2 scale/fattori corrispondenti a due diverse
stretegie di regulazione emotive cognitive reappraisal (ristrutturazione cognitiva (6 items)
and soppressione espressiva(4 items). Il somministratore chiede al soggetto “alcune
domande sulla sua vita emotiva, in particolare, come controlla (cioè regola e gestisce)” le
sue emozioni. I 10 items sono valutati su una scala Likert a 7 punti, da fortemente in
disaccordo a fortemente in accord. La traduzione e validazione italiana dello strumento è
stata realzzata da: Balzarotti et al. (2010).
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 21/S1
Titolo: TEORIA DELLA MENTE E COMPETENZA EMOTIVA
Attività N°: 01
Sighinolfi, C., Norcini Pala, A., Rocco Chiri, L., Marchetti, I., & Sica, C. (2010). Traduzione e adattamento italiano del
Difficulties in Emotion Regulation Strategies (DERS): una ricerca preliminare. Psicoterapia Cognitiva e
Comportamentale, 16(2), 141-170.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 21/S2
Titolo: TEORIA DELLA MENTE E COMPETENZA EMOTIVA
Attività N°: 01
FATTORI ITEM
1. MANCANZA DI 29. Quando sono turbato, mi irrito con me stesso perché mi sento in quel modo
ACCETTAZIONE 11. Quando sono turbato, mi arrabbio con me stesso perché mi sento in quel modo
21. Quando sono turbato, mi vergogno con me stesso perché mi sento in quel
modo
25. Quando sono turbato, mi sento in colpa perché mi sento in quel modo
30. Quando sono turbato, inizio a sentirmi molto male con me stesso
DISTRAZIONE 18. Quando sono turbato, faccio fatica a focalizzarmi su altre cose
3. MANCANZA DI 22. Quando sono turbato, so che alla fine posso trovare un modo per sentirmi
28. Quando sono turbato, credo che non ci sia niente che io possa fare per sentirmi
meglio
15. Quando sono turbato, credo che rimarrò in quello stato per molto tempo
31. Quando sono turbato credo che crogiolarmi in questa emozione sia l’unica
16. Quando sono turbato, credo che finirò per sentirmi depresso
24. Quando sono turbato, sento di potere avere ancora il controllo dei miei
comportamenti (r)
20. Quando sono turbato, posso comunque finire le cose che devo fare (r)
Sighinolfi, C., Norcini Pala, A., Rocco Chiri, L., Marchetti, I., & Sica, C. (2010). Traduzione e adattamento italiano del
Difficulties in Emotion Regulation Strategies (DERS): una ricerca preliminare. Psicoterapia Cognitiva e
Comportamentale, 16(2), 141-170.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 21/S2
Titolo: TEORIA DELLA MENTE E COMPETENZA EMOTIVA
Attività N°: 01
AUTOCONSAPEVOLEZ
6. Presto attenzione alle mie emozioni (r)
ZA
8. Mi interessa come mi sento (r)
AULA VIRTUALE
La docente terrà un’aula virtuale su Still Face, Regolazione delle Emozioni e valutazione
della Regolazione emotiva.
LE STRATEGIE DI COPING
Il contenuto della lezione è tratto dal capitolo «Le strategie di coping in bambini ed adolescenti: il
Children’s Coping Strategies Checklist R-1» di Camisasca Elena e Caravita Simona, in Caravita,
S., Colombo, B. (ed.), Misurazione e potenziamento delle competenze socio-cognitive, UNICOPLI,
Milano 2013:
Una tra le definizioni maggiormente utilizzate è quella di Lazarus e Folkman (1984) che
concettualizzano il coping “come un insieme dinamico e in continua evoluzione di sforzi cognitivi e
comportamentali tesi a controllare specifiche richieste interne e/o esterne che vengono valutate
come eccedenti le risorse della persona” (pag. 141). All’interno di questa definizione, il coping viene
considerato essere un processo dinamico - in grado di evolvere e mutare quando le condizioni
stressogene si modificano - caratterizzato da risposte intenzionali tese a modificare la condizione
stressante (problem focused coping) o a mitigare le emozioni negative da essa derivate (emotion-
focused coping).
Eisenberg e coll. (Eisenberg, Fabes, & Guthrie, 1997) considerano, invece, il coping come un
aspetto della più ampia “self-regulation” (autoregolazione), dal momento che essi lo considerano una
forma specifica di autoregolazione che avviene in condizioni di stress (Eisenberg, Fabes, Guthrie e
coll., 1996). Anche questi autori, sostengono che le reazioni di coping non siano sempre consapevoli
e intenzionali e distinguono tre diverse forme di autoregolazione: una centrata sulle emozioni:
"tentativi di regolazione diretta delle emozioni; una centrata sul problema: “tentativi per regolare la
situazione; e una centrata sul comportamento: “tentativi per regolare il comportamento a sua volta
guidato dalle emozioni
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Compas e coll. (Compas, 1998; Compas e coll., 1997; 1999), a loro volta, definiscono
il coping come una serie di sforzi e/o tentativi intenzionali volti a regolare le emozioni, i
pensieri, il comportamento, le reazioni fisiologiche e le condizioni ambientali, in risposta
a eventi o circostanze stressanti.
Le teorie si differenziano anche in base alla considerazione del coping come tendenza
stabile a utilizzare le stesse strategie di risposta allo stress in situazioni diverse o a
variare nei diversi contesti. Nelle concettualizzazioni del coping, infatti, alcuni autori,
evidenziando la possibilità che le diverse strategie possano variare a seconda delle
fasi temporali a o caratteristiche della situazione stressante (Folkman & Lazarus,
1985), e parlano di coping di tipo situazionale. Altri, invece, sottolineando come i
fattori di personalità favoriscano lo sviluppo di modalità stabili e abituali di coping del
tutto indipendenti dalla situazione stressogena (Carver & Scheier, 1994), parlano di
coping disposizionale.
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Così come sono diverse le teorizzazioni del coping proposte in letteratura, in modo analogo non esiste
un chiaro accordo rispetto a quali dimensioni o categorie siano in grado di meglio discriminare le reazioni
di coping.
La 1. dimensione “coping centrato sul problema vs coping centrato sulle emozioni” (Lazarus e
Folkman, 1984) evidenzia come le strategie di coping possano essere, da un lato, direttamente orientate
verso la risoluzione o la modifica della fonte di stress e, dall’altro, tese a mitigare le emozioni negative
conseguenti ad esso. Il coping centrato sul problema comprende infatti attività che comprendono
l’ideazione di possibili soluzioni del problema, la ricerca di informazioni e azioni volte a modificare le
condizioni che creano stress. Il coping centrato sulle emozioni, invece, include l’espressione delle proprie
emozioni, la ricerca negli altri di conforto e supporto e una serie di tentativi tesi a evitare la fonte di
stress.
Sebbene frequentemente utilizzata in letteratura, tale dimensione è stata criticata in quanto ritenuta
troppo ampia e composta attività di coping eterogenee (Compas et al., 2001). Il coping centrato sulle
emozioni, ad esempio, include strategie quali il rilassarsi, di richiedere un supporto emozionale agli altri,
la scrittura delle proprie emozioni il desiderare che il problema si risolva, la soppressione emotiva e
l’autocriticismo
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Una seconda 2. dimensione del coping che ha riscontrato una notevole attenzione negli
studi condotti su bambini e adolescenti, è quella approccio/impegno vs
evitamento/disimpegno (Ebata & Moos, 1991; Tobin, Holroyd, Reynolds, & Wigal,
1989), ossia la tendenza ad affrontare gli stimoli stressanti (stressors) e le emozioni ad
essi conseguenti o, viceversa, ad evitarli.
La sottodimensione approccio/impegno comprende i tentativi di risolvere i problemi o la
ricerca di supporto negli altri mentre la sottodimensione evitamento/disimpegno fa
riferimento alle risposte orientate ad allontanarsi dagli stressors e dai propri pensieri ed
emozioni, attraverso il ritiro o la negazione dell’evento.
Parlare di “disimpegno” anziché di semplice “evitamento” permette di cogliere una più
ampia serie di modalità attraverso le quali l’individuo può allontanarsi dallo stress. Infatti,
risposte di distrazione cognitiva consistono in forme di disimpegno di natura non
strettamente evitante in quanto comprendono una ri-direzione della attenzione verso
target alternativi e riflettono la presenza di una consapevolezza e di un riconoscimento
dei fattori stressanti (Ayers, Sandier, & Twohey, 1998).
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Il modo con cui i bambini e adolescenti si differenziano nelle loro risposte allo stress
esercita un impatto sul loro adattamento psicologico. Gli studi ci spiegano, infatti,
come l’utilizzo di specifiche strategie di coping di tipo disfunzionale possano
amplificare il rischio che condizioni di stress psicosociale producano esiti disadattavi
e come, invece, l’impiego di strategie di tipo funzionale svolga un significativo ruolo di
protezione.
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22/s1
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Compas e coll., (2001) nel revisionare una serie di studi condotti sulla relazione tra coping e
esiti psicologici in bambini e adolescenti, concludono sostenendo come le strategie di
problem solving e orientate all’approccio risultino frequentemente associate a buon
adattamento, mentre le strategie di coping focalizzate sull’emozione o tese al disimpegno
risultino favorire i problemi di internalizzazione, esternalizzazione e una scarsa competenza
sociale e scolastica.
Folkman e Moskowitz (2004) che sottolineano invece come, per una migliore comprensione
della relazione tra coping e adattamento, sia necessario considerare sia le
caratteristiche specifiche del contesto stressogeno in cui le strategie di coping
vengono messe in atto sia lo specifico periodo temporale all’interno del quale viene
attuato il coping.
Riferendosi al concetto di coping di tipo situazionale, gli autori infatti rilevano come alcune
strategie di coping che risultano efficaci in situazioni di stress controllabile diventino
inefficaci quando gli stressor sono particolarmente gravi e cronici. E’ stato, infatti,
riscontrato (Radovanovic, 1993) che il problem solving diretto costituisce una strategia
efficace nell’affrontare problemi ritenuti superabili (ad es. difficoltà coi pari) mentre il pensare
in modo ottimistico risulta efficace nell’affrontare i problemi meno controllabili (ad es., i
conflitti tra i genitori).
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22/s1
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
E ancora Jaser e coll., (2007) in uno studio condotto su adolescenti, sebbene non rilevino un
utilizzo di strategie di coping differenti a seconda delle situazioni stressogene esaminate (in
famiglia o coi pari), evidenziano come gli adolescenti utilizzino principalmente strategie di
coping di controllo secondario (accettazione e distrazione) anziché di controllo primario
(problem solving, espressione emotiva) o di rinuncia del controllo.
È inoltre emerso che i ragazzi che manifestano un minore sintomatologia ansiosa, depressiva
o aggressiva utilizzano coping di controllo secondario in condizioni di stress familiare
(depressione genitoriale) e coping di controllo primario in caso di stress coi coetanei (conflitti
coi pari). Gli autori commentano tali risultati evidenziando come, in condizione di stress
incontrollabile, quale può essere la vita con un genitore depresso, la frustrazione derivante
dalla constatazione che i tentativi di modifica dell’evento non sortiscono alcun effetto può
esitare in sintomi d’ansia o depressione, mentre i tentativi di adattamento all’ambiente
favoriscono un maggior benessere psicologico.
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22/s1
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Folkman e Moskowitz (2004) rilevano inoltre come una stessa strategia possa risultare
efficace nel periodo di insorgenza di una condizione stressogena e divenire
inefficace in tempi successivi. Infatti, nella preparazione di un esame può essere utile
utilizzare una strategia di problem solving attivo, mentre strategie di distrazioni risultano
funzionali quando occorre aspettare l’esito dei risultati.
E ancora, le strategie di coping di evitamento possano risultare efficaci a breve termine
nel ridurre l’arousal negativo; tuttavia, poiché non favoriscono un reale cambiamento della
situazione stressante o una sua diversa percezione, a lungo termine, perdono totalmente
la propria efficacia (Sandler et al., 2001). Studi condotti sui bambini vittime di abuso
sessuale e maltrattamento (Chaffin et al. 1997; Steel et al., 2004) confermano infatti il
valore protettivo dell’utilizzo di strategie di evitamento se utilizzate per periodi limitati di
tempo. A breve termine, infatti, queste strategie, proteggendo le persone dal senso di
sopraffazione e di impotenza, riescono a ridurre e minimizzare l’impatto emotivo della
violenza, incrementando il senso di auto-controllo correlato al benessere psicologico.
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22/s1
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Nell’analisi della relazione tra coping e adattamento, è stato infine sottolineato che le
strategie di coping che sortiscono gli effetti desiderati favoriscono l’autoefficacia
percepita che, a sua volta, risulta strettamente connessa a migliori esiti adattivi
(Sandler, Tein, Mehta,Wolchik, & Ayers, 2000). Gli autori, attraverso l’utilizzo del
Children’s Coping Strategies Checklist, riscontrano che le strategie di coping attivo che
implicano il coinvolgimento diretto nelle situazioni problematiche attraverso tentativi di
modificazione (azioni di problem solving) e attraverso ideazioni e pensieri di tipo
ottimistico frequentemente associate a esiti positivi in diverse condizioni - favoriscono lo
sviluppo nei bambini di un senso di autoefficacia percepita che, a sua volta, li protegge
dall’insorgenza di sintomi di internalizzazione. Diversamente, è emerso che l’utilizzo di
strategie di evitamento determina livelli inferiori di autoefficacia percepita che, a sua
volta, predice un maggior numero di sintomi di internalizzazione ed esternalizzazione.
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22/s2
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Ogni item viene valutato su una scala di risposta a 4 punti (1= mai; 2= a volte; 3= spesso
e 4 = sempre).
I 54 item dello strumento confluiscono in 14 Sottoscale, descritte più nel dettaglio in
Tabella 1..
Camisasca, E., Caravita, S., Milani, L., & Di Blasio, P. (2012). THE CHILDREN'S COPING STRATEGIES CHECKLIST-
REVISION1: A VALIDATION STUDY IN THE ITALIAN POPULATION. TPM: Testing, Psychometrics, Methodology in Applied
Psychology, 19(3).
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22/s2
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
Una descrizione delle sottoscale con l’indicazione degli item di riferimento è contenuta in
tabella 1 allegata in PDF.
La traduzione validazione italiana del questionario (allegato 2) nel contesto italiano, è stata
realizzata da Elena Camisasca e collaboratori.
Camisasca, E., Caravita, S., Milani, L., & Di Blasio, P. (2012). THE CHILDREN'S COPING STRATEGIES CHECKLIST-
REVISION1: A VALIDATION STUDY IN THE ITALIAN POPULATION. TPM: Testing, Psychometrics, Methodology in
Applied Psychology, 19(3).
CCSC – QUESTIONARIO SUL MODO DI AFFRONTARE I PROBLEMI
(Ayers & Sandler, 1999, validazione italiana a cura di Camisasca et al., 2012)
A volte capita che i ragazzi abbiano dei problemi, si sentano male o siano sconvolti per qualche cosa…Quando questo succede, essi
possono fare diverse cose per risolvere il problema o per sentirsi meglio. Leggi ogni frase che segue e scegli la risposta che
MEGLIO descrive quante volte, di solito, nell'ultimo mese ti sei comportato nel modo che viene descritto per risolvere i problemi o
per sentirti meglio. Non ci sono risposte giuste o sbagliate, indica solamente quanto abitualmente hai fatto ciascuna delle cose qui
sotto descritte per risolvere i problemi o per sentirti meglio.
1 mai
2 a volte
3 spesso
4 la maggior parte delle volte
Negli ultimi tempi (ad es. nell’ultimo mese) quando hai avuto dei problemi…
1 2 3 4
1. Hai pensato a cosa avresti potuto fare prima di fare qualcosa
2. Hai cercato di accorgerti o di pensare solo alle cose belle della tua vita
3. Hai cercato di ignorare il problema
4. Hai raccontato agli altri come ti sentivi rispetto al problema
5. Hai cercato di stare alla larga dal problema
6. Hai fatto qualcosa per rendere le cose migliori
7. Hai parlato con qualcuno che poteva aiutarti a capire cosa fare
8. Hai detto a te stesso che le cose sarebbero andate meglio
9. Hai ascoltato della musica
10. Hai ricordato a te stesso che stavi meglio di molti altri ragazzi
11. Hai fantasticato che tutto fosse ok
12. Sei andato in bicicletta
13. Hai parlato dei tuoi sentimenti a qualcuno capace di capirti veramente
14. Hai detto agli altri cosa volevi che facessero
15. Hai cercato di togliere il problema dalla mente
16. Hai pensato a cosa sarebbe potuto succedere prima di decidere cosa fare
17. Hai detto a te stesso che il problema si sarebbe risolto
18. Hai raccontato agli altri che cosa ti aveva fatto sentire nel modo in cui ti sentivi
19. Ti sei detto che avresti potuto affrontare il problema
20. Sei uscito a fare una passeggiata
21. Hai cercato di stare alla larga dalle cose che ti facevano star male
22. Hai detto agli altri in che modo ti sarebbe piaciuto risolvere il problema
23. Hai cercato di migliorare le cose cambiando ciò che facevi
24. Ti sei detto che avevi già affrontato cose come queste nel passato
25. Hai fatto dello sport
26. Hai pensato a motivi per cui questo era capitato
27. Non ci hai pensato
28. Hai fatto sapere agli altri come ti sentivi
29. Ti sei detto che avresti potuto affrontare qualunque cosa sarebbe successa
30. Hai raccontato agli altri cosa ti sarebbe piaciuto succedesse
31. Ti sei detto che, alla lunga, le cose sarebbero andate per il meglio
32. Hai letto un libro o una rivista
33. Ti sei immaginato le cose come avresti voluto che fossero
34. Hai ricordato a te stesso che sapevi cosa fare
35. Hai pensato a quali cose sarebbe stato meglio fare per affrontare il problema
36. Hai proprio dimenticato questa cosa
37. Ti sei detto che il problema si sarebbe risolto da solo
38. Hai parlato con qualcuno che poteva aiutarti a risolvere il problema
39. Sei andato sullo skateboard o sui pattini a rotelle
40. Hai evitato le persone che ti facevano stare male
41. Hai ricordato a te stesso che, nel complesso, le cose ti vanno abbastanza bene
42. Hai fatto qualcosa come giocare ai videogames o qualche hobby
43. Hai fatto qualcosa per risolvere il problema
44. Hai cercato di capire meglio la situazione, pensandoci sopra di più
45. Hai ricordato a te stesso tutte le cose positive della tua vita
46. Ti sei augurato che le cose brutte non accadessero
47. Hai riflettuto su cosa era necessario che tu sapessi per risolvere il problema
1
48. Hai evitato il problema andando in camera tua
49. Hai fatto qualcosa per ottenere il meglio che potevi dalla situazione
50. Hai pensato a cosa avresti potuto imparare dal problema
51. Ti sei augurato che le cose andassero meglio
52. Hai guardato la tv
53. Hai fatto un po’ di movimento
54. Hai cercato di capire perché accadono cose come questa
2
Scale e sottoscale del CCSC-R1
COPING ATTIVO
Problem solving diretto (Direct Problem Fa riferimento a tentativi e sforzi tesi a modificare la situazione problematica attraverso una modifica dell'ambiente e
Solving DPS) del sè. Comprende cosa una persona fa e non cosa pensa. 6, 23, 43, 49
Comprende i tentativi e gli sforzi cognitivi messi in atto in una situazione stressante per trovare un significato e una
sua spiegazione. Implica i tentativi per comprendere meglio la situazione ma non la ricerca di una interpretazione
Tentativi di comprensione (Seeking positiva della situazione.
Understanding SU) 26, 44, 50, 54
Positività (Positivity POS) Fa riferimento ai pensieri positivi e alle situazioni positive accadute in passato. 2, 10, 41, 45,
Controllo (Controllo CON) Fa riferimento al pensare di poter affrontare e gestire qualsiasi cosa accada. 19, 24, 29, 34
Ottimismo (Optimism OPT) Fa riferimento al pensare alle situazione future in modo ottimistico 8, 17, 31, 37
COPING DI DISTRAZIONE
Fa riferimento ai tentativi e agli sforzi volti a evitare di pensare al problema attraverso l'utilizzo di stimoli distraenti e
Azioni distraenti (Distracting Actions DA) attraverso il coinvolgimento in attività distraenti. 9, 20, 32, 42, 52
Sfogo fisico di emozioni (Physical Fa riferimento ai tentativi e agli sforzi volti a sfogare in modo fisico le proprie emozioni. Implica il coinvolgimento in
Release of Emotions PRE) esercizi fisici, attività ludiche e la ricerca di forme di relax di tipo fisico. 12, 25, 39, 53
COPING DI EVITAMENTO
Azioni di evitamento (Avoidant Actions Fa riferimento ai tentativi e sforzi comportamentali volti a evitare la situazione stressogena stando alla larga dal
AVA) problema o allontanandosi da esso. 5, 21, 40, 48,
Repressione (Repression REP) Fa riferimento ai tentativi, sforzi messi in atto per repirmere il pensiero relativo a situazioni difficili o problematiche. 3, 15, 27, 36,
RICERCA DI SUPPORTO
Supporto per le azioni (Support for Implica il far riferimento alle altre persone come possibili risorse o aiuti nella soluzione delle situazioni
Actions SUPA) problematiche. Comprende il richiedere consigli, informazioni o aiuti diretti per affrontare il compito. 7, 14, 22, 30, 38
Implica il coinvolgimento di altre persone affinchè queste possano ascoltare e comprendere i sentimenti provati in
Supporto per i sentimenti (Support for una data situazione e affinchè possano aiutare la persona a sentirsi meglio.
Feeling SUPF) 4, 13, 18, 28
Corso di Laurea: Scienze e tecniche psicologiche (d.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia dello sviluppo tipico e atipico
Lezione n°: 22/s3
Titolo: Le strategie di coping
Attività n°: 1
PROVA DI APPRENDIMENTO
forum
Ripensando alla lezione sulle strategie di coping, provi a rispondere sul forum alle
seguenti domande.
Descriva le 3 principali dimensioni del coping secondo i diversi autori e spieghi quella che
a sua avviso risulta più interessante e perchè?
Quali sono a suo avviso i principali risultati relativi alla associazione tra coping e
adattamento psicologico e perché?
Quale fattore del Coping strategies Revision checklist le sembra più interessante e
perché?
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 23/S1
Titolo: VERIFICA E DISCUSSIONE DEI CONTENUTI APPRESI
Attività N°: 01
Dopo aver letto con attenzione le due ricerche empiriche, aventi come focus il tema della
regolazione delle emozioni e delle strategie di coping, vi chiedo di discutere sul forum:
Dopo aver letto con attenzione le due ricerche empiriche, aventi come focus il tema della
regolazione delle emozioni e delle strategie di coping, vi chiedo di discutere sul forum:
Dopo aver letto con attenzione le due ricerche empiriche, aventi come focus il tema della
regolazione delle emozioni e delle strategie di coping, vi chiedo di discutere sul forum:
R icordiam o inoltre che le funzioni della Teoria della M ente sono m olteplici:
• Sociale
• Adattiva
• Di consapevolezza e riflessione su di sé
• Di organizzazione del Sé
• Protettiva
…. regolatoria
Recentemente, è stata avanzata anche l’ipotesi di una funzione regolatoria della Teoria
della Mente. E’ stato infatti ipotizzato che riconoscere gli stati mentali, in particolare quelli
emotivi, alla base dei comportamenti, consente una gestione flessibile delle proprie
esperienze emotive, che ha ricadute sia sul benessere psicologico personale sia sulle
relazioni sociali.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S1
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
Le prospettive teoriche
Il contenuto di questa sessione di studio è stato tratto dal capitolo di Flavia Lecciso e
Alessandro Antonietti “CRESCERE CON”: L’INFANZIA COME PROCESSO RELAZIONALE
E MENTALISTICO in R. C. Romano (Ed.), Ciclo vitale e dinamiche educative nella
società postmoderna. Milano: Franco Angeli Editore.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S1
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
Sebbene il campo di studi sulla teoria della mente sia abbastanza recente, sia
possibile rintracciare due grandi orientamenti teorici (Liverta Sempio,
Marchetti, 1995): un orientamento di matrice piagetiana (Piaget, 1975) sostiene
la scarsa o nulla influenza del sociale sullo sviluppo dell’abilità mentalistica, quindi
ascrive lo specifico iter evolutivo attraversato dal bambino nello sviluppo della teoria
della mente esclusivamente a specifiche differenze individuali (per esempio la presenza
di deficit o patologie specifiche); l’altro orientamento, di matrice vygotskijana
(Vygotskij, 1978), al contrario, enfatizza il ruolo dei fattori sociali per lo sviluppo della
teoria della mente e quindi, oltre a considerare le differenze individuali, pone
attenzione ai correlati socio-emotivi della comprensione mentalistica.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S1
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S1
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S1
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S2
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
Lecciso, F., & Antonietti, A. (2008). Crescere con”: l’infanzia come processo relazionale e
mentalistico. ROMANO RG (2004)(a cura di), Ciclo di vita e dinamiche educative nella società
postmoderna, Franco Angeli, Milano, 3, 70-92.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S2
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
L’aspetto chiave che caratterizza la prospettiva della Meins è il forte intreccio con il
pensiero di Vygotskij, che conduce la studiosa a evidenziare l’importanza delle interazioni
precoci con il caregiver nell’ambito della Zona di Sviluppo Prossimale14. All’interno di
interazioni di tipo triadico (madre-bambino-oggetto), il caregiver, sostenendo il figlio in
maniera sensibile e competente, rende possibile l’interiorizzazione dei processi mentali.
Tutto ciò avviene però esclusivamente nell’ambito di una relazione di attaccamento di tipo
sicuro: secondo Meins, infatti, la madre sensibile, capace di agire all’interno della Zona di
Sviluppo Prossimale del proprio figlio, è quella che instaura un legame di attaccamento di
tipo sicuro con il bambino. A sua volta, tale sicurezza della relazione esercita un effetto a
livello mentalistico, attraverso la mediazione di specifici processi sociali, quali per esempio il
gioco, il linguaggio, l’interazione tra pari. Emerge in maniera chiara il ruolo assegnato alla
figura affettivamente significativa per lo sviluppo del bambino. In particolare la Meins
propone il concetto di mind-mindedness materna, ossia la propensione a trattare il figlio
come soggetto dotato di una mente e ad adoperare, conseguentemente, un linguaggio con
riferimenti a stati mentali.
Meins e coll. (2001) sottolineano che il costrutto di mind-mindedness rappresenta una
specifica forma di sensibilità che fa riferimento alla propensione della madre a considerare il
figlio un agente mentale piuttosto che semplicemente una creatura le cui esigenze devono
essere soddisfatte.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S2
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 24/S3
Titolo: TEORIA DELLA MENTE: INTRODUZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE
Attività N°: 01
TOM:
LE TAPPE DI SVILUPPO
Premessa
Un primo elemento di indagine su cui gli studiosi, negli anni Ottanta e Novanta, hanno
posto l’attenzione è stato quello di stabilire a quale età i bambini raggiungessero la
capacità di ragionare sul comportamento in termini metarappresentazionali. Il compito di
falsa credenza (che vedremo tra poco) è diventato la cartina-al-tornasole per la verifica
del possesso della ToM.
Le credenze, insieme con i desideri, sono infatti stati mentali fondamentali per le nostre
azioni nella vita quotidiana, perché il modo in cui noi ci rappresentiamo la realtà guida le
nostre scelte e il nostro comportamento. Come ho già evidenziato, tre sono le ragioni che
spiegano la centralità della comprensione delle credenze per la nostra vita sociale: la
predicibilità del comportamento, che diviene non solo comprensibile, ma anche
prevedibile se sappiamo ciò che l’altro crede; la spiegazione del comportamento, anche
(e soprattutto) per quei comportamenti che, a prima vista strani o poco comprensibili,
divengono più chiari grazie al nostro sforzo di inferire cosa passi per la testa dell’altro; la
manipolazione del comportamento, in quanto conoscere le credenze dell’altro ci consente
di intervenire su di esse. Da questo focus sullo stato mentale della credenza emerge dalla
letteratura un consenso ormai unanime circa la centralità della tappa evolutiva dei
quattro anni, età in cui la maggior parte dei bambini in condizioni di sviluppo tipico
supera il compito di falsa credenza.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 25
Titolo: SVILUPPO TEORIA DELLA MENTE
Attività n°: 01
L’età dei quattro anni è quindi ritenuta una sorta di spartiacque tra una fase evolutiva in
cui il bambino non è ancora in grado di ragionare a livello metarappresentazionale sulla
credenza – tanto da commettere quello che nei compiti di falsa credenza è definito
«errore realistico» (cioè estendere la propria conoscenza della realtà all’altro) – e una fase
successiva in cui raggiunge tale abilità che gli consentirà, negli anni seguenti, di articolare
livelli di ricorsività del pensiero sempre più complessi (pensiero ricorsivo di secondo e di
terzo ordine). Questa centralità della comprensione della credenza comportò una visione
del tipo «tutto-o-nulla» circa lo sviluppo della ToM, dal momento che il superamento della
prova di falsa credenza veniva considerato una sorta di «diploma finale» Tuttavia, come
sottolinearono criticamente Bruner e Feldman: «Identificare il possesso di una ToM con la
capacità di cogliere la distinzione epistemologica tra vera e falsa credenza mette in ombra
il contributo che alla sua elaborazione hanno portato i tre o quattro anni di sviluppo
precedenti a quel passaggio finale» . Da qui l’interesse dei ricercatori verso il percorso
evolutivo che fin dai primi mesi di vita prepara l’acquisizione della teoria della mente.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 25
Titolo: SVILUPPO TEORIA DELLA MENTE
Attività n°: 01
Già nei primi due anni di vita i bambini mostrano di possedere strutture e schemi cognitivi
che preparano la comparsa della ToM, veri e propri precursori quali: il riferimento sociale
(social referencing), l’attenzione condivisa (joint attention), il gesto di indicare con
funzione dichiarativa (declarative pointing), la comprensione dell’agency, la comprensione
della percezione visiva, il gioco di finzione. L’attenzione condivisa e i gesti deittici
costituiscono tappe fondamentali dello sviluppo comunicativo e linguistico, «mattoni»
costitutivi della comunicazione referenziale e della possibilità di condividere il mondo
esterno con l’altro. Negli scambi comunicativi bambino-caregiver, costituiti da sequenze
diadiche che a partire dai 6 mesi lasciano spazio a sequenze triadiche (bambino-caregiver-
oggetto), i gesti deittici svolgono inizialmente una funzione imperativa o richiestiva. Per
esempio, il bambino indica un oggetto lontano (pointing) o alterna lo sguardo tra esso e
l’adulto (joint attention) affinché l’adulto a sua volta lo guardi, lo prenda e glielo porga: si
tratta del performativo richiestivo. Tra gli 11 e i 14 mesi si assiste a un sostanziale
cambiamento: il bambino usa sempre il gesto di indicare, ma lo fa anche per attirare
l’attenzione dell’adulto su qualcosa che è per lui interessante, dunque per il piacere di
condividere con un partner l’interesse verso un elemento della realtà (performativo
dichiarativo). Quella che muta, quindi, è la finalità del gesto deittico, che non viene più
usato esclusivamente per agire meccanicamente sull’altro, bensì per influenzarne lo stato
mentale.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 25
Titolo: SVILUPPO TEORIA DELLA MENTE
Attività n°: 01
Attraverso l’analisi del linguaggio spontaneo di bambini tra i due e i quattro anni
osservati in situazioni di vita quotidiana, Wellman e Bartsch [1994] rilevarono come già
a due anni i bambini spieghino i comportamenti delle persone ricorrendo allo stato
mentale del desiderio, mentre i riferimenti esplicativi a pensieri e credenze
compaiono più tardi, verso i tre-quattro anni. Queste evidenze portarono gli
autori a formulare la spiegazione del mutamento concettuale nella comprensione
mentalistica in età prescolare, individuando una sequenza evolutiva in cui il bambino
passerebbe da un precoce mentalismo (due anni), in cui lo stato mentale del desiderio
è la chiave di lettura del comportamento proprio e altrui (psicologia del desiderio), a
una fase successiva (tre anni) in cui la credenza (vera) funge da ulteriore lente con cui
leggere il mondo (psicologia della credenza desiderio), per approdare infine alla
comprensione della falsa credenza (quattro anni circa) come successivo strumento
esplicativo dei comportamenti.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 25/S1
Titolo: SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE
Attività N°: 01
I compiti sperimentali della Falsa Credenza sono stati elaborati all’interno degli studi sulla
Teoria della Mente, che, come abbiamo ripetuto, è la capacità di attribuire stati mentali a
se stesso e agli altri. Come avete potuto appurare anche nella ricerca empirica presentata
nella lezione precedente, Il superamento del compito di falsa credenza di primo ordine
avviene in genere verso i 4 anni e indica che il bambino ha acquisito la capacità di
effettuare un ragionamento ricorsivo di primo ordine, che si può sintetizzare come: Io
penso che tu pensi X (Battistelli, 1992).
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 25/S1
Titolo: SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE
Attività N°: 01
Nel com pito dello spostam ento inatteso (Wimmer e Perner, 1983; Baron-
Cohen, Leslie e Frith, 1985)
in genere si utilizza un racconto e una tavola illustrata che il bambino può guardare
mentre l’adulto racconta la vicenda. Oppure, invece di leggere la narrazione, si
utilizzano alcuni pupazzi che lo sperimentatore muove riproducendo la vicenda.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 25/S1
Titolo: SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE
Attività N°: 01
Il compito può prevedere uno scenario con due bambole, Sally e Anna, che insieme
nascondono una biglia in un cestino. In seguito, all’insaputa di Sally, Anna sposta l’oggetto
in una scatola. Sally ritorna sulla scena e al bambino che partecipa allo studio si chiede di
indicare in quale luogo Sally cercherà la biglia.
• Il bambino, insieme ad un amico, viene condotto in una stanza con la promessa che il
ricercatore mostrerà loro il contenuto di una scatola
• All’amico, però, viene anche detto di aspettare il suo turno fuori dalla porta
• All’interno della stanza viene mostrata al bambino una scatola di Smarties
• Si chiede al bambino che cosa pensa che ci sia nella scatola
• Il bambino risponde Smarties
• A questo punto gli si mostra che in realtà si sbaglia e che la scatola contiene una
matita
• Entra il suo amico a cui verrà mostrata la scatola: il bambino deve dire cosa si aspetta
che l’amico pensi ci sia nella scatola:
“Secondo te cosa penserà (nome dell’amico) che ci sia qui dentro?”
Esperienze interattive
atipiche: la depressione materna
simulata
La procedura d’osservazione prevede tre fasi di due minuti ciascuna nel corso delle
quali alla madre viene chiesto di:
1. Di interagire con il figlio come farebbe abitualmente
2. Di mantenere un’espressione immobile (still-face)
3. Di riprendere a interagire con il figlio
Uno degli scopi principali di questa procedura è produrre una condizione controllata di
stress relazionale che permetta di verificare la capacità del bambino di adattarsi alla
mancata comunicazione materna.
Mamma e bambino sono posti in due stanze adiacenti, ciascuno dei due può osservare
l’altro su uno schermo.
- Già a 2 mesi il piccolo è capace di interagire positivamente con l’immagine della madre
sullo schermo e di comunicare con lei in tempo reale tramite lo schermo. Questa fase è
detta “live”.
- Successivamente viene fatto rivedere al bambino il filmato della comunicazione
immediatamente precedente della madre (si interrompe, quindi, la comunicazione in tempo
reale). Questa fase è quella di “replay”.
Cosa succede? I comportamenti della mamma che il bambino vede sono positivi, ma –
essendo “sfasati” rispetto alla comunicazione reale – non sono contingenti con quanto il
bambino sta facendo.
- A questa fase segue poi la fase “live 2” di ripresa dell’interazione.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 25/S3
Titolo: SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE
Attività N°: 01
PROVA DI APPRENDIMENTO:
somministri il compito di falsa credenza
Ora le chiedo di provare ad esercitarsi dal vivo nella comprensione della tematica della
teoria della mente e di compiti di falsa credenza.
Le suggerisco pertanto di prepararsi (rileggendo con attenzione le slide e procurandosi il
materiale suggerito) alla somministrazione del compito dello spostamento inatteso o della
scatola ingannevole. Cerchi un bambino di 4 anni e provi a somministrarli la prova.
In questa lezione vi presenterò una mia ricerca che ha avuto avvio durante la mia tesi di
dottorato. In quel periodo, avevo deciso di approfondire proprio il tema della teoria della
mente, nel tentativo di comprendere come il suo sviluppo potesse dipendere dalla qualità
della relazione caregiver bambino.
Nell’ambito di tale interesse mi sono avvicinata al pensiero di Fonagy e Meins (spiegati
nella lezione precedente) ed ho voluto verificare il diverso effetto della riflessività emotiva
materna e della sua mind-mindedness sia sulla formazione del legane di attaccamento sia
sullo sviluppo della TOM.
L’articolo che leggerete è stato pubblicato nel 2007 sulla rivista italiana di
settore Età Evolutiva.
Leggete con attenzione l’articolo che poi potremo discutere insieme sul forum!
ISSN: 0392-0658 Febbraio 2007 n. 86
Età evolutiva
Rivista d i sc ie nze d e llo sviluppo
Psicologia - Psicopatologia - Psicopedagogia - Psicoanalisi - Etologia - Sociologia
A. Smorti 3 Editoriale
E. De Plano, A. Smorti 40 Differenze cognitive, emotive e sociali tra bambini figli unici e con fra-
telli
A. Bertoni, D. Barni, 58 Comunicazione dello stress, coping diadico e benessere della coppia.
G. Bodenmann, L. Charvoz, Uno studio cross-sectional e cross-nazionale
S. Gagliardi, R. Iafrate, R. Rosnati
F. Tani, P. Steca 67 Soddisfazione di coppia e benessere della persona: determinanti per-
sonali e relazionali
A. Santona, G.C. Zavattini 77 Stili di attaccamento romantico e adattamento di coppia
L. Carli, 85 L’attaccamento al partner come snodo evolutivo tra legame alla fa-
N. Santilli Marcheggiani, miglia di origine e pare ntal inve stm e nt
D. Traficante
A. Simonelli, G. Fava Vizziello, 92 La transizione alla triade fra assunzione della genitorialità e riorga-
M. Bighin, F. De Palo, E. Petech nizzazione della coppia
RASSEGNA
T. Pozzoli, G. Gini 102 Le competenze sociali in bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione
e Iperattività
BIBLIOGRAFIA RAGIONATA
P.F. Spadaro 117 Itinerari dell’intersoggettività verso l’educazione
Età evolutiva Età evolutiva - Rivista quadrimestrale © 1978, 2007 GIUNTI EDITORE S.P.A.,
Firenze-Milano, tel. 055.50621/400717, fax 055.5062298. Registrazione del
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Redazione: Glauco Renda,
Maria Chiara Sarti. Stampata presso: Giunti Industrie Grafiche S.p.a., Prato - febbraio 2007.
5 - ETÀ EVOLUTIVA
Maternal reflectiveness and mind-mindedness in the devel- to assess their Reflective Function; mothers and children
opment of security of attachment and theory of mind. Aim of were also engaged in a Tutorial Task (Meins, 1997) to
this study is to investigate the relationship between ma- assess mothers’ mind-mindedness/sensitivity.
ternal reflective function (Fonagy,Target, 2001) and ma- Results showed a strong correlation between maternal
ternal mind-mindedness (Meins, 1997) and to analyse reflective function and mind-mindedness. It also emerged,
the specific role which these variables play in the de- however, that reflective capacity seems to form a neces-
velopment of attachment security and theory of mind. sary but not always sufficient condition for maternal sen-
Participants were 40 children of 4 years and their mothers. sitivity/mind-mindedness to express itself. Not all re-
Procedure: in a first phase, two different False Belief flective mothers are, at the same time, sensitive. A log-
Tasks and the modified version (Attili, 2001) of the Sep- linear analysis also showed that more than mind-mind-
aration Anxiety Test (Klagsbrun, Bowlby, 1979) were edness, the maternal reflective function was linked to chil-
administered to the children to evaluate their theory of dren’s theory of mind and attachment security, on the
mind and attachment internal working models. In a other hand, was linked to maternal sensitivity/mind-
second phase, mothers were administered an Interview mindedness.
vedere il comportamento proprio e altrui. Il vero di catturare gli aspetti dell’attività del bam-
punto di vista di questi autori si basa sull’assunto bino e di aggiungervi una istanza intenzionale
che l’acquisizione della funzione riflessiva avvenga (intentional stance).
attraverso un processo intersoggettivo tra il bam- Tale capacità costituisce inoltre, secondo gli
bino e il caregiver e che i processi sociali che pro- autori, la base di quell’atteggiamento sensibile di
muovono la qualità della mentalizzazione siano cura che i teorici dell’attaccamento considerano
esattamente gli stessi che favoriscono la sicu- la pietra angolare dell’attaccamento sicuro. At-
rezza dell’attaccamento. taccamento sicuro che, a sua volta, fornisce le basi
La posizione teorica di Fonagy che enfatizza psicosociali per l’acquisizione della teoria della
il ruolo dell’adulto nello sviluppo della teoria della mente, attraverso l’esplorazione del mondo men-
mente non è pienamente condivisa né dagli au- tale del genitore (Fonagy, Steele, Steele, Leigh,
tori che sottolineano l’esistenza di un sistema co- Kennedy e Target, 1995; Fonagy, Redfern e
gnitivo innato (ToMM), avente una specifica col- Charman, 1997).
locazione cerebrale e specializzato nella costru- L’attenzione alla qualità della relazione adulto-
zione di metarappresentazioni (Leslie, 1987; bambino nello sviluppo della sicurezza nell’at-
Baron-Cohen, 1988; Fodor, 1992; 1994), né da taccamento e della teoria della mente è ravvisa-
coloro che sottolineano come il bambino sviluppi, bile anche negli studi di Meins (1997; Meins et
sulla base dell’esperienza, una sorta di teoria al., 2001) che, attraverso una interessante revisione
scientifica di proposizioni interdipendenti rela- del costrutto di sensibilità materna, introducono
tive alla mente (Gopnik e Meltzoff, 1997), né, il concetto di mind-mindedness (concetto non
infine, dagli autori che considerano la teoria della traducibile letteralmente in italiano ma che as-
mente il risultato di una routine di simulazione sume il significato di “predisposizione a consi-
per mezzo della quale possiamo fingere di met- derare la mente”).
terci nei panni mentali degli altri e utilizzare la La revisione del costrutto di sensibilità è stata,
nostra mente come modello per comprendere la in qualche modo, sollecitata dalla pubblicazione
mente altrui (Gordon, 1986; Harris, 1991; 1992). di due importanti studi di meta-analisi (Goldsmith
Ciononostante, il merito di Fonagy e Target e Alansky, 1987; de Wolff e van IJzendoorn, 1997)
(1997; 2001), anche per coloro che non condi- che hanno posto in discussione l’assunto centrale
vidono teoricamente la loro impostazione, è della teoria dell’attaccamento, ovvero il ruolo
quello di aver analizzato in modo puntuale il ruolo della sensibilità materna nello sviluppo della si-
della relazione emotiva tra bambino e caregiver curezza nell’attaccamento (Ainsworth, Blehar,
nel promuovere la comprensione mentalistica. Re- Waters e Wall, 1978; Isabella e Belsky, 1991; Isa-
lazione affettiva che, sebbene non possa venire bella, 1993). Tali meta-analisi, infatti, eviden-
considerata il solo fattore interveniente, sembra ziando l’importanza di alcuni comportamenti
comunque esercitare un ruolo nello sviluppo genitoriali quali la mutualità, la sincronia, la sti-
della teoria della mente. molazione e il supporto emozionale, sostengono
Fonagy e Target (1997; 2001) ritengono, in- che la sensibilità non possa più venire conside-
fatti, che il caregiver sensibile faciliti la crea- rata il fattore determinante nella costruzione di
zione di modelli mentalistici attraverso com- legami di attaccamento sicuri.
plessi processi comunicativo-linguistici che mo- Tale drastica conclusione è stata tuttavia posta
strano al bambino come il suo comportamento in discussione sia da Fonagy e collaboratori che
possa venire meglio compreso se fatto risalire a da Meins e collaboratori. I primi (Fonagy e coll.,
idee e sentimenti. Nella formazione del “sé ri- 1994; Fonagy e Target, 1997) sostengono che gli
flessivo”, secondo Fonagy e coll. (1994), assume studi presenti nella rassegna di Goldsmith e
un’importanza decisiva la capacità del caregiver Alansky (1987) sembrano aver confuso due di-
di porsi come specchio sociale (social mirror) ov- stinti processi psichici entrambi necessari per l’e-
Riflessività e mind-mindedness materne 7 - ETÀ EVOLUTIVA
(riflessività e mind-mindedness) siano tra loro (Baron-Cohen, Leslie e Frith, 1985; Perner,
connessi in quanto caratterizzati da aspetti in Leekam e Wimmer, 1987) per valutare la pre-
parte sovrapponibili. Infatti il concetto di mind- senza della teoria della mente e il Separation
mindedness di Meins (1997) risulta, a mio avviso, Anxiety Test di Klagsbrun e Bowlby (1976),
composto da due aspetti centrali: da una parte la nella versione modificata da Attili (2001), per mi-
capacità riflessiva e dall’altra la capacità e la vo- surare la rappresentazione mentale dell’attacca-
lontà di rispondere in modo appropriato allo mento. In una seconda fase, a domicilio, alle
stato mentale del figlio. Relativamente al se- madri sono stati proposti un’intervista metacognitiva
condo obiettivo, l’ipotesi è che le specifiche di- per valutare la loro capacità riflessiva e un Com-
mensioni cognitive ed emotive riflesse nella ca- pito Tutoriale – da realizzare col proprio figlio
pacità riflessiva e nella mind-mindedness siano (Meins, 1997) – per valutare la loro mind-
correlate alla teoria della mente e alla sicurezza mindedness.
nell’attaccamento.
In sintesi, il presente lavoro, condotto con un Strumenti
campione composto da due sottogruppi di bam-
bini di 4 anni, sulla base della diversa performance I Compiti di Falsa Credenza. Sono state utiliz-
in due compiti di Falsa Credenza, si propone di zate due diverse versioni del Paradigma di Falsa
verificare le relazioni tra capacità riflessiva e Credenza, introdotto da Wimmer e Perner (1983),
mind-mindedness materne e di investigare even- per valutare la presenza di una teoria della mente
tuali connessioni di queste due competenze con nei bambini: il compito dello spostamento inatteso
la teoria della mente e la sicurezza nell’attacca- (Wimmer e Perner, 1983; Baron-Cohen, Leslie
mento. e Frith, 1985) e il compito della scatola ingannevole
(Perner, Leekam e Wimmer, 1987). Il primo
compito prevede uno scenario con due bambole,
Metodologia Sally e Anna, che insieme nascondono una bi-
glia in un cestino. In seguito, all’insaputa di Sally,
Campione Anna sposta l’oggetto in una scatola. Sally ritorna
sulla scena e al bambino che partecipa allo studio
Il campione della ricerca, suddiviso in due sot- si chiede di indicare in quale luogo Sally cercherà
togruppi, è composto da 40 bambini (21 maschi la biglia.
e 19 femmine) di 4 anni (età media = 48.95 mesi; Il bambino che è in grado di comprendere la
DS = 3.64 mesi) e dalle loro madri. Il primo sot- falsa credenza di Sally indicherà il cestino e non
togruppo è composto da 21 bambini che hanno il luogo in cui la biglia si trova realmente. Il se-
superato entrambi i Compiti di Falsa Credenza, condo compito proposto prevede uno scenario
il secondo da 19 bambini che hanno risposto in analogo all’esperimento classico della “Scatola
modo errato in entrambe le prove. È stata veri- degli Smarties”, dove al posto della scatola degli
ficata, attraverso informazioni ottenute dalle in- Smarties, ormai non più così familiare ai bam-
segnanti di scuola materna e dalle madri, l’assenza, bini, è stata utilizzata una custodia di una vi-
nei bambini, di deficit intellettivi, problematiche deocassetta contenente un peluche al posto della
comportamentali e handicap fisici. videocassetta. Ad ogni partecipante allo studio è
stata mostrata la custodia della videocassetta e gli
Procedura è stato chiesto di indicare che cosa contenesse.
Una volta ottenuta la risposta del bambino, è stato
In una prima fase, presso la scuola materna, mostrato il reale contenuto della custodia, ovvero
sono stati somministrati ai bambini due diversi il peluche. Dopo aver riposizionato il peluche nella
Compiti di Falsa Credenza (False Belief Task) custodia della videocassetta, al bambino sono
Riflessività e mind-mindedness materne 9 - ETÀ EVOLUTIVA
state rivolte due domande: «Cosa hai pensato che le ha suscitato riflessioni e/o emozioni e/o
che ci fosse dentro la scatola prima di aprirla?» e aspettative». Gli episodi piacevoli che sono stati
«Immaginiamo che il tuo migliore amico veda maggiormente raccontati descrivono interazioni
la scatola chiusa: che cosa penserà che ci sia madre-figlio connotate da affettuosità e mo-
dentro?». La risposta corretta ad entrambe queste menti di gioco, svago e vacanza. Gli episodi spia-
domande ha permesso di individuare la presenza cevoli descrivono situazioni caratterizzate da ma-
di una teoria della mente nel bambino. lattie, piccoli incidenti, capricci e disobbedienze
del figlio. In seguito al racconto spontaneo, sono
Separation Anxiety Test. È stata utilizzata la ver- state rivolte alcune specifiche domande di ap-
sione modificata da Attili (2001) del Separation profondimento che, secondo le indicazioni di Fo-
Anxiety Test di Klagsbrun e Bowlby (1976) per nagy, Steele, Steele e Target (1997), permettono ed
misurare la rappresentazione mentale dell’attac- esigono di dimostrare la capacità di riflettere sui
camento. Il test comprende due serie di sei vi- propri e gli altrui stati mentali. Qui di seguito ven-
gnette, una per i maschi e una per le femmine, gono riportate tali domande di approfondimento:
raffiguranti situazioni di separazione brevi e lunghe. in corsivo, vengono indicate le domande che
La somministrazione prevede che, individual- permettono di esprimere una competenza rifles-
mente, a ciascun partecipante allo studio venga siva, mentre le domande che esigono di dimostrare
detto: «Vorrei che tu mi aiutassi a capire cosa pro- tale competenza sono sottolineate.
vano i bambini quando qualche volta i genitori
devono andare via e devono lasciarli per un po’ Durante l’episodio narrato, lei come si è sentita? Suo
di tempo. In genere alcuni bambini si sentono figlio/a come si è sentito/a?
soli, altri sono comunque contenti, altri si ar- Lei come si è comportata? Suo figlio/a cosa ha fatto?
rabbiano, altri hanno paura. Ho qui dei disegni Perché pensa di essersi comportata nel modo che mi
in cui c’è un bambino/a della tua età e ora ti farò ha descritto?
alcune domande». In seguito alla presentazione Perché pensa che suo/a figlio/a si sia comportato/a
e descrizione di ogni tavola, sono state rivolte nel modo che mi ha descritto?
quattro domande, relative ad un bambino ipo- A suo parere, il suo comportamento rispecchiava le
tetico: «Cosa prova secondo te il/la bambino/a aspettative e/o i desideri di suo/a figlio/a?
nel disegno?»; «Perché pensi che questo/a bam- Si aspettava che suo/a figlio/a si comportasse così?
bino/a provi questo?»; «Cosa pensi che faccia, ora,
questo/a bambino/a?»; «Cosa farà questo/a bam- Codifica
bino/a quando rivedrà la madre (o i genitori)?». Relativamente al processo di codifica si è fatto
La codifica delle risposte è stata realizzata se- esclusivo riferimento alle indicazioni contenute
guendo le indicazioni di Attili (2001). nel Manuale della Funzione Riflessiva di Fo-
nagy, Steele, Steele e Target (1997), a cui si ri-
L’intervista metacognitiva. Si tratta di un’intervista manda per maggiori dettagli, e che prevede l’as-
semistrutturata, appositamente costruita da chi segnazione, ai contenuti dell’intervista, di diversi
scrive, al fine di valutare la capacità riflessiva ma- punteggi della funzione riflessiva (RF) su una scala
terna. Alle madri è stato chiesto di raccontare tre da –1 a 9 punti: –1 = FR Negativa e Ostile: l’in-
diversi episodi (uno piacevole, uno spiacevole, e tervistato oppone una resistenza sistematica ad as-
uno qualsiasi scelto a caso tra piacevole e spia- sumere una posizione riflessiva nel corso di tutto
cevole) che le ha viste protagoniste insieme ai loro il colloquio. 1 = FR Carente: l’intervistato, in al-
bambini. In particolare, alle madri è stata rivolta cuni momenti, parla di stati mentali propri o al-
la seguente consegna: «Pensando al rapporto con trui senza tuttavia evidenziare un quadro coerente
suo figlio, mi racconti un episodio o una situa- delle convinzioni e dei sentimenti che stanno alla
zione (piacevole, spiacevole...) che l’ha colpita e base dei diversi comportamenti. 3 = FR Dubbia
ETÀ EVOLUTIVA - 10 Elena Camisasca
o Scarsa: l’intervistato dimostra una compren- Tale punteggio è stato poi trasformato in una
sione degli stati mentali ma tale consapevolezza variabile categoriale a due livelli: Alta capacità di
risulta banale e unidimensionale, nel senso che mind-mindedness e Scarsa capacità di mind-
non riflette mai emozioni miste o conflitto, ed mindedness.
è spesso accompagnata da un utilizzo eccessivo
di stereotipi. 5 = FR Comune: i racconti dell’in-
tervistato sono caratterizzati da aspetti che ren- Risultati
dono esplicita la funzione riflessiva, anche se il
conflitto e l’ambivalenza che connotano gli stati Capacità riflessiva e mind-mindedness materne: quale
mentali ed emotivi non risultano sempre ben relazione?
compresi. 7 = FR Notevole: il racconto dell’in-
tervistato presenta numerose affermazioni indi- Al fine di valutare la possibile relazione tra la
cative di funzione riflessiva e vengono forniti molti variabile capacità riflessiva (considerata nelle due
particolari sui pensieri e sui sentimenti anche am- categorie: Comune/Alta: n = 16; Assente/Scarsa:
bivalenti di tutti i protagonisti. 9 = FR Eccezio- n = 24) e la variabile mind-mindedness materna
nale: il racconto dell’intervistato rivela un grado (considerata nelle due categorie: Alta: n= 13 e
di sofisticazione eccezionale, gli stati mentali Scarsa: n = 27) è stato realizzato il test c2.
considerati, complessi o elaborati, dimostrano un I risultati ottenuti hanno convalidato l’ipotesi
modo di ragionare in termini di causa ed effetto. che si tratti di due costrutti fortemente connessi
L’analisi delle interviste è avvenuta attraverso [c2 (1, N = 40) = 15.973, p <.001].
un confronto inter-giudice che, nei casi dubbi Le madri che presentano un’alta capacità ri-
(15%), si è risolto con l’intervento di un terzo flessiva sono infatti, nella maggioranza dei casi
giudice esperto.All’intervista, considerata nel suo (n = 11; 84.6%), anche dotate di mind-minded-
insieme, è stato dunque attribuito un punteggio ness (fig. 1). In altre parole, si potrebbe dire che
relativo alla funzione riflessiva. è necessario che una madre sappia cogliere cor-
rettamente lo stato mentale del figlio per potervi
Il Compito Tutoriale. Si tratta di un compito di rispondere in modo appropriato. È tuttavia
costruzione con pezzetti di legno, simile al com- emerso che la capacità riflessiva sembra costituire
pito di costruzione di una scatola ideato da Meins una condizione necessaria ma non per questo
(1997), che valuta la mind-mindedness materna. sempre sufficiente affinché possa esprimersi la
Il bambino viene invitato a costruire una figura sensibilità/mind-mindedness materna. Non tutte
con l’aiuto della madre, a partire da una figura le madri riflessive (n = 5; 31.3%) sono, al tempo
modello. stesso, sensibili, ovvero in grado di considerare
il bambino come dotato di una sua mente e di
Codifica rispondere in modo appropriato. Possiamo in-
Per quanto riguarda la procedura di codifica si fatti immaginare che esistano madri in grado di
è fatto esclusivo riferimento alle indicazioni pre- cogliere lo stato mentale, le richieste e le esigenze
sentate in letteratura da Meins (1997), a cui si ri- del bambino ma che, al tempo stesso, non siano
manda per maggiori dettagli. desiderose o intenzionate a rispondervi, oppure,
La sensibilità/mind-mindedness materna è stata possiamo ipotizzare che tali madri siano ostacolate
definita come la capacità di modificare il livello di da circostanze esterne nel rispondere in modo
specificità dei propri interventi in funzione della pre- appropriato al figlio.
stazione del figlio; il punteggio di sensibilità è stato
attribuito sulla base della proporzione di cambiamenti
adeguati in relazione al totale degli interventi nel com-
pito.
Riflessività e mind-mindedness materne 11 - ETÀ EVOLUTIVA
25
22
20
15
11
10
5
5
2
0
Scarsa capacità riflessiva Alta capacità riflessiva
Alta mind-mindedness Scarsa mind-mindedness
Capacità riflessiva e mind-mindedness materne, sicu- menti in termini di stati mentali favoriscano nei
rezza nell’attaccamento e teoria della mente nei bam- figli lo sviluppo della teoria della mente. Non è
bini: quale relazione? tuttavia da escludere che proprio questi bambini,
dotati di teoria della mente e quindi desiderosi
Al fine di analizzare la relazione di riflessività di cogliere lo stato mentale sottostante ai com-
e mind-mindedness materne con la sicurezza portamenti, sollecitino in modo più articolato e
nell’attaccamento e la teoria della mente è stata frequente le madri ad esprimere la propria com-
condotta un’analisi di tipo log-lineare. Le 4 va- petenza riflessiva attraverso interazioni verbali
riabili nominali inserite nell’analisi sono: Capa- caratterizzate dal continuo riferimento a inten-
cità Riflessiva (Comune/Alta: n = 16; Assente/Scarsa: zioni, volizioni, credenze e desideri.
n = 24); Mind-mindedness materna (Alta: n = 13; Possiamo quindi concludere che, se da un lato
Scarsa: n = 27); Attaccamento (Sicuro: n = 15; In- la capacità riflessiva della madre può favorire lo
sicuro: n = 25); Performance ai Compiti di Falsa Cre- sviluppo di un’analoga competenza nel figlio, al
denza (Superato: n = 21; Non Superato: n = 19). tempo stesso non è possibile escludere che pro-
I risultati (fig. 2) indicano la presenza di una prio i bambini dotati di teoria della mente solle-
relazione significativa a livello della duplice in- citino le proprie madri a utilizzare forme più ar-
terazione e precisamente: ticolate e complesse di competenza mentalistica;
– tra riflessività e mind-mindedness [c2 (2, N = – tra mind-mindedness e sicurezza nell’attacca-
40) = 9.910, p < .001], in accordo con i risultati mento [c2 (2, N = 40) = 6.112, p < .01], nel senso
precedentemente presentati; che i bambini con attaccamento sicuro hanno
– tra capacità riflessiva della madre e teoria della mente madri che presentano un’alta capacità di mind-
nei bambini [c2 (2, N = 40) = 13.985, p < .001], mindedness.
nel senso che i bambini che presentano una Questo dato è in linea con gli studi che sot-
teoria della mente hanno madri con alta capa- tolineano l’importanza specifica della sensibi-
cità riflessiva. È quindi probabile, come sottoli- lità/mind-mindedness nella formazione dell’at-
neano Fonagy e coll. (1991; 1995), che le madri taccamento sicuro (Ainsworth e coll., 1978;
propense a discutere gli eventi ed i comporta- Meins, 1997; Meins e coll., 2002).
ETÀ EVOLUTIVA - 12 Elena Camisasca
I dati evidenziano infatti che i figli di madri esecutivo ascrivibili ai bambini stessi. In parti-
capaci non solo di cogliere lo stato mentale del colare, in linea con quanto sottolineato da La-
bambino ma anche di rispondervi in modo ap- bruyère (2003) e Zalla (2003), si potrebbe spie-
propriato e contingente presentano legami di gare il superamento o il fallimento nei Com-
attaccamento sicuro; piti di Falsa Credenza attraverso la considera-
– tra sicurezza nell’attaccamento e teoria della zione delle differenti abilità di tipo esecutivo che
mente [c2 (2, N = 40) = 4.568, p < .05], nel senso implicano meccanismi cognitivi di pianifica-
che i bambini che hanno legami di attaccamento zione delle sequenze di azione, memoria ope-
sicuri presentano una teoria della mente. rativa, inibizione di risposte predominanti o di
Le ipotesi esplicative di questo dato desunte dalla routine, flessibilità e capacità attentivo-selettiva
posizione teorica di Fonagy (Fonagy, Redfern e al contesto.
Charman, 1997) e Meins (1997; Meins e coll., I dati di questo studio non sono in grado di
2002) vedono nella sicurezza nell’attaccamento fornire una risposta chiara rispetto a quale possa
la base psicologica per l’acquisizione della teoria essere lo specifico contributo svolto dalla sicu-
della mente. Sebbene non sia del tutto evidente rezza affettiva e dalle capacità di tipo cognitivo,
in che modo la sicurezza nell’attaccamento possa dal momento che in questo lavoro non sono
sviluppare la teoria della mente, Fonagy e Target stati analizzati né i meccanismi cognitivi relativi
(2001) suggeriscono che i bambini sicuri, più tran- alle funzioni esecutive né il quoziente intellet-
quilli rispetto agli insicuri nell’esplorare lo stato tivo dei bambini.
mentale del caregiver, trovano nella mente di
chi presta loro le cure una immagine di se stessi
motivata da credenze, sentimenti e intenzioni. In Discussione e conclusioni
altre parole, una immagine di sé come individui
capaci di mentalizzare. È già stato sottolineato che la presente ricerca,
È anche vero, tuttavia, che le differenti pre- prendendo spunto dai lavori di Fonagy e Target
stazioni dei bambini nei compiti di falsa credenza (2001) e Meins (1997), affronta i temi della si-
potrebbero venire spiegate considerando anche curezza nell’attaccamento e della teoria della
il ruolo di altri fattori, come ad esempio il quo- mente attraverso la considerazione della fun-
ziente intellettivo o le diverse abilità di tipo zione riflessiva e della mind-mindedness materne,
Riflessività e mind-mindedness materne 13 - ETÀ EVOLUTIVA
esecutivo, che avrebbe potuto contribuire a me- bini potrebbe dunque costituire un utile svi-
glio spiegare i risultati ottenuti nei compiti di falsa luppo per un approfondimento delle conoscenze
credenza. sul tema.
Pensando ad un eventuale prosieguo dello
studio, l’analisi delle possibili interazioni tra com- C.R.T.I. – Dipartimento di Psicologia
petenze esecutive e teoria della mente nei bam- Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano
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Età evolutiva Età evolutiva - Rivista quadrimestrale © 1978, 2007 GIUNTI EDITORE S.P.A.,
Firenze-Milano, tel. 055.50621/400717, fax 055.5062298. Registrazione del
Direzione, Redazione, Tribunale di Firenze n. 2641 del 28/2/1978. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in
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Redazione: Glauco Renda,
Maria Chiara Sarti. Stampata presso: Giunti Industrie Grafiche S.p.a., Prato - febbraio 2007.
5 - ETÀ EVOLUTIVA
Maternal reflectiveness and mind-mindedness in the devel- to assess their Reflective Function; mothers and children
opment of security of attachment and theory of mind. Aim of were also engaged in a Tutorial Task (Meins, 1997) to
this study is to investigate the relationship between ma- assess mothers’ mind-mindedness/sensitivity.
ternal reflective function (Fonagy,Target, 2001) and ma- Results showed a strong correlation between maternal
ternal mind-mindedness (Meins, 1997) and to analyse reflective function and mind-mindedness. It also emerged,
the specific role which these variables play in the de- however, that reflective capacity seems to form a neces-
velopment of attachment security and theory of mind. sary but not always sufficient condition for maternal sen-
Participants were 40 children of 4 years and their mothers. sitivity/mind-mindedness to express itself. Not all re-
Procedure: in a first phase, two different False Belief flective mothers are, at the same time, sensitive. A log-
Tasks and the modified version (Attili, 2001) of the Sep- linear analysis also showed that more than mind-mind-
aration Anxiety Test (Klagsbrun, Bowlby, 1979) were edness, the maternal reflective function was linked to chil-
administered to the children to evaluate their theory of dren’s theory of mind and attachment security, on the
mind and attachment internal working models. In a other hand, was linked to maternal sensitivity/mind-
second phase, mothers were administered an Interview mindedness.
vedere il comportamento proprio e altrui. Il vero di catturare gli aspetti dell’attività del bam-
punto di vista di questi autori si basa sull’assunto bino e di aggiungervi una istanza intenzionale
che l’acquisizione della funzione riflessiva avvenga (intentional stance).
attraverso un processo intersoggettivo tra il bam- Tale capacità costituisce inoltre, secondo gli
bino e il caregiver e che i processi sociali che pro- autori, la base di quell’atteggiamento sensibile di
muovono la qualità della mentalizzazione siano cura che i teorici dell’attaccamento considerano
esattamente gli stessi che favoriscono la sicu- la pietra angolare dell’attaccamento sicuro. At-
rezza dell’attaccamento. taccamento sicuro che, a sua volta, fornisce le basi
La posizione teorica di Fonagy che enfatizza psicosociali per l’acquisizione della teoria della
il ruolo dell’adulto nello sviluppo della teoria della mente, attraverso l’esplorazione del mondo men-
mente non è pienamente condivisa né dagli au- tale del genitore (Fonagy, Steele, Steele, Leigh,
tori che sottolineano l’esistenza di un sistema co- Kennedy e Target, 1995; Fonagy, Redfern e
gnitivo innato (ToMM), avente una specifica col- Charman, 1997).
locazione cerebrale e specializzato nella costru- L’attenzione alla qualità della relazione adulto-
zione di metarappresentazioni (Leslie, 1987; bambino nello sviluppo della sicurezza nell’at-
Baron-Cohen, 1988; Fodor, 1992; 1994), né da taccamento e della teoria della mente è ravvisa-
coloro che sottolineano come il bambino sviluppi, bile anche negli studi di Meins (1997; Meins et
sulla base dell’esperienza, una sorta di teoria al., 2001) che, attraverso una interessante revisione
scientifica di proposizioni interdipendenti rela- del costrutto di sensibilità materna, introducono
tive alla mente (Gopnik e Meltzoff, 1997), né, il concetto di mind-mindedness (concetto non
infine, dagli autori che considerano la teoria della traducibile letteralmente in italiano ma che as-
mente il risultato di una routine di simulazione sume il significato di “predisposizione a consi-
per mezzo della quale possiamo fingere di met- derare la mente”).
terci nei panni mentali degli altri e utilizzare la La revisione del costrutto di sensibilità è stata,
nostra mente come modello per comprendere la in qualche modo, sollecitata dalla pubblicazione
mente altrui (Gordon, 1986; Harris, 1991; 1992). di due importanti studi di meta-analisi (Goldsmith
Ciononostante, il merito di Fonagy e Target e Alansky, 1987; de Wolff e van IJzendoorn, 1997)
(1997; 2001), anche per coloro che non condi- che hanno posto in discussione l’assunto centrale
vidono teoricamente la loro impostazione, è della teoria dell’attaccamento, ovvero il ruolo
quello di aver analizzato in modo puntuale il ruolo della sensibilità materna nello sviluppo della si-
della relazione emotiva tra bambino e caregiver curezza nell’attaccamento (Ainsworth, Blehar,
nel promuovere la comprensione mentalistica. Re- Waters e Wall, 1978; Isabella e Belsky, 1991; Isa-
lazione affettiva che, sebbene non possa venire bella, 1993). Tali meta-analisi, infatti, eviden-
considerata il solo fattore interveniente, sembra ziando l’importanza di alcuni comportamenti
comunque esercitare un ruolo nello sviluppo genitoriali quali la mutualità, la sincronia, la sti-
della teoria della mente. molazione e il supporto emozionale, sostengono
Fonagy e Target (1997; 2001) ritengono, in- che la sensibilità non possa più venire conside-
fatti, che il caregiver sensibile faciliti la crea- rata il fattore determinante nella costruzione di
zione di modelli mentalistici attraverso com- legami di attaccamento sicuri.
plessi processi comunicativo-linguistici che mo- Tale drastica conclusione è stata tuttavia posta
strano al bambino come il suo comportamento in discussione sia da Fonagy e collaboratori che
possa venire meglio compreso se fatto risalire a da Meins e collaboratori. I primi (Fonagy e coll.,
idee e sentimenti. Nella formazione del “sé ri- 1994; Fonagy e Target, 1997) sostengono che gli
flessivo”, secondo Fonagy e coll. (1994), assume studi presenti nella rassegna di Goldsmith e
un’importanza decisiva la capacità del caregiver Alansky (1987) sembrano aver confuso due di-
di porsi come specchio sociale (social mirror) ov- stinti processi psichici entrambi necessari per l’e-
Riflessività e mind-mindedness materne 7 - ETÀ EVOLUTIVA
(riflessività e mind-mindedness) siano tra loro (Baron-Cohen, Leslie e Frith, 1985; Perner,
connessi in quanto caratterizzati da aspetti in Leekam e Wimmer, 1987) per valutare la pre-
parte sovrapponibili. Infatti il concetto di mind- senza della teoria della mente e il Separation
mindedness di Meins (1997) risulta, a mio avviso, Anxiety Test di Klagsbrun e Bowlby (1976),
composto da due aspetti centrali: da una parte la nella versione modificata da Attili (2001), per mi-
capacità riflessiva e dall’altra la capacità e la vo- surare la rappresentazione mentale dell’attacca-
lontà di rispondere in modo appropriato allo mento. In una seconda fase, a domicilio, alle
stato mentale del figlio. Relativamente al se- madri sono stati proposti un’intervista metacognitiva
condo obiettivo, l’ipotesi è che le specifiche di- per valutare la loro capacità riflessiva e un Com-
mensioni cognitive ed emotive riflesse nella ca- pito Tutoriale – da realizzare col proprio figlio
pacità riflessiva e nella mind-mindedness siano (Meins, 1997) – per valutare la loro mind-
correlate alla teoria della mente e alla sicurezza mindedness.
nell’attaccamento.
In sintesi, il presente lavoro, condotto con un Strumenti
campione composto da due sottogruppi di bam-
bini di 4 anni, sulla base della diversa performance I Compiti di Falsa Credenza. Sono state utiliz-
in due compiti di Falsa Credenza, si propone di zate due diverse versioni del Paradigma di Falsa
verificare le relazioni tra capacità riflessiva e Credenza, introdotto da Wimmer e Perner (1983),
mind-mindedness materne e di investigare even- per valutare la presenza di una teoria della mente
tuali connessioni di queste due competenze con nei bambini: il compito dello spostamento inatteso
la teoria della mente e la sicurezza nell’attacca- (Wimmer e Perner, 1983; Baron-Cohen, Leslie
mento. e Frith, 1985) e il compito della scatola ingannevole
(Perner, Leekam e Wimmer, 1987). Il primo
compito prevede uno scenario con due bambole,
Metodologia Sally e Anna, che insieme nascondono una bi-
glia in un cestino. In seguito, all’insaputa di Sally,
Campione Anna sposta l’oggetto in una scatola. Sally ritorna
sulla scena e al bambino che partecipa allo studio
Il campione della ricerca, suddiviso in due sot- si chiede di indicare in quale luogo Sally cercherà
togruppi, è composto da 40 bambini (21 maschi la biglia.
e 19 femmine) di 4 anni (età media = 48.95 mesi; Il bambino che è in grado di comprendere la
DS = 3.64 mesi) e dalle loro madri. Il primo sot- falsa credenza di Sally indicherà il cestino e non
togruppo è composto da 21 bambini che hanno il luogo in cui la biglia si trova realmente. Il se-
superato entrambi i Compiti di Falsa Credenza, condo compito proposto prevede uno scenario
il secondo da 19 bambini che hanno risposto in analogo all’esperimento classico della “Scatola
modo errato in entrambe le prove. È stata veri- degli Smarties”, dove al posto della scatola degli
ficata, attraverso informazioni ottenute dalle in- Smarties, ormai non più così familiare ai bam-
segnanti di scuola materna e dalle madri, l’assenza, bini, è stata utilizzata una custodia di una vi-
nei bambini, di deficit intellettivi, problematiche deocassetta contenente un peluche al posto della
comportamentali e handicap fisici. videocassetta. Ad ogni partecipante allo studio è
stata mostrata la custodia della videocassetta e gli
Procedura è stato chiesto di indicare che cosa contenesse.
Una volta ottenuta la risposta del bambino, è stato
In una prima fase, presso la scuola materna, mostrato il reale contenuto della custodia, ovvero
sono stati somministrati ai bambini due diversi il peluche. Dopo aver riposizionato il peluche nella
Compiti di Falsa Credenza (False Belief Task) custodia della videocassetta, al bambino sono
Riflessività e mind-mindedness materne 9 - ETÀ EVOLUTIVA
state rivolte due domande: «Cosa hai pensato che le ha suscitato riflessioni e/o emozioni e/o
che ci fosse dentro la scatola prima di aprirla?» e aspettative». Gli episodi piacevoli che sono stati
«Immaginiamo che il tuo migliore amico veda maggiormente raccontati descrivono interazioni
la scatola chiusa: che cosa penserà che ci sia madre-figlio connotate da affettuosità e mo-
dentro?». La risposta corretta ad entrambe queste menti di gioco, svago e vacanza. Gli episodi spia-
domande ha permesso di individuare la presenza cevoli descrivono situazioni caratterizzate da ma-
di una teoria della mente nel bambino. lattie, piccoli incidenti, capricci e disobbedienze
del figlio. In seguito al racconto spontaneo, sono
Separation Anxiety Test. È stata utilizzata la ver- state rivolte alcune specifiche domande di ap-
sione modificata da Attili (2001) del Separation profondimento che, secondo le indicazioni di Fo-
Anxiety Test di Klagsbrun e Bowlby (1976) per nagy, Steele, Steele e Target (1997), permettono ed
misurare la rappresentazione mentale dell’attac- esigono di dimostrare la capacità di riflettere sui
camento. Il test comprende due serie di sei vi- propri e gli altrui stati mentali. Qui di seguito ven-
gnette, una per i maschi e una per le femmine, gono riportate tali domande di approfondimento:
raffiguranti situazioni di separazione brevi e lunghe. in corsivo, vengono indicate le domande che
La somministrazione prevede che, individual- permettono di esprimere una competenza rifles-
mente, a ciascun partecipante allo studio venga siva, mentre le domande che esigono di dimostrare
detto: «Vorrei che tu mi aiutassi a capire cosa pro- tale competenza sono sottolineate.
vano i bambini quando qualche volta i genitori
devono andare via e devono lasciarli per un po’ Durante l’episodio narrato, lei come si è sentita? Suo
di tempo. In genere alcuni bambini si sentono figlio/a come si è sentito/a?
soli, altri sono comunque contenti, altri si ar- Lei come si è comportata? Suo figlio/a cosa ha fatto?
rabbiano, altri hanno paura. Ho qui dei disegni Perché pensa di essersi comportata nel modo che mi
in cui c’è un bambino/a della tua età e ora ti farò ha descritto?
alcune domande». In seguito alla presentazione Perché pensa che suo/a figlio/a si sia comportato/a
e descrizione di ogni tavola, sono state rivolte nel modo che mi ha descritto?
quattro domande, relative ad un bambino ipo- A suo parere, il suo comportamento rispecchiava le
tetico: «Cosa prova secondo te il/la bambino/a aspettative e/o i desideri di suo/a figlio/a?
nel disegno?»; «Perché pensi che questo/a bam- Si aspettava che suo/a figlio/a si comportasse così?
bino/a provi questo?»; «Cosa pensi che faccia, ora,
questo/a bambino/a?»; «Cosa farà questo/a bam- Codifica
bino/a quando rivedrà la madre (o i genitori)?». Relativamente al processo di codifica si è fatto
La codifica delle risposte è stata realizzata se- esclusivo riferimento alle indicazioni contenute
guendo le indicazioni di Attili (2001). nel Manuale della Funzione Riflessiva di Fo-
nagy, Steele, Steele e Target (1997), a cui si ri-
L’intervista metacognitiva. Si tratta di un’intervista manda per maggiori dettagli, e che prevede l’as-
semistrutturata, appositamente costruita da chi segnazione, ai contenuti dell’intervista, di diversi
scrive, al fine di valutare la capacità riflessiva ma- punteggi della funzione riflessiva (RF) su una scala
terna. Alle madri è stato chiesto di raccontare tre da –1 a 9 punti: –1 = FR Negativa e Ostile: l’in-
diversi episodi (uno piacevole, uno spiacevole, e tervistato oppone una resistenza sistematica ad as-
uno qualsiasi scelto a caso tra piacevole e spia- sumere una posizione riflessiva nel corso di tutto
cevole) che le ha viste protagoniste insieme ai loro il colloquio. 1 = FR Carente: l’intervistato, in al-
bambini. In particolare, alle madri è stata rivolta cuni momenti, parla di stati mentali propri o al-
la seguente consegna: «Pensando al rapporto con trui senza tuttavia evidenziare un quadro coerente
suo figlio, mi racconti un episodio o una situa- delle convinzioni e dei sentimenti che stanno alla
zione (piacevole, spiacevole...) che l’ha colpita e base dei diversi comportamenti. 3 = FR Dubbia
ETÀ EVOLUTIVA - 10 Elena Camisasca
o Scarsa: l’intervistato dimostra una compren- Tale punteggio è stato poi trasformato in una
sione degli stati mentali ma tale consapevolezza variabile categoriale a due livelli: Alta capacità di
risulta banale e unidimensionale, nel senso che mind-mindedness e Scarsa capacità di mind-
non riflette mai emozioni miste o conflitto, ed mindedness.
è spesso accompagnata da un utilizzo eccessivo
di stereotipi. 5 = FR Comune: i racconti dell’in-
tervistato sono caratterizzati da aspetti che ren- Risultati
dono esplicita la funzione riflessiva, anche se il
conflitto e l’ambivalenza che connotano gli stati Capacità riflessiva e mind-mindedness materne: quale
mentali ed emotivi non risultano sempre ben relazione?
compresi. 7 = FR Notevole: il racconto dell’in-
tervistato presenta numerose affermazioni indi- Al fine di valutare la possibile relazione tra la
cative di funzione riflessiva e vengono forniti molti variabile capacità riflessiva (considerata nelle due
particolari sui pensieri e sui sentimenti anche am- categorie: Comune/Alta: n = 16; Assente/Scarsa:
bivalenti di tutti i protagonisti. 9 = FR Eccezio- n = 24) e la variabile mind-mindedness materna
nale: il racconto dell’intervistato rivela un grado (considerata nelle due categorie: Alta: n= 13 e
di sofisticazione eccezionale, gli stati mentali Scarsa: n = 27) è stato realizzato il test c2.
considerati, complessi o elaborati, dimostrano un I risultati ottenuti hanno convalidato l’ipotesi
modo di ragionare in termini di causa ed effetto. che si tratti di due costrutti fortemente connessi
L’analisi delle interviste è avvenuta attraverso [c2 (1, N = 40) = 15.973, p <.001].
un confronto inter-giudice che, nei casi dubbi Le madri che presentano un’alta capacità ri-
(15%), si è risolto con l’intervento di un terzo flessiva sono infatti, nella maggioranza dei casi
giudice esperto.All’intervista, considerata nel suo (n = 11; 84.6%), anche dotate di mind-minded-
insieme, è stato dunque attribuito un punteggio ness (fig. 1). In altre parole, si potrebbe dire che
relativo alla funzione riflessiva. è necessario che una madre sappia cogliere cor-
rettamente lo stato mentale del figlio per potervi
Il Compito Tutoriale. Si tratta di un compito di rispondere in modo appropriato. È tuttavia
costruzione con pezzetti di legno, simile al com- emerso che la capacità riflessiva sembra costituire
pito di costruzione di una scatola ideato da Meins una condizione necessaria ma non per questo
(1997), che valuta la mind-mindedness materna. sempre sufficiente affinché possa esprimersi la
Il bambino viene invitato a costruire una figura sensibilità/mind-mindedness materna. Non tutte
con l’aiuto della madre, a partire da una figura le madri riflessive (n = 5; 31.3%) sono, al tempo
modello. stesso, sensibili, ovvero in grado di considerare
il bambino come dotato di una sua mente e di
Codifica rispondere in modo appropriato. Possiamo in-
Per quanto riguarda la procedura di codifica si fatti immaginare che esistano madri in grado di
è fatto esclusivo riferimento alle indicazioni pre- cogliere lo stato mentale, le richieste e le esigenze
sentate in letteratura da Meins (1997), a cui si ri- del bambino ma che, al tempo stesso, non siano
manda per maggiori dettagli. desiderose o intenzionate a rispondervi, oppure,
La sensibilità/mind-mindedness materna è stata possiamo ipotizzare che tali madri siano ostacolate
definita come la capacità di modificare il livello di da circostanze esterne nel rispondere in modo
specificità dei propri interventi in funzione della pre- appropriato al figlio.
stazione del figlio; il punteggio di sensibilità è stato
attribuito sulla base della proporzione di cambiamenti
adeguati in relazione al totale degli interventi nel com-
pito.
Riflessività e mind-mindedness materne 11 - ETÀ EVOLUTIVA
25
22
20
15
11
10
5
5
2
0
Scarsa capacità riflessiva Alta capacità riflessiva
Alta mind-mindedness Scarsa mind-mindedness
Capacità riflessiva e mind-mindedness materne, sicu- menti in termini di stati mentali favoriscano nei
rezza nell’attaccamento e teoria della mente nei bam- figli lo sviluppo della teoria della mente. Non è
bini: quale relazione? tuttavia da escludere che proprio questi bambini,
dotati di teoria della mente e quindi desiderosi
Al fine di analizzare la relazione di riflessività di cogliere lo stato mentale sottostante ai com-
e mind-mindedness materne con la sicurezza portamenti, sollecitino in modo più articolato e
nell’attaccamento e la teoria della mente è stata frequente le madri ad esprimere la propria com-
condotta un’analisi di tipo log-lineare. Le 4 va- petenza riflessiva attraverso interazioni verbali
riabili nominali inserite nell’analisi sono: Capa- caratterizzate dal continuo riferimento a inten-
cità Riflessiva (Comune/Alta: n = 16; Assente/Scarsa: zioni, volizioni, credenze e desideri.
n = 24); Mind-mindedness materna (Alta: n = 13; Possiamo quindi concludere che, se da un lato
Scarsa: n = 27); Attaccamento (Sicuro: n = 15; In- la capacità riflessiva della madre può favorire lo
sicuro: n = 25); Performance ai Compiti di Falsa Cre- sviluppo di un’analoga competenza nel figlio, al
denza (Superato: n = 21; Non Superato: n = 19). tempo stesso non è possibile escludere che pro-
I risultati (fig. 2) indicano la presenza di una prio i bambini dotati di teoria della mente solle-
relazione significativa a livello della duplice in- citino le proprie madri a utilizzare forme più ar-
terazione e precisamente: ticolate e complesse di competenza mentalistica;
– tra riflessività e mind-mindedness [c2 (2, N = – tra mind-mindedness e sicurezza nell’attacca-
40) = 9.910, p < .001], in accordo con i risultati mento [c2 (2, N = 40) = 6.112, p < .01], nel senso
precedentemente presentati; che i bambini con attaccamento sicuro hanno
– tra capacità riflessiva della madre e teoria della mente madri che presentano un’alta capacità di mind-
nei bambini [c2 (2, N = 40) = 13.985, p < .001], mindedness.
nel senso che i bambini che presentano una Questo dato è in linea con gli studi che sot-
teoria della mente hanno madri con alta capa- tolineano l’importanza specifica della sensibi-
cità riflessiva. È quindi probabile, come sottoli- lità/mind-mindedness nella formazione dell’at-
neano Fonagy e coll. (1991; 1995), che le madri taccamento sicuro (Ainsworth e coll., 1978;
propense a discutere gli eventi ed i comporta- Meins, 1997; Meins e coll., 2002).
ETÀ EVOLUTIVA - 12 Elena Camisasca
I dati evidenziano infatti che i figli di madri esecutivo ascrivibili ai bambini stessi. In parti-
capaci non solo di cogliere lo stato mentale del colare, in linea con quanto sottolineato da La-
bambino ma anche di rispondervi in modo ap- bruyère (2003) e Zalla (2003), si potrebbe spie-
propriato e contingente presentano legami di gare il superamento o il fallimento nei Com-
attaccamento sicuro; piti di Falsa Credenza attraverso la considera-
– tra sicurezza nell’attaccamento e teoria della zione delle differenti abilità di tipo esecutivo che
mente [c2 (2, N = 40) = 4.568, p < .05], nel senso implicano meccanismi cognitivi di pianifica-
che i bambini che hanno legami di attaccamento zione delle sequenze di azione, memoria ope-
sicuri presentano una teoria della mente. rativa, inibizione di risposte predominanti o di
Le ipotesi esplicative di questo dato desunte dalla routine, flessibilità e capacità attentivo-selettiva
posizione teorica di Fonagy (Fonagy, Redfern e al contesto.
Charman, 1997) e Meins (1997; Meins e coll., I dati di questo studio non sono in grado di
2002) vedono nella sicurezza nell’attaccamento fornire una risposta chiara rispetto a quale possa
la base psicologica per l’acquisizione della teoria essere lo specifico contributo svolto dalla sicu-
della mente. Sebbene non sia del tutto evidente rezza affettiva e dalle capacità di tipo cognitivo,
in che modo la sicurezza nell’attaccamento possa dal momento che in questo lavoro non sono
sviluppare la teoria della mente, Fonagy e Target stati analizzati né i meccanismi cognitivi relativi
(2001) suggeriscono che i bambini sicuri, più tran- alle funzioni esecutive né il quoziente intellet-
quilli rispetto agli insicuri nell’esplorare lo stato tivo dei bambini.
mentale del caregiver, trovano nella mente di
chi presta loro le cure una immagine di se stessi
motivata da credenze, sentimenti e intenzioni. In Discussione e conclusioni
altre parole, una immagine di sé come individui
capaci di mentalizzare. È già stato sottolineato che la presente ricerca,
È anche vero, tuttavia, che le differenti pre- prendendo spunto dai lavori di Fonagy e Target
stazioni dei bambini nei compiti di falsa credenza (2001) e Meins (1997), affronta i temi della si-
potrebbero venire spiegate considerando anche curezza nell’attaccamento e della teoria della
il ruolo di altri fattori, come ad esempio il quo- mente attraverso la considerazione della fun-
ziente intellettivo o le diverse abilità di tipo zione riflessiva e della mind-mindedness materne,
Riflessività e mind-mindedness materne 13 - ETÀ EVOLUTIVA
esecutivo, che avrebbe potuto contribuire a me- bini potrebbe dunque costituire un utile svi-
glio spiegare i risultati ottenuti nei compiti di falsa luppo per un approfondimento delle conoscenze
credenza. sul tema.
Pensando ad un eventuale prosieguo dello
studio, l’analisi delle possibili interazioni tra com- C.R.T.I. – Dipartimento di Psicologia
petenze esecutive e teoria della mente nei bam- Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano
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Riflessività e mind-mindedness materne 15 - ETÀ EVOLUTIVA
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Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 26/S2
Titolo: QUALITÀ RELAZIONI CURA E TOM: UNA RICERCA EMPIRICA
Attività N°: 01
FORUM
Ora che avete letto con attenzione l’articolo dal titolo: Riflessività e mind-mindedness
materne nello sviluppo della sicurezza nell’attaccamento e della teoria della mente,
FORUM
Ora che avete letto con attenzione l’articolo dal titolo: Riflessività e mind-mindedness
materne nello sviluppo della sicurezza nell’attaccamento e della teoria della mente,
L’EMPATIA
Con questa lezione sintetizzo i concetti più salienti relativi al costrutto di empatia e alla
sua misurazione.
Il contenuto di questa lezione è stato tratto da:
Albiero et al. (2006) «Contributo all’adattamento italiano dell’Interpersonal Reactivity
Index». Testing-Psicometria-Metodologia, 13(2).
Simone, F. (2014). L'empatia nei disturbi da comportamento dirompente. Tesi di
specializzazione.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 27
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
Lo studio dell’empatia ha, fin da principio e con fortune alterne, interessato numerosi
ambiti della psicologia. Alla base di tale interesse vi è la convinzione, suffragata da una
consistente mole di dati empirici, che essa rivesta un ruolo cruciale nella regolazione dei
rapporti interpersonali e delle condotte sociali, promuovendo un buon adattamento
psicosociale per tutto l’arco di vita (Albiero e Matricardi, 2006; Bonino et al., 1998).
Negli anni '50 si cominciò a considerare l'empatia con un' accezione cognitiva, come
capacità di capire un'altra persona, il suo punto di vista sulla sua situazione, e quindi
come sinonimo dei concetti di role-taking e perspective-taking che riguardano la capacità
di mettersi nei panni dell'altro. Più specificatamente, da una prospettiva cognitiva,
empatizzare con qualcuno vuol dire dapprima comprendere i suoi pensieri, le sue
intenzioni, riconoscere le sue emozioni in modo accurato, riuscire a vedere la situazione
che sta vivendo dalla sua prospettiva e quindi condividerne il vissuto emotivo
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 27
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
A partire dagli anni ’60 -’70 si avvia invece lo studio dei processi che favoriscono l’adesione
empatica e vengono elaborati una serie di strumenti di misura, con un focus specifico sugli
aspetti cognitivi dell’empatia).
Negli anni ’80, l’empatia è stata considerata un’esperienza primariamente affettiva, in cui,
tuttavia, i processi cognitivi giocano un ruolo altrettanto importante.
La definizione forse più comune dell'empatia è quella di Hoffmann (1987) che la identifica
con “una risposta affettiva più appropriata alla situazione di un altra persona piuttosto che
alla propria”; l'empatia è una reazione emotiva nell'osservatore in risposta allo stato
affettivo di un altro individuo. Nella sua teoria per poter parlare di empatia non è
indispensabile riuscire a mettersi nei panni dell’altro, dal momento che una
partecipazione/condivisione può avvenire attraverso diversi processi, il cui fondamento è lo
sviluppo progressivo della capacità di differenziare il sé dall’altro, così da comprendere
sempre più chiaramente che la causa del proprio vissuto consiste nell’emozione dell’altro.
Nel modello di Hoffman, si può essere empatici fin dalle primissime fasi della nostra vita.
.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 27
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
Per introdurre i punti chiave del suo approccio integrato, Davis (1980, 1983a, 1994) parte
dalla definizione dell'episodio prototipico empatico, composto da tre vertici: il
soggetto che osserva; il soggetto osservato mentre sperimenta una situazione
emotiva; la risposta dell'osservatore.
Secondo l'Autore, "l'episodio prototipico" è specificato da quattro costrutti, identificati da
una lunga tradizione di ricerca come costitutivi dell'empatia: le caratteristiche dell'osser-
vatore, dell'osservato e della situazione; i processi cognitivi dell'osservatore che
permettono la conoscenza dello stato d'animo dell'osservato; la risposta che ha luogo
nell'osservatore di fronte la situazione emotiva dell'osservato e che può essere affettiva
(la partecipazione vicaria) oppure cognitiva (l'accuratezza nell'etichettare i pensieri e i
sentimenti altrui); i comportamenti interpersonali che derivano dall'esposizione agli stati
d'animo dell'osservato. La novità dell'approccio proposto da Davis consiste nel
sottolineare fortemente come gli elementi cognitivi e quelli affettivi presenti nell' episodio
prototipico empatico, lungi dall'essere aspetti separati, concorrano congiuntamente a
definire la natura multidimensionale dell'atto empatico.
L'approccio contemporaneo all’empatia è un approccio integrato e sintetico che include sia
aspetti affettivi che cognitivi, ma la rilevanza che viene data all'uno o all'altro varia in
modo significativo all'interno della letteratura (Giusti, Locatelli, 2007).
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Lezione N°: 27/S1
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
Lo sviluppo dell’empatia
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Lezione N°: 27/S1
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
Esistono per Hoffman diversi stadi di sofferenza empatica che evolvono nel tempo:
- Distress empatico globale (0-1 anno): pianto reattivo del neonato, con-fusione con
l’altro, il neonato percepisce la sofferenza dell'altro, ne fa propria l’emozione, vivendola
come se quello stato emotivo avesse una causa interna. Reazione affettiva, automatica e
involontaria (contagio emotivo)
- Distress empatico egocentrico (da un anno): i bambini mimano le emozioni provate
dall’altro, si comportano come se volessero aiutare l'altro ma sono comportamenti di
auto conforto.
- Distress empatico quasi-egocentrico (dai due anni): acquisizione di uno schema di se' e
di riconoscimento/differenziazione dall'altro; i comportamenti sono tesi a confortare
l'altro, ma l'egocentrismo permane nella scelta di utilizzare oggetti che sono significativi
per se stessi.
- Empatia veridica (dai tre anni): il bambino, acquisita la capacita discriminativa, riesce
ora ad empatizzare con i sentimenti e i desideri dell'altro in modo più profondo e il suo
aiuto risulterà più efficace.
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Lezione N°: 27/S1
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
Dall’età di 4 anni in poi, ma non prima, la comprensione dell’altro diventa sempre più
complessa. I bambini capiscono che lo stesso mondo può essere esperito in modo diverso
da persone diverse e che quindi le singole persone possono avere una credenza
differenziata rispetto alla realtà.
Secondo Eisenberg (Eisenberg & Miller, 2000) l'empatia pura non è orientata verso gli
altri. Partendo dal presupposto che un individuo abbia la capacità di distinguere tra gli
stati interni propri e quelli di un altra persona, la risposta empatica spesso diventa o
simpatia o personal distress, o la combinazione dei due.
La simpatia è una risposta emozionale che ha origine nell'apprensione e comprensione
per lo stato o condizione di un altro individuo, che non è la stessa cosa del sentire i
sentimenti dell'altro, ma consiste nel sentirsi dispiaciuti per l'altro (Eisenberg &
Miller, 1990) ed è vista come un'emozione morale orientata all'altro alla base
dell'altruismo.
Secondo Eisenberg la differenza tra empatia e simpatia è data dal fatto che provare
empatia implica provare i sentimenti esperiti da un'altra persona osservata, mentre la
simpatia implica non il sentire i medesimi sentimenti provati dall'altro, ma il provare
sentimenti per l'altro.
Questa distinzione è sostenuta anche da Hoffman secondo il quale la simpatia
nascerebbe dall'empatia.
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Lezione N°: 27/S1
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
Il personal distress è invece una reazione affettiva di tipo avversivo, orientata al se', che
riguarda l'apprensione che suscita l'emozione di un altro. Si ipotizza che il personal distress
conduca al comportamento prosociale solo quando è visto come la via più semplice per
ridurre il proprio stato emozionale avversivo (cioè quando non si può evitare di avere a che
fare con la persona che ci causa sofferenza).
È il disagio che si sente quando si prova ansia per qualcuno che è triste (Eisenberg, 2000).
Numerosi studi hanno da tempo evidenziato il ruolo importante che l’empatia riveste nello
sviluppo del pensiero morale e delle competenze sociali, dalla prima infanzia fino alla
tarda adolescenza (Albiero, Matricardi, Speltri e Toso, 2009; Eisenberg et al., 2006;
Hoffman, 2000).
È proprio durante l’adolescenza che avvengono dei cambiamenti radicali nell’identità, nel
sistema di valori, nel modo di costruire rapporti interpersonali e reti sociali, che hanno
rilevanti ripercussioni sugli stili di vita, sui comportamenti a rischio e sul benessere psico-
fisico dell’adolescente (Albiero e Matricardi, 2006).
Tra i correlati psicologici che gli psicologi hanno individuato come fattori di protezione
cruciali per l’adattamento psicosociale, l’empatia riveste un ruolo di primo piano
(Eisenberg et al., 2006).
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Lezione N°: 27/S2
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
Particolare interesse è stato rivolto allo studio dell’empatia nell’ambito delle condotte
antisociali nell’adolescenza.
Infatti ,vedere il dolore nell'altro dovrebbe elicitare un disagio empatico ed inibire un
ulteriore comportamento aggressivo
Negli adolescenti la mancanza di empatia è associata a una predisposizione a provare
pregiudizio e a commettere atti di bullismo. Se associata a intelligenza e status
socioeconomico bassi, la mancanza di empatia aumenta la probabilità che un adolescente
commetta comportamenti criminali (Jolliffe e Farrington, 2004).
Anche negli adolescenti responsabili di reati di natura sessuale è stata riscontrata una
mancanza di empatia verso la vittima (Kristensen Whittaker, Brown, Beckett e Gerhold,
2006).
La difficoltà a provare empatia è anche una caratteristica comune a molte condizioni
psichiatriche, come la schizofrenia e la depressione (Farrow e Woo-druff, 2007). Gli
adolescenti con difficoltà a provare empatia mostrano alti livelli di alessitimia, che
costituiscono un fattore di rischio per l’assunzione di droghe e per la comparsa di disturbi
dell’alimentazione. Bassi livelli di empatia caratterizzano anche gli adolescenti con disturbi
del comportamento e diagnosticati come piromani (Walsh, Lambie e Ste-wart, 2004).
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Lezione N°: 27/S3
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
Proprio in virtù di questo ruolo cruciale che l’empatia riveste nel mediare le relazioni
interpersonali, le condotte sociali e antisociali, e il benessere psicofisico, è essenziale che
psicologi ed educatori possano usufruire di strumenti validi e attendibili per misurare la
responsività empatica.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 27/S3
Titolo: L’EMPATIA
Attività N°: 01
I. Sogno ad occhi aperti e fantastico, con una certa regolarità, sulle cose che potrebbero accadermi .32
5. Resto veramente coinvolto dagli stati d'animo dei protagonisti di un racconto .46
16. Dopo aver visto una rappresentazione teatrale o un film, mi sono sentito come se io stesso fossi
.60
F uno dei protagon isti
23. Quando guardo un buon film, riesco molto facilmente a mettermi nei panni di un personaggio .63
principale
26. Quando leggo una storia o un racconto interessa nte, immagino come mi sentirei se gli avvenimenti .52
della storia stessero accadendo a me
2. Provo spesso sentim enti di tenerezza e di preoccupazione per le persone meno fortunate di me .39
4. A volte non mi sento molto dispiaciuto per le altre persone che hanno problemi (r) .39
9. Quando vedo qualcuno che viene sfruttato, provo sentimenti di protezione nei suoi confronti .40
CE 14. Le sventure delle altre persone a volte non mi turbano molto (r) .32
18. Quando vedo qualcuno che viene trattato ingiustamente, talvolta mi capita di non provare molta
pietà per lui (r) .32
22. Potrei descrivermi come una persona dal cuore piutto sto tenero .35
3. A volte trovo difficile vedere le cose dal punto di vista di un ' altra persona (r) .24
8. In ca50 di disaccordo, cerco di tener conto del punto di vista di ognuno prima di prendere una deci
sio ne .39
11. A volte cerco di comprendere meglio i miei amici immaginando come le cose appaio no dalla loro
prospettiva .35
PT
15. Se sono sicuro di aver ragione riguardo a qua lcosa, non spreco molto tempo ad ascoltare le argo
.29
mentazioni degli altri (r)
21. Credo che esistano due opposti aspetti in ogni vicenda e cerco di prenderli in considerazione en
trambi .35
25. Quando sono in contrasto con qualcuno, di solito cerco di " mettermi nei suoi panni" per un attimo .48
28. Prima di criticare qualcuno, cerco di immaginare cosa proverei se fossi al suo posto .36
No ta : F = Fantasia; CE= Considerazione Empatica; PT= Perspec tive Takin g; DP = Disagio Personale.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 28
Titolo: PROVA DI APPRENDIMENTO E AUTOVERIFICA
Attività N°: 01
RIPASSIAMO
e-portfolio
Ripensando ai costrutti di teoria della mente e di empatia, rifletta su quali sono gli
aspetti distintivi dei 2 costrutti e le loro possibili connessioni.
Inoltri le sue risposte su e-portfolio
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Premessa storica
(Fruggeri, 2009)
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Nei decenni successivi, gli studi psicologici sulla famiglia come oggetto unitario di analisi
escono dall'ambito minoritario e trovano la loro massima espansione e diffusione, contribuendo
così alla conoscenza dei meccanismi e dei processi interattivi-relazionali connessi con la
crescita e lo sviluppo individuale, ovvero del rapporto tra la qualità delle relazioni familiari e gli
esiti dello sviluppo dei singoli componenti (Gurman, Kniskern, I995; Bertrando, Toffanetti,
2000).
La ricerca sulle relazioni familiari fondata su una concezione di "famiglia" come un'unità di
persone in interazione è proceduta di pari passo con lo sviluppo di un approccio teorico capace
di declinare tale costrutto in forme di relazione e processi, e con la messa a punto di
metodologie di analisi idonee a cogliere gli aspetti di complessità insiti in tale definizione (Kerig,
Lindahl, 2006).
(Fruggeri, 2009)
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Studiare la famiglia assumendola come unità di analisi non significa fare riferimento a un
singolo soggetto collettivo, bensì a un sistema di relazioni e di processi tra loro
interdipendenti.
Il concetto di "interdipendenza" è stato diversamente definito nella psicologia delle relazioni
interpersonali. In generale esso fa riferimento alla dinamica tipica di un gruppo in base alla
quale «un cambiamento di stato in una sua parte interessa lo stato di tutte le altre» (Lewin,
1972, p. 125).
In altri termini, l'interdipendenza caratterizza quelle situazioni di rapporto
interpersonale in cui ogni comportamento individuale influenza e resta
influenzato dal comportamento degli altri e qualunque cambiamento di uno dei
membri del gruppo innesca un cambiamento in tutti gli altri e nelle modalità di
funzionamen to dell'intero sistema (Jackson, 1978; Selvini Palazzoli et al., 1975)·
(Fruggeri, 2009)
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
• Oggi l'interdipendenza viene infatti identificata con il processo attraverso il quale le persone
impegnate in situazioni interattive influenzano reciprocamente i rispettivi comportamenti
e gli esiti stessi dell'interazione in cui sono coinvolte, ma anche le rispettive motivazioni,
valutazioni e preferenze. In questo senso, lo studio dell'interdipendenza consiste nell' analisi di
come dimensioni comportamentali (le azioni messe in atto dai partecipanti all'interazione) e dimensioni
simboliche (le loro preferenze e motivazioni) si compongono nella determinazione congiunta degli esiti
dell’interazione stessa.
(Fruggeri, 2009)
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S1
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Fruggeri (2009)
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S1
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Come sottolineano diversi autori, le dinamiche interpersonali tipiche delle relazioni diadiche si
modificano quando si introduce un terzo. La coordinazione triangolare fa infatti riferimento a
una forma interattiva secondo la quale un componente della famiglia si coordina con il
comportamento di un altro componente, che a sua volta interagisce con un terzo
(Westerman, Massoff, 2001).
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S1
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Le configurazioni triangolari
La maggior complessità delle interazioni triadiche deriva innanzitutto dal fatto che esse possono
assumere diverse configurazioni (questo tema verrà ulteriormente approfondito nelle slide sul Gioco
Triadico di Losanna): la situazione "tre insieme", in cui tre persone interagiscono; la situazione in cui
una persona è direttamente impegnata a interagire con un' altra mentre una terza è in posizione di
osservatore.
E’ bene sottolineare che la posizione periferica di chi osserva le interazioni tra altri non
corrisponde a una posizione di estraniazione. Chi, al momento, non è direttamente
coinvolto nello scambio comunicativo rimane connesso agli altri attraverso so una
partecipazione emotiva. Analogamente, i due che sono direttamente coinvolti
nell'interazione non sono isolati dal terzo, con il qua le, appunto, benché in posizione
marginale, mantengono un contatto attraverso diversi canali comunicativi (visivi, uditivi,
verbali e non).
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S1
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Infatti, da una parte la capacità di stare nel rapporto è una capacità individuale che si configura
come prestare attenzione, rispondere ai bisogni dell'interlocutore, provare risonanza emotiva con
l'altro, lasciando il terzo in posizione periferica, evitando cioè di sollecitarlo a partecipare allo
scambio diadico di cui si è protagonisti; dall’ altra parte la capacità di stare in un rapporto può
essere favorita od ostacolata dalla posizione assunta dal terzo periferico, che, specularmente, può
tollerare di rimanere ai margini o, invece, non resistere dal l'intervenire o, perfino, dall'assentarsi
autoescludendosi. Ma la posizione marginale di uno degli interlocutori sarà tanto più facilmente
mantenuta quanto più l'interazione degli altri sarà percepita come armonica. Inoltre, la capacità di
interagire con più di un interlocutore implica che ciascuno eviti di catturare uno degli interlocutori
all'interno di uno scambio diadico, escludendo così il terzo; ma ciò è, a sua volta, facilitato dalla
condizione che nessuno, sottraendosi all'interazione, finisca con l'autorizzare gli altri a intrattenere
uno scambio diadico.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S2
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
LE FUNZIONI FAMILIARI
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S2
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Premessa
Questa diversità può essere rappresentata attraverso un continuum i cui poli opposti sono
un'esasperata ricerca delle autonomie individuali, da un lato, e una
rigida pratica della coesione e dell'unità del gruppo, dall'altro.
Ambedue i poli estremi del continuum sono considerati disfunzionali:
«un'autonomia che non possa contare sull' appartenenza si trasforma in una
mancanza di legami, e una coesione che non lasci spazio alle individualità e alle
diversità diventa una trappola da cui nessuno riesce a uscire» (Minuchin, 1976).
Lo sviluppo dell’intersoggettività
La famiglia fornisce ai suoi componenti una base di sicurezza Affettiva da cui sia possibile partire
verso altre mete; fornisce cioè una rete abbastanza affidabile di relazioni di attaccamento da
consentire a tutti i membri, a qualsiasi età, di sentirsi abbastanza sicuri da spingersi a esplorare le
relazioni che vi sono tra di loro e quelle che essi intrattengono all'esterno della famiglia (Byng-Hall,
1998).
La protezione e la cura di cui le persone hanno bisogno per crescere implicano sia l'attenzione, la
disponibilità, la comprensione e il sostegno, sia il controllo, l'esercizio dell' autorità e del potere. Così, a
fianco della cura, le famiglie assolvono l'importante compito di "insegnare il limite". La responsabilità che
i genitori hanno di aiutare i propri figli nel processo di individuazione comporta infatti l'introduzione di
vincoli, confini e regole.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S2
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Nel corso della loro storia, infatti, le famiglie riorganizzano ripetutamente i loro rapporti in termini di
vicinanza/distanza, potere, gerarchie, ruoli, regole, confini. Si tratta di cambiamenti che vengono
modulati da altri mutamenti intervenienti a vari livelli: individuale, interpersonale, gruppale,
sociale (Fruggeri, 1999).
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S3
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
- Individuale: ogni gruppo familiare è sollecitato a cambiare dalle trasformazioni connesse con lo
sviluppo emotivo, cognitivo e fisico dei singoli componenti.
- Interpersonale: non sono soltanto gli individui a seguire, nelle famiglie, percorsi di sviluppo, anche le
relazioni fra i membri si costituiscono, si trasformano, si affievoliscono, si arricchiscono, si sciolgono. Si
pensi alla separazione della coppia coniugale e di quanto questa implichi una riorganizzazione di tutta la
famiglia.
- Gruppale: la riorganizzazione delle relazioni e delle pratiche familiari è inoltre sollecitata dai mutamenti
che avvengono nella composizione del gruppo. Una famiglia si forma, si estende, si riduce e, a volte, si
ricompone.
- Sociale: una famiglia, infine, non vive avulsa dal più ampio contesto sociale. In questo senso, si trova
a dover fare i conti con gli innumerevoli mutamenti che intervengono nell'ambiente con cui è in relazione
e di cui fa parte.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S3
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Le transizioni
Una ulteriore importante acquisizione teorica che ha permesso di cogliere i processi delle famiglie
consiste nella focalizzazione non tanto sulle forme familiari in diversi momenti o fasi della loro storia,
quanto sul- le transizioni che esse attraversano passando da una fase all' altra. Le transizioni sono quei
periodi nelle storie delle famiglie caratterizzati da incertezza poiché le usuali modalità di funzionamento
non appaiono più adeguate di fronte alle mutate condizioni interne o esterne e tuttavia nuove
modalità adatte alle nuove esigenze non sono ancora emerse o individuate.
Le transizioni sono periodi di passaggio che, in quanto tali, si configurano come dei veri e propri
processi di negoziazione, di coordinazione, di oscillazione, di accomodamento reciproco, di
destrutturazione e ristrutturazione di modalità interattive e di routine quotidiane.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S3
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
Per comprendere il carattere trasformativo e continuativo dei processi implicati nello sviluppo familiare
risultano utili i concetti di "morfostasi" e "morfogenesi" formulati e definiti da Maruyama (1968) e ripresi da
Speer (I970).
Una famiglia, infatti, in ogni momento della sua storia può essere considerata l'esito di due processi
intrecciati; quello morfostatico, che ne garantisce la continuità e la stabilità nei confronti delle continue
variazioni dell'ambiente circostante o interno, e quello morfogenetico che ne regola le trasformazioni.
L'idea di "morfogenesi" fa riferimento alle riorganizzazioni di ruoli e modalità di rapporto che gli individui e le
famiglie affrontano durante i passaggi che segnano i cambiamenti evolutivi nel corso della loro storia.
L'idea di "morfostasi" fa invece riferimento ai processi di ricostruzione della propria identità che ogni famiglia
opera, attraverso le interazioni e le pratiche messe
in atto giorno per giorno.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 29/S3
Titolo: Natura E Funzioni Delle Relazioni Familiari
Attività N°: 1
LTP: PREMESSA
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 30
ALLEANZE FAMILIARI: LTP
Titolo: 2
Attività n°:
IL GIOCO TRIADICO
PROVA DI
APPRENDIMENTO
LEZIONE 33
L’analisi delle alleanze familiari
Il contenuto della lezione va studiato sulle slide.
Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, può leggere il volume
di Fivaz & Corboz –Warney (1999) Il triangolo primario. Edito da
Raffaello Cortina.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 31
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE FAMILIARI: LTP
Attività n°: 2
-la famiglia collabora in modo evidente con un atteggiamento di risonanza che ben si
accorda alla loro vicinanza fisica.
- il coinvolgimento emotivo appare ottimale
- la madre in diade entra in contatto diretto con il bambino
- il padre appare in continua risonanza con l’interazione, mantenendo un atteggiamento
positivo di specchio senza interferire
- la madre nel ruolo di terzo rimane in contatto con la diade e mantiene un atteggiamento
ricettivo. Non si sente sminuita in rapporto alla capacità del marito
- insieme, i genitori si muovono in modo sincrono e sintonizzato.
-Le configurazioni si succedono in modo naturale e fluido, senza scatti o interruzioni, in un
clima disteso e di divertimento condiviso
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 31/S1
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE FAMILIARI: LTP
Attività n°: 1
Contatto
Attenzione affettivo
Partecipazione Organizzazione Focale Sono tutti in contatto?
Si
Prestano tutti
Si Attenzione al gioco?
Prova di apprendimento
LEZIONE 34
Lausanne Trilogue Play
Esercitazione di approfondimento tratta da Fivaz & Corboz (1999) Il
triangolo primario. Raffaello Cortina Milano
La famiglia di Mike
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 32
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività n°: 1
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 32
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività n°: 1
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 32
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività n°: 1
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 32
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività n°: 1
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 32/S1
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività n°: 1
Prova di apprendimento
La famiglia di FRANKIE
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 32/S2
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività N°: 01
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 32/S2
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività N°: 01
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 32/S2
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività N°: 01
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 32/S3
Titolo: ANALISI DELLE ALLEANZE: ESERCITAZIONE
Attività n°: 1
Prova di apprendimento
Le patologie della sfera digestiva, così come quelle della sfera respiratoria e quelle
cutanee, fanno parte dei disagi che i bambini esprimono attraverso il corpo.
Sono quindi, molto spesso, delle patologie fisiche connesse a disturbi psicologici profondi,
che usano il corpo come strumento cui manifestarsi.
Nel DSM-5 è presente la categoria “Disturbi da sintomi somatici” che include per quello
che riguarda l’età adulta quadri psicopatologici le cui cause non sono riconducibili a una
condizione medica, né possono essere individuate negli effetti di una sostanza o di
un’altra patologia mentale, ma devono essere ricondotti all’ambito dei fattori stressogeni.
I sintomi, inoltre, devono essere un impedimento serio allo svolgimento delle attività
quotidiane e devono essere fonte di preoccupazioni eccessive e strategie
comportamentali per gestirli.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
Per quanto riguarda l’infanzia vengono presentate informazioni generiche, ovvero viene
riportato che i sintomi più comuni nei bambini sono:
•Dolore addominale
•Mal di testa
•Senso di affaticamento
•Nausea
Si evidenzia che nei bambini emergono un sintomo o due e che a differenza degli adulti,
loro non mostrano preoccupazioni per i disturbi somatici (iniziano a farlo in adolescenza).
Si evidenziano, infine, le modalità attraverso cui i genitori rispondono ai sintomi dei propri
figli, le quali sono fondamentali nel determinare il livello di stress associato a queste
patologie.
Si mostra che i quadri psicosomatici sono interconnessi con le varie fasi di sviluppo del
soggetto, ma sembra che sia la qualità della relazione tra il piccolo e l’adulto significativo
che ne determina la comparsa.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
In quel momento si presenta la crisi che è caratterizzata da sofferenza digestiva, fame imperiosa,
manifestate con agitazione e pianto che possono perdurare anche per alcune ore. Il bambino si calma
solo se viene allattato, cullato. Appena si smette il bambino, solitamente, torna a piangere,
svegliandosi e urlando.
Le crisi si presentano con una frequenza quotidiana e possono protrarsi per settimane, poi
scompaiono improvvisamente e spontaneamente dopo due o tre mesi.
La dimensione psicosomatica del disturbo è dimostrata dall’efficacia calmante del succhiotto e del
dondolamento confermata dal fatto che dall’esame medico non emerge nulla di patologico.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S1
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
Le cause a cui potrebbe essere ricondotto questo disturbo implicano un intreccio tra caratteristiche a
base innata del piccolo e modalità di interazione.
Si osserva che questi bambini fin dalla nascita si distinguono per una notevole prontezza e sensibilità
nel rispondere alle sollecitazioni esterne. I caregiver appaiono eccessivamente ansiosi, alternando
gesti bruschi e scoppi d’ira a comportamenti iperprotettivi: controllano ogni gesto del neonato, ogni
vagito, persino durante il corso della notte.
Il caregiver sembra così fallire il suo compito di regolatore esterno degli stati somatici del piccolo, non
riuscendo a comprendere e quindi a rispondere adeguatamente ai suoi bisogni a causa delle proprie
ansie.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S1
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
Queste coliche, che avvengono appunto durante i primi tre mesi di vita del bambino, sembrano
scaturire da un disturbo precoce della relazione tra il caregiver e ilo neonato a seguito di due eventi:
•Lo sviluppo del bambino che consente l’emergere di competenze nella regolazione delle proprie
tensioni attraverso la gestualità intenzionale o il succhiamento del pollice.
•Il progressivo adattamento del caregiver al neonato, che permette di comprenderne in modo più
adeguato i bisogni e i segnali
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S2
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
• Vomito
Nella fase neonatale l’immaturità fisiologica del cardias, ovvero della giunzione esofago-stomaco,
rende frequenti i rigurgiti di cibo e talvolta veri e propri vomiti. Questi ultimi riguardano alimenti,
più che altro latte, che in parte hanno già subito il processo della digestione.
A parte episodi patologici dovuti a infezioni, anomalie di natura fisiologica, come ad esempio delle
malformazioni digestive o difficoltà di assorbimento e/o intolleranze alimentari, il vomito è
considerato come un disturbo psicosomatico della prima infanzia.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S2
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
Si presenta con eccessiva facilità e frequenza. Spesso il bambino mostra un buono stato trofico e
tende a rigurgitare cibo quando deve fronteggiare delle situazioni che prevedono un’elevata
attivazione emotiva.
Assume connotazioni più severe e di gravità maggiore quando porta ad una fase di anoressia. In
questo caso vi è un esplicito rifiuto del cibo e gli episodi di vomito tendono a manifestarsi più volte
durante la giornata.
Alcune volte, sembra che il vomito si palesi senza alcuno sforzo, spontaneamente, mentre altre volte
può essere conseguenza delle contrazioni dei muscoli addominali. Rare sono invece le condotte con le
quali il bambino si induce il vomito, introducendosi le dita nella bocca per causare il riflesso della
nausea.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S2
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
Nel corso del secondo anno di vita, si osserva nella maggior parte dei bambini la scomparsa di questo
disturbo grazie al cambiamento dell’alimentazione e all’acquisizione di una maggiore autonomia
alimentare.
Tuttavia, si è osservato che se nella relazione tra bambino e caregiver c’è conflittualità, il vomito tende
a ripresentarsi negli anni successivi nelle particolari situazioni di costrizione o contrarietà, oppure in
seguito all’emergere di sentimenti di ansia e/o angoscia.
Ad esempio, ci sono bambini che presentano episodi di vomito al mattino prima di andare a scuola; si
rileva, infatti, che i bambini che hanno sofferto di vomito precoce, sviluppano successivamente una
fobia scolare. Negli episodi ancora più severi è necessario ricorrere al ricovero ospedaliero a causa di
una grave perdita di peso o della disidratazione.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S2
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
• Mericismo
Il mericismo, o ruminazione, compare nel secondo trimestre di vita e sembra riguardare
maggiormente i bambini di sesso maschile.
Il neonato che presenta questo disturbo rigurgita senza apparente sforzo e con una notevole facilità
quantità variabili di cibo provenienti dallo stomaco e, quindi, in parte già digerite. Il cibo viene
richiamato nella cavità orale, dove viene masticato per poi essere di nuovo inghiottito e in parte
vomitato. Nei casi in cui il cibo vomitato sia eccessivo, possono esserci degli effetti collaterali
come denutrizione e/o disidratazione, ma non sono molto frequenti.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S2
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
L’esordio del mericismo è spesso progressivo e può essere preceduto da episodi di vomito o rigurgito
e spesso non viene individuato precocemente poiché questi bambini mostrano un appetito normale.
Quindi compare solo quando il bambino è solo o si ritiene tale e smette immediatamente se si
avvicina un adulto.
Nel corso dell’episodio di ruminazione, il bambino è totalmente assorbito dall’attività: lo sguardo è
vuoto, estraneo al mondo, il corpo è immobile e atono.
Talvolta ci sono altre manifestazioni che si alternano al mericismo, come:
Dondolamento della testa
Suzione del pollice
Manipolazione di capelli, orecchie e organi genitali
Infatti, questo disturbo è ricondotto a una condizione di deprivazione affettiva, dove i caregivers sono
più freddi, distanti e mettono in atto cure ritualizzate e ossessiove.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S2
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
La ruminazione, pertanto, potrebbe essere interpretata come un tentativo di ottenere una sorta di
conforto e gratificazione, che non sono garantiti dall’adulto accudente.
Il sintomo mericista tende a scomparire quando si instaura tra caregiver e bambino un rapporto più
affettuoso e rassicurante. Quindi, l’evoluzione del disturbo è legata alle conseguenze sul piano fisico,
qualora vi sia una minaccia di cachessia (ovvero uno stato morboso caratterizzato da estrema
magrezza, riduzione delle masse muscolari e assottigliamento della cute) o di disidratazione che
richiedono un ricovero ospedaliero.
La risoluzione è benevola nella maggioranza dei casi, raramente si verificano esiti mortali.
Inoltre, si è notato che l’allontanamento del caregiver dal bambino durante l’ospedalizzazione
determina la scomparsa dei sintomi.
Infatti, è stato osservato che i bambini che soffrono di mericismo sono stati allevati in una condizione
di deprivazione affettiva in cui il caregiver lascia solo il bambino per la maggior parte del tempo
intervenendo solo per la gestione dei bisogni, senza mai mettere in campo un reale coinvolgimento
affettivo.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S3
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
• Rettocolite ulcero-emorragica
Questa patologia psicosomatica, differentemente dai disturbi fino ad ora descritti (coliche,
vomito, mericismo), compare più tardi, in età scolare verso i 7-8 anni, oppure
all’inizio della pubertà tra gli 11 e i 13 anni.
Il disturbo può essere preceduto da sintomi anoressici, o verificarsi in concomitanza con
manifestazioni di ansia, come fobie e comportamenti ossessivi compulsivi.
Il caregiver viene descritto con un profilo psicopatologico dove i tratti depressivi si associano a
caratteristiche di autoritarismo, aggressività, dominanza e iperprotezione.
Al contrario, i figli si rivelano spesso timidi, sottomessi ed eccessivamente obbedienti.
La relazione caregiver-bambino si connota per modalità di interazione improntata all’aggressività e al
rifiuto da parte del caregiver nei momenti in cui il bambino non presenta alcun disturbo, mentre
emergono cure invadenti e manipolatorie associate alla comparsa del disturbo.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S3
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
Il ruolo delle interazioni precoci sembra essere fondamentale nel favorire o meno dell’emergere delle
competenze emotive e cognitive necessarie per far fronte a successivi eventi avversi.
Nello specifico, per quanto riguarda la rettocolite ulcero-emorragica, come per altre patologie di
origine psicosomatica, la sua insorgenza si associa ad esperienze avverse in età infantile.
Uno studio condotto su gioveni adulti, nei quali è stata riscontrata la rettocolite ulcero-emorragica, ha
indagato la presenza o meno di esperienze traumatiche nell’età infantile. Dai dati è possibile dividere
le epserienze traumatiche in due categorie: intrafamiglaire ed extrafamigliare.
Gli eventi intrafamigliari sono:
•Abuso psicologico, fisico o sessuale
•Dipendenza da sostanze o patologia psichiatrica di un membro della famiglia
•Separazione o divorzio dei genitori
•Carcere di un membro della famiglia
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S3
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
A questi eventi stressanti si possono aggiungere l’inadeguato funzionamento famigliare, paura nei
confronti dei genitori, trascuratezza, decesso di un genitore, sensazione di non essere stata amato dal
caregiver.
Inoltre sono stati riscontrati bassi livelli di autostima, sentimenti di incapacità e inutilità, sfiducia verso
gli altri e quindi difficoltà nei rapporti interpersonali.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 33/S3
Titolo: Il Dsm5 E Il Disagio Espresso Attraverso Il Corpo
Attività N°: 1
Questo si riscontra in particolare in coloro che si sono sentiti trascurati dei genitori o che hanno subito
una vera e propria violenza psicologica. Di fatto, i genitori sono il supporto socio affettivo più
importante nell’infanzia e il sentirsi amati e curati nei momenti del bisogno ha effetti fondamentali
sulla salute fisica e psicologica. Non ricevere cure adeguate significa non avere un
equipaggiamento emotivo sufficiente per far fronte alle difficoltà successive, esponendo se stessi
al rischio di insorgenza di sintomi psicosomatici.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
Le patologie della sfera respiratoria, così come quelle della sfera digestiva e quelle
cutanee, fanno parte dei disagi che i bambini esprimono attraverso il corpo.
Sono quindi, molto spesso, delle patologie fisiche connesse a disturbi psicologici profondi,
che usano il corpo come strumento cui manifestarsi.
Nel DSM-5 è presente la categoria “Disturbi da sintomi somatici” che include per quello
che riguarda l’età adulta quadri psicopatologici le cui cause non sono riconducibili a una
condizione medica, né possono essere individuate negli effetti di una sostanza o di
un’altra patologia mentale, ma devono essere ricondotti all’ambito dei fattori stressogeni.
I sintomi, inoltre, devono essere un impedimento serio allo svolgimento delle attività
quotidiane e devono essere fonte di preoccupazioni eccessive e strategie
comportamentali per gestirli.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
Fino ad ora sono state descritte e analizzate le patologie afferenti alla sfera digestiva,
ovvero:
• Coliche idiopatiche
• Vomito
• Mericismo
• Rettocolite ulcero-emorragica
• Asma
La patologia asmatica si caratterizza per il verificarsi di contrazioni della muscolatura
bronchiolare che provocano delle crisi respiratorie.
È ormai accreditato che le cause di tale disturbo possono essere individuate in un
intreccio di molteplici fattori, come:
• Componenti ereditarie
• Componenti infettive
• Componenti allergiche
• Componenti psicogene
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S1
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
Infatti, si è osservato che in uno stesso soggetto le crisi respiratorie possono essere
ricondotte a un contatto con l’allergene, mentre in altre circostanze avvengono solo come
conseguenza di fattori emotivi, come stati di ansia o di forte paura.
Nella patologia asmatica, come negli altri disturbi psicosomatici, sembra impossibile
operare una distinzione netta tra elementi organici, emotivi e ambientali.
Tuttavia, sembra che l’ambiente famigliare svolga un ruolo molto importante nel dare
l’avvio alle crisi asmatiche della durata di 8-9 giorni.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S1
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
Le forme del disturbo asmatico più precoci fanno la loro comparsa nel secondo trimestre
di vita. Nella maggior parte dei casi si tratta di bronchiti asmatiche della durata di 8-10
giorni, che si ripetono con una notevole frequenza.
Le forme acute si caratterizzano per una grave affezione respiratoria, febbre, cianosi e
tosse incessante.
Le crisi di dispnea , comunque, non sembrano procurare angoscia al piccolo, il quale
rimane attivo, giocoso, talvolta allegro, tanto che riesce ad assumere i pasti con calma
per poi riaddormentarsi subito dopo.
Le crisi acute di solito si risolvono in pochi giorni, ma talvolta possono richiedere una
terapia farmacologica o un ricovero ospedaliero.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S1
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
L’asma nel neonato può manifestarsi insieme ad altri disturbi allergici, come l’eczema
(patologia cutanea). Questa associazione sembra aggravare la prognosi della patologia
asmatica.
Per quanto riguarda la sua prognosi, si riscontra una risoluzione definitiva intorno ai 2-3
anni; solo in pochi casi si è osservato che il disturbo può perdurare ed evolvere in forme
gravi dell’infanzia e dell’adolescenza.
Un ambito della sua vita che viene particolarmente colpito è la scolarità; infatti, la
patologia asmatica può comportare molte assenze che potrebbero ostacolare il successo
nell’apprendimento ottimale.
Il ripetersi della crisi finisce per incidere non solo sullo strutturarsi del carattere del
bambino, ma anche sul comportamento dei genitori e degli altri membri della famiglia.
In altre parole, è possibile affermare che l’asma deve il suo esordio precoce a
predisposizioni allergiche, ma poi il suo decorso viene dettato dalle precoci esperienze
relazionali.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S1
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
• Laringospasmo
L’ultima patologia psicosomatica afferente alla sfera respiratoria che sarà descritta in
queste slide è il laringospasmo.
Il laringospasmo, chiamato anche spasmo affettivo, si caratterizza per una breve perdita
di coscienza a causa di una anossia cerebrale.
Il periodo di insorgenza si colloca generalmente tra i 6 e i 18 mesi, più raramente tra i 2 e
i 4 anni.
Si manifesta in bambini che presentano una crescita generale nella norma e uno sviluppo
intellettivo eccellente; la distribuzione per genere non manifesta particolari differenze
tra maschi e femmine.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S2
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
Di questa patologia si distinguono due forme cliniche: quella cianotica e quella sincopale.
In entrambe le forme la crisi è breve: i bambino riprende, infatti, coscienza dopo qualche
secondo, al massimo dopo un minuto.
Il bambino, però, ne esce affaticato e, infatti, talvolta si addormenta. Al momento della
ripresa delle attività è come se si fosse dimenticato le cause che hanno scatenato la crisi.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S2
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
Nella maggior parte dei casi, il bambino presenta lo stesso tipo di crisi; sono infatti rare le
forme miste con un’alternanza delle tipologie di spasmo.
L’evoluzione di questo disturbo è, di solito, benigna, in quanto tende a scomparire intorno
ai 3 anni. Solo in casi rari tende a permanere negli anni successivi e solo
eccezionalmente, dopo un intervallo nel corso dell’infanzia, si ripresenta nell’età adulta
associato ad una struttura di personalità disturbata.
Patologie cutanee
Le patologie cutanee, così come quelle della sfera respiratoria e digestiva, fanno parte dei
disagi che i bambini esprimono attraverso il corpo.
Sono quindi, molto spesso, delle patologie fisiche connesse a disturbi psicologici profondi,
che usano il corpo come strumento cui manifestarsi.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S3
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
Le patologie cutanee, così come quelle della sfera respiratoria e digestiva, fanno parte dei
disagi che i bambini esprimono attraverso il corpo.
Sono quindi, molto spesso, delle patologie fisiche connesse a disturbi psicologici profondi,
che usano il corpo come strumento cui manifestarsi.
Le patologie psicosomatiche cutanee che hanno il loro esordio durante l’età evolutiva
sono due:
•L’eczema
•L’alopecia
In queste e nelle prossime slide saranno descritte la loro sintomatologia, le loro cause e
quindi il perché sono considerate patologie psicosomatiche.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S3
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
• L’eczema
L’eczema conosciuto anche come dermatite topica è un disturbo caratterizzato da
arrossamenti, vescicole con secrezione sierosa e formazione di croste nella forma
acuta o da squame e ispessimento della cute in quella cronica.
È accompagnato da un intenso prurito e questo induce il bambino a grattarsi in modo
insistente, fino a causare un eritema che può diventare più acuto ed esteso.
Solitamente compare sulle guance e sul collo per poi estendersi al resto del corpo. Il suo
esordio si presenta nel secondo trimestre di vita del bambino e la sua risoluzione per
lo più avviene intorno al secondo anno di vita.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 34/S3
Titolo: DISAGIO ESPRESSO ATTRAVERSO IL CORPO 1
Attività n°: 01
In casi rari in cui tale patologia persiste, può proseguire fino agli anni successivi.
La guarigione nel corso del secondo anno potrebbe essere ricondotta, come anche per
altre patologie psicosomatiche , ai nuovi investimenti, conseguiti grazie allo sviluppo,
come ad esempio l’acquisizione della deambulazione, che permette al piccolo di essere
meno dipendente dal contatto materno.
Nelle prossime slide sarà descritta l’ipotesi secondo cui il contatto con la mamma
potrebbe essere una causa della comparsa dell’eczema.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 35
Titolo: PATOLOGIE SFERA CUTANEA E RIPASSO
Attività n°: 01
Patologie cutanee
Già Spitz aveva descritto come le madri dei bambino con eczema mostravano
nell’interazione con i figli una latente ostilità. Infatti, evitavano di toccarli, privando i
piccoli dell’esperienza del contatto cutaneo.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 35
Titolo: PATOLOGIE SFERA CUTANEA E RIPASSO
Attività n°: 01
La mancanza della paura dell’estraneo costituisce, quindi, un indicatore del fatto che non
si è riscontrato in questi bambini un legame privilegiato ed esclusivo con la figura di
attaccamento precedentemente e quindi i piccoli non andranno a ricercare la protezione o
il contatto con il caregiver.
Nei bambini più grandi è stata riscontrata una personalità sottomessa, sensibile e
ansiosa. La relazione con la madre oscilla tra il rifiuto e l’iperprotezione che si manifesta
per lo più attraverso la cura del sintomo somatico.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 35
Titolo: PATOLOGIE SFERA CUTANEA E RIPASSO
Attività n°: 01
In conclusione è interessante osservare che i bambini con eczema, così come quelli affetti
da una patologia asmatica, rivelano:
• Deficit sul piano delle competenze emotive
• Notevole intolleranza alle situazioni conflittuali
• Profondi bisogni affettivi
Nelle slide che seguono, sarà descritta l’altra patologia cutanea, l’alopecia
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 35/S1
Titolo: PATOLOGIE SFERA CUTANEA E RIPASSO
Attività n°: 01
Patologie cutanee
• Alopecia
Questo disturbo si connota per una perdita totale o parziale di peli, che può avvenire in
qualsiasi parte del corpo, sebbene solitamente riguardi il cuoio capelluto.
Si distinguono due forme: totale e areata.
L’alopecia totale investe sia i capelli che tutti i peli del corpo (ciglia, soppraciglia, peli
ascellari, ecc…).
L’alopecia areata prevede la presenza di aree prive di capelli, in assenza di infiammazione
o squame.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 35/S1
Titolo: PATOLOGIE SFERA CUTANEA E RIPASSO
Attività n°: 01
Il bambino non è ancora in grado di gestire da solo questi eventi a causa dell’immaturità
del sistema neurofisiologico.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 35/S1
Titolo: PATOLOGIE SFERA CUTANEA E RIPASSO
Attività n°: 01
Questi eventi per il bambino hanno significato una perdita o una minaccia di perdita di
figure significative.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 35/S1
Titolo: PATOLOGIE SFERA CUTANEA E RIPASSO
Attività n°: 01
FORUM
Alla luce di quanto appreso sulle patologie della sfera respiratoria, discutete
quali sono a vostro avviso le caratteristiche relazionali più rilevanti che possono
essere associate alla sintomatologia descritta
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 35/S3
Titolo: PATOLOGIE SFERA CUTANEA E RIPASSO
Attività n°: 01
FORUM
Alla luce di quanto appreso sulle patologie della sfera cutanea, discutete quali
sono a vostro avviso le caratteristiche relazionali più rilevanti che possono
essere associate alla sintomatologia descritta
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 36
Titolo: DISTURBI D’ANSIA
Attività n°: 01
DISTURBI D’ANSIA
Il contenuto della lezione deve essere integrato con i contenuti del volume di Di
Pentima: Percorsi di sviluppo normale e patologico.
Coloro che sono interessati ad approfondire il tema degli strumenti self-report più
utilizzati nella nella clinica per la valutazione dei disturbi d’ansia, si suggerisce di
consultare il volume di A. Lis et al. (2013) La valutazione dell’adattamento
psicologico del bambino: Raffaello Cortina Milano
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 36
Titolo: DISTURBI D’ANSIA
Attività n°: 01
PREMESSA
La preoccupazione è una risposta a una minaccia esterna. L’ansia, un frequente stato
emotivo dell’uomo, è un condizionamento, un atteggiamento interiore focalizzato
essenzialmente sul presagio di un pericolo.
È simile alla preoccupazione ma si manifesta in assenza di una minaccia esterna
identificabile o compare in risposta a uno stimolo minaccioso interiore. L’ansia
disabilitante, o che determina un’estrema condizione di disagio, è “normale” se si verifica
in corrispondenza di uno stress intenso ed è limitata nel tempo. In questi casi può essere
appropriata la diagnosi di un disturbo dell’adattamento (con ansia). Quando l’ansia si
verifica in assenza di uno stress evidente o quando non cessa in seguito
all’allontanamento della causa dello stress, è verosimile un disturbo d’ansia. I disturbi
d’ansia sono di frequente riscontro nella normale pratica clinica. Nella maggior parte degli
studi condotti in ambito ambulatoriale di base (per es., Löwe et al. 2008), i disturbi d’ansia
(10-15% dei pazienti) sono più frequenti dei disturbi depressivi (7-10% dei pazienti). In un
ambulatorio psichiatrico generale, i disturbi d’ansia possono interessare fino al 40% dei
nuovi casi afferenti.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 36
Titolo: DISTURBI D’ANSIA
Attività n°: 01
I disturbi d’ansia presentano un’elevata comorbilità con altri disturbi mentali, disturbi della
personalità e malattie organiche. La comorbilità dei disturbi d’ansia con altre patologie
determina sovente esiti più sfavorevoli e condiziona il trattamento. Più frequentemente la
comorbilità è rappresentata dalla coesistenza di un altro disturbo d’ansia. Disturbi
dell’umore e uso di sostanze (tra cui nicotina e alcol) si associano anch’essi
frequentemente ai disturbi d’ansia. Siccome i disturbi d’ansia frequentemente
precedono i disturbi dell’umore e l’uso di sostanze, interventi tempestivi volti a curare i
disturbi d’ansia possono prevenire le suddette evenienze. I disturbi d’ansia si associano
frequentemente anche a disturbi della personalità, come disturbi di personalità
borderline, antisociale ed evitante (El-Gabalawy et al. 2013).
Anche le malattie organiche sono molto frequenti nei pazienti affetti da disturbi d’ansia
(Sareen et al. 2006). Tra le malattie organiche co-esistenti, quelle a maggior prevalenza
sono malattie cardiovascolari, respiratorie (per es., asma), artriti ed emicranie.
L’insorgenza di una malattia organica grave può indurre la comparsa di un disturbo d’ansia
o, al contrario, l’ansia e l’evitamento possono determinare problemi di salute di tipo
organico.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 36
Titolo: DISTURBI D’ANSIA
Attività n°: 01
Vari studi hanno dimostrato che vi è un gran numero di fattori di rischio che, perlopiù, sono
comuni a tutti i disturbi d’ansia (Kessler et al. 2010). Genere femminile, età più giovane,
stato di single o di divorziato, modeste condizioni socioeconomiche, scarsi supporti
sociali e basso livello di istruzione si associano con maggiore frequenza ai disturbi
d’ansia. I bianchi hanno maggiori probabilità di soffrire di disturbi d’ansia rispetto alle
minoranze etniche. Eventi stressogeni nel corso della vita e maltrattamenti subiti durante
l’infanzia rappresentano, a loro volta, importanti fattori di rischio per i disturbi d’ansia. Tra i
fattori genetici e familiari, vi sono sempre maggiori evidenze di familiarità per i disturbi
d’ansia attraverso la trasmissione e il condizionamento genetici.
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Lezione n°: 36/S1
Titolo: DISTURBI D’ANSIA
Attività n°: 01
Ansia da separazione
PREMESSA
A partire dal DSM-III (American Psychiatric Association 1980), il disturbo d’ansia di
separazione è stato incluso tra le diagnosi della sezione “Disturbi solitamente
diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, nella fanciullezza o
nell’adolescenza”.
Nel DSM-5 (American Psychiatric Association 2013) è stato deciso di spostare alcuni
disturbi con esordio tipicamente in età pediatrica nelle rispettive sezioni dedicate agli
adulti, e quindi di spostare questo disturbo nella sezione “Disturbi d’ansia”
È interessante notare che era possibile porre la diagnosi di Ansia da Separazione in età
adulta anche prima del DSM-5 (non vi era alcun criterio che lo impedisse), ma il suo
collocamento nei “Disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia,
nella fanciullezza o nell’adolescenza” può avere dato l’impressione che esso fosse un
disturbo “esclusivamente dell’infanzia”. Da alcuni autori è stato ipotizzato che lo
spostamento del disturbo nella sezione relativa ai “Disturbi d’ansia” del DSM-5
comporterà un maggior numero di diagnosi in età adulta.
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Lezione n°: 36/S1
Titolo: DISTURBI D’ANSIA
Attività n°: 01
B. La paura, l’ansia o I’evitamento sono persistenti, con una durata di almeno 4 settimane
nei bambini e adolescenti, e tipicamente 6 mesi o più negli adulti.
Il decorso del disturbo non è stato ben studiato, ma spesso si notano periodi di
peggioramento e di remissione. L’esordio può avvenire in età prescolare e in qualunque
momento durante l’infanzia, nonché, più raramente, durante l’adolescenza. Si può
avere il persistere del disturbo in età adulta (Manicavasagar et al. 2010), sebbene nella
maggior parte dei casi il disturbo dell’infanzia si risolva prima dell’età adulta.
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Lezione n°: 36/S2
Titolo: DISTURBI D’ANSIA
Attività n°: 01
Fattori bio-psicosociali
Aspetti temperamentali del bambino, come una reattività generale delle
emozioni sono stati considerati fattori di rischio importanti. Nuclei familiari
particolarmente chiusi, i cui membri fanno fatica a riconoscere la propria e altrui
autonomia, dove domina il pensieri che il mondo esterno sia pericoloso.
Esperienze avverse
Il disturbo può manifestarsi dopo un evento stressante (ad esempio la morte
di un parente o un animale domestico, una malattia dell’individuo o di un
parente, un trasloco, cambio di scuola, un periodo critico per la coppia
genitoriale o per la combinazione di due o più di questi eventi.
Caratteristiche della madre
Madri caratterizzate da bisogni emozionali insoddisfatti e diventate di
conseguenza iperprotettive e richiedenti.
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Lezione n°: 36/S2
Titolo: DISTURBI D’ANSIA
Attività n°: 01
Alla base del disturbo vi è una limitazione del normale comportamento esplorativo del
bambino da parte della figura di riferimento principale.
Esercitazione
Disturbo d’ansia di separazione
Buongiorno, sono mamma di tre bambini, la più grande di 10 anni negli ultimi periodi non va più
volentieri a scuola e fatica a staccarsi da me.
Il tutto sicuramente è riconducibile alla perdita della nonna (mia madre) avvenuta il 12 novembre
scorso dopo un anno e mezzo di lunghe cure verso quel maledetto tumore che l'ha colpita. Non ho
mai nascosto niente ai miei figli. Sapevo che se mi assentavo (e questo capitava spesso) era per
stare vicino alla nonna. L'hanno sempre vista quando stava poco bene sia in casa che ne in
ospedale. Erano presenti il giorno del funerale. Dal giorno della perdita da una parte ho "ripreso"
del tempo per stare con loro, specialmente con la grande di 10 anni che ha pianto molto per la
perdita della nonna con la quale ha vissuto molti anni della sua vita (quando andavo a lavorare lei
stava con la nonna). A gennaio di quest'anno ci siamo concessi una settimana bianca in montagna
che da anni non facevamo più causa i problemi di salute di mia madre.
Fatto un quadro generale attivo al punto: La bambina, rientrata a scuola dalle vacanze di natale e
dalla settimana bianca (18 gennaio scorso) ha cominciato a piangermi dietro, a piangere davanti a
scuola quando l'accompagno al mattino e a piangere durante le ore di scuola tra compagni e
insegnanti senza motivo. Le maestre mi dicono che comincia a piangere da niente, che la
bambina si lamenta dicendo di avere mal di testa o mal di pancia; anche loro con me cercano di
capire se un qualche atteggiamento o frase possa averle dato disturbo perché si sono rese conto,
come me, che non è un malessere fisico ma psicologico. Con me dice che nessun compagno le fa
dispetti, piange solo perché non vuole andare a scuola e vuole stare con me.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 37
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
MUTISMO SELETTIVO
Nei bambini affetti da mutismo selettivo, l’incapacità di parlare non si osserva solo in
presenza di adulti o di altre persone non familiari; essi non parlano nemmeno con i
coetanei. L’incapacità di parlare, inoltre, è costante, per cui persiste regolarmente nei
diversi contesti sociali e nel tempo.
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Lezione n°: 37
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
Le specifiche cause alla base dello sviluppo del MS sono attualmente oscure (Sloan 2007).
Per certo l'ipotesi primordiale - sostenuta dalle teorie psicodinamiche e sistemico-familiari –
secondo cui il MS sia una semplice conseguenza di un trauma o di un conflitto intrapsichico
irrisolto e che quest'ultimo possa giocare un ruolo significativo nel causare il disturbo, è stata
abbandonata da molto tempo (Gordon 2001). Infatti, ricercatori e clinici non riscontrano
quasi mai dalla storia evolutiva e clinica dei bambini con diagnosi di MS particolari
esperienze traumatiche (familiari, personali, ambientali) avvenute prima dell'esordio del
disturbo e che sembrano aver determinato il comportamento mutacico. Allo stesso modo, ciò
non significa che un'esperienza traumatica (soprattutto se drammatica) vissuta dal bambino
non può essere un fattore scatenante il disturbo (Gordon 2001).
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 37/S1
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
Studi più recenti (Capobianco 2009) per un'ipotesi multifattoriale (che vede alla base
dell'eziologia del disturbo molto probabilmente l'interazione tra molteplici fattori, tra quelli più
prettamente biologici/costituzionali (primariamente temperamentali) e quelli ambientali, più
nello specifico, socio-culturali e familiari (livello culturale basso, scarsa socializzazione della
famiglia, famiglie ansiose e chiuse, dipendenza genitoriale). L'interazione di queste diverse
variabili può costituire per ciascun bambino una specifica condizione di rischio a sviluppare
un comportamento di mutismo e quindi determinare una predisposizione all'esordio e allo
sviluppo di questo disturbo. Questi fattori, quindi, nel loro insieme possono essere
considerati degli indicatori e precursori di un' eventuale evoluzione verso una sintomatologia
mutacica.
Una particolare attenzione è stata rivolta al peculiare temperamento e comportamento del
bambino che sviluppa un mutismo selettivo (predisposizione temperamentale), che sembra
coerente con il quadro dell'ansioso, timido, diffidente e riservato. Non è raro che i genitori
riferiscano la presenza di difficoltà di alimentazione, del sonno, irrequietezza nella prima
infanzia dei loro bambini.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 37/S1
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
Già Black e Uhde (1992) suggerivano che l'ansia sociale fosse un tratto costituzionale e
universale tra i bambini con MS. In altri lavori hanno osservato una forte sovrapposizione tra
mutismo e manifestazioni di apprensione, com- portamenti di evitamento di situazioni nuove,
non familiari e preferenza a stare da soli piuttosto che con gli altri. Diverse ricerche
ipotizzano che il MS potrebbe essere meglio definito come un sintomo d'ansia che riflette
diverse sottostanti condizioni di vulnerabilità.
I bambini con MS potrebbero avere difficoltà ad affrontare situazioni sociali nuove,
sconosciute, dato che queste provocano naturalmente una maggiore attivazione del
livello di aurousal neurovegetativo che non riescono ad affrontare e che provoca loro
un forte disagio interno, ansia e paura.
Di fronte a questo "pericolo percepito" la reazione comportamentale di questi bambini è
l'evitamento e il ritiro fisico e verbale, che se ripetuti nel tempo potrebbero diventare
strategie abituali e funzionali al bambino nelle situazioni che provocano in lui particolare
ansia. In tal senso il "congelamento" della produzione verbale può essere letto,
quindi, non tanto come un comportamento manipolatorio e controllante, ma piuttosto
come una strategia di difesa di fronte all'incapacità di affrontare le richieste
dell'ambiente.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 37/S1
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
Inoltre, le famiglie di questi bambini sono generalmente molto isolate sul piano
sociale, con poche relazioni esterne al nucleo familiare. Anche i genitori di questi
bambini sono spesso descritti come persone schive, eccessivamente timide e con tratti
depressivi (Kristensen e Torgensen 2001). Non è infrequente che uno o entrambi i genitori
di bambini con mutismo abbiano alle spalle una storia familiare di timidezza patologica (se
non proprio diagnosi pregressa di mutismo), un disturbo d'ansia o una fobia sociale. Tale
associazione suggerisce la presenza di una familiarità ad un temperamento
particolarmente timido e ansioso che predispone e contribuisce allo sviluppo di una
sintomatologia mutacica, in presenza di specifici fattori ambientali.
L'atteggiamento del genitore eccessivamente protettivo e ansioso con il bambino e
controllante e schivo verso il mondo esterno non permette al bambino una graduale
separazione-individuazione mediante i normali processi esplorativi e relazionali. È
importante sottolineare che, all'interno di un approccio che vede lo sviluppo del MS come
prodotto dell'interazione tra fattori biologici e ambientali, la presa in carico di un bambino
con questa problematica non può escludere assolutamente la valutazione delle specifiche
dinamiche familiari in cui è inserito.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 37/S1
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
In diversi lavori sono descritti l'uso e l'efficacia di diverse tecniche di tipo comportamentale
finalizzate ad incrementare gradualmente le verbalizzazioni del bambino.
La tecnica "contingency management" consiste in rinforzi positivi applicati per la prima
volta su specifici comportamenti verbali del bambino e successivamente ampliati
gradualmente a più comportamenti, ad un maggior numero di persone e di ambiti coinvolti,
mediante un programma di generalizzazione, cioè estensione delle condotte comunicative
corrette a nuovi stimoli. Ad esempio, come spesso accade, se il bambino all'inizio parla solo
a casa, ma non a scuola, un primo passo potrebbe essere quello di far venire a casa del
bambino qualche compagno di classe. Successivamente, altri compagni e/o le insegnanti
potrebbero gradualmente inserirsi nel gruppo (Moldan 2005).
La tecnica della desensibilizzazione dello stimolo consiste in una serie di esposizioni
immaginarie e/o reali a situazioni gradualmente sempre più ansiogene per il bambino e
sembra avere successo soprattutto nel contesto scolastico per ridurre l'ansia legata alla
relazione con i pari e le insegnanti.
Anche il "self-modeling" sembra essere una tecnica utile. Consiste nell'audio e/o nel video
registrare il bambino che parla in situazioni in cui precedentemente manifestava il
comportamento mutacico, al fine di elicitare l'autovalutazione positiva e implementare la
fiducia sulle sue capacità verbali e relazionali
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 37/S2
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
Alcuni bambini con Mutismo Selettivo rimangono immobili, non interagiscono, non iniziano
un gioco e a volte non rispondono agli inviti al gioco dei compagni. Anche il linguaggio del
corpo può essere impacciato, lo sguardo sfuggente e assente, il viso inespressivo. Sembra
che ignorino gli altri, mentre in realtà sono così ansiosi e impauriti da essere letteralmente
bloccati, tanto da non riuscire a rispondere. È come se si sentissero su un palcoscenico, al
centro dell’attenzione ~ proprio quello che vogliono evitare ~ e questo fa aumentare la loro
ansia. Altri bambini invece sono meno rigidi e utilizzano forme di comunicazione alternativa;
ad esempio usano la mimica o i gesti per comunicare con i loro interlocutori.
Il contenuto della presente sessione di studio è stato tratto dalla Associazione Italiana Mutismo selettvo
Chi è iteressato ad approfondire ….. http://www.aimuse.it
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 37/S3
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
I bambini con Mutismo Selettivo sono in genere molto sensibili sia alle percezioni sensoriali
(rumori, urli, tono della voce molto alto) che al giudizio degli altri: se commettono un errore,
possono preoccuparsene tutta la notte; se l’insegnante alza la voce, si chiedono se la colpa è
loro. Per questi bambini può costituire un problema non solo il far sentire la propria voce, ma
anche il fatto che le persone li VEDANO parlare; infatti, se riescono a bisbigliare qualcosa a
qualcuno spesso si coprono la bocca con la mano. Sono bambini molto pignoli e perfezionisti;
sono anche abitudinari, perché le novità destabilizzano le loro sicurezze e provocano loro
ansia. Per questo motivo i cambiamenti devono essere graduali. Può spesso accadere che in
classe restino muti, mentre appena fuori dall’aula o dalla scuola, inizino a parlare con i
genitori e a volte anche con qualche compagno.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 37/S3
Titolo: IL MUTISMO SELETTIVO
Attività n°: 01
LE FOBIE specifiche
Nei bambini l’ansia connessa alla fobia può essere espressa con pianto, collera, blocco
o attaccamento, non è necessario che il bambino si renda conto che tale paura sia
irragionevole.
All’esordio di un disturbo fobico possono esserci alcuni fattori predisponenti, come
eventi traumatici, osservazione di persone impaurite, avvertimenti dei genitori o
cronache dei media.
Esistono differenti tipi di fobia specifica: per gli animali, per qualche aspetto
dell’ambiente naturale (altezza, temporale, acqua…), per sangue-iniezioni-
ferite, per situazioni specifiche (ascensori, luoghi chiusi, aerei…) e paure di altri
tipi (dei rumori forti, dei personaggi in maschera…).
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
Il 2-3% della popolazione soffre di una qualche fobia specifica, con maggior diffusione
nelle femmine.
Alcuni tipi di fobie, come quelle per gli animali, insorgono in età prescolare, mentre
quelle riferite a specifiche situazioni solitamente insorgono in adolescenza.
Esercitazione
Provi a dedurre quali paure caratterizzano le seguenti fobie.
1. Aracnofobia 10. Necrofobia
2. Sociofobia 11. Dismorfofobia
3. Aerofobia 12. Omofobia
4. Agorafobia 13. Idrofobia
5. Claustrofobia 14. Scotofobia
6. Acrofobia 15. Ailurofobia
7. Emotofobia 16. Cinofobia
8. Carcinofobia 17. Automisofobia
9. Brontofobia
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
Diagnosi differenziale
La fobia specifica può essere confusa con altri tipi di disturbi che presentano
caratteristiche di paura ed evitamento: l’agorafobia per esempio è una condizione nella
quale la persona si sente paralizzata dalla paura di trovarsi in spazi ampi e affollati,
oppure di non poter uscire da certi luoghi trovandovisi intrappolato, ma va differenziato
dalla fobia specifica in quanto l’agorafobia comprende molte situazioni differenti e non è
così definita come la fobia specifica.
L’ansia sociale si differenzia dalla fobia specifica in quanto il motivo dell’ansia non è una
paura della situazione sociale in sé, ma il timore di essere giudicati in modo negativo
dagli altri. Il disturbo di panico si caratterizza per svariati attacchi di panico che si
presentano in modo inaspettato. Capita spesso che chi abbia una fobia specifica
sperimenti un attacco di panico o alcuni suoi sintomi di fronte allo stimolo fobico, tuttavia
per differenziare i due disturbi bisogna considerare che nella fobia il panico appare
solamente di fronte allo stimolo temuto, mentre nel disturbo di panico gli attacchi sono
imprevedibili, sembrano immotivati e non si riesce a rintracciare il fattore scatenante.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
Se la fobia sorge in seguito ad un forte evento traumatico è necessario verificare che non
si tratti di disturbo post-traumatico da stress. In questo caso la sensazione è quella di
avere impresso nella mente il grave trauma subito, mentre nella fobia spesso non c’è un
ricordo preciso del momento in cui si è iniziato a temere lo stimolo fobico.
Quando lo stimolo fobico coincide esclusivamente con elementi relativi all’alimentazione e
al cibo, è molto probabile che il soggetto abbia disturbi alimentari come anoressia nervosa
o bulimia nervosa
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
Su internet può trovare una lista lunghissima di fobie specifiche, alcune veramente
impensabili!
Soluzione
1) Aracnofobia – paura dei ragni
2) Sociofobia – paura di essere giudicato negativamente nelle occasioni sociali
3) Aerofobia – paura di viaggiare in aereo
4) Agorafobia – paura degli spazi aperti
5) Claustrofobia – paura degli spazi chiusi
6) Acrofobia – paura delle altezze (molto più che soffrire di vertigini)
7) Emotofobia – paura del vomito o di vomitare
8) Carcinofobia – paura di contrarre un tumore
9) Brontofobia – paura di elementi climatici (tuoni, fulmini)
10) Necrofobia – paura della morta
11) Dismorfofobia – paura di avere qualcosa di “storto” nel proprio aspetto esteriore
12) Omofobia – paura dell’omosessualità
13) Idrofobia – paura dell’acqua
14) Scotofobia – paura del buio
15) Ailurofobia – paura dei gatti
16) Cinofobia – paura dei cani
17) ) Automisofobia – paura di sporcarsi
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38/S1
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
LE FOBIE specifiche:
Esordio, decorso e trattamento
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38/S1
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
L’età media di insorgenza è tra i 7 e gli 11 anni e non necessariamente la persona ricorda
quale sia stato l’evento scatenante la sua fobia.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38/S1
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
Il trattamento
Fobia sociale
Nel DSM-5 mentre le caratteristiche cliniche restano le stesse del DSM-IV, viene meno
la necessità -per la diagnosi- che il pz. critichi la reazione fobica. Una durata minima di
6 mesi è necessaria per la diagnosi anche al di sotto dei 18 anni d’età.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38/S2
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
I bambini e i ragazzi con questo disturbo possono non riuscire a chiarire bene la fonte
della loro ansia, può accadere che non giochino con i coetanei, siano
eccessivamente timidi, rifiutino la scuola, evitino le attività sociali tipiche della loro
età, anche se il desiderio di amicizie e affetti è presente.
I bambini con fobia sociale hanno un deficit nelle abilità relazionali: Si instaura pertanto
un circolo vizioso: i deficit nelle abilità sociali determinano insuccessi nelle
interazioni con gli altri; i quali, a loro volta, determinano aspettative di scarsi esiti e
pensieri negativi rispetto alle situazioni nelle quali ci si sente valutati dagli altri.
Aspettative e convinzioni negative danno l’avvio ai sentimenti di ansia che sono
all’origine dei comportamenti di evitamento. Questi ultimi finiscono per ridurre
l’opportunità di migliorare le competenze sociali, così da contribuire al
mantenimento dei sintomi fobici.
I bambini con questo disturbo generalmente non hanno capacità sociali e fiducia in se
stessi, spesso soffrono anche di un disturbo d’ansia generalizzato (Rapaport,
Ismond, 1996).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38/S3
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
Esemplificazione clinica
Esercitazione sul forum
Vediamo ora un caso, intitolato “Nessun amico”, riguardante una bambina, Emily, di 7
anni (APA, 1997). Legga il caso descritto e commenti sul forum:
Quali elementi della storia di Emily le fanno pensare a una diagnosi di fobia sociale?
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 38/S3
Titolo: FOBIE SPECIFICHE E FOBIA SOCIALE
Attività n°: 01
Tuttavia, l’insegnante del secondo anno fu la prima ad impegnarsi per cercare di dare a
Emily l’aiuto di cui aveva bisogno.
La madre di Emily aveva cercato ripetutamente di coinvolgerla con gli altri bambini del
vicinato. Infatti, la prendeva per mano e la portava nelle casei dei vicini dove
c’erano bambini della stessa età, per cercare di trovarle degli amici.
Sfortunatamente in queste situazioni Emily cominciava a tremare e a piangere e non
era capace di dire una parola al bambino del vicino. Ad Emily non è mai stato
chiesto di partecipare a una festa di compleanno di un altro bambino.
Il suo comportamento a casa è completamente diverso. Emily è cordiale e socievole
con la sua famiglia, in netto contrasto con la bambina isolata ed ansiosa osservata
dai suoi insegnanti e dai suoi coetanei.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 39
Titolo: Le Classificazioni Diagnostiche
Attività N°: 1
LE CLASSIFICAZIONI DIAGNOSTICHE
L’interesse per una classificazione dei disturbi psichici risale a Ippocrate, circa 2500 anni fa, il
quale distinse le patologie sulla base della presenza di squilibrio di quattro umori fondamentali
(bile nera, bile gialla, sangue, flegma): mania, melanconia e paranoia. Evidentemente l’idea di
classificare le patologie è sempre stata presente nella scienza. Perché?
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 39
Titolo: Le Classificazioni Diagnostiche
Attività N°: 1
Marcelli (2006, p. 76) sottolinea come, oltre ai problemi comuni a ogni sistema di
classificazione della psicopatologia (che può immaginare sulla base di quanto detto
fin qui e che studierà in specifico in altri insegnamenti del Corso di Laurea),
nell’ambito della psicopatologia infantile sorgono ulteriori problemi:
1. Segni e sintomi non sono sempre percepiti dal bambino (spesso infatti sono i
genitori o gli insegnanti che evidenziano il problema)
2. C’è una forte dipendenza del bambino dal contesto famigliare
3. Segni e sintomi cambiano espressione e significato nel corso dello sviluppo, in
funzione della crescita.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 39
Titolo: Le Classificazioni Diagnostiche
Attività N°: 1
Per effettuare una diagnosi è quindi utile far riferimento sia alla valutazione
nosografica-descrittiva (delle classificazioni) sia a quella più interpretativo-
esplicativa (che fa riferimento alle ragioni psicologiche sottostanti i comportamenti
osservabili).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 39/S1
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
Vediamo qui di seguito indicati alcuni specifici fattori connessi all’esordio della fobia
scolare
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 39/S1
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
Sono state individuate delle caratteristiche «tipiche» del contesto familiare che
sembrano alimentare il problema. Madri apertamente ansiose e fobiche che
inducono nel figlio interiorizzazioni e rappresentazioni di debolezza e
vulnerabilità in cui egli viene dipinto come “bisognoso di protezione”.
L’iperprotettività spesso presente che tende a stabilire e a mantenere una
dipendenza stretta da parte del bambino. Contestualmente spesso il padre è
poco presente, rigido, o debole per ragioni che possono essere differenti (es.
lavoro, problemi familiari o lutto): ciò crea l’assenza di un riferimento
fondamentale e, ancora peggio nei maschi, di una figura di identificazione dotata
di una sicurezza. Un'altra caratteristica familiare è il regime educativo familiare
che può essere piuttosto tollerante e prevedere una leadership molto indulgente,
ben differente da alcune incontrate in ambiente scolastico.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 39/S1
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
Assessment
La natura eterogenea del rifiuto della scuola e la complessità del problema richiede che nel processo di
assessment siano coinvolti oltre al paziente anche i genitori e gli insegnanti. Un‘ attenta valutazione deve
partire dai resoconti di tutte le figure che ruotano intorno al bambino/ ragazzo. Va inoltre preso in esame il
funzionamento affettivo, cognitivo e comportamentale del paziente sia a scuola che fuori, così da poter
cogliere l'eventuale presenza di altre patologie in comorbilità con il rifiuto scolastico o quadri più severi di cui
quest'ultimo è solo un aspetto secondario.
Le procedure più comuni comprendono:
• colloqui individuali con il bambino/ragazzo,
• colloqui con i genitori,
• colloqui congiunti bambino/ragazzo, genitori,
• colloqui con gli insegnanti,
• automonitoraggio del bambino (schede, diari, ecc.),
• osservazione diretta del comportamento sia a casa che a scuola,
• uso di questionari e scale.
Gli aspetti che vanno approfonditi in una prima fase di assessment sono: un'attenta anamnesi medica che
valuti la storia del paziente e le sue attuali condizioni fisiche; va indagata la storia dell'insorgenza dei sintomi
e della loro evoluzione nel tempo, cercando di coglierne l'eventuale associazione con eventi stressanti nella
storia recente e passata del bambino, con una particolare attenzione ai lutti recenti. È utile considerare la
storia scolastica e le relazione con i pari, il funzionamento famigliare, la presenza di patologie psichiatriche
del bambino o di un famigliare, così come una storia di abuso di sostanze. Bisogna cogliere la presenza di
tipologie di relazione materna predisponenti, come la presenza di madri a loro volta apertamente ansiose o
fobiche che fanno sentire il figlio come vulnerabile e bisognoso di protezione, o stili di accudimento
iperprotettivo.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
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Lezione n°: 39/S2
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
Tenete presente che non si può prescindere dal collaborare con la scuola, sia in fase di
assessment che di trattamento, per garantire la risoluzione del problema.
Nel colloquio con gli insegnanti va indagata la presenza di problemi nell'inserimento sociale
del paziente, le relazioni con i pari, ma cercando anche di cogliere il clima della relazione con
gli insegnanti stessi.
Si può cercare di sapere se sono avvenuti episodi potenzialmente stressanti precedenti
all'inizio delle difficoltà del bambino (atti di bullismo, litigi con un compagno, problemi con un
insegnante, malesseri fisici vissuti a scuola o ancora insuccessi nei compiti didattici, incidenti
ecc.).
Vanno raccolte le valutazioni degli insegnanti su eventuali difficoltà nell'apprendimento o sulla
presenza di manifestazioni di ansia durante le interrogazioni o le verifiche. È utile chiedere se
vi è stato un repentino calo nel rendimento scolastico nell'ultimo periodo.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 39/S2
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
Questionari
Per quanto riguarda gli strumenti specifici per l'assessment del rifiuto scolastico, vi presenterò
la traduzione preliminare della SRAS-R di Kearney (2002), questa scala è uno strumento
specifico che permette di fare una diagnosi funzionale dei sintomi legati al rifiuto scolastico.
La School Refusal Assessment Scale Revised (in Rigante et al. 2007) prevede un
questionario per il bambino/ragazzo e uno per ambedue i genitori. Attraverso le risposte
vengono analizzati i rinforzi positivi e negativi scatenati dal rifiuto scolastico. Kearney infatti
propone una strategia di valutazione che evidenzia due tipologie di casi che si basano sul
ricevere rinforzi positivi o negativi in seguito all'assenteismo da scuola. Questi danno luogo a
quattro diversi quadri sintomatologici, infatti sebbene si osservano varie forme di
comportamenti esibiti dal bambino, le variabili che possono causare il problema e che lo
mantengono sono essenzialmente quattro:
1. evitare oggetti o situazioni che generano un'ansia generale o emozioni negative;
2. evitare situazioni sociali avversive o valutative;
3. ottenere attenzione dalle figure significative;
4. perseguire rinforzi positivi tangibili fuori della scuola (guardare la TV, dormire, giocare, stare
al computer, frequentare gli amici, consumo di alcool o di sostanze, frequentare sale da
gioco, ecc.).
I profili evidenziati differiscono a seconda dei meccanismi che ricorrono in modo disadattivo
sia nel ragionamento del bambino (biases, rigidità e pervasività degli schemi, reazione
emotiva) che nelle interazioni familiari (atteggiamenti disfunzionali). In alcuni casi è possibile
osservare la contemporanea presenza di più motivi per cui il bambino rifiuta la scuola.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 39/S2
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
La SRAS-R è una scala composta da 24 item, ciascun item è valutato su una scala Likert
che va dal punteggio 0 per la risposta "mai" al punteggio 6 per la risposta "sempre"; le
domande senza risposta non sono contate. Gli item sono suddivisi equamente tra le quattro
condizioni funzionali prima citate.
Il questionario ha una versione per il bambino/ragazzo e una versione per i genitori che
dovrebbe essere compilata separatamente da ambedue. Dai punteggi ottenuti dalle risposte
si calcola una media per ciascuno dei quattro profili funzionali. Dalle medie dei profili del
bambino, della madre e del padre si calcola un'unica media rispetto a ciascun profilo
funzionale. Il valore più alto che si ottiene rispetto ad una condizione funzionale indica quale
sia la variabile principale che mantiene il disturbo.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 39/S2
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
Per quanto riguarda i problemi che più spesso si presentano in comorbilità con il rifiuto
scolastico questi possono essere:
L’intervento
Le linee guida per il trattamento del rifiuto scolastico che si appoggiano sulla visione
funzionale del sintomo prima descritta si articolano in quattro approcci:
(a) quando nel bambino la paura della scuola è prevalentemente legata alle emozioni
negative
della paura, dell’ansia, delle difficoltà legate alla separazione e al restare da soli, si
suggerisce l’utilizzo delle tecniche comportamentali per la regolazione degli stati fisici legati
all’ansia e delle tecniche cognitive per l’aumento della consapevolezza dei propri stati
corporei e del legame pensieri-stati fisici e emotivi; l’uso delle tecniche di esposizione
graduale per favorire il progressivo reinserimento a scuola del bambino; un lavoro sugli
aspetti dell’autostima, che consolidi il senso di efficacia personale, della capacità di
controllo delle situazioni.
b) Se il rifiuto della scuola è legato invece all’attivazione di comportamenti che hanno la
finalità di ottenere maggiore attenzione e vicinanza da parte degli adulti significativi (e che
si possono manifestare sia con i sintomi dell’ansia o del pianto, sia con comportamenti
invece più aggressivi e oppositivi) è importante lavorare anche con i familiari per
comprendere al meglio l’origine relazionale del sintomo e intervenire per una sua
risoluzione. casi anche spingere comunque perché il bambino si rechi a scuola.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 39/S3
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
(c) Se l’evitamento della scuola è legato soprattutto ai vantaggi che il bambino ricava
dallo stare a casa (poter giocare ai propri giochi preferiti o maggiore libertà, quando l’età
o la situazione lo consentono) e che spesso si accompagna ad un sistema familiare
poco strutturato e che pone pochi limiti al bambino. In questo caso è utile intervenire sia
sui genitori per aiutarli a ridurre o meglio evitare che quando il bambino è a casa possa
svolgere attività per lui piacevoli, aiutarli a stabile e mantenere alcune regole più generali
nell’ambito familiare,aiutarli a gestire le situazioni di conflitto in famiglia.
(d) Nel caso in cui invece il rifiuto della scuola è maggiormente legato all’evitamento di
situazioni sociali o di prestazione, caratterizzato quindi dall’ansia per le prove scolastiche
o per le interazioni difficili con compagni o insegnanti, l’intervento si deve muovere
dall’esplorazione delle emozioni negative legate al contatto con gli altri e ai pensieri ad
esse legati, al piano cognitivo dell’esplorazione di questi pensieri e all’intervento di
ristrutturazione e cambiamento del dialogo interno negativo (solitamente caratterizzato
da pensieri relativi al proprio senso di incapacità e inadeguatezza); è importante far
simulare al bambino nella situazione protetta della seduta le situazioni relazionali che lo
spaventano, provando insieme possibili strategie per affrontarle, un’esposizione
graduale alle situazioni
difficili e un lavoro sulle competenze e abilità sociali a partire dalle situazioni che il
bambino vive come problematiche all’interno della scuola.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 39/S3
Titolo: FOBIA SCOLARE
Attività n°: 01
Le scuole in cui proliferano il bullismo, l’assenteismo, dove le relazioni tra insegnanti e alunni
sono impersonali, ostili e rigide devono pertanto divenire parte del processo terapeutico
Micaela Capobianco
Riassunto
Il presente lavoro illustra il caso clinico di una bambina gemella a cui è stata effettuata
tardivamente la diagnosi di mutismo selettivo (MS). La bambina ha 10 anni, ha una sorella
gemella monovulare con lo stesso problema e una sorella più piccola che non presenta alcuna
difficoltà. Come riferito dalla madre, la sintomatologia mutacica si manifesta soprattutto a scuo-
la con le insegnanti, le quali non hanno mai potuto fare uninterrogazione orale. Lassenza pro-
lungata delluso del linguaggio verbale ha influito molto sugli apprendimenti, sulla capacità di
astrazione e metacognizione. La comparsa e il mantenimento del disturbo sono il prodotto
dellinterazione tra fattori biologici (familiarità al temperamento timido) e ambientali (madre
ansiosa e iperprotettiva). Dalla valutazione funzionale e dallanalisi degli ABC emergono una
paura del giudizio degli altri, di sbagliare ed essere derisa, di vergognarsi e temi depres-
sivi, di autosvalutazione, a conferma della comorbidità tra mutismo e problemi internalizzanti.
Viene descritto e discusso in modo critico liter di assessment, le modalità e le strategie di
valutazione e di intervento sulla bambina e sul contesto familiare e scolastico, alla luce delle
difficoltà incontrate nelle diverse fasi legate alle caratteristiche specifiche del disturbo mutacico.
Infatti, molto pochi sono gli studi in letteratura e le conoscenze sulle strategie dintervento più
efficaci su questi bambini risultano ancora incomplete.
WHEN ITS DIFFICULT TO TALK: THE CLINICAL CASE OF TWIN FEMALE CHILDREN
OF TEN YEARS AFFECTED BY SELECTIVE MUTISM
Abstract
This paper describes the clinical case of twin children (female) with a late diagnosis of
selective mutism (SM). The children have ten years, have a twin monovular sister with the same
problem and a younger sister that not have any difficulties. As reported by mother, the selective
mutism symptom shows at school with the teachers, that cannot be an oral examine. The continued
3
Micaela Capobianco
absence of verbal language use has a great influence on learning, on abstraction and metacognition
abilities. The onset and maintenance of disorder are the results of interaction between biological
(familiarity to shy temperament) and environmental (anxious and highly protective mother)
causes. The functional assessment and ABC analysis show a fear of other people opinion, to
be wrong and to be derided, of to be shy and depressive thematic, of auto-devaluation, in
confirmation of comorbidity between mutism and internalizing problems.
Its showed and discussed in critical way the iter of assessment, the modalities and the
strategies of valuation and treating on female children and on the familiar and scholastic context,
in the light of difficulties meet in the different phases for the specific mutism disorder
characteristics. Infact, the studies and the knowledge of treating strategies more efficacious on
this children result still incomplete.
Key Words: selective mutism, anxious, dependent attachment, internalizing problems, auto-
devaluation, shy temperament.
Anamnesi familiare (rispetto agli elementi rilevanti per la spiegazione del distur-
bo della bambina)
Lanamnesi familiare è stata raccolta primariamente con la madre. Infatti, dopo il primo
incontro con entrambi i genitori, il padre non è più venuto agli appuntamenti e la bambina è
sempre stata accompagnata dalla madre.
Il padre della bambina ha un carattere molto introverso e timido. Lavora tutto il giorno e
interagisce poco con le figlie e in particolare con le gemelle. Quando è a casa, pur se presente e
collaborativo, si dedica poco a giocare attivamente con loro. Come racconta la madre di G.,
nellinfanzia e nelladolescenza molto probabilmente ha sofferto anche lui di mutismo, ma non
è stato mai diagnosticato. Infatti i genitori del padre hanno sempre descritto loro figlio come un
bambino che parlava poco, che arrossiva sempre quando gli si rivolgeva la parola e difficil-
mente socializzava con adulti e coetanei. I genitori di lui hanno sempre dato poco importanza a
4
Quando è difficile parlare
questi comportamenti del figlio attribuendoli primariamente a una questione di carattere. Lui
stesso afferma: con il tempo ho imparato ad adattarmi al mio carattere, mi sono inserito bene al
lavoro. Durante il colloquio parla molto poco e solo su esplicita richiesta e il suo sguardo è
spesso sfuggente. Rispetto al problema delle figlie gemelle mostra tuttora un atteggiamento
remissivo e non segue più la psicoterapia iniziata con la moglie. Afferma di essere deluso dalla
ASL di appartenenza alla quale per molto tempo si è affidato. È molto demotivato e non crede
più allintervento dei servizi. Inoltre non attribuisce unestrema importanza al mutismo delle
bambine. Pensa che prima poi le figlie si sbloccheranno da sole, come è successo a lui.
La madre di G. ha una storia familiare traumatica. Sua mamma, alcolista, è deceduta quan-
do lei aveva 7 anni per suicido, avvenuto in casa. Ha sempre avuto unamnesia totale della sua
vita fino a 7 anni, per cui ricorda molto poco della madre. Riferisce solo di non ricordare alcuna
carezza, abbraccio, momenti di intimità e affetto con la madre. Ha conosciuto il proprio padre
biologico in adolescenza e da poco sono state avviate le pratiche per il riconoscimento, in
concomitanza con il problema che hanno presentato le gemelle. Ha effettuato alcune sedute di
psicoanalisi durate 4 anni, ma non ritiene siano state veramente di aiuto per lei.
È la madre delle bambine che si occupa in tutto e per tutto di G. e G2 e della figlia più
piccola. La madre riferisce di non sentirsi supportata dai suoceri con cui non ritiene di avere un
buon rapporto e di ricevere un reale sostegno. Secondo lei i genitori di lui non comprendono
veramente il problema delle gemelle e lo sottovalutano. Lei stessa dice: mi sento sola di fronte
a questo problema..quando chiedo a mia suocera di tenermi le bambine trova sempre qualche
scusa..se cerco di mantenere un rapporto lo faccio solo per le bambine che sono affezionate alla
nonna. È la madre, infatti, a richiedere al servizio una spiegazione più chiara del problema
delle loro figlie, che, a suo avviso, nessuno finora le ha saputo dare in modo esplicito. Anche lei
si mostra delusa, ma sicuramente più disponibile e intenzionata a far qualcosa per le gemelle,
con la speranza che possano migliorare. Richiede pertanto una valutazione e, soprattutto, delle
indicazioni specifiche su come comportarsi a casa e a scuola con le bambine e su quale sia
latteggiamento migliore da adottare con loro.
La mamma mostra un grande senso di colpa perché sostiene che il suo atteggiamento
troppo protettivo non abbia aiutato le bambine. Allo stesso modo spiega e giustifica il suo
comportamento con le seguenti parole: io non ho mai ricevuto nessuna carezza, laffetto dei
miei genitori mi è sempre mancato e ho dovuto fare tutto da sola. Ho cercato di fare il contrario
con le bambine, facendo loro tutto, anche troppo; se sono così è colpa mia...per fortuna cè D.
(terza figlia più piccola) che mi gratifica...già scrive
.
5
Micaela Capobianco
diversi anni) solo a Marzo 2006 la dott.ssa che la seguiva ha accennato ad una probabile diagno-
si di mutismo selettivo, indicando semplicemente alla madre di effettuare delle sedute di psico-
terapia privatamente, data la scarsa disponibilità di servizi di questo tipo nel comune. Non è
stata mai iniziata alcuna psicoterapia per motivi prettamente economici.
Nellestate del 2005 (età di 8 anni) la bambina ha manifestato una balbuzie tonica e ha
seguito un ciclo di logopedia. Racconta la madre che le balbuzie si presentavano solo in alcune
situazioni, quando la bambina era più emozionata, come ad esempio durante un litigio con la
sorella o prima di ricevere un regalo. Le balbuzie, comunque, dopo circa un anno sono regredite
spontaneamente. Attualmente la bambina parla esclusivamente a casa con gli adulti familiari
che conosce bene (oltre i genitori, alcuni parenti che vede spesso) e con le sorelle, in particolare
con la gemella con cui si è creata una forte complicità e intesa sia rispetto al comportamento
mutacico che in generale rispetto a qualsiasi comportamento in diverse situazioni. Si sosten-
gono a vicenda e parlano molto tra loro, soprattutto durante il gioco. La mamma le definisce
complementari, riferendosi con questa parola al fatto che si copiano spesso tra loro (se una fa
un capriccio, un dispetto, assume un comportamento oppositorio, lo fa anche laltra e viceversa;
oppure, una inizia a fare una cosa e laltra la finisce, quasi meccanicamente). G. è anche molto
legata ad unamichetta con problemi comportamentali. La mamma descrive G. come una bambi-
na con umore altalenante (contrariamente alla gemella che è più tranquilla). G. è spesso
nervosa, irritabile e ha crisi di pianto frequenti:
sta peggiorando..è un continuo capric-
cio, mi attacca storie al supermercato, piange e si butta per terra. Altre volte, invece, si chiude
in se stessa, fa la faccia triste.
La madre è attualmente preoccupata perché questo mutismo ha inciso nel tempo sia sugli
apprendimenti scolastici che sugli aspetti socio-relazionali. G. presenta una letto-scrittura non
appropriata alla classe frequentata. In particolare, secondo la madre, spesso non capisce ciò che
legge, perché lo fa meccanicamente. Le insegnanti si lamentano del fatto che la bambina si
rifiuta di parlare con loro, soprattutto quando le viene espressamente richiesto per le interroga-
zioni. Fin dalla I elementare nessuna insegnante è mai riuscita ad interrogare la bambina. Solo
compiti scritti. G., durante lanno scolastico, trascorre il pomeriggio in una struttura privata
dove viene seguita per fare i compiti. Negli ultimi mesi i genitori hanno iniziato ad assumere un
atteggiamento punitivo nei confronti di G. e della sorella gemella per convincerle a parlare,
ma senza sortire alcun cambiamento.
La mamma tuttora si lamenta di aver ricevuto dalla ASL la diagnosi tardivamente e si
rimprovera di aver perso molto tempo quando si sarebbe potuto intervenire prima. Si lamenta,
inoltre, che non le hanno neppure spiegato in che cosa consistesse questo problema e non le
hanno dato alcun suggerimento psicopedagogico a riguardo. Si rimprovera e si colpevolizza
molto per questo, dicendo che se ora il mutismo di G. (come pure della sorella gemella) è peg-
giorato e si è consolidato è anche legato a questo.
6
Quando è difficile parlare
un attimo che piangeva e si attaccava a me..Se non labbracciavo prima di andare a dormire, non
si addormentava...Dalletà di 18 mesi è stata inserita con la gemella allasilo nido e affidata ad
una signora durante il pomeriggio per motivi di lavoro. La separazione da questa baby-sitter
quando G. aveva quasi 3 anni, a cui la bambina era molto legata, è stata, secondo la madre,
brusca.
La madre non sa spiegare con precisione i motivi di questo allontanamento, ma si ricorda
che dopo il distacco G. è diventata più nervosa e più chiusa in se stessa. Secondo la madre anche
dopo la nascita della sorella (D) (G. aveva 4 aa e mezzo) la bambina è cambiata: più agitata,
cercava sempre di attirare lattenzione. Alletà di 7 aa ha avuto una perdita di coscienza con
caduta a terra, ma lEEG è risultato negativo. La madre non sa dare una spiegazione a quel-
levento. La madre riferisce che G. è sempre stata una bambina che difficilmente rivolgeva la
parola a qualcuno, si emozionava molto quando un adulto le chiedeva qualcosa. In genere o si
ammutoliva e abbassava gli occhi, oppure faceva finta di essere impegnata a fare qualcosaltro
e si mostrava indaffarata. In quei momenti la madre lha sempre incoraggiata a parlare.
- Incontri con G.
I primi incontri con G. hanno avuto il primario obiettivo di creare una relazione di fiducia
con la bambina, cercando di creare con lei uno spazio sereno, in cui accogliere il suo disagio,
ove lei potesse esprimersi liberamente. Ho cercato di interagire con lei senza mostrare una par-
ticolare attenzione allaspetto verbale, ma facendole capire che potevamo utilizzare altri canali
di comunicazione come la gestualità, il disegno, il gioco, la mimica (Bissoli 2007). I primi
incontri, inoltre, sono stati necessari anche per spiegare a G. il motivo di questi incontri e le
attività che avrebbe svolto con me. Si mostra molto collaborativa e interessata quando le chiedo
7
Micaela Capobianco
di fare un disegno, ma se si accorge che la sto guardando smette di disegnare oppure copre il
disegno con la mano.
A volte si alza e si mette a sistemare freneticamente i giochi, quasi per spostare lattenzione
da unaltra parte. Invento alcune attività ludiche con delle bambole simulando che le bambole
facciano diversi disegni, parlino tra loro. La bambina si è mostrata subito divertita dal gioco,
ridendo, e, dopo diverse sollecitazioni in cui ho finto di parlare con le bambole, G. ha iniziato ad
avvicinarsi allorecchio di una bambola e a dire una frase, senza farmi capire cosa le dicesse, e
a far fare alla bambola lazione appena pronunciata allorecchio. Questa modalità ludica ha
funzionato molto bene inizialmente con G. come mediatore della comunicazione tra me e la
bambina.
- Area cognitiva: scala WISC-R (Orsini 1993); Matrici Progressive di Raven (Raven 1947);
- Area linguistica: comprensione di frasi (Rustioni 1994) e del testo scritto con prove MT di
Cornoldi e Colpo (1998);
- Area memoria e apprendimento (TEMA) (Reinolds Cecil e Bigler 1995);
- Area emotiva, affettiva e relazionale: test proiettivi: Scenotest, Test della famiglia immaginaria
(Corman, 1976.), T.A.T. (Morgan e Murray, 1935)1.
Ai genitori è stato chiesto di compilare il Questionario CBCL (Achenbach 1991) per ana-
lizzare aspetti più specifici del comportamento/temperamento della bambina (in particolare,
disturbi Internalizzanti versus Esternalizzanti).
Alcuni elementi indicativi emersi dai risultati della valutazione (rilevanti rispet-
to alla conoscenza di emozioni e pensieri della bambina sottostanti il disturbo)
- WISC-R. G. presenta un QI totale di 80 (al limite) e un profilo cognitivo disomogeneo con
un significativo decalage tra larea Verbale (QI 73) e larea di Performance (QP 90). Di partico-
lare indicazione sono i punteggi molto bassi nei subtest verbali Informazioni, Vocabolario
e, soprattutto, Comprensione che denotatno in G. unimportante caduta semantico-concettuale
(capacità di astrazione e categorizzazione bassa), una povertà di informazioni e di strategie
socio-relazionali e una difficoltà nellaffrontare in modo appropriato diverse situazioni. Spesso
1
Per gli aspetti relativi alle dinamiche della sfera emotiva si è ritenuto utile utilizzare per gli scopi
valutativi alcuni strumenti di tipo proiettivo disponibili in letteratura, affiancando a quella cognitiva una
lettura anche di approccio psicodinamico.
8
Quando è difficile parlare
la bambina risponde alle domande proposte non lo so, niente, denotando una povertà sia di
informazioni ma anche di autonomia di pensiero, difficoltà ad interpretare la realtà e a percepire
i propri stati mentali (tra cui le proprie emozioni).
Interessante anche la risposta allitem del subtest Vocabolario: cosè un asino?. G. scri-
ve ...che non sa niente... Alla mia richiesta cioè?, G. scrive: .che tutti ridono di lui..
Nonostante luso della scala WISC-R sia stata fondamentale per ricavare informazioni spe-
cifiche su diversi compiti verbali e non, è stato necessario somministrare anche una scala cognitiva
di tipo non verbale. Infatti, dalle Matrici di Raven G. è risultata avere un QI nella norma tra il 50°
e il 75° centile rispetto alla sua età. La valutazione cognitiva mediante le due scale (di tipo
verbale e non) ha fatto ipotizzare che lorganizzazione di tipo borderline emersa dalla WISC-R
non sia legata propriamente ad una atipia di funzionamento cognitivo, bensì ad una
ipostimolazione ed ad uno scarso uso delle potenzialità cognitive e comunicativo-linguistiche
che ha portato ad una situazione di impoverimento generale.
- Alle prove di lettura e scrittura (MT di Cornoldi e Colpo 1998) G. ha mostrato una com-
prensione generale del racconto abbastanza buona. Si rileva una marcata disortografia con fre-
quenti errori grammaticali, disgrafia e omissione di passaggi narrativi. Anche la comprensione
frasale (Rustioni 1994) è buona anche se G. non satura il test, come ci si sarebbe aspettato (dato
che la prova è tarata per bambini di età massima di 7 anni) e sembra avere maggiori difficoltà a
codificare le frasi più lunghe e complesse del test.
Grafico 1. Punteggi ponderati alle singole prove Verbali e di Performance ottenuti da G. dalla
somministrazione della scala cognitiva WISC-R
9
Micaela Capobianco
- Disegno della famiglia. G. disegna un unico personaggio rinchiuso e una serie di recinti
geometrici vuoti molto vicini (che rappresentano dei letti). La bambina scrive di aver disegnato
un papà, una mamma e una figlia (indicando i recinti vuoti vicini) che dormono tutti nella
stessa casa. La compartimentazione denoterebbe: 1) assenza di comunicazione tra i familiari;
2) isolamento della figura maschile (paterna) da quelle femminili (madre e figlia); 3) area fem-
minile poco definita (letti vuoti) e confusa. Lazione predominante del dormire evidenzierebbe
la prevalenza degli aspetti depressivi. La bambina mostra difficoltà ad esprimere e descrivere le
emozioni dei personaggi e fa sempre riferimento ad aspetti concreti.
- T.A.T. Dalla descrizione delle tavole prevalgono sentimenti depressivi, con tema della
morte e del litigio. I personaggi sono spesso malati, piangono, vengono portati allospedale o
vanno via con atteggiamento di rinuncia e passività, spesso litigano per cause banali. Le figure
maschili sono sempre sfuggenti: vanno via a cavallo, si trasferiscono da casa oppure muoiono.
Alle figure dei bambini viene spesso attribuito un ruolo di passività, accettazione, svalutazione
e incapacità.
Alcuni esempi di descrizioni delle tavole scritte dalla bambina in cui prevalgono tematiche
depressive e di morte:
Tavola 4: Due sposi insieme, escono insieme a fare una passeggiata, finisce che tornano a
casa stanchi morti e si buttano dentro al letto.
Tavola 6BM: Una signora che ha litigato con suo marito. [chiedo: perché litiga? Cosa è
successo?]. È successo che il marito non ha accompagnato il figlio a scuola e finisce che il
marito si trasferisce a unaltra casa.
Tavola 7 GF: Una madre e una figlia. La figlia piange perché è morto il papà e la mamma
lha consolata
Tavola 8 BM: Un signore che è malato, allora lhanno portato in ospedale per curarlo.
Finisce che il signore è malato e non torna più a casa.
- TEMA. La bambina mostra un lieve problema di memoria, soprattutto di tipo verbale, con
una maggiore difficoltà ad immagazzinare e richiamare alla mente informazioni rilevanti per lo
svolgimento della prova.
- CBCL. Dal questionario compilato dalla madre non emergono punteggi che si collocano
nellarea clinica, anche se prevalgono tratti internalizzanti (ansia, apprensione, depressione,
problemi nellarea sociale). È interessante notare che tra i tratti esternalizzanti la madre attribu-
isce a G. comportamenti quali: rumorosa, urla, tiene il broncio, impulsiva.
a) Costruire un alleanza terapeutica ed instaurare una relazione di fiducia con G. (Bissoli
2007):
- non forzarla mai a comunicare verbalmente, incoraggiando la comunicazione non ver-
bale, attraverso un atteggiamento neutro e la creazione di un contesto di accettazione
e non focalizzazione del problema del parlare (estinzione del sintomo)
b) Esplorare le emozioni, i comportamenti (C) e i pensieri disfunzionali prevalenti (B) alla
base della paura di parlare di G. (analisi degli ABC) attraverso:
- Simulazioni ludiche con burattini/bambole (personaggi) e/o mediante il disegno (fu-
metti inventati) che rappresentassero diversi eventi di vita quotidiana in cui poteva
10
Quando è difficile parlare
presentarsi ed essere più forte la paura di parlare (ad es., interrogazioni della maestra
a scuola davanti ai compagni, incontro con un adulto non familiare per strada con la
madre).
Ho chiesto alla bambina di far finta di essere in una scuola, in cui cè una bambina che la
maestra deve interrogare in classe.
Le ho chiesto di indicarmi tra le faccette quella più vicina a come si poteva sentire la
bambina in quel momento, a ciò che provava e di dare un nome a queste emozioni: io sono
.
. Il disegno 1 qui di seguito evidenzia le diverse raffigurazioni di emozioni che possono essere
provate nella situazione simulata dellinterrogazione a scuola. Le crocette evidenziano le emo-
zioni indicate dalla bambina.
x x
11
Micaela Capobianco
Le chiedo di completare insieme le vignette vuote. Cosa chiede la maestra alla bambina?
Cosa pensa la bambina? Come si sente la bambina? Il diagramma 1 seguente evidenzia le emo-
zioni (C) e i pensieri (B) scatenati dalla situazione dellinterrogazione della maestra (A).
A
Domande della
maestra a scuola
C
sono triste, ho paura, mi
vergogno B B
“Non ho “Tutti si
studiato” metteranno
a ridere”
B
“sono
incapace”
12
Quando è difficile parlare
La condizione di gemellarità monovulare, ove anche la sorella presenta lo stesso disturbo, oltre
che supportare il dato della familiarità, rappresenta un fattore che sicuramente ha svolto un
ruolo importante nel consolidare il disturbo e tuttora rappresenta un fattore di mantenimento.
G. è sempre stata una bambina tendenzialmente molto timida, che mostrava difficoltà e
timore di relazionarsi con persone non familiari. Queste situazioni sono state sempre percepite
da G. con intenso disagio, ansia e preoccupazione e la bambina ha imparato a reagire mediante
inibizione, ritiro comportamentale e verbale e la tendenza ad evitarle (Manassis et al. 2007). Dai
dati emersi dalla valutazione funzionale, dallosservazione spontanea e, soprattutto, dallesplo-
razione degli ABC (mediante diverse tecniche di simulazione con personaggi e disegni) emerge
che G. prova una forte difficoltà e incapacità a parlare soprattutto a scuola, quando le vengono
richieste prestazioni, è al centro dellattenzione, condizioni che vengono percepite dalla bambi-
na come un pericolo alla sua valutazione, alla sua efficacia, allimmagine di sé. Sembrerebbe
che G. tema in particolare il giudizio degli altri, ha paura di sbagliare e di essere derisa, presa in
giro (tutti si metteranno a ridere),di vergognarsi e che gli altri si accorgano della sua vergogna
(metavergogna). Prevalgono in G. temi depressivi, di catastrofizzazione rispetto alle conseguen-
ze sugli altri del proprio parlare e la paura di essere presa in giro sembra strettamente legata ad
una percezione di inadeguatezza e autosvalutazione, di sé come incapace, (ho paura di sbaglia-
re, non ho studiato). Molto probabilmente la possibilità di essere giudicata non positivamen-
te e criticata viene vissuta come un evento che non deve mai accadere. Questi aspetti confer-
mano i dati clinici e di ricerca che rilevano una significativa associazione tra diagnosi di MS e
disturbi che rientrano tra i problemi internalizzanti dello sviluppo quali lansia sociale, lansia
da separazione, la depressione (Cunningham et al. 2006). Allo stesso tempo G. spesso si mostra
iperattiva, a volte oppositoria, capricciosa. A mio avviso sono comportamenti che mani-
festano il suo disagio, che la bambina utilizza probabilmente per nascondere agli altri il suo
reale stato emotivo e, in alcuni casi, sono funzionali ad attirare lattenzione della madre.
Il comportamento dei genitori e in particolare della madre gioca come un altro importante
fattore di mantenimento del mutismo di G. La bambina, infatti, mostra di aver instaurato con la
madre un attaccamento ansioso-dipendente (pattern C). La mamma si mostra infatti ansiosa e
preoccupata (Tatem e Del Campo 1995). Da una parte assume un atteggiamento di pressione per
il parlare (a volte anche punitivo), dallaltro è eccessivamente protettiva e ansiosa e spesso si è
sostituisce a G. Questi comportamenti della madre hanno in qualche modo inficiato nel tempo la
costruzione dellautonomia e il senso di efficacia di G. (come della sorella gemella) ostacolando
i normali processi di esplorazione e autonomia della bambina. G. ha sempre mostrato e presenta
tuttora una estrema dipendenza dalla madre percepita come necessaria per affrontare qualsiasi
interazione. Infatti, situazioni in cui il genitore è assente (come a scuola) causano in lei allarme
ed inibizione. Un altro aspetto importante è il confronto con le sorelle. Spesso la madre tende a
fare confronti tra le gemelle e la sorella più piccola, creando situazioni di conflitto e ricerca
dellattenzione da parte di G. che utilizza diverse strategie tra le quali i comportamenti provo-
catori. Se da una parte, infatti, esiste una relazione di forte complicità tra G. e la sorella gemel-
la, dallaltra cè anche competizione e manipolazione dellaffetto e della dipendenza dalla ma-
dre.
Il confronto tra G. e la sorella più piccola (D) incrementa il senso di autosvalutazione e di
incapacità nella bambina. Durante i colloqui con la madre è emersa la sua estrema importanza e
attenzione a mantenere unimmagine positiva, al giudizio degli altri e quindi allevitare situa-
zioni di vergogna a cui lei dà un significato di perdita, svalutazione e umiliazione. Questi aspetti
sono strettamente legati alla sua storia di vita e, in particolare, ai suoi vissuti di abbandono e
maltrattamento. La necessità di non vergognarsi e la focalizzazione verso levitamento delle
13
Micaela Capobianco
situazioni in cui ci si espone a tale rischio ha un estremo significato e sembrano temi importanti
per la madre di G..
La diagnosi tardiva ha portato G. a consolidare questo stile comportamentale che ormai è
diventato abituale e parte integrante della suo modo di essere, base di un equilibro raggiunto
allinterno della relazione dipendente con la madre e la sorella gemella. Con questultima, in
particolare, si è creata una sorta di mutua complicità nel mantenere il ruolo del mutismo. I
comportamenti di passività, mancanza di interesse, creatività e propositività, sono il prodotto
anche dal mancato uso prolungato nel tempo del linguaggio verbale come mezzo necessario per
lo sviluppo della concettualizzazione, della formulazione di pensieri complessi, della
metacognizione. Nonostante, infatti, dalla valutazione funzionale emerge unintelligenza nella
norma (o comunque ad un livello limite) il profilo neuropsicologico denota un funzionamento
cognitivo impoverito e con un uso scarso delle potenzialità (Standart e Le Counter 2003).
Terapia
Finalità principali della terapia individuale:
1. Modificare i pensieri disfunzionali di:
Fornire alla bambina pensieri, emozioni, azioni e conseguenze alternative durante gli even-
ti simulati nel gioco e/o nel disegno rispetto a quelli descritti da G. tramite lagire degli eventi
simulati e/o attraverso il dialogo scritto. Promuovere a tal fine la riflessione su:
a) lutilità del parlare e il rapporto costi/benefici del non parlare;
b) laccettazione che a qualcuno possa non piacere quello che diciamo: indipendenza del
14
Quando è difficile parlare
Diagramma 2. Simulazioni di una situazione inventata (A), pensieri (B), emozioni e azioni
della bambina (C), ABC alternativo proposto dal terapeuta
A B C
Il bambino chiede Dico solo - si vergogna
alla bambina se vuole stupidaggini…non so - è rossa in viso
venire a giocare con
lui a casa sua parlare..lo vede - guarda mamma e non risponde
T. allora, vediamo cosa succede se
.(simulazione situazione diversa, in cui la bambina risponde alla
richiesta del bambino).
B
“e se poi non le sono
A simpatica?”
Il bambino chiede C
“Non fa nulla io ci
alla bambina se vuole - gli dice di sì e gli chiede quando
venire a giocare con lui a provo...”
casa sua vedersi
- è felice
B
“Che bello, mi piacerebbe
andare a giocare a casa
sua.. ci divertiremo un
mondo”
La storia finisce che la bambina è felice di aver trovato un nuovo amico con cui giocare e va a casa
contenta. Il bambino pensa è proprio simpatica quella bambina!
15
Micaela Capobianco
valore di sé dalla valutazione negativa o positiva delle situazioni contingenti (ad es. interroga-
zione, parlare davanti agli estranei etc.);
c. accettazione della vergogna: la vergogna è unemozione naturale.
- I genitori di G. fin dallinizio hanno seguito degli incontri di supporto alla coppia. Ora
solo la madre viene costantemente in terapia individuale.
- Incontri psicoeducativi sul problema del mutismo selettivo: in particolare spiegare che G.
non parla semplicemente perché si rifiuta o fa capricci, ma perché ha un disagio che la rende
incapace a parlare. Questi incontri sono serviti primariamente per modificare linterpretazione
dei genitori sui comportamenti mutatici di G. e quindi il carico di responsabilità sulla bambina.
- Suggerimenti generali su come comportarsi con G. (Bissoli, 2007):
1. Adottare un atteggiamento neutrale rispetto al non parlare: non sottolinearlo spesso come
problema, né mostrare un atteggiamento punitivo;
2. Non sostituirsi a G. nelle attività quotidiane e nelle relazioni. Quando qualsiasi persona le
fa una domanda lasciare spazio alla bambina, non insistere subito sollecitandola a rispon-
dere verbalmente e non rispondere al suo posto. Più che altro coinvolgerla nel discorso
accettando altre modalità di comunicazione. Non sostituirsi a G. nel fare i compiti, antici-
pando le risposte, ma aiutarla a riflettere di più, a rendersi più consapevole delle proprie
strategie di studio.
3. Home working: iniziare con gradualità a farle fare piccole azioni quotidiane: ad es. pagare
il giornalaio, fare una telefonata, chiedere uninformazione, etc;
4. Incrementare gli incontri sociali con i coetanei di G., se possibile, separatamente dalla so-
rella, creando spazi diversi e individualizzati;
5. Evitare di fare confronti comparativi tra le bambine. Dedicare uno spazio individualizzato
e separato con G;
6. Promuovere lautonomia: inizialmente entrambe le bambine sono partite per 1 settimana
per un campo estivo (12 gg). Al ritorno G. si era mostrata più sicura di sé, autonoma e più
motivata. Questanno la mamma, però, non lha mandata fuori.
16
Quando è difficile parlare
In terapia individuale. Dopo circa 2-3 mesi di terapia G. ha modificato in modo significati-
vo la relazione con me. Il rapporto di fiducia si è rafforzato, è molto serena quando viene agli
incontri e più facilmente si distacca dalla mamma e/o mostra atteggiamenti di attaccamento alla
madre nel momento di ricongiungimento. Durante gli incontri è molto contenta di giocare con i
burattini, disegnare e simulare situazioni ed eventi. La mamma mi racconta che soprattutto ulti-
mamente parla di più di ciò che facciamo in seduta e chiede quando dovrà tornare. Finora non ha
ancora usato chiaramente ed esplicitamente il linguaggio verbale con me, anche se spesso, du-
rante il gioco, fa fare dei rumori ai burattini o alle bambole (starnutire, sbadigliare, piangere,
russare etc.) o ad oggetti e animali (rumore della macchina, versi di un animale). A volte lo ha
fatto così spesso che mi ha guardata, si è messa a ridere, forse riflettendo di essersi dimenticata
di non produrre. In alcune sedute ha parlato molto a bassa voce e allorecchio delle bambole.
Capita quasi sempre adesso che in sala dattesa parli alla mamma davanti a me (non a me), anche
se escludendomi, mentre prima non parlava mai in mia presenza. Anche il suo atteggiamento
provocatorio è sensibilmente diminuito e la bambina è molto più coinvolta e partecipe durante
i giochi con me.
A scuola. La mamma è più serena perché negli ultimi mesi G. sembra molto cambiata a
detta delle insegnanti. Parla con linsegnante di sostegno, si isola di meno, partecipa di più a
scuola, durante la ricreazione parla con tutti i compagni e balbetta molto di meno mentre parla.
Linsegnante di sostegno racconta che G. le sembra in generale più serena. Ultimamente si rivol-
ge ad alcune insegnanti attraverso una compagna, cosa che non aveva mai fatto prima o parla a
questa compagna anche in presenza di altri compagni (cosa che non faceva prima) pur senza
coinvolgerli. G. è migliorata anche negli apprendimenti; è più attenta e i temi fatti in classe
risultano più lineari e scorrevoli, mentre prima erano prevalentemente disorganizzati con conte-
nuti non ben connessi tra loro. Inoltre, il fatto di aver preso voti più alti ai compiti scritti di
scienze e italiano sembra aver motivato di più la bambina e aumentato la fiducia sulle proprie
capacità.
A casa. Anche la mamma nota dei cambiamenti in G. soprattutto rispetto alla relazione con
la sorella gemella. G. racconta di più cosa fa scuola, non solo a livello descrittivo (come accade-
va prima), ma mostra di più le sue emozioni: rabbia o felicità per il comportamento di quella
compagna. Secondo la madre qualcosa è cambiato anche allinterno del rapporto di complicità
tra le due sorelle, legato al diverso comportamento di G. verso lambiente esterno. G. sembra
meno interessata e attenta ad imitare i comportamenti della sorella e, da questo punto di vista,
sembra più indipendente dalla sorella. La mamma dice È come se si fosse rotto un patto tra
loro che G1 si sentisse tradita da G. Infatti, anche se la mamma è contenta che qualcosa si sia
17
Micaela Capobianco
modificato in G. è allo stesso tempo preoccupata per la reazione che sta avendo la gemella G1: È
più gelosa e quando G. parla con me vedo che è arrabbiata, soffre
È una sofferenza per me
vederla. La mamma mi ha raccontato a proposito un episodio avvenuto in macchina in cui
mentre G. parlava alla mamma della giornata di scuola G1 allimprovviso lha interrotta e urlan-
do ha detto basta ti ho detto! Ti devi stare zitta!. Mentre G. è migliorata G1 al contrario è più
chiusa ed isolata.
18
Quando è difficile parlare
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19
Cognitivismo clinico (2010) 7, 1 3-19
Micaela Capobianco
Riassunto
Il presente lavoro illustra il caso clinico di una bambina gemella a cui è stata effettuata
tardivamente la diagnosi di mutismo selettivo (MS). La bambina ha 10 anni, ha una sorella
gemella monovulare con lo stesso problema e una sorella più piccola che non presenta alcuna
difficoltà. Come riferito dalla madre, la sintomatologia mutacica si manifesta soprattutto a scuo-
la con le insegnanti, le quali non hanno mai potuto fare uninterrogazione orale. Lassenza pro-
lungata delluso del linguaggio verbale ha influito molto sugli apprendimenti, sulla capacità di
astrazione e metacognizione. La comparsa e il mantenimento del disturbo sono il prodotto
dellinterazione tra fattori biologici (familiarità al temperamento timido) e ambientali (madre
ansiosa e iperprotettiva). Dalla valutazione funzionale e dallanalisi degli ABC emergono una
paura del giudizio degli altri, di sbagliare ed essere derisa, di vergognarsi e temi depres-
sivi, di autosvalutazione, a conferma della comorbidità tra mutismo e problemi internalizzanti.
Viene descritto e discusso in modo critico liter di assessment, le modalità e le strategie di
valutazione e di intervento sulla bambina e sul contesto familiare e scolastico, alla luce delle
difficoltà incontrate nelle diverse fasi legate alle caratteristiche specifiche del disturbo mutacico.
Infatti, molto pochi sono gli studi in letteratura e le conoscenze sulle strategie dintervento più
efficaci su questi bambini risultano ancora incomplete.
WHEN ITS DIFFICULT TO TALK: THE CLINICAL CASE OF TWIN FEMALE CHILDREN
OF TEN YEARS AFFECTED BY SELECTIVE MUTISM
Abstract
This paper describes the clinical case of twin children (female) with a late diagnosis of
selective mutism (SM). The children have ten years, have a twin monovular sister with the same
problem and a younger sister that not have any difficulties. As reported by mother, the selective
mutism symptom shows at school with the teachers, that cannot be an oral examine. The continued
3
Micaela Capobianco
absence of verbal language use has a great influence on learning, on abstraction and metacognition
abilities. The onset and maintenance of disorder are the results of interaction between biological
(familiarity to shy temperament) and environmental (anxious and highly protective mother)
causes. The functional assessment and ABC analysis show a fear of other people opinion, to
be wrong and to be derided, of to be shy and depressive thematic, of auto-devaluation, in
confirmation of comorbidity between mutism and internalizing problems.
Its showed and discussed in critical way the iter of assessment, the modalities and the
strategies of valuation and treating on female children and on the familiar and scholastic context,
in the light of difficulties meet in the different phases for the specific mutism disorder
characteristics. Infact, the studies and the knowledge of treating strategies more efficacious on
this children result still incomplete.
Key Words: selective mutism, anxious, dependent attachment, internalizing problems, auto-
devaluation, shy temperament.
Anamnesi familiare (rispetto agli elementi rilevanti per la spiegazione del distur-
bo della bambina)
Lanamnesi familiare è stata raccolta primariamente con la madre. Infatti, dopo il primo
incontro con entrambi i genitori, il padre non è più venuto agli appuntamenti e la bambina è
sempre stata accompagnata dalla madre.
Il padre della bambina ha un carattere molto introverso e timido. Lavora tutto il giorno e
interagisce poco con le figlie e in particolare con le gemelle. Quando è a casa, pur se presente e
collaborativo, si dedica poco a giocare attivamente con loro. Come racconta la madre di G.,
nellinfanzia e nelladolescenza molto probabilmente ha sofferto anche lui di mutismo, ma non
è stato mai diagnosticato. Infatti i genitori del padre hanno sempre descritto loro figlio come un
bambino che parlava poco, che arrossiva sempre quando gli si rivolgeva la parola e difficil-
mente socializzava con adulti e coetanei. I genitori di lui hanno sempre dato poco importanza a
4
Quando è difficile parlare
questi comportamenti del figlio attribuendoli primariamente a una questione di carattere. Lui
stesso afferma: con il tempo ho imparato ad adattarmi al mio carattere, mi sono inserito bene al
lavoro. Durante il colloquio parla molto poco e solo su esplicita richiesta e il suo sguardo è
spesso sfuggente. Rispetto al problema delle figlie gemelle mostra tuttora un atteggiamento
remissivo e non segue più la psicoterapia iniziata con la moglie. Afferma di essere deluso dalla
ASL di appartenenza alla quale per molto tempo si è affidato. È molto demotivato e non crede
più allintervento dei servizi. Inoltre non attribuisce unestrema importanza al mutismo delle
bambine. Pensa che prima poi le figlie si sbloccheranno da sole, come è successo a lui.
La madre di G. ha una storia familiare traumatica. Sua mamma, alcolista, è deceduta quan-
do lei aveva 7 anni per suicido, avvenuto in casa. Ha sempre avuto unamnesia totale della sua
vita fino a 7 anni, per cui ricorda molto poco della madre. Riferisce solo di non ricordare alcuna
carezza, abbraccio, momenti di intimità e affetto con la madre. Ha conosciuto il proprio padre
biologico in adolescenza e da poco sono state avviate le pratiche per il riconoscimento, in
concomitanza con il problema che hanno presentato le gemelle. Ha effettuato alcune sedute di
psicoanalisi durate 4 anni, ma non ritiene siano state veramente di aiuto per lei.
È la madre delle bambine che si occupa in tutto e per tutto di G. e G2 e della figlia più
piccola. La madre riferisce di non sentirsi supportata dai suoceri con cui non ritiene di avere un
buon rapporto e di ricevere un reale sostegno. Secondo lei i genitori di lui non comprendono
veramente il problema delle gemelle e lo sottovalutano. Lei stessa dice: mi sento sola di fronte
a questo problema..quando chiedo a mia suocera di tenermi le bambine trova sempre qualche
scusa..se cerco di mantenere un rapporto lo faccio solo per le bambine che sono affezionate alla
nonna. È la madre, infatti, a richiedere al servizio una spiegazione più chiara del problema
delle loro figlie, che, a suo avviso, nessuno finora le ha saputo dare in modo esplicito. Anche lei
si mostra delusa, ma sicuramente più disponibile e intenzionata a far qualcosa per le gemelle,
con la speranza che possano migliorare. Richiede pertanto una valutazione e, soprattutto, delle
indicazioni specifiche su come comportarsi a casa e a scuola con le bambine e su quale sia
latteggiamento migliore da adottare con loro.
La mamma mostra un grande senso di colpa perché sostiene che il suo atteggiamento
troppo protettivo non abbia aiutato le bambine. Allo stesso modo spiega e giustifica il suo
comportamento con le seguenti parole: io non ho mai ricevuto nessuna carezza, laffetto dei
miei genitori mi è sempre mancato e ho dovuto fare tutto da sola. Ho cercato di fare il contrario
con le bambine, facendo loro tutto, anche troppo; se sono così è colpa mia...per fortuna cè D.
(terza figlia più piccola) che mi gratifica...già scrive
.
5
Micaela Capobianco
diversi anni) solo a Marzo 2006 la dott.ssa che la seguiva ha accennato ad una probabile diagno-
si di mutismo selettivo, indicando semplicemente alla madre di effettuare delle sedute di psico-
terapia privatamente, data la scarsa disponibilità di servizi di questo tipo nel comune. Non è
stata mai iniziata alcuna psicoterapia per motivi prettamente economici.
Nellestate del 2005 (età di 8 anni) la bambina ha manifestato una balbuzie tonica e ha
seguito un ciclo di logopedia. Racconta la madre che le balbuzie si presentavano solo in alcune
situazioni, quando la bambina era più emozionata, come ad esempio durante un litigio con la
sorella o prima di ricevere un regalo. Le balbuzie, comunque, dopo circa un anno sono regredite
spontaneamente. Attualmente la bambina parla esclusivamente a casa con gli adulti familiari
che conosce bene (oltre i genitori, alcuni parenti che vede spesso) e con le sorelle, in particolare
con la gemella con cui si è creata una forte complicità e intesa sia rispetto al comportamento
mutacico che in generale rispetto a qualsiasi comportamento in diverse situazioni. Si sosten-
gono a vicenda e parlano molto tra loro, soprattutto durante il gioco. La mamma le definisce
complementari, riferendosi con questa parola al fatto che si copiano spesso tra loro (se una fa
un capriccio, un dispetto, assume un comportamento oppositorio, lo fa anche laltra e viceversa;
oppure, una inizia a fare una cosa e laltra la finisce, quasi meccanicamente). G. è anche molto
legata ad unamichetta con problemi comportamentali. La mamma descrive G. come una bambi-
na con umore altalenante (contrariamente alla gemella che è più tranquilla). G. è spesso
nervosa, irritabile e ha crisi di pianto frequenti:
sta peggiorando..è un continuo capric-
cio, mi attacca storie al supermercato, piange e si butta per terra. Altre volte, invece, si chiude
in se stessa, fa la faccia triste.
La madre è attualmente preoccupata perché questo mutismo ha inciso nel tempo sia sugli
apprendimenti scolastici che sugli aspetti socio-relazionali. G. presenta una letto-scrittura non
appropriata alla classe frequentata. In particolare, secondo la madre, spesso non capisce ciò che
legge, perché lo fa meccanicamente. Le insegnanti si lamentano del fatto che la bambina si
rifiuta di parlare con loro, soprattutto quando le viene espressamente richiesto per le interroga-
zioni. Fin dalla I elementare nessuna insegnante è mai riuscita ad interrogare la bambina. Solo
compiti scritti. G., durante lanno scolastico, trascorre il pomeriggio in una struttura privata
dove viene seguita per fare i compiti. Negli ultimi mesi i genitori hanno iniziato ad assumere un
atteggiamento punitivo nei confronti di G. e della sorella gemella per convincerle a parlare,
ma senza sortire alcun cambiamento.
La mamma tuttora si lamenta di aver ricevuto dalla ASL la diagnosi tardivamente e si
rimprovera di aver perso molto tempo quando si sarebbe potuto intervenire prima. Si lamenta,
inoltre, che non le hanno neppure spiegato in che cosa consistesse questo problema e non le
hanno dato alcun suggerimento psicopedagogico a riguardo. Si rimprovera e si colpevolizza
molto per questo, dicendo che se ora il mutismo di G. (come pure della sorella gemella) è peg-
giorato e si è consolidato è anche legato a questo.
6
Quando è difficile parlare
un attimo che piangeva e si attaccava a me..Se non labbracciavo prima di andare a dormire, non
si addormentava...Dalletà di 18 mesi è stata inserita con la gemella allasilo nido e affidata ad
una signora durante il pomeriggio per motivi di lavoro. La separazione da questa baby-sitter
quando G. aveva quasi 3 anni, a cui la bambina era molto legata, è stata, secondo la madre,
brusca.
La madre non sa spiegare con precisione i motivi di questo allontanamento, ma si ricorda
che dopo il distacco G. è diventata più nervosa e più chiusa in se stessa. Secondo la madre anche
dopo la nascita della sorella (D) (G. aveva 4 aa e mezzo) la bambina è cambiata: più agitata,
cercava sempre di attirare lattenzione. Alletà di 7 aa ha avuto una perdita di coscienza con
caduta a terra, ma lEEG è risultato negativo. La madre non sa dare una spiegazione a quel-
levento. La madre riferisce che G. è sempre stata una bambina che difficilmente rivolgeva la
parola a qualcuno, si emozionava molto quando un adulto le chiedeva qualcosa. In genere o si
ammutoliva e abbassava gli occhi, oppure faceva finta di essere impegnata a fare qualcosaltro
e si mostrava indaffarata. In quei momenti la madre lha sempre incoraggiata a parlare.
- Incontri con G.
I primi incontri con G. hanno avuto il primario obiettivo di creare una relazione di fiducia
con la bambina, cercando di creare con lei uno spazio sereno, in cui accogliere il suo disagio,
ove lei potesse esprimersi liberamente. Ho cercato di interagire con lei senza mostrare una par-
ticolare attenzione allaspetto verbale, ma facendole capire che potevamo utilizzare altri canali
di comunicazione come la gestualità, il disegno, il gioco, la mimica (Bissoli 2007). I primi
incontri, inoltre, sono stati necessari anche per spiegare a G. il motivo di questi incontri e le
attività che avrebbe svolto con me. Si mostra molto collaborativa e interessata quando le chiedo
7
Micaela Capobianco
di fare un disegno, ma se si accorge che la sto guardando smette di disegnare oppure copre il
disegno con la mano.
A volte si alza e si mette a sistemare freneticamente i giochi, quasi per spostare lattenzione
da unaltra parte. Invento alcune attività ludiche con delle bambole simulando che le bambole
facciano diversi disegni, parlino tra loro. La bambina si è mostrata subito divertita dal gioco,
ridendo, e, dopo diverse sollecitazioni in cui ho finto di parlare con le bambole, G. ha iniziato ad
avvicinarsi allorecchio di una bambola e a dire una frase, senza farmi capire cosa le dicesse, e
a far fare alla bambola lazione appena pronunciata allorecchio. Questa modalità ludica ha
funzionato molto bene inizialmente con G. come mediatore della comunicazione tra me e la
bambina.
- Area cognitiva: scala WISC-R (Orsini 1993); Matrici Progressive di Raven (Raven 1947);
- Area linguistica: comprensione di frasi (Rustioni 1994) e del testo scritto con prove MT di
Cornoldi e Colpo (1998);
- Area memoria e apprendimento (TEMA) (Reinolds Cecil e Bigler 1995);
- Area emotiva, affettiva e relazionale: test proiettivi: Scenotest, Test della famiglia immaginaria
(Corman, 1976.), T.A.T. (Morgan e Murray, 1935)1.
Ai genitori è stato chiesto di compilare il Questionario CBCL (Achenbach 1991) per ana-
lizzare aspetti più specifici del comportamento/temperamento della bambina (in particolare,
disturbi Internalizzanti versus Esternalizzanti).
Alcuni elementi indicativi emersi dai risultati della valutazione (rilevanti rispet-
to alla conoscenza di emozioni e pensieri della bambina sottostanti il disturbo)
- WISC-R. G. presenta un QI totale di 80 (al limite) e un profilo cognitivo disomogeneo con
un significativo decalage tra larea Verbale (QI 73) e larea di Performance (QP 90). Di partico-
lare indicazione sono i punteggi molto bassi nei subtest verbali Informazioni, Vocabolario
e, soprattutto, Comprensione che denotatno in G. unimportante caduta semantico-concettuale
(capacità di astrazione e categorizzazione bassa), una povertà di informazioni e di strategie
socio-relazionali e una difficoltà nellaffrontare in modo appropriato diverse situazioni. Spesso
1
Per gli aspetti relativi alle dinamiche della sfera emotiva si è ritenuto utile utilizzare per gli scopi
valutativi alcuni strumenti di tipo proiettivo disponibili in letteratura, affiancando a quella cognitiva una
lettura anche di approccio psicodinamico.
8
Quando è difficile parlare
la bambina risponde alle domande proposte non lo so, niente, denotando una povertà sia di
informazioni ma anche di autonomia di pensiero, difficoltà ad interpretare la realtà e a percepire
i propri stati mentali (tra cui le proprie emozioni).
Interessante anche la risposta allitem del subtest Vocabolario: cosè un asino?. G. scri-
ve ...che non sa niente... Alla mia richiesta cioè?, G. scrive: .che tutti ridono di lui..
Nonostante luso della scala WISC-R sia stata fondamentale per ricavare informazioni spe-
cifiche su diversi compiti verbali e non, è stato necessario somministrare anche una scala cognitiva
di tipo non verbale. Infatti, dalle Matrici di Raven G. è risultata avere un QI nella norma tra il 50°
e il 75° centile rispetto alla sua età. La valutazione cognitiva mediante le due scale (di tipo
verbale e non) ha fatto ipotizzare che lorganizzazione di tipo borderline emersa dalla WISC-R
non sia legata propriamente ad una atipia di funzionamento cognitivo, bensì ad una
ipostimolazione ed ad uno scarso uso delle potenzialità cognitive e comunicativo-linguistiche
che ha portato ad una situazione di impoverimento generale.
- Alle prove di lettura e scrittura (MT di Cornoldi e Colpo 1998) G. ha mostrato una com-
prensione generale del racconto abbastanza buona. Si rileva una marcata disortografia con fre-
quenti errori grammaticali, disgrafia e omissione di passaggi narrativi. Anche la comprensione
frasale (Rustioni 1994) è buona anche se G. non satura il test, come ci si sarebbe aspettato (dato
che la prova è tarata per bambini di età massima di 7 anni) e sembra avere maggiori difficoltà a
codificare le frasi più lunghe e complesse del test.
Grafico 1. Punteggi ponderati alle singole prove Verbali e di Performance ottenuti da G. dalla
somministrazione della scala cognitiva WISC-R
9
Micaela Capobianco
- Disegno della famiglia. G. disegna un unico personaggio rinchiuso e una serie di recinti
geometrici vuoti molto vicini (che rappresentano dei letti). La bambina scrive di aver disegnato
un papà, una mamma e una figlia (indicando i recinti vuoti vicini) che dormono tutti nella
stessa casa. La compartimentazione denoterebbe: 1) assenza di comunicazione tra i familiari;
2) isolamento della figura maschile (paterna) da quelle femminili (madre e figlia); 3) area fem-
minile poco definita (letti vuoti) e confusa. Lazione predominante del dormire evidenzierebbe
la prevalenza degli aspetti depressivi. La bambina mostra difficoltà ad esprimere e descrivere le
emozioni dei personaggi e fa sempre riferimento ad aspetti concreti.
- T.A.T. Dalla descrizione delle tavole prevalgono sentimenti depressivi, con tema della
morte e del litigio. I personaggi sono spesso malati, piangono, vengono portati allospedale o
vanno via con atteggiamento di rinuncia e passività, spesso litigano per cause banali. Le figure
maschili sono sempre sfuggenti: vanno via a cavallo, si trasferiscono da casa oppure muoiono.
Alle figure dei bambini viene spesso attribuito un ruolo di passività, accettazione, svalutazione
e incapacità.
Alcuni esempi di descrizioni delle tavole scritte dalla bambina in cui prevalgono tematiche
depressive e di morte:
Tavola 4: Due sposi insieme, escono insieme a fare una passeggiata, finisce che tornano a
casa stanchi morti e si buttano dentro al letto.
Tavola 6BM: Una signora che ha litigato con suo marito. [chiedo: perché litiga? Cosa è
successo?]. È successo che il marito non ha accompagnato il figlio a scuola e finisce che il
marito si trasferisce a unaltra casa.
Tavola 7 GF: Una madre e una figlia. La figlia piange perché è morto il papà e la mamma
lha consolata
Tavola 8 BM: Un signore che è malato, allora lhanno portato in ospedale per curarlo.
Finisce che il signore è malato e non torna più a casa.
- TEMA. La bambina mostra un lieve problema di memoria, soprattutto di tipo verbale, con
una maggiore difficoltà ad immagazzinare e richiamare alla mente informazioni rilevanti per lo
svolgimento della prova.
- CBCL. Dal questionario compilato dalla madre non emergono punteggi che si collocano
nellarea clinica, anche se prevalgono tratti internalizzanti (ansia, apprensione, depressione,
problemi nellarea sociale). È interessante notare che tra i tratti esternalizzanti la madre attribu-
isce a G. comportamenti quali: rumorosa, urla, tiene il broncio, impulsiva.
a) Costruire un alleanza terapeutica ed instaurare una relazione di fiducia con G. (Bissoli
2007):
- non forzarla mai a comunicare verbalmente, incoraggiando la comunicazione non ver-
bale, attraverso un atteggiamento neutro e la creazione di un contesto di accettazione
e non focalizzazione del problema del parlare (estinzione del sintomo)
b) Esplorare le emozioni, i comportamenti (C) e i pensieri disfunzionali prevalenti (B) alla
base della paura di parlare di G. (analisi degli ABC) attraverso:
- Simulazioni ludiche con burattini/bambole (personaggi) e/o mediante il disegno (fu-
metti inventati) che rappresentassero diversi eventi di vita quotidiana in cui poteva
10
Quando è difficile parlare
presentarsi ed essere più forte la paura di parlare (ad es., interrogazioni della maestra
a scuola davanti ai compagni, incontro con un adulto non familiare per strada con la
madre).
Ho chiesto alla bambina di far finta di essere in una scuola, in cui cè una bambina che la
maestra deve interrogare in classe.
Le ho chiesto di indicarmi tra le faccette quella più vicina a come si poteva sentire la
bambina in quel momento, a ciò che provava e di dare un nome a queste emozioni: io sono
.
. Il disegno 1 qui di seguito evidenzia le diverse raffigurazioni di emozioni che possono essere
provate nella situazione simulata dellinterrogazione a scuola. Le crocette evidenziano le emo-
zioni indicate dalla bambina.
x x
11
Micaela Capobianco
Le chiedo di completare insieme le vignette vuote. Cosa chiede la maestra alla bambina?
Cosa pensa la bambina? Come si sente la bambina? Il diagramma 1 seguente evidenzia le emo-
zioni (C) e i pensieri (B) scatenati dalla situazione dellinterrogazione della maestra (A).
A
Domande della
maestra a scuola
C
sono triste, ho paura, mi
vergogno B B
“Non ho “Tutti si
studiato” metteranno
a ridere”
B
“sono
incapace”
12
Quando è difficile parlare
La condizione di gemellarità monovulare, ove anche la sorella presenta lo stesso disturbo, oltre
che supportare il dato della familiarità, rappresenta un fattore che sicuramente ha svolto un
ruolo importante nel consolidare il disturbo e tuttora rappresenta un fattore di mantenimento.
G. è sempre stata una bambina tendenzialmente molto timida, che mostrava difficoltà e
timore di relazionarsi con persone non familiari. Queste situazioni sono state sempre percepite
da G. con intenso disagio, ansia e preoccupazione e la bambina ha imparato a reagire mediante
inibizione, ritiro comportamentale e verbale e la tendenza ad evitarle (Manassis et al. 2007). Dai
dati emersi dalla valutazione funzionale, dallosservazione spontanea e, soprattutto, dallesplo-
razione degli ABC (mediante diverse tecniche di simulazione con personaggi e disegni) emerge
che G. prova una forte difficoltà e incapacità a parlare soprattutto a scuola, quando le vengono
richieste prestazioni, è al centro dellattenzione, condizioni che vengono percepite dalla bambi-
na come un pericolo alla sua valutazione, alla sua efficacia, allimmagine di sé. Sembrerebbe
che G. tema in particolare il giudizio degli altri, ha paura di sbagliare e di essere derisa, presa in
giro (tutti si metteranno a ridere),di vergognarsi e che gli altri si accorgano della sua vergogna
(metavergogna). Prevalgono in G. temi depressivi, di catastrofizzazione rispetto alle conseguen-
ze sugli altri del proprio parlare e la paura di essere presa in giro sembra strettamente legata ad
una percezione di inadeguatezza e autosvalutazione, di sé come incapace, (ho paura di sbaglia-
re, non ho studiato). Molto probabilmente la possibilità di essere giudicata non positivamen-
te e criticata viene vissuta come un evento che non deve mai accadere. Questi aspetti confer-
mano i dati clinici e di ricerca che rilevano una significativa associazione tra diagnosi di MS e
disturbi che rientrano tra i problemi internalizzanti dello sviluppo quali lansia sociale, lansia
da separazione, la depressione (Cunningham et al. 2006). Allo stesso tempo G. spesso si mostra
iperattiva, a volte oppositoria, capricciosa. A mio avviso sono comportamenti che mani-
festano il suo disagio, che la bambina utilizza probabilmente per nascondere agli altri il suo
reale stato emotivo e, in alcuni casi, sono funzionali ad attirare lattenzione della madre.
Il comportamento dei genitori e in particolare della madre gioca come un altro importante
fattore di mantenimento del mutismo di G. La bambina, infatti, mostra di aver instaurato con la
madre un attaccamento ansioso-dipendente (pattern C). La mamma si mostra infatti ansiosa e
preoccupata (Tatem e Del Campo 1995). Da una parte assume un atteggiamento di pressione per
il parlare (a volte anche punitivo), dallaltro è eccessivamente protettiva e ansiosa e spesso si è
sostituisce a G. Questi comportamenti della madre hanno in qualche modo inficiato nel tempo la
costruzione dellautonomia e il senso di efficacia di G. (come della sorella gemella) ostacolando
i normali processi di esplorazione e autonomia della bambina. G. ha sempre mostrato e presenta
tuttora una estrema dipendenza dalla madre percepita come necessaria per affrontare qualsiasi
interazione. Infatti, situazioni in cui il genitore è assente (come a scuola) causano in lei allarme
ed inibizione. Un altro aspetto importante è il confronto con le sorelle. Spesso la madre tende a
fare confronti tra le gemelle e la sorella più piccola, creando situazioni di conflitto e ricerca
dellattenzione da parte di G. che utilizza diverse strategie tra le quali i comportamenti provo-
catori. Se da una parte, infatti, esiste una relazione di forte complicità tra G. e la sorella gemel-
la, dallaltra cè anche competizione e manipolazione dellaffetto e della dipendenza dalla ma-
dre.
Il confronto tra G. e la sorella più piccola (D) incrementa il senso di autosvalutazione e di
incapacità nella bambina. Durante i colloqui con la madre è emersa la sua estrema importanza e
attenzione a mantenere unimmagine positiva, al giudizio degli altri e quindi allevitare situa-
zioni di vergogna a cui lei dà un significato di perdita, svalutazione e umiliazione. Questi aspetti
sono strettamente legati alla sua storia di vita e, in particolare, ai suoi vissuti di abbandono e
maltrattamento. La necessità di non vergognarsi e la focalizzazione verso levitamento delle
13
Micaela Capobianco
situazioni in cui ci si espone a tale rischio ha un estremo significato e sembrano temi importanti
per la madre di G..
La diagnosi tardiva ha portato G. a consolidare questo stile comportamentale che ormai è
diventato abituale e parte integrante della suo modo di essere, base di un equilibro raggiunto
allinterno della relazione dipendente con la madre e la sorella gemella. Con questultima, in
particolare, si è creata una sorta di mutua complicità nel mantenere il ruolo del mutismo. I
comportamenti di passività, mancanza di interesse, creatività e propositività, sono il prodotto
anche dal mancato uso prolungato nel tempo del linguaggio verbale come mezzo necessario per
lo sviluppo della concettualizzazione, della formulazione di pensieri complessi, della
metacognizione. Nonostante, infatti, dalla valutazione funzionale emerge unintelligenza nella
norma (o comunque ad un livello limite) il profilo neuropsicologico denota un funzionamento
cognitivo impoverito e con un uso scarso delle potenzialità (Standart e Le Counter 2003).
Terapia
Finalità principali della terapia individuale:
1. Modificare i pensieri disfunzionali di:
Fornire alla bambina pensieri, emozioni, azioni e conseguenze alternative durante gli even-
ti simulati nel gioco e/o nel disegno rispetto a quelli descritti da G. tramite lagire degli eventi
simulati e/o attraverso il dialogo scritto. Promuovere a tal fine la riflessione su:
a) lutilità del parlare e il rapporto costi/benefici del non parlare;
b) laccettazione che a qualcuno possa non piacere quello che diciamo: indipendenza del
14
Quando è difficile parlare
Diagramma 2. Simulazioni di una situazione inventata (A), pensieri (B), emozioni e azioni
della bambina (C), ABC alternativo proposto dal terapeuta
A B C
Il bambino chiede Dico solo - si vergogna
alla bambina se vuole stupidaggini…non so - è rossa in viso
venire a giocare con
lui a casa sua parlare..lo vede - guarda mamma e non risponde
T. allora, vediamo cosa succede se
.(simulazione situazione diversa, in cui la bambina risponde alla
richiesta del bambino).
B
“e se poi non le sono
A simpatica?”
Il bambino chiede C
“Non fa nulla io ci
alla bambina se vuole - gli dice di sì e gli chiede quando
venire a giocare con lui a provo...”
casa sua vedersi
- è felice
B
“Che bello, mi piacerebbe
andare a giocare a casa
sua.. ci divertiremo un
mondo”
La storia finisce che la bambina è felice di aver trovato un nuovo amico con cui giocare e va a casa
contenta. Il bambino pensa è proprio simpatica quella bambina!
15
Micaela Capobianco
valore di sé dalla valutazione negativa o positiva delle situazioni contingenti (ad es. interroga-
zione, parlare davanti agli estranei etc.);
c. accettazione della vergogna: la vergogna è unemozione naturale.
- I genitori di G. fin dallinizio hanno seguito degli incontri di supporto alla coppia. Ora
solo la madre viene costantemente in terapia individuale.
- Incontri psicoeducativi sul problema del mutismo selettivo: in particolare spiegare che G.
non parla semplicemente perché si rifiuta o fa capricci, ma perché ha un disagio che la rende
incapace a parlare. Questi incontri sono serviti primariamente per modificare linterpretazione
dei genitori sui comportamenti mutatici di G. e quindi il carico di responsabilità sulla bambina.
- Suggerimenti generali su come comportarsi con G. (Bissoli, 2007):
1. Adottare un atteggiamento neutrale rispetto al non parlare: non sottolinearlo spesso come
problema, né mostrare un atteggiamento punitivo;
2. Non sostituirsi a G. nelle attività quotidiane e nelle relazioni. Quando qualsiasi persona le
fa una domanda lasciare spazio alla bambina, non insistere subito sollecitandola a rispon-
dere verbalmente e non rispondere al suo posto. Più che altro coinvolgerla nel discorso
accettando altre modalità di comunicazione. Non sostituirsi a G. nel fare i compiti, antici-
pando le risposte, ma aiutarla a riflettere di più, a rendersi più consapevole delle proprie
strategie di studio.
3. Home working: iniziare con gradualità a farle fare piccole azioni quotidiane: ad es. pagare
il giornalaio, fare una telefonata, chiedere uninformazione, etc;
4. Incrementare gli incontri sociali con i coetanei di G., se possibile, separatamente dalla so-
rella, creando spazi diversi e individualizzati;
5. Evitare di fare confronti comparativi tra le bambine. Dedicare uno spazio individualizzato
e separato con G;
6. Promuovere lautonomia: inizialmente entrambe le bambine sono partite per 1 settimana
per un campo estivo (12 gg). Al ritorno G. si era mostrata più sicura di sé, autonoma e più
motivata. Questanno la mamma, però, non lha mandata fuori.
16
Quando è difficile parlare
In terapia individuale. Dopo circa 2-3 mesi di terapia G. ha modificato in modo significati-
vo la relazione con me. Il rapporto di fiducia si è rafforzato, è molto serena quando viene agli
incontri e più facilmente si distacca dalla mamma e/o mostra atteggiamenti di attaccamento alla
madre nel momento di ricongiungimento. Durante gli incontri è molto contenta di giocare con i
burattini, disegnare e simulare situazioni ed eventi. La mamma mi racconta che soprattutto ulti-
mamente parla di più di ciò che facciamo in seduta e chiede quando dovrà tornare. Finora non ha
ancora usato chiaramente ed esplicitamente il linguaggio verbale con me, anche se spesso, du-
rante il gioco, fa fare dei rumori ai burattini o alle bambole (starnutire, sbadigliare, piangere,
russare etc.) o ad oggetti e animali (rumore della macchina, versi di un animale). A volte lo ha
fatto così spesso che mi ha guardata, si è messa a ridere, forse riflettendo di essersi dimenticata
di non produrre. In alcune sedute ha parlato molto a bassa voce e allorecchio delle bambole.
Capita quasi sempre adesso che in sala dattesa parli alla mamma davanti a me (non a me), anche
se escludendomi, mentre prima non parlava mai in mia presenza. Anche il suo atteggiamento
provocatorio è sensibilmente diminuito e la bambina è molto più coinvolta e partecipe durante
i giochi con me.
A scuola. La mamma è più serena perché negli ultimi mesi G. sembra molto cambiata a
detta delle insegnanti. Parla con linsegnante di sostegno, si isola di meno, partecipa di più a
scuola, durante la ricreazione parla con tutti i compagni e balbetta molto di meno mentre parla.
Linsegnante di sostegno racconta che G. le sembra in generale più serena. Ultimamente si rivol-
ge ad alcune insegnanti attraverso una compagna, cosa che non aveva mai fatto prima o parla a
questa compagna anche in presenza di altri compagni (cosa che non faceva prima) pur senza
coinvolgerli. G. è migliorata anche negli apprendimenti; è più attenta e i temi fatti in classe
risultano più lineari e scorrevoli, mentre prima erano prevalentemente disorganizzati con conte-
nuti non ben connessi tra loro. Inoltre, il fatto di aver preso voti più alti ai compiti scritti di
scienze e italiano sembra aver motivato di più la bambina e aumentato la fiducia sulle proprie
capacità.
A casa. Anche la mamma nota dei cambiamenti in G. soprattutto rispetto alla relazione con
la sorella gemella. G. racconta di più cosa fa scuola, non solo a livello descrittivo (come accade-
va prima), ma mostra di più le sue emozioni: rabbia o felicità per il comportamento di quella
compagna. Secondo la madre qualcosa è cambiato anche allinterno del rapporto di complicità
tra le due sorelle, legato al diverso comportamento di G. verso lambiente esterno. G. sembra
meno interessata e attenta ad imitare i comportamenti della sorella e, da questo punto di vista,
sembra più indipendente dalla sorella. La mamma dice È come se si fosse rotto un patto tra
loro che G1 si sentisse tradita da G. Infatti, anche se la mamma è contenta che qualcosa si sia
17
Micaela Capobianco
modificato in G. è allo stesso tempo preoccupata per la reazione che sta avendo la gemella G1: È
più gelosa e quando G. parla con me vedo che è arrabbiata, soffre
È una sofferenza per me
vederla. La mamma mi ha raccontato a proposito un episodio avvenuto in macchina in cui
mentre G. parlava alla mamma della giornata di scuola G1 allimprovviso lha interrotta e urlan-
do ha detto basta ti ho detto! Ti devi stare zitta!. Mentre G. è migliorata G1 al contrario è più
chiusa ed isolata.
18
Quando è difficile parlare
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19
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 40/S2
Titolo: VERIFICA DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 01
Micaela Capobianco
Riassunto
Il presente lavoro illustra il caso clinico di una bambina gemella a cui è stata effettuata
tardivamente la diagnosi di mutismo selettivo (MS). La bambina ha 10 anni, ha una sorella
gemella monovulare con lo stesso problema e una sorella più piccola che non presenta alcuna
difficoltà. Come riferito dalla madre, la sintomatologia mutacica si manifesta soprattutto a scuo-
la con le insegnanti, le quali non hanno mai potuto fare uninterrogazione orale. Lassenza pro-
lungata delluso del linguaggio verbale ha influito molto sugli apprendimenti, sulla capacità di
astrazione e metacognizione. La comparsa e il mantenimento del disturbo sono il prodotto
dellinterazione tra fattori biologici (familiarità al temperamento timido) e ambientali (madre
ansiosa e iperprotettiva). Dalla valutazione funzionale e dallanalisi degli ABC emergono una
paura del giudizio degli altri, di sbagliare ed essere derisa, di vergognarsi e temi depres-
sivi, di autosvalutazione, a conferma della comorbidità tra mutismo e problemi internalizzanti.
Viene descritto e discusso in modo critico liter di assessment, le modalità e le strategie di
valutazione e di intervento sulla bambina e sul contesto familiare e scolastico, alla luce delle
difficoltà incontrate nelle diverse fasi legate alle caratteristiche specifiche del disturbo mutacico.
Infatti, molto pochi sono gli studi in letteratura e le conoscenze sulle strategie dintervento più
efficaci su questi bambini risultano ancora incomplete.
WHEN ITS DIFFICULT TO TALK: THE CLINICAL CASE OF TWIN FEMALE CHILDREN
OF TEN YEARS AFFECTED BY SELECTIVE MUTISM
Abstract
This paper describes the clinical case of twin children (female) with a late diagnosis of
selective mutism (SM). The children have ten years, have a twin monovular sister with the same
problem and a younger sister that not have any difficulties. As reported by mother, the selective
mutism symptom shows at school with the teachers, that cannot be an oral examine. The continued
3
Micaela Capobianco
absence of verbal language use has a great influence on learning, on abstraction and metacognition
abilities. The onset and maintenance of disorder are the results of interaction between biological
(familiarity to shy temperament) and environmental (anxious and highly protective mother)
causes. The functional assessment and ABC analysis show a fear of other people opinion, to
be wrong and to be derided, of to be shy and depressive thematic, of auto-devaluation, in
confirmation of comorbidity between mutism and internalizing problems.
Its showed and discussed in critical way the iter of assessment, the modalities and the
strategies of valuation and treating on female children and on the familiar and scholastic context,
in the light of difficulties meet in the different phases for the specific mutism disorder
characteristics. Infact, the studies and the knowledge of treating strategies more efficacious on
this children result still incomplete.
Key Words: selective mutism, anxious, dependent attachment, internalizing problems, auto-
devaluation, shy temperament.
Anamnesi familiare (rispetto agli elementi rilevanti per la spiegazione del distur-
bo della bambina)
Lanamnesi familiare è stata raccolta primariamente con la madre. Infatti, dopo il primo
incontro con entrambi i genitori, il padre non è più venuto agli appuntamenti e la bambina è
sempre stata accompagnata dalla madre.
Il padre della bambina ha un carattere molto introverso e timido. Lavora tutto il giorno e
interagisce poco con le figlie e in particolare con le gemelle. Quando è a casa, pur se presente e
collaborativo, si dedica poco a giocare attivamente con loro. Come racconta la madre di G.,
nellinfanzia e nelladolescenza molto probabilmente ha sofferto anche lui di mutismo, ma non
è stato mai diagnosticato. Infatti i genitori del padre hanno sempre descritto loro figlio come un
bambino che parlava poco, che arrossiva sempre quando gli si rivolgeva la parola e difficil-
mente socializzava con adulti e coetanei. I genitori di lui hanno sempre dato poco importanza a
4
Quando è difficile parlare
questi comportamenti del figlio attribuendoli primariamente a una questione di carattere. Lui
stesso afferma: con il tempo ho imparato ad adattarmi al mio carattere, mi sono inserito bene al
lavoro. Durante il colloquio parla molto poco e solo su esplicita richiesta e il suo sguardo è
spesso sfuggente. Rispetto al problema delle figlie gemelle mostra tuttora un atteggiamento
remissivo e non segue più la psicoterapia iniziata con la moglie. Afferma di essere deluso dalla
ASL di appartenenza alla quale per molto tempo si è affidato. È molto demotivato e non crede
più allintervento dei servizi. Inoltre non attribuisce unestrema importanza al mutismo delle
bambine. Pensa che prima poi le figlie si sbloccheranno da sole, come è successo a lui.
La madre di G. ha una storia familiare traumatica. Sua mamma, alcolista, è deceduta quan-
do lei aveva 7 anni per suicido, avvenuto in casa. Ha sempre avuto unamnesia totale della sua
vita fino a 7 anni, per cui ricorda molto poco della madre. Riferisce solo di non ricordare alcuna
carezza, abbraccio, momenti di intimità e affetto con la madre. Ha conosciuto il proprio padre
biologico in adolescenza e da poco sono state avviate le pratiche per il riconoscimento, in
concomitanza con il problema che hanno presentato le gemelle. Ha effettuato alcune sedute di
psicoanalisi durate 4 anni, ma non ritiene siano state veramente di aiuto per lei.
È la madre delle bambine che si occupa in tutto e per tutto di G. e G2 e della figlia più
piccola. La madre riferisce di non sentirsi supportata dai suoceri con cui non ritiene di avere un
buon rapporto e di ricevere un reale sostegno. Secondo lei i genitori di lui non comprendono
veramente il problema delle gemelle e lo sottovalutano. Lei stessa dice: mi sento sola di fronte
a questo problema..quando chiedo a mia suocera di tenermi le bambine trova sempre qualche
scusa..se cerco di mantenere un rapporto lo faccio solo per le bambine che sono affezionate alla
nonna. È la madre, infatti, a richiedere al servizio una spiegazione più chiara del problema
delle loro figlie, che, a suo avviso, nessuno finora le ha saputo dare in modo esplicito. Anche lei
si mostra delusa, ma sicuramente più disponibile e intenzionata a far qualcosa per le gemelle,
con la speranza che possano migliorare. Richiede pertanto una valutazione e, soprattutto, delle
indicazioni specifiche su come comportarsi a casa e a scuola con le bambine e su quale sia
latteggiamento migliore da adottare con loro.
La mamma mostra un grande senso di colpa perché sostiene che il suo atteggiamento
troppo protettivo non abbia aiutato le bambine. Allo stesso modo spiega e giustifica il suo
comportamento con le seguenti parole: io non ho mai ricevuto nessuna carezza, laffetto dei
miei genitori mi è sempre mancato e ho dovuto fare tutto da sola. Ho cercato di fare il contrario
con le bambine, facendo loro tutto, anche troppo; se sono così è colpa mia...per fortuna cè D.
(terza figlia più piccola) che mi gratifica...già scrive
.
5
Micaela Capobianco
diversi anni) solo a Marzo 2006 la dott.ssa che la seguiva ha accennato ad una probabile diagno-
si di mutismo selettivo, indicando semplicemente alla madre di effettuare delle sedute di psico-
terapia privatamente, data la scarsa disponibilità di servizi di questo tipo nel comune. Non è
stata mai iniziata alcuna psicoterapia per motivi prettamente economici.
Nellestate del 2005 (età di 8 anni) la bambina ha manifestato una balbuzie tonica e ha
seguito un ciclo di logopedia. Racconta la madre che le balbuzie si presentavano solo in alcune
situazioni, quando la bambina era più emozionata, come ad esempio durante un litigio con la
sorella o prima di ricevere un regalo. Le balbuzie, comunque, dopo circa un anno sono regredite
spontaneamente. Attualmente la bambina parla esclusivamente a casa con gli adulti familiari
che conosce bene (oltre i genitori, alcuni parenti che vede spesso) e con le sorelle, in particolare
con la gemella con cui si è creata una forte complicità e intesa sia rispetto al comportamento
mutacico che in generale rispetto a qualsiasi comportamento in diverse situazioni. Si sosten-
gono a vicenda e parlano molto tra loro, soprattutto durante il gioco. La mamma le definisce
complementari, riferendosi con questa parola al fatto che si copiano spesso tra loro (se una fa
un capriccio, un dispetto, assume un comportamento oppositorio, lo fa anche laltra e viceversa;
oppure, una inizia a fare una cosa e laltra la finisce, quasi meccanicamente). G. è anche molto
legata ad unamichetta con problemi comportamentali. La mamma descrive G. come una bambi-
na con umore altalenante (contrariamente alla gemella che è più tranquilla). G. è spesso
nervosa, irritabile e ha crisi di pianto frequenti:
sta peggiorando..è un continuo capric-
cio, mi attacca storie al supermercato, piange e si butta per terra. Altre volte, invece, si chiude
in se stessa, fa la faccia triste.
La madre è attualmente preoccupata perché questo mutismo ha inciso nel tempo sia sugli
apprendimenti scolastici che sugli aspetti socio-relazionali. G. presenta una letto-scrittura non
appropriata alla classe frequentata. In particolare, secondo la madre, spesso non capisce ciò che
legge, perché lo fa meccanicamente. Le insegnanti si lamentano del fatto che la bambina si
rifiuta di parlare con loro, soprattutto quando le viene espressamente richiesto per le interroga-
zioni. Fin dalla I elementare nessuna insegnante è mai riuscita ad interrogare la bambina. Solo
compiti scritti. G., durante lanno scolastico, trascorre il pomeriggio in una struttura privata
dove viene seguita per fare i compiti. Negli ultimi mesi i genitori hanno iniziato ad assumere un
atteggiamento punitivo nei confronti di G. e della sorella gemella per convincerle a parlare,
ma senza sortire alcun cambiamento.
La mamma tuttora si lamenta di aver ricevuto dalla ASL la diagnosi tardivamente e si
rimprovera di aver perso molto tempo quando si sarebbe potuto intervenire prima. Si lamenta,
inoltre, che non le hanno neppure spiegato in che cosa consistesse questo problema e non le
hanno dato alcun suggerimento psicopedagogico a riguardo. Si rimprovera e si colpevolizza
molto per questo, dicendo che se ora il mutismo di G. (come pure della sorella gemella) è peg-
giorato e si è consolidato è anche legato a questo.
6
Quando è difficile parlare
un attimo che piangeva e si attaccava a me..Se non labbracciavo prima di andare a dormire, non
si addormentava...Dalletà di 18 mesi è stata inserita con la gemella allasilo nido e affidata ad
una signora durante il pomeriggio per motivi di lavoro. La separazione da questa baby-sitter
quando G. aveva quasi 3 anni, a cui la bambina era molto legata, è stata, secondo la madre,
brusca.
La madre non sa spiegare con precisione i motivi di questo allontanamento, ma si ricorda
che dopo il distacco G. è diventata più nervosa e più chiusa in se stessa. Secondo la madre anche
dopo la nascita della sorella (D) (G. aveva 4 aa e mezzo) la bambina è cambiata: più agitata,
cercava sempre di attirare lattenzione. Alletà di 7 aa ha avuto una perdita di coscienza con
caduta a terra, ma lEEG è risultato negativo. La madre non sa dare una spiegazione a quel-
levento. La madre riferisce che G. è sempre stata una bambina che difficilmente rivolgeva la
parola a qualcuno, si emozionava molto quando un adulto le chiedeva qualcosa. In genere o si
ammutoliva e abbassava gli occhi, oppure faceva finta di essere impegnata a fare qualcosaltro
e si mostrava indaffarata. In quei momenti la madre lha sempre incoraggiata a parlare.
- Incontri con G.
I primi incontri con G. hanno avuto il primario obiettivo di creare una relazione di fiducia
con la bambina, cercando di creare con lei uno spazio sereno, in cui accogliere il suo disagio,
ove lei potesse esprimersi liberamente. Ho cercato di interagire con lei senza mostrare una par-
ticolare attenzione allaspetto verbale, ma facendole capire che potevamo utilizzare altri canali
di comunicazione come la gestualità, il disegno, il gioco, la mimica (Bissoli 2007). I primi
incontri, inoltre, sono stati necessari anche per spiegare a G. il motivo di questi incontri e le
attività che avrebbe svolto con me. Si mostra molto collaborativa e interessata quando le chiedo
7
Micaela Capobianco
di fare un disegno, ma se si accorge che la sto guardando smette di disegnare oppure copre il
disegno con la mano.
A volte si alza e si mette a sistemare freneticamente i giochi, quasi per spostare lattenzione
da unaltra parte. Invento alcune attività ludiche con delle bambole simulando che le bambole
facciano diversi disegni, parlino tra loro. La bambina si è mostrata subito divertita dal gioco,
ridendo, e, dopo diverse sollecitazioni in cui ho finto di parlare con le bambole, G. ha iniziato ad
avvicinarsi allorecchio di una bambola e a dire una frase, senza farmi capire cosa le dicesse, e
a far fare alla bambola lazione appena pronunciata allorecchio. Questa modalità ludica ha
funzionato molto bene inizialmente con G. come mediatore della comunicazione tra me e la
bambina.
- Area cognitiva: scala WISC-R (Orsini 1993); Matrici Progressive di Raven (Raven 1947);
- Area linguistica: comprensione di frasi (Rustioni 1994) e del testo scritto con prove MT di
Cornoldi e Colpo (1998);
- Area memoria e apprendimento (TEMA) (Reinolds Cecil e Bigler 1995);
- Area emotiva, affettiva e relazionale: test proiettivi: Scenotest, Test della famiglia immaginaria
(Corman, 1976.), T.A.T. (Morgan e Murray, 1935)1.
Ai genitori è stato chiesto di compilare il Questionario CBCL (Achenbach 1991) per ana-
lizzare aspetti più specifici del comportamento/temperamento della bambina (in particolare,
disturbi Internalizzanti versus Esternalizzanti).
Alcuni elementi indicativi emersi dai risultati della valutazione (rilevanti rispet-
to alla conoscenza di emozioni e pensieri della bambina sottostanti il disturbo)
- WISC-R. G. presenta un QI totale di 80 (al limite) e un profilo cognitivo disomogeneo con
un significativo decalage tra larea Verbale (QI 73) e larea di Performance (QP 90). Di partico-
lare indicazione sono i punteggi molto bassi nei subtest verbali Informazioni, Vocabolario
e, soprattutto, Comprensione che denotatno in G. unimportante caduta semantico-concettuale
(capacità di astrazione e categorizzazione bassa), una povertà di informazioni e di strategie
socio-relazionali e una difficoltà nellaffrontare in modo appropriato diverse situazioni. Spesso
1
Per gli aspetti relativi alle dinamiche della sfera emotiva si è ritenuto utile utilizzare per gli scopi
valutativi alcuni strumenti di tipo proiettivo disponibili in letteratura, affiancando a quella cognitiva una
lettura anche di approccio psicodinamico.
8
Quando è difficile parlare
la bambina risponde alle domande proposte non lo so, niente, denotando una povertà sia di
informazioni ma anche di autonomia di pensiero, difficoltà ad interpretare la realtà e a percepire
i propri stati mentali (tra cui le proprie emozioni).
Interessante anche la risposta allitem del subtest Vocabolario: cosè un asino?. G. scri-
ve ...che non sa niente... Alla mia richiesta cioè?, G. scrive: .che tutti ridono di lui..
Nonostante luso della scala WISC-R sia stata fondamentale per ricavare informazioni spe-
cifiche su diversi compiti verbali e non, è stato necessario somministrare anche una scala cognitiva
di tipo non verbale. Infatti, dalle Matrici di Raven G. è risultata avere un QI nella norma tra il 50°
e il 75° centile rispetto alla sua età. La valutazione cognitiva mediante le due scale (di tipo
verbale e non) ha fatto ipotizzare che lorganizzazione di tipo borderline emersa dalla WISC-R
non sia legata propriamente ad una atipia di funzionamento cognitivo, bensì ad una
ipostimolazione ed ad uno scarso uso delle potenzialità cognitive e comunicativo-linguistiche
che ha portato ad una situazione di impoverimento generale.
- Alle prove di lettura e scrittura (MT di Cornoldi e Colpo 1998) G. ha mostrato una com-
prensione generale del racconto abbastanza buona. Si rileva una marcata disortografia con fre-
quenti errori grammaticali, disgrafia e omissione di passaggi narrativi. Anche la comprensione
frasale (Rustioni 1994) è buona anche se G. non satura il test, come ci si sarebbe aspettato (dato
che la prova è tarata per bambini di età massima di 7 anni) e sembra avere maggiori difficoltà a
codificare le frasi più lunghe e complesse del test.
Grafico 1. Punteggi ponderati alle singole prove Verbali e di Performance ottenuti da G. dalla
somministrazione della scala cognitiva WISC-R
9
Micaela Capobianco
- Disegno della famiglia. G. disegna un unico personaggio rinchiuso e una serie di recinti
geometrici vuoti molto vicini (che rappresentano dei letti). La bambina scrive di aver disegnato
un papà, una mamma e una figlia (indicando i recinti vuoti vicini) che dormono tutti nella
stessa casa. La compartimentazione denoterebbe: 1) assenza di comunicazione tra i familiari;
2) isolamento della figura maschile (paterna) da quelle femminili (madre e figlia); 3) area fem-
minile poco definita (letti vuoti) e confusa. Lazione predominante del dormire evidenzierebbe
la prevalenza degli aspetti depressivi. La bambina mostra difficoltà ad esprimere e descrivere le
emozioni dei personaggi e fa sempre riferimento ad aspetti concreti.
- T.A.T. Dalla descrizione delle tavole prevalgono sentimenti depressivi, con tema della
morte e del litigio. I personaggi sono spesso malati, piangono, vengono portati allospedale o
vanno via con atteggiamento di rinuncia e passività, spesso litigano per cause banali. Le figure
maschili sono sempre sfuggenti: vanno via a cavallo, si trasferiscono da casa oppure muoiono.
Alle figure dei bambini viene spesso attribuito un ruolo di passività, accettazione, svalutazione
e incapacità.
Alcuni esempi di descrizioni delle tavole scritte dalla bambina in cui prevalgono tematiche
depressive e di morte:
Tavola 4: Due sposi insieme, escono insieme a fare una passeggiata, finisce che tornano a
casa stanchi morti e si buttano dentro al letto.
Tavola 6BM: Una signora che ha litigato con suo marito. [chiedo: perché litiga? Cosa è
successo?]. È successo che il marito non ha accompagnato il figlio a scuola e finisce che il
marito si trasferisce a unaltra casa.
Tavola 7 GF: Una madre e una figlia. La figlia piange perché è morto il papà e la mamma
lha consolata
Tavola 8 BM: Un signore che è malato, allora lhanno portato in ospedale per curarlo.
Finisce che il signore è malato e non torna più a casa.
- TEMA. La bambina mostra un lieve problema di memoria, soprattutto di tipo verbale, con
una maggiore difficoltà ad immagazzinare e richiamare alla mente informazioni rilevanti per lo
svolgimento della prova.
- CBCL. Dal questionario compilato dalla madre non emergono punteggi che si collocano
nellarea clinica, anche se prevalgono tratti internalizzanti (ansia, apprensione, depressione,
problemi nellarea sociale). È interessante notare che tra i tratti esternalizzanti la madre attribu-
isce a G. comportamenti quali: rumorosa, urla, tiene il broncio, impulsiva.
a) Costruire un alleanza terapeutica ed instaurare una relazione di fiducia con G. (Bissoli
2007):
- non forzarla mai a comunicare verbalmente, incoraggiando la comunicazione non ver-
bale, attraverso un atteggiamento neutro e la creazione di un contesto di accettazione
e non focalizzazione del problema del parlare (estinzione del sintomo)
b) Esplorare le emozioni, i comportamenti (C) e i pensieri disfunzionali prevalenti (B) alla
base della paura di parlare di G. (analisi degli ABC) attraverso:
- Simulazioni ludiche con burattini/bambole (personaggi) e/o mediante il disegno (fu-
metti inventati) che rappresentassero diversi eventi di vita quotidiana in cui poteva
10
Quando è difficile parlare
presentarsi ed essere più forte la paura di parlare (ad es., interrogazioni della maestra
a scuola davanti ai compagni, incontro con un adulto non familiare per strada con la
madre).
Ho chiesto alla bambina di far finta di essere in una scuola, in cui cè una bambina che la
maestra deve interrogare in classe.
Le ho chiesto di indicarmi tra le faccette quella più vicina a come si poteva sentire la
bambina in quel momento, a ciò che provava e di dare un nome a queste emozioni: io sono
.
. Il disegno 1 qui di seguito evidenzia le diverse raffigurazioni di emozioni che possono essere
provate nella situazione simulata dellinterrogazione a scuola. Le crocette evidenziano le emo-
zioni indicate dalla bambina.
x x
11
Micaela Capobianco
Le chiedo di completare insieme le vignette vuote. Cosa chiede la maestra alla bambina?
Cosa pensa la bambina? Come si sente la bambina? Il diagramma 1 seguente evidenzia le emo-
zioni (C) e i pensieri (B) scatenati dalla situazione dellinterrogazione della maestra (A).
A
Domande della
maestra a scuola
C
sono triste, ho paura, mi
vergogno B B
“Non ho “Tutti si
studiato” metteranno
a ridere”
B
“sono
incapace”
12
Quando è difficile parlare
La condizione di gemellarità monovulare, ove anche la sorella presenta lo stesso disturbo, oltre
che supportare il dato della familiarità, rappresenta un fattore che sicuramente ha svolto un
ruolo importante nel consolidare il disturbo e tuttora rappresenta un fattore di mantenimento.
G. è sempre stata una bambina tendenzialmente molto timida, che mostrava difficoltà e
timore di relazionarsi con persone non familiari. Queste situazioni sono state sempre percepite
da G. con intenso disagio, ansia e preoccupazione e la bambina ha imparato a reagire mediante
inibizione, ritiro comportamentale e verbale e la tendenza ad evitarle (Manassis et al. 2007). Dai
dati emersi dalla valutazione funzionale, dallosservazione spontanea e, soprattutto, dallesplo-
razione degli ABC (mediante diverse tecniche di simulazione con personaggi e disegni) emerge
che G. prova una forte difficoltà e incapacità a parlare soprattutto a scuola, quando le vengono
richieste prestazioni, è al centro dellattenzione, condizioni che vengono percepite dalla bambi-
na come un pericolo alla sua valutazione, alla sua efficacia, allimmagine di sé. Sembrerebbe
che G. tema in particolare il giudizio degli altri, ha paura di sbagliare e di essere derisa, presa in
giro (tutti si metteranno a ridere),di vergognarsi e che gli altri si accorgano della sua vergogna
(metavergogna). Prevalgono in G. temi depressivi, di catastrofizzazione rispetto alle conseguen-
ze sugli altri del proprio parlare e la paura di essere presa in giro sembra strettamente legata ad
una percezione di inadeguatezza e autosvalutazione, di sé come incapace, (ho paura di sbaglia-
re, non ho studiato). Molto probabilmente la possibilità di essere giudicata non positivamen-
te e criticata viene vissuta come un evento che non deve mai accadere. Questi aspetti confer-
mano i dati clinici e di ricerca che rilevano una significativa associazione tra diagnosi di MS e
disturbi che rientrano tra i problemi internalizzanti dello sviluppo quali lansia sociale, lansia
da separazione, la depressione (Cunningham et al. 2006). Allo stesso tempo G. spesso si mostra
iperattiva, a volte oppositoria, capricciosa. A mio avviso sono comportamenti che mani-
festano il suo disagio, che la bambina utilizza probabilmente per nascondere agli altri il suo
reale stato emotivo e, in alcuni casi, sono funzionali ad attirare lattenzione della madre.
Il comportamento dei genitori e in particolare della madre gioca come un altro importante
fattore di mantenimento del mutismo di G. La bambina, infatti, mostra di aver instaurato con la
madre un attaccamento ansioso-dipendente (pattern C). La mamma si mostra infatti ansiosa e
preoccupata (Tatem e Del Campo 1995). Da una parte assume un atteggiamento di pressione per
il parlare (a volte anche punitivo), dallaltro è eccessivamente protettiva e ansiosa e spesso si è
sostituisce a G. Questi comportamenti della madre hanno in qualche modo inficiato nel tempo la
costruzione dellautonomia e il senso di efficacia di G. (come della sorella gemella) ostacolando
i normali processi di esplorazione e autonomia della bambina. G. ha sempre mostrato e presenta
tuttora una estrema dipendenza dalla madre percepita come necessaria per affrontare qualsiasi
interazione. Infatti, situazioni in cui il genitore è assente (come a scuola) causano in lei allarme
ed inibizione. Un altro aspetto importante è il confronto con le sorelle. Spesso la madre tende a
fare confronti tra le gemelle e la sorella più piccola, creando situazioni di conflitto e ricerca
dellattenzione da parte di G. che utilizza diverse strategie tra le quali i comportamenti provo-
catori. Se da una parte, infatti, esiste una relazione di forte complicità tra G. e la sorella gemel-
la, dallaltra cè anche competizione e manipolazione dellaffetto e della dipendenza dalla ma-
dre.
Il confronto tra G. e la sorella più piccola (D) incrementa il senso di autosvalutazione e di
incapacità nella bambina. Durante i colloqui con la madre è emersa la sua estrema importanza e
attenzione a mantenere unimmagine positiva, al giudizio degli altri e quindi allevitare situa-
zioni di vergogna a cui lei dà un significato di perdita, svalutazione e umiliazione. Questi aspetti
sono strettamente legati alla sua storia di vita e, in particolare, ai suoi vissuti di abbandono e
maltrattamento. La necessità di non vergognarsi e la focalizzazione verso levitamento delle
13
Micaela Capobianco
situazioni in cui ci si espone a tale rischio ha un estremo significato e sembrano temi importanti
per la madre di G..
La diagnosi tardiva ha portato G. a consolidare questo stile comportamentale che ormai è
diventato abituale e parte integrante della suo modo di essere, base di un equilibro raggiunto
allinterno della relazione dipendente con la madre e la sorella gemella. Con questultima, in
particolare, si è creata una sorta di mutua complicità nel mantenere il ruolo del mutismo. I
comportamenti di passività, mancanza di interesse, creatività e propositività, sono il prodotto
anche dal mancato uso prolungato nel tempo del linguaggio verbale come mezzo necessario per
lo sviluppo della concettualizzazione, della formulazione di pensieri complessi, della
metacognizione. Nonostante, infatti, dalla valutazione funzionale emerge unintelligenza nella
norma (o comunque ad un livello limite) il profilo neuropsicologico denota un funzionamento
cognitivo impoverito e con un uso scarso delle potenzialità (Standart e Le Counter 2003).
Terapia
Finalità principali della terapia individuale:
1. Modificare i pensieri disfunzionali di:
Fornire alla bambina pensieri, emozioni, azioni e conseguenze alternative durante gli even-
ti simulati nel gioco e/o nel disegno rispetto a quelli descritti da G. tramite lagire degli eventi
simulati e/o attraverso il dialogo scritto. Promuovere a tal fine la riflessione su:
a) lutilità del parlare e il rapporto costi/benefici del non parlare;
b) laccettazione che a qualcuno possa non piacere quello che diciamo: indipendenza del
14
Quando è difficile parlare
Diagramma 2. Simulazioni di una situazione inventata (A), pensieri (B), emozioni e azioni
della bambina (C), ABC alternativo proposto dal terapeuta
A B C
Il bambino chiede Dico solo - si vergogna
alla bambina se vuole stupidaggini…non so - è rossa in viso
venire a giocare con
lui a casa sua parlare..lo vede - guarda mamma e non risponde
T. allora, vediamo cosa succede se
.(simulazione situazione diversa, in cui la bambina risponde alla
richiesta del bambino).
B
“e se poi non le sono
A simpatica?”
Il bambino chiede C
“Non fa nulla io ci
alla bambina se vuole - gli dice di sì e gli chiede quando
venire a giocare con lui a provo...”
casa sua vedersi
- è felice
B
“Che bello, mi piacerebbe
andare a giocare a casa
sua.. ci divertiremo un
mondo”
La storia finisce che la bambina è felice di aver trovato un nuovo amico con cui giocare e va a casa
contenta. Il bambino pensa è proprio simpatica quella bambina!
15
Micaela Capobianco
valore di sé dalla valutazione negativa o positiva delle situazioni contingenti (ad es. interroga-
zione, parlare davanti agli estranei etc.);
c. accettazione della vergogna: la vergogna è unemozione naturale.
- I genitori di G. fin dallinizio hanno seguito degli incontri di supporto alla coppia. Ora
solo la madre viene costantemente in terapia individuale.
- Incontri psicoeducativi sul problema del mutismo selettivo: in particolare spiegare che G.
non parla semplicemente perché si rifiuta o fa capricci, ma perché ha un disagio che la rende
incapace a parlare. Questi incontri sono serviti primariamente per modificare linterpretazione
dei genitori sui comportamenti mutatici di G. e quindi il carico di responsabilità sulla bambina.
- Suggerimenti generali su come comportarsi con G. (Bissoli, 2007):
1. Adottare un atteggiamento neutrale rispetto al non parlare: non sottolinearlo spesso come
problema, né mostrare un atteggiamento punitivo;
2. Non sostituirsi a G. nelle attività quotidiane e nelle relazioni. Quando qualsiasi persona le
fa una domanda lasciare spazio alla bambina, non insistere subito sollecitandola a rispon-
dere verbalmente e non rispondere al suo posto. Più che altro coinvolgerla nel discorso
accettando altre modalità di comunicazione. Non sostituirsi a G. nel fare i compiti, antici-
pando le risposte, ma aiutarla a riflettere di più, a rendersi più consapevole delle proprie
strategie di studio.
3. Home working: iniziare con gradualità a farle fare piccole azioni quotidiane: ad es. pagare
il giornalaio, fare una telefonata, chiedere uninformazione, etc;
4. Incrementare gli incontri sociali con i coetanei di G., se possibile, separatamente dalla so-
rella, creando spazi diversi e individualizzati;
5. Evitare di fare confronti comparativi tra le bambine. Dedicare uno spazio individualizzato
e separato con G;
6. Promuovere lautonomia: inizialmente entrambe le bambine sono partite per 1 settimana
per un campo estivo (12 gg). Al ritorno G. si era mostrata più sicura di sé, autonoma e più
motivata. Questanno la mamma, però, non lha mandata fuori.
16
Quando è difficile parlare
In terapia individuale. Dopo circa 2-3 mesi di terapia G. ha modificato in modo significati-
vo la relazione con me. Il rapporto di fiducia si è rafforzato, è molto serena quando viene agli
incontri e più facilmente si distacca dalla mamma e/o mostra atteggiamenti di attaccamento alla
madre nel momento di ricongiungimento. Durante gli incontri è molto contenta di giocare con i
burattini, disegnare e simulare situazioni ed eventi. La mamma mi racconta che soprattutto ulti-
mamente parla di più di ciò che facciamo in seduta e chiede quando dovrà tornare. Finora non ha
ancora usato chiaramente ed esplicitamente il linguaggio verbale con me, anche se spesso, du-
rante il gioco, fa fare dei rumori ai burattini o alle bambole (starnutire, sbadigliare, piangere,
russare etc.) o ad oggetti e animali (rumore della macchina, versi di un animale). A volte lo ha
fatto così spesso che mi ha guardata, si è messa a ridere, forse riflettendo di essersi dimenticata
di non produrre. In alcune sedute ha parlato molto a bassa voce e allorecchio delle bambole.
Capita quasi sempre adesso che in sala dattesa parli alla mamma davanti a me (non a me), anche
se escludendomi, mentre prima non parlava mai in mia presenza. Anche il suo atteggiamento
provocatorio è sensibilmente diminuito e la bambina è molto più coinvolta e partecipe durante
i giochi con me.
A scuola. La mamma è più serena perché negli ultimi mesi G. sembra molto cambiata a
detta delle insegnanti. Parla con linsegnante di sostegno, si isola di meno, partecipa di più a
scuola, durante la ricreazione parla con tutti i compagni e balbetta molto di meno mentre parla.
Linsegnante di sostegno racconta che G. le sembra in generale più serena. Ultimamente si rivol-
ge ad alcune insegnanti attraverso una compagna, cosa che non aveva mai fatto prima o parla a
questa compagna anche in presenza di altri compagni (cosa che non faceva prima) pur senza
coinvolgerli. G. è migliorata anche negli apprendimenti; è più attenta e i temi fatti in classe
risultano più lineari e scorrevoli, mentre prima erano prevalentemente disorganizzati con conte-
nuti non ben connessi tra loro. Inoltre, il fatto di aver preso voti più alti ai compiti scritti di
scienze e italiano sembra aver motivato di più la bambina e aumentato la fiducia sulle proprie
capacità.
A casa. Anche la mamma nota dei cambiamenti in G. soprattutto rispetto alla relazione con
la sorella gemella. G. racconta di più cosa fa scuola, non solo a livello descrittivo (come accade-
va prima), ma mostra di più le sue emozioni: rabbia o felicità per il comportamento di quella
compagna. Secondo la madre qualcosa è cambiato anche allinterno del rapporto di complicità
tra le due sorelle, legato al diverso comportamento di G. verso lambiente esterno. G. sembra
meno interessata e attenta ad imitare i comportamenti della sorella e, da questo punto di vista,
sembra più indipendente dalla sorella. La mamma dice È come se si fosse rotto un patto tra
loro che G1 si sentisse tradita da G. Infatti, anche se la mamma è contenta che qualcosa si sia
17
Micaela Capobianco
modificato in G. è allo stesso tempo preoccupata per la reazione che sta avendo la gemella G1: È
più gelosa e quando G. parla con me vedo che è arrabbiata, soffre
È una sofferenza per me
vederla. La mamma mi ha raccontato a proposito un episodio avvenuto in macchina in cui
mentre G. parlava alla mamma della giornata di scuola G1 allimprovviso lha interrotta e urlan-
do ha detto basta ti ho detto! Ti devi stare zitta!. Mentre G. è migliorata G1 al contrario è più
chiusa ed isolata.
18
Quando è difficile parlare
Bibliografia
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Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
• La prospettiva comportamentista
Secondo il modello del condizionamento operante di Skinner, .ogni azione viene
rinforzata, ovvero aumenta la probabilità che venga ripetuta quando consente di
raggiungere un esito positivo. Secondo questa linea, i comportamenti ossessivi tendono
ad autorinforzarsi poiché consentono all’individuo di ridurre i livelli di ansia. Sono, quindi,
delle strategie che si consolidano nel tempo per gestire il disagio psichico.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
La riuscita nel ridurre, anche se solo momentaneamente, i livelli di ansia finisce per
rinforzare le strategie ossessive. Questo spiegherebbe come sia possibile ricondurre i
disturbi ossessivo-compulsivi a fattori causali non solo genetici, ma anche ambientali,
ovvero all’aver esperito un evento particolarmente stressante.
• La prospettiva cognitivista
La prospettiva cognitivista sposta il focus dell'attenzione dai comportamenti disfunzionali
agli schemi di pensiero, alle credenze, ai giudizi e alle convinzioni che danno conto di
come l'individuo percepisce, elabora e immagazzina le informazioni provenienti dal
mondo esterno.
Secondo l'ipotesi cognitivista nel corso dello sviluppo gli individui ossessivo-compulsivi
hanno strutturato schemi mentali che li spingono a sopravalutare la pericolosità degli
eventi esterni. L'ansia, innescata da processi di valutazione distorti, induce a mettere in
atto comportamenti ripetitivi e/o rituali di pensiero ossessivi i quali, se da una parte
permettono di neutralizzare momentaneamente gli stati d'animo, dall'altra finiscono per
consolidare gli schemi mentali negativi.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
Secondo il modello cognitivo dello Human Information Processing (HIP) gli individui
ossessivo-compulsivi possiedono schemi di pensiero specifici che danno conto del loro
modo peculiare di interpretare le informazioni e dei conseguenti comportamenti
ritualistici. Le caratteristiche degli schemi mentali sono:
• tendenza ad interpretare come minacciose le informazioni dell'ambiente esterno
• focalizzare l'attenzione per lo più sui segnali di minaccia
• senso di responsabilità eccessivo e pervasivo
• spinta ad un controllo costante dei pensieri
• dubbio cronico sulla maggior parte degli eventi e delle azioni
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41/S1
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
Alcune ricerche hanno suggerito che le credenze disfunzionali, che danno conto
dell'emergere dei sintomi ossessivo-compulsivi, hanno la loro origine all'interno del
contesto familiare; ad esempio specifici comportamenti genitoriali come il criticismo, il
controllo, i rigidi codici di comportamento sono stati associati all'emergere del
perfezionismo disfunzionale e del senso eccessivo di responsabilità.
É stata, peraltro, riscontrata una associazione tra le credenze distorte dei figli e quelle dei
genitori, con particolare riferimento all'enfasi sul senso di responsabilità, alla
sopravalutazione della minaccia, alla fusione pensiero-azione e al controllo sui pensieri.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41/S1
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
La prospettiva cognitivista mette in luce non solo come le prime esperienze relazionali nel
corso dello sviluppo abbiano determinato lo strutturarsi di specifici schemi di pensiero e
di rigidi pattern comportamentali, ma anche come questi possano poi attivarsi in conco-
mitanza con eventi esistenziali particolarmente stressanti.
È, dunque, possibile affermare che secondo questo approccio il ruolo dei fattori
ambientali (eventi traumatici e/o gravemente stressanti) consiste nel far emergere e
consolidare schemi cognitivi e pattern comportamentali distorti che esperienze relazionali
precoci avevano contribuito a strutturare in fasi precedenti.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41/S1
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
In particolare, gli schemi mentali predominanti sono incentrati sulle tematiche dell'essere
"bravi", del "non fare del male agli altri", dell'aderire perfettamente alle richieste sempre
più esigenti dei genitori al fine di garantirsene l'affetto.
Quindi il bambino ossessivo-compulsivo mette in campo un costante e notevole sforzo
per comprendere ed agire quei comportamenti che suscitano la disponibilità e
l'approvazione dei genitori.
Tutto è reso più complicato dalle modalità di comunicazione affettiva e dalle dinamiche
relazioni di queste famiglie che hanno caratteristiche peculiari.
Questi piccoli, quindi, apprendono ben presto ad essere "bravi" per essere amati e, al
contempo, imparano esattamente cosa non devono fare per non rischiare di essere
allontanati dai genitori. L'analisi del discorso tra figli con disturbo ossessivo-compulsivo e i
loro genitori ha messo in luce come la comunicazione sia caratterizzata da maggiori
critiche, ovvero più frequenti commenti negativi, rispetto alle conversazioni che
intercorrono tra gli stessi genitori e i fratelli o le sorelle che non presentano tale patologia.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41/S2
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
Il ruolo del contesto familiare, inoltre, viene preso, in considerazione non solo per
spiegare l'origine dei sintomi ossessivo-compulsivi, ma anche nel dar conto di quei
meccanismi che concorrono al mantenimento della patologia, nonché dell'impatto che
questa tipologia di disturbi ha sull'assetto familiare. Non è infrequente difatti, che i
bambini con sintomi di tal genere, specie quando sono particolarmente rigidi e pervasivi,
riescano a condizionare l’autonomia degli altri membri del nucleo familiare e a
ristrutturare le routine quotidiane in funzione del loro disturbo.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41/S2
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
Questi bambini possono arrivare a proibire agli altri di compiere azioni quali toccare
oggetti che generano in loro paura o disgusto, vietare agli estranei di entrare in casa,
reagire in modo aggressivo nei confronti di ogni tentativo di cambiamenti' delle routine
quotidiane. Alcuni comportamenti riguardano le paure di contaminazione, rispetto alle
quali i bambini ossessivo-compulsivi possono vietare di toccare una porta che
considerano "contaminata", oppure i tavoli con le mani, proibire di aprire le finestre di
casa, imporre rituali di lavaggio agli altri membri della famiglia.
Le motivazioni che inducono i familiari ad accettare le richieste del bambino ossessivo -
compulsivo oltre a quelle già descritte, quali alleviare lo stress e l'ansia del bambino,
riguardano anche i tentativi di evitare le reazioni violente e aggressive che fanno seguito
se tali richieste non vengono soddisfatte.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41/S2
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
• La prosepttiva dell’attaccamento
L’interpretazione secondo la teoria dell'attaccamento riconduce la comparsa del disturbo
ossessivo-compulsivo all'aver avuto un tipo di attaccamento caratterizzato dalla garanzia
del soddisfacimento dei bisogni necessari alla sopravvivenza, ma privo di modalità di
interazione da parte del caregiver basate sul calore emotivo e il coinvolgimento affettivo.
Nei bambini con disturbo ossessivo-compulsivo, infatti, sono stati riscontrati
prevalentemente pattern dell'attaccamento di tipo ambivalente oppure evitante.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41/S3
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
Alcuni caregiver instaurano una relazione con il piccolo connotata da una mimica rigida,
povera ed una svalutazione dei bisogni di vicinanza e conforto così da far emergere nel
bambino un attaccamento evitante.
Altri caregiver si mostrano nell'interazione con il piccolo imprevedibili, contraddittori nel
rispondere alle richieste di aiuto, spesso ipercontrollanti e intrusivi così da favorire
l'emergere di un attaccamento ambivalente.
È stato rilevato, peraltro, che quest'ultima tipologia di figura allevante fornisce cure al
piccolo senza una reale partecipazione emotiva; ad esempio il genitore può irrigidirsi
durante il cambio dei pannolini, oppure nei momenti in cui il bambino richiede di essere
abbracciato per ottenere conforto. Le comunicazioni asettiche e la carenza di tenerezza
emotiva spesso, poi, sono associate ad enfasi eccessiva sui principi morali e i valori etici.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 41/S3
Titolo: DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Attività N°: 01
Gli individui ambivalenti, inoltre, in virtù della rappresentazione mentale che possiedono
di se stessi e degli altri, possono sviluppare un comportamento di ipervigilanza, ovvero di
attenzione focalizzata su potenziali minacce, proprio perché ritengono che gli altri non
siano in grado oppure non siano disponibili ad intervenire per aiutare in caso di necessità.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 42
Titolo: DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI: EZIOLOGIA
Attività N°: 01
• La prospettiva cognitivista
La prospettiva cognitivista sposta il focus dell'attenzione dai comportamenti
disfunzionali agli schemi di pensiero, alle credenze, ai giudizi e alle convinzioni
che danno conto di come l'individuo percepisce, elabora e immagazzina le informazioni
provenienti dal mondo esterno.
Secondo l'ipotesi cognitivista nel corso dello sviluppo gli individui ossessivo-
compulsivi hanno strutturato schemi mentali che li spingono a sopravalutare
la pericolosità degli eventi esterni. L'ansia, innescata da processi di valutazione
distorti, induce a mettere in atto comportamenti ripetitivi e/o rituali di pensiero ossessivi i
quali, se da una parte permettono di neutralizzare momentaneamente gli stati d'animo,
dall'altra finiscono per consolidare gli schemi mentali negativi.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 42
Titolo: DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI: EZIOLOGIA
Attività N°: 01
Secondo il modello cognitivo dello Human Information Processing (HIP) gli individui
ossessivo-compulsivi possiedono schemi di pensiero specifici che danno conto del loro
modo peculiare di interpretare le informazioni e dei conseguenti comportamenti
ritualistici. Le caratteristiche degli schemi mentali sono:
• tendenza ad interpretare come minacciose le informazioni dell'ambiente esterno
• focalizzare l'attenzione per lo più sui segnali di minaccia
• senso di responsabilità eccessivo e pervasivo
• spinta ad un controllo costante dei pensieri
• dubbio cronico sulla maggior parte degli eventi e delle azioni
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 42/S1
Titolo: DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI: EZIOLOGIA
Attività N°: 01
Alcune ricerche hanno suggerito che le credenze disfunzionali, che danno conto
dell'emergere dei sintomi ossessivo-compulsivi, hanno la loro origine all'interno del
contesto familiare; ad esempio specifici comportamenti genitoriali come il criticismo, il
controllo, i rigidi codici di comportamento sono stati associati all'emergere del
perfezionismo disfunzionale e del senso eccessivo di responsabilità.
É stata, peraltro, riscontrata una associazione tra le credenze distorte dei figli e quelle dei
genitori, con particolare riferimento all'enfasi sul senso di responsabilità, alla
sopravalutazione della minaccia, alla fusione pensiero-azione e al controllo sui pensieri.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 42/S1
Titolo: DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI: EZIOLOGIA
Attività N°: 01
La prospettiva cognitivista mette in luce non solo come le prime esperienze relazionali nel
corso dello sviluppo abbiano determinato lo strutturarsi di specifici schemi di pensiero e
di rigidi pattern comportamentali, ma anche come questi possano poi attivarsi in conco-
mitanza con eventi esistenziali particolarmente stressanti.
È, dunque, possibile affermare che secondo questo approccio il ruolo dei fattori
ambientali (eventi traumatici e/o gravemente stressanti) consiste nel far emergere e
consolidare schemi cognitivi e pattern comportamentali distorti che esperienze relazionali
precoci avevano contribuito a strutturare in fasi precedenti.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 42/S1
Titolo: DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI: EZIOLOGIA
Attività N°: 01
In particolare, gli schemi mentali predominanti sono incentrati sulle tematiche dell'essere
"bravi", del "non fare del male agli altri", dell'aderire perfettamente alle richieste sempre
più esigenti dei genitori al fine di garantirsene l'affetto.
Quindi il bambino ossessivo-compulsivo mette in campo un costante e notevole sforzo
per comprendere ed agire quei comportamenti che suscitano la disponibilità e
l'approvazione dei genitori.
Tutto è reso più complicato dalle modalità di comunicazione affettiva e dalle dinamiche
relazioni di queste famiglie che hanno caratteristiche peculiari.
Il ruolo del contesto familiare, inoltre, viene preso, in considerazione non solo per
spiegare l'origine dei sintomi ossessivo-compulsivi, ma anche nel dar conto di quei
meccanismi che concorrono al mantenimento della patologia, nonché dell'impatto che
questa tipologia di disturbi ha sull'assetto familiare. Non è infrequente difatti, che i
bambini con sintomi di tal genere, specie quando sono particolarmente rigidi e pervasivi,
riescano a condizionare l’autonomia degli altri membri del nucleo familiare e a
ristrutturare le routine quotidiane in funzione del loro disturbo.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 42/S2
Titolo: DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI: EZIOLOGIA
Attività N°: 01
Questi bambini possono arrivare a proibire agli altri di compiere azioni quali toccare
oggetti che generano in loro paura o disgusto, vietare agli estranei di entrare in casa,
reagire in modo aggressivo nei confronti di ogni tentativo di cambiamenti' delle routine
quotidiane. Alcuni comportamenti riguardano le paure di contaminazione, rispetto alle
quali i bambini ossessivo-compulsivi possono vietare di toccare una porta che
considerano "contaminata", oppure i tavoli con le mani, proibire di aprire le finestre di
casa, imporre rituali di lavaggio agli altri membri della famiglia.
Le motivazioni che inducono i familiari ad accettare le richieste del bambino ossessivo -
compulsivo oltre a quelle già descritte, quali alleviare lo stress e l'ansia del bambino,
riguardano anche i tentativi di evitare le reazioni violente e aggressive che fanno seguito
se tali richieste non vengono soddisfatte.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 42/S2
Titolo: DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI: EZIOLOGIA
Attività N°: 01
Alcuni caregiver instaurano una relazione con il piccolo connotata da una mimica rigida,
povera ed una svalutazione dei bisogni di vicinanza e conforto così da far
emergere nel bambino un attaccamento evitante.
Altri caregiver si mostrano nell'interazione con il piccolo imprevedibili, contraddittori nel
rispondere alle richieste di aiuto, spesso ipercontrollanti e intrusivi così da favorire
l'emergere di un attaccamento ambivalente.
È stato rilevato, peraltro, che quest'ultima tipologia di figura allevante fornisce cure al
piccolo senza una reale partecipazione emotiva; ad esempio il genitore può irrigidirsi
durante il cambio dei pannolini, oppure nei momenti in cui il bambino richiede di essere
abbracciato per ottenere conforto. Le comunicazioni asettiche e la carenza di tenerezza
emotiva spesso, poi, sono associate ad enfasi eccessiva sui principi morali e i valori etici.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 42/S3
Titolo: DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI: EZIOLOGIA
Attività N°: 01
• Il modello integrato
L'approccio integrato riconduce l'eziopatogenesi dei disturbi ossessivo-
compulsivi ad una molteplicità di fattori in connessione l'un l'altro. Gli individui
ossessivo-compulsivi potrebbero avere una predisposizione genetica che dà conto
della loro impulsività marcata, alla quale essi tentano di far fronte attraverso
comportamenti compulsivi. L'interazione con il contesto ambientale può finire con
il favorire lo strutturarsi di schemi cognitivi distorti, dai quali scaturiscono i com-
portamenti inadeguati.
L'approccio integrato, quindi, tenta una connessione tra una molteplicità di fattori, quali:
• vulnerabilità genetica nello sviluppare il disturbo
• caratteristiche di personalità
• eventi di vita stressanti, i quali agiscono sul genoma e sullo sviluppo di modelli
cognitivo-affettivi specifici attraverso i quali interpretare le informazioni provenienti
dal contesto esterno
Tale interpretazione deformata non solo determina l'insorgere dei sintomi, ma anche il
loro mantenersi nel tempo
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
LA DEPRESSIONE
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
Tenete presente che fino agli anni ’70 si riteneva che i bambini non potessero presentare
sintomi depressivi in ragione dell’immaturità delle loro strutture di personalità
E’ soltanto a partire dagli anni ‘70 che si inizia a riconoscere la presenza di una
sintomatologia depressiva anche in infanzia e negli anni ‘80 si applicano gli stessi criteri
degli adulti per la diagnosi di depressione maggiore.
Più recentemente, si stanno mettendo a punto criteri diagnostici specifici per l’età
evolutiva e si stanno delineando con maggiore precisione gli aspetti di divergenza e
continuità tra infanzia e età adulta.
Il DSM-5 ad esempio descrive i quadri sintomatologici dei disturbi, delineando le
differenze opportune che riguardano adulti e bambini (in termini di tipologia di sintomi e
durata degli stessi) e introduce una nuova categoria diagnostica per l’età evolutiva il
disturbo dirompente da disregolazione dell’umore.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S1
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
• SINTOMI EMOZIONALI
La tristezza è molto comune a molti bambini depressi e deve essere analizzata in base ai
parametri di gravità e di durata. Infatti, i bambini con una depressione clinicamente
rilevante descrivono il loro sentimento di tristezza come un qualcosa di unico.
Un’altra caratteristica è la fluttuazione dell’umore durante il giorno e la rabbia.
Quest’ultima è un’emozione resistente al cambiamento e quindi risulta essere un sintomo
molto problematico, la cui gravità è collocabile su un continuum che va da lieve irritabilità
ai pensieri omicidi. È importante indagare quanto la rabbia sia connessa agli eventi
ambientali.
Un’ulteriore caratteristica è l’anedonia, ovvero la perdita delle risposte di piacere in
relazione ad avvenimenti.
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Lezione N°: 43/S1
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
• SINTOMI COGNITIVI
I bambini depressi tendono a valutare in modo negativo le loro prestazioni, le loro
capacità e le loro qualità personali. Questo sintomo deve essere valutato in termini di
gravità e non deve esser sottovalutato poiché le valutazioni costantemente negative
verso se stessi possono essere associate a tentativi e atti suicidari.
È da indagare poi il sentimento della disperazione, ovvero l’idea secondo la quale il futuro
potrà solo andare peggio di come sta andando il presente, che porta il bambino a
scoraggiarsi perché non vede una soluzione ai suoi problemi.
Vi è poi il senso di colpa, che viene considersato un sintomo cognitivo in quanto
connesso allo stile attributivo del bambino. Tipicamente una persona non si sente
colpevole se crede che sia stato qualcun altro a causare l’evento negativo. La ricerca
indica che bambini depressi tendono a fare attribuzioni negative interne (a sé), stabili e
globali.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S1
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
• SINTOMI MOTIVAZIONALI
In primo luogo è da considerare la chiusura sociale del bambino che si manifesta
attraverso la diminuzione dei contatti che il soggetto ha con adulti o coetanei. Può
presentare una gravità che va da una moderata riduzione del tempo passato con altri,
fino a un evitamento dei contatti sociali on cui manca il riconoscimento dell’esistenza
degli altri.
Altri sintomi sono l’ideazione o i comportamenti suicidari (di solito dopo i 10 anni), che
possono essere stimati sulla base del contenuto dei pensieri in relazione al suicidio, e in
base al grado di disperazione dei pensieri del bambino.
In concomitanza con la depressione, molti bambini presentano un peggioramento del
rendimento scolastico, in quanto appaiono demotivati ad apprendere a conoscere.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S1
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
I bambini depressi sono, dunque, bambini tristi, consapevoli di esserlo, anche se si può
assistere ad una negazione di tale tristezza che viene normalizzata o espressa in maniera
paradossale o poco chiara; sono preoccupati, spesso chiedono conferma agli altri
dell’amore che provano per loro, non riuscendo tuttavia ad esprimere il proprio bisogno di
amore, affetto e protezione. Sono bambini che non si divertono e non investono nel gioco,
apparendo come bambini annoiati e privi di interessi. Possono essere oppositivi, in
funzione di quella incapacità di esprimere bisogni e nell’incapacità di espressione e
gestione dell’aggressività con conseguente compromissione delle prestazioni scolastiche.
Sono relativamente frequenti le preoccupazioni e le fantasie sulla morte, che compaiono in
maniera eccessivamente precoce o atipica.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S2
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S2
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S2
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S2
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S3
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
Da quanto detto, risulta evidente quanto ogni sintomo dei disturbi depressivi possa
divenire lesivo di per sé. Tuttavia, il verificarsi di più sintomi in simultanea aggrava l’impatto
debilitante di ciascuno di essi. La necessità di poter realizzare una diagnosi attenta e
precoce, per lo psicologo dell’età evolutiva, diventa allora indispensabile per il buon esito
dell’intervento stesso.
Depressione e Attaccamento
Comorbidità
Le interazioni complesse che si creano tra i vari sintomi, tra i sintomi e le variabili
connesse allo sviluppo e alla peculiarità delle risposte ambientali possono esercitare una
sorta di mascheramento o di distorsioni su ciascun sintomo, riducendo quindi la sua
significatività specifica in riferimento ai singoli quadri psicopatologici. Ciò rende sempre
molto difficile il riconoscimento di vere comorbidità e/o la diagnosi differenziale. Quasi
sempre, quando questo primo interrogativo viene risolto, rimane il problema di soppesare
il rapporto patogenetico e terapeutico fra i diversi nuclei psicopatologici individuati.
Peraltro, un disturbo associato alla patologia depressiva influisce sul funzionamento del
soggetto depresso e conseguentemente sui tempi di riconoscimento del disturbo, sulla
scelta ed i tempi dell’intervento.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 43/S3
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA
Attività N°: 01
È necessaria, pertanto, una corretta analisi del profilo di sviluppo del singolo bambino per
una appropriata comprensione del quadro clinico e per valutare le priorità degli interventi
nei diversi momenti del percorso evolutivo.
Infatti, la molteplicità dei fattori che intervengono nella strutturazione della patologia
depressiva rende complesso effettuare una diagnosi e creare dei percorsi ad hoc per il
singolo individuo, ma proprio perché si è consci di questa complessità è necessario
prendere in considerazione sin da subito tutti i sintomi del soggetto.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
In questa e nelle prossime lezioni analizzeremo i fattori associati all’esordio del disturbo
depressivo in età evolutiva.
I fattori biologici
Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi in avanti nello studio dei fattori biologici
associati all’esordio della depressione in età evolutiva.
Il punto di partenza è l’idea secondo la quale la depressione è una malattia eterogenea
derivante da una disfunzione di differenti sistemi neurotrasmettitoriali, metabolici,
endocrini.
La maggior parte delle teorie biologiche si focalizza su anomalie in uno o più dei sistemi
neurochimici cerebrali che si localizzano in aree celebrali coinvolte nella regolazione
affettiva.
In queste e nelle prossime slide, saranno considerate diverse evidenze dal punto di
vista neurobiologico, quelle genetiche, neurochimiche, neurofisiologiche e di
neuroimmagine.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
• Le evidenze empiriche:
Studi longitudinali sono stati in grado di dimostrare che nei figli di soggetti affetti da
depressione c’è un rischio di 3 volte maggiore di contrarre il disturbo depressivo e 6 volte
maggiore per il disturbo distimico, rispetto alla popolazione generale. Connesso a questi,
c’è un rischio maggiore di sviluppare altre patologie neuropsichiatriche in comorbidità con
i disturbi depressivi. Gli studi sui gemelli avvalorano l’ipotesi genetica nella eziopatogenesi
della depressione. Studi su gemelli omozigoti hanno messo in evidenza valori di
concordanza pari al 76% se cresciuti insieme e del 67% se cresciuti separatamente,
mentre, nei gemelli dizigoti, tali valori si aggirano intorno al 19%
Questi dati sono un punto di partenza che spinge ad andare oltre per comprendere
quanto questi sintomi siano riconducibili a motivazioni di natura genetica e quanto a
motivazioni di natura ambientale.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
Infatti, se il maggior rischio depressivo può essere attribuito ad una maggiore “incidenza
depressiva” nell’albero genealogico familiare, è fuori dubbio che le modalità relazionali di
un genitore malato, nonché le assenze prolungate per eventuali ricoveri e la riduzione dei
contatti sociali dell’intero nucleo familiare aumentino tale rischio.
E’, inoltre, da considerare, non solo la possibile diretta eziologia genetica del disturbo
depressivo, ma anche un indiretto effetto genetico sullo sviluppo cognitivo-emotivo-
relazionale del soggetto che condiziona le sue esperienze di vita.
Sono state studiate due varianti del polimorfismo di questo gene, la variante long e la
variante short.
Secondo alcuni studiosi, nel corso dello sviluppo infantile, nei momenti critici in cui gli
eventi possono influenzare le strutture del cervello in via di strutturazione, un evento
stressogeno importante (ad esempio maltrattamenti, abbandoni, assenza di supporto
genitoriale)può modificare il compromesso meccanismo omeostatico che regola
l’adattamento allo stress portando a una disfunzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44/S1
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
• Le evidenze neurofisiologiche
Nei pazienti ricoverati sono state evidenziate delle anomalie nel sonno. Tra queste
anomalie registrate sono incluse: il disturbo della continuità del sonno, la riduzione delle
fasi 3 e 4 del sonno non REM, ridotta la durata del sonno non REM, l’aumento del sonno
REM soprattutto nella prima parte della notte.
Tali anomalie possono persistere dopo la remissione o precedere l’esordio e sono più
frequenti nei pazienti con familiarità depressiva. I pazienti che presentano queste
anomalie rispondono meglio alla farmacoterapia.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44/S1
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
Infatti, si è visto che in età evolutiva i disturbi del sonno costituiscono uno dei più
frequenti motivi di consultazione per il pediatra. Tali disturbi possono costituire un’entità
primaria oppure essere associati a un disturbo organico (ad esempio asma, obesità) o
psichiatrico (disturbo da deficit di attenzione/iperattività, disturbi d’ansia o dell’umore).
I disturbi del sonno (che saranno approfonditi successivamente) rientrano, infatti, tra i
sintomi descritti nei quadri sintomatici della depressione in età evolutiva, sia quando il
bambino è molto piccolo (età inferiore ai 3 anni), sia quando il bambino è in età
prescolare (età compresa tra i 3 e i 5 anni) e scolare (età compresa tra i 6 e gli 11 anni),
sia quando raggiunge l’età adolescenziale.
Un dato da tenere in considerazione è l’incidenza dei disturbi del sonno tra la popolazione
dei soggetti in età evolutiva: si consideri che il sonno “disturbato” è un problema che
viene riportato all’attenzione del pediatra con una certa frequenza e i dati della letteratura
confermerebbero l’alta prevalenza dell’insonnia nella popolazione pediatrica.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44/S
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
Secondo alcuni studiosi, nel corso dello sviluppo infantile, nei momenti critici in cui gli
eventi possono influenzare le strutture del cervello in via di strutturazione, un evento
stressogeno importante (ad esempio maltrattamenti, abbandoni, assenza di supporto
genitoriale)può modificare il compromesso meccanismo omeostatico che regola
l’adattamento allo stress portando a una disfunzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44/S
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
• Le evidenze neurofisiologiche
Nei pazienti ricoverati sono state evidenziate delle anomalie nel sonno. Tra queste
anomalie registrate sono incluse: il disturbo della continuità del sonno, la riduzione delle
fasi 3 e 4 del sonno non REM, ridotta la durata del sonno non REM, l’aumento del sonno
REM soprattutto nella prima parte della notte.
Tali anomalie possono persistere dopo la remissione o precedere l’esordio e sono più
frequenti nei pazienti con familiarità depressiva. I pazienti che presentano queste
anomalie rispondono meglio alla farmacoterapia.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44/S
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
Infatti, si è visto che in età evolutiva i disturbi del sonno costituiscono uno dei più
frequenti motivi di consultazione per il pediatra. Tali disturbi possono costituire un’entità
primaria oppure essere associati a un disturbo organico (ad esempio asma, obesità) o
psichiatrico (disturbo da deficit di attenzione/iperattività, disturbi d’ansia o dell’umore).
I disturbi del sonno (che saranno approfonditi successivamente) rientrano, infatti, tra i
sintomi descritti nei quadri sintomatici della depressione in età evolutiva, sia quando il
bambino è molto piccolo (età inferiore ai 3 anni), sia quando il bambino è in età
prescolare (età compresa tra i 3 e i 5 anni) e scolare (età compresa tra i 6 e gli 11 anni),
sia quando raggiunge l’età adolescenziale.
Un dato da tenere in considerazione è l’incidenza dei disturbi del sonno tra la popolazione
dei soggetti in età evolutiva: si consideri che il sonno “disturbato” è un problema che
viene riportato all’attenzione del pediatra con una certa frequenza e i dati della letteratura
confermerebbero l’alta prevalenza dell’insonnia nella popolazione pediatrica.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44/S3
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
• Le evidenze di neuroimmagine
Gli studi di neuroimmagine (che saranno analizzati successivamente) mostrano come nel
corso della depressione ci sia una forte iperattività dell’amigdala, una diminuita attività
della corteccia prefrontale, del giro del cingolo anteriore e dell’ippocampo. Tali pattern di
attivazione si accordano con le evidenze cliniche che suggeriscono una risposta
emozionale talmente intensa a determinati stimoli, che non viene controbilanciata
adeguatamente dai sistemi celebrali coinvolti nel valutare costi e benefici, nel formulare
piani di azione, nel valutare decisioni, nel perseguire un obiettivo in presenza di una data
emozione.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 44/S3
Titolo: PATOLOGIA DEPRESSIVA IN ETÀ EVOLUTIVA 2
Attività N°: 01
Studi effettuati su bambini depressi hanno evidenziato una significativa riduzione del
volume dell’amigdala. Tale alterazione non risulta correlata alla gravità dei sintomi
depressivi, all’età d’esordio, alla durata della malattia Il flusso e il metabolismo
dell’amigdala nei bambini depressi appare consistentemente aumentato rispetto alla
popolazione generale.
A differenza dell’adulto, sono stati effettuati pochi studi sulle alterazioni morfofunzionali a
livello dell’ippocampo nei bambini. Al momento attuale i dati sono discordanti: alcuni
autori evidenziano, infatti, una riduzione, altri nessuna variazione volumetrica
significativa.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 45
Titolo: Sintomi Depressivi E Disturbi Del Sonno: Fattori Di Rischio E Strategie Di Intervento
Attività N°: 1
RIPASSO ED ESERCITAZIONE
Psicopatologia del disturbo ossessivo-compulsivo atipico in età evolutiva: esame di quattro casi
clinici
Autori: G. Catone1 , P. Bernardo1 , S. Pisano1 , A. Pascotto1 , A. Gritti2
Vi chiedo di leggerlo con attenzione e successivamente di discutere i 4 casi clinici alla luce di
quanto indicato (approcci teorici e descrizione clinica) sul volume di Di Pentima
Original article • Articolo originale
Summary Results
Early onset obsessive-compulsive disorder often shows atypical
Objective features that make the nosographic collocation difficult.
We present four clinical cases of young patients with “unusual”
obsessive-compulsive disorder (OCD), considering the unequiv- Conclusions
ocal evidence suggesting the existence of possible overlaps be- The uncertain border between obsessive ideas, prevailing ideas
tween psychotic disorders and OCD symptoms. and psychotic symptoms such as delusions and/or thought dis-
order, leads to both diagnostic and therapeutic considerations.
Methods
We describe patients to define psychopathological features of Key words
symptoms. Obsessive ideas • Prevailing ideas • Delusions • Thought disorder • De-
velopmental psychopathology
Aspetti storici e psicopatologici del DOC sano organizzazioni psicopatologiche diverse nell’ambito
sia delle nevrosi che delle psicosi. L’ideazione ossessiva
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è classificato dal è generalmente seguita da comportamenti ritualizzati ri-
DSM-IV-TR all’interno dei disturbi d’ansia ed è conside- petitivi, finalistici e volontari, detti ‘‘compulsioni’’, che
rato un disturbo cronico e invalidante con alcune caratte- il paziente mette in atto per lenire l’ansia provocata dal
ristiche cliniche e psicopatologiche peculiari 1. Il DOC è pensiero ossessivo.
un disturbo tutt’altro che raro e presenta una prevalenza La presenza di sintomi ossessivo-compulsivi all’interno
lifetime compresa tra l’1,9 e il 3% nella popolazione ge- di quadri clinici di Schizofrenia, così come il riscontro di
nerale 2 3. È caratterizzato dalla presenza di idee ossessi- sintomi psicotici in un DOC, è stata identificata da diversi
ve che sono considerate da Schneider 4 come fenomeni Autori fin dal secolo scorso 5. C’è una crescente evidenza
di coazione, ove per coazione si intende la coscienza a che i pazienti con comorbidità tra DOC e la schizofrenia
essere guidati. Le ossessioni hanno delle caratteristiche (entità recentemente definita “schizo-ossessiva”) sembra-
psicopatologiche ben precise che le differenziano dalle no avere modelli distinti di psicopatologia, comorbilità
idee prevalenti e dai deliri, queste caratteristiche possono psichiatrica, deficit neurocognitivi e risposta al trattamen-
essere riassunte in estraneità del contenuto, iteratività e to, suggerendo l’esistenza di un sottogruppo separato nel-
persistenza e incoercibilità, ovvero l’impossibilità al con- lo spettro della schizofrenia 6 7.
trollo da parte del soggetto che è esposto a tale ideazione Sebbene l’idea ossessiva sia classicamente descritta come
contro la propria volontà. Sebbene la distinzione tra idee egodistonica e della cui abnormità e insensatezza l’indi-
ossessive, idee prevalenti e deliri sia precisa da un punto viduo è sempre consapevole, già autori quali Schneider 5
di vista psicopatologico, nella pratica clinica talvolta è dif- o Lewis 8 osservarono che non tutti i pazienti affetti da
ficile stabilire l’esatto confine tra queste e per tale motivo ossessioni sono in grado di completa critica nei confronti
si è introdotto il concetto di “spettro” dei fenomeni osses- di esse. Questi ultimi hanno messo in evidenza che in
sivo-compulsivi, ove per spettro si intende un continuum alcuni pazienti con DOC la capacità di critica e di resi-
attraverso il quale i sintomi ossessivo-compulsivi attraver- stenza nei confronti dei sintomi decresce fino a scompa-
Correspondence
Pia Bernardo, Seconda Università di Napoli, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Via Pansini, 5, Napoli, Italia• Tel. +39 081 5666698 • E-mail: pia.
bernardo84@gmail.com
rire. Jaspers 9 e Lewis 8 differenziavano le ossessioni dai momento che i bambini spesso non hanno comprensione
pensieri deliranti sulla base della presenza o assenza di dell’ estraneità delle loro idee e dell’irrazionalità delle
insight. Uno studio sistematico su tale problema è stato loro azioni 24. I risultati di un recente studio sul DOC in
condotto da Insel e Akiskal 10 che hanno descritto alcu- età pediatrica suggeriscono che la prognosi dei bambini
ni casi di pazienti con DOC, i quali durante la malattia con scarso insight è peggiore di quella dei bambini con
hanno presentato dei deliri inquadrabili o come disturbo consapevolezza adeguata alla luce della possibilità di
affettivo o come stato paranoide. Gli autori hanno defi- sviluppare, andando avanti nel tempo, un quadro clinico
nito questi fenomeni come transitori di un DOC partico- che soddisfa i criteri per la schizofrenia o altri disturbi
larmente grave in quanto caratterizzato da mancanza di psichiatrici 25 26. Dai dati di letteratura emerge infatti che
insight, ansia, da una “maniera delirante” di resistere alle il DOC in giovane età può precedere la comparsa di al-
ossessioni, dalla presenza di relazioni familiari conflit- tri disturbi, quali schizofrenia, disturbi dell’umore di tipo
tuali e da personalità di tipo schizotipico. Da un analisi bipolare e disturbi di personalità 27.
degli studi finora effettuati emerge che i pazienti con dia- L’altro importante aspetto riguarda il trattamento in età
gnosi di DOC con tratti psicotici presentano un esordio evolutiva, vista la maggiore frequenza di fallimento del-
più precoce dei sintomi e una maggiore durata di malat- le comuni terapie 23. Da un lavoro del 2008, nel quale
tia 11, un’ anamnesi familiare positiva per disturbi dello sono state studiate le caratteristiche cliniche del DOC in
spettro schizofrenico e un anamnesi personale positiva età evolutiva resistente alla terapia, sono emerse alcune
per disturbi neuropsichiatrici nell’infanzia 12 una preva- importanti caratteristiche: i piccoli pazienti (campione
lenza nel sesso maschile, un esordio in età più giovane di 60 bambini dai 7-17 anni) con DOC resistenti al tra-
e un maggiore deterioramento funzionale 13. In passato si dizionale trattamento farmacologico (inibitori della ri-
è quindi parlato di “psicosi ossessiva” 14 11, poi di “DOC captazione della serotonina) hanno mostrato una mag-
con idee prevalenti” 15 16, quindi di “DOC con aspetti giore compromissione funzionale e gravità del quadro
psicotici” 10 17 e, più recentemente, di “DOC con scar- clinico, con livelli particolarmente elevati di sintomi di
so insight” 15 18 19. Il sistema attuale di classificazione dei internalizzazione ed esternalizzazione e maggiore fre-
disturbi mentali (DSM-IV-TR) riconosce all’interno del quenza di sintomi depressivi. È inoltre emerso un consi-
DOC una sottocategoria, definita come DOC con pre-
stente impatto ambientale, legato soprattutto a dinami-
senza di scarso insight, che deve essere utilizzata qualo-
che familiari particolarmente stressanti, con maggiore
ra la sintomatologia riveli alcune differenze con il DOC
incidenza di DOC in altri membri della famiglia. Difatti
tipico 18. Viceversa L’ICD 10 riconosce che all’interno
il lavoro di Storch et al. suggerisce che tali pazienti po-
della schizofrenia possano essere menzionati dei sintomi
trebbero beneficiare di interventi più intensivi su tutto il
ossessivo compulsivi 20.
nucleo familiare 24 25.
Resta da capire se il DOC in età evolutiva, spesso con
Il DOC in età evolutiva scarso insight, spesso resistente alla terapia tradiziona-
La questione è più complessa nel caso di DOC in età le, nonché possibile precursore di patologie importanti,
precoce. Nonostante l’evidenza di una elevata fre- non rappresenti sin dall’esordio una manifestazione fe-
quenza di DOC in età infantile (1-2% di bambini e notipica di un sottostante disturbo più complesso, che
adolescenti) 2 e progressi diagnostico-terapeutici, sono va dai disturbi di personalità a veri e propri disturbi de-
necessarie ulteriori ricerche per comprendere l’ezio- liranti. Un interessante studio di Meyer et al., propo-
patogenesi della malattia in una età cosi precoce. Nel ne un filone di ricerca per l’identificazione di quadri
2005, van Grotheest e colleghi hanno esaminato la psicopatologici, che definisce come prodromi, in ado-
letteratura e concluso che, nei bambini, i sintomi os- lescenti a rischio di psicosi. Sebbene la matrice della
sessivi-compulsivi sono ereditari, con influenze gene- sintomatologia in questi pazienti sia molto ampia e di
tiche nel range del 45-65%. Dalle attuali conoscenze difficile classificazione nosografica tramite gli strumen-
emerge una maggiore frequenza di anamnesi familiare ti diagnostici e di valutazione standardizzata, lo studio
positiva per malattia psichiatrica 22 23. I sintomi riportati prospetta la possibilità di descrivere una sintomatologia
da bambini sono simili a quelli riscontrati tra gli indi- “sottosoglia” e di considerare la denominazione di “sin-
vidui che sviluppano DOC in età adulta, e i due gruppi tomi prodromici di psicosi” come entità clinica ricono-
di pazienti sono trattati con terapie comportamentali e sciuta e degna di considerazione 26.
farmacologiche simili. Tuttavia ci sono delle differenze La ricerca futura dovrebbe esaminare le potenziali ca-
importanti dal punto di vista diagnostico, terapeutico ratteristiche neurobiologiche associate a esordio preco-
e prognostico 21. ce di DOC. La diagnosi precoce e la gestione delle co-
In primo luogo il concetto di insight è particolarmente morbidità può compensare menomazioni più tardi nella
rilevante nella diagnosi di DOC a esordio precoce, dal vita 27.
377
G. Catone et al.
Obiettivi del lavoro sce con crisi di agitazione intensa, alle quali seguo-
no giustificazioni che mettono in luce la presenza di
Il nostro lavoro ha lo scopo di distinguere le forme di una ideazione coatta che la costringe ad assumere tali
DOC con caratteristiche tipiche, con o senza insight, da comportamenti. La madre la descrive da sempre come
DOC “insoliti”, dove la presenza di scarsa consapevo- una bambina dal temperamento rigido e abitudinario.
lezza di malattia potrebbe essere legata ad alterazioni Sin da piccola ha presentato dei comportamenti com-
psicopatologiche più complesse. Queste ultime forme pulsivi, ma in maniera fluttuante. La relazione con i
potrebbero spiegare la scarsa risposta alla terapia di molti genitori si caratterizza per un rapporto con la madre
pazienti con diagnosi precoce di DOC 21 e rappresentare di profondo attaccamento emotivo che si manifesta
quel gruppo di pazienti con prognosi peggiore in quanto con una intensa ricerca di contatto fisico; il rapporto
il DOC celerebbe la presenza di disturbi di tipo psico- con il padre, anche egli affetto da DOC, appare am-
tico. L’idea che questi casi di DOC “insolito” possano bivalente tra manifestazioni di affetto e atteggiamenti
rappresentare una forma di DOC con componente psi- volti al controllo e spesso il padre diviene per Angela
cotica ha implicazioni importanti nella gestione clinica oggetto stesso delle idee ossessive. La valutazione psi-
di tali pazienti in quanto, qualora questo fosse corretto, codiagnostica si è avvalsa di una batteria di test e scale
dovremmo essere pronti ad avviare una riflessione sulla standardizzate comunemente utilizzati per l’età evo-
possibilità di strategie terapeutiche e farmacologiche dif- lutiva. Alla WISC-R risulta un Q.I.T. di 93 (Q.I.V. 91,
ferenti. Q.I.P. 98); alla CBCL 6-18, ha ottenuto alla Sindrome
In questo lavoro è proposta la descrizione di quattro casi Scale Scores, punteggi borderline alle scala Anxious/
clinici nel tentativo di apportare un contributo alla defini- Depressed (t score 65-b) e Attention Problems (t score
zione del sottile confine che intercorre tra DOC e disturbi 66-b) e punteggi clinici alla scala Thought Problems (t
psicotici. La diagnosi è stata svolta secondo l’approccio score 75-c); alla Internalizing, Externalizing, Total Pro-
standard neuropsichiatrico infantile che include colloqui blems, Other Problems, punteggi borderline alle scale
clinici con i pazienti e con i genitori, valutazione intel- Internalizing Problems (t score 61-b) e Total Problems
lettiva, scale Wechsler 28, reattivi mentali proiettivi, The- (t-score 62-b). La K-SADS-PL somministrata ai genitori
matic Apperception Test (TAT) 29 e Rorschach 30, e scale è risultata positiva alle aree DOC e disturbo d’ansia da
di valutazione strutturate e semistrutturate Schedule for separazione.
Affective Disorder and Schizophrenia (K-SADS-PL) 31 e Globalmente emerge una moderata alterazione del
Child Behavior Checklist (CBCL) 32. La diagnosi viene for- pensiero, spesso non coerente con il contesto, intensa
mulata in base ai criteri del DSM-IV-TR ed è integrata da angoscia di frammentazione sottesa ai rituali bizzarri
un profilo strutturale. e un difetto che riguarda la struttura del Sé (confine,
continuità, tempo, ritmo). È possibile ipotizzare che
Caso clinico 1: un DOC a esordio precoce le compulsioni di raccolta e conservazione abbiano la
funzione di evitare la comparsa di angoscia di fram-
Angela è una bambina di 7 anni, figlia unica, con po- mentazione corporea, nel contesto di un confine cor-
sitività all’anamnesi familiare per malattia psichiatri- poreo mal definito e diffuso che include oggetti venuti
ca: DOC nel padre. Inserita alla scuola materna all’età a contatto con il corpo e parti del proprio stesso corpo.
di quattro anni con ansia di separazione, attualmente Il bisogno di scattare e conservare fotografie (caratteri-
frequenta la I elementare con buon profitto e discreta stica anche paterna) svelerebbe una necessità di con-
socializzazione. Giunge alla nostra osservazione per trollo sul tempo. È difficile stabilire quanto l’assenza
una sintomatologia insorta da circa tre mesi, caratteriz- di insight sia legata alla giovane età o a componenti
zata da: compulsioni di raccolta e conservazione sia di psicopatologiche più complesse, tuttavia la presenza
oggetti venuti a contatto con il proprio corpo (salviette, di uno sviluppo psicoaffettivo difettuale con particola-
briciole, stoviglie di plastica, cibo rigurgitato), che de- re riguardo alla struttura del Sé, farebbero propendere
vono essere riposti in appositi sacchetti, sia di parti del per la seconda ipotesi. Durante il ricovero è stato in-
proprio corpo (non vuole che vengano gettate unghia o trapreso un programma terapeutico di tipo cognitivo
capelli e non vuole che si tiri lo sciacquone dopo aver comportamentale volto all’attenuazione dei sintomi
urinato o defecato), manifesta anche ostinato rifiuto a e a una maggiore accettazione ed elaborazione degli
lavarsi. Angela raccoglie in contenitori, che devono stati ansiosi a cui la bambina ha risposto in maniera
essere tutti della stessa misura, fotocopie e fotografie discreta, favorendo le spinte evolutive e l’apertura alle
di oggetti o di se stessa ritratta in particolari momenti; relazioni. Angela è stata dimessa con diagnosi di DOC
è inoltre presente una forte selettività alimentare alla e Disturbo d’ansia da separazione e prescritta psico-
cui base vi è una ideazione di tipo ossessivo. Qualora terapia individuale e sostegno psicologico alla coppia
non siano soddisfatte queste richieste, Angela reagi- genitoriale.
378
Psicopatologia del disturbo ossessivo-compulsivo atipico in età evolutiva: esame di quattro casi clinici
Caso clinico 2: DOC con idee prevalenti una terapia con acidi grassi omega 3 e a psicoterapia di
sostegno alla coppia genitoriale. La terapia farmacologi-
Francesco Paolo è un ragazzo di 15 anni ed è il terzo di ca è stata rifiutata dai genitori.
tre fratelli. Viene riferita familiarità psichiatrica per DOC
nel nonno paterno e nel fratello maggiore, disturbi del
comportamento e d’ansia nel padre e storia di depressio- Caso clinico 3: DOC con aspetti psicotici
ne nella nonna materna. Nato a termine da taglio cesa- Alessandro ha 12 anni, primogenito di due fratelli. È rife-
reo, con riferita lieve sofferenza perinatale. Lo sviluppo rita familiarità psichiatrica per DOC nel nonno paterno e
psicomotorio è nella norma, non rilevanti le patologie nonna materna; la madre soffre di disturbo depressivo in
internistiche, l’inserimento presso la scuola materna è trattamento farmacologico e psicoterapia. Scolarizzato a
stato a due anni e mezzo senza ansia di separazione, at- 18 mesi, ha presentato ansia di separazione. Attualmen-
tualmente frequenta il secondo anno dell’istituto tecnico te frequenta la II media con alcune difficoltà. Giunge alla
commerciale con sufficiente profitto. L’esordio della sin- nostra osservazione con un quadro clinico caratterizzato
tomatologia attuale risale a pochi mesi prima della con- da idee ossessive somatiche (eccessiva preoccupazione
sultazione, in seguito a un vissuto traumatico (suicidio di centrate su parti del proprio corpo o sul proprio aspetto),
un conoscente del posto). Riferisce idee ossessive a con- legate alla convinzione di essere portatore di odori sgra-
tenuto aggressivo (paura di far male a se stesso o di non ri- devoli. Tale ideazione ossessiva genera compulsioni di
uscire a controllare impulsi indesiderati) o a contenuto di lavaggio e pulizia: Alessandro si lava più volte al giorno
simmetria e ordine (paura che possa succedere qualcosa ed è molto attento alla cura del vestiario. L’atteggiamento
di brutto se le cose non vanno nell’ordine giusto). A tali di fronte a tali condotte è soggetto a fluttuazioni, passan-
pensieri seguono di solito compulsioni di iterazione volte do da livelli di egosintonicità, a fasi di rottura ed emersio-
ad annullare lo stato di angoscia. Da qualche mese è pre- ne di insight. Alla WISC-R risulta un Q.I.T. di 102 (Q.I.V.
sente inoltre una regressione psicoaffettiva con maggiori 109, Q.I.P. 95). Alla CBCL 6-18, ha ottenuto alla Sindrome
richieste d’affetto e progressiva chiusura alle relazioni so- Scale Scores, punteggi borderline alle scala Withdrawn/
ciali. Il paziente descrive le idee ossessive come assurde Depressed (t score 66-b) e punteggi clinici alla scala An-
nel contenuto, intrusive e incontrollabili. Nonostante la xious/Depressed (t score 78-c), Somatic Complaints (t sco-
presenza di insight delinei un quadro abbastanza tipico, re 76-c), Social Problems (t score 75-c), Thought Problems
alcuni elementi associati rendono il caso di particolare (t score 72-c), Attention Problems (t score 86-c), Aggressive
interesse perché il DOC tipico si associa a segni di “pre- Behaviour (t score 83-c); alla Internalizing, Externalizing,
psicosi”. Infatti l’ideazione ossessiva è completamente Total Problems, Other Problems Scale, punteggi clinici
pervasa da aspetti legati all’evento traumatico, la cui ela- alle scale Internalizing Problems (t score 75-c), Externali-
borazione interessa la maggior parte della vita interiore zing Problems (t score 73-c) e Total Problems (t-score 77-
del soggetto, assumendo in alcuni casi la forma di una c). La K-SADS-PL somministrata ai genitori e al paziente è
idea prevalente. Inoltre, il paziente si mostra confuso, risultata positiva all’area DOC e ad alcune caratteristiche
perplesso, talvolta disorganizzato (dato confermato al associate all’area psicotica (comportamenti marcatamente
test di Rorschach), povero nel linguaggio come affetto da bizzarri, compromissione del funzionamento scolastico,
un iniziale impairment cognitivo che si affianca a un de- linguaggio vago, esperienze percettive inusuali). Questo
cadimento nel funzionamento sociale (non esce più con caso è stato descritto per le intense fluttuazioni del livello
piacere) e ad aspetti di derealizzazione e sensazione di di insight del paziente con idee “ossessive” che talvolta as-
cambiamento soggettivo e oggettivo (come emerge dal sumono il carattere di riferimento o francamente paranoi-
test SPI-CY) 33. Alla WISC-R risulta un Q.I.T. di 72 (Q.I.V. dee. Alessandro appare confuso e perplesso, i contenuti
87, Q.I.P. 61). Alla CBCL 6-18, ha ottenuto alla Sindrome del pensiero legati all’odore corporeo risultano invasivi e
Scale Scores, punteggi borderline alle scale Withdrawn/ occupano gran parte della vita immaginativa del sogget-
Depressed (t score 64-b) e Social Problems (t score 63-b) to, con intensa sofferenza di fondo che genera sentimenti
e punteggi clinici alla scala Thought Problems (t score 75- depressivi e talvolta negazione circa la propria situazione.
c); alla Internalizing, Externalizing, Total Problems, Other Il nucleo psicopatologico principale di Alessandro è il di-
Problems Scale, punteggi clinici alle scale Internalizing sturbo del pensiero che allo stato attuale tende a collocarsi
problems (t score 78-c) e Total Problems (t-score 73-c). al limite tra l’idea ossessiva e quella delirante, inoltre la
La K-SADS-PL somministrata ai genitori e al paziente è presenza di disturbi percettivi (sentire odori in assenza di
risultata positiva all’area DOC uno stimolo), nonché disturbi formali del pensiero rendo-
La diagnosi di dimissione è stata: DOC cui è sottesa una no il quadro maggiormente complicato rispetto al DOC
struttura psichica con aree di vulnerabilità. È stata dunque classico. Alessandro è stato dimesso con diagnosi di DOC
prescritta psicoterapia individuale associata a una terapia in soggetto con tratti schizotipici di personalità ed è stata
farmacologica con fluvoxamina (50 mg/die), associata a prescritta psicoterapia individuale di tipo cognitivo com-
379
G. Catone et al.
380
Psicopatologia del disturbo ossessivo-compulsivo atipico in età evolutiva: esame di quattro casi clinici
bero essere mal diagnosticati e di conseguenza trattati La questione del trattamento rappresenta, a nostro avviso,
erroneamente. una decisione ancora oggi complessa. Come già esposto,
Il terzo caso clinico sembrerebbe in accordo con l’ipotesi di l’idea che i casi descritti, cosi come molte delle situazioni
Insel e Akiskal 20. Questi autori hanno descritto un partico- che ci troviamo ad affrontare nella pratica clinica, rappre-
lare sottotipo di pazienti con DOC, definiti come “ossessivi sentino quadri differenti dal comune DOC, da sempre in-
con aspetti psicotici”. Tali pazienti manifestavano in corso quadrato come un disturbo “nevrotico”, ci obbliga a consi-
di malattia dei deliri inquadrabili come stato paranoide e, derare altre strategie. I dati di letteratura suggeriscono che i
sebbene queste manifestazioni psicotiche erano considera- casi di DOC non responsivo agli SSRI possono beneficiare
te dagli autori come fenomeni per lo più transitori, si confi- dal trattamento con farmaci antipsicotici. Inoltre nei casi
gurava un quadro clinico maggiormente grave caratterizza- di diagnosi di Schizofrenia con DOC (circa il 10-25% dei
to scarso insight, ansia e personalità schizotipica. pazienti) i dati suggeriscono una combinazione tra antios-
Il quarto caso clinico si ritrova negli studi di diversi au- sessivi e antipsicotici 41 42. Ci sarebbero quattro situazioni
tori 7 40 41 che hanno riportato l’associazione di sintomi nella quali l’intervento con antipsicotici potrebbe essere
ossessivo-compulsivi in pazienti schizofrenici con peg- considerato per la terapia del DOC: 1) paziente ossessivo-
gioramento globale della sintomatologia psicotica 6 7. compulsivo con scarso insight; 2) paziente schizofrenico
con DOC; 3) DOC con tic; 4) paziente ossessivo compul-
Conclusioni sivo non responders al trattamento con almeno due diversi
SSRI. Le ricerche a sostegno dell’utilizzo di antipsicotici
Da quanto detto in precedenza, risulta evidente che la co- nel DOC sono attualmente poche 35, ma emergono studi
munità scientifica internazionale si è sempre interrogata che esaminano l’utilità di antipsicotici atipici nel DOC. Si
sulle caratteristiche del DOC. La sua comprensione ezio- è visto che pazienti SSRI-resistenti sono suscettibili a note-
patogenetica, la sintomatologia e il trattamento sono sta- voli benefici in seguito all’aggiunta di antipsicotici atipici,
ti oggetto di numerosi lavori che hanno tentato di fornire in una percentuale del 50%. Non sembra invece esservi
strumenti validi per l’ approccio clinico a uno dei distur- posto per una monoterapia antipsicotica nel DOC, ma so-
bi che in campo psichiatrico presenta diverse difficoltà e no necessari ulteriori approfondimenti, avendo notato che
dubbi interpretativi. Il sistema descrittivo e classificativo un sottogruppo di pazienti con DOC, in particolare quelli
dei disturbi psichiatrici che comprende il DOC come qua- con comorbidità con disturbo di personalità schizotipico,
dro sindromico, la cui diagnosi è possibile dalla presenza hanno reali benefici solo in seguito al trattamento con an-
di criteri diagnostici ben precisi, risulta necessario e pre- tipsicotici 36.
zioso al fine di rendere uniforme e codificato il percorso Tuttavia a volte il dilemma del trattamento (SSRI e/o
diagnostico e il trattamento offerto. Tuttavia il solo sistema antipsicotico) deriva dalle ambiguità diagnostiche, sia
descrittivo non può bastare alla mente dello psichiatra che perché pazienti con grave DOC egosintonico potrebbe
deve operare anche un lavoro su altre linee di riflessione. erroneamente essere classificati come schizofrenici, sia
Riteniamo quindi necessario soprattutto nell’approccio al perché i sintomi del DOC potrebbero celare una sotto-
DOC, ricorrere sempre a una diagnosi strutturale del pa- stante psicosi.
ziente da affiancare alla rilevazione dei sintomi e alla loro
interpretazione psicopatologica. La valutazione dello stato
delle strutture mentali deve tenere conto di: 1) riconoscere Bibliografia
l’integrità di apparati come l’intelletto, gli affetti e il sé, 1 American Psychiatric Association. Practice Guideline for
nonché i loro rapporti reciproci, 2) valutare, soprattutto in the Treatment of Patients with Obsessive-Compulsive Disor-
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382
Original article • Articolo originale
Summary Results
Early onset obsessive-compulsive disorder often shows atypical
Objective features that make the nosographic collocation difficult.
We present four clinical cases of young patients with “unusual”
obsessive-compulsive disorder (OCD), considering the unequiv- Conclusions
ocal evidence suggesting the existence of possible overlaps be- The uncertain border between obsessive ideas, prevailing ideas
tween psychotic disorders and OCD symptoms. and psychotic symptoms such as delusions and/or thought dis-
order, leads to both diagnostic and therapeutic considerations.
Methods
We describe patients to define psychopathological features of Key words
symptoms. Obsessive ideas • Prevailing ideas • Delusions • Thought disorder • De-
velopmental psychopathology
Aspetti storici e psicopatologici del DOC sano organizzazioni psicopatologiche diverse nell’ambito
sia delle nevrosi che delle psicosi. L’ideazione ossessiva
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è classificato dal è generalmente seguita da comportamenti ritualizzati ri-
DSM-IV-TR all’interno dei disturbi d’ansia ed è conside- petitivi, finalistici e volontari, detti ‘‘compulsioni’’, che
rato un disturbo cronico e invalidante con alcune caratte- il paziente mette in atto per lenire l’ansia provocata dal
ristiche cliniche e psicopatologiche peculiari 1. Il DOC è pensiero ossessivo.
un disturbo tutt’altro che raro e presenta una prevalenza La presenza di sintomi ossessivo-compulsivi all’interno
lifetime compresa tra l’1,9 e il 3% nella popolazione ge- di quadri clinici di Schizofrenia, così come il riscontro di
nerale 2 3. È caratterizzato dalla presenza di idee ossessi- sintomi psicotici in un DOC, è stata identificata da diversi
ve che sono considerate da Schneider 4 come fenomeni Autori fin dal secolo scorso 5. C’è una crescente evidenza
di coazione, ove per coazione si intende la coscienza a che i pazienti con comorbidità tra DOC e la schizofrenia
essere guidati. Le ossessioni hanno delle caratteristiche (entità recentemente definita “schizo-ossessiva”) sembra-
psicopatologiche ben precise che le differenziano dalle no avere modelli distinti di psicopatologia, comorbilità
idee prevalenti e dai deliri, queste caratteristiche possono psichiatrica, deficit neurocognitivi e risposta al trattamen-
essere riassunte in estraneità del contenuto, iteratività e to, suggerendo l’esistenza di un sottogruppo separato nel-
persistenza e incoercibilità, ovvero l’impossibilità al con- lo spettro della schizofrenia 6 7.
trollo da parte del soggetto che è esposto a tale ideazione Sebbene l’idea ossessiva sia classicamente descritta come
contro la propria volontà. Sebbene la distinzione tra idee egodistonica e della cui abnormità e insensatezza l’indi-
ossessive, idee prevalenti e deliri sia precisa da un punto viduo è sempre consapevole, già autori quali Schneider 5
di vista psicopatologico, nella pratica clinica talvolta è dif- o Lewis 8 osservarono che non tutti i pazienti affetti da
ficile stabilire l’esatto confine tra queste e per tale motivo ossessioni sono in grado di completa critica nei confronti
si è introdotto il concetto di “spettro” dei fenomeni osses- di esse. Questi ultimi hanno messo in evidenza che in
sivo-compulsivi, ove per spettro si intende un continuum alcuni pazienti con DOC la capacità di critica e di resi-
attraverso il quale i sintomi ossessivo-compulsivi attraver- stenza nei confronti dei sintomi decresce fino a scompa-
Correspondence
Pia Bernardo, Seconda Università di Napoli, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Via Pansini, 5, Napoli, Italia• Tel. +39 081 5666698 • E-mail: pia.
bernardo84@gmail.com
rire. Jaspers 9 e Lewis 8 differenziavano le ossessioni dai momento che i bambini spesso non hanno comprensione
pensieri deliranti sulla base della presenza o assenza di dell’ estraneità delle loro idee e dell’irrazionalità delle
insight. Uno studio sistematico su tale problema è stato loro azioni 24. I risultati di un recente studio sul DOC in
condotto da Insel e Akiskal 10 che hanno descritto alcu- età pediatrica suggeriscono che la prognosi dei bambini
ni casi di pazienti con DOC, i quali durante la malattia con scarso insight è peggiore di quella dei bambini con
hanno presentato dei deliri inquadrabili o come disturbo consapevolezza adeguata alla luce della possibilità di
affettivo o come stato paranoide. Gli autori hanno defi- sviluppare, andando avanti nel tempo, un quadro clinico
nito questi fenomeni come transitori di un DOC partico- che soddisfa i criteri per la schizofrenia o altri disturbi
larmente grave in quanto caratterizzato da mancanza di psichiatrici 25 26. Dai dati di letteratura emerge infatti che
insight, ansia, da una “maniera delirante” di resistere alle il DOC in giovane età può precedere la comparsa di al-
ossessioni, dalla presenza di relazioni familiari conflit- tri disturbi, quali schizofrenia, disturbi dell’umore di tipo
tuali e da personalità di tipo schizotipico. Da un analisi bipolare e disturbi di personalità 27.
degli studi finora effettuati emerge che i pazienti con dia- L’altro importante aspetto riguarda il trattamento in età
gnosi di DOC con tratti psicotici presentano un esordio evolutiva, vista la maggiore frequenza di fallimento del-
più precoce dei sintomi e una maggiore durata di malat- le comuni terapie 23. Da un lavoro del 2008, nel quale
tia 11, un’ anamnesi familiare positiva per disturbi dello sono state studiate le caratteristiche cliniche del DOC in
spettro schizofrenico e un anamnesi personale positiva età evolutiva resistente alla terapia, sono emerse alcune
per disturbi neuropsichiatrici nell’infanzia 12 una preva- importanti caratteristiche: i piccoli pazienti (campione
lenza nel sesso maschile, un esordio in età più giovane di 60 bambini dai 7-17 anni) con DOC resistenti al tra-
e un maggiore deterioramento funzionale 13. In passato si dizionale trattamento farmacologico (inibitori della ri-
è quindi parlato di “psicosi ossessiva” 14 11, poi di “DOC captazione della serotonina) hanno mostrato una mag-
con idee prevalenti” 15 16, quindi di “DOC con aspetti giore compromissione funzionale e gravità del quadro
psicotici” 10 17 e, più recentemente, di “DOC con scar- clinico, con livelli particolarmente elevati di sintomi di
so insight” 15 18 19. Il sistema attuale di classificazione dei internalizzazione ed esternalizzazione e maggiore fre-
disturbi mentali (DSM-IV-TR) riconosce all’interno del quenza di sintomi depressivi. È inoltre emerso un consi-
DOC una sottocategoria, definita come DOC con pre-
stente impatto ambientale, legato soprattutto a dinami-
senza di scarso insight, che deve essere utilizzata qualo-
che familiari particolarmente stressanti, con maggiore
ra la sintomatologia riveli alcune differenze con il DOC
incidenza di DOC in altri membri della famiglia. Difatti
tipico 18. Viceversa L’ICD 10 riconosce che all’interno
il lavoro di Storch et al. suggerisce che tali pazienti po-
della schizofrenia possano essere menzionati dei sintomi
trebbero beneficiare di interventi più intensivi su tutto il
ossessivo compulsivi 20.
nucleo familiare 24 25.
Resta da capire se il DOC in età evolutiva, spesso con
Il DOC in età evolutiva scarso insight, spesso resistente alla terapia tradiziona-
La questione è più complessa nel caso di DOC in età le, nonché possibile precursore di patologie importanti,
precoce. Nonostante l’evidenza di una elevata fre- non rappresenti sin dall’esordio una manifestazione fe-
quenza di DOC in età infantile (1-2% di bambini e notipica di un sottostante disturbo più complesso, che
adolescenti) 2 e progressi diagnostico-terapeutici, sono va dai disturbi di personalità a veri e propri disturbi de-
necessarie ulteriori ricerche per comprendere l’ezio- liranti. Un interessante studio di Meyer et al., propo-
patogenesi della malattia in una età cosi precoce. Nel ne un filone di ricerca per l’identificazione di quadri
2005, van Grotheest e colleghi hanno esaminato la psicopatologici, che definisce come prodromi, in ado-
letteratura e concluso che, nei bambini, i sintomi os- lescenti a rischio di psicosi. Sebbene la matrice della
sessivi-compulsivi sono ereditari, con influenze gene- sintomatologia in questi pazienti sia molto ampia e di
tiche nel range del 45-65%. Dalle attuali conoscenze difficile classificazione nosografica tramite gli strumen-
emerge una maggiore frequenza di anamnesi familiare ti diagnostici e di valutazione standardizzata, lo studio
positiva per malattia psichiatrica 22 23. I sintomi riportati prospetta la possibilità di descrivere una sintomatologia
da bambini sono simili a quelli riscontrati tra gli indi- “sottosoglia” e di considerare la denominazione di “sin-
vidui che sviluppano DOC in età adulta, e i due gruppi tomi prodromici di psicosi” come entità clinica ricono-
di pazienti sono trattati con terapie comportamentali e sciuta e degna di considerazione 26.
farmacologiche simili. Tuttavia ci sono delle differenze La ricerca futura dovrebbe esaminare le potenziali ca-
importanti dal punto di vista diagnostico, terapeutico ratteristiche neurobiologiche associate a esordio preco-
e prognostico 21. ce di DOC. La diagnosi precoce e la gestione delle co-
In primo luogo il concetto di insight è particolarmente morbidità può compensare menomazioni più tardi nella
rilevante nella diagnosi di DOC a esordio precoce, dal vita 27.
377
G. Catone et al.
Obiettivi del lavoro sce con crisi di agitazione intensa, alle quali seguo-
no giustificazioni che mettono in luce la presenza di
Il nostro lavoro ha lo scopo di distinguere le forme di una ideazione coatta che la costringe ad assumere tali
DOC con caratteristiche tipiche, con o senza insight, da comportamenti. La madre la descrive da sempre come
DOC “insoliti”, dove la presenza di scarsa consapevo- una bambina dal temperamento rigido e abitudinario.
lezza di malattia potrebbe essere legata ad alterazioni Sin da piccola ha presentato dei comportamenti com-
psicopatologiche più complesse. Queste ultime forme pulsivi, ma in maniera fluttuante. La relazione con i
potrebbero spiegare la scarsa risposta alla terapia di molti genitori si caratterizza per un rapporto con la madre
pazienti con diagnosi precoce di DOC 21 e rappresentare di profondo attaccamento emotivo che si manifesta
quel gruppo di pazienti con prognosi peggiore in quanto con una intensa ricerca di contatto fisico; il rapporto
il DOC celerebbe la presenza di disturbi di tipo psico- con il padre, anche egli affetto da DOC, appare am-
tico. L’idea che questi casi di DOC “insolito” possano bivalente tra manifestazioni di affetto e atteggiamenti
rappresentare una forma di DOC con componente psi- volti al controllo e spesso il padre diviene per Angela
cotica ha implicazioni importanti nella gestione clinica oggetto stesso delle idee ossessive. La valutazione psi-
di tali pazienti in quanto, qualora questo fosse corretto, codiagnostica si è avvalsa di una batteria di test e scale
dovremmo essere pronti ad avviare una riflessione sulla standardizzate comunemente utilizzati per l’età evo-
possibilità di strategie terapeutiche e farmacologiche dif- lutiva. Alla WISC-R risulta un Q.I.T. di 93 (Q.I.V. 91,
ferenti. Q.I.P. 98); alla CBCL 6-18, ha ottenuto alla Sindrome
In questo lavoro è proposta la descrizione di quattro casi Scale Scores, punteggi borderline alle scala Anxious/
clinici nel tentativo di apportare un contributo alla defini- Depressed (t score 65-b) e Attention Problems (t score
zione del sottile confine che intercorre tra DOC e disturbi 66-b) e punteggi clinici alla scala Thought Problems (t
psicotici. La diagnosi è stata svolta secondo l’approccio score 75-c); alla Internalizing, Externalizing, Total Pro-
standard neuropsichiatrico infantile che include colloqui blems, Other Problems, punteggi borderline alle scale
clinici con i pazienti e con i genitori, valutazione intel- Internalizing Problems (t score 61-b) e Total Problems
lettiva, scale Wechsler 28, reattivi mentali proiettivi, The- (t-score 62-b). La K-SADS-PL somministrata ai genitori
matic Apperception Test (TAT) 29 e Rorschach 30, e scale è risultata positiva alle aree DOC e disturbo d’ansia da
di valutazione strutturate e semistrutturate Schedule for separazione.
Affective Disorder and Schizophrenia (K-SADS-PL) 31 e Globalmente emerge una moderata alterazione del
Child Behavior Checklist (CBCL) 32. La diagnosi viene for- pensiero, spesso non coerente con il contesto, intensa
mulata in base ai criteri del DSM-IV-TR ed è integrata da angoscia di frammentazione sottesa ai rituali bizzarri
un profilo strutturale. e un difetto che riguarda la struttura del Sé (confine,
continuità, tempo, ritmo). È possibile ipotizzare che
Caso clinico 1: un DOC a esordio precoce le compulsioni di raccolta e conservazione abbiano la
funzione di evitare la comparsa di angoscia di fram-
Angela è una bambina di 7 anni, figlia unica, con po- mentazione corporea, nel contesto di un confine cor-
sitività all’anamnesi familiare per malattia psichiatri- poreo mal definito e diffuso che include oggetti venuti
ca: DOC nel padre. Inserita alla scuola materna all’età a contatto con il corpo e parti del proprio stesso corpo.
di quattro anni con ansia di separazione, attualmente Il bisogno di scattare e conservare fotografie (caratteri-
frequenta la I elementare con buon profitto e discreta stica anche paterna) svelerebbe una necessità di con-
socializzazione. Giunge alla nostra osservazione per trollo sul tempo. È difficile stabilire quanto l’assenza
una sintomatologia insorta da circa tre mesi, caratteriz- di insight sia legata alla giovane età o a componenti
zata da: compulsioni di raccolta e conservazione sia di psicopatologiche più complesse, tuttavia la presenza
oggetti venuti a contatto con il proprio corpo (salviette, di uno sviluppo psicoaffettivo difettuale con particola-
briciole, stoviglie di plastica, cibo rigurgitato), che de- re riguardo alla struttura del Sé, farebbero propendere
vono essere riposti in appositi sacchetti, sia di parti del per la seconda ipotesi. Durante il ricovero è stato in-
proprio corpo (non vuole che vengano gettate unghia o trapreso un programma terapeutico di tipo cognitivo
capelli e non vuole che si tiri lo sciacquone dopo aver comportamentale volto all’attenuazione dei sintomi
urinato o defecato), manifesta anche ostinato rifiuto a e a una maggiore accettazione ed elaborazione degli
lavarsi. Angela raccoglie in contenitori, che devono stati ansiosi a cui la bambina ha risposto in maniera
essere tutti della stessa misura, fotocopie e fotografie discreta, favorendo le spinte evolutive e l’apertura alle
di oggetti o di se stessa ritratta in particolari momenti; relazioni. Angela è stata dimessa con diagnosi di DOC
è inoltre presente una forte selettività alimentare alla e Disturbo d’ansia da separazione e prescritta psico-
cui base vi è una ideazione di tipo ossessivo. Qualora terapia individuale e sostegno psicologico alla coppia
non siano soddisfatte queste richieste, Angela reagi- genitoriale.
378
Psicopatologia del disturbo ossessivo-compulsivo atipico in età evolutiva: esame di quattro casi clinici
Caso clinico 2: DOC con idee prevalenti una terapia con acidi grassi omega 3 e a psicoterapia di
sostegno alla coppia genitoriale. La terapia farmacologi-
Francesco Paolo è un ragazzo di 15 anni ed è il terzo di ca è stata rifiutata dai genitori.
tre fratelli. Viene riferita familiarità psichiatrica per DOC
nel nonno paterno e nel fratello maggiore, disturbi del
comportamento e d’ansia nel padre e storia di depressio- Caso clinico 3: DOC con aspetti psicotici
ne nella nonna materna. Nato a termine da taglio cesa- Alessandro ha 12 anni, primogenito di due fratelli. È rife-
reo, con riferita lieve sofferenza perinatale. Lo sviluppo rita familiarità psichiatrica per DOC nel nonno paterno e
psicomotorio è nella norma, non rilevanti le patologie nonna materna; la madre soffre di disturbo depressivo in
internistiche, l’inserimento presso la scuola materna è trattamento farmacologico e psicoterapia. Scolarizzato a
stato a due anni e mezzo senza ansia di separazione, at- 18 mesi, ha presentato ansia di separazione. Attualmen-
tualmente frequenta il secondo anno dell’istituto tecnico te frequenta la II media con alcune difficoltà. Giunge alla
commerciale con sufficiente profitto. L’esordio della sin- nostra osservazione con un quadro clinico caratterizzato
tomatologia attuale risale a pochi mesi prima della con- da idee ossessive somatiche (eccessiva preoccupazione
sultazione, in seguito a un vissuto traumatico (suicidio di centrate su parti del proprio corpo o sul proprio aspetto),
un conoscente del posto). Riferisce idee ossessive a con- legate alla convinzione di essere portatore di odori sgra-
tenuto aggressivo (paura di far male a se stesso o di non ri- devoli. Tale ideazione ossessiva genera compulsioni di
uscire a controllare impulsi indesiderati) o a contenuto di lavaggio e pulizia: Alessandro si lava più volte al giorno
simmetria e ordine (paura che possa succedere qualcosa ed è molto attento alla cura del vestiario. L’atteggiamento
di brutto se le cose non vanno nell’ordine giusto). A tali di fronte a tali condotte è soggetto a fluttuazioni, passan-
pensieri seguono di solito compulsioni di iterazione volte do da livelli di egosintonicità, a fasi di rottura ed emersio-
ad annullare lo stato di angoscia. Da qualche mese è pre- ne di insight. Alla WISC-R risulta un Q.I.T. di 102 (Q.I.V.
sente inoltre una regressione psicoaffettiva con maggiori 109, Q.I.P. 95). Alla CBCL 6-18, ha ottenuto alla Sindrome
richieste d’affetto e progressiva chiusura alle relazioni so- Scale Scores, punteggi borderline alle scala Withdrawn/
ciali. Il paziente descrive le idee ossessive come assurde Depressed (t score 66-b) e punteggi clinici alla scala An-
nel contenuto, intrusive e incontrollabili. Nonostante la xious/Depressed (t score 78-c), Somatic Complaints (t sco-
presenza di insight delinei un quadro abbastanza tipico, re 76-c), Social Problems (t score 75-c), Thought Problems
alcuni elementi associati rendono il caso di particolare (t score 72-c), Attention Problems (t score 86-c), Aggressive
interesse perché il DOC tipico si associa a segni di “pre- Behaviour (t score 83-c); alla Internalizing, Externalizing,
psicosi”. Infatti l’ideazione ossessiva è completamente Total Problems, Other Problems Scale, punteggi clinici
pervasa da aspetti legati all’evento traumatico, la cui ela- alle scale Internalizing Problems (t score 75-c), Externali-
borazione interessa la maggior parte della vita interiore zing Problems (t score 73-c) e Total Problems (t-score 77-
del soggetto, assumendo in alcuni casi la forma di una c). La K-SADS-PL somministrata ai genitori e al paziente è
idea prevalente. Inoltre, il paziente si mostra confuso, risultata positiva all’area DOC e ad alcune caratteristiche
perplesso, talvolta disorganizzato (dato confermato al associate all’area psicotica (comportamenti marcatamente
test di Rorschach), povero nel linguaggio come affetto da bizzarri, compromissione del funzionamento scolastico,
un iniziale impairment cognitivo che si affianca a un de- linguaggio vago, esperienze percettive inusuali). Questo
cadimento nel funzionamento sociale (non esce più con caso è stato descritto per le intense fluttuazioni del livello
piacere) e ad aspetti di derealizzazione e sensazione di di insight del paziente con idee “ossessive” che talvolta as-
cambiamento soggettivo e oggettivo (come emerge dal sumono il carattere di riferimento o francamente paranoi-
test SPI-CY) 33. Alla WISC-R risulta un Q.I.T. di 72 (Q.I.V. dee. Alessandro appare confuso e perplesso, i contenuti
87, Q.I.P. 61). Alla CBCL 6-18, ha ottenuto alla Sindrome del pensiero legati all’odore corporeo risultano invasivi e
Scale Scores, punteggi borderline alle scale Withdrawn/ occupano gran parte della vita immaginativa del sogget-
Depressed (t score 64-b) e Social Problems (t score 63-b) to, con intensa sofferenza di fondo che genera sentimenti
e punteggi clinici alla scala Thought Problems (t score 75- depressivi e talvolta negazione circa la propria situazione.
c); alla Internalizing, Externalizing, Total Problems, Other Il nucleo psicopatologico principale di Alessandro è il di-
Problems Scale, punteggi clinici alle scale Internalizing sturbo del pensiero che allo stato attuale tende a collocarsi
problems (t score 78-c) e Total Problems (t-score 73-c). al limite tra l’idea ossessiva e quella delirante, inoltre la
La K-SADS-PL somministrata ai genitori e al paziente è presenza di disturbi percettivi (sentire odori in assenza di
risultata positiva all’area DOC uno stimolo), nonché disturbi formali del pensiero rendo-
La diagnosi di dimissione è stata: DOC cui è sottesa una no il quadro maggiormente complicato rispetto al DOC
struttura psichica con aree di vulnerabilità. È stata dunque classico. Alessandro è stato dimesso con diagnosi di DOC
prescritta psicoterapia individuale associata a una terapia in soggetto con tratti schizotipici di personalità ed è stata
farmacologica con fluvoxamina (50 mg/die), associata a prescritta psicoterapia individuale di tipo cognitivo com-
379
G. Catone et al.
380
Psicopatologia del disturbo ossessivo-compulsivo atipico in età evolutiva: esame di quattro casi clinici
bero essere mal diagnosticati e di conseguenza trattati La questione del trattamento rappresenta, a nostro avviso,
erroneamente. una decisione ancora oggi complessa. Come già esposto,
Il terzo caso clinico sembrerebbe in accordo con l’ipotesi di l’idea che i casi descritti, cosi come molte delle situazioni
Insel e Akiskal 20. Questi autori hanno descritto un partico- che ci troviamo ad affrontare nella pratica clinica, rappre-
lare sottotipo di pazienti con DOC, definiti come “ossessivi sentino quadri differenti dal comune DOC, da sempre in-
con aspetti psicotici”. Tali pazienti manifestavano in corso quadrato come un disturbo “nevrotico”, ci obbliga a consi-
di malattia dei deliri inquadrabili come stato paranoide e, derare altre strategie. I dati di letteratura suggeriscono che i
sebbene queste manifestazioni psicotiche erano considera- casi di DOC non responsivo agli SSRI possono beneficiare
te dagli autori come fenomeni per lo più transitori, si confi- dal trattamento con farmaci antipsicotici. Inoltre nei casi
gurava un quadro clinico maggiormente grave caratterizza- di diagnosi di Schizofrenia con DOC (circa il 10-25% dei
to scarso insight, ansia e personalità schizotipica. pazienti) i dati suggeriscono una combinazione tra antios-
Il quarto caso clinico si ritrova negli studi di diversi au- sessivi e antipsicotici 41 42. Ci sarebbero quattro situazioni
tori 7 40 41 che hanno riportato l’associazione di sintomi nella quali l’intervento con antipsicotici potrebbe essere
ossessivo-compulsivi in pazienti schizofrenici con peg- considerato per la terapia del DOC: 1) paziente ossessivo-
gioramento globale della sintomatologia psicotica 6 7. compulsivo con scarso insight; 2) paziente schizofrenico
con DOC; 3) DOC con tic; 4) paziente ossessivo compul-
Conclusioni sivo non responders al trattamento con almeno due diversi
SSRI. Le ricerche a sostegno dell’utilizzo di antipsicotici
Da quanto detto in precedenza, risulta evidente che la co- nel DOC sono attualmente poche 35, ma emergono studi
munità scientifica internazionale si è sempre interrogata che esaminano l’utilità di antipsicotici atipici nel DOC. Si
sulle caratteristiche del DOC. La sua comprensione ezio- è visto che pazienti SSRI-resistenti sono suscettibili a note-
patogenetica, la sintomatologia e il trattamento sono sta- voli benefici in seguito all’aggiunta di antipsicotici atipici,
ti oggetto di numerosi lavori che hanno tentato di fornire in una percentuale del 50%. Non sembra invece esservi
strumenti validi per l’ approccio clinico a uno dei distur- posto per una monoterapia antipsicotica nel DOC, ma so-
bi che in campo psichiatrico presenta diverse difficoltà e no necessari ulteriori approfondimenti, avendo notato che
dubbi interpretativi. Il sistema descrittivo e classificativo un sottogruppo di pazienti con DOC, in particolare quelli
dei disturbi psichiatrici che comprende il DOC come qua- con comorbidità con disturbo di personalità schizotipico,
dro sindromico, la cui diagnosi è possibile dalla presenza hanno reali benefici solo in seguito al trattamento con an-
di criteri diagnostici ben precisi, risulta necessario e pre- tipsicotici 36.
zioso al fine di rendere uniforme e codificato il percorso Tuttavia a volte il dilemma del trattamento (SSRI e/o
diagnostico e il trattamento offerto. Tuttavia il solo sistema antipsicotico) deriva dalle ambiguità diagnostiche, sia
descrittivo non può bastare alla mente dello psichiatra che perché pazienti con grave DOC egosintonico potrebbe
deve operare anche un lavoro su altre linee di riflessione. erroneamente essere classificati come schizofrenici, sia
Riteniamo quindi necessario soprattutto nell’approccio al perché i sintomi del DOC potrebbero celare una sotto-
DOC, ricorrere sempre a una diagnosi strutturale del pa- stante psicosi.
ziente da affiancare alla rilevazione dei sintomi e alla loro
interpretazione psicopatologica. La valutazione dello stato
delle strutture mentali deve tenere conto di: 1) riconoscere Bibliografia
l’integrità di apparati come l’intelletto, gli affetti e il sé, 1 American Psychiatric Association. Practice Guideline for
nonché i loro rapporti reciproci, 2) valutare, soprattutto in the Treatment of Patients with Obsessive-Compulsive Disor-
età evolutiva, le modalità di funzionamento mentale, se der. Arlington, VA: American Psychiatric Association 2007.
mature o se è possibile scorgere tracce di meccanismi im- 2 Karno M, Golding JM, Sorenson SB, et al. The epidemiology
maturi o francamente arcaici e 3) in età evolutiva, guardare of obsessive-compulsive disorder in five US communities.
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incontriamo e di collocarli all’interno di organizzazioni Survey Replication. Mol Psychiatry 2010;15:53-63.
nevrotiche o psicotiche. Tali riflessioni si inseriscono ap- 4 Schneider K. Psicopatologia clinica. II edizione italiana.
pieno nel concetto di spettro ossessivo compulsivo, e in Sansoni Editore: Firenze1987.
quest’ottica il sintomo ossessivo-compulsivo deve essere 5 Berrios GE. Obsessive compulsive disorder: its conceptual
considerato l’espressione fenomenologica di quadri psi- history in France during the 19th century. Compr Psychiatry
copatologici differenti che devono essere rilevati e tenuti 1989;30:283-95.
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Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 45/S2
Titolo: Sintomi Depressivi E Disturbi Del Sonno: Fattori Di Rischio E Strategie Di Intervento
Attività N°: 1
RIPASSO ED ESERCITAZIONE
Psicopatologia del disturbo ossessivo-compulsivo atipico in età evolutiva: esame di quattro casi
clinici
Autori: G. Catone1 , P. Bernardo1 , S. Pisano1 , A. Pascotto1 , A. Gritti2
Vi chiedo di leggerlo con attenzione e successivamente di discutere i 4 casi clinici alla luce di
quanto indicato (approcci teorici e descrizione clinica) sul volume di Di Pentima
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 45/S3
Titolo: Sintomi Depressivi E Disturbi Del Sonno: Fattori Di Rischio E Strategie Di Intervento
Attività N°: 1
RIPASSO ED ESERCITAZIONE
Psicopatologia del disturbo ossessivo-compulsivo atipico in età evolutiva: esame di quattro casi
clinici
Autori: G. Catone1 , P. Bernardo1 , S. Pisano1 , A. Pascotto1 , A. Gritti2
Vi chiedo di leggerlo con attenzione e successivamente di discutere i 4 casi clinici alla luce di
quanto indicato (approcci teorici e descrizione clinica) sul volume di Di Pentima
TRATTAMENTO PSICOLOGICO
Allo stato attuale, sono ancora poche le evidenze scientifiche sull’efficacia dei vari
trattamenti per i disturbi depressivi in età evolutiva. Solo negli ultimi 5-10 anni sono
state prodotte alcune evidenze scientifiche specifiche sugli interventi
psicoterapeutici e psicofarmacologici nei bambini e negli adolescenti.
In queste slide è presentata una panoramica di tutti i trattamenti esistenti che verranno
poi approfonditi.
TRATTAMENTO
In età evolutiva è possibile mettere in atto strategie di intervento che si basano sulla
capacità dell’ambiente di incidere biologicamente sul substrato neurobiologico.
Soprattutto nella fascia di età 0-3 anni esiste una plasticità del sistema nervoso centrale
che è aperta alle influenze ambientali, le quali possono determinare dei riadattamenti
sistemici della trama neurobiologica e influenzare lo sviluppo successivo.
L’ambiente è critico e determinante nel plasmare biologicamente il SNC in formazione e in
crescita; pertanto, occorre pilotarlo nella “patologia”, per favorire il riadattamento e la
riorganizzazione sistemica in termini neurobiologici.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 46/S1
Titolo: DEPRESSIONE INFANTILE: INTERVENTI PSICOLOGICI
Attività N°: 01
In una prima fase è sempre utile un intervento di counseling che, attraverso lo strumento
del colloquio a due o di gruppo, fornisce informazioni, chiarimenti, suggerimenti e
consigli
relativi al disturbo depressivo e ai trattamenti disponibili. L’intervento di counseling
deve avere il fine di migliorare aree più ampie di funzionamento del minore o
della sua famiglia.
E’ necessario che l’ascolto sia di tipo attivo, che focalizzi l’attenzione interamente su ciò
che l’altra persona sta dicendo e confermi la comprensione sia del contenuto del
messaggio sia delle emozioni e dei sentimenti sottesi.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 46/S1
Titolo: DEPRESSIONE INFANTILE: INTERVENTI PSICOLOGICI
Attività N°: 01
Tale fase di conoscenza già di per se stessa assume una forte valenza terapeutica, in
quanto aiuta i genitori a riflettere e a rileggere una serie di esperienze emozionali e
relazionali, quale premessa necessaria per sperimentare nuove strategie di
fronteggiamento.
TRATTAMENTO
Psicoterapie
Ulteriori studi sono necessari per individuare i soggetti che sono probabilmente più
sensibili all’azione dei diversi trattamenti psicoterapeutici. Globalmente, sulla base dei dati
pubblicati, circa il 40-65% dei soggetti trattati ha una risposta favorevole al
trattamento psicoterapeutico.
Dai dati della letteratura emerge che gli interventi individuali sembrano essere più efficaci
rispetto a quelli familiari.
E’ opportuno, all’inizio di una psicoterapia, porsi dei tempi per la valutazione di efficacia
del trattamento. Tali tempi dovrebbero tener conto maggiormente delle caratteristiche
cliniche del disturbo piuttosto che delle differenze nella tecnica di intervento
psicoterapeutico.
L’intervento psicoterapeutico appare anche utile nei disturbi depressivi al di fuori della
fase acuta, in quanto esso sembra ridurre il rischio di ricadute.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 46/S3
Titolo: DEPRESSIONE INFANTILE: INTERVENTI PSICOLOGICI
Attività N°: 01
TRATTAMENTO
Interventi di prevenzione
Alcuni interventi con impostazione sociologica sono tesi a creare condizioni sociali di
minore rischio depressivo, attraverso la riduzione di stressors ambientali generali e
hanno, come destinatari, tutti i soggetti della popolazione.
Altri interventi preventivi sono più direttamente mirati su popolazioni a rischio, quali
bambini o adolescenti con sintomi sottosoglia, individuati con progetti di screening,
soggetti con pregressi episodi depressivi o altre psicopatologie che aumentano il rischio
depressivo, figli di soggetti con disturbo depressivo e/o bipolare e bambini ed adolescenti
che hanno subito esperienze vitali particolarmente sfavorevoli (es. lutti familiari, abuso,
ecc.).
La validazione di tali interventi, così come la pratica realizzabilità in relazioni alle risorse
terapeutiche disponibili, sono ancora in discussione.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 46/S3
Titolo: DEPRESSIONE INFANTILE: INTERVENTI PSICOLOGICI
Attività N°: 01
Per riassumere quanto detto finora sui trattamenti non farmacologici, è possibile fare
riferimento a questa tabella conclusiva.
INTERVENTO PSICOEDUCATIVO
Alleanza terapeutica con bambino e famiglia
PSICOTERAPIE
Interventi individuali, di gruppo, familiari.
Diversi orientamenti, in rapporto a scelte personali piuttosto che a caratteristiche
cliniche o personologiche del soggetto.
Efficacia nel 40-65% dei soggetti trattati.
Necessità di porsi dei limiti temporali per la valutazione di efficacia.
Predittori negativi di efficacia:
- Gravità
- Comorbidità
- Sintomi psicotici
- Rischio suicidario
- Cronicità o elevata ricorrenza
- Svantaggio psicosociale
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 46/S3
Titolo: DEPRESSIONE INFANTILE: INTERVENTI PSICOLOGICI
Attività N°: 01
PREVENZIONE PSICOSOCIALE
Interventi sui soggetti a rischio
a)Sintomi subclinici
b)Pregressi episodi
c)Familiarità depressiva
d)Esperienze vitali negative
Per questa e per la prossima sessione è prevista la realizzazione di un’aula virtuale sul tema del disturbo ossessivo-
compulsivo
Controllate il calendario.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 47/S1
Titolo: Aule Virtuali Su Disturbo Ossessivo-compulsivo E Depressione
Attività N°: 1
Per questa e per la prossima sessione è prevista la realizzazione di un’aula virtuale sul
tema del disturbo ossessivo-compulsivo
Controllate il calendario.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 47/S2
Titolo: Aule Virtuali Su Disturbo Ossessivo-compulsivo E Depressione
Attività N°: 1
Per questa e per la prossima sessione è prevista la realizzazione di un’aula virtuale sul
tema del disturbo depressivo in età evolutiva
Controllate il calendario.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 47/S3
Titolo: Aule Virtuali Su Disturbo Ossessivo-compulsivo E Depressione
Attività N°: 1
Per questa e per la prossima sessione è prevista la realizzazione di un’aula virtuale sul
tema del disturbo depressivo in età evolutiva
Controllate il calendario.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 48
Titolo: LA DEPRESSIONE
Attività n°: 1
LA DEPRESSIONE
Normalmente il bambino, all’interno della relazione con gli adulti di riferimento, amplia
progressivamente la sua possibilità di vivere ed esprimere le emozioni. Ha già
studiato come nei primi anni di vita il piccolo faccia esperienza di un’ampia varietà di
emozioni. “Il bambino emotivamente sano è curioso, assertivo ed esplorativo” (PDM
Task Force, 2006; Pani et al., 2009).
Quando i livello di affettività positiva sono bassi, mentre le emozioni negative sono
prevalenti, si parla di depressione.
Tenete presente che fino agli anni ’70 si riteneva che i bambini non potessero
presentare sintomi depressivi in ragione dell’immaturità delle loro strutture di
personalità
E’ soltanto a partire dagli anni ‘70 che si inizia a riconoscere la presenza di una
sintomatologia depressiva anche in infanzia e negli anni ‘80 si applicano gli stessi
criteri degli adulti per la diagnosi di depressione maggiore.
Più recentemente, si stanno mettendo a punto criteri diagnostici specifici per l’età
evolutiva e si stanno delineando con maggiore precisione gli aspetti di divergenza e
continuità tra infanzia e età adulta.
Il DSM-5 ad esempio descrive i quadri sintomatologici dei disturbi, delineando le
differenze opportune che riguardano adulti e bambini (in termini di tipologia di
sintomi e durata degli stessi) e introduce una nuova categoria diagnostica per l’età
evolutiva il disturbo dirompente da disregolazione dell’umore.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 48/S1
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività N°: 1
Età scolare
Billy
(APA, 2003)
Billy, un bambino afroamericano di 7 anni, viene portato in una clinica di salute mentale
da sua madre perché “è infelice e si lamenta sempre di stare male”. Vive con i suoi
genitori, suo fratello minore e sua nonna.
Esercitazione
Anche per questo caso, le chiedo di sottolineare quali segnali, tipici dell’età considerata, le fanno pensare a una
malattia depressiva. Sintetizzi le sue riflessioni sul forum
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 48/S1
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività N°: 1
La madre descrive Billy come un bambino che non è mai stato felice e che non ha mai voluto
giocare con gli altri bambini. Dall’epoca in cui aveva iniziato la scuola dell’infanzia, aveva
lamentato gastralgie, mal di testa e altri problemi fisici vari, più marcati al mattino quando era
pronto per andare a scuola. Negli ultimi mesi le sue lamentele somatiche erano aumentate,
suggerendo la necessità di un esame fisico completo, che risultò nella norma.
Billy si era sentito bene durante il primo anno di scuola, ma adesso che frequenta il secondo ha
difficoltà ad impegnarsi. Impiega molto tempo a svolgere i compiti e frequentemente sente che li
deve rifare in modo da renderli “perfetti”. A causa delle frequenti lamentele somatiche, è difficile
farlo andare a scuola al mattino. Se gli permettono di stare a casa, si preoccupa di rimanere
indietro con i compiti.
Quando va a scuola, spesso è incapace di concentrarsi, il che lo fa sentire frustrato.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 48/S1
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività N°: 1
Per riuscire a trascorrere la giornata, porta con sé una nota che ha fatto scrivere da sua madre:
“Oggi tu non esci presto da scuola. Se senti che devi fare i tuoi compiti numerose volte, per
favore fai proprio il meglio che puoi. Non pensare a che ore sono e il tempo scorrerà
rapidamente”.
Le sue preoccupazioni si sono estese al di là dell’ambito scolastico, e spresso è insistente ed
esigente con i suoi genitori. Teme che se i suoi genitori tornato a casa tardi, o partono e vanno
in qualche luogo senza di lui, possa loro accadere qualcosa. Nelle due settimane precedenti ha
insistito perché suo fratello minore dormisse con lui, perché aveva paura ad andare a dormire di
notte da solo.
Sebbene la madre di Billy sappia che lui no né mai stato realmente felice, negli ultimi 6 mesi si
rende conto che è diventato molto più depresso. Frequentemente si trascina per la casa,
dicendo che è troppo stanco per fare qualunque cosa. Non si interessa o non si diverte
giocando. Il suo appetito è diminuito. Ha difficoltà ad addormentarsi e spesso si alza nel cuore
della notte o presto al mattino.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 48/S1
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività N°: 1
Tre settimane fa aveva detto per la prima volta di voler morire, e che forse si sarebbe sparato.
La madre di Billy era rimasta incinta due mesi dopo il matrimonio. Non si sentiva pronta per un
bambino. In gravidanza era ipertesa ed emotivamente turbata. Il parto fu complicato
dall’ipertensione che si aggravava. Al momento del parto Billy andò in arresto cardiaco. Durante
la prima settimana di vita, presentò vomito a getto, che durò per due settimane. Ha avuto
enuresi notturna fino ad un anno fa.
Durante il colloquio Billy permise a sua madre di andare in un’altra stanza per essere intervistata,
ma dopo 20 minuti si fece molto agitato, cominciò a piangere ed insistette per essere portato da
lei. Fu disponibile a sedere fuori dalla stanza dove era sua madre, solo a condizione che la
porta fosse aperta e potesse vederla.
Billy non fu in grado di completare un elenco di sintomi (ideato per bambini della sua età) che gli era
stato consegnato al momento della valutazione. Sentiva che doveva ottenere un elenco perfetto
e chiese che gli fosse permesso di portare i fogli a casa per poter terminare. Cominciò a
preoccuparsi di non riuscire a completare la lista.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 48/S1
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività N°: 1
Adolescenza
Esercitazione
Anche per il caso di seguito indicato, le chiedo di sottolineare quali segnali, tipici dell’età considerata, le fanno
pensare a una malattia depressiva. Le chiedo di sintetizzare le sue riflessioni sul forum
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 48/S2
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività N°: 1
George
(APA, 2003)
Quando fu trovato, era cianotico e semincosciente. Era stato ammesso al centro il giorno prima e il
suo comportamento era stato di isolamento nei confronti di ciò che lo circondava.
Al momento del ricovero, George è riluttante a parlare, eccetto che per dire che voleva uccidersi e
che nessuno poteva fermarlo. Comunque, racconta una storia di due settimane di umore
depresso, difficoltà a dormire, calo dell’appetito e degli interessi, sentimenti di colpa e ideazione
suicidaria.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 48/S2
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività N°: 1
Secondo i genitori, George non aveva avuto alcuna difficoltà emotiva fino a che, all’età di 13 anni,
aveva iniziato a far uso di stupefacenti, soprattutto LSD, marijuana e sedativi non oppioidi. I suoi
voti erano peggiorati drasticamente, era fuggito da casa in alcune occasioni dopo discussioni
con i genitori e aveva compiuto un gesto suicida con un’overdose di aspirina. Un anno dopo, in
seguito a una discussione con il preside, fu espulso da scuola. Incapaci di controllare il suo
comportamento, i suoi genitori lo avevano fatto esaminare in una clinica per disturbi mentali e
venne loro consigliato di portarlo in una casa-famiglia. Apparentemente stava bene in questa
casa e il suo rapporto con i genitori migliorò enormemente con la terapia familiare.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 48/S2
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività N°: 1
Ritornò piuttosto responsabile nel mantenere un lavoro e nel frequentare la scuola e non venne
coinvolto in attività illegali, incluso l’uso di stupefacenti.
Sei mesi prima del ricovero in ospedale, tuttavia, George aveva di nuovo fatto uso di stupefacenti e,
in due settimane, era stato coinvolto in 10 violazioni di domicilio con scasso, tutte da solo.
Ricorda che era depresso in quel momento, ma non sa dire se il cambiamento di umore era
avvenuto prima o dopo la ripresa dell’uso di stupefacenti. Fu allora portato al centro giovanile di
detenzione, dove stesse così bene che fu riaffidato ai genitori 3 settimane prima del ricovero.
Un giorno dopo il ritorno a casa, impulsivamente partì con i suoi amici su un’auto rubata per un
viaggio nel Texas, fu preso e riammesso nel centro di detenzione.
La depressione di George iniziò poco dopo e, secondo lui, la sua colpa per ciò che aveva fatto ai
suoi genitori lo aveva portato al tentativo di suicidio.
Corso di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione n°: 48/S3
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività n°: 1
Disturbo bipolare
Il disturbo bipolare è piuttosto raro (si manifesta dai 6-7 anni) ed è caratterizzato da instabilità e
intensità dell’umore.
Esercitazione
Sottolinei quali segnali, le fanno pensare a un disturbo di tipo bipolare
Le chiedo di sintetizzare le sue riflessioni sul forum
Corso di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione n°: 48/S3
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività n°: 1
I bambini bipolari hanno reazioni imprevedibili e oscillazioni rapide dell’umore, sono ad alto rischio di
fare male a sé e agli altri. Le relazioni, l’immagine di sé, il rendimento scolastico e ogni area
della vita sono gravemente compromessi.
Spesso questi bambini e adolescenti ricevono diverse diagnosi (es. soprattutto disturbi del
comportamento; sono associati anche: disturbo alimentale, abuso di sostanze, fobia…) prima
che venga diagnosticato il disturbo bipolare. Specialmente nei bambini, è difficile riscontrare i
cicli di umore degli adulti, ma sono frequenti i problemi comportamentali (euforia, impulsività…).
Un buon numero di bambini e adolescenti che ha ricevuto una diagnosi di depressione, in seguito
riceverà una nuova diagnosi di disturbo bipolare.
Il ruolo dei fattori organici e dell’ereditarietà dell’ereditarietà della malattia è attualmente oggetto di
studio nei bambini.
Corso di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione n°: 48/S3
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività n°: 1
Due esempi
(PDM, 2006)
Un bambino di 9 anni, che oscillava tra una grande agitazione e una grande rabbia, aveva attaccato
fisicamente le sorelle perché “me la fanno sotto il naso e giocano con le mie cose”. Pensava di
essere giustificato a comportarsi in quel modo e agiva in modo eccitato “come se fossi un
guerriero che difende il suo castello” (il bambino giocava con molti videogiochi). Quando i genitori
tornavano a casa lo sgridavano perché aveva fatto male alle sorelle. Allora provava rimorso,
minacciava di buttarsi dalla finestra e diventava molto triste. In questi momenti di “down” si
arrabbiava con se stesso e parlava di quanto fosse cattivo. Questo pattern era continuato per molti
mesi. Quando aveva iniziato a brandire un coltello da cucina, i genitori lo avevano portato in
terapia temendo che potesse fare del male a se stesso o a qualcuno della famiglia. In seduta
diceva in modo agitato di essere pazzo, dichiarava che le persone non potevano più fargli questo o
quello e poi precipitava in uno stato di autorecriminazione in cui diceva che meritava di morire
come uno zio deceduto di recente.
Corso di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione n°: 48/S3
Titolo: Ripasso E Esercitazione Su Depressione
Attività n°: 1
Un bambino di 10 anni aveva appena iniziato a frequentare una scuola per bambini con problemi emotivi. Aveva una
lunga storia di distruttività e aveva ricevuto varie diagnosi di disturbo da deficit di attenzione/iperattività, disturbo
della condotta, disturbo oppositivo provocatorio e disturbo del controllo degli impulsi.
Gli erano stati prescritti diversi farmaci, ma il loro effetto era stato limitato. A causa del suo comportamento, che
era durata dai 6 ai 9 anni, era stato espulso da vari corsi scolastici. In classe agiva in modo molto “sciocco”
arrampicandosi sui banchi, provocando gli insegnanti e gli altri bambini e imitando il canguro. Sembrava che non
riuscisse a fermarsi e aveva detto al terapeuta che avrebbe voluto essere in grado di farlo.
Descriveva irritabilità cronica e ideazione paranoide occasionale, come il convincimento che fossero gli altri
bambini a provocarlo e a prenderlo in giro.
La madre, anche lei un po’ ipomaniacale, aveva rivelato con una certa vergogna che venti anni prima a suo padre
era stato diagnosticato un disturbo maniaco-depressivo.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 49
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 2
Il contenuto della lezione va studiato sulle slide. Chi fosse interessato ad approfondire
l’argomento può leggere:
Premessa
Un lutto è un evento tragico, soprattutto quando colpisce un bambino nei primi anni di vita e riguarda una
figura di riferimento che per il bambino rappresenta una fondamentale fonte di amore, di sicurezza e
quindi di benessere.
Tale morte ha spesso la caratteristica di essere prematura ed improvvisa in quanto causata da incidenti, violenza,
suicidio, disgrazie, piuttosto che da situazioni legate all’invecchiamento.
La modalità nella quale si verifica la morte di una persona cara al minore
determina spesso l’effetto che questa ha su di lui: se la morte è l’esito di una lunga malattia il minore in genere saprà
affrontare l’evento con l’aiuto degli adulti di riferimento, mentre una morte improvvisa, o ancor peggio violenta, rischia
di far crollare improvvisamente il sostegno emotivo e la protezione dell’altro genitore e dei parenti, proprio quando il
bambino ne ha più bisogno, facendolo sentire a sua volta in pericolo ed abbandonato a se stesso.
Nel caso estremo in cui il bambino abbia assistito alla morte violenta del genitore, poi, egli sarà esposto a ricordi di
violenza che spesso possono diventare ricordi traumatici intrusivi ed interferire con la capacità del minore di elaborare il
lutto, in quanto il bambino non riuscirà a ricordare il genitore senza ricordare anche la scena della sua morte.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 49
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 2
Concetto di morte
Prima di procedere con la descrizione delle tappe che portano il bambino ad una piena comprensione
del concetto di morte è necessario definire i cinque termini più discussi nelle ricerche che valutano
tale concetto nei bambini:
Non funzionalità: la comprensione che la morte porta alla cessazione delle funzioni vitali;
· Irreversibilità: la comprensione che la morte porta ad una fine e che quindi una volta morti
non si può tornare in vita;
· Universalità: la comprensione che la morte è inevitabile per le cose viventi e che
conseguentemente tutti gli esseri viventi muoiono;
· Causalità: la comprensione delle cause che portano alla morte;
· Mortalità personale: concetto legato all’universalità ma vi è la comprensione aggiuntiva che
anche per sé stessi vi sarà la morte.
Concetto di morte
PRIMA DEI 3 ANNI
la problematica della morte non è affatto ignorata, i piccoli si accorgono del fenomeno (per esempio
manifestando stupore e compassione di fronte alla morte di un insetto) e cominciano a differenziare
sempre più la morte dal dormire o dalla malattia, considerandola sempre più come uno stato
contrapposto alla vita e riconoscendone sia alcune cause (come incidente, aggressione con armi) sia
alcuni effetti, come l’assenza di movimento.
Essa viene però ancora vista del bambino come una separazione limitata, una specie di vita ridotta, un
evento temporaneo, come un viaggio o un lungo sonno. A 3 anni, infatti, il bambino non ha ancora
compreso che la morte è irreversibile, universale e porta alla cessazione delle funzioni vitali. Il bambino
comincia anche a capire che la morte può accadere anche a sé stesso e ai propri genitori, e quindi inizia
a provare ansia di separazione e paura di aggressione. A questa età però non comprende ancora il
principio della non funzionalità e attribuisce al defunto sentimenti e funzioni vitali.
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Lezione N°: 49
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 2
Concetto di morte
• R eazioni Em otive: tristezza, rabbia, ansia, appiattimento emotivo, stordimento, solitudine, colpa,
impotenza, vergogna, insicurezza, rimorso.
• I nterazioni interpersonali:
ritiro, isolamento sociale e comportamenti aggressivi
Non è vero che il dolore faccia bene che “tempri il carattere” o sia “formativo”. Il dolore FA
MALE, fa SEMPRE MALE
Bowlby: se desideriamo aiutare una persona colpita da una perdita, é essenziale guardare le
cose dal suo punto di vista e rispettare le sue sensazioni anche se alcune di esse possono
apparirci non realistiche. Occorre essere disposti a prendere in discussione ogni
speranza, desiderio assieme a ogni rimpianto, rimprovero e delusione.
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Lezione N°: 49/S1
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 2
Comporta grandi trasformazioni delle immagini mentali sia di sé sia della persona perduta che potrà venire
conservata soltanto in quanto sarà trasformata in ricordo. E così anche il legame con la persona verrà
ad essere trasformato:
-Assicurarsi che il bambino riceva informazioni corrette sulla malattia o sulle circostanze della
morte. Correggere ogni malinteso o informazione sbagliata
-Ristabilire la routine il più presto possibile: ritornare alla consueta e prevedibile vita familiare
aiuta a minimizzare le paure che il futuro del bambino sarà minacciato dalla perdita
-Aiutare a mantenere i legami coi coetanei, offrendo opportunità di incontro senza fare pressioni
- La maggior parte dei bambini traggono vantaggio dal poter dire “addio” alla persona
scomparsa, riponendo ad esempio un oggetto sulla tomba.
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Lezione N°: 49/S2
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 1
BOWLBY:
Nella famiglia in cui sono cresciuti e con cui sono ancora in rapporto, il comportamento di
attaccamento del bambino veniva/viene considerato come qualcosa che deve scomparire
prima possibile.
In tali famiglie, il pianto, le manifestazioni di protesta alla separazione vengono considerate
come infantili e la collera o la gelosia come riprovevoli..
-prima di tutto che egli abbia goduto di un rapporto ragionevolmente sicuro con i genitori, prima della
perdita;
-in secondo luogo, che lo si informi tempestivamente e in modo esatto di quanto é accaduto,
permettendogli di fare tutte le domande che vuole, e rispondendo nella maniera più onesta possibile, in
modo da farlo partecipare al dolore della famiglia,
- in terzo luogo che possa godere della presenza consolante del genitore superstite, o se questo non é
possibile di un sostituto che il bambino conosca e in cui abbia fiducia, con l'assicurazione che il
rapporto continuerà in futuro.
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Lezione N°: 49/S2
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 1
Toddler:; spiegare con un linguaggio adatto all’età che la persona amata è morta; usare i termini
morte/morto e non altri confondenti;
rispondere alle sue domande; spiegare che è giusto piangere; chiarire al bambino che non è lui la causa della
morte; se possibile coinvolgerlo nella preparazione del funerale e prepararlo al funerale
6-9 anni: chiedere al bambino cosa ha capito e cosa vuole sapere; seguire le sue domande; usare termini come
morto o morte; affrontare le sue paure, farlo giocare.
10-12 anni: essere onesti, fornire i dettagli se richiesti, coinvolgerlo nei preparativi, spiegare i sentimenti, offrire
calore comprensione e supporto
Teens: essere onesti, parlare della morte; incoraggiarli a parlare con altri adulti se trovano difficoltoso parlare
coi genitori; incoraggiare i genitori a parlare e a piangere davanti al figlio, incoraggiare i genitori a esprimere
apprezzamenti al figlio, garantirgli la sua privacy.
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Lezione N°: 49/S2
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 1
I soggetti con PGD sono essenzialmente bloccati, cristallizzati in una condizione di lutto cronico;
intensa sensazione di nostalgia e struggimento per la persona persa e il desiderio che la vita ritorni
alle condizioni precedenti all’evento.
Incapacità nel concentrarsi su qualunque cosa che non riguardi la perdita del proprio caro.
Può essere molto difficile da distinguere dal Disturbo post-traumatico da stress: qui c’è maggior tendenza alla letargia, al ritiro e
alla depressione e all’apatia, mentre nel Disturbo post-traumatico da stress c’è maggior tendenza alla riproduzione ansiosa
dell’evento e di pattern compulsivi.
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Lezione N°: 49/S3
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 1
Se il bambino è stato testimone della morte violenta o/e improvvisa di un caregiver le sue normali
reazioni si presenteranno con modalità specifiche che potranno includere la rievocazione di ricordi
traumatici quali suoni, immagini, odori legati all’evento anche quando il bambino ricorderà il suo caro da
vivo.
Nel bambino sarà anche forte la preoccupazione di subire la stessa morte del genitore.
Anche se il bambino non assiste personalmente alla morte improvvisa o/e violenta è facile che possa
essere vittima di traumi sostitutivi derivati dall’ascolto di descrizioni ripetute dell’evento fatte da altri
(convinti che il piccolo non sia in grado di capire) o semplicemente osservando l’intensa sofferenza che
l’altro genitore e i parenti manifestano attorno a lui.
“Bambini di 18 mesi, o anche più piccoli, possono formarsi immagini mentali sulla base di descrizioni
verbali, specialmente se l’argomento è di particolare importanza per loro. Queste immagini mentali
possono derivare dalla
visione delle facce sconvolte o dalle voci agitate degli adulti vittime del lutto che circondano il bambino”
(Lieberman et al. 2003, p. 45).
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Lezione N°: 49/S3
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 1
In questi casi le reazioni posttraumatiche interferiscono con il processo di elaborazione del lutto.
I ricordi/i pensieri, le emozioni relative alla persona deceduta possono sollecitare le memorie spaventose relative alla modalità
del decesso.
E poiché tali ricordi sono altamente spiacevoli e sconvolgenti il bambino cerca di evitare tutto ciò che può
ricordare la perdita.
In altri termini tali strategie di evitamento impediscono il normale processo di elaborazione del lutto.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 49/S3
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 1
Le difficoltà comprendono:
• Evitamento e appiattimento: ritiro, evitare di ricordare la persona e/o il modo in cui è morta;
• Sintomi fisici o emotivi di accresciuto arousal: irritabilità, ansia problemi nel sonno, diminuita
concentrazione, mal di stomaco, mal di tesa, paure circa la sicurezza propria e delle altre persone,
vigilanza….
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 49/S3
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 1
IL SUICIDIO DI UN GENITORE
Il suicidio costituisce una azione difficile da comprendere sia per gli adulti che per i
bambini.
In genere gli adulti tendono a proteggere il bambino circa la veridicità dei fatti nel
desiderio erroneo di proteggere il bambino. Di fatto il bambino può aver compreso
quanto accaduto sia da solo sia dopo aver ascoltato alcuni “dettagli” da altri e può
sviluppare sentimenti di rabbia, confusione, colpa.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 49/S3
Titolo: La Perdita Della Relazione: Il Lutto Nei Bambini
Attività N°: 1
IL SUICIDIO DI UN GENITORE
Gli adulti rispondono al suicidio con reazioni conflittuali: RABBIA per essere stati abbandonati,
rifiutati e colpa … sentimenti che possono interferire con l’elaborazione del lutto. Spesso non
riescono a parlare dei loro sentimenti, provano vergogna e si isolano socialmente.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 50
Titolo: IL CONTESTO EZIOPATOLOGICO
Attività n°: 1
IL CONTESTO EZIOPATOLOGICO
Quando parliamo di psicopatologia è facile incorrere in un pensiero di tipo deterministico
e lineare: a una certa causa (organica o ambientale) segue una certa patologia.
Questo ci accade, ad esempio, quando definiamo “depressione” quelle manifestazioni
secondarie a una perdita. Si tratta di una spiegazione riduttiva e, a volte, anche non
vera.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 50
Titolo: IL CONTESTO EZIOPATOLOGICO
Attività n°: 1
Esperienza di perdita
La perdita può essere reale e avere degli effetti destinati a durare nel tempo: morte di uno o
di entrambi i genitori, di un membro della famiglia, di un adulto molto amato dal
bambino (nonno, balia…), separazione brusca e completa sia per la scomparsa di un
parente (separazione dei genitori, partenza di un fratello…) sia per l’allontanamento del
bambino stesso (ospedalizzazione, affidamento non preparato a una famiglia o a un
istituto…).
L’evento sembra essere tanto più traumatico quanto più il bambino è in un’età critica (dai 6
mesi ai 4-5 anni) e quanto più gli vengono a mancare i punti di riferimento stabili
(cambiamento di ambiente, scomparsa dei fratelli).
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 50
Titolo: IL CONTESTO EZIOPATOLOGICO
Attività n°: 1
1) ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell'evento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni. Nei bambini piccoli si
possono manifestare giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti riguardanti il trauma
2) sogni spiacevoli ricorrenti dell'evento. Nei bambini possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto
riconoscibile
3) agire o sentire come se l'evento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere l'esperienza, illusioni,
allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione).
Nei bambini piccoli possono manifestarsi rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma
4) disagio psicologico intenso all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche
aspetto dell'evento traumatico
5) reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto
dell'evento traumatico.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 50/S1
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma
Attività N°: 1
2) sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma
7) sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli, o
una normale durata della vita).
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 50/S1
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma
Attività N°: 1
CRITERIO D. Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come indicato da
almeno due dei seguenti elementi:
CRITERIO F. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale,
lavorativo o di altre aree importanti.
E' necessario specificare se il PTSD è "acuto" (se la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi), "cronico" (se la
durata dei sintomi è 3 mesi o più), oppure "ad esordio ritardato" (se l'esordio dei sintomi avviene almeno 6
mesi dopo l'evento stressante).
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 50/S2
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma
Attività N°: 1
B. Presenza di uno (o più) dei seguenti sintomi associati all’intrusione dell’evento traumatico,
con esordio successivo al verificarsi dell'evento traumatico:
Ricordi angoscianti ricorrenti, involontari ed intrusivi dell'evento traumatico
Sogni spiacevoli ricorrenti in cui il contenuto è relativo all'evento traumatico
Reazioni dissociative (es. flashback), in cui l'individuo si sente o si comporta come se l'evento traumatico sta verificandosi
Disagio psicologico intenso o prolungato all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o somigliano a
qualche aspetto dell'evento traumatico
Marcate reazioni fisiologiche a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o somigliano ad un aspetto dell'evento
traumatico
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 50/S2
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma
Attività N°: 1
Criterio C
C. Evitamento persistente degli stimoli associati all'evento traumatico, con esordio
successivo al verificarsi dell'evento traumatico, come evidenziato da uno o
entrambi i seguenti:
Evitamento o sforzi per evitare ricordi angoscianti, pensieri o sentimenti strettamente
associati all'evento traumatico
Evitare o sforzi per evitare stimoli esterni (persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti,
situazioni) che suscitano ricordi angoscianti, pensieri o sentimenti relativi o strettamente
associati all'evento traumatico
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Lezione N°: 50/S2
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma
Attività N°: 1
Il disturbo da stress post-traumatico nei bambini rappresenta il corrispettivo del disordine da stress
post-traumatico per gli adulti.
Nel DSM IV sono presenti delle specificazioni riguardanti la diagnosi di tale disordine nei bambini e
adolescenti (e comunque non per ciascun criterio) e molto di frequente diagnosi di PTSD sono
assegnate a individui minori dei 15 anni di età, considerata anche la diffusa presenza del disturbo in
bambini di età scolare o prescolare.
Nel DSM-5 il Disturbo da stress post-traumatico è stato legato allo sviluppo abbassando l’età ai sei
anni e fornendo criteri specifici per bambini di età inferiore ai 6 anni Ecco i criteri:
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 50/S3
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma
Attività N°: 1
B) Sintomi intrusivi che sono associati all’evento traumatico (che sono iniziati dopo
l’evento traumatico), come è evidenziato da uno o più dei seguenti:
1. Ricordi sgradevoli, spontanei, ricorrenti e intrusivi dell’evento traumatico
2. Sogni ricorrenti e sgradevoli relativi all’evento traumatico
3. Stati dissociativi durante i quali il bambino sente o agisce come se l’evento
traumatico stesse accadendo in quel momento
4. Intenso o prolungato disagio psicologico all’esposizione di eventi scatenanti che
assomigliano o simbolizzano un aspetto dell’evento traumatico
5. Marcata reattività fisiologica ai ricordi dell’evento traumatico
Un sintomo tra C E D
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 50/S3
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma
Attività N°: 1
C) Persistente evitamento degli stimoli associati al trauma, come evidenziano gli impegni ad evitare:
1. Attività, luoghi o pensieri ricollegati all’evento traumatico
2. Persone, conversazioni o situazioni ricollegati all’evento traumatico
D) Alterazioni negative dei pensieri e dell’umore che sono associati all’evento traumatico, come è
evidenziato da uno o più dei seguenti:
1. Sostanziale aumento della frequenza di stati emozionali negativi
2. Marcata diminuzione dell’interesse o partecipazione ad attività significative, inclusa una restrizione del
gioco
3. Ritiro sociale
4. Persistente riduzione dell’espressione di emozioni positive
E) Alterazioni dell’arousal e della reattività che sono associate all’evento traumatico,come
evidenziano due o più dei seguenti:
1. Irritabilità, rabbia o comportamento aggressivo ,inclusa un’estrema tendenza ai capricci
2. Comportamento impulsivo o auto-distruttivo
3. Ipervigilanza
4. Risposte di sussulto esagerate
5. Difficoltà di concentrazione
6. Disturbi del sonno
F) La durata del disturbo è superiore a un mese
G) Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o difficoltà di relazione con i genitori, fratelli,gruppo dei
pari, altri caregivers o insegnanti.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
Eventi in cui il bambino ha avuto a che fare, più o meno direttamente, con minacce alla
vita o con la scomparsa di qualcuno o con minacce all’integrità fisica e/o psicologica
propria o di persone care.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
PTSD nell’infanzia
(Classificazione Diagnostica: 0-3)
a) risperimentazione del trauma: gioco post-traumatico che riproduce concretamente, in
modo compulsivo e senza elaborazione simbolica alcuni aspetti dell’esperienza
traumatica; affermazioni e domande ricorrenti sull’evento; reazioni di angoscia alla
sollecitazione del ricordo, incubi; episodi dissociativi in cui l’evento viene riprodotto
senza che il bambino ne sia consapevole;
A) Trattamento farmacologico
La sintomatologia in fase acuta del Disturbo Post Traumatico da Stress spesso
è caratterizzata da gravi livelli di ansia, terrore e disperazione accompagnati da
insonnia. Quindi risulta opportuno valutare la necessità di associare
all’intervento psicologico, specialmente nelle prime fasi del trattamento, un
trattamento farmacologico che attenui l’intensità della sintomatologia ansiosa
potenziando l’azione psicoterapeutica. Da un punto di vista farmacologico, gli
antidepressivi Inibitori Selettivi della Serotonina (SSRI), in particolare
paroxetina e sertralina, si sono mostrati utili nell’attenuazione dei sintomi
disturbanti.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51/S1
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
B) Trattamento psicoterapeutico
Dopo un’approfondita fase di valutazione della situazione e una accurata
concettualizzazione del caso, l’intervento psicoterapeutico per il Disturbo Post Traumatico
da Stress si articola in diverse fasi:
Definizione e gestione dei problemi “urgenti” per il paziente (es. la compromissione della
funzionalità quotidiana a causa degli evitamenti)
Costruzione di una relazione terapeutica sicura e collaborativa per il paziente
Fornire informazioni sul disturbo
Stabilizzare i sintomi più perturbanti con l’utilizzo di tecniche di gestione dei sintomi (es.
tecniche di rilassamento)
Lavorare sulle memorie traumatiche mediante l’esposizione ai ricordi dolorosi
Effettuare una ristrutturazione cognitiva
Prevenire le ricadute
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51/S1
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
Possiamo raggruppare in tre grandi categorie le tecniche cognitivo-comportamentali che saranno utilizzate
nelle diverse fasi del trattamento:
Tecniche di esposizione.
Hanno lo scopo di far familiarizzare il paziente con le situazioni temute in un clima di sicurezza mediante
procedure di Esposizione in vivo e Esposizione ai ricordi in Immaginazione. Le esposizioni in vivo si
realizzano concordando con il paziente situazioni e attività temute che possono suscitare il ricordo
dell’evento, creando una gerarchia che vada dalle più facili alle più difficili secondo un punteggio USM (unità
soggettive di malessere) e portando la persona ad affrontarle l’una dopo l’altra. Il terapeuta a fine seduta
concorderà con il paziente dei “compiti a casa”, accordandosi su cosa fare, come farlo esattamente, dove,
con quale frequenza ecc. All’esposizione in vivo, fa seguito l’esposizione con l’immaginazione dei ricordi al
fine di aiutare la persona a ripensare a quanto è successo, alle emozioni provate ed a correggere le
convinzioni controproducenti. L’esposizione ai ricordi avviene in maniera graduale consentendo al paziente,
nella fase iniziale, di saltare le parti più dolorose e di tenere gli occhi aperti; in seguito, si domanderà di
chiudere gli occhi per rendere più vivide le immagini e di usare un tempo passato nel racconto; in ultima
battuta, si chiederà di parlare al presente, di immaginare l’evento da lontano o come in un film.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51/S1
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
Ristrutturazione cognitiva
La terapia EMDR
Nuovi approcci alla terapia del Disturbo Post Traumatico da Stress che utilizziamo:
La Terapia Metacognitiva è basato sull’assunto che il processo di elaborazione naturale del materiale
traumatico venga ostacolato da specifiche modalità di processamento delle informazioni che alterano la
normale attività elaborativa delle memorie traumatiche, dei pensieri e delle emozioni intrusive, frequenti
dopo un evento traumatico. Sulla base di questa ipotesi si fonda un intervento terapeutico mirato a
modificare i processi di pensiero quali il rimuginio, le strategie di attenzione focalizzata sull’accaduto che
permettono una elaborazione delle memorie traumatiche. Dai primi studi di efficacia la Terapia
Metacognitiva sembra essere un trattamento di breve durata per il Disturbo Post Traumatico da Stress che
produce alti tassi di riduzione della sintomatologia specifica e miglioramento della qualità della vita.
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Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51/S2
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
Terapia Sensomotoria
La Terapia Sensomotoria si richiama alla psicoterapia corporea come base per le competenze terapeutiche
e integra tecniche di psicoterapia psicodinamica, di terapia cognitivo-comportamentale, con le
neuroscienze. Attraverso la consapevolezza “sul corpo” i pazienti con Disturbo Post Traumatico da Stress
imparano a lavorare all’interno di uno “spazio emotivo sicuro” in modo che i modelli di attivazione emotiva
siano maggiormente regolati all’interno di un range, dove sarebbe possibile lavorare mantenendo un
equilibrato funzionamento personale. Raggiunto questo obiettivo, si può iniziare a trattare le memorie
traumatiche.
Ai pazienti viene insegnato il concetto di “modulazione” in modo da implementare le
capacità di “transitare” da stati emotivi negativi a stati emotivi positivi, utilizzando i vissuti corporei per
integrarli con l’aspetto della consapevolezza: ad esempio, durante una fase attiva, a un cliente potrebbe
essere chiesto di “trovare un posto nel suo corpo dove si sente calmo o neutro”.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51/S3
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
Il trauma Complesso
nei bambini e adolescenti
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51/S3
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
Trauma Complesso
Definiamo come trauma psicologico complesso quelle esperienze avverse che (1) sono di natura
interpersonale e spesso coinvolgono il vissuto di tradimento, (2) sono ripetitive o prolungate, (3)
comportano un danno diretto attraverso varie forme di abuso (psicologico/emotivo, fisico e
sessuale), neglect o l'abbandono da parte di persone che hanno responsabilità della cura, della
protezione e dell’educazione (ad esempio genitori, operatori, insegnanti, allenatori o consulenti
religiosi), o comportano perdite traumatiche in queste relazioni, (4) avvengono in una fase
precoce dello sviluppo o occorrono in fasi cruciali e delicate, come ad esempio la prima infanzia,
minano importanti conquiste dello sviluppo provocando danneggiamenti evolutivi che perdurano
nell’arco della vita. Esempi di potenziali di traumi complessi includono esperienze di
vittimizzazione nella sfera dell’identità o del genere sessuale, dell’identità e dei confini personali,
violenza domestica o sessuale o fisica o sociale. Queste esperienze sfavorevoli, fondate sulla
minaccia, la paura e l’imbroglio, tendono a compromettere le relazioni primarie del bambino, la
sua capacità di fidarsi e connettersi intimamente agli altri e tendono a trasformarsi in disturbi dello
sviluppo gravi e pervasivi quando coinvolgono l'integrità personale o la sicurezza e la stabilità
delle relazioni primarie in una fase precoce.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51/S3
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
Queste esperienze riguardano i traumi interpersonali come l’abuso fisico e/o sessuale, l’abuso emotivo
e il neglect, la violenza assistita e la separazione precoce o l’abbandono o il deterioramento della
relazione primaria (a causa di malattie, droghe o detenzione) del caregiver. Queste esperienze
sfavorevoli tendono ad accumularsi nel senso che una vittimizzazione espone a un'altra forma di
vittimizzazione (indicato come trauma cumulativo; coinvolge diverse forme di maltrattamento (indicata
come polivittimizzazione), e una complessa combinazione di esperienze alienanti e avvilenti in
assenza di un’adeguata protezione (trauma complesso).
Esposizioni prolungate a traumi interpersonali comportano compromissioni in molteplici aree del
funzionamento individuale (disturbo evolutivo dovuto al trauma) e in particolare sulle seguenti 7
appartenenti al Disturbo evolutivo conseguente al trauma.
Corso Di Laurea: Scienze E Tecniche Psicologiche (D.M. 270/04)
Insegnamento: Psicologia Dello Sviluppo Tipico E Atipico
Lezione N°: 51/S3
Titolo: I Disturbi Connessi A Stress E Trauma2
Attività N°: 1
Il Trauma Symptom Checklist for Children (TSCC) è uno strumento di self report sul distress
post-traumatico e sulla connessa sintomatologia psicologica. È indicato per la valutazione di
bambini che hanno sperimentato eventi traumatici, compresi abuso fisico e sessuale durante
l’infanzia, vittimizzazioni da parte dei pari (per esempio aggressioni fi siche o sessuali), gravi
perdite, nonché l’aver assistito a violenze su altri ed essere stati coinvolti in disastri naturali.
Il TSCC è disponibile in due versioni: quella completa composta da 54 item in cui sono inclusi 10
item che sondano sintomi e preoccupazioni sessuali e la versione alternativa (TSCC-A) con 44
item che non contiene riferimenti a temi sessuali.
Questa differenza consente al TSCC-A di tenere conto delle preoccupazioni di quanti ritengono
che i bambini, in un test psicologico, potrebbero essere sconvolti da riferimenti a problematiche
sessuali. In relazione a questo aspetto, per esempio, a tutti i soggetti del campione normativo del
TSCC testati nella scuola è stato somministrato il TSCC-A. Al contrario, tutti gli studi clinici e
forensi citati in questo manuale hanno utilizzato la forma completa del TSCC per l’importanza di
valutare sintomi sessuali in bambini sessualmente traumatizzati. Il TSCC è indicato per bambini
di età compresa tra 8 e 16 anni.
Conflitto genitoriale e sintomi post-traumatici
Professore Associato di Psicologia dello Sviluppo, Università degli Studi e-Campus e
componente del C.R.I.d.e.e., Università Cattolica di Milano.
Ricercatore in Psicologia dello Sviluppo, C.R.I.d.e.e., Università Cattolica di Milano.
Professore Ordinario di Psicologia dello Sviluppo e Direttore del C.R.I.d.e.e., Università
Cattolica di Milano.
Indirizzare le richieste a: Elena Camisasca (elena.camisasca@uniecampus.it).
141
Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
1. Introduzione
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Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
2.1 Partecipanti
Hanno partecipato allo studio 90 bambini (56% femmine), con età com-
presa tra 8 e 13 anni (M = 10.4, DS = 1.5) ed i loro genitori (età md: M =
43.5, DS = 4.2; età pd: M = 45.7, DS = 5.6). I bambini appartengono a fa-
miglie normocostituite, con una durata media del matrimonio pari a 15.7
anni (DS = 4.2). Lo status socio-culturale familiare, rilevato attraverso la
professione e il titolo di studio dei due genitori, indica che il 58% delle fa-
miglie ha uno status socio-culturale medio, il 14% alto e il 28% basso.
2.2 Procedura
I partecipanti alla ricerca sono stati reclutati presso due scuole elementa-
ri e una scuola media pubbliche nella città di Milano. Le scuole sono state
reperite attraverso una procedura standard, che comprendeva un incontro
introduttivo esplicativo del progetto di ricerca con i dirigenti scolastici e le
insegnanti, e una descrizione scritta degli obiettivi e della procedura dello
studio rivolta ai genitori. Tutti i genitori, che hanno aderito alla ricerca,
hanno firmato i moduli di consenso, che descrivevano il progetto di ricerca,
il carattere volontario della partecipazione e la riservatezza dei dati raccolti.
Gli strumenti per i genitori sono stati consegnati in una busta chiusa e ano-
nima, con la richiesta che venissero compilati presso il proprio domicilio.
La somministrazione degli strumenti ai bambini è invece avvenuta a scuola,
in un luogo che potesse garantire tranquillità e riservatezza.
2.3 Strumenti
In primo luogo, è stata condotta una cluster analysis k-medie per identi-
ficare due cluster di famiglie con differenti livelli di gravità, intensità e fre-
quenza del conflitto genitoriale (nei termini di aggressioni verbali e psico-
logiche tra i genitori). È stata poi condotta un’analisi t-test per verificare se
i due cluster differiscano significativamente rispetto alle variabili investiga-
te. Successivamente, in ciascun gruppo di famiglie, sono state condotte del-
le correlazioni per esplorare le associazioni tra le variabili e delle analisi di
mediazione attraverso il metodo di ricampionamento bias-corrected boo-
145
Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
3. Risultati
Nei due distinti cluster di famiglie, sono state condotte delle correlazio-
ni e delle analsi di mediazione al fine di esplorare le associazioni tra le va-
riabili e i possibili effetti di mediazione delle variabili minaccia percepita,
autobiasimo, distress emotivo e rappresentazioni distruttive della famiglia.
Conflitto lieve: le analisi indicano che il predittore conflitto correla con i
sintomi di ansia (r = .31), rabbia (r = .26) e tutti i mediatori (r da .27 a .40).
Inoltre, il distress emotivo correla con tutti i sintomi post-traumatici (r da
.39 a .59); le rappresentazioni distruttive correlano con i sintomi di ansia,
depressione, rabbia e PTS (r da .26 a .45); la minaccia percepita correla con
i sintomi di ansia, depressione e PTS (r da .30 a .40); mentre l’autobiasimo
non risulta significativamente associato a nessun sintomo post-traumatico.
Dal momento che il predittore conflitto risulta significativamente con-
nesso solo ai sintomi di ansia e rabbia, si ravvisano le condizioni (effetto
significativo di X su Y) per la verifica degli effetti di mediazione solo per
146
4. Discussione
Bibliografia
Briere, J. (1996). Trauma Symptom Checklist for Children (TSCC) professional
manual. Odessa, FL: Psychological Assessment Resources.
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adjustment affects maternal warmth: The role of coparenting support as a medi-
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3200.21.2.288.
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Camisasca, E., Miragoli, S., & Di Blasio, P. (2013). L’attaccamento modera le rea-
zioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale? Verifica di un modello inte-
grato. Psicologia Clinica dello Sviluppo, XVII, 3, 479-500, doi:
10.1449/76229.
Camisasca, E., Miragoli, S., & Di Blasio, P. (2014). Is the relationship between
marital adjustment and parenting stress mediated or moderated by parenting al-
liance? Europe’s Journal of Psychology, 10, 2, 235-254, doi:
10.5964/ejop.v10i2.724
Camisasca, E., Miragoli, S., Caravita, S., & Di Blasio, P. (2015). The Parenting
Alliance Measure: The first contribute to the validation of the measure in Ital-
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Camisasca, Miragoli e Di Blasio
150
Grych, J. H., Seid, M., & Fincham, F. D. (1992). Assessing marital conflict from
the child’s perspective: The children’s perceptions of interparental conflict
scale. Child Development, 63, 558-572.
Holt, S., Buckley, H., & Whelan, S. (2008). The impact of exposure to domestic
violence on children and young people: A review of the literature. Child Abuse
& Neglect, 32,8, 797-810, doi: 10.1016/j.chiabu.2008.02.004.
McCoy, K. P., George, M. R., Cummings, E. M., & Davies, P. T. (2013). Con-
structive and destructive marital conflict, parenting, and children’s school and
social adjustment. Social Development, 22, 4, 641-662, doi:
10.1111/sode.12015.
Pendry, P., & Adam, E. K. (2013). Child-related interparental conflict in infancy
predicts child cognitive functioning in a nationally representative sample. Jour-
nal of Child and Family Studies, 22, 4, 502-515, doi: 10.1007/s10826-012-
9603-3.
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assessing and comparing indirect effects in multiple mediator models. Behavior
Research Methods, 40, 3, 879-891, doi: 10.3758/BRM.40.3.879.
Straus, M. A., Hamby, S. L., Boney-McCoy, S., & Sugarman, D. B. (1996). The
revised conflict tactics scales (CTS2): Development and preliminary psycho-
metric data. Journal of Family Issues, 17, 3, 283-316, doi:
10.1177/019251396017003001.
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Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Conflitto genitoriale e sintomi post-traumatici
Professore Associato di Psicologia dello Sviluppo, Università degli Studi e-Campus e
componente del C.R.I.d.e.e., Università Cattolica di Milano.
Ricercatore in Psicologia dello Sviluppo, C.R.I.d.e.e., Università Cattolica di Milano.
Professore Ordinario di Psicologia dello Sviluppo e Direttore del C.R.I.d.e.e., Università
Cattolica di Milano.
Indirizzare le richieste a: Elena Camisasca (elena.camisasca@uniecampus.it).
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Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
1. Introduzione
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Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
2.1 Partecipanti
Hanno partecipato allo studio 90 bambini (56% femmine), con età com-
presa tra 8 e 13 anni (M = 10.4, DS = 1.5) ed i loro genitori (età md: M =
43.5, DS = 4.2; età pd: M = 45.7, DS = 5.6). I bambini appartengono a fa-
miglie normocostituite, con una durata media del matrimonio pari a 15.7
anni (DS = 4.2). Lo status socio-culturale familiare, rilevato attraverso la
professione e il titolo di studio dei due genitori, indica che il 58% delle fa-
miglie ha uno status socio-culturale medio, il 14% alto e il 28% basso.
2.2 Procedura
I partecipanti alla ricerca sono stati reclutati presso due scuole elementa-
ri e una scuola media pubbliche nella città di Milano. Le scuole sono state
reperite attraverso una procedura standard, che comprendeva un incontro
introduttivo esplicativo del progetto di ricerca con i dirigenti scolastici e le
insegnanti, e una descrizione scritta degli obiettivi e della procedura dello
studio rivolta ai genitori. Tutti i genitori, che hanno aderito alla ricerca,
hanno firmato i moduli di consenso, che descrivevano il progetto di ricerca,
il carattere volontario della partecipazione e la riservatezza dei dati raccolti.
Gli strumenti per i genitori sono stati consegnati in una busta chiusa e ano-
nima, con la richiesta che venissero compilati presso il proprio domicilio.
La somministrazione degli strumenti ai bambini è invece avvenuta a scuola,
in un luogo che potesse garantire tranquillità e riservatezza.
2.3 Strumenti
In primo luogo, è stata condotta una cluster analysis k-medie per identi-
ficare due cluster di famiglie con differenti livelli di gravità, intensità e fre-
quenza del conflitto genitoriale (nei termini di aggressioni verbali e psico-
logiche tra i genitori). È stata poi condotta un’analisi t-test per verificare se
i due cluster differiscano significativamente rispetto alle variabili investiga-
te. Successivamente, in ciascun gruppo di famiglie, sono state condotte del-
le correlazioni per esplorare le associazioni tra le variabili e delle analisi di
mediazione attraverso il metodo di ricampionamento bias-corrected boo-
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Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca, Miragoli e Di Blasio
3. Risultati
Nei due distinti cluster di famiglie, sono state condotte delle correlazio-
ni e delle analsi di mediazione al fine di esplorare le associazioni tra le va-
riabili e i possibili effetti di mediazione delle variabili minaccia percepita,
autobiasimo, distress emotivo e rappresentazioni distruttive della famiglia.
Conflitto lieve: le analisi indicano che il predittore conflitto correla con i
sintomi di ansia (r = .31), rabbia (r = .26) e tutti i mediatori (r da .27 a .40).
Inoltre, il distress emotivo correla con tutti i sintomi post-traumatici (r da
.39 a .59); le rappresentazioni distruttive correlano con i sintomi di ansia,
depressione, rabbia e PTS (r da .26 a .45); la minaccia percepita correla con
i sintomi di ansia, depressione e PTS (r da .30 a .40); mentre l’autobiasimo
non risulta significativamente associato a nessun sintomo post-traumatico.
Dal momento che il predittore conflitto risulta significativamente con-
nesso solo ai sintomi di ansia e rabbia, si ravvisano le condizioni (effetto
significativo di X su Y) per la verifica degli effetti di mediazione solo per
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4. Discussione
Bibliografia
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zioni dei bambini esposti al conflitto genitoriale? Verifica di un modello inte-
grato. Psicologia Clinica dello Sviluppo, XVII, 3, 479-500, doi:
10.1449/76229.
Camisasca, E., Miragoli, S., & Di Blasio, P. (2014). Is the relationship between
marital adjustment and parenting stress mediated or moderated by parenting al-
liance? Europe’s Journal of Psychology, 10, 2, 235-254, doi:
10.5964/ejop.v10i2.724
Camisasca, E., Miragoli, S., Caravita, S., & Di Blasio, P. (2015). The Parenting
Alliance Measure: The first contribute to the validation of the measure in Ital-
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Camisasca, Miragoli e Di Blasio
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Grych, J. H., Seid, M., & Fincham, F. D. (1992). Assessing marital conflict from
the child’s perspective: The children’s perceptions of interparental conflict
scale. Child Development, 63, 558-572.
Holt, S., Buckley, H., & Whelan, S. (2008). The impact of exposure to domestic
violence on children and young people: A review of the literature. Child Abuse
& Neglect, 32,8, 797-810, doi: 10.1016/j.chiabu.2008.02.004.
McCoy, K. P., George, M. R., Cummings, E. M., & Davies, P. T. (2013). Con-
structive and destructive marital conflict, parenting, and children’s school and
social adjustment. Social Development, 22, 4, 641-662, doi:
10.1111/sode.12015.
Pendry, P., & Adam, E. K. (2013). Child-related interparental conflict in infancy
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nal of Child and Family Studies, 22, 4, 502-515, doi: 10.1007/s10826-012-
9603-3.
Preacher, K. J., & Hayes, A. F. (2008). Asymptotic and resampling strategies for
assessing and comparing indirect effects in multiple mediator models. Behavior
Research Methods, 40, 3, 879-891, doi: 10.3758/BRM.40.3.879.
Straus, M. A., Hamby, S. L., Boney-McCoy, S., & Sugarman, D. B. (1996). The
revised conflict tactics scales (CTS2): Development and preliminary psycho-
metric data. Journal of Family Issues, 17, 3, 283-316, doi:
10.1177/019251396017003001.
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Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Conflitto genitoriale, stress genitoriale e sintomi post-traumatici
In letteratura, sebbene siamo noti gli effetti post-traumatici della violenza domestica sui
figli, una nuova direzione di ricerca esplora il ruolo dello stress genitoriale quale potenziale
meccanismo esplicativo di tali associazioni. Prendendo a riferimento tali recenti indicazioni
ed i suggerimenti del modello Cognitivo Contestuale, il presente studio, condotto su un
gruppo normativo di 75 famiglie di bambini di età scolare, si propone di: 1) analizzare le
associazioni tra conflitto genitoriale, sintomatologia post-traumatica e stress genitoriale
materno; 2) valutare gli effetti delle specifiche dimensioni dello stress genitoriale materno
(distress genitoriale, PD; interazione disfunzionale genitore-figlio PCDI; e bambino difficile,
DC) sulla sintomatologia post-traumatica e di esplorare se le valutazioni soggettive dei
bambini di minaccia percepita e autobiasimo possano mediare gli effetti dello stress
materno sui sintomi post-traumatici. I risultati indicano che la dimensioni dello stress
genitoriale materno PCDI esercita un impatto significativo sui sintomi di ansia, depressione,
PTS e dissociativi, grazie alla mediazione della minaccia percepita; mentre la dimensione
dello stress DC favorisce i sintomi di rabbia grazie alla mediazione dell’autobiasimo.
threat, self-blame.
141
Cattolica di Milano.
Indirizzare le richieste a: Elena Camisasca (elena.camisasca@uniecampus.it).
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1. Introduzione
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Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca & Di Blasio
genitoriale creino un ambiente emozionale negativo e disregolato che,
attraverso una sorta di “contagio degli affetti”, impattano direttamente lo
sviluppo socioemozionale dei bambini (Anthony et al., 2005; Camisasca &
Di Blasio, 2014; Denham et al., 2000), attribuiscono allo stress genitoriale
il ruolo di mediatore degli effetti del conflitto sui comportamenti di
internalizzazione ed esternalizzazione dei figli (Camisasca, Miragoli, Di
Blasio, 2016b; Hughes and Huth-Bocks 2007; Huth-Bocks and Hughes
2008).
L’importanza delle interpretazioni e cognizioni dei bambini esposti al
conflitto, nel spiegare l’impatto del conflitto sull’adattamento psicologico
dei figli, è stata invece evidenziata nel Modello Cognitivo-Contestuale
(Grych & Fincham, 1990). Più precisamente, Grych e Fincham (1990)
spiegano come i bambini, esposti a situazioni di conflitto, non possano
evitare di cercare di comprendere quanto stia avvenendo, mettendo in atto i
processi di elaborazione primaria e secondaria. Con il processo di
elaborazione primaria, il bambino valuta la situazione conflittuale in
termini di negatività, minaccia e rilevanza per il proprio benessere e per
quello della famiglia; con il processo di elaborazione secondaria, egli cerca
di comprendere le ragioni che stanno alla base del conflitto, chi ne è il
principale responsabile e le proprie possibilità di affrontalo con successo.
Secondo gli autori, bambini che valutano il conflitto come pericoloso per il
proprio benessere e per il funzionamento della famiglia (minaccia
percepita) e che nutrono la convinzione di essere la causa del conflitto e/o
di essere responsabili della sua risoluzione (autobiasimo) sono
maggiormente a rischio di esiti disadattivi. I lavori che hanno
empiricamente validato il modello Cognitivo-Contestuale, dimostrano come
la minaccia percepita medi la relazione tra conflitto ed i comportamenti di
internalizzazione (Fosco & Feinberg, 2015) mentre l’autobiasimo medi
l’associazione tra conflitto ed i comportamenti di esternalizzazione (Fosco
& Grych, 2008; Fosco & Lydon-Staley, 2017).
In uno studio recente (Camisasca, Miragoli & Di Blasio, 2016b) è stato
inoltre rilevato come la minaccia percepita svolga un ruolo di mediazione
anche nell’associazione tra conflittualità genitoriale ed i sintomi di ansia,
depressione, PTS e dissociazione.
Il lavoro sopra citato è il primo ad aver esplorato gli esiti post-traumatici
nei figli esposti al conflitto genitoriale sebbene, da tempo, i lavori sulla
violenza domestica abbiano rilevato la sintomatologia da stress post-
traumatico nei bambini esposti a tale forma di violenza (Evans, Davies &
Di Lillo, 2008; Greene, Chan, McCarthy, K. Wakschlag & Briggs-Gowan,
2018; Holt, Buckley, & Whelan, 2008; Schechter et al., 2017; Telman et al.
2016; Yalch, Black, A., Martin, & Levendosky, 2017). E’ inoltre
144
145
Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca & Di Blasio
investigato il ruolo della minaccia percepita e dell’autobiasimo quali
potenziali meccanismi esplicativi delle associazione tra stress genitoriale e
sintomatologia post-traumatica.
Il presente studio presenta pertanto il duplice obiettivo di analizzare, in
un campione normativo di bambini: 1) le associazioni tra conflitto
genitoriale, sintomatologia post-traumatica e stress genitoriale materno; 2)
gli effetti delle specifiche dimensioni dello stress genitoriale materno (PD,
PCDI e DC) sulla sintomatologia post-traumatica ed il potenziale ruolo di
mediazione di minaccia percepita e autobiasimo in tali associazioni.
Relativamente al primo obiettivo, in linea con le indicazioni della
letteratura (Camisasca et al., 2016a; Schechter et al., 2017; Telman et al.
2016; Yalch, Black, A., Martin, & Levendosky, 2017), ipotizziamo (H1)
che i bambini esposti a conflitti più gravi ed intensi presentino livelli più
accentuati di sintomatologia post-traumatica (ansia, depressione, rabbia,
stress post-traumatico e dissociazione). Inoltre in linea con le con le
ricerche condotte nell’ambito dell’Ipotesi dello Spillover (Camisasca et al.,
2016b; Hughes and Huth-Bocks 2007; Huth-Bocks and Hughes 2008),
ipotizziamo (H2) che livelli più accentuati di conflitto siano associati a
livelli più accentuati di tutte le dimensioni dello stress genitoriale materno
(PD, PCDI e DC). Relativamente al secondo obiettivo, in linea con
l’emergente letteratura (Crusto et al., 2010; Figge et al., 2018; Telman et
al., 2016), ipotizziamo che lo stress materno possa favorire una
vulnerabilità all’insorgenza della sintomatologia post-traumatica, attraverso
la mediazione dei fattori minaccia percepita e autobiasimo.
2.1 Partecipanti
Hanno partecipato allo studio 75 bambini (58% femmine), con età com-
presa tra 8 e 13 anni (M = 9.3, DS = 1.3) ed i loro genitori (età md: M =
42.5, DS = 5.4; età pd: M = 45.5, DS = 6.1). I bambini appartengono a
famiglie normocostituite, con una durata media del matrimonio pari a 14.6
anni (DS = 5.1). Lo status socio-culturale familiare, rilevato attraverso la
professione e il titolo di studio dei due genitori, indica che il 56% delle
famiglie ha uno status socio-culturale medio, il 15% alto e il 29% basso.
2.2 Procedura
2.3 Strumenti
3. Risultati
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
1. Conflitto 1
2. Distress .253* 1
genitoriale (PD)
3. Interazione .392** .398** 1
disfunzionale
genitore-figlio
(PCDI)
4. Bambino Difficile .247* .153 .629** 1
(DC)
5. Minaccia percepita .441** .249* .373** .269* 1
**
6. Autobiasimo .466 .003 .239 .339** .420** 1
7. Ansia .389** .088 .274* .186 .577** .355** 1
8. Depressione .354** .012 .255* .215 .548** .333** .662** 1
* * * ** ** **
9, Rabbia .295 .056 .126 .270 .310 .435 .492 .329 1
10. PTS .308* -.041 .268* .228 .427** .291* .564** .568** .358** 1
11. Dissociazione .396** .056 .340** .261* .417** .383** .683** .574** .420** .548** 1
150
4. Discussione
152
Bibliografia
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153
Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
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156
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157
Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Conflitto genitoriale, stress genitoriale e sintomi post-traumatici
In letteratura, sebbene siamo noti gli effetti post-traumatici della violenza domestica sui
figli, una nuova direzione di ricerca esplora il ruolo dello stress genitoriale quale potenziale
meccanismo esplicativo di tali associazioni. Prendendo a riferimento tali recenti indicazioni
ed i suggerimenti del modello Cognitivo Contestuale, il presente studio, condotto su un
gruppo normativo di 75 famiglie di bambini di età scolare, si propone di: 1) analizzare le
associazioni tra conflitto genitoriale, sintomatologia post-traumatica e stress genitoriale
materno; 2) valutare gli effetti delle specifiche dimensioni dello stress genitoriale materno
(distress genitoriale, PD; interazione disfunzionale genitore-figlio PCDI; e bambino difficile,
DC) sulla sintomatologia post-traumatica e di esplorare se le valutazioni soggettive dei
bambini di minaccia percepita e autobiasimo possano mediare gli effetti dello stress
materno sui sintomi post-traumatici. I risultati indicano che la dimensioni dello stress
genitoriale materno PCDI esercita un impatto significativo sui sintomi di ansia, depressione,
PTS e dissociativi, grazie alla mediazione della minaccia percepita; mentre la dimensione
dello stress DC favorisce i sintomi di rabbia grazie alla mediazione dell’autobiasimo.
threat, self-blame.
141
Cattolica di Milano.
Indirizzare le richieste a: Elena Camisasca (elena.camisasca@uniecampus.it).
142
1. Introduzione
143
Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca & Di Blasio
genitoriale creino un ambiente emozionale negativo e disregolato che,
attraverso una sorta di “contagio degli affetti”, impattano direttamente lo
sviluppo socioemozionale dei bambini (Anthony et al., 2005; Camisasca &
Di Blasio, 2014; Denham et al., 2000), attribuiscono allo stress genitoriale
il ruolo di mediatore degli effetti del conflitto sui comportamenti di
internalizzazione ed esternalizzazione dei figli (Camisasca, Miragoli, Di
Blasio, 2016b; Hughes and Huth-Bocks 2007; Huth-Bocks and Hughes
2008).
L’importanza delle interpretazioni e cognizioni dei bambini esposti al
conflitto, nel spiegare l’impatto del conflitto sull’adattamento psicologico
dei figli, è stata invece evidenziata nel Modello Cognitivo-Contestuale
(Grych & Fincham, 1990). Più precisamente, Grych e Fincham (1990)
spiegano come i bambini, esposti a situazioni di conflitto, non possano
evitare di cercare di comprendere quanto stia avvenendo, mettendo in atto i
processi di elaborazione primaria e secondaria. Con il processo di
elaborazione primaria, il bambino valuta la situazione conflittuale in
termini di negatività, minaccia e rilevanza per il proprio benessere e per
quello della famiglia; con il processo di elaborazione secondaria, egli cerca
di comprendere le ragioni che stanno alla base del conflitto, chi ne è il
principale responsabile e le proprie possibilità di affrontalo con successo.
Secondo gli autori, bambini che valutano il conflitto come pericoloso per il
proprio benessere e per il funzionamento della famiglia (minaccia
percepita) e che nutrono la convinzione di essere la causa del conflitto e/o
di essere responsabili della sua risoluzione (autobiasimo) sono
maggiormente a rischio di esiti disadattivi. I lavori che hanno
empiricamente validato il modello Cognitivo-Contestuale, dimostrano come
la minaccia percepita medi la relazione tra conflitto ed i comportamenti di
internalizzazione (Fosco & Feinberg, 2015) mentre l’autobiasimo medi
l’associazione tra conflitto ed i comportamenti di esternalizzazione (Fosco
& Grych, 2008; Fosco & Lydon-Staley, 2017).
In uno studio recente (Camisasca, Miragoli & Di Blasio, 2016b) è stato
inoltre rilevato come la minaccia percepita svolga un ruolo di mediazione
anche nell’associazione tra conflittualità genitoriale ed i sintomi di ansia,
depressione, PTS e dissociazione.
Il lavoro sopra citato è il primo ad aver esplorato gli esiti post-traumatici
nei figli esposti al conflitto genitoriale sebbene, da tempo, i lavori sulla
violenza domestica abbiano rilevato la sintomatologia da stress post-
traumatico nei bambini esposti a tale forma di violenza (Evans, Davies &
Di Lillo, 2008; Greene, Chan, McCarthy, K. Wakschlag & Briggs-Gowan,
2018; Holt, Buckley, & Whelan, 2008; Schechter et al., 2017; Telman et al.
2016; Yalch, Black, A., Martin, & Levendosky, 2017). E’ inoltre
144
145
Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Camisasca & Di Blasio
investigato il ruolo della minaccia percepita e dell’autobiasimo quali
potenziali meccanismi esplicativi delle associazione tra stress genitoriale e
sintomatologia post-traumatica.
Il presente studio presenta pertanto il duplice obiettivo di analizzare, in
un campione normativo di bambini: 1) le associazioni tra conflitto
genitoriale, sintomatologia post-traumatica e stress genitoriale materno; 2)
gli effetti delle specifiche dimensioni dello stress genitoriale materno (PD,
PCDI e DC) sulla sintomatologia post-traumatica ed il potenziale ruolo di
mediazione di minaccia percepita e autobiasimo in tali associazioni.
Relativamente al primo obiettivo, in linea con le indicazioni della
letteratura (Camisasca et al., 2016a; Schechter et al., 2017; Telman et al.
2016; Yalch, Black, A., Martin, & Levendosky, 2017), ipotizziamo (H1)
che i bambini esposti a conflitti più gravi ed intensi presentino livelli più
accentuati di sintomatologia post-traumatica (ansia, depressione, rabbia,
stress post-traumatico e dissociazione). Inoltre in linea con le con le
ricerche condotte nell’ambito dell’Ipotesi dello Spillover (Camisasca et al.,
2016b; Hughes and Huth-Bocks 2007; Huth-Bocks and Hughes 2008),
ipotizziamo (H2) che livelli più accentuati di conflitto siano associati a
livelli più accentuati di tutte le dimensioni dello stress genitoriale materno
(PD, PCDI e DC). Relativamente al secondo obiettivo, in linea con
l’emergente letteratura (Crusto et al., 2010; Figge et al., 2018; Telman et
al., 2016), ipotizziamo che lo stress materno possa favorire una
vulnerabilità all’insorgenza della sintomatologia post-traumatica, attraverso
la mediazione dei fattori minaccia percepita e autobiasimo.
2.1 Partecipanti
Hanno partecipato allo studio 75 bambini (58% femmine), con età com-
presa tra 8 e 13 anni (M = 9.3, DS = 1.3) ed i loro genitori (età md: M =
42.5, DS = 5.4; età pd: M = 45.5, DS = 6.1). I bambini appartengono a
famiglie normocostituite, con una durata media del matrimonio pari a 14.6
anni (DS = 5.1). Lo status socio-culturale familiare, rilevato attraverso la
professione e il titolo di studio dei due genitori, indica che il 56% delle
famiglie ha uno status socio-culturale medio, il 15% alto e il 29% basso.
2.2 Procedura
2.3 Strumenti
3. Risultati
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
1. Conflitto 1
2. Distress .253* 1
genitoriale (PD)
3. Interazione .392** .398** 1
disfunzionale
genitore-figlio
(PCDI)
4. Bambino Difficile .247* .153 .629** 1
(DC)
5. Minaccia percepita .441** .249* .373** .269* 1
**
6. Autobiasimo .466 .003 .239 .339** .420** 1
7. Ansia .389** .088 .274* .186 .577** .355** 1
8. Depressione .354** .012 .255* .215 .548** .333** .662** 1
* * * ** ** **
9, Rabbia .295 .056 .126 .270 .310 .435 .492 .329 1
10. PTS .308* -.041 .268* .228 .427** .291* .564** .568** .358** 1
11. Dissociazione .396** .056 .340** .261* .417** .383** .683** .574** .420** .548** 1
150
4. Discussione
152
Bibliografia
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153
Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
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Straus, M. A., Hamby, S. L., Boney-McCoy, S., & Sugarman, D. B. (1996). The
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Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol. 18, n. 2, giugno 2016, pp. 141-151
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 53
Titolo: PROVA DI APPRENDIMENTO E DI AUTOVERIFICA
Attività N°: 01
Prova di apprendimento
su e-portfolio
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 53
Titolo: PROVA DI APPRENDIMENTO E DI AUTOVERIFICA
Attività N°: 01
Prova di apprendimento
su e-portfolio
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 53/S2
Titolo: PROVA DI APPRENDIMENTO E DI AUTOVERIFICA
Attività N°: 01
• Quale tra i 2 articoli ha trovato più interessante? Motivi per esteso le sue ragioni
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Nel DSM-5, nel neo introdotto capitolo dal titolo: Disturbi da Comportamento
Dirompente, troviamo patologie che prima erano incluse nel capitolo delle patologie
osservate per la prima volta nella infanzia ed adolescenza e i d. della sfera degli impulsi
NAS.
Terminata questa fase, il bambino acquisisce una forma di autoregolazione che gli
permetterà di instaurare rapporti meno conflittuali.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Se le prime manifestazioni del disturbo si manifestano già intorno ai 3-4 anni, sarà
soltanto con l’ingresso a scuola che il problema diverrà sempre più evidente. Questi
bambini, infatti, mostrano una totale incapacità di adattamento alle regole scolastiche e la
loro oppositività finisce con il condizionare l’attività didattica dell’intera classe.
Nel contesto ludico si mostrano poco inclini alla collaborazione di squadra e all’alternanza
dei turni perché, volendo sempre stare al centro dell’attenzione, finiscono con
l’intromettersi negli spazi d’azione dei compagni, impedendone la partecipazione ai giochi
comuni. Nelle altre attività invece, cercano sempre di comandare e imporre la loro volontà
ad ogni costo, arrivando ad aggredire con insulti e minacce chi non si mostra concorde
con le loro idee. Il conseguente rifiuto da parte dei coetanei non farà altro che aggravare
ancora di più la loro condizione.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S1
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
IL DISTURBO OPPOSITIVO-PROVOCATORIO
1) Spesso va in collera
2) Spesso litiga con gli adulti
3) Spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare le regole degli adulti
4) Spesso irrita deliberatamente le persone
5) Spesso accusa gli altri per i propri errori o per il proprio comportamento
6) È spesso suscettibile o facilmente irritato dagli altri
7) È spesso arrabbiato e rancoroso
8) È spesso dispettoso e vendicativo
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S1
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
I criteri sono soddisfatti solo da comportamenti pervasivi e più intensi di quelli attesi per
l’età
D) Non sono soddisfatti i criteri per il disturbo della condotta e, se il soggetto ha più di
18 anni, non sono soddisfatti i criteri del Disturbo Antisociale di personalità.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S1
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
2. E’ stato eliminato il criterio D: Non sono soddisfatti i criteri per il Disturbo della
Condotta
Arrabbiato/Umore irritabile
• 1.Spesso si arrabbia
• 2.Spesso è suscettibile o facilmente irritato dagli altri
• 3.Spesso è arrabbiato e rancoroso
Polemico/condotte di sfida
• 4.. Spesso litiga con le persone che rivestono ruoli di autorità o con gli adulti
• 5.. Spesso sfida attivamente o rifiuta di rispettare la/le richieste o le regole degli adulti
• 6.. Spesso irrita deliberatamente gli altri
• 7. .Spesso accusa gli altri per i suoi errori o il proprio cattivo comportamento
Condotte vendicative
• 8.E’ stato vendicativo o dispettoso almeno due volte negli ultimi 6 mesi.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S1
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Nel DSM-5 è stata proposta anche una categorizzazione del DOP, valutando l’intensità
dell’espressività sintomatologica.
4 -Grave: Mostra almeno 4 sintomi e alcuni sintomi sono presenti in 3 o più contesti
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S2
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Epidemiologia e decorso
La prevalenza del disturbo oscilla tra il 2% e il 16%. E’ osservato più frequentemente nei
maschi e in particolare tra coloro che in età prescolare hanno manifestato temperamenti
problematici con alta reattività e difficoltà a essere tranquillizzati oppure
iperattività motoria. Vengono frequentemente osservati una scarsa autostima,
labilità dell’umore e scarsa tolleranza alla frustrazione.
DECORSO
I primi sintomi del disturbo fanno la loro comparsa intorno a 4 anni, presentano una
traiettoria crescente fino a 8 anni, per poi rimanere stabili. L’esordio si colloca normalmente
intorno agli 8 anni ed è prevalente nei maschi. In un numero significativo di casi questo
disturbo precede il disturbo della condotta.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S2
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Fattori di rischio
TEMPERAMENTO:
Caratteristiche temperamentali negative dei bambini piccoli (difficoltà nel sonno, difficoltà ad
adattarsi alle situazioni nuove, emozioni e sentimenti negativi) sono legate a successive
difficoltà di comportamento.
FATTORI GENITORIALI E FAMILIARI:
L’accudimento del bambino è turbato da un susseguirsi di diverse persone o i genitori usano
pratiche educative rigide, coercitive o incoerenti e distratte. Sembra inoltre che un
disturbo depressivo della madre possa favorire lo sviluppo di un quadro clinico di questo
genere. In particolare, i bambini oppositivi tendono ad avere madri ipercontrollanti, intrusive
aggressive o depresse e padri distanti, passivi e non comunicativi. Questi genitori dunque
tendono a manifestare meno comportamenti positivi nei confronti dei figli e sono
più propensi a minacciare, criticare, infastidire, e umiliare i loro figli. Hanno una
minore propensione a monitorare i comportamenti dei figli e non danno loro tempo a
sufficienza per aderire alle loro consegne. I comportamenti oppositivi sono poi spesso
associati a conflitti coniugali e cogenitorialità disfunzionale. Situazioni ambientali e
famigliari connotate da disorganizzazione, inadeguatezza e confusione. I nuclei sono spesso
svantaggiati sul piano socio-economico e culturale, caratterizzati da sovra-affollamento,
genitori affetti da psicopatologia, da disturbi antisociali, utilizzo di sostanze.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S2
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
3. Gli eventuali comport. adeguati del bambino vengono ignorati dal genitore che
fornisce un rinforzo differenziale solo per gli atti aggressivi. La condotta oppositiva
deviante viene selezionata e mantenuta in quanto è l’unica che permette di prevedere
e controllare l’ambiente di vita.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S2
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Le prepotenze e le ostilità tipiche del disturbo possono venire interpretate come degli
strumenti per mezzo dei quali i bambini comunicano la loro sofferenza
In altri casi, alcuni genitori ritengono che i problemi del bambino siano totalmente causati da
loro, perché non sono bravi genitori.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S3
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Le cose sono andate meglio dai 3 mesi e mezzo fino ai 5 mesi e mezzo perché la bambina
dormiva durante la notte. Con l’inizio della dentizione, verso i 6 mesi di vita, la bambina si
svegliava ogni giorno alle 4 del mattino e, a quel punto, la signora doveva giocare con lei
fino alle 6 del mattino. Lo svezzamento non ha comportato problemi dal punto di vista
alimentare ma la signora ricorda questo periodo come faticoso perché la bambina, che non
stava mai ferma e desiderava giocare col cibo e cucchiai, allungava notevolmente i tempi di
durata del pasto. Anna viene descritta come una bambina curiosa, intelligente e precoce
dal punto di vista motorio e linguistico. La signora si rivolgeva alla madre e alle amiche per
sapere se la sua bambina “fosse normale” e le risposte sono sempre state positive o
vaghe… Questa cosa frustrava la signora che pensava perché per me è così difficile fare la
mamma, mentre le altre donne dopo circa un anno pensano ad un secondo figlio?
Ad un anno di età circa, la bambina è stata inserita al Nido e il periodo di inserimento non
sembra essere stato particolarmente difficoltoso. E’ interessante, tuttavia, notare come la
signora interpreti negativamente alcuni normali comportamenti di attaccamento della
bambina. Anziché dire la bambina mi cercava perché, in un luogo estraneo, desiderava
mantenere la vicinanza con la sua mamma (figura di riferimento), dice: “ mi cercava perché
mi voleva manovrare”. L’idea di una bambina che non cerca la vicinanza materna per
bisogno e affetto ma “per manovrare” tornerà altre volte nel racconto della madre.
Mancano invece totalmente i ricordi circa come si comportava la bambina al ritorno della
madre al Nido.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S3
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Su insistenza emergono “vaghi” ricordi di evitamento e di ricerca dei nonni, al posto della
mamma. Le educatrici descrivono Anna come una bambina capricciosa “un osso duro” ma che
nel giro di poco tempo si è assolutamente integrata alla vita e alle regole del nido. Attualmente
la bambina frequenta la scuola materna (una scuola inglese) e si trova benissimo. Hanno scelto
questa scuola per facilitare la bambina nell’acquisizione della lingua straniera. Entrambi i genitori
si dichiarano molto soddisfatti di questa scelta e condividono la sensazione che la bambina si
trovi benissimo e che non desideri condividere con loro questo suo spazio. La signora infatti
dice, la bambina “non ci vuole fare entrare in questo suo mondo” “parla solo quando
interrogata”. Elenca poi una ulteriore serie di comportamenti della bambina: vede la mamma
riordinare i cassetti, lei si reca al cassetto prende il contenuto e butta tutto per terra, la mamma
inavvertitamente fa cadere uno specchietto di vetro e suggerisce alla bambina di stare alla larga
per non farsi male e la bambina si avventa sui pezzi di vetro che schiaccia con foga con i piedi;
la mamma costruisce qualche gioco… la bambina lo distrugge; la mamma ha appena pulito il
divano … la bambina vi appoggia di proposito le manine sporche. Tale comportamento si
manifesta - da sempre - per tutto il giorno tutti i giorni. Anche il padre dice che non ce la fa più
e che non sanno più cosa fare: le minacce non servono, le sgridate non servono, le sculacciate
non servono e il lasciar correre peggiora nuovamente le cose. Entrambi i genitori ricordano di
aver vissuto solo due settimane in vacanza una nel 2005 e l’altra nel 2006 senza che tali
comportamenti si verificassero. Non ricordano alcun evento che possa connettersi a tali
miglioramenti. La signora mentre racconta dice che, per fortuna, tale situazione non ha
scatenato difficoltà all’interno della coppia e il marito condivide questa visione.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 54/S3
Titolo: DISTURBI DIROMPENTI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
Attività N°: 01
Si presentano puntali all’appuntamento Marisa (38 anni), insegnante di matematica e Lorenzo (38
anni) programmatore. Sono genitori di Anna (3 anni). Sono due giovani di bell’aspetto e gentili nei
modi.
Su mia richiesta, Marisa specifica di essere “esausta”, “sotto pressione” e preoccupata a causa della
figlia Anna che definisce letteralmente “ingestibile” e iperattiva. Mi fa vedere due foto e noto una
bellissima bambina dagli occhi azzurri e con i boccoli biondi (“apparentemente un angioletto”). Mi
racconta che trova veramente difficile entrare in contatto con la bambina che, per ogni cosa e dal
mattino alla sera, dice NO!.
Mi racconta la sua giornata tipo: alle 7 del mattino, la signora -armata di santa pazienza e di buon
umore – si avvicina al lettino della bambina augurandole una buona giornata e, a tale saluto, la
bambina risponde subito: “no, è una brutta giornata”; quando propone alla figlia di alzare le
tapparelle per vedere il sole, si sente dire nuovamente No; alla proposta di andare in bagno per fare
pipì, la bambina si oppone; alla colazione propone yogurt o latte e la bambina sceglie una terza
cosa; non vuole farsi vestire; per lavarsi è una lotta; per ogni cosa è una lotta! Tutto questo succede
sia con la madre sia col padre ma non alla scuola materna e meno coi nonni.
Mi racconta che da sempre Anna è stata una bambina difficile. Dalla prima settima di vita fino a 3
mesi e mezzo, la bimba piangeva dalle 6 di sera alle 6 del mattino ininterrottamente.
A questo si aggiungeva la fatica di non riuscire ad allattare, aveva infatti il seno dolente a causa
delle ragadi e faticava a trovare un latte artificiale che andasse bene per la piccola. Le cose sono
andate meglio dai 3 mesi e mezzo fino ai 5 mesi e mezzo perché la bambina dormiva durante la
notte. Con l’inizio della dentizione, verso i 6 mesi di vita, la bambina si svegliava ogni giorno alle
4 del mattino e, a quel punto, la signora doveva giocare con lei fino alle 6 del mattino. Lo
svezzamento non ha comportato problemi dal punto di vista alimentare ma la signora ricorda questo
periodo come faticoso perché la bambina, che non stava mai ferma e desiderava giocare col cibo e
cucchiai, allungava notevolmente i tempi di durata del pasto.
Anna viene descritta come una bambina curiosa, intelligente e precoce dal punto di vista motorio e
linguistico.
La signora si rivolgeva alla madre e alle amiche per sapere se la sua bambina “fosse normale” e le
risposte sono sempre state positive o vaghe… Questa cosa frustrava la signora che pensava perché
per me è così difficile fare la mamma, mentre le altre donne dopo circa un anno pensano ad un
secondo figlio?
Ad un anno di età circa, la bambina è stata inserita al Nido e il periodo di inserimento non sembra
essere stato particolarmente difficoltoso. E’ interessante, tuttavia, notare come la signora interpreti
negativamente alcuni normali comportamenti di attaccamento della bambina. Anziché dire la
bambina mi cercava perché, in un luogo estraneo, desiderava mantenere la vicinanza con la sua
mamma (figura di riferimento), dice: “ mi cercava perché mi voleva manovrare”. L’idea di una
bambina che non cerca la vicinanza materna per bisogno e affetto ma “per manovrare” tornerà altre
volte nel racconto della madre. Mancano invece totalmente i ricordi circa come si comportava la
bambina al ritorno della madre al Nido. Su mia insistenza emergono “vaghi” ricordi di evitamento e
di ricerca dei nonni, al posto della mamma. Le educatrici descrivono Anna come una bambina
capricciosa “un osso duro” ma che nel giro di poco tempo si è assolutamente integrata alla vita e
alle regole del nido. Attualmente la bambina frequenta la scuola materna (una scuola inglese) e si
trova benissimo. Hanno scelto questa scuola per facilitare la bambina nell’acquisizione della lingua
straniera. Entrambi i genitori si dichiarano molto soddisfatti di questa scelta e condividono la
sensazione che la bambina si trovi benissimo e che non desideri condividere con loro questo suo
spazio. La signora infatti dice, la bambina “non ci vuole fare entrare in questo suo mondo” “parla
solo quando interrogata”.
Elenca poi una ulteriore serie di comportamenti della bambina: vede la mamma riordinare i cassetti,
lei si reca al cassetto prende il contenuto e butta tutto per terra, la mamma inavvertitamente fa
cadere uno specchietto di vetro e suggerisce alla bambina di stare alla larga per non farsi male e la
bambina si avventa sui pezzi di vetro che schiaccia con foga con i piedi; la mamma costruisce
qualche gioco… la bambina lo distrugge; la mamma ha appena pulito il divano … la bambina vi
appoggia di proposito le manine sporche. Tale comportamento si manifesta - da sempre - per tutto
il giorno tutti i giorni. Anche il padre dice che non ce la fa più e che non sanno più cosa fare: le
minacce non servono, le sgridate non servono, le sculacciate non servono e il lasciar correre
peggiora nuovamente le cose. Entrambi i genitori ricordano di aver vissuto solo due settimane in
vacanza una nel 2005 e l’altra nel 2006 senza che tali comportamenti si verificassero. Non
ricordano alcun evento che possa connettersi a tali miglioramenti. La signora mentre racconta dice
che, per fortuna, tale situazione non ha scatenato difficoltà all’interno della coppia e il marito
condivide questa visione.
Non dico loro che il vissuto della madre di avere una bambina ostile e “mostruosa” in realtà
aumenta l’angoscia e la rabbia della bambina. Rispetto all’idea di avere una bambina mostruosa,
nel corso del racconto, la madre infatti mi aveva detto di aver osservato la bambina giocare con le
bambole e di aver visto che la bambina le apostrofava con le parole :”sei un mostro”.
I genitori mi dicono che non sanno da che parte iniziare, relativamente a un comportamento che sia
coerente, e io suggerisco loro di considerare un aspetto e di partire da quello.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 55
Titolo: IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Attività n°: 01
Segni clinici
La caratteristica fondamentale del Disturbo della Condotta è una modalità di
comportamento in cui i diritti fondamentali degli altri o le principali norme
appropriate per l'età vengono costantemente violati.
SPECIFICARE
312. 81 Esordio nell’Infanzia (almeno 1 sintomo < 10 anni)
312.82 Esordio nell’adolescenza ( > 10 anni)
312.89 Esordio NON Specificato
(i criteri per la diagnosi sono soddisfatti ma non ci sono sufficienti informazioni
disponibili per determinare se l’esordio è stato prima o dopo i 10 anni)
SPECIFICARE
• Mancanza di Rimorso e Senso di Colpa
• Insensibile-mancanza di empatia
• Disinteresse sulle Performance
• Superficiale o carente negli affetti
Specificare:
- Lieve
- Moderato
- Grave
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 55
Titolo: IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Attività n°: 01
EPIDEMIOLOGIA E DECORSO
PREVALENZA
Si riscontra con maggiore prevalenza tra i maschi sotto i 18 anni in percentuali
che variano tra il 6% e il 16%, mentre nelle femmine tra il 2% e il 9%. Al quadro
clinico spesso si associano scarsa tolleranza alla frustrazione, irritabilità ed
esplosioni di rabbia frequenti.
Questi soggetti possono manifestare una scarsa empatia per i sentimenti ed i
desideri altrui, la loro aggressività è spesso reattiva a intenzioni e gesti
altrui che interpretano come più ostili e minacciosi del vero.
DECORSO
L'esordio può essere anche relativamente precoce intorno ai 5 o 6 anni, ma più
spesso emerge in età successive. L'esordio precoce è predittivo di una
prognosi peggiore e di un aumentato rischio di disturbo antisociale e di
disturbi correlati a sostanze in età adulta.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 55/S1
Titolo: IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Attività n°: 01
I Fattori di rischio
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 55/S1
Titolo: IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Attività n°: 01
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 55/S1
Titolo: IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Attività n°: 01
Ipotesi eziologiche
La psicopatologia dello sviluppo, com'è noto, sottolinea il concetto di
multifattorialità nella determinazione delle problematiche comportamentali ed
emotive di rilievo clinico, per cui sia lo sviluppo normale che psicopatologico non
può costruirsi, ad esempio, solo a partire da un certo dato temperamentale, né da
uno specifico deficit neuronale, né da un particolare pattern d'attaccamento, bensì
dall'intreccio tra fattori di rischio, da un lato, e fattori protettivi, dall'altro,
rintracciabili su diversi domini personali e sociali: caratteristiche proprie del
bambino (funzioni neuro cognitive, vulnerabilità biologica, temperamento); qualità
dei legami di attaccamento e stile educativo familiare; variabili ecologiche (avversità
familiari, economiche, stress sociali, eventi critici che possono colpire il ciclo vitale
familiare). Più domini di rischio sono implicati e si sovrappongono, più alta è la
probabilità di psicopatologia: ad esempio, in bambini con diagnosi accertata di
Disturbo Oppositivo-Provocatorio e di Disturbo della Condotta c'è una probabilità 3-
4 volte superiore alla norma di trovare elementi di rischio in tutti e 4 i domini
(Rugliano et al. 2009)
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 55/S2
Titolo: IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Attività n°: 01
Viceversa, individui con problemi nella sfera della condotta che non
presentano tratti calloso-anemozionali, mostrano un’aggressività di tipo
reattivo che si palesa a seguito di situazioni sociali attivanti (provocazioni,
umiliazioni ecc.) ed è stata associata a contesti ambientali sfavorevoli ed a
disfunzioni nelle cure parentali (Wootton, 1997). La difficoltà nella regolazione
emotiva potrebbe trovare origine in una forte suscettibilità a situazioni sociali
emotivamente attivanti che si traduce in agiti impulsivi a seguito dei quali il
bambino/adolescente, senza tratti calloso-anemozionali, potrebbe provare senso
di colpa
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 55/S2
Titolo: IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Attività n°: 01
Premessa:
- Impulsività
- Temperamento disinibito
- Assenza di timore delle punizioni
- Incapacità di imparare dall’esperienza e dalle punizioni
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 55/S3
Titolo: IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Attività n°: 01
Come peraltro già indicato per i soggetti con disturbo della condotta con tratti
unemotional, i pazienti con disturbo antisociale della
personalità raramente si rivolgono a un professionista volontariamente
perché non sono consapevoli di avere un disturbo. Di solito, l’inizio di un
percorso psicoterapico è successivo alla diagnosi di “psicopatia” fatta in
tribunale a seguito di procedimenti penali in cui sono stati imputati. Il
ricovero in ambienti come, ad esempio, gli ospedali psichiatrici, è il
prerequisito essenziale per la pianificazione di trattamenti farmacologici e
psicoterapici, i cui eventuali risultati possono comunque svanire con il tempo o
una volta che il soggetto cambia ambiente.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 56
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività N°: 01
Esercitazione
e-portfolio
Il caso di Philip: legga il caso di seguito descritto e inoltri le sue risposte su e-portfolio:
- Quale tipologia di disturbo presenta Philip e perchè
- Quale livello di gravità e perché
- Quali differenze con il caso di Anna della lezione precedente
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 56
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività N°: 01
Individui per il seguente caso clinico (APA, 2003) se è a esordio nella fanciullezza o
nell’adolescenza e se è un disturbo lieve, moderato o grave. Evidenzi inoltre i sintomi che
la conducono a fare una diagnosi di disturbo della condotta.
Phillip, di 12 anni, viene sospeso dalla scuola di una piccola città ed inviato per un
trattamento psichiatrico dal suo preside. Lo accompagna la nota seguente: “Questo
ragazzo è stato un problema continuo da quando è venuto nella nostra scuola. Non va in
cortile perché è cattivo con gli altri bambini. Trasgredisce le regole della scuola, prende in
giro i bambini che fanno la sorveglianza, ruba agli altri bambini e sfida tutte le autorità.
Phillip fa la lotta con gli altri bambini sull’autobus. Gli è stato sospeso il diritto di usufruire
della mensa diverse volte per aver provocato scontri, dato calci e spintoni. Dopo essersi
comportato male un giorno in mensa, l’insegnante gli ha detto di salire nel suo ufficio per
incontrarmi. Si è categoricamente rifiutato, si è sdraiato sul pavimento e ha fatto le bizze,
dando calci e urlando. Spesso racconta bugie. Quando viene sorpreso in flagrante, nega
ogni cosa ed assume un’aria di innocenza ferita.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 56
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività N°: 01
Crede che ce l’abbiamo con lui. Il suo atteggiamento è scontroso quando gli viene
rifiutata qualunque cosa. Mette il broncio e quando gli si chiede perché faccia queste
cose, indica la testa e dice “Perché io non so bene quassù”. Questo ragazzo ha
assolutamente bisogno di aiuto. Non sembra avere amici. Il suo comportamento
aggressivo li tiene lontani da lui. Lo psicologo della nostra scuola lo ha valutato e i
risultati indicano un’intelligenza media, ma il suo risultato a scuola è solo a livello di una
terza-quarta classe.”
Lo psichiatra ha appreso dalla nonna di Phillip che egli è nato quando sua madre
frequentava l’ultimo anno della scuola superiore. I genitori di lei avevano insistito che
tenesse il bambino e contribuisse ad allevarlo; sono stati prevalentemente i nonni,
tuttavia, a provvedere alla sua educazione.
Poco dopo la sua nascita, la madre scappò con un uomo, lo sposò ed ebbe un secondo
figlio. Il matrimonio fallì e lasciò questo bambino a suo padre. Phillip non aveva avuto
contatti con sua madre da quando lo aveva lasciato.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 56
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività N°: 01
L’educazione all’uso del vasino non ebbe successo con Phillip e per alcuni anni soffrì di
enuresi. A 5 anni i suoi nonni materni lo adottarono perché temevano che un giorno sua
madre potesse reclamarlo. Mostrò ansia nella separazione da sua nonna quando iniziò la
scuola. Fu poi coinvolto in un grave incidente, nel quale sua nonna fu ferita e una
persona nell’altra auto morì. Phillip non sembrava ferito, ma ebbe un’amnesia transitoria,
probabilmente come risultato diretto, immediato dell’impatto. Successivamente ebbe
incubi notturni, paura dell’oscurità e un’esacerbazione della sua paura di separarsi dalla
nonna.
Il profitto scolastico di Phillip non era buono. Ripetè la terza classe e poi frequentò una
classe speciale di recupero. La nonna di Phillip ricorda che l’insegnante di suo nipote
lamentava “che il ragazzo non poteva mai stare seduto”.
Il suo comportamento contro le regole si manifestato con l’inizio della scuola e per molti
anni è stato caratterizzato da liti, bugie e furti.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S1
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
Esercitazione e-portfolio
Il caso di Philip: legga il caso di seguito descritto e inoltri le sue risposte su e-portfolio:
- Quale tipologia di disturbo presenta Philip e perché
- Quale livello di gravità e perché
- Quali differenze con il caso di Anna della lezione precedente
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S1
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
Individui per il seguente caso clinico (APA, 2003) se è a esordio nella fanciullezza o
nell’adolescenza e se è un disturbo lieve, moderato o grave. Evidenzi inoltre i sintomi che
la conducono a fare una diagnosi di disturbo della condotta.
Phillip, di 12 anni, viene sospeso dalla scuola di una piccola città ed inviato per un
trattamento psichiatrico dal suo preside. Lo accompagna la nota seguente: “Questo
ragazzo è stato un problema continuo da quando è venuto nella nostra scuola. Non va in
cortile perché è cattivo con gli altri bambini. Trasgredisce le regole della scuola, prende in
giro i bambini che fanno la sorveglianza, ruba agli altri bambini e sfida tutte le autorità.
Phillip fa la lotta con gli altri bambini sull’autobus. Gli è stato sospeso il diritto di usufruire
della mensa diverse volte per aver provocato scontri, dato calci e spintoni. Dopo essersi
comportato male un giorno in mensa, l’insegnante gli ha detto di salire nel suo ufficio per
incontrarmi. Si è categoricamente rifiutato, si è sdraiato sul pavimento e ha fatto le bizze,
dando calci e urlando. Spesso racconta bugie. Quando viene sorpreso in flagrante, nega
ogni cosa ed assume un’aria di innocenza ferita.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S1
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
Crede che ce l’abbiamo con lui. Il suo atteggiamento è scontroso quando gli viene rifiutata
qualunque cosa. Mette il broncio e quando gli si chiede perché faccia queste cose, indica
la testa e dice “Perché io non so bene quassù”. Questo ragazzo ha assolutamente bisogno
di aiuto. Non sembra avere amici. Il suo comportamento aggressivo li tiene lontani da lui.
Lo psicologo della nostra scuola lo ha valutato e i risultati indicano un’intelligenza media,
ma il suo risultato a scuola è solo a livello di una terza-quarta classe.”
Lo psichiatra ha appreso dalla nonna di Phillip che egli è nato quando sua madre
frequentava l’ultimo anno della scuola superiore. I genitori di lei avevano insistito che
tenesse il bambino e contribuisse ad allevarlo; sono stati prevalentemente i nonni,
tuttavia, a provvedere alla sua educazione.
Poco dopo la sua nascita, la madre scappò con un uomo, lo sposò ed ebbe un secondo
figlio. Il matrimonio fallì e lasciò questo bambino a suo padre. Phillip non aveva avuto
contatti con sua madre da quando lo aveva lasciato.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S1
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
L’educazione all’uso del vasino non ebbe successo con Phillip e per alcuni anni soffrì di
enuresi. A 5 anni i suoi nonni materni lo adottarono perché temevano che un giorno sua
madre potesse reclamarlo. Mostrò ansia nella separazione da sua nonna quando iniziò la
scuola. Fu poi coinvolto in un grave incidente, nel quale sua nonna fu ferita e una persona
nell’altra auto morì. Phillip non sembrava ferito, ma ebbe un’amnesia transitoria,
probabilmente come risultato diretto, immediato dell’impatto. Successivamente ebbe
incubi notturni, paura dell’oscurità e un’esacerbazione della sua paura di separarsi dalla
nonna.
Il profitto scolastico di Phillip non era buono. Ripetè la terza classe e poi frequentò una
classe speciale di recupero. La nonna di Phillip ricorda che l’insegnante di suo nipote
lamentava “che il ragazzo non poteva mai stare seduto”.
Il suo comportamento contro le regole si manifestato con l’inizio della scuola e per molti
anni è stato caratterizzato da liti, bugie e furti.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S2
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
Esercitazione e-portfolio
PIETRO
6 anni, frequenta la prima classe della scuola primaria; ● Manifesta comportamenti oppositivi nei
confronti degli adulti; ● Fin dal suo inserimento al nido d'infanzia, Pietro ha sempre manifestato un
forte interesse all'interazione con i coetanei; ● Le sue competenze sociali si sono ulteriormente
perfezionate durante il periodo della scuola dell'infanzia, quando Pietro era in grado di regolare i
propri comportamenti in base ai segnali mimico-emotivi dei compagni; ● Accanto a questi
comportamenti positivi, venivano riportati ovviamente anche momenti di conflittualità (litigio per un
giocattolo conteso, ricerca dell'attenzione dell'adulto) ● Queste alterazioni emotivo-comportamentali
duravano pochi minuti e spesso Pietro era in grado di calmarsi autonomamente, senza l'intervento
della maestra o del genitore. ● In alcune occasioni, segnalate da particolare intensità emozionale,
Pietro ha anche colpito con spinte e schiaffi il compagno considerato responsabile di averlo irritato:
in questi casi, il tempestivo intervento dell'adulto e la relativa sanzione riuscivano a inibire ulteriori
escalation comportamentali; ● All'inizio della scuola primaria, Pietro non sembra manifestare
particolari problemi di adattamento, che invece compaiono a distanza di alcuni mesi; ● In particolare
Pietro si dimostra oppositivo nei confronti di ordini impartiti dagli insegnanti durante le attività
didattiche: ritarda l'inizio dei compiti, non prende dalla cartella i materiali necessari per la lezione
ecc.... Inizialmente, questi comportamenti oppositivi vengono considerati una normale difficoltà di
adattamento alla maggiore strutturazione dell'attività didattica prevista nella scuola primaria. ● Nel
giro di poche settimane, però, la condotta problematica si diffonde anche ad altri contesti: talvolta,
Pietro si mostra oppositivo durante le attività ludiche e sportive o a casa con i familiari.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S2
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
ANTONIO
● Antonio ha 13 anni ed è impegnato nell'ultimo anno della scuola secondaria di primo grado, i suoi genitori
vengono chiamati a scuola a causa di un violento litigio accaduto durante la ricreazione: apparentemente
senza motivo, Antonio ha aggredito un suo compagno con schiaffi e pugni; ● Antonio è sempre stato
considerato, fin dai primi anni di vita, un bambino molto sensibile sul piano emotivo: rispondeva con intensi
scoppi di pianto a qualsiasi rimprovero da parte dei genitori; reagiva intensamente e rapidamente in
presenza di lievi stimolazioni ambientali, alternando emozioni di rabbia o paura. I genitori si sono sempre
lamentati della difficoltà a regolare i ritmi del figlio, es. rispetto ai momenti di riposo, al mangiare. ●
L'ingresso nella scuola dell'infanzia è stato caratterizzato da alcune difficoltà: Antonio mostrava forti
alterazioni emozionali al momento in cui il genitore lo lasciava a scuola e andava a riprenderlo. ● Durante le
interazioni con i compagni, ricorreva spesso all'atto fisico come mezzo per risolvere eventuali conflitti:
spingeva via il compagno che toccava i suoi giocattoli, colpiva l'insegnante responsabile di non prestargli
sufficiente attenzione; ● Inoltre, piccole frustrazioni, es. un disegno rovinato, scatenavano violente escalation
emozionali, durante le quali era molto difficile calmarlo e a causa delle quali doveva essere allontanato dal
gruppo dei coetanei. ● Il passaggio alla scuola primaria ha ulteriormente acuito tali problematiche
comportamentali: Antonio diventava spesso aggressivo e, se rimproverato dall'insegnante, ricorreva a insulti
e minacce; con il passare degli anni, questi atteggiamenti sfidanti hanno posto crescenti difficoltà di
gestione; ● Parallelamente, però, il bambino ha anche manifestato sempre una serie di competenze
relazionali: riconosceva quando un compagno aveva bisogno di aiuto ed era in grado di fornirgli il supporto
necessario; ● Inoltre, in momenti di calma, era in grado di dialogare con l'adulto e di comprendere quali
comportamenti fossero errati. ● Questa capacità, però, veniva poi spezzata via da improvvise esplosioni di
rabbia; ● La situazione, infine, è ulteriormente degenerata alla scuola secondaria di primo grado, laddove gli
approcci punitivi adottati hanno solamente acuito le difficoltà di autoregolazione del ragazzo, incrementando
la frequenza di colluttazioni con i compagni.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S2
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
CHIARA
● Chiara ha 15 anni, ha avuto una carriera scolastica segnata da risultati positivi e da una
condotta sempre tranquilla e controllata; ● La ragazza è stata appena sospesa, in quanto
coinvolta, insieme ad altre persone, in una serie di atti vandalici volti a danneggiare un
compagno di classe: insulti omofobici scritti sui muri della scuola, danneggiamento di oggetti
ecc.. ● Di fronte alla sanzione da parte della scuola e ai rimproveri dei genitori, Chiara ha
reagito con relativa indifferenza. ● Fin da piccola, Chiara è stata considerata una bambina
molto tranquilla; i rapporti con gli altri sono sempre stati caratterizzati da una ridottissima
incidenza di qualsiasi tipo di conflitto; ● Inoltre non hai mai manifestato problemi nel distacco
dai genitori all'ingresso alla scuola dell'infanzia; ● Tutto il percorso scolastico di Chiara è stato
segnato da ottimi risultati e dall'assenza di qualsiasi rilevante problema di comportamento;
tuttavia, in alcune occasioni, le insegnanti hanno registrato una certa “freddezza” emotiva e
una tendenza ad annoiarsi facilmente, assumendo talvolta atteggiamenti di indifferenza verso
le attività svolte dai compagni.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S3
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
Esercitazione e-portfolio
PIETRO
6 anni, frequenta la prima classe della scuola primaria; ● Manifesta comportamenti oppositivi
nei confronti degli adulti; ● Fin dal suo inserimento al nido d'infanzia, Pietro ha sempre
manifestato un forte interesse all'interazione con i coetanei; ● Le sue competenze sociali si
sono ulteriormente perfezionate durante il periodo della scuola dell'infanzia, quando Pietro era
in grado di regolare i propri comportamenti in base ai segnali mimico-emotivi dei compagni; ●
Accanto a questi comportamenti positivi, venivano riportati ovviamente anche momenti di
conflittualità (litigio per un giocattolo conteso, ricerca dell'attenzione dell'adulto) ● Queste
alterazioni emotivo-comportamentali duravano pochi minuti e spesso Pietro era in grado di
calmarsi autonomamente, senza l'intervento della maestra o del genitore. ● In alcune
occasioni, segnalate da particolare intensità emozionale, Pietro ha anche colpito con spinte e
schiaffi il compagno considerato responsabile di averlo irritato: in questi casi, il tempestivo
intervento dell'adulto e la relativa sanzione riuscivano a inibire ulteriori escalation
comportamentali; ● All'inizio della scuola primaria, Pietro non sembra manifestare particolari
problemi di adattamento, che invece compaiono a distanza di alcuni mesi; ● In particolare
Pietro si dimostra oppositivo nei confronti di ordini impartiti dagli insegnanti durante le attività
didattiche: ritarda l'inizio dei compiti, non prende dalla cartella i materiali necessari per la
lezione ecc.... Inizialmente, questi comportamenti oppositivi vengono considerati una normale
difficoltà di adattamento alla maggiore strutturazione dell'attività didattica prevista nella scuola
primaria. ● Nel giro di poche settimane, però, la condotta problematica si diffonde anche ad
altri contesti: talvolta, Pietro si mostra oppositivo durante le attività ludiche e sportive o a casa
con i familiari.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S3
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
ANTONIO
● Antonio ha 13 anni ed è impegnato nell'ultimo anno della scuola secondaria di primo grado, i suoi genitori
vengono chiamati a scuola a causa di un violento litigio accaduto durante la ricreazione: apparentemente
senza motivo, Antonio ha aggredito un suo compagno con schiaffi e pugni; ● Antonio è sempre stato
considerato, fin dai primi anni di vita, un bambino molto sensibile sul piano emotivo: rispondeva con intensi
scoppi di pianto a qualsiasi rimprovero da parte dei genitori; reagiva intensamente e rapidamente in
presenza di lievi stimolazioni ambientali, alternando emozioni di rabbia o paura. I genitori si sono sempre
lamentati della difficoltà a regolare i ritmi del figlio, es. rispetto ai momenti di riposo, al mangiare. ●
L'ingresso nella scuola dell'infanzia è stato caratterizzato da alcune difficoltà: Antonio mostrava forti
alterazioni emozionali al momento in cui il genitore lo lasciava a scuola e andava a riprenderlo. ● Durante le
interazioni con i compagni, ricorreva spesso all'atto fisico come mezzo per risolvere eventuali conflitti:
spingeva via il compagno che toccava i suoi giocattoli, colpiva l'insegnante responsabile di non prestargli
sufficiente attenzione; ● Inoltre, piccole frustrazioni, es. un disegno rovinato, scatenavano violente
escalation emozionali, durante le quali era molto difficile calmarlo e a causa delle quali doveva essere
allontanato dal gruppo dei coetanei. ● Il passaggio alla scuola primaria ha ulteriormente acuito tali
problematiche comportamentali: Antonio diventava spesso aggressivo e, se rimproverato dall'insegnante,
ricorreva a insulti e minacce; con il passare degli anni, questi atteggiamenti sfidanti hanno posto crescenti
difficoltà di gestione; ● Parallelamente, però, il bambino ha anche manifestato sempre una serie di
competenze relazionali: riconosceva quando un compagno aveva bisogno di aiuto ed era in grado di
fornirgli il supporto necessario; ● Inoltre, in momenti di calma, era in grado di dialogare con l'adulto e di
comprendere quali comportamenti fossero errati. ● Questa capacità, però, veniva poi spezzata via da
improvvise esplosioni di rabbia; ● La situazione, infine, è ulteriormente degenerata alla scuola secondaria di
primo grado, laddove gli approcci punitivi adottati hanno solamente acuito le difficoltà di autoregolazione del
ragazzo, incrementando la frequenza di colluttazioni con i compagni.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 56/S3
Titolo: IL DISTURBO ANTISOCIALE
Attività n°: 01
CHIARA
IL DISTURBO DA DEFICIT DI
ATTENZIONE E IPERATTIVITA’
1) sono stati aggiunti esempi alle voci criterio per facilitare l'applicazione durante il corso
della vita,
2) il requisito cross-situazionale è stato rinforzato per "diversi" sintomi in ogni gruppo
(Disattenzione, Iperattività, Impulsività)
3) il criterio di insorgenza è stato cambiato da "sintomi che erano presenti prima dei 7 anni"
a "diversi sintomi di disattenzione o iperattività-impulsività erano presenti prima dei 12 anni";
4) i sottotipi sono stati sostituiti con presentazioni specifiche che si ricollegano direttamente
ai precedenti sottotipi;
5) una diagnosi di comorbilità con il Disturbo dello Spettro Autistico è ora consentita;
6) è stato operato un cambiamento nella soglia dei sintomi per gli adulti, in modo da
riflettere la sostanziale evidenza di compromissione clinicamente significativa per l’ADHD,
con un taglio per cinque sintomi.
.
Infine, l'ADHD è stato posto nel capitolo Disturbi dello Sviluppo Neurologico per
considerare i problemi correlati allo sviluppo cerebrale.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 57
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività N°: 02
I sintomi di Inattenzione
1. Scarsa cura per i dettagli, errori di distrazione
2. Labilità attentiva
3. Sembra non ascoltare quando si parla con lui/lei
4. Non segue le istruzioni, non porta a termine le attività
5. Ha difficoltà ad organizzarsi
6. Evita le attività che richiedono attenzione sostenuta (compiti)
7. Perde gli oggetti
8. E’ facilmente distraibile da stimoli esterni
9. Si dimentica facilmente cose abituali
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 57
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività N°: 02
I sintomi di Iperattività
1. Irrequieto, non riesce a star fermo su una sedia
2. In classe si alza spesso quando dovrebbe star seduto
3. Corre o si arrampica quando non dovrebbe
4. Ha difficoltà a giocare tranquillamente
5. Sempre in movimento, come “attivato da un motorino”
6. Parla eccessivamente
I sintomi di Impulsività
7. Risponde prima che la domanda sia completata
8. Ha difficoltà ad aspettare il proprio turno
9. Interrompe / si intromette in attività di coetanei o adulti
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 57/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività N°: 02
ADHD
PREVALENZA
I numeri variano tra il 2% e il 18% della popolazione in età scolare ma la stima migliore
sembra essere quella del 4%. Il rapporto tra maschi e femmine oscilla da 8:1 a 10:1.
Le manifestazioni del disturbo spesso persistono nella adolescenza e nella età adulta.
In età adulta, senso interiore di irrequietezza piuttosto che come grossolana iperattività
motoria, l’inattenzione comporta difficoltà ad organizzare le proprie attività e compiti
lavorativi.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 57/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività N°: 02
DECORSO
Comorbilità
I bambini caratterizzati da questa diagnosi incontrano spesso delle difficoltà in aree importanti dello
sviluppo come l’apprendimento, il controllo della aggressività, le relazioni sociali.
Apprendimento e risultati scolastici. Sebbene la comorbilità con la diagnosi dei disturbi specifici
dell’apprendimento vari dal 10 al 30%, la presenza di problemi nelle attività scolastiche è una
caratteristica centrale del disturbo.
Ansia e depressione
Rifiuto da parte dei pari. E’ una delle caratteristiche associate più frequentemente riscontrata anche
quando non c’è aggressività da parte del bambino con questo disturbo.
Disfunzioni familiari. Alti livelli di stress, uno scarso senso di competenza genitoriale, e interazioni
genitore-bambino conflittuali sono caratteristiche familiari salienti che accompagnano il
disturbo. Sono caratteristiche che contribuiscono al mantenimento e al decorso del disturbo.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 57/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività N°: 02
EZIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 57/S
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività N°: 02
CAUSE NEUROBIOLOGIGHE
CAUSE GENETICHE
Diversi studi indicano che il disturbo può essere genetico e si basa su una
alterazione dei geni che sono attivi nello sviluppo della corteccia prefrontale e
che codificano il trasportatore della dopamina
CAUSE ALIMENTARI
Inibizione: durante lo svolgimento di un compito, infatti, un soggetto dovrebbe inibire tutti gli stimoli
«altri» diversi dal compito stesso, come stimoli esterni (rumori, suoni) o interni (altri pensieri, immagini).
Nei soggetti con ADHD vi è una mancata inibizione che causa caoticità esecutiva.
Attenzione sostenuta: abilità di mantenere uno stato di vigilanza e attenzione durante le attività mentali
prolungate. Nei bambini con ADHD è stato riscontrato un deficit a livello dell’attenzione sostenuta, risulta
infatti eccessivo il decremento della vigilanza.
Attenzione selettiva: abilità di importanza fondamentale che permette di selezionare in modo coerente
e funzionale gli stimoli provenienti dall’esterno
Attenzione divisa: è il tipo di attenzione utilizzato maggiormente per buona parte della nostra esistenza
e permette di orientare l’attenzione a stimoli di natura diversa.
Corso Di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione N°: 57/S
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività N°: 02
I modelli motivazionali
Il modello del deficit nei meccanismi di risposta alla ricompensa detto delay-
avversion, per via della avversione alla attesa, parte dall’osservazione che i
soggetti con ADHD mostrano una forte intolleranza al saper aspettare per
la soddisfazione di un desiderio. Da ciò ne deriva uno stile motivazionale
caratterizzato dalla scelta di gratificazioni o ricompense immediate anche se di
minor entità, rispetto a gratificazioni di maggior entità ma in termini temporali
più distati da raggiungere.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 57/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 02
ADHD:
Il percorso diagnostico
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 57/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 02
Richiesta di consulenza
Molte richieste di consulenza in età scolare vengono formulate in seguito alla presenza
di importanti livelli di iperattività, a volte associati a comportamenti aggressivi, crisi di
rabbia, irritabilità, litigiosità e provocatori.
Durante la scuola secondaria di primo grado, le problematiche principali interessano
principalmente: i sintomi cognitivi (disattenzione), maggiori difficoltà scolastiche,
evitamento di compiti prolungati, comportamenti oppositivi rispetto a richieste di sforzo
mentale
Durante l’adolescenza e la prima età adulta: chiaro disturbo dell’attenzione con ricadute
negli apprendimenti scolastici e di organizzazione della vita quotidiana, sensazione
soggettiva di instabilità e irrequietezza, instabilità lavorativa e nelle relazioni sociali
Età adulta: porta con sé delle peculiarità una chiara difficoltà nell’organizzazione del
lavoro, intolleranza alla vita sedentaria, condotte rischiose, rischio di marginalità sociale
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 57/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 02
- La valutazione diagnostica
La valutazione di un paziente con ADHD è un processo lungo e complesso che attraversa
numerose fasi: interviste cliniche, esami medici, test neuropsicologici e valutazione
comportamentale effettuata tramite questionari. Che si tratti di bambini, adulti o adolescenti
che presentano la sintomatologia dell’ADHD, i dati ottenuti dovrebbero essere messi a
confronto tra di loro e interpretati clinicamente in relazione alla storia del paziente stesso.
Se pensiamo che un bambino con difficoltà comportamentali possa essere affetto da
ADHD, è necessario prima di tutto raccogliere informazioni da fonti diverse (genitori,
insegnanti, educatori), utilizzando interviste semi-strutturate o questionari standardizzati
(scale di valutazione) che ci consentano di indagare sui vari aspetti del comportamento e
del funzionamento sociale e adattivo del bambino. La letteratura internazionale offre in tal
senso un’ampia gamma di strumenti d’indagine che vengono descritti qui di seguito.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 57/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 02
Interviste diagnostiche
L’intervista diagnostica è uno dei principali strumenti impiegati che consente di
raccogliere informazioni sulla situazione clinica generale del soggetto e di indagare sulla
eventuale presenza di altri disturbi o comorbidità, nonché sul funzionamento complessivo
del comportamento problema nei differenti contesti, come quello familiare o scolastico. E’ un
mezzo utile per rafforzare l’alleanza terapeutica tra il medico e il paziente, ma anche per
coinvolgere genitori e insegnanti nella fase di valutazione del trattamento, con lo scopo di
creare un ambiente di supporto per il bambino.
Questionari di valutazione
Tali strumenti possono essere esclusivamente centrati sulla sintomatologia ADHD, oppure spaziare
sui diversi ambiti della psicopatologia, in modo da mettere a fuoco possibili disturbi associati (es.
disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi della condotta).
I questionari maggiormente utilizzati, di cui esistono versioni italiane standardizzate od in corso di standardizzazione sono:
Child Behavior CheckList (CBCL, Achembach 1991; validazione italiana Frigerio). Molto usata in studi epidemiologici,
consente di definire e misurare un fattore “generale” relativo ai disturbi “esternalizzanti” e «internalizzanti» del
comportamento.
Conner’s Teacher, Rating Scale- Revised e Conner’s Parent Ratig Scale (CTRS-R, CPRS-R, forme lunga “-L” e breve “-
S”; Conners 1997; validazione della versione italiana in corso)
Disruptive Behavior Disorder Rating Scale (DBD; Pelham 1992; versioni validate italiane: SCOD-I e SCOD-G,
Marzocchi et al. 2001; Marzocchi et al. (2002)
ADHD Rating Scale –IV (DuPaul et al; 1998, di cui esiste una versione italiana curata da Marzocchi & Cornoldi). L’ADHD
Rating Scale è un metodo di misurazione dei sintomi dell’ADHD nei bambini e ragazzi di età compresa fra i 5 e i 18 anni.
Lo strumento comprende 18 item suddivisi in due subscale, Inattenzione e Iperattività/Impulsività, ognuna delle quali
composta da 9 item. La scala permette di ottenere le valutazioni di genitori e/o insegnanti riguardanti la frequenza con cui si
è presentato ciascun sintomo dell’ADHD nei sei mesi precedenti alla somministrazione, sulla base dei criteri stabiliti dal
DSM-IV. La ADHD Rating Scale - IV può essere completata in maniera indipendente da genitori e insegnanti, mentre il
calcolo del punteggio è affidato a un medico specializzato.
A nche la somministrazione al bambino di scale di autovalutazione per ansia e depressione (ad
esempio: Multidimensional Anxiety Scale for Children, MASC, March 1997; Children Depression
Inventory, CDI, Kovacs, 1992) puo’ essere utile. E’ opportuno ricordare che le scale di valutazione
completate da genitori, insegnanti e dallo stesso bambino, non consentono di formulare una diagnosi
clinica: sono peraltro strumenti preziosi come complemento diagnostico.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 57/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 02
I test diagnostici
Un altro test, il Matching Familiar Figure Test (MFFT) valuta la capacità di inibire
risposte eccessivamente rapide ed automatiche.
Sintesi diagnostica
Per realizzare una diagnosi di ADHD occorre procedere con estrema cautela e ricordarsi
che il profilo neuropsicologico non caratterizza in modo univoco tutti i soggetti ADHD ma
ci permette di orientare l’intervento.
Spesso i sintomi ADHD sono in comorbidità con i sintomi di internalizzazione (ansia e
depressione) e di esternalizzazione (disturbo oppositivo provcatorio e disturbo della
condotta) che peggiorano notevolmente il livello di funzionamento adattivo dei soggetti.
Il DSM 5: indica i seguenti livelli di gravità:
- Lieve, solo pochi sintomi in più rispetto a quelli richiesti per la diagnosi
- Medio, implica un modesto impatto significativo sul funzionamento sociale e lavorativo
- Severo, molti sintomi in più e compromissione del funzionamento sociale e lavorativo
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 57/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 02
IN SINTESI
ADHD:
L’INTERVENTO
MULTIMODOALE
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 58
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
I genitori, gli insegnanti e lo stesso bambino devono sempre essere coinvolti nella
messa a punto di un piano di trattamento individualizzato sulla base dei sintomi più
severi e dei punti di forza identificabili.
Negli Stati Uniti, dove l’utilizzo degli psicostimolanti e’ pratica accettata da decenni, le linee
guida raccomandano l’utilizzo degli psicostimolanti in tutti i casi di ADHD severo o
moderato, a condizione che il bambino viva con un adulto responsabile che possa
somministrare il farmaco, che il personale scolastico sia disponibile per la somministrazione
in orario scolastico e che siano state considerate altre modalità di intervento quali il parent
training od altri interventi psicoeducativi.
In Europa, dove le attitudini cliniche e le restrizioni legali limitano l’uso degli psicostimolanti,
le linee guida cliniche (Taylor et al. 1998) raccomandano un primo intervento basato su
rigorosi ed intensi approcci psicosociali (interventi comportamentali, di tipo
cognitivista, terapia familiare, supporto per gli insegnanti), anche se, non deve
precludere, in via di principio, l’uso degli psicostimolanti.
Per chi fosse interessato a questo tema suggerisco di visionare il siti: giù le mani dai
bambini. Giù le mani dai bambini ONLUS è la più importante campagna di informazione e
sensibilizzazione contro l'abuso di psicofarmaci nell’infanzia in Europa.
http://www.giulemanidaibambini.org/
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Lezione n°: 58
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
4. Aumentare la collaborazione dei figli usando comandi più diretti, precisi e semplici
ADHD:
L’INTERVENTO MULTIMODOALE 2
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Lezione n°: 58/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
IL PARENT-TRAINING
Classicamente il Parent Training è inizialmente composto da 8-12 sessioni settimanali di
un gruppo di genitori con un terapista specificamente formato. Il programma delle sessioni
è focalizzato:
- miglioramento della comprensione da parte dei genitori delle caratteristiche del
bambino con ADHD
Durante gli interventi di Parent Training volti a sostenere i genitori nell’educazione del loro
bambino DDAI, alcuni obiettivi specifici sono:
- evidenziare alcune abitudini di interazione problematica;
- fornire maggiori strategie di coping;
- migliorare e/o risolvere situazioni problematiche all’interno del contesto di vita quotidiano.
Nei più recenti programmi di parent- training si è iniziato anche a lavorare sulle
rappresentazioni mentali dei genitori e a utilizzare modelli cognitivi e psicodinamici
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 58/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
E’ inoltre importante aiutare il bambino con DDAI attraverso una comunicazione chiara e
semplice, che lo aiuti a prestare attenzione. Ecco alcune indicazioni:
• Far sì che il luogo sia privo di distrazioni e assicurarci l’attenzione (contatto oculare,
toccandogli anche il braccio o prendendogli la mano). Può essere utile far ripetere al
bambino quanto gli si è chiesto di fare
• Affermazioni chiare e non ambigue, con tono di voce fermo (non rabbioso), frasi
semplici senza troppi incisi e “parentesi”
• Non usare la retorica (“non ti sembra sia arrivato il momento di spegnere la tv e mettersi
a studiare?”), perché non esprime chiaramente l’ordine da eseguire. Meglio: “spegni la
televisione!”
• Non eccedere con gli ordini, dare solo quelli necessari (le regole che può tenere a
mente il bambino sono limitate). In genere più non si viene obbediti e più si danno
ordini, invece è meglio presentare poche e significative regole.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 58/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
• Se la regola non è eseguita, ci dev’essere una sanzione. Meglio poche regole con
conseguenze certe, piuttosto che tante regole e senza conseguenze.
• Le regole richieste devono essere calibrate sul bambino. Non ha senso chiedere al
bambino con DDAI di stare fermo 20 minuti…è ovvio che trasgredirà! E’ importante che ciò
che chiediamo sia eseguibile dal bambino.
• Dare un’istruzione alla volta, perché il bambino non se le ricorda e non riesce a pianificare
(es. “prendi i quaderni per fare i compiti” e non “prendi i quaderni, fai i compiti e poi
preparati per la cena”)
• Dire prima al bambino cosa ci aspettiamo (es. “quando andiamo dai nonni devi: salutare
appena entri e rimettere a posto quello che tocchi”)
• Esplicitare sempre il comportamento richiesto: “finisci l’esercizio”, “spegni la tv”. Quando il
bambino non ubbidisce, si può ribadire il comportamento e aggiungere un limite di tempo
entro cui il compito dev’essere fatto e la conseguenza se ciò non accade: “spegni la tv
entro 2 minuti e vieni a cena, altrimenti dopo non vedrai i tuoi cartoni preferiti”.
In questo modo indichiamo: cosa ci aspettiamo dal bambino, gli diciamo che l’applicazione
della conseguenza è in mano sua
• Dare dei feedback (il bambino così capisce se ciò che ha fatto è stato apprezzato o meno)
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 58/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
Il teacher training
Il teacher training ha lo scopo di fornire tre principali competenze ai docenti coinvolti:
1. Capacità di osservare e interpretare correttamente il comportamento del bambino in
classe. Agli insegnanti viene presentato il disturbo e i suoi principali sintomi,
l’attenzione è posta sulle manifestazioni in classe dell’ADHD e sulle difficoltà che il
bambino con questo disturbo può presentare in compiti di apprendimento. L’obiettivo
che si intende raggiungere è quello di chiarire la natura di questo disturbo ed evitare
l’instaurarsi di false credenze.
2. Capacità di strutturare spazi, tempi e compiti in modo da sostenere l’apprendimento
del soggetto ADHD. Vengono forniti suggerimenti su come creare un ambiente che
possa essere sia facilitante per il bambino, sia per l’instaurarsi di una buona relazione
insegnante/ alunno. L’obiettivo è mostrare come poter intervenire sull’ambiente per
ottenere dei cambiamenti nelle manifestazioni comportamentali del soggetto.
3. Capacità di utilizzare in modo efficace strumenti e strategie per favorire l’integrazione
del soggetto ADHD nel gruppo classe. Agli insegnanti vengono presentate alcune
strategie per la gestione dell’alunno in classe, in modo particolare per far fronte alle
difficoltà relazionali che potrebbero manifestarsi in seguito ad alcuni comportamenti
impulsivi messi in atto dal bambino con ADHD. L’obiettivo è fornire strumenti per
intervenire nel contesto classe e aumentare le possibilità di successo relazionale e
inserimento sociale del bambino
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Lezione n°: 58/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
I bambini con ADHD sono privi di quel “savoir faire sociale” che consente loro di
integrarsi socialmente con i coetanei e gli adulti; in particolare, coi fratelli e i genitori.
Ciò causa frequentemente senso di inadeguatezza, bassa autostima, bassa soglia alle
frustrazioni. Tali "sensazioni" rendono più difficile inibire la propria impulsività,
pianificare i propri comportamenti e stabilire relazioni sociali gratificanti.
Risulta fondamentale lavorare con la famiglia per una chiarificazione elaborazione dei
pensieri e delle emozioni connesse che caratterizzano tutti componenti
relativamente alla sintomatologia ADHD.
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Lezione n°: 58/S1
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
In sintesi…
Qualche giorno fa, in un momento tranquillo mio figlio mi ha detto: "Sai mamma è come se io
avessi due cervelli: uno dove ce l'hanno tutti e l'altro nella bocca, ma il problema è che quello che
ho nella bocca, non lo controllo io e dice cose che non vorrei direi...".
Ho conosciuto il vostro sito così per caso e leggendo le varie storie ho trovato delle analogie con la
mia... Sono la sorella di un bambino diverso da tanti altri bambini che ho conosciuto, a volte troppo
scontroso e aggressivo, un bambino che quando è a casa fa di tutto per attirare l'attenzione su di
sé... Mio fratello condiziona le giornate di tutti i suoi familiari e questo a volte mi fa paura... Cambia
spesso umore e se non si fa quello che dice lui scatena una furia assurda... I miei genitori hanno
attenzioni tutte per lui, ma non è tanto questo che mi fa arrabbiare, quanto il fatto che il
comportamento di mio fratello condizioni l'umore di tutti noi...
A volte vorrei gioire per le cose belle che fuori mi capitano ma spesso ne sono impedita
dall'atmosfera che la prepotenza di mio fratello ha creato in casa... ed è così che spesso mi ritrovo
a piangere da sola perché capisco che è difficile anche per lui, che anche lui soffre, forse anche più
di noi e quando penso questo capisco che dovrei aiutarlo...
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 58/S2
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
Abbiamo voluto aspettare per raccontare la nostra esperienza, perchè volevamo che fosse la testimonianza di una storia
andata a buon fine...
Siamo genitori di un bambino al quale è stato diagnosticata l'ADHD. Dall'età di un anno ci accorgemmo che era un
bambino difficile e strano nel comportamento, piangeva con facilità e senza motivo, era intrattabile, incontenibile,
irrequieto. Ha sempre mancato di autocontrollo, tanto da sembrare un bambino disinibito. Mia moglie non ricorda
momenti di tenerezza in braccio, perché il bambino preferiva correre e distrarsi continuamente, lanciare tutto in aria,
molto distruttivo. Da un lato era acuto e attento, non gli sfuggiva niente e a noi questo sembrava molto positivo. Adesso
nostro figlio ha sei anni e peggiora tantissimo quando usciamo di casa, quando è alle feste ed in compagnia con altri
bambini o cuginetti suoi coetanei. Nei compleanni i regali non li guarda neppure perché distratto, bisticcia, si agita e
finisce la giornata sconvolto e distrutto. Nelle gite si dimentica della nostra presenza, non mangia, non sta seduto, è
sempre in movimento, l'unica cosa che gli interessa è correre. Dopo varie visite specialistiche all'Ospedale di
Neuropsichiatria infantile, una TAC, un ricovero (mandato via dall'ospedale perché disturbava) gli venne correttamente
diagnosticato il "Disturbo da deficit di attenzione/iperattività". Il problema però fu il progetto terapeutico. In questo periodo
gli vennero proposti degli incontri trimestrali con il neuropsichiatra e che consistevano nel far fare al bambino quello che
voleva lui... Non riscontravamo, ovviamente, nessun miglioramento... A noi non venne dato nessun consiglio
psicoeducativo adatto al suo problema. Alla scuola materna le maestre riuscirono ad insegnargli ben poco,
perché affermavano che lo distraeva anche la mosca che volava, non stava attento, non rispettava le regole,
disturbava i suoi compagni che lavoravano, distruggendo i loro lavori. Dalla mensa lo esonerammo in quanto
non mangiava e si arrabbiava tanto e dopo era esausto ed irritabile e pertanto decidemmo di fargli frequentare la
scuola solo al mattino, con grande gioia delle maestre. Sperando che con il tempo sarebbe maturato, (così
affermavano medici e maestre) siamo arrivati alla prima elementare ed i problemi sono cresciuti maggiormente.
Non riesce a stare seduto nel banco durante le lezioni, esce fuori dall'aula senza permesso e chiacchiera molto,
si dimentica le matite e quant'altro altro, ritorna a casa con i compiti incompleti e disordinati. A volte piange
sostenendo che è stanco, ma ultimamente abbiamo scoperto che mente per nascondere i suoi falli. Parla
sempre e pensa ad alta voce, canta, non è per niente timido, anzi. Nella scuola in pochi giorni lo conoscono in
molti e la maestra di matematica ha affermato che è un bambino "esibizionista". E' comunque molto intelligente
e un bambino meraviglioso. Eravamo esausti di questa situazione e cercando questa sindrome su Internet
abbiamo scoperto il vostro sito….
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Lezione n°: 58/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
Le testimonianze di altri genitori "incompresi" come noi ci hanno molto aiutati, ma la speranza si è accesa
quando abbiamo scoperto e che era possibile affrontare questa turba con una terapia farmacologica. Ci
siamo così subito rivolti al Centro della nostra Regione, da voi indicato nel sito, quello di Cagliari, e con
grande gioia abbiamo scoperto un'equipe di medici espertissimi e competenti su questa problematica. In
soli tre giorni di ricovero nostro figlio è stato sottoposto a visite di ogni tipo, test ed esami specialistici.
Adesso è in terapia farmacologica con il "Ritalin" e siamo meravigliati, contenti ed ancora increduli del
miglioramento che in soli due giorni di terapia nostro figlio ha mostrato. Tutti i sintomi sopradescritti non
esistono più, è sereno, pensa, non parla eccessivamente, non è indisponente, non è irritante, anzi è più
simpatico ed ha un atteggiamento amorevole. Vuole svolgere i compiti da solo, è riuscito a fare i disegni da
solo per un'ora senza fermarsi, cosa che per lui era un grosso problema. Non s'incanta ma è veloce, riesce
a capire meglio ed a ragionare, e meno stupido e sciocco, sembra più maturo, insomma non è più
iperattivo ed è più concentrato. Questo si chiama "Miracolo"! Vogliamo allora rivolgerci a quei genitori un
po' increduli: il bambino con la terapia diventa "normale", non è "sedato", non è "allucinato", ma è sereno.
Cari genitori vi vogliamo incoraggiare, perché anche noi eravamo sconfortati, delusi e stanchi, ma sappiate
che questa sindrome è curabile, non aspettate a domani, ma muovetevi adesso!
Grazie a voi per il vostro progetto: che Dio vi benedica!
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Lezione n°: 58/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
Sono una mamma disperata. Mio figlio é seguito da uno psicologo da quattro anni, ma ho
avuto pochi risultati, la scuola mi sta distruggendo. Davide è un bambino iperattivo con
disturbo di attenzione; a scuola è spesso in castigo perchè disturba e non rispetta i compagni
e nemmeno le insegnanti. In alcune circostanze è anche aggressivo: pochi giorni fa ha
colpito con una gomitata il viso di una bambina provocandole un ematoma. Frequenta la
quinta elementare in un piccolo paesino (in classe sono in sette) ed è stato sospeso per tre
giorni e non so se questo sia il modo giusto per punirlo, dal momento che le insegnanti sanno
che lo sto portando dallo psicologo per i suoi problemi. Il periodo scolastico è stato un
calvario: spesso stata richiamata per il suo comportamento dalle insegnanti e frequenti
telefonate brusche di genitori dei compagni di scuola, per la sua impulsività. Aiutatemi!
Comincio ad essere stanca...
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Lezione n°: 58/S3
Titolo: DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Attività n°: 01
Marco
... sono un ricercatore Italiano nel campo
dell'elettrofisiologia cerebrale, attualmente
impiegato in Francia. Ho avuto modo di visionare il
sito GiuLeManiDaiBambini.org ed ho immenso piacere
nel constatare che in Italia vi è coscienza circa i rischi
legati all'assunzione delle anfetamino-simili come il
Ritalin per il trattamento del disordine dell'attenzione
con o senza iperattività (ADD/ADHD).
Sono a Vostra disposizione per ulteriori chiarimenti,
non esitate a contattarmi per ulteriori informazioni...
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 59
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO
Attività n°: 01
IL BULLISMO
Nel corso di questa e della prossima lezione parleremo di una tematica molto attuale,
ovvero del bullismo e del cyberbullismo.
Per chi fosse interessato si consiglia la lettura del testo di Caravita & Gini (2010) L’immoralità
del bullismo. Edizioni Unicopli, Milano.
Lo studio della lezione va integrato con i contenuti dell’articolo di: Dimitri, S., Pedroni, S.,
& Donghi, E. (2018). Attraverso le sofferenze della vittima: tra bullismo, cyberbullismo e
proposte di intervento. Maltrattamento e abuso all’infanzia
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 59
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO
Attività n°: 01
Intenzionalità
Reiterazione;
Presenza di uno squilibrio nella forza (fisica
o psicologica) e nel potere all’interno della
relazione tra il bullo e la vittima;
Mancanza di provocazione da parte della
vittima.
Il bullismo diretto consiste nel picchiare, prendere a calci e a pugni, spingere, dare
pizzicotti, appropriarsi degli oggetti degli altri o rovinarli, minacciare, insultare, offendere,
prendere in giro, esprimere pensieri razzisti sugli
altri o rovinarli.
Il bullismo indiretto, invece, si gioca più sul piano psicologico, meno visibile e più difficile
da individuare, ma non meno dannoso per la vittima di "turno«.
Esempi di bullismo indiretto sono: l'esclusione dal gruppo dei coetanei, l'isolamento, la
diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima, il danneggiamento dei rapporti
di amicizia.
Il bullismo è un fenomeno che riguarda sia maschi che femmine, seppure si esprima
nelle differenze di genere. Infatti i maschi mettono in atto soprattutto prepotenze di tipo
diretto, come aggressioni fisiche e verbali. Le femmine, invece, utilizzano in genere
modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono prevalentemente ad altre femmine,
sebbene negli ultimi tempi diversi episodi denotino che il genere femminile sta mutuando i
comportamenti aggressivi, tipici maschili
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 59
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO
Attività n°: 01
Tendenze evolutive
Prevaricatori
p. principali p. passivi (aiutanti del bullo)
Coetanei o maggiori della vittima;
Spesso fisicamente più forti della media dei compagni;
Presentano un comportamento marcatamente aggressivo verso i pari e
verso gli adulti del contesto scolastico;
Una “personalità aggressiva”
Valutazione strumentale della violenza e volontà di affermazione di sé;
Autostima nella media;
Presentano livelli di ansia ed insicurezza bassi o nella media;
Tendenza al machiavellismo e al disimpegno morale;
Processi di pensiero sofisticati (ad es. la capacità di leggere la mente altrui);
Diversi bulli si sentono AMMIRATI E TEMUTI dai compagni e per questo sono
motivati alle prepotenze;
Molti bulli reputano le vittime “deboli”, “inferiori”, “idioti”, “diversi”, “gradassi” e
“rompiscatole”;
Alle sup. il 70,4% dei bulli privilegia valori “egoistici” a valori “sociali”; i valori
“altruistici” di “realizzazione di sé” sono ritenuti meno importanti.
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Lezione n°: 59/S2
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO
Attività n°: 01
1. Vittime
v. passive v. provocatrici
Bullo
• Bullismo e ADHD:
– Sottotipi ADHD.
• Bullismo e Disturbo Oppositivo-Provocatorio.
• Bullismo e Disturbo di Condotta.
Vittima
• Bullismo e Difficoltà di Apprendimento.
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Lezione n°: 59/S2
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO
Attività n°: 01
Il cyberbullsimo
Il contenuto della Lezione è stato tratto dall’articolo dal titolo: Il funzionamento morale
come fattore di rischio per il bullismo e il cyberbullismo di Caravita, Milani, Binaghi,
Apolloni, pubblicato sulla rivista Maltrattamento e abuso all’infanzia, marzo 2018
Lo studio della lezione va integrato con i contenuti dell’articolo di. Dimitri, S., Pedroni, S., &
Donghi, E. (2018). Attraverso le sofferenze della vittima: tra bullismo, cyberbullismo e
proposte di intervento. Maltrattamento e abuso all’infanzia
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 59/S3
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO
Attività n°: 01
La differenza tra bullismo tradizionale ed elettronico risiede, semmai, nel fatto che nel
cyberbullismo manca il rapporto faccia a faccia tra la vittima e il cyberbullo, e che le
tecnologie, per le loro caratteristiche di anonimato e diffusione nel tempo e nello spazio,
modulano queste tre dimensioni distintive del bullismo.
Nel bullismo elettronico, lo squilibrio di potere che viene a crearsi tra vittima e cyberbullo
non risente della fisicità della persona o dell’interazione quanto piuttosto dell’anonimato e
della percezione di invisibilità di cui beneficia il cyberbullo (Vandebosh & Van Cleemput,
2008). L’intenzionalità e la responsabilità dell’azione denigratoria assumono, inoltre una
forma indiretta e diffusa, in quanto è difficile risalire al responsabile principale della
prepotenza ed è facile che tutti coloro che condividono o commentano si rendano in parte co-
responsabili. La reiterazione nel tempo della condotta aggressiva acquisisce una
connotazione peculiare nelle prepotenze online, in quanto spesso consiste nel
prolungamento degli effetti e della diffusione di un singolo episodio di cyberbullismo
a seguito dell’assenza di barriere fisiche e temporali creata dalle tecnologie
(Vandebosch & Van Cleemput, 2008).
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Lezione n°: 59/S3
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO
Attività n°: 01
Sia nel bullismo sia nel cyberbullismo il gruppo dei pari svolge una parte importante.
In entrambi i fenomeni, infatti, i giovani possono essere coinvolti con ruoli diversi
(Salmivalli, Lagerspetz, Bjorkqvist, Osterman, & Kaukiainen, 1996). Oltre all’autore e alla
vittima delle prepotenze, gli astanti possono operare a favore di chi subisce le
prevaricazioni, come difensori della vittima, o sostenere tali dinamiche in modo attivo,
come aiutanti o sostenitori – che si limitano a manifestare approvazione senza azione
esplicita – del prepotente, o in modo passivo, agendo come esterni, ossia senza prendere
posizione a sostegno del bullo o della vittima. In merito ai ruoli di coinvolgimento nelle
prepotenze, infine, è possibile osservare differenze di genere per quanto riguarda il ruolo di
cyberbullo.
In particolare, se il bullismo tradizionale è più spesso maschile, le femmine ricorrono più
frequentemente al cyberbullismo (Caravita et al., 2016), probabilmente in quanto per le
ragazze l’offesa non è di natura fisica bensì colpisce la reputazione e l’immagine sociale
(Whittaker & Kowalski, 2015). L’azione del gruppo, inoltre, è ancora più rilevante nel
cyberbullismo che nel bullismo tradizionale, determinandone l’efficacia, e si esprime
attraverso commenti, condivisioni e visualizzazioni (Genta, Brighi, & Guarini, 2013).
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 60
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
Nel caso specifico del cyberbullismo le azioni violente, che vengono agite nella rete,
risultano più pervasive in quanto l’azione non si conclude con la sua messa in atto, ma è
destinata a rimanere a lungo e reiterata;
questa condizione d’estensione dell’azione e di maggiore diffusione non fa altro che
aumentare e perpetuare nel tempo la sofferenza della vittima.
Il profilo della vittima è quello di una persona abituata a subire prepotenze e che
sviluppa molto spesso la convinzione di non poter far nulla per cambiare la
situazione, oltre a sentirsi, nella maggior parte dei casi, responsabile di ciò che le accade,
sviluppando sentimenti di colpa e vergogna. Colui che subisce un’azione aggressiva può
provare vissuti di impotenza, che lo immobilizzano, fisicamente e cognitivamente, di fronte
ai comportamenti del bullo. Si trova in una posizione di squilibrio, nella quale la “bilancia
del potere” pende dalla parte del bullo/cyberbullo, che, privo di scrupoli, si accanisce nei
confronti di essa. Una dimensione fondamentale della sofferenza è, in questi casi, il
vissuto di solitudine che le vittime sperimentano, si sentono sole contro il mondo, gettate in
un vortice di emozioni contrastanti, dal quale non riescono a uscire da sole.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 60
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
Autore Anno Età popolazione Effetti del Bullismo Effetti del Cyberbullismo
Tabella tratta dall’articolo: Attraverso le sofferenze della vittima: tra bullismo, cyberbullismo e proposte di
intervento di Serena Dimitri; Sofia Pedroni,Elisa Donghi, Maltrattamento e abuso all’Infanzia, 2018
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Lezione n°: 60/S1
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
Indicazioni tratte dall’articolo dal titolo: Educare per prevenire la sofferenza delle cybervittime. Ricadute educative a
partire dalla Legge 71/2017 di Zanetti e Colangelo, in Maltrattamento e abuso all’infanzia, 2018
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Lezione n°: 60/S1
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
Con singolare chiarezza, all’art. 4 si riconosce il ruolo fondamentale della scuola nel
perseguire gli obiettivi di cui all’art. 1, comma 1, il cui disposto è stato opportunamente
riportato sopra. In primo luogo il comma 1 attribuisce al Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della Ricerca (MIUR), sentito il Dipartimento per la Giustizia Minorile del
Ministero della Giustizia, il compito di adottare linee di orientamento per la
prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole, anche avvalendosi della
collaborazione della Polizia postale e delle comunicazioni. Il successivo comma 2
stabilisce il contenuto di tali linee di orientamento, le quali:
«conformemente a quanto previsto alla lettera l) del comma 7 dell'articolo 1 della legge
13 luglio 2015, n. 107, includono per il triennio 2017-2019: la formazione del personale
scolastico, prevedendo la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia
scolastica; la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che
abbiano già operato all'interno dell'istituto scolastico in attività di peer education, nella
prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo nelle scuole; la previsione di misure di
sostegno e rieducazione dei minori coinvolti; un efficace sistema di governance diretto dal
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca».
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 60/S1
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
ESERCITAZONE
sul forum
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 60/S2
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
Esercitazione
Legga questa “Storia di bullismo” (inventata sulla base di vari racconti reali, scritta da
Roberta Jannetti e tratta da un sito internet) e individui le caratteristiche del fenomeno,
della vittima e dei protagonisti che ruotano intorno a bullo e vittima; commenti inoltre
anche cosa a suo parere ha permesso il perpetuarsi del bullismo.
Le chiedo di esprimere le sue notazioni e i suoi commenti sul forum
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 60/S2
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
Mi chiamo M. e ho 15 anni: non so perché, non so cosa io abbia fatto, ma da due anni
vengo perseguitato a scuola da un gruppetto di 6 ragazzi. Uno si trova nella mia stessa
classe, ma gli altri sono tutti più grandi di me. Ho cercato di reagire e mi hanno picchiato;
allora ho pensato di non reagire, ed è stato anche peggio, perché hanno cominciato a
picchiarmi e ad offendermi, con insulti e scherzi per qualsiasi cosa.
Non ricordo esattamente come sia cominciata: da pochissimo avevo cominciato il liceo,
dove portavo da casa un panino per la ricreazione. Inutile dire che cominciarono a
rovistare nella cartella per prendermi la mia merenda, ma non per mangiarla, solo per
giocarci, solo per farmi dispetto, quasi come dei gatti con le loro prede. Ma loro non sono
gatti: e giocare fino a disintegrare qualcosa non è nel loro istinto.
Dissi a mia madre che preferivo comprarmi direttamente la merenda a scuola: dolce
come sempre, non se la prese, ma cominciò a darmi una paghetta per le mie piccole
necessità. Nel momento in cui non trovarono più niente nella mia cartella, si infuriarono.
Pretesero i miei soldi. Io non ne avevo moltissimi, mi servivano solo per una merendina a
scuola per tutta la settimana: davo comunque loro tutto ciò che avevo, proprio per essere
lasciato in pace. Ma quando non avevo soldi da dare iniziarono a picchiarmi innervositi.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 60/S2
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
Per i professori, che sembravano non accorgersi di niente, sembrava quasi un innocente
gioco fra ragazzi. Il fatto che venissero persone dalle altre classi per "divertirsi" con me,
non interessava loro assolutamente. Gli altri miei compagni di classe avrebbero voluto
reagire, ma erano terrorizzati che quegli altri se la potessero prendere anche con loro.
Così lasciavano fare, guardandomi con compatimento.
Io avevo paura e non osavo confidarmi con nessuno. Avevo paura di parlarne ai miei:
perché tremavo al pensiero che, dopo, quelli avrebbero potuto vendicarsi.
Tornavo a casa pesto, spesso col sangue dal naso, ma inventavo sempre goffe e
patetiche scuse (caduto dalle scale, sbattuto ad una porta) su come mi fossi fatto male.
Scuse a cui, naturalmente, i miei non credevano.
Ero triste e solo: il mio carattere cominciò a cambiare e mi vennero strani tic nervosi, che
ancora di più erano oggetto di scherno da parte di quei bulli. Un giorno in cui tornai a casa
conciato peggio del solito, mia madre mi costrinse a denunciare tutti quei ragazzi,
facendo nomi e cognomi. Ovviamente ho cambiato città, scuola, mondo, amici... Ma
almeno sto trovando un minimo di serenità.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 60/S3
Titolo: BULLISMO E CYBERBULLISMO - II
Attività n°: 01
Strategie di intervento
Prova di apprendimento
sul forum
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 61
Titolo: PROVA DI APPRENDIMENTO E AUTOVERIFICA
Attività n°: 01
- Comportamenti
- Fattori di rischio a livello familiare
- Strategie di Intervento
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 61/S1
Titolo: PROVA DI APPRENDIMENTO E AUTOVERIFICA
Attività n°: 01
Prova di apprendimento
sul forum
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 61/S1
Titolo: PROVA DI APPRENDIMENTO E AUTOVERIFICA
Attività n°: 01
Disturbo di Asperger
Disturbo di Asperger
Esso, pertanto, si differenzia dal Disturbo Autistico per:
• l’assenza nell’anamnesi di un ritardo del linguaggio. Il linguaggio, peraltro, all’epoca
della consultazione, risulta ben sviluppato anche se “insolito per la fissazione
dell’individuo su certi argomenti o per la sua verbosità” (APA, 2002);
• l’assenza nell’anamnesi di un ritardo dello sviluppo cognitivo. Il livello cognitivo,
peraltro, all’epoca della consultazione risulta nella norma, anche se disomogeneo per
una significativa prevalenza del Quoziente Intellettivo Verbale rispetto a quello di
Performance;
• le caratteristiche dell’interazione sociale, che prevedono la “presenza di
una motivazione a rivolgersi all’altro anche se ciò viene fatto in modo
estremamente eccentrico, unilaterale, verboso e insensibile” (APA, 2002);
• le caratteristiche delle atipie nel repertorio di interessi ed attività. Mentre,
infatti, nell’Autismo prevalgono i manierismi motori, l’attenzione circoscritta a parti di
oggetti e il marcato disagio nei confronti del cambiamento, nel Disturbo di Asperger, in
relazione anche al buon livello linguistico e cognitivo, prevale l’interesse nei confronti di
argomenti sui quali l’individuo spende una gran quantità di tempo a raccogliere
informazioni e fatti.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 62
Titolo: DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
Attività n°: 01
Disturbo di Rett
Il Disturbo di Rett, o Sindrome di Rett, è un disturbo neurodegenerativo con
etiologia definita (mutazione nel gene MECP2). Colpisce quasi esclusivamente le
femmine ed esordisce tra i 6 e i 18 mesi, dopo un periodo di sviluppo
normale. Il quadro clinico è caratterizzato da: una decelerazione della crescita del
capo (non costante); atassia; tremori; perdita delle competenze prassiche e della
coordinazione motoria; perdita delle competenze comunicative verbali e non
verbali; perdita delle competenze interattive. Abituale è la presenza di alterazioni
elettroencefalografiche.
A differenza dell’autismo:
L’introduzione delle nuova dicitura Disturbi dello Spettro Autistico richiama l’attenzione
del clinico sul concetto dimensionale del disturbo, caratterizzato da comportamenti che si
estendono tra normalità e malattia, ma che si differenziano perché la frequenza e l’intensità
di quel sintomo non consentono di adattarsi al contesto, di sviluppare tutte le risorse
cognitive, di acquisire e mantenere relazioni sociali.
Il fatto che il disturbo venga considerato all’interno di uno «spettro» significa che la
distribuzione della frequenza di un dato comportamento problematico varia nel tempo
e nell’intensità della sua manifestazione.
Questo comporta che all’interno delle dimensioni (sintomi) del disturbo si racchiudono
soggetti con caratteristiche cliniche eterogenee nella compromissione sociale e nella
presenza di comportamenti ripetitivi e di interessi ristretti.
Ricordiamo che:
Secondo il DSM-IV, la diagnosi veniva prevista a partire dai 3 anni. Nel DSM-5, si
parla della possibilità di riconoscere i sintomi dai 12 mesi, nelle forme più
severe, ai 2 anni, quando i sintomi sono di grado lieve.
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Lezione n°: 62/S1
Titolo: DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
Attività n°: 01
Il DSM-5 identifica solo 2 AMBITI all’interno dei quali ricercare i segni e i sintomi del
disturbo.
- Il primo riguarda la presenza di deficit nella comunicazione e interazione sociale
(ad es. assenza di reciprocità emotiva, deterioramento nell’uso dei comportamenti non
verbali, difficoltà nello sviluppare e mantenere amicizie, assenza di condivisione di
esperienze).
- Il secondo riguarda la presenza di attività stereotipate e interessi ristretti. All’interno
di questa dimensione sono descritti quattro sintomi: le manifestazioni di almeno 2 di
questi sono richieste per la diagnosi: presenza di movimenti stereotipati o ripetitivi (uso
degli stessi oggetti, ecolalia, frasi idiosincratiche), aderenza inflessibile a routine non
funzionali, interessi ristretti e fissi, iper o iporeattività a stimoli sensoriali o inusuali
interessi ad aspetti sensoriali dell’ambiente (ad es. indifferenza al dolore, alla
temperatura, reazioni di panico nei confronti di rumori comuni, …).
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 62/S1
Titolo: DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
Attività n°: 01
Ulteriore Novità del DSM-5: Ogni dimensione deve poi essere specificata in relazione alla
gravità, per la quale si distinguono 3 livelli:
- Richiesta di assistenza, dove il problema sociale è caratterizzato solo da un inizio
difficile dell’interazione. Il soggetto è capace di esprimersi e di rispondere alle consuete
domande di rito, ma non riesce a sostenere una conversazione. Dal punto di vista
degli interessi/attività è presente una difficoltà a passare da una attività all’altra e
sono presenti comportamenti rigidi che vanno conosciuti dall’interlocutore.
- Richiesta di assistenza sostanziale per quei soggetti i cui deficit verbali e non verbali
sono marcati, le iniziative di interazione sociale sono limitate e i comportamenti
ripetitivi/fissi interferiscono con il funzionamento del paziente nei vari contesti di vita
- Richiesta di assistenza molto sostanziale, prevista per i soggetti in cui i deficit
descritti sopra sono molto severi (ad es. poche parole intelleggibili, nessuna iniziativa
sociale o solo occasionale, estrema difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, grande
difficoltà a cambiare il focus di una azione).
L’autismo non presenta prevalenze geografiche e/o etniche, in quanto è stato descritto
in tutte le popolazioni del mondo, di ogni razza o ambiente sociale. Presenta, viceversa,
una prevalenza di sesso, in quanto sembra colpire i maschi in misura da 3 a 4
volte superiore rispetto alle femmine
Sulla base dei dati attualmente disponibili una prevalenza di 10 casi le per 10000
sembra la stima più attendibile. Tale dato confrontato con quelli riferiti in passato ha
portato a concludere che attualmente l’autismo è 3-4 volte più frequente rispetto a 30
anni fa. Secondo la maggioranza degli Autori, questa discordanza nelle stime di
prevalenza sarebbe dovuta più che ad un reale incremento dei casi di autismo ad una
serie di fattori individuabili in:
¨ maggiore definizione dei criteri diagnostici, con inclusione delle forme più lievi;
¨ diffusione di procedure diagnostiche standardizzate;
¨ maggiore sensibilizzazione degli operatori e della popolazione in generale;
¨ aumento dei Servizi (anche se ancora decisamente inadeguati alla richiesta, sia
quantitativamente che qualitativamente).
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 62/S2
Titolo: DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
Attività n°: 01
Anche se la compromissione qualitativa dell’interazione sociale accompagna il soggetto autistico nel corso
di tutto il suo ciclo vitale, i comportamenti con cui essa si esprime variano necessariamente nel corso dello
sviluppo.
• Nel corso del primo anno di vita, i comportamenti atipici che abitualmente indicano una compromissione qualitativa
dell’interazione sociale sono essenzialmente rappresentati da: sguardo sfuggente; assenza di sorriso sociale;
mancanza di atteggiamenti anticipatori quando si cerca di prenderlo in braccio (tendere le braccia); atipie del dialogo
tonico (difficoltà a tenerlo in braccio); inadeguatezza dell’attenzione congiunta (difficoltà di richiamare la sua attenzione su
un oggetto o un evento interessante)
• Fra il secondo e il quinto anno di vita, la compromissione dell’interazione sociale si arricchisce di comportamenti sempre
più espliciti e caratteristici. Il bambino “si aggira” fra gli altri come se non esistessero; tende ad isolarsi; quando chiamato
“non risponde”; non richiede la partecipazione dell’altro nelle sue attività, né lo rende partecipe delle sue attività
(richiamando, ad esempio, l’attenzione dell’altro su oggetti o eventi interessanti, ovvero portando o mostrando oggetti);
utilizza l’altro in maniera strumentale per l’appagamento delle esigenze del momento (il bambino, ad esempio, senza
guardarlo negli occhi prende il braccio dell’altro e lo indirizza verso una cosa, che lui da solo non riesce a prendere).
Quest’ultimo aspetto induce a tener ben presente che il rapporto interpersonale non è mai - o quasi mai - completamente
assente: esso tuttavia è limitato sempre - o quasi sempre - a richiedere (qualcosa o qualche azione) e non a condividere
(interessi, bisogni, emozioni) (Mundy, 2003).
• In epoche ancora successive (dal sesto anno di vita in poi), la compromissione dell’interazione sociale può continuare ad
esprimersi con i comportamenti su accennati ovvero, in relazione al conseguimento di un adattamento formale
all’ambiente, può assumere forme meno esplicite. In queste ultime situazioni, tuttavia, a fronte di un apparente
adeguamento alle regole sociali, persiste uno scarso investimento della relazione con mancata individuazione dell’altro
come figura privilegiata per condividere esperienze, interessi ed attività.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 62/S3
Titolo: DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
Attività n°: 01
Caratteristiche salienti
Alcune abituali routine quotidiane, quali il mangiare, il lavarsi, l’uscire, che devono
svolgersi secondo sequenze rigide ed im m utabili . Il bambino, ad esempio, al momento
del pasto, può aver bisogno di mangiare sempre nella stessa stanza, nello stesso posto, con la
stessa disposizione spaziale del piatto e delle posate; più spesso sono le
caratteristiche del cibo che devono essere sempre le stesse, sia in termini di sapore che di
aspetto (o sempre pastina o sempre formaggini o sempre surgelati di forma particolare).
Questo bisogno di immutabilità - riferito dai genitori come espressione di un “carattere
abitudinario” - si verifica anche nel gioco (disposizione di soldatini o di macchinine secondo un
ordine che deve rimanere immodificato), nella disposizione degli oggetti nella sua stanza (che
deve essere
sempre la stessa), nei percorsi da seguire nelle uscite o nell’attaccamento esasperato ad
oggetti insoliti. Nel complesso, due aspetti particolari caratterizzano questo tipo di
comportamenti: l’abilità del bambino di cogliere anche minime variazioni del set percettivo
(accorgersi, ad esempio, che la disposizione dei soldatini è stata alterata o che il cibo ha una
consistenza lievemente diversa) e le reazioni di profondo disagio quando ciò avviene. In
effetti, è proprio questo profondo disagio - che, peraltro, si traduce in vivaci reazioni
comportamentali di rabbia ed aggressività auto o eterodiretta -, che conferisce a queste
abitudini il carattere di un rituale ossessivo-compulsivo.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 62/S3
Titolo: DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
Attività n°: 01
Ritardo Mentale. Circa il 75% dei pazienti autistici presenta Ritardo Mentale
(Rapin, 1998). Recentemente, l’estendersi del concetto di Disturbo dello Spettro
Autistico ha determinato stime sensibilmente differenti: in particolare, la
percentuale di Ritardo Mentale in bambini con Disturbo dello Spettro Autistico si
sarebbe ridotta al 50%
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 63
Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
STRUMENTI DIAGNOSTICI
Poiché la diagnosi di Disturbo Autistico è basata su parametri esclusivamente
comportamentali risulta indispensabile, da un lato, riferirsi a situazioni di
osservazione standardizzate e, dall’altro, adottare scale di valutazione
opportunamente elaborate per il “comportamento” autistico.
Vengono di seguito riportati gli strumenti con significato diagnostico,
maggiormente utilizzati a livello internazionale. In questa lezione, vi presenterò 2
strumenti anche se affronteremo nel dettaglio la Childhood Autism Rating Scale
(CARS) le cui istruzioni di codifica sono state inserite nell’ultima sessione di
studio di questa lezione
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Lezione n°: 63
Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
Il percorso diagnostico
Il contenuto della lezione è stato tratto da: LINEE GUIDA PER L’AUTISMO
RACCOMANDAZIONI TECNICHE-OPERATIVE PER I SERVIZI DI
NEUROPSICHIATRIA DELL’ETA’ EVOLUTIVA
E va integrata con quanto indicato nel volume di Vio e Lo Presti
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 63/S1
Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
L’ANAMNESI
Nella raccolta dell’anamnesi risulta molto utile far riferimento a schemi di
intervista opportunamente elaborati..
Per quel che riguarda il disturbo autistico, la ricostruzione anamnestica deve tener
conto di:
. ANAMNESI FAMILIARE
• Consanguineità.
• Familiarità per disturbi di interesse neuropsichiatrico o altri disturbi che possono associarsi
con una condizione di autismo:
¨ presenza di autismo, difficoltà di interazione sociale o condizioni cliniche ad esso assimilabili.
In merito a questo ultimo aspetto, particolare attenzione va riservata all’eventuale presenza
nei fratelli e/o nei collaterali di stili comportamentali indicativi di uno scarso investimento della
interazione e della comunicazione, o di interessi bizzarri per contenuto o ripetitività;
¨ presenza di ritardi o disturbi di linguaggio, disturbi cognitivi, disturbi di apprendimento;
¨ presenza di altri disturbi psichiatrici nosograficamente definiti, quali schizofrenia, disturbi
ossessivo-compulsivi, sindrome di Tourette. Va in particolare approfondita la presenza di
disturbi dell’umore, la cui associazione con l’autismo è stata più volte segnalata.
• Presenza di malattie genetiche o condizioni mediche conosciute. L’associazione dell’autismo
con situazioni cliniche, quali la sindrome dell’X-fragile, la sclerosi tuberosa, rappresenta un
riscontro possibile. Risulta inoltre importante segnalare qualsiasi altra associazione, anche con
malattie “rare”
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 63/S1
Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
ESAME OBIETTIVO
L’esame obiettivo è finalizzato a ricercare l’eventuale presenza di segni e sintomi
riferibili a condizioni mediche nosograficamente definite, con particolare
riferimento a quelle più frequentemente segnalate in associazione con l’autismo
(sclerosi tuberosa, sindrome dell’X-Fragile, Ipomelanosi di Ito, etc.).
Particolarmente importante è la misurazione di parametri auxologici, quali la
statura, il peso e, soprattutto, il perimetro cranico (PC). Di riscontro frequente è
un valore del perimetro cranico superiore al 90° percentile; questo dato può non
essere presente alla nascita, ma evidenziarsi successivamente, con
un’accelerazione del tasso di crescita tra i 2 e i 12 anni (Aylward et al., 2002).
Circa il 25% dei bambini con disturbi dello spettro autistico presenta
macrocefalia.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 63/S1
Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
ESAME NEUROLOGICO
L’esame neurologico standard, finalizzato a valutare l’integrità delle strutture
nervose centrali e periferiche dovrà tener conto non solo dei sintomi “maggiori”
(spasticità, distonie, atassia, paralisi, etc;), ma anche dei segni “minori”
(neurological soft signs). Nell’ambito di questo ultimo tipo di segni rientrano rilievi
aspecifici e di incerta definizione nosografica, quali strabismo, sfumate asimmetrie
di lato dei riflessi o del tono, lievi ipercinesie coreiformi, incertezze nella
coordinazione dinamica generale. Tali segni, oltre a rappresentare una
testimonianza di una possibile disfunzione neurobiologica di fondo, si pongono
talvolta come utili elementi per una diagnosi differenziale.
1. L’osservazione Per i bambini più piccoli, non verbali e/o con basso livello di
sviluppo possono essere proposti: giochi senso-motori (rincorrersi-prendersi-
nascondersi); giochi con la palla, macchinine o costruzioni; attività espressive con
l’uso di matite o plastilina; giochi di finzione con miniature di bicchieri, piatti o
bambolotti. Per bambini più grandi, verbali
e/o con livello di sviluppo relativamente adeguato possono essere proposte
situazioni-stimolo maggiormente strutturate, quali giochi di finzione di maggiore
complessità simbolica (riproposizione di scene di vita quotidiana e drammatizzazioni)
o giochi con regole.
Quanto più l’osservazione è apparentemente libera, in un contesto relazionale
rassicurante, tanto maggiori saranno le possibilità espressive del bambino e,
quindi, gli elementi che si riescono a cogliere. Il termine apparentemente viene
sottolineato per indicare che, nell’organizzazione dell’osservazione, nulla è
lasciato al caso o all’improvvisazione. In effetti l’esaminatore ha uno schema
mentale ben preciso che lo guida. La stessa scelta di lasciare “libero” il bambino
di agire e di interagire risponde ad uno specifico scopo, in accordo ad un
protocollo predefinito.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 63/S1
Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
¨ il modo in cui comunica i propri bisogni, che può variare da segnalatori poco differenziati
(gridare, esprimere malessere, accentuare condotte stereotipate) a comportamenti più
espliciti (prendere la mano dell’altro e dirigerla per), fino a gesti funzionali (indicare)
¨ gli interessi e le attività prevalenti, che possono essere rappresentati da manierismi motori
stereotipati e/o dedizione assorbente a particolari attività e/o interessi bizzarri.
¨ il modo in cui reagisce al cambiamento, che può variare da un’accentuazione di manierismi
motori stereotipati a manifestazioni esplicite di rabbia o a situazione di angoscia
Per i bambini in grado di interagire verbalmente l’osservazione va integrata con il colloquio,
nell’ambito del quale andranno in particolare valutati aspetti, quali:
¨ l’iniziativa nello scambio verbale, che può essere assente o per contro “eccessiva”
¨ la presenza di contenuti ideativi perseveranti, che possono esprimersi in rapporto al livello
cognitivo e linguistico con espressioni verbali semplici o con periodi articolati e complessi
incentrati su un’unica tematica;
¨ le finalità preferenziali della comunicazione, che risulta generalmente di tipo richiestivo ( =
rivolgersi all’altro per ottenere qualcosa) e mai – o quasi mai - di tipo dichiarativo ( =
richiamare l’attenzione dell’altro per condividere un comune fuoco di interesse);
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Lezione n°: 63/S1
Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
Per quel che riguarda le competenze cognitive, la valutazione prevede non solo il
calcolo del QI totale, ma più in generale la definizione del profilo cognitivo del
soggetto. In particolare, oltre al livello cognitivo globale, andranno valutati i
fattori che concorrono a determinarlo, quali attenzione, memoria, abilità
visuopercettive-motorie e competenze prassiche.
ESAME NEUROLOGICO
L’esame neurologico standard, finalizzato a valutare l’integrità delle strutture
nervose centrali e periferiche dovrà tener conto non solo dei sintomi “maggiori”
(spasticità, distonie, atassia, paralisi, etc;), ma anche dei segni “minori”
(neurological soft signs). Nell’ambito di questo ultimo tipo di segni rientrano rilievi
aspecifici e di incerta definizione nosografica, quali strabismo, sfumate asimmetrie
di lato dei riflessi o del tono, lievi ipercinesie coreiformi, incertezze nella
coordinazione dinamica generale. Tali segni, oltre a rappresentare una
testimonianza di una possibile disfunzione neurobiologica di fondo, si pongono
talvolta come utili elementi per una diagnosi differenziale.
1. L’osservazione Per i bambini più piccoli, non verbali e/o con basso livello di
sviluppo possono essere proposti: giochi senso-motori (rincorrersi-prendersi-
nascondersi); giochi con la palla, macchinine o costruzioni; attività espressive con
l’uso di matite o plastilina; giochi di finzione con miniature di bicchieri, piatti o
bambolotti. Per bambini più grandi, verbali
e/o con livello di sviluppo relativamente adeguato possono essere proposte
situazioni-stimolo maggiormente strutturate, quali giochi di finzione di maggiore
complessità simbolica (riproposizione di scene di vita quotidiana e drammatizzazioni)
o giochi con regole.
Quanto più l’osservazione è apparentemente libera, in un contesto relazionale
rassicurante, tanto maggiori saranno le possibilità espressive del bambino e,
quindi, gli elementi che si riescono a cogliere. Il termine apparentemente viene
sottolineato per indicare che, nell’organizzazione dell’osservazione, nulla è
lasciato al caso o all’improvvisazione. In effetti l’esaminatore ha uno schema
mentale ben preciso che lo guida. La stessa scelta di lasciare “libero” il bambino
di agire e di interagire risponde ad uno specifico scopo, in accordo ad un
protocollo predefinito.
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Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
¨ il modo in cui comunica i propri bisogni, che può variare da segnalatori poco differenziati
(gridare, esprimere malessere, accentuare condotte stereotipate) a comportamenti più
espliciti (prendere la mano dell’altro e dirigerla per), fino a gesti funzionali (indicare)
¨ gli interessi e le attività prevalenti, che possono essere rappresentati da manierismi motori
stereotipati e/o dedizione assorbente a particolari attività e/o interessi bizzarri.
¨ il modo in cui reagisce al cambiamento, che può variare da un’accentuazione di manierismi
motori stereotipati a manifestazioni esplicite di rabbia o a situazione di angoscia
Per i bambini in grado di interagire verbalmente l’osservazione va integrata con il colloquio,
nell’ambito del quale andranno in particolare valutati aspetti, quali:
¨ l’iniziativa nello scambio verbale, che può essere assente o per contro “eccessiva”
¨ la presenza di contenuti ideativi perseveranti, che possono esprimersi in rapporto al livello
cognitivo e linguistico con espressioni verbali semplici o con periodi articolati e complessi
incentrati su un’unica tematica;
¨ le finalità preferenziali della comunicazione, che risulta generalmente di tipo richiestivo ( =
rivolgersi all’altro per ottenere qualcosa) e mai – o quasi mai - di tipo dichiarativo ( =
richiamare l’attenzione dell’altro per condividere un comune fuoco di interesse);
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 63/S2
Titolo: IL PERCORSO DIAGNOSTICO
Attività n°: 01
Per quel che riguarda le competenze cognitive, la valutazione prevede non solo il
calcolo del QI totale, ma più in generale la definizione del profilo cognitivo del
soggetto. In particolare, oltre al livello cognitivo globale, andranno valutati i
fattori che concorrono a determinarlo, quali attenzione, memoria, abilità
visuopercettive-motorie e competenze prassiche.
QUADERNO DI NOTAZIONE
Esaminatore: _____________________________
1
ISTRUZIONI
Per ogni categoria, utilizzare lo spazio lasciato libero per rendere appunti sui
comportamenti da valutare. Quando l’osservazione è finita, valutare i comportamenti
corrispondenti ad ogni prova. Per ogni item, circondare il numero che corrisponde meglio
alla descrizione del comportamento del bambino. E’ possibile graduare la descrizione la
descrizione utilizzando le note intermedie: 1,5 – 2,5 – 3,5 . Per ogni item troverete criteri di
valutazione abbreviati. Bisogna riportarsi al capitolo 2 del manuale per avere una
conoscenza più completa dei criteri di valutazione.
I. RELAZIONI SOCIALI
Osservazioni:
2
II IMITAZIONE
1. Imitazione adeguata. Il bambino può imitare dei suoni, delle parole e dei
Movimenti che corrispondono al suo livello.
2. Imitazione lievemente anormale. La maggior parte del tempo, il bambino imita
dei comportamenti semplici come battere le mani o riprodurre dei suoni.
Occasionalmente, imita dietro stimolazione o dopo un indugio.
3. Imitazione mediamente anormale. Il bambino non imita spontaneamente e
l’adulto deve insistere e aiutarlo per ottenere il comportamento desiderato.
Spesso, il bambino imita dopo un indugio.
4. Imitazione gravemente anormale. Il bambino imita raramente o quasi mai i suoni
o i movimenti anche se viene stimolato o aiutato dall’adulto.
Osservazioni:
Osservazioni:
3
IV USO DEL CORPO
1. Uso del corpo normale per l’età. Il bambino si muove con la stessa facilità, la
stessa abilità e lo stesso livello di coordinamento di un bambino della stessa età.
2. Uso del corpo lievemente anormale. Si osservano lievi particolarità come la
mancanza di destrezza, movimenti ripetitivi, scarsa coordinazione. Possono
apparire dei movimenti meno abituali, ma raramente.
3. Uso del corpo mediamente anormale. Si rilevano comportamenti che sono
Chiaramente strani o inabituali per un bambino di questa età: movimenti bizzarri
delle dita, postura particolare delle dita o del corpo, fissazione dello sguardo su
una parte del corpo, manipolazione del corpo, auto-aggressività, dondolamento,
rotazione, agitazione delle dita o marcia sulle punta dei piedi.
4. Uso gravemente anormale del corpo. Movimenti come quelli descritti sopra che
appaiano con un’intensità ed una frequenza importante corrispondono ad uno
uso gravemente anormale del corpo. Questi comportamenti possono persistere
malgrado tentativi per eliminarli o per integrare il bambino in altre attività.
Osservazioni:
4
Osservazioni:
VI ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO
Osservazioni:
5
4. Risposte visive gravemente anormali. Il bambino evita costantemente di
guardare la gente o alcuni oggetti e può presentare le forme estreme delle
particolarità visive descritte sopra.
Osservazioni:
Osservazioni:
1. Risposte normali agli stimoli gustativi, olfattivi e tattili: uso normale di questi
sensi. Il bambino esplora nuovi oggetti in una maniera adeguata per l’età,
generalmente toccandole e guardandole. Il gusto è l’odorato possono essere
utilizzati quando è adeguato farlo. Quando reagisce a dei dolori minimi e
coerenti, il bambino esprime il disagio ma non ha una reazione eccessiva.
2. Risposte lievemente anormali agli stimoli gustativi, olfattivi e tattili; uso
lievemente anormale di questi sensi. Il bambino può continuare a portare gli
oggetti alla bocca, annusare o gustare oggetti non commestibili, ignorare un
piccolo dolore o presentare una reazione eccessiva rispetto alla semplice
reazione di disagio di un bambino normale.
6
3. Risposte mediamente anormali agli stimoli gustativi, olfattivi e tattili; uso
mediamente anormale di questi sensi. Il bambino può essere mediamente
preoccupato nel toccare, sentire e gustare gli oggetti o le persone. Il bambino
può reagire troppo fortemente o troppo poco al dolore.
4. Risposte gravemente anormali agli stimoli gustativi, olfattivi e tattili; uso
severamente anormale di questi sensi. Il bambino è preoccupato nell’annusare,
gustare o toccare gli oggetti soprattutto per la sensazione piuttosto che per
l’esplorazione o l’utilizzazione degli oggetti. Il bambino può ignorare il dolore o
reagire molto forte ad un disagio lieve.
Osservazioni:
X PAURA, ANSIA
Osservazioni:
XI COMUNICAZIONE VERBALE
7
presenti ecolalia o inversione pronominale. Parole particolari o in gergo possono
essere utilizzati ogni tanto.
Osservazioni:
Osservazioni:
8
XIII LIVELLO DI ATTIVITA’
1. Livello di attività normale per l’età e la situazione. Il bambino non è ne più attivo,
ne meno attivo di un bambino normale in una situazione simile.
Osservazioni:
Osservazioni:
9
XV IMPRESSIONE GENERALE
Osservazioni:
10
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
FATTORI EZIOLOGICI
E INTERVENTI
Nel corso di questa lezione cercheremo di fornire una breve panoramica rispetto alla
diffusione dei disturbi dello spettro autistici tra la popolazione per poi concentrarci ad
analizzare le possibili cause di queste problematiche e individuare la tipologia di
intervento più adatta per i bambini con questo tipo di disturbo.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
Dati epidemiologici
Rispetto alle possibili cause del disturbo, ancora oggi tra gli studiosi non vi è unanimità
e sono state proposte diverse ipotesi in merito.
Nel passato diversi studiosi avevano individuato nei genitori (soprattutto nella madre) e nei
loro comportamenti i principali responsabili della patologia autistica.
L’ipotesi prevalente individuava una correlazione tra il disturbo nel bambino e la presenza
di genitori ossessivi ed incapaci di aiutare il piccolo ad uscire dal suo guscio protettivo.
In seguito i genitori dei bambini autistici vennero descritti come adulti freddi e distaccati,
capaci di soddisfare i bisogni fisici dei loro figli, ma inadeguati nel riconoscere le loro
esigenze emotive (Bettheleim, 1967).
Tali interpretazione psicodinamiche, predominanti nel passato, non sono sostenute da
nessuno studio scientifico.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64/S1
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
Premessa
La nascita di un bambino è uno degli avvenimenti fondamentali nella vita di una coppia e
rappresenta un evento cruciale che impone una vera e propria riorganizzazione della
famiglia1.
Quando il bambino tanto sognato ed idealizzato, però, non è sano, il lieto evento si tinge di
tragico, la gioia lascia il posto allo sconforto e i sentimenti di smarrimento e perdita che
investono i genitori fanno sì che essi vivano una situazione intrinsecamente paragonabile
ad un lutto. La nascita di un figlio disabile è, quasi sempre, un evento inaspettato e non
scelto, un evento, quindi, paranormativo e potenzialmente disadattivo, che coinvolge la
famiglia nelle sue dimensioni pratiche ed emotive e ne influenza il benessere generale.
Dal trauma e dal dolore iniziali, generano sensi di colpa e sentimenti di rabbia, fino ad
arrivare, faticosamente, all’accettazione del problema4. Ne consegue una condizione di
stress, ovvero, una discordanza, negativamente connotata, tra uno stato di desiderio e la
percezione di una situazione che impone una reazione fisiologica di adattamento5. Il
trauma per l’arrivo del bambino imperfetto e per la perdita del bambino desiderato, si
evolve in stress per effetto del disagio, dell’ansia e della tensione derivanti dalla
consapevolezza che le abituali modalità di funzionamento sono inadeguate e che la
famiglia dovrà mobilitare nuove risorse e affrontare inediti compiti di sviluppo.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64/S1
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
Dinamiche familiari: effetti derivanti dal tipo di disabilità e dai ruoli genitoriali
Madri e padri
Gli studi condotti secondo questo modello, evidenziano come la vita di queste famiglie sia
ben più complessa e problematica rispetto a quella delle famiglie normotipiche ma che,
l’evento critico, come in tutte le famiglie, vada interpretato come un momento di passaggio
che può portare a una ondizione funzionale o disfunzionale, a seconda delle risorse
(materiali, cognitive e relazionali) che la famiglia mette in campo nel corso del proprio ciclo
di vita20
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64/S2
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
Più nel dettaglio, la crisi, quale risultato di un evento stressante, può evolversi in
reazione adattiva in funzione della capacità della famiglia di valutazione adeguata
della sua gravità e della capacità di mobilizzare risorse; la risposta di adattamento
si sviluppa attraverso tre fasi: periodo della disorganizzazione, periodo
attivo di ricerca, raggiungimento di un nuovo livello di organizzazione.
Al contempo, con riferimento alle risorse esterne, la presenza di una trama di relazioni
interpersonali significative che offre sostegno emotivo e materiale, viene considerata
una variabile predittiva del processo adattivo, perché funge da mediatore
tra la situazione problematica e la risposta familiare. Il supporto sociale di tipo
informale, quello cioè derivante dalla considerazione e dall’aiuto offerto dal partner, dalla
famiglia e dagli amici, infatti, contribuisce a ridurre la vulnerabilità allo stress, i disturbi della
sfera emotiva e il senso di isolamento, migliorando sensibilmente la qualità della vita e i
vissuti di benessere
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64/S2
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
I dati emersi dalla ricerca evidenziano un quadro pressoché identico per madri e
padri: livelli di stress simili, stesso senso di autoefficacia genitoriale, percezione
omogenea del supporto sociale percepito. Tuttavia, l’analisi di regressione mostra
come per i padri, e non per le madri, al crescere dell’autoefficacia e del
supporto sociale percepito lo stress diminuisca. I padri, quindi, sembrano aver
acquisito l’abilità di limitare gli effetti dello stress sfruttando al meglio le risorse
interne (autoefficacia genitoriale) ed esterne (supporto sociale percepito).
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64/S2
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
Indicazioni di trattamento
Le Linee Guida Sinpia specifcano come l’intervento debba essere precoce, intensivo,
curriculare (NRC, 2001). Per un approfondimento, si suggerisce di leggere con attenzione le
indicazioni contenute nelle Linee Guida
Ciò, soprattutto all’inizio, richiede “tempo”: tempo per conoscere il bambino, tempo per
formulare un progetto personalizzato, tempo per verificare le sue risposte ed adattare su di
esse.
L’indicazione che deriva dall’esperienza internazionale fa riferimento ad un tempo non
inferiore alle 18 ore settimanali (NRC, 2001). Per quel che riguarda la famiglia, bisogna
ugualmente organizzare situazioni strutturate, nell’ambito delle quali è necessario lavorare
sul disorientamento dei genitori per attivare le loro naturali risorse e coinvolgerli nel progetto
terapeutico. Anche questo obiettivo, soprattutto all’inizio, richiede “tempo”: tempo per
conoscere i genitori, tempo per aiutarli ad elaborare le angosce connesse al disturbo e alla
scarsa prevedibilità del suo divenire, tempo per formulare insieme con loro le strategie per la
realizzazione del progetto. Il termine “intensivo”, tuttavia, non è limitato ad una mera
dimensione temporale, ma si riferisce anche all’esigenza di un’adeguata organizzazione dei
tempi, degli spazi e delle attività del bambino nel corso di una sua giornata abituale. Ciò fa
sì che le esperienze “quotidiane” possano assumere una valenza terapeutica. In questa
prospettiva la “terapia” non è solo quella che si svolge nel servizio di riabilitazione, ma è
piuttosto un progetto, che deve essere elaborato dall’équipe del Servizio di NPI. Tale
progetto prevede obiettivi specifici realizzabili mediante programmi con caratteristiche
conformi ai contesti in cui essi devono essere implementati (Famiglia-Servizio di
Riabilitazione-Scuola). E’ evidente che affinché tali programmi possano rispondere alle
finalità più generali del progetto, è necessario un collegamento funzionale fra le figure cui è
demandata la responsabilità di implementarli (genitori-terapisti-insegnanti)
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64/S3
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
Individuare questi tre aspetti quali punti critici cui deve rivolgersi il progetto non
significa naturalmente ignorare eventuali altri problemi che possono essere
presenti. Va, tuttavia, considerato che molti di questi “altri” problemi sono spesso
“secondari” in termini di sequenza causale. E’ evidente tuttavia che quando gli
eventuali “altri” problemi sembrano assumere una valenza preminente nel
caratterizzare il comportamento disadattivo, essi vanno specificamente presi in
considerazione e trattati. Pertanto, i tre “punti” descritti vanno considerati quali
obiettivi irrinunciabili (obiettivi di minima) di qualsivoglia programma.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 64/S3
Titolo: FATTORI EZIOLOGICI E INTERVENTI
Attività n°: 01
Quando infine nel corso degli incontri sono stati realizzati i primi due obiettivi si può
passare al terzo obiettivo, che consiste nell'implementare in famiglia specifici
programmi di intervento. Essi rappresentano il proseguimento e/o il
completamento di quanto effettuato negli "altri spazi terapeutici" (Servizio e
Scuola). Si tratta di programmi finalizzati a facilitare:
¨ l'acquisizione di specifiche autonomie
¨ la scomparsa di specifici comportamenti disadattivi con strategie concordate con gli
operatori del Servizio.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Esercitazione
su e-portfolio
Ciao
Purtroppo i sintomi posso essere diagnosticati a grandi linee anche in solo 5 minuti
dal pediatra, poi ovviamente la diagnosi certa deve essere fatta da un centro
specializzato. Non ci sono sintomi universali, perchè ogni bambino autistico ha
comunque caratteristiche diverse, io ho 2 gemelli autistici ma tra di loro sono
diversissimi e hanno problematiche quasi opposte. Cio' che accomuna invece tutti
.
questi bambini e il primo segnale d'allarme è la totale mancanza o scarso liguaggio
adeguato all'età, mancanza di comunicazione anche non verbale (non guarda negli
occhi, non indica col dito) e mancanza di socializzazione sia con i pari che con adulti.
Altri segnali sono tendenza a isolarsi, eventuali gesti stereotipati, mancanza di
interesse per i giochi o giochi stereotipati e sempre gli stessi...Ti consiglio anch'io di
non aspettare per avere una diagnosi, di solito la trafila è molto lunga e il tempo per
questi bambini è preziosissimo...Se hai bisogno di altre info, su terapie o altro
chiedimi pure.
Nicky+Francesco e Lorenzo 2 anni e 10 mesi
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Non correre!
Cara bilancina, concordo con le mamme che ti hanno risposto, ma accetta un consiglio a
monte.
NON LASCIARTI PRENDERE DALL'ANSIA!
Vivi questa situazione con estrema lucidità: tuo figlio ha bisogno di te, della tua forza
interiore, della tua determinazione nel saper affrontare la vita e quello che ci riserva.
Inoltre, sei all'inizio di una diagnosi ancora incerta. Quindi, non tormentarti da sola, ma
accompagna serenamente il tuo piccolo da un bravo neuropsichiatra infantile che ti
spiegherà l'iter da seguire. Il ritardo psichico spesso viene definito astrattamente e
frettolosamente "autismo", ma non sempre si tratta di questo. Spesso i bambini
raggiungono le loro tappe più tardi rispetto ad altri.
Il mio consiglio, in attesa dell'incontro con lo specialista, è di iscriverlo di corsa presso un
asilo nido privato o una ludoteca: i soggetti più obiettivi saranno gli educatori che lo
avranno in cura. Chiedi loro di tenerlo d'occhio, di farti sapere se socializza con gli altri
bambini o se tende ad isolarsi, se è interessato, curioso.
Sarà una prima prova.
Non va bene, infatti, che il bimbo stia solo con i genitori.
Facci sapere, ok?
In bocca al lupo. Ti sono vicina...
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Non aspettare
cara Bilancina ,non vorrei farti preoccupare, ma se penso a quando andavo a chiedere al
mio pediatra perchè mio figlio non parlasse ancora a 24 mesi e mi sentivo rispondere che
era piuttosto normale visto che è un maschio, mi vengono ancora i brividi. Faccio i
complimenti al tuo pediatra, perchè comunque ha cercato di aprirti gli occhi. E, credimi,
adesso capisco che noi genitori spesso ce li abbiamo davvero chiusi.
Mio figlio adesso a 3 anni e quattro mesi. Abbiamo capito che c'era qualche problema
quando, portandolo di ns iniziativa (perchè secondo il pediatra potevamo ancora aspettare)
all'asilo, la maestra si è resa conto che oltre a non parlare, aveva un comportamento
anomalo e da lì è iniziata tutta la tiritera: esami all'udito, visita foniatrica, visita psichiatrica,
etc. Il consiglio che ti do è di fare prima possibile tutti gli esami necessari, senza affidarti
troppo al pediatria, perchè di solito loro non hanno una competenza specifica; cerca invece
un buon centro di neuropsichiatria infantile e, soprattutto non aspettare. Potrebbe anche
essere che tuo figlio non sia autistico ed abbia solo un disturbo del linguaggio o qualche
altro disturbo. Comunque anche se dovesse trattarsi di autismo, non credere a chi ti dice
che non c'è nulla da fare, perchè oggi un intervento precoce a 360 pu davvero fare la
differenza.
In bocca al lupo.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
ll ns bimbo è autistico
Ciao, anche noi siamo nella stessa situazione... La scorsa settimana il neuropsichiatra ha
confermato la diagnosi di autismo x il ns bimbo di 4 anni e mezzo .... E noi siamo andati nel
panico e presi dalla disperazione. Il ns bimbo a dire il vero parla come tutti i suoi coetanei
ma ha delle grosse difficoltà nell'interazione sociale ... sto cercando di contattare delle
associazioni che formulano dei programmi specifici basati sul metodo ABA, io e il mio
compagno abbiamo un lavoro a tempo pieno e quindi siamo preoccupati x come potremo
gestire qs cosa ... Voi cosa state facendo?
Però è un bambino gestibilissimo, gli piace il parco giochi. l'asilo nido, gli animali e non
fa capricci. E' un po’ indietro nelle attività complesse , lui salta e corre in
continuazione..però riusciamo ad andare al bar o al ristorante ( molto veloce ne) .. ma
io mi chiedo anche questi bimbi qualche anno fa in una società più serena sarebbero
stati malati? ormai sono tutti autistici
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65/S1
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Esercitazione
su e-portfolio
Il caso clinico di Giuseppe
Osservazione clinica
Giuseppe non rileva l’uscita dei genitori dallo studio, assorto nell’uso del tablet.
Inutile qualsiasi tentativo di coinvolgimento: contatto oculare assente e non catturabile.
Quando viene privato del tablet, si irrita, strilla per qc istante, non accetta un giocattolo
sostitutivo. Inizia a girovagare per lo studio (ricerca dell’oggetto nascosto).
Disinteressato al contesto. Si fissa su alcuni particolari; non è in grado di rendersi
conto di dove si trova. Si muove a volte sbattendo i piedi come in una sorta di marcia.
Produce qc parola isolata ma incomprensibile. Insensibile ai richiami, evitante i
tentativi dell’osservatore di interazione, anche se forzata e insistita. In questo caso,
Giuseppe manifesta lamentosità e irritazione. E’ sensibile ai divieti; solo in queste
occasioni si avvicina all’osservatore prendendone il braccio per cercare soddisfazione
alla sua richiesta. Il contatto fisico è di breve durata, per riprendere a girare per lo
studio senza meta.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65/S1
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Le stimolazioni fisiche (ad es. prendere il bambino in braccio, il solletico ecc. ) sono
gradite, ma solo per brevi istanti.
Si avvicina durante la visita un paio di occasioni alla porta afferrando la maniglia; di fronte
al «no» dell’osservatore si blocca e produce una frase, inattesa e molto chiara: Mamma
chiudi la porta. Presente un accenno a gioco simbolico (ad es. uso del telefono: produce
alcune parole, con modalità cantilenante), mai utilizzati due oggetti contemporaneamente,
anche se procede nell’esplorazione del giocattolo.
Giuseppe si dimostra sensibile al rinforzo alimentare e ludico (tablet) ma non sociale;
presenti richieste verbali, con frasi parola (olofrasi); ripete parole o brevi frasi, anche se
non sempre comprensibili. Il contatto oculare spontaneo non viene utilizzato, su richiesta
solo con rinforzo. Sfarfallio saltuario delle mani. Presenta, su stimolazione del padre,
qualche comportamento imitativo.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65/S2
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Esercitazione su ePortfolio
Esercitazione
Le presento ora il caso di Mark, di 5 anni e mezzo.
Mark a 5 anni e mezzo produceva suoni, ma non pronunciava ancora parole, a volte si
impegnava in movimento particolari delle dita e sbatteva le mani quando era molto felice o
irritato. I genitori riferivano che talora aveva momenti di affettuosità, ma non giocava
adeguatamente e non tollerava gli altri bambini. I genitori dicevano che Mark cercava il
contatto sociale, ma che era troppo ansioso per funzionare bene con gli altri. I
comportamenti inadeguati lo rendevano difficile da gestire e spesso aveva scoppi d’ira e
gridava senza motivo. Non reagiva alle sculacciate e quando si faceva male non piangeva.
I suoi piccoli rituali giornalieri venivano tollerati dalla famiglia, ma la loro interruzione gli
creava notevole disagio. All’età dell’intervista non era capace di vestirsi da solo e portava il
pannolino di giorno e di notte. Era molto attaccato a un orsacchiotto di peluche, ma si
separava facilmente dalla madre.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65/S2
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Spesso si trastullava a lungo strisciando un fazzoletto o dei fili d’erba sulla fronte o sulla
faccia. I genitori erano preoccupati che senza una costante supervisione, la sua incuranza
del pericolo gli avrebbe causato danni. Essi riferivano che raramente riusciva a completare
i compiti affidati. Mark aveva 18 mesi di età quando i genitori cominciarono a sospettare
che fosse diverso. Sembrava “troppo buono” e allo stesso tempo poco reattivo. Una
valutazione dell’udito risultò normale. Il funzionamento intellettivo non poté essere
inquadrato accuratamente, ma l’esaminatore sentì che ci doveva essere qualche
menomazione. In una recente visita Mark ha continuato a mostrare scarse relazioni sociali
e capacità molto superficiali. Appariva disinteressato rispetto alle cose che aveva intorno e
la sua espressione era in qualche modo spenta. Il rumore di fondo della clinica lo agitava e
frequentemente si metteva le dita nelle orecchie. Quando era a disagio egli colpiva con la
testa la madre e si opponeva al contatto tattile.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65/S3
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Esercitazione su ePortfolio
Esercitazione
Le presento ora il caso di Mark, di 5 anni e mezzo.
Mark a 5 anni e mezzo produceva suoni, ma non pronunciava ancora parole, a volte si
impegnava in movimento particolari delle dita e sbatteva le mani quando era molto felice
o irritato. I genitori riferivano che talora aveva momenti di affettuosità, ma non giocava
adeguatamente e non tollerava gli altri bambini. I genitori dicevano che Mark cercava il
contatto sociale, ma che era troppo ansioso per funzionare bene con gli altri. I
comportamenti inadeguati lo rendevano difficile da gestire e spesso aveva scoppi d’ira e
gridava senza motivo. Non reagiva alle sculacciate e quando si faceva male non
piangeva. I suoi piccoli rituali giornalieri venivano tollerati dalla famiglia, ma la loro
interruzione gli creava notevole disagio. All’età dell’intervista non era capace di vestirsi da
solo e portava il pannolino di giorno e di notte. Era molto attaccato a un orsacchiotto di
peluche, ma si separava facilmente dalla madre.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 65/S3
Titolo: RIPASSO
Attività n°: 01
Spesso si trastullava a lungo strisciando un fazzoletto o dei fili d’erba sulla fronte o
sulla faccia. I genitori erano preoccupati che senza una costante supervisione, la sua
incuranza del pericolo gli avrebbe causato danni. Essi riferivano che raramente riusciva
a completare i compiti affidati. Mark aveva 18 mesi di età quando i genitori
cominciarono a sospettare che fosse diverso. Sembrava “troppo buono” e allo stesso
tempo poco reattivo. Una valutazione dell’udito risultò normale. Il funzionamento
intellettivo non poté essere inquadrato accuratamente, ma l’esaminatore sentì che ci
doveva essere qualche menomazione. In una recente visita Mark ha continuato a
mostrare scarse relazioni sociali e capacità molto superficiali. Appariva disinteressato
rispetto alle cose che aveva intorno e la sua espressione era in qualche modo spenta.
Il rumore di fondo della clinica lo agitava e frequentemente si metteva le dita nelle
orecchie. Quando era a disagio egli colpiva con la testa la madre e si opponeva al
contatto tattile.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 66
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 01
DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO
Lo studio di questa e della prossima lezione sui DSA dovrà essere integrato con
quanto indicato nel volume Diagnosi dei Disturbi Evolutivi, al capitolo 8.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 66
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 01
Premessa:
Non sono pochi i bambini che durante il loro percorso scolastico incontrano importanti
difficoltà nell’apprendimento. Esistono molte spiegazioni e molti punti di vista sulle
motivazioni per cui l’esperienza scolastica può diventare difficoltosa, faticosa sul piano
dell’impegno personale ma anche della gestione familiare e causa di frequenti frustrazioni e
disagi sul piano emotivo. E, prima di addentrarci nella definizione dei Disturbi Specifici
dell’Apprendimento occorre introdurre un’importante distinzione tra Difficoltà di
Apprendimento e Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Le difficoltà di apprendimento
sono problematiche significative che si manifestano nel percorso scolastico dell’allievo e
possono essere causate, ad esempio, da un grave svantaggio socio-culturale, da un
disturbo di attenzione e/o iperattività, da disturbi emotivi (come per esempio ansia,
depressione, paure), da disturbi comportamentali, da un’insufficiente scolarizzazione, da
una scarsa motivazione allo studio o ancora da una didattica non adatta all’allievo.
Il Disturbo Specifico dell’Apprendimento, invece, è una significativa difficoltà
nell’acquisizione e nell’uso di abilità di comprensione del linguaggio orale, dell’espressione
linguistica, della lettura, della scrittura o della matematica ed è generato da un mal
funzionamento del sistema nervoso centrale, pertanto si manifesta fin dalle primissime fasi
di acquisizione delle abilità scolastiche
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Lezione n°: 66
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 01
Nel febbraio 2011, è stata svolta la prima rilevazione relativa agli alunni con disturbi
specifici dell’apprendimento (DSA) dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca secondo la quale nel 2011 gli alunni con certificazione DSA erano
complessivamente 65.219 (0,9% della popolazione scolastica) numero che nell’anno
scolastico 2011/2012 è aumentato alla cifra di 90.030 equivalente all’1,2% della
popolazione scolastica). In particolare si è individuato un aumento delle certificazioni per
la scuola secondaria di primo grado del 34% e nella scuola di secondo grado del 54%.
E’ da sottolineare come tale aumento non sia attribuibile solo ed esclusivamente a una
maggiore insorgenza del problema negli allievi, ma a una maggiore sensibilizzazione
rispetto a tale problema che ha fatto sì che negli anni tali allievi non venissero etichettati
come svogliati, pigri, poco inclini allo studio o addirittura, poco intelligenti, ma come
soggetti che necessitano, come recita la legge (170/10 e la più recente normativa
«Bisogni educativi speciali, BES del MIUR, 06/03/2013), di forme didattiche e modalità
di valutazione più adeguate affinché possano raggiungere il successo formativo.
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Lezione n°: 66
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 01
Con una certa frequenza i DSA causano nel bambino un forte disagio psicologico,
poiché lo inducono a vivere una serie di ripetute esperienze di insuccesso scolastico alle
quali né il piccolo né gli adulti di riferimento riescono ad attribuire una motivazione.
La mancanza di corrispondenza tra l'impegno del bambino ed i suoi risultati scolastici
possono suscitare una serie di emozioni negative legate ad un vissuto di incapacità.
I rimproveri degli adulti acuiscono il senso di colpa del piccolo e contribuiscono a ridurre
l'autostima dello studente. Tutto questo può ridurre la sua motivazione del bambino ad
apprendere e sperimentare. Fra i diversi aspetti motivazionali coinvolti nei processi di
apprendimento, e nei vissuti che a questo processo si accompagnano, la letteratura ha
evidenziato come cruciali i concetti di competenza, autoefficacia, stile attributivo e
autostima. Inoltre, la gamma di problemi psicologici che possono presentare i ragazzi con
DSA è molto varia e si manifesta già a partire dalla scuola primaria, per poi modificarsi nel
tempo. Alcuni studi hanno dimostrato che gli adolescenti con dislessia oltre ad andare
incontro ai problemi di bocciatura, di abbandono scolastico, corrono il rischio maggiore di
sviluppare problemi sociali (Lipka, Lessux e Siegel, 2006; Wiener e Schneider,2002) e
disturbi nella sfera emotiva (Gregg et al., 1996).
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Lezione n°: 66/S1
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 02
Un importante fattore di protezione per i bambini con DSA è la precocità della diagnosi
per le maggiori potenzialità che l’intervento riabilitativo può assumere quando si agisce
per tempo. Studi longitudinali comprovano che l’individuazione e l’intervento precoci
assumono un ruolo positivo nel determinare l’evoluzione dei disturbi specifici
dell’apprendimento e il complessivo sviluppo affettivo e cognitivo dei bambini con tali
problematiche (Jackson et al., 1999; Morris et al., 2000; Vadasy et al.,2000). Il lavoro di
individuazione precoce dei soggetti che possono essere definiti “a rischio” ha come
obiettivo prevenire la comparsa e il consolidamento di strategie o meccanismi errati,
inefficaci e di limitare la probabilità di un loro insuccesso scolastico avviando interventi
mirati e specifici.
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Lezione n°: 66/S1
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 02
Tuttavia è possibile individuare, già nel corso del primo anno di scuola primaria, una serie
di indicatori di rischio per la successiva comparsa di un DSA:
a) difficoltà nell’associazione grafema-fonema e/o fonema-grafema;
b) mancato raggiungimento del controllo sillabico in lettura e scrittura;
c) eccessiva lentezza nella lettura e scrittura;
d) incapacità a produrre le lettere in stampato maiuscolo in modo riconoscibile.
Attraverso uno screening nelle prime classi della scuola primaria, con l’uso di strumenti
standardizzati, si possono quindi individuare i bambini che presentano una
compromissione dell’apprendimento della letto-scrittura e della matematica.
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Lezione n°: 66/S1
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 02
- Prove PRCR-2 (Cornoldi et al, 2009): per valutare le difficoltà di lettura e scrittura;
- Prove MT (Cornoldi et al., 2017): per misurare i livelli di acquisizione delle abilità di
lettura in termini di decodifica (due parametri: rapidità e correttezza) e comprensione;
- Test AC-MT - Test di valutazione delle abilità di calcolo e soluzione di problemi (Cornoldi
et al. 2012): misura le abilità matematiche.
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Lezione n°: 66/S2
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 02
Chi fosse interessato ad approfondire il tema, può consultare il sito di Lo Presti (autore
del volume da studiare) al segente link:
https://gianlucalopresti.net/la-diagnosi-dei-disturbi-specifici-di-apprendimento/ d
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Lezione n°: 66/S2
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 02
La richiesta di consulenza
Le motivazioni che possono spingere insegnanti e genitori a richiedere un approfondimento
specialistico per DSA possono essere molteplici, anche se molto spesso i genitori e gli
insegnanti utilizzano come metro di paragone i fratelli e le prestazioni scolastiche della media
della classe.
La raccolta delle informazioni anamnestiche: una volta definito il quadro iniziale della
problematica avanzata, è necessario indagare i dati riportati nella scheda
clinico/anamnestica, sia in generale sia in relazione i singoli ambiti di sviluppo.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento hanno un’origine biologica che è alla base delle
anomalie a livello cognitivo che sono associate a sintomi comportamentali del disturbo e
che comprende un’interazione di fattori genetici, epigenetici e ambientali che colpiscono le
capacità cerebrali di percepire o processare informazioni verbali o non verbali in modo
efficiente e preciso (DSM-5, 2014).
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Lezione n°: 66/S3
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Attività n°: 02
«Cosa si prova nel dover affrontare un testo, anche semplicissimo, quando si è dislessici?
Cosa succede nella vostra testa? Il designer inglese Daniel Britton ha cercato di simulare
questa esperienza con il progetto Dyslexic Typeface. Ha elaborato uno speciale carattere
tipografico spezzando, sottraendo e mischiando alcuni dei tratti fondamentali di ogni lettera.
I testi scritti con questo font risultano sempre leggibili, ma richiedono molto più tempo per
essere compresi e con un sforzo maggiore rispetto alla naturalezza e semplicità dell’atto
quotidiano al quale siamo abituati. Provate! Testo e immagine tratto da: «
https://gianlucalopresti.net/category/scienza-e-dsa/.
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Lezione n°: 67
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO II
Attività n°: 02
La discalculia
In età prescolare, il bambino , fatica a legare un numero a una situazione di vita reale,
mostra difficoltà nel ricordare i numeri, soprattutto nel giusto ordine, stenta a ordinare gli
elementi per dimensione, forma o colore ed evita giochi in cui è richiesto l’uso dei numeri,
il conteggio e altri concetti matematici.
Usa spesso le dita per contare invece di strategie mentali più sofisticate, non riesce a
pianificare la soluzione di un problema di matematica, ha difficoltà a distinguere la
sinistra dalla destra e ha uno scarso senso dell’orientamento.
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Lezione n°: 67/S1
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO II
Attività n°: 02
Al liceo si sforza ad applicare, con fatica, i concetti matematici alla vita quotidiana, non
riesce a misurare gli ingredienti di una ricetta, cerca strategie per non perdersi e usa
tattiche per aggirare i problemi come l’uso di tabelle e grafici.
L’insorgenza del disturbo nella popolazione generale si aggira intorno al 5%, malgrado
possa essere difficile effettuare una adeguata diagnosi perché spesse volte è confusa con
le normali difficoltà in ambito di apprendimento.
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Lezione n°: 67/S2
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO II
Attività n°: 02
Disortografia e Disgrafia
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Lezione n°: 67/S2
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO II
Attività n°: 02
Si tratta, in soldoni, di un problema che insorge, il più delle volte come conseguenza
della dislessia, ma in alcuni casi può manifestarsi anche in maniera isolata.
Per saperne di più:
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Lezione n°: 67/S2
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO II
Attività n°: 02
Disgrafia: i sintomi
La discalculia
Anche alla base della discalculia ritroviamo carenze relative alle abilità percettivo-motorie,
ma, non di rado, a differenza di quanto avviene per gli altri DSA, le difficoltà logico-
matematiche possono essere attribuiti anche a una carenza di esperienze concrete.
Cosa sono gli strumenti compensativi per gli alunni con DSA?
Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all’alunno o allo studente
di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente
difficoltose e che non migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere a
un alunno con dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio, per via del disturbo, non
migliora la sua prestazione nella lettura.
"In merito alle misure dispensative, lo studente con dislessia è dispensato: dalla lettura a
voce alta in classe; dalla lettura autonoma di brani la cui lunghezza non sia compatibile
con il suo livello di abilità; da tutte quelle attività ove la lettura è la prestazione valutata. In
fase di verifica e di valutazione, lo studente con dislessia può usufruire per l’espletamento
delle prove o, in alternativa e comunque nell'ambito degli obiettivi disciplinari previsti per
la classe, di verifiche con minori richieste". L’adozione delle misure dispensative, dovrà
essere sempre valutata sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni
richieste, in modo tale da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di
apprendimento dell’alunno o dello studente in questione.
Testo tratto da: http://www.istruzione.it/urp/dsa.shtml
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Lezione n°: 68
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
Sintomi più comuni degli alunni con Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA)
1. Difficoltà nel memorizzare i giorni della settimana e i mesi in ordine. A volte non
ricordano la data di nascita, le stagioni.
2. Confusione tra destra e sinistra.
3. Scarso senso del tempo.
4. Difficoltà motorie fini come allacciarsi le scarpe o i bottoni.
5. Problemi attentivi e di concentrazione o eccessiva vivacità.
6. Problemi di memoria a breve termine.
7. Lettura molto lenta o molto scorretta.
8. Comprensione del testo molto ridotta.
9. Difficoltà nel copiare dalla lavagna: salto di righe, parole, presenza errori.
10. Sostituzioni di lettere graficamente simili.
11. Difficoltà a memorizzare termini difficili e specifici delle discipline.
12. Difficoltà nell’espressione verbale del pensiero.
13. Difficoltà nell’apprendere lingue straniere, in particolare, la loro scrittura
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Lezione n°: 68
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
Al termine di queste due lezioni sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento ecco una lista di
domande che la aiuteranno a focalizzare i concetti principali.
Le chiedo di rispondere sul forum
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Lezione n°: 68/S1
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
Le presenterò ora alcuni casi clinici (PDM, 2006) con diagnosi di Disturbo
dell'Apprendimento.
Le chiedo di individuare l'area compromessa e di scrivere le sue considerazioni sul forum
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Lezione n°: 68/S2
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
3. I genitori e gli insegnanti di una bambina di 8 anni riferivano che la piccola aveva
difficoltà ed andava in ansia dinnanzi al ragionamento quantitativo ed alle operazioni
matematiche. Nel passato erano state messe in evidenza alcune sue difficoltà nel
passare da una materia all'altra, specialmente quando si trattava della matematica.
Anche se riusciva a svolgere correttamente le operazioni che aveva imparato a
memoria, non riusciva a risolvere i problemi matematici che implicavano più passaggi
e presupponevano ragionamenti logici anche molto semplici.
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Lezione n°: 68/S3
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
Le presenterò ora alcuni stralci di discussioni apparsi di recenti sui forum per i DSA
Le chiedo di leggere con attenzione e di commentare sul forum gli aspetti relazionali che
ritiene più importanti e significativi
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Lezione n°: 68/S3
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
Buongiorno a tutti, sono una mamma di un bimbo con dislessia frequenta la terza
elementare ed il suo cammino è tortuoso fatto di continui alti e bassi. Noi genitori siamo un
po' preoccupati per come sembra procedere l'anno scolastico. Inizio dicendo che noi
genitori ci siamo accorti della dislessia e noi abbiamo contatto i servizi, le maestre non ci
hanno ne' guidato ne' supportato. La diagnosi è' arrivata le maestre hanno archiviato, ma
nutro molte perplessità: la maestra d'italiano sembra non crederci e ancora ad oggi ogni
tanto quando ci incontra ci comunica che quando il bimbo si impegna ha risultato!
Insomma potrei elencarvi una serie di azioni che reputo sbagliate e controproducenti e che
continuo a vedere. Giovedì abbiamo il ritiro pagelle, noi genitori siamo carichi di rabbia e di
nervosismo, captiamo che molte cose non vanno ( viene spesso richiamato perché
distratto, perché non fa quello che richiede l'insegnante, perché non scrive,...)ma non
sappiamo come comunicarlo, non sappiamo come improntare un dialogo che sia
costruttivo ( i compiti di casa non sono mai stati diminuiti, quando il bimbo è' stanco scrive
la maestra in corsivo, ci viene spesso riportato che un atteggiamento troppo infantile, che
non ascolta, che passa il tempo ad animare i materiali scolastici, ha la testa fra le nuvole
,...). Cerco un vostro consiglio. Mio marito vorrebbe andare diretto dalla dirigente io vorrei
dargli ancora un'altra possibilità. Grazie per l'aiuto
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Lezione n°: 68/S3
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
Anche mio figlio che ha compiuto 19 anni il 22 settembre, sta riuscendo in quello che
voleva... è diventato cuoco, ha preso 2 diplomi l'ultimo l'anno scorso a giugno chef, tecnico
di cucina 4 livello europeo... e da quando aveva 14 anni ha continuato a lavorare per
arrivare a fare il cuoco.. ora è in un ristorante fisso da febbraio di quest'anno... le lotte per la
dislessia sono state infinite, Giulio è dislessico, discalculico , disortografico disprassico... ma
quando lavora è un super cuoco... ha preso anche la patente, anche se ha dovuto dare per
3 volte l'esame scritto ( maledetti!!!!) mentre la prova pratica l'ha passata subito ( sapeva già
guidare benissimo...) qui dentro in questo forum ci abbiamo passato le elementari e le
medie e le lotte anche all'alberghiero... ma usciti da scuola la vita sembra essere più serena
e tranquilla... certo poi devi litigare per il lavoro e per come vieni inquadrato, ma quello è un
problema che purtroppo abbiamo tutti.... quindi caro Don, sii positivo, non mollare mai, da a
tuo figlio tutto il supporto che puoi, ma dagli anche compiti da svolgere, ostacoli da superare
e costruiscigli un carattere forte e sano, facendogli comprendere che la dislessia è il seme
del genio... devi insegnargli ad avere stima e fiducia in se stesso e spronarlo a fare tutto,
anche quando è recalcitrante perchè si fa 1000 film mentali... Giulio ci mise a leggere il suo
primo libro di 60 pagine 6 mesi, l'ha ripreso in mano l'altro giorno e ci ha messo 40 minuti
per leggerlo tutto.... fagli usare tanto il pc e stagli vicino, ma sii ferma e non fare tu le cose
per lui.... le prime volte le farete insieme, poi deve pian piano fare tutto da solo... se hai
bisogno ci sono un abbraccio forte..
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Lezione n°: 68/S3
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
Mi domando: perchè mai una famiglia dovrebbe DELIBERATAMENTE per un a.s. intero
non dichiarare che la figlia è stata certificata DSA, per poi rendersi conto l'anno
successivo che FORSE sarebbe meglio dichiarare questa certificazione...???
Diagnosi in V elementare, ignorata per tutta la 1a media, consegnata in 2a media...
Riposta: per vergogna, per ignoranza
vuoi sapere come reagii io alla diagnosi di dsa di mio figlio? Io che già avendone il
sospetto avevo cominciato ad informarmi, io che ancora prima di questo ero comunque
interessata alle problematiche dei ragazzi e che quindi già conoscevo il problema nelle
grandi linee?
Andai su un forum e chiesi: "beh, adesso abbiamo la diagnosi, che ce ne facciamo?“
Credi, mi venne consegnato questo documento con una stretta di mano e tanti saluti.
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Lezione n°: 68/S3
Titolo: DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E STRATEGIE EDUCATIVE
Attività n°: 01
LA DISABILITA’ INTELLETTIVA
Secondo il DSM5 la disabilità intellettiva è un disturbo con esordio nel periodo dello
sviluppo che comprende deficit del funzionamento sia intellettivo che adattivo
negli ambiti concettuali, sociali e pratici.
Nel DSM 5, Il concetto di disabilità intellettiva sostituisce quello di ritardo per dare
importanza a una prospettiva ecologica focalizzata sull’interazione persona-ambiente. Si
riconosce che l’applicazione sistematica di supporti individualizzati può migliorare il
funzionamento .
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Lezione n°: 69
Titolo: DISABILITÀ INTELLETTIVA
Attività n°: 01
Affinchè possa essere diagnosticata una condizione di disabilità intellettiva, è necessario che
siano soddisfatti i seguenti tre criteri:
• Deficit delle funzioni intellettive, come ragionamento, problem solving, pianificazione,
pensiero astratto, capacità di giudizio, apprendimento scolastico e apprendimento
dall’esperienza, confermati sia da una valutazione clinica sia da test di
intelligenza individualizzati e standardizzati;
• Deficit del funzionamento adattivo che porta al mancato raggiungimento degli standard
di sviluppo e socioculturali di autonomia e di responsabilità sociale. Senza un supporto
costante, i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più attività della vita quotidiana,
come la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita autonoma, attraverso molteplici
ambienti quali casa, scuola, ambiente lavorativo e comunità;
• Esordio dei deficit intellettivi e adattivi durante il periodo dello sviluppo. L’età e le
caratteristiche dell’esordio dipendono dall’eziologia (causa) e dalla gravità della
menomazione della struttura e/o delle funzioni cerebrali. In altri termini, le persone con
disabilità intellettive possono avere difficoltà nello svolgere le attività di vita quotidiana,
come ad esempio i compiti domestici, la gestione del tempo e del denaro, le relazioni
interpersonali, etc…
Le persone con disabilità intellettive tendono ad avere processi di formazione più lenti con
la necessità di supporti per sviluppare nuove abilità, comprendere informazioni difficili e
interagire con gli altri. Inoltre tendono a perdere le abilità acquisite.
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Lezione n°: 69
Titolo: DISABILITÀ INTELLETTIVA
Attività n°: 01
La disabilità intellettiva, in genere, è una condizione che dura per tutta la vita
sebbene i livelli di gravità possono cambiare nel tempo. In alcuni casi si osservano
periodi di peggioramento seguiti da periodi di stabilizzazione, in altri si può avere un
progressivo peggioramento del funzionamento. Interventi abilitativi precoci e continuativi
che investono il contesto di vita e si protraggono anche nell’età adulta, possono migliorare
notevolmente il comportamento adattivo tanto che la diagnosi di disabilità intellettiva, in
alcuni casi, potrebbe non essere più appropriata.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
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Lezione n°: 69/S1
Titolo: DISABILITÀ INTELLETTIVA
Attività n°: 01
Rimuove dai criteri diagnostici i punteggi ottenuti ai test per il QI, ma incoraggia ad
inserire tale dato nella descrizione del profilo cognitivo del soggetto, permettendo
così che i punteggi dei test non vengano utilizzati come fattore di definizione delle abilità
generali di un soggetto senza considerare in maniera adeguata i livelli di funzionamento
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Lezione n°: 69/S1
Titolo: DISABILITÀ INTELLETTIVA
Attività n°: 01
La disabilità intellettiva comporta impairment nelle abilità mentali globali che incide sul
funzionamento adattivo in tre aree o domini
La disabilità intellettiva
Le cause
La disabilità intellettiva può dipendere da cause diverse. Essa infatti può essere generate
sia da cause biologiche (genetiche e non genetiche) sia da cause ambientali.
Si parla di cause genetiche delle disabilità intellettive, qualora siano presenti anomalie
in un singolo gene oppure anomalie strutturali dei cromosomi. Tra le cause genetiche
maggiormente conosciute vi è ad esempio la sindrome di Down.
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Lezione n°: 69/S3
Titolo: DISABILITÀ INTELLETTIVA
Attività n°: 01
Le cause non genetiche delle disabilità intellettive, invece, sono quelle che si
determinano a livello biologico e possono originarsi in diversi momenti della vita di un
individuo: possono determinarsi prima della nascita (si parla di cause pre-natali), durante il
parto (prematurità ed asfissia), oppure per patologie sopravvenute dopo il parto (ad
esempio encefaliti, meningiti o traumi cranici)
Si parla di cause ambientali delle disabilità intellettive, invece, quando una disabilità
intellettiva può essere dovuta a svantaggio socioculturale.
Le disabilità intellettive dovute a gravi carenze a livello educativo o socioculturale
costituiscono una minoranza. Tali fattori, infatti, più facilmente sono responsabili di
diagnosi di "disturbi di apprendimento" o di "disturbi nello sviluppo della personalità". Le
carenze possono essere più o meno gravi ed avere effetti diversi a seconda dell'età del
bambino.
Lo svantaggio socioculturale può produrre in alcuni individui effetti negativi tali da portare
ad una diagnosi di disabilità intellettive (soprattutto per chi ha una dotazione intellettiva di
partenza inferiore alla norma), può produrre effetti negativi sulle prestazioni cognitive che
si accumulano con il passare del tempo (soprattutto fino all'adolescenza) e che sono
maggiori in caso di presenza di disturbi di personalità.
La ricerca indica un ruolo determinante dei fattori socio-ambientali nell’insorgenza e nel
decorso della vulnerabilità disabilità intellettiva, sebbene ci siano ancora molti aspetti da
approfondire.
Livelli adeguati di supporto per le persone con disabilità intellettive favoriscono una
maggiore inclusione sociale e possono rivestire un ruolo protettivo contro
l’aggravamento della condizione di disabilità.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 69/S3
Titolo: DISABILITÀ INTELLETTIVA
Attività n°: 01
Periodo Prenatale
Le infezioni congenite che possono provocare disabilità intellettiva sono quelle da virus
della rosolia, da cytomegalovirus, dal Toxoplasma gondii,, dal virus herpes simplex o dal
virus dell'HIV.
Periodo Perinatale
Alcune complicanze legate alla prematurità, quali emorragie del sistema nervoso
centrale , problemi placentari quali placenta previa, preeclampsia, all'asfissia perinatale
possono aumentare il rischio di disabilità intellettiva.
Il rischio aumenta nei nati piccoli per l'età gestazionale. I neonati con peso molto o
estremamente basso alla nascita hanno maggiore possibilità di sviluppare una disabilità
intellettiva.
Periodo Postnatale
La malnutrizione e la deprivazione ambientale (mancanza di stimoli fisici, emotivi e
cognitivi indispensabili per la crescita, lo sviluppo e l'adattamento sociale) in epoca
neonatale e nella prima infanzia rappresentano le più frequenti cause di disabilità
intellettiva in ogni parte del mondo. Le encefaliti batteriche e virali (inclusa l'AIDS
associata alla neuroencefalopatia), le meningiti, le intossicazioni croniche e gli incidenti
che provocano danni cerebrali e asfissia possono determinare la disabilità intellettiva
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 69/S3
Titolo: DISABILITÀ INTELLETTIVA
Attività n°: 01
Punti chiave
La disabilità intellettiva implica un lento sviluppo intellettuale con un funzionamento
intellettivo al di sotto della media, comportamento immaturo, e limitate capacità di
prendersi cura di se stessi, condizioni che in combinazione sono abbastanza gravi da
richiedere un certo livello di supporto.
Alcuni disturbi prenatali, perinatali e postnatali possono causare disabilità
intellettiva, ma spesso non può essere identificata una causa specifica.
Ritardi del linguaggio e difficoltà di autonomia personale e abilità sociali possono essere
determinati da problemi emozionali, da deprivazione ambientale, da disturbi
dell'apprendimento o da sordità più che dalla disabilità intellettiva.
Le cause specifiche vanno ricercate eseguendo l'imaging del cranio, test genetici (p. es.,
l'analisi cromosomica microarray, sequenziamento dell'esoma), e altri test che possono
essere suggeriti dalle manifestazioni cliniche.
Un team multidisciplinare dovrà fornire un programma completo, personalizzato (che
comprenda il supporto della famiglia e di consulenti)
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 70
Titolo: BAMBINI PLUS-DOTATI
Attività n°: 01
I bambini plus-dotati
Alcuni contenuti della lezione sono stati tratti da Ferraris, A. O., Di Matteo, S., &
Stevani, J. Bambini superdotati., Psicologia Contemporanea, 2008
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 70
Titolo: BAMBINI PLUS-DOTATI
Attività n°: 01
Il fenomeno della plusdotazione risulta ancora scarsamente conosciuto nel nostro Paese,
nonostante si stimi che in Italia circa il 5%-8% dei bambini mostri prestazioni al di sopra
della media.
Uno dei pregiudizi più comuni è quello che possedere un alto potenziale intellettivo
comporti una garanzia di successo nella vita (Achter, Benhow & Lubinski, 1996).
1. Spiccate abilità verbali: molti bambini iperdotati iniziano a parlare ben prima degli
altri. E già da subito mostrano un lessico, una sintassi, una semantica molto più
complesse di ciò che ci si aspetterebbe da un bambino della stessa età. Queste
precoci abilità verbali solitamente si mostrano nella comprensione assai sofisticata di
concetti astratti (quale, ad esempio, la creatività). Solitamente amano leggere molto e
sono abili lettori: queste capacità nascono perlopiù automaticamente e da autodidatti
apprendono la lettura e la scrittura.
4. Un'ampia gamma di interessi: i loro interessi sono molto più ampi e sviluppati
rispetto alla media. Alcuni concentrano la loro attenzione su un unico interesse; altri
invece saltano da una passione all'altra, risultando agli occhi degli adulti dei
"disorganizzati". Quest'ultimo tratto caratteriale, sebbene possa essere irritante per
genitori e insegnanti, è molto comune tra i bambini iperdotati.
5. Interesse nella sperimentazione: questi bambini utilizzano buona parte della loro
giornata a sperimentare come funzionano gli oggetti della casa, a volte anche ai limiti
della pericolosità.
9. Intolleranza verso gli altri: l’ enorme energia, che li porta ad avere sempre un
contagioso entusiasmo, li può portare anche ad essere impazienti con gli altri. Hanno
difficoltà a capire perché gli altri bambini non condividano i loro interessi o non
sembrino afferrare la soluzione a problemi, che appare invece a loro così palese.
10. Curva dell’attenzione più lunga: molti bambini iperdotati spendono un gran numero
di ore a leggere, disegnare, costruire modelli. La loro concentrazione è intensa,
focalizzata su un’attività specifica; possono anche notare dettagli che agli altri
sfuggono.
11. Un pensiero complesso: essi sono alla ricerca continua della complessità. Amano
organizzare persone o cose entro sistemi complessi, come inventare giochi con
regole molto sofisticate.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 70/S1
Titolo: BAMBINI PLUS-DOTATI
Attività n°: 01
12. Impegnati in temi politici o sociali: dal momento che sono in grado di vedere le
sfumature della vita attorno a loro, i bambini gifted sono preoccupati delle “regole”
della vita molto più dei compagni della loro età, specialmente per quanto riguarda il
tema della giustizia.
13. Sensibilità: solitamente i ragazzi brillanti sono anche più sensibili: notano molte più
cose nell’ambiente che li circonda e reagiscono più energicamente. Sono spesso
consapevoli dei loro sentimenti e possono risultare molto emotivi.
15. Sognare ad occhi aperti: questi bambini spesso si perdono nelle loro fantasticherie,
al punto di diventare inconsapevoli di ciò che succede loro attorno.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 70/S2
Titolo: BAMBINI PLUS-DOTATI
Attività n°: 01
Anche tra intelligenza e affettività ci può essere uno squilibrio che porta il bambino ad
adottare comportamenti o rituali finalizzati a nascondere la sua immaturità e che spesso
sono fonte di disorientamento per i genitori. L’accesso intellettivo precoce ad informazioni
non interamente elaborabili sul piano emotivo può generare una serie di angosce, che
rendono il bambino più fragile e dalle quali egli cerca di proteggersi tramite
l’“intellettualizzazione”. Mentre il livello di sviluppo emotivo li spingerebbe a cercare la
compagnia dei coetanei, la maturazione intellettiva più progredita li induce alla
condivisione dei loro interessi con compagni più grandi, se non addirittura con gli adulti. I
compagni possono giudicarli strani e bizzarri ma fortunatamente non è così per tutti.
Ci sono dei genitori che, scoperte le doti dei figli, cercano di spingerli al massimo,
assumendo un atteggiamento che può essere controproducente.
Come avviene per lo sport, anche in altri ambiti, se si tiene conto soltanto delle doti e si
trascurano i bisogni emotivi e sociali dei figli, si rischia di danneggiarli invece di sostenerli.
L’ideale è accompagnarli nel loro percorso, naturalmente, senza enfatizzare o creare un
clima di attesa: capire di volta in volta quali sono le loro genuine esigenze fornendo loro
gli stimoli di cui hanno bisogno e consentendo loro, contemporaneamente, di vivere la
loro vita di bambini.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 70/S2
Titolo: BAMBINI PLUS-DOTATI
Attività n°: 01
In altri casi, Il perfezionismo può portare alla paura del fallimento, di conseguenza il
bambino eviterà di provare a fare qualcosa per paura di fallire. Questi ragazzi sono
attenti osservatori, dotati di una forte immaginazione e abilità di vedere oltre; queste
qualità possono però causare timidezza e la volontà di rimanere in disparte (nelle
retrovie) al fine di evitare possibili implicazioni. A causa della loro forte sensibilità le
critiche o la rabbia in generale possono intaccare la sfera personale in quanto faticano a
farsi scivolare di dosso le critiche e gli eventuali insuccessi in generale. La sensibilità e il
senso ben sviluppato del: ‘’giusto e sbagliato’’ può portarli ad vere preoccupazioni per le
guerre, la fame nel mondo, l’inquinamento e altri fatti di ingiustizia e violenza. Se sono
sovraccaricati d’immagini e argomenti su questi problemi, possono diventare introversi e
riservati o soffrire di “depressione esistenziale“.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 70/S2
Titolo: BAMBINI PLUS-DOTATI
Attività n°: 01
Molti bambini, ragazzi ma anche adulti dotati e di talento sono stati erroneamente
diagnosticati da psicologi, psichiatri ed altri operatori sanitari, e/o non sono stati riconosciuti
nemmeno dalle loro famiglie e dalla scuola. Le mis-diagnosi sono il frutto di una non
conoscenza, formazione e comprensione, presente ancor più nel contesto italiano, delle
caratteristiche della plusdotazione, che pertanto sono confuse con comportamenti
patologici. Tra le mis-diagnosi più comuni vi sono quelle di: Disturbo di Attenzione ed
Iperattività (DDAI o ADHD), Disturbo oppositivo provocatorio, Disturbo Ossessivo
Compulsivo, Disturbi dell’Umore, ecc. Il problema delle mis-diagnosi, e di conseguenza il
rischio di “etichettare” a vita bambini e ragazzi plusdotati, è principalmente legato al fatto,
già anticipato, che vi è una quasi totale non conoscenza, tra i professionisti del settore,
delle caratteristiche sociali, emotive e comportamentali della plusdotazione; molti aspetti
tendono, infatti, ad essere erroneamente interpretati come segnali di patologia, anziché
come espressione di intensità, creatività, curiosità, ecc. su cui lavorare. Vi sono però anche
situazioni in cui alla plusdotazione si aggiungono caratteristiche realmente assimilabili ad
una specifica patologia. In questo caso si parla di comorbidità e questo dovrebbe portare
ad una doppia-diagnosi, aspetto però altrettanto difficile, di nuovo per via della non
conoscenza della plusdotazione.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 70/S3
Titolo: BAMBINI PLUS-DOTATI
Attività n°: 01
A volte gli insegnanti possono trovarsi in difficoltà con un bambino plus-dotato, proprio per
i comportamenti sopra descritti, tuttavia, questi bambini possono essere una risorsa
enorme per la classe, laddove le loro potenzialità vengano riconosciute e valorizzate.
E’ importante riuscire in questo intento, poichè il rischio che il bambino inibisca il suo
talento per “risultare come gli altri” è un rischio reale che può portare anche a sintomi
depressivi. Al fine di valorizzare le eccellenze, la scuola è chiamata a mettere in campo
tutte quelle strategie e metodologie che permettano a tutti gli alunni il successo formativo
e scolastico, attivando una didattica di tipo inclusivo basata su alcune azioni importanti:
.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 70/S3
Titolo: BAMBINI PLUS-DOTATI
Attività n°: 01
In linea generale, tra le misure didattiche adottate nelle diverse Nazioni, volte a sostenere
l’apprendimento di studenti speciali, ritroviamo il “percorso di studio abbreviato”
(accelerazione), le “attività di livello avanzato” (arricchimento) e, l’”offerta educativa
differenziata” (raggruppamento) che ad oggi rappresenta la strategia di utilizzo più
frequente, una soluzione intuitiva che crea classi speciali o raggruppamenti adattate alle
particolari esigenze dei bambini che dimostrano caratteristiche eccezionali
IN ITALIA
Il nostro sistema scolastico non prescrive percorsi differenziati per gli studenti plusdotati
come avviene nei più avanzati paesi europei, dove sono esistono scuole dedicate o è
possibile accelerare il corso di studi.
E’ possibile però trovare nella legislazione scolastica dei principi che permettono alle
scuola, in forza dell’autonomia, di dedicare ai bambini plus-dotati la necessaria attenzione.
Tutta la nostra normativa, infatti, è fortemente finalizzata al riconoscimento di ogni singola
specificità ed alla promozione delle potenzialità personali.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 71
Titolo: RIPASSIAMO
Attività n°: 01
PROVA DI APPRENDIMENTO
E-portfolio
ABSTRACT
I pregiudizi sulla plusdotazione, come per esempio credere che i bambini
con plusdotazione (gifted children) non necessitino di particolare atten-
zione da parte dell’insegnante (Zanetti, 2016), possono influenzare la didat-
tica. Progettare percorsi di formazione sulla plusdotazione significa appro-
fondire tali tematiche e co-costruire con gli insegnanti delle attività inclu-
sive per la classe, anche attraverso dei tutoraggi. Allo stesso tempo, il for-
matore, oltre a supportare i docenti, può capire meglio le percezioni degli
insegnanti e, a partire da quest’ultime, ri-progettare un nuovo percorso, in
qualità di professionista riflessivo (Schön, 1983). Dalle nostre esperienze,
emerge la questione dell’“etichetta” di plusdotazione, dicitura messa in dis-
cussione da alcune insegnanti, in quanto essa non sembra corrispondere
agli atteggiamenti attesi da un alunno o una alunna con plusdotazione. An-
che la dimensione affettiva della relazione educativa sembra giocare un
ruolo importante nella formazione: i sensi di colpa che prova un’insegnante
nel fornire attività pensate per una alunna con plusdotazione, temendo di
KEYWORDS
Teacher Training, Giftedness, Inclusive Education.
Formazione in Servizio, Plusdotazione, Inclusione Scolastica.
215
Introduzione
Secondo gli artt. 26 e 29 del CCNL 2006-2009 la formazione continua è parte inte-
grante della funzione docente: essa costituisce sia un diritto contrattuale sia, se-
condo la legge 107/2015, un dovere. Il docente, attore attivo del processo forma-
tivo, avrebbe il compito di garantire la massima qualità di istruzione a tutti i suoi
alunni (Galliani, 2015), attraverso un continuo aggiornamento dei suoi saperi, di-
mostrando di conoscere metodologie didattiche innovative o, quanto meno, che
forniscano a tutti gli studenti la possibilità di apprendere. Come indicato nel
“Piano per la formazione dei docenti 2016-2019”, la formazione in servizio non
dovrebbe essere costituita da lezioni frontali ma da uno scambio interattivo tra
teorie e pratiche didattiche; in questo senso, secondo noi, il tutoraggio in classe
potrebbe promuovere collegamenti tra saperi e prassi. Di particolare importanza
risulta essere la consapevolezza degli insegnanti circa le proprie pratiche di in-
segnamento e una attenta riflessione (Schön, 1983), che possa portare gradual-
mente il docente al cambiamento (Ajello, 2002).
La formazione degli insegnanti sulla plusdotazione rappresenta un’area tra-
scurata, sia a livello europeo sia a livello nazionale. Nel 2005 è stata condotta una
ricerca in Europa sui sistemi educativi in merito la plusdotazione in 21 paesi: solo
9 di essi (Austria, Germania, Spagna, Ungheria, Lussemburgo, Olanda, Romania,
Slovenia e Regno Unito) prevedevano una formazione ad hoc sulla plusdotazio-
ne. A ostacolare l’adesione di dirigenti scolastici e insegnanti ai corsi di formazio-
Martina Brazzolotto
ne sulla gifted education sarebbe la credenza che gli apprendenti con plusdota-
zione non avrebbero bisogni educativi speciali (Reid, Horvathova, 2016). Già ne-
gli aspiranti insegnanti ci sarebbe un maggiore interesse orientato alla compren-
sione di una didattica adatta agli alunni con disturbi o deficit (Berman, Schultz,
Weber, 2012) e una minore sensibilità verso la didattica per la plusdotazione;
sembra dunque che la riflessione sull’inclusione sia indirizzata prevalentemente
agli alunni con deficit.
In questa sede, dopo una breve panoramica sulla formazione in servizio sulla
plusdotazione, presenteremo due esperienze secondo noi significative, in quan-
to ci inducono a riflettere sulle percezioni e sulle esigenze formative dei docenti,
utili per migliorare i futuri percorsi di formazione e intraprendere nuove ricerche.
216
plusdotazione, sia l’importanza del ruolo della scuola nell’inclusione scolastica
dei bambini con plusdotazione, chiedendo maggiore attenzione al settore della
ricerca e agli insegnanti, verso questi alunni. Dai dati che emergono dal LabTa-
lento1, la quasi totalità dei bambini con plusdotazione manifesta o problemi a
scuola o in famiglia o in merito la gestione delle emozioni (LabTalento, 2014). È
evidente, pertanto, che questi bambini abbiano dei reali bisogni specifici (Mor-
mando, 2011), bisogni che se non colti dal contesto scolastico potrebbero porta-
re all’esclusione, all’insuccesso e all’abbandono scolastico (Zanetti, 2016; Sandri,
Brazzolotto, 2017).
Da alcune ricerche si evince che gli insegnanti maggiormente formati e com-
petenti sulle tematiche della plusdotazione tendano a valorizzare la creatività e
avere concezioni più inclusive sulla plusdotazione (Copenhaver, McIntyre, 1992;
Goodnough, 2000; Siegle, Powell, 2004). Riteniamo che ampliare le conoscenze
degli insegnanti sugli alunni con plusdotazione significhi capire meglio alcune
peculiarità: come riescono alcuni alunni a risolvere problemi matematici senza
riuscire a spiegare i procedimenti? Perché il bambino con plusdotazione non di-
mostra i suoi talenti? Perché alcuni alunni si auto-escludono dalle attività scola-
stiche? Forse saper rispondere a queste e altre domande sulla plusdotazione po-
trebbe aiutare il docente inclusivo a rispettare tutte le differenze e a valorizzare
le potenzialità di ciascuno.
Nei percorsi di formazione il primo argomento che viene affrontato è proprio
il riconoscimento della plusdotazione, che sembra essere fortemente influenza-
1 Laboratorio Italiano di Ricerca e Sviluppo del Talento, del Potenziale e della Plusdota-
zione (Università di Pavia)
217
proccio inclusivo: 1. conoscenze sullo sviluppo dei bambini gifted; 2. caratteristi-
che del comportamento dei bambini gifted e dei loro stili di apprendimento; 3.
strategie di insegnamento per includere il bambino con plusdotazione in classe;
4. la valutazione scolastica; 5. come creare alleanze tra scuola, famiglia e il conte-
sto circostante (Seredina, Pomortseva, Morozova, 2016).
Riteniamo che sia fondamentale che gli insegnanti siano a conoscenza sia
delle caratteristiche sia delle metodologie, cercando di far crescere i bambini
con plusdotazione non solo in termini cognitivi ma soprattutto emotivo e rela-
zionali, assumendo uno sguardo globale.
2. Percezioni di alcune insegnanti sulle strategie didattiche per i bambini con plu-
sdotazione
La prima esperienza che proponiamo si è svolta per un anno (da gennaio a di-
Martina Brazzolotto
2.1.1. Il contesto
218
il bambino, che in questa sede chiameremo Marco, vissuto come “problematico”
a scuola. In questa sede ci focalizzeremo in modo particolare sulla pratica del tu-
toraggio.
2.1.2. Obiettivi
A partire dai dati emersi dalle osservazioni delle docenti abbiamo elaborato de-
gli obiettivi per il tutoraggio in classe: coinvolgere Marco nelle attività senza che
dimostrasse sofferenza (ossia scappare dalla classe, gettarsi per terra, piangere,
219
urlare, ecc.); scoprire e valorizzare le sue potenzialità attraverso modalità inclu-
sive, estendendole a tutti gli alunni. Non era previsto invece di fare un trattamen-
to di tipo “clinico” per eliminare alcuni suoi atteggiamenti che spaventavano tan-
to le insegnanti e i compagni (come per esempio mangiare pezzettini di carta o
di gomma da cancellare e ritagliare in continuazione figure di personaggi a lui ca-
ri); per supportare Marco nella gestione delle emozioni era infatti stata avviata
una psicoterapia in orario extrascolastico.
220
Al termine del tutoraggio, le insegnanti hanno ribadito le loro convinzioni ini-
ziali: Marco non avendo risposto brillantemente alle attività proposte, non era un
bambino con plusdotazione ma con autismo. Non ammettevano invece i grandi
sforzi che aveva compiuto Marco per partecipare alle nuove attività (come si nota
dalle osservazioni emerse nella griglia).
Pensiamo che comunque il tutoraggio in classe, inteso come momento for-
mativo nella quotidianità scolastica, potrebbe essere uno strumento che aiuti a
personalizzare la didattica e che favorisca l’inclusione scolastica; Marco durante
le attività proposte ha sempre dimostrato, a modo suo, come riferito dalla madre,
entusiasmo e di sentirsi coinvolto e accettato.
2.2.1. L’istituto
221
vere la bambina con plusdotazione3. Riportiamo di seguito le sue descrizioni ri-
cevute per iscritto il 24/04/2018. Le parole in grassetto sono quelle che abbiamo
evidenziato noi in fase di analisi e che ci hanno guidato nella programmazione.
“I miei alunni sono 20 e molto diversi tra loro. Ho trovato la classe eteroge-
nea fin dalla prima. C’è A. che ha imparato tutte le lettere dell’alfabeto in
stampato maiuscolo a fine prima e che ancora adesso fatica molto a leggere
e a copiare un testo dalla lavagna anche perché si distrae e si assenta facil-
mente, c’è R. che ha migliorato molto la lettura ma fatica a discriminare al-
cuni suoni e quindi a scriverli correttamente, parlerebbe continuamente an-
che se alle volte lo fa perché è appassionato di animali, N. che non vorrebbe
mai scrivere, che si alza frequentemente dal posto e che interrompe la lezione
per sapere quanto manca alla merenda o per comunicarmi che sta male, B.
che non sta quasi mai seduto sulla sedia, che vuol essere sempre primo e uti-
lizza spinte e calci per ottenerlo ma è molto sensibile e poi si rende conto
dello sbaglio, V. (la nostra plus dotata) che all’inizio dell’anno scorso sapeva
già leggere e che per lei molte cose erano e sono facili e spesso gli altri si ri-
volgono a lei per un aiuto o per giocare insieme, A. che spesso assume posizioni
masturbatorie soprattutto nei momenti di ascolto o prima di partire con
un’attività e che quindi si assenta perché penso abbia un vulcano in eruzio-
ne dentro di sé che riesce a placare attraverso il disegno e la drammatizza-
zione, C. che ha trascorso tutta la prima a piangere quasi ogni mattina al di-
stacco dalla mamma e che ancora adesso manifesta timore e ansia per le in-
Martina Brazzolotto
222
anche tutto ciò che riguarda l’osservare in profondità (so che ha un micro-
scopio) la scienza e la storia in particolare, l’arte. Non ritrovo in lei i compor-
tamenti da lei descritti come disturbanti, di “ pigrizia” “ svogliatezza ecc. ma
un’ottima capacità organizzativa, una velocità nel compito, una spiccata abili-
tà nel trovare strategie efficaci di fronte ad attività proposte (es. nel gioco sac-
co pieno/ vuoto chiudendo gli occhi ha evitato di essere influenzata dai
miei trabocchetti e molti altri hanno seguito il suo esempio). Aveva l’anno
scorso spesso degli atteggiamenti di superiorità nei confronti della classe e
derisori verso gli altri che sono molto diminuiti”.
L’insegnante infatti ci ha confidato, sia per iscritto (vedi sopra) sia telefonica-
mente, di sentirsi in grande difficoltà a gestire le differenze, ancora di più sapen-
do che in classe c’era una alunna con plusdotazione. Ci ha riferito che viveva dei
fortissimi sensi di colpa: a lei sembrava di sbilanciare ingiustamente la sua atten-
zione verso Carlotta.
Con l’insegnante abbiamo condiviso 5 attività, da svolgere, a rotazione nelle
due ore, a gruppi. Ogni gruppo aveva 15 minuti di tempo e poi passava all’attività
successiva. Le consegne erano:
223
5. individuare se ci sono piante arbustive nel giardino e descriverne almeno una
sul quaderno.
Al termine dell’attività abbiamo chiesto sia a Carlotta sia a Debora, una bam-
bina con difficoltà di apprendimento, un parere sull’attività svolta: entrambe ci
hanno riferito che hanno imparato e sono state bene.
Pensiamo che nella formazione sia importante includere anche gli aspetti af-
fettivi: come superare i sensi di colpa nel bilanciare i compiti? Abbiamo proposto
alle insegnanti, durante l’ultimo incontro, un cambio di prospettiva ossia indivi-
duare le potenzialità anche nei bambini con difficoltà; pensiamo che molte mo-
dalità di prevenzione, soprattutto per i disturbi specifici di apprendimento, intro-
dotte nella scuola, siano orientate a individuare quasi esclusivamente le difficol-
tà. Affrontare le tematiche della plusdotazione ci offre la possibilità di riflettere
e conoscere meglio gli aspetti del talento per poi saperli riconoscere anche nei
bambini con difficoltà.
L’insegnante ci ha riferito in un incontro successivo che ha preso spunto dal
tutoraggio per altre attività che ha svolto autonomamente; ci ha ribadito che ha
apprezzato molto il supporto ricevuto.
Conclusioni
224
Pensiamo che essa, in modo particolare quando riguarda la plusdotazione, do-
vrebbe avere lo scopo di far conoscere le peculiarità con il fine ultimo di trovare
delle strategie per coinvolgere i bambini con plusdotazione nella didattica, senza
focalizzarsi solo sulla loro identificazione. Dalle nostre esperienze emerge che
alcuni insegnanti si sono sbilanciati sul piano clinico, riconoscendo nel bambino
dei tratti di autismo anche se quest’ultimi erano stati esclusi da psicologi esperti,
senza dimostrare di riconoscere in lui delle potenzialità. Questo indica quanto
sia importante iniziare a parlare di potenzialità e talenti nella scuola e non solo
di difficoltà.
Nella formazione è altresì indispensabile non trascurare le percezioni degli in-
segnanti: offrire delle attività specifiche per bambini con plusdotazione significa
escludere o togliere attenzione ai bambini con deficit o difficoltà di apprendi-
mento? A quanto pare c’è bisogno di ampliare le nostre conoscenze sulla gestio-
ne della classe, tenendo in considerazione anche i bambini con plusdotazione.
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co. L’integrazione scolastica e sociale, 16 (1), 66-71.
Schön, D. (1983). The reflective practitioner. How professionals think in action. London:
Temple.
Seredina A.Y., Pomortseva N. P., Morozova T.V. (2016). Best Practices of the United States’
Martina Brazzolotto
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Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 71/S2
Titolo: RIPASSIAMO
Attività n°: 01
PROVA DI APPRENDIMENTO
E-portfolio
Quali sono i contenuti che l’hanno sorpresa di più? Per quale ragione?
Quali sono i contenuti prevalenti nella formazione alla plusdotazione?
Quali competenze dovrebbe avere un insegnante di bambini gifted?
Descriva i principali contenuti delle due esperienze di formazione
Quale delle due esperienze ha suscitato il suo interesse? Perché?
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 71/S3
Titolo: RIPASSIAMO
Attività n°: 01
PROVA DI APPRENDIMENTO
E-portfolio
Quali sono i contenuti che l’hanno sorpresa di più? Per quale ragione?
Quali sono i contenuti prevalenti nella formazione alla plusdotazione?
Quali competenze dovrebbe avere un insegnante di bambini gifted?
Descriva i principali contenuti delle due esperienze di formazione
Quale delle due esperienze ha suscitato il suo interesse? Perché?
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 72
Titolo: CONCLUSIONE
Attività n°: 01
L’esame di profitto
Come saprà, l’esame si svolgerà seguendo le indicazioni del Regolamento per gli
esami di profitto dell’Ateneo.
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 72
Titolo: CONCLUSIONE
Attività n°: 01
Si precisa che le risposte alle domande aperte sono valutate in ragione della correttezza,
della completezza, della precisione e pertinenza della risposta fornita, dove 0 indica una
risposta errata o mancante e il punteggio massimo una risposta corretta, completa,
precisa e ben scritta.
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Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 72/S1
Titolo: CONCLUSIONE
Attività n°: 01
La tesi
Se gli argomenti che ha avuto modo di studiare hanno suscitato la sua curiosità ed
interesse e desidera farne oggetto di specifico approfondimento per l’elaborato della
Laurea triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche, potrà rivolgersi allo Sportello tesi,
indicando come possibile scelta il mio nominativo
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 72/S1
Titolo: CONCLUSIONE
Attività n°: 01
In base a quanto indicato sulle Linee Guida per gli Elaborati di tesi della Facoltà di
Psicologia, la stesura della tesi triennale prevede che il tesista approfondisca una tematica
specifica che è stata trattata nella letteratura scientifica internazionale più recente.
Il tesista col supporto del docente relatore svolgerà un lavoro preliminare di ricerca
bibliografica teso a definire il titolo dell’elaborato
Una volta definito il titolo. Il tesista proseguirà il suo lavoro di ricerca del materiale
scientifico sulle banche dati indicate dal relatore/TD attraverso l’utilizzo di parole chiave. Il
tesista dovrà reperire almeno 10/15 fonti bibliografiche e, tra queste, selezionare 4 articoli
scientifici che, a suo avviso, che dovrà leggere, sintetizzare e schedare.
Per ogni articolo scelto il tesista potrà, a seconda degli accordi presi con il relatore,
compilare l’Allegato A (modulo per la schedatura degli articoli) che verrà inviato dal
relatore; nel caso venga proposto dal relatore tale passaggio, lo studente è tenuto
obbligatoriamente ad allegare le schedature degli articoli alla versione definitiva
dell’elaborato di tesi.
A tal fine, è importante che il tirocinante abbia le competenze necessarie per leggere e
tradurre articoli scientifici in lingua inglese e possa collaborare insieme a me,
coinvolgendo le strutture scolastiche
Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04)
Insegnamento: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO
Lezione n°: 72/S2
Titolo: CONCLUSIONE
Attività n°: 01