Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
dell'educazione musicale
Musica
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna (UNIBO)
15 pag.
Inizialmente gli studi si sono focalizzati sulla percezione che gli stessi insegnanti avevano rispetto alle
proprie abilità di insegnare musica, sul senso di autoefficacia da essi posseduto. Dalla ricerca ad esempio
condotta da Hallam et al. (2019) è e emerso che gli intervistati (studenti di un programma annuale di
formazione per insegnanti della scuola primaria) mostravano un senso di fiducia e familiarità verso le
proprie abilità d’insegnamento ma solo la metà di essi mostrava lo stesso senso di fiducia anche per
l’insegnamento della musica. Nel campione di insegnanti in servizio di scuola primaria intervistato da
Holden e Button (2006), l’educazione musicale ha ricevuto il grado più basso di fiducia.
Un altro studio condotto in Australia (Vries, 2013) con 5 insegnanti di scuola primaria durante il loro terzo
anno di insegnamento, attraverso la metodologia dell’intervista, ha rivelato una serie di pratiche
d’insegnamento della musica (lezione settimanale di musica, direzione di coro, canto con il supporto del cd,
uso di tecnologie per facilitare la composizione musicale…). I fattori individuali che sembra abbiano avuto
un impatto su ciò sono il background musicale delle insegnanti, l’impegno e l’interesse per le attività
creative musicali, la partecipazione sia a corsi musicali professionali sia a corsi di musica specifici per la
formazione in pre—servizio degli insegnanti.
E’ necessario fornire agli insegnanti no specialisti una formazione efficace a lungo termine per rafforzare le
loro abilità musicali, la conoscenza della disciplina e la fiducia nelle proprie capacità.
La formazione
Alcuni studi hanno cercato di documentare e mostrare gli effetti della formazione musicale nei diversi
percorsi di formazione degli insegnanti in servizio o in pre-servizio.
I risultati di un’indagine empirica svolta con gli studenti delle università di Bologna e Modena-Reggio Emilia
(2010) mostrano come al termine dell’insegnamento di Metodologia dell’educazione musicale, le
rappresentazioni sociali (oggetti della psicologia sociale) degli studenti riguardo alle loro concezioni della
musica, musicalità, bambino musicale, insegnante ed educazione musicale, si siano modificate. Per es.
aumentano gli studenti che pensano che il bambino musicale sia il bambino educato alla musica piuttosto
che il bambino dotato di innate abilità musicali. Diminuisce quindi la “teoria del dono” e aumenta la “teoria
dell’educazione”. Questi risultati sono interpretati come una manifestazione di maggiore fiducia
nell’intervento educativo nella formazione musicale dei bambini e quindi come un aumentato senso di
auto efficacia rispetto al proprio ruolo di insegnante anche nell’educazione musicale dei bambini.
La formazione degli insegnanti può avvenire attraverso corsi di formazione ma anche in classe attraverso la
collaborazione con esperti in educazione musicale per i bambini.
Conclusioni
La ricerca sulla formazione musicale degli insegnanti curricolari della scuola primaria e dell’infanzia fa
emergere una serie di fattori che possono limitare l’efficacia sia della formazione sia dell’attività stessa di
educazione musicale praticata dagli insegnanti generalisti: l’influenza di esperienze musicali pregresse, il
basso livello di senso di suto efficacia, la mancanza di competenze musicali, la mancata definizione della
disciplina dell’educazione musicale e dei suoi contenuti, il limitato tempo dedicato alla musica nell’ambito
dei corsi di formazione degli insegnanti, il ruolo secondario attribuito all’educazione musicale nelle politiche
scolastiche, gli esigui investimenti economici sulla formazione iniziale e permanente degli insegnanti anche
ad esempio: La ricercatrice Dissanayake (2000) sostiene che le origini delle competenze e sensibilità che
sono alla base della musicalità umana possono essere scoperte nell’evoluzione delle interazioni affiliative
tra le madri e i loro bambini quindi quelle prime interazioni e pattern ritualizzati di comportamenti vocali,
facciali, cinesici, che accompagnano le prime interazioni tra le madri e i bambini prima ancora dei sei mesi.
Anche altri ricercatori hanno osservato come il bambino sviluppi fin dai primi mesi di vita un proprio stile e
una propria identità sonoro-musicale, che passa attraverso la sua voce, il suo corpo, il suo modo di
organizzare il tempo…
La letteratura ci mostra anche la rilevanza delle relazioni tra musicalità e corpo/movimento fin dalla nascita
e come la musica e il linguaggio musicale siano per il bambino uno dei mezzi privilegiati per l’espressività,
la comunicazione e la creatività.
Educazione musicale di base : può essere definita come una disciplina che fornisce le competenze
necessarie per diventare fruitori e produttori autonomi e critici di cultura musicale. Essa si riconosce in un
linguaggio, in una grammatica disciplinare, in codici e contenuti specifici musicali.
Nella scuola dell’infanzia e primaria: COMPETENZE PROFESSIONALI (abilità pratiche e conoscenze teoriche):
Saper capire: inteso come capacità di cogliere i significati, le funzioni, i contesti e le strutture della
musica; sapere interpretare i brani musicali con altri linguaggi ad es. gestuale-motorio, grafico-
pittorico.
Saper produrre: riguarda la sfera delle capacità di improvvisare, comporre, eseguire, con modalità
e a livelli diversi (con la voce, il corpo, gli oggetti, gli strumenti, le nuove tecnologie, da soli o in
gruppo), sequenze e in generale brani musicali; sviluppare la capacità di esprimersi, interagire,
dialogare, comunicare attraverso i suoni e la musica; sviluppare il pensiero creativo musicale;
Saper percepire: riconoscere, confrontare, classificare le fonti, le qualità dei suoni e delle sue
organizzazioni (caratteristiche e forme del suono, organizzazioni melodiche, ritmiche, timbriche,
armoniche, formali ecc.)
Conoscere i principali fenomeni sociologici di diffusione e consumo musicale nella fascia di età
3/10 anni
Conoscere gli elementi principali di sviluppo psicologico musicale del bambino 0/10 anni
Conoscere alcuni elementi principali di pedagogia musicale ed essere capaci di
programmare/progettare percorsi di educazione al suono e alla musica
Conoscere le principali metodologie della didattica della musica ed essere capaci di utilizzarne
alcune
Conoscere alcuni strumenti della didattica interdisciplinare e saperne utilizzare alcuni
Competenze relazionali e comunicative: conoscere le proprie abilità comunicative musicali e
saperle utilizzare per interagire con il bambino attraverso il suono della musica
Conoscere alcuni elementi delle potenzialità inclusive dell’esperienza musicale e saper utilizzare
l’esperienza musicale come mediatore per esperienze di inclusione in contesti di classe e didattici:
personalizzazione, individualizzazione, collaborazione, interdisciplinarietà, laboratorio,
collaborative playing; motivazione e supporto agli alunni, aggiornamento permanente,
valorizzazione diversità
Conoscere e saper applicare alcune tecniche di osservazione delle condotte sonoro-musicali del
bambino
Saper rafforzare e promuovere dall’interno la musicalità dei bambini, in interazione con gli altri
aspetti evolutivi e affettivi: rispecchiamento, modeling, scaffolding
Conoscere e saper valorizzare le individualità musicali, culturali, di genere e le disabilità dei
bambini
Saper compiere valutazioni e verifiche del proprio operato nell’ambito dell’educazione musicale di
base
Saper riflettere sul proprio operato e elaborare in stile sperimentale le metodologie e le
conoscenze acquisite nell’ambito dell’educazione musicale di base
Competenze trasversali (competenze dell’insegnante di mettersi in relazione con gli altri soggetti del
contesto lavorativo) :
Conoscere gli aspetti principali relativo al ruolo dell’insegnante di base nell’educazione musicale
ed essere capaci di mettersi in relazione con gli altri operatori musicali, interni e/o esterni alla
scuola
Conoscere semplici strumenti di ricerca nel campo dell’educazione musicale ed essere capace di
utilizzarne alcuni (biblioteche, riviste, pubblicazioni, supporti informatici musicali..)
Conoscere alcuni strumenti, enti e agenzie di formazione e aggiornamento degli insegnanti di
educazione musicale.
Saper lavorare in maniera collegiale per la progettazione di percorsi di educazione al suono e alla
musica integrati al contesto scolastico
Saper collaborare e interagire con le famiglie per conoscere ad esempio i contesti sonoro-musicali
nei quali i bambini sono cresciuti
Sulla base del profilo professionale sopra presentato, è stato elaborato il curricolo universitario
sperimentato e realizzato a Bologna nel corso di laurea SFP che prevede un insegnamento di Metodologia
I contributi dell’educazione musicale: contribuisce allo sviluppo musicale del bambino ma anche al suo
sviluppo cognitivo, affettivo e sociale; educa alla flessibilità, alla metacognizione (riflessione sui processi
dell’esperienza musicale..), all’intercultura (studio di realizzazioni artistiche di culture diverse,
promuovendo il senso dell’identità e della differenza), all’inclusione (in quanto esperienza condivisa, di
ascolto reciproco). Oltre a ciò contribuisce a perseguire le finalità di sviluppo dell’Identità, dell’Autonomia,
delle Competenze e alla formazione alla cittadinanza (indicazioni Nazionali, pag 16).
Le indicazioni Nazionali
I programmi nazionali per le scuole italiane hanno accolto, già dalla riforma del 1985, una visione che vede
l’educazione musicale di base come elemento imprescindibile per l’educazione del bambino.
La scuola dell’infanzia
L’esperienza musicale e sonora è inserita nel campo di esperienza “Immagini, suoni e colori” ma anche,
trasversalmente, nelle finalità e negli altri campi.
“La musica è un’esperienza universale che si manifesta in modi e generi diversi, tutti di pari dignità, carica di
emozioni e ricca di tradizioni culturali. Il bambino interagendo con il paesaggio sonoro, sviluppa le proprie
capacità cognitive e relazionali, impara a percepire, ascoltare, ricercare e discriminare suoni all’interno di
contesti di apprendimento significativi. Esplora le proprie possibilità sonoro-espressive e simbolico-
rappresentative, accrescendo la fiducia nelle proprie potenzialità. L’ascolto delle produzioni sonore
personali lo apre al piacere di fare musica e alla condivisione di repertori appartenenti a vari generi
musicali.”
La musica è quindi intesa come disciplina che permette al bambino di vivere esperienze percettive, emotive
e significative uniche, determinanti per lo sviluppo cognitivo e relazionale.
Il sé e l’altro
Alcune parole chiave ci collegano alla musica: conoscenza della propria identità, l’ambiente che lo circonda
(si fa riferimento all’educazione all’ascolto dei suoni provenienti dall’ambiente); tradizioni, famiglia,
comunità; stati d’animo (anche questi sono legati alla musica, all’espressione dell’esperienza musicale).
Il corpo e il movimento
Riferimenti alla musica: esprimersi con il corpo; controllare l’esecuzione di gesti nella musica, schemi
motori, piacere del movimento; riconoscere il proprio corpo. La voce è la prima forma di schema corporeo
che il bambino comincia a sviluppare dai primi giorni di vita. Stern (1998) ha parlato di accordage affettivo
tra la madre e il suo bambino, dove gesti e voce procedono insieme in una dimensione musicale fatta di
forma, intensità, ritmo. La voce può quindi essere vista come punto di incontro tra il corpo e il suono.
I discorsi e le parole
Parole chiave: lingua materna, ascoltare storie, giocare con la lingua; il piacere di comunicare; corretta
pronuncia di suoni e frasi; ascoltare; consapevoli dei suoni, tonalità diversi.
In questo campo vi sono diversi richiami al suono e alla musica, in particolare, alla lingua materna. E’ noto
come acquisiscano importanza il suono della lingua, il ritmo, l’intonazione, l’intensità e il timbro delle
Parole chiave: Conoscere fenomeni naturali, se stessi (che include apprendimento suoni e ritmi del proprio
corpo) e organismi viventi; esplorando oggetti materiali e simboli (quindi anche alle sonorità che
producono); organizzazione fisica del mondo; numero e spazio (la musica è numero, proporzioni, quantità
temporali).
La scuola primaria
5 funzioni della musica: cognitivo culturale, linguistico comunicativa, emotivo affettiva, identitaria e
interculturale, relazionale, critico estetica.
Il documento inoltre afferma che la musica “ è una componente fondamentale e universale dell’esperienza
umana, offre uno spazio simbolico e relazionale propizio all’attivazione di processi di cooperazione e
socializzazione, all’acquisizione di strumenti di conoscenza, alla valorizzazione della creatività e della
partecipazione, allo sviluppo del senso di appartenenza a una comunità nonché all’interazione tra culture
diverse ”.
Si afferma poi che l’apprendimento della musica si suddivide in due aspetti: produttivo (esplorazione,
composizione, esecuzione) e di fruizione consapevole (costruzione e sviluppo di significati personali e
socioculturali).
Nel documento sono presenti poi riferimenti alla voce e le sue possibilità espressive, l’ascolto e l’azione
dell’ascoltare, l’esecuzione individuale o in gruppo, l’esperienza del timbro/melodia/ritmo..
Inoltre, viene sottolineata l’interdisciplinarietà della musica e come questa interagisca con le altre arti.
Per quanto riguarda traguardi e obbiettivi, questi sono indicati al termine della quinta e in essi possiamo
ritrovare : il saper capire, il saper produrre, il saper percepire, il saper codificare e decodificare scritture
musicali.
Capitolo 4
Lo sviluppo della musicalità del bambino
Lo sviluppo musicale inizia dalla vita prenatale e più precisamente, da quando il funzionamento dell’organo
dell’udito del bimbo è gia maturo (una maturazione che viene collocata dagli specialisti, con piccole
differenze di tempo secondo autori diversi, intorno alla 25a settimana della vita prenatale).
Dalla 25a settimana: il feto è in grado di percepire sia stimoli sonori interni al corpo materno (suoni
intrauterini, intestinali, voce, battito cardiaco materni) sia stimoli sonori provenienti dall’esterno ( ambiente
sonoro musicale che circonda la madre).
La caratteristica principale della percezione intrauterina è quella di avvenire tramite il liquido amniotico.
E’ stato osservato che verso la fine della gravidanza, il feto è anche in grado di reagire a suoni forti (5000
hz). Ad es. all’ascolto di questi suoni, vi può essere un accelerazione del ritmo cardiaco come risposta
d’allerta e il movimento delle palpebre/del capo/degli arti/del tronco. I rumori meno forti e intensi invece
non provocano particolari risposte motorie ma brevi rallentamenti cardiaci.
In un altro studio, Woodward (1992)ha fatto ascoltare un brano musicale a delle donne in gravidanza e
alcuni giorni dopo il parto ai neonati forniti di un succhiello è stato fatto ascoltare sia lo stesso brano che un
nuovo brano: si è osservato che l’attività di suzione non nutritiva veniva interrotta per un po più di tempo
durante l’ascolto del brano ascoltato durante la gravidanza rispetto al brano nuovo.
Altre ricerche, invece, permettono di rilevare come la presenza di attività musicali realizzate con i bambini
fin dal primo anno di vita, favorisca lo sviluppo delle capacità discriminative del neonato.
La voce materna: svolge un ruolo molto importante nello sviluppo perinatale. Il feto percepisce la voce
materna sia dall’interno sia dall’esterno del corpo materno, ne memorizza il ritmo e l’intonazione, il timbro.
Una forte esperienza prenatale della voce materna segna la sfera uditiva del bambino e grazie a queste
attività uditive il bambino stabilisce i primi scambi e legami con la madre e il mondo esterno.
Dopo la nascita: il bambino è immerso in un mondo sonoro molto ricco e che acquisisce un aspetto diverso
rispetto a quando era nella pancia della madre. Alla nascita e per qualche giorno, nell’orecchio del bambino
rimane il liquido amniotico che permette un passaggio graduale tra la percezione dei suoni durante la
gravidanza e la percezione dopo la nascita. Si tratta di un passaggio che Tomatis (1977) chiama “parto
sonoro” durante il quale le sonorità percepite durante la fase prenatale vengono ritrovate e riconosciute in
una condizione di ascolto, quella aerea.
Nelle prime settimane di vita, si assiste a un maggior sviluppo del sistema uditivo. Inoltre i neonati sono
particolarmente sensibili ai timbri vocali, ai cambiamenti ritmici e di intonazione, agli stimoli sonori e
musicali; manifestano la capacità di discriminare e distinguere i cambiamenti delle qualità degli stimoli e
manifestano delle preferenze. Già verso i 2 mesi compare la capacità di raggruppare i suoni mentre verso i
4-6 mesi di segmentare delle unità e la percezione e sensibilità ai moduli melodici-ritmici della struttura
fraseologica musicale.
I primi suoni vocali: pianto e lallazione: Fin dai primi giorni di vita i bambini esplorano le sonorità della loro
voce sia attraverso la stimolazione dei genitori che li coinvolgono nel dialogo sia da soli attraverso giochi
esplorativi. A meno di 3 settimane, le madri sembrano riconoscere 4 grida fondamentali ovvero il grido di
fame, di collera, di dolore, di risposta alla frustrazione. All’incirca nello stesso periodo, comincia a
comparire il cosiddetto “falso grido di pericolo” che è finalizzato ad attirare l’attenzione. Tra i 2 e 6 mesi, il
neonato comincia a produrre le prime lallazioni, sociali e private, seguite poi verso il 6-7 mese di vita, dal
musical bubbling cioè lallazioni musicali che diventeranno sempre più complesse fino ad abbozzare i primi
canti. Tra il 6° e 7° mese il neonato è in grado di produrre delle vere e proprie lallazioni con sillabe
appartenenti alla lingua materna.
Inizialmente il bambino sperimenta queste reazioni autonomamente (reazioni circolari primarie), poi
inizierà a rivolgerle anche verso l’esterno (reazioni circolari secondarie), imparando a variare il gesto per
modificare il risultato (reazioni circolari terziarie).
Verso i 3 mesi compare il pianto con diverse qualità melodiche che sembrano somigliare alla lallazione e al
linguaggio.
Ripetizione e variazione
Il baby talk è caratterizzato dalla ripetizione e variazione: la madre ripete i vocalizzi del neonato ma
sempre con qualche variazione. La ripetizione genera una regolarità che permette di anticipare al
soggetto il corso del tempo mentre la variazione introduce una certa incertezza rispetto al modello
iniziale.
E’ stato riscontrato che un’eccessiva variazione induce rilassamento nel bambino e produce sistemi
di co-regolazione asimmetrica o interrompe completamente il modello di interazione. Al contrario,
una ripetizione sempre uguale e meccanica produce staticità e assenza di affettività. E’ infatti la
ripetizione imperfetta che garantisce l’esperienza della risonanza sociale nel bambino.
Bruner usa il termine “format” per definire la sequenza ripetitiva del ruolo di tutoraggio dell’adulto
che struttura l’attività spontanea del neonato. Esso può essere visto come le prime routine di
scambio che si ripetono in termini di struttura mentre diventano progressivamente più ricche
attraverso variazioni.
Interazioni vocali riflessive
L’idea di interazione “a specchio” ha ricevuto particolare attenzione anche nell’ambito degli studi
sull’interazione uomo-macchina, dove sono state svolte ricerche sull’interazione tra i bambini e i
sistemi musicali interattivi riflessivi che interagiscono rispecchiando le musiche suonate dai
bambini. Quindi con il termine “interazione riflessiva” si indica quel tipo di interazione basata sul
rispecchiamento , sul meccanismo di ripetizione e variazione (rafforzano identità del bambino e
originano un processo creativo durante il quale i partner creano nuove idee musicali),
sull’alternanza dei turni (permette al bambino di sentirsi ascoltato e ascoltare) e sulla co-
regolazione tra i partner (che crea un coinvolgimento affettivo).
I bambini quindi non sono attivi solo con gli adulti ma anche tra pari e sono capaci di usare diverse
tipologie di gesti vocali in maniera funzionale.
Moog (1976) individua verso i 6-7 mesi, produzioni simili al canto nei bambiin che compaiono in modo
particolare quando l’adulto di riferimento canta al bambino e gli fa ascoltare musica. Queste produzioni
sono chiamate da lui musical babbling cioè lallazioni musicali.
1) Il canto imitativo: Tutti i bambini possono cantare a 2 anni e , crescendo, le manifestazioni sono
sempre più evidenti. I bambini riproducono prima correttamente il profilo della melodia, poi gli
intervalli e infine i suoni che stanno all’interno. In uno studio, Moog ricava che il 44% dei bambini di
3 anni produce canti che somigliano all’originale mentre il 38% imita correttamente i canti con
qualche piccolo errore. Man mano che i bambini si avvicinano ai 5, la stabilità tonale aumenta.
Welch (1997) ha elaborato un modello di sviluppo delle capacità di cantare attraverso 4 fasi: 1. Il
canto è un’esplorazione e il bambino si concentra più sulle parole che sulla melodia 2. Maggiore
consapevolezza di controllare l’altezza e lo schema melodico delle canzoni 3. Profilo melodico ed
intervalli sono abbastanza corretti ma con piccoli errori 4. Non ci sono errori di altezza significativi
purchè le canzoni siano semplici e facciano parte della loro cultura musicale.
2) Il canto spontaneo: è il canto prodotto dal bambino nei momenti liberi. In esso, ci sono almeno due
tipi di produzioni cantate: quelle più socializzanti che sono di carattere dialogico, costituite da frasi
melodiche con parole, si sviluppano intorno a pochi suoni diversi e terminano con inflessioni
cadenzali alla fine della frase; quelle personali che sono molto più varie
Stonare/Intonare? Tutti i bambini nascono con la dotazione genetica sufficiente per imparare a cantare
correttamente. Welch elenca una serie di fattori relativi allo sviluppo della capacità di cantare intonato
raggruppandoli in 5 categorie:
I. Fattori socio-culturali: la classe sociale, il genere (maschile o femminile), luoghi nei quali avviene la
familiarizzazione con il canto, l’appartenenza a un’etnia (trasmette ruoli diversi attribuiti alla
Ripasso:
1. Le radici della capacità d’intonare si trovano gia nella vita prenatale (a partire circa dalla 24°
settimana) quando l’orecchio comincia a sentire il canto.
2. I primi “abbozzi di canzoni” dai più semplici ai più elaborati (detti anche musical babbling e
protosongs) compaiono già verso il 4-6 mese di vita e i bambini continuano a progredire.
3. Man mano che i bambini cominciano a parlare a volte cantano qualche sillaba o parola presente nel
canto della mamma fino a cantare una breve frase.
4. Quando riescono a cantare due versi di un canto o una breve strofa, riescono a riprodurre il profilo
della melodia.
5. Gradualmente alcuni intervalli diventano “intonati”.
6. Infine la riproduzione del canto diventa accettabilmente intonata con qualche imprecisione.
Molto importante sicuramente è il contesto: è importante che siamo circondati da un ambiente dove si
canti spesso e che i bambini possano maturare una costante attenzione alla melodia.
Per esistere, la musica ha bisogno di “tempo” ovvero quella dimensione esistenziale che con l’aiuto di una
serie di scoperte ed invenzioni umane riusciamo a misurare con strumenti diversi. In ambito musicale, si usa
il concetto di durta temporale: ci sono suoni lunghi e brevi.
All’ascolto di una melodia, il bambino inoltre può accompagnare anche un gesto motorio/movimento:
sincronizzazione ritmico-motoria. Perché avvenga ciò, sono necessarie due condizioni: la prima è che ci sia
una struttura sonora caratterizzata dalla presenza di intervalli di tempo regolari tra i suoni di una sequenza
quindi che ci sia una semplice scansione isocrona; la seconda è che le persone possiedano sufficienti
Moog (1976) afferma che i bambini manifestano risposte motorie esplicite alla musica già verso i 6 mesi e
tali risposte aumentano considerevolmente fin verso i 15-18 mesi per poi diminuire quanto al numero ma
non quanto la varietà. Osservando il grado di sincronia dei movimenti fatti dai bambini in rapporto alla
musica, egli rileva che tra i 3-4 anni sono ancora pochissimi (10%) i bambini in grado di sintonizzarsi mentre
questa capacità diventa abbastanza buona intorno ai 4-5 anni (71-74%).
Imberty (2002) ritiene che le capacità ritmiche, in quanto parte della comunicazione espressiva, compaiono
prima della comunicazione verbale.
L’identità musicale del bambino : Fin dalla nascita i bambini mostrano e sviluppano una propria identità
sonoro-musicale attraverso l’esplorazione della propria voce, prima forma di schema corporeo nel
bambino, attraverso il dialogo sonoro con la madre e gli adulti, attraverso le interazioni vocali con i pari,
attraverso il proprio modo di esplorare gli oggetti. Nella scuola dell’infanzia cominciano a svilupparsi anche
le prime competenze stilistico-musicali dei bambini e cioè la loro sensibilità nel riconoscere altre identità
musicali. L’ingresso nella scuola primaria guiderà invece i bambini verso competenze e saperi
progressivamente più impegnativi (ad es ampliamento del repertorio dei canti, ricerca e scelta di sonorità
vocali diverse, appropriazione di scelte strumentali e ricerca di nuovi suoni, interazioni strumentali tra
bambini, presenza ricerca e comprensione delle emozioni in musica e dei percorsi culturali legati ad esse,
invenzione di storie con sonorizzazioni varie, storie da costruire insieme con i bambini e poi da musicare.
Le condotte musicali : insieme di azioni che sono coordinate tra loro da una finalità comune. Delalande ha
descritto tre tipologie di gioco e condotte musicali comuni ai bambini e agli adulti:
1. Gioco senso-motorio (nei primi 2 anni): esplorazione senso-motoria degli oggetti e del proprio
corpo, scoperta del suono attraverso manipolazione
2. Gioco simbolico (dai 2 anni): caratterizzato dal “fare finta di”, da attività espressive con i suoni
3. Gioco di regole (dai 5/6 anni): caratterizzato da gioco di operazioni, di organizzare i suoni secondo
delle regole, dall’invenzione delle regole, dalla composizione musicale intesa come gioco di regole
con i suoni.
Nel corso del tempo, queste tre forme di gioco non si sostituiscono l’una all’altra ma si sovrappongono
andando a contribuire alla formazione dell’esperienza musicale del bambino e , in seguito, dell’adulto.
Capitolo 5
In questo capitolo vengono presentate due proposte metodologiche: una ispirata all’unità didattica e
l’altra alla pédagogie musicale d’éveil. La prima prevede un intervento educativo programmato e un
apprendimento lineare (dal semplice al complesso) mentre la seconda è di tipo progettuale e reticolare.
- Attività orientate verso le condotte creative del bambino e non verso una trasmissione del sapere
- Spazi e tempi rappresentano le condizioni materiali principali alle quali pensare quando si organizza
un percorso sonoro-musicale
- Prestare attenzione alle condizioni psicologiche all’interno delle quali pensare i percorsi
- Deve comprendere due ambiti di esperienza significativi per il bambino: l’ascolto e la pratica
inventiva.
Fratap individua 3 tipi di ascolto:
1. Ascolto delle proprie produzioni: il bambino esplora il rapporto tra il suo gesto, l’oggetto e il
suono prodotto. E’ su questa relazione che si basano i processi di esplorazione, variazione,
ripetizione, invenzione musicale.
2. Ascolto di opere musicali: finalizzato a vivere energie, movimenti, emozioni…
3. Ascolto dell’ambiente sonoro: attenzione ai suoni che ci circondano.
A questi tre, l’autrice aggiunge un ulteriore ascolto ovvero l’ascolto delle produzioni dei pari e
dell’insegnante (l’ascolto è anche ascolto dell’altro, dei suoni prodotti dal compagno).
La pratica inventiva, invece, è una pratica che ha come finalità quella dell’invenzione musicale e
vede il bambino impegnato in 3 tipologie di attività: da una parte l’esplorazione, lo scambio,
l’invenzione musicale mentre dall’altra l’insegnante che osserva, guida, rilancia. Queste attività non
si sviluppano secondo un percorso lineare ma possono essere compresenti o ripetersi a spirale.
Segue la rappresentazione grafica delle tappe principali della pratica inventiva proposta da Fratap
(1994) e la spiegazione in merito.
Lo scambio: scambio tra i bambini dei suoni scoperti. Finalità: serve a fare l’inventario delle idee
avute dai bambini; serve per appropriarsi delle idee altrui. Quindi di arricchire gli strumenti di
ciascun bambino di manipolazione e conoscenza del suono, degli oggetti, della propria esperienza
di relazione con il suono. Attraverso lo scambio, il lessico musicale del bambino si arricchisce di
nuove note, suoni, cimboli musicali, gesti sonori.
L’osservazione: rappresenta uno degli strumenti principali che hanno gli insegnanti per conoscere la
musicalità dei bambini e mettersi in relazione con essa. Serve quindi per ogliere la musicalità del
bambino, di controllare la presenza e l’evolversi delle condotte musicali (si può utilizzare come
supporto anche griglie e check list).
Il rilancio: l’insegnante pone le condizioni del passaggio dall’atto gratuito dell’esplorazione all’atto
intenzionale dell’espressione musicale. L’insegnante non dice al bambino cosa fare ma lo mette in
una situazione che gli dia il desiderio di fare, con delle proposte finalizzate a lavorare su un’idea
musicale piuttosto che su un’altra. Nel momento del rilancio, l’insegnante sceglie e utilizza dei
dispositivi.
Dispositivi:
mediazione concreta che l’insegnante deve individuare per consentire al bambino di
concentrare la propria attenzione sul suono e sulle sue caratteristiche. Possono essere:
- Dispositivi legati alla vita classe (sfruttare le situazioni legate al vissuto quotidiano;
all’immaginario; dare voce ai propri movimenti..)
La notazione: codice che traduce i suoni in segni scritti e che serve per trasmettere un’idea
musicale.
L’unità didattica
La progettazione deve essere incentrata tenendo presente e formulando i seguenti aspetti: obbiettivi,
contenuti, mezzi-strumenti, fasi di lavoro, metodi, valutazione, organizzazione delle attività didattiche.
Obbiettivi
Possono essere intesi come le capacità (pratiche e concettuali quindi saper e saper fare) che il bambino
dovrebbe acquisire al termine di un percorso. Essi devono essere orientati alle finalità contenute nelle
Indicazioni Nazionali (Saper capire, Saper produrre, Saper percepire, Saper scrivere e leggere la musica,
Saper comunicare).
Contenuti
I contenuti sono gli oggetti sonori, i repertori musicali, gli argomenti e le strutture concettuali. Della Casa
(1985) fa distinzione tra contenuti relativi ai repertori musicali quindi ai brani musicali e contenuti musicali
concettuali (ritmo, pulsazione,melodia..).
Mezzi/strumenti
Ciò che serve per l’esperienza per esempio strumenti musicali, materiali particolari..
Metodi
Metodo euristico-guidato: basato sulla scoperta. Sono privilegiate attività di osservazione, di esplorazione, il
problem solving, la ricerca.
Metodo dell’attivismo spontaneo: attività libera degli alunni dove l’insegnante svolge il ruolo di osservatore
o modertore.
A questi tre approcci metodologici, possiamo fare poi riferimento a metodologie attive che possono essere
utilizzate:
Valutazione
Gli insegnanti possono andare a valutare i processi attraverso una valutazione in itinere ma anche i prodotti
attraverso una valutazione finale. La valutazione può essere svolta attraverso la pratica dell’annotazione
delle osservazioni sul proprio diario di bordo o attraverso griglie che possono essere realizzate
dall’insegnante stesso.
La valutazione serve all’insegnante per valutare le competenze raggiunte dai bambini e per valutare il
percorso realizzato, le scelte fatte, i rilanci, i dispostivi utilizzati… ma serve anche ai bambini per
comprendere il proprio rapporto con la musica e il suono e per un apprendimennto più profondo,
consapevole e condiviso.
Possono essere attuate anche attività di valutazione tra i pari ( i bambini valutano un prodotto o la condotta
musicale dei compagni) così come attività di autovalutazione sia da parte dei bambini (i quali valutano il
proprio prodotto attraverso domande stimolo poste dall’insegnante) che dell’insegnante (che valuta il
progetto elaborato). L’autovalutazione da parte del docente del percorso sviluppato può condurre
l’insegnante a valutare come utile l’integrazione di attività per il raggiungimento di obbiettivi mancati
oppure l’utilizzo di materiali e attività di recupero (correttivi).
Il criterio fondamentale per la valutazione, invece, è: la coerenza tra la consegna data e il prodotto. Altri
criteri possono essere concordati volta per volta sulla base degli obbiettivi che si intende raggiungere.