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Un bilancio
Author(s): Paolo Ulvioni
Source: Archivio Storico Italiano , 1983, Vol. 141, No. 4 (518) (1983), pp. 591-651
Published by: Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.
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11 Per l'inventario dei libri del Pinelli vedi P. Grendler, op. cit., pp. 288
289 e 321-324, e M. Grendler, A Greek Collection in Padua: The Library of
Gian Vincenzo Pinelli (1535-1601), « RQ » (Renaissance Quarterly), XXXIII,
1980, pp. 386-416; sul processo Sozzini-Textor, A. Stella, op. cit., e Ricerche
sul socinianesimo: il processo di Cornelio Sozzini e Claudio Textor (Banière),
« Boll. dell'Ist.... », III, 1961, pp. 77-120; F. Gaeta, La Riforma in Ger
mania nelle « relazioni » degli ambasciatori veneti al Senato, in AA.W., Ve
nezia centro di mediazione tra Oriente e Occidente (secoli XV-XVI): aspetti
e problemi, a cura di H.-G. Beck, M. Manoussacas, A. Pertusi, Firenze 1977,
Sono anco molto laudabili quelle chiese che sono fatte in forma
di croce, le quali nella parte che sarebbe il piede della croce hanno
l'entrata, & all'incontro l'aitar maggiore & il choro, & nelli due rami
che si estendono dall'uno & l'altro lato, come braccia, due altre en
trate, overo due altri altari, perché essendo figurate con la forma
della croce, rappresentano a gli occhi de' riguardanti quel legno dal
quale stete pendente la salute nostra. Et di questa forma io ho fatto
la chiesa di San Giorgio Maggiore in Venetia.
conviene & sempre si converrà anco a crociera fabricare il principal tempio della
città », P. Cataneo, I quattro primi libri di architettura, in Vinegia, in casa de'
figliuoli di Aldo 1554, p. 35t>.
14 A.S.V., Senato Terra, filze 70 e 71, alle date 22 novembre 1576 e 9
febbraio 1577.
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nozze del granduca Francesco e si era intrattenuto con alcuni influenti senatori
nei primi giorni di aprile); relazione anonima, attribuita dal Segarizzi ad un
agente farnese ne Le « Relazioni » di Venezia dei rappresentanti esteri cit.,
pp. 159-167; A. Stella, Chiesa e Stato nelle relazioni dei nunzi pontifici a
Venezia. Ricerche sul giurisdizionalismo veneziano dal XVI al XVIII secolo,
Città del Vaticano 1964.
22 A. Tenenti, Il « De perfectione rerum » di Nicolò Contarmi, « Boll.
dell'Ist.... », I, 1959, pp. 155-166; G. Cozzi, Il doge Nicolò Contarmi. Ricerche
sul patriziato veneziano agli inizi del Seicento, Venezia-Roma 1958, pp. 56-57.
23 Tralasciando le vecchie, erudite pagine del Pompeati, i migliori con
tributi sul Paruta sono: G. Candeloro, Paolo Paruta, « Riv. st. ital. », s. V,
1936, fase. Ili, pp. 70-97, fase. IV, pp. 51-79; G. Cozzi, La società veneziana
del Rinascimento in un'opera di Paolo Paruta: « Della perfezione della vita
politica », « Atti della Dep. di st. patria per le Venezie », Venezia 1961, estratto,
pp. 13-47; I. Cervelli, Giudizi seicenteschi dell'opera di Paolo Paruta, «Annali
dell'Ist. it. per gli st. stor. », I, 1967-1968, pp. 273-308; A. Baiocchi, Paolo
Paruta: ideologia e politica nel Cinquecento veneziano, « SV », XVII-XVIII,
1975-1976, pp. 157-233; W. Bouwsma, Venice and the Defense of Republican
Liberty. Renaissance values in the Age of Counter Reformation, Berkeley and
Los Angeles 1968, primi cinque capp. passim, ridimensionati nella tr. it., Bo
logna 1977.
ciascuno l'amore della vera bontà, il qual solo può formare quella
perfetta virtù civile che indarno col timore delle leggi si cerca d'in
trodurre al mondo. Se la città sarà in cotal guisa ordinata, i popoli di
loro volontà presteranno ubbidienza a' loro prencipi, e i prencipi con
sapienza e con fine di vera carità reggeranno i sudditi, perché sopra
di loro scenderà un raggio della divina giustizia che li farà non pur
onorare come eccellenti uomini, ma quasi adorare come semidei, e la
città tutta sarà abbondante non pur di ricchezze e di comodi della
vita, ma insieme di pace e di concordia, e di tutti quei beni che Iddio
promette a' suoi più cari. Onde, una tale città sarà vera sede e degna
patria in cui abbia a menar sua vita l'uomo civile, dotato di quelle
tante eccellenze con le quali l'hanno questi signori formato (pp. 403
404).
Ital.), VI, Roma 1964, pp. 89-96; A. Valier, Memoriale a Luigi Contarmi
cavaliere sopra gli studii ad un senatore veneziano convenienti, Venezia 1803,
p. 12. Alvise Contarmi, recatosi a Trento per assistere alle ultime fasi del Con
cilio, è ricordato nel Della perfezione come un giovane a cui « acquistava molto
di grazia, oltra la propria virtù e integrità de' costumi, la recente memoria di
quel gran cardinale Gasparo Contarmi, di cui era egli nipote » (p. 40). Continuò
fino a metà secolo gli ideali e le posizioni culturali di Barbaro, Contarmi e
Trifone l'umanista Giambattista Egnazio, stimato precettore di molti nobili e
autore di biografie eroiche veneziane, proposte come modelli ai contemporanei;
vedi L. J. Libby Jr, Venetian History and Politicai Thought after 1509, « Studies
in the Renaissance », XX, 1973, pp. 7-45 e J. B. Ross, Venetian Schools and
Teachers Fourteenth to Early Sixteenth Century: a Survey and a Study of Gio
vanni Battista Egnazio, « RQ », XXIX, 1976, pp. 521-566.
28 C. Cairns, Domenico Bollani Bishop of Brescia. Devotion to Church
and State in the Republic of Venice in the Sixteenth Century, Nieuwkoop 1976.
31 Dell'utilità che si può ritrarre dalle cose operate dai Veneziani libri XIV.
Tradotti dal latino ed illustrati da Monsignor N. A. Giustiniani vescovo di Pa
dova, Padova, nella stamperia del Seminario, appresso Tommaso Bettinelli 1787.
L'originale latino rimase inedito, malgrado Silvio Antoniano ne dedicasse una
copia a Leonardo Dona e a Lorenzo Priuli, futuro patriarca di Venezia.
32 Memoriale cit.
34 P. 76.
35 A. Longo, Orazione recitata in morte di Niccolò Da Ponte doge di Ve
nezia, in Orazioni, elogi e vite cit., II, pp. 127 e 140; B. Nardi, La scuola di
Rialto e l'umanesimo veneziano, in Umanesimo europeo e umanesimo veneziano,
a cura di V. Branca, Firenze 1964, pp. 133-137. Nemmeno durante le prudenze
del dogado il Da Ponte perse il gusto per gli atteggiamenti disinvolti e contro
corrente. Nell'ottobre 1580 volle entrare, durante la processione commemorativa
della battaglia di Lepanto, nella chiesa dei Greci, « cosa insolita e non mai più
fatta », si inginocchiò, « fece oratione et accettò l'incenso secondo l'uso greco,
cosa che diede da ragionar assai alla città, et ogn'uno diceva la sua, e massime
che era persona discesa di sangue greco ». E il giorno di Natale 1583, mentre
ascoltava in chiesa la predica di un gesuita, trovandola troppo lunga e noiosa,
« si levò quasi a mezza predica, [e] bisognò seguitarlo, sì che il povero predi
catore rimase con grandissimo affronto », A. Michiel, Annali delle cose della
Rep. di Venezia dall'anno 1578 al 1586, in B.M.C. (Biblioteca del Museo Correr
di Venezia), ms. Cicogna 2555, c. n. n.
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Sansovino, che non a caso non scrisse mai un trattato come Pal
ladio, in Piazza San Marco non intacca le strutture degli edifici
fondamentali, ma le arricchisce di nuove prospettive e monu
mentalità. L'ordine dorico della Zecca significa la solidità immu
tabile delle finanze e quindi dello Stato; la Libreria, oltre che
ricettacolo culturale, è elemento inscindibile del complesso mar
ciano, incastrata tra Zecca e Procuratie, continuate dallo Sca
mozzi, e rimanda al mecenatismo repubblicano; uscendo per la
Scala dei Giganti dagli affreschi celebrativi di Palazzo Ducale,
attraverso l'arco Foscari l'occhio si imbatte nelle allegorie della
Loggetta che condensano le virtù della seconda città eterna. L'ico
nografia statale si completa nel secondo Cinquecento e lenta
mente si stacca nella sua fortuna dall'oggetto rappresentato. Nel
secolo successivo l'aspetto artistico e spettacolare di Venezia si
separa da quello istituzionale e più strettamente politico. Vene
zia, identificata nel corso del Seicento non come la sede della
più saggia costituzione mai esistita, ma del più festoso e gode
reccio Carnevale che vi sia, è una delle tappe d'obbligo del tour
d'Europa dei giovani nobili, degli avventurieri desiderosi di sa
porite novità, dei turisti attratti dal « teatro del mondo » rac
chiuso nella miniatura lagunare. È un luogo permanentemente
in maschera che dietro una facciata sfarzosa nasconde rilevanti
differenze sociali, gravi disparità economiche, acuti contrasti al
l'interno del patriziato. Ma del suo volto nascosto filtra solo
l'aspetto più appariscente e variopinto, che eccita la fantasia de
gli estranei ma priva il mito politico di ogni attualità ed efficacia.
Se in Inghilterra gli ideali « repubblicani » nutrono illusoria
mente alcune coscienze durante le guerre civili, la Venetia del
Sansovino, aggiornata dopo la sua morte nel 1604 e nel 1663,
diviene la vera chiave di lettura della città e della sua cultura.
La parte che colpisce l'occhio e i sensi è preponderante perché
è la più dinamica: le meraviglie di palazzo Pesaro e della chiesa
della Salute, l'attività di teatri, salotti ed Accademie, contano
nel Seicento più di istituzioni quasi imbalsamate, chiaramente
sorpassate nel concerto monarchico del continente. Dal simbo
lismo repubblicano e cattolico del Cinquecento al vedutismo del
si ragiona di tutte le cose appartenenti all'historia & allo scriverla & all'osser
varla, in Venetia, appresso Andrea Arrivabene 1560, è presentato come gran
lettore di storici antichi e moderni in un ragionamento con Giovanni Dona.
Non a caso l'unione dell'uomo di studio e d'azione quale fu sempre Leonardo
traspare da queste parole di Giovanni, anche se ripetono luoghi comuni del
tempo: « messer Lionardo mio, vorrei che voi vi indrizzaste co' studi) vostri
dell'historia & con gli altri al bene & alla felicità di questa patria vostra & per
conseguente di voi stesso, percioché dove tutti sono felici i cittadini, quivi è
anco felice ciascheduno » (p. 51 r-v).
48 La cit. è tratta da A. E. Quaglio, Indicazioni sulla fortuna editoriale
di Machiavelli nel Veneto, « Lettere italiane », XXI, 1969, pp. 399-424. Con
cordano sulla natura originale e non controriformistica dell'antimachiavellismo
parutiano R. De Mattei, Dal premachiavellismo all'antimachiavellismo, Fi
renze 1969, pp. 145-147 e F. Gaeta, Appunti sulla fortuna del pensiero politico
di Machiavelli in Italia, in II pensiero politico di Machiavelli e la sua fortuna
nel mondo. Atti del Convegno internazionale, Sancasciano-Firenze 28-29 set
tembre 1969, Firenze 1972, pp. 31-32. Su P. M. Contarini, Compendio universal
di republica, Venezia 1602, cenni in Bouwsma, op. cit., pp. 269-270 e in De
Mattei, op. cit., p. 253.
un secolo dopo Bernardo Giustiniani, il Parata « continuava, nel suo più genuino
significato, il magistero scientifico del Guicciardini. L'uno e l'altro, geniali pre
cursori di quello che sarà in effetti il prodotto criticamente più maturo, nella
mirabile finezza e profondità di un'indagine condotta sul concreto terreno del
diritto, della storiografia umanistica: la Storia del Concilio di Paolo Sarpi ».
51 Discorsi politici, nei quali si considerano diversi fatti illustri e memora
bili di principi e di repubbliche antiche e moderne, a cura di G. Candeloro, Bo
logna 1943, disc. Vili e p. 16, disc. I, tutto dedicato alla dimostrazione del
l'imperfezione del governo misto romano. La divisione dei Discorsi in due libri
fu operata dopo la morte dell'autore dai figli, che rimaneggiarono la disposizione
occasionale, nata sul filo degli avvenimenti e di riflessioni stese durante il tempo
lasciato libero dagli uffici pubblici. Qualche aggiunta, come quella alla fine del
1° disc, che esorcizza il significato laico di termini come « sorte » e « fortuna »,
o il taglio di brani di particolare importanza, ad es. quello di un intero discorso
che preveniva sull'inopportunità di muovere ancora guerra ai Turchi come
avrebbe voluto il pontefice, tendono a rendere inoffensiva e dottrinaria una me
ditazione politica che si intreccia strettamente con la composizione dell'Historia
e risponde quindi alle stesse pressioni dell'attualità. Vedi G. Pillinini, Un di
scorso inedito di Paolo Paruta, « AV », s. V, voi. LXXIV, 1964, pp. 5-28;
Id., Il rimaneggiamento editoriale dei discorsi politici di Paolo Paruta, ibid.,
voi. LXXVI, 1965, pp. 19-25.
Ma questo suo ardire & questi suoi pensieri pareva che non
havessero molta convenienza con la Republica, la quale essendo sem
pre la medesima, sinché si terranno in lei i medesimi ordini, benché
si mutino i cittadini, non suole curare d'imprendere cose benché glo
riose con gravi pericoli, ma per trattarle con maggiore sicurtà aspetta
il tempo e l'occasione & con più maturo consiglio camina alla sua
grandezza.54
l'altrui tirannide & dall'orgoglio & dalla rabbia de gl'infedeli », Breve institutione
dell'ottima republica, in Venetia, appresso Paolo Megietti 1578.
Ma allo stesso Paruta questa violenza fatta alla verità storica doveva sem
brare eccessiva, perché si affretta subito dopo a sfumare la sua tesi: concediamo
pure che, come dicono i suoi nemici, Venezia abbia cercato di impadronirsi di
Pisa. Certo le azioni dei principi non si misurano con lo stesso metro di quelle
dei privati: i principi pensano sempre a cose grandi, per le quali « si fanno
riverire e temere dagli altri », perciò, come viene loro dato « a gran laude il
desiderio di gloria e d'imperio [...], viene a cessare, in generale, questo rispetto,
che l'avere i Veneziani desiderato alla Repubblica nuova gloria e maggior imperio,
debba dare al loro nome alcuna nota ». E perfino preoccupazioni economiche
presenti quando il Paruta scriveva vengono spostate al secolo precedente:
« L'avere un piede in Toscana poteva, secondo l'occasioni che si fussero offerte,
aprire la via facile ad altri maggiori acquisti, ed il porto di Livorno tornava
maravigliosamente comodo alle navigazioni e a' negozi che tiene la città di Ve
nezia con le Provincie di Ponente. Il che tanto più a questo tempo si può cono
scere quanto che, dappoi che le faccende solite a farsi nel Levante si sono vòlte
al Ponente, i vascelli che di là ne vengono carichi di mercanzie diverse, per
fuggire la più lunga navigazione, prendono volentieri porto a Livorno, ivi le
sbarcano, onde poi sono per terra a Venezia condotte: talché la stima grande
che si dovea fare di questo sito, parve che fino allora fusse da quelli prudentis
simi senatori preveduta ».
54 Historia cit., I, p. 219. Lo stesso giudizio sull'Alviano è ripetuto, con
qualche attenuazione, in Discorsi, pp. 264-265, 285 e 303.
Paolo Ulvioni