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GIORNALISMO IBRIDO

Appendice Metodologica.
libro composto da 90 interviste svolte tra il2008 e il 2016, a 90 giornalisti dell'albo, dell'Ordine dei
giornalisti. Strutturate su 4 temi comuni: Organizzazione del lavoro redazionale, la Giornata Tipo,
l'Utilizzo delle Fonti, i Cambiamenti nel lavoro e nella professione.
I discorsi che uscivano dalle interviste sono poi divisi in 3 categorie principali:
Confini: valutazioni riguardanti i cambiamenti, con riferimenti prevalentemente temporali;
Professione: percezione del ruolo del giornalista, cosa dovrebbe fare, cosa non dovrebbe fare,
quali sono le insidie;
Epistemologia: fonti, evidenze sufficienti per trasformare un'occorrenza in un prodotto, poi
pubblicato in differenti forme come news, come notizia.
Queste tre categorie sono poi state tradotte in tre fogli di calcolo e analizzate tramite il software
KH Coder.

Introduzione.
Il Giornalismo e le sue trasformazioni. Il libro parla dei giornalisti e del giornalismo, e delle
conseguenze dovute al cambiamento dell'ecologia dei media: dal sistema tradizionale dei
media di massa a quello moderno, un sistema convergente, liquido, ibrido. Il cambiamento
dell'ecologia non è solo un cambiamento della tecnologia, bensì dei limiti, dei processi, dei modi e
delle logiche professionali dei giornalisti.
I riferimenti per il confronto con i giornalisti italiani appartengono al sistema
anglosassone/angloamericano e quello mediterraneo.
Il modello anglosassone: è preso come riferimento normativo e la sua definizione è data da
Deuze (2005) come "Ideologia professionale". In base a questo modello il giornalismo deve:
fornire un servizio pubblico; essere imparziale, obiettivo, onesto; essere indipendente e autonomo;
avere senso dell'immediatezza, della velocità e dell'attualità; saper conferire validità e legittimità
etica alle proprie scene.
Spesso visto come sistema per produrre buon giornalismo ma non omogeneo e granitico come a
volte è valutato, con i valori professionali considerati diversamente.
Il Modello Mediterraneo ed il giornalismo italiano: ha tratti e peculiarità distintive, con delle
sfumature complesse: c'è una bassa professionalizzazione; una stretta relazione con il mondo
della politica; un carattere elitario; un orientamento al commento. Questi punti sono ritenuti
responsabili della scarsa qualità del giornalismo italiano. Ma le critiche non danno giustizia alla
complessità e alla ricchezza della nostra cultura giornalistica.
Il libro vuole indagare come il cambiamento ha inciso sulle retoriche discorsive che i giornalisti
utilizzano per legittimare le loro scelte, delineando i contorni mutati del giornalismo italiano.
Perché studiare i giornalisti. I giornalisti degli USA, degli anni '80, hanno dichiarato che il loro
obiettivo era quello di far sorgere nel lettore una "Spitting-out-the-coffee-response" ("The sociology
of News, scnudson,2003). Non cercavano l'obiettività, ma la curiosità e l'interessamento del
lettore.

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Il giornalismo è un discorso performativo finalizzato a imporre e legittimare una valida
rappresentazione del mondo": vengono costruite mappe sociali, significati condivisi, delle
comunità e la realtà stessa (secondo i teorici della mediatizzazione). Queste rappresentazioni
sono basate su routine, convenzioni, pratiche e valori professionali che la comunità dei giornalisti
evoca per indirizzare le proprie scelte: il sostrato culturale sul quale basano le loro scelte è
determinante. Questi valori si ritrovano poi nelle notizie, nella loro visione del mondo, della realtà e
dei modi di raccontarla.
Le notizie sono un prodotto culturale che ha ripercussioni culturali, sui modi in cui conferiamo
significato a ciò che abbiamo attorno: prima di diventare delle news queste devono però passare
attraverso una “cultural air" (Schudson), una sfera di significati culturali condivisi tra i giornalisti e i
loro pubblici. Esse sono delle “sentinelle" nel breve periodo, ossia cosa dobbiamo sapere oggi, e
nel lungo periodo, su cosa sarebbe importante informarsi.
La Produzione delle notizie è una continua strutturazione che coinvolge componenti
infrastrutturali e organizzative, senza fare a meno di quelle discorsive: le notizie sono allo stesso
tempo una struttura sociale permanente e mezzi di riflessività sociale, sono insieme prodotto e
processo produttivo.
Il giornalismo è prodotto, filtrato e distribuito dai media, che devono essere considerati come
un'organizzazione e un'istituzione. Per Schudson (2003) il giornalismo è il lavoro di un insieme di
istituzioni che diffondono periodicamente informazioni e commenti su eventi contemporanei
presentati come veri a un pubblico vasto. Il potere di definire e raccontare ciò che accade intorno
a noi non è intrinseco, bensì prodotto da forze interne alla società che passano attraverso il
lavoro dei media stessi.
I media si modificano: il sistema è oggi definibile come ibrido. Il discorso è frammentato, e il ruolo
dei lettori/giornalisti viene confuso: i social media e i motori di ricerca sono i più potenti e
determinanti fattori di cambiamento della professione giornalistica.
Il giornalismo e la costruzione della verità. Vengono adottate molteplici etichette, dall'inglese,
senza traduzione: mostrano le molteplici facce che sta assumendo il giornalismo con la
digitalizzazione e la distribuzione dei contenuti tramite la rete. L'analisi fatta nel libro non è su una
serie di etichette, ma sul cambiamento degli stessi giornalisti e i modi in cui raccontano il loro
lavoro quotidiano attraverso le loro stesse parole.
Il metodo utilizzato è quello retorico discorsivo, da prospettiva sociologica: esso non trascura la
molteplicità delle esperienze sul campo e riesce a sistematizzarle. Il metodo della retorica
discorsiva è il più efficace poiché prende in esame i discorsi dei professionisti, i modi in cui
percepiscono e rendono conto del loro lavoro. La concentrazione sarà sulla produzione
giornalistica, delle notizie, ma in un nuovo contesto: il lettore oggi ha nuove possibilità, sia di
intervenire nella produzione che di influire sul lavoro dei giornalisti, mentre prima era solo il lettore.
La storia della Ricerca Sociologica rispetto alla produzione di informazioni. Negli anni'50
l'approccio io funzionalista è il più diffuso e utilizzato: c'è il riconoscimento dell'importanza
dell'informazione per la formazione delle opinioni e delle scelte di voto, per il funzionamento della
democrazia.
Nei '70 c'è una prima ondata": dallo studio del singolo giornalista alla restituzione della
rappresentazione della produzione delle news come questione legata alla forma delle
organizzazioni, delle pratiche e delle routine produttive dichi lavora alloro interno e della loro
relazione con altre istituzioni sociali.
Dagli anni '80 c'è una "seconda ondata”, di approccio costruttivista, concentrato sul valore
dell'obiettività.
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I giornalisti sono come produttori di notizie, e creandole danno consistenza alla realtà. Fishman
(1980) parla di produzione delle notizie, mentre Gans (1979) dice che non esiste niente che in sé
è una notizia, ma esiste quello che i giornalisti confezionano come tale. Per Schlesinger i
giornalisti mettono assieme la realtà (1978), per Gitlin (1980) essi possono fare e disfare la realtà
e per Tucnman (1978) vi è una vera e propria costruzione della realtà. La produzione e la
creazione della realtà, per gli autori citati, è ovviamente influenzata dal contesto sociale e
organizzativo di riferimento, e ciò è determinante per il processo di produzione delle news. Allo
stesso tempo vi deve essere un'attenzione alle ideologie e alle culture professionali: questi autori
sono tra i primi a mettere in dubbio il modello normativo e il principale valore che ne fa parte,
l'obiettività.
Gli autori costruttivisti non dicono che i giornalisti plasmano la realtà, ma che una realtà oggettiva
non esiste: allo stesso tempo però creare le notizie e restituire la realtà sotto forma di news
aggiunge "tradimenti” ulteriori ad una presunta oggettività.
Il campo del giornalismo e i suoi confini. Per Donsbacn (2009) il mestiere del giornalista è
quello in cui esiste il più grande Gap di tutti tra l'indiscussa importanza e la generale percezione
dei suoi confini, strutture e competenze. La definizione di cosa sia il giornalismo e che cosa deve
fare il giornalista non è più chiara come in passato: la pratica sociale è molto complessa (aspetto
micro), in uno scenario sociale altrettanto complesso (macro).
Se l'analisi fatta tratta di aspetti micro, si farà riferimento anche ad aspetti macro, come nella
sociologia riflessiva di Bourdieu: il passaggio è necessario per documentare e analizzare le
strutture che stabiliscono i vincoli e le opportunità della pratica giornalistica e per ricondurre le
parole dei giornalisti al più ampio contesto del giornalismo. Verranno perciò utilizzati i costrutti
analitici e interpretativi della Sociologia di Bourdieu.
Campo e distribuzione dei capitali. Il campo è una rete di relazioni oggettive tra posizioni che si
basano principalmente sull'iniqua distribuzione dei capitali.
I capitali che trova Bourdieu sono 4: economico (denaro), culturale (istruzione, abilità
comunicative, etc.), sociale (rete delle conoscenze) e simbolico (prestigio e legittimazione). (Ida
Willing discute anche il capitale Giornalistico: il riconoscimento da parte dei pari, o da quelli ritenuti
come pari. Ed è da intendere come combinazione di capitale culturale, sociale e simbolico). La
distribuzione dei capitali definisce le posizioni degli attori e di conseguenza la struttura del campo.
Il campo giornalistico. Il giornalismo è parte del campo della produzione culturale, costituito
parzialmente da relazioni con il campo politico e quello economico. Gli attori presenti sono i media
come organizzazioni e i giornalisti. Al centro di esso vi sono i network internazionali, grandi
agenzie di stampa, i quotidiani internazionali e i distributori di informazioni come Google.
Il campo è una realtà fluida, per la quale i concetti di habitus, Doxa e illusio sono importanti. Il
campo si definisce in maniera relazionale sulla base della composizione di interessi specifici e
poste in gioco definite dagli attori del campo. Cambia nella sua configurazione a seconda delle
relazioni tra le posizioni: nulla nella produzione culturale è da considerarsi naturale.
L'Habitus sono le disposizioni acquisite che guidano il posizionamento del giornalista nel campo:
Bourdieu introduce l'habitus sia come “struttura strutturata", che ha legami con il mondo sociale,
sia come “struttura strutturante", che organizza le pratiche e la percezione di esse. Con lllusio si
indica il credere" nel "gioco del giornalismo, credere che tramite il giornalismo si possa migliorare
la qualità della democrazia. La Doxa è l'universo dei “taciti presupposti', il dato per scontato, ciò
che si considera naturale in un dato campo: la Doxa è portata dalle classi dominanti di un campo.
Innovazione. Le modalità espressive dell'informazione sono quasi sempre state cumulative, il
campo è strutturato su una pluralità dei mezzi, di modalità. La tecnologia ha portato ad una
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articolazione del panorama dei media, la maggior ricchezza invece ad una moltiplicazione delle
forme negli spazi informativi, di selezione e gerarchizzazione. Gli attori al centro del campo
mantengono la loro posizione grazie alla capacità che hanno di innovarsi, ma l'innovazione è
spesso vivace anche nella periferia del campo del giornalismo, laddove i confini sono molto labili e
spesso discussi: il concetto di professione del giornalista è ormai ridisegnata, e restituita con
pratiche culturali mutate.

"Cassetta degli attrezzi". Boundary-work (Gieryn 1983): si intende il lavoro sui confini,
determina cosa può essere considerato come appartenente a un determinato campo di
produzione culturale, in termini di agente e prodotti.
Jurisdiction (Abbott, 1988): i modi in cui i giornalisti giustificano la legittimità dell'esercizio della
loro professione.
Valori Professionali: i modi in cui i giornalisti giustificano le loro scelte.
Ideologia Prof.: i modi in cui i giornalisti attribuiscono al loro lavoro significati. I Significati sono
sistemi di idee organizzate e coerenti che si manifestano nei valori e negli orientamenti. Il cemento
Culturale" che tiene assieme i giornalisti fonda la loro identità professionale.
Epistemologia: processo tramite il quale i giornalisti giustificano le loro convinzioni. Quali fonti
rafforzano i giornalisti nella produzione di un'informazione considerata vera.
Cultura Giornalistica (Hanitzscn,2007): spazio nel quale le diverse ideologie professionali si
confrontano per imporre l'interpretazione dominante dell'identità e della funzione sociale del
giornalismo.
Capitolo I. Il Cambiamento come Normalità.
1.1 La ricerca sul giornalismo che si trasforma. Per Preston (2009). parlare di stato di flusso
e continua trasformazione è un'attenuazione. Le trasformazioni che sta subendo ed ha subito il
campo del giornalismo riguardano le pratiche produttive, la concezione stessa della professione e
lo stile così come la forma. Come sostiene Hartley (2009), è necessario analizzare il giornalismo
nel suo contesto storico, culturale, sociale e politico, con la consapevolezza che è parte di un
mondo globale piuttosto "Messy'. Una delle sfide pili difficili che si pongono di fronte al giornalismo
oggi è quella di ricostruire e fortificare la sua identità, poiché i caratteri che la costituivano prima
sono ormai erosi. Il rischio è la scomparsa della funzione sociale (ovviamente non
dell'occupazione).
Gli studi sul giornalismo (Journalism Studies) si affermano proprio quando l'oggetto di studio è in
crisi. Ci sono 4 periodi (Wahl-Jorgensen e Hanitzsch,2009):
1. Legato alle teorie normative: interrogativi sul ruolo del giornalismo per il funzionamento delle
democrazie.
2. Studi empirici, c’è una svolta sperimentale: non c'è analisi speculativa sull'oggetto di studio, ma
ricerca sudi esso (vi è un processo di professionalizzazione del giornalismo).
3.Svolta sociologica ('70), con approccio social-costruttivista: lunghi tempi di osservazione, con
studiosi all’interno delle redazioni.
4. Svolta comparativo-globale ('90): moltiplicazione degli studi, con intersezioni tra giornalismo e la
rete.
Con l'avvento del digitale è stata riproposta la differenziazione: prima vi sono studi normativi e poi
empirici, che studiano come l'innovazione possa migliorare il giornalismo, poi la svolta social-
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costruttivista (Domingo,2008). Qui l'attenzione non è sugli effetti dell'innovazione tecnologica, ma
sui processi, sulla tecnologia e tutti i fattori con i quali interagisce. Queste ricerche sono gli spunti
teorici e i risultati su cui si basa il volume di “Giornalismo Ibrido".
In quest'ultima fase possiamo identificare tre oggetti di studio.
1.La nascita delle redazioni online: il metodo di studio utilizzato era uguale a quello usato per le
redazioni fisiche, e le redazioni online erano viste come ricettacolo di controcultura giornalistica.
Gli studi si sono avvalsi di una doppia dicotomia: giornalismo online/tradizionale e
giornalismo/blog.
2. Il Lettore: è ormai partecipante alla produzione e alla distribuzione delle notizie (diffusione sui
social). Il metodo di studio su questi soggetti si è arricchito di nuovi strumenti analitici e
concettuali. Tramite il confronto tra giornalisti e non giornalisti viene favorita l'individuazione e
l'analisi del lavoro sui confini della professione. Dal lavoro di Steensen e Ahva (2015) si capisce la
necessità di indagare l'incrocio tra la professione, i valori professionali e il cambiamento
tecnologico, non solo quest'ultimo.
3.Forme di giornalismo orientate quantitativamente: vengono utilizzati dati e algoritmi per
selezionare, produrre e distribuire informazioni. Rimanda anche alle pratiche di "search engine
optimization" (SEO), strategie per avere più visibilità tramite i motori di ricerca.
In un contesto così fluido, il dibattito pubblico è complesso e il ciclo di informazione è cambiato,
per risultato dell'ibridazione dei media che ormai coinvolge tv, stampa, social media e internet in
generale. Questo porta ad una nuova architettura dell'intermediazione, nuovi attori che producono
informazioni fuori da qualsiasi inquadramento tradizionale. Oggi i giornalisti sono solo alcune delle
molte voci nella comunicazione pubblica (Deuze, 2008): oggi in questione c'è il ruolo del
giornalista, come intermediario.
L'industria culturale ha nuove pratiche e nuovi modi di comportarsi: l'obiettivo oggi è massimizzare
la visibilità delle news, il ruolo del giornalista è modificato, la stessa percezione della loro
posizione sul campo e quella del campo stessa è stata cambiata, creando un'industria culturale
completamente diversa rispetto a pochi decenni fa.
1.2 Il giornalismo digitale: dove sono i taccuini? Il discorso di Rupert Murdoch (magnate
statunitense degli "Old Media") alla conferenza dell'American Society of Newspaper Editors (2005)
è molto significativo: segna un momento spartiacque tra il giornalismo tradizionale e il giornalismo
online (AKA Digital Journalism). Ammettendo di essere un "immigrato digitale" pone l'accento sulla
diversità dei modi in cui i giovani raccolgono informazioni: il giornalismo perde la sua ritualità e
allenta i processi che gli conferiscono legittimità, in queste modalità più di consumo. Le nuove
generazioni pretendono il controllo dei media: affinché il giornalismo sopravviva è necessario
indirizzarlo verso le nuove esigenze informative.
L'ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, in una lettera aperta sottolinea i veloci
cambiamenti del mondo del giornalismo (per esempio ritiene inaccettabile che parte della
redazione del CdS non scriva per il giornale Web).
Le prime edizioni dei giornali online risalgono alla metà degli anni '90: da subito si pongono delle
alte barriere difficili da superare, con molti giornalisti riluttanti all' dea di pubblicare su internet gli
articoli. Questo pensiero cambia però quando si nota un massiccio consumo su internet: essi sono
costretti ad adattarsi abbracciare le nuove tecnologie.
Dal 2006 al 2012 David Ryfe porta avanti una ricerca all'interno delle redazioni: in quegli anni era
necessario capire se i giornalisti fossero realmente riusciti ad adattarsi. La risposta trovata è: No, i
giornalisti non si erano adattati molto bene.

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La tecnologia ha sempre aumentato (ma anche ridotto) la potenzialità della professione del
giornalista ed il rapporto tra i cambiamenti della tecnologia e del giornalismo è sempre in relazione
con i valori cardine di quest’ultimo.
Schudson per quanto riguarda il principio dell'obiettività prende in analisi due aspetti: politico-
editoriale (non scontentare) e l'utilizzo della tecnologia (in questo caso il telegrafo). Il telegrafo era
la principale tecnologia per trasmettere le informazioni a distanza: era necessario essere brevi,
concisi ed essenziali (telegrafo=fattore di stile). In più veniva utilizzato il metodo della piramide
invertita: prima si davano le notizie più importanti, poi quelle meno, così che se il telegrafo avesse
smesso di funzionare le notizie importanti sarebbero comunque arrivate (stessa cosa per la
stampa a piombo: si impostava la pagina e a volte si tagliavano le notizie in fondo, le meno
importanti). Dallo sviluppo della rete, perciò, è aumentata a dismisura la potenzialità della
diffusione di notizie, ma è anche aumentata la produzione di informazioni leggere (Soft News).
La rete è anche "ambigua" allo stesso tempo: essa è immateriale e in qualche modo atemporale:
prima c'era la carta, con la sua materialità e temporalità. Strutturalmente la rete non è mai
definitiva, è sempre incerta sotto il punto divista dell'uso. Essa non ha limiti di battute, ma il
lettore è meno propenso a leggere; bisogna scrivere velocemente ma correlare video e immagini;
si scrive dell'immediato, ma l'articolo rimane in rete per sempre.
Le prerogative della rete sono enfatizzate come capaci di attivare pratiche in grado di cambiare i
valori professionali. Le caratteristiche della rete sono come *affordances", proprietà specifiche
della tecnologia che determinano come un oggetto possa essere usato.
Le peculiarità della rete sono l'ipertestualità, la multimedialità, l'interattività, l'immediatezza e la
personalizzazione: ci sono possibilità di ricevere traiettorie informative personali, individualizzate.
Per Deuze (2007), la tecnologia come implementazione non è un fattore che influenza il lavoro
giornalistico da fuori, bensì un fattore che estende ed amplifica i modi già esistenti di fare le cose;
le affordances vengono cambiate e cambia il modo di adottarle, le conseguenze non sono
sillogistiche, le affordances non sono stabilite e immutabili.
Rete come minaccia? Per Ryfe (2012) si sta consumando il più grande dramma pubblico del XXI
secolo: il disfacimento e la ricostruzione fragile di una cultura professionale. La preoccupazione è
la scomparsa del giornalista come "baluardo” della professionalità, capace di svolgere quella
funzione in maniera accurata (non più della scomparsa del ruolo sociale del giornalista).
“L'ultimo giornalista cortesemente spenga le luci" di McChesney e Pickard (2011) è una raccolta di
saggi che esprimono le preoccupazioni di giornalisti ed accademici. Nella prima parte vi sono
problemi riguardanti la democrazia americana, la frammentazione del business model, la perdita
di originalità e credibilità dei contenuti informativi, l’eccessiva e indiscriminata replicabilità; mentre
nella seconda parte sono elencate le possibilità non ancora del tutto espresse dal giornalismo
digitale.
Jones e Salter (2012) riprendono degli articoli di giornale, presentando la rete come minaccia
capace di indebolire il giornalismo.
Gilbert (2005) trova una minaccia nei "newcomers", che avrebbero occupato il campo: i nuovi
occupanti hanno preso il posto di quelli vecchi, che hanno reso ibride routine e organizzazione per
competere sul nuovo fronte, mentre per Singer, in "Who are the Guys?" (2003) la sfida
fondamentale dei giornalisti online riguarda la professione.
Ci sono molte controversie sui confini della professione, che è arricchita di nuovi attori, nuove
pratiche e tecnologie. I confini esistono e sono superati quando non riusciamo a riconoscere
un'azione come esempio significativo di quella pratica: se un giornalista non riesce a convincere il

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proprio direttore e i lettori che quello che ha fatto è giornalismo, è andato oltre i confini della
cultura professionale.
Nel confronto tra giornalismo tradizionale e digitale ci sono delle domande più pressanti: se per
quello digitale, dei blog, la domanda è "chi è il giornalista?", per il confronto la domanda
fondamentale è cosa è il giornalismo?". Il timore alla base è che il giornalismo digitale possa
comportare il disfacimento del giornalismo tradizionale.
1.3 Le voci dei Lettori. Quale ruolo dobbiamo attribuire ai lettori? Il rapporto tra il giornalista e il
lettore, e l'ambiente, sono interattivi. Come sostiene Hartley il rapporto tra lettore e giornalista è
quello che sta diventando più ibrido di tutti: i confini sono confusi tra chi
di professione produce informazione e chi dovrebbe solamente fruirla, in un ambiente come la
rete, che definisce bene questa interazione ibrida. Quali sono le conseguenze sulle
pratiche e le routine di chi produce professionalmente informazione?
Per Domingo e Heinonen i blog dovevano essere considerati come una nuova forma di
comunicazione di notizie, anche se molti blogger non ambivano a far parte del campo
dell’informazione. Quelle pratiche che caratterizzano i blog come la conversazione con i lettori e il
coordinamento partecipativo per la produzione dei post sono ormai di prassi anche nel
giornalismo. C'è stato un cambio di paradigma, con i blog che ormai sono riconosciuti come forma
di giornalismo e legati, spesso, a testate istituzionali.
Un altro tema molto discusso è quello del citizen journalism, di Kus e colleghi (2016), che
vedono una piramide a tre livelli: 1. persone autonome o team ristretti, che danno informazioni su
contesti locali o altamente specialistici; 2. piattaforme che coordinano il lavoro di contributori che
non hanno legami tra loro, con un maggior controllo editoriale e le intersezioni con media
tradizionali sono più frequenti; 3. progetti di giornalismo partecipativo, connessi con
organizzazioni giornalistiche stabili.
Il giornalismo partecipativo ha influenzato parecchio il campo del giornalismo, andando a toccare
le pratiche e l'idea di professionalità. In ogni caso dopo la normalizzazione di questo genere di
giornalismo le traiettorie che hanno preso delle testate sono difficili da classificare, più di altre:
esempi sono l'HuffPost e BuzzFeed.
Tramite una ricerca, Domingo (2008), ha notato come la partecipazione dei "media users” sia
estranea rispetto ai principi della cultura tradizionale, e che questa sia rifiutata dai giornalisti (in 4
redazioni, in Spagna).
Graham e Wright (2015) svolgono una ricerca sui commenti online, pubblicata poi sul The
Guardian, e provano come i commenti online influenzino i giornalisti, con la raccolta di nuove fonti
e l'arricchimento dei punti di vista. In questo campo è ormai attivata la normalizzazione dei
commenti degli utenti.
Negli ultimi anni si sono anche irrobustite le teorie dello pseudo-power'', ossia la visione dei livelli
di interazione come una strategia di rafforzamento del brand: oltre ai commenti del lettore, il
giornalista può intercettare le reazioni dei lettori e capire ciò che è considerato di interesse
pubblico. Con l'uso estensivo dei social media può anche raccogliere ciò che occorre per poi
trasformarlo in news: ciò però non va a sostituire e ribaltare le fonti istituzionali, ma ad accrescere
le voci. I giornalisti raccolgono ciò che dicono i lettori, lo adattano e introducono nelle notizie.
Questo processo è definito da Lasorsa e altri come “Normalizzazione". Questo è un processo
bidirezionale: i giornalisti normalizzano la nuova cultura della partecipazione affinché possa
adattarsi alle esistenti pratiche e norme, e riadattano le proprie pratiche/norme professionali per
far sì che si adattino alla nuova cultura. Risolvono in loro favore lo scontro tra cultura
professionale e cultura della partecipazione.
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I nuovi stili e le nuove forme portano a nuovi valori. Canter (2013) pone l'attenzione sui social,
dove c'è un approccio più personale e informale, una condivisione di opinioni e informazioni: qui
c'è un allontanamento dalle norme di imparzialità e distacco.
Holton e Lewis (2011) dicono che i giornalisti utilizzano i social per mostrare la propria personalità
con l'utilizzo dell'ironia, anche se chi lavora per i media d'élite è molto meno incline a questa
pratica. La "tendenza al commento" (o obiettività stenografa) varia al variare della situazione, del
contesto, poiché le persone quando commentano possono mettere in gioco la propria reputazione
e la propria posizione sul campo.
Tra lettori e giornalisti c'è comunque una "clash of cultures": molti studiosi pensano che i
giornalisti siano vulnerabili, con la loro credibilità messa in discussione da conversazioni, inviti alla
"trasparenza", e una messa in dubbio dell'autorevolezza pubblicamente. Per Robinson (2006), il
cittadino sfida apertamente la credibilità del giornalista.
C'è un continuo lavoro sui confini: gli utenti acquisiscono capitali e credibilità, i commenti vengono
trasformali in contenuto, in un'alternativa al prodotto giornalistico.
Nello specifico caso italiano possiamo notare che il giornalismo ha mantenuto un ruolo centrale
per l'informazione: nei siti con più accessi ci sono quelli di informazione, sui quali è centrale lo
scambio di comunicazione online. Il rapporto con i lettori è diventato molto più
fluido, migliorando anche i risultati in termini di trasparenza e accountability. In ogni caso il
passaggio in Italia è ancora in corso, ed è ancora da scoprire la potenzialità dell'"ambient
journalism", o del •paradosso dello spettatore preveggente".
1.4 Il data turn: forme di giornalismo orientate ai numeri. Il data turn è la percezione
accresciuta dell'importanza dei dati, della capacità di computazione: ha apportato grandi
trasformazioni e innovazioni in campo giornalistico, soprattutto in certe redazioni
(nell'organizzazione di esse) e nel percorso formativo di chi studia giornalismo.
Il data journalism non è una novità, ma senza dubbio è in gran crescita la produzione di notizie e
articoli basati su dati, che vengono raccolti, analizzati e poi visualizzati. Le radici di questo
giornalismo sono fatte risalire a Meyer (1973), al "giornalismo di precisione" e al CAR, ossia
computer-assisted reporting". Meyer amplifica e rafforza i valori professionali basali sull'obiettività,
facility e attinenza ai fatti. Il CAR invece è uno strumento ed un complemento: è giornalismo fatto
con il computer.
Esistono ormai nuove forme di giornalismo quantitativo, dalle varie forme e sfaccettature, come il
reporting, l'analisi statistica, informatica: è il palese risultato dell'ibridazione dei principi e dei valori
giornalistici.
Il Data Journalism: storytelling con forme tradizionali, insieme ad analisi dei dati,
programmazione e tecniche di visualizzazione: si basa su database consistenti, di istituzioni
pubbliche. La caratteristica principale è quella di ingaggiare l'attività del lettore.
Il Computational Journalism c'è l'applicazione di procedure informatiche a tutte le fasi della
produzione: si combina l'uso dei dati, algoritmi, codici.
Il Robotic Journalism (o algorithmic): sono forme semi-automatiche di giornalismo: la
produzione e la distribuzione di notizie avviene in automatico attraverso una programmazione.
In queste forme ci sono due aspetti di grande interesse: 1. il bilanciamento tra valori professionali
tradizionali e innovativi: c'è un rafforzamento del giornalismo "watchdog" per minimizzare gli
errori, la partecipazione e l'apertura verso i lettori; 2. l'epistemologia è diversa da quella
tradizionale.

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1.5 Innovazione e confini del campo in Italia. Per Deuze (2005) il valore cardine del giornalismo
rimaneva comunque l'autonomia: resta necessaria una società che protegga e tuteli i giornalisti
dalla censura o dalla spinta del mercato.
Nel contesto anglosassone abbiamo già visto come il giornalismo abbia legittimato la sua
posizione. Il campo del giornalismo qua ha avuto grandi capacità di adattamento alle diverse
spinte, pur ridefinendo i confini. Ha perciò mantenuto autonomia e legittimato la monopolizzazione
di raccontare la verità sull'attualità.
Nel contesto italiano, invece, sempre caratterizzato dalla bassa professionalizzazione, l'analisi è
più difficile e suggestiva, con l'autorevolezza dei giornalisti sempre in dubbio. Anche il fatto che il
giornalismo sia orientato al commento, che ci sia un parallelismo politico e la vicinanza alla politica
fa siche il giornalista sia un mestiere vicino all’élite. Per questi motivi il ruolo del giornalista è stato
delegittimato.
Allo stesso tempo il giornalismo italiano è stato molto lento nell'adottare nuove tecnologie,
adottandole solo nel momento in cui erano strettamente necessarie. Nei '70 le innovazioni hanno
portato ad una maggiore esclusività. Durante i vari cambiamenti l’equilibrio tra “incomer" e
"incumbent" è stato ritrovato tramite un accordo tra abilità tecniche e bagagli concettuali distinti
sotto l'unica qualità sociale riconosciuta: essere giornalisti.
L'utilizzo della rete in Italia ha avuto uno sviluppo per punti: 1. digitalizzazione contenuti
cartacei; 2. testate nazionali con redazioni interne solo per il web; 3. nuove testate dedicate
solo alla rete, a livello locale e/o nazionale.
La questione del lavoro sui confini, del boundary-work, in Italia, non è stato allargato ai
“prosumers" o al giornalismo partecipativo, ma è radicato all'interno della comunità dei giornalisti
"con la tessera". La discussione sull'inclusione e sulla definizione stessa della professione è
sempre accesa. Definita semi-professione", i cui ambiti continuano ad essere negoziati.
Capitolo Il. Giornalismo italiano e ibridazione dei suoi confini.
2.1 Le percezioni del cambiamento. Il tema del capitolo è il boundary-work in atto nel mondo
del giornalismo, dove i confini sono ormai fragili, deteriorati: c'è difficoltà nel capire cos'è
giornalismo e cosa non lo è. Un esempio è la commistione (fusione, mescolanza) tra informazione
e pubblicità: anche le imprese editoriali tradizionali avevano consapevolezza che l'informazione è
un prodotto di consumo, ma la parte dei giornalisti e del management rimane distinta. Ormai
questa commistione è inevitabile ed esplicita, basti pensare al native advertising, ossia la
pubblicità nel flusso delle informazioni. La divisione tradizionale è ormai sorpassata e sostituita
dalla fusione di pubblicità e informazione come obiettivo necessario.
Carlo Sorrentino in "Attraverso la rete" (2008) riflette sulla questione delle deadline: se prima la
scadenza era precisa, i limiti temporali erano fondamentali, oggi questi non hanno più troppa
importanza, poiché c'è un flusso continuo. Usher (2014) parla di "hamster journalism",
giornalismo di chi continua a fare movimento in una ruota che non si ferma, dove ci sono
scadenze continue e una pressione costante a pubblicare.
Con il giornalismo digitale si è passati da uno spazio ristretto di un dato totale dibattute, ad uno
spazio illimitato, che viene riempito non dal testo, ma da foto e video principalmente: questo ha
significato un cambiamento nella professione del giornalista, che si può occupare da solo di tutti i
contenuti dell'articolo, cambiando i suoi confini.
Nel "giornalismo 2.0 è avvenuta perciò una ulteriore negoziazione: i lettori sono finanziatori, fonti e
produttori per le informazioni, sono stati moltiplicati gli ambienti e i canali di distribuzione e con
l'approdo di designer e programmatori la visualizzazione dell'informazione è diventata
accattivante.
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2.1 Professione giornalistica e boundary-work. Per Tunstall (1976) il giornalista professionista
era colui che lavorava in una redazione: questa posizione, questa definizione non è più possibile
oggi.
Nel libro interessano i giornalisti come categoria analitica. Per Schudson (1978) il riconoscimento
della professionalità si basa sulle intenzioni di ottenere autonomia professionale e
riconoscimento sociale, e dunque dai modi con i quali un giornalista si giustifica e fortifica
questa esigenza. Importa analizzare come qualcuno giustifica il fatto che chiami se stesso
"giornalista": bisogna compiere lo sforzo di superare la visione della professione come insieme
normativo di tratti professionali interpretandola come occupational struggle, descrivendo
perciò il giornalismo nelle sue dimensioni socioculturali e nell'abilità di agire intenzionalmente degli
attori coinvolti.
La prospettiva usata per l'analisi porta ad interpretare la professione come il mutevole insieme di
pratiche e conoscenze che costituiscono la sua giurisdizione, intesa come la pretesa di un diritto
esclusivo nel cimentarsi in un particolare compito, quello di informare. Questa deve legittimare la
produzione di uno specifico tipo di conoscenza, ossia l'informazione. La professionalità in questo
caso sta nel saper stabilire i confini per esercitare il jurisdictional controI, ossia il controllo delle
competenze di una professione. Il Boundary-Work è molto più evidente durante i momenti storici
caratterizzati dal cambiamento. Gieryn (1983) si riferisce al boundary-work della scienza,
paragonandolo a quello per il giornalismo, con il quale possiamo vedere dei parallelismi. Con la
scienza c'è un'attribuzione di determinate caratteristiche alla istituzione della scienza, con
l'obiettivo di costruire socialmente dei confini che distinguono alcune attività intellettuali come non
scienza•: si identificano coloro che hanno autorità epistemica da coloro che non hanno il potere di
definire e descrivere certi aspetti della realtà. Le minacce percepite dalla professione sono le
battaglie sui confini e la retorica di chi viene incluso/escluso. Il riconoscimento è provvisorio,
sempre in discussione, ma il privilegio non è simbolico, bensì concreto.
Quando questo lavoro sui confini è forte, per Gieryn, ci possono essere 3 esiti:
1. Espulsione, allontanamento dal campo;
2. Espansione, allargamento dei confini;
3. Protezione dell'autonomia, inclusione a condizioni già esistenti
Questa teoria è anche al centro della Teoria del Campo di Bourdieu, che dice che nel campo c'è
una competizione dove l'obiettivo è di poter definire i confini di tale campo, richiamando
indirettamente la visione del Boundary-Work di Gieryn.
Carlson sostiene che nel campo giornalistico si possano individuare tre diversi ambiti in cui si
possono trovare tali cambiamenti: nelle pratiche, nel campo dei partecipanti e in quello della
professionalità. Attraverso le retoriche relative a questi campi i giornalisti si accreditano come
una comunità distinta, con delle competenze specifiche. La presenza dell'Ordine, in Italia, rafforza
l'esclusività della comunità, e allo stesso tempo dà la legittimità di esercitare la professione. Da un
punto di vista legale i confini sono morto forti, mentre da un punto di vista sociologico sono morto
meno definiti. Per questi motivi nel campo giornalistico italiano i conflitti e le dispute sono
molteplici.
2.3 La centralità (e l'ambivalenza) di Google. In questo paragrafo si analizza il boundary-work
attraverso le parole dei giornalisti. Che questioni occupano i giornalisti quando si discute di
cambiamenti nella professione?
Si nota come il motore di ricerca Google sia centrale come termine per il cambiamento della
professione: ormai è imprescindibile la visibilità di un sito di informazione attraverso la ricerca sui
motori di ricerca. Google è visto anche come attore che può portare pubblicità e attrarre il lettore.
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Questo è ormai un fattore che è centrale nel campo dell'informazione su più livelli: dalla
produzione del prodotto, alla struttura della redazione, che deve prevedere professionisti in
tecniche di SEO.
Un altro livello su cui incide Google è quella definita “struttura sociale" della professione da
Abbott: si spinge verso l'apertura delle logiche professionali e la compenetrazione di campi di
sapere, promuovendo concorsi, premi, dando borse di studio etc.

2.4 Processo, tecnologia e prodotto: lì dove tutto cambia (e si normalizza). Oltre ai tre
discorsi, ai tre temi già individuati per cambiamenti, si sono individuati 5 gruppi di discorsi
omogenei: in ogni caso, tutte le categorie analizzate devono ritenersi intrecciate.
Il primo gruppo ha a che fare con le differenze tra giornalismo tradizionale e digitale; il secondo
racchiude discorsi che parlano di transizioni già avvenute, e viene definito come ibridazione; il
terzo è legato al dialogo nella rete con i lettori: questi tre discorsi riguardano i processi, mentre
gli altri due il ruolo della tecnologia e il prodotto inteso come incidenza delle attività del SEO sulla
produzione di informazione.
2.4.1 Giornalismo tradizionale contro giornalismo digitale. I cambiamenti tra tradizione e
digitale hanno avuto processi lenti: in una situazione di crisi economica (anche per il giornalismo) il
giornalismo digitale è stato visto con buon occhio, e non c'è stata nessuna paura per una
"invasione" dalle forme di citizen journalism, grazie alle barriere legali per entrare nella
professione. Chi però era da tempo nel campo marcava fortemente i confini verso chi aveva dei
valori e delle pratiche eterodosse rispetto alla tradizione. Negli anni la divisione si è protratta, ma
ora sono evidenti le prove chela valutazione verso questa “dicotomia" è cambiata. Uno dei fattori
più importanti e difficili da fare propri è quello della multimedialità: il giornalista ormai (digitale così
come tradizionale) deve saper utilizza re molteplici strumenti per la produzione di diverse notizie;
un passo ulteriore è quello della quasi conclusione della pratica dell'apprendimento "in bottega",
cioè affiancare un giornalista esperto sul campo.
2.4.2 Giornalismo Ibrido: il cambiamento della logica professionale. Nel discorso
dell'ibridazione si fa riferimento al lavoro di Chadwick, che si sforza di superare le dicotomie che
contraddistinguono gli studi contemporanei sulla comunicazione (che non supera completamente).
Viene sottolineata la compresenza di vecchie e nuove forme di comunicazione: Chadwick
respinge la possibilità che una sostituisca l'altra, e dice che l'ibridazione è ormai sistemica. Parte
da una discussione sulla Logica dei Media, dicendo che essa si ibridizza, cambia: da studi e
osservazione è indubbio che il giornalismo sia contraddistinto da una logica che lo definisce e che
a sua volta viene definita dallo stesso giornalismo. Studi della seconda metà del '900 mostrano
delineano quella logica dei media che portava alla produzione di informazione: dagli studi è
evidente come le notizie fossero soggette a routine temporali, all'organizzazione spaziale delle
redazioni, alla divisione del lavoro. Questi fattori erano legati alla logica con la quale i giornalisti
prendevano le proprie scelte. In questi tempi di cambiamenti dell'ecologia dei media è ovvio che
la logica ne esce mutata, intrecciandosi con logiche estranee a quella del giornalismo: ne esce
una logica Ibrida.
Le ibridazioni hanno gerarchie, non sono omogenee, ossia logiche prevalgono su altre logiche, ma
comunque sono presenti ormai nel giornalismo quotidianamente.
L'intreccio di logiche influenza inevitabilmente anche il modo in cui i giornalisti percepiscono la loro
autorevolezza.
2.4.3 Gli accessi e i limiti del giornalismo partecipativo. L'interazione tra lettori e giornalisti
implica più attività, e viene vista in diverso modo: come in grado di creare una cultura
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partecipativa, come una reazione amatoriale o anche come sfruttamento. Interessante è però
come queste forme di interazione possano mettere in discussione il ruolo dei giornalisti e di come
esso viene percepito dagli stessi. L'attenzione è posta principalmente sui social, che sono ormai
nel vocabolario istituzionale dei giornalisti, riconoscendoli come strumento giornalistico pari ad
altri.
La logica introdotta qui è quella di un controllo della produzione di informazione quasi condivisa:
sta poi ai giornalisti la scelta su quanto controllo lasciare ai partecipanti e quanto tenersi per sé. Il
confronto, inoltre, non è solo con il lettore, ma con più attori: si propone di includere chiunque
condivida discorsi di interesse pubblico.
Anche in questo caso si parla di ibridazione e non di normalizzazione: si coinvolgono, in attività
quotidiane, spinte provenienti da attori terzi, che poco hanno a che fare con la logica del
giornalismo.
2.4.4 La tecnologia reinterpretata. Il Mutamento Tecnologico è un aspetto molto importante
sotto il punto di vista del boundary-work, poiché tocca tutti i passaggi della produzione di
informazione. La tecnologia viene intesa come un significato fissato socialmente e
temporalmente, e come tale si adatta ai contesti in cui è inserita. L'adozione di una tecnologia è
spinta o meno da determinate forze sociali e culturali. Il riferimento è necessario farlo anche verso
le innumerevoli realtà in cui poter raccogliere e distribuire informazione: il giornalismo deve
interrogarsi sulla necessità di adattarsi o meno.
2.4.5 L'ubiquità dell'algoritmo. La tecnologia non è riferita solo agli oggetti quotidiani, ma il
riferimento è anche ai produttori della tecnologia, e soprattutto all'algoritmo che sta dietro
l'indicizzazione, come la scelta dei post che un social media mostra nel feed di una persona.
Anche le redazioni hanno dovuto far propria questa indicizzazione: oltre al continuo dialogo con il
lettore, la distribuzione in rete ha come necessità la conoscenza delle attività e dei comportamenti
dei lettori, così da poter avere una migliore indicizzazione. Uno degli aspetti più dibattuti è il
rapporto tra indicizzazione e selezione delle notizie. Queste pratiche, ovviamente, confondono i
confini tra produzione e consumo, lavoro automatizzato e manuale.
2.5 Professionalità e Notizie. L'impressione è che si delinei la prospettiva dell'espansione,
dell'accoglienza nel campo di attori, pratiche e concezioni della professione che prima non ne
facevano parte, e che ora intessono reti e relazioni determinanti perla struttura del campo stesso.
Ciò che pare più incisivo è il ruolo di attori come Google, Facebook o Twitter, sia per profitti che
generano, sia per lo stile dell'informazione che richiedono. A livello micro invece ci sono effetti
diversi: il capitale culturale messo in gioco in questo contesto riguarda i diversi linguaggi con i
quali si ha dimestichezza: oggi la base per essere giornalista può essere il saper tradurre una
notizia in un post accattivante di poche righe, scegliere immagini giuste, corredare link, trovare
giuste parole chiave.
Capitolo lII. Percezione del Ruolo, Ideologie e Valori Professionali.
3.1 Oltre il modello Normativo. Come già visto nell'Introduzione la professione del giornalista è
sempre stata associata ad un significato normativo trasversalmente condiviso: per essere
giornalista devi rispettare degli standard, come seguire l'onestà, l'imparzialità, la verità... L'esplicito
sottotesto dell'approccio è proprio quello di riconoscersi in tali valori e perseguirli: così facendo il
giornalista si può ritenere professionale e autonomo (Waisbord).
Anche Weaver sostiene che l'obiettività e l'imparzialità sono i valori che servono ai giornalisti per
mantenersi autonomie indipendenti. In quest'ottica, molti giornalisti di numerosi paesi pensano che
obiettività e imparzialità siano fondamentali, e che la professione del giornalista sia fondamentale
per il buon funzionamento della democrazia.
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Questa visione del giornalismo dedicato all'interesse pubblico è controversa: già l'interesse
pubblico non è facilmente individuabile, inoltre dicendo che questo tipo di giornalismo è il migliore
non vuol dire che questo sia l'unico modello possibile: molti storici hanno pensato che esso
potesse diventare l'unico modo di intendere il giornalismo, ma non hanno tenuto conto delle
differenze culturali. Una delle culture giornalistiche meno propense all'adozione di questa visione
è proprio quella italiana, che però non deve essere vista come caratterizzata da bassa
professionalità.
Un'analisi sul cambiamento deve indagare i modi con cui i giornalisti italiani danno conto del loro
lavoro, cosa rivendicano per affermare la loro professionalità: bisogna quindi capire se l'approccio
del giornalismo italiano si discosta o no dai limiti che gli vengono riconosciuti (troppa vicinanza alla
politica, tendenza al commento, no trasparenza...).

3.2 Valori professionali, percezione del ruolo e stili di produzione. Per essere un giornalista
non ci sono delle conoscenze fisse da sapere, i confini non sono rigidi e marcati, non esistono
modi per escludere qualcuno che ha comportamenti eterodossi: proprio per questo, per definire e
capire i confini della professione bisogna andare a vedere le ideologie e i valori che seguono i
giornalisti sono importanti.
La field theory spiega come coloro che attraverso traiettorie eterodosse riescono a trovare una
collocazione nel campo ne modificano gli assetti: il campo a quel punto si trasforma e i valori che
guidano gli attori diventano rilevanti per il campo. Se questi nuovi attori hanno accumulato tanto
capitale nel campo, essi possono anche fare dei cambiamenti su ciò che veniva dato per scontato,
la "Doxa".
Un esempio nello scandalo Lewinsky, la prima testata a dar la notizia del tradimento di Bill
Dinton, fu "Drudge Report", un blog che non conosceva alcuna norma professionale, come il
“gatekeeping", cioè il lavoro di selezione, posizionamento dei giornalisti. Drudge ha
semplicemente messo su internet la notizia: la conseguenza è stata che anche i media più esperti
e longevi hanno dovuto migliorarsi sulla tempestività nel dare le notizie. Un attore comparso in
Italia è “dagospia", per esempio.
Per la moltiplicazione degli attori, i diversi approcci utilizzati, possiamo notare una frammentazione
della comunità giornalistica che un tempo era egemonica: oggi si può parlare di "Tribù della
professionalità" (Meyers e Davidson), i cui membri sono accomunati dal modo di giustificare il loro
lavoro.
Il sistema di valori che si segue influenza senza dubbio lo stile di produzione, e per Broesma lo
stile è la scelta tra diversi equivalenti funzionali: una notizia la si può raccontare in maniera
analoga, ma con diversi stili. Ne individua due: il primo è basato sui fatti, ed è l'information
model, sostanzialmente discorsivo, obiettivo, con lo scopo di produrre informazione che serve per
il buon funzionamento della democrazia; il secondo è lo story model, che ha un carattere più
narrativo, che dà soddisfazione al lettore anche sotto il punto di vista estetico. Individua anche uno
stile più riflessivo, partigiano, che vuole persuadere il lettore.
Weaver e Wilhoit hanno compiuto uno dei più importanti studi sulla percezione del ruolo del
giornalista, individuandone tre diversi: disseminatore, obiettivo e neutrale; interprete,
contestualizza e spiega gli avvenimenti; avversario, attivo e che ha come finalità quella di essere
contro chi ha ruoli di potere. Più avanti è stata aggiunta la figura del populist mobilizer, più legato
alle informazioni utili alla vita quotidiana. (In USA la figura più presente è quella dell'interprete, non
del disseminatore).

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Donsbach identifica tre tradizioni della professione giornalistica: quella del servizio pubblico,
che ricalca il modello normativo dominante; tradizione soggettiva, i giornalisti esprimono idee
proprie, sempre per ottenere il bene comune; tradizione economica, che vede l'informazione
come prodotto che deve dare profitti.
Hanitzsch individua diverse ideologie, intese come sistemi di pensieri che danno coerenza ai
modi di pensare il ruolo del giornalista: esse guidano l'analisi dei paragrafi successivi.
3.3 Lo spazio valoriale del giornalismo italiano. Nella figura 3.1 del paragrafo si mettono in
relazione i valori richiamati dalle parole dei giornalisti con le ideologie: la distribuzione delle sfere
di significato simili che vengono individuate rimandano a Donsbach.
La tradizione del servizio pubblico è caratterizzata da "transparency, accuracy, autonomy”, che
rimandano a ideologie come l'obiettività: qui però si avvicina anche il modello del giornalismo
avversario, che solitamente era messo al fianco della tradizione soggettiva, a riprova della fluidità
dei valori. La tradizione soggettiva è caratterizzata dalla contestualizzazione, dalla costruzione di
senso, dalla capacità di saper narrare. La tradizione economica richiama principalmente
l'ideologia per la quale è necessario portare i lettori sui propri siti, le ideologie di brevità, profitto e
sensazionalismo.
3.3.1 Dove si insinua il modello anglosassone in Italia. Nell'analisi si trovano discorsi e
interviste nelle quali giornalisti italiani si rifanno alla tradizione del servizio pubblico, e la maggior
parte sono giornalisti di giornali cartacei, che si rivedono nei valori di obiettività e appunto il
servizio pubblico. In termini di confini, si sottolinea la protezione dell'autonomia, accogliendo il
cambiamento dell'ecologia dei media in modi diversi, e spesso il discorso torna sui social media.
Alcuni vedono i social come mezzo di propaganda.
In questo tipo di giornalismo può trovare posto anche l’adversarial journalism, dallo stile
combattivo, con forti prese di posizione, mettendo insieme opinioni e fatti. Questa collocazione
dimostra come questa forma di giornalismo sia guidata da verità e verifica: l'atteggiamento
avversario è volto a smontare una propaganda fatta da chi ha il potere, con un atteggiamento
quasi militante.
Anche i mezzi tramite i quali si fa informazione sono molto importanti per definire le ideologie, i
confini della professione.
3.2.2 La Tradizione Soggettiva: interpretazione, advocacy e narrazione. Nella tradizione
soggettiva si ritrova il modo di fare giornalismo più diffuso in Italia. Questo è contraddistinto da 4
valori: contestualizzazione e produzione di senso sono i più peculiari, e molti giornalisti sembra
li condividano. Gli altri due sono “nose”, ossia il fiuto, e il parallelismo, che non è considerato
positivamente. Per il ruolo del giornalista invece importanti sono i termini di advocacy ed
interpretative journalism: si promuovono determinate cause politiche e sociali (primo termine),
mentre il giornalismo interpretativo punta a dissuadere il lettore su certe cose, ed è mollo legato al
giornalismo italiano. Allo stesso tempo si ritrova una sorta di “story model' di Broesma, con
giornalisti che danno importanza al saper narrare le informazioni, come delle storie (anche in
informazioni politiche si nota).
3.3.3 Il giornalismo che crea profitti. Storicamente i giornali italiani hanno avuto come
proprietari imprenditori che guardano al profitto economico, non solo connesso all'editoria: da
quine deriva una pressione, su certe tematiche che possono portare ad un ricavo economico,
sull'opinione pubblica. L'ideologia professionale trovata in questo campo è quella definita come
“profit". Si trovano due aree, una legata a contenuti leggeri, l'altra alla rete, legata al SEO. Se ci si
riferisce all'area dei contenuti leggeri nessuno parla di normalizzazione o di logiche che si
ibridizzano, ma semplicemente si parla di logiche commerciali entrate nel campo giornalistico; se
si parla invece dell'area legata al SEO si può vedere un'ibridazione su più livelli, dalla produzione
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a pratiche legate a campi esterni, come il marketing; un altro livello di ibridazione è quello
organizzativo: per esempio l'introduzione di figure esperte nelle logiche del SEO, con un
conseguente allargamento dei confini del campo.
3.4 lt was next (l'unicorno esiste). Oltre alle tre tradizioni viste sopra esiste un'enorme varietà di
giornalismo. Una delle forme più interessanti e importanti è quella dell'Open Journalism che è da
intendersi come un nuovo concetto di giornalismo basato sull'apertura della redazione al pubblico
e sulla collaborazione con lo stesso": i valori che lo caratterizzano sono "interactivity”,”
participation”, “multimediality" e "innovation”. Sempre più giornalisti, quindi, fanno riferimento al
pubblico e interagiscono che esso: il concetto rimanda all' dea dei programmi open source.
Questa collaborazione non fa altro che aprire i confini della professione: ciò è molto evidente nel
giornalismo locale, che è prettamente online e nel quale non si possono avere degli esperti per
ogni argomento. Anche se ormai tutte le testate si confrontano con i lettori, anche grazie
soprattutto ai social media. Il sistema dell'open journalism è ormai preso come già ibridato dai
giornalisti.
Un altro concetto discusso è quello dell'ibridazione incorporata. Per normalizzazione si intendono i
modi in cui i giornalisti introducono nelle loro attività i nuovi media, facendoli diventare pratiche
consolidate. Per ibridazione si intende l'interdipendenza di vecchie e nuove pratiche (logiche} dei
media. Queste forme di ibridazione e di incontro non sono solo la “normalità", ma precedono una
qualsivoglia forma di competizione e incontro tra logiche differenti: Hermida e Young parlano di
"trovare l'unicorno", ossia la figura che riesca a far nascere una forma di giornalismo come il
medium oriented journalism di cui parlano loro, una figura con re capacità tecnologiche e un fiuto
del giornalismo adatti. Forme come l'open journalism o il medium oriented journalism sono un tale
intreccio di valori che è difficile distinguerli. La natura ibrida di queste forme la si evince già dai
valori che li guidano: la velocità, per esempio, è ormai data per scontata (Doxa), anche per i
mezzi utilizzati per questo giornalismo (inoltre aiuta l'indicizzazione). Inoltre, è necessario saper
utilizzare diversi linguaggi e diversi stili per produrre una notizia: cambiano a seconda del mezzo
ma non esistono veri e propri confini, che continuano a cambiare
3.5 L'ibridazione riflessiva come momento di transizione. l'analisi fatta porta alla luce la
grande diversità di forme di giornalismo italiano, che mette in risalto una doppia particolarità:
1. gli approcci sono distinguibili solo nell'analisi, ma in realtà sono sovrapposti nel sistema
giornalistico, o nel giornalista stesso; 2. molti orientamenti già erano presenti, ma sono molto più
forti nel presente. Il cambiamento dell'ecologia dei media ha infatti fatto emergere orientamenti già
esistenti: per esempio il “fact checking”, ossia la verifica delle esternazioni dei politici, si è
affermato, ed un sito dedicato a questo campo ha addirittura vinto un Pulitzer, nel 2009.
Al completamento del percorso di ibridazione si può parlare di normalità, ma nel mezzo si ha un
periodo di ibridazione riflessiva: una zona di transizione, in cui si arriva ad avere la
consapevolezza di essere in un momento di ibridazione di logiche professionali diverse, di valori
differenti: in questi casi si parla di transizione consapevolmente ibrida.
Capitolo IV. Di che materia è fatto il mondo? Le fonti della notizia.
4.1 Come (di)mostrare quello che accade. Il capitolo si occuperà delle fonti, del rapporto dei
giornalisti con queste per raccogliere informazioni, cogliendole informazioni attraverso le interviste.
Si tratterà perciò la questione epistemologica del giornalismo. ossia le regole, la routine e le
procedure istituzionalizzate seguite in un certo ambito sociale, per produrre conoscenza (=
epistemologia).
I modi in cui i giornalisti rappresentano la realtà sono influenti nella vita delle persone in
praticamente tutti gli ambiti quotidiani e non, perciò è fondamentale una loro analisi: studiandola

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questione epistemologica si studiano le traiettorie attraverso cui i giornalisti producono
conoscenza, indagare cosa è considerato legittimo e cosa no, le fonti accettabili e quelle non.
Uno dei valori fondamentali per i giornalisti è la verità, però questo non ci dice niente su come
questa è scelta.
Hanitzsch dice che la componente epistemologica è classificata in due ambiti: il primo è
riconducibile all'oggettività (usa il termine objectivism), per il quale la realtà è oggettiva, con una
ricostruzione di questa in senso procedurale; poiché la concezione per la quale la realtà è vista
come costrutto, con un'ottica costruttivista, tramite la quale i giornalisti, partendo da ciò che
vedono/sentono/leggono ricostruiscono una realtà. Il secondo ambito è invece definito come
empirismo: i giornalisti che seguono questa percezione sono convinti che i fatti siano
fondamentali. Il tipo di fonti utilizzate è fondamentale per capire la collocazione dei giornalisti in
questi ambiti.
4.1 Chi ha diritto di accesso ai media. Il tema delle fonti è uno dei più dibattuti nei journalism
studies, e ancora più importante nell'epoca della digitalizzazione: c'è una frammentazione dei
media, che permette un flusso di comunicazione più complesso rispetto al passato, e ciò porta ad
una discussione rispetto all'uso delle fonti per produrre informazioni. La relazione tra giornalista e
fonte è un rapporto di potere: la fonte ha visibilità e il giornalista fa il suo lavoro grazie ad essa.
Esistono molte fonti ma non molte hanno la credibilità, la possibilità di contribuire a fare
informazione. La distinzione più ricorrente è quella tra fonti istituzionali e fonti alternative: le
prime legate alle élite, alla politica, etc. mentre le seconde sono quelle che di solito non hanno
potere né autorevolezza per entrare nei media, per fare informazione. Per questa
frammentazione, per molti sono state rinforzate le fonti istituzionali (in Italia il 70% di informazione
è fatto grazie a fonti istituzionali).
Riflessioni: i giornalisti non compiono la scelta su cos'è importante e cosa no da soli, ma le fonti, la
linea editoriale e pressioni esterne influenzano le scelte; il potere esercitato fa sì che si crei una
cultura predominante, che diventa importante anche per capire come viene prodotto l'informazione
che si legge. (Le fonti non sono però costanti influenti sulla riproduzione della realtà, il giornalista
non è così ininfluente). Per questo è interessante indagare il rapporto con le fonti e la scelta di
quali fonti usare. Allo stesso tempo anche il ruolo delle fonti alternative, nell'ottica dei giornalisti, è
fondamentale. Queste sono ormai quasi considerate come complemento per fare informazione.
4.3 L'uso delle fonti e la ricostruzione di una presunta realtà. Le fonti maggiormente
menzionate dai giornalisti sono le relazioni pubbliche, i social, i colleghi, i media, i blog, le agenzie
e i siti. Ci sono invece tre fonti che si staccano da queste principali: i dati, il traffico e il lettore.
C'è un gruppo di fonti ritenuto affidabile e attendibile: nell'ottica dell'oggettività di Hanitzsch, da
queste fonti (indirette) i giornalisti prendono le interpretazioni della realtà, le analizzano e
ricostruiscono gli accadimenti di una notizia. Spesso la verifica non è necessaria: i giornalisti
devono solo scegliere: il giornalista compie una mediazione di una mediazione. Per quanto
riguarda la seconda dimensione della teoria di Hanitzsch, quella che riguarda il modello in cui
viene legittimata la validità di una notizia, è più complicato. Quando si riporta una dichiarazione di
un politico, o un comunicato stampa, ci si trova di fronte all'empirismo, ossia l'utilizzo di fonti
come prova della validità di una notizia. Accade soprattutto in concetti del giornalismo come
l'objective journalism o il medium oriented journalism, che hanno la velocità alla loro base.
Il ruolo dei social, invece, è visto ormai come una realtà oggettiva, poiché riportano la realtà così
com'è. Un'altra visione dei social è però molto negativa: questi sono visti come soli strumenti di
propaganda. Stessa considerazione si può avere dei dati: visto che sono oggettivi, sono già una
prova.

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Anche il lettore è considerato come un'altra fonte, ma meno attendibile di molte fonti, e con un
lavoro per provare la validità molto più lungo.
Un'altra fonte, non intesa come fonte in senso stretto, è formata dalle pratiche di indicizzazione:
spesso rientrano nel concetto del giornalismo che crea profitto.
4.4 La cornice delle fonti: istituzionali vs alternative. I contatti con i giornalisti, i colleghi, gli
altri media e le agenzie sono fonti istituzionali, con basso livello di oggettività e di
empirismo, rimandando alla loro autorità ed eventuale autorevolezza. Le fonti istituzionali
prevalgono su quelle alternative: in un periodo di transizione è difficile affidarsi a fonti con le quali
non si ha dimestichezza. Anche i social media sono da considerarsi come fonte istituzionale
(monitorando i profili di chi può essere considerato come fonte istituzionale e attendibile): questa
fonte è caratterizzata da alto empirismo (il tweet, il post viene messo nell'articolo, ed è lì) e alta
oggettività (nessuna ricostruzione da fare, quel tweet esiste ed è lì).
I blog rimangono vicini alle fonti alternative, mentre i dati e il lettore rimangono distanti sia dalle
fonti istituzionali che da quelle alternative. I dati sono considerati già obiettivi, già oggettivi, poiché
prodotti da autorità (spesso pubbliche): anche per questo i dati sono spesso utilizzati in approcci
più orientati, di parte, come advocacy o adversarial, partigiano. Il lettore invece è una fonte
alternativa alla quale però si chiede uno sforzo per legittimare e provare le informazioni che
trasmette.
4.5 I fattori epistemici e la questione della post-verità. Il termine “post-truth" è stato votato
come parola del 2016: post-verità denota circostanze in cui i fatti oggettivi sono meno influenti per
formare l'opinione pubblica rispetto alle emozioni e ai convincimenti personali. Nel 2016 il termine
è stato utilizzato molto, causa campagne come quella della Brexit o di Trump perle presidenziali in
USA. Oggi ci sono due fenomeni nell'informazione: la pressione degli “stakeholders” (lettori,
politica, imprese...) sui giornalisti per maggiore trasparenza, e la crescita di informazioni non
verificate che circolano continuamente, e che non rappresentano la realtà. Il fatto che il
giornalismo possa promuovere notizie sulla post-verità o vere e proprie fake news mette a rischio
la legittimità del giornalismo stesso: così i contorni del giornalismo diventano ancora più sfumati e
incerti, e la funzione stessa sarebbe messa a repentaglio.
Inoltre, con un livello di empirismo già basso, si stanno accogliendo pratiche ancora più semplici
per attribuire credibilità a notizie (che possono essere false, peraltro): questo mette in pericolo il
valore simbolico del giornalismo. Per evitare tutto questo i giornalisti possono schierarsi verso un
livello di empirismo più alto, staccandosi da articoli di "retroscena". In questo contesto la
tecnologia ha un ruolo fondamentale: essa dà maggiori possibilità (e più semplici) per ricostruire
una notizia, e i giornalisti prediligono questo tipo di fonti oggi.
Conclusioni. In generale il concetto di professionalità è in discussione e in evoluzione; per
Broesma e Peters c'è un bisogno di ricalibrare il ruolo sociale e la rilevanza del giornalismo, di
trovare una legittimazione differente perla sua esistenza: consigliano di andare oltre il livello
normativo. Non è più sufficiente dire che "aiuta la democrazia". Studiando i cambiamenti del
campo del giornalismo e il boundary-work che va evolvendosi si vede che i cambiamenti sono
accorsi in diversi livelli: dall'organizzazione alle pratiche, alla formazione etc.
Gli orientamenti professionali cambiano, le fonti restano. I giornalisti non si riferiscono troppo alle
norme quanto piuttosto a valori. Il Boundary-work ha mostrato due diversi aspetti: la difesa del
campo e dell'autonomia, facendo propri valori di altri giornalismi, o l'apertura verso logiche e valori
estranei alla professione.
Ai cambiamenti i giornalisti italiani hanno risposto in maniera ottimale, sia chi già era sul campo
che quelli appena arrivati hanno saputo adattare i capitali in maniera adeguata. Si è fatto anche un
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passo in avanti i Italia: valori, pratiche e logiche in molti casi sono ormai ibridati, a volte
riflessivamente, altre volte sono ibridazioni incorporate. I valori con i quali i giornalisti si ritrovano
sono molto diversi e fluidi, senza delle ideologie professionali egemoniche e dominanti. A livello
epistemologico invece la scelta è più ristretta: si parla di empirismo (necessità di evidenze e fatti)
e oggettività (ricostruire la realtà).
Questa varietà di valori e diverse visioni però non porta invece ad un ampliamento delle fonti, che
rimangono principalmente quelle che sempre si sono usate (più i social).
Ibridazione e cultura giornalistica italiana. Da ormai 20 anni le culture giornalistiche nazionali
non sono più così diverse e marcate, grazie soprattutto ai flussi di comunicazione. Per esempio,
Google influisce sulle culture giornalistiche, sui valori professionali e le pratiche, così come le
nuove agenzie che fanno della velocità la loro forza.
Ciò che si sostiene della cultura giornalistica italiana è che: - i giornalisti hanno diversi modelli per
avvicinarsi alla professione, in termini di valori professionali e approcci epistemologici; - i giornalisti
possono prendere fluidamente quei modelli a seconda delle circostanze e delle condizioni di
lavoro; - alcuni modelli si formano rapidamente; - le argomentazioni discorsive che li legittimano
hanno diversi appigli; - non c'è un'ideologia dominante. In momento di crisi economica il
giornalismo italiano ha fatto proprie tutte le forme di fare giornalismo: anche in momenti di perdita
di legittimità ha ripreso importanza il data journalism (oggettivo e legittimo a prescindere). La
cultura giornalistica contemporanea in Italia è un insieme di diverse culture tradizionali, ormai
quasi superate, che ha come limite la verità. Ciò porta ad una cultura professionale duttile e
legittima diversi stili di produzione: la legittimazione della professione giornalistica italiana è da
ritrovare proprio nella possibilità di esercitarla con orientamenti molto differenti.
Giornalismo e società. Al di fuori di questi discorsi rimane la questione del come la società vede
le rivendicazioni e il ruolo dei giornalisti. Per legittimarsi è necessario essere sostenuti dall'esterno,
ed in Italia non sono mai esistiti dei valori e delle pratiche sociali estese a tutti.
Quello che si sostiene è che se in passato la vicinanza alla politica ed al potere faceva diminuire la
legittimità, oggi è possibile che questa varietà abbia lo stesso effetto.
Il giornalismo italiano riflette la diversità e la frammentazione della società italiana: se però un
gruppo di persone che apprezza uno stile ritenesse legittimo anche altri stili, sarebbe proprio
questa molteplicità ad essere la legittimazione. La forza del giornalismo italiano è proprio la sua
pluralità.

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