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GIUSEPPE MEDICI

ORDINARIO DELL'UNIVERSITÀ DI TORINO

L E Z I O N I DI ESTIMO

NICOLA Z A N I C H E L L I EDITORE
BOLOGNA 19 3 7- XV
LEZIONI DI ESTIMO
GIUSEPPE MEDICI
ORDINARIO DELL'UNIVERSITÀ DI TORINO

' H . Ó Y Y

L E Z I O N I DI ESTIMO

NICOLA ZANICHELLI EDITORE


BOLOGNA 1937-XV

N.toINVENTARIO
L'EDITORE ADEMPIUTI 1 DOVERI

ESERCITERÀ 1 DIRITTI SANCITI DALLE LEOOI

N? 243
- %

Bologna - Coup. Tipografica Mareggiarli - 4 -1937- X V


a GIUSEPPE TASSINARI

Dedico al mio Maestro queste lezioni, nello svolgimento delle quali


mi sono costantemente ispirato a ciò ch'io ho imparato da Lui nel
periodo trascorso alla Sua scuola.

In queste lezioni, scritte per gli studenti, ho cercato di accordare


le esigenze didattiche con quelle critiche, proprie del processo di revi-
sione dell'estimo, di cui già parlai, alcuni anni or sono, ne l' « Introdu-
zione all'estimo agrario». Ho quindi evitato la discussione polemica e
ho cercato di raggiungere un' esposizione di carattere dogmatico ;
soltanto in alcuni paragrafi del primo capitolo non sono riuscito a
vincere interamente la tentazione e ho ceduto alle lusinghe del filosofare.
Pur essendo perfettamente consapevole che non si possono tessere
legami continui tra scienza e filosofia, e pur riconoscendo oziose e a
volte dannose le nebulose premesse metafisiche, non ho ritenuto inutile
cercare di chiarire a me stesso e ai miei studenti la natura del giudizio
di stima ; perciò sono stato spinto a svolgere una serie di conside-
razioni, alle quali non si poteva dare carattere dogmatico. Queste
però si limitano ai paragrafi secondo e sesto del primo capitolo, che
denuncio, anche perchè la loro lettura richiede nozioni che, per motivi
evidenti, non potevo dare in un corso di estimo. Coloro che non con-
dividessero interamente le conclusioni in essi contenute, o che non
volessero attardarsi a penetrarne intimamente il significato, possono
tranquillamente continuare la lettura dei capitoli seguenti, perchè si
tratta soltanto di premesse elaborate per quell'intimo bisogno che
abbiamo tutti di riallacciare il nostro piccolo e caro mondo di studi
ad un mondo di più vasta esperienza.

Ringrazio vivamente il Dott. Umberto Facca per l'aiuto prezioso


che Egli mi ha dato, sia nelle ricerche bibliografiche, sia nella revi-
sione delle bozze di stampa.
1

PARTE GENERALE

IL METODO DI STIMA

G. MEDICI - Lezioni di estimo. 1


CAPITOLO 1 .

IL GIUDIZIO DI STIMA

1. - INTORNO AD UNA DEFINIZIONE DELL'ESTIMO

La classica definizione, tramandataci dalla tradizione nel tempo, in-


segna che l'estimo lia lo scopo di formulare i metodi da seguire per sta-
bilire l'equivalente in moneta di quei beni economici che, avendo spie-
spiccati caratteri individuali, mancano di precisi riferimenti economici,
per cui si richiede il giudizio del perito.
Il Marenghi (1), nelle « Lezioni di Estimo » pubblicate nel 1925, ac-
coglie la sostanza della tradizione estimativa e afferma che « l'estimo ha
per oggetto fondamentale di studio i processi di valutazione dei beni
economici, pei quali il mercato non offre il prezzo sotto forma esplicita ».
E osserva che, mentre si possono rilevare direttamente con l'osserva-
zione statistica i prezzi del grano, del vino, del caffè, ecc., non si pos-
sono egualmente rilevare i prezzi dei singoli beni fondiari. Ciò concorre
a spiegare il processo storico attraverso il quale si è venuta formando
la nostra disciplina, dedicata in grandissima parte a (Studiare i metodi
e le regole di stima dei beni fondiari, per i quali, data la loro inconfon-
dibile n a t u r a ed esclusiva individualità, si richiede continuamente il
giudizio del perito.
Nelle definizioni date dai nostri maggiori cultori di estimo del se-
colo scorso (Borio, Fettarappa e altri ancora), che in Italia hanno for-
mato veramente una scuola alla quale spetta un posto importante nella
storia delle dottrine, si trovano già in germe alcune idee che in pro-
sieguo di tempo altri studiosi italiani hanno coltivate con successo,
valendosi specialmente dei notevoli progressi conseguiti dalla scienza
economica, per troppo tempo ignorata da coloro che davano un indirizzo
meramente tecnico al processo estimativo.
Esaminando attentamente la ricordata definizione si può rilevare
che essa non ha carattere generale. In primo luogo perchè considera i

C1) Cfr. E. MARENGHI - Lezioni di Estimo. Milano, Libreria Editrice Poli-


tecnica, 1925.
4 II. METODO DI S T I M A

beni che non sono oggetto di mercato o lo sono in maniera limitata e


quei beni che hanno tali caratteri individuali per cui il mercato di beni
simili non basta a valutarli acconciamente, senza rilevare clic tutti i
beni economici, per quanto in misura a volte trascurabile, hanno almeno
uno dei ricordati caratteri; inoltre, essa lascia ignorare che il perirò
può essere invitato a stabilire l'equivalente in moneta di beni economici
come il grano, l'olio, il vino, che, pur avendo oggi una regolare quota
zione di mercato, sono disponibili soltanto in un tempo più o meno
prossimo : si t r a t t a di valutare beni futuri.
Quest'ultimo caso non è peregrino ; esso non rappresenta una ine va
possibilità logica, ma risponde a concrete esigenze della vita. Cosi quan-
do il perito è chiamato a compilare l'inventario estimativo di un'azienda
in liquidazione, deve, di regola, giudicare quale sarà il probabile prezzo
dei beni esistenti, allorché saranno venduti sul mercato. E ciò non solo
perchè di solito i beni non vengono venduti in una sola volta a causa
della depressione nel prezzo che potrebbe essere determinato dall'ini
provviso aumento nella quantità offerta, ove questa fosse notevole ri-
spetto a quella esistente sul mercato, ma anche perchè l'inventario esti
mativo non è necessariamente seguito dalla vendita immediata dei beni
inventariati, i quali possono avere diversa destinazione. E se i beni
inventariati sono costituiti da merce di largo mercato, il perito dovrà
egualmente tentare di prevedere i prezzi f u t u r i di beni, pei quali si fa
una regolare e magari assai dettagliata osservazione statistica. Ma a
parte questa osservazione, giustificata dai f a t t i della vita economica,
anche nel caso in cui i beni venissero esitati nell'istante successivo alla
stima, il perito, pur trovandosi in condizioni favorevoli per gli ottimi
e copiosi elementi di giudizio di cui dispone, deve sempre prevedere
quale sarà il prezzo, quando sul mercato si eserciteranno le nuove forze
provocate dall'offerta dei beni stimati.
Nella realtà della vita il perito non è soltanto chiamato ad espri
mere il suo avviso sul valore in moneta di determinati beni, siano o
meno oggetto di mercato; egli può essere chiamato ad esprimere giudizi
su l'esito di determinate trasformazioni economiche, che a volte pos
sono servire all'imprenditore concreto per orientarsi nelle sue scelte ;
si t r a t t a di giudizi che si possono emettere soltanto dopo avere stimati,
consapevolmente o meno, una serie di beni economici, e talora si t r a t t a
di beni economici che non si possono stimare se prima non si è portato
il giudizio sulla situazione economica. Così, ad esempio, può essere richie-
sto al perito un giudizio intorno al probabile prezzo di trasformazione
del quintale di foglia di gelso somministrato ai bachi da seta, come può
essere richiesto un giudizio sul probabile prezzo di mercato dei bozzoli
prodotti dai bachi da seta che si devono ancora allevare. Nel primo
caso bisognerà prevedere, con il prezzo dei bozzoli, t u t t i gli altri prezzi
che probabilmente dovrà sostenere l'imprenditore per giungere dalla
I L G I U D I Z I O DI S T I M A 15

foglia di gelso ai bozzoli, nel secondo caso, per emettere un giudizio


motivato e razionale, il perito non potrà esimersi dal compiere un esame
rigoroso e analitico della situazione economica riguardante il mercato
della seta.
Queste osservazioni spiegano perchè la definizione tradizionale del-
l'estimo sia da ritenere restrittiva. Inoltre essa non riesce ad approfon-
dire bene le sue radici nel mobile terreno dei f a t t i economici, e quindi
non dà una salda nozione della natura del processo di stima. Invelo,
nella definizione ricordata si dimentica che il giudizio del perito è sem-
pre richiesto per un determinato scopo, per cui esso è sempre espresso
in vista dello scopo da soddisfare, per il quale la stima è compiuta.
Questo carattere, comune a tutte le stime, ha un'importanza fonda-
mentale, che sarà meglio dimostrata nelle pagine seguenti.
I n sostanza il carattere fondamentale dell'estimo è quello di inse-
gnare ad esprimere giudizi circa la somma di moneta che si può attri-
buire, in vista di un determinato scopo, ad un qualsiasi bene economico
oggetto di stima.
Si t r a t t a quindi di attribuire una somma di moneta in vista di un
determinato scopo, di esprimere un giudizio di valore, in vista dello
scopo che la valutazione si prefigge. Va posto in giusto rilievo il fatto
che non si è parlato di valore di mercato (prezzo), del valore che nasce
dallo scambio e si a t t u a con il reale pagamento di un dato prezzo, ma
di attribuzione di valore, cioè di somma di moneta che si può attribuire,
per dati scopi, al bene da stimare.
Spesso non è inteso correttamente il fatto che l'unico valore reale è
dato dal prezzo chq pi paga e si riscuote nell'istante in cui matura Io-
scambio. Proposizione, questa, che viene implicitamente ad affermare
che t u t t i gli altri valori non sono prezzi, ma sono attribuzioni di valore,
f r u t t o del giudizio di stima : sono previsioni circa il prezzo che otter-
rebbe un determinato bene in un dato mercato, in un dato istante ; sono
previsioni circa il probabile costo di un bene, cioè circa la probabile
somma che bisognerebbe pagare — prezzi da soddisfare — per ottenere
le materie prime e i servigi che occorrono a produrlo ; e, infine, sono
giudizi di stima intorno ai probabili prezzi dei prodotti delle materie
prime e dei servigi produttivi di una data azienda, che consentono di
compilare un bilancio preventivo.
Non si è mai abbastanza insistito sulla precedente distinzione, per-
chè siccome i giudizi di stima, come si dimostrerà in seguito, si risol-
vono in previsioni intorno ai prezzi di mercato, ne consegue che spesso
viene confuso il giudizio di previsione (stima) con il fatto già verifica-
tosi (prezzo), analogamente a quanto è avvenuto per tanto tempo agli
statistici i quali confondevano la probabilità (giudizio teorico) con la
frequenza (fenomeno empirico), per il motivo che, in determinate con-
dizioni, la frequenza tende alla probabilità.
6 II. METODO DI S T I M A

Ogni giudizio di stima avrebbe quindi come carattere fondamentale


la previsione ; esso consisterebbe nel prevedere quantità e prezzi.
L'affermazione può sorprendere per la sua generalità. Di fatto pa-
tisce l'eccezione di qualche caso particolare.
Nel caso più generale in cui lo scopo della stima sia quello di sta-
bilire il probabile valore di mercato di un bene, l'affermazione è di una
elementare evidenza. Il dubbio può nascere allorché si t r a t t a di stabilire
l'ammontare di un danno subito e in generale di redditi mancati. In
questo caso, se la valutazione del danno subito consiste semplicemente
nella misura delle quantità perdute — quintali di canapa bruciata,
ecc. — e nella rilevazione dei prezzi verificatisi sul mercato (da attri-
buire alle quantità accertate con procedimenti tecnici più o meno ap-
prossimativi), allora non si t r a t t a più di stima, ma di un calcolo, anche
se per raccogliere gli elementi bisogna compiere lunghi e laboriosi sopra
luoghi ; al contrario se, invece, come avviene in molti altri casi, bisogna
stimare le quantità perdute e si ignorano i prezzi di mercato, allora la
stima consiste tanto nella determinazione della quantità, quanto nello
stabilire quali sarebbero stati i prezzi se le quantità perdute (quintali
di canapa, di grano, ecc.) fossero state commerciate.
Ma, in questo caso, si t r a t t a veramente di previsione? In verità la
merce è stata distratta e quindi, a rigore, la previsione su di un bene
che non esiste più è priva, di controllo, perchè il fatto sul quale si eser-
cita la previsione del perito non potrà più accadere : ma la mancanza
del controllo non toglie che il perito, allorché esprime il suo giudizio,
non possa compiere una previsione, poiché egli può ragionare come se
la merce esistesse e potesse ancora essere commerciata. Cosi argomen-
tando, anche in questo caso la stima conserverebbe il suo carattere fon-
damentale, che nel caso specifico si potrebbe esprimere nel modo se-
guente : se la canapa non fosse bruciata, quale prezzo si sarebbe potuto
ricavare vendendola in quel dato momento?
Anche nel caso in cui venga richiesta la stima di un bene fondiario
in un giudizio in cui s'invochi la lesione enorme, la. perizia conserva lo
stesso carattere precedente : si t r a t t a di esprimere un giudizio sul valore
che avrebbe avuto il fondo se, nel momento del contratto di compra-
vendita che si vuole rescindere, fosse stato offerto liberamente sul mer-
cato. È evidente che il perito non può prevedere ciò che non potrà mai
più accadere ; e non ci sembra corretto sostenere che in sostanza il perito
prevede, perchè egli, se vuole rispondere alla domanda del giudice che
gli chiede se il fondo allora valeva o meno il doppio del prezzo pagato,
deve porsi nelle condizioni in cui si sarebbe trovato nel momento prece
dente al contratto di compravendita, e prevedere quale sarebbe stato il
'prezzo in un libero mercato. I n f a t t i , in entrambi i casi considerati, il
perito, più che prevedere quali sarebbero stati i prezzi se le quantità
fossero state commerciate, deve accertare quali prezzi si praticavano,
IL G I U D I Z I O DI STIMA 7

sia per la canapa, sia per i fondi, nel momento in cui la canapa è an-
data distrutta dall'incendio o in cui il fondo è stato venduto.
Queste ci sembrano le principali eccezioni che patisce la regola se-
condo la quale ogni giudizio di stima avrebbe come carattere fondamen-
tale la previsione.

2. - VALORE DI MERCATO E VALORE DI STIMA

Ora è bene chiarire i rapporti che passano t r a valore di mercato e


valore di stima, anche perchè intorno al concetto di valore molto scris-
sero i filosofi da filosofi, e fu bene, molto scrissero gli economisti da eco-
nomisti, e f u ugualmente bene, però molto scrissero anche studiosi che
troppo indugiavano nel voler tessere quegli impossibili rapporti di con-
tinuità t r a scienza e filosofia e quindi si resero incomprensibili alle chia-
re menti dei filosofi ed a quelle egualmente chiare degli economisti.
I n una discussione svoltasi sul « Giornale degli Economisti » al
principio del secolo, t r a Benedetto Croce e Vilfredo Pareto, filosofi ed
economisti ebbero modo di chiarire le loro posizioni, specie per i mo-
derni lettori, molto più di quanto possa sembrare dall'esame del testo
della discussione e degli scritti degli Autori (1).
Mentre per il Croce il concetto di valore si identifica con il valore
di stima, cioè con il valore attribuito da un individuo a determinate
azioni economiche, per Pareto il concetto di valore si identifica con il
valore di mercato, cioè con il rapporto t r a due beni economici, verifi-
catosi in un dato istante. Il primo concetto è universale, in quanto t u t t i
gli uomini per agire consapevolmente devono giudicare (2), cioè stimare
continuamente determinate situazioni economiche; il secondo concetto

(») B. CROCE - Sul principio econòmico. Lettera al prof. Vilfredo Pareto, in


« Giornale degli Economisti », luglio 1900 — V. PARETO - Sul fenomeno economico.
Lettera a Benedetto Croce, in « Giornale degli Economisti », agosto 1900. —
B. CROCE - Sul principio economico. Replica all'articolo del prof. Pareto, in « Gior-
nale degli Economisti », febbraio 1901. — V. PARETO - Sul principio economico, in
« Giornale degli Economisti », febbraio 1901. — B. CROCE - Il giudizio tecnico e il
giudizio economico. Osservazioni ad una memoria del prof Gobbi, in « Materia-
lismo storico ed Economia marxistica ». Bari, Laterza, 1927. — B. CROCE - Eco-
nomia naturalistica ed Economia filosofie n, in « Materialismo storico ed Economia
marxistica », Bari, Laterza, 1927. — B. CROCE - « Filosofia della pratica - Economia
ed Etica », Bari, Laterza, 3a ed., 1923.
(2) Basta fermarsi a considerare un poco le azioni economiche per notare come
ciascuna di queste sia preceduta da una valutazione, cioè da un giudizio di stima ;
e siccome ogni azione dell'uomo ha sempre almeno un movente economico, in
quanto è azione individuale, ne viene che tutti gli atti consapevoli presuppongono
una stima, cioè un giudizio.
Ecco perchè la stima ha carattere universale ; essa è connaturata alla stessa
azione e condotta dell'uomo.
8 II. METODO DI S T I M A

è formale, perchè si riferisce ad un rapporto t r a due grandezze — il


prezzo è il rapporto t r a il bene considerato e la moneta — ed è concreto
(o meglio storico) perchè il prezzo si verifica nella realtà ed è suscetti-
bile di rilevazione — statistiche di prezzi — trattandosi di un fatto
compiuto.
Considerando la realtà si nota che gli individui, dovendo giudicare
determinate situazioni economiche, esprimono i loro giudizi in moneta,
cioè compiono delle valutazioni suscettibili di comparazione con il va-
lore di mercato, che è il prezzo pagato o riscosso in un determinato
istante t0 per il bene scambiato bQ. Basta riflettere un poco a quanto ci
accade nella pratica quotidiana per sorprenderci ad attribuire somme
di moneta a beni economici che ci interessano.
Forse è per questo che si è f a t t a e si fa confusione tra valore di
stima e valore di mercato, concetti profondamente diversi: l'uno è la
espressione del pensiero di colui che giudica, l'altro invece è un fatto
compiuto, suscettibile di rilevazione e che se può essere elemento di gin
dizio, non deve essere scambiato con il giudizio stesso.
Il Croce affermando che non è possibile graduare i valori, così da
costruire una scala, si riferiva al valore di stima, affermando l'impossi-
bilità di ordinare una serie di possibili azioni economiche a, b, c,
secondo una scala crescente o decrescente, egli afferma, in sostanza, la
impossibilità che ha l'uomo di giudicare nello stesso istante diverse si-
tuazioni o beni economici; motivo per cui, allorché si costruisce una
scala di valori secondo i giudizi di valore dati in istanti successivi, si
costruisce una pretesa scala di valori, perchè le posizioni di stima non
sono t r a loro comparabili.
« Prevedo ciò che si può addurre contro l'affermata natura non
meccanica del principio economico. Si può dir questo. Ciò che non è
meccanico, non è misurabile; e i valori economici, invece, si misurano;
e se finora non si è trovata l'unità di misura, sta in linea di fatto che
noi distinguiamo molto bene valori più grandi e valori più piccoli, mas-
simi e minimi, e formiamo scale di valori. Il che basta per stabilire la
misurabilità, e, di conseguenza, l'intrinseca natura meccanica del va-
lore economico. Ecco l'uomo economico, che ha dinanzi una serie di
possibili azioni, a, b, e, d, e, f , ; le quali hanno per lui valore de-
crescente, indicato dai numeri 10, 9, 8, 7, 6. Appunto perchè egli mi-
sura i valori, si risolve per l'azione a = 1 0 , e non c = 8, o per e = G.
« La deduzione non fa una grinza, posto il fatto della scala dei va-
lori che viene illustrata dall'esempio. Posto il fatto : ma se quel fatto
invece fosse una nostra allucinazione? Se l'uomo dell'esempio, invece
di essere l'homo oeconomicus, fosse l'homo utopicus o eterocosmicus,
non trovabile neppure nelle costruzioni della immaginazione? ».
Più oltre il Croce continua :
« L'assurdo contenuto nel concetto dei valori (è evidente che il Croce
IL GIUDIZIO DI STIMA 9

parla di valori di stima, 11011 di valori di mercato] maggiori o minori, è,


insomma, il presupposto che un individuo possa trovarsi contempora-
neamente in condizioni diverse. L'homo oeconomicus non è nel tempo
stesso in a, b, c, d, e, f , ; ma quando è in b, non è più in a ; quando
è in c, non è più in b. Egli non ha dinanzi se non un'azione da lui ac-
cettata, la quale esclude tutte le altre, che sono iniinite, e che per lui
rappresentano solamente azioni non prescelte (non valori).
« Certo, nel fatto economico entrano oggetti fisici, i quali, appunto
perchè tìsici, sono misurabili. Ma l'economia non conosce cose e oggetti
tìsici, sibbene azioni. L'oggetto tìsico è semplice materia bruta dell'aito
economico : misurando esso, si resta nel mondo fisico, non si passa al-
l'economico » f 1 ).
È evidente che il Croce per valore intende l ' o f e l i m i t à del Pareto o
l'utilità degli economisti. E siccome per avere nozione di essa occorre
stimarla, la scala dei valori cosi intesa diviene assurda perchè è impos-
sibile stimare nello stesso istante più beni, cioè esprimere più giudizi
nello stesso attimo. Ma tale scala non diviene assurda quando si consi-
dera il valore come rapporto t r a due beni economici — il tavolo vale 8
sedie, 63 calamai, oppure il tavolo vale 250 lire attuali, cioè 250 volte
0,047 grammi di oro fino, il che significa che il tavolo ha un prezzo di
250 lire.
Al quale ragionamento del Croce nulla si può opporre : esso ci in-
segna che attraverso valutazioni o attribuzioni di valore non è possibile
costruire una scala di valori che abbia rispondenza effettiva con la real-
tà, perchè si t r a t t a di una scala astratta, priva di contenuto concreto.
Si può convenire completamente con le argomentazioni del Croce, e
nello stesso tempo ammettere la commensurabilità dei beni economici,
quando, anziché considerare i f a t t i nella loro indiminuita o indiminui-
bile realtà come fa il filosofo, si considerino i fatti per farne oggetto di
scienza ; la quale deve sempre diminuire in qualche modo il fenomeno o
il fatto se vuole fare opera utile, cioè scoprire quelle uniformità più o
meno approssimate che sono le leggi scientifiche.
Per questo le argomentazioni del Croce non si possono trasferire
nella scienza economica ; esse non sono proposizioni di sc ienza ma di
filosofia e quindi se tornano utili allo scienziato in quanto insegnano i
limiti e la natura della scienza economica, non sono certo suscettibili di
alcuna fecondità scientifica.
Ecco perchè in termini di scienza economica è possibile costruire
una scala di valori senza contraddire all'affermazione del Croce, in
quanto si tratta di due scale diverse.
Concludendo si può affermare che, incorrendo nelle astrazioni con-

t1) Cfr. : BENEDETTO CROCE - « Materialismo storico ed Economia marxistica »,


5a edizione riveduta. Bari. Laterza, 1927, pagg. 228, 229, 230, passini.
10 II. METODO DI S T I M A

naturate nello stesso processo della scienza economica, si possono già


duare i valori di mercato e i valori di stima, in ordine crescente o ite
crescente, costruendo delle scale, e precisamente :
—• scale di prezzi, ricavate rilevando le somme pagate in un dato
istante per determinati beni venduti sul mercato: grano L. 100 al q.Ie,
avena L. 80 al q.le, risone L. 65 al q.le;
—• scale di prezzi previsti, ricavate attribuendo un dato prezzo a
beni clie si suppone siano venduti all'istante : grano L. 100 al q.le, ave-
n a L. 80 al q.le, risone L. 65 al q.le.
Però l'indicazione fornita dalle due scale menzionate è profonda
mente diversa ; la prima è una scala storica di prezzi pagati ; la seconda
è la previsione di una scala di prezzi.
Malgrado clie da un punto di vista scientifico sia possibile costruire
delle scale di valori e quindi misurare le grandezze economiche, che pos
sono appunto chiamarsi grandezze perchè sono commensurabili, rimane
però una profonda differenza tra queste e le grandezze fisiche, i cui
rapporti sono espressi in unità di misura lineare, di superficie, di in
lume, ecc.
In questo caso si considerano fenomeni della natura — peso di un
grave, volume di un corpo, ecc. — che si misurano comparandoli con
altri fenomeni dello stesso genere ; la comparazione si può ripetere, in
momenti successivi, tenendo conto delle variazioni avvenute, un mi
mero infinitamente grande di volte, ottenendosi una distribuzione sta
tistica delle misure successive che dà luogo, in date circostanze, cioè
sotto certe condizioni, alla curva degli errori (1). Per cui le grandezze
fisiche si possono misurare con una precisione che può essere grande a
piacere, ma che non è mai perfetta.
Nell'altro caso non si considerano più fenomeni della natura, ma
f a t t i degli uomini. Anche in questo caso è possibile procedere alla mi-
sura della grandezza economica di un bene, sia rilevando il prezzo che
esso ha conseguito sul mercato, sia provocando il mercato con la ven
dita e rilevando il prezzo così ottenuto. Inoltre ogni misura f a t t a prò
vocando il mercato con la vendita è perfetta, perchè anche se c'è un li
mite pratico dovuto alla divisibilità della moneta, quando lo scambio è
avvenuto, la misura del valore di quel bene, in quel dato istante, è

C) È noto che la curva teorica, verso la quale tende la curva empirica rap-
presentante le frequenze con le quali si è presentata una data misura, ha la
seguente espressione analitica :
v= A.e~h'x'
dove A ed h sono due costanti, ed e è la base dei logaritmi naturali.
Tale espressione, dovuta al Gauss, esprime, in forma approssimata, anche la
curva normale di probabilità.
I L G I U D I Z I O DI STIMA 11

data dal prezzo pagato. Il fatto però non esclude che la distribuzione
di una massa di prezzi contemporanei della stessa merce possa risultare
casuale, cioè possa avvenire secondo la curva degli errori.
Insomma, soltanto il mercato può misurare le grandezze economi-
che ; la misura si compie nell'istante in cui il bene considerato viene
venduto e pagato e vale soltanto per l'istante al quale si riferisce.

3 . - S B LO S T E S S O BENE POSSA AVERE UNO O P I Ù VALORI DI STIMAR

È d'uopo esaminare un altro problema che forse è stato messo in


chiara evidenza per la prima volta dal Gobbi nella sua memoria « Sul
principio della convenienza economica » (1). Esso può essere formulato
nella seguente maniera : il valore di stima è qualcosa di univoco ine-
rente al bene esaminato, oppure lo stesso bene può avere più valori di
stima?
Domanda alla quale il Gobbi rispondeva affermando che una valu-
tazione in moneta ha sempre un carattere ipotetico : « non si può attri-
buire alle cose un determinato prezzo se non relativamente ad un dato
impiego che se ne debba fare ».
Il concetto secondo il quale il valore di stima non è qualcosa di
univoco inerente al bene da stimare — per cui il criterio di valutazione
varia in relazione allo scopo — se è stato acquisito alla scienza econo-
mica in maniera definitiva dal Gobbi e ha ottenuto una vigorosa elabo-
razione negli scritti del Pantaleoni (2) e del S e r p i ® (3), era però co-
nosciuto, magari in forma imperfetta, specialmente dagli studiosi di
ragioneria, che al cadere del secolo scorso cercavano di in ver are i pro-
pri sistemi e di dare rigore scientifico alle loro proposizioni, attraverso
un lavoro di coordinazione della classica ragioneria con la rinnovata
scienza economica.
Il ricordato concetto può trovarsi nell'opera fondamentale del Be-
sta ('»ì, però soltanto nel Gobbi esso acquista una precisa formulazione.

( ' ) ULISSE GOBBI - Sul principio della convenienza economica. « Memorie del
R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere », voi. XXI, 12° della serie III, fase. I l i ,
Hoepli, Milano, 1900.
(») L'articolo Alcune osservazioni sulle attribuzioni di valori in assenza di for-
mazione di prezzi di mercato, in origine, fu pubblicato, in due puntate, nei fascicoli
di marzo ed aprile, dell'anno 1904, del « Giornale degli Economisti » e precisamente
alle pagine 203-325. Successivamente venne stampato nella serie II degli « Scritti di
Economia » editi da Sandron nel 1909, e ora si trova nel l i volume degli « Erotemi
di Economia », pubblicato da Laterza nel 1925.
(3) A. SERFIERI - Il metodo di stima dei beni fondiari. M. Ricci, Firenze, 1917.
Questo studio venne pubblicato in due puntate negli « Annali dell'Istituto Supe-
riore Forestale Nazionale » di Firenze.
(4) Cfr. F. BESTA - Ragioneria generale. 3 voli., Milano, Francesco VaÙardi, 1920.
12 II. METODO DI S T I M A

Per giungere gradualmente alla sua dimostrazione lasciamoci gui


dare da alcune considerazioni del Gobbi.
In un determinato momento una persona abbia a sua disposizione
una certa quantità di cose e di energia personale : alcune di queste cose
possono supplire tino a un certo punto e per certi scopi a certe forme
di energia personale : un bastone può supplire ad una certa deficienza
di energia muscolare, un paio di occhiali ad un difetto di vista. Ma vi
sono anche delle cose che possono sostituirsi l'ima all'altra per un certo
scopo : cose che, in una data proporzione, per raggiungere un certo sco
po, sono equivalenti.
Non si potrà mai parlare di equivalenza f r a due cose se non inclu-
dendo lo scopo per il quale debbono servire: la parola utilizzali ile non
ha senso se non rispetto ad un dato scopo. E l'equivalenza t r a due beni
viene risolta in maniera oggettiva soltanto dallo scambio, il quale con-
sente di stabilire il rapporto che passa tra due o più beni : questo rap-
porto di scambio si chiama valore e, quando è espresso in moneta,
prezzo, cioè valore monetario.
Il prezzo, essendo il rapporto tra il numero delle unità di misura-
delia merce e quello dell'unità di misura della moneta, è un numero e
nulla più : numero che deve essere considerato come un fatto, un dato
storico,che si è verificato nel momento in cui lo scambio ha avuto luogo ;
numero che indica il rapporto di sostituzione in cui si trovano i beni
che in quel momento si sono scambiati.
Una cosa qualsiasi si può misurare tanto in unità di lunghezza, di
superficie, di volume, di peso, quanto in unità di valore monetario ; cioè,
invece di misurarne il volume o la superficie, le si attribuisce un valore
monetario. Per mezzo di questa valutazione in moneta, si possono soni
mare quantità di cose di qualunque genere. Si traducono le quantità
eterogenee in valore monetario, perchè non si potrebbero sommare f r a
di loro quantità non omogenee. Non si potrebbero sommare chilogrammi
di lana con ettolitri di vino o capi di bestiame.
Si è già avuto occasione di insistere sul fatto che un dato prezzo
o valore monetario di una cosa esiste soltanto nel tempo e nel luogo in
cui avviene lo scambio. Per cui se due cose sono state effettivamente
scambiate basta constatare il rapporto di scambio ; quando, invece, una
cosa non è per il momento oggetto di uno scambio, il valore monetario
che le si attribuisce è il risultato di un apprezzamento, di un giudizio
stabilito in base all'osservazione di certi scambi che si sono effettiva
mente verificati.
E qui è opportuno riportare integralmente una pagina del Gobbi,
perché la memoria ricordata non è di facile consultazione e anche perchè
coglie in maniera efficacissima il punto fondamentale del problema stu-
diato.
« Una valutazione in moneta ha sempre un carattere ipotetico : non
I L G I U D I Z I O DI S T I M A 13

si può attribuire alle cose un determinato prezzo se non relativamente


ad un dato impiego clie se ne debba fare.
« Così certe merci in un negozio, se si ritiene che ne sia facile e
pronta la vendita, potranno essere valutate per la quantità di moneta
che da un momento all'altro si sa di poter ottenere vendendole.
« Un tavolo valutato 50 lire presso un negoziante di mobili, e ven-
duto effettivamente per 50 lire ad una società anonima, non può più
essere valutato 50 lire collo stesso criterio una volta che è rimasto negli
uffici di questa, anche senza subire nessun guasto, perchè è notorio che
non si trova da vendere un mobile usato allo stesso prezzo di uno nuo-
vo (*) ; ma nemmeno nel bilancio della società esso sarà valutato al prezzo
a cui si troverebbe da venderlo come mobile usato, perchè essa non ha
intenzione di venderlo, e quindi non è relativamente a questo scopo che
la valutazione deve essere fatta.
« Da ciò deriva che il valore monetario di una cosa può essere di-
verso, secondo la persona a cui essa appartiene, per ciò che a seconda
della persona stessa può variare lo scopo rispetto a cui la valutazione
è fatta.
« Il valore che si desume dagli scambi effettivi è quello che si veri-
fica data la quantità di cose effettivamente scambiate fra loro in un
dato intervallo di tempo e in un dato mercato : nell'ipotesi che la quan-
tità di una cosa posta sul mercato fosse stata sensibilmente diversa,
anche il valore sarebbe stato diverso.
« Quindi allorché si attribuisce a t u t t e le cose di una data cate-
goria il valore constatato negli scambi effettivi, i quali si limitano ad
una certa porzione di esse, si commette un errore.
<( Questo errore è trascurabile se una gran massa di tali cose è og-
getto di scambio e la valutazione è f a t t a per una quantità relativamente
piccola di esse, perchè se alla quantità che effettivamente è posta nello
scambio se ne aggiungesse una porzione relativamente piccola, il valore
non subirebbe alterazione sensibile.
« Se invece la quantità che si t r a t t a di valutare è grande rispetto
a quella che è veramente oggetto di scambio, l'errore riuscirà rilevante.
« Un esempio notevole lo si ha nella valutazione dei titoli di credito
posseduti da società e da corpi morali : il valore di borsa al giorno
della valutazione non è quello a cui t u t t a quella massa di titoli si sa-
rebbe potuta vendere.
v Tanto le ricchezze quanto le facoltà personali possono essere im-
mediate o differite ; si dicono immediate quando si fa astrazione rial

(*) SI ritiene di interpretare il pensiero del Gobbi aggiungendo che lo stesso


tavolo, nell'istante successivo alla vendita, pur conservando intatte le sue caratte-
ristiche fisiche, avrà, molto probabilmente, un prezzo di mercato diverso dal prezzo
di acquisto.
14 II. METODO DI S T I M A

tempo clie deve passare per potersene servire ; differite quando si tien
conto di questo intervallo di tempo.
« I n realtà un intervallo di tempo vi è sempre, ma quando esso è
trascurabile, e quindi considerato come zero, le cose si dicono immediate.
« Quando le cose sono differite, possono essere considerate come
eerte o come eventuali ; sono certe se si fa astrazione dalle circostanze
per cui la loro disposizione potrebbe venire a mancare; eventuali se si
tien conto del fatto clie la disposizione si verificilerà date certe condi
zioni, e non date certe altre.
« Le cose differite possono essere ridotte al loro valore presente,
ossia valutate in una certa quantità di moneta disponibile subito.
« Le cose eventuali possono del pari essere valutate in una quantità
di moneta certa ed immediata.
« Il criterio della valutazione è sempre il medesimo in tutti i casi :
siccome è possibile permutare cose differite ed eventuali contro cose pre
senti, la valutazione viene f a t t a in base alla quantità di moneta che si
può ottenere in un tale scambio. E valgono le avvertenze fatte per la va-
lutazione di una cosa qualunque nella moneta corrispondente : vale a,
dire che il valore dipenderà dallo scopo, ossia dalle condizioni di quello
scambio ipotetico rispetto al quale la valutazione è fatta.
« Le cose differite ed eventuali, una volta valutate in una somma
certa e presente, si considerano come ricchezze attuali.
« Le cose valutate in moneta sono sempre cose materiali, quantità
tìsiche.
« Chi compera la clientela di un negozio 11011 paga niente di immate
riale ; bensì egli dà un corrispettivo immediato pel guadagno eventuale
consistente in moneta, e quindi materiale, ch'egli calcola di ottenere
sugli acquisti che i consumatori abituati a rivolgersi a quel negozio vi
faranno anche in seguito. Se si valuta in moneta 1111 segreto di fabbrica
od una privativa industriale, si indica quale è la quantità di moneta
immediata che in date circostanze equivale alla moneta differita ed even
tuale che si otterrà come guadagno di monopolio disponendo di quel se
greto di fabbrica o di quella privativa. II valore di un credito è la mo-
neta immediata equivalente alla moneta differita e spesso eventuale che
si ha diritto di ottenere.
« Possiamo ora riassumere quanto si riferisce alla valutazione delle
cose in moneta.
« Cose distinte dalle persone, e prestazioni personali sono oggetto
di permutazione.
« Constatato il rapporto di scambio f r a di esse, lo si può esprimere
per tutte mediante unità di misura di una cosa scelta come moneta : si
ha così il prezzo 0 valore monetario.
« Cose che non sono nel momento in cui si considerano oggetto di
I L G I U D I Z I O DI S T I M A 15

uno scambio, possono essere indicate in valore monetario, ossia valutate


in moneta, ma con queste avvertenze :
1°) non tutte le cose sono valutabili in moneta. Quelle valutabili,
dette ricchezze, sono soltanto una parte dei mezzi disponibili ;
2°) la valutazione f a t t a prendendo per base il prezzo effettiva-
mente pagato in qualche scambio di cose della stessa specie, implica
sempre un errore, che può essere trascurabile o grave secondo i casi ;
3°) la valutazione non può farsi se non relativamente ad un dato
impiego che le cose debbano avere.
« Quindi Ja valutazione in moneta dei mezzi a disposizione di una
persona è necessariamente: 1°) parziale; 2°) inesatta-, 3°) ipotetica ».
Questa fondamentale pagina del Gobbi contiene l'esatta formula-
zione del fondamentale principio cui deve ispirarsi il giudizio di stima.
Mentre il Gobbi t r a t t a delle valutazioni delle cose in moneta, occa-
sionalmente, come parte di uno studio sul giudizio tecnico considerato
come premessa al giudizio di convenienza, il Pantaleoni", nell'articolo
pubblicato dal Giornale degli Economisti nel 1904 (1), sviluppò una serie
di considerazioni in merito alle attribuzioni di valore richieste nel caso
particolare, ma importantissimo, in cui si debba addivenire alla com-
pilazione di un bilancio.
Egli ha osservato che, quando si prescinde dal fine in vista del quale
si redige il bilancio, le attribuziqni di valore non possono più farsi e
quelle che, come atto del tutto meccanico, si facessero non avrebbero
alcun significato; perciò, quando il lettore di uno di questi bilanci trova
un significato nei simboli e nelle cifre esaminate, ciò avviene perchè ha
introdotto, consapevolmente o meno, una qualche finalità che serve alla
loro interpretazione.
Supponiamo, ad esempio, che in un bilancio di una azienda agraria,
privo di uno scopo determinato, si trovino macchine ed attrezzi per
l'ammontare di 5000 lire.
Qual'è il significato di questa somma di danaro?
Se il bilancio è stato compilato ritenendo che ogni attività della
azienda potesse essere liquidata nella sua totalità, allora vuol dire che
le macchine e attrezzi sono state valutate 5000 lire, perchè si ritiene che
questa somma probabilmente sarà ricavata sul mercato nell'istante in
cui i beni considerati saranno venduti.
Se, invece, la somma di 5000 lire rappresenta il costo di produzione
— somma di spese sostenute per ottenere un dato bene — allora tale
valutazione ha un significato soltanto nel caso in cui la formulazione del
bilancio abbia richiesto la sua determinazione.
Il Pantaleoni osserva che in linea di fatto la notizia riportata reta-

CI O f r . M . PANTALEONI - Op. cit.


16 II. METODO DI S T I M A

tivamente al costo di produzione sostenuto può anche essere vera « ma


cosa dice a noi questa notizia storica, se il raccontare la storia non è
attualmente la finalità del bilancio? ». JÈ evidente che si cadrebbe ancora
in errore qualora si confondesse il costo con il valore realizzabile con la
vendita dei beni considerati, perchè non è detto che il costo coincida con
il prezzo. « Se poi mancò un fine, e si mise la cifra a capriccio, oppure si
narrò un fatto storico senza nemmeno averlo voluto narrare » non si
comprende quale nesso esso abbia con il prossimo avvenire finanziario
che noi volevamo leggere sul bilancio e nemmeno si comprende il nesso
con il presente (o con l'avvenire scontato all'attualità, che è pure una
forma del presente) se il presente volevamo rilevato in quelle cifre.
Per questi motivi il Pantaleoni afferma che quando un bilancio è
stato redatto con un determinato scopo, cioè le attribuzioni di valore
sono state l'atte con quello, nessun altro criterio può servire per la sua
lettura. Quando poi il bilancio, cioè le valutazioni di cui esso si com-
pone, sono state compiute senza alcuno scopo consapevole, resta dimo-
strato che il bilancio manca di ogni senso e non ha che le apparenze
esteriori di un bilancio ; esso appartiene a quella categoria di bilanci
che, a detta dei contabili, non li capiscono che coloro che li hanno fatti.
Muovendo da queste considerazioni il Pantaleoni concluse con le
seguenti proposizioni, nelle quali, le parole fra parentesi sono state ag-
giunte perchè le affermazioni che l'autore limita esclusivamente ai bi-
lanci si possono correttamente estendere a tutte le stime :
— il fine, o lo scopo, o l'ufficio, che dir si voglia, in vista del quale
un bilancio viene redatto (una valutazione viene compiuta) è quello che
unicamente ed interamente attribuisce un significato alle valutazioni
che ne costituiscoo l'attivo e il passivo.
Proposizione dalla quale deriva come corollario che un bene econo-
mico non solo può ma deve ricevere attribuzioni di valore diverse a se-
conda del fine della valutazione ; lo spostamento del line agisce come
agisce sulla proiezione di un paesaggio lo spostamento della posizione
dell'osservatore. Per cui, ad esempio, il patrimonio di un'azienda agra
ria in liquidazione deve ricevere un'attribuzione di valore diversa da
quella che riceverebbe se lo stesso complesso di diritti appartenesse ad
un'azienda che non è in liquidazione.
—• le attribuzioni di valore che constano di valori previsti e quindi
sono giudizi di previsione intorno ai prezzi di effettivo realizzo, noli
hanno nulla che vedere con i prezzi attuali di mercato, o con prezzi di
costo comunque manipolati.
Le conclusioni precedenti hanno avuto una grandissima influenza
nelle dottrine estimative ; esse hanno permesso di sistemare in maniera
razionale una grande quantità di questioni che, pur sorgendo continua
mente nella pratica delle stime, non avevano ancora ottenuto una soddi-
sfacente giustificazione teorica.
I L GIUDIZIO DI STIMA 17

Inoltre, queste affermazioni hanno avuto il merito grandissimo di


portare notevoli chiarimenti nell'interpretazione delle valutazioni, la
cui fecondità è stata davvero eccezionale in materia di bilancio.

I. - INTORNO AL CONCETTO SECONDO I L QUALE I L VALORE DI STIMA


DIPENDE DALLO SCOPO C U I MIRA LA VALUTAZIONE

Il concetto esposto nel paragrafo precedente è fondamentale ; esso


chiarisce il carattere della stima, dimostra che ogni valutazione presup-
pone uno scopo al quale debba servire e che soltanto lo scopo giustifica
la valutazione compiuta.
Con tutto ciò non bisogna lasciarsi troppo trascinare da questo con-
cetto suggestivo, e dare ad esso una importanza che ne trascenda i li-
miti. Affermare che il valore di stima dipende dal motivo per il quale
si richiede la valutazione, significa, in sostanza, che lo stesso bene, nello
stesso istante, può avere diverse destinazioni e quindi essere giudicato
in maniera difforme.
Si è detto che al chiarimento portato da questo concetto si deve la
.sistemazione di una serie di questioni ricorrenti specialmente nella pra-
tica delle valutazioni di bilancio.
Ad esempio, se la stima del capitale bestiame esistente alla fine del
ciclo (11 novembre, 31 dicembre, ecc.) in un'azienda agraria è richiesta
dalla liquidazione del bestiame, allora la valutazione dovrà avvicinarsi
il più possibile al prezzo di mercato che si realizzerà vendendolo ; così
pure si procederà nel caso in cui la stima debba servire per compilare
un bilancio il cui scopo sia quello di determinare l'ammontare del red-
dito netto (!) nell'ipotesi che al termine del ciclo produttivo i singoli
elementi patrimoniali costituenti l'azienda vengano liquidati.
Consideriamo un altro caso : il caso in cui la stima sia richiesta
dalle ordinarie operazioni d'inventario che servono a compilare un bi-
lancio, il cui scopo è quello di accertare il reddito netto dell'azienda in
•un dato ciclo produttivo, indipendentemente da variazioni avvenute nel
valore di mercato dei beni costituenti il capitale di scorta : scopo giu-
stificato dal fatto che di solito nell'azienda agraria occorre permanen-
temente una certa quantità di scorte vive e morte, per cui queste, es-

(') La differenza tra il prodotto lordo e le spese sostenute dall'imprenditore


per soddisfare salari, interessi, servigi, da lui non corrisposti direttamente, dà il
reddito economico privato, chiamato generalmente reddito netto.
Per questo il reddito netto così definito rappresenta la remunerazione com-
plessiva dell'imprenditore concreto, il compenso globale per le prestazioni di per-
sona e di capitali, che questi fa alla produzione.
Cfr. 6. TASSINARI - Saggio intorno alla distribuzione del reddito nell'agricoltura
italiana. Piacenza, Federazione Italiana dei Consorzi Agrari, 1926, pagg. 25-26.

G. MEDICI - Lesioni di estimo 2


28
II. METODO DI STIMA

sendo legate all'esercizio del fondo, non costituiscono, in genere, og-


getto di normale commercio.
È evidente che la stima, in questo caso, ha soltanto lo scopo di
mettere in evidenza le variazioni di valore avvenute per effetto di modi-
ficazioni determinatesi nella consistenza tìsica e quindi nelle attitudini
economiche dei capitali, senza tenere conto dell'eventuale perdita (o
profitto) dovuta a variazioni avvenute nei prezzi del capitale bestiame
durante il ciclo produttivo. E non è detto che si debbano considerare,
come taluni sono portati a ritenere da recenti esperienze, soltanto le
variazioni di prezzo dovute a svalutazioni o rivalutazioni monetane,
perchè profonde variazioni nei prezzi possono essere determinate da
dazi doganali, da improvvise scoperte di surrogati, ecc. In questi casi
è evidente che la forte diminuzione o incremento del valore di capitale
bestiame non deve ripercuotersi sul reddito netto, ma se mai sul patri-
monio netto. Dato lo scopo, la stima deve quindi essere f a t t a con gli
stessi criteri adottati nella compilazione dell'inventario iniziale, perchè
non si devono portare delle variazioni dipendenti esclusivamente da mo-
dificazioni avvenute nel mercato del bestiame.

2?CASO

B T B"
L?CASO

M r B'
E E'

A' A"
IL NOV. 1 9 2 6 IL NOV. 1927

A B — V a l o r e d e l b e s t i a m e a v e n t e u n a c o n s i s t e n z a fìsica .1 E.
A' B' — V a l o r e d e l b e s t i a m e a v e n t e l a s t e s s a c o n s i s t e n z a fisica A E.
B M — D i f f e r e n z a c h e a n d r e b b e a d i m i n u i r e il r e d d i t o n e t t o q u a l o r a il be-
s t i a m e venis«e v e n d u t o al t e r m i n e del ciclo p r o d u t t i v o ; essa costi-
t u i s c e u n a d i f f e r e n z a fittizia q u a n d o , c o m e a v v i e n e d i s o l i t o , lo s c o p o
d e l b i l a n c i o è q u e l l o d i d e t e r m i n a r e il r e d d i t o n e t t o i n d i p e n d e n t e -
m e n t e d a variazioni a v v e n u t e nei prezzi di m e r c a t o dei c a p i t a l i di
scorta.
A" B" — V a l o r e d e l b e s t i a m e a l l ' 1 1 N o v e m b r e 1927, q u a l o r a n o n f o s s e r o a v -
v e n u t e v a r i a z i o n i n e l l a c o n s i s t a n z a e nel prezzo di m e r c a t o del
c a p i t a l e b e s t i a m e . T a l e g r a n d e z z a (A" B") si m a n t i e n e n e l b i l a n c i o
di c h i u s u r a , a n c h e se sono a v v e n u t e v a r i a z i o n i nei p r e z z i d e l be-
s t i a m e , q u a l o r a lo s c o p o d e l b i l a n c i o s i a q u e l l o d i d e t e r m i n a r e l ' a m -
m o n t a r e del r e d d i t o n e t t o i n d i p e n d e n t e m e n t e d a v a r i a z i o n i a v v e n u t e
nei prezzi di m e r c a t o del c a p i t a l e b e s t i a m e .
N a t u r a l m e n t e , i n q u e s t o c a s o , il v a l o r e d e l c a p i t a l e b e s t i a m e
del b i l a n c i o di c h i u s u r a è diverso d a q u e l l o s e g n a t o nel b i l a n c i o
di a p e r t u r a .

Il bilancio così compilato dirà quale è stato l'esito economico indi-


pendentemente dalle variazioni dei prezzi del bestiame esistente alla fine
del ciclo.
I L G I U D I Z I O DI S T I M A 19

Il problema posto è risolto. Ma la soluzione è parziale, perchè se è


avvenuta una minorazione nella consistenza fisica del bestiame, dovuta
a malattia (mastite, aborto, a f t a benigna, ecc.), a traumi, ad invecchia-
mento, ecc., non compensata dal bestiame novello, come si procede alla
valutazione della differenza, cioè della minorazione avvenuta nella sua
attitudine produttiva? Evidentemente, siccome rimane invariato lo sco-
po per il quale si fa il bilancio, bisogna rispondere che questa valuta-
zione deve essere f a t t a con gli stessi criteri seguiti nella valutazione
compiuta l'anno precedente. E quali erano quei criteri?
In un anno qualsiasi bisognerà pure procedere ad una prima valu-
tazione del bestiame : in quel primo anno come si stima il bestiame?
Ora si comprende facilmente che se si enuncia la seguente propo-
sizione : gli scopi per i quali si può compilare un bilancio sono infiniti,
quindi sono egualmente infiniti i criteri che si debbono seguire nella
valutazione, si rimane in un campo meramente formale, perchè nella
realtà i criteri di stima non sono infiniti e le stime che hanno valore
indicativo sono in numero assai limitato. Invero, quando la consistenza
tisica e le attitudini economiche del bestiame rimangono inalterate, il
reddito netto, accertato indipendentemente da variazioni avvenute nel
valore di mercato dei beni costituenti il capitale di scorta, rimane lo
stesso anche se il bestiame non viene stimato. Per cui quello che im-
porta in questo caso non è la valutazione del capitale bestiame, ma la
valutazione delle variazioni avvenute nel capitale bestiame. Comunque,
in concreto, quali possono essere i criteri che può seguire l'imprendi-
tore nel compiere questa valutazione? Uno solo : quello di valutare la
diffei "enza mentovata secondo il probabile prezzo di mercato, perchè esso
dà indicazione della probabile somma che si è perduta a causa della ma-
stite o dell'afta : nè sembra che, nel caso specifico, si possano applicare
i criteri del costo, della capitalizzazione dei redditi o della surrogazione.
Inoltre, se è certo che la valutazione è sempre arbitraria perchè di-
pende dagli scopi del bilancio, il quale, per dirla con il Pantaleoni, dice
quello che dice, però non si può dimenticare che nella compilazione di
certi bilanci bisogna attribuire anche un saggio d'interesse al capitale
impiegato; se codesto capitale è stimato in base al valore di mercato
può dare indicazione comparativa circa il miglior impiego del capitale,
nel senso che dà nozione del denaro realizzabile con la vendita del be-
stiame, e che si potrebbe impiegare in altro modo ; d'altro lato non si
conoscono, anche nel caso esaminato, altri criteri più fecondi di quello
di avvicinarsi il più possibile al probabile prezzo di mercato.
Il problema si presenta in modo analogo quando si t r a t t a di valu-
tare i foraggi, per addivenire alla formazione del bilancio.
Quando il bilancio deve stabilire il reddito netto nell'ipotesi di an-
nua liquidazione dei singoli elementi patrimoniali costituenti l'azienda,
allora il foraggio dovrà essere stimato secondo il prezzo di mercato ; se,
20 II. METODO DI S T I M A

invece, il bilancio ha lo scopo di stabilire il reddito netto, astraziou


fatta dalle variazioni che subisce il valore di mercato delle scorte, al
lora non si t r a t t a di stimare il foraggio di scorta ma l'incremento o la
diminuzione nella consistenza di questo, perchè nel caso in cui non fos-
sero avvenute variazioni nella quantità dei foraggi sarebbe inutile qual-
siasi valutazione.
Il problema che si pone è quindi il seguente: come deve essere ta-
lutata l'eccedenza o la diminuzione che si riscontra nei foraggi?
I criteri possono ridursi a tre : il prezzo di mercato, il prezzo di
trasformazione, e il prezzo di surrogazione.
È evidente che la stima dovrà essere f a t t a in base al prezzo di mer-
cato se l'eccedenza sarà venduta o la diminuzione colmata con acquisti
dello stesso foraggio ; se, invece, l'eccedenza sarà consumata nell'azien
da, allora s'impone l'adozione del così detto prezzo di trasformazione,
che si ottiene facendo la differenza tra i prodotti trasformati e le spese
occorse alla trasformazione ( l ). E ciò perchè la produzione lorda vendi-
bile dovrà essere aumentata del valore del foraggio eccedente che sarà
trasformato nell'azienda.
Quando la diminuzione di foraggi non viene colmata con acquisti,
allora il foraggio mancante deve essere stimato su la base del prezzo di
trasformazione, perchè la produzione lorda vendibile dovrà essere dimi-
n u i t a del valore del foraggio mancante che è già stato trasformato nel
l'azienda. Se invece la diminuzione di foraggio viene colmata con ac-
quisti di foraggio diverso da quello di cui si riscontra la diminuzione,
allora bisognerà ricorrere al cosiddetto prezzo di surrogazione, che è poi
un valore di mercato e precisamente il prezzo pagato per surrogare il
foraggio mancante (2).
Consideriamo ora il caso di bilanci nei quali è d'uopo stabilire il
valore del capitale di scorta per determinare l'interesse che ad esso
compete : come si stimano i foraggi in questo caso?
È opinione molto diffusa che debbano essere stimati in base al prez
zo di trasformazione, perchè il foraggio ha come principale destinazione
la trasformazione in prodotti zootecnici (carne, latte, lavoro, ecc.), quin
di errata sarebbe una valutazione che si fondasse sul prezzo al quale
viene venduta direttamente una piccolissima frazione dei foraggi pro-
dotti ( 3 ).
Ma esaminando bene il tema si rilevano alcuni fattori che vengono
a modificare la precedente, ormai classica, affermazione.
Supponiamo che, nel caso indicato, la valutazione dei foraggi di
scorta venga fatta per redigere un bilancio il quale ha lo scopo di eo-

(>) Cfr. il cap. IT, parag. 3.


(2) Ofr. il cap. II, parag. 4.
(3) Cfr. 11 capitolo dedicato alla stima dei foraggi, parte seconda.
I L G I U D I Z I O DI S T I M A 21

noseere i risultati economici della produzione, nell'ipotesi che al capi-


tale di scorta venga assegnato un dato tasso d'interesse. Qualora l'indi-
cazione richiesta sia di carattere comparativo, i foraggi di scorta si de-
vono valutare in base al prezzo di mercato; si vuole conoscere l'ammon-
tare del capitale di scorta in quel dato istante per sapere quale sarebbe
l'ammontare degli interessi qualora cotesto capitale venisse venduto ed
il denaro equivalente impiegato in investimenti comparativamente si-
mili. Scopi per raggiungere i quali bisogna fondarsi esclusivamente sul
valore di mercato.
Il prezzo di trasformazione dà un indice intorno al bilancio dell'im-
presa zootecnica e dice come sarà pagato il foraggio trasformato dal be-
stiame, quando si verificheranno le ipotesi postulate, ma non dà quello
che non può dare e cioè il prezzo unitario per determinare l'ammontare
del capitale foraggio, in vista degli scopi suddetti. Né valgono le argo-
mentazioni che si sono portate e si seguitano a portare applicando i
comodi schemi della statica economica, in forza dei quali il prezzo di
mercato, in condizioni di libera concorrenza, tende al prezzo di trasfor-
mazione, perchè, anzitutto, bisognerebbe dimostrare statisticamente co-
testa tendenza, e, in secondo luogo, anche quando fosse accertata, non
avrebbe alcuna importanza per il tema discusso, in quanto si t r a t t a di
fare dei bilanci concreti che diano le indicazioni richieste.
Per bilanci aventi altri scopi il criterio del prezzo di trasformazione
può essere applicato con successo (1). I n questi casi, quando cioè si
deve seguire il criterio del prezzo di trasformazione, non si dimentichi
che esso risulta da un bilancio impostato su la differenza t r a i prezzi
dei prodotti trasformati e le spese occorse alla trasformazione, esclusa
la materia prima considerata (foraggio) ; bilancio che dipende dal prezzo
di mercato dei prodotti trasformati e dal prezzo di mercato dei beni e
servigi occorsi alla, trasformazione.
Per questo, o la stima si basa su f a t t i di mercato realmente av-
venuti (dati storici) e allora si risolve in un calcolo certo che non im-
plica previsione (e quindi non è più stima, ma calcolo), oppure non di-
spone di dati certi e non ha carattere storico ed allora si risolve, anche
in questo caso, nel prevedere i prezzi di mercato dei prodotti trasfor-
mati ed i prezzi di mercato dei servigi e delle materie necessarie alla
trasformazione.
Da queste considerazioni risulta che se i criteri di stima da seguire
caso per caso sono funzione degli scopi che si intendono raggiungere con
la valutazione, è però da ritenere che, qualunque sia lo scopo e quindi
qualunque sia il criterio adottato, la valutazione si risolva nella previ-
sione di prezzi di mercato e nella previsione di quantità prodotte e im-

(') Cfr. il capitolo dedicato alla stima dei foraggi.


22 II. METODO DI STIMA

piegate. E ciò perchè o si t r a t t a di prevedere il prezzo di mercato the


avrà il bene considerato, oppure si devono prevedere i prezzi di mercato
che avranno determinati prodotti e determinate materie prime, che ven-
gono impiegate nel processo produttivo nel quale entra, come fattore di
produzione, il bene oggetto di stima. Per cui si può affermare che :
— il concetto secondo il quale il valore di stima di un bene econo
mico è funzione dello scopo per il quale si fa la valutazione, giova spe-
cialmente per chiarire la n a t u r a della stima e quindi per stabilire quale
criterio si deve seguire nella valutazione ;
—• qualunque sia il criterio di stima adottato (in base al valore di
mercato, in base al costo, in base alla capitalizzazione dei redditi, ecc.)
la valutazione si risolve nella previsione di prezzi di mercato e dì quan
tità prodotte e impiegate nel processo produttivo ; fìssati i. prezzi e le
quantità, la stima ha terminato il suo compito e lascia il campo al
calcolo.

5 . - CARATTERI DELLA STIMA

Ci sembra che ora si possano trarre alcune conclusioni che costituì


scono l'introduzione allo studio dell'estimo, e in particolare alla valuta-
zione dei beni fondiari, di cui ci occuperemo :
a) la valutazione presuppone la conoscenza tecnica dei beni eco
nomici, cioè la conoscenza delle loro attitudini e delle loro possibilità,
l>) la valutazione presuppone uno scopo, cioè un line al quale deb
ba servire ;
c) la valutazione, qualunque sia la natura del bene e lo scopo
per il quale si compie, si risolve in una previsione, e delle previsioni
conserva tutti i caratteri.
A queste proposizioni se ne possono aggiungere altre due, la prima
delle quali è f r u t t o di osservazione statistica :
d) la valutazione richiesta al perito, nel grandissimo numero ilei
casi, ha scopi per soddisfare i quali occorre stabilire il probabile valore
di mercato del bene oggetto di stima;
e) la valutazione di un bene qualsiasi, per qualunque scopo sia
richiesta, si risolve o nella previsione del valore di mercato del bene da
stimare, oppure nella previsione del valore di mercato di beni impiegati
nel processo produttivo e nella previsione della loro quantità.
Più raramente si domanda la nozione del costo di produzione o di
quello di riproduzione dei beni stessi, come avviene nella stima di certi
f r u t t i pendenti (1).

(') Cfr. In proposito il paragrafo dedicato al costo, contenuto nel secondo ca-
pitolo della parte prima.
I L G I U D I Z I O DI STIMA 33

In proposito è bene accennare ad una distinzione fra costo di pro-


duzione e di riproduzione, di un certo interesse estimativo. La determi-
nazione del costo di produzione di un bene già prodotto (facendo astra-
zione da probabili costi congiunti o associati e da necessarie valutazioni,
ammortamenti, ecc.), forse, in qualche caso, si potrebbe compiere attra-
verso rilievi. Sommando prezzi rilevati, cioè prezzi realmente pagati, la
determinazione del costo acquisterebbe carattere storico e perderebbe il
carattere proprio della valutazione. Al contrario, la determinazione del
costo di riproduzione si deve fare sempre attraverso una serie di valu-
tazioni, perchè non si t r a t t a di costi sostenuti ma di costi che si dovreb-
bero sostenere oggi riproducendo il bene.
Questa distinzione forse ha più importanza di quanto possa appa-
rire di primo acchito. Essa dà rilievo al fatto che alcuni problemi detti
di valutazione non consistono in vere e proprie stime, ma in rilevazione
di prezzi, come avviene nel caso in cui si debba stabilire una somma di
spese da rimborsare, oppure in semplici operazioni aritmetiche, come
avviene nel caso in cui si debba determinare l'ammontare del capitale
corrispondente ad un canone annuo che si deve versare per la durata
di n anni, al saggio r.
Si può quindi concludere che il carattere fondamentale della stima
risiede nella previsione e che non c'è stima quando si t r a t t a di rilevare
dati certi e di calcolare con questi.

0. - CARATTERI SCIENTIFICI DELL'ESTIMO

Gli studi compiuti sulla traccia segnata dal Gobbi e dal Pantaleoni
hanno portato a rivedere gran parte dei concetti fondamentali dell'esti-
mo ; i moderni t r a t t a t i s t i (Serpieri), rifacendosi alle fonti più genuine
della scienza economica, sono riusciti a superare l'acuto dualismo che
divideva la tecnica dall'economia e a gettare così le basi di un nuovo
sistema nello studio dei problemi estimativi. I più recenti orientamenti,
distinguendo in maniera categorica la verace teoria, feconda di sviluppi
e di applicazioni, dalla sterile astrattezza, in cui si è troppo spesso indu-
giata la nostra disciplina, hanno reso più acuto il bisogno di chiarire,
precisare e penetrare nella n a t u r a del processo di stima.
L'estimo costituisce veramente una scienza, oppure invano si ricerca
nel complesso delle sue nozioni il carattere proprio al processo scien-
tifico?
È a questa domanda che cercheremo di rispondere nelle pagine se-
guenti.
Consideriamo anzitutto la realtà : essa ci insegna che esistono de-
terminate grandezze materiali, cioè fisiche, come i terreni, le case, il
grano, il caffè, ecc. le quali soltanto nell'istante in cui sono oggetto di
scambio divengono anche grandezze economiche, perchè alla loro n a t u r a
24 II. METODO DI S T I M A

materiale si aggiunge un fatto concreto dell'uomo, che stabilisce in un


dato istante il loro rapporto economico (1).
Orbene, quando si esamina codesto rapporto economico (prezzo) si
nota che esso costituisce la prima realtà della scienza economica pura.
I n f a t t i , il resto o appartiene al mondo tìsico (terreno) o biologico (pian-
te, animali), ed allora diventa materia tecnica, oppure è giudizio morale,
ed allora appartiene alla fìlosotia, o è analisi del piacere e della pena, ed
è psicologia, o, infine, è descrizione delle vicende economiche, cioè dei
f a t t i trascorsi, ed allora è storia.
Se si conviene di intendere per scienza lo studio delle uniformità
(leggi) che si presentano nei fenomeni della n a t u r a e nei f a t t i della- vita
umana — come insegna la dottrina naturalistica — allora la scienza
economica verrebbe intesa come una sorta di statistica economica. :
scienza che trova i suoi f a t t i nei prezzi, nelle quantità prodotte, scam-
biate, ecc. e che cerca di scoprire le leggi empiriche che essi presentano.
Il carattere distintivo tra ciò che è scientifico e ciò che non lo è starebbe
quindi nella esistenza o meno di uniformità, suscettibili di verificarsi
con maggiore o minore probabilità.
Ora, mentre vi sono scienze (fisica, chimica) le cui leggi si verificano
con un grado così alto di probabilità che praticamente raggiunge la cer-
tezza (legge di gravità, ecc.), vi sono altre scienze (economica) le cui
leggi hanno una così tenue probabilità di verificarsi da consigliare i
loro cultori a coniare nuove parole — quasi uniformità — che dimo-
strano l'incertezza delle leggi enunciate. Si passa cioè insensibilmente
dal campo delle scienze fisiche a quelle biologiche, da quelle biologiche
alle economiche.
Orbene, è evidente che l'estimo avrebbe carattere scientifico — nel
senso sopra ricordato — quando avesse le sue uniformità o leggi esti-
mative, suscettibili di verificarsi nella realtà, alle quali attingere nei
processi di valutazione.
Ma di quale n a t u r a saranno o potranno essere le uniformità esti-
mative?
È facile osservare che in questo senso è esclusa l'esistenza di una
scienza estimativa, per la semplice ragione che non esistono i fatti del-
l'estimo : così come, nello stesso senso, è esclusa l'esistenza della scienza
giuridica, perchè non esistono i f a t t i del diritto ; e qualora per fatti del
diritto si intendessero le leggi dello Stato o le sentenze dei tribunali lo
studio delle uniformità statistiche che esse presentano non sarebbe certo
diritto, ma esercitazione statistica, o magari quella cosa incerta che si
chiama sociologia, ma non mai diritto.

(') Si ricorda che per grandezza s'intende tutto ciò di cui si può pensare il
doppio; cioè tutto ciò che è suscettibile di essere misurato.
I L G I U D I Z I O DI S T I M A 25

L'estimo non ha f a t t i estimativi, dallo studio dei quali si possano


desumere le leggi statistiche alle quali vanno soggetti ; deve invece inse-
gnare il procedimento logico da seguire per attribuire una data somma
di moneta a dati beni in vista di determinati scopi e quindi partecipa ad
alcuni caratteri propri delle discipline giuridiche.
Se si può quindi teorizzare intorno ai caratteri della stima, e alla
natura del giudizio di stima, se si possono studiare con profitto le pre-
messe fondamentali al giudizio tecnico e a quello economico, se si pos-
sono tessere con successo le relazioni che intercorrono t r a la scienza, eco-
nomica, la tecnica, e il processo di stima, non è possibile scoprire o
accertare delle leggi estimative, cioè dare all'estimo una compiuta siste-
mazione scientifica nel senso ricordato ; e ciò anche perchè esso acquista
piena concretezza soltanto quando si studiano quei casi speciali che
nascono da determinate situazioni tecniche, che si considerano come
dati di fatto : cioè quando il problema di stima è determinato da vincoli
precisi e chiaro risulta, lo scopo per il quale la valutazione si compie.
Per questo, mentre non possono esistere tante teorie quante sono
le stime speciali, esistono i problemi concreti di stima. Ecco perchè
l'estimo, allorché si lasciano le generalità introduttive per scendere nel
fecondo campo dei problemi concreti, diviene casisticp ; esso sta alla
clinica come la teoria, generale della stima (estimo generale) sta alla
patologia : questa considera la malattia (teoria del giudizio di stima)
quella il malato (caso di stima).
Si è detto casistico perchè la sua consistenza non si può trovare
altro che nella classificazione delle stime che possono essere richieste
e nella formulazione delle soluzioni che ad esse possono essere date.
Si insiste di proposito su questo concetto perchè in tema di stime
speciali le teorie sono fuori luogo ; queste devono essere sviluppate ed
acquisite nello studio dell'estimo generale, che è poi la scienza econo-
mica ; e l'estimo speciale, se vorrà diventare veramente fecondo, anziché
cercare delle uniformità pseudo-scientifiche, e come tali dannose, dovrà
limitarsi a dare la soluzione di problemi concreti di stima, e non già
ad esemplificare seguendo il metodo proprio delle matematiche.
È opportuno osservare che nella stima, allo stato attuale delle nostre
conoscenze, il calcolo ha una parte del tutto secondaria.
I n f a t t i , la stima non consiste nel calcolare e l'estimo non può tro-
vare la giustificazione della sua n a t u r a nel f a t t o che in alcuni problemi
si debba ricorrere al calcolo superiore. I l calcolo è un mezzo di cui si
vale il perito, dopo che, come giudice, ha scelto le grandezze con le
quali compiere i conteggi: il calcolo è uno strumento, e non può certo
esso giustificare il carattere scientifico della nostra disciplina. A volte
però accade il contrario ; e i semplici procedimenti aritmetici diven-
gono, in maniera più o meno inconsapevole, l'oggetto di molte tratra-
zioni estimative. Anziché considerare il caso di stima nella sua realtà,
36 II. METODO DI S T I M A

facendolo vivere con t u t t i i legami che esso ha con i beni economici con
i quali è in rapporto, si esemplifica seguendo il sistema adottato nei
testi di geometria e di algebra.
La stessa formulazione del quesito, spesso tradisce il calcolo e ignora
o lascia ignorata la parte fondamentale che è la discussione del caso,
in rapporto alle quantità prodotte e impiegate nel processo produttivo
ed ai loro prezzi.
Non bisogna mai dimenticare che la stima è un atto di vita, e che
il giudizio di stima economica è dello stesso genere del giudizio che
emette il clinico intorno alla natura e agli sviluppi di una malattia :
ambedue si giovano delle conoscenze acquisite dalla scienza, ma ambe
due devono ricorrere alla esperienza, intuizione, intelligenza, a quelle
doti personali senza delle quali non esiste nè il perito nè il medico. Tutti
gli atti della vita sono il f r u t t o di valutazioni, (li apprezzamenti, di giù
dizi, i cui elementi derivano da conoscenze scientifiche e dalla vita vis-
suta che, con le sue esperienze accumulate, consente di prepararsi alla
formulazione delle previsioni che si devono compiere.
Nelle lezioni seguenti avremo occasione di dimostrare che nel gran-
dissimo numero dei casi, la valutazione richiesta al perito ha scopi per
soddisfare i quali sì domanda il probabile valore di mercato del bene
oggetto di stima, per cui è di fondamentale importanza :
—- la conoscenza tecnica dei beni;
—• la conoscenza intima del mercatoj
— la nozione teorica intorno alle uniformità secondo le quali si
vengono determinando i prezzi.
Ciò significa che al perito agrario, edile, industriale, commerciale,
si richiede specialmente :
a) preparazione tecnica, cioè conoscenza delle possibilità e delle
attitudini che, in quel dato momento, ha il bene considerato;
b) conoscenza intima del mercato di quei particolari beni, che si
ottiene soltanto con l'esperienza e si risolve nel conoscere le curve di
domanda e di offerta dei beni considerati. Invero, conoscere il mercato
significa sapere qual'è stata in condizioni analoghe la reazione del mer-
cato a quella stessa sollecitazione, e quindi essere in grado di preve-
derne, con un certo grado di probabilità, l'esito. E si noti che questa
conoscenza del mercato non sempre è consapevole e razionale ; spesso è
conoscenza f a t t a di intuizioni, che non sempre trovano una spiegazione
teorica ;
c) conoscenza della scienza• economica che consenta al perito di se-
guire le relazioni tra i f a t t i economici e di conoscere razionalmente le
tendenze del mercato. Essa è indispensabile se il perito vorrà essere illu-
minato intorno a relazioni e uniformità che ignora.
Ma la razionalità, in questo caso, consiste soltanto nel conoscere
una teoria economica che sia in grado di dare un'interpretazione cor-
IL G I U D I Z I O DI STIMA 27

retta ai vari sintomi che si palesano nel mercato, non consiste nel sosti-
tuire una teoria economica, necessariamente imperfetta, allo stesso
mercato.
L'ultimo decennio ha dimostrato non soltanto l'utilità ma la neces-
sità di conoscere le teorie economiche più recenti ; di fronte alla ridda
paurosa dei provvedimenti doganali e delle riforme monetarie, soltanto
coloro che conoscono i f a t t i egualmente bene come le dottrine, coloro
che interpretano gli avvenimenti alla luce della teoria e questa rinno-
vano al contatto perenne dell'esperienza, hanno saputo mantenere un
certo dominio sui f a t t i e non si sono lasciati trascinare dall'onda del
caso ; mare ignoto, di fronte al quale erano egualmente muti e sgomenti i
puri teorici della scienza economica votati ad astrali meditazioni ed i
meri adoratori del fatto.
Ecco perchè il perito deve conoscere ugualmente bene i fatti e le
teorie, ma non deve mai sostituire queste a quelli.
Da quanto precede si può t r a r r e una fondamentale conclusione :
siccome l'estimo non partecipa al carattere scientifico proprio delle
scienze naturali, la scienza della valutazione dei beni economici non
può essere altro che un capitolo della scienza economica.
Rimane però un altro lato del carattere scientifico dell'estimo che
è opportuno studiare.
Se si esaminano i t r a t t a t i di estimo e specialmente quelli di estimo
rurale, si nota facilmente che nessun autore pretende all'esistenza di
leggi proprie alla sua disciplina. Al contrario in quasi t u t t i i t r a t t a t i
di estimo si trova la tendenza, consapevole o meno, a porre in evidenza
il metodo estimativo ; tendenza che si palesa poi in maniera evidentis-
sima nei più recenti t r a t t a t i s t i (Serpieri, Marenghi) i quali tendono a
trascurare quel bagaglio tecnico che costituisce la parte più cospicua
dei t r a t t a t i tradizionali. Non è quindi da ritenere, come qualcuno ha
pensato, che le recenti critiche rivolte al sistema tradizionale scalzino
le basi della disciplina estimativa ; anzi è da ritenere che proprio da
codeste revisioni critiche ne possa uscire fortificato il suo fondamento,
che risiede nel metodo, dalla cui elaborazione dipende la sua sistema-
zione razionale.
Esaminiamo ad esempio la regola estimativa che insegna a proce-
dere alla stima dei terreni arborati.
La sua formulazione si esaurisce, come avremo occasione di dimo-
strare, in una semplice e pura applicazione matematica : sia pure di
matematica finanziaria. Ma questa applicazione matematica riposa su
presupposti di carattere economico e inoltre richiede la conoscenza di
una serie di dati che possono essere rilevati soltanto quando si sia a.
conoscenza della tecnica. E siccome è pacifico che i presupposti econo-
mici dei quali si parla sono di pertinenza della scienza economica ; e
dato che le basi tecniche si acquistano con lo studio delle scienze sulle
28 II. METODO DI S T I M A

quali si l'ondano (chimica agraria, patologia vegetale, ecc.), ne risulta


che l'estimo, valendosi delle nozioni scientifiche proprie delle singole
discipline interessate, coordina con proprio metodo i singoli fatti e fe -
nomeni onde giungere al valore di stima.
Forse sta in questo metodo il fondamento della dottrina estimativa ;
applicando lo stesso metodo estimativo a questioni diverse derivano l'e-
stimo rurale, l'estimo civile, l'estimo industriale, ecc. ; analogamente
a quanto avviene per la statistica, la quale esiste come disciplina auto-
noma in quanto è metodo statistico, che genera poi la statistica demo-
grafica, economica, biologica, meteorologica, secondo che viene applicato
alla popolazione, ai f a t t i della vita economica, allo studio della biologia
o della meteorologia.
E siccome il metodo è una forma di logica, si parla di logica stali
stiea; analogamente, perchè non si potrebbe parlare di una logica esti-
mativa ? cioè di una sorta di logica volta a dettare il metodo atto a
guidare colui che deve esprimere un giudizio di valore?
Ci sembra che specialmente in ciò vada ricercata la n a t u r a razio-
nale della dottrina estimativa, poiché invano si cercherebbero quelle
impossibili leggi o quasi uniformità che potrebbero dar corpo ad una
scienza simile alle scienze naturali.
CAPITOLO II.

I C R I T E R I D I STIMA

1. - I CRITERI DI STIMA IN GENERALE

Assodato che la scelta del criterio di stima dipende dallo scopo deila
valutazione, è opportuno esaminare distintamente i principali criteri che
nella comune pratica estimativa vengono seguiti.
Si è già dimostrato che in tutti i casi le valutazioni che si richie-
dono al perito hanno scopi per soddisfare i quali occorre stabilire il
probabile valore di mercato dei beni da stimare o di beni aventi rap-
porti con questi. Si comprende quindi l'importanza fondamentale che
ha il criterio di valutazione in base al valore di mercato, tanto più che,
nella grande maggioranza dei quesiti estimativi, ciò che si chiede al
perito è appunto un giudizio circa il jorezzo che in un determinato
tempo e mercato può presumibilmente realizzarsi per un determinato
bene economico.
Altre volte — nota il Serpieri (2) — si richiede la valutazione di
redditi per fornire un criterio circa la convenienza relativa di investire
il risparmio nell'acquisto di un determinato bene economico, in con-
fronto di altri investimenti possibili in quel tempo e mercato. In questo
senso l'operazione di capitalizzazione dei redditi, quando il reddito sia
stato accertato, diviene operazione puramente aritmetica, perchè si
t r a t t a di stabilire la somma massima che si può pagare per godere un
determinato saggio d'interesse. Invero, in questo caso la stima è t u t t a
contenuta nella valutazione (previsione) del reddito, perchè il saggio di
sconto è stabilito a priori dall'acquirente.
Altre volte si t r a t t a di valutare dei diritti, cioè di stabilire a quale
somma di moneta equivalgono ; così avviene quando si ha diritto a per-
cepire per un numero limitato o illimitato o probabile di anni una data

(') Allo scopo eli inquadrare meglio lo studio dei singoli criteri di stima si è
ritenuto opportuno riassumere in questo paragrafo alcune conclusioni del prece-
dente capitolo.
(2) Cfr. A. S E B P I E R I - Il metodo, ecc., op. cit.
30 II. METODO DI S T I M A

somma. In questo caso, la valutazione si risolve prevalentemente in un


calcolo aritmetico, perchè l'entità del reddito (canone eniiteutico, pen-
sione vitalizia, ecc.) e magari anche la sua durata e il saggio di sconto,
sono già stabiliti ; al reddito non è detto che corrisponda un concreto,
definito capitale che lo generi. Di solito si conosce l'entità del reddito
ma s'ignora il saggio di sconto, il quale deve essere il frutto di una pre-
visione, resa particolarmente difficile dal fatto che non si t r a t t a di in-
vestimenti, ma di diritti che dànno luogo a reddito indipendentemente
dal capitale, il quale magari non esiste.
f u altri casi si chiede al perito di accertare danni subiti, per il
quale scopo a volte bisognerà accertare semplicemente le spese soste-
nute (costo di produzione), a volte le spese che si sosterrebbero se quei
beni venissero prodotti oggi (costo di riproduzione) ; a volte la somma
attuale dei redditi mancati per effetto del danno subito, che è iu so-
stanza una forma di capitalizzazione dei redditi.
Per le valutazioni di bilancio, i criteri da adottare sono in funzione
degli scopi ai quali mira il bilancio: valutazioni che sono state ampia-
mente esaminate dal Pantaleoni, poi dallo Zappa e in America special-
mente dal Clark. Fondamentali sono le considerazioni che il Serpieri
ha fatte in tema di valutazione dei capitali di scorta, parte dei quali,
non avendo un vero mercato, esigono criteri basati su metodi (valore di
trasformazione, di surrogazione) che hanno il grave inconveniente di
richiedere valutazioni e previsioni per giungere a un'altra valutazione (').
Ricordiamo, infine, le valutazioni stabilite dalla legge secondo pre-
cise norme convenzionali, nel qual caso non si ha la possibilità di sce-
gliere un criterio di stima perchè a determinarlo vi ha provveduto il
legislatore.
Da quanto precede risulta che la valutazione può avvenire in base :
1°) al valore di mercato (prezzo) ;
2°) al costo ;
3°) alla capitalizzazione dei redditi ;
1°) al prezzo di trasformazione ;
5°) al prezzo di surrogazione ;
e anche in base :
6°) a norme convenzionali;
criteri che sono t r a loro dipendenti e le cui relazioni sono oggetto di
studio da parte della scienza economica. Esaminarli profondamente si-
gnificherebbe scrivere un t r a t t a t o di economia ; ciò che non rientra nello
scopo di queste lezioni. Ci limiteremo quindi a porre in rilievo gli
aspetti estimativi di qualcuno dei criteri ricordati, tralasciando per

(') Cfr. A. SERPIERI - Intorno ad alcune più controverse valutazioni agrarie.


Conegliano, Arti Grafiche, 1900. Si veda pure il paragrafo 4 del capitolo primo.
I CRITERI DI STIMA 31

ovvi motivi lo svolgimento delle teorie economiche del valore, per lo


studio delle quali rimandiamo alle trattazioni specifiche. Grande impor-
tanza avrà invece l'esame del criterio della capitalizzazione dei redditi,
al quale sarà opportuno dedicare alcuni capitoli.

- I L COSTO

Il costo risulta dalla somma di t u t t e le spese sostenute dall'impren-


ditore per poter giungere sino alla vendita di un dato prodotto. Esso
comprende l'interesse dei capitali impiegati, i salari, gli stipendi, le im-
poste, e tutte le altre spese occorrenti pei' la reintegrazione dei capitali
impiegati nella loro totalità o per quote : in tal modo il capitale del-
l'impresa, astrazion f a t t a da ogni altra variazione, viene reintegrato
nella misura esistente all'inizio del ciclo produttivo.
Il costo sostenuto per produrre un dato bene si dice costo di pro-
duzione ; quello che oggi si sosterrebbe per riprodurre un bene esistente,
e prodotto nel passato, si chiama costo di riproduzione. Si dirà quindi :
il q.le d'olio di oliva prodotto quest'anno da un dato imprenditore ha
un costo di produzione di L. G52 ; questo impianto idrovoro ha avuto un
costo dì produzione di L. 520.000 ed ha un costo di -riproduzione di
L. .300.000.
Il concetto di costo si riferisce,sempre ad un dato prodotto e ad un
dato imprenditore.
Può avvenire che alcuni elementi del costo non costituiscano spese
effettivamente sostenute dall'imprenditore, perchè egli è già in pos-
sesso di qualcuno degli elementi di produzione : in tal caso è evidente
che ai prezzi pagati per l'acquisto sul mercato di quegli elementi di cui
era sprovvisto, egli debba aggiungere il valore di stima di quelli che
possiede : valore che a sua volta sarà stabilito con criteri che saranno
diversi da caso a caso.
Il Serpieri (2) ricorda il criterio della rinuncia ai redditi che l'im-
prenditore avrebbe potuto ottenere. Così se, ad esempio, un imprendi-
tore agrario, che è anche proprietario del fondo, vuole determinare il
prezzo d'uso del capitale fondiario — prezzo che nel caso specifico non
viene effettivamente pagato — bisognerà che egli lo valuti, o in base al
canone di affittò che avrebbe percepito affittandolo, oppure in base al
reddito che avrebbe ottenuto investendo il capitale in altra forma di im-
piego e così via, secondo le possibilità specifiche che gli si offrono.
Ne deriva che il costo non è qualche cosa di univoco inerente al
bene prodotto ; esso sarà diverso a seconda delle aziende e del tipo di
ordinamento adottato.

( ' ) SERPIERI - Il metodo, ecc., pag. 91.


32 II. METODO DI S T I M A

Se, i n u n d a t o m o m e n t o , vi sono n a z i e n d e (viticole), c h e p r o d u c o n o


gli stessi beni (uva), con lo stesso o r d i n a m e n t o p r o d u t t i v o (vigneto spe-
cializzato)., sia r i g u a r d o a i p r o c e d i m e n t i t e c n i c i , sia r i g u a r d o a l l a n a t u r a
d e l l ' i m p r e n d i t o r e , t u t t e t e n d e r a n n o a r e a l i z z a r e il m i n i m o costo p e r
u n i t à di merce p r o d o t t a , e quindi t u t t e t e n d e r a n n o a d avere un eguale
c o s t o di p r o d u z i o n e d e l l ' u v a .
I l costo ( t o t a l e , m a r g i n a l e , u n i t a r i o ) c h e c o r r i s p o n d e a d u n a d a t a
q u a n t i t à di m e r c e p r o d o t t a r i s u l t e r à lo stesso p e r t u t t e le a z i e n d e , poi
c-hè, d a t a la l o r o o m o g e n e i t à , t u t t e a v r a n n o le stesse curve dei costì (x).

(') Dalla curva del costi totali (t), che si ritiene abbia un primo ramo nel
quale i costi unitari sono decrescenti e un secondo ramo nel quale sono crescenti,
si ricaveranno le curve dei costi marginali ed unitari.
Posto che la curva dei costi totali abbia la seguente espressione :

f=A«)
dove y rappresenta i costi ed x le quantità prodotte, ne viene che la curva dei costi
marginali (m), che esprime come il costo totale tende a variare per una variazione
infinitesima della quantità, sarà la derivata f ( x ) ; cioè, l'equazione del costi mar-
ginali sarà :
y n = m
Dalla definizione ne viene che se si considera la curva dei costi totali, l'ordi-
nata misura il costo totale e il coefficiente angolare della tangente misura il costo
marginale; se si considera, invece, la curva dei costi marginali, l'ordinata rap-
presenta il costo marginale e l'area racchiusa f r a la curva e gli assi ortogonali
rappresenta il costo totale.
Infine, la curva dtei costi unitari (w), deve soddisfare alla condizione seguente:

cioè, le singole ordinate della curva dei costi unitari devono essere eguali al rap-
porto tra il costo totale e le quantità prodotte corrispondenti.
Dal grafico, che è facile disegnare, si vede come la curva del costi totali abbia un
punto di flesso: quindi la derivata seconda, in quel punto sarà zero, cioè la curva
dei costi marginali avrà un punto di minimo (o di massimo). Non solo. La curva
dei costi marginali si interseca con quella dei costi unitari, in un punto al quale
corrisponde la quantità ottima, quella che viene prodotta al costo minimo.
Infatti :
x
V, = Vu
da cui, derivando
(1) V\ = Vu -+- ® V'u

e siccome nel punto di intersecazione della curva dei costi marginali con quella
dei costi unitari sarà i/m = u u , cioè y \ ~ y u , ne viene che:
X
— Vu + »'u
e quindi
xu'u = o
I CRITERI DI STIMA 33

Nella realtà le aziende clie producono lo stesso prodotto non sono


tra loro omogenee, nè sono sempre in concorrenza, nè questa, anclie
quando esiste, può agire nel senso previsto dalla teoria, perchè vi sono
a t t r i t i che ne ostacolano l'azione. L'eterogeneità delle aziende che pro-
ducono lo stesso prodotto fa sì che ogni azienda abbia la sua partico-
lare curva statica dei costi.
Si considerino, per esempio, due aziende che producono entrambe
la stessa uva da vino; siano verificate tutte le condizioni teoriche della
concorrenza, si ottenga la stessa qualità di prodotto e questo venga
commerciato nello stesso momento ; però mentre un imprenditore, per
lavorare la vigna, si vale esclusivamente dei membri della sua famiglia,
l'altro impiega anche dei salariati. Questa sola differenza fa sì che,
essendo l'unità lavorativa fornita dalla famiglia valutata in maniera di-
versa da quella fornita dal mercato, si avranno due diverse curve sta-
tiche di costi.
A questa constatazione va aggiunto il fatto che nel calcolo del costo
entrano attribuzioni di valore, giudizi di stima, i quali devono essere
fatti in maniera diversa secondo la n a t u r a dell'imprenditore e gli scopi
che questo si prefigge. Nella determinazione del costo entrano quindi
valutazioni che risentono profondamente l'influenza dei giudizi perso-
nali : una azienda che non abbia ammortizzato gli impianti, che possa
contare su di una breve vita o che preveda prossimo un cambiamento di
gusti o della tecnica produttiva o lina crisi, calcolerà un costo unitario

da cui, siccome x rappresenta la quantità prodotta che non può essere mai nega-
tiva, ne viene che
V'u = 0
il che significa che vi è un punto della curva dei costi unitari die ha un minimo
(o un massimo) : punto che si verifica nell'intersecazioni: della («) con la (mi, e
che nel caso esaminato è il punto di minimo costo.
Dalla (1) si può dedurre che, se la derivata del costo unitario è positiva
{ u ' u > 0). il costo marginale sarà maggiore del costo unitario (V n ^>V u ), se è ne-
gativa allora il costo marginale sarà minore del costo unitario (ìlm<.Vu)-
Il che vuol dire che, in generale, si hanno costi unitari crescenti quando il costo
marginale è superiore al costo unitario ; costi decrescenti nel caso contrario. Il
punto ottimo, che dà la quantità che si ottiene al minimo costo unitario, è il punto
di intersezione della (u) con la (m). Si noti bene che il minore costo unitario può
cadere dopo il punto di flesso, cioè nella zona dei costi unitari crescenti : e ciò
avviene tutte le volte che il costo marginale è inferiore al precedente costo unitario.
Cfr., in proposito, i contributi portati dal V I N C I con lo studio Sui fondamenti
della dinamica economica, pubblicato nella « Rivista Italiana di Statistica » (an-
no II, n. 3 , 1 9 3 0 ) , dove l'A. dedica un capitolo alla dinamica delle curve dei costi;
sono egualmente importanti le considerazioni svolte dal V I N C I nel lavoro Sui me-
todi di studio della dinamica economica in «Rivista Italiana di Statistica, Econo-
mia e Finanza » (anno IV, n. 2 , 1 9 3 2 ) . Si veda pure il capitolo III delle Lezioni di
Economia Matematica di L U I G I AMOROSO, Bologna, Zanichelli, 1 9 2 1 .

G. MEDICI - Lezioni di estimo.


34 II. METODO DI S T I M A

maggiore di quello di un'altra azienda, che abbia ammortizzato gli ini


pianti, che conti di vivere più a lungo o preveda quei cambiamenti a
più lontana o remota scadenza.
lutine, è opportuno ricordare che raramente un'azienda produce
un solo bene ; di solito le aziende producono contemporanea mente più
beni, per cui il costo, cioè la somma delle spese sostenute dall'imprendi-
tore, si riferisce globalmente a tutti i prodotti. È quindi estremamente
frequente il caso dei costi associati o congiunti o connessi : caso che
nell'azienda agraria si può ritenere generale, perchè di solito si produ-
cono almeno due prodotti. Anche nell'ipotesi assurda in cui vi fossero
aziende che coltivassero soltanto frumento, non si produrrebbe soltanto
grano ma anche paglia; solamente nel caso di aziende olivicole o viticole
specializzate ci si avvicina abbastanza all'unità del prodotto.
In generale nelle aziende agrarie si producono contemporaneamente
più prodotti: e quindi la determinazione del costo di uno di essi in-
contra l'insuperabile difficoltà dei costi congiunti. 11 problema, che con-
siste nella ripartizione del costo globale sostenuto dall'azienda t r a i
singoli prodotti, non può avere nessuna soluzione razionale; qualsiasi
ripartizione venga compiuta rimane un f a t t o arbitrario. La soluzione
razionale vi sarebbe qualora si potesse misurare la parte di spese che
ciascun prodotto ha richiesto per poter essere conseguito ; ciò sugge-
risce la considerazione che, pur rimanendo arbitraria la ripartizione,
l'arbitrio però può essere contenuto, poiché vi sono criteri di ripartizione
meno arbitrari di altri per attuarla. Si t r a t t a di studiare questi criteri
e di sceglierli caso per caso, in modo che la risoluzione, pur mantenendosi
irrazionale, sia la meno assurda possibile. Ecco perchè gli economisti
agrari ricordano con lodevole insistenza che in realtà esiste soltanto il
costo complessivo dei prodotti congiunti e che il costo del grano, del riso,
della canapa, ecc. non sono costi, ma quote di ripartizione del costo
complessivo.
F r a i criteri di ripartizione più conosciuti ricordiamo quello che
consiste nel detrarre dal costo complessivo il prezzo di mercato di tutt i
i prodotti meno uno : la differenza cosi ottenuta viene considerata come
il costo del prodotto. Questo criterio si adatta benissimo al caso in cui
un agricoltore, che produce vino, grano, latte, carne, ed è sicuro di ven-
dere il vino, il grano e il latte a un certo prezzo, volesse conoscere il
prezzo minimo al quale dovrà vendere la carne senza perdere o,
come correntemente si dice, senza vendere sotto costo. Questo caso si
verifica raramente : accade invece più sovente che l'agricoltore desideri
conoscere a un di presso il costo dei singoli prodotti per avere un punto
di riferimento per stabilire il prezzo di vendita. In questo caso, di solito,
si caricano a ciascuna merce le spese specifiche e si dividono le spese
generali con i criteri più svariati, spesso del tutto convenzionali.
Si può quindi concludere che il costo non si può mai determinare
45
I CRITERI DI STIMA

ni maniera rigorosa : per giungere ad esso bisogna sempre compiere delle


valutazioni e delle ripartizioni di valori, che in ogni caso sono arbi-
trarie. Ciò però non vuol dire che la sua determinazione non si possa
fare e che essa non sia utile ed istruttiva. Abbiamo voluto fare le osser-
vazioni precedenti soltanto per precisarne i caratteri economici. I n f a t t i ,
per i bisogni della pratica estimativa, il criterio del costo è suscettibile
di applicazione e quindi la sua natura economica deve essere ben cono-
sciuta, anche perchè il perito acquisti piena consapevolezza delle diffi-
coltà che presenta la sua determinazione.

3 . - I L PREZZO DI TRASFORMAZIONE

Il prezzo di trasformazione di un dato bene è il numero che si ottiene


facendo la differenza t r a i prezzi dei prodotti trasformati e le spese oc-
corse alla trasformazione del bene considerato. La dizione di prezzo è
quindi impropria perchè non si t r a t t a di un prezzo che si paga e si in-
cassa, ma del f r u t t o di un calcolo. Nonostante ciò, siccome è ormai in-
valso nell'uso, noi continueremo ad usare la stessa espressione.
Il prezzo di trasformazione ha significato e valore molto più ampio
di quello che di solito si usa attribuirgli nel campo * della economia
agraria.
In verità ogni attività, ogni azione, si risolve nel determinare tra-
sformazioni economiche che possono avvenire prevalentemente nello spa-
zio, nel tempo, oppure nello spazio e nel tempo. Così il grano all'azien-
da viene trasformato in grano sul mercato — trasformazione prevalen-
temente spaziale — , un credito realizzabile f r a dieci mesi viene trasfor-
mato in un credito ad òggi — trasformazione nel tempo — e così via.
Ora, siccome ogni trasformazione richiede un costo, la differenza tra il
prezzo di mercato del bene trasformato e la somma delle spese occorse
alla trasformazione (costo) dà il prezzo del bene prima della trasforma-
zione, nell'ipotesi che non vi sia stata nè perdita, nè profitto.
In alcuni casi la determinazione del costo di trasformazione non
incontra difficoltà — trattandosi di spese esplicite — e quindi il prezzo
ottenuto ha un grande valore indicativo ; in molti altri casi, invece, il
costo di trasformazione dipende da costi congiunti per cui, razional-
mente, la sua determinazione è impossibile dovendosi ricorrere a ripar-
tizioni arbitrarie ; in tal caso si ottiene un prezzo che non soddisfa in-
teramente alle premesse e che quindi perde parte del suo valore indi-
cativo.
Alcune applicazioni possono chiarire, meglio di lunghe argomenta-
zioni, i concetti esposti.
Per determinare il prezzo di trasformazione del quintale di foglia di
gelso, destinato all'alimentazione del baco da seta, si deve impostare un
36 II. METODO DI STIMA

bilancio del tipo seguente, che riferiamo all'allevamento di un'oncia


di seme bachi. Le cifre hanno soltanto valore di indicazione.

PRODOTTI TRASFORMATI

1) Bozzoli Kg. 65 a L. 8,— L. 520,—

S P E S E OCCORSE ALLA TRASFORMAZIONE

1) Prezzo d' uso dei locali L. 20,—


2) Interesse dei capitali impiegati » lo,—
3) Mano d'opera » 260,—
4) Direzione » -0' —
5) Imposte. . » 10,—
6) Seme bachi »
7) Riscaldamento, illuminazione » 10,—
8) Disinfezione »
9) Ammortamento, manutenzione, graticci e varie . » 30,—
10) Assicurazione » 10,—

L. 420,—
Prezzo di trasformazione 520 — 420 = 100.

Ora, siccome per allevare un'oncia di seme bachi occorrono circa 11


quintali di foglia di gelso, il prezzo di trasformazione di un q.le sarà
dato da :
520 — 420
v — = 9 lire circa.
' 11
L'indicazione che ci viene da questo prezzo di trasformazione dipende
specialmente dall'attribuzione di valore che è stata data alle voci di cui
ai numeri 1, 2, 4, 5, 10, perchè non si t r a t t a di spese effettivamente so-
stenute dall'imprenditore ma di cifre stabilite con i criteri più svariati
e che un concreto imprenditore potrebbe anche trascurare. Le altre voci,
compresa quella importantissima della mano d'opera, sono esplicite:
questa ad esempio è di solito commisurata, come nel caso riportato,
dalla metà del valore del prodotto dei bozzoli.
Un caso assai più importante, che giudichiamo utile riportare, è
quello del prezzo di trasformazione del quintale di foraggio consumato
dalla vacca da latte.
Per maggior chiarezza riferiamo il computo a 100 capi bovini da
latte di razza bruna alpina. Anche in questo caso le cifre hanno soltanto
valore di indicazione.
I CRITERI DI STIMA 47

PRODOTTI TRASFORMATI

1) Latte q.li 3000 a L. 60 • . L. 180.000,—


2) Vitelli » 15.000,—
3) Vacche di scarto (riforma) » 17.000,—
4) Letame » 15.000,—

L. 227.000,—

S P E S E OCCORSE ALLA TRASFORMAZIONE

1) Prezzo d'uso dei locali di ricovero L. 10.000,—


2) Interesse dei capitali esistenti all' inizio del
ciclo: bestiame, foraggi, lettimi, attrezzi . . » 5.000,—
3) Mano d'opera » 27.000,—
4) Direzione » 5.000,—
5) Medicinali e veterinario » 500,—
6) . Imposte » S.000,—
7) Illuminazione » 400,—
8) Rimonta (bestiame giovape per sostituire le
vacche riformate) » 40.000,—
9) Assicurazioni » 1.000,—
10) Manutenzione » 1.000,—
L. 97.900, -

Ora siccome per mantenere e far produrre circa 30 q.li di latte ad


una comune vacca di razza bruna alpina occorrono all'anno circa 65
quintali di mangimi espressi nel così detto fieno normale, ne viene clie
la bergamino, studiata avrà impiegato complessivamente circa 6500 q.li
di fieno normale, o di mangimi equivalenti. Il prezzo di trasformazione
sarà quindi :

Anclie in questo caso mentre alcune voci sono esplicite — mano


d'opera, medicinali, veterinario, ecc. — altre non sono separatamente
pagate dall'imprenditore. Tali sono il prezzo d'uso dei locali di rico-
vero, gli interessi per i capitali, il lavoro direttivo, ecc. Ne risulta quin-
di che il prezzo di trasformazione, calcolato in lire venti per quintale di
foraggio, varierà in relazione ai criteri seguiti per valutare le ricordate
spese di trasformazione, che non danno luogo a prezzo.
38 II. METODO DI S T I M A

Nel caso specifico bisogna anche por niente al tatto che 11011 t u t t i i
prodotti trasformati hanno un prezzo di mercato ; il letame di solito non
è venduto e quindi non dà luogo a un prezzo, come avviene per il latte e
la carne. Il prezzo di trasformazione dipenderà quindi anche dal cri-
terio che ha informato la valutazione di questo importante prodotto
della trasformazione : criterio che, nel caso specifico, può essere quello
del prezzo di surrogazione di cui ci occuperemo nel paragrafo seguente.
Se poi, invece di t r a t t a r s i di bestiame da latte, si fosse trattato di
bestiame a triplice attitudine : latte, carne, lavoro, o a duplice del tipo
carne e lavoro, la valutazione dei prodotti trasformati diventerebbe an-
cora più diffìcile, perchè il lavoro, come il letame, di solito viene reim
piegato nell'azienda e quindi per valutarlo s'incontrano difficoltà alialo
ghe e spesso maggiori.
Si comprende quindi perchè in questi casi il prezzo di trasforma-
zione diventi il f r u t t o di un calcolo e acquisti sempre più carattere con
venzionale. Troppe sono le ipotesi che bisogna fare per valutare il la-
voro degli animali e il letame : valutazioni che devono a. loro volta ser-
vire per calcolare il prezzo di trasformazione.
Comunque, il criterio del prezzo di trasformazione è fecondo di con-
creti riferimenti e applicazioni: oltre ai casi ricordati basta pensare al
prezzo di macchiatico, che domina l'economia e l'estimo forestale, per
comprenderne t u t t a l'importanza. Esso deve essere tenuto presente dal
perito, perchè spesso non si desidera soltanto conoscere il risultato finale
della stima ma a volte si desidera acquisire una precisa nozione intorno
ai dati tecnici e ai procedimenti logici, valendosi dei quali il perito ma
tura il suo giudizio. Così avviene che, leggendo ragionate relazioni di
stima, il lettore non solo riesca a chiarire una serie di problemi ima
senta nascere dubbi intorno a questioni che prima credeva perfetta
mente chiare. E quindi sia spinto ad approfondire ulteriormente i que-
siti che lo interessano, in modo da poter con piena consapevolezza por
mano alla loro risoluzione.

4. - I L PREZZO DI SURROGAZIONE

Il prezzo di surrogazione, a differenza del prezzo di trasformazione,


è un vero e proprio prezzo di mercato : è il prezzo pagato per acquistare
i tieni capaci di surrogare il iene da stimare.
La stima di un bene in base al prezzo di surrogazione presuppone
quindi che sia ammessa la sostituzione del bene da stimare con altri
beni, e inoltre che esistano beni equivalenti, per un dato scopo, al bene
da stimare.
Se, od esempio, è stato pattuito t r a il locatore e il conduttore che
al termine della locazione quest'ultimo dovrà riconsegnare la quantità
di letame esistente all'inizio della locazione, oppure concimi organici e
I C R I T E R I DI STIMA 39

chimici che agli effetti della fertilizzazione del suolo siano equivalenti,
allora il perito, stabilita l'equivalenza tecnica, procederà alla rilevazione
del prezzo di mercato dei concimi scelti e determinerà il prezzo di sur-
rogazione.
In questo caso le difficoltà della stima stanno specialmente nello
stabilire l'equivalenza tecnica, poiché, ciò fatto, ci si limita a rilevare i
prezzi praticati sul mercato e a calcolare con questi.
11 Serpieri, nella memoria pubblicata a Conegliano nel 1906 « Ili-
torno ad alcune più controverse valutazioni agrarie », osserva che al-
lorché si procede all'acquisto di un qualsiasi concime, e qualunque sia
10 scopo al quale lo destiniamo, è chiaro che non converrà mai acqui-
starlo a un prezzo superiore a quello calcolato in base al prezzo dei prin-
cipi fertilizzanti che contiene, poiché noi potremmo ottenere lo stesso
effetto facendo acquisto, separatamente, dei singoli principi nutritivi.
Dal che può anche dednrsi che detto metodo di valutazione serve sola-
mente quando e in quanto il concime cosi valutato possa essere surro-
gato coi principi fertilizzanti che esso contiene, separatamente acqui-
stati. Ma ciò raramente avviene. Tutti i concioni organici, per esempio,
che contengono anche humus, sono valutabili col metodo indicato solo
in via di larga approssimazione, perchè con esso veniamo a trascurare
11 valore dell'humus. Per compiere esattamente la valutazione, bisogne-
rebbe che fosse possibile procedere separatamente all'acquisto, a prezzo
noto, dell'humus, appunto come si* procede all'acquisto dell'azoto, del-
l'anidride fosforica, ecc.
Ma un'altra osservazione, spesso trascurata, è necessario fare, per
applicare rettamente, nei singoli casi concreti, questo metodo di valu-
tazione.
Quando valutiamo un concime in base al prezzo dei principi ferti-
lizzanti in esso contenuti, noi ne determiniamo propriamente il valore
massimo, corrispondente al caso nel quale tutti i suoi principi fertiliz-
zanti siano interamente utilizzati. Se ciò non avviene, il valore da at-
tribuirsi al concime è minore. Si supponga che un agricoltore si chieda
qual prezzo può convenientemente pagare un concime complesso con-
tenente azoto, anidride fosforica e potassa, offertogli dal mercato, e si
supponga che egli coltivi un terreno molto ricco di potassa, nel quale
l'esperienza gli ha dimostrato che ogni aggiunta di questo principio
fertilizzante rimane senza effetto. È evidente che in questa ipotesi egli
dovrà valutare quel concime in base al prezzo commerciale dell'azoto e
dell'anidride fosforica che contiene, senza attribuire un valore anche
alla potassa, appunto perchè con i semplici concimi azotati e fosfatici
egli potrebbe ottenere lo stesso effetto. Uno stesso concime dunque potrà
essere valutato in modo diverso nei diversi casi dai diversi agricoltori.
Per quanto concerne il letame è opportuno avvertire che raramente
si potrà sostituire integralmente la sua azione : sarà tuttavia possibile,
40 II. METODO DI STIMA

in un certo numero di casi, ricorrere a concimi commerciali il cui ef-


fetto si può ritenere pressoché equivalente a quello del letame. Una so
stituzione completa del letame si potrebbe forse ottenere associando la
somministrazione di concimi commerciali con il sovescio di leguminose.
In questo caso però bisogna stabilire il costo del sovescio, cioè la somma
di spese da sostenersi per compierlo.
Il criterio del prezzo di surrogazione si può applicare con successo
nel caso analogo dei mangimi : cioè quando sia possibile surrogare il
fieno con mangimi che siano equivalenti agli effetti dell'alimentazione
del bestiame. Anche in questo caso alla tecnica dell'alimentazione spetta
il fondamentale compito di stabilire l'equivalenza, dopo di che si pro-
cede alla valutazione.
Questo criterio del prezzo di surrogazione riposa quindi su la pos-
sibilità che hanno certi beni di essere sostituiti da altri con i quali
hanno in comune attitudini, atte a provocare certi effetti : stabilita la
equivalenza tecnica dei beni considerati rispetto ad un dato effetto —
alimentare, concimante, calorifico, energetico, ecc. — la valutazione dì
un bene che non ha mercato si può fare ricorrendo ad un altro bene
con il quale può essere facilmente sostituito e che essendo oggetto di
normale commercio ha un suo prezzo.
È evidente la parte fondamentale che ha la tecnica (chimica agra-
ria, alimentazione del bestiame, ecc.) nelle valutazioni dove s'invocano
criteri di questo genere.

5. - NORME CONVENZIONALI

Per applicare determinate leggi dello Stato occorre procedere a va-


lutazioni economiche, per le quali il legislatore ha fissato i criteri di
stima e a volte ha stabilito addirittura le modalità del calcolo.
Il primo caso si verifica, ad esempio, quando si t r a t t a di determi-
nare l'indennità dovuta al proprietario espropriato secondo la legge del
1865 ; il secondo quando la stessa indennità deve essere determinata se-
condo la legge di Napoli del 1885.
In molti casi il compito del perito è facilitato, non avendo egli da
risolvere alcuna questione di principio o di metodo.
CAPITOLO III.

LE I P O T E S I DELLA STIMA ANALITICA

1 . - L A CAPITALIZZAZIONE DEI REDDITI IN GENERALE ( S T I M A ANALITICA)

È questo il più importante dei criteri di stima ; anzi, per alcuni sor-
passati cultori di questioni estimative è il solo criterio razionale, che si
realizza seguendo il metodo di stima analitico o razionale. Invero, tra-
dizione e dottrina si erano da tempo accordate nel distinguere un me-
todo di stima sintetico, basato sull'apprezzamento sintetico del proba-
bile valore di mercato dei beni da stimare, da un metodo analitico, chia-
mato più propriamente per capitalizzazione dei redditi, che consiste
nello scontare all'attualità i redditi f u t u r i .
Il criterio di stima della capitalizzazione del redditi viene appli-
cato specialmente nel caso in cui si debba stabilire il più probabile va-
lore di mercato di beni rustici ; ed è in relazione a questa precisa finalità
che noi lo studieremo.
È però opportuno premettere che spesso, quando viene richiesto al
perito il probabile valore di mercato di un fondo, sono quasi sempre
implicite domande del tipo seguente : che somma posso pagare quel de-
terminato fondo per percepire almeno un interesse del x % ? oppure :
pagando per quel determinato fondo la somma di x lire quale sarà il
saggio d'interesse dell'investimento?
Per rispondere a queste importantissime domande non è necessario
che il perito percorra interamente la strada della capitalizzazione dei
redditi : basta che egli compia la stima del reddito che si può in media
ricavare dai bene oggetto di stima. Uno dei termini è determinato e
quindi basta stabilire l'altro : il reddito.
L'utilità di questa nozione è evidente : essa — nota il Serpieri — è
un fondamentale punto di riferimento, un'eccellente guida, per chi cerca
impiego conveniente al proprio risparmio. I n f a t t i , la notizia fornita dal
perito consente di esaminare la convenienza economica comparativa di
diversi investimenti del risparmio e può darsi che al perito stesso venga
richiesta una serie di stime sui probabili redditi ritraibili da distinti
tipi di beni fondiari.
42 II. METODO DI STIMA

Ma la stima del reddito è questione nettamente distinta da quella


<-lie noi ora consideriamo. Quando si stima il reddito di un bene rustico
non si applica il criterio della capitalizzazione dei redditi, il quale con
siste precisamente nella ricerca del probabile valore di mercato di un
bene attraverso l'accertamento dei probabili redditi e la loro capitaliz-
zazione. Questo criterio, che non è suscettibile di applicazione per i beni
materiali che si esauriscono interamente e istantaneamente con l'uso
(farina, vino, ecc.), trova un'importante applicazione nel caso dei fondi
rustici: ora tutto sta nel dimostrare se il metodo analitico (per capita
lizzazione dei redditi) possa .servire da solo a determinare il probabile
prezzo di mercato, cioè quel prezzo che i beni considerati otterrebbero
qualora venissero commerciati nell'istante stesso in cui si esprime il
giudizio di stima.
Esame che è fondamentale per l'estimo agrario, giacché la stima dei
beni rustici è t u t t a imperniata sulla stima analitica, che è stata poi ac-
curatamente elaborata in rapporto a problemi particolari.

2 . - L E I P O T E S I DELLA STIMA ANALITICA

Le ipotesi su le quali si fonda il metodo di stima per capitalizza-


zione dei redditi, sono date dai risultati cui è giunta l'economia clas-
sica nelle sue prime formulazioni statiche.
Se indichiamo con Bf il beneficio fondiario di un bene rustico (') —
beneficio annuo che riteniamo costante e perpetuo — e con r il saggio
di sconto dei benefici f u t u r i , il valore fondiario V0 può essere espresso
nel modo seguente :

Questa semplice espressione riassume t u t t a la stima analitica: ma


questa espressione, per quanto semplice, riposa su due ipotesi, che trop-
po facilmente si dimenticano, o addirittura si ignorano e che, al con
trario di quanto si ritiene, di rado si verificano nella realtà.
È quindi opportuno esaminarle distintamente.
Perchè la formula di capitalizzazione, oltre ad un senso aritmetico,
abbia un significato economico, tale cioè che il primo termine V„ espri
ma. realmente il valore di mercato, Bf il beneficio fondiario ed r il sag-
gio di sconto, è necessario :
— che il valore di mercato di un bene economico sia. eguale alla
somma dei redditi f u t u r i scontati all'attualità ;
— che si possano prevedere questi redditi f u t u r i ed i relativi saggi
di sconto.

(') Per quanto attiene al benefìcio fondiario cfr. il paragrafo 3, di questo


capitolo.
L E I P O T E S I DELLA S T I M A ANALITICA 43

Invero, previsti i redditi Blt R2, ...., R, , e supposto, come spesso


avviene nella realtà, che essi si verifichino alla line di periodi costanti
di » anni, ripetentesi un numero finito (m) o infinito (oo) di volte; pre-
visto il saggio di capitalizzazione r, con il quale si scontano al giorno
della stima; ammesso che si verifichi l'ipotesi secondo la quale il valore
di mercato di un bene è uguale alla somma attuale dei redditi f u t u r i ; si
può scrivere la seguente espressione generale :
_ i<\ K Rj_
0— (l r)n ' (l-f..r)«" !
' ' ' ' +
(1 -+- r)m " '

dove V0 rappresenta il valore di mercato del bene da stimare a i r i -


stante t0.
Se poi i redditi sono costanti, cioè t u t t i eguali ad R, allora avremo :
R R R
V -
0 (1 + r)» (1 + (1 + r) «« •

E siccome il secondo membro di questa espressione costituisce una


progressione geometrica decrescente, di ragione —^ * — , la cui som-
ma, sarà data, per la nota regola, dal primo termine meno l'ultimo ter-
mine moltiplicato per la ragione, il tutto diviso per l'unità meno la
ragione, avremo :
R R 1
(1 -+- r)n (1-1-r)nm ' (1 -+- r f
o _ _
_
(1 + f)"
da cui sviluppando :
_ (l+r)"-l (1 -+- r) n
0 — 1 n m
(1-)-/•)" (1 -+- r) " ( l + t f - l '

semplificando si ottiene l'espressione generale seguente :


(l+>•)""'-1
0— [(1 r )» — 1] (1 + r)»»'

dove R à un reddito costante che si verifica alla fine di successivi pe-


riodi della durata di n unità di tempo, ripetentesi per m volte ; ed r mi-
sura il saggio medio al quale vanno scontati t u t t i i redditi futuri.
Nel caso, abbastanza frequente, in cui a questi redditi si possa nt-
tribuire un carattere di perpetuità, la precedente formula si semplifica,
perchè i due termini aventi per esponente mn divengono infinitamente
grandi e danno come rapporto l ' u n i t à :
R
0 —
r (l + f ) " -n nl da cui- r 0- —
(1 -H-r)« — 1 ' (1 -+- r) • ' (1 + r)" 1
44 II. METODO DI S T I M A

Questa espressione viene designata col nome di formula di capitaliz-


zazione dei redditi periodici, per distinguerla da quella di capitalizza-
zione dei redditi annui, che si ottiene dalla precedente quando n è
uguale ad 1.
R R
0
_ _
1 -t- r — 1 r '
Formula che, nel caso dei beni rustici, da noi considerato, si scrive
di solito nel modo seguente :

dove B f rappresenta il beneficio fondiario annuo, costante, posticipato,


perpetuo.
Si è quindi dimostrato che l'applicazione di questa formula di ca-
pitalizzazione dei redditi, quando sia stato stabilito il probabile bene-
ficio fondiario annuo, costante, posticipato, perpetuo, si può fare sol
tanto quando si verifichino le ipotesi ricordate : ipotesi che esamine-
remo in seguito in distinti paragrafi.
Prima di procedere oltre è opportuno osservare che, nel caso dei
beni rustici, il beneficio fondiario non si può sempre ricavare dal canone
d'affitto depurato dalle spese ed oneri a carico della proprietà : laddove
l'affitto non è pratica diffusa, dove le terre sono coltivate direttamente
dai proprietari o da questi condotte con mano d'opera salariata o con
coloni, la determinazione del beneficio fondiario annuo costante perpe-
tuo incontra serie difficoltà.
Per questo alle due enunciate ipotesi bisogna aggiungerne una terza :
'•he si possa determinare con Vapprossimazione propria delle stime, il
benefìcio fondiario.

3. - IL BENEFICIO FONDIARIO (*)

La determinazione del beneficio fondiario si può fare :


—• per via sintetica, su la base del canone di affitto ;
— per via analitica, su la base dei risultati economici della pro-
duzione.

(') Un eminente studioso di economia, nel discorrere in materia, mi fece osser


vare che locuzioni come « beneficio fondiario », se hanno il vantaggio di essere tra-
dizionali, sono però fuori di ogni uso comune ed hanno un suono un po' grottesco.
« Beneficio » fa venire in mente qualche cosa come un regalo, un vantaggio che
si ha una volta tanto in aggiunta a qualche cosa che si dovrebbe normalmente
avere. Egli mi domandava argutamente : di dove l'hanno cavata fuori una parola
così eteroclita?
Pur convenendo su l'improprietà linguistica, ricordiamo che la terminologia è
stata ormai consacrata dall'uso ; per cui si stima inopportuno introdurre novità.
LE I P O T E S I DELLA STIMA ANALITICA 45

Il Serpieri i1) osserva che la determinazione sintetica del beneficio


fondiario •—• cioè del prezzo d'uso del bene rustico considerato come
strumento di produzione — implica le solite condizioni di ogni stima
sintetica : che il bene economico considerato possa distinguersi in un
certo numero di tipi ben determinati, e che per ciascuno si conosca un
numero sufficiente di prezzi effettivamente realizzati in quel mercato e
in tempi recenti.
« Quindi nei territori dove il mercato dell'uso della terra è diffuso,
cioè laddove si pratica largamente l'affìtto, si verificano le condizioni
perchè si possa ricavare il beneficio fondiario, che in sostanza non è
altro che il prezzo d'uso del capitale fondiario.
« In massima, dunque, nei territori nei quali è diffuso il contratto
di affitto, la stima sintetica del beneficio fondiario può trovare buona
applicazione : non esitiamo ad aggiungere, applicazione più sicura che
non la stima analitica di esso.
« Una comprova si ha nel fatto che ogni pratico del mercato sa
enunciare — in via, s'intende, d'approssimazione — il presumibile ca-
none di affitto di un determinato fondo : esso non è che il risultato di
una classificazione dei terreni e della conoscenza di molti canoni d'af-
fitto effettivamente realizzati.
« I nostri t r a t t a t i s t i parlano, in generale, di stima in base alVaffit-
to : non sembra però che t u t t i ne abbiano il medesimo concetto.
« Per alcuni, questo metodo consiste nel prender conoscenza del e a-
none d'affitto concreto e attuale del fondo : nel giudicare se esso possa
ritenersi equo o continuativo, modificandolo opportunamente, se tale
non è : nel dedurre poi dal canone equo o continuativo il beneficio fon-
diario, in base ai patti speciali dell'affitto.
« Così concepito, il metodo non sarebbe applicabile che a fondi i
quali, nel momento della stima, sono affittati.
« A me sembra che il metodo vada inteso in modo un po' diverso,
come appunto altri autori lo intendono.
« La conoscenza del canone di affitto concreto e attuale, se il fondo
da stimare è affittato, è assai utile, ma non necessaria.
« Se ci troviamo in zona dove è comune il contratto di affitto, il me-
todo è perfettamente applicabile anche a un fondo che nel momento della
stima non sia affittato.
« Il punto di partenza non è la nozione del canone d'affitto concreto
e attuale del fondo : è invece la nozione di molti canoni di affitto recenti,
realizzati in quel mercato per molti terreni, opportunamente classificati
in base a quei caratteri e condizioni che influiscono sul canone di lo-
cazione.

(') Cfr. A . SERPIERI, II metodo, ecc., op. cit., pag. 24 e segg.


46 II. METODO DI S T I M A

« Quando possediamo questi dati, sapremo senz'altro apprezzare


qual'è il canone meritato dal fondo da stimare, anche se esso non è ora.
locato : questo, e non altro, è il dato che occorre al perito.
« Allorché, partendo dalla conoscenza del canone concreto e attuale,
si aggiunge che bisogna renderlo equo e continuativo, si viene in fondo
a riconoscere la verità delle osservazioni sopra svolte : con quale criterio,
infatti, si potrà riconoscere l'equità del canone, se non osservando quali
canoni si pagano comunemente sul mercato per terreni analoghi?
« Quanto alla condizione della continuità, certo è verissimo che i
redditi da capitalizzare sono sempre i redditi futuri ; ma i redditi f u t u r i
non possono essere che previsti in base ai presenti.
« Il prezzo d'uso della terra, da capitalizzare, va dunque, nei ri-
guardi della continuità, t r a t t a t o come ogni altro prezzo nelle stime. Il
perito rileva il prezzo presente, o del più prossimo passato: gli even-
tuali aumenti o diminuzioni f u t u r e di prezzo, in quanto essi siano pre-
visti sul mercato, avranno un'influenza sul saggio di capitalizzazione
(alee) : più di rado quelle previsioni potranno assumere una forma così
concreta da poter essere direttamente o numericamente tradotte in au-
mento o diminuzione del prezzo présente.
« Nei riguardi del canone d'affitto c'è poi da aggiungere che quan-
do il contratto è di lunga durata, i canoni presenti implicano già una
certa previsione delle circostanze f u t u r e che potranno influire sulla mi-
sura del canone stesso ».
Per passare dal canone d'affìtto così determinato alla nozione del
beneficio fondiario, bisogna determinare le. spese e gli oneri che sono a
carico della proprietà, e cioè :
a) le imposte, i contributi sindacali e assicurativi ;
b) le spese di assicurazione, ammortamento e quelle di mainiteli
zione a carico della proprietà ;
c) eventuali contributi consortili ;
d) il lavoro direttivo dominicale richiesto dalla custodia e con
servazione della proprietà ;
e) eventuali detrazioni dipendenti dalle specifiche disposizioni del
contratto d'affitto.
Accertata la misura media annua delle spese sostenute dal proprie-
tario, si toglie dal canone di affitto e si stabilisce così il beneficio fon-
diario, che sarà poi capitalizzato.
Il Serpieri ha dato rilievo al fatto che in verità il canone d'affitto
può includere, oltre che il prezzo d'uso della terra considerata come
strumento di produzione (il vero e proprio beneficio fondiario), anche il
prezzo di servigi diretti. Certi comodi influiscono anche sul canone di
affitto, sopratutto quando si tratta di affittuari che abitano nel fondo
stesso ; o di piccoli affittuari, per i quali si ripetono parte dei fenomeni
caratteristici dei piccoli proprietari.
L E I P O T E S I DELLA STIMA ANALITICA 47

« Ma ciò non altera il procedimento descritto, se non in quanto pos-


sa rendere necessario di tener conto, nella preliminare classificazione dei
terreni, non solamente delle circostanze che li rendono più o meno pro-
duttivi nei rispetti del beneficio fondiario, ma anche di quelle che ren-
dono maggiori o minori quei servigi diretti, dei quali si fosse constatata
una notevole influenza sui canoni d'affitto.
« 11 beneficio fondiario dedotto dal canone nei modi consueti non
sarà, allora, vero ed esclusivo beneficio fondiario, pur continuandosi in
pratica a chiamarlo così : esso includerà anche il prezzo di certi servigi
diretti ; ma ciò poco importa all'esattezza dei risultati della stima ».
Il procedimento descritto, che prende anche il nome di metodo di
stima analitico-sintetico, implica anch'esso il verificarsi delle due ipo
resi fondamentali riportate al principio del paragrafo precedente: però,
nel caso specifico, dato che l'attendibilità del probabile beneficio fon-
diario dipende dalla frequenza dei contratti d'affitto e dalla diffusione
delle affittanze, non occorre introdurne altre. Il contrario avviene al-
lorché il beneficio fondiario deve essere determinato in base ai risultati
della produzione agricola : in questo caso la sua determinazione presup-
pone il verificarsi della terza ipotesi troppo spesso trascurata o ignorata.
Perchè si possa ricavare dai risultati economici della produzione
agricola il beneficio fondiario è necessario stabilire la eguaglianza tra il
valore dei prodotti e la somma delle spese sostenute per produrli : cioè
bisogna che si verifichi l'eguagliafiza tra il prezzo dei beni e il loro
costo di produzione, affinchè, conosciuti t u t t i i termini meno uno (il
beneficio fondiario), questo si possa ricavare per differenza.
È noto il ragionamento svolto dagli economisti per dimostrare che
l'ipotesi postulata risponde alla realtà : se vi sono più aziende che pro-
ducono gli stessi beni, acquistano le materie prime, i servigi personali
ed esitano i prodotti finiti sullo stesso mercato, ne viene che esse tende-
ranno a raggiungere la dimensione e l'ordinamento che a loro consente
di produrre al minimo costo ; per effetto della concorrenza vi sarà una
eliminazione in forza della quale coteste aziende saranno anche le più
frequenti ; vi sarà quindi un'azienda media od ordinaria o tipica neila
quale, sempre per effetto della concorrenza, la somma delle spese so-
stenute (costo) sarà uguale al valore del prodotto : cioè il profitto e la
perdita tenderanno a zero.
Questa tendenza si spiega nel seguente modo : se un dato tipo d'im-
presa (es. azienda viticola) dà un elevato profitto, poste le condizioni di
libera concorrenza, vi sarà un afflusso di imprenditori, il quale determi-
nerà un aumento nell'offerta del prodotto (vino) e un aumento della do-
manda dei capitali (terreni vitati, ecc.), della mano d'opera e delle ma-
terie prime impiegate in quel dato processo produttivo (concimi, sol-
fato di rame, ecc.). L'aumento di produzione, che, a parità di circostanze,
porta una depressione nei prezzi e l'aumentata domanda dei capitali,
48 II. METODO DI S T I M A

della mano d'opera, ecc., che porta un aumento del costo, concorrono a
ridurre il profitto sino ad annullarlo e a tramutarlo in p e r d i t a : ma al-
lorché gli imprenditori saranno consapevoli della perdita che incon-
trano, tenderanno a ridurre la produzione e quindi si metteranno in
azione forze contrarie alle precedenti; riduzione nell'offerta dei pro-
dotti e diminuzione nella domanda di capitali, mano d'opera, ecc.,
quindi tendenza dei prezzi ad aumentare, dei costi a diminuire, e della
perdita- a scomparire e a t r a m u t a r s i in profitto.
Il profitto e la perdita tenderanno a zero: tendenza che va impu-
t a t a al moltiplicarsi o all'ampliarsi delle imprese nel caso di profitto,
alla diminuzione o alla riduzione della produzione nel caso di perdita.
Indicando con :
P, il prezzo del prodotto
G, il costo ilei prodotto
± T, la perdita o il profitto
si può scrivere l'eguaglianza :
P— G±T.

Ora, siccome quando si ha profitto ( + T) il prezzo delle materie


prime tende ad innalzarsi a causa della maggiore domanda, mentre il
prezzo dei prodotti tende a diminuire per l'aumentare dell'offerta, e
siccome quando si ha perdita ( — T) il prezzo delle materie prime
tende a ridursi per l'affievolirsi della richiesta, mentre il prezzo dei
prodotti tende ad aumentare per il ridursi dell'offerta, ne viene che si
potrà scrivere l'equazione del valore normale :
P= 0.

Quindi, secondo questa teoria, chiamata del valore normale e do-


vuta al Ricardo, il prezzo di un bene economico tende a livellarsi con
il costo, cioè con la somma dei prezzi che si sono dovuti soddisfare
per ottenerlo ; concezione che nella mente dell'autore aveva carattere di
schema generale atto a servire come mezzo di orientamento per lo studio
delle questioni economiche.
La portata degli schemi descritti per la prima volta dal Ricardo -
il quale per primo, astraendosi dalle contingenze economiche, assurse
ad una concezione formale — oggi appare ancora maggiore, perchè nel la-
loro semplicità nativa sono quelli che meno ripugnano alla realtà, anche
se da questa sono molto discosti. E ciò tanto più perchè forse, secondo
il loro f or molatore, miravano semplicemente a cogliere un'aspetto del
problema economico.
Sulle tracce dei primi schemi ricardiani una schiera di economisti
continuò la costruzione teorica che venne compiuta in maniera sa-
piente dal Marshall nei « Principi di economia ». Però, seguendo la
LE I P O T E S I DELLA S T I M A ANALITICA 49

evoluzione scientifica di questo autore attraverso le successive edizioni


dei suoi « Prìncipi », appare un senso d'insoddisfazione die diviene
esplicito negli ultimi scritti, dove egli sente sempre più che la mutevo-
lissima realtà dei f a t t i economici non può essere contenuta negli schemi
studiati. Forse il .Marshall chiuse le pagine del suo ultimo libro pen-
sando che la fatica durata aveva servito a percorrere interamente una
strada a fondo cieco; nonostante ciò si leggono con grande ammaestra-
mento le pagine di questo economista, perchè in esse si trovano i limiti
degli schemi statici e si conosce la loro insufficienza, specialmente quan-
do questi schemi si vogliono trasferire nella realtà economica, per ren-
derli strumenti di un lavoro proficuo.
Le conclusioni che si possono trarre, ai fini del nostro studio, dalla
teoria marshalliana, sono importantissime, perchè t u t t a la sua costru-
zione teorica, riconferma l'equazione ricardiana (costo = prezzo) attra-
verso l'introduzione del concetto di azienda tipica ; cioè di un'azienda
ordinaria nella quale si realizza l'ordinamento produttivo medio, nella
quale t u t t i i fattori entrano nella proporzione giusta, sulla quale la
generalità degli imprenditori si orienta (x).
I n f a t t i , se esistesse l'azienda tipica, pure essendo pacifico che lo
stesso bene si può produrre con costi diversi (2), rimarrebbe il fatto che
la condotta dell'imprenditore sarebbe tale per cui t u t t i tenderebbero
verso l'azienda ottima, cioè verso quell'azienda che produce al minimo
costo ; quindi il prezzo tenderà a coincidere con il costo che si ottiene
nell'azienda tipica e sarà ancora verificato lo schema ricardiano.
Questi f a t t i dimostrano l'importanza fondamentale che ha l'esi-
stenza dell'azienda tipica nei sistemi di statica economica.
Va notato, e per ora soltanto incidentalmente, che la riprova sta-
tistica di questo teorema fondamentale del valore normale non è mai
stata data : che il conforto del fatto non è stato portato al ragiona-
mento sul quale si basa t u t t a la stima analitica e buona parte dell'eco-
nomia classica, e infine che un recente tentativo compiuto dallo scri-
vente- ha dimostrato come nella realtà non sempre si verifichino le ipo-
tesi formulate (3).
Naturalmente questo teorema, che si applica in modo speciale alle
aziende agrarie, vale per tutte le aziende. Esso consente di scrivere una
equazione, nel primo membro della quale figura il valore di t u t t i i pro-

(') Cfr. il paragrafo su l'azienda ordinaria, di questo stesso capitolo.


(2) Cfr. il paragrafo dedicato al costo, compreso nel capitolo sui criteri di
stima.
(3) Un esame parziale di questo teorema economico si trova in: G . MEDICI -
Ricerche intorno all'azienda agraria tìpica - Primo contributo. Estratto dagli
« Annali dell'Osservatorio di Economia Agraria di Bologna », Faenza, 1933, pa-
gina 99 e segg.

G. MEDICI - Lezioni di estimo. 4


50 II. METODO DI S T I M A

dotti, e nel secondo membro figurano i costi sostenuti per ottenerli,


e cioè il beneficio fondiario, interesse dei capitali, stipendi, salari,
imposte, reintegrazione dei capitali nella loro totalità o per quote. E
siccome la somma dei prezzi dei prodotti, per ipotesi, deve essere uguale
alla somma delle spese, ne viene che si può scrivere l'equazione sotto;!
portata, dalla quale si può ricavare il valore di uno qualsiasi dei ter
mini quando siano noti i rimanenti ; e quindi anche il cercato beneficio
fondiario.
Pl — Bf -+-1 -+- St -+- Sa -+- Im -+- Sv
dove :
Pl = produzione lorda.
By = beneficio fondiario.
I = interesse del capitale agrario.
St = stipendi.
Sa == salari.
Im - - imposte.
Sv = spese per capitali tecnici e per servizi extra-aziendali.

Ammesso quanto precede, si deduce che in un'azienda agraria, si


potrebbe, con lo stesso grado di legittimità, ricavare, risolvendo la pie-
cedente equazione, il beneficio fondiario, l'interesse del capitale agrario,
il compenso al lavoro direttivo, il compenso al lavoro manuale, ecc. La
proposizione è ineccepibile nella sua formulazione logica, perchè di-
scende direttamente dall'equazione riportata. Va osservato però che,
da un punto di vista pratico, non t u t t i i termini si possono ricavare con
lo stesso grado di attendibilità, perchè un errore si ripercuote in ma-
niera diversa in relazione all'ammontare della grandezza ricavata: ciò
spiega perchè si sia pensato di determinare per differenza il beneficio
fondiario e non l'interesse del capitale d'esercizio o lo stipendio. Men-
tre il primo rappresenta sempre una percentuale notevole del prodotto
lordo, agli altri invece spettano percentuali minori. Questa affermazione
ha perduto però gran parte della sua importanza, perchè nell'economia
agraria moderna il capitale fondiario non ha più quel peso che aveva
nel passato : la massa di capitali di esercizio occorrenti alla produzione
e la copia di lavoro manuale hanno limitata sensibilmente la partecipa-
zione del capitale fondiario nella distribuzione del reddito. In proposito
sono fondamentali le ricerche del Tassinari che abbiamo già avuto oc-
casione di ricordare (1).
Lo schema indicato, applicato integralmente nella ricerca del va-

(') Cfr., oltre i saggi citati, il recente volume su Le vicende del reddito del-
l'agricoltura dai 1925 al 1932. Roma, 1935.
LE I P O T E S I DELLA STIMA ANALITICA 51

lore di mercato dei beni fondiari, ha, originato il metodo analitico di


stima. Precisamente, attraverso l'equazione del tornaconto si ricava il
beneficio fondiario che si ammette costante e perpetuo, dal quale per
capitalizzazione si ottiene il valore fondiario.

Concludendo, perchè il metodo per capitalizzazione dei redditi possa


condurre a valori vicini a quelli di mercato, è sempre necessario :
a) che il valore di mercato di un bene economico sia eguale alla
somma dei redditi f u t u r i scontati a l l ' a t t u a l i t à ;
b) che si possano stabilire questi redditi f u t u r i e i relativi saggi
di sconto.
E nel caso in cui non si abbia nozione esplicita del reddito presente
o passato, cioè quando il reddito si deve ricavare dai risultati econo-
mici dell'impresa, è necessario :
c) che realmente nelle aziende il prezzo tenda a livellarsi al co-
sto, di modo che si possa ricavare per differenza il probabile beneficio
fondiario.
È opportuno dare rilievo alla profonda differenza che passa t r a il
caso in cui la nozione del reddito ci è data direttamente dal mercato
(prezzo d'uso del terreno, ricavato dal canone d'affitto) ed il caso in cui
il più probabile reddito da capitalizzare dev'essere determinato attra-
verso ad un bilancio aziendale. Nel primo caso il procedimento di stima
sfugge allo scoglio dell'ultima ipot'esi per cui la stima, in definitiva, si
risolve nello stabilire il saggio di capitalizzazione; nel secondo caso,
invece, si adunano tutte le difficoltà, uon facilmente superabili, specie
in alcuni tipi di aziende che avremo occasione di esaminare.

4 . - P E R UNA P R I M A A P P R O S S I M A Z I O N E ALLA REALTÀ

Si è detto come l'estimo dei beni fondiari, che f r a t u t t i è il più


elaborato, abbia costruito sulla base di schemi presi dall'economia clas-
sica una sua teoria attraverso la quale mira a cogliere il prezzo di mer-
cato. I n f a t t i , la stima analitica, ammessa la possibilità della previsione
dei redditi fondiari f u t u r i e del saggio medio di sconto, suppone che la
equazione del tornaconto sia sufficientemente aderente alla realtà così
da soddisfare l'ipotesi postulata.
Per poter applicare il metodo di capitalizzazione dei redditi biso-
gnava ammettere l'esistenza di un'azienda ordinaria nella quale il pro-
fitto o la perdita s'annullassero, per cui si potesse ricavare per diffe-
renza il beneficio fondiario.
In tale caso l'equazione del tornaconto assume la forma seguente,
ormai classica :
P1 = B f- / -t- St + Sa -+- Im -+- Sv .
62II.METODO DI S T I M A

Ora vedremo se questa ipotesi si approssima alla realtà, rimandando


al paragrafo successivo l'approfondito studio dell'azienda ordinaria.
Nei territori dove domina la piccola proprietà coltivatrice il me-
todo è stato scartato dagli stessi suoi sostenitori, per la riconosciuta
impossibilità di poter correttamente stabilire il compenso da attribuire
al lavoro manuale, importante termine dell'equazione (Sa) avente per
incognita il beneficio fondiario.
Laddove dominano aziende capitalistiche, e il lavoro umano è for-
nito da salariati fissi ed avventizi, la risoluzione dell'equazione del tor-
naconto non presenta particolari difficolta. Però anche in questo caso
presuppone almeno due attribuzioni di valore: l'interesse del capitale
agrario o di esercizio ( l ) ed il compenso al lavoro direttivo (St).
L'osservazione è fondamentale. L'equazione, risolta valendosi di
attribuzioni di valore, dà un valore differenziale (beneficio fondiario,
nell'azienda ordinaria) che, in senso rigorosamente scientifico, non rap-
presenta più la grandezza cercata, perchè non si t r a t t a di una differenza
ottenuta sostituendo ai simboli dei valori reali di mercato, ma dei va-
lori calcolati. Per cui, all'ipotesi dell'equazione del tornaconto, nella
quale il profitto o la perdita nell'azienda ordinaria s'annullano, viene
ad aggiungersi l'ipotesi che l'attribuzione di stipendio al direttore
dell'azienda e l'attribuzione dell'interesse al capitale agrario, abbiano
colpito nel segno : cioè che la stima sia stata cosi sapiente da cogliere
quei compensi che lavoro direttivo e capitale agrario avrebbero otte-
nuto qualora avessero un mercato. Previsione che non si può control-
lare perchè manca proprio quel mercato che si vuole prevedere.
Nelle aziende condotte con rapporti di colonia parziaria, il pro-
blema è analogo.
Da queste prime considerazioni risulta che, se si fa astrazione dai
territori dove domina l'affitto, il beneficio fondiario non è mai un valore
reale, ma un valore calcolato valendosi di attribuzioni di valore e di
ipotesi intorno all'elisione del profitto e della perdita, che non trovano
perfetto riscontro nella realtà.
Questa rigorosa conclusione, se accettata alla lettera, porterebbe a
scartare in maniera definitiva il procedimento analitico di stima, nei
casi in cui il beneficio fondiario non si possa ricavare dal canone d'af-
fitto, ma si debba ricavare da un bilancio. Però una tale conclusione
sarebbe eccessiva e non risponderebbe alla realtà, perchè, data l'appros-
simazione richiesta dalla pratica delle stime, l'attribuzione di interesse
al capitale agrario e l'attribuzione di stipendio al diretttore dell'azien-

(') È noto c-he raramente nell'azienda agraria il lavoro direttivo ha forma


completamente esplicita; per cui questi rari casi non possono dare una norma e
soddisfare i presupposti della equazione del tornaconto.
LE IPOTESI DELLA STIMA ANALITICA 53

da, di solito, non hanno un peso talmente grave da togliere valore d'in-
dicazione al benefìcio fondiario che si ottiene per differenza.
Questa considerazione empirica, non può (nè vuole) diminuire l'im-
portanza della conclusione teorica cbe precede : vuole però ricordare
che in taluni casi la difficoltà messa in evidenza, dati i bisogni pratici,
può essere superata.
Riassumendo si può dire che, in un gran numero di casi, la deter-
minazione del beneficio fondiario presuppone valutazioni che limitano il
significato di solito attribuito dai seguaci della stima analitica alla gran-
dezza trovata.
Ora è opportuno fare un'osservazione che deriva dalla pratica e
che meglio precisa la natura delle relazioni tra beneficio fondiario, red-
dito netto e valore di mercato.
È noto che vi sono degli acquirenti i quali, nell'appetire un deter-
minato bene fondiario, non basano i loro giudizi di convenienza su di
un astratto beneficio fondiario, ma su l'ammontare del reddito netto :
somma che percepisce l'imprenditore concreto per i capitali e i servigi
con i quali partecipa alla produzione ( r ). In altre parole detraendo dal
prodotto lordo gli stipendi, i salari, gli interessi, le materie prime e
le imposte che un imprenditore deve effettivamente pagare per il lavoro,
per l'uso di capitali e per l'impiego di materie prime, si ottiene il red-
dito netto. Quindi avremo tanti redditi netti quanti sono i diversi tipi
di imprenditori che si ritrovano nella realtà. « L'espressione di reddito
netto non è bene definita se non si stabilisce precisamente il tipo di
imprenditore al quale si riferisce. Perchè appunto a seconda dei vari
tipi di imprenditori concreti diversa è la somma di prestazioni da cia-
scuno posta nell'azienda » (2).
Gli studiosi di estimo, nel riconoscere che la stima analitica non
era idonea a cogliere il valore di mercato dei poderi condotti da piccoli
proprietari coltivatori diretti, convenivano nelle osservazioni prece-
denti. Invero, chi ben guardi il processo secondo il quale questa affer-
mazione è venuta maturando, nota come essa derivi dal f a t t o che il
piccolo proprietario coltivatore basa i suoi giudizi di convenienza non
già su di un astratto beneficio fondiario, ma sul reddito netto, di cui
può disporre, soddisfatte le spese di produzione. Reddito netto che nel
caso specifico sarà formato dalla somma del beneficio fondiario, del la-
voro manuale e direttivo e dell'interesse del capitale agrario, più il pro-
fitto o meno la perdita.

(') Cfr. G . TASSINARI - Saggio intorno alla distribuzione del reddito nell'agri-
coltura italiana. Piacenza, Fed. Ital. Cons. Agr., 1926.
A. S E R P I E R I - Guida a ricerche di economia agraria. Roma, Treves dell'Ali, 1 9 2 9 .
(2) Cfr. G. TASSINARI - La distribuzione del reddito nell'agricoltura italiana.
Piacenza, Fed. Ital. dei Cons. Agr., 1931, pag. 18 e segg.
54 II. METODO DI S T I M A

Gli elevati prezzi pagati da piccoli proprietari non vanno solamente


ricercati nella passione con la quale questi anelano alla proprietà ter-
riera ; essi trovano uno dei f a t t o r i determinanti nei giudizi di conve
nienza che vengono m a t u r a t i sulla base del reddito netto.
È per questo che i piccoli proprietari particellari ( l ), quando acqui
stano la particella di terreno che li f a r à diventare autonomi, non intes-
sono calcoli di convenienza basati sull'impiego del capitale, ma di solito
considerano il reddito netto che ritrarranno dal podere quando potranno
impiegarvi t u t t a la capacità lavorativa della loro famiglia.
Con ciò non si vuole negare l'esistenza di rapporti o correlazioni tra
beneficio fondiario e valore fondiario, il che sarebbe un errore mani-
festo; si vuole esplicitamente affermare che siccome il beneficio fon-
diario è quasi sempre un valore calcolato e raramente un valore reale, i
calcoli sui quali gli acquirenti si fondano nell'appetire un dato bene,
talora non si riferiscono soltanto al beneficio fondiario.
In altre parole si può dire che il giudizio di convenienza relativo a
quella determinata azione economica che consiste nello scambio del bene
fondiario, si deve ad una prima serie di fattori, suscettibili di essere mi-
surati e definiti (reddito netto, beneficio fondiario), insieme ad una gran-
de quantità di altri fattori che sfuggono a qualsiasi misura, perchè sono
espressione delle mutevoli circostanze in cui si trova il podere oggetto
di stima e delle condizioni economiche e psicologiche dei possibili acqui
renti.
5 . - L ' A Z I E N D A ORDINARIA

L'esame della genesi del concetto di azienda ordinaria rivela come


esso sia la logica conseguenza dell'applicazione degli schemi della sta-
tica economica alla pratica estimativa. I n f a t t i , la definizione data dagli
studiosi di estimo coincide con quella enunciata dal Marshall nei suoi
principi di economia :
« Da un lato, non dovremo scegliere qualche nuovo produttore da
poco impegnato negli affari, il quale lavora in mezzo a molti svantaggi,
e deve rassegnarsi per un certo tempo a profitti scarsi o nulli, e deve
contentarsi di andar formando una clientela, e di andar facendo i primi
passi verso la costituzione di una prospera azienda; nè, d'altra parte,
dovremo scegliere una ditta la quale, grazie ad una abilità ed una for-
tuna durata un tempo eccezionalmente lungo, ha messo insieme una

(') Si ricorda che per piccola proprietà particellare s'intende quella piccola
proprietà che dà un reddito netto insufficiente alla famiglia contadina. In generale
quindi le .piccole proprietà particellari non consentono l'impiego di tutta la capa
cità lavorativa di cui dispone la famiglia. Nell'autonoma, invece, il reddito è
sufficiente e, in genere, le ore lavorative della famiglia possono essere completa-
mente impiegate.
L E I P O T E S I DELLA STIMA ANALITICA 55

vasta azienda ed immense officine ben ordinate che le danno una supe-
riorità sopra quasi tutte le sue rivali. Ma la nostra azienda-tipo deve
avere avuto una vita di discreta durata, ed una discreta prosperità,
deve essere diretta con abilità normale, deve poter ottenere, in misura
normale, le economie esterne ed interne proprie di quella massa com-
plessiva di produzione, tenendo conto della classe delle merci prodotte,
delle condizioni in cui vengono portate sul mercato, e dell'ambiente
economico in genere ».
Non può sfuggire il carattere generico della definizione, che s'accen-
tua specialmente nell'ultimo periodo dove si susseguono le espressioni
seguenti : discreta durata, discreta prosperità, abilità normale, misura
normale, ecc.
Il Marshall aveva intuita l'intima inconsistenza delle sue argomen-
tazioni ed egli stesso, forse, non era molto soddisfatto di questa azienda
i cui caratteri svaporano allorché si cerca di rappresentarla in concreto.
Senso di insoddisfazione e di larvato scetticismo che si palesa nello stesso
paragrafo allorché egli chiude il suo discorso affermando che « questi
concetti devono prendersi con certa larghezza. Il tentare di renderli
precisi oltrepassa la nostra forza. Se nel nostro calcolo includiamo quasi
tutte le condizioni della vita reale, il problema è troppo ponderoso per
essere t r a t t a t o ; se ne sceglieremo poche, allora i ragionamenti stirac-
chiati e sottili riguardo ad essi diventeranno giochi scientifici, anziché
strumenti per un lavoro pratico ».
Analogamente da parte degli studiosi di estimo si dice : anziché
basarsi sull'azienda che è inferiore al normale per incuria del proprie-
tario, per natura di terreno, per scarsa dotazione di capitali, per ecces-
siva distanza dal mercato, per deficienza commerciale dell'imprenditore,
anziché basarsi sull'azienda superiore al normale perchè l'imprenditore
ha un'eccezionale preparazione economica e l'azienda è costituita sui ter-
reni migliori e il bestiame ha una particolare attitudine produttiva, ecc.,
fondiamo i computi su di un'azienda ordinaria nella quale t u t t i i fattori
siano nella misura giusta.
Però, non si definisce la misura giusta.
Avviene qui un curioso artificio non infrequente nella scienza eco-
nomica ; esso è analogo a quello che s'impiegherebbe nella chimica qua-
lora, anziché stabilire i rapporti quantitativi secondo i quali determi-
nati elementi si combinano con altri determinati elementi per formare
composti chimicamente definiti, si dicesse che una quantità giusta di
zolfo posta a contatto con una quantità giusta di ferro, in condizioni
giuste, si combina dando una quantità giusta di solfuro di ferro. Ra-
gionamento che mentre non è stato possibile nella chimica, dove si tro-
vano fenomeni individualmente tipici, che possono soltanto essere defi-
niti in modo quantitativo, è stato accolto nella scienza economica, perchè
i fattori che essa considera anzitutto non sono identici fisicamente fra
56 II. METODO DI STIMA

loro, in secondo luogo non sono mai legati da relazioni individualmente


tipiche, e soltanto per certi f a t t o r i si può ritenere l'esistenza di com-
portamenti collettivamente tipici, i (piali non sempre sono in correlazione
tra di loro.
I n un recente studio (*) si è avuto occasione di dimostrare perchè
l'azienda agraria ordinaria, nella quale l'ordinamento della produzione
sia l'espressione del sistema di agricoltura praticato nel territorio stu-
diato, non abbia rigore scientifico.
L'azienda agraria, risultando da più f a t t o r i elementari, per essere
tipica deve soddisfare al carattere della tipicità in t u t t i i fattori che la
compongono. Ora le ricerche compiute dimostrano che in realtà t u t t i
i f a t t o r i dell'azienda agraria non hanno un andamento binomiale : essi
non possono formare un ente tipico perchè sono incompatibili t r a di loro.
Dal punto di vista scientifico si deve constatare l'inesistenza della
azienda agraria t i p i c a ; è soltanto per soddisfare a detenni nati bisogni
della vita pratica ed hi via di approssimazione che si può parlare di azien-
da ordinaria, di imprenditore tipico; locuzioni che, sia ben chiaro una
volta per sempre, non hanno nulla di rigoroso ; esprimono soltanto « gros-
so modo » un ordine di idee che trova riscontro nella pratica della vita
economica.
6. - I L METODO DELL'ORDINARIETÀ.
IL VALORE ATTUALE E I L VALORE POTENZIALE DEI FONDI

lì! n a t u r a l e che di fronte all'infinita varietà dei f a t t i economici, di


fronte a questo fiume di f a t t i che si potevano contenere soltanto con
schemi generici, si abbandonassero, con il rigore del metodo, i tentativi
di costruire teorie che aderissero alla realtà : nacque così la teoria, del-
l'ordinarietà, la quale per altro segnò un progresso negli studi estima-
tivi, perchè pose in evidenza gli errori in cui cadevano i seguaci delle
così dette scuole dei suscettivisti e degli attualisti, i quali per molti
anni si combatterono senza comprendersi, ciascuno credendo di posse-
dere la verità.
Ecco in breve la sostanza delle idee propugnate dalle due scuole.
Uno stesso bene rustico può dare t a n t i benefici fondiari quanti sono
gli ordinamenti aziendali che vengono seguiti : se lasciato a pascolo si
avrà un beneficio (Bf\), se a seminativo un beneficio (Bf2), se a prato un
beneficio (Bf3), e così via. Date queste possibilità che presenta il bene
rustico, quale beneficio si dovrà adottare per la capitalizzazione che ci
deve portare al valore di mercato? Si dovrà prendere per base il beneficio
fondiario attuale ricavato con l'ordinamento aziendale esistente, oppure

(') Cfr. G. M E D I C I - Ricerche intorno all'azienda agraria tipica - Primo con-


tributo. « Annali dell'Osservatorio di Economia Agraria per l'Emilia » Faenza,
1933.
L E I P O T E S I DELLA S T I M A ANALITICA 67

dovremo considerare il beneficio potenziale che si ricaverebbe data la


suscettività che presenta il fondo in esame?
I sostenitori del criterio dell' attualità affermavano che bisogna va-
lutare soltanto ciò che esiste e quindi giudicavano errato supporre che
un t'ondo coltivato con sistemi antiquati venisse coltivato con sistemi
razionali ; i sostenitori del criterio della suscettività ricordavano che
una macchina non deve essere valutata per quel che rende in mano ad
un pessimo meccanico, ma per quello che può realmente rendere.
È evidente che entrambe le scuole cadevano in errore.
1 teorici dell'attualità, affermando che i beni devono essere stimati
nella loro attuale consistenza, indipendentemente dalle attitudini poten-
ziali (suscettività) che essi palesano (terreni asciutti che possono essere
facilmente ed economicamente irrigati, seminativi nudi che possono es-
sere facilmente arborati, ecc.), dimenticavano che la suscettività non è
altro che un modo di essere dell' attualità, perchè essa non è altro che
quel complesso di condizioni attuali che consentono la formazione di
un nuovo sistema. Analogamente i teorici della suscettività (o del valore-
potenziale), affermando che i beni devono essere studiati secondo la loro
f u t u r a consistenza (terreni irrigui attualmente asciutti, ecc.), dimenti-
cavano che c'è anche un sistema attuale (terreno asciutto) che se può
essere trasformato non è detto che lo debba necessariamente essere.
È facile vedere come coteste due correnti, chiamate forse un po'
pomposamente « scuole », non avessero materia di discussione perchè la
realtà è assai semplice : essa insegna clie esistono dei beni fondiari,
ognuno dei quali ha sue particolari, individuali caratteristiche e che
ognuno di questi ha soltanto una consistenza attuale, la quale è data
anche da quelle possibilità palesi che costituiscono uno dei tanti carat-
teri del fondo da stimare.
Alla teoria dell' ordina rietà è spettato il compito di superare il dua-
lismo f r a coloro che vedevano l'avvenire eguale all'oggi e di coloro che
vedevano soltanto l'avvenire: teoria dell' or dinarietà la quale, più che
su la nozione di azienda ordinaria, si fonda su un generico sistema ordi-
nario di coltura al quale bisogna ispirarsi allorché si procede alla deter-
minazione del beneficio fondiario.
Ammessa l'esistenza del metodo o sistema ordinario di coltura, la
teoria dell'or dinarietà ci insegna che tutte le volte che un fondo trovasi
coltivato con intelligenza e mezzi ordinari, il suo benefìcio fondiario at-
tuale corrisponde anche al suo benefìcio fondiario potenziale, ossia en-
trambi coincidono con quello normale ; al contrario tutte le volte che
per circostanze eccezionali il benefìcio fondiario attuale è diverso da
quello normale che un ordinario imprenditore saprebbe realizzare, al-
lora il perito dovrà tenere conto della suscettività che il fondo presen-
ta : suscettività a t u t t i nota, evidente, perchè l'ordinario imprendiore
saprebbe metterla in valore.
68
II. METODO DI S T I M A

Il contributo di chiarezza recato dai teorici dell'ordinarietà, i quali


hanno composto in maniera razionale il dissidio che correva tra i pro-
pugnatori dell 'attualità e i sostenitori della suscettività, è certamente
apprezzabile. L'errore comincia quando alla generica nozione dì sistema
di coltura ordinario, attuato da l'imprenditore ordinario chiamato an-
che medio o normale, si è voluto attribuire rigore scientifico, tale da porre
le basi di un sistema razionale di stima : quello àeW or dinarietà appli
cato alla capitalizzazione dei redditi.
Siccome quello che si cerca è il benefìcio fondiario normale, cioè
quel benefìcio che sarebbe ottenuto da un ordinario imprenditore, si
comprende come la stima debba prendere le mosse dall'azienda ordì
naria e debba compiersi attraverso le seguenti fasi :
а) si stabiliscono i caratteri estrinseci ed intrinseci dell'azienda
ordinaria ;
б) si determinano le produzioni medie, i prezzi medi e i costi
medi in modo da accertare il medio benefìcio fondiario ;
c) si capitalizza il medio benefìcio fondiario ;
d) determinato il valore del podere ordinario, si fanno le aggiunte
e le detrazioni al valore capitale, tenendo presenti le specifiche condi-
zioni del podere da stimare.
Le critiche a questo procedimento sono implicite nella formula-
zione : e stanno sopratutto nella costruzione dell'azienda ordinaria. Però
bisogna riconoscere che la strada seguita non è priva di un suo rigore
logico, perchè l'equazione del tornaconto si potrebbe applicare in ma
niera razionale soltanto nel caso in cui l'azienda fosse ordinaria.
A parte le considerazioni di carattere teorico sopra esposte, è da ri-
tenere che il metodo indicato non sia fecondo di concreti risultati nella
pratica delle stime.
Se è indispensabile conoscere l'economia agraria del territorio dove
si trova il fondo da stimare, se è necessario acquisire la nozione di
quello che fa il normale imprenditore agrario, delle pratiche agricole
consuete, della comune ripartizione della superficie t r a le singole col
ture, ci sembra pericoloso muovere da una ipotetica azienda ordinaria
dalla quale si può ricavare soltanto un'ipotetico beneficio fondiario. Così
procedendo si rischia di cadere nell'astrazione, perchè ci si allontana
da quella concreta realtà che è il podere da stimare; si rischia di porre
ulteriori difficoltà al perito, il quale, dopo aver capitalizzato il beneficio
fondiario, deve compiere aggiunte e detrazioni al valore del fondo, te
nendo presenti le specifiche condizioni del podere da stimare.
Ma con quali criteri potrà il perito compiere queste variazioni finali?
Per questo è da ritenere che se il concetto, che direi giuridico, del
l'ordinario agricoltore — analogo a quello del buon padre di famiglia —
può servire egregiamente nella pratica delle stime per giudicare se una
data coltura o industria trasformatrice (allevamento bachi, cantina,
LE I P O T E S I DELLA STIMA ANALITICA 59

ecc.) si può o meno considerare ordinaria, se la produzione media che


si riscontra è da ritenere la più probabile per l'avvenire, se alcune pra-
tiche agricole hanno o meno carattere eccezionale, se è il lavoro dei buoi
o l'impiego della trattrice che dobbiamo considerare, non si deve però
pretendere per un tale concetto rigore scientifico e tanto meno dare li-
gore di teoria a una serie di considerazioni che si t'ondano su di esso.
Sia quindi ben chiaro che Vordinario imprenditore non ha nè può
avere alcuna definizione razionale e rigorosa ; è una nozione contingente,
legata alle consuetudini del luogo, che si acquista con la conoscenza del
terreno, del clima, delle abitudini della popolazione, delle pratiche agri-
cole, delle rotazioni, cioè di t u t t i i fatti di cui si intesse la produzione
agricola.
L'ordinario agricoltore va quindi ricercato con il buon senso ; non
così va ricercata l'azienda ordinaria o tipica intesa in senso stretta-
mente scientifico, la cui esistenza o meno va dimostrata con metodo sta-
tistico (1). E questa ricerca rigorosa ha appunto dimostrato che almeno
in gran parte del nostro Paese, l'azienda tipica non esiste: la stessa ri-
cerca però non poteva dimostrare l'esistenza o meno dell'imprenditore
ordinario, perchè nel campo della ricerca scientifica non si può porre
seriamente un simile problema; infatti, come potrebbe .essa esplicarsi?
Con quali fatti, dato che i f a t t i dell'imprenditore si concretano nell'or-
ganizzazione della azienda?
Il Serpieri, in una memoria pubblicata nel 1902 (2), osserva che le
o espressioni di capacità media dell'imprenditore, di condizioni ordina-
rie, ecc., non dicono nulla di preciso. Ma diciamo forse qualcosa di pre-
ciso quando affermiamo che il fondamento primo da tenersi presente
nella stima di un fondo è che esso deve considerarsi sottoposto ai pro-
cedimenti ordinari, comuni, di coltivazione?
« Gli è che l'estimo, come ogni scienza di applicazione, non può dare
se non delle regole generali, dei limiti di approssimazione, f r a i quali
potrà e dovrà esplicarsi il buon senso pratico del perito ».
Ma è ormai tempo di tralasciare queste discussioni per iniziare lo
studio dei procedimenti tecnici che si debbono seguire per stabilire il più
probabile beneficio fondiario costante perpetuo, nel caso in cui esso non
si possa ricavare dal canone d'affitto.

(') Cfr. G. MEDICI - Ricerche intorno ecc., op. cit.


(2) Cfr. A . SERPIERI - Osservazioni sulla determinazione dell'indennizzo per
migliorie nei fondi locati. « Il Politecnico », Milano 1902.
-

...

-
CAPITOLO IV.

LA DETERMINAZIONE DEL B E N E F I C I O FONDIARIO

a) L a d e t e r m i n a z i o n e del b e n e f i c i o f o n d i a r i o in ge-
n e r ad e .

1 . - GBNEIÌALITA

Come debba interpretarsi il beneficio fondiario, alla determinazione


del quale tende il metodo analitico di stima, è già stato detto ; nelle
pagine ohe seguono è esposto il metodo per compiere i rilievi economici
indispensabili per poter impostare e svolgere il bilancio aziendale.
Il compito è facilitato laddove le aziende considerate tengono una
contabilità regolare; ma anche qui bisogna procedere con prudenza,
senza indulgere ad una certezza che spesso si rivela illusoria. Occorre,
come sempre, analizzare, vagliare, selezionare i dati che ci sono offerti,
confrontandoli l'un l'altro per scoprire la tara grossolana, l'errore in-
nocente o la frode astuta ; occorre conoscere e comprendere le cose e,
sopratutto, avere nozione dei loro rapporti. In questi casi, se è possi-
bile, sarà sempre di gran giovamento estendere l'indagine ad una lunga
serie di anni, poiché cosi le annate favorevoli per il fondo (che possono
anche non coincidere con quelle della contrada) troveranno naturale
compenso con quelle avverse, e si potrà con maggior sicurezza determi-
nare l'ammontare delle produzioni medie e di alcune spese difficilmente
precisabili, perchè molto varie d'anno in anno e proprie di ogni azienda.
Dove manca una regolare registrazione contabile, una fonte di dati
si può trovare nei libretti di campagna, che, sostanziosi come sono di
dati, quantità, prezzi, annotazioni meteorologiche, ecc. si rivelano sem-
pre preziosi.
Ove, infine, manca ogni cronistoria economica, o dove, pur essen-
dovene non è possibile consultarla, o si giudica non attendibile, i dati
devono scaturire da una approfondita indagine su le condizioni spe-
cifiche del fondo rispetto a quelle dell'agricoltura e del mercato locale.
L'indagine di carattere preliminare, che ogni perito è portato a fare
intuitivamente, si rivela utile specialmente durante l'ulteriore svolgi-
62 II. METODO DI STIMA

mento della valutazione: soltanto conoscendo profondamente la natura


del fondo in esame e le sue possibilità f u t u r e ed attuali si può leggere,
interpretare, il bilancio aziendale, si può strapparlo dal mondo conta
bile per farlo aderire alla realtà particolare e determinata, individuale,
quale è quella di ogni azienda agricola.
Dopo aver esattamente individuato il fondo, le prime indagini ge-
nerali che di solito si compiono, con minore o maggiore consapevolezza,
sono quelle relative alle cosi dette condizioni estrinseche, come la den-
sità e la distribuzione della popolazione, la salubrità e la sicurezza dei
luoghi, la ripartizione del suolo agli effetti della proprietà, il regime
idraulico, lo sviluppo della viabilità, e quindi la distanza del fondo
dalle strade pubbliche, dalla stazione ferroviaria, dal mercato più vi-
cino e maggiormente frequentato : in tal modo si acquista una generale
nozione intorno alle condizioni economiche del territorio ov'è situato il
fondo da stimare, intorno alla maggiore o minore facilità delle comuni-
cazioni, ecc. Segue poi l'esame delle condizioni intrinseche al fondo da
stimare e cioè : la giacitura, se di monte, di colle, di piano o di fondo
valle; l'inclinazione del suolo, Vesposizione e Valtitudine. Grande atten-
zione deve essere dedicata all'esame della natura geologica e agrologica
del terreno; alle condizioni climatiche, dipendenti specialmente dalla
frequenza e distribuzione delle precipitazioni, dei venti, della grandine,
della nebbia ; al regime delle acque superficiali e sotterranee, e quindi
alla sistemazione e alla freschezza del terreno; alla presenza di falde
acquifere e di sorgenti, ecc.
Altro aspetto da considerare è quello della s t r u t t u r a del fondo : se
in un solo corpo o in più. Ed in questo caso bisogna accertare la distanza,
la superficie e la regolarità dei singoli frammenti.
La conoscenza dei rapporti contrattuali che intercorrono f r a il pro-
prietario del bene fondiario e l'imprenditore, e f r a g m p r e n d i t o r e e i
lavoratori manuali è pure indispensabile.
Infine, per completare la conoscenza dei caratteri del fondo, è op-
portuno dedicare particolare esame alla sistemazione del terreno, alla,
ubicazione, allo stato di manutenzione ed alla sufficienza dei fabbricati
rurali, notando le eventuali riparazioni straordinarie che possono essere
richieste ; alla viabilità interna e a quella di collegamento con le pub-
bliche strade ; alle opere di scolo e difesa idraulica, alle opere di irriga-
zione, e quindi alle quantità, qualità e appartenenza delle acque irrigue ;
allo stato colturale e all'età delle piantagioni legnose, notando le even-
tuali infezioni, i lavori straordinari di cui le piantagioni potessero avere
bisogno, ecc.
2. - L'ORDINAMENTO COLTURALE

All'indagine preliminare segue la sistematica raccolta dei dati eco-


nomici, occorrenti per l'impostazione del bilancio.
LA D E T E R M I N A Z I O N E DEL B E N E F I C I O FONDIARIO 63

L'esame di questa raccolta vuole una premessa : qualunque sia il


procedimento seguito, qualunque sia la fonte alla quale si attinge, i
dati economici non devono necessariamente derivare da medie, decen-
nali o dodicennali, come spesso si insegna, ma devono essere dati che
abbiano carattere di probabilità per il futuro : le produzioni e le spese
devono essere le più probabili e quindi, in periodi di intenso rinnova-
mento dei procedimenti tecnici o di dinamismo del mercato, possono es-
sere assai diverse dalle medie dell'ultimo decennio o dodicennio. Analo-
gamente dicasi per le quantità di materie prime e di lavoro impiegate
nel processo produttivo.
Il primo dato dal quale si muove è quello della superficie. Il catasto
fondiario, ormai compiuto in gran parte del Regno, fornisce con preci-
sione sufficiente la superficie di ogni particella catastale : addizionando
la superficie di tutte le particelle interessate si ottiene la superficie com-
plessiva del fondo, nella quale è opportuno subito distinguere la super-
ficie improduttiva da quella produttiva.
La superficie improduttiva è rappresentata da tutte quelle aree che,
per varie ragioni, non dànno prodotto : vi sono comprese le superficie
occupate dai fabbricati rurali, dalle aie, dai cortili, dagli sterili, dai
fossi, dalle strade poderali, ecc. ; essa viene anche indicata col nome di
tare improduttive (XJ, per distinguerla da quei terreni Che, p u r non es-
sendo suscettibili di regolare coltivazione, dànno qualche produzione fo-
raggera, utilizzata direttamente dal bestiame con il pascolo, oppure affie-
nando le erbe ivi cresciute : queste tare produttive comprendono le ca-
pezzagne, gli argini, le prode dei fossi, ecc.
Togliendo dalla superficie complessiva del fondo quella delle tare
improduttive si ottiene la superficie produttiva.
La superficie produttiva va distinta secondo le qualità di coltura,
che di solito sono le seguenti : seminativi asciutti o irrigui, semplici o
arborati; colture legnose specializzate, come vigneti, oliveti, frutteti,
agrumeti; prati permanenti, asciutti o irrigui, semplici o a r b o r a t i ;
orti, vivai, giardini, prati-pascoli, pascoli, incolti, boschi, castagneti.
L'attribuzione della qualità di coltura deve essere f a t t a con rilievi
diretti : è opportuno non accettare le indicazioni del catasto, le quali,
per variazioni avvenute e per altri motivi inerenti alla procedura cata-
stale, possono non rispondere a verità.
Dopo va rilevata la ripartizione del seminativo fra le singole colti-
vazioni e l'avvicendamento adottato.
Se l'avvicendamento è regolare, e se gli appezzamenti di terreno sui
quali si pratica la vicenda sono eguali, ogni anno si ha la stessa super-

(') La denominazione di tare improduttive è propria soltanto se interpretata


in senso rigorosamente agronomico. In senso economico la dizione sarebbe impro-
pria, poiché anch'esse concorrono alla produzione.
64 II. METODO DI STIMA

licie di terreno destinata alla stessa coltura. Quando invece le porzioni


avvicendate sono diverse, in alcuni anni del ciclo si otterranno, a pa-
rità di ogni altra circostanza, produzioni diverse. In tal caso sarebbe
errato considerare come normale o media, nel senso di più probabile
per l'avvenire, la distribuzione delle superficie rilevata in un anno qual
siasi ; per questo di solito si ha riguardo alla media distribuzione della
superficie e alle produzioni ottenute in un periodo più o meno lungo, che
spesso si fa coincidere con la durata dell'avvicendamento adottato.
La determinazione della ripartizione della superficie e della proda
zione unitaria delle singole coltivazioni, non può mai essere soltanto il
risultato di calcoli statistici compiuti con i dati rilevati : le elabora
zioni più sapienti non risolvono il quesito, perchè in questo caso, come
in molti altri che via via esamineremo, si tratta di stimare la più prò
ballile ripartizione della superficie e la più probabile produzione unitaria
che si otterrà nell'avvenire ; giudizio che, se trova elementi di fonda-
mentale importanza nelle registrazioni contabili, non può esaurirsi in
queste, perchè deve ispirarsi anche alla conoscenza ili t u t t i gli elementi
che si ritiene possano agire in un prossimo avvenire o di quelli che pur
avendo cominciato a influenzare la produzione non hanno ancora potuto
esplicarsi interamente.
Grandissima importanza ha la scelta dell'ordinamento colturale da
attribuire al fondo da stimare e delle relative produzioni unitarie, per-
chè esso determina t u t t i i successivi quesiti estimativi. L'estimo in que-
sto caso deve limitarsi a ricordare al perito che l'ordinamento scelto e
ie produzioni unitarie devono essere quelle che il mercato considera come
le più probabili per quel fondo. Il perito, che deve essere un tecnico agra-
rio, valendosi delle sue conoscenze, dovrà concretare l'ordinamento e
scegliere le produzioni in modo da soddisfare a questo principio.

3. - LA PRODUZIONE VENDIBILE

Abbiamo più volte ricordato che il beneficio fondiario si ottiene


detraendo dalla produzione lorda vendibile tutte le spese sostenute per
ottenerla, ad eccezione, naturalmente, del beneficio fondiario cercato,
e cioè :
Bj. — Pv — (I -+- St -+- Sa -+- Im -+- Sv) .

Come si vede, abbiamo eliminato dall'espressione il termine P, pro-


fitto o perdita dell'imprenditore, poiché una delle ipotesi fondamentali
della stima analitica è appunto quella di supporre, che, per un'azione
equilibrata e continua della concorrenza, la perdita e il profitto tendano
a zero, e che perciò il prezzo dei beni ottenuti nell'attività agricola equi-
valga al costo di produzione.
La parte attiva dell'equazione è rappresentata dai prodotti che si
LA D E T E R M I N A Z I O N E D E L B E N E F I C I O FONDIARIO 65

ottengono dalle coltivazioni e dalle industrie trasformatrici. Di questa


produzione di solito se ne danno due distinte nozioni : si distingue una
•produzione lorda totale, che risulta, dalla somma dei valori di t u t t i i
prodotti dell'azienda agricola, da una produzione lorda vendibile —
quella da noi considerata — la quale fa astrazione dai prodotti reim-
piegati nell'azienda stessa per reintegrare quelli consumati nella pro-
duzione f1). I prodotti di trasformazione del foraggio, per esempio, sono
in parte venduti (latte, carne), ed in parte reimpiegati nell'azienda
{lavoro, letame) : questi ultimi, pur facendo parte della produzione to-
tale, non sono compresi nella produzione vendibile. La quale è detta
lorda poiché essa è lorda delle spese per capitali tecnici e per servigi
extra-aziendali (Sv) sostenute per ottenerla ; è detta poi vendibile, e non
venduta, perchè in realtà, spesso, non t u t t i i prodotti suscettibili di es-
sere venduti lo sono nella totalità.
Il T assinari (2) ha osservato che « la differenza f r a i due dati di pro-
duzione lorda non esiste o è poca cosa per quei prodotti che non subi-
scono trasformazioni, ovvero che sono trasformati da industrie agrarie
annesse per produrre derrate che vengono poi vendute (industria tra-
sformatrice dei foraggi in derrate animali ; dell'uva in vino ; delle olive
in olio; ecc.). Esiste, invece, e la differenza può essere anche rilevante,
quando i prodotti vengono impiegati nell'interno dell'azienda diretta-
mente come mezzi produttivi o trasformati per produrre questi ultimi
(sementi, letame, foraggi destinati al bestiame da lavoro per produrre
forza motrice). Tutti questi prodotti reimpiegati nell'interno dell'a-
zienda sfuggono al calcolo della produzione vendibile, mentre rientrano
in quello della produzione totale.
« La distinzione non ha ragione di essere quando si ricerca, per
una singola azienda, il reddito realizzato da un determinato imprendi-
tore, in quanto volendo partire dal prodotto lordo totale, anziché da
quello vendibile, va posto al passivo del bilancio il valore dei prodotti
riconsumati nell'azienda, e perciò la stessa somma figura in entrata
come in uscita. Mai non può essere trascurata, quella distinzione, quando
si voglia stabilire confronti f r a aziende ordinate in modo diverso. Si
suppongano due aziende, una che fa larghissimo uso di motori inani-
mati, l'altra che fa uso di motori animati : alla prima rimarrà quindi
una maggiore quantità di foraggi da destinare alla vendita o da tra-
sformare con bestiame da frutto. Se la produzione foraggera è la stessa
nelle due aziende, a parità di altre condizioni, ad un'egual produzione
totale non corrisponderà un'eguale produzione vendibile. Esprimere al-
lora i redditi percepiti dalle diverse persone cooperanti alla, produzione

(*) Cfr. G . TASSINARI - Saggio intorno alla distribuzione del reddito nell'agri-
coltura italiana. Piacenza, Fed. Ital. Cons. Agrari, 1926, pag. 33 e segg.
( 2 ) G . TASSINARI - op. cit., pag. 3 2 e segg.

G. SIEDICI - Lesioni di estimo.


66 II. METODO DI S T I M A

in funzione (lei prodotto vendibile può ingenerare anche errori di ap-


prezzamento ».
Nello svolgimento del bilancio mirante a determinare il beneficio
fondiario è opportuno muovere dalla produzione lorda vendibile anziché
dalla totale: e ciò non solo perchè quest'ultima richiede la valutazione
di foraggi, letame, ecc. e perchè può facilmente indurre in errori di du-
plicazione, ma sopratutto perchè — come ha osservato il Tassinari — è
inutile valutare dei beni che entrano come prodotti ed escono come ma-
terie prime reimpiegate nel processo produttivo : si t r a t t a di partite di
giro che, ai nostri fini, è bene trascurare.
Considerando la produzione vendibile queste difficoltà vengono au-
tomaticamente eliminate. Valga l'esempio comunissimo di un'azienda
che produce anche foraggio : volendo calcolare la produzione vendibile
la stima del foraggio prodotto non è necessaria, poiché esso viene reirn
piegato nell'azienda per l'alimentazione del bestiame e concorre alla
produzione del latte, della carne, ecc. : beni che vengono scambiati e
perciò hanno un loro prezzo di mercato. Il letame e il lavoro, se ven-
gono reimpiegati, non richiedono valutazione alcuna.
La valutazione della produzione lorda vendibile è certamente una
delle attribuzioni di valore più importanti e delicate: essa si fonda su
la determinazione delle medie produzioni unitarie, che presumibilmente
si potranno verificare nel futuro, e su la scelta dei loro probabili prezzi
di mercato. Anche per la scelta dei prezzi si può opportunamente con-
sigliare di estendere l'osservazione ad un lungo periodo di tempo, di
indagare sulle condizioni e sui caratteri propri all'agricoltura e all'eco-
nomia del periodo che si sta attraversando, ma alla fin fine la scelta è
affidata alla capacità e all'abilità personale, cose queste che non si pos-
sono insegnare : il perito, caso per caso, deve procedere con modi, dedu-
zioni, intuizioni diverse, come è di volta in volta diversa la realtà che
gli si pone dinanzi.
Ricordiamo soltanto che i prezzi da attribuire non sono già i prezzi
al mercato ma i -prezzi all'azienda ; le spese di trasporto, che si debbono
sostenere per portare i prodotti sul mercato, e quelle che chiameremo di
mercatura, che. l'agricoltore deve sostenere per concludere i contratti,
devono sempe essere computate, siano esse reali o presunte.
Può essere utile, per evitare facili omissioni, elencare i prodotti
che concorrono a formare la produzione lorda vendibile.
Essa è rappresentata da :
1°) prodotti delle colture erbacee, da cui vanno esclusi i foraggi,
la paglia, t u t t i i sotto-prodotti consumati dal bestiame, e ogni altro
prodotto trasformato dalle industrie annesse ; vanno pure escluse le se-
menti, quando a tale scopo vengano impiegati i prodotti del fondo ;
2°) prodotti delle colture legnose, semprechè non siano oggetto di
trasformazione ;
LA DETERMINAZIONE DEL BENEFICIO FONDIARIO 67

3°) prodotti delle eventuali trasformazioni dei prodotti diretti del


suolo, come latte, lana, bozzoli, vino ed olio (per la parte di uva e di
olive oggetto di trasformazione) ; va escluso il letame perchè reimpie-
gato nel fondo come concime ;
4°) utile lordo della stalla ;
5°) proventi diversi.
Per determinare l'utile lordo della stalla si procede nel unodo se-
guente : a carico si computa il valore attribuito al bestiame nell'inven-
tario iniziale, e il prezzo pagato per gli acquisti compiuti durante
l'anno; a scarico si segua il valore attribuito al bestiame nell'inventario
tinaie e il prezzo incassato per le vendite. L'utile lordo della stalla è
rappresentato dalla differenza t r a il valore di scarico e quello di carico.
Però se questo è l'usuale procedimento contabile, ai fini estimativi
bisogna determinare l'utile lordo continuativo e quindi bisogna congua-
gliare quegli utili e quelle perdite che si verificano saltuariamente per
il bestiame. Inoltre, dovendosi mantenere pressoché invariata, almeno
nell'ipotesi che il fondo non venga trasformato, la consistenza del be-
stiame, il prezzo unitario di valutazione attribuito al bestiame nell'in-
ventario iniziale dovrà mantenersi invariato anche nell'inventario fi-
nale: quindi il valore dei due inventari sarà eguale per la parte esi-
stente all'inizio e la differenza in più o in meno dipenderà da accresci-
menti o diminuzioni avvenute nella sua consistenza durate l'anno.
Per questo, nei bilanci per la 'determinazione del beneficio fondia-
rio, di solito non si fa un computo rigoroso dell'utile di stalla, ma si
attribuisce un prezzo al prodotto in carne che, avuto riguardo al be-
stiame allevato, si giudica di poter in media ottenere : produzione di car-
ne che di solito si esprime con una percentuale del peso o del valore del
bestiame allevato. È certo però che, per poter stabilire la percentuale del
calore del bestiame di scorta che rappresenta l'utile di stalla, è neces-
sario aver fatto una serie di determinazioni analitiche del tipo indi-
cato ; soltanto dopo molti computi sistematici si può esprimere un giu-
dizio fondato intorno al più probabile ammontare dell'utile lordo di
stalla.

4 . - E L E M E N T I DEL COSTO : L'INTERESSE

L'interesse è il primo elemento di costo che incontriamo nella equa-


zione fondamentale riportata al § 3. Esso rappresenta il prezzo d'uso
del capitale agrario o d'esercizio occorrente all'azienda agricola, for-
mato dal capitale di scorta e da quello di anticipazione in senso stretto.
La valutazione del capitale di scorta costituisce quindi u n ' a l t r a im-
portante valutazione che bisogna compiere per poter determinare il be-
neficio fondiario ; e ciò perchè il suo interesse è un elemento del costo.
Tutte le scorte vanno stimate riferendosi all'inizio dell'annata agra-
68 II. METODO DI S T I M A

ria : nel caso specifico queste attribuzioni di valore si fanno per calco
lare gl'interessi da computare nel costo della produzione vendibile.
I criteri da seguire per valutare il bestiame, i foraggi, il letame, sono
già stati esaminati e in parte saranno oggetto di ulteriori analisi nella
parte seconda (x). Nel presupposto che la determinazione del beneficio
fondiario si faccia per stabilire il probabile prezzo di mercato, ricor-
diamo che, laddove le scorte vive e morte vengono per consuetudine ven-
dute insieme al fondo, questa valutazione non ha più luogo, perchè al-
lora il beneficio fondiario che si ricerca comprende anche il prezzo d'uso
delle scorte e quindi non si deve togliere l'interesse del loro valore capi-
tale. Quando, invece, le scorte venissero vendute distintamente dal fondo
— il che può avvenire specialmente per il bestiame — allora il criterio
più generale di stima sarà quello del prezzo del mercato : per la valuta-
zione dei foraggi si veda il capitolo speciale.
Per quanto concerne i criteri che devono guidare il perito nella
scelta del saggio d'interesse da attribuire al capitale di scorta, riman-
diamo al capitolo dedicato al saggio di capitalizzazione.
Ma nell'azienda agricola, oltre alle scorte vive e morte (capitali fi-
sicamente differenziati), vi è un ipotetico capitale indifferenziato, li-
quido, che viene chiamato capitale di anticipazione in senso stretto, i
cui f r u t t i sono appunto destinati a fronteggiare il pagamento degli in-
teressi passivi che derivano dall'acquisto dei materiali e servigi occor-
renti all'azienda durante il ciclo produttivo (2).
Questo capitale, di entità variabilissima da azienda ad azienda, di-
pende dai rapporti tra proprietà, impresa e mano d'opera, dalla ripar-
tizione della superficie t r a le singole coltivazioni, dalla n a t u r a delle
piante coltivate e delle eventuali industrie trasformatrici esercite, dal-
l'esistenza o meno di consorzi agrari di vendita e di acquisto, ecc. A
queste cause generali di variazione del capitale di anticipazione, s'ag-
giungono poi t u t t i quei motivi contingenti che sono legati alle consue-
tudini nei pagamenti dei canoni d'affitto, dei servigi personali, dei con-
cimi, dei mangimi, delle sementi, ecc., che sono propri di ogni sistema
produttivo, di ogni zona agraria, e che hanno come finalità prima quella
di consentire una migliore distribuzione delle spese, onde diminuire le
già notevoli punte stagionali caratteristiche della produzione agricola.
Continuando l'analisi si vede subito come le cause che fanno variare
il capitale di anticipazione si risolvano in spostamenti della entità e del-

0) Cfr. il capitolo dedicato alla stima dei foraggi.


(2) Il capitale di anticipazione si distingue nettamente dal capitale di circo-
lazione, essendo quest'ultimo formato anche da quel capitale differenziato che
esaurisce la sua attività in un solo ciclo produttivo (sementi, letame, foraggi, ecc.).
Le anticipazioni colturali, si distinguono nettamente dal capitale d'anticipazione
perchè esse figurano in inventario e quindi sono parte del capitale differenziato.
79
LA D E T E R M I N A Z I O N E DEL BENEFICIO FONDIARIO

l'ordine di successione nel tempo delle entrate e delle uscite di cassa, e


in variazioni, dei saggi d'interesse. Analiticamente si direbbe che il capi-
tale di anticipazione è funzione di funzione : esso è determinato dalle
entrate e dalle uscite di cassa le quali, a loro volta, dipendono da tutta
l'organizzazione tecnica ed economica dell'azienda.
Il Serpieri (1), volendo precisare quantitativamente il capitale di
anticipazione occorrente ad una data, azienda, ha introdotto il concetto
di un capitale mediamente e permanentemente necessario durante tutto
il ciclo produttivo : valore che si ottiene capitalizzando la differenza
tra il cumulo, alla fine del ciclo, degli interessi passivi, computati sulle
uscite di cassa (spese sostenute), e quello degli interessi attivi, compu-
tati sopra le entrate di cassa (prodotti realizzati).
Il metodo, avverte l'Autore, trova una reale corrispondenza quando
l'azienda, non disponendo di capitale liquido, si serve di un conto cor-
rente bancario per fronteggiare le esigenze economiche della conduzione.
S'intende che il criterio di computo deve rimanere lo stesso, anche nel
caso più generale in cui l'agricoltore disponga egli stesso di una certa
somma di danaro, perchè in tal caso l'imprenditore funge da banchiere
della sua azienda, sia depositando questo suo capitale sia tenendolo
presso di sè infruttifero.
Siccome però il movimento di danaro che ha luogo nell'azienda
agraria fa sì che si alternino le attività con le passività, con la possibi-
lità che l'imprenditore, tenuto in certi periodi a sborsare somme enormi,
si trovi talora con notevolissime disponibilità, s'impone un sistema di
perequazione che tenga in precisa evidenza la durata dell'impiego.
Come logica conseguenza ne viene che il prezzo d'uso del capitale di
anticipazione sarà dato dalla differenza tra il cumulo alla fine del ciclo
degli interessi calcolati, rispettivamente, e distintamente sulle uscite e
sulle entrate di cassa.
Il metodo esposto presuppone, implicitamente, l'adozione dello stes-
so saggio di interesse sia per le entrate sia per le uscite di cassa, altri-
menti non si potrebbe fare il cumulo degli interessi attivi e passivi alla
fine dell'esercizio, perchè le somme passive e attive in un dato istante
non sono tali per tutto l'anno, e quindi si incorrerebbe in quegli errori
differenziali, che si evitano, per esatta compensazione, nel caso di inte-
ressi conteggiati con un unico saggio. In realtà la determinazione degli

(*) Il SERPIERI, in Gelida- a ricerche di Economia Agraria, Treves dell'A. L. I.,


Roma, 1930, si esprime così : « Per ridurre a comune misura gli elementi del capi-
tale di anticipazione si procede così : si calcola il cumulo degli interessi passivi
di anticipazione delle spese e degli interessi attivi dei prodotti, tino alla fine del
ciclo ; il capitale corrispondente alla differenza — di regola passiva — f r a i due
cumuli, si considera come capitale di anticipazione necessario, permanentemente,
dall'inizio del ciclo». (Vedi pagg. 23, 136, 137, 138 e 141).
70 II. M E T O D O DI STIMA

interessi con un solo tasso non è generale (*), ma, ai fini estimativi, il
procedimento può essere accolto. (Vedi l'applicazione in appendice).
In ogni caso sono da evitarsi i criteri consigliati da molti autori,
secondo i quali l'interesse del capitale di anticipazione in senso stretto
si calcola in base ad un dato periodo di anticipazione delle spese, di so-
lito stabilito in 6 mesi. Si t r a t t a di un criterio grossolano, perchè se
in molti tipi di aziende alla fine del ciclo bisogna pagare un determi-
nato interesse per f a r fronte al movimento di cassa, vi sono aziende
nelle quali gli interessi possono essere a t t i v i : non ci si trova più di
fronte ad un ipotetico capitale che si anticipa alla produzione, bensì ad
un ipotetico capitale che la produzione concede. Più precisamente si
deve dire che si t r a t t a di un elemento della produzione dell'azienda :
interessi attivi che vanno ad accrescere il prodotto lordo.
Il fatto è più frequente di quanto di solito si ritenga.
È quindi opportuno che il perito, per le aziende agrarie rappre-
sentative delle zone dove pratica la sua professione, calcoli l'interesse
del capitale di anticipazione nel modo da noi indicato, così da cono-
scere il suo ammontare caso per caso. In base a questi computi, fatti
per tipi di aziende, egli potrà stabilire la misura media dell'interesse
del capitale di anticipazione da attribuire ai fondi rustici oggetto di
stima.
Queste considerazioni trovano la loro conferma nei f a t t i dell'eco-
nomia r u r a l e ; ricordiamo ad esempio che nelle aziende della Lombardia,
ove l ' a n n a t a agraria comincia l ' i l novembre, l'entità degli interessi pas-
sivi decresce gradualmente procedendo dalla Lomellina verso il Cremo-
nese, sia per l'aumentare della superficie a prato e il diminuire di quella
a riso, sia per la maggiore produzione di frumento e anche per l'ele-
varsi della produzione dei bozzoli, che, specialmente alcuni anni or sono,
aveva grande importanza. I n f a t t i nel 1930 in molte aziende cremonesi,
con elevata produzione di bozzoli, notevole superficie a grano e a mais,
elevatissimo carico di bestiame da latte, gli interessi passivi dovuti al
movimento di cassa erano trascurabili, perchè con il danaro ricavato
mensilmente dalla vendita del latte si faceva fronte alle spese correnti e
col ricavo dei bozzoli si pagava quasi t u t t a la prima r a t a d'affitto. Il
contrario avviene per le aziende risicole, dove gli interessi passivi do-
vuti al movimento dì cassa sono assai elevati, sia per l'elevatissime spese
di mano d'opera, sia per la t a r d a maturazione del riso.
Non è quindi ozioso ripetere che il perito deve rifuggire dagli sche-
mi generali, talvolta inutili, spesso dannosi, per affrontare invece lo stu-
dio dell'economia delle aziende agrarie situate nelle zone dove egli pra-

(') c-fr. G. MEDICI - II capitale di anticipazione nell'azienda agraria. Note me-


todologiche con un'applicazione all'agricoltura della Bassa Lombardia. Pavia, 1031.
LA DETERMINAZIONE DEL BENEFICIO FONDIARIO 71

tica la professione e determinare per singoli tipi questo elemento da


computare nel costo.
5 . - SALARI E S T I P E N D I

Le spese per lavoro manuale costituiscono una delle voci più im-
portanti del bilancio dell'azienda agricola ; spesso rappresentano più di
un terzo del prodotto vendibile. Nel rapido volgere delle vicende econo-
miche e sociali proprie dei nostri tempi, sono andate aumentando a gra-
do a grado, da un lato per l'intensificazione delle colture e dall'altro per
l'aumento dei salari.
Nelle zone a colonia parziaria (mezzadria) non si paga un vero e
proprio salario, poiché il colono è associato al conduttore (proprietario
fondiario o affittuario) nell'impresa e perciò la quota parte di prodotto
che gli viene attribuita comprende, oltre la remunerazione per il lavoro
manuale prestato, l'interesse del capitale agrario da lui fornito e una
quota dell'eventuale perdita o profitto. I n questi casi è limitato il ri-
corso alla mano d'opera estranea: la spesa relativa è sostenuta dal co-
lono, il quale, per la n a t u r a del contratto che lo lega al proprietario, è
tenuto a fornire la mano d'opera necessaria alla coltivazione del podere.
Quando il lavoro è fornito da salariati, questi di sojito sono distinti
in salariati fissi ed avventizi ; la loro retribuzione può essere t u t t a od
in parte in danaro od in natura.
La determinazione dell'ammontare del salario, di regola, non in-
contra particolari difficoltà. Alle somme corrisposte in danaro bisogna
aggiungere l'importo dei generi somministrati in natura (grano, gra-
noturco, riso, fagioli, legna, ecc.). Questi si devono valutare con gli
stessi prezzi adottati nel calcolo della produzione lorda, se i generi som-
ministrati sono prodotti nel fondo ; oppure con i prezzi medi d'acquisto,
se l'imprenditore di solito deve comperarli sul mercato. Naturalmente,
dato lo scopo per il quale si computa il salario, sono da escludersi i pro-
venti dall'esercizio di quei diritti di perticato, di spigoleggio, e simili,
che invece vanno considerati quando si desideri conoscere l'ammontare
complessivo del reddito di lavoro percepito dal salariato.
Quando si voglia determinare il beneficio fondiario, questi valori di
solito vanno trascurati.
Si supponga, ad esempio, che l'imprenditore, per consuetudine, cor-
risponda al salariato una somma in denaro, e conceda inoltre una de-
terminata superficie di terreno preparato e concimato, per l'esercizio, a
tutto suo profitto, di alcune colture, quali sono il mais, la fava, ecc. In
tal caso, nel computo dell'ammontare del salario, si deve trascurare i
proventi di questo diritto, perchè il prodotto ricavato riguarda la per-
sona del salariato, e la superficie assegnata ai salariati deve essere con-
siderata nel computo della ripartizione media della superficie. D'altro
lato, quando l'imprenditore sia tenuto — come avviene in certe zone
72 II. METODO DI S T I M A

della bassa Lombardia irrigua — a dare gratuitamente, per quanto è ri-


chiesto dal terreno concesso al salariato, l'acqua d'irrigazione, il lavoro
degli animali, i mezzi di trasporto, ecc., le somme relative sono già con
teggiate nel complesso delle spese aziendali.
Si può quindi concludere che, iu generale, l'ammontare dei salari,
da conteggiarsi per ricavare il benefìcio fondiario da capitalizzare, è di-
verso dall'ammontare del reddito di lavoro percepito dai salariati stessi ;
e ciò perchè nel reddito di lavoro entrano elementi e forme di attività,
che, dato lo scopo della stima analitica, possono considerarsi extra
aziendali.
Un esempio chiarirà meglio la tecnica da seguire.
Negli anni 1900 e 1930, in una zona della bassa Lombardia irrigua,
il salariato fisso, legato all'azienda da un contratto annuo per lavori
generici, aveva diritto ad un salario composto dei seguenti elementi :

A n n o 1900 A n n o 1930

Danaro 80,— 2100,—


Mancie settimanali 40,— —

Frumento . . q.li — 3,—


Mais 4,75 10,—
Riso 0,55 2,—
Fagioli 0,25 0,25
Legna verde 12,— 35,—
Mais di raccolto (zappa secca) . . . . » 4,2 —

Risone di raccolto (tresca secca) » 1,75 —

Frumento di spigoleggio . . . . 0,25 0,25


Terra per coltura ortiva . . . . . . mq. — 144,—

Nel complesso il reddito di lavoro ricavato dal salariato ammontava


a circa 410 lire correnti (o del tempo) nel 1900, e a 4200 nel 1930.
Ai fini della stima analitica, non solo bisogna determinare l'am-
montare medio del salario, in quanto si ritenga il più probabile, e
quindi, di regola, rifuggire dal considerare il salario di un singolo anno,
ma bisogna anche escludere dal computo le voci che non interessano di-
rettamente il bilancio del beneficio fondiario, quali sono, ad esempio, il
ricavo dello spigoleggio e delle colture ortive. Il mais di raccolto, quando
la produzione sia considerata nel suo complesso unitario, deve invece es-
sere detratto : esso costituisce la parte corrisposta al salariato per il
lavoro fornito espressamente per questa coltura.
LA DETERMINAZIONE DEL BENEFICIO FONDIARIO 73

Da quanto precede è facile concludere che l'ammontare del salario


si dovrà stabilire zona per zona, con criteri suggeriti dalla natura del
rapporto contrattuale.
Le spese per direzione ed amministrazione, cioè gli stipendi al per-
sonale direttivo ed amministrativo, nel maggior numero dei casi sono
presunte; spesso è lo stesso imprenditore (proprietario, affittuario) che
esplica le funzioni di direttore dell'azienda.

6 . - S P E S E PER CAPITALI TECNICI E PER SERVIGI EXTRA-AZIENDALI

Nelle spese per acquisto di capitali tecnici e per servigi extra-azien-


dali (spese varie) si comprendono acquisti di materie prime e servigi,
fra i quali ricordiamo le spese per :
1°) concimi e fertilizzanti in genere ;
2°) mangimi e lettimi ;
3°) sementi, barbatelle, piantine, ecc ;
4°) anticrittogamici, insetticidi e antiparassitari in genere ;
5°) noleggi di mezzi di trasporto, di motori e di animali;
6°) veterinario e medicinali ;
7°) spese di stalla : monte, ferrature, castrature, ecc. ;
8°) acqua irrigua ;
9°) petrolio, energia, combustibili, lubrificanti, ecc. ;
10°) rafia, spago, cordami, mastici, canne, filo di ferro, ecc. ;
11°) consulenza tecnica e legale ;
12°) spese di mercatura : viaggi, senseria, ecc. ;
13°) spese postali, telefono, cancelleria, cambiali, bolli, ecc.. ;
14°) varie.
Le spese di manutenzione e di assicurazione e le quote di ammorta-
mento rappresentano le spese sostenute o le somme accantonate per assi-
curare la efficienza ed il rinnovamento dei capitali impiegati (x).
Si distinguono le spese di manutenzione del capitale fondiario da
quelle delle macchine e attrezzi. Le prime, a un dipresso costanti, ser-
vono a tenere in efficienza i fossi, i piccoli canali, le strade poderali, nel

(') È opportuno precisare la distinzione tra spesa e quota, poiché spesso la


parola quota è usata impropriamente. Per spesa, s'intende l'effettivo pagamento
di una data somma di danaro, per quota, invece, si intende una somma calcolata,
in rapporto ad un valore complessivo : ,somma che può essere pagata o meno. Es. :
la spesa per il veterinario è di L. 300, la spesa per concimi è di E. 2500, ecc. ; la
quota di ammortamento del fabbricato è del 7 % 0 del valor capitale, la presunta
quota di assicurazione è del 3 % del valor capitale ; ecc.
Volendo precisare ulteriormente la distinzione si può osservare che alexine
spese si fanno per quote : così, ad es., le spese di assicurazione si possono fare per
quote del valor capitale; nel caso di colonia parziaria la spesa per concimi minerali
si ripartisce in date quote tra il proprietario e il colono, ecc.
74 II. METODO DI S T I M A

riattare i muretti, nel compiere le ordinarie riparazioni di cui abbiso-


gnano i fabbricati rurali, nel rinnovare sostegni, fili di ferro per le pian
tagioni legnose, ecc. Le seconde comprendono t u t t t e le spese occorrenti
per compiere le ordinarie riparazioni alle macchine e agli attrezzi.
È noto che per le macchine nuove s'incontra una minima spesa di
manutenzione, la quale va crescendo rapidamente, fino a rendere conve
niente la rinnovazione della macchina. Quado si t r a t t a di macchine, le
cui spese di manutenzione non segnano forti variazioni, il valore della
quota media annua di manutenzione si può ottenere facendo la media
aritmetica delle spese sostenute o che si prevede si dovranno sostenere.
Quando si t r a t t a invece di macchine le cui spese hanno un pronunciato
andamento crescente, si consiglia di far ricorso alla formula delle an-
nualità posticipate per calcolare la quota media annua.
Tutti i capitali, anche se mantenuti nel modo più perfetto, non
possono durare a dare l'utilità che da essi si richiede in modo indefinito.
Essi si logorano con l'uso ed hanno bisogno perciò di essere rinnovati.
A tale scopo risponde la quota di ammortamento, cioè quella somma
annua media che viene messa in disparte per poter sostituire, dopo un
certo numero di anni, il capitale ormai inservibile. Come per le pianta-
gioni legnose occorre fissare un ciclo economico, anziché adattarsi al
ciclo naturale delle piante, così per le macchine occorre fissare un pe-
riodo di ammortamento economico, di solito più breve del periodo che
dovrebbe trascorrere perchè le macchine usate divenissero del tutto
inservibili.
La durata di questo periodo può essere stabilita solo caso per caso,
tenendo conto della spesa media di manutenzione, del prezzo che si può
realizzare vendendo la macchina vecchia, del prezzo che bisogna pagare
per acquistare la macchina nuova.
Posto che:
V n sia il prezzo della macchina nuova ;
V„ sia il prezzo della macchina vecchia;
n sia il periodo d'anni di durata della macchina ;
r sia il saggio d'interesse attribuito alle quote d'ammortamento
stanziate anno per a n n o ; la quota di ammortamento (qam) sarà data
dall'espressione seguente :
„am —_ (i + )n—l '
r

Relazioni strettissime intercorrono f r a le spese di manutenzione e


la quota di ammortamento, poiché una manutenzione accurata e costante
prolunga la durata della macchina e diminuisce di conseguenza la quota
di ammortamento. Così, per alcune macchine o attrezzi (carri agricoli,
ruspe, ecc.), la manutenzione può giungere a sostituire interamente l'am-
mortamento : basta rinnovare una ruota o rifare il letto di un carro o
LA D E T E R M I N A Z I O N E DEL B E N E F I C I O FONDIARIO 75

le sponde o mettere un asse per compiere un'operazione che, pur avendo


carattere di manutenzione, quando sia seguita nel tempo da operazioni
simili, porta al rinnovamento del carro e quindi all'ammortamento.
Per i fabbricati rustici, la quota di manutenzione è assai superiore
a quella di ammortamento, pressoché trascurabile data la lunghissima
durata del ciclo.
Un significato ben diverso ha la quota di assicurazione : essa mira
a ricostituire i capitali che venissero accidentalmente distrutti, come i
fabbricati per l'incendio, le messi per la grandine, il bestiame per spe-
ciali malattie infettive, ecc.
La quota dicesi reale, quando è effettivamente pagata ad un istituto
assicuratore, presunta quando l'imprenditore non è assicurato. Per de-
terminare questa quota presunta occorre stabilire la frequenza probabile
del sinistro, cioè l'intervallo medio di tempo che separa un sinistro dal
successivo. Indicando con n questo intervallo espresso in anni e con 8
t'ammontare del danno, la quota di assicurazione (qas) si calcola con
la nota formula dell'accumulazione finale di annualità costanti posti-
cipate :
q
S •r
a, — (1 + r )« _ i '

I n pratica però la determinazione del periodo medio intercorrente


i r a un sinistro e il successivo è molto difficile e presuppone una indagine
vastissima, laboriosa e sempre inadeguata allo scopo; perciò è consi-
gliabile adottare, come quota presunta, la quota che si pagherebbe qua-
lora fosse stato fatto il contratto.

7. - IMPOSTE, TASSE E TRIBUTI DIVERSI

L'ultima categoria di spese da considerare è quella delle imposte,


e cioè :
— imposta terreni ;
— imposta di ricchezza mobile ;
—• imposta bestiame :
— contributi consortili ;
— contributi sindacali ;
— assicurazioni sociali ;
— imposta complementare sul reddito ;
— varie.
L'imposta terreni è pagata dal proprietario fondiario sulla base del
reddito imponibile catastale : l'aliquota erariale è fissa ed unica per
tutto il Regno nella misura del 10 % dell'imponibile ; le aliquote pro-
vinciali e comunali, di solito, variano d'anno in anno, in relazione ai bi-
sogni di questi enti locali.
76 II. METODO DI S T I M A

L'imposta di ricchezza mobile è pagata dall'affittuario; quella di


ricchezza mobile sui redditi agrari è pagata dal proprietario e dal <o-
lono. Il proprietario è tenuto a pagare l'imposta di ricchezza mobile
anche per i redditi delle industrie agrarie eccedenti i prodotti del fondo.
L'imposta bestiame è un'imposta comunale stabilita per capo e per
specie, distinguendo f r a capi giovani e capi adulti.
I contributi consortili comprendono gli oneri di bonifica idraulica,
di scolo, di difesa e quelli derivanti da opere di trasformazione fon-
diaria di pubblico interesse. In questo gruppo si possono comprendere
gli eventuali contributi dovuti a consorzi antifilosserici, antidachici, ecc.
I canoni d'irrigazione di solito si comprendono nelle spese per
l'acquisto di materie prime.
I contributi sindacali, dovuti dal proprietario fondiario, sono espres-
si in una aliquota aggiuntiva dell'imposta sui terreni ; quelli del pro-
prietario imprenditore sono da aumentarsi dei contributi applicati sul-
l'imposta di reddito agrario ; quelli dell'affittuario si applicano con una
maggiorazione dell'imposta di ricchezza mobile.
Le assicurazioni sociali riguardano gli infortuni sul lavoro, l'inva-
lidità, la vecchiaia e la tubercolosi.
I contributi per gli infortuni sono fissati iu una percentuale del-
l'imponibile catastale. Si tenga presente che detta percentuale può va-
riare di anno in anno.
L'assicurazione contro l'invalidità e la vecchiaia è obbligatoria per
t u t t i i salariati agricoli (fissi ed avventizi) che hanno compiuto l'età di
15 anni e non superata quella di 65. I relativi contributi sono per metà
a carico dei datori di lavoro. Il contributo dei salariati fissi viene sta-
bilito in una somma globale annua, in rapporto all'età ed al sesso.
Quello degli avventizi viene espresso in una aliquota fìssa per ciascuna
giornata di lavoro.
I contributi per l'assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi,
nei confronti degli operai salariati e dei coloni, vengono riscossi con le
stesse norme e cumulativamente a quelli per la invalidità e vecchiaia.
L'imposta complementare sul reddito colpisce globalmente t u t t i i
redditi che affluiscono da diverse fonti alla persona tassata, al netto
delle detrazioni fissate dalla legge. Essa non va trascurata, perchè in
ogni caso l'azienda agraria deve pure contribuire al suo pagamento.
L'ammontare dell'imposta non dovrà stabilirsi caso per caso, ma si
dovrà determinare in misura media. Qui si presenta un elegante pro-
blema teorico, sul quale forse sarebbe ozioso intrattenersi perchè ci
porterebbe troppo lontano dal nostro tema. Infatti, si dovrebbe proce-
dere alla costruzione di una figura di acquirente normale soggetto ad
un'aliquota media: costruzione che si presenta, a priori, sproporzionata
allo scopo che si intende raggiungere. Per questo motivo, nella pratica
delle stime, la deduzione da fare per l'imposta complementare si cai-
LA D E T E R M I N A Z I O N E D E L B E N E F I C I O FONDIARIO 77

cola applicando le disposizioni della legge nel caso in cui il patrimonio


sia costituito dal solo fondo.
Anche l'imposta sui veicoli a trazione animale va determinata caso
per caso.
Tutte le imposte e t u t t i i tributi dovranno essere al lordo degli aggi
di esazione.

6) L a d e t e r m i n a z i o n e d e l b e n e f i c i o e d e l v a l o r e f o n -
d i a r i o dei t e r r e n i a c o l t u r e a r b o r e e da f r u t t o .

1. - GENERALITÀ

I terreni a colture arboree da f r u t t o danno luogo a particolari que-


siti estimativi, sia perchè il ciclo economico degli alberi si svolge in un
periodo di tempo più o meno lungo, dipendente dalla specie coltivata e
dalle finalità dell'imprenditore, sia perchè essi, invece di dare una pro-
duzione annua suscettibile di essere facilmente espressa con un dato
medio, danno una produzione variabile ili maniera sistematica, causa
di non meno sistematiche variazioni nel beneficio fondiario.
La storia delle dottrine estimative vuole che in proposito sì ricor-
dino i nomi di Cavalieri di San Bartolo, Anton Maria Fiuescbi, Gio-
vanni Pegoretti, Dionisio Biancardi, ai quali si deve la formulazione
della teoria della stima dei terreni arborati, la quale si risolve in una
applicazione della teoria di capitalizzazione dei redditi periodici (1).
Desideriamo dichiarare subito che di queste semplici formule di
aritmetica finanziaria moltissimi t r a t t a t i s t i se ne sono f a t t i u n ' a r m a
per complicare in maniera inverosimile, e a volte grottesca, lo svolgi-
mento di questa stima. Se rendere difficili le cose semplici è sempre una
colpa grave, essa lo diventa ancora di più quando si maschera con l'ap-
parente esattezza algebrica un rigore di metodo inesistente.
Qualora il procedimento seguito dai ricordati t r a t t a t i s t i fosse adot-
tato dai cultori di matematica, credo che non sarebbe più possibile con-
tenere in un solo volume un teorema trigonometrico qualsiasi, poiché,

(*) N. CAVALIERI di San Bartolo - Saggio di un metodo analitico per le stime


campestri. Roma, De Romanis, 1821.
G . PEGORETTI - Cognizioni teorico-pratiche per la stima dei beni stabili. I I ediz.,
Mantova, Negrettl, 1855.
A. BIANCARDI - Teoria per la valutazione delle piante e dei terreni destinati
alla loro coltivazione, colle applicazioni alle specie più comuni che vegetano nelle
pianure lombarde. Milano, Wilmant, 1856.
Per ulteriori notizie al riguardo cfr. il Saggio bibliografico della letteratura
italiana in tema d'estimo, pubblicato dal MARENGHI, in appendice delle sue Le-
zioni d'Estimo. Milano, Libreria Ed. Politecnica, 1925.
78 II. METODO DI STIMA

sostituendo ad ogni simbolo il rispettivo valore, tutte le dimostrazioni


dei teoremi precedenti verrebbero incluse nella formula tinaie, la quale,
ad un occhio profano, apparirebbe di una complessità prodigiosa.

2 . - I L BENEFICIO FONDIARIO NEL CASO DI COLTURA PROMISCUA

Ciò premesso, osserviamo che la stima dei terreni a culture legnose


da f r u t t o si presenta in maniera diversa secondo che si t r a t t a ili pianta-
gioni della stessa specie, formanti vere e proprie colture specializzate,
come sono i vigneti, gli oliveti, gli agrumeti, ecc., oppure di piante le-
gnose di diversa età e specie, quali si riscontrano nei seminativi o prati
arborati, assai frequenti nel nostro paese, dove la cultura promiscua in-
teressa notevole p a r t e della superficie agricola.
Nel primo caso si ha un terreno coltivato a vite, a ulivi, a limoni,
ecc. : terreno che è destinato interamente ad una sola coltura e che dà
come unico prodotto uva, olive, limoni, ecc., e quindi il beneficio fon-
diario di ciascun anno dipende dalla produzione ottenuta e dalle spese
sostenute : produzione e spese che variano d'anno in anno, seguendo
l'andamento del ciclo produttivo proprio della pianta.
Nel secondo caso, invece, si ha un terreno coltivato promiscuamente
a piante erbacee — le quali si succedono nel seminativo secondo un loro
avvicendamento più o meno regolare — e a piante arboree, per cui la
produzione vendibile del podere non segue le sistematiche variazioni
proprie delle piante arboree. Si ha cosi una minore differenza, e quindi
la produzione vendibile è suscettibile di essere espressa con un medio
beneficio fondiario, analogamente a quanto avviene nei poderi coltivati
a sole piante erbacee ; tale uniformità si deve al fatto che di solito la
parte della produzione vendibile dovuta alle piante arboree è modesta
rispetto alla totale, ed inoltre queste, nei terreni a coltura promiscua,
non solo possono essere di specie diversa ma sono quasi sempre di età
diversa. Il contrario avviene per le colture specializzate che di regola
comprendono piante della stessa specie e della stessa età.
Laddove nel seminativo vi sono filari di viti di età diversa, maritate
all'olmo o all'acero (Emilia, Umbria, ecc.), il cui rinnovamento è con-
tinuo perchè ogni anno, si sostituisce qualche vite o se ne propaggina
qualche altra, produzione e spese non seguono sistematiche variazioni
come avviene nelle colture specializzate ; così avviene anche laddove nei
seminativi, anziché esservi filari di viti o di piante da frutto, vi sono
sparsi in disordine alberi da f r u t t a e olivi di diversa età (disctanei) che
si rinnovano saltuariamente, spesso in maniera irregolare, e la cui pro-
duzione nel complesso non subisce variazioni notevoli.
In t u t t i i casi in cui non si hanno vere e proprie colture specializ-
zate, ma dei poderi arborati, cioè dei terreni in cultura promiscua, rac-
colti in una vera e propria unità aziendale, è consigliabile, allorché si
LA D E T E R M I N A Z I O N E DEL B E N E F I C I O FONDIARIO 79

deve impiegare il metodo di stima analitica (per capitalizzazione di red-


diti), determinare il medio beneficio fondiario annuo, considerando il
podere nella sua unità ; in questi casi souo errate, perchè peccano di un
eccessivo razionalismo, che conduce il perito lontano dalla realtà, le di-
stinzioni tra il suolo nudo e gli alberi : ciò che esiste veramente è il po-
dere, nel quale si trovano anche delle piante legnose. Inoltre, dal punto
di vista della pratica professionale, una simile impostazione non è fe-
conda, perchè si presentano raramente casi di stima in cui si richiede
il valore del terreno nudo, distinto dal valore degli alberi.
Le osservazioni che precedono hanno una particolare importanza nel
nostro Paese, dove si può dire che ovunque vi siano terreni con piante
sparse in filari.
3. - METODO GENERALE DI STIMA

La caratteristica economica principale delle piante da f r u t t o è quella


di presentare un ciclo produttivo, durante il quale esse danno una pro-
duzione annua variabile in maniera sistematica, dipendente dall'età della
pianta.
Questa osservazione ha suggerito ai cultori di estimo di distinguere
la vita della pianta in fasi chiamate d'infanzia, di adolescenza, di ma-
turità, di vecchiaia, per analogia con la vita umana, al cui ciclo si assi-
mila, quello delle piante; altri autori chiamano le fasi ricordate, fase
iniziale, crescente, stazionaria, decrescente ; altri ancora amano aumen-
tare il numero delle fasi aggiungendovi quelle della giovinezza, e della
decrepitezza ; e così via.
Le numerose e diverse fasi in cui si frammenta la vita delle piante
arboree da f r u t t o vogliono trovare una giustificazione nel diverso succe-
dersi delle spese che le piante richiedono e dei prodotti che danno ; così,
per esempio, si designa col nome di fase d'infanzia il periodo durante il
quale la pianta non dà produzione o quasi, e siccome richiede spese, il
risultato economico della sua coltivazione riferito agli anni considerati
sarà negativo ; il contrario accadrà negli anni della giovinezza, della ma-
turità e della vecchiaia : siamo cioè di fronte ad un fenomeno ciclico che
deve essere considerato per periodi unitari, altrimenti si cade nell'errore
di giudicare redditi negativi le spese che si sostengono nell'anno d'im-
pianto ed in quelli della così detta fase d'infanzia, destinate alla produ-
zione del iene strumentale (ad es., vigneto), che darà i suoi redditi nelle
fasi successive. In t a l modo si può determinare il beneficio fondiario
medio annuo.
È altresì evidente che non bisogna fondare il giudizio peritale sul
beneficio fondiario che si ha nell'anno della stima (attuale), ma che bi-
sogna stabilire t u t t i i benefici fondiari cui la piantagione dà luogo nei
singoli anni del suo ciclo, e da questi ricavare il beneficio fondiario
medio annuo da capitalizzare.
80 II. METODO DI S T I M A

I benefici fondiari annui di un vigneto oggetto di stima, del ciclo


produttivo di n anni, siano rappresentati dal grafico seguente ; si sup-
ponga che essi si susseguano con lo stesso ordine e grandezza per l'av-
venire, indefinitamente.

Oi 2 3 I , 23
4 5 6 7 8 9)011 28 29W3132B5Ì35 | < 5 6 7 8 9

n - 55

Ammesso che il valore di mercato del terreno arborato sia eguale


alla somma attuale del redditi futuri, ne risulta che il valore ( F j del
vigneto all'anno zero si otterrà scontando all'attualità i singoli benefici
fondiari ; ma siccome questi benefici si ripetono nel futuro a periodi
eguali di tempo, ne viene che se noi riportiamo i singoli benefici fondiari
di ciascun ciclo all'anno n, in cui termina, un ciclo e comincia il ciclo
n
guente, avremo una successione di valori eguali a che si veri ti
o
oheraimo ad intervalli eguali di tempo, cioè ogni n anni.

n n n n
O f CBf n Bf1 C B 1f
O ' 0 ' o o
0 n u n n

Il capitale che, impiegato al saggio r, è capace di dare ogni n anni


n
una somma di redditi eguale a 1.Bf è dato dall'espressione seguente:
o
n
XB
V - ,

giusta la formula di capitalizzazione di redditi periodici poliannuali co


stanti perpetui, già dimostrata (1J.
I l suolo, suscettibile di essere coltivato con una pianta legnosa che
dà la successione ricordata di redditi, si chiama capitale terra o forza
virtuale del terreno, e da noi sarà sempre indicata con il simbolo V0.
È opportuno avvertire che, perchè sia possibile calcolare il capitale

(') Cfr. a pag. 43 di questo volume.


LA DETERMINAZIONE DEL B E N E F I C I O FONDIARIO 81

terra nel modo indicato, è necessario che si verifichi l'ipotesi dei succes-
sivi cieli : bisogna cioè che di consuetudine i terreni a vigneto ritornino
a vigneto, quelli ad aranceto siano coltivati ancora con aranci e così
via. Se ciò non fosse, come accade per alcune piante, il metodo descritto
non si potrebbe applicare.
Se si t r a t t a di valutare un terreno nudo da destinare a vigna, e che
si ritiene sarà in avvenire ancora ripiantato a vigna, il metodo indicato
ci insegna come dobbiamo procedere.
Il caso più frequente è quello in cui si deve stimare un vigneto o un
frutteto in un anno intermedio del ciclo ; s'intende un vigneto o un frut-
teto nella sua unità, formata dalla terra e dalle piante.
Il procedimento aritmetico del calcolo può assumere tre forme, che
esamineremo partitamente. La prima di esse ci sembra però la più op-
portuna, perchè s'adatta alla precisa n a t u r a del quesito estimativo. Le
altre sono da ritenersi artifici di calcolo.
Se il momento della stima si verifica all'anno in, il valore cercato
(Vm ) sarà dato dalla somma attuale, cioè all'anno m, dei redditi f u t u r i ,
i quali sono costituiti dai benefici fondiari, che si verificheranno dal-
l'anno m alla fiue del ciclo (anno n), e dalla serie indefinita dei benefici
che avranno luogo nei cicli futuri, equivalente al valore del capitale terra
all'anno 0, cioè a V 0.
In simboli avremo :
n
•y in
o
m ( 1 -f- '

cioè il valore del terreno arborato all'anno ni, intermedio del ciclo, sarà
data, dalla somma da ni ad n dei singoli benefici fondiari, addizionati
del capitale terra, il tutto scontato al giorno della stima, cioè scontato
di n —• m anni.
Gli altri due procedimenti aritmetici, che portano naturalmente allo
.stesso risultato, sono i seguenti :
a) si calcola l'accumulazione all'anno n, fine del ciclo, del capi-
tale terra e dei relativi interessi — ~V0 [l + r) n — e, per avere il valore
del terreno arborato all'anno m, si toglie la somma dei benefici fon-
diari da, 0 ad m già percepiti e quindi passati;
m
Y V
m= o (1 -+-»•)*-2B,
o J
la cui n a t u r a appare meglio sostituendo a V0 il suo valore :
li f m

G. Medici - Lezioni di estimo. 6


82 II. METODO DI S T I M A

b) si considerano tanti cicli produttivi arbitrari, i quali, invece di


cominciare all'anno 0, nascita della pianta, e finire all'anno », morte
della stessa, vanno dall'anno m all'anno n + m, da n + m a 2 n + m , ecc. :
il numero degli anni componenti il ciclo rimane sempre costante ed
eguale ad n ; varia semplicemente l'inizio del ciclo clie avviene all'anno
7>i invece che all'anno 0. Siccome il valore del t'ondo all'anno m sarà
dato dalla somma attuale dei redditi f u t u r i , basterà capitalizzare la serie
indefinita dei redditi periodici costanti posticipati, dati dalla somma al
tuale dei benefici fondiari che si verificheranno da m a n + m, cioè:
n+m
2B,
F„ —
(1 -h r)n - 1

Mentre il procedimento di cui alla lettera a) costituisce un vero e


proprio artificio aritmetico, quest'ultimo (b) è più accessibile ad una in-
terpretazione estimativa.
Per completare le nozioni del calcolo di stima nel caso di poderi ar-
borati ricorderemo che il valore del soprassuolo (Vs) in un anno gene-
rico m sarà dato dalla differenza t r a il valore del terreno arborato ed il
valore del capitale terra, cioè :
o.
n n
S,Bf V0 2B
o '
S— + ryr-m + _ 1

La precedente impostazione data al quesito ci insegna che- per deter-


minare il valore del capitale di un terreno arborato occorre stabilire :
— La successione dei benefici fondiari (Bf) nei singoli anni del ciclo.
— La durata (n) del ciclo.
— Il saggio di capitalizzazione.
La stima sta proprio nella scelta di questi termini, compiuta la
quale non rimane da eseguire che un semplice calcolo aritmetico.

1. - L A DETERMINAZIONE DEI B E N E F I C I FONDIARI

N E I S I N G O L I ANNI DEL CICLO

Soltanto una conoscenza profonda e minuta intorno alla produ-


zione, alle piante e alla quantità di lavoro e di materie prime impie-
gate, f r u t t o di osservazioni diligenti ed estese, può giustificare l'impiego
del metodo per capitalizzazione nella ricerca del probabile valore di mcr
cato di terreni arborati.
LA D E T E R M I N A Z I O N E DEL B E N E F I C I O FONDIARIO 83

La necessità di compiere sistematiche rilevazioni statistiche è stata


da tempo avvertita ; tanto che qualche vecchio collegio di geometri e di
ingegneri c i n q u a n t a n n i or sono tentò la raccolta sistematica dei dati di
produzione delle piantagioni arboree da frutto. Ma i tentativi sporadici,
dovuti a qualche persona di buona volontà, non ebbero seguito.
Da quanto precede discende che non si possono dare indicazioni ge-
nerali sui prodotti ottenuti, nè sulle spese da sostenere. Ciò può essere
fatto soltanto per casi speciali: per vigneti, oliveti, pescheti, di una
data zona, in relazione al sistema di allevamento, alle pratiche cultu-
rali e così via.
Le indicazioni generali sono le consuete esposte nel precedente sotto-
capitolo e che valgono sempre quando si deve determinare il beneficio
fondiario ; alle quali si può soltanto aggiungere che negli anni successivi
al primo periodo, durante il quale si sostengono soltanto delle spese,
nonostante la variazione della produzione in relazione all'età della pian-
ta, si possono stabilire delle stazioni durante le quali si può ammettere
che il beneficio fondiario sia costante: ciò permette di semplificare i
calcoli.
5. - L A DURATA DEL CICLO

li numero degli anni del ciclo deve essere stabilito in base a consi-
derazioni eli carattere economico, per fare le quali, però, occorre stabi-
lire la successione dei singoli benefici fondiari.
Un problema che si pone all'imprenditore che conduce, ad esempio,
un vigneto, la cui produzione ha cominciato a diminuire per l'età delle
piante, è il seguente : in quale anno bisogna procedere allo spiantamento
e quindi al reimpianto? È opportuno attendere la morte fisiologica della
pianta, oppure 110? Alla seconda domanda ha risposto l'esperienza, la
quale insegna che di solito le piante vengono sostituite prima del loro
esaurimento naturale ; ma quando possono essere utilmente sostituite?
Al quesito si risponde affermando che esiste un momento, nella fase de-
crescente dei redditi, in cui la convenienza è massima : allungare il ciclo
lasciando in vita le piante'significherebbe -andare incontro a perdite ana-
loghe a quelle che si incontrerebbero sostituendole prima del momento
ottimo, che di solito si chiama età del tornaconto.
Non è ozioso osservare che sarebbe più proprio chiamarla età del
massimo tornaconto, perchè il tornaconto può esistere, per quanto in mi-
sura minore, anche per un periodo di tempo diverso da quello che lo con-
cede in misura massima.
Per determinarla occorre stabilire la successione dei singoli benefici
fondiari; dopo di che, per tentativi, muovendo dal momento in cui i
redditi cominciano ad essere decrescenti si calcola il valore del capitale
terra (y o ) per cicli successivamente più lunghi di un a n n o : l'anno a cui
corrisponde il maggior capitale terra è l'anno dell'età del tornaconto.
84 II. METODO DI S T I M A

I n f a t t i , il capitale terra ci è dato dall'espressione seguente :

0
(1 -+- r)n - 1
la quale ci dice come 1*0 dipenda dalla successione dei benefici fondiari,
dal saggio r, e dal ciclo n; ma mentre in essa r agisce in rapporto inver-
samente proporzionale, la 2,Bf agisce in modo direttamente propor-
li
zionale : sommatoria clie aumenta con l'aumentare di n, il quale, a sua
volta, agisce al denominatore come potenza. Quindi fino a che l'aumento
ti
dovuto alla i B f è maggiore della diminuzione dovuta all'aumento di
0
(1-1-r)n, conviene mantenere in vita le piante; quando invece sta per di-
ventare minore allora conviene iniziare un nuovo ciclo. L'età cui corri
sponde il massimo capitale terra ritraibile da quella coltivazione arbo-
rea è l'età del tornaconto. La sua determinazione si può fare soltanto
per tentativi; o meglio sarebbe possibile anche direttamente qualora si
potesse trovare un'espressione analitica con cui interpolare in maniera
soddisfacente la successione dei benefici fondiari. Ma siccome ciò non è
possibile, allora bisogna calcolare successivamente i valori di Vg nel
modo già indicato, per cicli gradualmente crescenti; il ciclo che dà il
maggior capitale terra è quello del tornaconto :
n+1 n+V
2B, 2B.
0
V - " V =
(n_r)»+'-l ' ° (14- r)«+ 3 - 1 " "

È evidente che l'età del tornaconto così calcolata ha significato e


valore soltanto nel caso in cui i prezzi adottati e le quantità previste
siano le più probabili, quando cioè si conoscano profondamente gli aspet-
ti tecnici ed economici della piantagione considerata. E siccome allo
stato attuale si possiedono scarse notizie al riguardo è da ritenere che
la determinazione dell'età del tornaconto per via analitica, seguendo il
sistema indicato, se ha il vantaggio di porre il problema in maniera ra-
zionale, lascia però troppo spesso l'illusione che il problema sia così ri-
solto anche nella realtà. Per questo, pur riconoscendo che il calcolo del-
l'età del tornaconto può essere sempre utile, perchè consente al perito di
fare una serie di considerazioni sui dati raccolti, riteniamo però che, in
ogni caso, e specialmente quando i dati sono manchevoli, sia necessario
consultare il giudizio sintetico, che si esprime di fatto con il numero di
anni per i quali, in condizioni simili, gli agricoltori della zona manten-
gono in vita i loro pescheti, vigneti, ecc.
Nel periodo storico che stiamo attraversando la determinazione del
ciclo presenta eccezionali difficoltà, perchè non si conoscono ancora i
LA D E T E R M I N A Z I O N E DEL B E N E F I C I O FONDIARIO 85

risultati tecnici di alcune pratiche agricole di recente introdotte ; così


non si posseggono riferimenti precisi intorno alla durata dei vigneti su
piede americano, degli agrumeti forzati alla produzione dei verdelli, dei
meli potati a vaso, e così via.
Per tutto ciò, attualmente, la scelta del ciclo produttivo per deter-
minare il valore dei terreni a piantagioni legnose deve essere lasciato a
criteri non suscettibili di rigorosa giustificazione logica : a criteri sinte-
tici, cui potrà recare ausilio l'analisi diligente e precisa compiuta con il
metodo esaminato.

6. - L A SCELTA DEL S A G G I O DI CAPITALIZZAZIONE

I problemi relativi alla scelta del saggio di capitalizzazione sono


t r a t t a t i nel seguente capitolo.

CAPITOLO V.

IL SAGGIO DI CAPITALIZZAZIONE

1 . - GENERALITÀ

Determinato il beneficio fondiario, si risale al valore capitale scon-


tando all'attualità i benefici futuri.
Indicando con :
lif : il beneficio fondiario medio che si dovrebbe verificare ogni n
unità di tempo e per m volte ;
r : il saggio di sconto ;
la somma attuale dei redditi f u t u r i sarà data dalla seguente espres-
sione :
r - B (l + r ) ™ - l mn
n
o — / [(i + r ) — 1] ( 1 -+- r) '

dalla quale, quando il beneficio fondiario ha carattere perpetuo, cioè


quando ni è infinitamente grande, si ricava che :

» (1 r)n — 1
e. quando n = 1, si ricava

Quindi, determinato il beneficio fondiario, scelto o stabilito il sag-


gio di capitalizzazione, questa parte dell'operazione non è più f r u t t o di
stima, perchè viene compiuta interamente dal calcolo.
Ed è precisamente in materia di saggio di capitalizzazione che re-
sanie della distinzione tra metodo analitico e sintetico, già criticata
dal Serpieri e dal Marenghi (2) per quanto riguarda la dizione di stima
analitica e razionale che la opporrebbe ad una stima sintetica o empirica

(') Cfr. il paragrafo 2 del capitolo terzo.


(-) Cfr. le opere citate del SERPIERI e del MARENGHI.
88 II. M E T O D O DI STIMA

e quindi tacciata di irrazionale, — merita di essere ripreso per appurarne


meglio i nessi : esame che consentirà di dimostrare se realmente esi-
stono cpiesti due metodi, oppure se la distinzione è del tutto formale,
trattandosi delle due solite fasi, attraverso le quali bisogna passare per
emettere un giudizio : prima si fa l'analisi della situazione, poi si fa la
sintesi e si esprime il giudizio.
Ma prima di t r a r r e le accennate conclusioni generali intorno al me
todo, è opportuno studiare la n a t u r a economica del saggio di capitaliz-
zazione, le sue relazioni con il tasso di sconto, il premio di assicura
iione, il tasso di profitto e di perdita, allo scopo di precisare le cause
che ne fanno variare la misura.
Di proposito si è voluto compiere un esame dettagliato intorno a
questa importantissima scelta, di solito trascurata : anche in questo caso,
e specialmente in questo, l'aritmetica finanziaria aveva dato l'illusione
che bastasse scrivere l'espressione algebrica per avere risolto il proble-
ma. Quando nelle formulette d'aritmetica finanziaria si è scritto « r »
sembra che ogni questione sulla scelta sia risolta: così il Serpieri (1).

2. - S A G G I O DI CAPITALIZZAZIONE E SAGGIO D'INTERESSE

L'interesse dell'unità di moneta nell'unità di tempo si definisce sag-


gio d'interesse. Esso esprime il rapporto che intercorre tra la somma di
moneta attribuita ad un dato bene (valore capitale) e la somma di mo-
neta che da questo si ricava mutuandolo per un dato tempo (reddito) :
è quindi un rapporto t r a il capitale, inteso come fondo esistente in un
dato istante, e il reddito, inteso come flusso, defluito durante un deter-
minato tempo.
Supponiamo di avere acquistato per 100.000 lire un podere che dà
un beneficio fondiario (reddito) di 1000 lire annue posticipate perpetue:
in tal caso si dirà che si è investito un capitale all'interesse del 4 %. E
siccome sul mercato fondiario quel dato reddito annuo posticipato per-
petuo di L. 4000 è stato venduto per 100.000, ne viene che il saggio di
capitalizzazione (r — j ^ ^ ì risulta anch'esso del 4 % e quindi coincide
con il saggio d'interesse: s'intende con quel particolare saggio d'inte-
resse corrispondente al bene considerato.
Stabilito che il rapporto t r a capitale e reddito è per esempio del
4 %, cioè che il capitale ha un valore di mercato, cioè un prezzo, equi-
valente a 25 volte il reddito annuo che ne deriva, se ne conclude che il
saggio d'interesse coinciderà sempre con il saggio di capitalizzazione, la
mancata coincidenza si avrebbe qualora il saggio d'interesse venisse com-
misurato su di mi valore capitale diverso da quello che si vuole ottenere

0 ) C t r . A . SERPIERI - op. cit.


I L S A G G I O 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 89

con la capitalizzazione. Ma qualora 11 saggio d'interesse e quello di ca-


pitalizzazione vengano calcolati su la stessa base (ad esempio sul valore
di mercato) allora la coincidenza non può esservi: si t r a t t a di una vera
e propria identità.
Questa premessa giustifica l'ampio esame che sarà compiuto sulla
natura del saggio d'interesse e sulle'cause che lo fanno variare: così
procedendo si affronta lo studio sistematico del saggio di capitalizza-
zione.
3. - G E N E R A L I T À S U L SAGGIO DI INTERESSE

K noto che i primi studiosi delle questioni inerenti all'interesse fu-


rono cultori di etica, i quali si attardarono per lunghi anni a discutere
intorno alla sua legittimità. È soltanto verso la fine del secolo XVII, e
specialmente in Inghilterra, che cominciano gli studi di carattere eco-
nomico sulla misura più favorevole del saggio d'interesse, onde stabilire
il limite più opportuno del saggio legale.
Come primi studiosi dell'argomento vanno specialmente ricordati
Ohild (anno 1668) e Law (anno 1720) tra gli uomini d'affari ; Locke (anno
1671), Montesquieu (anno 1718) e Hume (anno 1752) tra i filosofi. Ma
un notevole contributo all'analisi delle cause che fanno variare il saggio
d'interesse si può' dire sia stato portato soltanto nel 1755 dal Cantillon
con il suo famoso Essai sur la nature citi commerce en général; circa
dieci anni dopo (1766) anche il Turgot, con le Réflexions sur la forma-
tion et la distrilution des richesses, contribuì all'elaborazione della teo-
ria dell'interesse, la quale persino nel classico lavoro di A. Smith, Inda-
gini sulla natura e sulle cause della, ricchezza delle nazioni, pubblicato
nel 1776, non riesce ad ottenere una chiara formulazione.
È soltanto nella seconda metà dell'Ottocento che essa, specialmente
per opera dell'inglese Jevons e dell'austriaco Bohm-Bawerk, acquista
valore di dottrina scientifica.
Il primo studiò specialmente le cause monetarie che influiscono sulle
variazioni del saggio d'interesse, il secondo, dopo avere esaminato cri-
ticamente le diverse teorie dell'interesse ('), espose una teoria positiva
del capitale fondata specialmente sulla funzione dell'utilità e sulle varia-
zioni relative della quantità di popolazione e di risparmio.

( l ) Cfr. BOHM-BAWERK - Qeschichte und Kritik der Kapitalzinstheorien. Inns-


bruck, 1884 ; questa Storia critica delle teorie dell'interesse del capitale insieme
alla Positive Theorie des Kapitales, 1888, t'orma l'opera fondamentale dell'Autore,
intitolata Kapital und Kapit'alzins.
Di questa opera esiste una traduzione francese edita Ida Giard et Brière, Pa-
ris, 1902-1903, per VHistoire critique des théories de l'intérét du capital, e, M. Giard,"
Paris, 1929, per la Théorie positive du capital.
Rileviamo, incidentalmente, che il Saggio del Cantillon, per quanto pubblicato
soltanto nel 1755, fu scritto nel 1734.
90 II. M E T O D O DI STIMA

Una soddisfacente teoria generale dell'interesse si doveva formu-


lare soltanto più tardi, quando, attraverso l'analisi del bilancio dell'ini
presa, si precisò il contenuto economico del reddito e si distinse l'inte-
resse dal profitto e dal rischio (') ; e quando, specialmente per opera del
Walras e del Pareto, la teoria economica consentì il collegamento delle
diverse cause concorrenti a modificare il saggio di interesse in un si
stema che, per quanto lontano dalla realtà, permette una felice visione
sintetica.

4. - I FATTORI DETERMINANTI IL SAGGIO D'INTERESSE

a) Generalità. - Superata la discussione intorno ai problemi di giù


stizia sociale suscitati dall'interesse, sui quali indugiarono i Padri della
Chiesa, gli utopisti e i teorici del socialismo, gli economisti si accinsero
a studiare i fattori che determinano la misura del saggio d'interesse e
quindi le cause che lo fanno variare.
La teoria economica insegna clic i fattori determinanti il saggio di
interesse sono quattro e cioè :
1° La diversa: utilità comparata dei beni presenti rispetto a quella
dei beni futuri, rappresentata dalle curve di utilità misuranti come i
singoli individui, componenti una determinata collettività, apprezzino
lo stesso bene del quale possono disporre in tempi successivi ;
2° La quantità di risparmio, cioè la quantità di beni che esistono
in un dato istante, perchè gli uomini si sono astenuti dal consumarli ;
,3° Il costo dì produzione dei beni economici che saranno prodotti
in avvenire ;
4° Il livello dei prezzi dei capitali impiegati nei processi produt
tivi (materie prime) e dei nuovi beni prodotti.
Il saggio d'interesse è il risultato di queste quattro forze, che agi
scono contemporaneamente sul mercato e lo determinano. Anche se a
volte può avvenire che la variazione del saggio sia dovuta ad uno dei
fattori ricordati, non potrà mai avvenire che la sua misura sia dovuta
soltanto ad uno di essi. Nel caso in cui tre dei fattori rimangano co-
stanti e la variazione sia dovuta soltanto al quarto, rimane sempre
l'azione degli altri nella misura iniziale, che non può essere trascurata.
Esaminiamo singolarmente i diversi fattori.
b) Reni presenti e beni futuri. - K un dato di fatto che lo stesso
bene disponibile in tempi successivi (t0, tn) ha un diverso valore di mer
cato : diremo in generale che gli individui di una data collettività ap
prezzano i beni presenti (t0) rispetto agli stessi beni disponibili nel fu

(') Cfr. G. T A S S I N A R I - Saggio intorno alla distribuzioni- del reddito nell'agri-


coltura italiana. Piacenza, 1926. La definizione di profitto che noi adottiamo è
quella accolta dal T A S S I N A R I nel Saggio citato. Cfr. il paragrafo 3 del terzo capitolo.
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 91

turo (tn) secondo una loro particolare e individuale funzione di utilità


(ofelimità, del Pareto).
Il Pareto ha osservato che la naturale differenza di valore tra un
bene presente e lo stesso bene disponibile soltanto nel futuro è una diffe-
renza che, per certi aspetti, è dello stesso genere di quella che passa tra
due merci diverse : la differenza di prezzo tra ii vino e l'olio ha origine
dalla differenza di qualità di queste due merci, cosi il prezzo del grano
disponibile oggi è diverso dal prezzo dello stesso grano disponibile do-
mani perchè da un punto di vista economico si t r a t t a di beni qualitati-
vamente diversi: per renderli uguali bisogna operare una trasforma-
zione nel tempo.
Questo primo fattore, sul quale si fonda il saggio d'interesse, dipende
dal diverso apprezzamento comparativo che i singoli individui fanno dei
beni presenti rispetto ai beni f u t u r i . Anzitutto il bene futuro è meno
apprezzato del bene presente perchè non può soddisfare come quest'ul-
timo ad un bisogno immediato. Inoltre il bene f u t u r o non si è sicuri
di goderlo ; esso lia un proprio grado di incertezza, Che nessun premio
di assicurazione può coprire, perchè ogni persona ha immanente dinanzi
a sè la possibilità di finire i suoi giorni. E quindi anche se il rischio
in cui s'incorre può essere coperto da una quota di assicurazione, che
come tale non ha nulla a vedere con l'interesse, rimane però assodato
il fatto incontrovertibile che per questo riguardo, e anche per la minore
sicurezza che presenta un bene futuro rispetto ad un tiene presente, que-
sto è più apprezzato di quello. Invero, nella realtà, il saggio d'interesse
che in concreto si paga per l'uso di un determinato capitale risulta
sempre di due parti distinte : la retribuzione dell'uso del capitale che
rappresenta l'interesse e il premio di assicurazione che copre il rischio:
premio che nella discussione teorica dell'interesse deve essere sempre
urinale a zero, perchè si considerano capitali che non hanno rischio.
Ciò concorre a spiegare p e r e ® nei paesi dove la tecnica è progre-
dita e stretto il legame economico tra beni presenti e f u t u r i in forza di
un armonico svolgimento del processo produttivo, dove vi è grande sicu-
rezza e stabilità sociale, dove il senso della continuità storica è profon-
damente radicato e quindi alto il senso della previdenza, la diversità di
apprezzamento tra beni f u t u r i e presenti sia molto minore che nei paesi
incivili, dove, mancando le indicate condizioni, i beni f u t u r i sono assai
meno apprezzati.
Quando in una società l'apprezzamento dei beni f u t u r i aumenta, a
parità di tutte le altre condizioni, il saggio di interesse tende a dimi-
nuire; il contrario avviene quando i beni futuri tendono ad essere meno
apprezzati.
È da ritenere però che le funzioni di utilità, secondo le quali gli
individui apprezzano i beni presenti rispetto a quelli futuri, subiscano
lente variazioni in lunghi periodi; perciò, se nello studio delle cause che
92 I I . METODO DI S T I M A

determinano il saggio di interesse il ricordato l'attore non deve esseve


trascurato, esso può considerarsi costante allorché si esaminano le va-
riazioni che avvengono nel saggio d'interesse in un breve spazio ili tempo.
Il diverso apprezzamento comparato tra beni f u t u r i e beni pre-
senti, insito nella n a t u r a umana, è la base dell'esistenza del saggio
d'interesse; vi sono però anche la quantità di risparmio e la n a t u r a del
processo produttivo, nel quale questo è impiegato, che concorrono a deter-
minarne la misura. E ciò sempre che l'esercizio dell'impresa, nel quale
un insieme di beni presenti (risparmio) è stato impiegato per ottenere
beni f u t u r i (prodotti nuovi), sia suscettibile di dare un f r u t t o , al netto
delle (piote di ammortamento e di assicurazione, talché i capitali impie-
gati possano essere reintegrati nella loro interezza.
ci La quantità di risparmio. - La quantità di risparmio, cioè l'in-
sieme dei beni non consumati dalla collettività ed esistenti in un dato
istante (stock), costituisce il secondo fattore che concorre a determinare
le variazioni del saggio d'interesse.
Ciò spiega perchè nel passato diversi cultori di economia ricorsero
allo stock per giustificare le modificazioni del saggio di interesse e co-
struirono teorie che. pur essendo unilaterali, contribuirono alla evolu-
zione della dottrina.
Per comprendere la n a t u r a delle relazioni che passano tra saggio
d'interesse e quantità di risparmio basta pensare che l'interesse rappre-
senta il prezzo d'uso del risparmio, per cui esso dipende dalla domanda
e dalla offerta di risparmio che si fa sul mercato. La limitata quantità
di risparmio disponibile, relativamente alla quantità domandata fa sì
che sorga un prezzo : sarà per l'appunto il prezzo d'uso del risparmio
domandato, cioè l'interesse. Il cui livello definirà a sua, volta la do-
manda e la produzione del capitale disponibile, cioè l'offerta.
Il fatto che l'uso del risparmio si paga ovunque vige un'economia
di scambio è la dimostrazione sperimentale dell'esistenza di una limi-
tazione nella quantità offerta rispetto a quella domandata.
La produzione del risparmio, pur essendo in relazione con le cause
che inducono o meno a risparmiare, in parte esaminate in precedenza,
non è suscettibile di subire immediate variazioni.
Al riguardo è stato storicamente accertato che vi sono stati periodi
nei quali la quantità di risparmio aveva carattere decisamente oscilla-
torio, perchè durante le carestie veniva consumato parte di ciò che era
stato risparmiato nei periodi di abbondanza; invece nel periodo attuale
la quantità di risparmio segue un andamento crescente, nonostante si
possano facilmente notare delle oscillazioni cicliche dovute a cause eco-
nomiche che stimolano più o meno intensamente l'impiego dei capitali :
comunque la curva interpolatrice ha carattere decisamente ascendente.
La quantità di risparmio non subisce rapide e profonde vati azioni,
per cui raramente essa può essere chiamata a giustificare forti oscilla-
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 93

zioni clie si verificassero nel saggio d'interesse. Essa agisce sul saggio
d'interesse nel senso ricordato, per cui il saggio aumenta quando, a
parità di altre circostanze, diminuisce lo stock di risparmio ; diminuisce
quando questo tende ad aumentare.
Già il Leroy-Beaulieu annoverava tra le cause c-lie determinano una
diminuzione del saggio l'aumento della quantità di risparmio; il che è
confermato e precisato nelle sue mutue dipendenze dalla dottrina del-
l'equilibrio economico, di cui quella esaminata è una parte.
d) Il costo di produzione. - La quantità di risparmio considerato a
se stante, anche se posta in relazione con la differenza che corre tra un
bene presente e un bene futuro, non basta a spiegare la formazione del
saggio d'interesse; essa non può essere disgiunta dalle imprese nelle
quali viene impiegata per la produzione di nuovi beni economici.
È noto che il costo di produzione dei nuovi beni economici, in condi-
zioni di libera concorrenza, tende a coincidere con il prezzo : in realtà
questa coincidenza raramente si verifica appunto perchè si t r a t t a di una
tendenza. Ad esempio essa certamente non si verificherà per le nuove im-
prese che iniziano il loro ciclo produttivo, perchè la stessa loro nascita
è dovuta all'esistenza di un profitto, cioè all'esistenza di un livello di
prezzi per i prodotti ottenuti superiore a quello dei costi di produzione.
L'esistenza del profitto e la misura del suo saggio (rapporto t r a il pro-
fitto e il capitale impiegato) influiscono su l'ammontare del saggio d'in-
teresse, perchè concorrono a modificare la domanda di risparmio.
Il Leroy-Beaulieu, a suo tempo, rilevò che le grandi scoperte scien-
tifiche, atte a rinnovare i processi produttivi, sono causa di un incre-
mento del saggio d'interesse : fatto dimostrato dalle proposizioni che
precedono, le quali dimostrano che è attraverso la diminuzione del costo
di produzione che queste innovazioni agiscono : possono influire sul sag-
gio d'interesse perchè sono causa di forti aumenti del tasso di profitto.
Questo spiega perchè, quando la contrazione del risparmio viene ac-
compagnata da una forte attività inventiva, e quindi da riduzione dei
costi di produzione, si hanno notevolissimi aumenti del saggio d'in-
teresse.
e) Il livello dei prezzi. - Il livello dei prezzi dei capitali presenti, che
vengono impiegati nella produzione, stabilito su prezzi osservati, e il li-
vello dei prezzi- dei beni prodotti, cioè dei capitali nuovi che sono prezzi
futuri e quindi previsti, costituiscono l'ultimo dei f a t t o r i considerati, con
il quale si chiude la catena.
Per accertare le relazioni che intercorrono t r a il livello dei prezzi
e il saggio di interesse, sono state iniziate, indagini, a carattere stati-
stico miranti a determinarne il grado di correlazione e sono state anche
istituite eleganti teorie t r a le quali ricordiamo quella del Pisher sulle
crisi economiche.
f) Conclusioni sui fattori determinanti il saggio d'interesse. - Si è
94 II. M E T O D O DI STIMA

detto che l'interesse è il prezzo che si paga per l'uso del risparmio; e
siccome l'oggetto della contrattazione è il risparmio, la causa prima che
determina l'ammontare del tasso d'interesse e quindi le sue variazioni
è la domanda e l'offerta del risparmio. Soltanto in quanto influiscono su
queste, determinandone la variazione, concorrono altre cause: le cause
in precedenza esaminate. Esse, infatti, possono aumentare o restringere
la domanda e l'offerta di risparmio, ma in verità non agiscono mai diret-
tamente, per cui da alcuni autori la teoria dell'interesse, anziché essere
concepita come equilibrio delle forze ricordate, è intesa come un prezzo
risultante dall'equilibrio t r a domanda e offerta. Comunque rimane as-
sodato il f a t t o che si tratta di un prezzo e come t u t t i gli altri prezzi
deve essere considerato (1).

5 . - S E I L SAGGIO D ' I N T E R E S S E P O S S A E S S E R E N U L L O O NEGATIVO

Prima di continuare l'esame intorno alla natura dell'interesse è op-


portuno rispondere alla seguente domanda: è probabile che il saggio di
interesse (di mercato) possa diventare negativo oppure possa annullarsi ?
È evidente che, qualora ciò si verificasse, l'uso del risparmio diven-
terebbe gratuito, oppure oneroso per colui che lo cede, poiché il posses
sore del risparmio pagherebbe un premio a colui che lo usa.
Da 1111 punto di vista meramente logico, e cioè di possibilità, non
c'è alcuna ragione da opporre a questa eventualità. Ma da un punto di
vista empirico, cioè pratico, data l'attuale costituzione sociale e data la
psicologia degli individui, appare certamente improbabile il suo venti
carsi. E ciò perchè l'annullarsi del saggio d'interesse potrebbe essere
causato specialmente da un forte aumento nella quantità del risparmio
che fosse accompagnato da una forte diminuzione nella produttività dei
capitali. Condizioni queste che, data l'attuale s t r u t t u r a della società,
non potrebbero verificarsi, poiché un forte aumento nella produzione del

(*) Il LEROY-BEAULIEU, nel suo Trattato teorico-pratico di economia politica,


esamina con grande diligenza le cause determinanti l'interesse del capitale, ripor-
tando interessanti esempi che giovano assai per l'interpretazione del fatto concreto.
Egli attribuisce l'interesse alle seguenti cause:
l°l L'interesse è il prezzo del tempo, in quanto un bene futuro, a canna dilla
brevità ed incertezza della vita umana, non vale mai un bene presente della stessa
quantità e qualità ;
2°) L'interesse è l'indennità per l'eventuale pregiudizio che il mutuante può
subire per il privarsi ch'ei fa della cosa propria (danno emergente), in quanto
circostanze imprevedute possono, durante il tempo, presentarsi per cui il non poter
disporre dell'oggetto prestato gli imponga sia una perdita materiale, sia fastidi e
seccature ;
3°) L'interesse costituisce anche il premio di non restituzione di capitali
prestati, o anche dei passi e delle spese che eventualmente si debbano fare per
ottenere tale restituzione ;
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 95

risparmio non sembra compatibile con una forte diminuzione della pro-
duttività dei capitali.
Alla domanda posta in principio di questo paragrafo si può rispon-
dere in maniera forse più efficace con la seguente considerazione : che
cos'è il saggio d'interesse? È il prezzo che si paga per usare il risparmio.
Orbene, finché la quantità di risparmio sarà limitata rispetto ai bisogni,
l'uso del risparmio avrà sempre un prezzo, e quindi il saggio d'interesse
non sarà negativo.
È opportuno ricordare che se in determinati periodi storici sì pa-
gava una (piota a chi custodiva capitali, ciò non toglie però che l'inte-
resse continuasse ad essere positivo. Lo dimostra il fatto che quando co-
desti capitali, anziché essere custoditi dai banchieri, venivano offerti
sul mercato ottenevano saggi notevolissimi. La quota pagata al ban-
chiere era il prezzo della custodia.
Infine è bene osservare che se a volte, nella pratica bancaria, depo-
siti in conto corrente non danno interesse, ciò non infirma il principio
generale, perchè tali depositi non hanno il carattere di mutui di capi-
tale. Le somme versate rimangono, infatti, sempre a disposizione del
correntista e possono essere ritirate, anche nella loro totalità, in qual-
siasi momento. La banca si limita quindi a fare il servizio di cassa per
il cliente e potrebbe richiedere un compenso. Di solito però le banche
corrispondono un modesto saggio d'interesse, perchè in pratica si gio-
vano delle somme depositate.
La questione esaminata non ha avuto soltanto una importanza nella
storia delle dottrine politiche perchè ha dimostrato errato un aspetto
della teoria marxista, sconfessata dalla realtà economica e dalla logica
dei critici ; essa ha anche una importanza pratica notevolissima perchè
dimostra che il saggio d'interesse, dato lo stato attuale della società,
non può diventare nullo o negativo.

4°) L'interesse rappresenta anche la ricompensa dell'astinenza e del rispar-


mio, in quanto molte persone non sono indotte, se non in modo assoluto al rispar-
mio, almeno ad un certo sovrappiù di risparmio, che dalla prospettiva di quella
rimunerazione perpetua, che dicesi interesse ;
5°) Infine, l'elemento supremo dell'interesse dei capitali nei paesi civili, l'ele-
mento che è il regolatore stesso del saggio di quest'interesse e che in fondo è il
motivo determinante della maggior parte dei prestiti presso i popoli progressivi,
è la produttività stessa del capitale, è la possibilità per il mutuatario di trarne un
profitto, un accrescimento, pur conservandolo indefinitivamente in buono stato e
nello stesso valore.
Se questo complesso di cause mal s'adatta a spiegare in maniera sistematica
la natura dell'interesse qual'è stato definito nelle pagine che precedono e quale
esso è inteso nella più recente dottrina economica, non v'ha dubbio però che il
popolare economista del Collegio di Francia ne ha colto i lati più suggestivi ; e ciò
anche se taluni dei suoi punti (causa seconda e terza) giustificano quote di rischio,
come lo stesso autore incidentalmente rilevava.
96 II. METODO DI S T I M A

li. - S A G G I O DI I N T E R E S S E N O M I N A L E E S A G G I O BEALE

U n ' a l t r a distinzione, ohe acquista speciale interesse nel caso ili sva-
lutazione monetaria, è quella f a t t a dal Fisher t r a il saggio d'interesse
nominale espresso in moneta e quello reale espresso in merci. E ciò per-
chè può avvenire che, in seguito a svalutazione (o rivalutazione) mone-
taria, pur rimanendo costante il saggio d'interesse percepito, diminuisca
(o aumenti) la capacità d'acquisto della somma di moneta da esso rap
presentata. 11 fatto lia speciale importanza per i titoli a reddito lisso,
perchè l'interesse viene conteggiato su di un ipotetico capitale costante,
il così detto capitale nominale. Il contrario avviene per i titoli azionari,
per i terreni, i fabbricati, ecc., i quali, di regola, in seguito alla svaluta-
zione, aumenteranno il loro valore e quindi aumenterà anche la somma
ricavata. Il cui potere d'acquisto, cioè il suo valore in merci, probabil-
mente non subirà notevoli variazioni.

Interesse
Indice Capitale Saggio Saggio
A11110 dei prezzi lire nominale reale
nominale reale

T i t olo di Stato

1913 100 1000 5% 5% 50 50


1920 400 1000 >", O/
'' /O 1,25 % 50 12,50

T erreno

1913 100 1000 5% 5% 50 50


1920 400 4000 5% 1,25 % 200 50

L'esempio riportato pone in evidenza il l'atto che il livello del sag-


gio d'interesse è legato al livello dei prezzi. E siccome il saggio d'iute
resse 11011 è altro che uno dei tanti prezzi, e precisamente il prezzo d'uso
del risparmio, di solito accade che quando esso è alto è pure elevato il
livello dei prezzi ; viceversa accade quando il saggio d'interesse è basso
nel qua! caso di solito è basso anche il livello dei prezzi.
Le osservazioni del Fisher porterebbero a ritenere clic quando il
saggio nominale è alto, il saggio reale dovrebbe essere in generale info
riore al nominale; il contrario dovrebbe accadere quando il saggio no-
minale è basso, perchè essendo alta la capacità d'acquisto della moneta,
I L SAGGIO 1)1 CAPITALIZZAZIONE 97

dato il basso livello dei prezzi, il saggio reale dovrebbe essere superiore
al nominale.
È così infatti accade nel gran numero dei casi che si presentano
nella realtà.
7. - S A G G I O D ' I N T E R E S S E E DI P R O F I T T O

È noto che gli imprenditori, in particolare i commercianti e gli in-


dustriali, per procacciarsi parte del capitale occorrente per l'esercizio
delle loro imprese ricorrono al credito a breve scadenza.
Il tasso d'interesse che essi pagano per l'uso del capitale richiesto
condiziona la loro attività, nel senso che quando il tasso d'interesse che
pagano è inferiore al tasso di guadagno che percepiscono (rapporto tra
guadagno netto e capitale impiegato) allora essi tendono ad ampliare il
ioro ciclo di affari, per conseguire il massimo profitto totale possibile.
Si è detto profìtto totale, poiché la maggior richiesta di risparmio f a t t a
dagli imprenditori, a ilarità di altre circostanze, determina un aumento
nel tasso d'interesse e quindi una diminuzione del saggio di profitto. In-
fatti, questo risulta dalla differenza t r a il saggio di guadagno percepito
e il saggio d'interesse pagato.
Per questo stesso motivo, quando il tasso di guadagno è superiore al
tasso d'interesse, il volume dei prestiti richiesti alle banche tende ad au-
mentare. E cioè porta a f a r sì che s'innalzi il saggio d'interesse e il
divario t r a tasso d'interesse e tasso di guadagno diminuisca gradual-
mente fino ad annullarsi e a diventatre negativo.
Quando però cotesto tasso di profitto sarà negativo (tasso di per-
dita), allora il volume dei prestiti bancari tenderà a contrarsi e il sag-
gio d'interesse a diminuire fino a che il tasso di perdita si annullerà per
ridiventare tasso di profitto.
Lo svolgimento dello stesso ragionamento porta a concludere che
quando il tasso di guadagno rimane invariato, ma s'innalza il tasso d'in-
teresse si avrà una contrazione nel volume dei prestiti : il contrario av-
verrà, quando, rimanendo costante il tasso di guadagno, s'abbasserà
quello d'interesse.
Va osservato però che, nel caso in cui il saggio di guadagno sia in
un periodo di forte ripresa, un aumento nel saggio d'interesse può es-
sere accompagnato da incrementi nel volume degli affari : analogamente
avviene quando la caduta del saggio di guadagno è più rapida della ca-
duta del saggio d'interesse, nel qual caso non si ha aumento ma diminu-
zione nel volume dei prestiti bancari.
Queste considerazioni peccano certamente di soverchia semplicità,
perchè la realtà economica è assai più complessa; ma, per quanto rudi-
mentali, esse possono giovare per una prima interpretazione delle rela-
zioni che passano f r a saggio d'interesse e saggio di profitto.

G. Medici - Lezioni di estimo 7


98 II. METODO DI S T I M A

S . - S A G G I O DI I N T E R E S S E E SAGGIO DI SCONTO

Si è visto che l'interesse rappresenta il prezzo d'uso del risparmio;


ora, siccome si può pensare che i beni risparmiati possono essere in
ogni istante esitati, cioè convertiti in moneta, il saggio d'interesse rap-
presenta, in questo senso, il prezzo d'uso della moneta equivalente al
risparmio. E siccome il saggio di sconto rappresenta il prezzo d'uso della
moneta, ne consegue che il saggio d'interesse, nella impostazione gene-
rale data al problema nelle equazioni dell'equilibrio economico, coincide
col saggio di sconto ; nè havvi alcun motivo di carattere teorico per te-
nerli distinti t r a loro.
Qualora però si scenda ad esaminare attentamente la realtà si nota
come t r a il saggio d'interesse ed il saggio di sconto vi siano sistematiche
divergenze dovute a motivi di carattere funzionale. E ciò indipendente-
mente dai motivi puramente aritmetici attinenti al calcolo del tasso di
sconto, rispetto a quello di interesse.
Mentre il saggio d'interesse misura il prezzo d'uso dello stock di
beni esistenti in un dato istante, i quali se sono valutati in moneta non
implicano necessariamente l'intervento di questa, il saggio di sconto in-
vece esprime esattamente e solamente il prezzo d'uso del denaro inteso
come mezzo di pagamento. Questa differenza acquista chiaro spicco
quando il denaro è cercato appunto come tale, cioè come mezzo ili li-
berazione da impegni che un imprenditore può avere e dai quali egli non
può liberarsi offrendo del risparmio, ma soltanto cedendo moneta o sur-
rogati equivalenti. Quindi, mentre il saggio d'interesse dipende, oltre
che dagli altri fattori, dalla quantità di risparmio esistente, il saggio di
sconto dipende dalla quantità di mezzi attuali di pagamento offerti dal
mercato.
Al riguardo è istruttiva la nota situazione che dopo il 1870 si è ve-
rificata in Francia per un certo numero di anni, durante i quali, data la
scarsezza del risparmio, il saggio d'interesse era alto, mentre basso si
manteneva il saggio di sconto a motivo della relativa abbondanza dei
mezzi di pagamento.
Si è accennato ad una differenza di carattere formale, oltre a quella
esaminata di carattere sostanziale. Essa è dovuta al fatto che, mentre
il saggio d'interesse esprime l'interesse dell'unità di capitale nell'unità
di tempo, il saggio di sconto rappresenta la differenza t r a l'unità di ca-
pitale alla fine dell'anno (epoca futura) e il suo valore all'inizio.
Se indichiamo con a il valore al principio dell'anno (valore attuale)
di una lira che è disponibile soltanto alla fine dello stesso anno, e con s
il saggio dello sconto, si avrà
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 99

ma, siccome a rappresenta il valore attuale di una lira disponibile alla


fine dell'anno, può essere espresso nel modo seguente:
1

dove /• è il saggio d'interesse ; se ora si sostituisce nella (1) il valore di


a dato dalla (2) si avrà,

espressione la quale ci dice clie il valore attuale del saggio d'interesse


coincide con il saggio di sconto ; in altre parole che il saggio di interesse
si ottiene posticipando di un anno il saggio di sconto.
Questa differenza risulterà più evidente dall'esempio che segue :
se 100 lire disponibili oggi vengono scambiate con 105 lire dispo-
nibili fra un anno si dice che sono state impiegate ad un saggio d'inte-
resse del 5 % ; se, invece, per avere disponibili all'istante 95 lire, si deve
promettere di pagare alla fine dell'anno 100 lire si dirà che il saggio di
sconto è del 5 %.
Però, in questo caso, il saggio d'interesse non sarà del 5 %, essendo
dato dall'espressione seguente :
r = 0,05 . (1--+- r) = 0,0526 .

Si può quindi concludere che, a parità di condizioni, il saggio d'inte-


resse che si può percepire alla fine del periodo è sempre maggiore del
saggio dello sconto.

9. - I L S A G G I O DI I N T E R E S S E N E I S U O I R A P P O R T I CON I L P R E M I O DI A S S I C U R A -
Z I O N E E I L T A S S O DI P E R D I T A E PROFITTO.

Esaminati i singoli fattori che concorrono a determinare la misura


del saggio d'interesse in un mondo economico dominato dalle leggi delia
libera concorrenza, nel quale gli uomini cercano di raggiungere il mas-
simo di utilità, iniziamo, con l'aiuto degli schemi teorici acquisiti, lo
studio del fatto, concreto, onde poterci meglio preparare a compiere la
difficile scelta del saggio di capitalizzazione, cioè del saggio d'interesse
al quale vanno scontati t u t t i i redditi f u t u r i del bene fondiario da sti-
mare.
Come mai, si potrebbe obiettare, si continua a parlare di saggio di
interesse come se esistesse veramente un solo saggio, cioè un solo prezzo
d'uso del risparmio, mentre in verità il saggio d'interesse, percepito dai
singoli risparmiatori, presenta notevolissime differenze, come dimostrano
ad esempio gli stessi titoli di Stato? E per convincersene basterà leggere
100 II. METODO DI S T I M A

il seguènte bollettino di borsa dal quale si apprende che il Redimibile


3,50 % ha un tasso d'interesse diverso dalla Rendita 3,50 % e dai Buoni
del Tesoro.

Valore Interesse
Quotazione OL
nominale !O

Rendita 3,50 % 100 75 4,06


Redimibile 3,50 % 100 77 4,54
Buoni Tesoro 5 % 100 95 5,2(1
Buoni Tesoro ad un anno, al 5 % anticipato 100 100 5,25

Se poi si procede alla comparazione con i titoli di società conimer


ciali o industriali, e si scende a considerare anche il tasso d'interesse
dei fabbricati e dei fondi rustici, si noteranno forti oscillazioni da im e
stimento ad investimento.
Per rispondere alle questioni poste è necessario fare una serie di
distinzioni.
In primo luogo la differenza che si riscontra nei singoli investimenti
a volte è fittizia, perchè dipende da comparazioni f r a termini eterogenei :
invece di porre tra loro in comparazione interessi netti da ammorta-
mento e assicurazione, si confrontano tra loro interessi lordi con inte-
ressi netti. Avviene anche che i dividendi pagati in un determinato anno
favorevole per una determinata impresa siano eccezionalmente alti e
seguano a dividendi eccezionalmente bassi; così non mancano società
commerciali che hanno corrisposto per due anni di seguito il 15 % del
capitale investito e nei cinque anni successivi non hanno corrisposto
alcun interesse. A volte la comparazione non è assolutamele possibile
per il fatto che l'interesse, anziché essere calcolato al netto di qualsiasi
premio di assicurazione, è parzialmente lordo di questo.
E da rilevare ancora che le comparazioni tra saggi d'interesse de-
vono essere instaurate tra saggi di mercato. Sono note le osservazioni
che al riguardo sono state fatte per giustificare le enormi differenze che
si rilevano tra il saggio d'interesse del medio evo e dell'età contempo-
ranea : allora non solo mancava un vero e proprio mercato del risparmio,
ma i rischi erano assai superiori agli attuali. Anche oggi, però, esistono
investimenti talmente rischiosi, i cui saggi d'interesse possono competere
con quelli dell'età comunale.
Così, mentre alla metà del 1600, secolo d'oro della dominazione olan
dese, ad Amsterdam, dati i grandi mercati di capitali che si erano ve-
nuti formando, il saggio d'interesse oscillava t r a il 3 ed il 4 %, a Parigi,
negli anni che precedono la rivoluzione francese, raggiunse e superò
il 3 0 % .
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 101

Tutti sono d'accordo nel ritenere che il premio di assicurazione da


versare per coprire un'eventualità sinistra o un qualsiasi altro rischio
non abbia niente di comune con l'interesse. Nonostante ciò la confusione
che si fa tra interesse e premio di assicurazione è la più frequente e la
meno facile a chiarirsi nella realtà.
La teoria dell'interesse considera gli investimenti che hanno una
assoluta sicurezza ; la quale, se nella realtà non si può raggiungere, può
essere virtualmente ottenuta attraverso il pagamento di una quota di
assicurazione che copre i rischi. Se la realtà ci dimostra che il saggio
d'interesse percepito in un determinato istante e in un dato mercato è
diverso per i diversi investimenti, non va però dimenticata l'esistenza
di un livello di ideale tendenza, mutevole col variare delle curve di ofeli-
mità dei beni presenti rispetto ai beni futuri, dello stock del risparmio,
del costo di produzione e dell'indicò generale dei prezzi : livello che pro-
babilmente tende a coincidere con la media generale dei saggi d'inte-
resse percepiti per i singoli investimenti. E questo livello che si ha pre-
sente allorché si afferma che il tasso d'interesse è uno solo.
La dottrina dell'equilibrio economico, quando insegna che in un
determinato istante il saggio di interesse del risparmio è uguale per
t u t t i gli investimenti (per la buona ragione che il saggio di interesse
risulta dai nuovi impieghi di capitale i quali muovono da previsioni del
futuro, e che prima di essersi verificate possono essere scelte libera-
mente) afferma semplicemente che, in condizioni di libera concorrenza,
l'unità di risparmio ottiene il saggio di mercato : che poi questo saggio
si verifichi nel futuro è altra questione completamente e nettamente di-
stinta da quella ora esaminata.
La più efficace dimostrazione di questa distinzione che bisogna fare
e che ha un'importanza somma per il perito, ci viene proprio dalla
realtà : mentre è sperimentalmente e teoricamente dimostrato che il sag-
gio d'interesse vigente nel mercato del risparmio non è mai negativo o
nullo, storicamente si constata che vi sono degli investimenti i quali,
anziché dare redditi, sono causa di perdita. E ciò perchè, ad esempio, il
dividendo di un'azione di società anonima non rappresenta soltanto
l'interesse che percepisce il possessore per il capitale con il quale esso
ha partecipato all'impresa: esso comprende anche quote di profitto o
di perdita. I n f a t t i , il dividendo risulta dalla somma algebrica dell'inte-
resse (che come tale non può mai essere negativo, pure essendo conti-
nuamente mutevole) con il profitto o la perdita. Per questo il risultato
dell'investimento non solo può essere nullo, perchè la perdita può essere
uguale all'interesse (dividendo nullo), ma può essere negativo, perchè
la perdita può superare l'interesse. Questo fatto può anche accadere per
titoli di Stato : i quali danno sempre, almeno praticamente, un dato red-
dito annuo che rappresenta per l'appunto l'interesse del capitale impie-
gato ; ma, per effetto di variazioni del loro valore di mercato, l'investi-
102 II. METODO DI S T I M A

mento dopo un certo numero di anni può dar luogo a risultati negativi.
Se, ad esempio, l'investimento di un capitale di 100.000 lire lia avuto
luogo il 1° gennaio con l'acquisto di redimibile 3,50 % pagato L. SO ; il
saggio di interesse percepito al 31 dicembre dello stesso anno è stato di
lire 3,5 ogni 80 lire e cioè del 4,375 %. I n f a t t i , con 100.000 si sarà
acquistato redimibile per il valore nominale di L. 125.000 che al 3,50 %
dà un reddito di L. 4375. Se però alla fine dell'anno i titoli vengono
venduti a sole 72 lire, il tasso di perdita (rapporto t r a la perdita soste-
nuta ed il capitale investito) sarà stato di L. 8 ogni 80 e cioè del 10 %.
Al contrario se la quotazione fosse stata di L. 88 si sarebbe realizzato
un tasso di profitto del 10 % (rapporto t r a il profitto guadagnato e il
capitale investito).
Si è parlato di tasso di profitto e di perdita perchè difticilmente in
questi casi si potrebbe correttamente parlare di quota di assicurazione :
qualora si accedesse ad un simile concetto t u t t e le eventualità future, di-
pendenti da sistemi di prezzi favorevoli o dal realizzarsi di una qual
siasi congiuntura, potrebbero rientrare nel campo dell'assicurazione.
A meglio precisare il concetto può giovare un altro esempio.
Nell'anno 1925 è stato acquistato un podere di Ha, 12 per il prezzo
di L. 250.000: negli anni successivi esso ha dato i seguenti redditi fon-
diari (Bf± P) e quindi i saggi di investimento a fianco segnati. Se ri-
portiamo nella colonna 5 il saggio d'interesse di mercato, cioè quel sag-
gio che in media si pagava sul mercato per l'uso dei beni rustici, e lo
sottraiamo dal saggio d'investimento, potremo ricavare il saggio di per-
dita o di profitto d'esercizio.

Reddito Saggio Saggio Saggio


Valore fondiario di investimento d'interesse di di perdita o di
Anno % profitto %
di acquisto ( B / ± P) mercato %
1 2 3 4 5 (4-5)

1926 250.000 15-500 6,20 5,50 -+-0,70

1927 12.900 5,16 6,50 — 1,34

1928 .-. 12.000 4,80 5,50 — 0,70

1929 10.000 4,00 5,50 — 1,50

1930 — 8.000 3,20 5,00 — 1,80

1931 — 6.000 2,40 5,00 — 2,00

1932 — 2.000 — 0,80 5,50 — 0,30

1933 — — 1.000 — 0,40 5,00 - - 5,40

1934 — — 2.000 — 0,80 4,50 _ 5,30

1935 2.000 0,80 4,50 — 3,70


Alla fine dell'anno 1935 il podere viene venduto per la somma di


L. 120.000. L'esito finale di questo investimento non può prescindere
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 103

dalla perdita netta di capitale: perdita che si distingue dalla perdita


d'esercizio che si è verificata durante i nove anni successivi al 1926.
Il saggio di profitto (o perdita) d'esercizio è stato indicato anno
per a n n o : soltanto nel 1926 si sarebbe verificato un lieve saggio di
profitto.
Il saggio di perdita che si verifica nel capitale alla fine del 1935,
allorché si vende il podere, è del 52 %, se si ammette che questa svalu-
tazione sia avvenuta in un solo anno (x) ; se invece si è seguito il valore
di mercato anno per anno, accanto ai saggi di perdita o di profitto di
esercizio, si possono segnare i saggi di perdita o di profitto del capitale :
questi ultimi però sono calcolati nell'ipotesi che il podere venga venduto
e ricomprato allo stesso prezzo di mercato alla fine di ogni anno.

Saggio di perdita Saggio di perdita


Valore o profitto d'esercizio o profitto
Anno riferito al valore
di mercato di acquisto % di capitale %

1926 250.000 + 0,70


1927 270.000 — 1,34 H- 8,00
1928 230.000 — 0,70 — 14,80
1929 200.000 — 1,50 — 13,00
1930 150.000 — 1,80 — 25,00
1931 140.000 - 2,60 — 6,70
1932 130.000 — 6,30 — 7,10
1933 120.000 — 5,40 — 7,70
1934 110.000 — 5,30 — 8,30
1935 120.000 — 3,70 -+- 9,10

Questi esempi servono a chiarire ulteriormente la n a t u r a economica


del saggio d'interesse nei rapporti che ha nella realtà con il premio di
assicurazione e con la perdita ed il profitto.

10. - IL S A G G I O D ' I N T E R E S S E E LA DURATA DELL'IMPIEGO

Nella realtà della vita economica le differenze che si riscontrano nel


saggio d'interesse devono essere ricercate, oltre che nelle cause generali
già esaminate, anche in cause contingenti, relative alle specifiche situa-
zioni di un determinato investimento.
Alla durata dell'impiego, cioè al tempo per il quale il risparmio

(x) P e r q u a n t o s i r i f e r i s c e a l l a e v e n t u a l e v a r i a z i o n e n e l l a c a p a c i t à d i acquisto
della moneta c f r . il p a r a g r a f o n . 6.
104 II. METODO DI S T I M A

deve rimanere impiegato, si devono forse le più cospicue oscillazioni del


saggio di interesse.
È patrimonio della comune osservazione il fatto che mentre l'inte-
resse pagato per prestiti a breve scadenza può subire fortissime oscilla
zioni, quello pagato per prestiti a lunga scadenza si discosta poco dal
livello medio. E ciò perchè l'intensità del bisogno fa sì che le oscillazioni
del saggio d'interesse siano tanto maggiori quanto più breve è la durala
del prestito.
Non sono eccezionali i casi in cui il saggio di interesse, per i prestiti
con scadenza a uno o due mesi o inferiore al mese, abbia raggiunto il
20 % e che a distanza di un anno lo stesso prestito venga pagato sol
tanto l'I,5 %. Caso verificatosi nel mercato di New York negli anni
1907 e 1908
In questo caso però, come avviene per il saggio dello sconto, n m
si t r a t t a di un vero e proprio prezzo d'uso del risparmio nel senso gene-
rale da noi considerato, bensì dell'uso della moneta come mezzo di paga-
mento : la cui richiesta può divenire così pressante, anche da parte di
persone solvibilissime, da determinare i fortissimi rialzi ricordati; può
anche avvenire che le banche abbiano a disposizione cospicue somme di
danaro o di altri mezzi di pagamento e che siano disposte a ce de ili a
modicissimo tasso data la mancanza di richiesta.
Per lo stesso motivo anche il tasso dello sconto può presentare fol-
tissime oscillazioni ; è proprio con la manovra del tasso dello scouto
che si cercano di attenuare le pressanti richieste di circolante o di sti-
molare il ristagno degli affari. Non è eccezionale, infatti, che da un anno
all'altro le oscillazioni del saggio ufficiale dello sconto vadano dal 2-3 %
al 7-8 %.
La durata del prestito fa sì che, in generale, a parità di altre circo-
stanze, i mutui di lunga durata riescano ad ottenere un interesse più
elevato dei mutui a brevissima durata. E ciò perchè, in generale, i mu-
tui concessi a lunga durata consentono a colui che gode dell'uso del
risparmio di intraprèndere operazioni finanziarie di diverso tipo e spe-
cialmente quelle operazioni il cui esito si ha soltanto dopo molto tempo.
In sostanza, la libertà che gode il mutuatario per mutui concessi a, lungo
tempo è la causa del saggio più elevato che, in genere, si dovrebbe ri-
scontrare per questi investimenti.
Non va inoltre dimenticato che il grado di preparazione economica e
finanziaria, cioè di indipendenza dinanzi all'opinione pubblica, di edu-
cazione e di istruzione, sono causa a volte di oscillazioni sensibili nel
saggio d'interesse. Questo è più alto laddove il credito si considera come
una menomazione della capacità economica, per cui esso viene fatto con
sotterfugio assumendo anche i carattere dell'usura.
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 105

11. - IL SAGGIO DI I N T E R E S S E N E L L A PRATICA ESTIMATIVA

Da un punto di vista generale si è visto come, nelle condizioni po-


stulate dell'equilibrio economico walrassiano, capitali producenti redditi
netti uguali abbiano uguali prezzi di mercato. Walras, infatti, si do-
manda : come mai non si comprerebbero a prezzi due o tre volte più ele-
vati dei capitali producenti redditi netti due o tre volte uguali? Ciò
deve almeno accadere in un certo stato normale o ideale, che sarà lo
stato dì equilibrio del mercato dei capitali. Il rapporto tra il reddito
di un bene e il suo prezzo di mercato, cioè il tasso di capitalizzazione,
è dunque un rapporto comune nello stato di equilibrio ; ma quando noi
l'avremo determinato avremo determinato per ciò stesso il prezzo di
tutti i capitali.
Trasferendo nella realtà la proposizione di Walras, ineccepibile nella
sua formulazione logica, si verrebbe alla conclusione che il prezzo di mer-
cato di un quasiasi capitale si ottiene capitalizzando i rispettivi redditi
netti ad uno stesso saggio; così facendo si applicherebbe alla mutevole
e varia realtà uno schema che, pur essendo utile per potersi in essa orien-
tare, è certamente troppo generico per essere suscettibile di individuali
applicazioni. E di ciò era certamente consapevole Leone Walras e an-
cora più lo era il suo successore alla Cattedra di Losanna, il Pareto, il
quale nel Cours e nel Manuale ricorda con giustificata, e lodevole insi-
stenza che non basta la formulazione logica dei teoremi : essi devono poi
essere verificati nella realtà per acquistare valore scientifico. Egli inse-
gnava che « lo studio della scienza economica dev'essere fondato sui
fatti.... ; e le teorie che, invece di coordinare e spiegare i f a t t i riducen-
doli all'unità, derivano solamente da premesse metafisiche e etiche, non
hanno assolutamente nessun valore scientifico ».
È evidente che qualora si procedesse secondo lo schema descritto si
trascurerebbero quelle individuali disposizioni circa l'impiego del rispar-
mio, le quali a volte fanno preferire investimenti meno remunerativi.
Forse non è inopportuno chiarire ulteriormente questo concetto.
Supponiamo che investendo mille lire in terreni si percepiscano -10
lire annue che rappresentano il beneficio fondiario (prezzo d'uso del ca-
pitale fondiario) ; da un altro investimento si percepisce un'annualità
posticipata perpetua di L. 10, anch'essa al netto da qualsiasi spesa od
onere. Da un punto di vista finanziario si dice la stessa cosa quando si
afferma che investendo 1000 lire in terreni si percepiscono 40 lire annue,
oppure che un'annualità posticipata perpetua di 40 lire si vende per
lire 1000.
La tautologia è evidente qualora si consideri che entrambe le affer-
mazioni riposano sul fatto che il rapporto f r a reddito e capitale è del
106 II. METODO DI S T I M A

4- %, cioè che il capitale vale oppure è valutato 25 volte il reddito annuo


che ne deriva.
Così procedendo però si parte sempre dalla premessa di uomini eco
nomici p e r f e t t i : per meglio dire di uomini nei quali il massimo di eco
nomicità nel soddisfacimento dei loro bisogni coincide col massimo gita
dagno : coincidenza che forse non è così generale come si crede, per quan
to ciò costituisca una delle implicite affermazioni di molti sistemi econo
mici ed in particolare di quello smithiano.
A meglio chiarire la n a t u r a del problema forse può giovare il se
guente esempio.
Si abbia una prima categoria di uomini formata da individui che,
desiderando una vita tranquilla, rifuggono dagli investimenti che pos-
sono consentire elevati guadagni, perchè portano seco le incertezze della
vita dinamica.
L'altra categoria sia invece formata da uomini energici, intrapren-
denti. Essi, pur sapendo che per arricchire bisogna affrontare il rischio
di impoverirsi, si lanciano egualmente nelle imprese difficili per coglier-
ne le opportunità favorevoli.
Questi due tipi profondamente diversi di uomini preferiranno op-
posti generi di investimenti.
Supponiamo, a cagion d'esempio, che entrambi abbiano a disposi
zione una somma di L. 100.000 e che si presentino due possibilità di im-
piego aventi i seguenti caratteri :
I) a) la probabilità di perdere la somma in un solo anno è del
20 % : il premio di assicurazione sarà di 20.000 lire ;
b) il reddito lordo di spese di assicurazione è di 26.000 lire;
e) il reddito netto è di 6000 lire.
II) a) la probabilità di perdere la somma in un solo anno è del
2 % ; il premio di assicurazione è quindi di 2000 lire ;
b) il reddito lordo di spese di assicurazione è di 8000 lire;
c) il reddito netto è di 6000 lire.
Mentre la prima categoria di uomini sceglierebbe il secondo di questi
impieghi, gli individui del secondo tipo sceglierebbero il primo.
Ora, siccome il prezzo che ciascuno di questi tipi di uomini è' dispo-
sto a pagare per usare i capitali ricordati risulta influenzato dalla loro
psicologia, il tasso di capitalizzazione dei due tipi di investimenti sarà
diverso ; e non si t r a t t a soltanto di un tasso individuale di capitalizza-
zione, perchè la prevalenza o meno che può avere sul mercato una o
l'altra delle categorie di individui sopra ricordate, può essere la causa
dell'innalzamento del prezzo di alcuni capitali rispetto ad altri.
Anche per questo riguardo, quindi, nella realtà, il saggio di capita-
lizzazione presenta delle variazioni, da capitale a capitale, che sono an-
che in relazione con la maggiore o minore piacevolezza dell'impiego e
con le specifiche finalità che muovono il risparmiatore.
107
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E

Per quanto si riferisce alla capitalizzazione i diversi beni si diffe-


renziano anche a causa della loro maggiore o minore mobilità o ripro-
ducibilità'.
Vi sono dei beni, come le automobili, il mobilio, i fabbricati, ecc.,
che si possono ottenere in breve tempo, anche in quantità notevolissima ;
ve ne sono altri, come i boschi d'alto fusto, che non possono essere pro-
dotti se non in un lungo periodo di tempo. lutine, ve ne sono altri an-
cora la cui quantità, come avviene per i beni rustici nei paesi di vecchia
agricoltura, se si fa astrazione da eventuali bonifiche,' è pressoché co-
stante.
Per studiare come si comportano codeste categorie di beni, di fronte
ad una variazione che avviene nel sistema di prezzi dominante il mer-
cato, è opportuno supporre che, data la condizione di equilibrio rag-
giunta, il saggio d'interesse sia uguale per t u t t i i capitali.
La variazione che successivamente si viene ad operare nel sistema
dei prezzi porterà vantaggi (o perdite) ai singoli possessori dei beni li
cordati in una misura che sarà in relazione alla maggiore o minore mo-
bilità del capitale posseduto.
Quei capitali che possono facilmente convertirsi in denaro danno
la possibilità al loro proprietario di avvantaggiarsi delle opportunità
favorevoli che si presentano sul mercato; e ciò perchè ogni individuo
può sempre cambiare con quegli investimenti che col mutare della si-
tuazione economica possono procurargli il massimo di utilità.
Nel caso in cui si abbia un aumento nel prezzo di dati beni mobi-
liari, la facilità con la quale questi si producono, fa sì che i possessori
possano trarre vantaggio dalla particolare situazione economica creata
in loro favore soltanto per breve tempo, poiché, la massa di nuova pro-
duzione, deprimendo presumibilmente i prezzi, porterebbe all'annulla-
mento del profitto.
Al contrario i proprietari di beni rustici praticamente godono il
monopolio ; data l'immobilità e la limitatissima riproducibilità di questi
beni, di solito non si esercita una concorrenza efficace che possa depri-
mere i prezzi nel senso ricordato. Però la concorrenza, se non si può
esercitare direttamente per il bene capitale, a volte viene ad esplicarsi
attraverso i prodotti ottenuti nelle aziende agrarie, come il grano, il
vino, l'olio, la carne, ecc.
Il Pareto nel Cours ricorda che le persone le quali vogliono godere
direttamente di dati capitali possono portarsi loro stesse sui luoghi dove
si trovano tali capitali: oppure si possono importare i loro prodotti I1).
Nel primo caso la concorrenza si esercita soltanto per l'uso del bene
rustico : è il caso dei terreni affittati, per i quali un grande numero di

( ' ) C f r . V . PARETO - Cours d'economie politique, Lausanne, R o u g e . 1896, v o i . I,


p a r a g r a f o 516, p a g . 393.
108 II. METODO DI S T I M A

affittuari, anziché persistere nella concorrenza strenua che si esercita sui


terreni da tempo coltivati, preferiscono portare la loro preparazione te-
cnica e i loro capitali su terre nuove, che in tal modo vengono poste in
concorrenza con le vecchie.
Il caso più frequente però si ha nella concorrenza dei prodotti agri
coli ottenuti nei diversi paesi. Così le terre seminative dell'Europa su
biscono più o meno direttamente e sensibilmente la concorrenza dei se
minativi dell'America e dell'Australia.
Un vantaggio del tutto particolare di cui i proprietari terrieri di
alcuni paesi (segnatamente l'Inghilterra) in un determinato periodo sto
rico (secolo XVIII e XIX) hanuo goduto, è quello della rendita differen
zia le, che ha preso il nome di ricardiana dal nome del celebre economista
che ne ha formulata la teoria.
Attualmente però la situazione dell'investimento terriero, nel qua-
dro generale dei nuovi capitali che si sono venuti moltiplicando neli'ni
timo secolo, è profondamente cambiata.

1 2 . - I B E N I R U S T I C I C O M E I N V E S T I M E N T O DEL R I S P A R M I O

Il Prato, nel suo aureo volumetto su l'impiego dei capitali, ricorda


che l'investimento del risparmio nei terreni agrari è l'investimento tra-
dizionale e classico del passato.
« Le grandi fortune anteriori al secolo XIX avevano quasi tutte que-
sta base, poiché anche le sostanze accumulate nei traffici si convertivano,
appena lo potessero, in beni fondiari, a cui era connesso un alto grado
di prestigio sociale. Dalle catastrofi finanziarie dei primi tentativi di dif-
fusione della ricchezza mobiliare, il feticismo per la proprietà agraria
era stato rinforzato. La prevalenza data nel Codice Napoleone e nei suoi
imitatori al problema della sua tutela giuridica lo conferma. Ed anche
quando, con lo sviluppo grandioso della vita industriale e commerciale
dei tempi nostri, altre forme di impiego divennero comuni, la predile
zione pei beni rustici si mantenne sovrana in vasti strati di capitalisti,
ed il concetto della loro insuperata sicurezza non venne meno. Tutta
l'aristocrazia e la più grande parte dell'alta e media borghesia d'ogni
paese teneva il grosso della sua fortuna in terreni. La dignità del « gen-
tiluomo campagnolo » costituiva il bastone di maresciallo anche iter chi,
in occupazioni d'altra specie, avesse raggiunta una riposante agiatezza.
« L'esperienza, in sostanza, dava ragione alla simpatia dei rispar-
miatori per simili collocamenti. Reddito regolare e sicuro; facilità di
trovar mano d'opera laboriosa e poco esigente; onere moderato di im-
poste; un complesso imponderabile, ma non spregevole, di soddisfazioni
sociali, morali, estetiche inerenti al possesso terriero, furono a lungo,
gli attributi di tale proprietà, a cui si aggiunge in molti luoghi un lento
e costante processo di valorizzazione dei fondi, dovuto alla popolazione
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 109

crescente, alle migliorate comunicazioni, alla intensificata domanda di


terre e di prodotti in rapporto alla crescente ricchezza ».
Senonchè l'amore che si diffuse per l'industria e il commercio, uni
tamente alla crisi agraria che dilagò in buona parte dell"Europa intorno
al 1S80, fecero sì che la granitica fede nei tradizionali investimenti dei
beni rustici subisse un durissimo colpo. In prosieguo di tempo, la spe-
ciale preparazione che cominciò ad essere indispensabile per il razionale
esercizio dell'impresa agricola, la copia dei capitali da essa richiesti,
privarono l'investimento terriero di alcuni dei suoi caratteri fondamen-
tali ; l'azienda agricola venne così acquistando alcuni aspetti propri alla
gestione industriale. Ai ricordati fattori si aggiunse il movimento so-
ciale delle classi lavoratrici, il quale lia perturbato o comunque modi-
ficato il tradizionale rapporto t r a il lavoratore della terra e il con-
duttore.
Per questi motivi, alla psicologia del risparmiatore, l'investimento
terriero non si è più presentato come l'investimento solido per eccel-
lenza, capace di dare un reddito sicuro e una infinità di piccoli godi-
menti e servizi, tanto appetiti e apprezzati da alcune classi del popolo
italiano. Tanto più che l'ambiente economico sociale f r u t t o della guerra
e del periodo post-bellico, aveva minorata l'attività lavorativa del co-
lono e del salariato, disamorato il campagnolo dalla vita semplice e
proba, incrinata la fiducia reciproca t r a proprietario e colono.
Questo complesso di circostanze e situazioni è stato accompagnato
da alcuni elementi favorevoli, sulla cui efficacia non v'ha discussione.
Si vuole accennare alla politica agraria svolta dal Regime, e ai notevoli
progressi compiuti dalla tecnica agraria, sia nel campo della creazione
di nuove varietà più produttive, sia nel campo della concimazione e in
quello della meccanica agraria. Non trascurabile è poi il vantaggio re-
cato agli agricoltori dalle organizzazioni economiche, che consentono
l'acquisto delle materie prime a prezzo più modico, e la vendita dei prò
dotti in condizioni più favorevoli, per l'efficace sostegno del mercato nel
periodo del raccolto.
D'altro lato però non bisogna dimenticare che spesso l'eventuale
profitto di cui potrebbe godere il proprietario fondiario, per le innova-
zioni della tecnica o per il miglioramento del mercato dei prodotti, di
rado va interamente a suo favore, perchè ormai t u t t e le classi parteci-
panti alla produzione ne vengono giustamente a beneficiare, e t r a queste
specialmente le classi lavoratrici. Il sistema economico instaurato dal
Fascismo tende sistematicamente a ripartire t r a capitalista e lavoratore
le rendite differenziali di tipo ricardiano, di cui nel passato potevano
fruire gratuitamente i proprietari terrieri.
Il prodotto netto — cioè la ricchezza nuova risultante dalla diffe-
renza t r a il prodotto lordo e i capitali che si distruggono nel processo
produttivo — durante l'Ottocento si distribuiva in p a r t i pressoché eguali
110 II. METODO DI STIMA

t r a il proprietario del capitale fondiario, l'imprenditore e il lavoratore


manuale. Allora scarsi erano i capitali impiegati nella produzione, per-
chè povera era l'economia fondata in gran parte sulla cerealicoltura. Si
ignorava il prato in rotazione, il bestiame era quasi tutto da lavoro, i
concimi chimici non avevano ancora fatto il loro ingresso trionfale nella
comune pratica agricola e gli agronomi non avevano ancora create nuove
varietà di piante di grande coltura, capaci di vincere alcune avversità. I l
reddito del lavoro manuale è basso, non soltanto perchè il lavoratore per-
cepisce solo circa il 33 per cento del prodotto netto, ina anche perchè il
prodotto netto per ettaro è esiguo. Ma le scoperte della scienza e le
innovazioni della tecnica hanno resa conveniente l'esecuzione di opera
zioni colturali che assorbono copioso lavoro manuale e quindi hanno
spostati i tradizionali rapporti f r a quantità di capitale e di lavoro.
Lo stesso ordinamento della produzione ha subito profonde variazioni e
il prodotto netto ha segnato forti incrementi.
Nelle zone a mezzadria il prodotto netto si ripartiva in p a r t i quasi
eguali f r a il capitale e il lavoro: ripartizione che le indagini del Tassi-
nari, iniziate nel 1926 con il classico saggio (x), dimostrano mantenere
una notevole costanza.
Non così accade nelle aziende dove il lavoro manuale è fornito da
salariati fissi o avventizi. Questi e molti altri f a t t i concorrono a spie-
gare perchè nelle aziende ricordate il reddito del lavoro manuale rara-
mente sia inferiore al 50 per cento del prodotto netto, e spesso superi
il 55 e anche il 60 per cento. Le stesse indagini del Tassinari, e altre
ricerche compiute dai suoi allievi, dimostrano come, indipendentemente
da contingenti situazioni di mercato che mascherano l'andamento gene-
rale del fenomeno, vi sia una distribuzione del prodotto netto, nella
quale il lavoro manuale e direttivo ha una parte dominante. Ed essa
si a t t u a senza una effettiva diminuzione del reddito capitalistico, cioè
dell'insieme dell'interesse del capitale fondiario e d'esercizio, perchè
l'aumento del prodotto netto consente di dare una relativa costanza al
saggio d'interesse.
Comunque è osservazione storica il fatto che mentre nel passato le
rendite differenziali di tipo ricardiano, i profitti e i quasi-profitti, spesso
venivano goduti nella quasi totalità dal proprietario del suolo, attual-
mente essi tendono ad essere devoluti alle classi lavoratrici.
L'investimento in beni rustici è specialmente allettante per quella
categoria di risparmiatori che, desiderando risiedere in campagna per
una parte dell'anno, possono così soddisfare bisogni che non potrebbero

(\) Cfr. 6 . TASSINARI - Saggio intorno alla distribuzione del reddito dell'agri-
coltura italiana. Piacenza, Fed. Ital. del Oons. Agr., 1 9 2 6 . — G . TASSINARI - Li-
vicende del reddito dell'agricoltura italiana dal 1925 al 1982. Istituto Nazionale di
Economia Agraria, Faenza. Lega, 1935.
111
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E

essere appagati in città. A parte il risparmio che si realizza vivendo


lontano dalla città, consumando prodotti del fondo che in moneta pos-
sono rappresentare somme cospicue, ricordiamo che in campagna si pos-
sono godere taluni servizi e soddisfare gusti e abitudini, in maniera
assai economica. E ciò specialmente laddove esiste quella cordialità di
rapporti t r a coloni e proprietari, che rende particolarmente piacevole il
soggiorno nella campagna e ne accresce i vantaggi soggettivi.
Non si deve poi trascurare il fatto che alcuni investono i loro capi-
tali nel suolo per praticarvi l'agricoltura e mettere in valore le loro
personali disposizioni, la loro preparazione tecnica e commerciale. E
nonostante sia assai difficile improvvisarsi agricoltori, e sia ottimo con-
siglio quello di procedere senza soverchio ottimismo, con quella paca-
tezza e quel sereno senso della realtà che specialmente nell'agricoltura si
rivela indispensabile, vi è sempre un certo numero di persone che amano
chiudere la giornata laboriosa della vita nella serena vita agricola. E
se sono note le delusioni che si possono avere quando gli investimeli!i
fondiari vengano f a t t i in maniera disorganica, senza un sistema econo-
mico e prudenti previsioni finanziarie, sono altrettanto noti i felici risul-
t a t i che si possono ottenere quando si accomuni la preparazione tecnica
e commerciale che consiglia le innovazioni ardite, alla gradualità che è
propria delle industrie a base biologica : natura non facit saltus.
Un'altra considerazione si può aggiungere alle precedenti.
Sovente, nelle argomentazioni sul mercato dei beni rustici, si dimen-
tica l'importanza che nella vita moderna ha il capitale mobiliare. Questo,
in alcuni paesi europei, supera di gran lunga il valore dei beni rustici ;
e ciò avviene persino nell'ambito dell'agricoltura, perchè il moderno eser-
cizio dell'azienda agricola richiede, oltre al bene fondiario, copia di be-
stiame, macchine e numerario, che nel complesso possono raggiungere
valori uguali o superiori al capitale fondiario.
Non bisogna assolutamente trascurare questo f a t t o ; nei paesi ad
economia capitalistica, la maggior parte del risparmio viene impiegata
in investimenti di carattere mobiliare.
Infine, va anche rilevato che i beni rustici non costituiscono affatto
quella forma di impiego che può essere deliberatamente scelta da chi
vuole investire tranquillamente i propri risparmi. I n f a t t i , la maggio-
ranza dei proprietari deve in qualche modo occuparsi della sorveglianza
e dell'amministrazione del bene fondiario come tale, quando addirittura
non deve intervenire nel processo produttivo direttamente o attraverso
incaricati ; il che in ogni caso è causa di un ulteriore differenziamento
nella corrente del risparmio.
Alcune categorie di risparmiatori, che possiedono determinate qua-
lità e desiderano esplicarle, preferiranno decisamente i beni rustici a
qualche altro impiego che non soddisfa il loro desiderio e non remunera
questa loro attitudine ; ma vi saranno altre categorie di risparmiatori
112 II. METODO DI S T I M A

che per nou avere noie si rivolgeranno verso altri tipi di investimenti,
che non richiedono alcun specifico interessamento e consentono di dedi
carsi interamente all'attività principale.

1 3 . - C O N S I D E R A Z I O N I S U L T A S S O DI C A P I T A L I Z Z A Z I O N E DEI BENI R U S T I C I

Nei paragrafi precedenti si è visto che l'affermazione teorica, se-


condo la quale capitalizzando i redditi netti allo stesso saggio si ottiene
il valore di mercato dei singoli capitali, nou può esser vera che come una
media per gli investimenti reali. Si è anche dimostrato perchè, nono-
stante che le cause occasionali di variazione del saggio di interesse siano
numerose, le differenze nel tasso di interesse non sono poi rosi forti
come a volte si sarebbe indotti a ritenere di primo acchito ; quando si
tenga conto dell'incertezza di certi redditi, della probabile durata di
certe aziende, quando si facciano interamente tutte le deduzioni, il sag-
gio di interesse uon segna forti oscillazioni.
Per questo, il problema della scelta del saggio di capitalizzazione
dei beni rustici trova una sua prima risoluzione nel fatto che il prezzo
d'uso di un qualsiasi capitale, cioè il suo tasso di capitalizzazione, si
stabilisce, almeno in un primo tempo e come prima approssimazione alla
realtà, nella stessa maniera secondo la quale si stabiliscono i saggi ili
tutti gli altri capitali : in altre parole, anche nel processo di determina
zione del prezzo dei beni fondiari c'è un nocciolo di uniformità comune
a t u t t i gli altri beni oggetto dì mercato.
La prima osservazione che si è portati a fare è la seguente: di so-
lito si ritiene, e i f a t t i in molti casi lo confermano, che il prezzo d'uso
dei beni rustici sia inferiore a quello di altri beni. E ciò perchè non solo
essi hanno 1111 alto grado di sicurezza ma possono dare al proprietario
vantaggi indiretti o comodi, i quali, essendo spesso causa di forti incle-
menti nella domanda, determinano a loro volta un aumento nel prezzo
di mercato e quindi una diminuzione del saggio.
È noto che il saggio fondiario segna oscillazioni sensibili da zona
agraria a zona agraria, dipendenti dalla natura del regime fondiario
(fabbricati, viabilità, regime idraulico, piantagioni legnose), dall'ordi-
namento colturale, dall'esercizio di eventuali industrie trasformatrici,
dai contratti agrari. Nell'ambito di una stessa zona, nella quale si possa
ammettere la costanza dei ricordati fattori, variazioni nel prezzo d'uso
dei singoli beni fondiari possono dipendere dalla superficie del podere,
dal suo frazionamento in particelle, dalla ubicazione dei fabbricati e
dalla loro s t r u t t u r a , e da un'infinità di altre circostanze che possono in-
fluire direttamente sul valore di mercato del fondo, senza influire sul
reddito che se ne può ricavare.
L'osservazione del Locke, secondo la quale nessun bene economico
presenta le sconcertanti incongruenze, fra valore capitale e rendimento
I L SAGGIO 1)1 CAPITALIZZAZIONE 113

netto, che presentano i beni rustici, dimostra che già due secoli or sono
il ricordato fenomeno aveva colpito gli scrittori del tempo ; esso è cono-
sciuto perfettamente dai mediatori di terre, dagli agricoltori, da t u t t i
coloro che vivono il mercato fondiario. La pagina seguente del Nicco-
lini, acuto studioso dei problemi agrari del ferrarese, ne pone in evi-
denza alcuni aspetti assai suggestivi :
« Il valore venale dei terreni è sempre in rapporto col loro vero va-
lore economico? No. In un primo stadio esso è quasi unicamente influen-
zato dalla più elementare delle leggi economiche, quella della domanda
e dell'offerta, che funziona quasi da sola in quel primo stadio, e può
mantenere il prezzo di mercato assolutamente indipendente dal valore
intrinseco fondiario. In un secondo stadio interviene u n ' a l t r a legge eco-
nomica; quella del normale investimento capitalistico, quello cioè che
equilibra la proporzione f r a il capitale e la rendita. In un terzo stadio
interviene una terza legge, meno semplice, anzi infinitamente complessa,
in parte economica, in parte relativa ad una determinata psicologia in-
dividuale, iu parte relativa a speciali contingenze politiche e sociali : è la
legge di differenziazione e di particolare preferenza degli investimenti
capitalistici : preferenza che varia secondo gli individui, secondo le clas-
si, secondo gli ambienti, secondo i momenti storici. E t u t t o questo in
linea generale, perchè nei casi particolari, t u t t ' a l t r o che infrequenti,
il prezzo di « affezione », il « ben mi sta », il colpo di ambizione, e in
alcuni momenti il panico non più individuale ma quasi generale per
ogni altro genere d'investimento capitalistico, fanno salire le cifre ad
altezze acrobatiche ».
A parità di condizione il saggio è minore laddove i comodi offerti
dal fondo sono notevoli, cosi la vicinanza ai grandi centri e alle linee
di comunicazione, la, salubrità e la bellezza del territorio, la felice ubi-
cazione, ecc. Concorrono a ridurre il saggio anche la modesta estensione
che rende accessibile l'acquisto ad un maggior numero di persone, la
presenza di una numerosa classe di piccoli proprietari coltivatori di-
retti, o di piccoli affittuari, e così via.
Il perito, che per essere tale deve conoscere il mercato nel quale
esercita la sua professione, dopo avere preso conoscenza del saggio me-
dio d'interesse corrente nel mercato per un generico investimento, allo
scopo di individuare lo specifico saggio del bene rustico che lo interessa,
può utilmente calcolare il saggio medio percepito da beni analoghi.
In dicanto con Bn; Bfi ; Bfn, i benefici fondiari di poderi
il cui prezzo pagato è stato V1 ; V2 ! ; Vn ; si a v r à :

B B
f> " 7T-r-2' ' «,„
e il saggio medio risulterà quindi il seguente :

r: »', + r, -+- . . . -i- r_


w
<5. Medici - Lezioni di estimo. S
114 II. METODO DI S T I M A

In questo caso, se il saggio di capitalizzazione del bene da stimare si


determina attraverso rapporti che si fanno t r a valori rilevati, veriiw-a-
tisi agli istanti t0, tl; t , , i,„ già trascorsi, e benefìci fondiari, de-
terminati applicando l'equazione del tornaconto, ne risulta ebe la stima
analitica si risolve in un apprezzamento di carattere comparativo, com-
piuto confrontando il fondo in esame con fondi simili dei quali si co-
nosce il valore di mercato e dei quali si è determinato il benefìcio fon-
diario. Si tratta in sostanza di una forma di stima sintetica compiuta
con metodo comparativo, nella quale i parametri di comparazione sono
dati dal valore fondiario e dal beneficio fondiario.
La, ricerca del saggio può essere facilitata studiando il comporta-
mento del saggio d'interesse proprio di beni che sono in concorrenza con
i beni fondiari, oppure che hanno molti caratteri in comune.
Il suggerimento dato da alcuni t r a t t a t i s t i d'estimo secondo il quale
si dovrebbe adottare come saggio d'interesse dei beni considerati quello
corrisposto per i beni che sono in concorrenza con quelli fondiari, ci
sembra, inesatto. 11 loro saggio d'interesse può essere soltanto un'utile
guida.
Gli investimenti che di solito si ricordano sono assai lontani dai
beni fondiari, sia perchè questi seguono un loro mrecato che si rivela
diversissimo in relazione al tipo di impresa, alle forme di proprietà, alla
natura dei terreni, sia perchè quelli, in genere, si mantengono omo-
genei e non avendo caratteri individuali si prestano ad essere t r a t t a t i
per masse. Con ciò non è che si voglia negare l'utilità di un ulteriore
comparazione compiuta giovandosi, ad es., del parametro dato dal sag-
gio del credito fondiario, ma si vuole affermare che la determinazione
del valore capitale compiuta con cotesto sistema può benissimo (e questo
sarà il caso più frequente) condurre a valori che si discostano assai dai
valori di mercato, perchè, mentre il fondo considerato ha le sue proprie
individualità, i saggi considerati, invece, si riferiscono a titoli o a ca-
tegorie ad essi equivalenti, omogenee, indifferenti, per cui, il dato sarà
un dato medio.
Nonostante tutto ciò è consigliabile che il perito, valendosi delle di-
stinzioni e delle considerazioni sulla natura e variazioni del saggio d'in-
teresse fatte in precedenza, studi il saggio proprio di beni che sono in
concorrenza con i beni rustici. Questo studio gli insegnerà che bisogna
guardarsi dagli eccessivi semplicismi e dalle gratuite assimilazioni, poi-
ché molti degli investimenti, che a giudizio di alcuni scrittori sarebbero
in concorrenza con i beni fondiari, in realtà seguono un loro mercato.
Mentre i beni rustici presentano profonde variazioni individuali, in re
lazione al tipo di impresa, alle forme di proprietà, ecc., le cartelle fon-
diarie ed i titoli di Stato, per esempio, sono omogenei e non avendo ca-
ratteri individuali danno un saggio medio, con carattere assai diverso
da quello fondiario.
I L SAGGIO 1)1 C A P I T A L I Z Z A Z I O N E 115

Con questo non si vuole negare l'utilità di coteste comparazioni, le


quali anzi si rivelano utilissime quando siano fatte con discernimento ;
esse giovano a maturare il giudizio clie il perito deve dare, poiché, come
riteniamo di avere dimostrato, la scelta del saggio di capitalizzazione è
parte notevolissima del giudizio nel quale consiste la stima.
Ponendo termine a questo esame sistematico, anche se non esau-
riente, del saggio di capitalizzazione, è bene rivolgere una parola a co-
loro che pur praticando la difficile professione del perito, che consiste
nel fornire giudizi di valori o giudizi su determinate situazioni econo-
miche, vorrebbero che t u t t i i ragionamenti svolti si potessero compen-
diare in una formula, schema o ricetta da applicare caso per caso. Lo
svolgimento dato al problema studiato dimostra in maniera inequivoca-
bile che se ciò non è mai possibile, tanto meno lo è nel caso in cui si
debba scegliere il saggio di capitalizzazione.
Nelle questioni estimative l'insegnamento di Socrate s'illumina di
una particolare luce di verità: « Prima non sapeva....; ma allora cre-
deva di sapere.... ora dubita, 11011 sa e non crede di sapere.... Pensi tu
forse che si sarebbe posto a ricercare se prima non fosse caduto nel
dubbio e, fatto accorto di sua ignoranza, non l'avesse punto desiderio
di sapere? ».

1 - f . - L A SCELTA D E L SAGGIO N E L CASO DI T E R R E N I ALBERATI

La scelta del saggio di capitalizzazione, se incontra difficoltà note-


voli nei poderi a colture erbacee, presenta difficoltà maggiori per i frut-
teti, vigneti, e, in generale, per i terreni a piantagioni legnose.
In questi casi, invece di considerare dei beni che. danno un reddito
annuo assimilabile ad annualità posticipate perpetue, si esaminano
delle coltivazioni arboree nel cui ciclo produttivo varia l'ammontare del
reddito fondiario — in dipendenza di variazioni che avvengono nel pro-
dotto vendibile e nelle spese — e quindi varia il valore del capitale
fondiario.
Come al solito, la scelta del saggio si fa ispirandosi a tutte le
considerazioni fatte in precedenza, e muovendo o dalla base dei saggi
calcolati facendo il rapporto t r a beneficio fondiario e valore di mercato,
oppure dal saggio d'interesse di beni che sono in concorrenza con quelli
considerati.
Nei riguardi del secondo metodo si possono ripetere le osservazioni
svolte a suo tempo ; rispetto al primo vi sono, invece, alcune questioni
specifiche che è bene rilevare.
E noto che nel caso in cui si t r a t t a di beni fondiari coltivati con
piante erbacee annuali o con piantagioni legnose in turno regolare, basta
conoscere il beneficio fondiario (Bf) ed il valore fondiario (V) perchè si
possa ricavare il saggio d'orientamento cercato; invero, in questo caso
126
126ILMETODO DI STIMA

si hanno redditi annui costanti posticipati perpetui e quindi il saggio si


può ricavare dalla solita formula dell'interesse semplice :

Invece, quando si t r a t t a di piantagioni legnose, per giungere al


saggio, bisogna stabilire t u t t i i benefici fondiari dal principio alla line
del ciclo, pur bastando conoscere il valore fondiario di un determinato
istante. Si consideri l'equazione seguente :
11
S-B/ -4- l'„

Supponiamo dì conoscere il prezzo di mercato di 1111 f r u t t e t t o in un


dato a n n o ; per stabilire il saggio 11011 basta conoscere il beneficio fon-
diario del frutteto in quel determinato anno, ma bisogna conoscere tutti
i benefici fondiari di t u t t i gli anni del ciclo, perchè il rapporto tra il
reddito fondiario di quell'anno e il valore fondiario del mercato non ha
significato, dato che a determinarlo concorrono anche i redditi f u t u r i .
Quindi bisogna determinare il saggio r che soddisfa all'equazione.
Resta così dimostrato che per stabilire il saggio di capitalizzazione
relativo ad un podere alberato in un anno m intermedio del ciclo occorre
conoscere la durata del ciclo e i benefici fondiari del podere durante gli
n anni del periodo.
Esaminando attentamente l'espressione si nota che essa non si pre-
senta di facile risoluzione. I n f a t t i , l'incognita non solo figura al deno-
ti
minatore, ma entra come fattore determinante V0 e la 2,Bfì perchè
m
queste risultano dalla somma dei benefici fondiari accumulati con gli
interessi all'anno n : infatti l'equazione da risolvere, rispetto ad r, iia
la seguente espressione completa :
!
B/1(l + l f ' + B / , ( l - n f + . • • •-+-»/„ (
m— p q i r)n — 37j + ~

B f[m 4-d (1 + ,•)"-("•+» . . . . ifn


* (l + r ) "
equazione che non può essere risolta rispetto ad r con metodo diretto ra-
zionale e neppure con i metodi di calcolo approssimato cui può ricorre-
re un perito. E tale difficoltà rimane anche nel caso in cui si ritenesse le-
gittimo stabilire a priori il saggio r al quale vanno accumulati i benefici
fondiari, poiché l'equazione rimane sempre di grado superiore al quarto.
La ricerca del saggio, in questi casi, deve essere fatta con criteri sin
tetici ; e se proprio occorre avere la nozione del saggio fornita dal pro-
cedimento indicato, il perito tenterà soluzioni approssimate, con sem
plificazioni che, pur essendo arbitrarie, possono forse consentire il cal-
colo di r con approssimazione forse sufficiente.
CAPITOLO VI.

LA STIMA S I N T E T I C A

1. - I METODI S I N T E T I C I DI STIMA

La stima sintetica si applica soltanto nei casi in cui si debba stabi-


lire il più probabile prezzo (li mercato del bene da stimare. Essa am-
mette un solo criterio : quello del prezzo di compravendita, e ignora i
criteri del costo, della capitalizzazione, ecc. Ecco perchè t u t t i i cosi detti
metodi sintetici di stima si basano, indistintamente, sulla conoscenza
dei prezzi di mercato dei beni oggetto di stima.
La prima operazione da farsi è quindi quella di prender conoscenza
del maggior numero possibile di prezzi; seguirà poi l'esame e l'inter-
pretazione di essi, onde dedurne, per confronto, il prezzo dell'immobile
da stimare. A compiere questa statistica si oppongono però grandi dif-
ficoltà. Il mercato fondiario, come si vedrà in un paragrafo successivo',
ha delle caratteristiche tutte proprie, f r a cui va notato specialmente lo
sparuto numero di scambi; si aggiunga che talvolta i prezzi pagati di-
pendono da cause tutte proprie a quel singolo caso, che talaltra la com-
pravendita viene nascosta o il prezzo falsato per più o meno giustificati
timori o soltanto per amor di segretezza.
I prezzi raccolti dovrebbero riferirsi ad una zona abbastanza omo-
genea onde rendere più facile e meno arbitraria la comparazione ; co-
munque l'« ampiezza del mercato » ha un carattere così incerto che non
può dar luogo a un'utile discussione : essa di solito s'estende al campo di
attività del perito.
I prezzi raccolti devono essersi verificati di recente, poiché il loro
valore indicativo diminuisce con il trascorrere del tempo. Anche i prezzi
storici possono essere utili, specialmente quando l'economia ha carattere
statico, ma in ogni caso, ai fini della valutazione, hanno importanza fon-
damentale i prezzi attuali, che riproducono fedelmente le valutazioni
fatte da coloro che, nel momento della stima, concorrono a formare il
mercato.
In ogni caso è indispensabile la precisa conoscenza delle caratteri-
stiche individuali dei fondi di cui si conosce il prezzo di compra-vendita
118 I L METODO DI S T I M A

e di quelle del fondo da stimare. 1 prezzi conosciuti saranno di tanta


maggiore utilità quanto più i fondi venduti saranno simili a quello da
stimare: quindi i fondi predetti potranno essere idealmente classificati
in base alla n a t u r a agrogeologica del terreno, alla giacitura, all'ani
piezza. alla frammentazione, alla distanza dal mercato e dalle strade,
ai comodi che offrono, ecc. Il numero di categorie da distinguere, es-
sendo numerosissimi i fattori che influiscono sui prezzi e diversa la
loro importanza e svariate le loro combinazioni, in pratica non avrebbe
un limite : ma questo limite viene segnato dalla esiguità del materiale
statistico, poiché, per fissare i limiti entro cui oscillano i valori dei fondi
di ogni categoria, occorre un minimo di prezzi. Anche i canoni di affitto
pagati per i fondi di cui si conosce anche il valore di mercato, possono
servire a perfezionare la classificazione ricordata,
Laddove vi sono estese zone di terreni omogenei l'indicato lavoro di
classificazione sistematica può essere con profitto tradotto in pratica ;
il contrario avviene nel maggior numero dei casi in cui ci si limita ad
una semplice classificazione mentale.
La conoscenza dei fondi è importante quanto la conoscenza dei
prezzi di mercato ; infatti, che cosa dice, ai fini del problema estima
tivo, il f a t t o che un fondo, non meglio determinato, è stato pagato,
per esempio, 350.000 lire, un altro 500.000 lire e così via?
Già il semplice dato della superficie del fondo può dare qualche
lume, utile specialmente laddove vi sia grande omogeneità, dove i fondi
abbiano comuni caratteristiche: una eguale fertilità dei terreni, un co
mime ordinamento colturale e quindi una eguale ripartizione della, su-
perficie f r a le singole colture, una analoga dotazione di fabbricati ru-
rali, ecc. ila queste sono condizioni ideali che raramente si ritrovano
nella realtà.
Qui il prezzo sarà insolitamente elevato, supponiamo, per il largo
posto fatto al vigneto in confronto alle consuetudini della regione, là il
prezzo sarà depresso per l'eccezionale tenacità del suolo, lài il fondo avrà
un prezzo più alto per i comodi di villeggiatura che può offrire, e così
via. Il fondo, si sa, è preso e pagato così tutt'insieme com'è, ma su
ogni parte di esso, su ogni aspetto particolare, avranno posto gli occhi
e avranno lungamente ragionato i compratori e il venditore.
E così il perito, con maggior esperienza, con più sottile acume, con
più ragionato seuno, dovrà scendere caso per caso, prezzo per prezzo,
fondo per fondo, ad un esame completo, ad una distinzione degli ele-
menti del fondo, delle sue particolarità in confronto a quello da sti
mare. Tutto ciò si fa sempre nella realtà : si richiamino alla mente le
titubanze, i paragoni, le segrete ragioni che s'agitano nell'animo di un
compratore incerto nell'acquisto di uno o di un altro fondo ; si ricordi
l'analogo caso del perito chiamato a dare il suo giudizio di stima.
Iu materia di stima sintetica si sono volute fare delle distinzioni,
LA STIMA SINTETICA 119

che, se forse possono essere di qualche utilità didattica, sono però prive
di un sostanziale contenuto, talché non sono suscettibili di giustifica-
zione razionale.
Così si suole distinguere una stima sintetica ad impressione da ima
stima sintetica basata su criteri di analogia, proporzionalità, correla-
zione ; oppure una stima sintetica diretta o a vista, da una stima sin-
tetica indiretta o comparativa ; dimenticando che in sostanza tutte le
stime sintetiche per essere tali debbono essere a vista, ad impressione,
comparative, ecc., perchè il giudizio estimativo viene necessariamente
fatto per confronto, poiché si t r a t t a , in ogni caso, di inserire in una
determinata scala di valori il bene da stimare.
L'errore in cui si cade quando, senza un avvertimento, si distinguono
tante forme diverse di stima sintetica procede appunto così : si sono visti
i prezzi, così compiuti, reali, incontrovertibili, si sono accettati e si è
detto : guardando il fondo, come si soppesa un oggetto nella mano, sì
formula il prezzo. Soltanto dopo si riconosce, è vero, che in realtà non
c'è un solo prezzo dal quale muove il giudizio di stima, ma che vi sono
tanti prezzi cui s'ispira il giudizio finale ; vi sono però alcuni Autori,
i quali, invece di riconoscere che anche in questo caso vi è comparazione,
analogia, ecc., affermano che questa è la stima sintetica, immediata,
empirica.
Empirica perchè questi non hanno coscientemente avvertito tutto
l'interiore lavorio di analisi, t u t t a la segreta indagine; e perchè la for-
ma esteriore senza apparati tecnici lascia credere ad una stima f a t t a ad
impressione, così senza pensarci due volte: se così fosse, se cioè il va-
lore si attribuisse senza ragionati criteri, allora, non sarebbe opportuno
ricordare una simile forma di stima.
E così è accaduto che, quando si è cercato di ordinare, delucidare,
analizzare con metodo questo processo spontaneo ed intimo cui ognuno
ricorre entro di sè nel dare un giudizio, si è creduto t r a t t a r s i di una
forma particolare di stima.
Secondo il Marenghi vi sarebbe una stima sintetica ad impressione,
la quale si distingue in una forma immediata, se chi deve compiere la
valutazione giudica secondo il proprio modo di vedere, mediata se il
giudizio valutativo si basa su apprezzamenti di altre persone, vagliati ed
elaborati in modo opportuno (1).
« La prima forma di indagine, avendo carattere spiccatamente sub-
biettivo, sfugge ad ogni teoria, non potendo essere disciplinata da nor-
me ben definite. Essa vuole molta pratica dell'ambiente, una conoscenza
particolareggiata dell'immobile e buone attitudini professionali al ri-
guardo.

(') C f r . E . MARENGHI - Op. cit.


120 I L METODO DI S T I M A

« La seconda forma d'indagine richiede spirito critico ed abilità


diciamo cosi — inquirente: sia in ordine alla scelta degli informatori,
che al modo di interrogarli. È d'uopo rivolgersi a persone competenti,
non interessate nel giudizio estimativo, con domande semplici, formulate
in modo che abbiano a fornire — per quanto è possibile — degli elementi
di controllo : le notizie che si scostano molto dal valore medio, sono da
ritenersi sospette e vanno scartate. Ma se il processo estimativo è bene
applicato, le notizie medesime non offrono — di regola — che diver-
genze relativamente piccole ».
« I capitali fondiari sono valutati, qualche volta, con procedimenti
comparativi, basati su criteri di analogia , di proporzionalità , di correla-
zione, ecc. ecc. ».
La stima comparativa, per analogia e proporzionalità, si compie
eseguendo particolari confronti, che si possono ridurre a due forme ti
piche : semplice l'una, complessa l'altra.
Nella comparazione estimativa semplice gli elementi statistici, che
funzionano da termine di paragone, riguardano un solo fondo ; mentre
in quella complessa si riferiscono a due o più immobili, scelti oppor-
tunamente.
La così detta stima comparativa semplice consiste nella seguente
proporzione :
x \A —v \B,

dove ® è il valore di stima cercato, A e B rappresentano l'aspetto consi-


derato (superfìcie, reddito catastale, canone d'affitto, produzione lorda,
ecc.) dei fondi che si confrontano e v è il valore di mercato del fondo li.
« La stima comparativa complessa si compie seguendo un procedi
mento della stessa natura. La sola differenza sta in ciò: che il termine
di paragone non riguarda (come si disse già) uno stabile solo, ma un
certo numero di beni fondiari omogenei.
« Supponiamo che il fondo A sia messo a confronto con altri 5, in
condizioni analoghe, dei quali si conoscono i valori ed i canoni rispet-
tivi, come risulta dalle cifre che seguono :

Immobili Valori
Canoni d'affitto
osservati fondiari

1 L. 180.000 L. 12.500
o » 260.000 » 17.800
9 » 220.000 » 14.000
4 » 185.000 » 13.200
» 215.000 » 16.500

Totale L. 1.060.000 L. 74.000


LA S T I M A SINTETICA 121

Nel caso considerato si avrà, dunque, la seguente proporzione est!


inativa :
x ; 10.000 = ì.ooo.ooo : 74.000.

« Questo metodo (della stima comparativa complessa) è, forse, più


attendibile di quello precedente ; chè viene ad eliminare — in parte —
in divergenze inevitabili del podere che funziona da termine di confron-
to. Ma nella pratica è difficile poter avere dati sufficienti ad hoc, specie
nelle zone eterogenee: il che limita assai il campo rispettivo di appli-
cazione ».
Questa distinzione di metodi e di forme, se è certamente utile da un
punto di vista didattico, non ha però una sua consistenza sostanziale ; la
barriera tra stima sintetica e stima comparativa dovrebbe essere caduta
da tempo. E stato giustamente rilevato che tutte le stime, escluse quelle
fatte a capriccio, sono tutte stime per confronto. E tale è anche la stima
per valori tipici e la stima consigliata dall'Aereboe : sono stime sinte-
tiche e quindi comparative nelle quali, noti i prezzi di certi fondi, si
deducono i prezzi dei fondi da stimare secondo un particolare criterio
di confronto.
Forme di stime comparative sono anche tutte quelle che si basano
su la conoscenza del rapporto che passa tra il valore di mercato dei fondi
e un loro aspetto fisico od economico ; così in date zone i periti locali per
avere il valore di mercato moltiplicano il reddito catastale per coeffi-
cienti da loro accertati dopo diligente osservazione statistica. In altre è
il valore della produzione lorda che viene moltiplicato per 1111 dato coef-
ficiente, il quale può variare nell'ambito di una stessa zona in funzione
dell'ammontare della stessa produzione lorda ; in altre ancora ci si rife-
risce al carico di bestiame, oppure al numero delle piante esistenti, e
così via.
Ricordiamo il metodo proposto dal Prof. Laur, di Zurigo, capo di
una grande organizzazione svizzera di contadini, il quale si fonda su la
conoscenza del rapporto medio t r a prodotto lordo e valore fondiario.
Valendosi del copiosissimo materiale contabile raccolto dalla citata orga-
nizzazione, sono stati determinati statisticamente, per tipi di aziende
classificate secondo la loro superficie, il loro ordinamento colturale, ecc.,
i coefficienti per cui moltiplicare il prodotto lordo onde ottenere il valore
fondiario. Metodi comparativi sono anche quelli del Marenghi e del-
l'Aereboe, dei quali ci occuperemo in maniera meno fugace.
È evidente che t u t t i questi sistemi si equivalgono come intrinseca
bontà di metodo, perchè in sostanza il metodo è sempre lo stesso ; l'at-
tendibilità del risultato dipende specialmente dal numero delle osser-
vazioni compiute, cioè dal grado di rappresentatività del coefficiente
applicato.
Va subito osservato che questi procedimenti di stima, anche se fon-
122 I L METODO DI S T I M A

dati su la più diligente ed estesa osservazione statistica, non risolvono il


problema di stima, perchè in sostanza essi consistono nel determinare
un valore medio : precisato questo, rimane poi da stabilire, in base alle
sue particolari caratteristiche, il probabile valore di mercato del fondo
da stimare.

2 . - I L METODO PER VALORI T I P I C I

Il Marenghi (x) comprende tra le forme del metodo di stima sinte-


tico una stima per valori tìpici, per compiere la quale si procede nel
modo seguente :
1°) si discrimina la superficie del fondo da stimare in appezza-
menti omogenei di qualità e classe ben determinata ;
2°) si raccolgono notizie statistiche sui prezzi medi unitari limiti
delle terre corrispondenti ;
3°) si fissa, in base a queste notizie, il valore unitario delle terre
oggetto di stima ;
4°) si eseguono, infine, gli opportuni conteggi estimativi.
La classificazione delle terre si basa principalmente sulla qualità o
destinazione delle medesime: seminativi, prati, pascoli, boschi, vigneti,
ecc. Ove occorra si suddivide ogni qualità in tanti sottogruppi o classi.
L'Autore così descrive il procedimento da seguire per giungere alla
valutazione di un fondo rustico.
a Si abbia — a titolo d'esempio — un fondo rustico dell'estensione
di 100 ettari, così suddivisi.
Aratorio . . ett. co
Prato stabile » 10
Vigna . . » 15
Bosco . . . » 10
Sottratti alla coltivazione . . » 5

Totale . . . ett. 100

« Supponiamo :
а) che il fondo sia stato pagato 800.000 ;
б) che i prezzi medi degli aratori, dei prati, dei vigneti, dei bo-
schi — ili questo luogo — stiano f r a loro come i numeri 1-1,5-2-0,5;
c) che il valore dei fabbricati e dell'area sottratta alla coltiva
zione rappresenti il 25 % di quello complessivo.
Indicando, perciò, con x il prezzo unitario degli aratori, si avrà
la seguente equazione :

(') C f r . E . MARENGHI, op. cit.


LA S T I M A SINTETICA 123

« Le singole qualità di terre avranno, dunque, i seguenti valori uni-


tari :
Aratorio 5.500 x l — 5.500 per ettaro
Prato stabile 5.500 x 1,0 = 8.250 » »
Vigneto 5.500x 2 =11.000 » »
Bosco . 5.500 X 0.5 = 2.750 » »
« La fonte migliore — commenta l'A. — è costituita dagli uomini
pratici (agricoltori, periti, notai, esperti di campagna), dai quali pos-
siamo avere notizie, abbastanza approssimate, sui prezzi unitari delle
singole qualità di terre. Codeste informazioni mettono capo a cifre, che
variano, da un minimo ad un massimo ; ed entro questo campo di oscil-
lazione si fissa il valore che — secondo il proprio giudizio — meglio cor-
risponda al caso oggetto di studio, tenendo conto dei caratteri specifici
rispettivi ».
A questo metodo il Marenghi assegna una larga applicazione nella
pratica, specie quando si debbano valutare:
a) minuscole proprietà coltivatrici, le quali rappresentano, più
che una forma di investimento di capitale, un vero e proprio strumento
di lavoro ;
fi) appezzamenti isolati, ecc.
Questo metodo di stima trova la sua critica nella stessa sua formu-
lazione : la dettagliata descrizione dimostra in maniera evidente che
qualora si conoscessero i valori dei vigneti, dei seminativi, dei prati, ecc.
si venderebbero i vigneti, i seminativi, i prati, ecc. e non fondi rustici,
formati da vigneti, seminativi, prati. E quindi volendo stimare fondi
rustici bisognerebbe cercare il valore di mercato di fondi simili e sarebbe
sempre grave errore sommare il valore del vigneto, del seminativo, del
prato, ecc. per comporre il valore del fondo. A noi sembra che il pro-
cedimento sia arbitrario ; come del resto è quello analogo consigliato
dall'Aereboe.
Il metodo per valori tipici potrebbe trovare utile applicazione lad-
dove esistono veramente i prezzi dei terreni di diversa qualità di coltura,
perchè gli appezzamenti sono scambiati separatamente e separatamente
vengono pure venduti i fabbricati, accentrati nei borghi. Di solito però
i fondi vengono venduti nella loro interezza, senza f a r distinzione tra
qualità* di coltura e fabbricati, per i quali il mercato non offre valuta-
zione alcuna. Si t r a t t a in molti casi di tipi di aziende ben determinate,
come può esserlo il podere umbro o marchigiano, la tenuta toscana,
124 I L METODO DI S T I M A

l'azienda irrigua lombarda, il podere canapicolo bolognese, aventi un


determinato ordinamento colturale, una data forma e ampiezza di fab-
bricati. In questi casi una discriminazione dell'azienda in qualità di
coltura e l'attribuzione dei relativi prezzi, è dannosa ; converrà sempre
considerare i prezzi dei fondi e cercare di conoscere intimamente gli
aspetti tecnici ed economici che li giustificano.
Lo stesso Autore, nel terminare la illustrazione del metodo, fa una
osservazione elle può essere interpretata anche come un riconoscimento
della manchevolezza del procedimento consigliato e che pertanto giudi-
chiamo utile r i p o r t a r e : « n o n di rado codesto metodo di stima viene
ulteriormente semplificato ricercando — in base alle norme ora espo-
ste — il prezzo unitario : non delle singole qualità di terre ; ma quello
medio generale del tipo d'azienda preso a considerare, includendovi pure
il valore degli stessi fabbricati rurali. In tale caso il valore complessivo
del fondo si ottiene moltiplicando la superficie relativa per il prezzo me-
dio unitario corrispondente ».
Si t r a t t a quindi della stima sintetica nella sua forma pili diffusa e
consueta..

3 . - I L METODO D E L L ' A E R E B O E

[Tna particolare attenzione merita il metodo di stima proposto dal-


l'Aereboe, studioso tedesco di grande esperienza tecnica, il quale ha cer-
cato di dare uno sviluppo di carattere razionale al metodo di stima
sintetica.
Il metodo dell'Aereboe presuppone il compimento di un diligente
lavoro estimativo consistente nel raccogliere il maggior numero possi-
bile di prezzi di mercato, i quali, a loro volta, saranno analizzati con
criteri di carattere tecnico-economico ; è evidente che essi si riferiranno
a circoscrizioni estimative nelle quali non vi siano profonde differenze
economico-agrarie.
Secondo l'Aereboe i fondi devono dapprima considerarsi privi dei
fabbricati e dei capitali di scorta, cioè fondi nudi : dal valore di mer-
cato dei fondi rustici consiglia quindi di detrarre il valore dei fabbricati
e dei capitali di scorta, ciò che non è difficile fare in modo approssima-
tivo — egli dice — da chi conosce bene l'agricoltura del paese. Il fondo
nudo viene poi distinto nelle varie qualità di coltura, ad ognuna delle
quali deve assegnarsi un prezzo unitario. È facile far ciò quando nel
mercato locale le singole qualità abbiano una esplicita valutazione ; più
diffìcile è farlo quando si disponga solo dei prezzi complessivi dei fondi,
ma pure si può, afferma l'Aereboe, raggiungere lo scopo con acconcie
considerazioni induttive.
Si t r a t t a ora di inserire i fondi così analizzati in una classificazione
economico-agraria che deve comprendere tutta la circoscrizione.
LA S T I M A SINTETICA 125

La classificazione viene f a t t a in base ai caratteri fisici del terreno,


alla situazione economica e sociale dei fondi (comunicazioni col mer-
cato, rapporti di vita sociale, ecc.) e all'ampiezza dell'azienda. Una clas-
sificazione completa, anche in base a questi tre soli caratteri, condur-
rebbe ad un numero grandissimo di classi, onde l'A. consiglia di sce-
gliere e limitare la circoscrizione estimativa così da escludere uno od
anche due dei predetti caratteri, e ridurre il numero delle classi. Ciò
si può fare ogni volta che i fondi della circoscrizione hanno in comune
o poco difforme un carattere : ad esempio, l'ampiezza.
La distinzione in classi fisiche dei terreni della circoscrizione va
fatta avendo riguardo insieme alla qualità di coltura e ai caratteri fisici
del suolo, ottenendosi così una distinzione che può dirsi geo-agrologica.
Ad ogni classe, elaborando i prezzi raccolti, viene attribuito un
prezzo medio o i limiti entro cui il prezzo può oscillare.
Dovendo il perito stimare il fondo, egli :
1°) determina il prezzo del fondo nudo mediante l'attribuzione di
classe alle porzioni omogenee in esso distinte ;
2°) aggiunge al valore così ottenuto il prezzo dei fabbricati e dei
capitali di scorta ;
•3°) infine, compie le opportune aggiunte o detrazioni, secondo le
caratteristiche individuali del fondo oggetto della stima.
Quest'ultima operazione è la più difficile e ad essa l'Aereboe dedica
il più ampio commento; soltanto nel caso in cui il fondo avesse tutti i
caratteri medi della circoscrizione, non occorrerebbe compiere aggiunte
o detrazioni; ma questo caso in pratica non si verifica mai.
Detrazioni ed aggiunte vanno fatte per i caratteri fisici del fondo :
configurazione, frammentazione, clima, ecc. Alcune di queste deficienze
possono essere corrette : allora dal prezzo medio si detrae il costo di cor-
rezione che si dovrebbe sostenere per portare il fondo nelle condizioni
normali; altri caratteri invece non sono modificabili (gelate, brine, ecc.),
e di essi dovrà tenersi conto nella classificazione.
Scegliendo opportunamente la circoscrizione, in modo che vi sia co-
stante la situazione economica del fondo, non occorre fare aggiunte o
detrazioni a questo riguardo ; ma quando ciò non si possa fare, si potrà
procedere ad una valutazione di queste caratteristiche confrontando i
prezzi di terreni uguali per caratteri fisici e diversi per situazione eco-
nomica o per ampiezza.
Le critiche che al metodo proposto dall'Aereboe si possono fare sono
ovvie ; esse discendono dalle considerazioni svolte nella parte dedicata
al metodo di stima. E cioè :
a) si richiede la conoscenza di un gran numero di prezzi, cosa
difficile a verificarsi per le ragioni conosciute ;
b) la divisione in classi delle circoscrizioni darà buoni risultati,
quando le circoscrizioni abbiano pronunciati caratteri di omogeneità ;
126 I L METODO DI S T I M A

ciò, se può verificarsi con una certa facilità nelle uniformi pianure te-
desche, che forse hanno suggerito il metodo all'A., raramente si verifica
da noi ;
c) solo eccezionalmente le singole qualità di coltura ed i fabbri-
cati hanno un prezzo distinto nel mercato. E quando esiste il prezzo di
un prato, di un seminativo, a questo prezzo non si possono sempre assi
milare i prati e i seminativi dei fondi da stimare ;
d) le aggiunte o detrazioni del valor medio della classe sono affi
date all'arbitrio del perito.
I l Serpieri osserva che « qui sta precisamente il punto debole di
questo metodo di stima. Le variazioni al prezzo medio di classe, per
adattarlo alle circostanze speciali del fondo da stimare, restano in gran
parte abbandonate all'apprezzamento del perito. Questo apprezzamento
può bensì essere guidato da certe considerazioni e anche da certi cal-
coli : pure non può disconoscersi che, se ì limiti di prezzo della classe
sono piuttosto distanti, l'apprezzamento soggettivo minaccia di assu-
mere nella stima una parte troppo estesa.
« È probabile che nelle ampie e nude pianure tedesche si presenti,
per circoscrizioni abbastanza vaste, una tale uniformità da rendere il
metodo fecondo di buoni r i s u l t a t i ; ma è anche probabile che in Italia
non sia così.
« Basta pensare alla frequenza dei nostri territori collinari e mon-
tuosi e alla caratteristica diffusione della coltura promiscua.
« I caratteri dei fondi relativi alla loro maggiore o minore inclina
zione, esposizione, ecc., e relativi alla maggiore o minore densità delle
piante arboree nella coltura promiscua, difficilmente potrebbero essere
assunti f r a i criteri distintivi delle classi. Bisognerebbe tenerne conto,
dopo il classamento, nell'adattamento del prezzo medio di classe alle
particolari condizioni del fondo da stimare : ma è proprio per tale adat-
tamento che manca, nei più dei casi, un criterio sicuro ».
Valgono quindi per il metodo di Aereboe le considerazioni critiche
f a t t e in merito alla stima per valori tipici.

4 . - I L MERCATO FONDIARIO

Molti caratteri del mercato fondiario sono stati già esaminati nel
capitolo dedicato al saggio di capitalizzazione, per cui in sede di stima
sintetica — che in sostanza è il complemento della stima analitica, per-
chè, se con questa si inizia il giudizio di stima, con quella si compie — c i
limiteremo a considerare alcuni aspetti del mercato vero e proprio, delle
sue modalità e del suo svolgimento.
Il mercato fondiario è molto più complesso di quello che di solito
è giudicato da coloro che, vivendo la vita industriale o commerciale, ri
tengono che l'agricoltore — cioè la persona più interessata a questo mer-
LA S T I M A SINTETICA 127

cato — si regoli con gli stessi criteri da cui essi sono guidati nello svol-
gimento delle loro azioni economiche. E senza voler dare troppa impor-
tanza ad alcune considerazioni letterarie sui legami che uniscono la terra
a chi la coltiva, però non vanno trascurati i fattori psicologici in forza
dei quali il mercato fondiario assume caratteri suoi projiri, che lo di-
stinguono dal mercato dei valori mobiliari.
In proposito l'Einaudi (*) ha scritto pagine eloquenti, che ripor-
tiamo quasi integralmente, anche perchè formano una delle letture esti-
mative più istruttive e piacevoli.
« Non sempre si bada ad una circostanza essenziale la quale di-
stingue la terra (ed entro certi limiti la rasa, se avita) dal titolo mobi-
liare. Ogni titolo è fungibile con ogni altro titolo analogo. Ogni cartella
da 1000 lire nominali del redimibile italiano 3,50 % è fungibile con ogni
altra cartella del medesimo ammontare e tipo. Ogni azione della Banca
d'Italia o della F i a t è fungibile con ogni altra azione della Banca d'Ita-
lia o della Fiat. Normalmente, nessun investitore si innamora della F i a t
quale Fiat, o dell'Italiana gas perchè tale. Ognuno, f a t t i i conti, se ha
convenienza, è disposto senza stringimenti di cuore a cambiare un titolo
con un altro. In grado minore la casa d'affìtto (non quella avita di abi-
tazione) è fungibile con ogni altra casa d'affitto.
« Sarebbe erroneo affermare che la terra non sia affatto un bene
fungibile ; par certo che sempre lo sia in grado minore degli altri inve-
stimenti e che si possa tracciare uria curva la quale va dalla quasi fun-
gibilità perfetta alla mancanza assoluta di essa. La concentrazione mas-
sima si ha attorno un punto in cui la fungibilità è scarsa, in tempi nor-
mali a mala pena avvertita.Si compra e soprattutto si conserva non la
terra ma quella terra. L'agricoltore passa indifferente attraverso campi
magnifici e vigneti superbi. Non sono i suoi; quasi non li guarda, i l a
quando si'avvicina al suo terreno, egli « sente » qualcosa. Avverte cose
che sfuggono al cittadino ; il suo sguardo segue il confine del podere e
lo vede in linee per altri invisibili.
« La terra non si vende confrontando al margine il rendimento di
essa con quello che si avrebbe reinvestendo il probabile ricavo della ven-
dita. Forse il solo caso che abbia una certa parentela con la vendita
« per motivi economici » è quello del contadino, il quale possiede poca
terra insufficiente ai suoi bisogni e altrove come affittuario o mezzadro
ha messo da parte un gruzzolo in denaro e gli si offre l'occasione di
comperare un podere al quale si è già affezionato, coltivandolo, o che
conosce bene perchè a lui vicino. Il nuovo fondo vale 100.000 lire ed
egli possiede in contanti solo 60.000 lire. Grazie al salutare suo orrore
del debito, se davvero il fondo nuovo lo tenta assai, può darsi egli si

(') Cfr. L . EINAUDI - Categorie astratte e scatoloni pseiìdo economici, ili « La


Riforma Sociale », novembre-dicembre 1934.
128 I L METODO DI S T I M A

decida a vendere la casa e le terre ereditate per mettere insieme le


100.000 lire occorrenti all'acquisto. Ma vendere per vendere, per fare
un buon contratto, per avere dei buoni denari alla cassa di risparmio,
mai, È un'idea che al contadino non passa neppure per il capo.
« Non so se si possa chiamare economico un altro caso di vendita,
che si può dire forzata ; e si distingue in due categorie a seconda se sia
f a t t a da contadini o da « signori ».
« Può darsi che il contadino non abbia voglia di lavorare la terra.
« Se la ragion di vendere è soltanto il desiderio di inurbarsi, la
vendita si fa con comodo. La terra si dà in affitto od a mezzadria ai
fratelli od a parenti od a vicini, e si aspetta che costoro o altri abbiano
i mezzi di pagare la terra « quel che vale » ; e « quel che vale » è una
quantità determinata per lo più in un mercato curiosissimo, dove si
armeggia fra due monopolisti, magari per anni ed anni, con faccia ini
passibile, distratta. Il venditore sa che in comune commercio la terra
vale 10.000 lire l'ettaro, ma sa che il fratello o parente o vicino è di
sposto ad acquistarla per 25.000 lire. Altrettanto sa il compratore:
quella terra gli fa gola, arriva proprio fin sotto la casa sua. Acquistan-
dola, egli si toglie servitù di passaggio nell'aia o nel campo, arrotonda
il podere ed arriva su strada più comoda della sua. Si t r a t t a di capita
lizzare redditi veri e redditi immaginari : strida di donne, beccar di gal
line, puntigli di passaggio.
« Se la vendita di terre di contadini determinata da ozio, vizio o
ripugnanza al lavoro di zappa ha luogo per lo più entro i limiti di una
generazione, la cosa si trascina più a lungo per le terre dei « signori ».
Parlo delle zone agricole, così frequenti nell'Alta Italia collinare o ili
pianura asciutta, in cui dominano la media proprietà e quella di piccola
coltivazione. La casata era stata messa su da gente di toga, da profes-
sionisti o da negozianti tra il sei e l'ottocento : modeste casate, che si
mantenevano con decoro con redditi terrieri da tre a cinquemila lire e
col provento di impieghi e professioni per i membri piti colti della fa-
miglia. Accade, nel lento trascorrere degli anni, che, f r a i tanti sani,
nasce sul ceppo famigliare qualche virgulto bizzarro : o che troppi figli
si son dovuti mandare, insieme, agli studi, o che una successione di an-
nate cattive ha cancellato i redditi, iu tempi in cui non soccorrevano
più o non ancora rèdditi di lavoro. Cominciano j debiti, e su una for-
tuna terriera di 100.000 lire si innestano ipoteche di 10 e poi di 20 e poi
di 30 e 50 mila lire. Ad un certo momento la situazione si fa tragica, fi
la miseria nera, di chi nel villaggio è ancora reputato un « signore » e
deve conservare il decoro del ceto. Talvolta, la casata salva per tempo i
residui della fortuna, perchè il capo vende prima di essere arrivato al-
l'estremo ed emigra in città. Ma se l'ultima generazione è di donne, dif-
ficilmente queste si decidono. Vecchie signore vissero lungamente di
caffè-latte e di scarse onoranze pur di non vendere e resistere nel pagar
LA STIMA SINTETICA 129

interessi. Alla morte, quando non ci sono più eredi diretti, si scopre che
bisogna accettare l'eredità con beneficio d'inventario e che la vendita
delle terre a stento coprirà l'inventario dei debiti.
« Vendite « economiche » non provocate dalla necessità assoluta, si
conobbero due volte nell'ultimo secolo : t r a il 1879 ed il 1886 e f r a il
1922 ed il 1927. Nel primo tempo i prezzi dei terreni raddoppiarono (cfr.
Einaudi Luigi, La revisione degli estimi catastali in « La riforma so-
ciale », 1923, pag. 491 e seg.) in moneta buona, nel secondo triplicarono
e quadruplicarono in moneta deprezzata. Parecchi, forse i più, degli ul-
timi rimasti tra i proprietari assenteisti non seppero resistere alla ten-
tazione dei tanti denari e vendettero quasi sempre a contadini, ad an-
tichi affittuari, a mezzadri, a proprietari coltivatori a cui, negli anni
di precedenti prezzi buoni, era stato possibile risparmiare. Quelle due
furono le epoche di massimo movimento terriero, di rinnovazione so-
ciale e di innalzamento del medio tenore di vita. Coincidono col preva-
lere del motivo economico nelle azioni umane. Vende la terra chi im-
magina di fare un buon affare nel mutare investimento, e compra chi
ha esperienza di agricoltura ed ha avuto successo nel coltivare.
« Prima e dopo, i movimenti delle vendite sono extra-economici,
morali e famigliari. Quelle delle compre sono i soliti njotivi che spie-
gano la prosperità delle famiglie : ordine,* laboriosità, morigeratezza,
unione, e perciò possesso di un risparmio che non si concepisce neppure
di poter impiegare altrimenti che in terra, ed insieme possesso di figli,
ad ognuno dei quali si vuole assicurare un podere bastevole alla famiglia
nuova che essi creeranno.
« ' Quel che vale ' non è tuttavia un concetto così lontano da quello
teorico, come potrebbe sembrare dalle cose dette sopra. I prezzi effettivi
dei terreni possono essere classificati in varie caselle :
— vi ha prezzo quasi di concorrenza, quando un terreno non ha
qualità particolari, che lo rendono in particolar modo appetibile o
sgradevole. Non è così mal situato da allontanare un acquirente qua-
lunque — timore di ficcarsi t r a vicini litigiosi, di star troppo lontano
dal mercato o di pagar troppo cara la vicinanza — ; nè è tanto in vista
da essere oggetto di invidia ;
— vi ha simile a quel di monopolio, quando le sue qualità sono
così peculiari e note — vicinanza al mercato, su bella strada, con bella
casa, con piantagioni fiorenti, tutto riunito attorno alla casa, senza ser-
vitù di passaggio —• da essere desiderato da quanti lo vedono e, veden-
dolo, pensano: se potessi diventar padrone di quel podere!;
— vi ha prezzo che si può dire di monopolio bilaterale, quando il
podere è siffattamente situato che t u t t i gli altri possibili acquirenti sono
disposti a pagare solo 50.000 lire, ossia meno delle 80.000 lire che sa-
rebbero il prezzo corrente se il podere si trovasse in condizioni ordina-
rie. Ma è ficcato in mezzo a vicini litigiosi, che, si sa, ogni mese fanno

G. Medici - Lezioni di estimo.


130 I L METODO DI S T I M A

correre il maresciallo dei carabinieri a mettere pace fra cugini rabbiosi,


pronti a menar le mani ed a brandir t r i d e n t i ; epperciò il prezzo cala al
disotto del tipo corrente. Il proprietario sa che può essere costretto se
non trova di meglio, a vendere a 50.000 lire, ma sa anche che t r a i suoi
vicini uno ve n'ha al quale la sua terra fa gola, la sua e non altra. 11
venditore è monopolista di offerta perchè possiede il fondo desiderato
dal vicino; e questi è pure un monopolista, di domanda, perchè è il solo
disposto a pagare il fondo più delle 50.000 lire che in comune commercio
se ne potrebbero cavare. P u r di costituire una unità poderale libera da
« impegni e barriere », come orgogliosamente, dopo avere litigato t a n t i
anni, fece dipingere a gran lettere sulla sua casa un contadino, egli sa
rebbe disposto a pagare anche 150.000 lire. Ambi i monopolisti mano-
vrano con felina prudenza per tirare a sè la parte migliore della zona
di indeterminazione f r a 50 e 150 mila lire.
« Le ragioni del fatto che lo stesso terreno pagato dal grande pro-
prietario 500 lire è pagato spesso dal piccolo proprietario 700, 800 od
anche 1000 lire — sono le seguenti. Il reddito capitalizzato è in ambi i
casi il reddito « netto », ma diverso ne è l'ammontare. Il proprietario
venditore di un grosso fondo fissa il prezzo di « offerta », sulla base del
suo prodotto lordo 100, da cui dedotte le 50 di parte colonica e le 25 di
imposte e tasse, resta un netto capitalizzabile di 25, da cui, al 5 %, si
ricava il prezzo di offerta 500. Se, nella zona, t u t t i fanno lo stesso cai
colo, per essere i possibili richiedenti gente del medesimo calibro del
venditore, quello sarà anche il prezzo di domanda. Ma se nella zona i
possibili richiedenti sono contadini, i quali sono passati le mille volte
dinanzi ai campi e alle vigne del « signore », sogghignando sui lavori
mal fatti, sulla gramigna affettuosamente allevata a piè delle viti, co-
storo fanno lor conti non su 100 ma su 200 a titolo di reddito lordo, e,
pur detraendo con larghezza 50 per imposte e spese vive e 100 come re-
munerazione della [migliore] opera propria, possono capitalizzare un
reddito netto di 50 lire.
« A spingere in su il prezzo dei terreni nelle zone di piccola pro-
prietà concorre anche il più basso saggio di interesse vigente in esse in
confronto alle zone a grande proprietà. In queste, il saggio di interesse
sta, per ragioni dianzi osservate, alquanto al disotto di quello corrente
per impieghi di tutto riposo : titoli di stato, cartelle fondiarie, ipoteche,
case di affìtto. Ma la differenza non è fortissima ed incostanza può dirsi
che il saggio di investimento in terra tenda verso il saggio corrente per
gli impieghi reputati sicuri. Invece nelle zone di piccola proprietà, la
concorrenza degli altri impieghi mobiliari è scarsa. Il contadino co-
nosce, t r a i valori pubblici, solo la carta moneta. Se un confronto si fa,
ha luogo con l'interesse pagato dalle casse di risparmio postali o pub-
bliche ; e poiché i depositi postali fruttano dal 2 al 3 per cento, è logico
che il contadino non pensi a trarre un f r u t t o del proprio capitale supe
LA S T I M A SINTETICA 131

riore al 3 %. Può darsi dunque che, laddove il grande proprietario ca-


pitalizza il reddito netto 25 al saggio di interesse 5 o 4 % e paga il ca-
pitale 500 o 625 lire, il contadino capitalizzi un reddito sempre « netto »
di 50 lire al saggio di interesse 3, epperciò paghi, al limite, un prezzo-
capitale di 1.666 lire. Tanto meglio se potrà far l'affare a migliori con-
dizioni, pur facendo contento il venditore e consentendo una buona me-
diazione al mercante di terre ».
A queste ragioni si può aggiungere opportunamente quella, molto
comune nelle zone a piccola proprietà coltivatrice, che muove dal fatto
che un proprietario particellare, non avendo terra sufficiente per impie-
garvi tutto il lavoro dei propri figli sia disposto a pagare, per il pezzo
di terra che vuole acquistare, un valore capitale assai maggiore di quello
corrente, perchè gli consentirà di estendere il vigneto, o di impiantare
un frutteto o un orto, e quindi di impiegare « in casa » il lavoro dei
propri figli, invece di mandarli a giornata. Questo concetto lo abbiamo
già esposto allorché si è ricordato che i piccoli proprietari coltivatori
non fanno i loro calcoli di convenienza relativi agli acquisti dei terreni
sulla, base del beneficio fondiario, ma considerano specialmente il red-
dito netto che ritrarranno dal podere quando potranno impiegarvi t u t t a
la capacità lavorativa della famiglia. E con ciò non si vuol dire, come
si potrebbe supporre, che il piccolo proprietario coltivatore sia così
tardo da non capire i f a t t i economici: anzi! Egli li capisce così bene
che agisce nel modo indicato e non investe il suo denaro in titoli
per ricavarne il 6 % e poi rimanere con le mani in mano : disoccupato.
Egli preferisce percepire soltato il 2 % dal capitale investito, pur di po-
tersi guadagnare la giornata, lavorando nel proprio podere, anche se la
giornata, invece di pagarsela nella stessa misura che egli la paga quan-
do ha bisogno di opere, se la paga con un salario inferiore.
Il vero dominatore del mercato delle terre è il mercante di terre, che
spesso fa anche da intermediario : è esso che crea il prezzo economico
intorno al quale poi oscilla il prezzo concreto, pagato e incassato.
Quasi t u t t i gli scambi di terreni avvengono con il suo intervento,
spesso benefico, quasi sempre indispensabile ; il mediatore attenua le
asprezze e le irriducibilità dei contraenti, e con l'arte inimitabile pro-
fessata secondo i canoni di un'astuzia secolare : con ragionamenti, sor-
risi, sospiri, confidenze, silenzi gravidi d'espressione, spinge i venditori
testardi e i non meno tenaci compratori a, concludere l'accordo desiato
e temuto da entrambi. Senza il mediatore la posizione di « vigile attesa »
per cogliere l'opportunità favorevole durerebbe dei mesi e magari degli
a n n i : per questo nel mercato fondiario il mercante di terre adempie
ancor oggi una funzione fondamentale, utile e difficilmente sostituibile.
« La terra comprata non esce dal mercato sino al momento in che
si verifichi qualcuno degli eventi che furono sopra descritti : terremoti
economici, come nel dopo-guerra, rovina delle famiglie contadine per
132 I L METODO DI S T I M A

infingardaggine, gioco, mala condotta od esaurimento lento, tra imba-


razzi nascosti di debiti, delle famiglie signorili. L'agire economico nor
male del proprietario deve, fuor di queste circostanze, essere previsto
partendo da una premessa : clie la terra non si vende. La premessa non
è economica; nasce dall'istinto ed è incomprensibile al « cittadino ». Chi
ha quell'istinto, compra e non vende. Il solo pensiero del vendere gli è
ripugnante : è l'azione non lecita, immorale, da cui il decalogo gli co-
manda di star lontano.
« Può darsi che l'istinto sia stato fortificato dall'esperienza accu-
mulata delle generazioni passate e dalla s u a ; certo non nasce da un ra
gionamento. I nostri vecchi che erano passati attraverso alla tempesta
della rivoluzione francese e dei biglietti di credito, surrogato nostrano
degli assegnati, forse avevano instillato nei figli la sfiducia nella carte
con su stampate cifre ; e forse la tradizione è stata rinfrescata dalla guer-
ra mondiale. Si ha l'impressione vaga che la t e r r a sia qualcosa, di solido,
che resta ; ma l'impressione ha scarsa parentela con la visione teorica di
una rendita fondiaria destinata alla lunga nei secoli a crescere per la
pressione della popolazione in aumento sulla terra invariata di super-
ficie. L'agricoltore apprezza poco le nozioni di redditi certi e crescenti
derivanti dall'entità a s t r a t t a « terra », che a lui paiono di peso infini-
tamente piccolo in confronto della precarietà del soprassuolo, da cui Ne-
ramente egli attende il reddito. Egli sa che il reddito, « tutto » il red-
dito viene non dalla terra per sè, ma dal vigneto, dall'oliveto, dal frut-
teto che egli ha impiantato, dalla pendenza che egli ha dato al prato, dal
canale di irrigazione, dal fosso di drenaggio, dall'aratura profonda, dalla
lotta assidua contro la gramigna e le male erbe, dalla scelta delle se
menti. Egli sa che tutte queste cose sono perfettamente identiche ad una
macchina, la quale deve essere costrutta, riparata, mantenuta pulita,
oliata ; sa che, se ogni giorno egli non la cura, presto la macchina deve
essere buttata f r a i rottami ed il campo diventa come l'orto di Renzo,
stupendo per fiori selvatici, ma improduttivo.
« Il pensiero non gli balena neppure alla mente, perchè egli è un
rustico e non un cittadino, perchè sente la terra e disprezza la carta
stampata, ama le piante e la terra pulita ed i filari allineati come pio
toni di soldati e non capisce nulla dei congegni di una fabbrica ; sente la
linfa salire su per le piante e sbocciare in fiori e f r u t t a , ma gli possono
descrivere cento volte il modo con cui un congegno tecnico funziona e
non se ne ricorderà mai ».
CAPITOLO VII.

NOTE CONCLUSIVE

1. - C O N C L U S I O N I INTORNO AL CRITERIO DI C A P I T A L I Z Z A Z I O N E DEI REDDITI


(STIMA ANALITICA)

La determinazione del probabile prezzo di mercato di un bene ru-


stico, f a t t a capitalizzando il beneficio fondiario dell'azienda ordinaria,
nella quale il valore della produzione dovrebbe essere eguale al costo
della stessa, conduce a risultati che possono essere lontani dal prezzo di
mercato. E ciò perchè gli schemi applicati sono quelli della statica eco-
nomica. assai discosti dalla realtà, che è dinamica.
Ma, anche qualora l'economia avesse carattere statico e fossero così
efficaci le azioni della concorrenza da permettere l'applicazione dell'equa-
zione del tornaconto, il giudizio non potrebbe r i t r a r r e il suo unico mo-
tivo dal beneficio fondiario di cui è capace il fondo in esame, perchè il
valore di mercato viene determinandosi attraverso apprezzamenti eli e
tengono in considerazione, tra l'altro, anche il reddito netto, che si può
realizzare gerendo un'impresa della quale il bene fondiario è l'elemento
fondamentale.
Anche ammettendo che il mercato abbia raggiunto un suo equilibrio
statico, e che t u t t i gli acquirenti e i venditori di beni rustici fondino i
loro giudizi di convenienza sull'entità del benefìcio fondiario che si ot-
tiene applicando l'equazione del tornaconto, rimane il fatto che nella
equazione del tornaconto entrano previsioni del futuro, valutazioni che
risentono l'influenza di giudizi personali.' Si ponga mente alla determi-
nazione della quota di ammortamento delle macchine e attrezzi, per ave-
re nozione delle valutazioni che si devono fare per poter risolvere l'equa-
zione che dà un elemento (iì beneficio fondiario) che consente di formu-
lare un'altra valutazione. E si noti che l'ammortamento non è la sola
nè la più importante delle valutazioni che si impongono. Così, allorché
si t r a t t a di stabilire l'ammontare degli interessi del capitale di scorta,
non solo manca la nozione del saggio che ad esso dobbiamo attribuire,
ma bisogna valutare beni che in parte non hanno mercato. Quindi l'in-
teresse che si pone nel costo di produzione risulta da due attribuzioni
di valore : una prima che mira a stabilire l'entità del capitale agrario ;
una seconda che mira a cogliere l'interesse dell'unità di capitale.
È vero che di t u t t i gli apprezzamenti del mercato che non sono in
relazione al reddito si deve tener conto nella scelta del saggio di capita-
134 I L METODO DI S T I M A

lizzazione, ma 11011 è meno vero che allora nella scelta del saggio si rae
coglie t u t t a la sostanza della stima; per cui l'analisi dei redditi e la
determinazione del benefìcio fondiario perderebbero gran parte del loro
valore.
Le insufficienze del metodo di stima per capitalizzazione del reddito
non potevano non essere sentite da quegli stessi t r a t t a t i s t i di estimo che
10 consideravano come unico metodo razionale, tanto che, giunti al (ci-
mine della loro esposizione, suggerivano il confronto f r a i risultati della
stima analitica e quelli della stima sintetica. Non trovando concordanza
tra il risultato della capitalizzazione e il valore di mercato, consiglia-
vano di modificare il saggio di capitalizzazione rendendolo più idoneo
al fondo in esame : il che significa modificare il saggio rilevato secondo
procedimenti che nessuno insegna, significa lasciare il più completo arbi
trio al perito in un'operazione la quale determina delle variazioni fortis
sime nel valore del capitale. Basta una variazione del 5 per mille, nel
saggio di capitalizzazione di un reddito di 10.000 lire, per avere varia-
zioni nel valore capitale dell'ordine di 20.000 lire, pari al 10 % del va-
lore capitale corrispondente ad un saggio del 5 %.
Le considerazioni svolte non tendono affatto a negare l'utilità del
metodo di capitalizzazione dei redditi. Esse però suggeriscono la con-
clusione che il metodo per capitalizzazione dei redditi non può servire
da solo a determinare il probabile prezzo di mercato, cioè quel prezzo
che il bene rustico stimato otterrebbe qualora venisse commerciato nel
tempo medesimo al quale si riferisce il giudizio di stima.
Se bisogna riconoscere che il metodo analitico non esaurisce la stima
nel caso in cui si tratti di cogliere il valore di mercato di un bene fon-
diario, d'altro lato però esso mantiene una insostituibile funzione in
tutti quei casi in cui non è la determinazione del valore di mercato eh,e
si richiede, ma la determinazione di un valore di reddito, oppure un giu-
dizio di convenienza relativo all'impiego di capitale, comparativamente
più conveniente. E inoltre, anche nel caso in cui sia richiesta in maniera
esplicita la nozione del probabile prezzo di mercato di un bene rustico,
11 criterio della capitalizzazione dei redditi torna sempre di grande gio-
vamento perchè obbliga il perito a fare, in maniera sistematica, una
quantità di ricerche, di analisi, di comparazioni, che gli permetteranno
di acquistare la precisa conoscenza del bene da stimare, e oltre al bene-
ficio fondiario gli daranno nozione della produzione vendibile, del red-
dito netto : grandezze che sono in relazione al valore fondiario.
Vi è quindi una parte viva e non peritura nella stima analitica ; è la
ricerca sistematica che essa impone, è la risoluzione integrale dei que-
siti estimativi che consistono nella valutazione dei redditi ; ma vi è
anche una parte caduca che sta nella presunzione di volere giungere al
probabile valore di mercato dei fondi applicando i ricordati schemi delia
statica economica.
A P P E N D I C E ALLA PARTE PRIMA

I N T O R N O AL GRADO D I P R O B A B I L I T À DI U N R E D D I T O FUTURO

O DI U N S A G G I O DI I N T E R E S S E FUTURO

A vedo conoscenza di una serie di redditi, che si sono verificati du-


rante un periodo conosciuto, è possibile, in via generale, stabilire il grado
di probabilità che ha un qualsiasi reddito, compreso t r a il maggiore o
minore, di verificarsi come reddito medio dell'avvenire?
Il Fisher prima, ed il Serpieri poi (*), svolsero alcune fondamentali
considerazioni in merito : dai loro scritti appare una certa indulgenza
verso la possibilità di applicare lo schema del Bernoulli."
Esaminiamolo attentamente.
Lo schema di Bernoulli dice che se in una serie di n prove un even-
to, il quale in ciascuna di esse ha la probabilità costante p, si presenta
v volte, allora la probabilità che la differenza
v
P
n
sia, in valore aritmetico, inferiore ad un numero positivo assegnato,
tende alla certezza col crescere del numero n delle prove. Teorema la cui
grande importanza pratica si riconnette con la legge empirica del caso,
per la quale la differenza (d) t r a la frequenza empirica di un dato evento
^ j e la sua propabilità (p), si approssima (non tende nel senso mate-
matico del limite) a zero con l'aumentare di n.
Quindi, limitatamente al teorema di Bernoulli, si può affermare cbe
la sua applicazione richiede anzitutto la costanza della probabilità.
Ora, poste le condizioni di libera concorrenza e svolgendo il ragio-
namento sul quale si basa la teoria del valore normale, si può facilmente
dimostrare, rimanendo in un campo formale, che, in un lungo periodo,
la serie dei benefici fondiari (e dei saggi fondiari e quindi dei valori f'on-

( X ) Ctr. I . F I S H E R - La natura del cap-itale e del reddito. Biblioteca dell'Eco-


nomista, serie V , voi. I V , Torino, U . T . E . T . , 1 9 2 2 . — A . SERPIERI - Il metodo di
stima dei beni fondiari. Firenze, Ricci, 1917.
136 APPENDICE ALLA PARTE PRIMA

diari) oscilla casualmente intorno ad una retta, che costituisce il livello


ideale di tendenza sul quale redditi e saggi si adagerebbero qualora non
fossero sollecitati da cause accidentali.
Se così fosse nella realta, come nell'astrazione, allora si potrebbe
pensare ad applicare il teorema cui si giunge attuando la inversione
dello schema di Bernoulli, nel quale si dimostra che se un evento (red-
dito fondiario, saggio di sconto), in una succesione illimitata di prove
(cicli produttivi), ha una probabilità costante, ma incognita, p, e se
avviene che in n prove l'evento si presenti v volte, dove v è un numero
che dipende da n, allora la probabilità che la differenza — — p sia ar-
ra
bitrariamente piccola tende alla certezza al crescere di n (x).
Ma, esaminando attentamente il tema considerato, ci si accorge che
a rigore non occorre applicare il teorema di Bernoulli o la sua inver-
sione, perchè basta servirsi della legge empirica del caso. Infatti, se la
osservazione portata ad un numero grandissimo di anni avesse dimo-
strato che il reddito fondiario e il suo saggio di sconto oscillano casual-
mente intorno alle due rispettive rette che sono parallele, allora, per la
legge empirica del caso, si potrebbe affermare che quasi certamente anche
per l'avvenire i redditi fondiari ed i saggi di sconto si potrebbero corret-
tamente interpolare con una retta.
Questa impostazione data al problema consente di precisare le con-
dizioni in forza delle quali si può correttamente parlare del grado di
probabilità che ha un dato reddito fondiario di verificarsi : l'imposta-
zione dimostra perchè sia impossibile stabilire quale sia il grado di pro-
babilità di un dato reddito fondiario, o saggio di sconto. L'osserva-
zione estesa nel tempo pone in evidenza che la successione di grandezze
economiche non si può correttamente interpolare con una retta parallela
all'asse delle ascisse. Il caso si verificherebbe se l'economia fosse statica,
se mancasse il risparmio, se i capitali venissero semplicemente reinte-
grati nella loro consistenza originaria. L'ipotesi è smisuratamente lon-
tana dalla r e a l t à ; t r a le indagini compiute, si ricorda l'andamento dei
canoni d'affitto nella zona agraria dell'Alto Pavese dal 1671 al 1029 e
del Basso Voglierese, dal 1617 al 1931, che si è avuto occasione di rile-
vare recentemente da documenti d'archivio (2).

C1) Su questo delicato argomento del calcolo delle probabilità, sul valore pra-
tico del teorema di Bayes e in generale sulla probabilità a posteriori, si veda il
capitolo « Probabilità delle Cause », nel 1° volume del CASTELNDOVO : Calcolo delle
probabilità, Zanichelli, Bologna, 1925.
(') Cfr. G. M E D I C I ' - Monografìa economieo-agraria dell'ex Circondario di Pavia.
« Annali dell'Osservatorio di Economia Agraria per la Lombardia », Tipografia Coo-
perativa, Pavia, 1930. — G. M E D I C I - Monografia economico-agraria dell'Oltrepò
Pavese. « Annali dell'Oss. di Econ. Agraria per la Lombardia », Tip. Coop., Pa-
via, 1932.
137 A P P E N D I C E ALLA P A R T E PRIMA

Analogamente avviene per l'indice dei prezzi e per tanti altri indici
i quali presentano oscillazioni accidentali, oscillazioni a carattere ciclico
e oscillazioni a carattere secolare, per cui, anche facendo astrazione dal-
le oscillazioni cicliche e accidentali, i dati dell'esperienza si possono
interpolare soltanto con una curva.
Concludendo :
— dato che la successione dei redditi fondiari e del saggio di sconto
di questi redditi fondiari non avviene secondo la legge del caso, cioè
non è determinata da una grande quantità di piccole cause t r a loro indi-
pendenti, ma è determinata da una quantità di piccole e grandi cause
t r a loro dipendenti ;
— dato che l'economia, anche in via di grande approssimazione,
non si può mai considerare statica, perchè avvengono continuamente
delle variazioni nelle condizioni della produzione e sono sempre avve-
nuti investimenti di capitali o distruzioni di capitali ;
— dato che la realtà è continua, mutevole, cioè dinamica ;
si afferma che è estremamente probabile, cioè praticamente certo,
che anche per l'avvenire la curva iuterpolatrice di benefici fondiari, di
saggi di sconto, di indici di prezzi, ecc., non sarà una retta parallela
all'asse delle ascisse; quindi non si potrà stabilire con .criteri razionali
qual'è il reddito o il saggio di sconto che ha la maggiore probabilità
di verificarsi nel futuro.
Affermazione che dimostra l'inanità degli sforzi compiuti per deter-
minare con l'ausilio del calcolo delle probabilità un saggio di sconto o
un beneficio fondiario, che abbiano maggiore probabilità di altri di ve-
rificarsi nel futuro.
Le grandissime difficoltà che s'incontrano nelle previsioni econo-
miche e l'estrema complessità e varietà delle situazioni in cui si viene
trovando l'economia nel corso del tempo per effetto di nuovi fattori,
fanno ritenere che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, ci si debba
limitare a previsioni intorno ad accadimenti molto prossimi, previa la
analisi di un'intera situazione economica, la quale potrà essere lumeg-
giata da una teoria capace di fornire una corretta interpretazione dei
sintomi (x).
Ma chi ben medita su questa conclusione nota che essa non frap-
pone alcun ostacolo al procedimento della stima analitica, anche se da
un punto di vista critico dimostra l'infecondità di un certo indirizzo
di ricerche.
Per giungere al valore di mercato di un bene rustico non è neces-

(*) Cfr. C. BRESCIANI-TCRRONI - Le previsioni economiche. Nuova collana degli


Economisti, U.T.E.T., Torino, 1932. — Sullo stesso argomento si veda l'introdu-
zione del Mortara e i saggi di W. C. Mitchell e di T. Wagemann, contenuti nello
stesso volume della Nuova collana, intitolato Cieli economici.
138 A P P E N D I C E ALLA PARTE PRIMA

sario avvicinarsi ai reali redditi futuri, cioè a quelli che effettivamente


si verificheranno in avvenire, anzi, così facendo, qualora ciò fosse possi
bile, si incorrerebbe in errore perchè la stima richiede che vengano ne
certate le previsioni che in maniera più o meno consapevole fa il mercato
nei riguardi dei redditi e dei saggi di capitalizzazione ; è in questo senso
che bisogna interpretare la stima analitica. Se fosse altrimenti sarebbe
impossibile la sua formulazione perchè è negata la possibilità di pre
vedere con un certo grado di probabilità gli elementi che la determinauo.
Cosi interpretata, la stima analitica si dimostra assai diversa da
quella stima razionale che respinge come empirica o irrazionale la stima
sintetica, poiché si t r a t t a di una stima analitica che muove dalla rile-
vazione degli a p p r e z z a m e l i del mercato e quando questi mancano pre-
vede i redditi f u t u r i osservando quello che avviene in condizioni ana-
loghe, senza affrontare l'impossibile previsione razionale dei redditi e
saggi cercati.
Si vede ancora come la distinzione tra la stima analitica e quella
sintetica non abbia alcun fondamento rigoroso, ma come si t r a t t i in
sostanza delle due fasi successive dello stesso giudizio di stima : prima
si compie l'analisi, cioè si acquista la precisa conoscenza del bene da
stimare nei suoi singoli aspetti, poi si concreta la conoscenza acquisita
nel giudizio di stima, che non può essere altro che sintetico.
PARTE SPECIALE
CAPITOLO I.

LA STIMA D E I MIGLIORAMENTI F O N D I A R I

1. - GENERALITÀ

È ormai pacifico che la distinzione del « capitale fondiario » in


« terra primitiva » e in « investimenti successivamente compiuti su que-
sta con piantagioni, fabbricati, strade, ecc. » debba essere considerata
di natura meramente didattica : distinzione che anche nella scuola do-
vrebbe essere temperata da opportune premesse condizionali, che si rive-
lano particolarmente utili nello studio degli aspetti economici dei mi-
glioramenti fondiari.
D'altro lato, anche volendo accogliere come rigorosa la definizione
restrittiva, secondo la quale il capitale è il f r u t t o del lavoro umano
destinato a nuova produzione, si può osservare che quando sulla cosi
detta terra primitiva viene compiuto un qualsiasi miglioramento si opera
una trasformazione : trasformazione realizzata con la fusione della terra
primitiva, di altri beni e del lavoro, e con la conseguente produzione di
un nuovo bene economico nel quale non è più possibile distinguere la
terra primitiva dai miglioramenti, come non è più possibile distinguere
in un fabbricato la parte spettante ai materiali primitivi (argilla dei
mattoni, minerali di ferro, silice, ecc.) da quella dipendente dal lavoro
umano.
Se a volte può essere utile la distinzione t r a terra primitiva e ca-
pitale successivamente investito, per richiamare il processo storico di
formazione del capitale fondiario, va però riaffermato che o si hanno
terreni allo stato naturale o si ha capitale fondiario. I n f a t t i , se si pos-
sono pensare le entità astratte « terra primitiva » e « capitale fondia-
rio », in realtà esistono singoli beni economici definiti e determinati
aventi una loro ubicazione e s t r u t t u r a inconfondibile : esiste cioè questa
terra con queste attitudini, quel bene fondiario con quelle attitudini, e
così via per t u t t i gli altri beni di cui si materia la vita economica.
142 l'ARTE S P E C I A L E

2 . - M I G L I O R A M E N T O FONDIARIO E T R A S F O R M A Z I O N E FONDIARIA

All'imprenditore agrario, per compiere il suo processo produttivo,


occorre anche il capitale fondiario. Ora può avvenire che egli reputi
conveniente modificarne durevolmente le a t t i t u d i n i tecniche e quindi eco-
nomiche compiendo determinate opere : nasce così il miglioramento fon-
diario che consiste in un investimento di capitale e di lavoro compiuto
sul terreno in una data maniera per raggiungere determinati scopi.
Non è a n o s t r a conoscenza che sia s t a t a precisata la distinzione t r a
miglioramento fondiario e trasformazione fondiaria, di data assai re-
cente ed alla quale forse è assai diffìcile trovare un rigoroso fondamento.
Di solito, mentre per miglioramento fondiario s'intende una data
opera compiuta su di un fondo determinato (piantagione, fabbricato, ecc.),
la trasformazione fondiaria richiama implicitamente al pensiero una
serie coordinata di opere volte a determinare variazioni profonde nel
regime fondiario, inteso come la risultante di elementi che costituiscono
il fondo, quali sono le piantagioni, i fabbricati rurali, ecc., e di situazioni
comuni a più fondi, determinate dalla viabilità, regime idraulico, ecc.
I n questo senso il miglioramento fondiario è inteso come il mezzo con
cui si realizza la t r a s f o r m a z i o n e : si t r a s f o r m a mediante miglioramenti
come si può t r a s f o r m a r e con deterioramenti.
Un fondamento alla distinzione si potrebbe forse trovare conside-
rando il miglioramento fondiario come f r u t t o dell'opera di un impren-
ditore privato e la trasformazione fondiaria il risultato dell'attività di
enti di diritto pubblico (consorzio, ecc.) : però, dal punto di vista, eco-
nomico, nessuna distinzione rigorosa potrebbe anche in t a l caso essere
stabilita.
Invero, nel caso di una trasformazione fondiaria, comprendente quin-
di una molteplicità di opere poderali ed interpoderali, se la risoluzione
del problema che essa pone vuole un giudizio globale di carattere politico,
sussiste anche un problema di carattere economico dal quale non si può
prescindere nel sintetico giudizio politico. Se ci limitiamo a considerare
il problema economico si rileva che esso si frantuma in tanti singoli
problemi di convenienza quanti sono gl'imprenditori interessati all'o-
pera, siano essi imprenditori agricoli, siano essi imprenditori di singole
opere idrauliche, edili, stradali, ecc. E codesti problemi di convenienza
rimangono anche se le opere, invece di essere compiute da singoli im
prenditori privati, sono eseguite direttamente dal consorzio, ente di
diritto pubblico : rimangono anche nel caso limite in cui il consorzio
compia interamente e direttamente t u t t e le opere di miglioramento fon-
diario, sostituendosi ai proprietari dei terreni consorziati.
Nei riguardi estimativi i quesiti che interessano maggiormeute il
perito possono classificarsi nei t r e gruppi seguenti :
LA STIMA DEI MIGLIOR AMENTI FONDIARI 143

a) giudizi di convenienza intorno ad un miglioramento fondiario


compiuto o da compiere;
V) stima dell'indennità spettante a chi ha eseguito un migliora-
mento su fondi altrui ;
c) ripartizione del costo dei miglioramenti interessanti più pro-
prietà.

a) G i u d i z i d i c o n ve>n i e n z a .

1. - I N C R E M E N T O DI B E N E F I C I O FONDIARIO

E I N C R E M E N T O DI V A L O R E F O N D I A R I O : LORO RELAZIONI

In tema di convenienza dei miglioramenti fondiari la questione, che


dal punto di vista della storia della dottrina ha carattere fondamentale,
si dibatte fra quegli autori che ritengono esatto il giudizio di convenienza
fondato sull'incremento di reddito fondiario e quelli che ritengono in-
vece doversi fondare sull'incremento di valore fondiario.
Altri non si pronunciano in maniera inequivocabile (1).
Le divergenze sorte nei riguardi del metodo da seguire dipendono
dai differenti scopi perseguiti e dalla convinzione che si_potesse formu-
lare una « teoria generale sulla convenienza dei miglioramenti fondia-
ri )> : teoria che non esiste, perchè, quando si tenta di formularla, si vede
che essa coincide con quella generalissima che insegna a stabilire un bi-
lancio t r a le entrate e le uscite.
Una prima impostazione si ha quando l'impresa che compie il mi-
glioramento fondiario è autonoma, cioè interamente distinta da quella
che esercita o eserciterà l'agricoltura nel podere migliorato. A rigore
però non occorre che in realtà sia veramente distinta : basta che colui
che si pone codesto problema, la possa e la voglia considerare tale.
Il bilancio che si deve impostare nel caso specifico è il più intuitivo :
per questo forse ad alcuni autori è apparso l'unico bilancio impostato in
maniera razionale.
La parte attiva è rappresentata dal valore del miglioramento com-
piuto, considerato come prodotto dell'impresa che ha fatto il migliora-
mento : prodotto misurato dall'incremento di valore fondiario realizza-
bile ad opera compiuta.

(>) Cfr. : in proposito, specialmente le opere del Borio, Bordiga, Fettarappa,


Niccoli. Tominasina. Per una esauriente documentazione bibliografica sull'argo-
mento, rimandiamo al Saggio bibliografico della letteratura italiana in tema di
estimo contenuto in appendice alle Lezioni d'estimo di ERNESTO MARENGHI, Milano,
1925, Ed. Politecnica.
Cfr. : M. TOFANI - Sulla natura economica del capitale fondiario e la valuta-
zione dei miglioramenti fondiari. Bollettino del R. Istituto Superiore Agrario di
Pisa. Voi. IX, 1933, Pisa.
144 PAlìTE SPECIALE

La parte passiva è rappresentata dal costo sostenuto, cioè dai cala-


tali e servigi impiegati nella produzione del miglioramento.
Quando colui c-lie compie il miglioramento considera il fondo come
un mezzo per impiegarvi determinati capitali in un dato modo e realiz-
zare, quindi, con la vendita del capitale fondiario così trasformato, un
dato incremento di valore, che sarebbe la parte attiva della trasforma
zione, il bilancio di convenienza è espresso dalla seguente equazione.

(l)

dove V, e V0 rappresentano i valori fondiari con e senza miglioramento


e K il costo sostenuto per eseguirlo : il tutto riferito allo stesso istante.
Se si indicano rispettivamente con Bft e con Bf„ i benefici fon-
diari del podere con e senza miglioramento e con K il costo dello stesso,
l'incremento di beneficio fondiario potrà essere maggiore, uguale o mi-
nore all'interesse del costo, cioè :
(2) B r, — B,

Le relazioni che intercorrono tra l'espressione (1) e la (2) si possono


facilmente precisare.
Nel caso in cui i due saggi di capitalizzazione (del bene fondiario
con e senza miglioramento) sono uguali, si verifica la seguente relazione
analitica :
B B
f. fo >K
r r <
e inoltre, quando il valore di mercato coincide con il valore ottenuto ca
pitalizzando i benefici fondiari (valore di capitalizzazione), si h a :
B D
f- f o - v' t ' n•

Se, invece, com'è assai più frequente, i saggi di capitalizzazione (del


fondo, con e senza il miglioramento) sono diversi, avendo i beni conside-
rati una diversa appetibilità economica, allora si avrà :

(o\ li J'L — V V
\à) ~Z — ( o
'2 '1
e ciò semprechè il valore di mercato coincida con quello di capitalizza
zione O).
In ogni caso le relazioni sono date dai saggi di capitalizzazione.

P) Intorno a questa condizione fondamentale e alla possibilità di verificarsi,


cfr. i capitoli della parte generale.
LA S T I M A DEI M I G L I O R A M E N T I FONDIARI 145

2. - Di A L C U N I CASI CONCRETI

Per formulare il giudizio di convenienza economica relativo ad un


miglioramento fondiario, occorre anzitutto fissare lo scopo per il quale
il miglioramento viene compiuto e quindi implicitamente stabilire la fi-
gura dell'imprenditore che intende compierlo. Come t u t t i i giudizi di
convenienza, esso ha carattere di previsione : quindi si basa su determi-
nati dati tecnici che, a giudizio dell'imprenditore, sono i più probabili e
ai quali questi attribuisce i prezzi scelti.
In rapporto agli scopi che si propone, colui che compie il migliora-
mento si hanno impostazioni diverse come dimostrano i casi seguenti :
1 ° C A S O . - Se il miglioramento fondiario è compiuto da un proprie-
tario che affitta il fondo e intende continuare ad affittarlo, la conve-
nienza verrà stabilita in base al probabile incremento di beneficio fon-
diario realizzabile; per questo imprenditore il fine non è quello di pro-
durre un miglioramento nel bene fondiario per poi destinarlo al mer-
cato, bensì quello di percepire un beneficio fondiario maggiore dell'at-
tuale. A tale scopo prevede di impiegare un capitale, dal quale richiede
un saggio che egli deliberatamente sceglie, ed esamina se esiste o meno
la convenienza alla trasformazione.
Invero per il proprietario che di consuetudine affitta il fondo e pre-
vede che continuerà ad affittarlo, il Calore fondiario esiste come una pos-
sibilità che si concreta solamente nell'istante della vendita; possibilità
che gli consentirà di stabilire in ogni istante qual'è l'investimento com-
parativamente più conveniente : cioè che gli permetterà di giudicare se
gli conviene o meno vendere il fondo per investire il denaro ricavato in
impieghi più remunerativi. Ma quando egli ha stabilito di compiere il
miglioramento con il sopra indicato proposito è implicito che ha già ri-
solto questo problema di scelta, perchè ha stabilito di non vendere il
fondo e di continuare ad affittarlo. E tale impostazione rimane anche nel
caso in cui, compiuto il miglioramento, egli decida di vendere il fondo,
perchè fu mosso a compiere l'opera da uno scopo diverso.
Il voler argomentare che anche in questo caso non è razionale con-
siderare l'incremento di beneficio fondiario perchè bisogna pensare di-
stinte le due imprese, quella che compie il miglioramento da quella agri
cola, è almeno fuori luogo. In questo caso all'impresa agricola viene
chiesto soltanto quale aumento nel prezzo d'uso del fondo sarà disposta
a pagare : notizia che può essere ricavata in via sintetica con la rileva-
zione sul mercato degli affitti ed in via analitica determinando il bene-
ficio fondiario attraverso i consueti bilanci.
Se poi l'impresa che ha la proprietà del fondo è completamente se-
parata da quella che compie le opere di miglioramento per commissione,
a questa si domanda soltanto la somma richiesta per eseguirle.

G. Medici - Lezioni di estimo. 10


156 PAlìTE SPECIALE

Si t r a t t a quindi di tre persone economiche distinte. li proprietario


fondiario, che sostiene il prezzo K pagato all'esecutore del migliora-
mento, percepisce il maggior beneficio fondiario corrispostogli dall' af-
fittuario, gestore dell'impresa agricola sul fondo migliorato.
Determinati i termini Bft e Bf0 e il costo K, stabilito il saggio d'im-
piego r che deve essere fissato dall'imprenditore (nel caso specifico : pro-
prietario fondiario), si risolve la seguente espressione:
B B K r
f ~ fo = -'
da cui :
(S / t -B f 0 ) - K . r = s.

Nel caso iu cui s sia una quantità positiva, il miglioramento non solo
compensa il proprietario con l'interesse da esso stabilito, ma mette in
valore una possibilità latente del fondo : s rappresenta, appunto, l'inte-
resse della somma di moneta attribuita a questa attitudine particolare
del fondo ad essere trasformato, che in valor capitale indicheremo con
S e chiameremo suscettività.
La suscettività può essere determinata in due modi diversi: un pri-
mo procedimento consiste nel capitalizzare s al saggio r ; un secondo me-
todo consiste invece nel togliere dal valore del fondo con il migliora-
mento il valore del fondo senza miglioramento e il costo di quest'ultimo.
In simboli i due metodi si possono cosi esprimere :

Sj coinciderà con S2 quando il valore di capitalizzazione si identifi-


cherà con il valore di mercato. I n f a t t i , sostituendo, si avrà :

-(4M-
B
f>
quando r2 = r1 = r,

dove
B B 8
fl~ fo
r r
I due metodi, quindi, portano ad uguali risultati quando divengono
uguali i saggi di capitalizzazione.
2 ° C A S O . - Meno semplice è il caso in cui il miglioramento fondiario
viene compiuto da un proprietario che è imprenditore dell'azienda agri-
cola e che si propone di continuare ad esercitare l'agricoltura anche dopo
che il miglioramento è stato compiuto.
LA STIMA DEI M I G L I O R A M E N T I FONDIARI 147

Escluso il confronto tra i valori fondiari, dato che per il proprie-


tario imprenditore la vendita del bene trasformato rappresenta una
possibilità ehe nel caso specifico non lo interessa, la parte attiva del
bilancio di convenienza va ricercata in un incremento di reddito. Pre-
cisamente si tratta di un incremento di reddito fondiario, risultante dal-
l'espressione Bf 1 : P, dove Bf indica il beneficio fondiario e P rappre-
senta il profitto o la perdita ; profitto e perdita che in condizioni di
equilibrio si annullano.
In realtà avverrà che, nel grande numero dei casi, il giudizio sarà
alimentato da motivi di natura assai più complessa, perchè spesso si ha
la fusione della persona del proprietario del fondo e del capitale di scorta
con l'imprenditore agrario e con l'imprenditore che compie il migliora-
mento.
Il proprietario dovrà necessariamente introdurre il concetto del
reddito netto, cioè della somma che egli come imprenditore concreto
percepisce per i capitali e servigi con i quali partecipa alla produzione,
di cui il reddito fondiario è una parte.
Ciò avverrà specialmente quando l'imprenditore, in seguito ai mi-
glioramento, potrà utilizzare compiutamente la sua opera direttiva ed
il capitale di scorta di cui dispone.
È noto che i prezzi elevatissimi pagati dai proprietari coltivatori di-
retti per piccole particelle di terreno non sono giustificati soltanto dalla
passione con la quale essi anelano alla proprietà terriera, ma trovano
uno dei loro principali fattori determinanti nell'incremento di reddito
netto che essi percepiranno quando sulla particella acquistata potranno
impiegarvi il lavoro che altrimenti non avrebbe potuto economicamente
esplicarsi.
È evidente che non si t r a t t a soltanto dell'impiego di capitali ma an-
che dell'acquisto di uno strumento di lavoro : i giudizi di convenienza
maturano quindi attraverso considerazioni non soltanto attinenti al sag-
gio d'interesse percepito dal capitale impiegato.
Del tutto analoga è la situazione del piccolo proprietario di fronte
all'esecuzione di un miglioramento fondiario, giacché questo non si esau-
risce in un impiego di capitale ma costituisce specialmente la creazione
di un mezzo per impiegare lavoro. I n f a t t i , quando i piccoli proprietari,
che non hanno terra sufficiente per assorbire il lavoro della famiglia,
decidono di impiantare un vigneto che essendo coltura più attiva (1) del
seminativo e del prato li farà diventare autonomi (2), non intessono cal-

ci Il grado di attività di una coltura è misurato dal numero di ore lavorative


impiegate per ettaro di superficie coltivata.
C) La piccola proprietà coltivatrice dicesi autonoma quando dà un reddito
sufficiente alla famiglia contadina, ed in generale, quindi, quando è capace di assor-
bire interamente la sua capacità lavorativa. Dicesi particellare nel caso contrario.
148 PAlìTE SPECIALE

coli di convenienza basati soltanto sull'impiego del capitale; essi colisi


dorano specialmente l'incremento di reddito netto che ricaveranno dal
podere quando potranno impiegarvi t u t t a la capacità lavorativa della
famiglia.
In questi casi, che nella realtà della vita economica sono assai fre-
quenti, i motivi determinanti i miglioramenti rimangono in parte na
scosti a coloro che si limitano a considerare soltanto l'investimento del
capitale e trascurano quei rapporti di complementarietà dai quali in so-
stanza dipende la convenienza del miglioramento.
3 ° C A S O . - Quando il migliora mento fondiario è compiuto da un affit-
tuario allora il giudizio di convenienza viene formulato specialmente su
la base dell'incremento di reddito netto che verrà percepito per il nu
mero di anni consentiti dalla durata del contratto d'affitto.
Si è detto specialmente e non esclusivamente sulla base dell'incre-
mento del reddito netto, perchè questo può contenere l'interesse del mag-
giore capitale di scorta e di anticipazione richiesto dal più intenso pro-
cesso produttivo determinato dal miglioramento e può anche contenere
il salario e lo stipendio relativi al maggior lavoro manuale e direttivo
fornito personalmente dall'imprenditore. Per procedere al calcolo biso-
gnerebbe quindi depurare l'incremento di reddito netto da questi even-
tuali maggiori interessi, stipendi e salari: depurazione che sarà arbi-
traria perchè di solito, in tali casi, stipendi, interessi e salari non hanno
forma ésplicita, per cui, caso per caso, l'imprenditore cioè l'affittuario
dovrà stabilirne la misura.
L'affittuario, stabilito da un lato l'incremento medio annuo del red-
dito netto (Irn), il numero degli anni per i quali lo può percepire («) e
il saggio d'interesse (r), stabilito dall'altro lato il costo del migliora-
mento {K), si deciderà per la esecuzione quando il capitale corrispon-
dente ad n incrementi sarà eguale o superiore al capitale (K), cioè:

» » \ ( i l r r <
Se poi l'affittuario, allo spirare del contratto, percepirà un compenso
C per i miglioramenti compiuti, allora, questo, scontato all'attualità
viene computato a diminuzione del costo :
(1 -+. r)n - 1 > 0
r (1 + < {T+Tj"" '
Forse non è inopportuno ricordare che l'incremento percepito dal-
l'affittuario, depurato degli eventuali maggiori interessi, stipendi, e sa-
lari, coincide con l'incremento di beneficio fondiario che percepirebbe il
proprietario qualora esercitasse l'agricoltura con gli stessi sistemi del
l'affittuario. E così, infatti, deve esssere perchè si t r a t t a di un capitale
investito nel fondo.
LA S T I M A DEI M I G L I O R A M E N T I FONDIARI 149

4 ° C A S O . - Quando il miglioramento è compiuto da un proprietario


fondiario il quale, terminata l'opera, intende esitare il bene fondiario
così trasformato, allora soltanto l'incremento di valore capitale sod-
disfa allo scopo ; è il caso di un imprenditore che si vale del bene fon-
diario senza miglioramento come di una materia prima per giungere al
prodotto trasformato, che è dato dal bene fondiario con il miglioramento.
Il caso, qualora si moltiplicassero le imprese di trasformazione, po-
trebbe in un prossimo avvenire acquistare particolare importanza. At-
tualmente però l'indicata impostazione, secondo la quale l'impresa che
compie il miglioramento è distinta da quella che esercita o eserciterà
l'agricoltura, non è feconda di molte applicazioni, perchè l'impresa che
compie il miglioramento di solito è congiunta economicamente a quella
di ordinaria gestione del fondo.
Nella risoluzione di questo problema la principale difficoltà risiede
nella determinazione dei due valori fondiari; tanto più che, nelle condi-
zioni economiche create dall'intervento di imprese eccezionali, quali sono
quelle di trasformazione fondiaria, il metodo per capitalizzare non sem-
pre è il più adatto a cogliere il valore di mercato dei beni fondiari.
Va, infine, rilevato come, in t u t t i i casi studiati, possa avvenire che
un'impresa compia le opere di miglioramento per commissione contro il
pagamento di un prezzo convenuto. In questi casi però l'imprenditore
considera semplicemente il problema della produzione del miglioramento
indipendentemente dall'esito economico che esso avrà nell'impresa agri-
cola a cui è destinato.

3. - CONSIDERAZIONI S U I CASI ESAMINATI

Ai casi indicati se ne potrebbero aggiungere altri, suggeriti dalle con-


dizioni economiche della nostra agricoltura, se non avessero importanza
limitata a ristretti territori e se la discussione compiuta per i casi più
frequenti non fosse sufficiente a chiarire ii metodo da seguire per l'im-
postazione di problemi analoghi.
L'esame compiuto consente di affermare che l'impostazione dei pro-
blemi di convenienza dei miglioramenti fondiari — come di qualsiasi
altro problema di convenienza — deve essere studiata in relazione ai
casi specifici che si presentano nella vita economica.
Così procedendo, molte discussioni, trascinate per anni nei t r a t t a t i
di estimo ed in studi speciali, prendono luce nuova ; lo studio della
realtà ed i più svariati tentativi compiuti dimostrano che non esiste la
teoria generale della convenienza dei miglioramenti fondiari o della con-
venienza ad introdurre macchine nell'azienda, agraria o a sostituire col-
tivazioni arboree con erbacee, per il semplice motivo che la teoria gene-
rale esiste già ed è quella secondo la quale il ricavato deve superare
od almeno eguagliare le spese.
150 l'ARTE S P E C I A L E

- C R I T E R I P E R LA D E T E R M I N A Z I O N E DELL'INCREMENTO

DI B E N E F I C I O FONDIARIO

A parte le considerazioni clie si possono fare intorno ai saggi di


capitalizzazione dei benefici fondiari dei poderi con e senza migliora
mento, a parte le digressioni sul saggio d'interesse del capitale im
piegato, dalle equazioni riportate appare subito che la risoluzione dei
problemi impostati richiede specialmente la determinazione dei benefici
fondiari dei poderi con e senza miglioramento.
I n f a t t i , anche nel caso in cui sia richiesta la determinazione dell'in-
cremento di valore capitale, questa può essere f a t t a per via analitica e
allora anche in questo caso bisogna stabilire i rispettivi benefici fondiari.
Ora, siccome, in t u t t i i casi considerati, si t r a t t a sempre di stabilire
un incremento di reddito o di valore capitale, è bene fare qualche osser-
vazione sui procedimenti che si possono seguire per determinare l'incre-
mento cercato.
Il metodo più generale — al quale si riconducono tutti gli altri —
per giungere all'incremento di beneficio fondiario o di valore fondiario,
si basa sulla comparazione t r a aziende che si trovano nelle stesse condi-
zioni di ambiente fisico ed economico sociale, astrazion f a t t a dalle varia-
zioni determinate da l miglioramento considerato ; cioè t r a aziende a scivi t -
te ed aziende irrigue, aziende con seminativi nudi e aziende con semina-
tivi arborati, ecc.
Talvolta però, seguendo in maniera ortodossa cotesto metodo, s'in-
contrano difficoltà pressoché insormontabili, le quali si possono evitare,
almeno in parte, con accorgimenti da scegliere caso per caso.
Un esempio ci è dato da quei territori dove il miglioramento da
compiere consiste semplicemente nel togliere un attrito opposto alla
produzione, per cui l'ordinamento produttivo continuerà con gli stesti
sistemi praticati prima dell'opera effettuata : nè occorrerà maggior copia
di capitali o di lavoro direttivo.
In molti di questi casi l'incremento di beneficio fondiario si può
assimilare a quello di produzione lorda vendibile, il quale si può più
facilmente e precisamente determinare attribuendo un dato prezzo alle
maggiori quantità di prodotto realizzato.
Il procedimento si dimostra più pratico e preciso di quello che
giunge all'incremento di beneficio fondiario attraverso la compilazione
di due bilanci riflettenti aziende con e senza miglioramento, perchè fre-
quentemente l'incremento potrebbe venire mascherato da differenze esi-
stenti nelle aziende comparate che sfuggono all'occhio del più acuto
osservatore. Così avviene, ad esempio, m quei territori dove si ha un
regime fondiario di alta intensità e dove l'opera di miglioramento con-
siste nel riordinamento generale dei coli, per cui il vantaggio conse
LA S T I M A DEI M I G L I O R A M E N T I FONDIARI 151

guito si (leve esclusiva mente alla rapida eliminazione delle acque sovrab-
bondanti e si realizza soltanto in quegli anni in cui le precipitazioni
superano una data altezza e hanno una data distribuzione.
Prima di chiudere queste considerazioni si vuole accennare ancora
alla distinzione fra i saggi di capitalizzazione e il saggio d'interesse
del capitale speso.
La distinzione t r a i saggi di capitalizzazione dei benefici fondiari
dei poderi con e senza miglioramento e il saggio d'interesse del capitale
speso, ha fondamento nella realtà perchè mentre i primi sono stabiliti
dalle condizioni del mercato dei beni fondiari, il secondo è un saggio che
viene attribuito dall'imprenditore alla somma spesa per operare la tra-
sformazione. Naturalmente, dopo che il capitale è investito, siccome si
incorpora fisicamente nel terreno, esisterà un solo saggio, quello del
capitale fondiario con il miglioramento. La distinzione è evidente in quei
casi in cui, per mettere in valore la latente suscettivi®, il proprietario
si provvede di denaro pagando un saggio di interesse maggiore di quello
percepito dai beni fondiari, ma dopo che l'investimento è compiuto cessa
d'esistere il capitale speso, esso si è trasfuso nel bene fondiario il quale,
assimilandolo, ha assunto una nuova fisionomia e quindi probabilmente
un nuovo saggio di capitalizzazione.
Comunque, l'esame delle formule riportate dimostra che caso per
caso interessano dati saggi : nella espressione (3) sono quelli di capita-
lizzazione, nella espressione (2) è quello d'interesse del capitale speso.

b) S t i m a d e l l ' i n d e n n i t à s p e t t a n t e a c h i h a eseguito
un m i g l i o r a m e n t o su f o n d i a l t r u i .

1 . - GENERALITÀ

Il conduttore di un fondo che ha eseguito dei miglioramenti su lo


stesso, previo accordo regolare con il proprietario, ha diritto a ricevere
l'indennità prevista dal contratto. I n questo caso il perito dovrà atte-
nersi alle disposizioni scritte e queste deve applicare, interpretandole con
oculatezza, in armonia allo spirito con il quale il patto f u stabilito.
Nel caso, assai frequente, in cui nessun accordo sia intervenuto, val-
gono le disposizioni del codice civile (art. 450), ancor oggi vigenti.
Trascuriamo di proposito le critiche alla legislazione vigente, per
la conoscenza delle quali rimandiamo ai corsi di economia e politica
agraria e agli studi speciali (1).

C1) La questione dell'indennizzo dei miglioramenti compiuti sui fondi affittati


ha un'ampia letteratura. Notevole è il disegno di legge presentato al Parlamento
e votato dalla Camera dei Deputati. Cfr. G . TASSINARI - Relazione al Disegno (li
Legge sulle migliorie nelle locazioni dei fondi rustici, in Problemi dell'Agricoltura
152 l'ARTE S P E C I A L E

I n t u t t i i casi in cui una persona lui fatto piantagioni, costruzioni,


o qualsiasi altra opera su terreno altrui, il proprietario del fondo ha
diritto o di ritenerle o di obbligare colui c.lie le lia f a t t e a levarle.
Se il proprietario del fondo domanda che sieno tolte le piantagioni
e costruzioni, ciò verrà eseguito a spese di colui che le ha fatte, senza
alcuna indennità a suo favore; questi potrà inoltre essere condannato
al risarcimento del danno che il proprietario del fondo avesse sofferto.
Se il proprietario preferisce conservare le piantagioni e costruzioni,
deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo della mano
d'opera, oppure l'aumento di valore recato al fondo. Così l ' a r t . 450 del
c. e. in materia di accessione.
È evidente che la stima dei miglioramenti ha luogo soltanto nel caso
in cui il proprietario preferisca ritenerli; nel qual caso, avendo questi
facoltà di pagare o la somma spesa o l'aumento di valore, ne viene che
l'indennità sarà sempre commisurata alla somma minore tra lo speso e
il migliorato, analogamente a quanto avviene nel caso in cui la devolu-
zione del fondo enfìteutico sia dovuta a colpa dell'enfiteuta (').
E siccome in ogni caso bisogna determinare la somma minore tra lo
speso — costo della miglioria — e il migliorato — incremento di valore
fondiario dovuto alla miglioria — è opportuno intrattenerci ad esami-
nare i procedimenti da seguire.

2. - Lo SPESO

Lo speso risulta dalla somma di tutte le spese sostenute dall'affit-


tuario per compiere il miglioramento, cioè salari, interessi, materie pri-
me, assicurazioni, ecc. Per determinarlo è da ritenere che il perito non
debba fare l'indagine storica volta ad accertare ciò che l'affittuario ha
realmente speso per eseguire la miglioria : lo speso deve essere determi-
nato in base a quello che un imprenditore di media capacità o ordinario
spenderebbe oggi per eseguire il miglioramento in esame: cioè in base
al costo di riproduzione dell'imprenditore ordinario.
In proposito osserva il Serpieri :
Ciò che il fittavolo abbia eventualmente speso in meno di questo
costo medio, per una sua speciale abilità, è evidente che deve andare a
tutto suo beneficio, come è chiaro che deve andare a tutto suo danno ciò
che, per sua inettitudine, egli abbia speso in pili di quanto in via ordì
naria potevasi.

Italiana. Roma, XI. — Cfr. : A. SERPIEBI - Osservazioni sulla determinazione del-


l'indennizzo per migliorie nei fondi rustici locati. Estratto da « Il Politecnico »,
finno 1902. Si veda Inoltre A. SERPIERI - Studi sui contratti agrari. Bologna, Zani-
chelli, 1921.
P) Cfr. : Le stime inerenti al diritto di enfiteusi, a pag. 195.
LA S T I M A DEI M I G L I O R A M E N T I FONDIARI 153

Nò basta. Il perito non deve prendere in considerazione quanto un


esecutore di ordinaria abilità avrebbe speso in passato per eseguire la
miglioria ; ma deve determinare quanto egli a quest'uopo avrebbe dovuto
spendere nell'epoca presente, affinchè nell'anno della liquidazione si ve-
rifichi quel dato aumento di valori. I n altri termini deve prendere a con-
siderare non il costo di produzione, ma il costo di riproduzione, cioè quel
tanto che in condizione ordinaria occorrerebbe per eseguire quelle mi-
gliorie.
3. IL MIGLIORATO

L'aumento di valore del fondo dovuto alla esecuzione della miglioria,


costituisce il cosi detto migliorato, per determinare il quale bisogna fare
la differenza tra il valore del fondo con il miglioramento e il valore del
fondo senza miglioramento nell'istante della stima. I n altre parole il
miglioramento si ricava ponendo a confronto il valore del fondo al mo-
mento della liquidazione dell'indennizzo nello stato in cui si trova con
il valore che esso avrebbe nello stesso istante qualora la miglioria non
fosse stata eseguita.
Anche su questo argomento il Serpieri ha fatto alcuni rilievi inter-
pretativi che giudichiamo utili riportare.
La differenza dei due valori determinati con gli ordinari processi dì
stima, sarà evidentemente dovuta alla miglioria eseguita e a null'altro
che ad essa.
Insistiamo su ciò perchè ci sembra che taluni autori abbiano intro-
dotto nel già complesso problema taluni elementi che valgono a vieppiù
complicarlo, e che le considerazioni fatte servono ad escludere. Così il
Valenti (1) nota che, a determinare equamente la misura dell'indennizzo
occorre considerare se nell'aumento di valore verificatosi nel fondo ab-
bia concorso un aumento dei prezzi delle derrate o un incremento ge-
nerale della rendita del suolo, nel qual caso quest'aumento di valore, in
quanto si riferisca alle indicate cause, spetterebbe di pieno diritto al
proprietario. L'osservazione è giusta senza dubbio : ma la supposizione
che nell'aumento di valore concorra un incremento della rendita dovuto
a cause estranee all'azienda vale solo quando noi determinassimo l'au-
mento del valore del fondo confrontando il valore che esso aveva prima
della miglioria e quello che esso ha attualmente, a miglioria eseguita. Or
non è questo che deve fare il perito. Esso deve considerare il fondo nel
medesimo tempo, cioè nel tempo della liquidazione dell'indenizzo, con-
frontando il valore che esso ha realmente nello stato in cui si trova, a
miglioria eseguita, con quello che esso, nella medesima epoca, avrebbe,
quando la miglioria non fosse stata eseguita. Solo questa differenza, cui

(') G. VALENTI - La ripartizione dell'utile nei miglioramenti fondiari. « Bollet-


tino della Società degli Agricoltori », anno 1898.
164l'ARTES P E C I A L E

11011 può evidentemente concorrere nessuna causa estrinseca alla miglio-


ria, può considerarsi come utile finale di essa. E perciò non concor
diamo neppure colla definizione che si dà generalmente dell'utile finale,
come differenza tra il valore della cosa migliorata e quella della cosa
stessa prima del miglioramento, poiché in tale differenza possono concor-
rere elementi affatto estranei all'esecuzione della miglioria,
La discussione giuridica da noi svolta nel capitolo su le stime ine-
renti al diritto su l'enfiteusi, in tema di devoluzione, ci dispensa da ul-
teriori considerazioni in proposito.

c) L a r i p a r t i z i o n e d e l c o s t o d e i m i g l i o r a m e n t i inte-
r e s s a n t i più p r o p r i e t à .

1. - I CRITERI INFORMATORI DELLA RIPARTIZIONE

Questo caso si presenta di solito quando si t r a t t a di ripartire gli


oneri di bonifica, pei quali il concetto giuridico dal quale muove la ri
partizione è quello di f a r concorrere il proprietario in proporzione al
beneficio ricevuto.
Superata la prima fase empirica e grossolana, durante la quale la
ripartizione degli oneri veniva f a t t a in base a criteri fisici — tra i quali
dominava quello della superficie, con evidente violazione delle disposi-
zioni della legge e con grave ingiustizia, — si è ora giunti in una se-
conda fase nella quale è ormai pacifico che, in termini generali, gli oneri
di bonifica debbano essere ripartiti in base all'incremento di beneficio
fondiario conseguito per opera del miglioramento compiuto.
All'obbiezione secondo la quale la ripartizione del costo delle opere
dovrebbe essere f a t t a in base all'incremento di valore fondiario, rispon-
dono le argomentazioni da noi svolte in merito ai giudizi di convenienza ;
esse dimostrano come, astrazion f a t t a dal caso di trasformazioni com-
piute col deliberato proposito di vendere il podere trasformato, in t u t t i
gli altri la convenienza — il beneficio conseguito, come dice la legge
si debba commisurare con un incremento di reddito. Vi sono sì dei casi
in cui si può avere un incremento di valor capitale senza avere un in-
cremento di reddito, perchè l'opera di bonifica non aumenta il reddito del
bene ma lo rende più appetito dal mercato e quindi determina una ridu-
zione del saggio, ma sono questi casi specialissimi ai quali non bisogna
por mente quando si studia il problema nei suoi aspetti più generali. Per
questo non si comprende perchè da taluni si insista su questo concetto
d'incremento di valore capitale, quando poi il canone di bonifica viene
ratizzato in 20 o -30 annualità, o in annualità perpetue, pagate anno
per anno con una parte del canone di affitto nel caso di affittanza e di
reddito netto nel caso di proprietà imprenditrice. Se poi si medita sul
f a t t o che l'incremento di valore capitale, tanto se è determinato capita-
LA S T I M A DEI M I G L I O R A M E N T I FONDIARI 155

lizzando i benefici fondiari, quanto se è determinato sinteticamente ba-


sandosi sulle vendite di terreni appartenenti alle singole classi d'incre-
mento, dipende esclusivamente dalle condizioni del mercato di un deter-
minato periodo, si comprende l'inopportunità di questo sistema cbe ri-
percuote sui canoni di bonifica, per tutto il ventennio o trentennio di
ratizzazione, le condizioni, magari eccezionali, di un dato periodo e tutte
le altre condizioni contingenti che influiscono sul valore dei fondi e che
non sempre hanno rapporto con l'opera di miglioramento compiuta.
A titolo di esemplificazione valga il seguente: lo stesso seminativo,
situato nella stessa località, avente le stesse caratteristiche intrinseche
ed estrinseche, ottiene in commercio valori unitari sensibilmente di-
versi, per il solo fatto che una parte è in piccoli lotti e l'altra parte è
compresa in una media o grande proprietà.
Casi di questo genere, evidentissimi, si rivelano specialmente in zone
che sono in corso di trasformazione, dove accanto alle piccolissime pro-
prietà dei coltivatori diretti si trovano terreni in condizioni del tutto
simili appartenenti a grandi e grandissime proprietà, le quali godono
nella stessa misura del miglioramento.
Il metodo che basa la ripartizione sull'incremento di beneficio fon-
diario e l'altro che la fonda sull'incremento di valor capitale hanno un
punto limite in comune in quei territori dove, all'atto della ripartizione,
i saggi di capitalizzazione dei beili fondiari con e senza miglioramento
sono gli stessi e non accusano variazioni da luogo a luogo ; in questo
caso i due metodi coincidono e quindi portano agli stessi risultati. In-
fatti, gli indici di ripartizione possono essere dati dall'incremento di
valore capitale :
rti ni r>n ftn on j>n
_ /I . fi fi . . f2 fi

oppure dall'incremento di beneficio fondiario :


Ri R'
13 • TI" f{" • • »« R»
"fi fi' " f2 fi fi fi'

È evidente che capitalizzare una serie di incrementi di beneficio fon-


diario con lo stesso saggio significa ottenere una serie di grandezze che
stanno nello stesso rapporto di quelle dalle quali hanno avuto origine.
Quindi la ripartizione rimane la stessa.
Qualora, invece, il comprensorio considerato avesse saggi di capita-
lizzazione nettamente diversi, per il concorso di cause indipendenti dal-
l'ammontare del beneficio fondiario, allora la ripartizione del costo della
trasformazione in base al valore fondiario porterebbe l'influenza di un
complesso di condizioni, spesso contingenti, in una ripartizione che, es-
sendo di lunga durata, consiglia la prudenza nella previsione ; tanto più
che nella grande generalità dei casi — ed è a questa che bisogna por
156 l'ARTE SPECIALE

mente — le proprietà non saranno vendute, per cui le variazioni appor-


tate dal saggio rimangono una mera possibilità.
Una distinzione clie può essere feconda di pratiche applicazioni nella
ripartizione del costo delle opere f r a le singole proprietà è la seguente:
spesso si considera il costo nella sua unità senza fare alcuna discrimina-
zione f r a spese generali e spese specifiche, spese d'impianto e d'esercizio,
ecc. : distinzione che ha la sua importanza specialmente laddove certe
spese giovano in modo diverso alle singole proprietà; infatti alcune pro-
prietà potrebbero realizzare lo stesso incremento con una spesa minore
dell'assegnata, mentre altre dovrebbero sostenerne una maggiore.

2 . - I L CASO D E I CONSORZI DI BONIFICA E DI I R R I G A Z I O N E

A questi concetti fondamentali sono ispirate le « Norme per il re-


parto dei contributi consortili nei comprensori di bonifica » pubblicate
dall'Associazione nazionale f r a i consorzi di bonifica ed irrigazione, e
dettate da una commissione di studiosi e di specialisti all'uopo costi-
tuita C1).
Le « Norme » ricordate, che hanno lo scopo di guidare le indagini
tecniche ed economiche che devono essere compiute affinchè il reparto
avvenga secondo lo spirito della legge, cioè secondo il beneficio conse-
guito, dànno utilissimi ragguagli, che è opportuno riferire.

3 . - ANALISI DELLE SPESE SOSTENUTE

La esecuzione delle opere di bonifica di competenza statale com-


porta :
a) spese di costituzione e funzionamento del Consorzio precedenti
all'inizio dell'esecuzione delle opere ;
h) spese di funzionamento del Consorzio durante l'esecuzione delle
opere ;
c) spese dirette di esecuzione delle opere.
Oltre a queste spese che, mediante operazioni finanziarie, vengono
generaimente ripartite in un onere annuo complessivo di interessi e am-
mortamento, si devono sostenere, dopo l'esecuzione delle opere, le spese
annue di esercizio, rappresentate da spese di amministrazione e sorve-
glianza tecnica dei lavori e da spese per la manutenzione, l'ammorta-
mento e il funzionamento dei manufatti e degli impianti.

(') Cfr. : Associazione Naz. f r a i Consorzi di bonifica e di irrigazione. Norme


per il reparto dei contributi consortili nei comprensori di bonifica. Roma, 1935. -
La Commissione, presieduta dal Sen. N. Prampolini, era composta dei I'roff. E. Azi-
monti, C. Grinovero, V. Ronchi, E. Lupetti, M. Tofani, C. Tommasina, e dall'ing.
C. Celentano Ungaro.
LA S T I M A D E I M I G L I O R A M E N T I FONDIARI 157

La ripartizione definitiva degli oneri complessivi si fa in ragione dei


benefici conseguiti per effetto della bonifica ; mentre, in via provvisoria,
la ripartizione può avvenire in base ad indici approssimativi e presun-
tivi del beneficio conseguibile.

4. - A N A L I S I DEL B E N E F I C I O C O N S E G U I T O E R I P A R T I Z I O N E D E L L E SPESE

Nei riguardi dei benefici apportati dalle opere di bonifica si consiglia


di distinguere :
a) un beneficio generale igienico sociale;
b) un beneficio economico particolare;
ai quali vanno singolarmente attribuite diverse quote delle singole
spese elencate in precedenza.
Quando non si t r a t t a di bonifiche il cui fine principale sia il risana-
mento igienico, al primo beneficio si attribuisce in genere una percen-
tuale relativamente bassa di spese ; per stabilire la quale ci si può ispi-
rare ad un confronto t r a il valore dei terreni bonificati con quello di
terreni aventi lo stesso reddito, ma situati fuori del comprensorio di bo-
nifica, e posti in condizioni igienico-sociali analoghe a quelle del com-
prensorio prima della bonifica.
L'incremento di valore dei terreni e dei fabbricati, "determinato in
base a criteri sintetici, rappresenta il beneficio generale igienico sociale,
in base al quale si può stabilire la -parte di spese equamente sopporta-
bile da esso. La ripartizione tra i singoli terreni e i singoli fabbricati va
f a t t a proporzionalmente ai rispettivi incrementi di valore; non è escluso
che pei terreni sia ammissibile anche una semplice ripartizione per su-
perficie.
La parte residua delle spese va attribuita al beneficio economico
particolare dei terreni e ripartita in base all'incremento dell'annuo red-
dito fondiario dominicale continuativo dei terreni, conseguente all'ese-
cuzione delle opere di bonifica, netto dalle quote e spese che i proprie-
tari debbono annualmente sostenere per le opere fondiarie di loro pri-
vata competenza.
Non è escluso però che, in casi particolari, si possa effettuare la ri-
partizione in base all'incremento di valore capitale al netto della quota
di costo delle opere.
Le opere pubbliche di bonifica, agli effetti del riparto di spese, dànno
in genere luogo a varie categorie economiche ciascuna delle quali è for-
mata da un complesso di opere caratterizzate da un beneficio economico
distintamente determinabile nei terreni interessati e cioè : a) opere di
prosciugamento ; b) opere di difesa idraulica ; c) opere di irrigazione ; d)
opere di provvista e distribuzione di acqua potabile ; e) strade ed altre
vie di comunicazione ; /) rimboschimenti ; g) cabine di trasformazione e
linee per la distribuzione dell'energia elettrica a scopi agricoli.
15S PARTE SPECIALE

Per ciascuna categoria economica di opere occorre individuare i ter-


reni del comprensorio che ne sono beneficati : a ciascuna corrisponderà
così un determinato gruppo di terreni. Naturalmente, un medesimo ter-
reno apparterrà a più di un gruppo, se è beneficato da più di una delle
categorie economiche di opere che furono distinte. F r a coteste categorie
verranno ripartite le spese imputate al beneficio economico particolare.
Col procedimento indicato, si arriva in conclusione a determinare il
contingente di spese proprio di ciascuna categoria economica di opere e
il corrispondente gruppo di terreni che ne è beneficato, f r a i quali detto
contingente di spese deve essere ripartito. Quando la categoria è una
sola, il contingente comprende tutte le spese nou imputate al beneficio
generale della bonifica.
Per i terreni beneficati da una determinata categoria economica di
opere, abitualmente si esegue la ripartizione del contingente adottando
il seguente sistema: si classificano i terreni in classi, in base ai carat-
teri che influiscono sulla misura del beneficio economico per ettaro, e a
ciascuna di esse si attribuisce una quota q2, q3... qn) del contingente
(Q) in base al globale incremento di beneficio fondiario del complesso di
terreni attribuito a ciascuna classe.
Allo scopo di rendere più chiaro il procedimento, riportiamo la se-
guente esposizione interpretativa che prendiamo dalla citate « norme ».
Il riparto del contingente Q di spese f r a le n classi, deve essere at-
tuato proporzionalmente al globale incremento di beneficio fondi;11 io
del complesso di terreni attribuito a ciascuna classe.
Così, se indichiamo rispettivamente con rl, r2... rn i suddetti in-
crementi globali per le singole n classi di primo ordine, e facciamo
R = r 1 + r 2 ... + r n , il contingente Q di spese andrà ripartito f r a le quote
ql} q2... qn come segue:

I valori ì\, r2... rn possono determinarsi moltiplicando le superficie


m e t t a r i - s i ; s2... sn-dei terreni attribuiti alle singole n classi per i
corrispondenti incrementi medi per ettaro — i 2 ... in— del beneficio fon-
diario (eventualmente, del valore capitale).
Ciascuno dei suddetti valori ilt i2... in si può determinare in base a
stima di un terreno scelto a rappresentare per ogni classe — nei riguardi
del beneficio economico tratto dalle opere considerate — il tipo medio,
o campione, dei terreni che le appartengono.
Non è necessario conoscere i valori it, i2... in nella loro misura as-
soluta : basta anche conoscere solo il loro rapporto, e cioè i corrispon
denti indici numerici, talché — assegnato l'indice 1 al valore il — si
possa assegnare, p. es., il proporzionale indice 1,5 al valore i 2 , l'indice
3 al valore in.
LA STIMA DEI MIGLIOR A M E N T I FONDIARI 159

Noti questi indici numerici del beneficio economico unitario di ogni


classe, è evidente che il reparto del contingente di spese Q fra le singole
quote q1, g,... qn può avvenire — facendo / S = s 1 + H • 1 , 5 + . . . +sn • 3 —
come segue :
0 Q 8
Q
'U = • *i > li - <l ' !>5 , qn = • sn . 3 .

Gli indici numerici del beneficio economico unitario delle singole


classi potranno anche essere riconosciuti, con sufficiente approssima-
zione, con criterio sintetico, anziché per stime analitiche.

5. - CASI SPECIFICI

Per l'applicazione dei procedimenti suindicati nei riguardi delle sin-


gole categorie di opere, le « Norme » ricordate suggeriscono alcune im-
portanti osservazioni che riportiamo quasi integralmente.
a) - Opere di prosciugamento.
La misura del beneficio economico, per questa categoria di opere, è
strettamente connessa con lo stato della coltura agraria in dipendenza
dell'umidità del terreno. L'altimetria potrà quindi rappresentare una
ottima e semplice base per la voluta classificazione dei "terreni.
A questo scopo dovrà essere considerato il franco effettivo dei ter-
reni sul pelo d'acqua di massima piena o di massimo invasamento nei
canali, in rapporto al grado di trasformazione agraria che ne consegue.
Per esempio, terreni originariamente allo stato di palude — ove
possa essere assicurato a t u t t i un franco tale da consentire la loro tra-
sformazione in seminativo arborato vitato — potranno essere t u t t i attri-
buiti, anche se essi si trovino a quota non identica, a una medesima clas-
se, in quanto potrà prevedersene poco diverso l'incremento di reddito
fondiario.
Se invece a un parte di detti terreni può essere assicurato un franco,
p. es., di cm. 80, tale da consentire la trasformazione in seminativo sem-
plice, e ad altra parte un franco, p. es. di m. 1,30, tale da consentire la
trasformazione in seminativo arborato vitato, essi dovranno essere di-
stinti in due classi differenti.
Nella classificazione si dovrà tener conto anche della qualità dei
terreni ; della entità e durata degli allagamenti, nei riguardi dei danni
agrari delle colture, ecc.
Per questa categoria di opere avverrà, più spesso che per altre, di
poter utilizzare i dati catastali.
b) - Opere idrauliche di difesa.
Per le opere idraulico-foresiali ed idraulico-agrarie che abbiano come
diretta conseguenza, più che la conservazione del terreno in montagna
160 l'ARTE S P E C I A L E

ed in collina, il regolare corso delle acque del piano, e per le opere di


difesa della pianura da inondazioni, con conseguente risanamento igie
nic-o, la maggior parte delle spese di bonifica va attribuita al beneficio
di carattere generale igienico-sociale.
Quanto al beneficio economico, quello rappresentato da una migliore
conservazione e stabilità del terreno (opere di sistemazione idraulico-
forestale o idraulico-agraria) darà luogo a una classificazione dei terreni
in ragione del diverso grado di resistenza di essi contro il degradamento
e la erosione. Il beneficio economico sarà spesso rappresentato, in que-
sto caso, meglio che dall'incremento di reddito fondiario, da quello del
valor capitale.
Per ie opere di. difesa delle colture contro inondazioni (opere idrau-
liche di difesa in pianura) la classificazione dei terreni potrà farsi in
ragione del diverso grado di danno subito dalle colture. 1 principali eie
menti da considerare saranno quindi l'altimetria dei terreni e la durata
e frequenza degli allagamenti tenuto conto, per questi ultimi, del mo-
mento in cui avvengono e del danno reale portato alle colture.
Da un accurato studio sulla frequenza, durata, ed epoca degli alla-
gamenti, si possouo desumere con sufficiente esattezza i mancati raccolti
in seguito alle inondazioni, e quindi valutare per le singole classi il be-
neficio economico conseguente alla eliminazione delle inondazioni stesse.
Per le opere idrauliche di 2 a , 3 a , 4a e 5a categoria ricadenti in com-
prensori di bonifica, è da ricordare che la legge relativa stabilisce che, esc
guita la classificazione dei terreni nei modi anzidetti, la quota di spesa
assegnata a ciascuna classe dovrà essere poi ripartita f r a i terreni della
medesima in ragione della imposta principale sui terreni e fabbricati (ar-
ticolo 18 legge 21 luglio 1904, n. 523, modificato dall'art. 22 della legge
13 luglio 1904, n. 523, modificato dall'art. 22 della legge 13 luglio 1911,
n. 744).

c) - Opere di irrigazione.

Per le opere di irrigazione, è necessario distinguere il costo di im-


pianto delle opere dalle loro spese di esercizio.
Per la ripartizione delle spese relative all'impianto i terreni an-
dranno classificati tenendo conto della loro qualità, in quanto determi-
nante un maggiore o minore beneficio dell'irrigazione, e inoltre delle re-
lative dotazioni di acqua. Potrà in questo caso offrire utili sussidi la
classificazione catastale.
Per la ripartizione delle spese di esercizio non occorre procedere
ad una classificazione dei terreni, perchè tali spese verranno ripartire,
anno per anno, in base ad utenza effettiva, adottando un prezzo dell'ac-
qua a metro cubo eguale per t u t t i gli utenti. Tuttavia — nei casi in cui
non tutta l'acqua viene venduta, come si verifica sovente nel primo pe-
LA STIMA DEI MIGLIOR AMENTI FONDIARI 161

riodo di avviamento all'irrigazione — anche le spese di esercizio si potran-


no ripartire secondo lo stesso criterio indicato per il costo d'impianto.

d) - Opere per provvista e distribuzione acqua potabile.

Anche in questo caso — e quando viene misurata l'acqua effettiva-


mente consumata — è opportuno distinguere costo di impianto e spese
di esercizio. Mentre le spese di esercizio possono senz'altro ripartirsi,
anno per anno, in base alla quantità di acqua effettivamente consumata,
per la ripartizione delle spese relative all'impianto si procederà invece
ad una classificazione dei terreni in base alla dotazione di acqua.

e) - Strade ed altre vie di comunicazione.

Il beneficio economico è risentito dai terreni che effettivamente si


servono della strada : può essere tuttavia che altri terreni ne traggano
qualche indiretto beneficio, nel qual caso è giusto attribuire anche a
questi una parte degli oneri.
La classificazione dei terreni beneficati sarà f a t t a fondamentalmente
in ragione delle loro accessibilità alla strada (distanza, natura e moda-
lità dell'accesso, ecc.).
Il beneficio economico sarà generalmente rappresentatò, meglio che
dall'incremento di reddito fondiario, da quello del valor capitale.

f) - Rimboschimenti.

In generale queste opere si eseguono non solo o non tanto pel bene-
ficio economico particolare dei terreni rimboschiti, quanto per vantaggi
d'ordine generale di tutto il comprensorio o di vaste zone di esso (regime
delle acque, difesa contro i venti, ecc.).
Perciò le spese relative, o gran parte di esse, sono da imputare al
beneficio generale igienico-sociale, e da ripartire come si è detto. Tut-
tavia, può conseguire a dette opere anche un beneficio economico parti-
colare dei terreni rimboschiti, che sarà meglio rappresentato, in gene-
rale, dall'incremento del loro valore capitale.

g) - Cabine di trasformazione e linee fisse o mobili di distribuzione della


energia elettrica per gli usi agricoli.

Prescindiamo qui dalla ripartizione delle spese per l'acquisto della


energia e del macchinario elettro-agricolo.
Limitandoci a considerare esclusivamente l'impianto delle cabine di
trasformazione e delle linee fisse o mobili di distribuzione, gli oneri re-
lativi al costo di esse ed al loro esercizio dovranno essere ripartiti f r a
quei terreni che utilizzano la energia, in proporzione alla potenza in-
stallata che li serve.

G. Medici - Lezioni di estimo. 11


162 l'ARTE S P E C I A L E

6 . - CONSIDERAZIONI GENERALI

Nella classificazione dei terreni per i contributi di bonifica, saranno


da tener presenti le seguenti norme di carattere generale :
а) il piano di classificazione deve venire studiato contemporanea-
mente al piano delle opere, in modo che il progetto esecutivo di ogni ca
tegoria di opere sia corredato del corrispondente piano di ripartizione
della spesa a carico dei proprietari ;
б) lo studio e l'attuazione pratica dei piani di classificazione do-
vrà avvenire con la collaborazione dell'agronomo, dell'ingegnere e di un
agricoltore che conosca il territorio, in quanto tale classificazione ri-
chiede conoscenze molteplici di ordine tecnico, economico e sociale.
CAPITOLO II.

STIMA D E I BOSCHI

1. - PREMESSA

Questo breve capitolo dedicato alla stima dei boschi non intende af-
fatto dare una compiuta trattazione delle valutazioni silvane. Ha sol-
tanto scopo informativo per coloro che, occupandosi di stime agrarie,
non debbono ignorare quel ramo importantissimo dell'estimo dedicato
alla stima dei boschi. Ma come l'estimo agrario presuppone la cono-
scenza dei problemi tecnici dell'agricoltura, cioè delle scienze agrarie,
altrimenti perderebbe la sua consistenza e non avrebbe materia da trat-
tare, così l'estimo forestale, per poter essere svolto in maniera soddi-
sfacente, presuppone la conoscenza della silvicoltura, della dendrome-
tria e dell'assestamento forestale.
Noi ci limiteremo a compendiare i problemi fondamentali di esti-
mo, rimandando a corsi speciali chi volesse approfondirsi in questo ge-
nere di stime.
2 . - I TRE Q U E S I T I DI STIMA

I problemi fondamentali posti dall'estimo forestale sono tre :


а) valutazione del capitale terra (V0), intendendo con l'Htiffel
per capitale terra o capitale fondo « tutto ciò che rimane nella foresta
dopo il taglio raso di t u t t i i legnami che vi esistevano prima » ;
б) valutazione del bosco, cioè del complesso risultante dal capi-
tale fondo e dal soprassuolo ;
c) valutazione del soprassuolo.
Queste valutazioni, come ogni altra, si devono fare secondo criteri
scelti in relazione allo scopo della stima. Criteri che nel caso specifico
sono sostanzialmente due : la capitalizzazione dei redditi e il prezzo di
mercato, poiché sono di solito esclusi i criteri del costo, del prezzo di
trasformazione e simili.
I forestali indicano col nome di valutazioni indirette quelle f a t t e
in base al primo criterio, e di valutazioni dirette quelle f a t t e in base
al secondo.
164 l'ARTE S P E C I A L E

а) La valutazione del capitale terra per capitalizzazione dei red


diti, si fa scontando all'attualità i redditi futuri, e cioè:
p
T 0==
(1 -+- r) n — 1 '
«

dove P risulta dalla somma all'anno n di t u t t i i prodotti S(p), dimi-


nuita della somma all'anno n di tutte le spese S(s), o e dove n rappre
senta il numero degli anni del periodo. I n f a t t i , il capitale terra è quel
capitale suscettibile di dare indefinitamente, ogni n anui, una somma
di redditi P, per cui il valore di capitalizzazione corrispondente sarà
espresso dalla formula riportata.
б) I l valore del bosco in un anno intermedio m qualsiasi del pe-
riodo di n anni può essere determinato capitalizzando il reddito perio
dico onde ottenere il capitale terra (V0) e aggiungendo a questo i red-
diti netti dall'anno m all'anno n, il tutto scontato all'anno m della
stima :
F 0 +- 2 ( P ) - 2(«)
y m VI
"• , I t-rj" 5

o) Il valore del sopra-suolo (T7, ) in un anno qualunque m si ot-


tiene facendo la differenza t r a il valore del bosco e il valore del capi-
tale terra e cioè :
v' s —
— v' m V 0 .

Per scopi speciali il valore del soprasuolo si può anche determinare


in base al costo, cioè in base alla somma delle spese sostenute dall'im-
prenditore dall'anno zero all'anno m della stima.
Queste sono le tre valutazioni che di solito ricorrono nelle stime
forestali. Se ora si ferma l'attenzione su le espressioni riportate e si
cerca di cogliere i punti fondamentali sui quali si basano i calcoli ne-
cessari per giungere alla valutazione, si nota che essi consistono spe-
cialmente nella determinazione :
— della massa legnosa ;
—• del prezzo di macchiatico.
I n f a t t i , il principale prodotto dei boschi è dato dalla massa legnosa
che dopo n anni si realizza, per valutare la quale occorre conoscere il
prezzo di macchiatico. E siccome è quasi esclusivamente dalla valuta-
zione della massa legnosa che dipendono le tre stime considerate, ne ri-
sulta che le due grandezze che la determinano sono quelle su cui si fon-
dano, in sostanza, t u t t e le stime forestali.
È in questi due punti che risiede la stima : fissate le indicate gran
dezze quasi tutto il resto rimane nel calcolo, perchè la scelta del saggio
S T I M A DEI B O S C H I 165

di capitalizzazione dei beni forestali, la cui influenza sul valore del ca-
pitale terra dati i cicli lunghissimi è notevolissima, rimane una mera
possibilità teorica.

3. - L\ D E T E R M I N A Z I O N E DELLA M A S S A LEGNOSA

La dendrometria si occupa dei procedimenti da seguire per deter-


minare la massa legnosa, ai quali si aggiungono anche quelli relativi
alla determinazione dell'età degli alberi e dei boschi e del loro incre-
mento.
Noi ci limiteremo a dare un cenno dei primi, che consistono nella
cubatura delle piante atterrate, degli alberi in piedi e nella cubatura
dei boschi.
La cubatura del legname atterrato si fa con i soliti procedimenti
approssimativi insegnati dal calcolo. Tra questi ricordiamo la formola
di Newton che si può utilmente applicare quando si t r a t t i di stabilire
il volume di un tronco a sezioni parallele conoscendone l'altezza h, le
aree di base estreme B e b e quella mediana p.

La formola di Newton dà dei valori tanto più -approssimativi


quanto più il tronco considerato è regolare ; ma siccome di solito gli
alberi non hanno una forma che si possa facilmente assimilare ai solidi
geometrici, ne viene che la cubatura sarà tanto più esatta quanto più
corti saranno i tronchi. Ecco perchè si consiglia di dividere idealmente
il tronco in tanti tronconi fittizi, per ognuno dei quali si possa ammet-
tere una forma regolare.
Formule di cubatura ridotte, usate in commercio, sono quelle del
quinto e del quarto senza deduzione, del quinto e del sesto con dedu-
zione; esse sono impiegate specialmente quando si desidera fare una
misura approssimata di piante squadrate grossolanamente.
Nel primo caso il volume si considera eguale al prodotto del dop-
pio dell'altezza totale della pianta per il quadrato del quinto della cir-
conferenza mediana. Nel secondo caso il volume si ottiene moltipli-
cando l'altezza per il quadrato del quarto della circonferenza mediana.
Nel terzo caso si moltiplica il quadrato della circonferenza per l'altezza
e si divide per 25. Infine, nel quarto, si moltiplica l'altezza per il qua-
drato dei 5/6 della circonferenza e si divide il tutto per 16.
Procedimenti empirici che, in dati casi e luoghi, hanno avuta larga
e utile applicazione.
Per la misura della circonferenza e dei diametri esistono appositi
strumenti : nastri, regoli speciali e il famoso cavalletto dendrometrico,
sorta di compasso che serve per la misura dei diametri e quindi delle
circonferenze.
166 l'ARTE S P E C I A L E

Per la cubatura degli alberi in piedi 1111 procedimento molto cono-


sciuto è quello che consiste nell'assimilare i fusti ai cosidetti prototipi
dendrometrici che sono: il cilindro, il paraboloide apollovico, il para-
boloide cubico, il cono e il neiloide. Il volume di t u t t i questi solidi va
riferito a quello del cilindro e si ottiene moltiplicando il volume del
cilindro avente base e altezza eguale a quelle dei solidi predetti, per il
rispettivo numero formale, e cioè per 0,60 ; 0,50 ; 0,33 ; 0,25.
È noto che le piante cresciute insieme in un bosco abbastanza re-
golare, tendono ad assumere una forma geometrica che, in via di ap-
prossimazione, si può ricondurre ad un solido generato dalla rotazione
di una parabola avente per asse di simmetria l'asse dell'albero, e per
punto di origine la sommità dell'albero stesso.
La formula generale di cubatura dei paraboloidi di rivoluzione è
data dalla seguente espressione :

dove V indica il volume e x ed y sono le coordinate cartesiane della


parabola che genera il paraboloide considerato, quando l'asse di sim
metria coincide con l'asse della x e l'origine degli assi coincide con il
vertice della parabola.
I paraboloidi sopra ricordati non sono altro che casi particolari di
questo generale che t u t t i li comprende.
Per riconoscere se una pianta si può o meno assimilare ad uno
dei ricordati tipi dendrometrici si misura l'altezza B dell'albero, il
diametro del fusto (D) a m. 1,50 dal suolo, il diametro (ci) all'altezza
h, compresa tra 1,50 e E e si calcola il rapporto ''n ; se questo è uguale
ad 1 si t r a t t a evidentemente di un cilindro ; se questo rapporto è uguale
al numero che si ottiene sostituendo nella seguente espressione :
B—h
H - 1,50

i rispettivi valori, si t r a t t a di un cono ; se è uguale alla radice cubica


dello stesso numero si t r a t t a di un paraboloide cubico, se è uguale alla
radice quadrata si t r a t t a di una paraboloide apollonico, se, infine, è
uguale alla radice quadrata del cubo si t r a t t a di un neiloide.
Nel caso generale, molto frequente, in cui — non coincida con nes-
suno dei valori ricordati, ma sia compreso tra due di questi, allora si
assimilerà al tipo più vicino, salvo a calcolare per interpolazione il
numero formale da adottare ; poiché in sostanza questo procedimento
deve condurre alla scelta del numero formale da moltiplicare per il
volume del cilindro n
S T I M A DEI B O S C H I 167

Stabilito a quale dei due tipi dendrometrici si avvicina il tronco


considerato, il numero formale si determina con criteri di proporzio-
nalità ; cioè si ammette che a variazioni eguali del rapporto f r a i dia-
metri corrispondano variazioni eguali nei numeri formali.
Un esempio può chiarire meglio il procedimento da seguire.
Si debba determinare il volume di un tronco la cui altezza (E) sia
di m. 9, il cui diametro (D) a 1,50 di altezza sia di cm. 0,50, e a 4
metri (h) sia di cm. 0,35 (d).
In questo caso si ha :
—- — — — 0,70
D 0,50

e sostituendo ad E e h i rispettivi valori si ottengono rispettivamente :


0,88 per il paraboloide cubico, 0,82 per il paraboloide apollonico, 0,66
per il cono, 0,54 per il neiloide. I n f a t t i :
E —h 9 — 1
B - 1,50 = 9 - 1750 F ' '

La radice cubica di 0,66 è uguale a 0,88 ; la radice quadrata a 0,82 ;


e, infine, la radice quadrata del cubo a 0,54.
Il tronco considerato ha quindi una forma assai vicina al cono
poiché il rapporto t r a i due diametri è 0,70 e nel caso in cui fosse un
cono perfetto sarebbe di 0,66. Nel caso in cui il tronco avesse un rap-
porto t r a i diametri di 0,66 il numero formale da, adottare sarebbe 0,33,
e quindi, per conoscere il volume cercato, basterebbe moltiplicare per
0,33 il volume del cilindro avente base e altezza eguale a quella del
tronco. Nel nostro caso invece il rapporto f r a i diametri — 0,70 —
è compreso f r a 0,66 e 0,82 : ciò significa che il tronco è un solido di
forma intermedia f r a il cono e il paraboloide apollonico : il numero for-
male si otterrà quindi dalla seguente proporzione :
0,66 ; 0,33 = 0,70 ; X ,

__ 0,33X0,70
I 0,35 .
0,66

È evidente che questi criteri di adattamento sono grossolani, ma


bastano a dare l'approssimazione che si intende raggiungere.
Conosciuto il numero formale si calcola rapidamente il volume,
e cioè :
V — n . 0 , 2 5 ! . 9 . 0,35 = 0 , 6 1 8 ME .

I procedimenti indicati, che danno con sufficiente approssimazione


il volume dei tronchi, non si possono applicare per trovare il volume
della ramata ; perciò si è tentato di stabilire il rapporto più frequente
t r a il volume dei tronchi e quello della ramata e si sono compilate
168 l'ARTE S P E C I A L E

tavole apposite, che si rivelano molto preziose quando sono il risultato


di un'osservazione statistica diligente ed estesa a un gran numero di
piante della stessa specie, cresciute in condizioni simili.
Per la misura della massa legnosa dei boschi esistono diversi pro-
cedimenti.
Uno dei più rozzi è quello per stima oculare, la cui precisione di-
pende dalla perizia dello stimatore, la quale peraltro può essere note-
vole. Questo metodo può essere seguito soltanto da coloro che hanno
una lunga consuetudine con questo genere di stima e che praticano la
loro professione in un limitato territorio, del quale conoscono profon-
damente la massa legnosa dei boschi per avere compiute innumerevoli
valutazioni.
La valutazione della massa legnosa si può fare anche con le tavole
alsometriche, le quali danno la massa legnosa di un bosco in relazione
alla fertilità del terreno, all'età del bosco e all'essenza forestale.
Un procedimento molto seguito, specialmente nei boschi cedui, è
quello per aree d'assaggio. I n questo caso la massa legnosa si deter-
mina supponendo che su t u t t a la superficie del bosco vi sia la stessa
densità di massa legnosa rilevata in una parte di esso. La condizione
fondamentale che si deve verificare affinchè questo metodo dia buoni
risultati è che l'area di assaggio rappresenti le condizioni medie; quindi
la scelta delle aree d'assaggio ha una grande importanza ed essa può
essere compiuta soltanto dopo avere f a t t a una minuta ricognizione
nel bosco.
Le forme più seguite sono quelle a striscia e quelle circolari : la
prima è impiegata specialmente laddove, ad esempio, il bosco, pur aven
do uno sviluppo eterogeneo, mantiene una certa omogeneità lungo le
curve di livello, per cui è d'uopo avere rappresentate nell'area tutte
le altimetrie.
Ricordiamo, infine, il sistema di cubatura con gli alberi modello ;
cioè con alberi che per dimensione, forme e volume dovrebbero rappre-
sentare la media di tutte le piante del bosco o delle piante di ciascun
gruppo nei quali esse sono state divise. Scelti e cubati gli alberi mo-
dello con i procedimenti indicati, si procede alla valutazione della mas
sa legnosa del bosco moltiplicando il volume di ogni singolo albero mo-
dello per il numero di alberi compresi nel gruppo che rappresenta : nel
caso in cui siano stati scelti più alberi modello per uno stesso gruppo
allora si fa la media e questa si estende a t u t t i gli alberi considerati.
S T I M A DEI BOSCHI 169

4. - P R E Z Z O DI MACCHIATICO

Mentre la determinazione della massa legnosa consiste in una mi-


sura il cui grado di approssimazione può essere grande a piacere, la
determinazione del prezzo di macchiatico consiste in una previsione il
cui grado di approssimazione ha dei limiti posti dalla sua stessa na-
tura. Infatti, l'una consiste nella misura di una grandezza fisica, l'al-
tra nella previsione di una grandezza economica. Inoltre, mentre la
determinazione della massa legnosa può trovare qualche motivo di
compensazione nella mole delle operazioni che essa richiede, la deter-
minazione del prezzo di macchiatico si fa per unità, motivo per cui
un piccolo errore unitario ingigantisce quando si valuta t u t t a la massa
legnosa.
Malgrado la sua grande importanza, il metodo da seguire per
determinare il prezzo di macchiatico, l'esame delle difficoltà che si
incontrano, degli accorgimenti cui si può ricorrere per avvicinarsi il
più possibile al valore di mercato delle piante in piedi, sono stati spesso
trascurati dai t r a t t a t i s t i di estimo. Il primo che ne ha esaurientemente
t r a t t a t o è stato il Serpieri, nel « Metodo di stima dei beni fondiari », il
quale ha chiarito anche la natura economica di questo particolare prezzo
di trasformazione. In seguito il Tassinari iniziò la prima serie sistema-
tica di ricerche intorno al prezzo di macchiatico dei boschi della montagna
Lombarda, Veneta e dell'Appennino Toscano, che vennero pubblicate nei
volumi V e VI degli « Annali del E. Istituto Forestale Nazionale » ; ana-
loghe ricerche furono continuate dallo stesso Tassinari e dal Perini per
l'Italia Settentrionale e dal Carloni per l ' I t a l i a Centrale (x).
È noto che il prezzo di macchiatico è uno degli infiniti prezzi di
trasformazione e che, come tale, si ottiene sottraendo dal valore dei
prodotti trasformati (valore degli assortimenti mercantili posti sul
mercato) le spese occorse per la trasformazione dei prodotti greggi (ta-
glio e allestimento, esbosco, carico trasporto e scarico, assicurazioni,
interessi, direzione).
Un esempio può chiarire in maniera esauriente il procedimento da
seguire per determinare codesto particolare prezzo di trasformazione.
Supponiamo di dover stabilire il prezzo di macchiatico di un quin-
tale di legna da ardere, da ottenersi da un bosco di una data essenza,
avente una sua ubicazione, ecc.

(') Cfr. : Istituto di Economia e Statistica agraria - Prezzi e costi di prima


lavorazione delle piante nei boschi italiani (prezzi di macchiatico), voi. I : Le Alpi
e l'Appennino Ligure, a cura del Prof. G . TASSINARI, Firenze, Ricci, 1 9 2 7 .
Istituto Nazionale di Economia Agraria: P. CARLONI - Prezzi e costi di prima
lavorazione delle piante nei boschi italiani (prezzi di macchiatico), voi. II: L'Italia
Centrale. Roma, Treves dell'A. L. I.. 1930.
ITO PARTE SPECIALE

PRODOTTI TRASFORMATI

1) qle di legna da ardere non stagionata . . L. 10,00

SPESE OCCORSE ALLA TRASFORMAZIONE

1) Taglio e allestimento r, 1,40

2) Esbosco 0,70

3) Carico, trasporto, scarico 2,60

4 ) Assicurazioni 0,15

5) Interessi . . . 0,40

6) Direzione, sorveglianza, amministrazione . . » 0,25

V Varie 0,15

L. 5,(55

PREZZO DI MACCHIATICO: L . 1 0 , 0 0 — 5 , 6 5 Z= L . 4,'.\5.

Questo calcolo a volte può essere impostato allo scopo dì scegliere


la trasformazione più conveniente, cioè allo scopo di stabilire quali
sono gli assortimenti — assortimenti ottimi — che rendono più alto
il prezzo di macchiatico ; a volte, invece, serve a determinare il prò
baiale prezzo di mercato delle piante in piedi.
Quest'ultima nozione è quella a cui si deve più frequentemente
ricorrere nella stima dei boschi. Ma perchè il prezzo di macchiatico sia
mondo da perdite o profitti è necessario che il profìtto o la perdita
tendano ad annullarsi ; cioè che ci si trovi a considerare « imprese di
utilizzazione boschiva marginali, in condizioni di libera concorrenza,
nelle quali l'imprenditore, valendosi di una comune abilità di dire-
zione e di organizzazione, ed adottando metodi di utilizzazione locali e
consuetudinari, e giovandosi di prezzi e mercati normali, sostiene costi
di produzione che uguagliano nel valore i prezzi di vendita dei pro-
dotti, risultando così nullo il profitto dell'impresa. Il che vuol dire
che il prezzo di macchiatico rappresenta il prezzo di vendita delle
piante in piedi, mature per il taglio, in condizioni di attiva concor
renza e di equilibrio del mercato » (1).
Queste condizioni sono state riscontrate dal Carloni in una sua
indagine sui prezzi di macchiatico dei boschi dell'Italia Centrale (2) ;
però è da ritenere che molto raramente si troveranno tutte verificate,
come dimostra la seguente pagina che riportiamo dal Serpieri (3).

( ' ) C f r . : P . CARLONI - Op. cit., p a g . 3.


(2) Cfr.: P . CARLONI - Ibidem.
( s ) Cfr. A . SERPIERI - Il metodo di stima, ecc., pag. 175.
S T I M A DEI B O S C H I 171

« Raramente si verifica, in questo genere d'imprese, un'attiva con-


correnza : spesso, anzi, nelle nostre vallate montane sono pochi uomini
del luogo — quasi sempre gli stessi, e d'accordo nel suddividere fra
loro il lavoro disponibile — che si dedicano a questo genere di imprese.
Non sempre, inoltre, sarà bene precisabile quel metodo tecnico ordina-
rio di lavorazione, in base al quale debbono riconoscersi prodotti e
spese. Ma purtroppo va fermata l'attenzione sulla frequentissima as-
senza di un'altra condizione, praticamente importantissima, che cioè
il valore ricercato (prezzo di macchiatico) sia grande relativamente alle
spese di lavorazione. Allora gli errori commessi nella determinazione
di queste spese e del valore degli assortimenti mercantili, peserebbero
poco sul ricercato prezzo di macchiatico.
« Nei nostri boschi di montagna, invece, si verifica quasi sempre
la condizione contraria : alte spese di lavorazione, piccolo prezzo di
macchiatico. E allora un piccolo errore commesso nella determinazione
di quelle, o del prezzo degli assortimenti mercantili, determina un for-
tissimo errore nel prezzo di macchiatico.
« Per es. nelle nostre abetaie alpine è frequente trovare prezzi di
macchiatico intorno a 8 lire per m3 di massa greggia, contro una som-
ma di passività intorno a lire 16, fermandosi alla produzione dei tron-
chi posti alle segherie, e senza considerare le spese successive di sega-
gione. Un errore del 10 % nella determinazione di quelle passività,
diventa già un errore del 20 % suL prezzo di macchiatico : un errore
del 10 % nel prezzo dei tronchi tondi diventa già un errore del 30 %
sul prezzo di macchiatico.
« In queste condizioni non sarà mai troppa la prudenza nell'in-
terpretare i risultati dei conteggi in questione. E poiché l'incertezza di
essi si ripercuote sui risultati delle formule di capitalizzazione dei red-
diti forestali, si concluderà anche per una grande discrezione e larghez-
za nell'interpretare i risultati delle formule stesse. E si riconoscerà
infine, che, in questa materia, di fronte a tali insormontabili difficoltà,
è abbastanza vano il volere spingere a grande raffinatezza, sotto altri
aspetti, il procedimento tecnico di stima o ben anche quello dendrome-
trico, di determinazione delle masse ».
Infine, osserviamo che non sempre il prezzo che l'imprenditore paga
per i materiali e servigi occorrenti per la trasformazione hanno forma
esplicita. Cosi vi sono gli interessi dei capitali impiegati, le spese di
direzione e assicurazione, che devono essere determinate seguendo pro-
cedimenti di stima spesso arbitrari.
Si può quindi giustificare lo scetticismo di coloro che si domandano
quale fondamento possa avere la ricerca del valore di mercato del capi-
tale terra quando il risultato di tale ricerca dipende dal verificarsi del-
l'equazione del tornaconto, e dal prezzo attribuito a beni che saranno
realizzabili tra 50, 60 e magari 80 a n n i ; nè si può sempre dare torto a
172 l'ARTE S P E C I A L E

coloro clie considerano con uguale scetticismo la stima del capitale bo


sco, quando la determinazione del suo valore di mercato si fonda su gli
stessi criteri.
Per tutto ciò è da ritenere che se la conoscenza dei metodi razionali
riesce di indubbio giovamento perchè insegna comodi schemi, che al
meno realizzano una economia del pensiero, però nelle stime forestali i
procedimenti di grande approssimazione sono quelli che sono larga-
mente e anche legittimamente applicati.

5. - LA STIMA SINTETICA DEI BOSCHI

I procedimenti di larga approssimazione sopra accennati sono di


solito raccolti sotto la determinazione di metodi sintetici (o diretti) di
stima forestale.
La determinazione del valore di mercato del capitale terra si fa
adottando i prezzi locali di mercato pagati per terreni liberi da piante
legnose e pronti a continuare nella produzione silvana ; ma siccome
« capitali terra » nel senso sopradefinito è rarissimo che vengano ven-
duti, allora, mancando per essi un valore di mercato, si consiglia di
adottare i « prezzi locali di vendita per terreni presentanti le stesse
condizioni di produttività, o offrenti, come dicono gli stimatori, uguale
somma di utilità e comodi » (x). E si aggiunge che i prezzi correnti delle
terre d'infima qualità di solito sono superiori a quelli da attribuire al
capitale terra, perchè la coltivazione agricola, per quanto povera essa sia,,
in genere rende di più della forestale. Per cui di solito si prendono
come termini di paragone i terreni abbandonati dall'agricoltura e dalla
pastorizia; ma così procedendo però, nota il Manvilli, si incorre nel-
l'errore di riferirsi a valori di solito troppo bassi per fondi boschivi già
migliorati dalla cultura forestale : errore in difetto, che di fatto poi è
trascurabile quando si deve stimare il bosco dato che il capitale terra
rappresenta una minima parte del valore totale del bosco, che com-
prende una cospicua massa legnosa da valutarsi a parte. Considerazione
di carattere empirico, ma che, appunto perchè f r u t t o di osservazione
pratica, acquista peso notevole nell'applicazione di metodi approssi-
mati : infatti, sono rarissimi i casi in cui si domanda il valore del ca-
pitale terra, mentre sono frequenti quelli in cui si chiede il valore del
bosco, cioè del suolo e soprasuolo insieme.
In questo caso, quando il bosco è vicino alla maturità, in primo
luogo bisogna determinare la massa legnosa con i procedimenti inse-
gnati dalla dendrometria. Conosciuta la massa, distinta per assorti

(') Cfr. : V. M A N V I L L I - Manuale di Estimo Forestale e di dendrometria. To-


rino, Lattea, 1914.
S T I M A DEI B O S C H I 173

mento mercantile, si procede alla determinazione dei prezzi di mac-


chiatico, onde ottenere il probabile valore di mercato del capitale so-
prassuolo. Aggiungendo a questo il valore del capitale terra, stimato
con il procedimento indicato, si ottiene il probabile valore di mercato
del bosco maturo o prossimo alla maturità.
Quando il bosco è immaturo e non presenta alcuna parte utilizza-
bile, allora si può seguire i.1 criterio del costo, oppure quello della ca-
pitalizzazione dei redditi, a seconda degli scopi per i quali la stima
viene compiuta.
m
CAPITOLO III.

LA STIMA D E I PASCOLI

1. - L'IMPRESA ARMENTIZIA

Nel nostro Paese la pastorizia, cioè l'utilizzazione diretta delle erbe


spontanee con il pascolo degli animali, è praticata sia come forma au-
siliaria dell'agricoltura sia come mezzo principale di utilizzazione di
quei terreni che per cause naturali (giacitura, natura del terreno, re-
gime idraulico, condizioni climatiche, ecc.) o per cause economico-so-
ciali (densità di popolazione, regime fondiario, sicurezza ed igiene pub-
blica, viabilità, ecc.), non si sono ancora potuti coltivare.
A seconda della n a t u r a dei pascoli, del regime fondiario e dell'or-
dinamento economico della produzione, si riscontrano svariate forme di
utilizzazione delle pasture, mediante razze e varietà diverse di bestia-
me, appartenenti ad aziende il cui difforme ordinamento è dovuto alle
finalità economiche dell'imprenditore. Così nel nostro Paese si riscon-
trano pascoli destinati agli ovini, ai bovini, agli equini e anche ai ca-
prini. Ne si può dimenticare che in qualche zona (piana di Salerno)
i terreni vengono pascolati dai bufali.
L'allevamento assume aspetti completamente diversi secondo che
esso è stazionario o transumante.
L'allevamento transumante si pratica nella cerchia alpina per le
mandrie dei bergamini o malghesi della Lombardia e per quelle dei mar-
gàri del Piemonte, e conserva t u t t a la sua importanza, nell'Appennino
Centro-Meridionale, sopratutto per le greggi che dai monti dell'Abruz-
zo, delle Marche e dell'Umbria, scendono nelle Puglie e nell'Agro Ro-
mano. Sono proprio questi allevamenti che si organizzano nelle più co-
nosciute e caratteristiche forane di imprese armentizie, mentre gli alle-
vamenti stabili raramente possono essere considerati imprese a sè stanti,
perchè costituiscono sovente solo una parte dell'attività di una azienda
agraria.
Quando la pastorizia è esercitata congiuntamente all'agricoltura,
in una stessa azienda, come avviene in molti poderi dell'Umbria, della
Toscana, del Piemonte, la stima del pascoli ha caratteri particolari ; ad
esse accenneremo brevemente in seguito.
176 l'ARTE S P E C I A L E

2. - I PASCOLI ALPINI

I sistemi di godimento dei pascoli alpini sono in stretta correla


zione col tipo di proprietà. Le alpi comunali solitamente vengono affit
tate ai malghesi, oppure ai caricatori d'alpe, talvolta ai comunisti, i
quali, in molte vallate alpine, usano il pascolo estivo contro la correspon
sione di una data quota pagata direttamente al comune, per ogni capo.
Al contrario, le alpi di proprietà privata, e tra queste specialmente
quelle appartenenti ad un grande numero di proprietari, sono godute
direttamente dai comproprietari. Avviene però con certa frequenza,
specie nelle Valli Bergamasche, che su di una stessa alpe vi sia conterà
poraneamente l'affitto e il godimento diretto da parte dei proprietari.
Nei pascoli alpini di proprietà comunale accanto all'affitto si trova ta-
lora il godimento diretto dei comunisti. Lo studio delle singole valli ri
vela però diversità assai istruttive.
Nella montagna Bresciana accanto all'affitto, al diretto uso dei
proprietari o dei comunisti, si trova anche una forma di godimento
tutto speciale. Il comune, anziché dare in affitto la propria alpe ad un
affittuario che provvede direttamente a caricarla, prende la diretta am-
ministrazione, cioè gestisce l'alpe come se fosse un privato.
Nelle Valli Bergamasche, nella Valsassina e nelle Valli Bresciane,
vige ancor oggi l'affitto al maWhese o bergamino, tipo di affittuario im-
prenditore di origine montanara, che sverna nelle stalle della Bassa
Lombardia irrigua e si reca sulle alpi durante l'estate. Questi malghesi,
chiamati anche bergamini, perchè spesso di origine bergamasca, man
cano totalmente o quasi nella Valtellina, nelle Valli del Lario occiden-
tale, nella Val Oamonica ; in generale essi si trovano soltanto nelle zone
dove la quantità di bestiame locale non esaurisce il pascolo alpino.
Nelle valli più basse, a minore pendenza, meno incassate, a largo re
spiro, dove la produzione del foraggio è più che sufficiente ad alimen
tare tutto il bestiame locale, i bergamini sono assai frequenti. Così ac-
cade nella Valsassina, nella Val Brembana e nella Val Seriana, come
pure nella Bassa Val Oamonica, in Val Trompia e in Val Sabbia.
Le condizioni economiche del bergamino in questi ultimi anni sono
andate gradualmente peggiorando, tanto che si può rilevare una continua
rarefazione di questa categoria, la quale ha recato, e reca, sensibile van
faggio non solo all'economia montana, ma anche a quelle aziende dove
i bergamini costumavano svernare, perchè di fatto pagavano il foraggio
ad un prezzo sempre superiore a quello che poteva essere realizzato dal
l'imprenditore attraverso la diretta gestione dell'industria zootecnica.
E il malghese. soltanto in grazia di sforzi tenaci e privazioni di ogni
genere, riusciva a chiudere un bilancio il cui punto debole appariva su
bito nel prezzo pagato per il fieno, che sempre superava il prezzo di
LA STIMA DEI PASCOLI 177

trasformazione. Ma a determinare la graduale diminuzione dei mal-


ghesi ha anche concorso il rincrudire di epizozie e l'accentuarsi della
generale depressione economica (1).
Per queste considerazioni Jacini, sin dalla metà del secolo scorso,
affermava che : « il mestiere del mandriano nel modo in cui s'in-
tende oggidì ha contati i suoi giorni e le valli dovranno offrire i mezzi
per fare svernare le mandre e ciò con miglior prospettiva per l'avve-
nire dell'allevamento ». Le previsioni del Jacini si sono lentamente av-
verate poiché, come rilevava anche il Serpieri nel 1907, in forza della
lenta, ma continua evoluzione che subisce questa categoria, i bergamini
o si fissano nella pianura diventando dei fittavoli oppure si stabiliscono
nella montagna acquistando o affittando dei prati agli sbocchi delle
valli apine.
Oltre l'affitto ai bergamini vi sono alpi affittate a un caricatore d'alpe
(cargamùnt), che si giova del bestiame indigeno, oppure a un comunista
che rappresenta la comunità e divide il canone corrisposto al comune
tra i singoli partecipanti all'alpeggio, in rapporto al numero dei capi
pascolanti : in questi casi le alpi adempiono alla tipica funzione di ali-
mentare il bestiame durante l'estate, quel bestiame che non appartiene
a mandriani nomadi né a lontani agricoltori, ma ai casalini, cioè ai pic-
coli proprietari coltivatori della valle alpina.
Dove le alpi hanno una notevole produttività, e il pascolo è esube-
rante, allora concorre il bestiame forastiero ; così avviene nell'Alta Val-
sassina, nell'alta Valle Brembana e Seriana, dove alcune alpi vengono
caricate con bestiame della Valtellina. È specialmente in questi casi che
il contratto di affitto non è una semplice parvenza, come nei casi prece-
denti, ma dà origine ad un vero affittuario-imprenditore, il quale si as-
sume il compito di gestire la produzione, dà, le dovute garanzie e prov-
vede a caricare le alpi e a esercitare l'industria del caseificio (2). E sic-

(') Il bergamino paga all'agricoltore che lo ospita un tanto per q.le di fieno
e lascia nella cascina il letame prodotto; l'agricoltore è obbligato a consegnare la
stalla e il caseificio nonché la legna richiesta dalla caseificazione. Molte volte si
permette al bergamino di utilizzare parte dell'ultimo pascolo autunnale.
Avviene che dei mandriani affittuari dei pascoli alpini, non avendo sufficiente be-
stiame per esaurire la capacità produttiva dell'alpe, si associno ad altri proprietari
di bestiame, oppure portino per l'alpeggio le manzette degli agricoltori della bassa
Lombardia. Quando il bestiame è lattifero il mandriano paga un tanto al proprie-
tario per ogni chilogramma di latte, misurato in due o tre giorni stabiliti ; quando
si tratta di bestiame asciutto il proprietario deve corrispondere al mandriano una
certa somma.
(2) La durata normale dell'affitto è di 9 anni: vi sono tuttavia dei casi nei
quali la locazione si riduce a 5, oppure si allunga a 10 e 12 anni. Di solito è con-
cesso il subaffitto e il pascolo alpino viene affittato a corpo e non a misura.
A garanzia della locazione il conduttore deve depositare una cauzione solita-
mente uguale ad una annualità d'affitto, per- quanto avvenga qualche volta che la

O. Medici - Lezioni di estimo 12


178 L'ARTE S P E C I A L E

come questi caricatori d'alpe posseggono pochi capi di bestiame, pren-


dono a soccida quello dei comunisti, i quali soltanto apparentemente
sono esclusi dal godimento dell'alpe comunale, poiché in realtà è con
suetudine che il caricatore si giovi del bestiame del luogo.
Il contratto di soccida, che si stringe fra l'imprenditore e i comu-
nisti proprietari del bestiame, non varia notevolmente. Di solito colui
che assume a soccida bestiame lattifero paga al proprietario della vacca
una determinata somma o quantità di burro e di formaggio per ogni
chilo di latte, misurato in un dato giorno dell'alpeggio, oppure in phì
giorni secondo medie stabilite. Qualora il bestiame sia asciutto, il pro-
prietario deve pagare una certa quota al caricatore.
Nel caso in cui le alpi siano godute direttamente dai comunisti,
ciascun utente sale sul pascolo alpino, col proprio bestiame, spesso senza
limitazioni nella quantità, di modo che, di solito, vi è una sproporzione
tra il bestiame alpeggiante e la capacità produttiva del pascolo (1).
La gestione dell'alpe richiede l'impiego di una certa quantità di
mano d'opera.
Questi salariati, legati al caricatore d'alpe da un contratto che
dura per il periodo dell'alpeggio, percepiscono un salario in natura e
in danaro.
3. - PASCOLI APPENNINICI E LITORANEI

Nell'Italia Centrale assumono particolare importanza le imprese


pastorali ovine t r a n s u m a n t i ; le quali, a seconda del rapporto con il
quale il proprietario degli armenti è legato alla terra, possono distili
guersi in :
a) imprese con proprietà del pascolo di (montagna e di p i a n u r a ;
1J) imprese senza proprietà del pascolo di montagna e di pianura ;
c) imprese con sola proprietà del pascolo di montagna ;
d) imprese con sola proprietà del pascolo di pianura.

cauzione ammonti a cifre molto maggiori (due e anche tre volte l'annualità d'affit-
to). L'affittuario è tenuto a corrispondere il canone convenuto, senza detrazione,
anche nei casi in cui egli sia colpito da infortuni ordinari o straordinari. In ge-
nere i capitolati in uso non hanno clausole precise riguardo alle costruzioni. Di
solito le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario e quelle ordinarie
del conduttore.
Il conduttore ha l'obbligo di sottostare a tutte le disposizioni e regolamenti fo-
restali e rispettare il patrimonio boschivo, salvo particolari disposizioni circa la
manutenzione dell'alpe e le migliorie che si dovrebbero praticare sul pascolo alpino.
Ma in realtà non sempre sono rispettate e pochi sono i comuni che ne fanno os-
servare l'applicazione.
(') Frequentemente accade che non si abbia la formazione di una mandria unica
e che i singoli comunisti utenti rimangano di continuo sull'alpe durante tutta la
stagione del pascolo. Talvolta sulle alpi vi sono tante piccole costruzioni quanti
sono i comunisti che usano del pascolo.
LA S T I M A DEI PASCOLI 179

Le imprese senza proprietà di pascolo si provvedono delle pasture


mediante :
а) l'affitto pluriannuale di interi fondi, formati in prevalenza da
pascoli ;
б) l'affitto o il subaffitto stagionale di pasture, detto anche « acqui-
sto di erba ».
Esiste perciò annualmente un vasto mercato dei pascoli sia nelle
zone di pianura sia in quelle di montagna. Nelle prime l'affitto dei ter-
reni e le vendite di erbe avvengono di solito per trattative private ; il
contrario avviene per i pascoli montani, i quali, di regola, sono messi
all'asta pubblica, poiché in gran parte sono di proprietà comunale. È
da notare, infine, che, nella Campagna Romana, oltre all'affitto dei pa-
scoli per una intera stagione, cioè da metà settembre a tutto giugno,
è praticata anche la cessione delle « mezz'erbe », cioè l'affitto del pa-
scolo per il periodo autunno-invernale che va sino al 15 marzo. A quest'e-
poca, per l'aumento della produzione erbifera, le masserie hanno biso-
gno di una minore superficie pascoliva e parte dei pascoli possono es-
sere riservati al proprietario del terreno (od all'affittuario, se vi è il
subaffitto) per affienare la produzione foraggera.
Caratteristica specifica dell'impresa armentizia — qualunque sia il
rapporto con il quale il proprietario di armenti è legato alla terra — è
che essa non è vincolata alla terra sulla quale vive. Questo particolare
rapporto che passa t r a l'impresa armentizia ed il pascolo fa sì che alla
terra pascolativa che è oggetto di stima si debba attribuire un significato
economico diverso da quello attribuito al terreno di un comune podere.
Nei terreni pascolativi utilizzati dall'impresa armentizia con pro-
prietà dei pascoli, la determinazione del beneficio fondiario può perciò
sovente essere intesa come la determinazione del prezzo di trasforma-
zione del pascolo in prodotti derivati quali la lana, la carne, il for-
maggio, la ricotta, l'allievo.

4. - LE VALUTAZIONI RICHIESTE

Esistono estese zone di terreno che hanno come unica destinazione


quella del pascolo : così avviene nelle Alpi, nel Tavoliere delle Puglie,
negli Appennini, nella Campagna Romana, e altrove.
In queste zone non è infrequente che al perito venga chiesto un
giudizio sul valore di compravendita (li un intero corpo di pascolo,
come pure potrà essergli richiesto il giusto prezzo che un affittuario do-
vrebbe pagare per usufruire dei pascoli per una stagione o per una serie
di stagioni.
Laddove l'aumentata densità della popolazione, l'esecuzione di una
trasformazione fondiaria o l'indirizzo generale della politica economica,
consiglia il dissodamento dei pascoli per farne terre seminative, può ri-
180 L'ARTE S P E C I A L E

chiedersi al perito di risolvere il problema di convenienza e stabilire se


la trasformazione è profittevole o meno.
Per rispondere a questi quesiti, il perito, di regola, dovrà adottare il
criterio di capitalizzazione dei redditi, e partendo dall'esame dei pro-
dotti e delle spese dell'industria armentizia dovrà determinare il red
dito da capitalizzare.
Quando però gli armenti sono transumanti, questo criterio incon-
tra difficoltà non facilmente superabili. E ciò perchè in questo caso la
produzione del latte, della lana, del formaggio, dei vitelli, degli agnelli,
ecc., si deve al concorso del pascolo di monte e di quello di piano, i quali
formano un unico fattore terra inscindibile, che, insieme con il capitale
d'esercizio e con il lavoro, determina il fatto produttivo.
Sarebbe quindi errato attribuire al pascolo della pianura la pro-
duzione ottenuta durante la stagione invernale, ed attribuire a quello
montano solo quella ottenuta nel periodo estivo, e determinare in tal
modo due distinti benefici fondiari ; i quali non sarebbero altro che i
prezzi di trasformazione del pascolo. D'altro lato t u t t i i criteri di ripar-
tizione sarebbero arbitrari, e quindi non applicabili nel caso in cui si
cerchi il probabile valore di mercato. Si t r a t t a di costi connessi, e quindi
sorgono t u t t i i problemi relativi a suo tempo esaminati ( J ).
In questi casi perciò, considerando che spessissimo i pascoli ven
gono affittati, è più opportuno determinare il beneficio fondiario par-
tendo dal canone d'affitto, riservandosi di eseguire l'analisi dei redditi
e delle spese per penetrare il processo tecnico-economico della impresa
pastorale, ed in tal modo conoscere le possibilità del pascolo oggetto
di stima.
Comunque, nelle valutazioni di pascoli, quando fosse opportuno
compiere l'esame analitico dei prodotti animali conseguiti su un deter-
minato appezzamento, è sempre arbitrario valutare, come consigliano
alcuni autori, la produzione di G, 7, 8 pecore pari a quella, di una vacca ;
in primo luogo perchè i pascoli destinati alle pecore non lo sono alle
vacche; ed in secondo luogo perchè non può esistere un'esatta corrispon-
denza tra le produzioni delle due specie zootecniche, dato che la pecora
dà come prodotto specifico la lana, che. non può essere assimilata a nes
suno dei prodotti bovini. I n f a t t i , il valore della produzione lorda otte-
nuta trasformando l'unità foraggera con ovini e bovini, di regola, risulta
diversa.
Per motivi analoghi è assurdo valutare i pascoli in base al prodotto
in fieno che il pascolo potrebbe dare se l'erba venisse falciata, dedotto
indirettamente dal quantitativo di bestiame che su di esso può vivere,
per il semplice fatto che i pascoli sono destinati ad essere pascolati e
non falciati.

(') Cfr. : il paragrafo 1 a pag. 31 di questo volume.


LA S T I M A DEI PASCOLI 181

Questo metodo è invece consigliato da diversi t r a t t a t i s t i d'estimo,


i quali affermano che i. pascoli si possono stimare in base al prodotto in
fieno che il pascolo potrebbe dare se l'erba venisse falciata, dedotto indi-
rettamente dal quantitativo di bestiame che su di esso può vivere. Pre-
cisamente : stabilito il carico normale di bestiame, si calcola, su la
base della razione giornaliera dei comuni animali domestici, il numero
dei quintali di fieno normale che il pascolo produce.
Determinato così il quantitativo di prodotto in fieno, questo si
valuta in base al prezzo medio locale, o del più prossimo mercato, al
netto delle spese di trasporto.
Per quanto la grossolanità del metodo renda inutili diffusi com-
menti, sarà bene osservare che, in questo caso, si vuol giungere alla
determinazione del probabile valore di mercato del pascolo attraverso
la determinazione del benefìcio fondiario, che si ricaverebbe vendendo
quel fieno che naturalmente un pascolo non è destinato a produrre !
E l'errore non sarebbe così grave se per valutare cotesto fieno si ricor-
resse al prezzo di trasformazione, ma invece si adotta il prezzo del
mercato. Se poi si ricorda, che a queste ipotesi vanno aggiunte quelle
generali proprie al metodo per capitalizzazione, si comprende perchè
certi metodi e criteri di stima consigliati dai t r a t t a t i s t i possano esaltare
lo scetticismo di coloro che, partecipando alla vita del mercato, cono-
scono l'instabilità dei valori economici ; e si comprende perchè questi
uomini di fronte a cotesti procedimenti pensino a esercizi logici o a
giochi scientifici anziché a strumenti atti a risolvere questioni concrete.
Quando i pascoli anziché formare vaste estensioni utilizzate dalla
vera e propria industria armentizia, fanno parte di un podere, allora
diffìcilmente sarà richiesta una stima separata dei pascoli, ed essi, a
tutti gli effetti estimativi continueranno a f a r parte del podere.
I problemi di stima per i pascoli su stoppie, per pascoli intercalari
e pascoli su erbai, non danno luogo a valutazioni fondiarie, ma alla valu-
tazione del prodotto in foraggio che si può ritrarre dal terreno consi-
derato per il periodo stabilito, e perciò consistono specialmente in
valutazioni che si determinano con la conoscenza di dati tecnici.
Un criterio del genere sembra possa essere applicato quando una
superficie di terreno pa scoi ivo che, per evenienze particolari, fosse stata
destinata alla falciatura, venga ad essere pascolata abusivamente dagli
animali : è il caso dell'indennità da corrispondere per pascoli abusivi,
la cui determinazione del resto può rientrare nella categoria più vasta
delle stime per danni.
CAPITOLO IV.

STIMA D E I FORAGGI (')

1. - IL FORAGGIO NELL'AZIENDA AGRARIA

Nell'azienda agraria il foraggio raramente si presenta come un


prodotto finito, destinato alla vendita, ma costituisce il prodotto inter-
medio di una particolare fase del processo produttivo. Sono rare e di
solito lianno esistenza precaria le aziende che di consueto vendono i fo-
raggi; normale è invece la trasformazione dei foraggi in prodotti ani
mali ottenuti nella stessa impresa. D'altro lato sono da considerarsi
aziende agrarie d'eccezione quelle che acquistano tutto il foraggio oc-
corrente per l'alimentazione del loro bestiame.
La trasformazione dei foraggi in prodotti animali, dei quali alcuni
destinati alla vendita (latte, carne, ecc.) ed altri invece reimpiegati come
mezzi produttivi (lavoro, letame, ecc.), risponde a fondamentali esigenze
tecniche ed economiche dell'azienda agraria ; le quali si riscontrano sia
nelle zone ad agricoltura progredita, sia in quelle ad agricoltura esten-
siva dove è largamente praticata la pastorizia, e quasi sconosciuta è la
fienagione.
Nonostante il foraggio sia un prodotto non finito (in corso di tra-
sformazione), destinato principalmente ad essere trasformato nell'azien-
da agraria dove viene prodotto, però nella realtà, una piccola, anzi pic-
colissima parte dell'intera produzione viene commerciata, dando luogo
ad un mercato e quindi a un prezzo.
La maggiore quantità di foraggio viene acquistata dall'esercito e

(') Gran parte di questo capitolo è stato compilato utilizzando lo studio del
Prof. L. PERDISA « Note sulla stima dei foraggi » pubblicato ne la Rivista del catasto
e dei servizi tecnici erariali, n. 5, 1935-XIII ; studio che s'accorda perfettamente con
il nuovo indirizzo critico degli studi estimativi e che è denso di una serie di acute
osservazioni, molte delle quali sono ispirate dalla profonda conoscenza che l'Au-
tore possiede dei fatti economici dell'agricoltura. Laddove si dissente dal Prof.
PERDISA si tratta di questioni di dettaglio e di spunti che rivelano quella concordia
discors tanto favorevole agli sludi.
184 PAIÌTE SPECIALE

dalle imprese di trasporti che ancora usano cavalli. Al fabbisogno prov-


vedono specialmente alcune zone (Lombardia, Emilia, ecc.) nelle quali
per tradizione si vendono direttamente i foraggi, e anche aziende in via
di trasformazione, dove all'ordinamento colturale instaurato non corri
sponde una adeguata attrezzatura dell'impresa zootecnica, come avviene
nelle « larghe » ravennati ed in altre aziende di bonifica.
Scambi di foraggio possono infine avvenire fra zona e zona, quando
il diverso andamento stagionale provoca in una di esse un eccesso di
produzione e nell'altra una deficienza rispetto ai bisogni del bestiame
allevato. Di solito le anormali produzioni foraggere sono causa di pre-
cari ma forti sbalzi nel prezzo del bestiame, dovuti all'elevarsi o al com-
primersi dell'offerta rispettivamente nelle annate di scarsa o di abbon-
dante produzione foraggera. Al contrario la domanda di foraggio su-
bisce lievi variazioni dipendenti specialmente dalla convenienza che
trova o meno il produttore a comperare il foraggio da trasformare o a
vendere il bestiame. I n f a t t i il prezzo del bestiame, specie in determi-
nate epoche dell'anno, a parità di condizioni, dipende dalle sorti della
produzione dei foraggi, nel senso che in anni di raccolti abbondanti si
ha aumento di prezzo e viceversa negli anni a scarsa produzione. Questo
fatto è poco avvertito nei territori irrigui, dove l'influenza climatica
sulla produzione dei foraggi è assai limitata.
La domanda di foraggio è quindi caratterizzata da, una relativa rigi-
dità, per quanto si riferisce agli, acquisti pressoché costanti dell'esercito
e delle aziende nou agricole ; al contrario, per le aziende agricole, nelle
quali talvolta, invece di liquidare il bestiame, si preferisce acquistare il
foraggio ad un prezzo anche molto superiore a quello che si realizzerà
con la trasformazione, non vi è eguale rigidità di domanda, perchè la
quantità di foraggio che esse richiederanno al mercato dipenderà spe
cialmente dal prezzo del foraggio e dal prezzo del bestiame da man-
tenere.
Si può concludere che, accanto alla quasi totalità del foraggio pro-
dotto e reimpiegato nelle stesse aziende, vi è un piccolissimo scambio di
questo bene, sufficiente però a creare un mercato e quindi un prezzo.
Il foraggio nell'azienda agraria si può dunque presentare sotto due
aspetti : uno, principale, come capitale impiegato nel processo produt-
tivo; un altro, sussidiario, come prodotto finito destinato alla vendita.
La classificazione economica dei capitali dell'azienda agraria pone i
foraggi f r a i capitali circolanti, mentre quella giuridica e tecnica li
pone f r a i capitali di scorta. I foraggi però sono scorte che non manten-
gono immutata la loro consistenza nel corso dell'anno agrario; il fo-
raggio esistente all'inizio dell'anno agrario, e che come tale entra a f a r
parte dei capitali di scorta, subisce una sistematica diminuzione nella
sua entità man mano che viene consumato dal bestiame, per poi essere
ricostituito dai successivi raccolti.
S T I M A DEI FORAGGI 1S5

L'andamento ciclico del fenomeno si può cogliere con evidenza nei


dati sottoriportati, che esprimono le quantità di fieno e paglia riscon-
trate nel magazzino di una azienda agraria alla fine di ogni mese, dal
maggio 1932 al maggio 1934.

1932-33 1932-33 1933-34 1933-34


MESE Pieno Paglia Fieno Paglia
Qli q.li q.li q.li

Maggio 25 36 16 50
Giugno 155 22 180 31
Luglio 268 10 295 14
Agosto 310 200 350 220
Settembre 355 190 410 209
Ottobre 335 177 380 196
Novembre . , . 300 161 345 175
Dicembre 260 144 300 156

Gennaio 217 125 245 * 136


Febbraio 170 107 190 115
Marzo . . 119 89 135 95
Aprile 68 70 85 77

Tale andamento dipende dall'ordinamento colturale, dal sistema di


allevamento del bestiame, ecc. In ogni modo, però, esso avrà quasi sem-
pre carattere periodico, dovuto alla stessa vicenda delle stagioni. Per
questo la misura del capitale foraggio non ha significato e non esprime
valori confrontabili se non è indicato il momento dell'anno in cui la
misura stessa è stata eseguita. E quindi la sua qualità di capitale va
intesa nel senso di uno stock che si ricostituisce all'inizio del ciclo annuo
di produzione.
Infine, ricordiamo che, anche nel caso in cui si t r a t t i di nuove azien-
de agrarie di recente costituite, il foraggio non si acquista, ma si pro-
duce. L'ordinamento di una azienda agraria non si improvvisa e quando
si passa da un ordinamento estensivo a sfruttamento pastorale ad uno
intensivo con stabulazione permanente, tale passaggio avviene per gradi
ed il foraggio prodotto segue il progressivo incremento del bestiame.
Anche nelle trasformazioni fondiarie soltanto in casi eccezionali si
ricorre all'acquisto dei foraggi per costituire la dote normale delle nuove
aziende; si tende invece a produrre nelle aziende stesse il foraggio di
isti TARTE SPECIALE

scorta, anche per non perdere la differenza di prezzo ilie passa tra quello
di mercato e quello di trasformazione

2. - L A S T I M A DEL FORAGGIO P E R LA COMPILAZIONE

DEGLI INVENTARI CONTABILI

Per la stima del foraggio, iu questo caso, valgono le considerazioni


occasionali svolte nel par. 4, pag. 17, dedicato alle applicazioni del con-
cetto secondo il quale il valore di stima dipende dallo scopo cui mira
la valutazione. Ad esse si aggiungono alcune altre argomentazioni, sug-
gerite dal citato lavoro del Perdisa.
Non riteniamo che si debba scartare il criterio del prezzo di mer-
cato come fanno alcuni autori : t u t t i i criteri possono servire perchè i
cosidetti bilanci ordinari — a carattere periodico — possono essere coni
pilati nella maniera più diversa per i distinti scopi a cui debbono soddi
sfare. Quindi si cade nel consueto errore in cui sono caduti molti cultori
di estimo, quando si esclude un criterio per assumerne come unico e vero
un altro : la verità sta nel fatto che, caso per caso, si può utilmente im]ne-
gare l'uno o l'altro dei ricordati criteri e quindi l'arte del perito consiste
proprio nel saperli adattare alle contingenze e alle specifiche finalità.
Il Perdisa. ispirandosi alla realtà dell'economia agraria, ritiene che,
agli effetti contabili, il foraggio di scorta che si trova nel fondo in un
determinato momento debba essere considerato alla stessa stregua del
capitale fondiario, per il quale di solito, viene seguito il criterio del
« valore nominale » : cioè di un valore di comodo attribuito e mantenuto
costante semprechè non intervengano variazioni nella cosa considerata.
È evidente che con questo procedimento viene stimata soltanto la dota
zione ordinaria ; per la parte di foraggio eccedente, data la sua natura
vendibile, la stima si compie in base al presunto prezzo di vendita, di-
minuito delle spese di mediazione, trasporto, ecc.
Qualora, invece, la stima dei foraggi venga compiuta per compilare
un inventario di liquidazione il criterio generale è quello del prezzo di

(') Conclude in proposito il SERPIERI nel suo studio « Intorno ad alcune più con-
troverse valutazioni agrarie » pubblicato ne La rivinta, periodico quindicinale, or-
gano della R. Scuola di Viticoltura ed Enologia e del Consiglio Agrario di Cone-
gliano, n. 14-15-16-17-18 del 1906, che un foraggio vale nell'azenda agraria, non per
quel che può ricavarsi dalla sua vendita, ma in quanto può, con il consumo, trasfor-
marsi in prodotti animali diversi. Il BORDIGA nel Trattato delle stime rurali, I A edi-
zione, 1° volume, pag. 208, nota che valutare i foraggi dell'azienda agraria a prezzo
di mercato non ha senso, perchè l'agricoltore non è padrone di venderli, ma deve,
farli consumare in posto, per ottenere il letame necessario alla sua azienda. Il fa-
moso DOMBASLE (Annales de Roville, II, pag. 135) fu certamente tra i primi a rile-
vare che il commercio di questi foraggi di gran volume presenta caratteri affatto
speciali.
1S5
S T I M A DEI FORAGGI

mercato ; però il caso deve essere studiato in relazione alle specifiche


condizioni dell'azienda agraria.
In generale nelle aziende commerciali o industriali, quando si deve
procedere alla formazione di un inventario straordinario di liquidazione,
si stimano separatamente t u t t i gli elementi patrimoniali, cercando di
prevedere il prezzo che per ciascuno di essi si potrà realizzare sul mer-
cato. Se si dovesse procedere in maniera analoga anche nel caso di li-
quidazione dell'azienda agraria, il foraggio, come t u t t i gli altri capitali,
andrebbe valutato in base al probabile valore di compra-vendita.
Ma se la valutazione dei singoli elementi costitutivi di una determi-
nata azienda ha un suo significato in alcune aziende manifatturiere o
commerciali, nell'azienda agraria tale discriminazione spesso ha un va-
lore meramente astratto, perchè, nel caso più frequente, l'azienda viene
ceduta, cioè si trasferisce integralmente, pronta a proseguire nell'iniziato
esercizio. I n f a t t i , la consuetudine vuole che nel trasferimento dei beni
rustici alcune scorte ed in particolare i foraggi seguano le sorti del
fondo, e che nelle stime giudiziarie per subasta si intenda compreso nel
prezzo di stima il valore dei foraggi normali di scorta.
La stima in base al probabile prezzo di mercato porta come conse-
guenza la possibilità dell'esistenza di due distinti acquirenti : uno dei
foraggi e uno del capitale fondiario. Se l'acquirente di quest'ultimo non
ha acquistato il terreno con lo scopo eccezionale di volere variare la de-
stinazione del fondo (facendone, ad "esempio, un'area fabbricabile), do-
vrà acquistare sul mercato i foraggi mancanti. Se il prezzo di questi è
maggiore del prezzo di trasformazione dei foraggi medesimi, il nuovo
acquirente dovrà nel prezzo di acquisto del terreno tener conto di questa
maggiore somma, che egli dovrà pagare per poter proseguire nell'eser-
cizio dell'azienda.
Da questa argomentazione si possono t r a r r e alcune importanti con-
clusioni.
I foraggi devono essere distintamente valutati quando vi è un acqui-
rente per essi e uno per il fondo ; in tal caso la somma di moneta da at-
tribuire ai foraggi e al fondo sarà quella corrispondente al probabile
prezzo di vendita ; nel caso contrario, assai più frequente, in cui l'acqui-
rente acquisti il fondo nella sua unità, il problema detta valutazione dei
foraggi come tali non ha più luogo. Esso risorge quando le consuetudini
locali stabiliscano che nel caso di compravendita sono sempre escluse
tutte le scorte.
Quindi rimane confermato che nel caso d'inventario di liquidazione
il criterio da seguire è quello del probabile prezzo di mercato.
188 L'ARTE S P E C I A L E

Ì0
iì. - B I L A N C I DI F I N I T A LOCAZIONE

Nella locazione dei fondi rustici sono sempre oggetto di consegna


all'affittuario i foraggi, i lettimi ed il letame di scorta. Consegna che
viene f a t t a per qualità e quantità, perchè alla line della locazione detti
beni devono venire riconsegnati nella loro identica consistenza al loca-
tore. In questo caso quindi si valutano soltanto i foraggi che si trovano
in eccedenza o in difetto, rispetto alla quantità consegnata, per la quale
non ha luogo nessuna attribuzione di valore.
Sia nell'uno sia nell'altro caso il criterio più generale da seguire è
quello del presunto prezzo di mercato. Invero, se il foraggio è deficiente
rispetto a quello consegnato, il proprietario dovrà necessariamente ri-
correre, per portare questo capitale alla sua normale consistenza, ad
acquisti sul mercato, e quindi l'affittuario dovrà indennizzarlo di questa
spesa nella quale, per colpa sua, il proprietario deve incorrere. Vice-
versa, se il foraggio è eccedente, l'affittuario sarà libero di venderlo
senza per questo intaccare la consistenza del patrimonio avuto in con
segna, e quindi il proprietario, se nella riconsegna lo vorrà « ritenere »,
dovrà pagare al locatore la somma che questi avrebbe percepito venden-
dolo, diminuita, s'intende, delle spese di mediazione, trasporto, ecc.
Il Borio (*) opina che, nei bilanci di consegna e riconsegna, le diffe-
renze in più o in meno di foraggio debbano venire stimate al « prezzo di
costo sopraluogo » cioè al prezzo di mercato del foraggio posto sul fon-
do. La somma ottenuta viene addebitata al conduttore se è negativa ;
accreditata o meno se è positiva, secondo che l'eccesso trovato proviene
da compre da lui fatte, ovvero dal fondo stesso.
Criteri analoghi venivano seguiti nel Bresciano. Così ne scriveva il
Oantalupi (2) : « t u t t o ciò che si ritrova se di meno, viene calcolato coi
valori massimi di ordinaria contrattazione, all'atto della riconsegna,
vendendoli al cosiddetto scarnito ; e se sono di più, si abbonano coi va-
lori di ordinaria contrattazione di cascina ».
Il Borio, però, riconosce all'affittuario il diritto all'indennizzo nel
solo caso che questi abbia comprato il foraggio eccedente. Se questo
acquisto non vi è stato, l'affittuario non avrebbe diritto ad alcun Inden-
nizzo. Tale conclusione è ispirata dal fatto che in molti contratti di
affitto è stabilito che il conduttore non possa diminuire la superficie de-
stinata alle colture foraggere (prati, medicai, trifogliai, ecc.) e che d'al-
t r a parte non possa esportare i foraggi, nè i lettimi, nè il letame pro-
dotto nel fondo « le quali cose — scrive il Cantalupi — devono essere

( ' ) G . BORIO - Primi elementi di economia e stima. Torino, 1 8 6 8 , pag. 3 0 4 .


(2) Ing. ANTONIO CANTALUPI - Nozioni teorico-pratiche su le consegne, riconsegne
E bilanci secondo i metodi adottati in Lombardia. Milano, 1858, pag. 60.
1S5
S T I M A D E I FORAGGI

esclusivamente impiegate nell'emendamento del podere, laonde se dal-


l'un canto il conduttore è tenuto a restituire in quantità e qualità le
materie atte ad essere convertite in concime, non che gli stessi concimi,
addebitandone la mancanza, ove si verifica, non si potrebbe calcolare a
suo favore la eccedenza di queste materie, che devono lasciarsi al con-
duttore subentrante senza compenso ».
Prescindendo dalla stima dei foraggi mancanti, per i quali è ormai
pacifica l'applicazione del prezzo del mercato, per i foraggi che alla ri-
consegna si trovino in quantità eccedente rispetto alla consegna, due
sono dunque i criteri che vengono seguiti, e cioè :
a) il primo riconosce un indennizzo calcolato sul prevedibile prez-
zo di mercato al netto delle spese di mercatura e trasporto dal luogo di
produzione al mercato ;
Z>) il secondo non riconosce alcun diritto d'indennizzo all' affit-
tuario.
Si rileva in proposito che l'affittuario, secondo la maggior parte dei
contratti di affitto, non può diminuire la superficie, destinata alle col-
ture foraggere, non può distrarre dal fondo i foraggi, le paglie, e il le-
tame prodotto, che devono venire destinati alla fertilizzazione del fondo,
non può mantenere nella stalla un minore numero di capi di bestiame
di quelli fissati per contratto ; ne viene come conseguenza che il foraggio
che egli ha così prodotto è per lui un capitale non vendibile direttamente
sul mercato, e se tale capitale rimane al termine del contratto di affitto,
non può venire in alcun modo realizzato dall'affittuario. E, infatti, non
gli viene accreditato nei bilanci di riconsegna. P u r accettando la logica
di queste argomentazioni si può osservare che, se il proprietario vuole
valersi della clausola che proibisce all'affittuario la vendita dei foraggi,
non è giusto che egli si appropri di questa eccedenza, che costituisce
parte della produzione vendibile appartenente all'affittuario; infatti, il
foraggio, rimanendo nel fondo verrebbe trasformato in prodotti animali
e in letame. I primi, rappresentati dalla carne, dal latte e dal lavoro,
appartengono all'affittuario, mentre spetta al proprietario soltanto il
secondo, di valore assai minore.
Ma altre considerazioni si possono fare in proposito. Quando l'affit-
tuario ha adempiuto al suo obbligo di mantenere il carico minimo di
bestiame stabilito dal contratto, le eccedenze di foraggio dipendono
dalla sua attività di imprenditore e quindi gli appartengono. I n f a t t i ,
esse possono derivare da una maggior produzione unitaria dipendente
dal favorevole andamento della stagione o da una qualunque altra causa
f o r t u i t a ; da una maggiore superficie destinata alle colture foraggere;
da speciali pratiche agricole, da forti concimazioni, dall'avere alimen-
tato il bestiame con particolari mangimi acquistati al mercato o pro-
dotti nell'azienda (barbabietole, mais, ecc.).
190 L'ARTE S P E C I A L E

Nel primo caso si t r a t t a di una eventualità favorevole del cui van


faggio deve valersi l'imprenditore, il quale, appunto per la sua veste, si
è assunto il rischio dell'impresa e quindi le conseguenze di tutte le
eventualità favorevoli o sfavorevoli che si verificano nell'azienda stessa,
Negli altri casi l'affittuario è ricorso a metodi che non alterano la pro-
duttività del fondo, e che anzi ne possono aumentare la fertilità.
Per tutto ciò riteniamo che si debba valutare il foraggio eccedente,
riscontrato nelle operazioni del bilancio di riconsegna, in base al prezzo
di mercato, depurato dalle spese che si incontrano per la vendita.
Nò ci pare giustificato neppure il criterio, consigliato dallo stesso
Borio (1), di valutare « le opere fatte, di taglio o raccolta, di trasporto
e di ammucchiamento o confezione » e di addebitare o accreditare al
conduttore il costo che così si ottiene, a seconda che sì t r a t t i di quan
tifativi mancanti oppure eccedenti.
Secondo queso criterio, si avrebbe la somma di una parte degli
elementi del costo, di scarso significato economico. Se la differenza è
in meno, il proprietario subisce una perdita, nel senso che il costo sud-
detto non rappresenta che una parte del capitale che egli è venuto a
perdere con la mancata consegna; se la differenza è invece a favore del-
l'affittuario, questi viene a perdere la remunerazione di tutte le sue
prestazioni di capitale e di lavoro e quella parte di compenso che gli
spettava per la sua stessa personalità di imprenditore.

É . - B I L A N C I DI F I N I T A COLONIA

Analogamente a quanto avviene nei fondi ceduti in affitto, in quelli


condotti a mezzadria il foraggio e le altre scorte morte, quando non
appartengono per metà al colono, vengono consegnate al mezzadro al-
l'inizio del contratto annotandone la quantità e la qualità.
Allo scadere del contratto, le eccedenze o le deficienze vengono valu-
tate iu base ai prezzi correnti di mercato (2). I singoli patti regionali
o provinciali di mezzadria, nella grande maggioranza, hanno adottato
tale principio.
Non occorrono valutazioni quando il cambio di colonia avviene nei
mesi in cui i foraggi di scorta sono completamente esauriti ; se a quest'e-
poca ancora ne esistono, si possono considerare come parte del prodotto
vendibile.
Ciò avviene nella Romagna, dove spesso il cambio delle famiglie si
pratica durante il mese di maggio.

t1) Cfr. : op. alt. pag. 304 e 305.


(*) Cfr. : Confederazione Nazionale Fascista degli Agricoltori. Norme generali
per la disciplina del rapporto di mezzadria. Approvate dalla Corporazione Nazio
naie dell'Agricoltura nella seduta del 13 maggio 1933-XI.
1S5
S T I M A DEI FORAGGI

Non sempre però il foraggio appartiene per intero al proprietario,


perchè in alcune zone (Marche, parte dell'Emilia, ecc.) la metà delle
scorte appartiene al colono.
In questi casi il colono entrante deve acquistare da quello uscente
i foraggi, oppure, come avviene in provincia di Bologna, il colono en-
trante versa un indennizzo a quello uscente per il foraggio in erba, che
egli raccoglierà. 11 prezzo pagato, in questo caso, è fissato nella misura
di un terzo del valore di mercato del foraggio che si sarebbe ricavato
se fosse stata f a t t a la fienagione; questa somma vuole rappresentare il
valore del foraggio, diminuito del costo del lavoro con cui il colono
entrante ha contribuito alla produzione.
In caso di risoluzione in tronco del contratto di mezzadria, in un
momento qualunque dell'anno, si presenta il problema relativo alla
stima di questo capitale di proprietà del colono, ma del quale il colono
non può disporre, perchè facente parte della dote del fondo e quindi
inalienabile.
I patti provinciali di mezzadria, pur contemplando il caso della
risoluzione in tronco del contratto, non accennano ai criteri da seguire
nella stima di queste scorte.
È opinione del Perdisa che sia errato il criterio, al quale spesso si
fa ricorso, di valutare i foraggi al momento della risoluzione in base al
prezzo di mercato. Ci troviamo specificamente nel caso di stima di un
prodotto in corso di trasformazione, che non può venire venduto senza
alterare lo svolgimento della normale attività del fondo cui appartiene.
L'Autore ritiene che, in questo caso, si debba ricorrere ai criteri di solito
seguiti nella stima dei f r u t t i pendenti quando ci si trova all'inizio del
ciclo produttivo, cioè al criterio del costo, la cui determinazione nella
fattispecie: è molto semplificata dal fatto che si può fare riferimento ai
soli elementi di costo immessi dal colono, con esclusione del prezzo d'uso
dei capitali e del lavoro direttivo immessi dal proprietario fondiario.
A parte il fatto che la determinazione del costo, anche in questo
caso, presenta notevoli difficoltà, ci sembra che appunto perchè si t r a t t a
di un « prodotto in corso di trasformazione » si debba impiegare il cri-
terio del prezzo di trasformazione. Comunque è evidente che la risolu-
zione del quesito, cioè la scelta dell'uno o dell'altro criterio, dipende
dalla norma giuridica : è essa che deve stabilire se al colono uscente
spetta un compenso commisurato alla somma delle spese sostenute e
del suo lavoro (costo), oppure un compenso eguale ai redditi che egli
avrebbe potuto ricavare trasformando il foraggio nell'azienda (prezzo
ili trasformazione).
192 L'ARTES P E C I A L E

5. • COMPRAVENDITA DEL FONDO

Nel caso che il perito sia chiamato a valutare un terreno per espri-
mere il proprio parere sul probabile prezzo di mercato, come dovrà valu-
tare i foraggi che si trovano sul fondo?
A questo quesito si è implicitamente risposto quando si è conside-
rata la stima per gli inventari di liquidazione, poiché si è detto che il
foraggio fa parte delle scorte inalienabili del fondo, necessarie per il suo
esercizio produttivo. Se la quantità riscontrata è quella normale, il \a-
lore di stima del fondo deve intendersi comprensivo del valore di detto
capitale, mentre in caso di deficienza o eccedenza la spesa necessaria per
la reintegrazione di detta scorta dovrà calcolarsi fra le detrazioni o le
aggiunte da portare al valore capitale. Se però le consuetudini locali
stabiliscono che, nel caso di compravendita, sono comunque escluse tutte
le scorte, è ovvio che i foraggi esìstenti vanno stimati in base al proba-
bile prezzo di mercato.
G. - DANNI PER INCENDI

Si t r a t t a in questo caso di determinare la somma che il proprietario


dovrà spendere per riportare sul fondo la stessa quantità e qualità di
foraggio. È quindi implicito il criterio di stima basato sul prezzo di
mercato, al quale vanno aggiunte le spese di acquisto e trasporto dal
mercato al fondo.

7. - STIMA DEI FORAGGI NEI BILANCI COMPILATI PER STUDIARE i RISULTATI


DELLA PRODUZIONE AGRICOLA E PER DETERMINARE I L BENEFICIO FONDIARIO
DA CAPITALIZZARE.

È noto che in seguito agli studi compiuti dal Tassinari (x) su la


distribuzione del reddito, sono state iniziate sistematiche rilevazioni dei
risultati economici delle aziende agrarie, col proposito di studiare la
formazione e la distribuzione del reddito dell'agricoltura e di fornire
dati e notizie utili alla risoluzione dei problemi dell'economia agraria.
F r a le questioni di metodo sorte intorno alla rilevazione e alla eia
borazione dei dati, acquista particolare importanza la determinazione
del criterio da seguire nella stima dei foraggi.
Scopo principale di tali ricerche è lo studio della distribuzione del

(*) Cfr. : G. T A S S I N A R I - Saggio intorno alla distribuzione del reddito nell'agri-


coltura italiana. Piacenza, Federazione Italiana Consorzi Agrari, 192(i.
—• La distribuzione del reddito nell'agricoltura italiana. Piacenza, Federazione
Italiana dei Consorzi Agrari. 1931.
— Le vicende del reddito dell' agricoltura dal J.925 al 19XZ. Roma, 1930.
1S5
STIMA DEI FORAGGI

prodotto netto, che, come è noto, è formato dai redditi spettanti alle
diverse personalità economiche per le loro prestazioni di capitali e di
lavoro. F r a questi redditi vi è l'interesse del cosidetto capitale agrario
o d'esercizio, formato dal capitale di scorta e dal capitale di anticipa-
zione in senso stretto. F r a le scorte figurano i foraggi che si riscontrano
all'inizio della a n n a t a agraria. Sul valore di queste scorte si calcola
l'interesse ad un saggio previamente fissato.
Nei calcoli relativi alla distribuzione del reddito o alla determina-
zione del beneficio fondiario per procedere alla stima analitica di un
bene rustico, bisogna stabilire il valore delle scorte e il relativo saggio
d'interesse. I n f a t t i , a seconda del criterio di valutazione o del saggio
adottato, varia anche la distribuzione del reddito e l ' a m m o n t a r e del
beneficio fondiario. È quindi opportuno fermarci sulla determinazione
del valore da attribuire al foraggio di scorta.
Se ai foraggi di scorta attribuiamo il presunto valore di mercato,
l'interesse calcolato su di esso, al saggio prescelto, rappresenta l'inte-
resse che un imprenditore otterrebbe cedendo allo stesso saggio l'uso di
un'eguale somma di danaro : questo interesse indica la p a r t e del reddito
che andrebbe a remunerare il capitale impiegato, all'inizio di ogni anno,
per l'acquisto di queste scorte. Si avrebbe dunque una grandezza astrat-
ta, a scarso significato economico, perchè, nella realtà, detti capitali ra-
ramente sono acquistati e pagati al prezzo di. mercato. I foraggi di scorta
normale del fondo sono per consuetudine quasi sempre compresi nel va-
lore del capitale fondiario, t a n t o che in diverse Provincie, in caso di
compravendita, si sottintende che tale dote è compresa nel prezzo di
acquisto.
Per questo è da ritenere che o si comprende nel capitale fondiario
anche il valore dei foraggi di scorta e allora la valutazione dei foraggi
non occorre, oppure si valutano distintamente i foraggi e allora non è
consigliabile, dato lo scopo del Mando, adottare il criterio del valore
di mercato : criterio che porta a stabilire il valore dei foraggi di scorta
in una misura assai maggiore di quella reale, perchè se piccole p a r t i t e
possono essere vendute al prezzo di mercato, tutto il foraggio non po-
trebbe essere venduto che al prezzo di trasformazione ; il quale, come si
è dimostrato a pag. 183, di solito è inferiore al prezzo di mercato.
Quindi la valutazione del foraggio, nel caso in cui si compilino bi-
lanci aziendali per studiare la distribuzione del reddito o le condizioni
economiche della produzione agricola, o il beneficio fondiario nel caso
di stima analitica, è opportuno venga f a t t o su la base del prezzo di tra-
sformazione, il quale dà nozione del valore economico rappresentato dal
foraggio in vista della sua destinazione fondamentale. Così procedendo i
risultati economici delle aziende si possono comparare più facilmente, e,
in un certo senso, sono più omogenei, perchè l'apprezzamento del fo-
raggio non viene f a t t o in base al variabilissimo prezzo di mercato, ma

G. Medici - Lezioni di estimo. 13


194 L'ARTE S P E C I A L E

al prezzo di trasformazione clie è determinato anche dall'ordinamento


dell'azienda. È naturale che, nel caso in cui si debba valutare il foraggio
per compilare il bilancio che dà il benefìcio fondiario da capitalizzare, il
prezzo di trasformazione non deve essere quello di un determinato anno,
ma quello medio che si ritiene più probabile per l'avvenire.
Da scartare è il criterio del costo, per le difficoltà insormontabili
che si presentano e anche perchè una tale valutazione nou avrebbe il si
gnificato economico richiesto dallo scopo per il quale si compila il bi-
lancio.
Si potrebbe obiettare che alcune delle difficoltà avvertite si incon
tra-no anche nel calcolo del prezzo di trasformazione. Da un punto di
vista rigorosamente teorico non avremmo nulla da opporre a questa
argomentazione ; però dal punto di vista della pratica estimativa è facile
accorgersi come in molti casi, mentre è sempre impossibile la determi
nazione del costo, riesce praticamente possibile il calcolo del prezzo a
cui viene pagato il foraggio impiegato in date imprese di trasforma-
zione. Calcolando il prezzo di trasformazione per alcune di queste, si
possono ottenere grandezze che chiameremo normative, le quali, pur non
essendo rigorose, servono egregiamente per gli scopi pratici cui mira
l'estimo agrario.
CAPITOLO V,

LE STIME I N E R E N T I AL DIRITTO D I E N F I T E U S I (x)

1. - INTRODUZIONE GIURIDICA

È noto elle intorno all'enfiteusi, già discussa nel diritto romano, nel
quale fu introdotta per influenza ellenica, si sono accese vivaci dispute
sia da un punto di vista rigorosamente formale, sia da un punto di vista
meramente storico.
Tra i precedenti dell'enfiteusi nel diritto romano ricordiamo le lo-
cazioni per lungo tempo o perpetue degli agri vectigales (fondi apparte-
nenti a collegi sacerdotali o municipii) il cui motivo economico è lo
stesso dal quale prende origine e diffusione l'enfiteusi : mettere a col-
tura terre incolte e migliorarle suscitando l'interesse del coltivatore
col dare garanzia di lungo godimento, facoltà di trasmettere il fondo per
via ereditaria, e col richiedere un basso canone.
Lo svolgimento di questo primo istituto portò successivamente alla
formazione dell'enfiteusi, caratterizzata da un amplissimo diritto del-
l'enfìteuta sul fondo concesso ; il concedente rimane il proprietario del
fondo e l'enfìteuta il titolare di un jus in re aliena. Che il diritto di pro-
prietà rimanga nel concedente è dimostrato dall'obbligo che ha l'enfì-
teuta di notificargli la vendita del proprio diritto (cioè del fondo enfì-
teutico) e dal diritto di prelazione riservato al concedente per l'acquisto
del fondo stesso ; nel caso in cui l'enfìteuta alieni il suo diritto il conce-
dente riscuote il laudemio che l'enfiteuta uscente deve pagargli a titolo
di riconoscimento della legittimità, dell'alienazione, nella misura della
cinquantesima parte del prezzo : quinquagesima pars pretii vel aestima-
tionis loci, come sentenziò Giustiniano. All'indicato riguardo era inoltre
fondamentale il diritto di devoluzione, in forza del quale il concedente
poteva ridiventare pieno proprietario della cosa concessa, quando l'en-
fìteuta non avesse denunciata l'alienazione o non avesse pagato il ca-
none per tre anni o, infine, anziché migliorare avesse deteriorato il fondo.

I1) Sull'argomento si possono consultare con profitto le opere ricordate nella


bibliografia, riportata alla fine del capitolo ed alla quale si riferiscono le citazioni.
196 L'ARTE S P E C I A L E

Questo istituto, abbastanza armonico nel diritto romano, si modi


lieo profondamente durante il periodo feudale, durante il quale la olia
funzione economico-sociale venne influenzata dal « feudo »' e la sua <o
struzione dottrinale venne contaminata dal concetto germànico della più
ralità di domini; cioè dal concetto che più diritti di proprietà possano
insistere su di una sola cosa in relazione alle varie utilità che questa
può fornire.
I glossatori, ispirandosi al concetto dell'astio directa e dall'art io
utilis (1), e date anche le giustificate incertezze su la natura del diritto di
enfiteusi, distinsero un dominio diretto spettante al concedente o direi
tario e un dominio utile spettante all'entiteuta o utilista : cioè due im-
possibili diritti di proprietà su la stessa cosa, il primo dei quali si con
creta nel diritto al canone e alle altre prestazioni, il secondo nel diritto
di godere e disporre del fondo.
Questa distinzione, pur essendo contraria al concetto romano e al
sistema del nostro codice civile, che considera uno ed inscindibile il di-
ritto di proprietà, è stata veramente fortunata, poiché, nonostante la
naturale ostilità dei giuristi, ha resistito validamente sino ai nostri gior-
ni ; il persistere di tale distinzione deve essere ricercato nel fatto che essa
tradusse qualcosa di non caduco palesantesi nel diritto di enfiteusi, il
quale non poteva facilmente identificarsi in un semplice jus in re aliena.
II diritto dell'enfiteuta sopravanza assai quello del proprietario ;
del vecchio proprietario si sarebbe tentati di dire, giacché, da un punto
di vista economico (qualora si possa parlare di un concetto economico
della proprietà), è certamente pacifico che l'enfiteuta è il vero proprie
tario del fondo.
Ad aggravare la situazione economica del concedente hanno con
corso le enfiteusi ecclesiastiche, le quali, introducendo il pagamento di
un vistoso laudemio d'investitura o d'entratura, chiamato anche laude-
mio magno, riducevano a cifre irrisorie il canone annuo, per cui la sti-
pulazione di enfiteusi equivaleva ad una parziale compravendita del fon-
do ; se poi si confronta il basso valore dei terreni concessi con l'elevato
valore dei miglioramenti successivamente compiuti dall'enStenta, si com
prende la posizione economica immensamente superiore in cui questi si
veniva a trovare rispetto al concedente.
Si è così giunti alla codificazione italiana del 1865, la quale ha mu
tato ulteriormente la n a t u r a dell'istituto.
Invero, se è pacifico che nel diritto romano il titolare del diritto di
enfiteusi gode di un jus in re aliena, ciò è assai discutibile nella coditi
cazione italiana, che rappresenta il risultato, certamente non felice, di
due tendenze opposte : una patrocinata da coloro che, essendo avversi ad

(') Cfr. : SIMONCELLI, op. eit., pag. 126 e seguenti.


20.3
LE STIME INERENTI AL DIRITTO DI ENFITEUSI

ogni forma giuridica feudale, volevano bandire del codice anche questo
istituto e un'altra promossa da coloro che si riportavano alle origini ro-
mane per ricercarvi le norme capaci di ridare all'istituto la primitiva
vitalità.
2. - L'ENFITEUSI N E L CODICE CIVILE

In armonia con l'orientamento spirituale che anima la nostra codifi-


cazione, compiuta in un periodo schiettamente liberale, tendente a to-
gliere alla proprietà ogni sorta di limitazioni ed oneri, venne abolito il
diritto di prelazione a favore del concedente nel caso di vendita del
fondo enflteutico, il laudemio e la prestazione da corrispondersi dall'en-
titeuta in occasione della ricognizione ventinovennale del diritto del
concedente da farsi a spese dell'enfiteutà ; venne invece instaurato l'illi-
mitato diritto di affrancare il fondo, pagando il valore capitale corri-
spondente al canone.
Da un lato l'eliminazione del laudemio e del diritto di prelazione
significa incondizionata libertà di alienazione, d'altro lato il diritto di
affrancazione significa la possibilità di acquistare la piena proprietà del
fondo iti qualsiasi momento ; il che reca un altro vigorosissimo colpo al
diritto del concedente.
Intorno alla natura del diritto dell'enfiteuta e del concedente si
sono accese vivaci discussioni cui hanno partecipato valorosi giuristi :
alcuni come il Brugì, il De Pirro, il Pacifici-Mazzoni, il De Ruggiero, il
Campogrande, ecc. ritengono che anche nel diritto del nostro codice
civile il concedente sia il proprietario e l'enfiteuta il titolare di un jus
in re aliena: altri, come il Ferrara, il Filomusi-Guelfi, il Gianturco, il
Ooviello, il Dusi (21, ecc., giudicano l'enfiteuta proprietario e il conce-
dente titolare di un diritto su cosa altrui ; infine, altri come il Simon-
celli (3) ritengono che il diritto del concedente sia anormale e l'enfiteusi
sia un istituto non precisamente definibile.
Da un punto di vista economico il diritto del concedente finisce con
l'essere un diritto su cosa altrui, cioè sul fondo dell'enfiteuta.: diritto
reale, a garanzia del quale sta la possibilità della devoluzione. Ma da un
punto di vista rigorosamente giuridico la interpretazione ricordata è su-
scettibile di fon da|issiine critiche, e ciò nonostante le felici argomenta-
zioni del Gianturco, del Ooviello, del Filomusi-Guelfi, del Dusi; tal-

li1) Cfr.: B R U G I - Dell'enfiteusi, cit.-, D E PIRRO - Della Enfiteusi, cit.; P A C I F I C I -


MAZZONI - Cod. Oiv. It. commentato, cit. ; D E R U G G I E R O - Istituzioni di Diritto Civile,
cit. ; CAMPOGRANDE - Note critiche della teoria del dominio diviso, cit.
C I F I L O M U S I - G U E L F I - Enciclopedia giuridica, cit. ; GIANTURCO - Istituzioni di Di-
ritto Civile, cit. ; COVIELLO - Della trascrizione, cit. ; Dusi - Istituzioni di Diritto ci-
vile, cit.
( ' ) S I M O N C E L L I - Della enfiteusi, cit.
198 L'ARTE S P E C I A L E

mente fondate e rigorose che riconosciamo la indiscutibile coerenza della


posizione assunta da alcuni giuristi, segnatamente dal Brugi, che giù
stamente persistono nel riconoscere, da un punto di vista formale, cioè
giuridico, nell'enfiteuta, il titolare di un jus in re aliena.
Ripetiamo che, da un ibrido punto di vista economico-giuridico, è
pacifico che colui il quale non ha alcuna limitazione per la vendita di un
fondo che può acquistare a suo talento e che altri non può se non in casi
eccezionali devolvere a suo favore, deve essere considerato proprietario,
gravato da, un onere reale ; s'aggiunga poi che si tratta di un onere, il
quale, nel grandissimo numero dei casi, è di entità trascurabile.
Il regolamento dell'enfiteusi, i cui elementi sono il fondo concesso,
Vobbligo del miglioramento e il canone, è lasciato a, norma dell'art. 1557
alle parti, purché queste non contraddicano alla libera disponibilità del
fondo, al divieto di subenfiteusi, alla ricognizione ventinovennale e al
riscatto.
L'enfiteuta, dispone del fondo quasi come fosse proprietario : fa
quindi suoi i f r u t t i e sostiene le spese inerenti alla produzione ; è però
tenuto al pagamento del canone, al miglioramento del fondo e al paga
mento delle imposte prediali (art. 1558 codice civile).
Il concedente d'altro lato ha il diritto alla ricognizione ventinoven
naie da, farsi a spese deH'enfiteuta, e il diritto alla devoluzione, che può
essere richiesta quando l'enfiteuta, abbia deteriorato e non migliorato il
fondo e quando non abbia pagato il canone per due annate consecutive,
nonostante la legittima interpellazione.

3. - S T I M A DEL D I R I T T O DI P R O P R I E T À DEL CONCEDENTE

(VALORE D E L D O M I N I O DIRETTO)

a) Premessa. - Tra le valutazioni che traggono origine dall'istituto


dell'enfiteusi fermiamo anzitutto l'attenzione sulla determinazione della
quantità di moneta da attribuire :
1° al diritto di proprietà del concedente (dominio diretto) ;
2° al diritto d'enfiteusi (dominio utile).
Per quella consueta radicatissima tradizione che domina i t r a t t a t i
di estimo, i quali spesso sono stati compilati gli uni su gli altri, gli
indicati diritti sono denominati come dominio diretto e dominio utile,
ripetendo l'errore più volte vigorosamente combattuto dai giuristi. È
quindi consigliabile adottare espressioni rigorose, onde richiamare alla
mente del perito che si accinge alla valutazione la natura giuridica del
l'istituto dal quale prendono origine i diritti che egli deve valutare.
Il valore della proprietà del concedente, dato il sistema, del nostro
codice, è dato essenzialmente dal prezzo di affrancazione ; intendendo per
affrancazione l'atto in forza del quale l'enfiteuta, mediante il paga
20.3
L E S T I M E I N E R E N T I AL DIRITTO DI ENFITEUSI

mento di una data somma, acquista la piena proprietà del fondo. I n f a t t i


(art. 1504) l'enfiteuta può sempre redimere il fondo mediante il paga-
mento di una somma in danaro corrispondente all'annuo canone capita-
lizzato al saggio legale (').
In materia di affrancazione, attualmente, vale la legge fondamentale
dell'11 giugno 1925, n. 998, che ha convertito il Regio decreto-legge 15
luglio 1923, n. 1717, per la riforma delle vigenti disposizioni sulle affran-
cazioni dei canoni, censi ed altre prestazioni perpetue: legge, che in-
sieme al Decreto Reale 7 febbraio 1926, n. 426, con il quale si danno
importanti disposizioni transitorie per la sua attuazione, forma un si-
stema positivo che, pur essendo criticabile per diversi riguardi, risolve
agevolmente numerose questioni controverse.
b) Calcolo dei prezzo di affrancazione. - Il prezzo di affrancazione
si determina capitalizzando al saggio legale la somma dovuta per la pre-
stazione in danaro, ovvero quella corrispondente al valore delle derrate,
se in queste la prestazione consiste. Così l'art. 3 della legge del 1925,
il quale stabilisce inoltre che, se la prestazione non è espressamente
stabilita dal titolo, essa sarà fissata su la base delle prestazioni corri-
sposte nel decennio anteriore all'affrancazione. Va inoltre rilevato che
qualora vi siano convenzioni che stabiliscono il pagamento di un prezzo
d'affrancazione inferiore a quello che risulta procedendo nel calcolo in-
dicato esse mantengono il loro pieno valore; soltanto per le enfiteusi
temporanee sono salvi i patti che stabiliscono il pagamento di un prezzo

(J) L'incerta natura dell'istituto dell'enfiteusi risultante dal codice civile, per
nulla adeguata alle esigenze dell'agricoltura moderna, è stata lievemente modifi-
cata da alcune leggi. Quasi tutte però si occupano di questioni attinenti all'affran-
cazione; specie la legge dell'll giugno 1925, che costituisce veramente una legge ge-
nerale sull'argomento, alla quale avremo sovente occasione dì riferirci.
I. Legge 24 gennaio 1884, n. Ifi36 sull'affrancamento dei canoni enfiteutici, li-
velli, censi, decime ed altre prestazioni dovute a corpi morali.
II. Regolamento per l'esecuzione della legge precedente, pubblicato con Regio
decreto 31 marzo 1864, n. 1725.
III. Legge 23 giugno 1873, n. 1437 (serie 2a) sull'affrancazione di annualità do-
vute al demanio dello Stato e da esso amministrate.
IV. Legge 29 gennaio 1880, n. 5253 (serie 2a) sull'affrancazione dei canoni, censi
ed altre simili prestazioni.
V. Regolamento per l'esecuzione della legge precedente, pubblicato con Regio
decreto 18 aprile 1880, n. 5405.
VI. Legge 20 giugno, n. 1893, n. 347, sulle affrancazioni dei canoni, censi, livelli
ed altre annue prestazioni dovute al demanio dello Stato, al fondo per il culto ed
all'asse ecclesiastico di Roma.
VII. Legge 11 giugno 1925, n. 998. Conversione in legge del-Regio decreto-legge
15 luglio 1923, n. 1717, per la riforma delle vigenti disposizioni sulla affrancazione
dei canoni, censi ed altre prestazioni perpetue.
V i l i . Regio decreto 7 febbraio 1926, n. 426. Disposizioni transitorie e di attua-
zione alla legge 11 giugno 1925, n. 998, per la riforma, ecc., ecc.
200 L'ARTES P E C I A L E

maggiore, il quale però non deve superare i cinque quarti del capitale
calcolato secondo i criteri già esposti.
Quando la prestazione consiste in una quantità fìssa di derrate, la
somma corrispondente in danaro si determina facendo la media del va-
lore delle prestazioni dell'ultimo decennio. Se, invece, essa consiste in
una percentuale di derrate prodotte nel fondo (quota di derrate), la som-
ma da capitalizzare si calcola su la base della quantità media corrisposta
nell'ultimo decennio.
La legge dà precise disposizioni quando la misura delle prestazioni
sia stabilita in maniera crescente o decrescente. In questi casi la somma
da capitalizzare si determina in base alla media delle somme in danaro
o delle quantità o quote corrisposte nell'ultimo decennio nel caso di pre-
stazione crescente; in base alla media delle somme della quantità o delle
quote che si dovrebbero corrispondere nel decennio successivo all'affran-
cazione se si t r a t t a di prestazione decrescente. Naturalmente, non po-
tendosi prevedere i prezzi futuri, la determinazione del prezzo delle der-
rate della quantità di esse corrispondenti alla quota in cui consiste la
prestazione, sarà f a t t a in base alla media del decennio precedente.
I prezzi che il perito dovrà adottare per calcolare il valore delle
derrate sono quelli pubblicati dal Consiglio Provinciale dell'economia
corporativa della Provincia dove è situato il fondo enfiteutico o la mag-
gior parte di esso.
In questa prima parte del calcolo del prezzo di affrancazione la
legge del 1925 accoglie i concetti fondamentali del codice civile contenuti
nell'art. 1564, salvo alcuni opportuni chiarimenti volti a facilitare mag-
giormente quel movimento di affrancazione e di liberazione di ogni peso
gravante la proprietà, che costituisce la preoccupazione costante del no-
stro legislatore.
Sensibilmente diverso, invece, è l'orientamento della legge del 1925
per le aggiunte o detrazioni al prezzo di affrancazione così calcolato ; in
certo senso essa riforma il concetto fondamentale cui s'era ispirato il
legislatore del codice civile, il quale, forse per evitare facili controversie,
aveva dettato norme precise, sulle quali era diffìcile equivocare. Invero,
il nostro codice, forse volutamente, tace intorno all'aggiunta al prezzo
di affrancazione del valore dei diritti che il concedente avesse oltre il
canone e che con l'affrancazione venissero a cessare ; con questo però non
si vuole affermare che l'affrancazione porti inesorabilmente all'estinzione
di cotesti diritti, i quali secondo alcuni giuristi potrebbero rimanere
come diritti reali sul bene passato in proprietà dell'enfiteuta. Altri, in-
vece, ritengono che l'intenzione del legislatore fosse stata quella di to-
gliere compiutamente limiti e pesi gravanti sulla proprietà, anche se
ciò tornasse a favore dell'enflteuta.
II diverso spirito cui s'informa la legge ricordata si palesa subito
confrontando gli a r t . 12 e 13 con le disposizioni dell'art. 1564 codice ci
20.3
L E S T I M E I N E R E N T I AL DIRITTO DI ENFITEUSI

vile. Mentre il codice consente in maniera esplicita il pagamento di un


capitale minore del prezzo di affrancazione, qualora sia convenuto dalle
parti, e di un capitale maggiore nel solo caso delle enfiteusi a tempo de-
terminato non eccedenti i trent'anni, la legge del 1925, ammette aumenti
o diminuzioni del prezzo di affrancazione in relazione ai diritti che il
concedente viene a perdere o agli oneri di cui viene alleviato; inoltre,
per l'affrancazione delle enfiteusi temporanee il prezzo calcolato con i
soliti criteri può ricevere un congruo aumento, per stabilire il quale si
dispone, in caso di mancato accordo delle parti, il ricorso all'autorità
giudiziaria la quale decide, premessa la perizia del fondo. È evidente che
quest'ultima disposizione, demandando all'accordo delle p a r t i o al giu-
dice il congruo aumento del prezzo di affrancazione, se aderisce all'art. 30
delle disposizioni transitorie, modifica sensibilmente lo spirito catego-
rico e se si vuole anche un po' volutamente semplicista dell'art. 1564.
c) Il prezzo di affrancazione coincide sempre con il valore della
proprietà del concedentef - Prima di procedere oltre è bene soffermarci
su la possibilità di una mancata coincidenza t r a il prezzo di affranca-
zione e il valore del diritto di proprietà del concedente : possibilità che
si presentava con più frequenza prima della promulgazione della legge del
1925, che ha ammessi i ricordati aumenti e diminuzioni del capitale cor-
rispondente al canone. Invero, prima, nel silenzio del codice, da alcuni
si riteneva che, dopo l'affrancazione del canone e il trasferimento del
diritto di proprietà dell'enfiteuta, il .concedente potesse rimanere tito-
lare di diritti reali : fatto attualmente escluso dalle precise disposizioni
della legge e che, secondo alcuni giuristi, era escluso anche in precedenza
dal codice, sul cui spirito semplificatore era difficile equivocare.
La differenza t r a il prezzo di affrancazione e il valore del diritto del
concedente potrebbe essere dovuta al fatto che questi, in forza della
legge vigente all'atto della costituzione dell'enfiteusi o in forza del ti-
tolo, dovesse sostenere delle spese periodiche o meno il cui valore capi-
tale andasse computato a diminuzione del prezzo di affrancazione, cal-
colato secondo i criteri già indicati. Ma anche questo caso rientra nelle
disposizioni del citato art. 12, il quale ammette che il prezzo venga
diminuito quando il concedente viene liberato da oneri che, secondo la
legge del tempo in cui fu costituito l'obbligo dell'indicata prestazione,
sarebbero stati a carico dell'enfiteuta. È evidente che nel caso in cui
tali oneri siano a carico dell'enfiteuta essi non devono essere computati
in diminuzione del prezzo ; si può quindi concludere che quando si pro-
cede all'affrancazione, si avrà l'identità discussa.
Quando, invece, si valutasse il diritto del concedente indipendente-
mente dall'affrancazione — e ciò può accadere per situazioni particolari
e per fini individuali — allora dal capitale corrispondente al canone ca-
pitalizzato al saggio di mercato si dovrebbe togliere il capitale corri-
spondente a t u t t i gli oneri di qualsiasi n a t u r a ed origine a carico del
202 PAIÌTE SPECIALE

concedente. In questi casi non si avrà l'identità tra prezzo di affranca


zione e valore della proprietà del concedente, appunto perchè l'even-
tualità dell'affrancazione rappresenta una possibilità immanente sì, ma
esclusa però per i fini specifici e particolari del concedente che richiede
la stima, del suo diritto.
Questa osservazione ci porta a considerare il caso delle enfiteusi
nelle quali le parti hanno rinunciato valendosi dell'art. 14 della legge
del 1925 al diritto di affrancazione, per un tempo che non può essere
superiore ai 50 anni per i fondi di superficie inferiore ai 10 ettari con-
cessi al diretto coltivatore e di 30 anni in t u t t i gli altri casi. Quando
sia p a t t u i t a cotesta rinuncia il valore del diritto del concedente sarà
dato dal capitale corrispondente alla somma netta che egli ricava an-
nualmente (a), aumentata del prezzo di affrancazione (P„) che perce-
pirà, all'anno n, scontato all'attualità.
Cioè :

dove V0 indica il valore della proprietà del concedente e q è uguale


ad (1 + r).
Valore che di solito non coincide con il prezzo di affrancazione.
Forse è questo il solo caso in cui vi sia un effettivo divario fra le
due grandezze studiate.
Infine è opportuno segnalare un errore nel quale si può incorrere
ispirandosi alle disposizioni della legge 24 gennaio 1864, n. 1636, sul
l'affrancazione dei canoni enfiteutici, livelli, censi, decime ed altre pre-
stazioni dovute a corpi morali f1) : errore nel quale cade, sia pure inci-
dentalmente, il Brugi quando afferma che « gli effetti della affranca
zione sono lo scioglimento del vincolo enfiteutieo e il trasferimento della
libera proprietà del fondo enfiteutieo nell'enfiteuta, con l'onere dell'im-
posta fondiaria, detratta dal prezzo di affrancazione » (2).
Per tutte le enfiteusi costituitesi sotto l'impero del codice civile il
problema non presenta alcun dubbio, poiché l'art. 1558 dispone in ma-
niera inequivocabile che le imposte e t u t t i gli altri pesi che gravano il
fondo sono a carico dell'enfìteuta : quindi nessuna detrazione al ri-
guardo può essere f a t t a dal canone.
Qualora però si trattasse di enfiteusi costituitesi prima dell'andata

(M È opportuno riportare l'art. 9 della legge 24 genn. 1804, n. 1036: « Ove consti
che per legge o per patto o per consuetudine il pagamento dei tributi sia a carico
del direttario (leggi : concedente), l'annua prestazione da affrancarsi con la ces-
sione di rendita sul debito pubblico sarà ridotta di un quinto. Per tutte le altre ren-
dite che non siano le enfiteutiche, per le quali i debitori non erano abilitati a ri-
tenere meno del quinto, la riduzione sarà fatta sulla proporzione dell'annua riten
zione cui avevano diritto ».
( 2 ) C f r . : B R U G I - op. eit., pag. 677.
LE STIME INERENTI AL D I R I T T O DI ENFITEUSI 20.3

in vigore del codice civile e per le quali fosse espressamente pattuito che
le imposte fondiarie o altri oneri fossero a carico del concedente, allora
la detrazione della imposta dal canone enfiteutico dovrebbe essere com-
piuta anche a norma dell'art. 12 della legge del 1925, semprechè si t r a t t i
di oneri che, secondo la legge del tempo in cui fu costituito l'obbligo
della prestazione, sarebbero stati a carico dello enfiteuta.
Notevole al riguardo è la sentenza di Cassazione (I Sezione, 9 mag-
gio 19280 riguardante la causa Solinas-Capitolo Turritano della Cat-
tedrale di Sassari, con la quale la Corte Suprema risolve un caso assai
interessante (1).
d) II saggio di capitalizzazione. - Altra questione che si deve rile-
vare, per i motivi che l'hanno determinata e per la importanza estima
tiva, è quella concernente il saggio a cui va capitalizzato il canone.
È noto che l'art. 1831 codice civile stabiliva il saggio legale in ma-
teria civile nella misura del 5 % e quello in materia commerciale nella
misura del 6 % ; con la legge 22 giugno 1905, n. 268 il saggio legale fu
portato rispettivamente al 4 %, lasciando ferma, per espressa norma
di legge, la misura di capitalizzazione del 5 % per le affrancazioni,
commutazioni e riscatti di ogni genere costituitisi prima della sua an-
data in vigore.
Ora, mentre il Regio decreto-legge del 15 luglio 1923 manteneva le
distinzioni t r a le enfiteusi costituitesi prima e quelle costituitesi dopo
il 22 giugno 1905, tale distinzione è-stata abrogata nella legge del 1925,
come dimostra la seguente esplìcita disposizione dell'art, 4 del Regio
decreto 7 febbraio 1926: « P e r la determinazione del prezzo di affralì-

(') Cfr.: « Giurispr. It. », 192S I, 1, pag. 1305, I Sez., 9 maggio 1928: SOLINAS -
Capitolo Turritano della Cattedrale di Sassari. L'ultimo motivo di ricorso lamenta
che erroneamente la denunciata sentenza abbia simultaneamente fatta applicazione
della legge 24 gennaio 1864, n. 1636, quanto alla deduzione dell'imposta fondiaria
dal canone per la capitalizzazione di affranco e del R. D. L. 1923 per quant'altro.
Ma tale motivo è infondato. Anzitutto è da ritenersi che la ricorrente non può aver
interesse a contrastare l'applicazione di una norma di legge che le ha portato van-
taggio diminuendo l'entità del capitale di affrancazione. In ogni modo l'applica-
zione della norma desunta dalla legge del 1864 non fu errata, sia perchè quella
legge non è rimasta abrogata nei punti non regolati dalle successive leggi, sia per-
chè la norma di diminuzione del capitale di affrancazione in relazione al carico
della imposta fondiaria gravante il direttario trova base sul principio generale jru-
ctus non intelliguntur nisi deductis impensis. Invero, il canone per il direttario rap-
presenta il frutto, che egli ritrae dal fondo. Se una parte di tale canone egli deve
impiegare nel pagamento dell'imposta è ovvio che il vero frutto non è rappresen-
tato che dal residuo. Il capitale di affrancazione deve rappresentare il corrispettivo
del frutto che il direttario perde con l'affrancazione. Il capitale calcolato sulla
base dell'intero canone manifestamente rappresenterebbe più del corrispettivo. Sol-
tanto detraendosi per la capitalizzazione da farsi, dall'entità del canone, l'imposta
fondiaria, da cui per affrancazione l'ex direttario rimane discaricato, si manterrà
quella corrispettività.
204 L'ARTE S P E C I A L E

i-azione la capitalizzazione ha luogo sulla base dell'interesse legale, qua-


lunque sia il tempo in cui sorse l'obbligo della prestazione, rimanendo
abrogato per quanto riguarda le affrancazioni, il secondo comma del
l ' a r t . 2 della legge 22 giugno 1905, n. 2G8 ».
Concludendo: il prezzo di affrancazione in ogni caso si determina
capitalizzando al saggio legale in materia civile, cioè al Jf %.
La legge ba voluto regolare l'affrancazione dei piccoli canoni, censi
ed altre prestazioni perpetue dovute al demanio, a qualunque altra
amministrazione dello Stato, al fondo per il Culto, agli economati ge-
nerali dei benefizi vacanti, alle provincie, ai comuni e ad ogni persona
giuridica soggetta a tutela governativa, in maniera speciale ; e ciò per
facilitare quel movimento di affrancazione di canoni, censi, livelli, ecc.,
che lo stesso Stato voleva promuovere (1).
Il concedente, nel caso in cui la prestazione originaria, o ciascuna
delle parti in cui questa possa essersi divisa, non superi lire 50 annue
e l'obbligo della prestazione sia anteriore alla legge del 22 giugno 1905,
riceve 1111 prezzo d'affrancazione che invece dì essere 25 volte (4 %) il
canone, equivale soltanto a 15 annualità, restando fermo l'aumento pre-
visto dall'art. 10 per le prestazioni in denaro sorte avanti il 1° gennaio
1919 : aumento stabilito nella misura della quinta parte (20 %) del prez-
zo di affrancazione.
e) Il laudemio. - È noto che il laudemio piccolo o di passaggio
(da non confondere con il laudemio magno o d'investitura) consiste
nella somma pagata dall'enfiteuta. al concedente, per il suo consenso
che approva pienamente l'alienazione dei diritti dell'entìteuta a favore di
persone non comprese nell'investitura. È altresì noto che, date le dispo-
sizioni del codice civile, le enfiteusi con laudemio sono t u t t e precedenti
alla sua andata in vigore, per cui in questa materia sorsero delle ele-
ganti questioni di diritto transitorio, oggi quasi completamente risolte
dall'art. 11 della legge del 1925.
Le disposizioni transitorie per l'attuazione del codice civile stabi-
liscono (art. 30) che, nelle affrancazioni delle enfiteusi per le quali sia
dovuto il laudemio, l'enfiteuta debba pagare oltre al prezzo di affranca
zione la metà di un laudemio nelle enfiteusi perpetue (2) e tre quarti
di laudemio nelle enfiteusi temporanee. L'ammontare del laudemio, nel
caso in cui non sia stabilito dallo stesso titolo di concessione, veniva
fissato secondo le leggi sotto le quali la concessione era stata fatta.

(') Sembra errata l'interpretazione che a questo riguardo dà il B R U G I , op. cit


pag. 267 : « La legge del 1925, sebbene fondamentale ed unificatrice delle norme sul-
l'affrancazione di censi, canoni, ecc., non ha voluto distruggere una tradizione legi-
slativa a favore di taluni concedenti per la loro qualità di enti morali ». L'esame
del testo dimostrerebbe precisamente il contrario.
(2) Quali debbano considerarsi enfiteusi perpetue è stabilito dall'art. 31 delle
disposizioni transitorie.
20.3
L E S T I M E I N E R E N T I AL DIRITTO DI ENFITEUSI

Queste norme sono state introdotte nella legge del 1925, la quale
aggiunge all'art. 11 elie nel caso in cui l'ammontare del laudemio debba
essere determinato su la base del valore del diritto di enfiteusi (dell'utile
dominio sul fondo), questo valore sarà stabilito, quando non vi sia ac-
cordo tra le parti, da un perito nominato dal presidente del tribunale,
che giudicherà inappellabilmente come arbitro amichevole compositore.
Premesso ciò è bene rilevare che sono da considerarsi infelici eser-
citazioni aritmetiche quelle di alcuni autori che, stabilito a priori, senza
fondamento statistico, il periodo medio che intercorre tra due vendite
del fondo enfiteutico, calcolano la quota media annua di laudemio che

(a = L~—_j
On • T \ '
e l'aggiungono al canone annuo
prima di capitalizzarlo. Il procedimento è sbagliato anzitutto perchè
nell'enfiteusi con laudemio l'aggiunta al canone annuo va f a t t a nella
misura espressamente stabilita dalla legge e quindi sono arbitrari t u t t i
gli altri procedimenti ; inoltre perchè il numero medio di anni che inter-
corre t r a due vendite del diritto di enfiteusi dovrebbe essere stabilito
con criteri statistici rigorosi, onde avere probabilità di verificarsi nel
futuro.
Soltanto da un punto di vista casistico la precedente impostazione
può attingere la desiderata razionalità. E ciò perchè, àstrazion f a t t a
dai casi di sospensione del diritto di affrancazione contemplati dall'art.
14 della legge del 1925, vi sono situazioni concrete nelle quali si può
prevedere con fondamento che l'affrancazione non sarà immediata ; in
queste situazioni il valore del diritto del concedente dovrebbe essere
calcolato su la base del canone da capitalizzare al saggio corrente e al
valore ottenuto bisognerebbe aggiungere la quota di laudemio calcolata
nel modo sopra indicato.
Si noti che, se ciò può benissimo soddisfare le specifiche esigenze di
un concedente, non bisogna dimenticare che così procedendo si ammette
che non si verifichi l'affrancazione e che si abbiano anche trasferimenti
del diritto di enfiteusi.
f) La moneta in cui deve essere pagato il prezzo di affrancazione. -
Per evitare le incertezze e i facili equivoci suscitati dalla qualità di
moneta con la quale si deve pagare il prezzo di affrancazione, la ricor-
data legge del 1925 stabilisce che quando non risulta dal titolo l'ob-
bligo espresso di pagare in una determinata specie di moneta e con que-
sta o con ragguaglio ad essa non siano stati compiuti i pagamenti an-
nuali senza interruzione nell'ultimo quinquennio, allora il pagamento
del prezzo di affrancazione deve essere fatto nella quantità numerica
della somma stessa nella moneta legale corrente al momento della af-
francazione.
E ciò qualunque sia la moneta prevista nel titolo o corrente al tempo
della sua costituzione.
206 L'ARTE S P E C I A L E

Questa esplicita norma risolve una quantità di questioni elle le vec-


chie enfiteusi avevano fatto sorgere, date le diverse monete vigenti negli
stati esistenti in Italia prima della unificazione; la legge vuole rispet-
tare la volontà delle parti quando ciò appaia esplicito dal patto e dalla
pratica seguita nei pagamenti, mentre applica a tutti gli altri casi la
moneta legale corrente, criterio che sveltisce assai l'affrancazione delle
vecchie enfiteusi.
g) Le spese di ricognizione. - Allo scopo di evitare gli equivoci ili cui
sono incorsi alcuni cultori di estimo ( l ), è bene avvertire che nessuna ag-
giunta a titolo di ricognizione deve essere f a t t a al canone enfiteutieo onde
determinare il capitale di affrancazione; è stato, infatti, affermato che
la quota annua corrispondente alla spesa di ricognizione
sostenuta ogni 29 anni dall'enfiteuta (art. 15(53), deve esse aggiunta al
canone da capitalizzare.
L'errore evidente che si commette accettando l'indicata interpreta
zione non merita particolare commento ; invero, non si capisce in forza
di quale disposizione il concedente debba essere rimborsato di somme
che non ha mal percepito uè può percepire, anche se si tratta di spese
che l'enfiteuta non sosterrà più in seguito all'affrancazione. L'art. 12
della legge del 1925 dà sì diritto all'aumento del prezzo di affrancazione
nel caso in cui il concedente venga a perdere diritti, ma nel caso speci-
fico nessun diritto viene a cessare : soltanto l'enfiteuta consolidando il
suo diritto con quello del concedente non dovrà più incorrere nelle spese
della ricognizione.

4. - S T I M A DEL D I R I T T O DI E N F I T E U S I (VALORE DEL D O M I N I O UTILE)

Si è visto come il diritto di enfiteusi, pur essendo un diritto su cosa


altrui, sia talmente ampio da coincidere praticamente con la proprietà
del fondo, la quale de jure appartiene al concedente. Per questo la, sua
stima si basa su la, valutazione del fondo nella, sua unità e sulla deter-
minazione di alcune detrazioni, t r a le quali, principalissima, quella, del
prezzo di affrancazione di cui ci siamo occupati.
I n f a t t i , il valore del diritto di enfiteusi (V e ) aumentato del valore
del diritto di proprietà del concedente (V 0 ), dà il valore del fondo (V f ) :

E siccome V„ coincide, nel grandissimo numero dei casi, con il prez


zo di affrancazione, che è il risultato di un calcolo, ne deriva la fonda-
mentale importanza della stima del fondo considerato.

(') Cfr. : Bucci - L'affrancazione delle enfiteusi secondo le recenti disposizioni


di legge, « Rivista di Diritto Agrario », aprile-giugno, 1931.
20.3
L E S T I M E I N E R E N T I AL DIRITTO DI E N F I T E U S I

In questa materia il criterio discretivo più frequentemente seguito


ripete le sue origini dalla lettera del codice e distingue le enfiteusi per-
petue da quelle temporanee : classificazione che in verità non ha spe-
ciale importanza estimativa, per cui conviene abbandonarla. E ciò an-
che per evitare che il perito vi si polarizzi come intorno ad uno schema
necessario e quindi si lasci sfuggire le principali relazioni che intercor-
rono f r a i criteri di stima e le caratteristiche del diritto di enfiteusi da
stimare.
Una distinzione che invece è fondamentale nei riguardi estimativi è
quella che deriva dall'art. 14 della legge del 1925 in forza del quale, ac-
canto alla stragrande maggioranza di enfiteusi liberamente affrancatoli,
si possono costituire enfiteusi suscettibili di essere affrancate soltanto
dopo un certo numero di anni. Orbene, siccome il diritto di a f f r a n c a t i n e
è un diritto generale e siccome tutte le enfiteusi antiche o recenti, per-
petue o temporanee, sono ugualmente affrancatoli, l'impostazione nor-
male è quella che considera l'eventualità dell'affrancazione come un
fatto che può verificarsi nell'iisante stesso della stima ; eventualità che,
essendo immanente, pone il problema della valutazione del diritto enfi-
teutico su un preciso piano giuridico.
Si può quindi concludere che, astrazion f a t t a dalle limitazioni po-
ste dall'art. 14 della legge del 1925, il valore di mercato del diritto di
enfiteusi risulterà dalla differenza tra il valore di mercato del fondo e
l'ammontare del completo prezzo di affrancazione, aumentato delle spese
che l'enfiteuta dovrà sostenere per procedere al riscatto.
V.= V/T(Pa + S).

Il valore del fondo sarà determinato seguendo i consueti metodi


segniti per la stima dei beni fondiari : e così per il calcolo del prezzo di
affrancazione, di cui si è detto nelle pagine che precedono.
A questo caso di più generale applicazione segue il caso speciale in
cui le parti, approfittando del citato art. 14, abbiano allontanata l'even-
tualità della affrancazione di un ben stabilito numero di anni : allora
il valore del diritto di enfiteusi nel giorno della stima (anno 0) sarà
dato dal valore del fondo, diminuito del prezzo di affrancazione e spese
relative, entrambi scontate all'attualità, e del capitale attuale corrispon-
dente agli n canoni (c) da pagarsi dall'anno 0 all'anno n in cui avverrà
il riscatto :

Nessuna somma dovrà essere prelevata a titolo di ricognizione, poi-


ché per le enfiteusi costituite sotto l'impero del nuovo codice nessuna
prestazione è dovuta per questo titolo al concedente ; soltanto nel caso
in cui nell'intervallo di tempo considerato cada una ricognizione, allora
il perito dovrà tenere conto delle spese che essa comporta.
208 L'ARTE S P E C I A L E

I due casi che precedono sono i soli due casi impostati con fonda-
mento giuridico ; è la stessa legge che ne dà il motivo. Vi sono però altri
casi, che possono presentarsi in particolari situazióni concrete, di cui
ora vogliamo occuparci.
Si tratti, a cagion d'esempio, di un enfiteuta il quale desideri co-
noscere il valore del suo diritto nell'ipotesi che egli continui perpetua
mente a godere il fondo e a pagare il canone.
In questo caso il valore del fondo deve essere diminuito del valore
capitale corrispondente al canone aumentato della quota annuale equi-
valente alla spesa che ogni 29 anni l'enfiteuta deve sostenere per la ri-
cognizione del fondo : la somma del canone e della quota non sarà capi-
talizzata al saggio legale, ma a quello di mercato.
In un caso più generico di quello da noi ora posto, alcuni autori,
stabilito il periodo medio che intercorre t r a due trapassi, calcolano la
quota annua di laudemio L — l.-LJL—\ e questa aggiungono alla somma
del canone con la quota di ricognizione, avanti di capitalizzare. È bene
avvertire che essi cadono in errore, perchè così facendo attribuiscono al-
l'enfìteuta l'intenzione di vendere il fondo, nel qual caso dovrebbero
omettere la spesa di ricognizione non pili effettuabile.
Nel nostro caso specifico, data la precisa ipotesi dalla quale si muo-
ve, va escluso qualsiasi conteggio sul laudemio, poiché è esclusa l'even-
tualità dell'alienazione del diritto dell'enfiteuta.
La stima del diritto di enfiteusi nel caso che esso abbia carattere
temporaneo viene f a t t a con gli stessi criteri.
La eventualità dell'affrancazione, che è uno dei diritti più impor-
t a n t i e generali dell'enfiteuta, giustifica l'insistenza con la, quale si è
voluto esaminare il caso in cui colui che acquista il diritto o colui che
già lo detiene abbiano l'intenzione di riscattare il fondo : si è detto v o-
lutamente intenzione di riscattare il fondo, perchè l'impostazione da noi
data al problema non chiede necessariamente che all'intenzione dell'ac-
quirente o del debitore segua il fatto dell'affrancazione. Tanto più che
il prezzo di affrancazione, dato il sistema di leggi vigenti, non è un
prezzo mutevole, che segua, come t u t t i gli altri prezzi, le vicende econo-
miche, perchè consiste in una somma di moneta, f r u t t o di un calcolo
predeterminato dalle precise disposizioni della legge.
È certo che innumerevoli altri casi si possono presentare nella pra-
tica professionale in relazione alle specifiche situazioni in cui si può tro-
vare un enfiteuta e quindi alle particolari finalità cui deve soddisfare la
stima. In verità però è opportuno osservare che i casi da noi conside-
r a t i non solo esauriscono quasi interamente le situazioni più frequenti,
ma nella loro risoluzione forniscono i mezzi idonei affinchè il perito
possa orientarsi in quelle altre eventualità di cui si è ora accennato ; il
che appare evidente quando si pensi che la casistica svolta considera
20.3
LE S T I M E I N E R E N T I AL DIRITTO DI ENFITEUSI

compiutamente ie eventualità previste dalla legge e risolve i casi in cui


ricorra il laudemio e la quota di ricognizione.
Le enfiteusi temporanee però presentano una particolarità di cui
ora ci verremo occupando in occasione di una breve discussione che de-
sideriamo fare sulle stime che prendono origine dal ritorno della piena
proprietà nel concedente, in forza del diritto di devoluzione.

5. - LE S T I M E ORIGINATE DALLA DEVOLUZIONE

È noto che il concedente può chiedere la devoluzione del fondo (*)


quando, dopo una legittima interpellazione, l'enfiteuta non abbia pagato
il canone per due anni consecutivi, oppure quando deteriori il fondo o
non adempia all'obbligo di migliorarlo (art. 1765). È altresì noto che
nel caso di devoluzione egli ha diritto al compenso per i miglioramenti
eseguiti.
Da questo fondamentale diritto dell'enfiteuta ad essere compensato
per i miglioramenti compiuti ne derivano alcuni problemi estimativi.
La legge precisa il compito del perito, disponendo che tale com-
penso sia dovuto sino alla concorrenza della minor somma che risulta
t r a lo speso e il migliorato al tempo del rilascio del fondo, se la devolu-
zione è avvenuta per colpa dell'enfiteuta, in ragione, invece, del valore
dei miglioramenti compiuti, quando la devoluzione avvenga per la sca-
denza del termine (art. 1566).
È pacifico che non sono indennizzabili tanto i miglioramenti natu-
rali dovuti all'opera della n a t u r a (avulsione, alluvione, insula, alveus
derelictus, nascita di alberi sine plantatione et opera hominis), quanto i
miglioramenti c i v i l i , dipendenti da vicende economiche, da opere pub-
bliche, da provvidenze amministrative. E ciò perchè essi si sarebbero
verificati egualmente senza la concessione e l'enfiteuta non può riven-
dicare un miglioramento dipendente da eventi, ai quali è rimasto estra-
neo e attinente alla stessa natura della proprietà. Sono quindi inden-
nizzabili soltanto i miglioramenti industriali dovuti all'iniziativa e al-
l'opera dell'enfiteuta : fabbricati, sistemazione dei terreni, piantagio-
ni ; ecc.
Il Sampieri (2) nota che :
« I codici estense ed austriaco parlavano espressamente di miglio-
ramenti industriali, ma il limite, del resto tradizionale, non è meno si-
curo per il codice napoletano e per il nostro. La circostanza che en-
trambi ammettono l'obbligazione del concedente nell'ambito della som-
ma minore f r a lo speso e il miglioramento è decisiva, dimostrando che

(') Anche in questi casi l'enfiteuta, qualora lo preferisca, può sert'ipre redimere
il fondo con l'affrancazione.
( 3 ) C f r . : S A M P E R I - Op. cit.

G. Medici - Lezioni di estimo. 14


210 L'ARTE S P E C I A L E

si è voluto prendere in considerazione solo il miglioramento che richiede


una spesa.
« L'alternativa, altrimenti, potrebbe mancare di uno dei suoi ter
mini. Nel nostro, per giunta, è testualmente ricordato che i migliora-
menti indennizzabili sono circoscritti a quelli fatti dal concessionario ».
I valorosi giuristi che si sono dedicati allo studio dell'istituto del-
l'enfiteusi ci sembra non abbiano approfondito in maniera adeguata il
problema del compenso ; e ciò forse perchè la lettera del codice, a chi
non sia scaltrito nella indagine economica, può sembrare chiarissima e
tale da non lasciare dubbio alcuno.
È bene rilevare anzitutto che, in ogni caso, la base da cui si parte
è data dal valore dei miglioramenti, poiché, sia che la devoluzione av
venga per colpa dell'enfiteuta sia che avvenga per scadenza del contratto,
bisogna procedere alla sua determinazione.
Si presenta quindi il seguente problema fondamentale :
II migliorato, cioè il valore dei miglioramenti, deve risultare dalla
differenza t r a il valore del fondo al tempo del rilascio e il valore del
fondo all'inizio dell'enfiteusi, oppure deve risultare dalla differenza tra
il valore del fondo nell'istante del rilascio e il valore che il fondo avrebbe
nello stesso istante ma senza i miglioramenti compiuti?
La questione ha un evidente carattere sostanziale; d'altro lato è
accaduto e può accadere che il valore del fondo all'inizio dell'enfiteusi
non sia ricostruibile, mancando documenti idonei a f a r l o ; e ciò anche
perchè la moneta vigente al tempo della stipulazione del contratto può
essere diversa da quella in cui viene valutato attualmente il fondo do-
tato dei miglioramenti. E anche se si procede al ragguaglio fra le mo-
nete considerate, rimane sempre la diversa capacità di acquisto dello
stesso peso di oro.
L'interpretazione del codice non soccorre nella scelta delle due vie
indicate: il codice parla di valore dei miglioramenti al tempo del ri-
lascio, parla di minor somma f r a speso e migliorato, ma siccome il va-
lore dei miglioramenti non esiste indipendentemente dal fondo sul quale
essi sono stati compiuti e col quale formano una indissolubile unità, ne
consegue che la determinazione del migliorato richiede un termine di pa
ragone : termine che è costituito dal fondo privo di miglioramenti.
Ammesso che il diritto di enfiteusi sia un diritto su cosa, altrui, un
argomento che forse è atto a risolvere la questione da un punto di vista
giuridico e soddisfa anche le ricordate esigenze economiche può essere
il seguente. Siccome nell'enfiteusi non si ha alcun trasferimento di pro-
prietà, il concedente continua, nonostante i miglioramenti compiuti, a
conservare inalterato nel tempo il diritto di proprietà sul fondo con-
segnato all'inizio della, concessione. Quindi all'istante in cui il diritto di
proprietà del concedente, fortemente compresso dal diritto dell'enfi
teuta, si espande di nuovo su tutta la cosa e sulle sue accessioni, il
20.3
LE STIME INERENTI AL D I R I T T O DI ENFITEUSI

concedente sarà tenuto a pagare il valore dei miglioramenti; e precisa-


mente questo compenso dovrà essere calcolato riferendosi al valore at-
tuale del fondo senza miglioramenti e ciò perchè il concedente non ha
cessato di esserne il proprietario.
Se questa interpretazione è accettabile, il valore dei miglioramenti,
in caso di devoluzione per scadenza del termine, si dovrebbe determinare
facendo la differenza tra il valore del fondo con miglioramenti e il va-
lore che il fondo avrebbe nello stesso istante qualora ne fosse privo.
In tal modo vengono anche ad essere evitate ricerche storiche sul
valore dei beni fondiari, che, nel maggior numero dei casi, mancano di
fondamento rigoroso, data la scarsità di documentazione attendibile.
Il Samperi (*) in una recente nota, dopo aver ricordato che « si è
dubitato se la stima del fondo, detratte le migliorie, debba farsi in rap-
porto al valore proprio del momento della costituzione dell'enfiteusi o
all'altro, in cui le medesime furono intraprese » afferma che entrambe
queste soluzioni vanno escluse. E ciò perchè i due valori, dalla cui diffe-
renza scaturisce il valore dei miglioramenti, non sono comparabili es-
sendo riferiti a tempi diversi ; inoltre, così procedendo si finirebbe per
attribuire all'enfiteuta il valore di quei miglioramenti naturali (avulsio-
ne, alluvione, ecc.) o civili (sviluppi stradali, provvidenze economiche o
amministrative di carattere pubblico, ecc.) che devono essere esclusi dal-
l'indennizzo, perchè non sono opera dell'eiifiteuta.
È da ritenere però che la nostra argomentazione e quella del Sam-
peri, che portano alla stessa conclusione, cadano quando si neghi al di-
ritto di enfiteusi il carattere di jus in re aliena; quando si ammette che
esso sia un contratto traslativo di proprietà, il valore dei miglioramenti
dovrebbe, invece, essere stabilito su la base del valore del fondo senza
miglioramenti al momento della concessione. I n f a t t i , dal momento in
cui avviene il passaggio del diritto di proprietà, t u t t i i miglioramenti
futuri, siano naturali o civili o industriali, appartengono al nuovo pro-
prietario del fondo.
Il procedimento da seguire deriva quindi dalla n a t u r a del diritto
di enfiteusi.
Problema analogo si presenta quando la devoluzione sia dovuta per
colpa dell'enfiteuta, nel qual caso non basta determinare il migliora-
mento, perchè il compenso sarà stabilito nella minor somma che risulta
comparando lo speso con il miglioramento al momento del rilascio del
fondo.
Ma come si determina lo speso?
Deve esso risultare dalla somma di t u t t a la spesa effettivamente so-
stenuta dall'enfiteuta nel corso del tempo, oppure deve esso risultare

P ) C f r . : SAMPERI - Op. cit.


212 L'ARTES P E C I A L E

d a l l a s o m m a delle spese c h e oggi si s o s t e r r e b b e r o q u a l o r a si r i f a c e s s e r o le


o p e r e di m i g l i o r a m e n t o e s i s t e n t i al m o m e n t o del r i l a s c i o ?
La l e t t e r a del codice f a i n d u b b i a m e n t e p r o p e n d e r e p e r la p r i m a so-
l u z i o n e : esso p a r l a di speso, cioè d i s o m m a di spese s o s t e n u t e ; p a r l a ,
cioè, di costo di produzione e n o n già di costo di riproduzione. Senonchè
le spese c o m p i u t e nel corso del t e m p o difficilmente sono s u s c e t t i b i l i di
a c c e r t a m e n t i , p e r c u i si d o v r à r i c o r r e r e a calcoli che n o n essendo fon
d a t i su d o c u m e n t a z i o n i a t t e n d i b i l i c o s t i t u i r a n n o delle pericolose i n d ù
zioni. E a ciò s ' a g g i u n g a il f a t t o i m p o r t a n t i s s i m o che, in t u t t i i t e m p i ,
g r a n p a r t e dei m i g l i o r a m e n t i c o m p i u t i d a l l ' e n f i t e u t a sono f r u t t o del suo
l a v o r o m a n u a l e , c h e . n o n a v e n d o m e r c a t o , r e n d e a n c o r p i ù difficile la già
incerta valutazione.

POGGI - Saggio di un trattalo teorico-pratico del sistema livellari1, Firenzi', L.on-


ducciana, 1832.
P A C I F I C I - M A Z Z O N I - Codice Civile commentato, voi. 1 3 ° , Firenze, 1 S 7 S .
COLAMARINO - Del contratto dell'enfiteusi, Firenze, 1870.
R I C C I - Corso teorico-pratico dì diritto civile. Torino, 1882, voi. Vili.
MANDUCA - Il nuovo diritto enfiteutieo in « Archivio Giuridico», 1891, X L V I 1 .
CAMPOORANDE - Note critiche sulla teoria del dominio diviso in « Legge », 1893.
GTANTURCO - Istituzioni di diritto civile, Firenze, 1895.
D E PIRRO - Della enfiteusi, Milano, 1 9 0 7 .
S I M O N C E L L I - Della enfiteusi, Napoli-Torino, 1 9 1 0 .
CARRARA - Le caducità enfiteutiche, Milano, 1914.
F I L O M U S I - G U E L F I - Enciclopedia giuridica, Roma, 1 9 1 7 .
FERRARA - Trattato di diritto civile italiano, voi. I . pag. 1 , Roma, 1 9 2 1 .
O H E R C H I - La devoluzione -nel contralto di enfiteusi in « Rivista di Diritto Agrario »,
1924, n. 2.
CORVAJA - Noie critiche sulle disposizioni del Regio decreto-legge 15 luglio 1SZS,
n. ni"!, per la riforma delle vigenti norme sull'affrancazione dei canoni, censi
ed altre prestazioni perpetue in « Rivista di Diritto Agrario », 1924, n. 2.
COBVA.IV - La conversione in legge del decreto sull'affrancazione dei canoni enfVen-
tici in « Rivista di Diritto Agrario », 1925, n. 2.
FONTANA - Affrancazione di canoni, censi ed altre prestazioni perpetue in a Rivista
di Diritto Agrario », 192(5, n. 2.
BRUGI - Per il diritto di enfiteusi in « Rivista di Diritto Agrario », 1927, n. 7, 8, 9.
B R U G I - Della enfiteusi, voi. II, Torino, 1929.
Bucci - L'affrancazione dell'enfiteusi secondo le recenti disposizioni di legge in
« Rivista di Diritto Agrario », 1931, n. 2.
C H E R C H I - La natura giuridica dell'enfiteusi in « Rivista di Diritto Civile », anno
XXV, n. 1, 1933.
S A M F E R I PASQUALE SALVATORE - Il compenso per i miglioramenti dell'enfiteusi In
«Studi in onore di Federico Cammeo», voi. II, Cedam, Padova, 1933.
D E R U G G I E R O - Istituzioni di diritto civile, Messina-Milano, 1 9 3 4 .
C O G N E T T I - D E M A R T I I S - Il contratto dell'enfiteusi e la riforma del codice civile iri
« Rivista di Diritto Agrario », 1934, n. 1.
CAPITOLO VI.

LE STIME I N E R E N T I AL DIRITTO D'USUFRUTTO

1. - GENERALITÀ

Usufrutto, uso ed abitazione sono diritti reali di godimento, a noi


pervenuti dal diritto romano attraverso la lunga e varia elaborazione del
diritto intermedio. Però l'uso e l'abitazione possono considerarsi come
speciali forme di usufrutto, poiché di questo conservano i fondamentali
attributi.
L'art. 477 c. c. definisce l ' u s u f r u t t o come il diritto di godere delle
cose di cui altri ha la proprietà, nel modo che ne godrebbe il proprie-
tario, ma coll'obbligo di conservare la sostanza tanto nella materia
quanto nella forma. Cioè si tratta di un diritto su cosa altrui che per-
mette di f a r propri i f r u t t i della cosa legata, come ne farebbe il pro-
prietario, serbando però la sostanza della cosa sia nella materia sia
nella forma.
L'etimologia della parola chiarisce bene i due modi distinti di godi-
mento che dalla cosa legata in usufrutto si possono trarre.
Nel vocabolo romano ususfructus troviamo la parola usus riferibile
al verbo ut-or e che indica l'usare una cosa come tene strumentale per
procurarsi il soddisfacimento di un desiderio; l'altra parola fruetus,
che è accoppiata alla precedente, va riferita al verbo fruor, che significa
il trarre da una cosa un godimento immediato, come si farebbe di un
pane, mangiandolo.
L'usufrutto, riunendo i due concetti precedenti, dà diritto al titolare
di giovarsi nel modo più vario della cosa traendone ogni possibile utilità.
La coesistenza, su di una stessa cosa, di due diritti cosi lati e contra-
stanti è consentita solo dalla limitazione della durata. Se il diritto di
u s u f r u t t o non fosse limitato nel tempo mal si potrebbe distinguere dal
diritto del proprietario : il limite rimane quindi il criterio descrittivo
fonda-mentale.
Il diritto di proprietà, così ridotto e compresso durante l ' u s u f r u t t o ,
si fonda su la certezza della f u t u r a restituzione della cosa e al cessare
dell'usufrutto si riespande, riacquistando il suo pieno e incontrastato
dominio.
214 L'ARTE S P E C I A L E

Pei* questo la legge stabilisce che l'usufrutto non si possa trasmet-


tere successiva mente da una ad un'altra persona ; esso si estingue con
la morte della persona che lo gode, quando non sia fissato un determi-
nato numero di anni, minore o uguale alla durata massima della vita
umana.
Per le persone giuridiche, le quali non patiscono ingiuria di tempo
e possono durare indefinitivamente, il nostro codice ha stabilito che
l ' u s u f r u t t o cessi dopo 30 anni dall'inizio. 1 romani, invece, convennero
che la durata massima dell'usufrutto fosse, in questo caso, di 100 anni,
considerando questo come il più remoto limite della vita degli uomini.
Or è evidente che l'usufrutto propriamente detto, nella sua primi-
tiva natura, può concepirsi istituito solo su beni ad utilità ripetuta
(casa, automobile, ecc.) e non invece su beni ad utilità semplice, che
si distruggono nell'atto di dare l'utilità di cui sono capaci (caffè, fa-
rina, ecc.).
I due diritti reali, di usufrutto e di proprietà, diventano incompa-
tibili su di uno stesso bene ad utilità semplice, poiché, se si assicura al
proprietario il godimento di quel determinato bene, s'annulla il diritto
dell'usufruttuario; e se invece si attribuisce a quest'ultimo il godimento
del bene, il proprietario decade dal suo diritto reale, distruggendosi ia
cosa su cui il diritto insisteva, ed egli può acquistare a compenso solo
il diritto di ripetere dall'usufruttuario l'equivalente della cosa legata.
L'istituto dell'usufrutto è quindi concettualmente inadatto ad essere
costituito su beni ad utilità semplice; pur tuttavia esso fu esteso a questi
particolari beni fino dall'epoca romana, con un senato-consulto che risale
a circa l ' V I I I secolo di Roma.
In questo caso dunque l'usufruttuario gode la proprietà della cosa,
ma, per ristabilire l'equilibrio, gli incombe l'obbligazione di restituire
l'equivalente di essa.
Questo particolare rapporto giuridico venne chiamato nella dottrina
col nome di quasi usufrutto.
Nel nostro codice, superando le difficoltà concettuali che vi si oppo-
nevano, si è indicato col nome di usufrutto tanto l'usufrutto proprio
quanto il quasi usufrutto. Ciò appare dall'art. 178 in cui si dice che
l'usufrutto può essere stabilito sopra qualunque specie di beni mobili e
immobili.
L ' u s u f r u t t o è regolato dal titolo da cui proviene e dalle norme del
Codice Civile (art. 177, 520 c. c.) e può costituirsi per negozio giuridico
e per legge. I casi più notevoli di usufrutto legale sono quelli del geni
tore esercente la patria potestà sui beni provenienti al figlio da succes-
sione, donazione o da qualunque altro titolo lucrativo (art. 228-234), e
del coniuge superstite sui beni dell'altro coniuge, sia nella successione
legittima, sia nella successione testamentaria (art. 753-812).
L'estinzione dell'usufrutto può avvenire con la morte dell'usufruì
L E S T I M E I N E R E N T I AL D I R I T T O D'USUFRUTTO 215

tuario, con lo spirare del termine, con la consolidazione, con la prescri-


zione estintiva, con il totale perimento della cosa, e, infine, con l'abuso
che l'usufruttuario faccia del suo diritto.

2. - COSA SI DEVE I N T E N D E R E PER SOSTANZA DELLA COSA

Una classificazione sistematica ed una corrispondente regolamenta-


zione dei vari casi possibili d'usufrutto non si trova nel nostro Codice.
Per i casi di maggior interesse estimativo vedremo partitamente le di-
sposizioni; per t u t t i i casi in genere, diritti e doveri dell'usufruttuario
si deducono, o per lo meno si dovrebbero dedurre, dalla norma fonda-
mentale dell'art. 477, la quale concede all'usufruttuario di godere della
cosa come ne godrebbe il proprietario con la fondamentale limitazione
di conservarne la sostanza tanto nella materia quanto nella forma.
Questa disposizione che a prima vista sembra di chiaro significato,
appare imprecisa e assai oscura quando si cerchi di dare ad essa una
compiuta interpretazione.
Il problema fondamentale, è il seguente : cosa si deve intendere per
sostanza della cosa?
Il Venezian, identifica la sostanza di una cosa con la sua destina-
zione economica : « Ciò che costituisce per il proprietario la sostanza
della cosa, ciò che rappresenta per lui come un elemento costante che
persiste o può persistere sotto (sul-stantia) alla variazione che forze in-
terne od esterne le facciano subire è molto più complesso di ciò che ne
costituisce la giuridica individualità, e non si può determinare, a diffe-
renza di quel che avviene per la individualità giuridica, se non facendo
capo alla funzione che le è di fatto assegnata fra quelle che per le sue
attitudini naturali comporta » (1).
E più avanti precisa ancora : « Poiché è nella funzione generica di
dare utilità che le cose sono beni, e si distinguono l'una dall'altra per la
funzione specifica di procacciare utilità in questo o quel modo, è deter-
minata da tale funzione la loro sostanza » (2).
Inteso così il concetto di sostanza, cioè come destinazione economica
della cosa , il Venezian afferma che obblighi e diritti del titolare del di-
ritto d'usufrutto si possono logicamente dedurre come corollari di un
unico postulato.
È da notare come, già nel diritto intermedio, il De Luca desse una
interpretazione analoga a quella del Venezian, e come, al § 1036 del Co-
dice Germanico si stabilisca che l'usufruttuario deve tener ferma la de-
stinazione economica data precedentemente alla. cosa.

(*) G. VENEZIAN - « Dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione », pag. 51, voi. 11,


1931, TJ.T.E.T., Torino.
( 2 ) G . VENEZIAN - Op. cit., pag. 52.
226
L'ARTE S P E C I A L E

La clausola «salva- rerum sub - stantia » che vigeva ancora nell'an-


tico diritto romano dovette sembrare in prosieguo di tempo troppo ge-
nerica e inadeguata a tutelare il proprietario uei suoi diritti sulla cosa
legata in u s u f r u t t o ; perciò si aggiunsero le parole materia e forma, come
se fossero — e interpretando rettamente il Codice non si può intendere
che cosi — i due possibili aspetti della sostanza, come cioè se la sostanza
di una cosa fosse legata alla materia di cui è composta e alla forma in cui
appare. Comunque sia, la dizione del Codice è incerta ; e tale rimane
anche se alcune interpretazioni dei giuristi — come ad esempio quella
del Venezian — possono consentire la soluzione di molti dei problemi
che nascono da questa imperfezione.
La soluzione totale di ogni incertezza, il rimedio ai visibili difetti
della attuale legislazione, si otterrà non già cercando di forzare il si-
gnificato della legge, ma riformandola e continuando così l'evoluzione
storica del diritto positivo.
fc in tal modo che il diritto positivo si perfeziona e, con modifica-
zioni necessariamente lente e tarde, si uniforma alle esigenze della so-
cietà e soprattutto della vita economica, sempre animata da forze nuo-
ve, scossa da nuove esigenze.

3 . - L A DURATA D E L L ' U S U F R U T T O E L E TAVOLE D I M O R T A L I T À

La durata dell'usufrutto è spesso stabilita in un periodo di tempo


determinato dal titolo che lo ha costituito o dal Codice ; altre volte la
durata è iu dipendenza di un avvenimento futuro, come avviene nel caso
assai frequente di usufrutto stabilito vita naturai durante del titolare.
In questo caso il metodo più rigoroso per valutare il diritto dell'usu-
f r u t t u a r i o si fonda su la conoscenza della vita probabile della persona
che gode l'usufrutto. A tale scopo ci si può servire delle tavole di mor-
talità, le quali indicano la vita mediana, calcolata in base al numero
di morti verificatisi f r a gli individui appartenenti alle diverse classi
di età.
Le tavole di mortalità sono un caso particolare delle tavole di eli-
minazione e consentono di conoscere, in funzione della variabile tempo
espressa generalmente di anno in anno, la legge che regola il mutare
dei seguenti fenomeni: numero dei sopravviventi, numero dei morti,
quoziente di sopravvivenza, quoziente di mortalità, vita media e vita
probabile.
I dati relativi alla sopravvivenza sono complementari di quelli rela-
tivi alla mortalità ; la stessa relazione sussiste fra quoziente di mortalità
e quoziente di sopravvivenza, cioè esprimendo uno di questi quozienti
con la lettera c l'altro sarà dato da 1 — o.
II quoziente di mortalità è espresso dal rapporto f r a il numero dei
morti nell'intervallo di tempo t-t + 1 ed il numero dei viventi all'istan-
L E S T I M E I N E R E N T I AL D I R I T T O D'USUFRUTTO 217

te t. Ad esempio, se il numero dei viventi all'inizio dell'anno t è di 100


mila, dei quali alla fine dell'anno (f + 1) ne sono morti 10.891, allora il
10 894
quoziente di mortalità sarà dato da jocTooo =^0,10894. 11 quoziente di
sopravvivenza è 0.89106, cioè il complemento all'unità.
Con la denominazione di vita media (e, ) si esprime il numero medio
di anni vissuto dai sopravviventi all'età t. Essa si ottiene dividendo la
somma totale degli anni vissuti dopo l'anno t dai sopravviventi in quel
momento per il numero stesso dei sopravviventi. Così, ad esempio, la vita
media di una l'olla di persone sopravviventi a 25 anni sarà data dalla
somma di tutti gli anni vissuti dai sopravviventi sino alla morte, divisa
per il numero dei sopravviventi.
Nel caso specifico, rilevando i dati dalla tavola riportata in appen-
dice (') e aggiungendo -J per avere la vita media completa, si lia :
1 78.262 -+- 77.918 H -+- 0,54
,:u
• 2 * 7s.ni,;, - '"
e cioè : la vita media in anni compiuti di una folla di individui soprav-
viventi a 25 anni è di anni 4.3,60 (2).
La vita mediana indica invece il tempo necessario perchè il numero
dei sopravviventi venga ridotto a metà pei- successive morti, e viene
comunemente detta vita probabile, quantunque la espressione sia im-
propria.
Se noi vogliamo conoscere la vita probabile dì un sopravvivente a
25 anni, basterà dividere per due il numero dei sopravviventi in quel
momento ^ 1 |-- ll0, '_ — 39.302,5J e trovare nella tavola quale età corrisponde
a questo numero. Nel nostro caso 39.302,5 è compreso f r a 36.945 e 39.360
cui corrispondono le età di 73 e 72 a n n i ; con sufficiente approssimazione
si può scegliere l'età di 72 anni, per cui la vita probabile risulta pari a
72 — 25 = 47 anni.
Il modo più esatto di costruire una tavola di mortalità sarebbe quel-
lo di seguire una generazione attraverso il tempo fino alla morte dell'ul-
timo dei componenti. Ma questo metodo è praticamente impossibile per-
chè richiede almeno un secolo e quindi le tavole di mortalità si formano
rilevando la distribuzione per età di una popolazione in un dato istante.
In tal modo si sostituisce ad una serie storica, cioè ad una successione
di valori nel tempo, una distribuzione statistica ottenuta classificando
per età la popolazione vivente in un determinato istante.

(') In appendice riportiamo la tavola di mortalità pubblicata nel Bollettino


Mensile di Statistica, dicembre 1934. A fianco è stata indicata la vita probabile,
calcolata con i dati in essa contenuti.
(') Cfr.: F. V I N C I - Manuale di statistica, Zanichelli, Bologna, 1934, voi. II,
pag. 153 e segg.
218 L'ARTE S P E C I A L E

È da notare però che la mortalità varia col tempo e manifesta una


lendenza abbastanza costante alla diminuzione. E ciò è di grande ini
portanza, specie per la pratica della previsione.
Quando occorre stabilire la vita probabile di una determinata per-
sona di una data età, per fini assicurativi o estimativi, allora non
ci si può accontentare di tavole costruite nel modo predetto, i cui risul-
t a t i sono valevoli solo per un passato recente, poiché la mortalità non è
costante nel tempo. Si costruiscono allora delle speciali tavole di mor
talità, in cui il numero più attendibile dei nati e dei morti è ottenuto
per estrapolazione, dopo aver scelta la relativa legge eli variazione-, ana-
logamente la distribuzione più attendibile dei morti e dei vìventi è de
dotta dalla distribuzione verificata in un dato momento.
L'uso delle tavole di mortalità va fatto però con cautela e ponendo
mente a t u t t i quei fattori individuali (malattie, rischi, ecc.) che possono
portare il loro peso a modificare le risultanze della tavola, le quali bau
no t u t t i i caratteri dei valori medi.
Esamineremo ora alcuni particolari casi d'usufrutto.

4. - L'USUFRUTTO DEI B E N I R U S T I C I IN GENERALE

Il diritto d ' u s u f r u t t o può dare origine a due distinte valutazioni


aventi per oggetto lo stesso beue : una cerca di stabilire la somma di
moneta da attribuire al diritto dell'usufrutttuario, l'altra la somma
di moneta da attribuire alla linda proprietà.
In ogni caso il valore economico del diritto d'usufrutto dipende dal
reddito che la cosa può dare al possessore di essa, al uetto delle spese e
oneri di qualsiasi genere che egli dovesse sostenere. E siccome redditi e
spese sono distribuiti in momenti successivi di tempo, essi debbono es-
sere scontati all'attualità, onde averne il valore al momento della stima.
Se l ' u s u f r u t t o si esercita su di uu bene rustico, il suo valore va com-
misurato su la base del reddito che l'usufruttuario ne ricava ; e cioè del
beneficio fondiario nel caso in cui il fondo sia affittato e del reddito fon-
diario nel caso in cui l'usufruttuario lo conduca direttamente : reddito
fondiario che, nelle ipotetiche condizioni di equilibrio, tende a coincidere
con il beneficio fondiario.
Quindi se indichiamo con B f il beneficio fondiario del fondo sog-
getto ad usufrutto, la somma di moneta da attribuire a questo diritto
sarà data dall'espressione

dove n indica il numero degli anni dell'usufrutto e r il saggio a cui vanno


scontati i successivi benefici fondiari.
LE S T I M E I N E R E N T I AL DIRITTO D ' U S U F R U T T O 219

Il valore della nuda proprietà (V p ) nello stesso istante sarà dato


dalla differenza tra il valore integrale del fondo (V f) e il valore del di-
ritto d'usufrutto (F„), cioè:
v v v
r = f - u
B
V - J - B
v s j r(l-hr)n '

dove s rappresenta il saggio di capitalizzazione del bene rustico sog-


getto a quel dato diritto d'usufrutto : saggio che può essere diverso dal
saggio (/•) con il quale si scontano i redditi dell'usufruttuario.
Per determinare il beneficio fondiario è necessario tenere presenti
tutte le norme specifiche che riguardano l'esercizio del diritto d'usu-
frutto, e cioè di limitazione della locazione, ecc. Così l'usufruttuario è
tenuto ad osservare la pratica dei precedenti proprietari, per cui non ha
un'assoluta libertà nello stabilire la ripartizione della superficie tra le
singole colture, ecc.
La limitazione che la legge pone alla scelta di un qualsiasi ordina-
mento aziendale deve essere tenuta ben presente dal perito, perché nella
determinazione del beneficio fondiario egli non potrà basarsi sul gene-
rale criterio dell'ordina rietà, ma dovrà considerare la pratica seguita
dai precedenti proprietari, anche se questa è del tutto eccezionale ; così
potrà variare l'ordine e la successione delle colture nel seminativo pur-
ché si possa facilmente e rapidamente ritornare allo stato iniziale, ma
non potrà dissodare prati stabili, e in ogni caso non sarà consentito un
nuovo ordinamento colturale sostanzialmente diverso dal precedente, an-
che se consigliato dalla tecnica.
Compiuti i rilievi del caso e stabilito l'ammontare e la successione
dei redditi di cui si prevede dovrà godere l'usufruttuario, l'applicazione
delle formule riportate diviene semplicissima. Ripetiamo ancora una
volta che la stima sta proprio nelle scelte degli elementi con i quali si
calcola : tra queste, speciale importanza ha quella del saggio d'interesse.
Nel conteggio di stima bisogna tener conto del fatto che le spese di
inventario sono, per espressa disposizione di legge (art. 496), a carico del-
l'usufruttuario ; né va dimenticato che questi deve prestare cauzione a
garanzia di godere le cose da buon padre di famiglia, semprechè non ne
sia dispensato dal titolo o dalla legge. Non hanno tale obbligo il padre
e la madre usufruttuari legali dei beni dei loro figli e il venditore o il
donante con riserva d'usufrutto.
Si ricordi infine che l'usufruttuario è tenuto a pagare t u t t i i ca-
richi censuari del fondo, come sono i tributi, i canoni e gli altri pesi che
secondo la consuetudine gravano i frutti (art. 506). Però al pagamento
dei carichi imposti sulla proprietà (intesa come capitale) durante l'usu-
frutto è tenuto il proprietario ; l'usufruttuario deve corrispondergli l'in-
teresse della somma pagata.
220 L'ARTE S P E C I A L E

5. - L ' U S U F R U T T O OEI BOSCHI (L)

Le norme date dal codice per l'usufrutto dei boschi sono particolar-
mente manchevoli e imprecise. La vasta materia è regolata sostanziai
mente da due brevi articoli : il 185 e il 18(5.
L'unica distinzione fatta dal legislatore fra i vari tipi di boschi, che
la pratica forestale ha riconosciuto, è quella f r a boschi cedui e boschi
d'alto fusto. L ' u s u f r u t t o istituito su ogni altro tipo di bosco non è rego-
lato direttamente; bisogna quindi ricorrere a delle interpretazioni ana-
logiche nelle quali si può esercitare l'abilità dialettica e l'acume dei giu-
risti, ma che dimostrano l'insufficienza dell'attuale diritto positivo in
materia.
Per giungere alla stima dei diritti inerenti all'usufrutto dei boschi,
è indispensabile possedere una profonda conoscenza tecnica unitamente
a quella delle norme giuridiche, appunto perchè, dove non soccorre la
disposizione del Codice, deve supplire una sicura esperienza.
Abbastanza semplice è la stima dell'usufrutto dei boschi cedui, pei
quali la legge impone all'usufruttuario di osservare l'ordine e la quan-
tità dei tagli, giusta la distribuzione dei medesimi o la pratica costante
dei proprietari (art. 185). Una volta conosciuto l'ordine e la quantità
dei tagli cui il ceduo era sottoposto, il problema è determinato, poiché
si conosce l'entità della massa legnosa, ed il periodo di tempo che inter-
corre f r a il maturarsi di un reddito e l'altro.
Se la precisa durata dell'usufrutto non è fissata nell'atto con cui è
costituito, essa può determinarsi approssimativamente con l'ausilio
delle tavole di mortalità, interpretate con senno e modificate quando lo
consiglino le particolari condizioni del caso.
È evidente che il perito dovrà porre grande attenzione a questa de-
licata scelta della vita probabile, perchè, trattandosi spesso di redditi
periodici poliennali, può darsi che la fine dell'usufrutto cada vicino al
momento del taglio e quindi dipende dalla valutazione del perito l'inclu-
dervi o meno il reddito relativo.
La parte principale della stima sta nell'attribuzione dei prezzi da
assegnare alla massa legnosa : l'incertezza più o meno grande di essi si
rifletterà in una maggiore o minore approssimazione del valore di stima.
Come già avemmo occasione di esporre, determinate le quantità e i prezzi
relativi ad ogni singolo taglio, i valori ottenuti si scontano al momento
attuale e si sommano, giuste le regole esposte nel caso generale della
stima dei boschi.

(') Cfr. su questo argomento lo studio del dott. U. FAOCA: Considerazioni su


l'usufrutto dei boschi, «Rivista di Diritto Agrario», dicembre 1936, sul quale ci
siamo basati per compilare questo paragrafo.
L E S T I M E I N E R E N T I AL DIRITTO D ' U S U F R U T T O 221

Nel caso di boschi d'alto fusto assai incerta è la consistenza del di-
ritto deH'usufrutttuario. Egli è ammesso al taglio solo nel caso in cui
già esista una distribuzione in tagli regolari, sia che questi si facciano
periodicamente su una certa superfìcie di terreno, sia su un determinato
numero di alberi, presi indistintamente in t u t t a la superficie del fondo
(art. 486).
Anche per i boschi di alto fusto, come per i boschi cedui, deve sem-
pre osservarsi la pratica seguita dai precedenti proprietari.
Secondo le disposizioni del nostro codice, quando manchi una di-
stribuzione in tagli regolari l'usufruttuario dì un bosco di alto fusto non
lia nessun diritto al taglio.
I casi che possono presentarsi sono diversi e numerosi : vi possono
essere, ad esempio, boschi d'alto fusto a taglio raso, boschi formati per
rinsaldare pendici montane minaccienti di f r a n a , boschi tenuti per l'ab-
bellimento del paesaggio « a scopo di delizie », o per esercitarvi la cac-
cia, boschi che si sono formati per difendere un paese od una località
da venti troppo violenti, ed altri ancora.
In t u t t i questi casi l'usufruttuario non può operare tagli nei bo-
schi : l ' a r t . 487, infatti, lo dichiara in modo inequivocabile. Egli può
servirsi degli alberi svelti o spezzati per accidente, per compiere le ri-
parazioni che sono a suo carico (art. 488). Gli alberi che periscono,
invece, interpretando la legge in analogia a quanto è disposto per gli
alberi f r u t t i f e r i all'art. 490, diventerebbero di sua proprietà con l'ob-
bligo di sostituirli.
Uno dei casi che lia grande importanza pratica è quello dell'usu-
f r u t t o di un bosco formato da piante di alto fusto coetanee, destinate
alla produzione del legname. In tal caso, secondo il codice, anche se le
piante sono giunte a maturità l'usufruttuario non può tagliarle e non
può far ciò neppure il proprietario, almeno fino a che dura l'usufrutto.
Quali sono quindi i redditi dell'usufruttuario, cui si possa commisurare
il valore economico del suo diritto?
Gli appartengono gli alberi morti, riconoscibili dal « coronamento »
che appare alla sommità, ma questi sono generalmente in piccolissimo
numero, in funzione del numero totale degli individui che formano l'as-
sociazione boscosa e si possono stimare solo con una approssimazione
larghissima.
Altro reddito è quello che viene all'usufruttuario dalle operazioni
di diradamento (conculcare, intervellere, interlucare) che si possono con-
siderare come opere di ordinaria manutenzione.
Posto ciò, la stima si fa nel modo consueto, riportando all'attua-
lità i valori ottenuti.
Poiché la legge assoggetta ad uno stesso trattamento t u t t i i boschi
di alto fusto non ordinati in tagli regolari, quanto precede va esteso
anche a tutti i casi prima ricordati.
222 L'ARTES P E C I A L E

Ognun vede come queste norme si oppongano ad una razionale col-


tura silvana, anzi come, immobilizzando le cose allo stato in cui erano
all'inizio dell'usufrutto, non ne permettono una qualsiasi forma di uti-
lizzazione. Per questo i tecnici forestali si sono concordemente levati
a protesta invocando le modifiche indispensabili ; e, non ottenendole,
hanno cercato di forzare il significato della legge, per adattarla ai bi-
sogni dell'economia silvana.
Una proposta concreta che merita t u t t a l'attenzione, perchè risolve
in maniera felice l'annoso problema soddisfacendo i bisogni dell'econo-
mia forestale e lo spirito della legge, è quella f a t t a dal dott. Pacca, nello
studio citato.
Noi abbiamo considerato fino ad ora solo i boschi destinati esclusi-
vamente alla produzione di legno; sia cedui sia d'alto l'usto; ma oltre
questi, vi sono altri boschi i quali danno un reddito di carattere diverso
e nel quale la produzione legnosa acquista carattere secondario. Ricor-
diamo, ad esempio,! querceti destinati alla produzione del sughero, i
castagneti da f r u t t o , i boschi destinati alla produzione della resina e
della manna.
L'utilizzazione di questi boschi è regolata da una parte dell'art. 48!),
per cui si attribuisce all'usufruttuario il diritto di f a r suoi i prodotti
annuali o periodici degli alberi, osservando l'uso del luogo e la pratica
dei proprietari.
L'esistenza, in questo caso, di una distinzione naturale f r a f r u t t o e
ciò che lo produce, e il ripetersi di questa fruttificazione in periodi re-
golari di tempo, ha fatto sicuro il legislatore nella discriminazione dei
diritti. Però quando il bosco sia contemporaneamente destinato alla pro-
duzione di legna e ad u n ' a l t r a diversa da questa, quando cioè, ad esem-
pio, gli alberi, dopo un periodo relativamente breve nel quale si allevano
per utilizzarne i f r u t t i , siano destinati al taglio per ottenerne legna, la
norma legislativa si dimostra nuovamente in fallo per le ragioni dette
sopra. I n f a t t i , essa non concede in nessun modo che il bosco sia tagliato,
anche se lo consigli il decrescere dei f r u t t i e l'interesse di tutti coloro
che vantano diritti sulla cosa : usufruttuario e proprietario.
E l'incertezza e l'errore si ripetono ogni volta che uno qualsiasi dei
boschi sopra ricordati è giunto all'epoca in cui è conveniente rinnovarlo.
In questo caso, come in quello precedentemente t r a t t a t o di bosco di
alto fusto coetaneo, il legislatore, nel timore di offendere e di non tute-
lare abbastanza i diritti del proprietario, volle immobilizzato il bosco
nelle condizioni in cui era all'inizio dell'usufrutto.
Nel f a r propri i f r u t t i del bosco, l'usufruttuario ha l'obbligo di se-
guire « sempre l'uso del paese o la pratica dei proprietari ».
LE S T I M E INERENTI AL DIRITTO D ' U S U F R U T T O 223

6. - U S U F R U T T O DI A N I M A L I

a) Usufrutto di gregge o mandria.


L'usufrutto di una mandria o di un gregge è regolato dall'art. 513
del nostro Codice. La caratteristica propria delle mandrie e delle greggi,
di dare indefinitamente, se nou intervengono cause eccezionali, un red-
dito, pur continuando a conservare, per la capacità di riproduzione, la
consistenza iniziale, lia favorito una facile regolazione dell'usufrutto
istituito su questi particolari beni.
Se il gregge perisce interamente, e non per colpa dell'usufruttuario,
questi ha soltanto l'obbligo di rispondere di fronte al proprietario delle
pelli degli animali, oppure dei loro corrispondente valore.
Se invece perisce solo una parte del gregge, ed ugualmente senza
colpa dell'usufruttuario, questi ha l'obbligo di sostituire i capi morti
con i nuovi nati a decorrere dalla data dell'infortunio.
Oltre alle precedenti, il Codice non dà n e s s u n ® t r a disposizione su
questa particolare materia. È quindi opportuno esaminare i redditi e le
ìspese dell'usufruttuario, al fine di stimare il valore economico del suo
diritto. Purché il numero di capi del gregge o della mandria sia uguale
a quello che si aveva all'inizio dell'usufrutto, t u t t i i nuovi nati diven-
gono di proprietà dell'usufruttuario, il quale ha diritto anche a t u t t i
gli altri redditi che il gregge o la mandria possono eventualmente for-
nire, valendosi però degli animali come farebbe un buon padre di fami-
glia sollecito di non deteriorare la sua proprietà. A lui spettano dunque
la lana, il latte ed il letame prodotto dal bestiame ed in più ha diritto
a t u t t i gli altri eventuali servigi.
Bisogna dunque fare una previsione dei prodotti che si potranno
ottenere, applicando ad essi i più probabili prezzi unitari.
Come in t u t t i i casi precedenti, si determinerà la durata probabile
dell'usufrutto, se essa non è definita, e quindi si f a r à l'accumulazione
iniziale di t u t t i i redditi preveduti.
b) Usufrutto d'animali singoli.
L'animale singolo su cui sia costituito usufrutto, è considerato alla
stessa stregua delle cose che, senza consumarsi in un tratto, si deterio-
rano a poco a poco con l'uso (art. 484). In armonia a questa disposi-
zione, l'usufruttuario può servirsi dell'animale secondo la destinazione
ad esso data dal proprietario, facendo suoi i f r u t t i , come i nati, la, lana,
il latte, il lavoro, il letame, e giovandosi degli altri servigi che l'animale
possa prestare. Egli però deve godere dei suoi diritti comportandosi come
farebbe un buon padre di famiglia, cioè non sottoponendo l'animale a
fatiche esagerate, o a eccezionali disagi, ma curandone invece una buona
alimentazione e cercando di evitare ad esso le malattie.
224 L'ARTE S P E C I A L E

Se l'animale muore senza colpa dell'usufruttuario, questi non ha


alcun obbligo a restituirne un altro o a pagarne il prezzo al proprietario
(art. 512). La legge non dice se, una volta morto l'animale, l'usufrut-
to si estingua oppure continui sui resti dell'animale, analogamente a
quanto accade per l'usufrutto degli edifici che continua, dopo il peri
mento di questi, sull'area e sui materiali.
Delle due interpretazioni citate, la seconda sembra più esatta. CO
munque la maggioranza degli Autori è concorde nell'affermare che l'usu
f r u t t u a r i o non può appropriarsi dei resti dell'animale, dei quali deve
rendere conto alla fine dell'usufrutto.
e) Usufrutto di animali dote di un fondo.
Gli animali che formano la dote di un fondo su cui insiste un diritto
d ' u s u f r u t t o sono soggetti a regole diverse da quelle stabilite per le man-
drie e per gli animali singoli. I n f a t t i , il legislatore dispone (ari. 514
c. c.) che si applichino in questo caso le norme indicate per le cose delle
quali non si può far uso senza consumarle, come il grano, i liquori, il
denaro (art. 488 e. c.). L'usufruttuario può disporre degli animali, ma
allo scadere del suo diritto gli incombe l'obbligo di pagarne il valore
secondo la stima f a t t a all'inizio dell'usufrutto; se la stima non è stata
f a t t a , ha facoltà di scelta f r a il restituire gli animali in eguale quantità
e qualità o il pagarne il prezzo corrente alla fine dell'usufrutto.
L ' u s u f r u t t o non è costituito sugli animali separata-mente, ma su
tutto il fondo, di cui gli animali fanuo parte come scorte necessarie al-
l'esercizio dell'attività agricola, tanto che dalla legge sono considerati
come immobili per destinazione. Ed è stata questa la ragione dello spe-
ciale provvedimento preso al riguardo, poiché, riconosciuta, l'indispensa-
bilità delle scorte vive nel fondo, si è imposta la restituzione di esse o
del loro equivalente economico.
Anche se tutto il bestiame morisse, l'usufruttuario deve restituirlo
al proprietario nella sua integrità, poiché, essendo il fondo l'oggetto del-
l'usufrutto, esso deve tornare al proprietario nelle condizioni iniziali.

7. - V A L U T A Z I O N E DEL DIRITTO D ' U S U F R U T T O PER SCOPI FISCALI

Le valutazioni inerenti al diritto d'usufrutto, oltre che per i più


svariati scopi della vita civile, vengono richieste anche per scopi fiscali.
Allorché, per causa di morte, si trasferisce la nuda proprietà, op-
pure quando, al cessare dell'usufrutto, essa riacquista la primitiva pie-
nezza, bisogna procedere, a norma di legge, alla determinazione del va-
lore imponibile da colpire con la tassa di successione. Analogamente av-
viene nel trasferimento dell'usufrutto per causa di morte.
Il R. D. .30 dicembre 1923, N. 3270, stabilisce all'art. 23 le modalità
per determinare la somma di moneta su cui applicare la tassa : valore
L E S T I M E I N E R E N T I AL DIRITTO D ' U S U F R U T T O 225

imponibile t he dovrebbe rappresentare il valore del diritto d'usufrutto.


La legge considera soltanto la costituzione dell'usufrutto per causa di
morte ed esclude quella che avviene per atto tra vivi, poiché questa tassa
di successione si paga soltanto sul valore della cosa che trapassa nei casi
di trasmissione di proprietà, di usufrutto, di uso o di godimento di beni
per causa di morte (x). I n f a t t i , il diritto d'usufrutto si estingue con la
morte del titolare (art. 51 5c. c.), e sono nulle le iisposizioni contrarie
(art. 901 c. c.).
Se l'usufrutto è a tempo indeterminato o non minore di 10 anni la
tassa si applica su la metà dell'intero valore della cosa, quando l'usu-
fruttuario, o la persona su la cui vita sia stabilita la durata dell'usu-
frutto, non abbia compiuti 50 anni di e t à ; qualora li abbia compiuti
il valore imponibile si stabilisce nel quarto del valore intero della cosa.
Qualora l'usufrutto sia limitato a tempo inferiore a 10 anni, il va-
lore imponibile è stabilito in tanti ventesimi del valore intero della cosa
quanti sono gli anni della sua durata. Quando però l'usufruttuario ub-
bia compiuta l'età di 50 anni, l'usufrutto non è valutabile per più di
cinque ventesimi.
Un esempio potrà chiarire le disposizioni della legge.
In seguito alla morte di un coniuge, il superstite di anni 55 eredita
il diritto di usufrutto su di un fondo rustico del valore di L. 100.000.
Questi, avendo all'atto della successione un'età superiore ai 50 anni do-
vrà pagare la tassa relativa su di un valore imponibile pari a un quarto
del valore intero della cosa, cioè di L. 25.000. Contemporaneamente il
nudo proprietario deve pagare l'imposta su la differenza t r a il valore
della piena proprietà e quella dell'usufrutto, cioè su L. 75.000. Inoltre
questi, alla morte del coniuge superstite, deve pagare la tassa sul valore
per cui l'usufrutto fu detratto, cioè per L. 25.000.
L'art. 21 del decreto citato stabilisce che il valore imponibile della
nuda proprietà al giorno del trasferimento per causa di morte si ritiene
uguale alla differenza tra il valore della piena proprietà e quello del-
l'usufrutto : mentre quest'ultimo sarà determinato secondo i criteri con-
venzionali precedenti, il valore della piena proprietà (valore intero della
cosa) sarà stabilito dal perito con i consueti metodi di stima.
Al cessare dell'usufrutto, sarà dovuta dall'ex nudo proprietario la

P) Il R. D. 30 dicembre 1923, n. 3270, stabilisce all'art. 1 c-lie sono soggetti alla


tassa di successione i « passaggi di usufrutto dei beni costituenti la dotazione dei
benefici ecclesiastici e delle cappellanie ». Però l'articolo 29 del concordato, annesso
alla legge 27 maggio 1929, n. 810, alla lettera E), abroga poi del tutto la parte
citata dell'articolo 1 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3270: « È abolita.... la tassa
sul passaggio di usufrutto dei beni costituenti la dotazione dei benefici ed altri
enti ecclesiastici, stabilita dall'art. 1 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3270, rima-
nendo esclusa anche per l'avvenire l'istituzione di qualsiasi tributo speciale a carico
dei beni della Chiesa ».

G. Medici - Lesioni di estimo.


226 L'ARTE S P E C I A L E

lassa sul valore per cui l ' u s u f r u t t o fu detratto allorché venne tassata la
nuda proprietà. E ciò perchè egli, al cessare dell'usufrutto, deve pagare
allo Stato l'imposta su quella parte del valore imponibile a suo tempo
detratta.
Le rigide norme dettate dal legislatore per valutare il diritto d'usu-
f r u t t o se soddisfano alle esigenze della pratica amministrativa, peccano
però di soverchio semplicismo. Sarebbe desiderabile che si ricorresse
nel caso assai comune di usufrutto indeterminato al criterio della vita
probabile, la quale potrebbe essere rilevata dalle pubblicazioni ufficiali
dello Stato, Il criterio di stima che si fonda su la capitalizzazione dei
redditi f u t u r i porterebbe certamente a risultati meno lontani dalla realtà
e sopratutto più equi. Per renderne agevole l'applicazione si potrebbero
compilare opportune tabelle ufficiali.

8. - U s o E ABITAZIONE

L'uso non è che una forma di usufrutto e conferisce ad una persona


il diritto di usare della cosa limitatamente ai suoi bisogni, e a quelli
della famiglia, riservando al proprietario ogni ulteriore utile che può
fornire la cosa su cui insiste il diritto.
L'uso di una casa è indicato col nome di abitazione e conferisce a
chi lo gode il diritto di abitarvi con la sua famiglia, intendendosi ap-
partenenti alla famiglia solo il titolare del diritto, il coniuge, i figli le-
gittimi e legittimati o naturali e riconosciuti o adottivi (anche se sono
nati dopo la costituzione del diritto) ed, infine, le persone di servizio.
La valutazione del diritto d'uso e di abitazione si fa secondo i cri-
teri generali esposti nel caso d'usufrutto.
CAPITOLO VII.

LE STIME I N E R E N T I ALLE SUCCESSIONI


P E R CAUSA D I MORTE

1. - GENERALITÀ

Pini di carattere sociale vogliono clie la morte di una persona non


venga a determinare lo scioglimento improvviso di t u t t i i legami giu-
ridici ed economici che si eran venuti intessendo f r a il defunto e le altre
persone che con lui avevano relazione di vita. A ciò provvede la legge,
la quale stabilisce importantissimi rapporti giuridici, alcuni dei quali,
che per noi hanno un interesse del tutto particolare, contemplano il pa-
trimonio.
La nostra vita economica si va 'facendo sempre più complessa e
continua e quindi accomuna e avvicina gli interessi delle generazioni che
si susseguono : è necessario quindi che al defunto (auctor, de cuius) suc-
ceda l'erede (heres, successor), come rappresentante e continuatore del
primo.
Le legislazioni di ogni tempo hanno disciplinato con numerose norme
giuridiche le successioni per causa di morte, onde soddisfare alle esigenze
sociali ed economiche che impongono garanzie nel campo del credito, e
vogliono, in generale, la conservazione e l'incremento della ricchezza.
Nel nostro diritto civile il vocabolo : eredità ha un duplice signifi-
cato : indica tutto quanto il patrimonio del defunto e indica anche l'atto
del succedere ad una persona nella totalità del patrimonio di questa,
È interessante notare che nel diritto romano il titolo di erede era
assegnato dal padre di famiglia e dava diritto alla sovranità sul gruppo
agnatizio e che solo in conseguenza di questo potere spettava all'erede la
proprietà patrimoniale del defunto. Patto principale era quindi l'acqui-
sto della potestà famigliare ; quella patrimoniale veniva solo come con-
seguenza del primo.
Nel nostro diritto, invece, essendo ormai in gran parte scomparso
quel particolare ordinamento gerarchico della famiglia che esisteva pres-
so i romani, si è venuto determinando un procedimento inverso, per cui
mentre prima era l'attribuzione del titolo di erede quella che conferiva
228 L'ARTES P E C I A L E

il diritto sul patrimonio, ora è l'acquisto patrimoniale che determina


l'attribuzione del titolo di erede. Questa evoluzione del diritto positivo
e in accordo col moto dei tempi, poiché i f a t t i economici vanno acqui
stando sempre maggiore importanza.
In queste due costruzioni giuridiche così diverse, vi è però un fon-
damento comune : in t u t t i e due i casi l'erede è il continuatore della
personalità del defunto ed acquista il complesso patrimoniale <li questi.

2 . - S U C C E S S I O N E LEGITTIMA E TESTAMENTARIA - RISERVA

Quando una persona muore senza aver disposto del proprio pai l i-
monio, la successione è regolata dalla legge; si ha perciò la così deità
successione legittima.
Quando invece il defunto abbia manifestato la propria volontà con
un testamento, si ha la successione testamentaria.
Però il testatore può disporre a sua volontà solo di una parte del
suo patrimonio (porzione disponibile), poiché l'altra parte (porzione le-
gittima o riserva) spetta di diritto a coloro che nel gruppo famigliare
avevano i più stretti rapporti di parentela- con la persona del defunto ;
in tal modo è tutelata la compattezza- e la continuità del nucleo fami-
liare. La più accreditata giustificazione teorica dell'istituto della legit-
tima va ricercata in un diritto che i componenti la famiglia hanno sul
patrimonio del defunto, considerato come soggetto ad una comunione
domestica.
La- riserva è rappresentata da una quota dell'asse ereditario, varia-
bile secondo la qualità delle persone che vi concorrono. Ai figli e discen-
denti spetta la metà dell'asse ereditario ; la divisione f r a di essi va f a t t a
poi per capi quando t u t t i siano di uno stesso grado e per stirpi quando
ciò non avvenga. Gli ascendenti ereditano solo nel caso in cui manchino
i discendenti : essi hanno diritto ad un terzo dell'eredità. Al coniuge in
concorrenza con discendenti spetta in usufrutto una porzione eguale a
quella che spetterebbe a ciascun figlio legittimo comprendendo nel nu-
mero dei figli anche il coniuge (art. 812) ; ma in questo caso la quota
non può essere superiore al quarto dell'intero asse. La quota del coniuge
è invece fissa e pari al quarto dell'eredità quando non vi siano discen-
denti, (ma solo ascendenti (art. 813) ; parimenti fissa è la quota, ma si
eleva- al terzo, quando mancano ascendenti e discendenti e all'eredità
concorrono altri parenti od estranei. È importante notare che la quota
del coniuge va detratta dalla porzione disponibile e non dalla legittima ;
inoltre, spettando al coniuge solo l'usufrutto e non la proprietà dei beni,
egli, a rigor di termine, non deve esser considerato un erede, ma nn
legatario ex lege.
I figli naturali riconosciuti hanno diritto, per legge, ad una quota in
proprietà pari alla metà di quella, spettante a ciascun figlio legittimo.
L E S T I M E I N E R E N T I A L L E S U C C E S S I O N I P E R CAUSA DI MORTE 229

Quando vi siano solo ascendenti e figli naturali, a questi ultimi spetta


un quarto dell'intero asse ereditario ; quando poi mancano discendenti
ed ascendenti, i figli naturali ereditano due terzi della quota che sarebbe
loro spettata se fossero figli legittimi, vale a dire due terzi della metà,
cioè un terzo dell'asse ereditario.
Nella successione legittima, quando mancano parenti entro il 6°
grado (in origine il diritto si estendeva sino al 10°) e manca il coniuge,
o quando t u t t i coloro che sono chiamati successivamente a succedere ri-
nunziano, diviene successore lo Stato, il quale però, per espressa norma
legislativa, non può accettare l'eredità che col beneficio d'inventario.

3. - T E S T A M E N T O , EREDE E LEGATARIO

Entro i limiti segnati dalla legge il privato può disporre a sua vo-
lontà di una parte del suo patrimonio : le disposizioni devono sempre
risultare da un documento scritto, che è il testamento, definito dal co-
dice nel modo seguente : « Il testamento è un atto revocabile, col quale
raluno, secondo le regole stabilite dalla legge, dispone per il tempo in
cui avrà cessato di vivere, di t u t t e le proprie sostanze o di parte di esse
in favore di una o più persone » (art. 759).
Il testamento può essere olografo, oppure fatto per atto di notaio;
e in quest'ultimo caso può essere pubblico o segreto.
Abbiamo già rilevato come il titolo di erede non abbia nel nostro
diritto la grande importanza che aveva nel diritto romano : oggi l'erede
si distingue dal legatario solo pel modo con cui il testatore dispone dei
beni costituenti l'eredità.
Infatti le disposizioni testamentarie a titolo universale, cioè quelle
che dispongono di tutto il patrimonio oppure di una quota parte di
esso anche se minima, attribuiscono la qualità di erede, mentre le dispo-
sizioni a titolo particolare attribuiscono la qualità di legatario (art. 760).
La distinzione ha una grande importanza economica, perchè solo l'erede
risponde dei debiti e dei pesi che gravano su l'eredità.
L'art. 828 stabilisce esplicitamente che le parole usate dal testatore,
per definire l'erede o il legatario, qualora risultino erronee, non hanno
effetto alcuno; così, per esempio, se egli ha chiamato erede un onoralo
che in realtà è solo un legatario, ciò non ha importanza perchè si deve
far attenzione al contenuto della, disposizione. Si deve cioè indagare se
via sia una disposizione a titolo universale oppure a titolo particolare :
nel primo caso si t r a t t a di erede, nel secondo di legatario (x).

(') Sorge la questione sul come debba intendersi la parola quota dell'art. 760.
La maggior parte dei giuristi afferma che il testatore deve indicare la parte del
patrimonio di cui dispone con una frazione, indicando cioè se si tratta di un quinto,
un decimo, un ventesimo e via dicendo. Altri giuristi affermano invece che vi è
230 L'ARTES P E C I A L E

4 . - L A RIUNIONE FITTIZIA : STIME RELATIVE

Talvolta, accade che il testatore, con liberalità fatte durante la vita


e con disposizioni testamentarie, abbia disposto di una parte del patri-
monio che si reputa superiore a quella che la legge gli lascia come di
sponibile.
Allora, per accertarsi se il defunto ha intaccato la riserva, si pro-
cede alla riunione fittizia.
È questa una delle stime più interessanti originate dalle successioni
per causa di morte.
La riunione fittizia consiste nel formare una massa di t u t t i i beni
che il defunto aveva al tempo della morte, aggiungendo ad essi fittizia
mente i beni donati anteriormente alla morte.
I] criterio di stima da seguire nelle attribuzioni di valore da farsi
per le cose donate è stabilito dallo stesso legislatore all'art. 822. In esso
si dice che i beni mobili vanno stimati secondo il valore che avevano al
tempo in cui furono donati, mentre i beni immobili si devono fittizia -
mente riunire tenendo conto dello stato in cui si trovavano al tempo
della donazione e del valore che avevano al tempo della morte del te-
statore.
Questa distinzione f a t t a dal legislatore per la stima dei beni non
trova un'immediata giustificazione, per cui è opportuno indagare le ra-
gioni che lo hanno indotto a statuire in tal modo.
Per quanto riguarda i beni mobili, è da ritenere che il legislatore
abbia stabilito di considerare il valore che essi avevano al tempo della
donazione, perchè essi di solito si consumano in modo più rapido di
quanto non avvenga per i beni immobili. Stando così le cose, accadrà,
nel gran numero dei casi, che i beni mobili, al tempo della morte del te-
statore, non esistano piti o abbiano un minimo valore economico : non
è quindi giusto, dato lo scopo che ha la riunione fittizia, riunirli all'asse
ereditario stimandoli nello stato in cui si trovano al tempo della morte
del testatore. L'essere stati donati dal defunto ha importato allora una
diminuzione del suo patrimonio pari precisamente al valore venale cbe
essi allora potevano avere. Come vi fu donazione, così vi f u diminuzione
della parte disponibile del patrimonio del defunto.
Un esempio ci è dato dalla donazione di alimenti, oppure anche

d i s p o s i z i o n e a t i t o l o u n i v e r s a l e o g n i q u a ! v o l t a il t e s t a t o r e a b b i a d i s p o s t o d i alcuni
b e n i c o n s i d e r a n d o l i c o m e p a r t e d e l l ' u n i v e r s o p a t r i m o n i o , cioè a v e n d o m e n t e al rap-
p o r t o f r a l a p a r t e e il t u t t o .
I l p r i m o c r i t e r i o r i s o l v e i n m a n i e r a d e f i n i t i v a o g n i q u e s t i o n e ; il s e c o n d o d e v e
e s s e r e u s a t o con s o m m a c a u t e l a , p o i c h é a l t r i m e n t i si p u ò q u a s i s e m p r e i n t e r p r e -
t a r e u n a d i s p o s i z i o n e c o m e r i f e r e n t e s i a d u n a quota del p a t r i m o n i o .
L E S T I M E I N E R E N T I A L L E S U C C E S S I O N I PER CAUSA DI M O R T E 231

dalla donazione di una somma di denaro, bene mobile per eccellenza.


Mentre in quest'ultimo caso non v'ha discussione, perchè il denaro ha
giuridicamente lo stesso valore al momento della donazione e al momento
della morte del testatore, nel primo caso si potrebbe osservare che il va-
lore da attribuire agli alimenti somministrati (grano, vino, ecc.) potrebbe
essere quello per cui essi oggi vengono scambiati e non già quello che
avevano allora ; obiezione alla quale si può rispondere osservando che il
testatore privandosi del grano, vino, ecc. si è privato delle somme di da-
naro equivalenti, poiché gli alimenti o sono stati acquistati sul mercato,
oppure, se egli li ha prodotti nei suoi fondi, poteva venderli e quindi
incassare il danaro equivalente. Questo è il valore che al tempo della do-
nazione uscì dal patrimonio, e lo stesso valore è giusto che rientri ( J ).
Ma altre ragioni pratiche concorrono a spiegare la disposizione del
legislatore.
I beni mobili sono, più degli altri, oggetto di frequenti scambi f r a
gli uomini ; quindi, se la donazione fu f a t t a alcun tempo prima della
morte, è molto probabile che il bene mobile donato sia stato consumato,
venduto, e che comunque non sia più in mano del donatario, e sia prati-
camente impossibile ricercarlo e quindi stimarlo per operare la riunione
tittizia. Discende quindi logica la determinazione del legislatore che ta-
glia corto ad ogni dubbiezza ed è conforme a giustizia.
Per i beni immobili la stima, sempre secondo il precitato articolo
822, va f a t t a « secondo il loro stato al tempo delle donazioni ed il loro
•valore al tempo della morte del donatore.
È certamente strano il doversi riferire, per un lato, alle condizioni
in cui l'immobile si trovava un tempo, e, per l'altro lato, al valore at-
tuale dell'immobile. Evidentemente bisogna sussidiare la infelice dizione
del codice con una interpretazione che spieghi un po' più e un po' meglio
di quello che non faccia il testo legislativo.
L'interpretazione che ci sembra più corretta è la seguente.

(') Il Pacifici-Mazzoni, nel Codice Civile Italiano commentato (voi. VI, Firenze,
1910, pag. 190), osserva : « La ragione di questa differenza nelle disposizioni legi-
slative è patente rispetto al denaro e alle cose mobili che si consumano coll'uso ;
poiché ricevuti le une e le altre in proprietà, saranno dal donatario destinate agli
usi loro naturali, e così consumati. Quanto alle cose mobili che non si consumano
coll'uso, la differenza delle disposizioni si spiega e giustifica in questa guisa. La
collazione ha per obbiettivo di far rientrare nel patrimonio del donante, ora de-
funto, il valore che n'é uscito. Ora, riportandovi l'immobile in natura, vi si fa
rientrare, approssimativamente almeno, lo stesso valore uscitone; poiché il valore
dei beni immobili in periodo non lunghissimo, quale ordinariamente sarà quello che
il tempo della donazione divide dal tempo in cui la eredità si apre, non cambia,
almeno notevolmente, al postutto aumenta anziché diminuire. Le cose mobili invece,
benché non si consumino, si deteriorano però coll'uso. Se 11 donatario adunque fosse
autorizzato a conferirle in natura, rimetterebbe nel patrimonio ereditario meno di
quanto n'è uscito. Resta sempre a profitto del donatario il vantaggio dell'uso ».
232 L'ARTES P E C I A L E

E possibile che un immobile donato dal defunto, e qui soccorre l'e-


sempio di un fondo rustico, sia stato dal donatario migliorato, ad esem-
pio irrigato, o comunque mutato da lui. È naturale, in questo caso, che
si debba considerare l'immobile non più nello stato attuale, modificato
o trasformato com'è, ma nello stato in cui era quando fu donato, cioè
cancellando idealmente ciò che dopo vi fu fatto : ecco perchè la legge
impone di considerare l'immobile secondo lo stato al tempo della dona-
zione, intendendo questa espressione nel modo che sopra abbiamo spie-
gato : interpretazione che trova conforto anche nella disposizione del
codice in materia di collazione, secondo la quale i miglioramenti tatti
dopo la donazione non vanno considerati.
La seconda parte del passo sopra citato è espressa in modo ancora
meno felice.
Il legislatore, parlando del loro valore al tempo della morte del do-
natore (intendi : del valore degli immobili) ha voluto sempre riferirsi alle
condizioni dell'immobile quando f u fatto il dono, e volle dire cioè di
considerare il prezzo che ora avrebbe l'immobile se si trovasse nelle con,
dizioni in cui era quando fu donato.
A prima vista non si comprende bene questa disparità di trattamento
f r a beni mobili ed immobili, ma con attento studio ci si può dar ragione,,
o, per meglio dire, si può rintracciare il ragionamento che ha condotto
il legislatore a queste determinazioni. Perchè i n f a t t i i beni mobili vanno
stimati secondo il valore che avevano al tempo del dono, mentre gli im-
mobili si debbono stimare al prezzo che avrebbero avuto al tempo della
morte del testatore?
Le ragioni della determinazione presa rispetto ai beni mobili sono
state dette prima, rimane da rispondere al secondo quesito, cioè perchè
si debba considerare per gli immobili il valore attuale ; ed anche qui
occorre procedere con l'aiuto di induzioni.
I beni immobili hanno generalmente un alto valore economico e for
mano spesso la parte più cospicua di un patrimonio ; inoltre essi sono
soggetti a delle variazioni di prezzo talora fortissime, in senso relativo
ed in senso assoluto, onde può accadere, per esempio, che un fondo ru-
stico donato tO anni fa valesse 200.000 lire ed oggi valga, nelle stesse
condizioni, soltanto 100.000 lire. Vi può essere, concomitante a questa
diminuzione, una rivalutazione monetaria, vi può essere, ripetiamo, ma
può anche darsi che non vi sia, o che avvenga in minima misura, men-
tre intervengono altre cause a modificare il prezzo dell'immobile.
Ora, avendo la riunione fittizia lo scopo di vedere se il testatore
abbia intaccato, con donazioni e disposizioni testamentarie, la porzione
legittima, e dovendosi inoltre sommare il valore degli immobili donati
al valore degli immobili ancora in sua proprietà al tempo della morte,
non si poteva addizionare un valore storico (quello degli immobili do-
nati al tempo del dono) ad un valore attuale (quello attuale degli immo
LE S T I M E INERENTI ALLE S U C C E S S I O N I PER CAUSA DI MORTE 233

bili facenti parte dell'eredità), perchè queste non sono quantità omogenee.
Prevediamo l'obiezione che sorge spontanea dalla comparazione tra
mobili e immobili, e cioè : l'essere valori eterogenei non impedisce però
alla riunione fittizia di sommare valori attuali per gli immobili e valori
storici per i mobili. Alla quale si può rispondere osservando che la riu-
nione fittizia si compie nell'ipotesi che i beni donati fossero al tempo
della morte in proprietà del defunto e quindi la regola si applica agli
immobili che di solito, al tempo in cui fu compilato il Codice Civile,
costituivano la parte più importante del patrimonio, mentre come ecce-
zione va riguardata la disposizione relativa ai beni mobili. E inoltre si
potrebbero ripetere le ragioni addotte più sopra, le quali giustificano
per quanto è giustificabile la disposizione del legislatore, alla quale
bisogna attenersi nella stima.
Compiuta nei modi sopra indicati la riunione fittizia, si vede se il
valore delle donazioni eccede la quota disponibile; se la eccede, tutte
le disposizioni testamentarie sono nulle (art. 823). Se, invece, conteg-
giando le donazioni, rimane ancora una parte della porzione disponi-
bile, ma questa è superata dalle disposizioni testamentarie, allora si
opera la riduzione, che viene f a t t a proporzionalmente senza alcuna di-
stinzione fra erede e legatari (art. 824). Se questa riduzione non basta
ancora a salvare la porzione legittima (riserva), si riducono anche le
donazioni a cominciare dall'ultima in ordine di tempo e risalendo man
mano alle anteriori (art. 1091 e s.). *

5. - LA COLLAZIONE

E opportuno ricordare che riunione fittizia e collazione sono due


cose ben diverse, quantunque spesso confuse, forse perchè il codice è
poco preciso nella terminologia.
La collazione è l'obbligo che hanno f r a di loro reciprocamente gli
eredi e discendenti di conferire nella massa da dividere tutto ciò che
hanno ricevuto dal defunto per donazione, direttamente od indiretta-
mente, tranne disposizioni in contrario del donante (art. 1001).
Questo istituto mira ad una equa distribuzione dei beni f r a i di-
scendenti del defunto.
Però, mentre la riunione è fittizia, la collazione comporta una riu-
nione effettiva e reale ; inoltre, mentre la riunione fittizia comprende
anche le donazioni fatte ad estranei, la collazione si riferisce solo alle
donazioni fatte ai discendenti che siano eredi. Ancora : la collazione
obbliga solo i discendenti ed eredi e solo reciprocamente fra di loro,
cessando di fronte ad ogni coerede estraneo o congiunto.
Negli articoli 1006 e seguenti sono date le indicazioni su ciò che si
deve ritenere sottoposto all'obbligo della collazione : ricordiamo che non
si debbono conferire le spese di mantenimento, di educazione, di istru-
234 L'ARTE S P E C I A L E

zione e le ordinarie spese per abbigliamento, nozze e regali d'uso (arti-


colo 1009), come pure l'immobile perito per caso fortuito e senza colpa
del donatario (art. 1012) ; per il resto rimandiamo al codice.
La collazione può farsi o presentando la cosa in natura, o impu
tandone il valore alla, propria porzione, a scelta di chi conferisce (arti
colo 1015).
Per la stima si danno essenzialmente le medesime disposizioni date
sopra per la riunione fittizia :
— la collazione per imputazione degli immobili si fa avuto riguardo
al valore dell'immobile al tempo dell'aperta successione (art, 1017);
— la collazione per imputazione dei beni mobili si fa in base al
valore che essi avevano al tempo della donazione, secondo la stima an
nessa nell'atto di donazione, oppure in base al valore attribuito dai
periti chiamati alla stima (art. 1021).
Però, per quanto riguarda gli immobili, si danno anche altre norme
sussidiarie, stabilendo che si deve dar credito al donatario delle spese
con le quali lia migliorato la cosa, non già accreditandogli la somma
delle spese effettivamente sostenute per compiere il miglioramento, ma
considerando il maggior valore dell'immobile all'apertura della succes-
sione (art. 1018). il quale, come avemmo occasione di dimostrare in tema
eli miglioramenti compiuti nei fondi affittati, deve essere determinato
facendo la differenza tra il valore dell'immobile migliorato e il valore
che avrebbe lo stesso immobile senza il miglioramento al momento della
successione. Interpretazione che concorda perfettamente con quella data
nel caso di riunione fittizia.
A favore del donatario vanno anche computate le spese di mainiteli
zione (art. 1019), mentre sono a suo carico i guasti e deterioramenti
che per sua colpa o negligenza abbiano diminuito il valore dell'immo-
bile (art. 1020).
Come l'immobile che è perito per caso fortuito e senza colpa del
donatario non è soggetto a collazione (art. 1012), dovrebbero così essere
soggetti a collazione gli aumenti di superficie dovuti ad alluvione e
t u t t i quelli avvenuti senza spesa del donatario. La stessa disposizione
generale estimativa dimostra che t u t t i gli aumenti o le diminuzioni di
valore indipendenti da miglioramenti o deterioramenti compiuti dal
donatario sono soggetti a collazione.

6. - LA DIVISIONE

Ogni coerede, in ogni momento, ha diritto a domandare la divi


sione dei beni ereditati (art. 981), tranne il caso di patto di indivisione
per non oltre un decennio (art. G81), o di espressa disposizione del testa
tore di rimanere in comunione non oltre l'anno della maggiore età del
l'ultimo degli eredi istituiti, minori di età.
L E S T I M E I N E R E N T I A L L E S U C C E S S I O N I P E R C A U S A DI MORTE 235

Operazioni preliminari alla divisione sono : la formazione della mas-


sa e la stima dei beni. La formazione della massa consiste nel riunire
t u t t i gii elementi attivi e passivi dell'asse ereditario : se alcuni beni
sono usciti dal patrimonio anteriormente alla morte del testatore, essi
vengono ricondotti in maniera fittizia o reale per mezzo della, riunione
fittizia o della, collazione, di cui già abbiamo parlato.
Quindi si stima il patrimonio cosi risultante, tenendo conto, ove
occorra, delle particolari disposizioni date in proposito dal codice.
Poi si procede alla determinazione della porzione disponibile, di cui
il testatore può disporre a suo piacere, e della porzione indisponibile (le-
gittima o riserva), la quale spetta per legge agli aventi diritto.
Quando ciò sia richiesto per pagare debiti e pesi ereditari, si prov -
vede alla vendita all'incanto dei beni mobili ; ed anche alla vendita dei
beni immobili, quando la divisione non possa farsi agevolmente (art. 9S8).
Qualora non sia possibile procedere ad una divisione amichevole, la
autorità giudiziaria rimette le parti davanti ad un giudice delegato o
ad un notaio, alla presenza del quale si procede alla, resa dei conti, si
stabiliscono attività e passività, dell'asse ereditario, si determinano le
porzioni ereditarie, i conguagli ed i rimborsi eventuali (art. 990).
Si formano cosi i lotti, cioè tante parti eguali quanto sono gli eredi
e le stirpi condividenti (art. 993), facendo in modo che in'ciascun lotto
entrino in egual proporzione beni mobili e immobili, diritti o crediti
di egual natura e valore (art. 994). .
Se i lotti sono eguali, essi vengono assegnati mediante sorteggio ; se
invece i lotti sono ineguali sono attribuiti in ragione dei rispettivi diritti.
Si consiglia di calcolare le quote in modo che i rimborsi in denaro
siano minimi. Spesso accade, in queste divisioni ereditarie, che un fondo
debba dividersi e smembrarsi f r a più coeredi, perdendo così la sua orga-
nica unità, a scapito di t u t t i e con tanto maggior danno quanto minori
risultano gli appezzamenti che toccano ad ogni erede. Le conseguenze
per l'economia agraria sono gravi e sono state oggetto di studi esaurienti
compiuti dal Tassinari ( J ), al quale spetta anche il merito di avere suc-
cessivamente agitato il problema : segnaliamo che nel progetto di rifor-
ma del terzo libro del codice si propone di impedire la divisione del fon-
do, o dell'azienda agricola, formante una entità economica indivisibile.

(') Cfr. : G . TASSINARI - Frammentazione e ricomposizione dei fondi rurali.


E. Istituto Superiore Agrario e Forestale, Firenze, 1922.
— La ricomposizioni dei fondi frammentati, in « Giornale di Agricoltura della
Domenica », n. 2, Piacenza, 1924.
Per l'argomento esiste ormai una letteratura. Ricordiamo lo « schema di norme
per il riordinamento della proprietà fondiaria » pubblicata dalla Conf. Naz. Fase,
degli agricoltori e il recente acuto saggio del Prof. E. P A S S A T E L L I : La tutela piu-
i idica della piccola proprietà coltivatrice in « Atti del I" Congresso Nazionale di
diritto agrario italiano », Firenze, ottobre 1935.
236 PAIÌTE SPECIALE

7 . - B E N E F I C I O D'INVENTARIO E SEPARAZIONE DEL PATRIMONIO

Entrambi questi istituti mirano a tenere distinto il patrimonio dei-


l'erede da quello del defunto, ma perseguono fini ben diversi : il beneficio
d'inventario tutela gli interessi dell'erede permettendogli, prima del
l'accettazione di stabilire se l'asse ereditario è attivo o passivo ; la se-
parazione dei patrimoni tutela gli interessi dei creditori dell'eredità clie
possono essere danneggiati dall'unione del patrimonio ereditario al pa
trimonio di un erede carico di debiti.
il beneficio d'inventario può essere chiesto da chiunque, nonostante
disposizioni in contrario (art, 956) e per alcune persone esso è obbliga-
torio : per i minori e gli interdetti (art. 930), per gli inabilitati (art. 931),
per i corpi morali (art. 932). Esso consiste in una dichiarazione solenne
dell'erede e nella compilazione dell'inventario (art, 955 e 957) ; questi
due requisiti, dichiarazione ed inventario, sono indispensabili.
L'erede in possesso dei beni ereditari ha 3 mesi di tempo (proroga
bili di altri 3) per fare l'inventario e 40 giorni dopo di questo termine
per fare la dichiarazione (art. 959 e 956).
Invece l'erede che non è nel possesso dei beni perde il diritto di
accettare col beneficio d'inventario solo per prescrizione ; cioè solo dopo
30 anni, ma, su richiesta degli interessati, può essere costretto a dichia-
rarsi entro i termini predetti a decorrere da un giorno fissato dal giudice.
L'erede beneficiato ha l'obbligo di amministrare i beni e di rendere
conto della sua amministrazione : egli paga i creditori man mano che
si presentano fino all'esaurimento dell'asse ereditario.
CAPITOLO VILI.

L ' I N D E N N I T À SPETTANTE AL P R O P R I E T A R I O ESPROPRIATO


PER CAUSA DI PUBBLICA UTILITÀ

1. - GENERALITÀ

L'espropriazione per causa di pubblica utilità f u estranea al diritto


romano classico, il quale attribuiva al proprietario la piena potestà»
in re. Ammessa in via eccezionale nel periodo romano-ellenico, scom-
parve nel diritto feudale, nel quale la proprietà dei singoli era suboidi-
nata al personale dominio del Sovrano. Riaffiorata negli Statuti comu-
nali, acquistò una precisa figura giuridica dopo la costituzione francese
del 1791, la quale, pur statuendo la inviolabilità della proprietà, san-
zionò l'espropriazione per causa dì pubblica utilità, salvo indennità.
L'art. 438 del c. e. stabilisce che nessuno può essere costretto a ce-
dere un bene di sua proprietà e quindi, a questo particolare riguardo, la
signoria del proprietario sulle cose che gli appartengono è completa. Ma
l'articolo stesso limita poi l'ampiezza di questo diritto fondamentale ag-
giungendo : « se non per cause di pubblica utilità, legalmente ricono-
sciute e dichiarate e premesso il pagamento di una giusta indennità ».
Ne discende, quindi, dall'enunciato dell'articolo, che su ogni pro-
prietà privata incombe la eventualità di una cessione allo Stato, la quale
deve considerarsi come una possibilità connaturata alla cosa stessa, come
dovere del proprietario della cosa cui si contrappone il diritto di otte-
nere una proporzionata indennità.
La nostra legislazione, ispirata alla dottrina liberale e fedele alia
tradizione classica del diritto di proprietà (jus utendi et abutendi), ela-
borò una prima legge fondamentale in materia di espropriazione (legge
del 25 giugno 1865, n. 2359), nella quale è evidentissima la preoccupa-
zione di tutelare l'interesse privato e di non mortificare i diritti indi-
viduali.
A questa legge fondamentale del 25 giugno 1865, che disciplinò inte-
ramente le espropriazioni sino al 1886, seguì la legge 15 gennaio 1S85,
pel risanamento della città di Napoli, con la quale si affermano dei
nuovi principi, che dominano ancor oggi.
18 L'ARTE S P E C I A L E

La legge del 1805, ispirata alla concezione liberale e all'antitesi tra


Stato ed individuo, considerava l'espropriazione soprattutto come un sa
orificio imposto al singolo, e quindi portò ad un orientamento legislativo
tendente a difendere soverchiamente il privato. Ad aggravare questo
stato di cose, che a volte danneggiava la pubblica finanza a vantaggio di
proprietari avidi assistiti da periti compiacenti, cui era affidata la deter-
minazione dell'indennità, concorse anche l'inspiegabile trascurataggine
del potere esecutivo che non provvide a pubblicare il regolamento pre-
visto dalle norme della stessa legge del 1865 e ritenuto urgente dal mi-
nistero dei lavori pubblici, il quale il 27 novembre 1867 ne trasmise,
per esame, uno schema al consiglio di Stato. Malgrado tutto ciò la legge
fondamentale, in gran parte opera del Pisanelli, costituisce un complesso
di norme che, a giudizio dello Scialoia, risulta « preciso e certo nella for-
mulazione, equo nell'applicazione » (*).
Le sue manchevolezze, evidenti specie nella determinazione dell'in-
dennità, risultarono particolarmente gravi di fronte alla necessita del
risanamento della città di Napoli, che, date le specialissime condizioni,
esigeva disposizioni eccezionali; atte a sottrarre la finanza pubblica alle
speculazioni o alle prepotenze dei privati : nacque così la legge del 15
gennàio 1885, per la città di Napoli, la quale, avendo lo scopo di stabilire
un regime giuridico dell'indennità favorevole all'espropriazione, « appro
dò a disposizioni infelici e ambigue dal lato formale, assai discutibili e
pericolose da quello sostanziale » come ebbe ad affermare recisamente
lo Scialoia.
La preoccupazione di favorire gli e s p r o p r i a c i fece si che questa
legge, nata dalla necessità contingente del risanamento della città di Na-
poli, e dalle specifiche situazioni della proprietà edilizia napoletana, ve-
nisse gradualmente estesa agli altri compartimenti del Regno. Lo spirito
di cotesto movimento legislativo si palesa specialmente nella legge ferro-
viaria del 7 luglio 1907, nella quale, all'art. 77, si stabilisce che « alle
espropriazioni... si applicheranno le norme degli art. 12 e 13 della legge
15 gennaio 1885, n. 2892 », e che « nei luoghi ove vigessero disposizioni
legislative speciali più favorevoli alle amministrazioni e s p r o p r i a c i , tali
disposizioni saranno applicate anche all'espropriazione da eseguire dal-
l'amministrazione delle Ferrovie dello Stato ».
Il dilagare delle ricordate disposizioni, certamente infelici e dubbie,
che venivano estese ad espropriazioni aventi scopi economici e sociali
affatto diversi da quelli richiesti dal risanamento di Napoli, sollevò
vivaci critiche dottrinali, aspre proteste, determinò vive preoccupazioni

(>) Vittorio Scialoia nella prefazione alla terza edizione del « Commento alle
leggi snlle espropriazioni per pubblica utilità » steso da Giunio Sabbatino e Luigi
Bìamonti (Torino, U.T.E.T., 1913) riassume in quattro succose pagine la natura
delle due leggi fondamentali.
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AI. P R O P R I E T A R I O E S P R O P R I A T O , ECC. 2-II

nei proprietari, tanto che dallo stesso Parlamento ne fu preannunciata


l'abolizione.
Mentre la legge fondamentale del 1865 tutela soverchiamente il pri-
vato, quella del 1885 lo sacrifica : in entrambi i casi vi è abuso, e quindi
negazione del diritto.
Per dare un complesso di norme adeguate alla nuova concezione del
diritto pubblico e dello Stato, che considera l'individuo 11011 come fine
ma come mezzo, per raggiungere finalità nazionali, il Ministro Rocco,
nel 1926, propose la costituzione di una Commissione Reale per la ri-
forma delle Leggi sulla espropriazione per pubblica utilità, la quale
presentò un elaborato progetto accompagnato da una dotta ed esau-
riente relazione, dovuta al Marracino.
Il progetto, per quanto si riferisce all'indennità, respinge il con-
cetto della legge di Napoli ed ispirandosi alla nostra migliore tradizione
giuridica afferma il concetto della « reintegrazione del patrimonio »,
attribuendo la determinazione dell'indennità ad un collegio peritale
composto dal presidente del tribunale e da due tecnici delle ammini-
strazioni dello Stato, o scelti f r a i membri del Consiglio Provinciale del-
l'Economia Corporativa.

2. - L'INDENNITÀ NELLA L E G G E DEL 2 5 GIUGNO 1 8 6 5 N. 2359,

MODIFICATA CON L E G G E 1 8 - D I C E M B R E 1 8 7 9 N . 5188

a) I precedenti. Precisati i principi attinenti all'istituto dell'e-


spropriazione, cui si riferiscono importanti problemi giuridici che dob-
biamo trascurare, rimane il problema per noi fondamentale del come
debba determinarsi l'indennità dovuta all'espropriato e quale debba es-
sere la sua misura.
Un esame anche sommario della nostra legislazione e di quella stra-
niera ci dimostra come il legislatore abbia variamente deliberato f r a due
alternative : quella di affidarsi completamente al perito e quella di li-
mitarne l'arbitrio e guidarne l'attività.
È bene subito ricordare che la stima è di tale n a t u r a da non soffrire
eccessive limitazioni, poiché essa è in relazione alla personale capacità
del singolo e scaturisce in maniera non pienamente avvertita e spiegata
dal raziocinio, per cui non è suscettibile di essere meccanicamente de-
terminata. Questo spiega perchè i tentativi compiuti dal legislatore in
questo senso non abbiano sempre consentito di cogliere il prezzo deside-
rato, perchè non si può senza pericolo ridurre a troppo angusti confini
la libertà di chi deve esprimere un giudizio di stima.
Nel .1865, quando si pose mano a riordinare la legislazione patria,
si avevano come precedenti in materia di espropriazione, a prescindere
dalla copiosa legislazione straniera, le Regie P a t e n t i Sarde del 6 aprile
240 L'ARTE S P E C I A L E

1839 H e la legge estense del 10 gennaio 1818. Tanto le prime che la


seconda fissarono gli elementi da prendere in considerazione nel processo
di stima : ma è specialmente nella citata legge estense, del 10 gennaio
1818, che si trovano precise disposizioni.
I n f a t t i , all'art. 15 si imponeva ai periti di attenersi, nella determi-
nazione del valore dei terreni o dei fabbricati da espropriare, alle istrn
zioni del 1801, cioè "al regolamento del 17 maggio di quell'anno per la
vendita dei beni e crediti nazionali: regolamento che stabiliva di capi-
talizzare al 5 % la rendita del fondo, determinata attribuendo alle quan-
tità rilevate i prezzi medi del novennio antecedente (2).
Ma non parve allora opportuno seguire questa via già tracciata. Si
vedeva allora l'espropriato come vittima dell'espropriante, che, forte del
l'ausilio della legge, carpiva i beni senza pagare una congrua indennità.
Fu quindi questa preoccupazione che indusse il legislatore a lasciare al
perito incontrastata libertà di stima, pensando di provvedere in tal modo
alla difesa dei diritti dell'espropriato.

b) Prima parte dell'indennità: il giusto prezzo della cosa. - Esami-


niamo gli articoli 38 e 39 della legge 25 giugno 1865 :
ART. 38. - Le perizie saranno eseguite e le relazioni compilate giusta
le norme tracciate dalle leggi generali di procedura.
ART. 39. - Nei casi di occupazione totale l'indennità dovuta all'e-
spropriato consisterà nel giusto prezzo che, a giudizio dei periti, avrebbe
avuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita.
In quest'ultimo articolo si distinguono due punti fondamentali: il
primo riguarda il giusto prezzo, cioè quel prezzo per il quale il proprie

(*) Riportiamo i due articoli fondamentali delle Patenti Sarde del 6 aprile 18:»:
ART. 27 - Nel procedere alla stima il perito dovrà tenere conto del valore si reale'
che relativo dello stabile cadente nella espropriazione e delle opere entrostanti, col
desumere il valore reale dagli atti di vendita di data recente, di affittamento e loca-
zione attuali, seguiti senza frode, e in mancanza di questi, dal reddito netto calco-
lato sopra un decennio. — ART. 28 - Relativamente ai fabbricati si avrà inoltre ri-
guardo al valore intrinseco del materiale che li costituisce e al valore estrinseco,
vale a dire al reddito netto calcolato esso pure sopra un decennio.
(2) Si riportano gli articoli fondamentali della legge estense del 10 gennaio 1848 :
ART. l(i - Il perito verifica avanti ogni cosa la rendita del fondo. — ART. 17 - Questa
si desume dal valore dei prodotti, non avuto riguardo agli affitti. — ART. 1 8 - 1 1
valore dei prodòtti è fissato sul prezzo adeguato o medio del novennio dal 1798
inclusivo retro. — ART. 19 - Il valore reale del fondo è determinato calcolando lire
cento per ogni cinque lire di rendita così verificata. — ART. 20 - Da detto valore
si deduce per l'imposta prediale, dove non esiste il censo milanese, un capitale cor-
rispondente a denari 15 per ogni scudo milanese di valore reale. Nei dipartimenti
ove esiste detto censo, la deduzione è in denari 36 per ogni scudo dJ'estimo. —
ART. 21 - A titolo d'imposta, qualunque siasi, nazionale, dipartimentale, distret-
tuale, o comunale, ordinaria o straordinaria, non si fa altra deduzione.
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AI. P R O P R I E T A R I O E S P R O P R I A T O , ECC. 2-II

tario, in una normale e libera contrattazione, avrebbe venduta la cosa ad


un acquirente che, essendo libero di comperarla, l'avrebbe acquistata; il
secondo si riferisce all'assoluta libertà concessa al perito nella ricerca
del giusto prezzo, salva la facoltà, delle p a r t i di dimostrare l'erroneità
dei procedimenti e criteri seguiti.
Ci sembra di ravvisare t r a lo spirito dell'articolo che commentiamo
e le disposizioni contenute nel progetto di legge della Commissione Rea-
le, di cui è stato relatore il Marracino, una stretta, affinità che forse
muove dalla corretta interpretazione della tradizione giuridica. Ricono-
scendo che la indennità in quanto agli effetti debba rappresentare l'equi-
valente economico del bene espropriato ed essere perciò idonea a reinte-
grare il patrimonioin sostanza, si riconosce che l'indennità corrisposta
deve ammontare al giusto prezzo, come è esplicitamente riconosciuto dal
seguente articolo del citato progetto.
L'indennità di espropriazione comprende :
1°) 11 valore venale della cosa o del diritto, in condizioni di mer-
cato normale e secondo i criteri stabiliti dalla, presente legge.
2°) Il risarcimento dei danni speciali prodotti in modo diretto e
necessario dall'espropriazione al proprietario od enfiteuta .ed ai titolari
dei diritti indicati nell'articolo seguente.
Stabilito il giusto prezzo, cioè il- valore venale, non bisognerà ag-
giungere nessun sopraprezzo a titolo di compenso per il sacrificio perso-
nale che fa il proprietario cedendo il suo bene. La cessione per utilità
pubblica è « una conseguenza del debito sociale che lia ogni membro di
un'associazione politica di posporre l'interesse suo a quello generale »
'Pisanelli), per cui dall'indennità va assolutamente esclusa la valuta-
zione delle particolari relazioni che intercorrono tra il proprietario ed
il fondo, e che vengono a cessare per il fatto della espropriazione.
In sostanza, l'indennità consisterà anzitutto nel giusto prezzo; l'in-
terpretazione economica suggerisce di aggiungere la locuzione normale
per indicare che se la cosa potesse essere scambiata un gran numero di
volte nello stesso istante, l'indennità dovrebbe consistere nella media
aritmetica dei prezzi che verrebbero in tal modo pagati.
Va inoltre rilevato che l'indennità deve essere stabilita su la base
delle condizioni e dello stato in cui si trovano gli immobili al tempo (iella
esp rop ri azione.
Ora siccome può accadere che f r a la dichiarazione di pubblica uti-
lità e il decreto del prefetto che pronuncia l'espropriazione, il valore
del bene aumenti per cause naturali (alluvione, accessione) o per fatto
dell'uomo (costruzioni, piantagioni eseguite dal proprietario, aumenti
di valore dipendenti dalla compiuta opera di pubblica utilità) il legisla-
tore vi ha, quantunque parzialmente, provveduto con gli art. 12 e 43.

o . Medici - Lezioni di estimo. IO


242 PARTE SPECIALE

ART. 42. - L'aumento di valore clie dalla esecuzione dell'opera di


pubblica utilità sarebbe derivata alla p a r t e del t'ondo compresa nella
espropriazione non può tenersi a calcolo per aumentare la indennità do-
vuta al proprietario.

ART. 43. - Non possono essere calcolate nel computo delle indennità
le costruzioni, le piantagioni e le migliorie, quando, avuto riguardo al
tempo in cui furono f a t t e ed altre circostanze, risulti essersi eseguite
nello scopo di conseguire un'indennità maggiore, salvo il diritto al pro-
prietario di asportare a sue spese i materiali e tutto ciò che può essere
tolto senza pregiudizio dell'opera di pubblica utilità da eseguirsi.
Si considerano f a t t e allo scopo di conseguire una maggiore inden-
nità, senza d'uopo di prova, le costruzioni, le piantagioni e le migliorie
che dopo la pubblicazione dell'avviso del deposito del piano di esecu-
zione siano state intraprese sui fondi in esso segnati f r a quelli da
espropriarsi.

Orbene, mentre queste disposizioni risolvono i due casi dipendenti


dal f a t t o dell'uomo, non precisano come ci si debba comportare allorché
vi sia stato un aumento di valore dipendente da variazioni avvenute nel
livello generale dei prezzi dei beni fondiari, oppure quando siano soprag-
giunte accessioni.
Il quesito si risolve stabilendo il momento giuridico al quale va ri
ferita la determinazione dell'indennità : momento che, secondo l'inter-
pretazione dominante, andrebbe stabilito alla data del decreto di espro-
priazione.
Il Sabbatini afferma che nella stima degli immobili « devesi te-
nere conto dell'aumento (li valore (valore latente o potenziale) del quale
i fondi medesimi, per propria n a t u r a o per circostanze speciali di f a t t o ,
siano suscettivi in via normale, cioè senza cambiare carattere e destina-
zione, e che sarebbe certamente apprezzato in un libero e volontario con-
t r a t t o di compravendita ».
Questo concetto, al quale accedono sostanzialmente la dottrina e la
giurisprudenza patria e straniera, potrebbe, di primo acchito, sembrare
in contraddizione con l'altro concetto fondamentale che vuole l'inden-
nità stabilita in base alle condizioni e allo stato in cui si trovano gli
immobili al tempo della espropriazione. In verità, però, non vi ha nes-
suna contraddizione perchè lo stato e le condizioni del bene in un deter-
minato istante possono denunciare delle possibilità evidenti alla genera-
lità degli acquirenti e dei venditori, per cui il giusto prezzo contiene
anche queste attitudini potenziali del bene espropriato.

(') C f r . : G. SABBATINI - Commento, cit.


L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AI. P R O P R I E T A R I O E S P R O P R I A T O , E C C . 2-II

c) Seconda parte dell-indennità : i danni. - Ora è giunto il momento


di occuparsi della seconda parte di cui consta l'indennità.
Oltre al pretiwm rei, al proprietario spetta il risarcimento dei danni
dovuti al fatto dell'espropriazione. Più precisamente, oltre ai danni do-
vuti all'esecuzione dell'opera di cui all'art. 46, che esamineremo, vi sono
dei danni conseguenti al fatto dell'espropriazione, alla lungaggine della
procedura, ecc., chiamati anche danni personali, i quali devono essere
risarciti. Tale è, ad esempio, la mancata locazione di fabbricati soggetti
ad esproprio per causa di pubblica utilità, ecc. Naturalmente cotesti
danni, perchè siano risarciti, devono essere la conseguenza diretta e im-
mediata dell'esproprio.
Nel seguente articolo la legge si occupa in maniera esplicita dei
danni arrecati alla cosa dall'esecuzione dell'opera di pubblica utilità.
ART. 46. - È dovuta un'indennità ai proprietari dei fondi, i quali
dalla esecuzione dell'opera di pubblica utilità vengano gravati di servitù
0 vengano a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita o
dalla diminuzione di un diritto.
La privazione di un utile, al quale il proprietario non avesse di-
ritto, non può mai essere tenuta a calcolo nel determinare l'indennità.
Le disposizioni di questo articolo non sono applicabili alle servitù
stabilite da leggi speciali.
F r a i danni che l'esecuzione dell'opera pubblica può arrecare, la
legge ricorda in primo luogo l'imposizione di una servitù sopra uno o
più fondi circostanti, oppure l'aggravarsi di servitù già esistenti. Sono
escluse da compenso le servitù stabilite da leggi speciali, quali le mili-
tari, sanitarie, sui fiumi navigabili, ecc. in quanto esse costituiscono
delle limitazioni al diritto di proprietà aventi il carattere di condizioni
normali intrinseche all'esercizio del diritto. Vanno invece compensate le
servitù stabilite dal codice civile, per il suo carattere di legge generale ;
però alcuni giuristi ritengono che non tutte le servitù stabilite da leggi
speciali vadano escluse da indennità.
I danni di altro genere derivanti al bene espropriato devono essere
risarciti tanto nel caso in cui si t r a t t i di danni diretti dovuti ad azione
quanto nel caso in cui il danno si debba ad inazione od omissione.
Particolare attenzione merita la disposizione secondo la quale sol-
tanto i « danni permanenti derivanti dalla perdita o dalla diminuzione
di un diritto » sono indennizzabili, e ciò perchè l'interpretazione stret-
tamente letterale porterebbe ad escludere una quantità di danni sull'in-
dennizzo dei quali la dottrina e la giurisprudenza si sono pronunciate in
maniera favorevole.
È stato giustamente rilevato che la locuzione permanente vuole evi-
tare l'indennizzo di danni transitori. Quindi non soltanto i danni con-
tinui e irreparabili devono essere indennizzati, ma anche quei danni in-
290
L'ARTES P E C I A L E

termittenti dovuti alla permanenza dello stato di cose create dalla esc
ouzione delle opere di pubblica utilità. La giurisprudenza, infatti, lui
riconosciuto il carattere di permanenza ai danni derivanti da un terra
pieno che impedisce il libero scolo delle acque; ai danni derivanti dal
mancato invecchiamento di vini conservati in cantine adiacenti a strade
ferrate causato dal tremolio prodotto dai treni in movimento; ai danni
derivanti ad una casa per la costruzione di un argine a ridosso di essa :
ai danni arrecati, ai fondi situati nelle vicinanze, da un ponte le cui basse
arcate sono causa di intermittenti inondazioni, ecc.
I n questo senso va quindi negata l'indennità per i danni che una
industria o un negozio possono subire durante i lavori di sistemazione
stradale, ecc.
Certamente il legislatore non è stato molto felice adottando la pa-
rola permanente : la sua giustificata preoccupazione di risarcire soltanto
i danni reali, dimostrabili e apprezzabili, onde evitare i tentativi di avidi
e disonesti speculatori alla ricerca di danni risarcibili, lo ha portato ad
adottare una espressione ambigua, che certo supera l'intento prefissato.

d) Espropriazione parziale: l'indennità. - Art. 40: Nei casi di oc-


cupazione parziale, la indennità consisterà nella differenza tra il giusto
prezzo che avrebbe avuto l'immobile avanti l'occupazione e il giusto
prezzo che potrà avere la residua parte ili esso dopo l'occupazione.
Il concetto dal quale muove il legislatore è quello della reintegra-
zione del patrimonio, per cui, anziché stabilire l'indennità sulla base del
valore venale della cosa espropriata, si stabilisce in maniera inderoga-
bile che l'indennità debba essere stabilita nella differenza tra i due va-
lori, cosicché risulti veramente il valore da reintegrare. Il che appare
ancor più saggio quando si pensi che la parte del fondo occupata e
quella non occupata sono beni complementari-, l'indennità deve quindi
consistere nel deprezzamento subito, per il fatto dell'espropriazione, dal
fondo soggetto ad esproprio.
Il compito del perito è quindi chiaramente definito dalla legge. 1 >e-
terminato il valore dell'immobile seguendo i criteri esposti nel com-
mento dell'art. 39, si procede, con gli stessi criteri, alla determinazione
del valore dell'immobile residuo : la differenza costituisce la base del-
l'indennità, da corrispondere all'espropriato. Qualora il perito, per pro-
cedere più speditamente, commisurasse l'indennità soltanto sul valore
della parte occupata, la perizia sarebbe nulla, contravvenendo all'impe-
rativo categorico della legge.
I periti sono tenuti a seguire il criterio definito in maniera chia-
rissima dal legislatore, e a specificare nella loro relazione i due distinti
valori attribuiti all'immobile, pena la nullità della perizia. In tal senso
si è pronunciata la Corte di Appello di Brescia (28 novembre 1872), di
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AI. P R O P R I E T A R I O E S P R O P R I A T O , E C C . 2-II

Venezia (25 febbraio 1876] e la Cassazione di Firenze (18 luglio 1872),


con una sentenza che è opportuno riportare :
a La vigente legge, conservando sostanzialmente quanto eravi di
giusto ed equo a tale riguardo nelle precedenti, a semplicizzare la for-
mula della base di estimazione della dovuta indennità, imperativamente
statuì che questa consisterà nella differenza f r a il giusto prezzo che a-
vrebbe avuto l'immobile avanti l'occupazione ed il giusto prezzo che
potrà avere la parte residua di esso dopo l'occupazione. É chiaro così
che il perito deve stabilire ed indicare distintamente due p r e z z i , l'uno
dello stabile intero, l'altro di quello rimanente subito dopo l'occupazio-
ne ; e che questi due prezzi determinati e d i s t i n t i hanno diritto a cono-
scere, senz'altre complicazioni, sia lo spropriante, sia lo spropriato » I1).
E! stato osservato da diversi cultori di estimo e recentemente dal
Marenghi (2) che il processo della doppia stima vale solo nell'ipotesi che
la zona espropriata sia rappresentata da una parte non eccessivamente
piccola : non sarebbe quindi applicabile nelle più frequenti espropria-
zioni parziali dovute alla costruzione di strade, canali, ecc. che sottrag-
gono minuscole estensioni di terra ai fondi attraversati. L'A. osserva
inoltre che la doppia stima non avrebbe senso logico essendo paragona-
bile alla determinazione del peso di un campione di pochi granimi, pre-
levato da un sacco di merce, eseguendo la doppia pesata" del sacco me-
desimo.
Questa comparazione, frequentemente ripetuta, facile ad essere
acquisita per la sua semplicità, è affetta da, un po' di semplicismo.
Anzitutto il paragone meccanico di grandezze alle quali si può incondi-
zionatamente applicare la proprietà additiva, come sono le misure di
peso, di superficie, ecc. non è corretto, perchè nel caso che ci interessa
si t r a t t a di beni complementari. Raramente avviene che il valore (prezzo)
del tutto risulti uguale alla somma delle parti in cui esso viene diviso ;
per questo non sembra che si possa considerare corretto il metodo di
stima diretto dalla parte espropriata. Tanto più che il concetto giuri-
dico, al quale la stima deve servire, chiede al perito di determinare la
somma che serve a reintegrare il patrimonio e non a cogliere il valore
della parte espropriata a sè stante, disgiunta dal tutto esistente prima
dell'espropriazione.
Che il perito di fronte a limitate superficie espropriate, per como-
dità, possa adottare metodi di stima sbrigativi, consigliabili nel caso di
espropriazioni per strade e ferrovie e canali, ecc. può anche essere am-
messo, sempre che ciò costituisca un artificio tecnico atto ad abbreviare
la strada che conduce al valore di stima : il quale, dovendo reintegrare

( l ) C f r . : SABBATINI, op. cit.


P ) MARENGHI - Lesioni di estimo. ED. Politemica, Milano, 1925, pag. 128.
290L'ARTES P E C I A L E

il patrimonio, deve risultare in og'ni caso da una valutazione che esprima


la diminuzione di valore che ha subito l'immobile espropriato.
Il Marenghi ritiene che in qualche caso si possa consigliare il pro-
cedimento che localizza la doppia stima alla parte del fondo che risente
pili da vicino gli effetti dell'espropriazione. Lo stesso autore consiglia
poi di applicare nelle stime per espropriazione parziale il metodo per
calori tipici, di cui già si è trattato nella prima parte, e che potrà
essere fecondo di buoui risultati come mezzo, non esclusivo, per giungere
all'indennità, quando si t r a t t i di espropriazioni dipendenti da strade,
canali, ecc.
e) Espropriazione parziale: del vantaggio conseguito dalla parte
non espropriata. - Art. 41 : « Qualora dalla esecuzione dell'opera pub-
blica derivi un vantaggio speciale ed immediato alla parte del fondo non
espropriata, questo vantaggio sarà estimato e detratto dall'indennità
quale sarebbe se fosse calcolata a norma dell'articolo precedente.
Se il vantaggio di cui è detto qui sopra, sarà estimato a più ili un
quarto dell'indennità che secondo l'art. 40 sarebbe dovuta al proprie-
tario, questi potrà abbandonare all'espropriente l'intero immobile per
il giusto prezzo estimato a termini dell'art. 39, semprechè il giusto
prezzo della parte del fondo espropriata superi il quarto del giusto prez
zo dell'intero immobile.
L'espropriente può esimersi dall'accettare questo abbendono, pa-
gando una somma non minore di tre quarti dell'indennità estimata a
norma dell'art. 40.
In ogni caso l'indennità dovuta al proprietario non potrà essere mei
minore della metà di quello che gli spetterebbe ai termini dell'art. 40 ».
Il legisletore si è ispirato al principio secondo il quale il valore dei
danni dovuti all'esecuzione di opere pubbliche si deve compensare con i
vanteggi che de queste possono derivare: concetto introdotto rial Pisa
nelli nella legge del 1865.
E evidente che esso può trovare applicazione soltanto nel caso di
espropriazione parziale e quando il vantagio sia speciale — riferendosi
a quel fondo determinato — ed immediato, essendo la conseguenza di-
retta dell'opera pubblica compiuta.
Le disposizioni contenute in questo articolo sono favorevoli all'es-
propriato, perchè non consentono che la compensazione dei vantaggi
debba farsi con l'intere indennità. Il progetto Pisanelli, più armonico
e conseguente, emmetteva l'annullamento dell'indennità quando il van
faggio fosse uguale o superiore ad essa; la legge del 1865 invece ha posti
i limiti indicati dall'art. 41, che riteniamo opportuno - illustrare con l'e-
sempio che segue.
L'indennità dovuta el proprietario per espropriazione parziale ri
sulta di L. 50.000: il vantaggio è stato stimato dai periti in L. 20.000.
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AL PIÌOI'UIETAKIO E S P R O P R I A T O , E C C . 247

per cui la indennità risulta di L. 30.000. Siccome il vantaggio è stimato


a più di un quarto dell'indennità, ne viene che il proprietario potrà ab-
bandonare all'espropriente l'intero immobile, purché il valore totale del
fondo non sia superiore a 200.000 lire; nel qual caso si verificherebbe
la condizione richiesta, che cioè la parte espropriata abbia un valore su-
periore al quarto del valore dell'intero immobile. In ogni caso l'espro-
priante può esimersi dalla espropriazione totale del fondo corrispondendo
un'indennità di 37.500 anziché di sole 30.000 ; cioè pagando una inden-
nità non minore di tre quarti (75 %) dell'indennità stimata secondo l'ar-
ticolo 40 in L. 50.000.
Infine, va osservato che l'ultimo capoverso dell'art. 41 si presta ad
una facile critica perchè esso sancisce una disparità di trattamento tra
i proprietari espropriati ed i proprietari di beni confinanti sottoposti a
contribuzione a norma degli articoli 77 e segg. contenuti nel capo IV
della legge del 1865.
I primi pagano il vantaggio conseguito fino a concorrenza di metà
della somma che rappresenta l'indennità, i secondi pagano invece in ogni
caso la metà della somma a cui viene valutato il vantaggio arrecato dal-
l'opera di pubblica utilità (1).
Quando, per i proprietari espropriati, il vantaggio non supera il
limite fissato dall'articolo in parola, allora essi devono pagare intera-
mente il vantaggio di cui vengono a godere, istituendo un'altra disu-
guaglianza di trattamento in confronto con i proprietari soggetti a con-
tributo, i quali pagano sempre solo la metà del detto vantaggio.
Una volta fissato il principio che ogni vantaggio derivante dall'o-
pera di pubblica utilità debba essere pagato, o si stabilisce, secondo
naturale giustizia, che questo vantaggio sia interamente pagato, oppure,
cedendo a consigli di clemenza, si possono porre dei limiti arbitrari ;
ma questi debbono essere uguali tanto per gli espropriati che per i non
espropriati, senza di che la legge viene a favorire gli uni e a incrudire
sugli altri.
f) L'istituto del contributo. - L'istituto del contributo è regolato
dal capo IV della legge che commentiamo.
« Come il risarcimento serve a ristabilire la violata uguaglianza nei
rapporti f r a privati e Stato, ripartendo f r a t u t t i il sacrificio particolare
offerto da uno, cosi il contributo ristabilisce in opposto senso l'ugua-
glianza, imponendo un passaggio di valori, a favore della comunità, da
colui o da coloro che di un'opera pubblica beneficiano in modo parti-
colare » (2).

(') Attualmente in forza dell'art. 1 della legge 16 dicembre 1926, n. 2251, il


limite è stato portato dalla metà ai tre quarti del vantaggio conseguito.
(2) Ministero dei LL. PI*. Segretariato Generale: Ricerche preliminari per la
riforma della legge sulle espropriazioni, Roma, 1912, pag. 69.
290
L'ARTES P E C I A L E

Lo Stato Jion esige, come avviene in alcuni casi pei proprietari espro-
priati, il pagamento di una somma pari all'intero vantaggio di cui il
primo benefica, ma si limita a chiedere soltanto la metà di questa som-
m a : « I l contributo per ciascun proprietario deve essere uguale alla
metà del maggior valore risultante dalla esecuzione delle opere di pùb-
blica utilità » (art. 78). Inoltre, poiché questo vantaggio è stato procu
rato al proprietario dell'immobile, senza che egli ne avesse fatto richie-
sta o anche, talvolta, contro il suo volere, si è cercato di agevolare il
pagamento del contributo, accordando il pagamento rateale in 10 an-
nualità : « questo contributo è pagabile in decimi in ciascun anno con
temporaneamente all'imposta prediale » (art. 78).
L ' a r t . 80 dispone che il proprietario del fondo gravato di contributo
possa abbandonarlo all'espropriante per il giusto prezzo stimato ai ter-
mini dell'art. 39. Questa norma va messa in relazione con le recenti di-
sposizioni della legge 1G dicembre 1920 n. 2251 in materia di applica-
zione del contributo di miglioria in dipendenza dell'esecuzione di opere
pubbliche, la quale' all'art. 2 stabilisce che alle espropriazioni da etì'et
tuarsi in conseguenza della mancata accettazione del contributo da p a r t e
dei proprietari interessati sono applicabili gli art. 12 e 13 della legge
15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento della città di Napoli, ferme
restando, per quelle da effettuarsi in dipendenza di lavori ferroviari, le
norme di cui all'art. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429, ed il R. D. 24
settembre 1923, n. 2112.
La stessa legge del 1926 all'art. 1 porta la misura del contributo
dalla metà ai tre quarti del vantaggio conseguito. Art. 1 : « Quando
dalla costruzione di un'opera pubblica eseguita dallo State», o da enti
pubblici col concorso dello Stato, sia direttamente che a mezzo di con-
cessioni, derivi ad immobili prossimi all'opera stessa un aumento di va-
lore, può essere imposto ai proprietari un contributo di miglioria non
superiore ai 3/4 di tale aumento ».
La presente disposizione si applica anche in casi di importanti tra-
sformazioni o miglioramenti delle opere esistenti.

g) Occupazioni temporanee di fondi per estrazione di pietra, ghiaia


o per altri usi necessari all'esecuzione delle opere pubbliche. - L'istituto
dell'occupazione non ha lineamenti giuridici chiari come quello della
espropriazione: esso indica piuttosto il fatto materiale dell'occupa-
re. I n f a t t i , sotto un'unica denominazione vennero dalla legge del 1865
accomunati procedimenti diversi per forma e natura, f r a i quali è op-
portuno operare una distinzione.
Come si rileva dall'art. 64 (') gli usi cui può essere destinali! il
fondo soggetto ad occupazione sono di due categorie :

(') ART. 04 - Gli intraprenditori ed esecutori di un'opera dichiarata di pubblica


L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AL PIÌOI'UIETAKIO E S P R O P R I A T O , ECC. 259

1°) nel l'ondo si possono depositare dei materiali, costruirvi ma-


gazzini, cantieri, locali di ricovero, ecc. ;
2°) si possono estrarre dal fondo materiali da costruzione, pietra,
ghiaia, sabbia, ecc.
È stato osservato che le prime operazioni si possono giustamente
indicare col nome di occupazione, mentre cpiesto nome non conviene alle
seconde, poiché queste esorbitano dall'uso della cosa e si possono assi-
milare ad una vera espropriazione.
Discordi sono le opinioni degli autori a questo ultimo riguardo :
alcuni vi ravvisano una espropriazione immobiliare, come se una parte
stessa dell'immobile mutasse di proprietà ; altri vi riconoscono un'espro-
priazione mobiliare, ritenendo cose mobili quelle che dal fondo sono
asportate; altri, infine, ritengono t r a t t a r s i di una servitù (servitus are-
nae fodiendae o lapidis eximendi : servitù di scavare sabbia o di aspor-
tare pietre).
Vi è espropriazione immobiliare, dicono i primi, perchè i materiali
che si estraggono dal fondo sono una parte stessa dell'immobile e par-
tecipano quindi di tale natura. Ma si osserva che, nel momento stesso
in cui detti materiali vengono staccati ed allontanati dal fondo, viene a
cessare ogni carattere di immobilità e vi succede il carattere di mobile.
E siccome nell'estrazione di materiali dal fondo non si- riconosce il
peso imposto su un fondo a vantaggio di un altro fondo, il che sarebbe
necessario riconoscere per parlare di servitù, alcuni ritengono che la
estrazione di detti materiali abbia i caratteri dell'espropriazione mo-
biliare.
Gli scopi per i quali può rendersi necessaria l'occupazione, durante
l'esecuzione di un'opera di pubblica utilità, sono praticamente infiniti,
e perciò la legge, nell'art. 61, ne indica soltanto alcuni (estrarre pietre,
ghiaia, sabbia, terra o zolle, ecc.), ma l'elenco non ha carattere tassativo.
Oltre ai precedenti, il terreno occupato può essere destinato ad
altri usi, purché però siano necessari all'esecuzione dell'opera. La legge
dispone, infine, che non siano occupati i terreni chiusi da muro e « i
materiali raccolti dal proprietario per suo uso anche in terreni non
chiusi da muro » (x).

utilità, possono occupare temporaneamente i beni privati per estrarre pietre, ghiaia,
sabbia, terra o zolle; per farvi deposito di materiali; per stabilire magazzini e
officine ; per praticarvi passaggi provvisori ; per aprire canali di diversione delle
acque e per altri usi necessari all'esecuzione dell'opera stessa.
Per estràrre pietre, ghiaia, sabbia, terra o zolle, non potranno occuparsi i ter-
reni chiusi da muro.
I materiali raccolti dal proprietario per suo uso, anche in terreni non chiusi
da muro, non potranno essere espropriati se non nei casi preveduti dall'art, 71.
P ) Per più ampie informazioni al riguardo cfr. : SABBATINI - Op. cit., voi. II,
pag. 405 e segg.
290
L'ARTE S P E C I A L E

Per la perizia e l'indennità da corrispondere, l'art, 68 così stabi-


lisce : « Nella perizia si esporrà lo stato in cui si trova il fondo da
occupare. L'indennità deve essere determinata, avuto riguardo alla per
dita dei f r u t t i , alla diminuzione del valore del fondo, alla durata della
occupazione e tenendo conto di tutte le altre valutabili circostanze ».
La perizia deve contenere una precisa descrizione dello stato del
fondo prima dell'occupazione, poiché dopo di questa il fondo muta ed
in ogni momento susseguente l'accerta mento e la valutazione delle mo-
dificazioni avvenute in esso si può fare solo riferendosi allo stato ini-
ziale. Tanto più che la determinazione di danni imprevisti e la risolu-
zione delle innumerevoli controversie che possono sorgere sull'indennità
richiede la precisa conoscenza dello stato iniziale,
La larghezza di criteri seguita dal legislatore in materia di inden-
nità per le espropriazioni si ritrova anche in materia di occupazione :
egli non si è limitato ad indicare alcuni elementi dell'indennità, ma ha
voluto affidare al perito la cura (li considerare « tutte le altre valuta
bili circostanze» da cui si potesse t r a r r e aiuto nel commisurare la in-
dennità.
Per espressa norma di legge (art, 69) l'indennità di occupazione deve
essere determinata e pagata all'inizio dell'occupazione stessa, Contro
questo procedimento si sono giustamente levate le concordi critiche dei
commentatori. E ciò perchè, mentre i danni derivanti dalla mancata
percezione di f r u t t i si possono prevedere con una certa sicurezza fin
da principio, altri, come la diminuzione di valore del fondo, possono
valutarsi soltanto alla fine dell'occupazione.
Sarebbe quindi opportuno abbandonare il rigido principio che vuole
l'indennità pagata totalmente all'inizio dell'occupazione e adottare un
sistema che comporti il pagamento dell'indennità parte al principio,
parte alla fine, e parte durante l'occupazione, come propone di fare il
Sabbatini: i danni derivanti dalla perdita dei f r u t t i si paghino all'ini-
zio, i materiali estratti siano pagati di tempo in tempo in proporzione
alla quantità t r a t t a dal fondo, e la diminuzione di valore del fondo sia
indennizzata alla fine.

3. - L ' I N D E N N I T À SECONDO LA L E G G E DEL 1 5 GENNAIO 1 8 8 5 N . 2892


P E L R I S A N A M E N T O DELLA CITTÀ DI NAPOLI

a) I precedenti. - Sono state commentate le principali disposizioni in


materia d'indennità della legge del 25 giugno 1865. Di essa si sono ri-
levate alcune manchevolezze, che si palesarono col maturare dei tempi e
con i nuovi indirizzi giuridici dipendenti da una diversa concezione dei
rapporti t r a Stato e individuo. Allora il legislatore volle lasciare ampio
e libero potere al perito, per timore che il privato avesse a soffrire (lan
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AL PIÌOI'UIETAKIO E S P R O P R I A T O , ECC. 251

no nell'espropriazione. Più tardi però si dovette riconoscere che ie in-


dennità corrisposte per espropriazioni oltrepassarono spesso il giusto
prezzo.
La sostanziale alternativa volgente tra la limitazione e la libertà
dell'attività peritale si palesò nettamente nel 18S5, e si palesa ancor
oggi, come dimostra il seguente passo della relazione Marracino al re-
cente progetto della Commissione Reale : « il valore venale non può es-
sere determinato se non in base a criteri generali, ed a principi da tenersi
presenti come norme direttive, adattabili, caso per caso, attraverso equi
temperamenti e secondo le varie circostanze di fatto. Ma resta a risolvere
il problema se codesti criteri direttivi debbano essere tradotti in norme
di diritto obiettivo, ovvero essere abbandonati alla competenza tecnica
ed all'arbitrio prudente di chi sia chiamato all'accertamento dell'inden-
nità nei casi concreti ».
Tale era la nostra legislazione in materia, quando a Napoli, dopo
l'epidemia colerica, si decretò la demolizione e ricostruzione del quar-
tiere in cui il male aveva infierito con più nefasta virulenza, causa l'af-
follamento degli abitanti, costretti in case sudicie e antigieniche. E r a
facile prevedere che, date le specifiche condizioni dell'edilizia napole-
tana, era almeno pericoloso affidarsi alla legge del 1865. Così facendo
— tale almeno fu il pensiero del legislatore — si sarebbero dovute pa-
gare delle indennità così alte da minacciare il raggiungimento del fine
e perciò si pensò di promulgare una nuova legge con cui limitare il pre-
potere dei privati e dei periti e con cui tentare di ricondurre ad equa
misura la indennità. Si cercò così di porre rimedio agli eccessi in cui
si era caduti nell'applicazione della precedente legge, che, favorendo i
privati, aveva permesse inique speculazioni.
L'intenzione del legislatore balza evidente dal contesto della legge :
questo indirizzo, che si può compendiare nella formula « espropriare di
•più e pagare dì meno », prevalse anche più tardi e, caso memorabile,
venne audacemente dichiarato nel noto art. 77 della legge 7 luglio 1907,
già ricordato.
b) L'indennità : art. 13. - La legge del 15 gennaio 1885 n. 2892 non
apporta alcuna variazione alle norme generali concernenti la determi-
nazione dell'indennità (offerta e perizia), nè a quelle relative alla com-
petenza dell'autorità giudiziaria ; fascia pure inalterate le disposizioni
riguardanti le occupazioni temporanee e gli art. 11 e 16 della legge
del 1865.
La parte sostanziale dell'innovazione sta nelle modalità stabilite
per determinare l'indennità, contenute nell'art. 13 :
« ART. 13. - Nel piano di cui all'art. 1 sarà determinata l'area di
zone, laterali alle nuove strade, che il Municipio potrà espropriare per
pubblica utilità.
290
L'ARTE S P E C I A L E

I termini stabiliti dalla legge 25 giugno 1805 n. 235!), per la proce-


dura delle espropriazioni potranno essere abbreviati con ordinanza del
prefetto da pubblicarsi a norma di legge.
L'indennità dovuta ai proprietari degli immobili espropriaii sarà
determinata sulla media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ul-
timo decennio, purché essi abbiano la data certa corrispondente al ri-
spettivo anno di locazione.
In difetto di tali fitti accertati, l'indennità sarà fissata sull'imponi-
bile netto agli effetti delle imposte sui terreni e sui fabbricati.
I periti non dovranno, nella stima per le indennità, tener conto dei
miglioramenti e delle spese l'atti dopo la pubblicazione ufficiale del
piano di risanamento ».
II terzo capoverso di questo articolo si prestò subito all'equivoco, o
meglio su di esso vollero equivocare i troppo zelanti commentatori, de
siderosi di ricondurre lo spirito a quella equità giuridica che in verità
il legislatore, per motivi eccezionali, aveva voluto abbandonare. L'in-
dennità deve essere determinata facendo la media t r a due termini : il
primo dato dal valore venale, il secondo (lai fitti coacervati dell'ultimo
decennio, purché abbiamo data certa corrispondente al rispettivo anno
di locazione.
La questione sulla quale si seguita a discutere verte sulla defini-
zione del secondo termine della media. E cioè : si deve considerare que
sto come il risultato della somma di dieci annualità ili affitto, oppure
si deve considerare come il risultato della capitalizzazione del Atto me
dio del decennio?
Inutile cercare nelle discussioni parlamentari, nei precedenti legi
slativi e negli acuti commenti dei giuristi, una risposta soddisfacente a
queste domande, poiché la questione non ha avuto o potuto avere una
chiara e definitiva soluzione: ambedue le ipotesi sono state sostenute e
trovano conferma nella giurisprudenza.
Di ciamo subito che, a nostro giudizio, la legge stabilisce chiaramente
che il secondo termine della media sia dato dalla somma di dieci annua-
lità di fitto : la lettera non lascia alcun dubbio al riguardo e tanto meno
lo lascia lo spirito di una legge che « voleva espropriare di più e pagare
di meno » ! Se si ammetteva che il perito potesse capitalizzare la media
decennale degli affitti, perchè mai sarebbe stata emanata cotesta disposi
zione? Ciò non significava forse l a v a r g l i quasi completamente la li-
bertà consentita dall'art. 39 della legge del 1865, che si ritenne neces-
sario modificare? Inoltre, capitalizzare, anche al saggio legale, il canone
medio d'affitto significa determinare un valore di capitalizzazione supe-
riore a quello reale, perchè non si capitalizza un reddito netto ma un
reddito lordo di imposte, di quote di manutenzione, assicurazione, am-
mortamento, lordo di quote di sfitto e mancato pagamento del canone.
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AL PIÌOI'UIETAKIO E S P R O P R I A T O , ECC. 253

Dato lo scopo della legge, risulta evidente che l'intenzione del legislatore
era proprio quella espressa dalla lettera del testo legislativo.
D'altro lato le particolari condizioni in cui si trovava l'edilizia napo-
letana dimostrano in maniera inequivocabile che non si commetteva poi
quell'enormità vista da alcuni giuristi (piando si capitalizzava il canone
d'affitto ad un saggio inferiore al 10 %. E siccome l'affitto è lordo di
imposte, spese, ecc., ne risulta che l'indicata somma equivale al valore
che si ottiene capitalizzando, ad un saggio che oscillerà, più spesso, fra
il 7 e l'8 %, il reddito annuo netto del fabbricato.
Quando la legge di Napoli venne estesa a regolare le espropriazioni
di beni situati in condizioni economiche diverse, e persino di beni rustici,
allora apparve l'enormità giuridica dell'art. 13 e forse si cercò di miti-
garne gli effetti accogliendo la interpretazione che riconosce il secondo
termine nella media annua dei fitti capitalizzata.
Facili critiche sono state fatte sulla eterogeneità dei due termini
mediante i quali si determina l'indennità : eterogeneità che risulta evi-
dentissima quando si consideri che, data la mancanza di fitti con data
certa, si adotta l'imponibile netto agli effetti dell'imposta sui terreni e
sui fabbricati. Invero, mentre gli imponibili catastali (al netto di im-
posta) sono redditi netti, i fitti sono redditi lordi e quindi non si capisce
come possa essere ammessa la loro sostituibilità.
Inoltre, tanto i fitti quanto gli imponibili catastali non sono tali
da dare sicuro affidamento. I fitti dichiarati nei contratti di locazione
sono generalmente inferiori ai fitti realmente pagati, e ciò fanno inqui-
lino e proprietario, di comune accordo, per evadere l'imposta. Gli ini
ponibili catastali, data la diversità dei catasti, spesso sono espressi in
monete aventi diverso contenuto aureo ed inoltre sono spesso affetti da
gravi errori in un senso o nell'altro. Infine, è a t u t t i noto che anche
gl'imponibili determinati dal Nuovo Catasto, se forse in definitiva risul-
tano perequati non possono essere congrui (1).
Le considerazioni precedentemente esposte portano alla condanna
dell'art. 13: condanna assoluta quando la legge di Napoli sia estesa ad
altri territori.
Pure, in realtà, a Napoli le cose non andarono così male come si
potrebbe supporre e se ne ha una spiegazione richiamando le particolari
condizioni del momento e del luogo. I fabbricati soggetti all'espropria -
zione erano vecchi, in un miserevole stato di manutenzione e quindi ave-
vano un basso valore di mercato; gli affitti erano invece elevatissimi per
la grande domanda, per la posizione topografica del quartiere e per la
bassa condizione sociale delle persone che vi abitavano. Gli imponibili
catastali erano congrui, essendo da poco tempo riveduti. Il legislatore

(') Vedi le lezioni sulla stima censuaria.


290L'ARTES P E C I A L E

cercò di adattarsi a questa situazione componendo le varie tendenze ed


il sistema non si dimostrò inefficace, poiché le indennità corrisposte sulla
guida di questa legge furono più eque di quelle delle Commissioni Ar-
bitrali ( l ).
Il vizio fondamentale di questa legge fu temperato dalle condizioni
che allora si verificarono nella città di Napoli. Per cui la vera colpa del
legislatore fu quella di avere estese a molti altri diversissimi casi l'ap-
plicazione della predetta legge e in modo speciale fu giustamente con-
siderata gravissima colpa averne estesa l'applicazione alle esproprili
zioni effettuate sui fondi rustici.
È agevole immaginare le ingiustizie che ne poterono derivare quan
do si ricordi che uno dei termini di stima stabiliti dall'art. 13 era rap-
presentato dagli imponibili catastali ; imponibili di data vecchissima o
recente, a seconda dei territori, di significato puramente convenzionale e
per nulla adatti a rappresentare lo stato economico degli immobili og-
getto di esproprio.

•c) Legge ferroviaria : art. 77. - Tra le leggi e i decreti clic si richia-
mano alla legge di Napoli merita particolare menzione, anche per le nu-
merose applicazioni che essa ebbe, la legge ferroviaria del 7 luglio 1907
n. 409, la quale all'art. 77 regola le espropriazioni nella maniera se-
guente :
« Alle espropriazioni occorrenti, così per lavori sulle linee esistenti,
come per nuove costruzioni ferroviarie, si applicheranno le norme degli
art. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, per il risanamento della
città di Napoli.
Nei luoghi però ove vigessero disposizioni legislative speciali più
favorevoli alle amministrazioni esproprienti, tali disposizioni saranno
applicate anche alle espropriazioni da eseguire dalla amministrazione
delle Ferrovie dello Stato.
Le suddette disposizioni saranno applicabili anche alle espropria-
zioni per la costruzione di nuove ferrovie concesse all'industria privata
e sovvenzionate dallo Stato ».
li interessante rilevare ancora una volta che, al secondo capoverso
dell'articolo sopra citato, il legislatore conferma candidamente non la
intenzione di corrispondere un'indennità proporzionata al sacrificio eco
nomico del privato, ma il desiderio di pagare quanto meno può, giovati
dosi di ogni possibile disposizione legislativa a suo favore.

(>) Queste commissioni arbitrali erano state istituite con l'art. 12 del capitolato
generale, concluso f r a il Municipio di Napoli e la Società del Risanamento il 3 ot-
tobre 1888, appunto allo scopo di sostituire le norme della legge con procedimenti
che si ritenevano più equi ed esatti.
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AL PIÌOI'UIETAKIO E S P R O P R I A T O , E C C . 255

Spirito e forma della legislazione erano contro il privato : a volte


però avvenne che i periti sapessero così abilmente piegarsi alla forma
così che i privati 11011 ne avessero a soffrire eccessivamente.

d) Altra disposizioni in materia di espropriazione. - Lievi modifi-


cazioni al sistema instaurato dalla legge di Napoli furono apportate
dalla legge 9 luglio 1908, n. 445, che reca provvedimenti a favore della
Basilicata e della Calabria, della quale a noi interessa specialmente
l'articolo 46 : « L'indennità dovuta ai proprietari espropriati sarà de-
terminata sulla media del valore venale e dei fìtti coacervati dell'ul-
timo sessennio anteriore al giorno 8 settembre 1905, purché essi abbiano
data certa, corrispondente al rispettivo anno di locazione. I n mancanza
di tali fìtti accertati, l'indennità sarà fissata sulla media del valore ve-
nale e dell'imponibile netto agli effetti dell'imposta sui terreni.
In mancanza di amichevole accordo, l'indennità dovuta ai proprie-
tari dei suoli per occupazioni temporanee sarà determinata in modo de-
finitivo da una Commissione Arbitrale composta dal pretore del man-
damento, da un delegato eletto dal consiglio comunale e di un rappre-
sentante dell'intendenza di finanza della Provincia ».
Alla precedente legge si richiamano le leggi del 12 gennaio 1909,
n. 15, 25 aprile 1909, n. 217, 6 maggio 1909, n. 264, ecc. -
Una innovazione radicale, nella determinazione dell'indennità fu in-
trodotta dal E, D. 2 giugno 1910, n.. 277, riguardante i provvedimenti
per il demanio forestale di Stato e per la tutela e l'incoraggiamento della
silvicoltura. Si abbandona il criterio del valore venale, dei fitti e del-
l'imponibile catastale e si determina l'indennità partendo dal reddito
netto effettivo capitalizzato ad un saggio che non può oltrepassare i
limiti sanciti dalla legge.
Così l'articolo 32:
« Il prezzo di espropriazione di cui al precedente articolo, è stabi-
lito in base alla media del reddito netto effettivo, capitalizzato secondo
una scala dal cento per quattro al cento per due, tenendo conto di ' u t t e
le circostanze e delle condizioni del terreno che possono influire sul loro
valore venale.
« Quando per la natura e per la speciale condizione dei fondi, il
loro valore venale nel comune commercio non si desume o non possa
desumersi dal reddito netto effettivo, l'indennità è determinata a norma
della legge 25 giugno 1865, n. 2359.
« Comunque sia valutata l'indennità, nella sua valutazione non si
tiene conto del valore potenziale e latente del fondo, quale l'esistenza
di cave, miniere, torbiere non esercite, il prevedibile miglioramento
delle comunicazioni, la possibile trasformazione di coltura e di destina-
zione dell'intero fondo o di parte di esso e di simili condizioni, nè si
computa alcun compenso per i valori predetti che siano stati posti in
290L'ARTES P E C I A L E

atto, riattivati a comunque sorti negli ultimi dodici mesi antecedenti


al ricordato decreto reale, salvo sempre l'applicazione dell'art. 43 della
legge 25 giugno 1865, n. 235!).
« Allorché l'area da espropriarsi sia compresa nel perimetro di una
miniera concessa ai termini della legge 20 novembre 1859, n. 3755, o ili
altre leggi congeneri, i diritti del concessionario sono rispettati, non
ostante l'espropriazione della superficie del suolo. Sono parimenti ri
spettati i diritti derivanti da regolari permissioni di ricerca.
« Nelle provincie nelle quali la legge attribuisce al proprietario della
superficie anche le proprietà dei minerali giacenti nel sottosuolo, sono
rispettati, a beneficio dell'espropriato, gli utili derivanti dalla aliena-
zione del diritto minerario, stipulato mediante regolare contratto scrit-
to, debitamente registrato, ed è mantenuto all'acquirente il diritto di
estrazione del minerale, conformemente ai patti contrattuali ».
Non trovano giustificazione le disposizioni di cui al terzo capoverso.
In esecuzione di tale legge, un proprietario che con grandi spese, fatte
nella previsione di un f u t u r o reddito a carattere costante, lui attivato
una cava, una miniera, o una torbiera nell'anno precedente al decreto
reale di cui sopra, 11011 riceve alcuna indennità.
Disposizioni uguali alla legge citata dà anche la legge 13 luglio 1911
11. 771. all'art. 41, mentre il R. D. 30 dicembre 1923 n. 3207 per il rior-
dinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni
montani, si richiama fondamentalmente alla legge del 1865, come pure
fa il R. I). 13 febbraio 1933 n. 215, contenente nuove norme per la bo-
nifica integrale.

4. - L ' E S P R O P R I A Z I O N E P E R CAUSA DI P U B B L I C A U T I L I T À N E L L E COLONIE

I procedimenti di espropriazione per causa di pubblica utilità nelle


-colonie sono semplici e rapidi : questo è stato f a t t o per adeguare i pro-
cedimenti legislativi all'economia di paesi ancora primitivi. Tendenza a
semplificare le leggi che si nota anche nella legislazione coloniale stra-
niera.
II R. D. 2 settembre 1912, n. 1099 contiene le norme che regolano le
espropriazioni per causa di pubblica utilità in Libia. La determinazione
dell'indennità è affidata al « Magistrato delle Espropriazioni » (ari. 8),
il quale ha la competenza di stabilire il danno risarcibile e l'ammontare
del compenso. Egli decide quindi così Yan come il quantum debeatur fon
dendo in un'unica azione il compito del giudice e quello del perito.
Art. 11 : « Il compenso è determinato mediante stima eseguita se-
condo gli usi locali, sulla base del medio valore degli immobili nel quin
quennio precedente al mese di ottobre dell'anno 1911, tenendo conto,
ove sia possibile, del prezzo di affitto e di quello di vendita degli ini
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AI. P R O P R I E T A R I O E S P R O P R I A T O , ECC. 2-II

mobili di cui si tratta, o almeno di quelli contigui della stessa natura


nel medesimo quinquennio, a condizione però che tal prezzo si desuma
da contratti stipulati secondo le consuetudini locali o da altri atti equi-
pollenti. Il valore degli immobili cosi stabilito potrà essere, a giudizio
del magistrato, aumentato di una percentuale non superiore al 10 % ».
Art. 12 : « Non si tien conto, nella determinazione del compenso,
delle migliorie o degli incrementi introdotti, qualora per il tempo in cui
vennero a t t u a t i o per altri apprezzabili elementi, debbano ritenersi di-
retti al fine di ottenere un compenso maggiore. Tali senz'altro si pre-
sumono quelli introdotti dopo la pubblicazione del piano di cui al-
l'art. 3.
« Deve invece tenersi conto dell'eventuale deprezzamento che subisce
la parte del fondo non espropriata.
« Nessuno ha diritto a indennità per la risoluzione di un contratto di
locazione cagionata dall'applicazione del presente decreto ».
Per le espropriazioni nell'Eritrea f u promulgato il successivo R. D.
26 novembre 1911, n. 1393 (x) il quale t r a t t a in modo più ampio l'argo-
mento dell'indennità-da corrispondere agli espropriati e fa delle distin-
zioni a seconda della natura degli immobili e di altre circostanze.
Art. 2 : « Le indennità di espropriazione saranno stabilite come
segue :
а) i terreni e fabbricati soggetti all'imposta fondiaria saranno \a-
lutati capitalizzando il reddito, in base al quale è stabilita l'imposta, al
cento per quattro ;
б) i terreni e fabbricati non ancora soggetti a imposta saranno
valutati al prezzo attribuito nel loro ultimo passaggio di proprietà, pur-
ché debitamente registrato ed anteriore al 1° ottobre 1913; in man-
canza di tale atto, al prezzo segnato loro dal decreto di concessione ;
aumentando tali prezzi in ragione di otto centesimi del valore iniziale
per ogni anno decorso dalla data del contratto o della regolazione del
decreto di concessione sino alla data del decreto di espropriazione. E
ciò limitatamente a un periodo in ogni caso non maggiore di anni sei
per i fabbricati e di anni dodici, per i terreni ;
c) i fabbricati e le opere di miglioramento, come sistemazione di
terreni, affossamenti, strade, piantagioni, recinti rustici, opera per la
„ raccolta e conduttura delle acque e simili, quando manchino per la loro
valutazione gli elementi di cui al comma precedente, saranno valutati
al costo di costruzione diminuito degli eventuali deperimenti e aumen-
tato in ragione' di otto centesimi per ogni anno decorso dalla, data della

(') Le presenti norme regolano le espropriazioni che 11 Governo della Colonia


era autorizzato a compiere fino a tutto il 31 dicembre 1919 per l'attuazione di fini
di pubblico interesse riconosciuti tali dal legislatore.

G. Medici - Lezioni di estimo. 17


290
L'ARTE S P E C I A L E

ultimazione a quella del decreto di espropriazione; e ciò limitatamente


a un periodo in ogni caso non maggiore di anni sei per fabbricati e di
anni dodici per i terreni :
d) nel caso di espropriazione parziale, l'Amministrazione, oltre a
pagare la quota parte proporzionale al prezzo del terreno e del sopra-
suolo stabilito come ai comma precedenti, eseguirà a sue spese o pagherà
a prezzo di stima i lavori di adattamento indispensabili per mettere la
parte di immobile non espropriata in condizioni di normale utilizzabilità.
I n caso di mancato accordo sulla quotizzazione del valore del fondo
o sulla entità dei lavori di adattamento, l'Amministrazione avrà facoltà
di espropriare l'intero immobile ;
e) i f r u t t i pendenti saranno pagati al prezzo di stima ;
/) non è dovuto alcun compenso per turbato o interrotto esercizio
dell'azienda, per scorporo o frazionamento della proprietà, per accesso
turbato, per limitazioni e obblighi imposti dai piani regolatori o dai re-
golamenti edilizi e di igiene, nè per qualsivoglia danno temporaneo di
pendente dall'esecuzione dell'opera ».
Fondare la determinazione dell'indennità su un dato unico (art. 2, 1))
qual'è il prezzo pagato nell'ultima compravendita ci sembra metodo da
condannare. Ognuno sa per quali svariatissime influenze il prezzo di una
cosa possa ampiamente oscillare e quindi come il metodo indicato possa
condurre a grossolane ingiustizie.
Non si può mettere in dubbio che tali disposizioni siano ispirate alle
particolari condizioni del luogo, ma pure la diversità dei metodi presenta
facile adito a critiche.

5. - L A RELAZIONE PERITALE

Prima di terminare questo rapido commento delle disposizioni ri-


guardanti la determinazione dell'indennità, è opportuno ricordare al
perito una saggia pagina che il Del Marmol scrisse, a proposito dei la-
mentati difetti che presentano le perizie in materia di espropriazione :
« ....le buone perizie sono assai rare. Ve ne ha di quelle nelle quali
il metodo di stima perdesi in particolari infiniti, senza che sia tenuto
conto del rapporto che ciascuna cosa ha con quelle con cui naturalmente
si collega. Così abbiamo veduto, nel caso di espropriazione di una fra
zione di giardino periziare primieramente il suolo come terreno colti
vato, poi ciascuna pianta e ciascun albero di alto fusto o a spalliera ;
poi le muraglie di cinta del giardino in ragione di tanto per metro cubo
di muratura, poi il rivestimento di quelle muraglie in ragione di metri
cubi di pietra, poi le porte, le griglie, e gli ornamenti, e infine il de-
prezzamento della parte non espropriata, giungendo in tal guisa ad un
totale d'indennità favoloso, al quale non potè avere alcun riguardo il
tribunale. Ciascuna stima, considerata in sè stessa, era forse esatta ;
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AI. P R O P R I E T A R I O E S P R O P R I A T O , E C C . 2-II

ma i periti avevano trascurato di metterle in relazione t r a loro e colle-


garle così, come fra loro erano collegate le cose che costituivano il giar-
dino. Un albero a spalliera ritrae una parte del suo valore dal muro cui
si appoggia come lo stesso muro contribuisce all'utilità generale del
fondo. Tanto varrebbe stimare un edificio decomponendolo in pietre,
mattoni, travature, lavori di legname, tegole, marmi, tappezzerie, pit-
ture, specchi, ecc., o un campo separando la terra dagli alberi, dai rac-
colti, dai concimi, ecc., che ne costituiscono l'assieme. Talvolta, al con-
trario. si vede l'eccesso dei particolari sostituito da un laconismo tale,
che impedisce ogni analisi e toglie all'autorità giudiziaria il mezzo di
valersi delle indicazioni che la perizia dovrebbe fornirle, e ciò avviene
in ispecie allorché si confondono in uno t u t t i i capi d'indennità » (').

(*) Cfr. : D E L MARMOL - Traiti de l'expropriation pour cause d'utilité publique


en Belpique, I I ed., Liége, 1 8 6 8 , n. 345, pagg. 7 3 e segg. riportato dai SABBATINI, op.
cit., voi. I, pag. 661.
ELENCO DELLE LEGGI RELATIVE ALLE ESPROPRIAZIONI
PER CAUSA DI PUBBLICA UTILITÀ

(Le l e g g i c h e r i c h i a m a n o e s p l i c i t a m e n t e l a l e g g e f o n d a m e n t a l e del 25 g i u g n o 1865 n . 2359


s o n o c o n t r a s s e g n a t e d a u n a s t e r i s c o ; q u e l l e c h e r i c h i a m a n o e s p l i c i t a m e n t e l a l e g g e del
15 g e n n a i o 1885 n . 2892 sono c o n t r a s s e g n a t e con d u e a s t e r i s c h i )

L. 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità.


L. SO agosto 1S6S, n. 4618, concernente la costruzione e sistemazione delle strade
comunali (art. 1, 11, 15, 18).
L. 18 dicembre 1879, n. 5188, che approva alcune modificazioni della legge sulle
espropriazioni per pubblica utilità del 25 giugno 1865, n. 2359.
* L. 25 giugno 1882, n. 869, sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi
(art. 7, 24, 30, 32).
* L. 8 luglio 1883, n. 11/89, concernente il 'bonificamento dell'Agro romano (art. 9 e 14).
L. 15 gennaio 1885, n. 2892, pel risanamento della città di Napoli.
* L. Ut luglio 1887, n. lt730, concernente la tutela dei monumenti antichi nella città
di Roma (art. 1, 6, 7, 8).
* L. 1 marzo 1888, n. 5288, portante disposizioni intese a promuovere 1 rimboschi-
menti (art. 5 e 15).
Contratto 8 ottobre 1888, per la esecuzione delle opere di risanamento nei quartieri
bassi della città di Napoli.
* L. 80 luglio 1889, n. 6183, con la quale è convertito in legge il R. D. 25 dicembre
1887, n. 5162 bis riguardante la concessione di ferrovie pubbliche e le esenzioni
da accordarsi alle medesime (art. 4).
* L. 7 luglio 1889, n. 6211, che approva il piano regolatore per la sistemazione della
zona monumentale della città di Roma (art. 2).
* " L. 20 luglio 1890, n, 6980, portante provvedimenti per la città di Roma.
* L. 2 luglio 1896, n. 802, relativa alle espropriazioni e ai consorzi minerari (art. 1).
L. 15 luglio 1897, n. 267, che proroga fino al 31 gennaio 1898 gli effetti delle leggi
14 luglio 1887, n. 4795 e 7 luglio 1889, n. 6211, sulla zona monumentale di Roma.
** L. 2 agosto 1897, n. 382, portante provvedimenti per la Sardegna (art. 27).
L. 80 giugno 1898, n. 276, che proroga le leggi 14 luglio 1887, n. 4730 e 7 luglio 1889,
n. 6211, sulla zona monumentale di Roma (fino al 30 giugno 18991.
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AI. P R O P R I E T A R I O E S P R O P R I A T O , E C C . 2-II

* li. D. 22 marzo 1900, n. 195, che approva il testo unico della legge sulle bonifi-
cazioni delle paludi e dei terreni paludosi (art. 5, 27, 35).
* R. D. 16 maggio 1900, n. 401, che approva il testo unico delle leggi sulle servitù
militari (art. 14, 21 del T. U.).
* * L. 7 luglio 1902, n. 306, che approva l'anticipazione di L. 12.500.000 sulle annua-
lità del concorso dello Stato nelle opere edilizie e di ampliamento della città
di Roma (art. 4).
L. 13 dicembre 1903, n. 474, pel bonificamento dell'Agro romano (art. 7). (In caso
di espropriazione, i terreni saranno posti all'asta e il prezzo base « sul quale
sarà aperta l'asta di cui all'art. 8, sarà determinato caso per caso da un
collegio di tre arbitri », art. 7).
Regolamento 14 gennaio 1904, n. 27, pel risanamento della città di Napoli.
* * L. 31 marzo 1904, n. 140, portante provvedimenti speciali a favore della pro-
vincia di Basilicata (art. 47). Si richiama all'art. 27 della legge 2 agosto 1897,
n. 382 sulla Sardegna.
* * L. S luglio 1904, n. 351, portante provvedimenti per il risorgimento economico
della città di Napoli (art. 6 e 18).
R. D. 10 novembre 1905, n. 647, che approva il testo unico delle leggi pel bonifi-
camento dell'Agro romano e sulla colonizzazione dei beni demaniali dello Stato
(art. 13 che ripete l'art. 7 della legge 13 dicembre 1903, n. 474),.
* * L. 25 giugno 1906, n. 225, concernente provvedimenti a favore della Calabria
art. 31).
* * L. 19 luglio 1906, n. 390, sui provvedimenti a favore dei danneggiati dalla eru-
zione del Vesuvio dell'aprile 1906 (art. 54).
L. 7 luglio 1907, n. 417, con la quale si dichiara di pubblica utilità la costruzione
della nuova sede per l'amministrazione della cassa dei depositi e prestiti.
* * L. 7 luglio 1907, n. 429, riguardante l'ordinamento dell'esercizio di Stato delle
ferrovie non concesse ad imprese private (art. 77).
* * L. 11 luglio 1907, n. 502, portante provvedimenti per la città di Roma (ari. 2, 5).

* R. D. 1 agosto 1907, n. 636, che approva il testo unico delle leggi sanitarie
(art. 127 del T. U.).

* * R. D. 10 novembre 1907, 11. 844, che approva il testo unico delle leggi contenenti
provvedimenti per la Sardegna (art. 58).

* * R. D. 27 febbraio 1908, n. 89, che approva l'annesso testo unico di leggi sulle
case popolari o economiche (art. 20).

* L. 5 aprile 1908, n. 141, che dichiara di pubblica utilità le opere da eseguirsi in


conformità del piano regolatore e di ampliamento per la città di Torino (art. 5).

* * L. 6 aprile 1908, n. 116, concernente modificazioni ed aggiunte alla legge 11 lu-


glio 1907, n. 502, portante provvedimenti per la città di Roma.

* * L. 9 luglio 1908, n. 445, sui provvedimenti per la Basilicata e la Calabria (art. 46).
290
L'ARTES P E C I A L E

L. 12 gennaio 1909, n. 12, concernente provvedimenti a sollievo dei danneggiati


dal terremoto del 28 dicembre 1908 (art. 3 che richiama l'art. 46 della legge
9 luglio 1908, n. 445 e art. 4).
L. 25 aprile 1909, n. 217, che dichiara di pubblica utilità i lavori occorrenti nei
comuni danneggiati dal terremoto del 28 dicembre 1908 (art. 3).
* L. 20 giugno 1909, n. 364, sulle antichità e belle arti (art. 16).
* * L. 30 giugno 1909, n. 407, concernente provvedimenti per l'esecuzione di varie
opere pubbliche (art. 4, 12).
L. 15 luglio 1909, n. 542, che estende a tutti i Comuni della Calabria e dei Circon-
dari di Messina e di Castroreale le norme tecniche e igieniche approvate col
R. D. 18 aprile 1909, n. 193 e fissa le aree per le nuove edificazioni (art. 4 che
richiama le disposizioni del I e II comma dell'art. 3 del R. D. 25 aprile
1909, n. 217).
* L. 2 giugno 1910, n. 277, riguardante i provvedimenti per il demanio forestale di
Stato e per la tutela e l'incoraggiamento della silvicoltura (art. 11, 12, 13).
* L. 13 luglio 1910, n. 466, concernente i provvedimenti a favore dei Comuni colpiti
dal terremoto del 28 dicembre 1908 (art. 44).
* * L. 17 luglio 1910, n. 578, che apporta modificazioni al piano regolatore della
zona monumentale di Roma (art. 2, 3).
L. 17 luglio 1910, n, 4SI, concernente provvedimenti per estendere il bonificamento
e la colonizzazione dell'Agro romano (art. 14 che richiama l'art. 13 del T. U.
delle leggi 8 luglio 1883, n. 1489 e 13 dicembre 1903, n. 474 sul bonificamento del-
l'Agro romano approvata con R. D. 10 novembre 1905, n. 647).

* * L. 13 aprile 1911, n. 311, per la conversione In legge del R. D. 18 settembre


1910, n. 684 per le Puglie e per l'autorizzazione di spese e provvedimenti ur-
genti per lavori pubblici (art. 19).
* * L. 4 giugno 1911, n. 487, riguardante i provvedimenti per la istruzione elemen-
tare e popolare (art. 28).
* L. 13 luglio 1911, n. 774, recante provvedimenti per la sistemazione idraulico-
forestale dei bacini montani, per le altre opere idrauliche e per le bonifica-
zioni (art. 40, 41).
* * L. 15 luglio 1911, n. 755, recante provvedimenti per la città di Roma (art. 8).
L. 21 luglio 1911, n. 848, concernente l'aumento delle sovvenzioni chilometriche
per le ferrovie da concedere all'industria privata (art. 9, che estende anche
alle ferrovie concesse all'industria privata le disposizioni dell'art. 77 della
legge 7 luglio 1907, n. 429).
* * R. D. 9 maggio 1912, n. 1447, che approva il testo unico delle disposizioni di
legge per le ferrovie concesse all'industria privata, le tramvie a trazione mec-
canica, gli automobili (l'art. 58 del T. TJ. si richiama alla L. 7 luglio 1907,
n. 429, art. 77 e all'art. 9 della legge 21 luglio 1911, n. 848).
L. 12 luglio 1912, n. 783, che provvede a facilitare la esecuzione delle opere di
risanamento della città di Napoli, autorizzate dalle leggi 15 gennaio 1885,
7 luglio 1902 e 5 luglio 1908.
L ' I N D E N N I T À S P E T T A N T E AI. P R O P R I E T A R I O E S P R O P R I A T O , E C C . 2-II

R. D. 2 settembre 1912, n. 1099, che approva le norme che regolano le espropria-


zioni per causa di pubblica utilità nelle terre di Libia.
4
* L. 25 maggio 1913, n. 553, relativa al risanamento della città di Catania (art. 1).
* L. 8 giugno 1913, n. 617, che proroga il termine indicato all'art. 4 della legge
per la zona monumentale di Roma (art. 2).
4
* L. 16 luglio 1914, n• 745, riguardante la costruzione di edifìci per uso dei ser-
vizi postali e telegrafici (art. 4).
L. 26 novembre 1914, n. 1393, colla quale sono approvate alcune norme circa le espro-
priazioni per causa dì pubblica utilità nella colonia Eritrea (art. 2, 3 e segg.).
R. D. 25 febbraio 1915, n. 275, col quale è approvato l'annesso regolamento per
l'esecuzione della legge 12 luglio 1912, n. 783 riguardante le opere di risana-
mento della città di Napoli (art. 7 del Regolamento).
4 4
D. L. luogotenenziale 27 febbraio 1919, n. 219, che reca provvedimenti per la
città di Napoli (art. 12).
4
D. luogotenenziale 8 giugno 1919, n. 925, che istituisce un comitato governativo
determinandone le attribuzioni, ed autorizza inoltre le spese per la ripara-
zione dei danni di guerra nelle regioni venete (art. 28 a 40).
4 4
R. D. L. 30 novembre 1919, n. 2318, che riunisce in testo unico le leggi per le
case popolari e per l'industria edilizia (art. 18).
R. D. L. 8 gennaio 1920, n. 16, che modifica il testo unico 30 novembre 1919,
n. 2318, contenente provvedimenti per le case popolari ed economiche e per
l'industria edilizia (art. 13).
L. 12 ottobre 1920, n. 1715, che converte in legge e modifica il R. D. L. 26 luglio
1917, n. 1158, concernente la zona monumentale di Roma (art. 3).
R. D. L. 23 gennaio 1921, n. 52, relativo alla espropriazione dei fondi dell'Agro
romano per costruzione dì centri dì colonizzazione e che autorizza la compi-
lazione del testo unico delle leggi e dei decreti sul bonificamento e la colo-
nizzazione dell'Agro romano (art. 2).
R. D. 8 febbraio 1923, n. 422, contenente emendamenti al D. L. 6 febbraio 1919,
n. 107 recante norme per l'esecuzione delle opere pubbliche e al R. D. 12 feb-
braio 1922. n. 214 che ebbe a modificarlo (art. da 30 a 39).
R. D. L. 11 marzo 1923, n. 691, che abroga l'art. 60 ultimo comma della legge
25 giugno 1865, n. 2359 sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità e per
gli articoli 31 e 58, ultimo comma, del D. L. 30 novembre 1919, n. 2318, conte-
nente provvedimenti per le case popolari ed economiche (art. 1 e 2).
R. D. 25 marzo 1923, ». 913, che estende ai territori annessi al Regno le disposi-
zioni legislative e regolamentari sui lavori pubblici (art. 2).
R. D. 24 settembre 1923, n. 2119, portante semplificazioni nel procedimento espro-
priativo per le opere interessanti le ferrovie dello Stato (art. 1 e 2).
R. U. 15 novembre 1923, n. 3204. Norme per l'espropriazione, ai fini della colo-
nizzazione, delle terre steppiche della Tripolitania.
* R. D. 30 dicembre 1923, n. 3256, che approva il testo unico delle leggi sulle boni-
ficazioni delle paludi e dei terreni paludosi (art. 38 e 39).
290
L'ARTE S P E C I A L E

* R. D. SO dicembre 1928, n. 3267, per il riordinamento della legislazione in materia


di boschi e di terreni montani (art. 21 e 78).
R. D. SI dicembre 1923, n. 3118. Semplificazione nel procedimento espropriativo
per i lavori di costruzione delle ferrovie secondarie sicule.
L. 18 maggio 1921,, n. 758, portante provvedimenti per le trasformazioni fondiarie
di pubblico interesse (art. 12, che richiama, per la valutazione dell'indennità,
l'art. 38 del T. U. 30 dicembre 1923, IL 3256).
L. 3 aprile 1926, n. 686. Trasferimento all'autorità giudiziaria della competenza di
disporre il pagamento della indennità di espropriazione per causa di pub-
blica utilità.

R. D. 11 api-ile 1926, n. 752. Determina i poteri dell'alto Commissario per la città


e la provincia di Napoli in materia di espropriazioni per pubblica utilità.
R. D. L. 16 settembre 1926, n. 1606, che approva il regolamento legislativo per
l'ordinamento e le funzioni dell'Opera Nazionale per i Combattenti (art. 14
e 27 dei Regolamento).
R. D. 16 settembre 1926, n. 1607, che approva il Regolamento per la costruzione
e il funzionamento del collegio centrale arbitrale e dei collegi provinciali
arbitrali per l'Opera Nazionale per i Combattenti.
R. D. L. 11, ottobre 1926, n. 2021, che porta semplificazioni di procedura sulle
espropriazioni occorrenti per i lavori che si eseguono dall'Alto Commissario e
dai provveditori delle opere pubbliche.
R. D. L. 6 novembre 1926, n. 1870. Provvedimenti per la sistemazione montana e
colliva dell'Adige e dei suoi affluenti (art. 7).
L. 16 dicembre 1926, n. 2251, che applica il contributo in dipendenza della esecu-
zione di opere pubbliche (v. spec. art. 2).
R. D. L. 19 maggio 1927, n. 923. Norme sulle espropriazioni per pubblica utilità
occorrenti per le oliere che si eseguono dall'ispettorato per la Maremma toscana.
R. D. 16 febbraio 1928, n. J,70, che approva il Regolamento per l'applicazione della
legge 16 dicembre 1926, n. 2251 sul contributo di miglioria in dipendenza della
esecuzione di opere pubbliche.
* R. D. 18 febbraio 1988, n. 215, contenente nuove norme per la bonifica integrale
(art. 93, il quale richiama « la legge sulle espropriazioni di pubblica utilità,
salvo per quanto riguarda le opere di rimboschimento e di ricostituzione di
boschi deteriorati, per le quali restano applicabili i criteri di determinazione
delle indennità fissati dall'art. 113 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3267 »).
L. 6 aprile 1933, n. 1,27, relativa ai contributi di miglioria per le opere eseguite
dallo Stato e col contributo dello Stato (all'art. 2 si stabilisce che « il contri-
buto colpisce l'incremento di valore dei beni immobili, comprese le aree fab-
bricabili, per la parte di maggior valore che sia conseguenza dell'opera pub-
blica eseguita », ecc. Con l'art. 8 è abrogata la legge 16 dicembre 1926, n. 2251
e il R. D. 16 febbraio 1928, n. 470 relativi al contributo di miglioria in dipen
denza di opere pubbliche eseguite dallo Stato...).
CAPITOLO IX.

LA STIMA D E I DANNI

1. - IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE

Alla stima dei danni (x) è opportuno premettere alcune notizie sul-
l'assicurazione, poiché, nel maggior numero dei casi, è mediante questo
contratto che si provvede alla riparazione del danno economico provo-
cato dal sinistro.
L'assicurazione è il contrattto con cui l'assicuratore si obbliga, me-
diante un premio, a risarcire le perdite o i danni che possono derivare
all'assicurato da determinati casi fortuiti o di forza maggiore, ovvero a
pagare una somma di denaro secondo la durata o gli eventi della vita
di una o più persone (art. 117 cod.'comm.).
Gli elementi essenziali del contratto di assicurazione sono t r e : l'im-
presa assicuratrice, il rischio assunto da questa impresa, il premio pa-
nato dall'assicurato.
Senza rischio non può esistere contratto di assicurazione. I n f a t t i ,
se l'evento, su cui si fonda il contratto, è prevedibile con certezza, si
può con facilità determinare anche il valore attuale della somma oc-
corrente al momento del sinistro. L'impresa assicuratrice diverrebbe un
inutile e dispendioso intermediario, non adempiendo essa ad alcuna fun-
zione economica. Il rischio consiste appunto nell'ignorare se un deter-
minato evento accadrà o meno, e, se accadrà, quando ed in quale misura
si verificherà.
Considerando un gran numero di eventi di rischio omogeneo, spesso
si possono cogliere, con adeguata indagine statistica, delle uniformità,
sulle quali appunto si basano le previsioni fatte dalle compagnie di as-
sicurazione. Classico è l'esempio della mortalità umana, la quale, nel
fatto singolo, sfugge ad ogni regola, ed invece ne segue una, determina-
bile, quando si considera un gran numero di casi. Per questo le compa-

t ì Preziose indicazioni sui principi generali per la liquidazione dei danni si


trovano in A . SERPIERI. - G. DITELLA, Istruzioni su la valutazione dei danni di guer-
ra ai boschi. Firenze, M. Ricci, 1921.
290
L'ARTES P E C I A L E

gnie tendono ad assicurare rischi omogenei per avere un maggiore acco-


stamento della frequenza effettiva dei sinistri alla probabilità per essi
calcolata. Ciò spiega anche perchè le compagnie tendano a t r a t t a r e distin-
tamente i singoli rami di attività : sulla vita, sugli incendi, e via dicendo.
Ugualmente indispensabile al contratto di assicurazione è la mi-
sura del premio che l'assicurato deve corrispondere, una volta tanto o
periodicamente, all' impresa assicuratrice. Con i premi e con gli inte-
ressi che su di essi maturano la compagnia assicuratrice forma il fonilo
da cui t r a r r à le somme promesse agli assicurati e che essa si è impe-
gnata a pagare. Con i premi, inoltre, vengono pagate le spese di gestione
dell'impresa e i dividendi che si distribuiscono agli azionisti. Il capitale
di fondazione dell'impresa — che generalmente è costituita in società
anonima o collettiva o mutua — è di solito piccolo, specie se confron-
tato con la massa enorme di capitale che si accumula col flusso dei
premi pagati dagli assicurati.
Il calcolo dei premi è uno dei compiti più delicati; da esso dipende
molte volte la buona riuscita dell'impresa.
La compagnia assicuratrice, all'inizio della gestione, basandosi sul
materiale statistico raccolto, compie una previsione sugli eventi f u t u r i
su cui si basa il contratto di assicurazione (mortalità, grandine, incendi,
ecc.) ed inoltre prevede l'interesse che potrà t r a r r e dai premi riscossi, im-
piegati in cauti e sicuri investimenti. Se l'ipotesi statistica e quella fi-
nanziaria troveranno riscontro nella realtà, allora l'ammontare dei pre-
mi corrisponderà esattamente alle somme da pagare agli assicurati. I
premi determinati in tal modo sono i premi netti; ma oltre ai rischi vi
sono le spese di gestione dell'impresa (salari, stipendi, affitti, ecc.), i
dividendi da pagare agli azionisti che fornirono il capitale di fondazio-
ne, e, infine, la riserva da costituire per f a r fronte ai pagamenti ecce-
zionali da compiere nel caso in cui i rischi effettivi superino quelli che
erano stati previsti. Aggiungendo queste quote a,i premi netti si ottiene
il premio lordo o premio di tariffa, che è quello pagato dall'assicurato.

2. - LA S T I M A DEI DANNI PRODOTTI DALL'INCENDIO

Il codice di commercio distingue le assicurazioni in due specie :


sulla vita umana e contro i danni.
Nelle assicurazioni sulla vita umana la compagnia può obbligarsi a
versare una determinata somma alla morte dell'assicurato, oppure può
stringere un contratto di vitalizio. Può interessare talvolta il conoscere
il valore attuale delle somme che verranno pagate dalla compagnia di
assicurazione : il calcolo è facile e viene condotto sulla guida delle ta-
vole di mortalità. Di queste tavole, del metodo seguito per formarle, del
loro significato e del modo di usarle, abbiamo già parlato trattando le
stime inerenti al diritto di usufrutto.
LA S T I M A DEI DANNI 267

Per ]e assicurazioni contro i danni, il codice di commercio lia dato


delle disposizioni abbastanza precise.
La regola fondamentale che ha guidato il legislatore vuole che
l'assicurato non possa mai ottenere un'indennità superiore al danno che
ha sofferto, altrimenti l'assicurazione perderebbe quel carattere di con-
tratto di indennità che l'articolo 417 chiaramente gli attribuisce. Inoltre
il concetto giuridico secondo il quale nessuno può avere più di quanto
lia perduto, non dà incentivo alla volontaria distruzione dei beni assicu-
rati : concetto fondamentale che va sempre tenuto presente nell'applica-
zione della legge, anche quando il testo possa dar luogo a qualche in-
certezza.
Ciò posto, si spiegano agevolmente molte disposizioni del codice a
questo proposito ; si spiega perchè l'assicurazione per una somma ecce-
dente il valore delle cose assicurate non produca effetto riguardo all'as-
sicurato (art. 428) ; si spiega perchè le cose assicurate per l'intiero va-
lore non possono essere nuovamente assicurate per lo stesso tempo e per
gli stessi rischi (art. 426) ; si spiegano molte altre analoghe disposizioni
minori.
La valutazione del danno, in ogni caso, deve essere f a t t a ispirandosi
alla disposizione del legislatore che vuole ridare all'assicurato l'integrità
del patrimonio danneggiato dal sinistro. In luogo delle cdse perite si dà
all'assicurato l'equivalente economico di esse, cioè una somma di denaro
rappresentante il prezzo che quelle * potevano ottenere sul mercato. Il
primo alinea dell'articolo 435 stabilisce, infatti, che il risarcimento del
danno dovuto dall'assicuratore si determina secondo il valore ehe le cose
assicurate avevano al tempo del sinistro.
Nello stesso articolo si dice che, tranne il caso delle assicurazioni
marittime, « l'assicurato non ha diritto di abbandonare all'assicuratore
le cose avanzate o salvate dal sinistro. Il valore delle cose avanzate o
salvate dal sinistro si deduce dalla somma dovuta dall'assicuratore ».
Notiamo, incidentalmente, l'improprietà dell'espressione usata dal co-
dice « si deduce dalla somma dovuta », poiché la somma dovuta è quella
che si ottiene dopo aver fatto la deduzione indicata.
La disposizione per cui le cose salvate dal sinistro rimangono al-
l'assicurato è stata suggerita da considerazioni giuridiche ed economi-
che; da un lato, la compagnia è impegnata per contratto a rifondere
soltanto il danno, dall'altro, le cose salvate diverrebbero poco utili o
inutili del tutto nelle mani degli assicuratori, mentre possono essere
utilizzate con vantaggio da chi ha subito il danno (1).
Anche nel caso di assicurazione contro l'incendio, deve adottarsi il

(') L'eccezione fatta per le assicurazioni marittime è facilmente spiegabile;


nei casi (li naufragio o di irreperibilità della nave, la determinazione del d'anno e
la liquidazione di esso dovrebbe protrarsi spesso per anni ed anni, mentre così può
290
L'ARTE S P E C I A L E

metodo di stima sopra indicato, secondo il quale l'ammontare del danno


si ottiene sottraendo dal valore della cosa danneggiata il valore della
parte che ancora rimane. I n f a t t i , l'art. 444 stabilisce che i danni pro-
dotti dall'incendio di un edificio si determinano col confronto del valore
che l'edificio aveva prima del sinistro col valore di ciò che resta dopo
l'incendio.
Volta per volta, nei singoli contratti di assicurazione contro i dan
ni, vengono chiaramente indicati quali sono i danni indennizzabili e i
rischi che si assumono ; l ' a r t . 434 dispone, in linea generale, che sono a
carico dell'assicuratore le perdite e i danni che accadono alle cose assi
curate per cagione dei casi fortuiti o di forza maggiore dei quali l'assi
curatore ha assunto i rischi. Nessun obbligo incombe all'assicuratore
quando i danni sono stati provocati da un vizio inerente alla cosa assi-
curata e non denunciato (1), o quando sono stati cagionati da fatto o
colpa dell'assicurato o dei suoi agenti, committenti, commissionari.
Quando nella polizza non sia stabilita una convenzione in contrario,
sono esclusi dall'assicurazione i danni derivanti da guerra o da solle-
vazioni popolari.
Nessuno dei danni provocati dall'assicurato è oggetto di risarci-
mento da parte della compagnia; anzi l'assicurato, nel momento del si-
nistro, deve fare tutto il possibile per evitare danni maggiori, come fa
rebbe un buon padre di famiglia che non fosse coperto dall'assicura-
zione. Per spronare l'assicurato a limitare il sinistro la legge stabilisce
che la compagnia rimborsi all'assicurato tutte le spese fatte a tal fine,
anche se il loro ammontare aggiunto a quello del danno superi la som
ma assicurata; e ciò semprechè non si dimostri che sono state fatte in
consideratamente (art. 436).
11 Vivante, nel suo « Trattato di diritto commerciale », si doman
da : « Qual'è il valore risarcibile? Il valore che le cose assicurate ave-
vano prima del sinistro dedotto il valore delle cose salvate (art. 435, 1" e
4° capoverso).
« Come si trova il primo termine di questa sottrazione? E il valore
di acquisto? No, perchè l'assicurato otterrebbe ex novo ciò che posse
deva consunto dall'uso, e trarrebbe un guadagno dal sinistro. È il valore
d'affitto? No, perchè sarebbe tolta ogni misura all'indennità e i con-
rraenti, l'uno per riscuotere un premio maggiore l'altro per garantirsi

essere fatta subito con speditezza. Il relitto è naturalmente di proprietà della com-
pagnia assicuratrice.
(') L'assicuratore non ha, ad esempio, alcuna responsabilità se i valori chiusi
in una lettera assicurata, ma non provvista di suggelli, sono rubati ; analoga-
mente, in caso di assicurazione dei trasporti, nessun obbligo incombe ali'assicura-
tore quando, si ponga il easo, il vino inacetisce o l'olio si spande per vizio dei
recipienti. Gli esempi citati sono tratti dal VIVANTE - Trattato di diritto commer-
ciale. Vallardi, Milano, 1935, voi. IV. pag. 434.
LA STIMA DEI DANNI 269

un risarcimento eccessivo, concluderebbero un gioco, una scommessa sul


rischio con t u t t i i pericoli che l'accompagnano. Per determinare il va-
lore delle cose assicurate nel momento del sinistro bisogna distinguere :
se avevano un valore di mercato, si ricorrerà ai listini di borsa e alle
mercuriali del luogo ove avvenne il sinistro ; se avevano un valore d'uso,
si detrarrà dal loro valore d'acquisto il deprezzamento derivante dal
consumo (1). Dal valore che le cose assicurate avevano prima del si-
nistro si deve detrarre il valore che le cose salvate hanno dopo il sinisti o
(art. 435, ultimo alinea) stimandole anch'esse secondo il valore venale:
da questa detrazione risulta il valore del danno. Sarà spesso difficile de-
terminare il prezzo delle cose salvate che subirono una avaria senza
porle al pubblico incanto, perchè il perito non ha appunto la guida di
un listino di borsa ; costringendo l'assicurato a trattenerle per un prezzo
previamente fissato, gli si addosserebbe l'alea della loro vendita (2) ».
Pur convenendo nella sostanza con le conclusioni del Vivante è op
portuno qualche chiarimento. Anzitutto è da osservare che molto pro-
babilmente l'A. per valore d'affitto intende il valore che si ottiene capi-
talizzando il canone d'affitto. Inoltre non ci sembra propria la dizione
di valore d'uso, nel senso usato dall'A. ; valore che esisterebbe solo per
le cose già usate.
Prescindendo dall'improprietà di linguaggio economico usato dal-
l'eminente giurista, concordiamo con lui nelle conclusioni, poiché so-
stanzialmente riconosce come principale realtà economica cui attingere
il prezzo di mercato ; d'altra parte però è da ritenere che non sempre ad
esso si debba ricorrere nella stima delle cose avanzate dal sinistro. Non
sempre abbiamo detto, intendendo con ciò che talvolta, anche se esiste
in modo più o meno esplicito un prezzo di mercato, non si debba adot-
tare questo prezzo. Supponiamo il caso, assai frequente, che bruci un
fabbricato, resteranno dei muri utilizzabili, dei mattoni, delle pietre,
ecc. Per stabilirne il valore si possono mettere all'asta le macerie ; ma
se così si fa, o non si trovano acquirenti, oppure si avrà un prezzo irri-
sorio. Valore di mercato in senso proprio non c'è, perchè di solito le
macerie non sono oggetto di commercio ; riferimenti si possono avere
considerando il prezzo di (mercato di materiali simili (mattoni, ecc.) og-
getto di largo commercio.
Contrariamente a quanto è stabilito in maniera inequivocabile nel
ricordato art. 144 cod. comm., il quale stabilisce che i danni prodotti
dall'incendio di un edificio si determinano col confronto del valore che
l'edificio aveva prima del sinistro col valore di ciò che resta dopo l'in-

P) Appello Roma, j23 marzo 1886. « Temi Romana », 107.


(=) CESARE VIVANT® - Trattato di diritto commerciale. Vallateli, Milano, 1935,
voi. IV, pag. 4 5 1 .
290
L ' A R T ES P E C I A L E

cendio, vi sono compagnie di assicurazioni le quali determinano l'am-


montare del danno in base al costo di ricostruzione.
Precisamente, stabilito il costo di ricostruzione delle parti distraile
o denneggiate, ridotto di una percentuale, clie chiameremo di deteriora
mento, per riportare idealmente il fabbricato nuovo allo stato di vetustà
in cui si trovava al momento dell'incendio, si determina il valore dei
materiali rimasti utilizzabili ai fini della ricostruzione : la differenza
tra i due valori ci dà la misura dell'indennità.
Questo metodo, cbe nella pratica delle stime è largamente appli
cato con successo, muove dall'ipotesi (la quale spesso diviene realtà) che
l'immobile bruciato venga ricostruito, e che venga ricostruito così come
era prima dell'incendio ; così pensa l'assicuratore, poiché tale è, in certo
senso, il dovere che gli incombe. E ciò è tanto vero, che le compagnie di
assicurazione si riservano la facoltà di scelta fra l'indennizzo in denaro
all'assicurato e l'onere di ricostruire direttamente l'immobile.
La ricordata impostazione, che è in accordo col fondamentale prin
cipio della ricostituzione del patrimonio economico dell'assicurato, pone
però un problema di una certa importanza nel caso in cui vi sia perizia
giudiziale. I n f a t t i , in questo caso ci si può domandare : la somma da
pagare all'assicurato deve risultare come differenza t r a i due prezzi, di
cui la legge fa parola, cioè i due valori predetti devono essere chiara-
mente indicati, oppure basta poter dedurre che la stima venne condotta
con questo criterio differenziale.
Il caso è analogo a quello dell'espropriazione parziale per causa di
pubblica utilità, e le conclusioni sono le stesse. È da ritenere, infatti,
interpretando rettamente le norme legislative, che la somma indicata
nella perizia giudiziale debba risultare come differenza fra i due prezzi
e cioè f r a il prezzo della cosa assicurata, prima del sinistro e il prezzo
delle cose rimanenti dopo il sinistro, e che entrambi questi prezzi deb
bano essere esplicitamente indicati.
La valutazione della cosa assicurata deve essere fatta anche per
esaminare se sia o meno applicabile l'art, 425, in forza del quale se l'as-
sicurazione contro i danni non copre che una parte del valore della cosa
assicurata, l'assicurato sostiene una parte proporzionale dei danni e
delle perdite.
Il nostro codice ha giustamente ritenuto che l'assicurato sia « l'as-
sicuratore di se stesso per la parte scoperta, e lo obbliga a sostenere in
ogni sinistro una parte proporzionale del danni e delle perdite come nel
caso di due assicuratori contemporanei » (L). Quindi, l'indennità sta al
danno sofferto, come la somma assicurata sta al valore assicurabile. Se
un fabbricato del valore venale di 100 mila lire è assicurato per 80 mila e

( ' ) C f r . VIVANTE, op. cit., v o i . I V , p a g . 455.


LA S T I M A D E I DANNI 271

l'incendio ne distrugge una parte per un valore di L. 50 mila, l'inden-


nità non sarà di 50 mila, ma. di sole 40 mila lire.
L'art. 435 considera il caso in cui l'assicurazione sia stata prece-
duta da una stima delle cose da assicurare : se all'assicurazione lia pre-
ceduto una stima accettata dall'assicuratore, questi non può impugnarla
che per frode, simulazione o falsificazione, senza pregiudizio d'ogni al-
tra azione anche penale.
Però le conclusioni che si potrebbero trarre da questo articolo sono
limitate dalle disposizioni contenute negli altri articoli, che definiscono
i caratteri essenziali del contratto di assicurazione.
Una interpretazione letterale farebbe forse ritenere che la stima
f a t t a all'inizio dell'assicurazione e riconosciuta dai due contraenti po-
tesse essere ripudiata solo nel caso di frode, simulazione o falsità; ma,
considerando quanto il legislatore ha disposto altrove, bisogna interpre-
tare in modo più estensivo questa particolare disposizione. I n f a t t i può
darsi che la cosa assicurata, pur avendo al tempo in cui fu stipulato il
contratto di assicurazione il valore che venne segnato nel contratto stes-
so, abbia perduto parte del suo valore. Allora in caso di sinistro, l'assi-
curatore non deve più la somma determinata nel contratto perchè, come
osserva il Vivante, « si distruggerebbe il contratto di assicurazione nella
sua essenza, che è quella di un contratto di indennità, necessaria difesa
dall'ordine sociale contro i sinistri dolosi ». Contro questa interpreta-
zione — continua l'A. — stanno t u t t i gli articoli del codice che custo-
discono questo concetto : l'articolo 417 che lo definisce un contratto di
indennità; l'articolo 423 che limita la forza riparatrice dell'assicurazione
all'interesse reale e legittimo dell'assicurato ; l'articolo 428 che toglie
ogni effetto all'assicurazione per l'eccedenza del valore assicurato. Essi
ristabiliscono d'accordo questo concetto capitale : gli effetti legittimi
dell'assicurazione cessano ove cessa il danno. La dottrina tradizionale
è unanime in questo avviso, poiché ritiene che l'assicuratore possa im-
pugnare la stima accettata, non solo quando l'assicurato lo trasse in in-
ganno, ma anche quando tentò d'ingannare la legge, procurandosi il ri-
sarcimento di un danno che non sofferse (1).
Nella pratica accade che spesso viene liquidato l'indennizzo preci-
samente nella somma che fu stabilita nel contratto, ma ciò dipende dal
fatto che, rinnovandosi i contratti a breve scadenza, spesso il valore con-
venuto e accettato dalla compagnia è prossimo al valore della cosa as-
sicurata.
La consuetudine di fissare nel contratto di assicurazione il valore
della cosa assicurata è molto diffusa nelle assicurazioni marittime, poi-
ché, così facendo, l'assicurato è liberato dell'obbligo di dover poi dimo-

( ' ) VIVANTE, op. cit., voi. IV, pag. 452.


290
L'ARTE S P E C I A L E

strare, dopo il sinistro, il valore che aveva la cosa assicurata, cosa inolio
difficile quando si t r a t t a di navi naufragate o disperse.

3 . - L A S T I M A D E I D A N N I P R O D O T T I DALLA GRANDINE

F r a le diverse specie di assicurazioni contro i danni contemplate


dalla legge ha per noi grande importanza l'assicurazione dei prodotti
del suolo, di cui t r a t t a particolarmente l'articolo 14G ; il quale dice
testualmente :
« Nell'assicurazione dei prodotti del suolo il risarcimento dovuto
dall'assicuratore si determina secondo il valore che i prodotti avreb-
bero avuto al tempo della loro maturità, o al tempo in cui ordinaria
mente si raccolgono, se il sinistro non fosse avvenuto ».
Il genere di assicurazione che ha maggior diffusione presso gli agri
coltori è l'assicurazione contro la grandine ; la quale presenta due ca
ratteri peculiari : 1°) manca di una sistematica rilevazione statistica e i
dati raccolti sono di scarsa guida, per il carattere poco uniforme della
meteora; 2°) esclude la provocazione del sinistro da parte dell'assicurato.
La prima cosa che il perito deve fare è quella di procedere al ri-
conoscimento dell'appezzamento assicurato, basandosi sulle indicazioni
della superficie e della qualità di coltura e su ogni altra notizia risul-
t a n t e dal contratto. E necessario poi verificare se la quantità di prò
dotto assicurata può essere prodotta da quell'appezzamento e inoltre se
l'assicurazione copre tutto il prodotto, oppure una sola parte di esso.
Dopo queste operazioni di carattere preliminare; si esaminerà, caso
per caso, e cioè su ogni appezzamento assicurato :
a) se realmente il prodotto fu colpito dalla grandine.
x
In proposito il Maestri nella sua « Guida » ( ), da cui riportiamo
alcuni dei brani che seguono, densi di osservazioni preziose per l'eser-
cizio della professione, osserva che « la percossa dal chicco di grandine
è del tutto caratteristica. Si t r a t t a di una vera lacerazione delle cellule
dei tessuti colpiti con compressione degli elementi delle medesime, se
guita da necrosi, se t r a t t a s i di parti viventi; fenomeno che solo parzial
mente può essere col tempo mascherato dall'attività dei tessuti con
termini ».

P) Cfr. per più ampi ragguagli l'utilissimo lavoro del Dr. ARTURO MAESTRI
Guida nella stima dei danni della grandine alle colture del suolo. 3a ediz. F.lli
Marescalchi, Casale Monferrato, cap. IV, pagg. 67 e segg.
Per un'ampia informazione bibliografica intorno alle opere in tema di danni
per grandine, incendi, ecc. si veda il citato saggio bibliografico della letteratura
italiana in tema di estimo, opera del Prof. E. MARENGHI, pubblicato In appendice
alle Lezioni di Estimo. Milano, Editrice Politecnica, 1926.
LA S T I M A DEI DANNI

b) quante volte il prodotto assicurato fu colpito da grandine, du-


rante il periodo di assicurazione.
Due o più grandinate possono distinguersi :
l°ì Dalla possibile differente direzione della grandine. Le indagini
riescono più facili e attendibili quando sono f a t t e su piante arboree il
cui tronco, abbia corteccia viva e tenera, oppure la chioma molto spessa
e sviluppata ; sulle piante erbacee, sopratutto per la esilità dello stelo,
si può dedurre la direzione di una grandinata ; ma difficilmente accer-
tarne direzioni diverse.
2°) Dalla differente età delle lesioni, che l'occhio iu certi casi perce-
pisce benissimo.
3°) Dalla differente intensità delle medesime, associate al concetto
dell'età.
4°) Dalla presenza di lesioni su organi non ancora formati all'epoca
di lesioni vecchie.
5°) Dalle lesioni di alcuni prodotti raccolti o magari ricoverati in
date stabilite.

c) se il prodotto fu colpito prima che iniziasse il rischio.


I sinistri che interessano di più tale istruzione sono generalmente
quelli che colgono le colture in epoche lontane dalla raccolta; quantun-
que non possa escludersi in via assoluta il contrario, come sarebbe nel
caso di un contratto stipulato a stagione avanzata — esempio però che
in via ordinaria i contratti non offrono — il perito si regolerà con un
po' di pratica sui rilievi già f a t t i e sulle considerazioni di cui sopra ;
ma assai più facilmente e positivamente potrà, colla scorta della polizza
e della denuncia, nonché di informazioni assunte con ogni circospezione
prima e dopo il suo ingresso nel podere dell'assicurato, rendersi edotto
della verità.
d) se per la coltivazione assicurata siano stati fatti tutti i lavori
e prodigate tutte le cure colturali, suggerite da un'agricoltura razionale.
Tale constatazione va f a t t a ' tenendo presente sopratutto se ed in
quanto le trascurate cure culturali possano essere cagione della diminu-
zione del prodotto.
e) se venne ritardata o trascurata la raccolta, al tempo opportuno
c con quale danno al prodotto assicurato.

f) se la raccolta fu incominciata prima e continuata dopo il si-


nistro.
La prima parte di questa istruzione é in relazione con norme spe-
ciali del contratto di assicurazione, le quali stabiliscono, che, salvo condì -

o . medici - Lezioni di estimo. 18


290
L'ARTES P E C I A L E

zioni espresse in contrario, il rischio cessa quando gli oggetti assicurati


vengono staccati dal suolo. La seconda parte è in relazione con altre che
non permettono di procedere al raccolto di un prodotto colpito da sini-
stro prima che l'entità del danno sia dalle parti contraenti per mutuo
consenso ritenuta liquida, o, almeno, prima che l'assicurazione abbia
preso conoscenza, per mezzo dei suoi periti, dell'entità stessa.
Il perito riferirà dettagliatamente l'esito della sua inchiesta preci-
sando meticolosamente ogni circostanza e sopratutto le date, e tenendo
presente che su la relazione peritale, a termini di contratto, può imper-
niarsi un'azione giuridica.
g) se rassicurato può, e con quali vantaggi, rimpiazzare la coltura
sinistrata con altre.
Il perito deve considerare se alla coltura danneggiata sia convenien-
te sostituire un'altra coltura, al fine di poter diminuire l'indennità de-
gli utili netti di questa. Il primo consiglio da dare iu questo caso è quello
di procedere cautamente, e pronunciarsi soltanto dopo avere fatto con
prudenza un diligentissimo rilievo, tenendo presente che la coltura da
sostituirsi non deve sconcertare la rotazione ordinaria, nè deve ostaco-
lare un'eventuale seconda coltura che l'assicurato di solito avrebbe la
possibilità di praticare dopo quella principale, qualora non fosse stata
sinistrata,
li) se e quali spese l'assicurato viene a risparmiare in conseguenza
della grandine.
In una grandinata che danneggi enormemente o distrugga affatto il
prodotto, vengono risparmiate le spese per i lavori e cure colturali ne-
cessarie dall'epoca del sinistro in avanti, nonché le spese di raccolta.
Bisogna però tener ben presente che quando il danno, pure essendo rile-
vantissimo, non è totale, il risparmio di spese può in realtà non sussi-
stere, sia per le maggiori cure che l'assicurato — anche a termini di
polizza — deve prodigare alla coltura colpita, sia perchè le spese di
raccolta della coltura smessa sono spesso ben lungi dall'essere inferiori
a quelle ordinarie.
i) se i prodotti siano stati danneggiati dolosamente.
E estremamente raro che l'assicurato tenti di simulare i danni
della grandine; comunque, ammesso il tentativo di qualche disonesto, il
perito se n'avvedrà facilmente. Contro la possibilità che simili tentativi
possano essere ritenuti utili dall'assicurato, sta la necessaria abitudine
del perito di spingere le sue osservazioni in ogni parte della partita assi-
curata, e di intensificare la diligenza quando la liquidazione concernesse
delle piccole parti del prodotto rispettate con la raccolta, allo scopo ap-
punto dei rilievi. (
LA S T I M A DEI DANNI 275

Compiuta la serie (li indagini generali sopra ricordate, il perito, per


concludere il suo mandato, deve precisare l'ammontare del danno.
E per f a r ciò egli deve stabilire la quantità di prodotto ohe si sa-
rebbe potuto ottenere a prescindere solamente dalla grandinata, tenendo
conto delle diminuzioni di produzione dovute a trascuranza nei lavori e
nelle cure colturali, a concomitanza di altre ragioni di danno, ecc. e
anche del prodotto eventualmente raccolto prima del sinistro ( l ).
Infine, per compiere l'indagine peritale, egli stimerà la parte di
prodotto danneggiata o distrutta dalla percossa della grandine, espri-
mendola in percentuale sul prodotto totale che si sarebbe potuto otte-
nere qualora non fosse accaduto il sinistro.

4. - I M E T O D I P E R V A L U T A R E I L DANNO D E L L A GRANDINE

I metodi con i quali si suole determinare l'ammontare dei danni per


grandine, possono ritenersi due : quello a colpo d'occhio e quello ana-
litico.
Seguendo il primo, il perito — che ha una notevole esperienza pro-
fessionale, non disgiunta da coltura agronomica e da doti naturali —
lascia che si determini in sè stesso una impressione che egli traduce in
aliquota di prodotto distrutto : in danno.
Seguendo il secondo, l'operatore prende in considerazione alcuni ef-
fetti reali della percossa e, attraverso il calcolo e l'induzione, procede
alla determinazione del danno.
Questa distinzione, come altre simili, non ha nulla di rigoroso : in
realtà il metodo analitico è applicato in t u t t i i casi. I n f a t t i , anche il
metodo a colpo d'occhio, per poco che il perito si soffermi in considera-
zioni, siano pure interne, mentali, si avvicina a quello analitico.
La determinazione del danno può giovarsi del calcolo nel caso in
cui si t r a t t i di danni recati a cereali maturi simili al grano, di danni
recati all'uva e alle olive ; raramente ciò avviene nel caso del granoturco,
delle lacerazioni prodotte nelle foglie di gelso, ecc.
II Maestri ricorda che per applicare il metodo analitico il perito
deve stabilire il danno per ogni singola parte di terreno assicurata, e
quindi dovrà percorrerlo in ogni senso, in modo da accertare la distri-

ci Perciò bisogna distinguere due casi che si possono presentare in campagna:


1°) parte del prodotto è raccolto regolarmente e gradualmente; 2°) parte del pro-
dotto è stato raccolto saltuariamente, come accade, per es., del ricino, del tabacco,
delle ulive, dell'uve da tavola, ecc. Nel primo stabilita, per es., la produzione
media per unità di superficie, e nota la superficie raccolta, si arriva subito alla
quantità del raccolto non più pendente all'epoca del sinistro; nel secondo, in
cui l'operazione non lascia tracce troppo palesi di essa, la cosa si fa assai difficile.
Si tenterà di procedere per assaggi, ma, di solito, sarà più conveniente stabilire
la quantità di prodotto raccolto, sottraendo la parte rimanente da quella ottenibile.
290
L'ARTE S P E C I A L E

trazióne del danno. Nei grandi appezzamenti, per la diversa intensità


della grandinata c-lie spesso colpisce strisce lunghe e strette, o per ripari
naturali, ecc., può accadere che il danno risulti differente da luogo a
luogo ; il che può avvenire anche quando la stessa coltivazione (es. grano)
sia praticata con diverse varietà (mentami, gentil rosso, ecc.). In caso
di notevoli differenze nell'entità del danno il perito dovrà stabilire,
grosso modo, le superficie approssimative alle quali corrispondono le va-
rie classi di danno.
Prendiamo, ad es., in considerazione un appezzamento coltivato a
grano, che sia stato diversamente danneggiato nei vari punti della sua
superficie. Localizziamo quindi la porzione di coltura di detto appczza
mento, su cui il danno si verifica con intensità media.
Si classifichino allora gli individui della porzione, che cniamereono
d'assaggio, in tanti gruppi quanti sono i generi e le entità delle lesioni,
assegnando a ciascun gruppo un aliquota di danno :
aliquota del 95 % al gruppo a
» » 85 » » » h
» » 72 » » » c
» » 54 » )) » d
» » 20 » » » e

da questa analisi parziale del danno, che esprime il danno della porzione
d'assaggio, è facile ricavare la misura media del danno. E cioè:
; a 95 -+- 6 85 •+- o 72 -i- d 54 -+- e 20

Nel caso in cui il danno presenti caratteri di maggior varietà, allora


bisognerà compiere analisi peritali più minute.
Non si possono chiudere questi cenni intorno alla stima dei danni
per grandine senza ricordare che nei casi concreti di stima queste ultime
considerazioni appaiono spesso come esercitazioni aritmetiche, anziché
come strumenti atti a compiere un lavoro proficuo.
Nella stima dei danni per grandine è specialmente la preparazione
agronomica intesa in senso lato, perfezionata da precise conoscenze di
patologia vegetale e di entomologia agraria, che ha fondamentale
importanza ; si t r a t t a di una stima dove le conoscenze tecniche hanno
un'assoluta prevalenza su quelle di ordine diverso.
CAPITOLO X.

LE STIME I N E R E N T I ALLA SISTEMAZIONE


ED ALLA LIQUIDAZIONE DEGLI USI CIVICI (')

1. - GENERALITÀ

11 riordinamento degli usi civici nel Regno è regolato dalla legge


16-VI-1927, n. 1766, clie converte il R. D. 22-VI-1924, n. 751, apportan-
dovi alcune modifiche. Rimangono in vigore, in quanto non contrastino
con la legge organica, tutte le disposizioni precedenti.
Come principio generale, la legge afferma la necessità di abolire
e liquidare t u t t i i relitti degli usi civici e della proprietà collettiva in
Italia, « avendo essi perduto in gran parte il loro contenuto economico
e costituendo un peso ingombrante della proprietà terriera, di cui arre-
stano il progresso agricolo ed infirmano la commerciabilità » (2).
Le operazioni di liquidazione degli usi civici sono affidate a spe-
ciali commissari appartenenti alla magistratura ordinaria e investiti (3)
della funzione giuridica ed amministrativa.
Per semplificare le operazioni di indole tecnica la legge ha voluto
escludere, nel maggior numero possibile dei casi, la perizia ; tuttavia è
in facoltà del commissario ordinarla quando la ritenga opportuna (4).

(') Per quanto attiene a questo capitolo si possono confrontare con profitto i
lavori del Curis e in particolare : GIOVANNI C H R I S - Gli usi civici. Roma, Libreria
del Littorio, 1928-VI. - Per la parte estimativa ci siamo serviti specialmente dello
studio del Dr. VITTORIO CIARROCCA - Le stime inerenti alla sistemazione ed alla
liquidazione degli usi civici, pubblicato ne « La rivista del Catasto e dei Servizi
tecnici », Roma, Ministero delle Finanze. - Per la pratica estimativa è di utile
consultazione il « Bollettino degli Usi Civici », pubblicato dal Ministero per l'Agri-
coltura e le Foreste.
( 2 ) ACERBO GIACOMO - Il riordinamento degli Usi Civici nel Regno. Relazione
presentata alla Camera dei Deputati per la conversione in legge del R. D. 22-VI-
1924, n. 751, pag. 4.
(*) I commissariati stabiliti con R. D. 16-VI-1927, n. 1255, sono 12 ed hanno
sede a Torino, Milano, Trento, Trieste, Bologna, Roma, Aquila, Napoli, Bari, Ca-
tanzaro, Palermo e Cagliari.
l ' l Quando il commissario ordina la perizia è in facoltà delle parti di farsi
assistere da periti di propria fiducia. (Art. 6 della legge).
290
L'ARTES P E C I A L E

.Soltanto ili alcuni casi, come sono quelli previsti dall'art. 7 della legge,
e espressamente disposto di ricorrere alla perizia. Più frequentemente
l'opera del tecnico è richiesta dal commissario, in base all'art. 28 della
legge, quale speciale incaricato, per l'esecuzione delle operazioni di liqui-
dazione.
Sotto qualsiasi veste sia chiamato, il tecnico ha quasi sempre una
parte importante nelle operazioni per la liquidazione degli usi civici.
Lo documenta largamente la raccolta del Bollettino degli Usi Civici (')
contenente i provvedimenti emessi in applicazione della legge 16-VI-.1927 :
da essa risulta come i commissari demandino ad agronomi, ingegneri,
geometri le valutazioni dei diritti, la fissazione dei compensi e dei ca-
noni enfiteutici, la ripartizione dei beni da alienarsi, e prendano come
base dei loro provvedimenti le relazioni dei tecnici di cui fanno proprie
le conclusioni.
Per l'applicazione della legge per la sistemazione degli usi civici
sorgono varie questioni estimative, le quali possono raggrupparsi nelle
seguenti categorie :
a) stime per affrancazione degli usi civici su terre private ;
b) stime per scioglimento di promiscuità;
c) stime per legittimazione delle occupazioni di terre demaniali ;
dì stime per reintegrazione di terre occupate;
e) stime occorrenti uel caso di distribuzione di terre.

2. - STIME P E R AFFRANCAZIONE D E G L I U S I C I V I C I S U TERRE PRIVATE

a) 1° caso - Il compenso è stabilito in una porzione del fondo.


Tutti gii usi civici su terre private, debitamente accertati e provati,
attraverso laboriose indagini storico-giuridiche, devono essere affrancati.
11 compenso per la liquidazione dei diritti suddetti è stabilito a in uva
porzione del fondo gravato da uso civico o della parte del fondo gravalo
da assegnarsi al comune nel cui territorio il fondo stesso si trova ». (ar-
ticolo 5).
Questo articolo è manchevole perchè, secondo la lettera, il compenso
si dovrebbe assegnare al comune nel cui territorio si trova il fondo gra-
vato da usi civici. Si è in tal guisa contemplato il caso più frequente.
Però può accadere anche che il fondo si trovi nel territorio di altro co
rnune, specialmente se limitrofo, e quindi l'applicazione letterale del
detto articolo, andrebbe a tutto ed esclusivo beneficio di coloro a cui non
spettavano gli usi civici affrancati, mentre si verrebbero a spogliare i
veri titolari degli usi stessi.

(') Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, « Bollettino degli Usi Civici ».


Roma, Istituto Poligrafico dello Stato.
279
L E S T I M E I N E R E N T I ALLA S I S T E M A Z I O N E D E G L I U S I C I V I C I

Ohe l'articolo 5 non abbia voluto intendere questo, e che, quindi, si


debba interpretare in modo relativo e dimostrativo, ma non assoluto e
tassativo, risulta anche dall'articolo 7 del regolamento per cui « sta-
bilità la misura del compenso secondo la scala prevista dall'art. 5 della
legge, si procederà alla valutazione del fondo gravato e si accantonerà,
a "favore del Comune o dell'Associazione cui i diritti suddetti apparten-
gono, una parte di esso che corrisponda in valore alla misura del com-
penso accordato ».
Il nostro legislatore ba distinto gli usi civici in due classi : m essen-
ziali ed utili, seguendo il criterio adottato dalla legge napoletana (2), la
quale, però, oltre alle due ricordate classi considerava anche gli usi ci-
vici dominicali.
Si dicono essenziali gli usi civici il cui esercizio personale si rico-
nosca necessario per i bisogni della vita ; si dicono utili se invece hanno
prevalente carattere e scopo d'industria.
Questa classificazione pone un limite all'arbitrio del perito, poiché
il legislatore ha stabilito che il diritto si commisuri ad una frazione- del
fondo compresa t r a 1/8 e 1/2, se l'uso civico è essenziale; e ad una fra-
zione del fondo compresa fra 1/4 e 2/3 se l'uso civico è utile.

uso civico essenziale uso civico utile


o) porzione c h e p u ò essere corrisposta, sia per u s o oiyico essenziale, sia per uso civico utile.

Cosi una eguale frazione del fondo, che può oscillare entro limiti
abbastanza ampi, e cioè f r a 1/4 e 1/2, può essere attribuita a compenso
di usi civici sia utili, sia essenziali. I limiti segnati dal legislatore non
si possono valicare e quindi non si potrà assegnare meno di 1/8 e più
di 1/2 nel caso di usi civici essenziali, o meno di 1/4 e più di 2/3 nel caso
di usi civici utili.

P) Cfr. GIOVANNI CHRIS - Gli Usi Civici. Libreria del Littorio, Roma, anno VI,
pag. 82 e 83.
(2) Decreto 10 marzo 1S10, art. 11 e seg.
290
L'ARTE S P E C I A L E

La natura economica degli usi civici è diversissima da caso a caso.


Dal semplice diritto di pascere un limitatissimo numero di capì di be-
stiame l'uso civico può estendersi tino a comprendere il diritto di semi-
nare e raccogliere quasi t u t t i i prodotti del suolo. In questi casi la pro-
prietà si riduce ad un semplice diritto nominale, vuoto di un sostanziale
contenuto economico. La possibilità cbe ha il commissario liquidatore di
scegliere entro termini così discosti, ed in taluni casi di variarli ancora
(articolo 5), f u concessa appunto per la necessità di fare aderire il prov-
vedimento legislativo ad una realtà estremamente mutevole e varia.
Nella determinazione della misura del compenso, il commissario si
avvale generalmente, dell'opera di un tecnico, il quale, dopo aver accet-
tato l'estensione del diritto ed il suo valore, indicherà nella relazione la
parte di terreno da corrispondere al comune.
La legge, come criterio di valutazione, stabilisce di determinare la
porzione di terreno basandosi non solo sulla sua estensione, ma anche sul
suo valore.
L ' a r t . 8 del regolamento (*) prescrive i n f a t t i di « determinare il com-
penso in terre da assegnarsi ai comuni ed alle associazioni agrarie, te-
nendo sempre conto dei bisogni della popolazione in relazione ai diritti
riconosciuti ». Occorrerà quindi stabilire delle quote che corrispondano
al valore dei diritti, siano organiche nella loro forma, non ledano gli in-
teressi degli utenti e non creino contrasti.
In questo genere di stime si t r a t t a quasi sempre di accertare « sto-
ricamente » l'estensione del terreno seminato a grano, il numero dei capi
condotti a pascolare dagli utenti, ecc. Quindi occorre ricostruire le serie
« storiche » dei prodotti e dei redditi ricavati e, in base a queste, stabi-
lire le quote di ripartizione. Nel maggior numero dei casi la stima può
arrestarsi quando siano soddisfacentemente appurati i dati tisici di pro-
duzione; infatti, se ad esempio si devono assegnare al comune i 3/8 di
un terreno boschivo, in compenso della cessazione degli usi civici, si po-
t r à , prescindendo dal « prezzo di macchiatico », o da quello di « merca-
to » del legname, dal « valore del suolo », o da quello del « soprassuolo »,
stralciare dal bosco una quota di terreno che dia una quantità di legna-
me pari ai 3/8 della produzione totale. E ciò sempre che non vi siano
differenze nella qualità degli assortimenti legnosi ritraibili, e nella « co
modità » ed «ubicazione» dei due appezzamenti di terreno così deter
minati.
b) 2° caso - Il compenso è stabilito in un canone annuo.
Come principio fondamentale la legge stabilisce che le affrancazioni
debbano avvenire mediante lo stralcio, a benefìcio del comune, di una
quota parte del terreno soggetto ad uso civico.

P ) E e g . 26 f e b b r a i o 1928, n . 332.
LE S T I M E INERENTI ALLA S I S T E M A Z I O N E D E G L I U S I CIVICI 281

Però, ad evitare lo smembramento di unità aziendali ed un sover-


chio frazionamento della proprietà (1), saranno esenti da divisione quei
terreni che abbiano ricevuto dal proprietario sostanziali e permanenti
migliorie ed i piccoli appezzamenti non raggruppabili in unità agrarie. Il
legislatore prescrive che questi terreni siano gravati a favore del comune
di un canone annuo di natura enfiteutica, corrispondente al valore dei
diritti da stabilirsi con perizia (2).
Per valore dei diritti deve intendersi, come sembra evidente, il va-
lore corrispondente al reddito ricavato dagli utenti. È chiaro che esso
non può determinarsi riferendosi solamente al momento nel quale si ef-
fettua la stima, per lo stesso motivo per il quale non si assume il red-
dito fondiario di un solo anno come elemento di capitalizzazione per la
determinazione del valore fondiario dei terreni. Occorre perciò assumere
dati medi di produzione; i prezzi dovranno essere quelli che si prevede
si realizzeranno nel prossimo futuro.
Nella determinazione del valore dei diritti deve tenersi presente che,
specie nelle zone montane, l'uso del pascolo o del bosco gravato da uso
civico costituisce un'integrazione dei prodotti ricavati nei seminativi di
privata proprietà dei singoli, e perciò sovente la valutazione isolata (lei
diritto di pascolo o di legnatico su un dato corpo di terreno ha scarso
significato economico ; specie poi se non viene riferita opportunamente
anche al complesso organico della azienda montana costituita dai cono-
sciuti nuclei delle alpi, boschi, monti, prati eli casa, seminativi, ecc.
Il valore del diritto deve essere espresso tanto in frazione del valore
del fondo (e ciò per rimanere nei termini imposti dall'art. 5 della legge)
quanto in moneta, alfine di determinare il canone enfiteutieo corrispon-
dente al valore del diritto, da applicare in favore del comune. Tali ca-
noni sono affrancabili ; e, siccome si t r a t t a di enfiteusi costituite dopo
l'andata in vigore del c. c., il capitale di affrancazione corrisponderà alla
capitalizzazione del canone al tasso ufficiale, cioè al 4 %.
Con criteri analoghi a quelli ora esposti dovrà determinarsi il ca-
none da pagarsi a favore del proprietario, nei casi previsti dall'art. 7
della legge. La quale, per le Provincie ex-Pontificie e quando i terreni si
riconoscano indispensabili per la popolazione, ammette l'affrancazione a
tutto favore degli utenti dei fondi gravati dagli usi civici.
c) Esempio dei due casi precedenti.
A titolo di esempio si riassume parte di una sentenza pronunziata
dal commissario per la Lombardia e Basso Veneto, riguardante la liqui-

( ' ) G I U S E P P E TASSINARI - Frammentazione e ricomposizione dei fondi rurali.


E. Istituto Sup. Forestale, Firenze, 1922.
(2) Il perito, ricevuta comunicazione della nomina, avviserà le parti, farà ri-
sultare dai verbali il loro intervento o quello dei loro periti, terrà conto delle
osservazioni del commissario e delle parti.
290
L'ARTE S P E C I A L E

dazione degli usi civici sulle proprietà private in Gomero, frazione del
comune di Casto, in Provincia di Brescia (1).
Accertato clie nelle terre di Comero esisteva l'uso civico di pascolo
e pattume, si dava incarico ad un geometra di formare il progetto di li
quidazione. Questi previa opportuna perizia, proponeva come compenso :
un quarto per boschi radi a buon pascolo e pattume, un sesto per bo-
schi discreti a discreto pascolo e pattume, ed un ottavo per boschi fitti
con scarso pascolo e pattume.
Il progetto era diviso in due p a r t i : la prima comprendeva 10 ditte
i cui terreni venivano liberati dall'uso civico mediante pagamento di
canoni, trattandosi di terreni sostanzialmente e permanentemente mi-
gliorati o di troppo piccola estensione per esser aggruppati in unità agra
rie ; la seconda parte riuniva 3 ditte per le quali la liquidazione sarebbe
avvenuta a mezzo escorporo. La quota di compenso veniva determinata
non solo col criterio dell'estensione ma anche con quello del suo valore.
Nonostante l'opposizione di tre dei proprietari interessati, il com-
missario rendeva esecutivo il progetto riassunto nella riportata tabella.

3 . - S T I M A P E R S C I O G L I M E N T O DI P R O M I S C U I T À

In t u t t i i casi in cui si devono sciogliere le promiscuità f r a comuni


e comuni o f r a comuni e frazioni, con attribuzioni di compenso (art. 8),
si procede ad un'assegnazione di terre di valore pari all'entità ed esten-
sione dei reciproci diritti, tenuto conto della popolazione, del numero
degli animali mandati a pascolare, e dei bisogni di ciascun comune e di
ciascuna frazione.
Per la consuetudine di piantare od innestare alberi sulle terre co
muni, particolarmente frequente in alcune zone di montagna dell'Italia
Settentrionale, il regolamento dispone l'assegnazione delle piante agli
attuali proprietari, con divieto di sostituirle e con l'imposizione di un
canone da determinarsi dal commissario (art. 23).
Le disposizioni della legge fanno ritenere che il canone forse do
vrebbe essere eguale al valore del diritto di usare della terra occupata
dalle piante. Nella pratica professione, però, i periti, data l'inopportu-
nità di eseguire ricerche che risulterebbero sproporzionate allo scopo, si
attengono a coefficienti empirici di generale uso.
Ad esempio, nella sistemazione del diritto piantivo su 1888 piante e
2587 ceppale a favore di 220 ditte del comune di Cedegolo in provincia
di Brescia, il canone complessivo fu stabilito in L. 1999, pari ad una
media di circa L. 0,45 per pianta e ceppaia (2).

P) « Bollettino degli Usi Civici », fase. V, maggio 1934, pag. 1458 e segg.
p) « Bollettino degli Usi Civici », fase. I l i , marzo 1930, pag. 419. Molti altri
esempi del genere sono riportati negli altri fascicoli del Bollettino.
L E S T I M E I N E R E N T I ALLA S I S T E M A Z I O N E D E G L I U S I CIVICI 293

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L'ARTE S P E C I A L E

4 . - S T I M E P E R L E G I T T I M A Z I O N E D E L L E O C C U P A Z I O N I DI TERRE D E M A N I A L I

Di frequente è accaduto che sulle terre demaniali si siano verificate


nel corso del tempo occupazioni da parte di singoli. Tali occupazioni,
dalla legge vigente, sono ritenute abusive, a qualsiasi epoca rimontino.
Tuttavia, per ragioni di pubblico interesse, è ammessa la loro legit-
timazione quando:
a) l'occupante abbia portato alla terra occupata sostanziali e per-
manenti migliorie. Abbia cioè compiuto investimenti fondiari che non
possono essere tolti senza distruggere o danneggiare le costruzioni, i \i-
gneti, gli oliveti, ecc. Non così accade invece, nel caso di dissodamento,
per la coltura a cereali di terreni incolti ;
5) la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni ;
c) l'occupazione duri almeno da 10 anni.
Concedendo la legittimazione il commissario applicherà a favore del
comune « un canone di natura enfiteuMca, il cui capitale corrisponda al
valore del fondo stesso, diminuito di quello delle migliorie, aumentato di
almeno dieci annualità di interessi » (1). Non si applicherà tale aumento
qualora l'occupante abbia già corrisposto una prestazione in generi o
in denaro.
Nell'ipotesi più generale, in cui l'occupante non abbia corrisposto
alcuna prestazione, si avrà :

tf-KV-^H ^(Vf-rn)r]r,
da cui
0 = l(Vf-Vm) (1 + 10 r)]r ,
dove G, rappresenta il canone ; V/} il valore di stima del fondo stabilito
in base al prezzo di mercato ; Vm, il valore delle migliorie; 10 Vm-r il va-
lore delle 10 annualità di interessi; r, il saggio legale in materia civile,
cioè 0,04.
La formula riportata traduce in simboli la lettera della legge, am-
messo — come sembra giusto — che le 10 annualità di interessi debbano
essere calcolate sul valore del fondo diminuito di quello delle migliorie.
Per la determinazione del valore delle migliorie sorgono questioni
giuridico-estimative analoghe a quelle inerenti alle « stime originate
dalla devoluzione » nell'enfiteusi (2).
Anche qui si presenta, infatti, il seguente problema fondamentale.

(') Le dieci annualità di interessi, che vanno ad aumentare il valore del fondo
senza migliorie, rappresentano il beneficio che l'occupante ha ricavato dal fondo,
durante il periodo minimo di dieci anni, che la legge richiede per legittimare l'oc-
cupazione.
(2) Cfr. il capitolo su l'enfiteusi a pag. 195.
L E S T I M E I N E R E N T I ALLA S I S T E M A Z I O N E D E G L I U S I CIVICI 285

Il valore dei miglioramenti, deve risultare dalla differenza tra il valore


del fondo al tempo della legittimazione ed il valore del fondo all'inizio
dell'occupazione, oppure deve risultare dalla differenza tra il valore del
fondo nell'istante della legittimazione ed il valore del fondo considerato
nello stesso istante, ma senza i miglioramenti compiuti?
Nel nostro caso è da ritenere che il compenso debba essere calcolato
riferendosi al valore attuale del fondo senza miglioramenti e ciò perchè
il comune non ha cessato di essere proprietario del fondo e delle sue ac-
cessioni fino al momento in cui è avvenuta la legittimazione. Inoltre,
così procedendo, non si attribuisce all'occupante il valore di quei miglio-
lamenti naturali (avulsione, alluvione, ecc.) o civili (sviluppi stradali,
provvidenze economiche o amministrative di carattere pubblico, ecc.)
che devono essere esclusi dall'indennizzo perchè non sono opera dell'oc-
cupante.

5 . - S T I M E P E R R E I N T E G R A Z I O N E DI T E R R E O C C U P A T E

Se non può avvenire la legittimazione delle terre occupate, allora in


forza dell'istituto della « reintegrazione » i terreni occupati ritornano
al comune. In tal caso l'occupante è tenuto a corrispondere i f r u t t i in-
debitamente percepiti.
Per queste valutazioni il perito dovrà ispirarsi a criteri convenzio-
nali ; e ciò perchè, ad esempio, la determinazione del valore dei f r u t t i
percepiti in un'occupazione che duri da 100 o 200 anni, non si può fare
sommando con i relativi interessi composti i redditi goduti dall'occu-
pante in ogni singolo anno. E ciò, anche ammesso che sia possibile rica-
varne la misura.
Esaminando i provvedimenti emessi per « reintegrazione », pubbli-
cati nel citato « Bollettino », si ha l'impressione che i commissari, nel
maggior numero dei casi, abbiano ritenuto opportuno contenere il va-
lore dei f r u t t i percepiti entro limiti tollerabili, che di rado raggiungono
e superano la somma di quattro annualità di redditi.

6 . - S T I M E R I C O R R E N T I N E L CASO DI D I S T R I B U Z I O N E DI TERRE

I terreni assegnati ai comuni per scioglimento di usi civici o di pro-


miscuità devono essere distinti dal delegato tecnico nominato dal com-
missario in due categorie :
a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pa-
scolo permanente, sui quali la legge dispone che i diritti delle popola-
zioni siano conservati ed esercitati, ma disciplinati in base ad un piano
economico ;
1>) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria, de-
stinati ad essere ripartiti, secondo un piano tecnico di sistemazione fon-
290
L'ARTE S P E C I A L E

diaria e di avviamento colturale, fra le famiglie dei coltivatori diretti del


comune o della frazione.
L'assegnazione della unità fondiaria è f a t t a a titolo di enfiteusi con
l'obbligo delle migliorie e della osservanza delle altre condizioni deter-
m i n a l i in apposito piano di ripartizione, sotto pena di devoluzione, ove
queste condizioni non vengano rispettate.
Il canone sarà fissato in base al prezzo dell'unità fondiaria, reali.:
zabile in libera contrattazione, tenuto conto dei vincoli giuridici apposti
all' assegnazione e del precedente diritto dell'assegnatario.
Perciò il valore capitale del canone sarà inferiore al valore di mer-
cato del fondo, ed in misura tanto più notevole quanto più forti sono i
vincoli giuridici e il valore dei preesistenti diritti dell'assegnatario.
L'affrancazione di queste enfiteusi non è ammessa se non quando le
migliorie saranno state eseguite ed accertate dagli ispettori provinciali
dell'agricoltura, che hanno sostituito le soppresse cattedre ambulanti di
agricoltura.
CAPITOLO XI.

LA P E R I Z I A NELLA P R O C E D U R A C I V I L E ( l )

1. - GENERALITÀ

La perizia consiste nell'operazione che una o più persone, versate


nella scienza, nell'arte, o in un mestiere, compiono e nel giudizio che
esse danno, allo scopo di fornire chiarimenti al giudice intorno alla na-
t u r a di un determinato f a t t o o cosa, per il cui esame si richiedono par-
ticolari nozioni tecniche o scientifiche. Essa, quindi, è un mezzo per
accertare un dato f a t t o e dimostrare la sua reale consistenza : mezzo
d'istruzione indiretto nel quale l'accertamento del f a t t o è fondato sulla
dichiarazione del perito.
I l Gargiulo, nel Digesto Italiano ( 2 ), ricorda che invano si farebbe
ricorso al diritto romano per rintracciarvi un istituto completo sulla
perizia, anche se sono a nostra conoscenza casi nei quali venivano solle-
citati i giudizi di persone esperte. È soltanto con l'ordinanza di Blois
del 1579 e con quella del 1667 che si definisce codesto istituto proces-
suale. La prima distinse la perizia della prova testimoniale ; la seconda,
concedendo al giudice e alle p a r t i la facoltà di scegliere i periti in qua-
lunque classe di persone, pose termine ai privilegi ed ai monopoli delle
corporazioni ufficiali di periti.
Sulle indicate ordinanze si fondò il codice di procedura civile fran-
cese, al quale si è ispirato anche il codice di procedura civile italiana,
che, agli art. 252-270 c. p. c., regola la perizia.
La perizia si distingue nettamente dall'accesso giudiziale, dall'arZn-
trato e dalla prova testimoniale.

P) Per NN approfondito esame in materia di perizia rimandiamo al voi. I l i


del « Commentario del Codice e delle Leggi di Proe. Civile » di L . MORTARA, F. Val-
lardi, Milano, 1 9 2 3 . Ampia trattazione ne fa il GARGIULO nel « Digesto Italiano »,
voi. XVIII, U.T.E.T., Torino, 1 9 0 6 - 1 9 1 2 e il LESSONA nella « Teoria delle prove nel
diritto giudiziario civile italiano », Firenze, Cammelli, 1899.
Per la parte pratica si può consultare con profitto il manuale dell'Ing. A. Lo
BIANCO, « La pratica della perizia e dell'arbitrato », Milano, Hoepli, 1 9 2 9 .
P) Cfr. « Il Digesto Italiano », Voi. XVIII, pag. 311, U.T.E.T., Torino 1906-
1912.
290
L'ARTE S P E C I A L E

I n f a t t i , mentre il perito deve chiarire una determinata situazione


di fatto esprimendo il suo parere, il giudice, quando compie l'accesso
giudiziale, si limita ad una semplice ispezione e descrizione dei luoghi :
non è quindi vietato ordinare la perizia dopo un accesso giudiziale com-
piuto per la stessa materia.
La perizia si distingue anche dall'arbitrato perchè, mentre il perito
deve limitarsi ad esprimere il suo parere sulle questioni poste dal giu-
dice, senza entrare nella materia del giudizio, l'arbitro giudica la con
traversia sorta tra le parti.
La prova testimoniale poi si distingue nettamente dalla perizia per
che, mentre il perito esprime pareri su situazioni di fatto, il testimone
si limita a dichiarare ciò che ha veduto o udito. Inoltre, mentre la prova
testimoniale è ammessa soltanto nei limiti stabiliti dalla legge, la perizia
non soffre alcuna limitazione.

2. - L A PERIZIA STRAGIUDIZIALE

La perizia può essere stragiudiziale e giudiziale. La prima è pro-


dotta in giudizio da una delle parti, la seconda è ordinata dal giudice.
La perizia stragiudiziale si ha quando viene presentata in giudizio,
senza richiesta del giudice, quale documento prodotto da una delle parti
per meglio chiarire un punto controverso. Essa può essere perfezionata
dal giuramento del perito stragiudiziale. Quando non è giurata, consiste
semplicemente in una relazione tecnica o scientifica presentata in giu-
dizio da una delle p a r t i per dimostrare la consistenza di un determi-
nato fatto.
La perizia giudiziale, siccome è sempre ordinata dal giudice, anche
se richiesta dalle parti, ha importanza molto superiore a quella della
perizia stragiudiziale, la quale, essendo f a t t a eseguire dalla parte nel
proprio interesse, anche quando essa sia giurata, ha, soltanto il valore
di un giudizio unilaterale. Il magistrato quindi esamina sempre con
prudente circospezione una perizia stragiudiziale, per quanto egli non
debba negarle il credito nè ricusarne l'esame. Accade, infatti, con certa
frequenza, che le perizie stragiudiziali chiariscano punti controversi,
oppure dimostrino il bisogno prima non avvertito, di compiere una pe
rizia giudiziale. A volte accade anche che la perizia di parte sia suffi-
ciente a precisare i termini e a consentire al giudice di esprimere il gin
dizio. Infine, può anche avvenire che nelle perizie stragiudiziali si ri-
portino i risultati di indagini scientifiche originali, capaci di illumi
nare il problema con mezzi pi-ima sconosciuti, oppure, di solito, non ri
tenuti idonei alla dimostrazione.
Il perito, oltre ad essere incaricato di perizie giudiziali e stragiu
diziali, può esercitare la funzione di perito difensore (detto anche avvo
cato perito) in applicazione dell'art. 262. Si tratta di persona designata
LA P E R I Z I A NELLA PROCEDURA CIVILE

dalla parte come patrocinatore tecnico della causa, e com'è tale lia di-
ritto di intervenire nelle operazioni peritali, in rappresentanza ed in
difesa del suo cliente, per assisterlo nelle questioni tecniche nelle quali il
procurator ad lites non potrebbe efficacemente difenderne gli interessi.

3 . - L A PERIZIA GIUDIZIALE

In materia di diritto privato (civile e commerciale) la perizia giu-


diziale può essere ordinata dal pretore, dal presidente del tribunale, dal
giudice delegato del tribunale e dal giudice delegato in materia falli-
mentare. Essa, domandata dalle parti, è ammessa dall'autorità giudi-
ziaria con l'ordinanza o la sentenza che ne enuncia l'oggetto, che sta-
bilisce i.1 termine nel quale deve essere presentata la relazione e che de-
lega un giudice per ricevere il giuramento del perito (art. 252).
La perizia è ammessa con ordinanza quando vi è l'accordo delle
parti, con sentenza, nel caso contrario.
Il fatto che essa può essere domandata da chi vi ha interesse non
toglie che il magistrato possa ordinarla d'ufficio anche se le parti non
l'hanno richiesta. Inoltre, il magistrato può anche negare la perizia
quando le parti la ritengono necessaria e invece ammetterla nel caso
contrario. Egli può anche conferire al perito altri incarichi oltre quelli
richiesti dalle parti, sempre che ciò contribuisca all'accertamento della
verità e non sia occasione di oziosa esercitazioni professionali.
In alcune situazioni previste dalla legge il magistrato deve ricorrere
alla perizia ; così avviene nei casi seguenti che più da vicino interessano
l'estimo agrario (x) :
Per l'art. 990 Cod. Civ. : se la divisione in quote di una eredità non può essere
f a t t a da uno del coeredi, o da altra persona scelta concordemente da tutti i coe-
redi, le quote devono essere formate da un perito giudiziale.
Per l'art. 1041 Cod. Civ. : quando uno dei coeredi chieda la rescissione della
divisione avvenuta, adducendo di essere stato leso oltre il quarto, per conoscere
se vi sia stata lesione si fa eseguire una stima giudiziale degli oggetti secondo il
loro stato e valore al tempo della divisione.
Per gli art. 1530 e 1533 Cod. Civ. : quando il venditore domandi la rescissione
della vendita di un immobile per essere stato leso oltre la metà del giusto prezzo,
si deve stimare l'immobile secondo il suo stato e valore al tempo della vendita e
la prova del valore sì fa mediante la perizia.
Per gli art. 663 e 664 Cod. Proc. Civ.: nella esecuzione sopra i beni immobili,
il creditore che non faccia l'offerta d'un prezzo non minore di quello fissato dal-
l'art. 663, deve fare istanza al Presidente del Tribunale per la nomina di un perito,
che proceda alla stima dei beni.
Per l'art. 717 Cod. Proc. Civ. : nel giudizio di graduazione nella espropriazione
immobiliare, quando le parti, dopo omologato lo stato di graduazione, non si ac-

('I Questo elenco è stato riportato quasi integralmente da! MARENGHI: « Lezioni
di Estimo ». Editrice Politecnica, Milano, 1925

G. Medici - Lezioni di estimo. 18


290
L'ARTES P E C I A L E

cordano sulla liquidazione dei loro crediti, questa deve essere fatta da un perito
nominato d'ufficio dal giudice.
Per gli art. 819 e 825 Cod. Proc. Civ. : quando vengono venduti all'incanto beni
immobili o beni mobili, appartenenti ad un minore sottoposto a tutela, deve essere
nominato un perito per la stima dei beni stessi.
Per gli art. 875 e 877 Cod. Proc. Civ. : devono essere nominati i periti per la
stima dei beni immobili componenti una eredità accettata con beneficio d'inventario.
La nomina è indispensabile per ottenere l'autorizzazione a vendere i beni stessi.
Per l'art. 32 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, devono essere nominati uuo
o tre periti, per la stima dei ibeni espropriati per opere di pubblica utilità, ogni
qualvolta non vi sia accordo tra le parti interessate.
Per gli art. 36-38 della Legge del Registro, approvata con R. D. 30 dicembre
1923, n. 3269, devono essere nominati uno o tre periti ('), su istanza dogli inte-
ressati per la stima dei beni immobili il cui valore dichiarato è inferiore a quello
stabilito dall'Ufficio del Registro :
a) di oltre un decimo nei trasferimenti di beni immobili a titolo gratuito;
b) di oltre un ottavo nei trasferimenti di beni immobili a titolo oneroso.
Per gli art. 36-40 della Legge tributaria sulle successioni, approvata con I!. D.
30 dicembre 1923, n. 3270, devono essere nominati i periti (uno o tre a seconda
dei casi) per la stima dei beni immobili passati in eredità, sul valore del quali
non vi sia l'accordo voluto con l'ufficio del registro.
Per il II paragr. dell'art. 30 delle Disposizioni transitorie per l'attuazione del
Cod. Civ. : ove si tratti di enfiteusi temporanea, il capitale da pagarsi per l'affran-
cazione può ricevere un aumento che, in caso di contestazione, è fissato dall'autorità
giudiziaria, premessa una perizia e tenuto conto di ogni pregiudizio che possa
derivarne al direttario.
Per la legge 11 giugno 1925, n. 998, conversione in Legge del R. D. L. 15 luglio
1923, n. 1717 : per le affrancazioni delle enfiteusi temporanee ii prezzo da pagare
al concedente può ricevere un congruo aumento, che, in mancanza di accordo f r a
le parti, è fissato dall'autorità giudiziaria, premessa la perizia del fondo e tenuto
conto di ogni pregiudizio che il concedente stesso possa avere.

4 . - L ' O G G E T T O E I L T E R M I N E DELLA P E R I Z I A GIUDIZIALE

LA S C E L T A E I L N U M E R O DEI P E R I T I

A l m a g i s t r a t o s p e t t a il c o m p i t o di p r e c i s a r e i f a t t i sui quali il pe-


r i t o deve e s p r i m e r e il suo p a r e r e ; deve cioè s t a b i l i r e l'oggetto della pe-
rizia. D a l l ' o r d i n a n z a e d a l l a sentenza del giudice si deve p u r e desumere
il t e r m i n e e n t r o il quale deve essere p r e s e n t a t a l a relazione p e r i t a l e :
t e r m i n e la cui d e t e r m i n a z i o n e è l a s c i a t a al c r i t e r i o del giudice e la cui
m a n c a n z a non p o r t a a l l ' a n n u l l a m e n t o della sentenza o d e l l ' o r d i n a n z a ,
p e r c h è un a l t r o p r o v v e d i m e n t o , provocato dalle p a r t i , d'ufficio, o a n c h e
dal p e r i t o , può s u p p l i r e .
L ' a r t . 253 dispone che la perizia sia f a t t a da uno o da t r e p e r i t i .
Se le p a r t i non si siano p r e c e d e n t e m e n t e a c c o r d a t e nella n o m i n a dei
p e r i t i , questa si f a con l ' o r d i n a n z a o con la sentenza che a m m e t t e la pe

(') La stima giudiziale è affidata ad un solo perito se il valore dell'immobile,


stabilito d'ufficio, non supera le 50.000 lire.
LA P E R I Z I A N E L L A PROCEDURA CIVILE 291

rizia. Quindi la scelta dei periti e la determinazione del numero di essi


sono affidate alla volontà delle parti : il giudice interviene soltanto in
difetto di questa.
Il giudice ha la più ampia libertà di scelta tra le persone giuridi-
camente capaci di prestare perizia.
L'art. 254 stabilisce che non possono essere nominati d'ufficio periti
coloro che a termine dell'art. 236 non possono essere sentiti come testi-
moni. Vanno quindi esclusi i minori di 14 anni, i parenti e gli affini in
linea retta di una delle parti o il coniuge ancorché separato. Queste
disposizioni non valgono per i periti nominati dalle parti, in quanto la
garanzia intorno alla loro capacità risiede nella fiducia che i periti ispi-
rano alle parti che li hanno designati. Vi sono però motivi di incapacità
•assoluta determinati dalla legge. In tal senso sono incapaci di eserci-
tare la funzione del perito gli interdetti, coloro che sono sospesi dal
l'esercizio della professione o dell'arte per delitti commessi, e gli ina-
bilitati per infermità di mente.
A garanzia della capacità tecnica del perito il giudice sceglie i periti
tra gli inscritti agli albi professionali, formati da elenchi di persone che
hanno compiuto determinati studi e quindi sono versati in particolari
problemi.
Il numero dei periti deve essere dispari, perchè, pur non essendo
necessario, è opportuno che, in caso di dissenso f r a essi, si possa formare
la maggioranza. Per quanto il codice' non ne faccia espressa menzione,
non è escluso che, qualora sia richiesto dalle parti, il loro numero possa
essere superiore a tre.
Di solito nelle questioni risolte dai pretori e dai conciliatori, la pe-
rizia. è eseguita da un solo perito, spesso con relazione orale.

5. - L A RICUSAZIONE DEI PERITI

La ricusazione dei periti (cioè il rifiuto di servirsi della loro opera)


può essere f a t t a solamente per i periti nominati d'ufficio ; i periti nomi-
nati dalle parti possono essere ricusati soltanto nel caso in cui i motivi
di ricusazione siano sopravvenuti dopo la designazione (art. 254).
Siccome l'ufficio del perito è in parte analogo a quello del giudice,
il codice ha riconosciuto come validi motivi di ricusazione dei periti gli
stessi motivi di ricusazione dei giudici, di cui all'art. 116 e segg., e cioè :
1°) se abbia interesse nella controversia.
2°) se sia parente o affine, sino al quarto grado inclusivamente,
di una delle parti ;
3°) se la moglie di lui sia affine, sino al quarto grado inclusiva-
mente, di una delle parti, o se lo stesso vincolo sussista f r a lui e la
moglie di una di esse : morta la moglie, la causa di ricusazione sussiste
se siavi prole superstite o si t r a t t i di suocero, genero o cognato ;
290
L'ARTE S P E C I A L E

4°) se una questione identica in diritto debba decidersi in un'altra


lite vertente nell'interesse di lui, della moglie, dei congiunti o degli afflili
in linea retta ;
5°) se una delle persone indicate nel numero precedente abbia ere
dito o debito verso alcuno dei litiganti, o abbia lite pendente davanti un
tribunale in cui il litigante segga come giudice ;
6°) se nel precedente quinquennio si sia agitato processo criminale
o correzionale tra una delle persone indicate nel numero 4° e uno dei
litiganti o il suo coniuge o uno dei suoi parenti o affini in linea retta ;
7°) se t r a le persone indicate nel numero 4° e una delle parti si
agiti lite civile, o siasi agitata e 11011 sia stata definita sei mesi almeno
prima della ricusazione ;
8°) se sia tutore, curatore, protutore, agente, erede presunto, do-
natario, padrone, o commensale abituale di una delle p a r t i ; se sia ani
ministratore 0 gerente di una società, direzione, unione, o di uno sta-
bilimento che abbia interesse nella c a u s a ; se una delle parti sia, agente,
commensale abituale, donatari» o erede presunta di lui ;
9°l se abbia dato consiglio o prestato il suo patrocinio nella causa ;
se abbia fatto somministrazioni per le spese ; se ne abbia conosciuto come
giudice di prima istanza o come arbitro; se abbia concluso come uffi
ciale del ministero pubblico, o deposto in essa come testimonio, o come
perito ;
10°) se un suo parente o affine in linea retta, e in linea collaterale
sino a-1 terzo grado inclusivamente, difenda la causa come avvocato o
procuratore ;
11°) se vi sia inimicizia grave fra lui e 11110 dei litiganti.
Gli indicati motivi dipendono sostanzialmente dal!'interesse che
eventualmente può avere il perito nella causa, dall'affetto presunto di
lui per una delle parti, da l'amicizia o l'odio presunti in lui verso l'ima
delle p a r t i e, infine, dall'amor proprio del perito.
Concludendo, in generale, quando i periti sono nominati con l'ac-
cordo delle p a r t i non possono essere ricusati ; quando sono nominati
d'ufficio possono essere ricusati secondo quanto si è precedentemente
precisato.
La ricusazione non deve però ritardare la perizia, perciò essa deve
essere notificata entro otto giorni dalla ordinanza o dalla sentenza con
la quale si nominano i periti d'ufficio. I motivi di ricusazione sopravve-
nuti dopo la nomina dei periti devono essere notificati prima del giura-
mento, poiché dopo di questo il perito non può più essere ricusato.
La ricusazione proposta dal tribunale con citazione della parte av-
versaria, che viene notificata anche al perito ricusato, viene discussa in
una udienza fissata. Se la controversia relativa al giudizio di ricusa-
zione si conclude con la ammissione della ricusazione stessa, la sen-
tenza che revoca la prima nomina procede alla nomina di un altro pe-
LA P E R I Z I A N E L L A PROCEDURA CIVILE 293

rito. Se invece la controversia si conclude col rigetto della ricusazione,


la parte che ha proposta la ricusazione è condannata sia al risarci-
mento dei danni verso la parte avversa, sia al risarcimento dei danni
morali causati ai periti ; i quali facendo domanda di risarcimento dei
danni divengono parte in causa e quindi cessano dal loro ufficio.
Il perito non può fare l'istanza di danni quando, rigettata la ricu-
sazione, abbia assunto lo incarico di eseguire la perizia prestando giu-
ramento. Anche i periti nominati dopo la ricusazione dei precedenti
possono essere ugualmente ricusati come quelli che hanno surrogato. La
sentenza che ammette fa ricusazione e nomina gli altri periti è inappel-
labile (art. 257).
ti. - I L GIURAMENTO

L'ordinanza o la sentenza che richiede la perizia delega un giudice


a ricevere il giuramento del perito.
Avvenuta la nomina dei periti il giudice delegato, su l'istanza di
una delle parti, premessa la citazione dell'altra e dei periti, riceve il
giuramento di questi e stabilisce il luogo, il giorno e l'ora in cui essi
cominceranno le loro operazioni; così l'art. 259 e. p. c., il quale stabi-
lisce anche che i periti devono giurare nella forma stabilita dall'art. 226.
Il perito, per prestare giuramento, si presenta in persona e, dopo
che il giudice delegato ha premessa una seria ammonizione che ram-
menti l'importanza morale dell'atto,, il vincolo religioso che i credenti
contraggono dinanzi a Dio e l'obbligo di dichiarare la verità (art. 226),
pronuncia la seguente formula ricavata dall'art. 259 : « Giuro di proce-
dere fedelmente nelle operazioni commessemi al solo scopo di far cono-
scere ai giudici la verità ».
Qualora il perito non si presenti per la prestazione del giuramento,
egli è considerato rinunciante e si provvede alla sua surrogazione.
Dopo il giuramento dei periti il giudice, a norma del codice, stabi-
lisce il giorno e l'ora in cui cominceranno le operazioni. Se il perito
che ha giurato non si presenta nell'ora e nel luogo stabilito per la pe-
rizia egli è considerato rinunciante ; in tal caso però può essere con-
dannato alle spese ed al risarcimento dei danni, perchè con la presta-
zione del giuramento egli ha implicitamente accettato l'incarico.

7. - A N T I C I P A Z I O N E DI S P E S E E L I Q U I D A Z I O N E DI COMPENSO

I periti possono domandare al momento del giuramento l'anticipo


della somma occorrente per le spese, nel qual caso il giudice ne stabi-
lisce l'ammontare facendola depositare nella cancelleria (art. 259).
Nel caso in cui il perito abbia fatto domanda dell'anticipazione di
spese prima di iniziare le operazioni peritali, egli può riscuotere la
somma depositata in cancelleria ; nel caso in cui egli non abbia f a t t a
290
L'ARTE S P E C I A L E

preventiva domanda, le spese sostenute saranno rimborsate in sede di


liquidazione, ebe viene fatta dopo che la relazione è stata presentata.
Le spese sono anticipate dalla parte che ne ha f a t t a domanda e nel
caso di perizia di ufficio il pagamento deve essere fatto solidalmente da
tutte le parti interessate (art. 267).
Compiuta la perizia e depositata la relazione, il perito ha diritto
al definitivo rimborso delle spese e al compenso per l'opera prestata.
In base alla nota allegata alla relazione, il presidente stabilisce
l'ammontare del compenso con un ordine di pagamento che ha forza di
sentenza spedita in forma esecutiva, contro le parti in solido, se la pe-
rizia fu ordinata d'ufficio, o contro la parte che ha domandata la pe-
rizia nel caso contrario (art. 267, 379).
Codesto decreto presidenziale non impedisce l'opposizione di colui
il quale ritenesse esagerato il compenso stabilito per il perito.
È pacifico che quando la perizia si deve annullare per vizi imputa-
bili al perito allora questi perde ogni diritto a compenso.

8. - L E OPERAZIONI PERITALI

La copia dell'ordinanza o della sentenza, nella parte che determina


l'oggetto della perizia, ed i documenti necessari, debbono essere conse-
gnati ai periti non più tardi di 5 giorni da quello del giuramento (ar-
ticolo 261).
Le p a r t i possono assistere alle operazioni peritali e nel corso di
esse possono fare ai periti le osservazioni che ritengono più opportune.
Il perito è obbligato a fare menzione nella relazione dei rilievi che le
parti possono avere fatto nel corso della perizia e il perito giudiziale
può anche accettare e allegare alla sua relazione le memorie scritte re-
datte dagli eventuali periti di parte.
(piando i periti non possono terminare l'operazione nel giorno indi-
cato, essi stabiliscono il giorno e l'ora in cui sarà prorogata seuza bi-
sogno di citazione uè di notificazione.
Inoltre se i periti non possono compiere le loro operazioni nel ter
mine stabilito, possono, prima della scadenza, domandare al presidente
una proroga; questi, udite le parti, provvede.
Il perito, compiuto il sopraluogo, redige il verbale seguendo deter-
minati schemi d'esposizione, ormai sanzionati dalla pratica giudiziaria,
per la conoscenza dei quali rimandiamo a manuali pratici speciali sul
l'argomento (').

(') Cfr. A. Lo BIANCO: «La pratica della perizia e dell'arbitrato». Hoeplt, Mi-
lano 1929. In questo manuale sono riportati molti utilissimi schemi, moduli, tipi
di domande, di notifiche, ecc. ai quali si potrà ricorrere con profitto dovendo sten
dere verbali d'accesso, introduzioni a perizie, ricorsi di proroga, ecc.
LA P E R I Z I A N E L L A PROCEDURA CIVILE 295

9. - L A RELAZIONE P E R I T A L E . - PROCEDURA

I periti devono fare una sola relazione nella quale devono esprimere
•un solo avviso motivato a pluralità di voti (art. 264).
Per motivi evidenti il legislatore lia disposto che, nel caso di diver-
genza di opinioni t r a i periti, si debbano esprimere i motivi delle diverse
opinioni omettendo il nome dei periti che le hanno espresse.
Per evitare eccessivo dispendio i periti non possono corredare la
relazione di piani e tipi, salvo che sia stato loro indicato con l'ordinanza
o sentenza o che vi sia il consenso delle parti. Naturalmente le opera-
zioni peritali devono essere compiute con mezzi idonei; per questo l'ar-
ticolo 277, in materia di accesso giudiziario, dispone che il giudice de-
legato può di ufficio o su istanza delle parti, ordinare la formazione di
un tipo del luogo controverso, oppure la verificazione di quelli già pro-
dotti in causa. Il giudice affida quest'operazione ai periti stessi o ad un
altro perito da lui nominato, se le parti non si accordino su la nomina.
Quando t u t t i i periti sanno scrivere, la relazione deve essere sotto-
scritta contemporaneamente da t u t t i i periti, in presenza del cancel-
liere dell'autorità giudiziaria che ha ordinato la perizia. Se i periti o
alcuni di essi non sanno scrivere, la relazione è letta dal cancelliere in
presenza di tutti i periti ed è sottoscritta da quelli di essi che sanno
scrivere.
Quando la perizia è stata ordinata dal pretore la relazione si pre-
senta nella cancelleria della pretura. Se è stata invece ordinata dal Tri-
bunale o dalla Corte, la relazione si presenta nella rispettiva cancelle-
ria, salvo le disposizioni contrarie del presidente. I n f a t t i questo, a nor-
ma dell'art. 266, può ordinare che la relazione dei periti sia ricevuta
dal cancelliere della pretura del mandamento in cui la perizia fu ese-
guita, o da quello della residenza di uno dei periti; in tal caso il can-
celliere la trasmette immediatamente in originale alla cancelleria del-
l'autorità giudiziaria che ha ordinata la perizia.
La relazione dei periti non è ritenuta atto pubblico; per questo, in
ordine ai dati e alle notizie raccolte, può essere impugnata con qualun-
que mezzo di prova senza dover ricorrere alla querela per falso.

10. - L A REDAZIONE DELLA R E L A Z I O N E PERITALE

La relazione peritale deve essere sobria, chiara, precisa. Devono


quindi essere evitate le faticose ed inutili narrazioni, le dettagliatissime
descrizioni di aspetti trascurabili, le oziose discettazioni accademiche.
Essa deve essere accompagnata dai documenti e rilievi prodotti dalle
parti, dai verbali di accesso, da tutti gli elementi che hanno servito al
290 L'ARTE SPECIALE

perito per maturare il suo parere, e deve inoltre comprendere anche le


risposte alle osservazioni dei contendenti.
S'impone quindi una sistematica esposizione e una breve chiara trat-
tazione di ciascun argomento.
La relazione di una perizia giudiziale s'indirizza all'autorità che
l'ha ordinata; richiamando la citazione avuta per il giuramento, la data
in cui questo ebbe luogo, il giorno, l'ora e la località in cui si iniziarono
i lavori peritali, ecc. secondo schemi già predisposti, rintracciabili nei
manuali ricordati.
A questa presentazione seguirà la vera e propria relazione peritale,
nella quale il perito, seguendo un proprio ordine logico, dopo avere
esposto t u t t e le analisi del caso, f a r à la sintesi esprimendo il proprio
parere, in maniera chiara ed inequivocabile, sulle questioni poste dal gin
dice, senza entrare in merito alla controversia.
In proposito, i giuristi si sono giustamente preoccupati di mante
nere e difendere, anche nella forma, l'indipendenza e la preminenza della
funzione del giudice rispetto a quella tecnica del perito. In pratica però
avviene talvolta che il parere del perito, se accettato, porti direttamente
alla soluzione della controversia in maniera obbligata.
È vero che quando l'autorità giudiziaria non trova nella relazione
elementi sufficienti alla decisione della causa può (art. 269) richiedere
chiarimenti orali, ovvero ordinare u n ' a l t r a perizia e nominare nuovi pe-
riti ; ma come può il giudice che per l'insufficienza della sua prepara
zione tecnica è ricorso al perito penetrare nella relazione peritale e sco
p r i m e le manchevolezze tecniche?
Ciò dimostra l'importanza fondamentale che a volte ha la funzione
del perito nella decisione della causa, per cui in questi oasi l'egemonia
della funzione giurisdizionale rimane soltanto formale.
Infine, è bene rilevare che siccome la perizia, perfetta dovrebbe es
sere la semplice constatazione di un fatto, anche se compiuta con com-
plessi procedimenti scientifici, ne risulta che il perito nella relazione pe
ritale deve dimostrare che « la parola della scienza o dell'arte è stata
portata così obbiettivamente sul terreno pratico della controversia gin
diziaria, da non rimanere quasi visibile la figura personale del compila
tore, o t u t t ' a l più da rimanere visibile come l'istrumento accanto al-
l'opera manuale, senza che sopravviva verun legame particolare d'indole
obiettiva fra l'intelletto del perito e le conclusioni del suo rapporto » (').
Il perito quindi non deve fare omaggio che alla realtà, onde evitare
che l'opinione personale prevalga su l'oggettivo parere che promana dai
fatti. Per questo l'obiettività non è soltanto viziata dall'incapacità o
malafede, ma anche, e forse specialmente, dal voler aderire in ogni caso

C) Cfr. LODOVICO MORTARA : «Commentario (lei Codice e delle Leggi di Proce


dura Civile», voi. I l i , pag. 604, A Vallardi. Milano, 192.?.
LA P E R I Z I A N E L L A PROCEDURA CIVILE 297

ad una scuola, cosicché la perizia rimane influenzata da schemi teorici


preconcètti che generano nocive tendenze intellettuali, da speciali me-
todi di indagine, ecc., che fanno sentire il loro peso con inopinata fre-
quenza nelle stime attinenti ai beni fondiari ed in quelle economiche in
genere.
11 perito deve quindi sapersi inserire con la sua relazione nello svol-
gimento della controversia, in maniera tale da compiere un lavoro og-
gettivo : e tale lavoro può sempre compiere quando, dalla materia del
contendere, dall'ordinanza o sentenza che ordina la perizia, risultino le
precise finalità per le quali la perizia è stata richiesta-
li. - L'ACCESSO GIUDIZIALE

L'art. 51 del Codice di Procedura Civile dispone, in termini gene-


rali, che quando l'autorità giudiziaria debba assumere informazioni, o
accertare qualche fatto senza contraddittorio di parte, vi provvede su
ricorso dell'interessato e ne fa processo verbale. Questa disposizione
generale va collegata con l'accesso giudiziale, chiamato anche e più pro-
priamente ispezione giudiziale, perchè consiste nella ispezione del luogo
o della cosa controversa da parte dell'autorità giudiziaria ; la quale
potrà farsi assistere da uno o più periti, nominati in "conformità di
quanto è stato disposto in materia di perizia.
Scopo dell'accesso giudiziale è quello di consentire al giudice il per-
sonale esame del luogo e della cosa (x) in controversia, in quanto ciò può
contribuire a determinarne la convinzione. Si t r a t t a in sostanza di una
prova, la quale, invece di essere offerta all'Autorità giudiziaria dalle
parti, è offerta dalla natura e dallo stato delle cose.
Per espressa norma di codice (art. 271) l'accesso si fa soltanto quan-
do l'autorità giudiziaria lo ritenga necessario. L'ordinanza o la sentenza
che ordina l'accesso, determina l'oggetto e delega il giudice che deve ese
guirlo. Non sono quindi ammessi, pei- ragioni di economia, gli accessi
collegiali.
La nomina degli eventuali periti deve farsi con i consueti criteri ;
per questo i periti nominati d'ufficio possono essere ricusati seguendo
l'ordinaria procedura. In t a l senso almeno si esprime la dottrina domi-
nante. Pesta però il fatto che siccome i periti possono essere ricusati o
rifiutare l'incarico prima del giuramento, ne consegue che tale sistema
può riservare lo spiacevole inconveniente di vedersi ricusati i periti nel
giorno dell'accesso o anche di ricevere in quel giorno la notizia del ri-
fiuto d'incarico da parte di questi.
Le spese dell'accesso debbono anticiparsi e depositarsi nella eaneel-

(') È ammesso dalla dottrina e dalla giurisprudenza anche l'accesso su la


« persona ».
290
L'ARTES P E C I A L E

feria, dalla parte che ne ha f a t t a la domanda, nella somma stabilita dal


giudice delegato. Quando sia domandato da ambedue le parti, od ordi-
nato d'ufficio, l'anticipazione e il deposito delle spese sono f a t t i per por-
zioni uguali, salvo che siasi altrimenti concordato t r a le parti o stabilito
dall'autorità giudiziaria.
Queste precise disposizioni dell'art. 273 portano a concludere che
qualora la parte non provveda al deposito della somma deliberata dal
giudice, l'ispezione giudiziaria non avrà luogo, a meno che non sia sur-
rogata dalla parte contraria, salvo rimborso.
il giudice delegato, in seguito ad istanza di una delle parti, stabi-
lisce il giorno, il luogo e l'ora dell'accesso, e fa citare gli eventuali pe-
riti che devono assisterlo, perchè si presentino sul luogo (issato.
Il giudice recatosi nel luogo fissato nel giorno stabilito, siano o
meno presenti le parti o i loro procuratori, procede all'ispezione; d'uffi-
cio o a richiesta delle parti può fare altre ispezioni utili al chiarimento
della controversia. L'eventuale contumacia delle parti, o dei loro rap-
presentanti citati in tempo utile, non costituisce quindi un ostacolo alla
esecuzione dell'ispezione. È consentito alle parti di fare osservazioni
durante l'accesso, onde contribuire al chiarimento della questione in
giudizio.
Il perito (o i periti), prestato giuramento nel luogo di accesso alla
presenza del giudice, inizia i rilievi necessari all'espletamento del suo
mandato.
Il perito, qualora sia possibile, deve presentare la relazione nel
luogo stesso dell'accesso ; qualora invece occorra tempo, per compiere
calcoli od elaborazioni, deve rivolgersi al giudice, il quale stabilisce il
giorno e l'ora della presentazione e delega a riceverla il cancelliere della
pretura.
La relazione viene allegata al processo verbale dell'accesso.
È da rilevare che durante l'ispezione le parti, volendo sottoporre al
perito particolari rilievi, devono rivolgersi sempre al giudice, il quale
dirige personalmente l'accesso e soltanto se lo ritiene opportuno formu-
lerà ai periti i quesiti sollevati. Inoltre è bene rilevare che qualora nel
tempo intercorso t r a l'accesso e la presentazione della relazione fossero
notificati al perito nuovi rilievi da qualcuna delle parti, egli deve sem
plicemente limitarsi a riportarli nella relazione, poiché essa deve essere
redatta sulla base dei rilievi compiuti in presenza del giudice ed in con
formità ai quesiti da questo fatti.
Terminato l'accesso il perito non può accedere sui luoghi nè ispe
zionare la cosa controversa se non in seguito ad autorizzazione del gin
dice, restando sempre.salvo il diritto dell'assistenza delle parti.
Se l'ispezione giudiziale non si può compiere in un solo giorno, il
giudice la proroga ad altro giorno ed ora fissi, senza che occorra la no
tificazione o la citazione.
LA P E R I Z I A NELLA PROCEDURA CIVILE 299

Tutti i documenti presentati durante l'accesso sono ricordati nel


processo verbale, il quale deve fare risultare ogni cosa relativa all'ispe-
zione giudiziale compiuta. Dopo di che il processo verbale è sottoscritto
dalle parti o dai loro rappresentanti, dai periti, dal giudice e dal can-
celliere. Quando l'accesso sia fatto in più volte il processo verbale deve
essere sottoscritto ad ogni interruzione (art. 279, 280, 281).
Già in materia di perizia si ebbe occasione di rilevare che in forza
dell'art. 277 il giudice delegato può affidare, ai periti stessi, o ad un
altro perito da lui nominato, se le parti non si accordino per la nomina,
la compilazione di un tipo del luogo controverso, oppure la verificazione
di quelli già prodotti in causa.
Il legislatore, ammettendo come mezzo di prova l'accesso giudiziale,
ha voluto istituire un procedimento analogo alla perizia, il quale però,
come ricorda la relazione Pisanelli, è di esclusiva pertinenza dell'auto-
rità giudiziaria. Questa, con l'esame oculare del luogo o della cosa con-
troversa, può acquistare nozioni o formarsi convinzioni che raramente
promanano da una narrazione o da un giudizio, anche imparziale, di
rerzi. Nelle cause relative a servitù prediali, in quelle frequentissime
attinenti a questioni di confini, deviazioni di corsi d'acqua, turbamento
di passaggi, ecc., l'esame locale offre un insieme di particolari e di com-
binazioni che raramente si possono cogliere con eguale efficacia da rela-
zioni scritte.
CAPITOLO XII.

L'ARBITRATO

1. • GENERALITÀ

Il compromesso è una convenzione in forza della quale le parti f r a


cui sia sorta una controversia, derogando dall'ordine delle consuete giu-
risdizioni stabilite dalla legge, rimettono la decisione a privati citta-
dini, da loro eletti, chiamati arbitri (*). La sua caratteristica fondamen-
tale sta nel fatto che esso consente di surrogare gli organi giurisdizio-
nali dello Stato con giudici privati, per l'utilità che a volte presenta
un istituto atto a risolvere in maniera rapida le Controversie (art. 8' e
segg. c. p. c.).
Il compromesso si distingue nettamente dalla transazione (art. 1704
c. e. e segg.) perchè mentre con questa le parti, dando, promettendo o
ritenendo qualche cosa, pongono fine ad una lite cominciata o preven-
gono una lite che può sorgere, col compromesso la lite non è affatto L li-
minata ma soltanto deferita ad una giurisdizione eccezionale.
Il compromesso si distingue inoltre dalla clausola compromissoria,
(art. 12 c. p. c.) detta dalla legge obbligazione a compromettere, poiché,
mentre quello è una convenzione particolare e definitiva, questa consiste
in una convenzione a carattere preliminare e generale avente lo scopo
di compromettere questioni eventuali e quindi future che potessero na-
scere da ben stabiliti rapporti giuridici.
Il diritto di compromettere, riconosciuto dal diritto romano, dal di-
ritto canonico, dagli statuti comunali, acquista grande importanza nella
costituzione francese del 1791, che lo annovera f r a i diritti naturali del
cittadino.
Certo è però che, come ha rilevato il Boncenne in Francia,, il Mor-
t a r a ed altri in Italia, l'arbitrato, in una società moderna dove la fun-
zione giurisdizionale è la continuazione di quella legislativa, dove i po-

pi Avviene con certa frequenza clie le parti, riconoscendo in un professionista


doti di imparzialità, serietà e capacità tecnica, compromettano la loro questione
assegnandogli il delicato compito dell'arbitro. Le questioni che sorgono nell'eser-
cizio dell'agricoltura di certi compartimenti vengono non infrequentemente risolte
ricorrendo all'arbitrato.
290
L'ARTE S P E C I A L E

feri hanno un loro armonico equilibrio e la giustizia è esercitata da


magistrati illuminati, si può considerare come un'anomalia manifesta.
Dal punto di vista rigorosamente giuridico ci sembra che ben poco si
possa obiettare alle serrate argomentazioni del Mortara ; si può invece
osservare, da un punto di vista empirico, che gli arbitrati divengono
sempre più frequenti, poiché spesso le parti vi trovano una più com-
pleta e rapida definizione dei loro contrasti.

2. - I L NUMERO DEGLI ARBITRI

i l compromesso è stato accolto anche nel nostro codice di proce-


dura, il quale all'art. S stabilisce che le controversie si possano compro-
mettere in uno o più arbitri in numero dispari, ad eccezione delle que
stioni di stato, di separazione t r a coniugi e di tutte quelle che non pos-
sono essere transatte.
La prima norma stabilita dal codice è quella del numero degli ar-
bitri : esso in ogni caso deve essere dispari pena la nullità dell'arbitrato.
Il fondamento di questa disposizione, e delle altre che limitano l'og-
getto del compromesso, si deve ricercare nel fatto che quando il con-
t r a t t o compromissorio è legalmente perfetto, gli arbitri in forza di legge
acquistano il potere del giudice. I n f a t t i , la risoluzione di una questione
a mezzo dell'arbitrato non è un semplice rapporto contrattuale privato,
in quanto il legislatore ha precisamente disciplinato le modalità del suo
svolgimento; come semplice rapporto di diritto privato non è nullo an-
che se il numero degli arbitri è pari, perchè in tal caso assume il ca-
rattere di un contratto condizionale : le parti hanno deferita la risolu-
zione della controversia agli arbitri nominati, qualora questi siano con-
cordi nel giudizio; però il compromesso è nullo come rapporto di diritto
pubblico, in quanto che i periti nominati in numero pari non possono
ottenere facoltà giurisdizionale. E la eventuale sentenza emessa non può
essere resa esecutoria dal pretore, anzi, non è sentenza, come dice il
Mortara.
Per questo il Mortara ha parafrasato la regola dell'art. 8 nella ma-
niera seguente: « Il compromesso non investe di potere giurisdizionale
gli arbitri se questi non sono nominati in numero dispari ».
Nel contratto di compromesso si può distinguere una prima fase
caratterizzata dalle semplici relazioni private ed una seconda fase che
si svolge nell'orbita del diritto pubblico, il quale, alla semplice conven
zione dei contraenti, aggiunge l'efficacia che deriva dall'intervento dello
Stato.
3. - L A CLAUSOLA COMPROMISSORIA

L'art. 12 c. p. c. stabilisce che quando in un contratto, o dopo,


le, parti siansi obbligate a compromettere le controversie che possono
L'ARBITRATO 303

nascere, se gli arbitri non siano stati nominati, oppure vengano a man-
care per qualunque causa, la nomina dei mancanti è f a t t a dall'autorità
giudiziaria che sarebbe competente a conoscere la controversia, sempre-
chè le parti non abbiano stabilito diversamente.
Contro a clausola compromissoria, non pochi proceduristi hanno
indirizzate le loro critiche, perchè la giudicano fonte di nuove contro-
versie anziché efficace mezzo per risolverle con quella rapidità di giu-
dizio che è nell'animo dei contraenti.
La clausola compromissoria si distingue dal compromesso perchè
questo contempla controversie ben definite, quella ha per oggetto con-
troversie che possono sorgere da dati rapporti e quindi non sono defi-
nite. P e r cui in sostanza la clausola compromissoria « è un compro-
messo in corso di formazione ; o, per dir meglio, è il nucleo centrale di
una serie di f u t u r i compromessi i quali si perfezioneranno mercè lo svi-
luppo degli elementi mancanti nella clausola, mano mano che le vicende
siano per determinarne l'opportunità e il bisogno » (1). Valgono quindi
per la clausola le altre disposizioni inerenti al compromesso.

4. - I REQUISITI DEL COMPROMESSO

Il compromesso deve essere fatto da una persona capate e che possa


liberamente disporre della cosa nei confronti della quale cade la contro-
versia. Non ha quindi effetto il compromesso fatto da un amministra-
tore o da altri se non quando sia approvato nei modi stabiliti per la tran-
sazione (art. 9).
Sono esclusi dall'esercizio di arbitro i minori e gli interdetti. Sono
ammesse le donne in forza della legge 17 luglio 1919, n. 1176, sulla ca-
pacità giuridica della donna. Anche gli stranieri possono essere arbitri
(art. 10).
L'art. 11 stabilisce che, sotto pena di nullità, il compromesso debba-
essere fatto per atto pubblico o per scrittura privata ; contenere il nome
e cognome delle parti e degli arbitri e i termini precisi della controversia.
Vari sono i motivi che si possono addurre per giustificare l'esigenza
della legge che vuole la forma scritta per il contratto di compromesso ;
il Mortara (2) ricorda l'importanza che ha la rinunzia dell'ordinaria tu-
tela giurisdizionale, la certezza che deve avere l'oggetto del compro-
messo per evitare ogni possibile equivoco, l'opportunità che il titolo
onde privati cittadini traggono autorità di giudici abbia prova sicura
e permanente; la convenienza di stabilire in modo preciso il mandato
degli arbitri per dare loro norma precisa e prevenire abusi nell'esecu-
zione. Inoltre « la scrittura, come documento del compromesso, è il titolo

( ' ) C f r . L . MORTARA, o p . c i t . , p a g . 98.


( 2 ) C f r . MORTARA, o p . c i t . , p a g . 7 9 .
314 P A R T E SPECIALE

in base al quale gli arbitri, ponendosi in relazione con gli organi giurisdi
zionali ordinari, (senza veruna ingerenza delle parti) ottengono che la
loro sentenza sia parificata a quella dei Tribunali dello S t a t o ; al quale
scopo essi devono depositare (art. 21), insieme con la sentenza, l'atto di
compromesso » (').
La validità del compromesso è in dipendenza dell'esistenza dei se-
guenti requisiti essenziali, che devono risultare da una o più scritture:
1°) L'obbligazione di compromettere.
2°) L'indicazione delle parti compromettenti.
3") La determinazione delle controversie.
1°) La designazione degli arbitri.
5°) La loro accettazione.
Ai quali si può aggiungere la data, la registrazione e redazione del
compromesso in due originali, secondo le modalità previste dalla legge.
Elemento importante, ma nou indispensabile, è anche il termine en-
tro il quale esso deve essere eseguito. Riguardo alla modalità da seguire
nella stesura del compromesso rimandiamo ai moduli e schemi contenuti
nei manuali ricordati.

5. - L A PROCEDURA ARBITRALE

L'art. 13 e. p. c. dispone che l'accettazione degli arbitri debba es-


sere f a t t a per iscritto. Basta a, questo effetto la sottoscrizione dei me-
desimi all'atto di nomina.
Le parti trasmettono i loro documenti e le loro memorie agli arbitri
senza alcuna formalità giudiziaria. Alla parte che ritardi la trasmis-
sione si intima di farla nel termine di 10 giorni o in quello che sarà sta-
bilito dagli arbitri, i quali possono anche accordare proroghe. Di tutto
deve farsi menzione nel processo verbale (art. 11).
Scaduto il termine indicato, gli arbitri giudicano sui documenti e
sulle memorie trasmesse (art. 15 c. p. c.). Di ogni seduta gli arbitri de-
vono redigere il processo verbale, il quale documenterà tutte le opera-
zioni compiute. Di regola si ammette che quando durante la discussione
arbitrale le p a r t i sentano il bisogno di sottoporre al parere degli arbitri
nuove circostanze, lo possono fare purché provvedano alla compilazione
di un altro atto dal quale queste risultino; atto che va allegato al com-
promesso sul quale gli arbitri esprimeranno il loro giudizio.
Nel caso di morte di una delle p a r t i il termine per istruire e gin
dicare è prorogato di 30 giorni (art. 16).
Il legislatore ha voluto regolare la forma dell'arbitrato nella ma-
niera più semplice per liberarlo da ogni vincolo di formalità giudiziaria.
Per questo l ' a r t . 17 consente agli arbitri di non osservare le forme e i

P ) C f r . MORTARA, o p . c i t . , p a g . 79.
L'ARBITRATO 305

termini stabiliti per l'istruzione delle cause davanti l'autorità giudi-


ziaria, salvo che le parti dispongano altrimenti. Nel qual caso gli arbi-
tri devono attenersi alle formule e ai termini indicati in maniera spe-
cifica nel compromesso.
Nel silenzio delle parti, o quando esse abbiano dichiarato che gli ar-
bitri si attengano alle regole della procedura senza averle specificate,
gli arbitri stessi stabiliscono i termini e il metodo del procedimento. Gli
atti di istruzione e i processi verbali possono essere delegati dagli arbitri
ad uno di essi, quando ciò non sia vietato dal compromesso (art. 18).
Negli arbitramenti collegiali si può ricorrere alla nomina di un segre-
tario, purché questo eserciti soltanto funzioni materiali: in ogni caso
gli arbitri rimangono interamente responsabili di t u t t i gli atti.
Gli arbitri decidono secondo le regole del diritto, semprechè il com-
promesso non li abbia autorizzati a decidere in qualità di amichevoli
compositori (art. 20 c. p. c.).
Quando durante l'espletamento dell'arbitrato sorga qualche que-
stione interessante lo stato delle persone o qualche altro incidente rela-
tivo a f a t t i che possano dar luogo ad azione penale, gli arbitri devono
rimettere le parti davanti all'autorità giudiziaria competente e i termini
per l'arbitra mento sono sospesi sino al giorno in cui la sentenza pro-
nunciata su l'incidente è passata in giudicato, e notificata agli arbitri
(art. 19 c. p. c.).

6 . - L A SENTENZA ARBITRALE

La sentenza arbitrale, designata anche con il nome di lodo arbitrale,


deve essere pronunciata nel Regno (art. 22 c. p. c.) e vuole una serie di
formalità a carattere essenziale disposte dall'art. 21 ; essa è deliberata
a maggioranza di voti dopo conferenza personale degli arbitri e deve
contenere :
1°) l'indicazione del nome e cognome, del domicilio o della resi-
denza delle p a r t i ;
2°) l'indicazione dell'atto di compromesso ;
3°) i motivi in fatto e in diritto ;
1°) il dispositivo ;
5°) l'indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui è pro-
nunciata ;
6°) la sottoscrizione di t u t t i gli arbitri.
Ricusando alcuni di essi di sottoscrivere la sentenza, ne è f a t t a
menzione dagli altri e la sentenza ha effetto purché sottoscritta dalla
maggioranza.
La legge, disponendo in maniera esplicita la conferenza personale
degli arbitri, ha voluto precisamente indicare che ogni arbitro debba stu-
diare in precedenza la questione e quindi riferire ai colleghi il proprio

G. Medici - Lezioni di estimo 20


306 PARTE SPECIALE

convincimento. In tal modo la formazione della maggioranza è tacili


tata e l'esame diviene più ampio e sicuro. È quindi da ritenere tassativo
l'obbligo della conferenza personale e nessuno vi può rinunciare.
Quando il lodo è stato sottoscritto dagli arbitri senza osservazione
alcuna, s'intende cbe la sentenza è stata deliberata all'unanimità; è suf-
ficiente però che sia deliberata a maggioranza di voti ; ciò porta ad as-
sodare il fatto cbe deve esservi una votazione alla quale t u t t i devono
partecipare.
Le regole attinenti all'esecuzione provvisoria delle sentenze dell' au-
torità giudiziaria sono applicabili per espressa norma di codice (art. 23)
anche alla sentenza arbitrale. La quale deve essere depositata, insieme
all'atto di compromesso, nel termine di cinque giorni, alla cancelleria
della pretura del mandamento in cui f u pronunciata; il deposito deve
essere personalmente fatto da uno degli arbitri o a mezzo di mandatario
munito di procura speciale per questo oggetto (art. 24).
La mancata osservanza di codeste modalità rende nulla la sentenza.
La brevità del termine, stabilito in cinque giorni, nel computo dei
quali si esclude il giorno in cui è stata pronunciata la sentenza, di
mostra la preoccupazione del legislatore di evitare il ritorno sulla de-
cisione arbitrale, in seguito ad influenze estranee. Per questo è commen-
devole la discrezione da parte degli arbitri circa il risultato della loro
sentenza, anche se la legge non ne fa esplicita richiesta.
I u forza dell'art. 24 la sentenza arbitrale diviene nulla non solo
quando fa difetto la modalità della consegna o non è rispettato il ter-
mine, ma anche quando non si alleghi l'atto di compromesso, oppure
quando, facendo fare il deposito della sentenza da un procuratore legal-
mente autorizzato, non si unisca il mandato speciale.
Il processo verbale del deposito è sottoscritto da chi lo fa, dal pre-
tore e dal cancelliere, dopo di che la sentenza è resa esecutiva e inserita
nei registri per decreto del pretore, da pronunciarsi nel termine di cin-
que giorni dall'avvenuto deposito nella cancelleria (art. 24).
Il pretore prima di emettere il decreto che rende esecutiva la sen-
tenza deve esaminare se siano osservate tutte le prescrizioni della legge.
Ciò non esclude però (art. 25) che si possa reclamare contro il decreto
del pretore o contro il suo rifiuto a pronunziarlo, ricorrendo al tribu-
nale civile da cui esso dipende.
Le sentenze degli arbitri non sono appellabili quando gli arbitri
siano autorizzati a pronunciarsi come amichevoli compositori ; quando i
medesimi abbiano pronunciato come giudici d'appello o le parti abbiano
rinunziato all'appello ; infine, quando la causa sarebbe stata di compe-
tenza del conciliatore.
Queste disposizioni contenute nell'art. 28 vanno collegate con quanto
è contenuto dall'art. 29, dove si dispone che l'appello sarà proposto da-
vanti al tribunale civile quando le questioni sarebbero state di compe-
L'ARBITRATO 307

tenza del pretore ; davanti alle corti di appello quando le questioni sa-
rebbero state di competenza del tribunale.

7. - APPELLO, RICORSO IN C A S S A Z I O N E , REVOCAZIONE, ECC.

Il termine per appellare le sentenze degli arbitri è quello stabilito


per le sentenze dell'autorità giudiziaria (giorni 80 o 60 a seconda delle
sentenze : art. 485 c. p. c.) e decorre dal giorno in cui è pubblicata la sen-
tenza insieme al decreto che la rese esecutiva. L'art. 31 dispone poi che
contro le sentenze degli arbitri pronunciate in appello si possa ricorrere
in cassazione, eccettualo il caso in cui gli arbitri siano stati autorizzati
a pronunciarsi come amichevoli compositori e quando le parti abbiano
rinunciato al ricorso in cassazione.
Contro le sentenze degli arbitri è ammessa la domanda di revoca-
zione, nonostante qualunque rinuncia, nei casi, nelle forme, nei termini
stabiliti per le sentenze dell'autorità giudiziaria. La domanda, deve es-
sere rivolta all'autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a co-
noscere la causa.
Infine, l'art. 32 dispone che la sentenza degli arbitri possa, essere
impugnata per nullità facendone domanda nei termini stabiliti dall'ar-
ticolo 485 all'autorità giudiziaria competente, qualora si verifichino i
casi seguenti e nonostante qualunque rinunzia delle parti :
1°) se la sentenza, sia stata pronunciata sopra un compromesso
nullo o scaduto, oppure fuori dei limiti del compromesso ;
2°) se la sentenza non abbia, pronunciato sopra t u t t i gli oggetti del
compromesso o contenga disposizioni contradittorie ;
3°) se la sentenza sia stata pronunciata da chi non poteva essere
nominato arbitro o da arbitri non autorizzati a, decidere in assenza de-
gli altri.
4°) se non siano state osservare le prescrizioni degli art. 21 e 22 ;
5°) se nel procedimento non siano state osservate le forme richie-
ste nei giudizi, sotto pena di nullità, quando queste forme siano state
indicate specificatamente nel compromesso.
Quando sia dichiarata la nullità della sentenza degli arbitri, l'auto-
rità giudiziaria pronuncia anche sul merito della controversia (art. 33).

8. - L A CESSAZIONE DEL COMPROMESSO

Esaminiamo ora le cause in forza delle quali il contratto di com-


promesso viene a cessare.
L'art. 34 le precisa nel seguente modo :
1°) per la revocazione della, nomina degli arbitri f a t t a di consenso
delle parti ;
308 PARTE SPECIALE

2°) per la morte, la ricusazione, la desistenza o l'incapacità di


uno dei medesimi ;
3°) per la scadenza del termine stabilito nel compromesso, o, in
difetto, trascorsi 90 giorni dal compromesso.
La revocazione della nomina degli arbitri non sempre però deter-
mina la cessazione del compromesso, perchè le parti possono procedere
dopo la revocazione alla, loro immediata surrogazione. La revocazione
degli arbitri è valida, quando è fatta col consenso delle parti e ba. luogo
(art. 11) mediante scrittura pubblica o privata, nella quale devono es-
sere indicati i nomi delle parti e degli arbitri.
Nel caso di morte, ricusazione, desistenza o incapacità di uno degli
arbitri, il compromesso cessa salvo patto contrario ; e ciò perchè può es-
sere convenuto che le parti nel caso in cui si verifichi uno dei casi in-
dicati provvedano a reintegrare il collegio arbitrale con nomine apposite.
I n materia di ricusazione degli arbitri il codice non fornisce alcuna
norma specifica. La dottrina e la giurisprudenza con criteri di analogia
e in base alla teoria generale sulla quale si fonda la pratica della ricu-
sazione, hanno formulato delle norme, per la discussione delle quali ri-
mandiamo ai lavori specifici sull'argomento (x).

9. - I L C O M P E N S O AGLI ARBITRI

Intorno al tema se spetti o meno compenso agli arbitri, cioè se l'in-


dole giuridica del rapporto che genera la funzione arbitrale determini o
stabilisca o comunque generi il diritto ad un compenso, si è molto scritto
e discusso con disparità di risultanze.
Il Mortara, riportandosi al mandato, invoca l ' a r t . 1753 del c. c. (2)
al quale egli ritiene per fermo che il legislatore siasi tacitamente ri-
ferito. Tale convinzione è radicata anzitutto su la. n a t u r a giuridica del-
l'istituto ricordato e inoltre nel fatto che il c. p. c. non fa alcun cenno
in materia di compromesso al rimborso delle spese sostenute dagli ar-
bitri.
Quasi t u t t e le legislazioni straniere mancano di norme esplicite in
materia di compenso agli a r b i t r i ; fatto che dimostra l'estrema delica-
tezza dell'argomento.
L'indicata omissione fa pensare che l'intenzione del legislatore sia

(') Cfr. L. MORTASA, op. cit., voi. II, n. 3 7 7 ; voi. I l i , n 72, n. 107 e segg.
p) Art. 1753 : « Il mandante deve rimborsare il mandatario delle anticipazioni
(1755) e delle spese che questi ha fatto per l'esecuzione del mandato, e pagargli
il compenso se lo ha promesso (1754).
« Se non è imputatile alcuna colpa al mandatario, il mandante non può dispen-
sarsi da tale rimborso e pagamento, ancorché l'affare non fosse riuscito, uè può
f a r ridurre la somma delle spese e delle anticipazioni, col pretesto che avrebbero
potuto essere minori ».
L'ARBITRATO 309

stata quella di considerare gratuita la funzione arbitrale, onde evitare


che la suprema funzione del giudice divenga oggetto di lucro e di mercato.
Soltanto nei paesi dove l'esercizio dell'arbitrato ha carattere squi-
sitamente professionale, come l'Inghilterra, il diritto al compenso è de-
liberatamente ammesso.
Molti giuristi ritengono che il legislatore si sia riportato alla no-
zione del mandato, interpretazione che, siccome trova soddisfacente fon-
damento nel diritto positivo, è forse la più seguita.
La conseguenza di quest'ultima ammissione fa sì che il diritto al
compenso sorga soltanto nel caso in cui esso sia stato espressamente
pattuito : quindi sarebbe necessario, o almeno opportuno, introdurre nel
compromesso una clausola attinente al compenso, onde perfezionare la
convenzione per questo importante riguardo.
In pratica avviene, con una frequenza che in certi luoghi ha quasi
carattere di consuetudine, che gli arbitri liquidino da loro stessi i com-
pensi arbitrali. Questo procedimento, che in nessun caso potrebbe es-
sere ammesso dal diritto, viene normalmente seguito come ne fa fede
anche il Lo Bianco nel Manuale citato, dove si leggono le seguenti ri-
ghe : « gli arbitri non sono competenti di tassare il loro lavoro,
però, malgrado decisioni di tribunali e corti di appello in questo senso,
è ormai invalso l'uso di eseguire detta tassazione dagli arbitri stessi nel
corso della sentenza emessa » f1).
Il compenso agli arbitri costituisce una obbligazione cui sono te-
nute in solido le parti in controversia. È opinione dominante che gli ar-
bitri non possano condannare al pagamento una delle parti e che quindi
sia nulla qualsiasi espressa pattuizione al riguardo. L'accettare la clau-
sola di imporre il pagamento alla parte soccombente equivarrebbe indi
rettamente a interessare gli arbitri alla decisione della lite, perchè la
diversa solvibilità delle parti potrebbe influire sul giudizio arbitrale.

10. - PERIZIA CONTRATTUALE

Vi sono convenzioni private in forza- delle quali si obbligano le parti


ad accettare, per ciò che attiene alla determinazione di un danno, di
una prestazione o all'accertamento di un fatto, quanto sarà- stabilito da
uno o più periti. A volte si aggiunge anche la esplicita dichiarazione
della inappellabilità del giudizio peritale.
In questi casi si ha la cosiddetta perizia contrattuale; il patto che
la determina si distingue in ogni caso dalla clausola compromissoria,
perchè esso fìssa, in maniera obbligatoria, soltanto il modo di accertare
un dato fatto, ma non attribuisce al parere dei periti il valore di sen-
tenza, non avendo questi alcuna potestà- giurisdizionale.

P ) C f r . A . L o BIANCO, o p . c i t . , p a g . 2 7 9 .
310 PARTE SPECIALE

P a t t i di questo genere possono anche prevedere che, nel caso in cui


le parti contraenti non si accordino per la nomina dei periti, questa si
deferisca al giudice, accettando egualmente la clausola della inappella-
bilità : è evidente che in questo caso si passa dalla perizia stragiudiziaìe,
che si avrebbe con l'accordo delle parti, alla perizia giudiziale inappel
labile. Nel caso in cui il patto nulla preveda, lo svolgimento del giudizio
seguirà la sua ordinaria procedura.
Qualora una delle parti contraenti non si voglia uniformare all'ac-
certamento peritale, si può svolgere un'azione giudiziaria. Però, siccome
il contratto stabilisce che le parti devono attenersi alla liquidazione
f a t t a dal perito, il Mortara osserva che è buona norma giudiziaria li
mitare la revisione soltanto a quei casi in cui la perizia possa essere
impugnata per errore grave, negligenza, oppure per dolo o frode. La
prova di cotesti vizi può essere data con i mezzi adatti e pertanto il
giudice può valersi in questi casi dell'art. 270 c. p. c., il quale stabi
lisce che l'avviso dei periti non vincola l'autorità giudiziaria, la quale
deve pronunciare secondo la propria convinzione.

11. - ARBITRI CONCILIATORI

L'art. 102 c. p. e. stabilisce che quando si t r a t t a di esaminare conti,


scritture e registri, si procede alla nomina di uno o tre arbitri conci
liatori, con incarico di sentire le parti e conciliarle, se sia possibile, in
difetto, di dare il loro parere. All'art. 132, in materia di procedimento
davanti al pretore, si precisa che per la discussione di conti il pretore
può rimettere le parti davanti ad un arbitro conciliatore.
Entrambi gli articoli si ispirano allo stesso istituto, studiando il
quale si avverte chiaramente che non si t r a t t a più di arbitri ma di
periti, come dimostra il fatto che il codice nel caso di mancata concilia
zione parla di parere e inoltre richiama le norme di ricusazione che val-
gono per i periti ; infine, l'arbitro conciliatore non ha alcuna facoltà
giurisdizionale.
Dopo l'abolizione dei tribunali di commercio la funzione di cotesti
arbitri conciliatori non si differenzia da quella degli ordinari periti,
per cui risulta che nella pratica giudiziaria il ricorso a loro è sempre
meno frequente.
Tra le differenze formali t r a perìzia e arMtramento sui conti, ricor-
diamo che l'arbitro conciliatore non giura ; che la legge non precisa
quale sia l'autorità del suo parere presso il giudice.
In sostanza l'arbitramento sui conti è un istituto sopravvissuto che
non ha caratteri ben definiti nell'attuale legislazione.
ESTIMO CATASTALE
IHII' '

.
CAPITOLO I.

I PRECEDENTI E I CARATTERI GENERALI


D E L NUOVO CATASTO

1. - GENERALITÀ SUL CATASTO (*)

S i n d a l l ' a n t i c h i t à la terra, e i f a b b r i c a t i f u r o n o c o n s i d e r a t i c o m e
la m i g l i o r e m a t e r i a i m p o n i b i l e . O p i n i o n e c h e nel s e t t e c e n t o v e n n e rin-
forzata dai fisiocrati, i quali, sostenendo che soltanto l'agricoltura è
s u s c e t t i b i l e di r e d d i t o n e t t o , a f f e r m a v a n o essere la t e r r a l a sola ma-
t e r i a i m p o n i b i l e . P e r q u e s t o i p r o p r i e t a r i f o n d i a r i s a r e b b e r o s t a t i de-
s t i n a t i d a l l ' o r d i n e n a t u r a l e delle cose a s o s t e n e r e la p a r t e p i ù notevole
delle p u b b l i c h e spese ( 2 ).
I l b i l a n c i o degli S t a t i d ' a l l o r a s e m b r a v a c o n f e r m a r e la t e o r i a , poi-
c h é e r a s o p r a t u t t o l ' i m p o s t a sui t e r r e n i e sui f a b b r i c a t i c h e c o n t r i -
buiva a f o r m a r e le e n t r a t e dello S t a t o . Ciò s p i e g a p e r c h è le o r i g i n i del
catasto abbiano carattere esclusivamente fiscale.

(') Tra i lavori fondamentali, cui ognuno deve ricorrere per approfondire lo
studio dell'estimo catastale, ricordiamo la magistrale Relazione della Commissione
sul progetto di legge presentato dal Ministro delle Finanze il 21 dicembre 1882,
sul Riordinamento dell'imposta fondiaria, pubblicata negli atti parlamentari e
dovuta, per tutta la parte tecnica, ad ANGELO MESSEDAGLIA. Quest'opera, giusta-
mente celebrata, è stata ripubblicata a cura del nipote Luigi Messedaglia.
Cfr. ANGELO MESSEDAGLIA - Il catasto e la perequazione. Relazione parlamen-
tare. Nuova edizione a cura dii Luigi Messedaglia. Prefazione di Giuseppe Tas-
sinari, Bologna, Cappelli, editore, 1936-XIV. Si cfr. anche: Inchiesta sui catasti
del Regno, allegata al disegno di legge del 21 maggio 1874, n. 40; DEGIOANNI - Ma-
nuale amministrativo per i servizi riguardanti la conservazione dei catasti, le
imposte fondiarie, ecc. Roma, 1933. Importante è la Raccolta delle disposizioni di
massima, relative al riordinamento dell'imposta fondiaria, pubblicate in sei vo-
lumi dalla Giunta Superiore del Catasto. Tra i lavori recenti tiene un posto do-
minante la monografia di L U I G I E I N A U D I - La terra e l'imposta. « Annali di eco-
nomia », voi. I, 1924. Indispensabili sono poi le istruzioni predisposte dalla Dire-
zione Generale del Catasto. Dal 1934 si pubblica dal Ministero delle Finanze, in
Roma, la « Rivista del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali », nella quale sono
stati pubblicati importanti studi.
C) Cfr. Louis H E G G - Étude sur le cadastre, Lausanne, Imprimérie La Con-
corde, 1923, pag. 13,
310
E S T I M O CATASTAI,E

Si organizzò così l'imposta fondiaria, le cui forme si modificarono


nel corso del tempo.
In una prima fase essa viene percepita in ragione della superficie
coltivata (es. : tanti Kg. di grano per ettaro), perchè forse allora, data
la scarsità di popolazione, i terreni coltivati non differivano molto nella
fertilità ; in un secondo tempo essa acquista il carattere di decima, per-
chè incide il prodotto lordo indipendentemente dalle spese sostenute
per ottenerlo (es. : la decima parte del grano prodotto). Ma con l'au-
mento della popolazione, con l'evoluzione politica ed economica, e cioè
con la formazione dello Stato (moderno, l'esazione dell'imposta non solo
viene estesa a t u t t e le terre — abolendo i vecchi privilegi e chiamando
t u t t i i proprietari a partecipare alle spese dello Stato — ma viene f a t t a
in modo da colpire il reddito netto. Così non solo si realizza un prin
cipio di giustizia tributaria, ma si favorisce il progresso agricolo e la
messa a coltura di nuove terre, poiché non si preleva più una percen
tu ale del prodotto ottenuto, ma una percentuale del prodotto al nello
delle spese di produzione.
L'estensione dell'imposta a tutte le terre produttive dello Stato, e
la distinzione di queste in relazione al loro reddito netto, imponeva
una serie sistematica di ricerche sui terreni, i quali dovevano essere mi-
surati e s t i m a t i ; si doveva cioè fare un catasto, cioè un'inventario
della proprietà, stabilendo il nome del proprietario, la superficie, la
coltura e il reddito netto.
Quando il catasto fu fatto, si riconobbe che esso poteva soddisfare
anche a scopi civili, che in seguito acquistarono carattere prevalente su
quelli fiscali. L'esatta nozione della superficie dello Stato, delle circo-
scrizioni amministrative e delle singole proprietà, la nozione del red-
dito imponibile fondiario, la eventuale prova della proprietà e dei suoi
confini, la disponibilità di una carta a grande scala del territorio e
tanti altri piccoli servigi, dimostrarono l'utilità del catasto, indipen
dentemente dalle sue finalità fiscali. E tale utilità si rivelò ancora mag-
giore quando i catasti raggiunsero una grande precisione tecnica nei
rilievi topografici ed estimativi, poiché t u t t i i provvedimenti legislativi
inerenti alla proprietà fondiaria trovavano nel catasto la fonte aggior-
nata, indispensabile, per potere legiferare con piena consapevolezza.
Tutto ciò spiega perchè la storia del catasto rimonti alla più re-
mota antichità: dalla tavoletta caldea (4000 anni av. Cristo) alla ca-
t a s t a t o n e cinese degli Hia (2205 av. Cristo), dal catasto egiziano, ba-
sato su la misura e su la stima, a quello greco e ai perfetti catasti
romani, dai primitivi catasti dell'alto medio evo ai catasti del rinasci-
mento ed ai precisi censi moderni, è un susseguirsi di opere volte allo
stesso scopo : quello di accertare la forma, la superfìcie e il reddito
della proprietà fondiaria.
I sistemi di catasto attuati nel corso del tempo sono diversi: dal
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI G E N E R A L I DEL NUOVO CATASTO 315

catasto descrittivo al catasto geometrico particella-re probatorio vi sono


numerose forme che possono essere utilmente classificate in due grandi
categorie : catasti descrittivi e catasti geometrici.
I primi forniscono dati e notizie raccolte quasi sempre su la base
della denuncia dei possessori e mancano di rilievi topografici ; i secondi
invece si basano su di una esatta rilevazione planimetrica del territorio
e determinano, con vari metodi, il reddito del fondo soggetto ad im-
posta.
I catasti descrittivi sono stati abbandonati dagli Stati moderni,
perchè errati e inadatti a soddisfare agli scopi civili e fiscali cui deve
rispondere il catasto.
I catasti geometrici a loro volta si possono distinguere in geometrici
per masse di coltura, per singole proprietà e particellari, secondo che il
rilevamento ha per oggetto le singole qualità di coltura (cioè i semina-
tivi, i boschi, i prati, le vigne, ecc.), le singole proprietà, oppure le sin-
gole particelle, cioè porzioni continue e omogenee di terreno, situate
nello stesso comune e appartenenti allo stesso proprietario.
I catasti moderni, in vigore presso quasi t u t t i i paesi civili, sono
appunto catasti geometrici particellari.
I catasti si distinguono ancora in probatori e non probatori, se-
condo che danno o meno la prova giuridica della proprietà in essi in
scritta e figurata.

2. - C A T A S T O ED I M P O S T A IN ITALIA

Dopo la costituzione del Regno, il Paese doveva risolvere il pres-


sante problema finanziario, sia per provvedere al pagamento dei debiti
di guerra, sia per iniziare l'attuazione dell'immane programma che la
nuova situazione imponeva. F r a le entrate sulle quali lo Stato poteva
contare aveva speciale importanza la imposta fondiaria, sui terreni e
sui fabbricati, la quale, nel 1864, dava un gettito di circa 120 milioni
di lire. Poiché il totale delle entrate dello Stato ammontava a circa
577 milioni di lire, l'imposta fondiaria rappresentava il 21 % delle en-
trate, astrazion f a t t a dalle sovrimposte fondiarie pagate ai comuni ed
alle Provincie, le quali ascendevano a 26 milioni di lire.
II rapporto f r a imposta fondiaria e totale delle entrate dello Stato
andò gradualmente diminuendo, perchè accanto ad una attività agricola,
che costituiva la base della economia nazionale, si andava affermando
l'industria e si sviluppavano fervidi commerci, che moltiplicavano la ric-
chezza mobiliare, dalla quale lo Stato ricaverà la parte più cospicua
delle entrate. La diminuita importanza del tributo fondiario, comincia
già a manifestarsi nel 1884 quando l'imposta erariale, gravante sui soli
terreni, ammontava a 125 milioni di lire, mentre l'entrata complessiva
del bilancio dello Stato era salita a 1113 milioni ; però le sovrimposte
310 E S T I M O CATASTAI,E

comunali e provinciali eran cresciute rapidamente, superando di circa (>


milioni il gettito dell'imposta erariale.
Il rapporto fra il gettito dell'imposta terreni e l'entrata comples
siva del bilancio continuò a diminuire gradualmente, tanto che nell'e-
sercizio 1913-11, di fronte ad un'entrata complessiva di bilancio di 2287
milioni di lire, l'imposta fondiaria dava un gettito di soli 82 milioni di
lire, con un rapporto di circa 3,5 %. Notevole invece era l'apporto del-
l'imposta sui redditi di ricchezza mobile, imposta che sin d'allora for
mava quasi la metà delle entrate per imposte dirette, e che negli ultimi
esercizi è ancora aumentata, sia in senso assoluto, sia in senso rela-
tivo C1).
L'estrema eterogenità dei catasti vigenti nel 1870 rendeva estrema
mente difficile l'attuazione di quel principio fondamentale di giustizia
tributaria secondo cui i cittadini sono chiamati a contribuire alle spese
dello Stato in rapporto ai redditi che percepiscono. I n f a t t i , accanto al
recente catasto vigente nel Lombardo Veneto, vi erano gli antichissimi
catasti Piemontesi, quelli non meno antichi della Garfagnana, il Mila
nese del secolo XVIII, il Mantovano e l'Estense. Il Romano, il Toscano,
il Parmense, il Francese, il Sardo erano stati riformati nella prima
metà dell'SOO ; così pure il Ligure, il Napoletano e il Sieilano. Come si
vedrà, a questa grande varietà di catasti corrispondeva una profonda
difformità nei criteri di rilevazione e di stima, poiché alcuni di questi
erano particellari ed altri si limitavano soltanto a rilevare le proprietà,
alcuni stabilivano l'estimo in valor capitale ed altri lo esprimevano in
termini di reddito, alcuni erano dotati di mappa ed altri ne manca-
vano ; infine, t u t t i esprimevano il loro estimo nella moneta dello Stato a
cui il catasto si riferiva, per cui vi erano estimi in soldi, lire, scudi, dn
cati. Questa disparità di misure monetarie era motivo di confusione,
specie quando, con l'unità del nuovo Stato Italiano, si venne a creare
anche una unità monetaria.
La grande varietà dei catasti esistenti, impediva di giungere ad
una sufficiente perequazione dell'imposta fondiaria, perchè accanto a
buoni catasti come il Toscano, il Pontificio, il Nuovo Censo Lombardo
Veneto, ve ne erano molti altri deficienti ed errati, come quelli del com-
partimento Ligure, Piemontese e dell'Italia Meridionale.
Allo scopo di meglio comprendere la diversa natura dei catasti vi
genti in Italia nel 1870, e anche per conoscerne i tipi, è opportuno esa-
minare singolarmente i vecchi catasti italiani.

P) Per avere precise nozioni intorno alla composizione delle entrate dello Stato
cfr. F . A. REPACI - La finanza italiana nel ventennio 1918-1932. Torino. Einaudi,
1 9 3 4 - X I I . — F . A. REPACI - Le finanze dei comuni, delle provinole e degli enti cor-
porativi. Torino, Einaudi. 1 9 3 6 - X I V .
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI G E N E R A L I D E L NUOVO CATASTO 317

3. - I VECCHI CATASTI

Il Censo Milanese è il prototipo dei moderni catasti geometrici par-


ticellari
Quando i gravi vizi del vecchio censo spagnolo si resero intollera-
bili, specie per gli errori di omissione, il Senato di Milano, nel 1688,
proclamò l'assoluta necessità di formare un nuovo catasto che ponesse
tìne alle gravi ingiustizie tributarie. Spettò all'Imperatore Carlo VI il
merito di avere coraggiosamente affrontato il problema e vinte le ost i-
natissime resistenze dei privilegiati; nel 1711 egli diede la sovrana san-
zione alle istanze a lui rivolte, per cui nel 1718 istituivasi la famosa
Gfiunta del censimento presieduta da Vincenzo De Miro, che la tenne
sino al 1731. A questo valoroso economista napoletano e a Pompeo Neri
— venuto dalla Toscana per presiedere la seconda Giunta del censi-
mento, che operò dal 1719 al 1758 — spetta il merito di avere portato a
compimento il catasto ; il quale, fu fatto seguendo i metodi migliori che
allora si conoscevano, e costituì inoltre un coraggioso atto di libertà e
di giustizia, che contribuì in maniera notevole alla floridezza economica
del periodo teresiano.
Il Censo Milanese non solo procedè alla sistematica stima delle sin-
gole particelle del terreno secondo le varie colture, ma introdusse anche
la rappresentazione grafica in mappe a grande scala (1 a 2000) di t u t t i
i terreni rilevati.
La stima determinava la rendita netta media ordinaria continua-
tiva, tenuto conto dello stato della cultura e delle pratiche agrarie lo-
cali : il prodotto lordo veniva depurato da ogni spesa di coltivazione e
manutenzione del fondo, e da qualsiasi perdita eventuale. Questa ren-
dita veniva poi applicata ai singoli appezzamenti in cui era distinto il
territorio, in rapporto alla coltura e alla fertilità, cioè secondo la classe
e la squadra come allora si diceva : qualità e classe come ora si dice.
L'imponibile che il legislatore aveva in animo di determinare do-
veva essere medio, ordinario, moderato, stabile e perequato (x). Lo scopo
principale era quello di colpire con una imposta più forte il coltivatore
negligente che trascurava le terre e quindi percepiva un reddito infe-
riore a quello medio ordinario accertato, e di premiare il coltivatore

P) Chi desiderasse avere ampi ragguagli sul Censimento Milanese, che il Mes-
sedaglia nella celebrata relazione chiama modello degli odierni catasti, può con-
sultare la Relazione dello stato in cui si trova, l'opera del censimento universale
del Ducato di Milano nel. mese di maggio dell'anno 1750, redatta da POMPEO NERI,
in Milano, 1750, nella Regia Ducal Corte, per Giuseppe Richino Malatesta, stam-
patore Regio Camerale. Si veda su l'argomento la fondamentale monografia di
LITIGI E I N A U D I : La terra e l'imposta. «Annali di Economia», voi. I . Milano, Uni-
versità Bocconi, 1924.
310
E S T I M O CATASTAI,E

diligente clie con la sua opera attenta e con i miglioramenti faceva pro-
durre più intensamente la terra, con vantaggio proprio e della colletti
vita. Rendendo stabile la rendita catastale si esentavano automatica
mente i miglioramenti fondiari, mentre si colpivano duramente i dete-
rioramenti.
Celebre è la lode tributata da Carlo Cattaneo ( l ) al Censo Mila-
nese, il quale, invece di accertare il reddito effettivo, accertava il red-
dito ordinario. « Il nuovo Governo chiamò successivamente a cooperare
alla grande rinnovazione della Lombardia le belle e generose intelligenze
di Pompeo Neri, di Gianrinaldo Carli, di Cesare Beccaria, di Pietro
Verri. Si stabilì un nuovo censimento, che mirava a collocare l'imposta
sul valore fondamentale del terreno, anziché sul variabile annuo red
dito, e sulla personale condizione dei possessori. Il nuovo catasto, de-
cretato nel 1718, ritardato con infiniti artifizii da molte magistrature e
molte classi privilegiate, ottenne il sacro vigore di Editto Perpetuo al
1° gennaio 17G0. Il suo principale effetto f u di pesare sull'inerzia ed
alleviare l'industria ; poiché, ferma stante la proporzione della tassa
all'estimo una volta pronunciato, le migliorie successive rimangono
esenti; e il fondo quanto meglio è coltivato, viene a pagare una tanto
minor quota del f r u t t o . Non passarono dieci anni, che vasti t r a t t i sterili
si videro coperti di ubertose messi. Alla fine del secolo il valor venale
fondiario dell'Agro Lodigiano era già quasi raddoppiato!».
L'antico Censo Milanese venne continuato dal Nuovo Censo Lom-
bardo-Veneto. I n f a t t i , nel 1S25 si decretava che quest'ultimo dovesse
conformarsi alle norme dell'antico censo milanese, onde potersi più
facilmente perequare con esso ; e nell'anno 1826 si iniziarono le ope
razioni di stima dei terreni, poiché la levata delle mappe era cornili
ciata, dopo laboriosi lavori preparatori, nel 1807, sotto il Regno d'Ita
lia d'allora.
Le mappe sono state levate per comuni censuari; i quali spesso
non coincidono coi comuni amministrativi e sono più piccoli di questi.
L'estimo è stabilito per particelle, con il consueto procedimento ana-
litico per classi e tariffe. Però mentre il censimento milanese espri
meva l'estimo in valor capitale, il nuovo censo Lombardo-Veneto lo
esprimeva in termini di reddito. I risultati del computo estimativo
venivano confrontati, per riprova, con i fìtti praticati nel luogo.
L'unità di superfìcie è la pertica censuaria di 1000 metri quadrati ;
l'unità monetaria è la lira austriaca. Pertanto la tariffa esprime la
rendita in lire per ogni pertica censuaria. Allo scopo di non ostacolare

C ) CARLO CATTANEO - Notìzia economica sulla provincia di Lodi e Crema, estratta


in gran parte dalle memorie postume del Colonnello Brunetti, in « Il Politecnico ».
voi. I, 1839, pagg. 153-55. Citato da L. Einaudi nella ricordata memoria La terra
e l'imposta, pag. 108.
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI G E N E R A L I DEL NUOVO CATASTO 319

i miglioramenti, i fondi furono rilevati nello stato e nelle condizioni


di coltivazione in cui si trovavano il 27 maggio 1828.
Merita di essere posto in rilievo il particolare sistema seguito per
l'estimo dei fabbricati rurali ; i quali, come è noto, non hanno un red-
dito derivante dal loro uso, poiché ad essi compete una parte del red-
dito totale del fondo. Il censo Lombardo-Veneto procedè alla stima
dei terreni detraendo dalla rendita netta una quota corrispondente al
fitto dei fabbricati, di cui quei terreni dovrebbero essere provvisti data
la specie delle loro colture. A parte poi si provvide alla valutazione
dei fabbricati esistenti, colle stesse norme seguite pei fabbricati civili.
In Toscana i catasti vigenti all'epoca della costituzione del Regno
erano quattro e cioè : il catasto di terra ferma, quello delle isole di
Elba e Pianosa, quello dell'isola del Giglio e il catasto riformato o
recente di Lucca.
Il catasto di terra ferma, che è il vero catasto toscano, fu ordinato
dal Sovrano nell'ottobre 1817. Esso è geometrico particellare. Le scafe
delle mappe sono 1/2500 e 1/5000. Anche in questo catasto, allo scopo
di non arrestare i miglioramenti che venissero eseguiti durante l'ope-
razione catastale, la stima si riferiva allo stato materiale dei fondi e
delle colture alla data del Sovrano motu proprio del 1817.
La stima venne compiuta con il metodo analitico, giuste le precise
disposizioni che la deputazione aveva date, onde limitare, per quanto
era possibile, l'arbitrio degli estimatori nel processo di valutazione e
determinare una rendita costante e possibilmente eguale alla rendita
effettiva dei terreni considerati. Notevole è il fatto che il catasto toscano
escludesse dalla stima i fabbricati rurali, ritenendo giustamente che il
loro reddito si confondesse con la rendita dei fondi; non escludeva però
quei fabbricati che eccedessero i bisogni dei fondi a cui dovevano servire.
L'attivazione f u compiuta nel 1831. I catasti delle isole di Elba,
di Pianosa e del Giglio vennero f a t t i in prosieguo di tempo e non me-
ritano particolare menzione. Così pure è del catasto riformato di Lucca,
chiamato anche Lucchese recente.
Negli Stati Pontifici, compresi i Ducati di P>enevento e Pontecorvo,
vigeva un catasto geometrico particellare ordinato con motu proprio
del 6 luglio 1816. Esso fu compiuto secondo le direttive di una apposita
Congregazione del censo, la quale stabilì la unità di superfìcie nella
tavola di 1000 metri quadrati e l'unità monetaria nello scudo romano
da 100 baiocchi, che a Roma si ragguagliava a lire italiane 5,375.
Le mappe vennero rilevate con la tavoletta pretoriana, nella scala
di 1:2000.
Anche nel Catasto Pontificio, per la determinazione della tariffa, fu
seguito il metodo analitico di stima. Però le tariffe sono locali ; di re-
gola ve n'era una per ogni comune amministrativo, ima se ne potevano
trovare anche due o tre nei comuni che presentavano notevoli diffor-
310
E S T I M O CATASTAI,E

mità. La tariffa esprimeva l'annuo reddito prodotto dalla superficie di


una tavola di terreno di ogni diversa specie di coltivazione, considerata
sotto differenti gradi di feracità. Per avere la rendita netta sì defalca
vano dalla tariffa le spese di coltivazione e di manutenzione.
Contrariamente a quanto avveniva nel Censo Lombardo-Veneto, il
catasto Pontificio non stabiliva un'epoca censuaria fissa a cui riferire
lo stato dei terreni e delle culture, le quali venivano considerate come
si trovavano all'epoca del rilevamento ; inoltre l'estimo veniva espresso
in valor capitale, poiché la rendita dei terreni si capitalizzava al 4 %.
Il Catasto. Pontificio, ordinato nel 1816, andava in vigore soltanto
nel 1835; però i risultati della stima furono così poco soddisfacenti,
così gravi apparvero le sperequazioni e così insistenti furono i reclami,
da indurre il Governo a dichiarare provvisorio l'estimo ed a ordinarne
la revisione, la quale in realtà consistè in una vera e propria rinnova-
zione delle stime che terminò nel 1871 in tutte le provincie, ad ecce-
zione delle Romagne, staccatesi nel 1860 per unirsi al nuovo Stato
italiano.
Nelle provincie di P a r m a e Piacenza vigeva il catasto parmense, i
cui rilievi topografici furono compiuti dal 1809 al 1825; e quelli esti-
mativi terminarono nel 1830. Questo catasto geometrico particellare,
costruito sui modelli francesi, ha per unità di misura l ' e t t a r o ; l'esti-
mo, espresso in termini di reddito e non come valore capitale, è misu-
rato in franchi o lire nuove di Parma, equivalenti alla lira italiana.
La stima è f a t t a con il metodo analitico.
I prezzi, ai quali gli stimatori attinsero, sono quelli che si verifi-
carono in media durante il quindicennio anteriore alla loro stima, com-
preso l'anno in cui questa si compiva.
Quelli descritti sono i veri e propri catasti geometrici particellari.
Oltre ad essi vi è il catasto sardo, che non è propriamente tale perchè
mentre le zone territoriali sono state rilevate con metodo rigoroso, le
singole particelle sono state rilevate a vista. Le mappe, levate dal 1839
al 1850, con metodi approssimati, sono nella scala 1:10.000.
La stima dei terreni è stata compiuta con metodo analitico, sta-
bilendo, comune per comune, le tariffe per qualità e classe. I prezzi
adottati furono quelli del decennio 1813-1852; soltanto in via secon
daria la stima fu condotta sulla base dei canoni d'affitto.
L'estimo esprime la rendita del terreno ed è conteggiato in lire
nuove italiane.
Le case coloniche furono stimate solo per l'area che occupavano,
parificandole ai migliori terreni aratori del comune se situate nel borgo
rurale, ai terreni di cui fanno parte se sparse nel territorio.
II Catasto Napoletano è il più importante dei catasti descrittivi.
Le sue origini vanno ricercate nella legge fondamentale dell'8 novem
bre 1806, la quale stabilisce che siano soggette a contribuzione le terre
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI GENERALI DEL NUOVO CATASTO 321

di qualsiasi natura, anche se incolte, le case di città e campagna che


servono di abitazione o per l'industria rurale, le officine, fabbriche e
manifatture, i laghi, i canali di navigazione, le miniere, le cave di pietre.
L'imposta doveva incidere sul prodotto netto dei beni, cioè su ciò
che rimane al proprietario, dedotte le spese di coltura, semenza,, raccolta
c mantenimento. Però la contribuzione non poteva eccedere il quinto
del prodotto netto.
Il Catasto Napoletano manca di qualsiasi regolare operazione di
misura ed è privo di mappe. Inoltre, l'estimo, pur essendo per classi e
tariffe, come quasi t u t t i i catasti particellari, è fondato sulla stima
sintetica, f a t t a sulla base del valore locativo o prezzo di affitto e del
calore venale o prezzo di vendita.
Il principale difetto di questo catasto consiste nell'incertezza sul
dato della superfìcie dei terreni produttivi. Già nel 1871, al tempo del-
l'inchiesta sui catasti, si rilevò che, mentre la superfìcie geometrica del
compartimento napoletano f ) risultava di 7.914.500 ha, quella dei ter-
reni produttivi era di 5.640.644 ha, con una differenza di 2.273.856 et-
tari, vale a dire del 29 % del totale. Però, agli effetti tributari, questo
fatto non aveva grande importanza, perchè di solito non era alla super-
ficie che si aveva riguardo, ma al reddito ricavato da ogni singolo corpo
di terreno, considerato nel suo complesso.
I rilievi del Nuovo Catasto dimostrarono quanto fossero giustifi-
cati i timori dei compilatori dell'inchiesta; nella Lucania, il Catasto
Napoletano aveva dimenticato di rilevare 123.327 ettari, su di un totale
di 951.489; quindi circa il 13 % della superficie, anche se non era sfug-
gita all'imposta, era sfuggita alla catastazione.
Le norme del catasto napoletano furono adottate anche per la for-
mazione di quello siciliano, ordinato con decreto del 28 settembre 1810.
Però l'attuale catasto siciliano risale al decreto di rettificamento dell'8
agosto 1833, il quale, in verità, ordinava una opera nuova.
II catasto siciliano presenta le stesse caratteristiche di quello na-
poletano ; manca di mappe e di sistematiche rilevazioni analitiche e pre-
senta le stesse incongruenze nei riguardi della superficie.
Nel compartimento ligure-piemontese nel 1871 erano in vigore nu-
merosi catasti, i quali differivano f r a loro, per il metodo di formazione,
per i criteri di determinazione dell'estimo, per la moneta e per l'unità di
misura. In alcuni comuni il catasto era descrittivo, in altri era geome-
trico : ora particellare, ora per masse di colture. Inoltre, alcuni catasti
risalgono ad un'epoca così remota che se ne ignora persino l'origine;
altri sono privi delle fondamentali indicazioni. Infine, vi sono dei co-
muni che mancano di qualsiasi specie di catasto, e quindi, prima della

(') Compresi i territori dei Ducati di Benevento e di Pontecorvo, che erano


stati regolarmente misurati dal catasto pontificio.

G. ..Medici - Lezioni di estimo.


E S T I M O CATASTALE

legge di conguaglio del 14 luglio 1864, non erano soggetti a imposta


fondiaria.
I n questo compartimento, che nei riguardi catastali è il più etero-
geneo d'Italia, il Messedaglia distingue quattro categorie o tipi di ca
tasto, e cioè : i catasti antichi di Piemonte, i catasti di censo Milanese,
i catasti della Repubblica Ligure, i catasti francesi.
I primi, nella maggior parte, ebbero vita nella seconda metà del
1700, secondo le norme del regolamento del 5 dicembre 1775. Alcuni di
essi risalgono al 1600 e anche al 1500. I più antichi sono descrittivi e
mancano della indicazione della superficie. Negli altri il rilevamento
f u compiuto con la tavoletta pretoriana, e le mappe furono rappresen-
t a t i nella scala di 1 : 2362. L'estimo è quasi sempre a valor capitale, ma
non fu stabilito con criterio uniforme in t u t t i i comuni. L'unità mone-
taria è il soldo, l'unità di misura la giornata o tesa.
I catasti di censo milanese si trovano nei circondari di Novara,
Pallanza, Tortona, Voghera, Alessandria e Lomellina, cioè in quei ter-
ritori in cui, all'epoca dell'annessione al Piemonte dell'Alto e Basso
Novarese e Vigevanasco (1736 e 1743), erano già state compiute le ope-
razioni del censo milanese, perchè facenti parte del Ducato di Milano.
Dopo l'annessione, e precisamente nel 1758, si istituiva in Torino un
apposito Ufficio del Censimento, il quale continuò il lavoro, ordinando
anche la misura e la stima di quelle terre della provincia di Alessan-
dria, dove i lavori non avevano ancora avuto inizio. Nel 1775 si proce-
deva alla completa attivazione del catasto in tutte le provincie sopra-
ricordate.
I catasti della Repubblica Ligure, formati secondo le disposizioni
della legge 7 maggio 1798, sono descrittivi, e furono compilati su de-
nunzia dei possessori. L'estimo, espresso in valor capitale, è in lire
genovesi. Vi sono le indicazioni delle proprietà ; manca la nozione della
superficie e la distinzione delle culture.
I catasti francesi, compiuti nell'epoca napoleonica, in parte sono
particellari e in parte per masse di culture ; questi furono compilati dal
1804 al 1807, quelli dal 1808 al 1813. L'estimo è a valor capitale, in lire
italiane; la superficie è in ettari.
In Liguria e in Piemonte, nel 1871, sopra un totale di 1973 comuni,
827 avevano catasti geometrici; ben 1146 erano senza catasto, oppure
avevano catasti descrittivi. Regnava quindi il massimo disordine, sia
perchè i catasti esistenti erano di origini diversissime, spesso illeggibili,
sia perchè alcuni erano persino a base personale, cioè senza riguardo ai
comuni in cui i terreni censiti si trovavano.
II compartimento Modenese, analogamente a quanto avviene per il
Ligure-Piemontese, presenta una grande diversità nei suoi catasti; al-
cuni dei quali sono propri di territori un tempo appartenenti ad altro
stato e del quale hanno conservato il catasto, anche dopo l'annessione.
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI G E N E R A L I DEL NUOVO CATASTO 323

Il Messedaglia ne annovera dieci e precisamente l'Estense con estimo


di pianura e l'Estense con estimo di montagna ; quello della Garfagna-
na, il Lucchese antico e il Lucchese recente, il Parmense, il Mantovano,
il Toscano, il Massese, il Lunigiauese.
Questi catasti non differiscono molto tra loro perchè sono t u t t i de-
scrittivi, spesso f a t t i in base alle denunzie dei possessori, controllate da
stime di periti d'ufficio. Essi risalgono ad epoche diverse. Così l'estimo
della pianura di Modena e Reggio venne rinnovato nel 1786 ; quello di
montagna fu fatto nel 1834, e così via. I ricordati catasti, formavano
un insieme talmente disarmonico e creavano tali difficoltà nella pratica
fiscale, che lo Stato Italiano, con la legge del 1 gennaio 1880, stabilì di
rinnovarli.

4. - LA PEREQUAZIONE FONDIARIA

Prima della legge del 1886, nei nove compartimenti catastali, tenuto
conto delle duplicazioni e omettendo le minori suddivisioni, erano in
vigore 22 catasti.
Su 8382 comuni, nei quali era diviso il territorio del Pegno nel
1871, solo 4663 possedevano un catasto geometrico; il quale interessava
circa il 43 % della superficie del Pegno.
Quindi oltre la metà del territorio mancava di mappe di qualsiasi
genere. Ciò spiega perchè le proporzioni dei terreni improduttivi o non
censiti segnassero delle forti oscillazioni; dal 29 % nel catasto napole-
tano al 7 % circa nel catasto pontificio. Le differenze si accentuavano
per le singole Provincie. I n f a t t i , come risultò dall'inchiesta sui catasti
condotta nel 1871, vi erano alcune Provincie, come Catanzaro e Napoli,
le quali, secondo le risultanze catastali, avrebbero avuta una superficie
produttiva superiore a quella geografica.
Ciò spiega l'urgente necessità di una riforma, che eliminasse la spe-
requazione causata dalla diversità dei catasti esistenti. Tanto più che
accanto alla sperequazione f r a catasto e catasto, o sperequazione ester-
na, esisteva una sperequazione interna, f r a comune e comune, f r a pri-
vato e privato, che costituiva la vera sperequazione, alla quale era ben
più difficile porre rimedio.
L'impossibilità che il complesso dei catasti ereditati dagli state-
relli in cui era divisa la Penisola potesse servire ai nuovi bisogni del
Regno si manifestò in maniera evidente. Tra l'altro lo dimostra il fatto
che per distribuire il carico dell'imposta fondiaria in modo tale da avere
un minimo di perequazione, si dovette promulgare la legge 15 luglio
1864, n. 1831, la quale fu chiamata legge per il conguaglio (provvisorio)
dell'imposta fondiaria. Essa ripartiva il contingente di 110 milioni di
imposta fra i nove compartimenti catastali, suddividendolo poi per Pro-
vincie e per comuni.
310
E S T I M O CATASTAI,E

CONGUAGLIO (PROVVISORIO) DELL'IMPOSTA FONDIARIA (1864)

COMPARTIMENTO Totale Per abitante Per ogni 100 lire


CATASTALE Lire Lire di rendita

Piemonte e Liguria . . . . 20.079.106 5,28 11,93


Lombardia 17.717.478 6,49 13,39
Parma e Piacenza . . . . 2.508.719 5,35 12,25
3.491.096 5,42 12,47
8.270.598 4,72 12,64
Ex-Pontificio 11.570.675 4,09 13,17
33.530.353 4,77 12,73

Sicilia 10.184.586 4,58 12,71


Sardegna 2.640.789 4,01 12,48

Regno . . . 110.000.000 5,06 12,69

La legge del conguaglio provvisorio, se costituiva un lodevole ten


cativo, volto a mettere un po' d'ordine nell'imposta fondiaria, non rag-
giunse, uè poteva raggiungere, lo scopo, anche perchè la ripartizione
definitiva veniva f a t t a in base alle denuncie dei possessori ; metodo che,
per antica esperienza, si è dimostrato fallace. Quindi il problema della
perequazione fondiaria rimaneva insoluto, perchè i singoli proprietari
non erano chiamati a contribuire in relazione ai loro redditi. In propo
sito, il Minghetti (x), in occasione della discussione parlamentare del
disegno di legge su la perequazione fondiaria, ribadì sovente il concetto
che non bisognava f a r confronti f r a compartimento e compartimento,
f r a provincia e provincia, f r a comune e comune, perchè non è f r a questi
che vi è la sperequazione ma f r a contribuente e contribuente.
« Non è f r a comune e comune, f r a provincia e provincia, nè fra
compartimento e compartimento che si disputa; è f r a contribuente e
contribuente, qualunque sia il punto che il suo fondo occupi nella su
perfide del Regno. E non v'è nessuno che creda, e nessuno, in questa
discussione, ha osato di affermare che vi sia un comune solo in Italia,
nel quale t u t t i i contribuenti paghino in ragione esatta di quello che
dovrebbero pagare: anzi t u t t i sono persuasi e toccano con mano es-
servi in ciascun comune grandi sperequazioni f r a contribuente e con
tribuente ».

P) Cfr. Discorsi parlamentari di Marco Minghetti, raccolti e pubblicati i>er


deliberazione della Camera dei Deputati, voi. VIII, Roma, 1890, pag. 373 e segg.
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI GENERALI DEL NUOVO CATASTO 325

Il Grandi (*), direttore generale del catasto, ricorda che in quel


periodo la mancata perequazione del tributo fondiario non si può di-
stinguere dal fatto che l'Italia, costituita in Nazione, si poneva in cam
mino. Come f r a i lavoratori si cominciavano ad agitare i nuovi problemi
sociali, così nei proprietari delle terre si acuivano desideri, del resto
preziosi per il progresso, di maggiori rendite e di maggiori ricchezze.
« Quindi un aumentato interessamento per l'agricoltura, un suo evol-
versi, sia pure quasi inavvertibile, una necessità di ricorrere più di
frequente al credito fondiario, infine la coscienza, nella classe dirigente,
che era giunto il momento di intraprendere, con metodo uniforme a
scopi fiscali, ma anche a scopi civili, l'inventario della proprietà immo-
biliare italiana, cioè di procedere alla completa rinnovazione dei catasti.
« E venne la legge 1° marzo 1886, preceduta da una timida avan-
guardia, : la legge 1 gennaio 1880, n. 5222, sulla rinnovazione del catasto
nelle Provincie di Modena, Reggio e Massa, che su un complesso di 125
comuni avevano catasti con ben dieci origini differenti ».
« La legge della perequazione era, dunque, necessaria. Tuttavia può
aggiungersi che l'approvarla costituì un atto di ardimento e di fede ;
meglio ancora, f u una grande battaglia vinta in nome dell'Italia, unita
ma t u t t ' a l t r o che concorde, sulle gelosie e sulle diffidenze f r a il nord,
che la legge desiderava per poter riordinare il tributo fondiario di cui
sopportava o credeva di sopportare il massimo peso, ed il sud, che la
temeva, per gli aggravi d'imposta che avrebbero potuto derivargliene ».
Lo stesso Minghetti, a conclusione di uno dei suoi più importanti di-
scorsi, affermò che la perequazione presentata costituiva uno dei sim-
boli dell'unità della Patria.
« La legge finalmente passò, e gli uomini che la prepararono e la
vollero meritano d'essere ricordati. Tre specialmente : il Magliani, mi-
nistro delle finanze; il Messedaglia, commissario Regio, cioè, in so-
stanza, il costruttore tecnico della legge, ed il relatore per la Commis-
sione parlamentare, un uomo che ha anche un posto nella storia del Ri-
sorgimento : Marco Minghetti.
« Per sè stessa la legge aveva molti pregi, se pure commisti a qual-
che difetto, com'è inevitabile di tutte le cose umane. Ad ogni modo è
certo che il legislatore cercò di riassumere in essa quanto di meglio
fosse allora conosciuto in fatto di buoni catasti e che le mende non po-
tevano essere messe in luce se non dall'esperienza proveniente da una
applicazione in grande delle singole disposizioni, in misura molto più
vasta che non fosse quella, troppo modesta acquisita con il catasto mo
denese, che del resto era appena iniziato ma in nessuna parte concluso ».

P ) Cfr. : A . GRANDI - Stato e sviluppo dei lavori di formazione del catasto ita-
liano. Roma, Poligr. dello Stato, 1935-XIII.
310
E S T I M O CATASTAI,E

5. - L O S V I L U P P O DEI LAVORI CATASTALI (')

Il Nuovo Catasto, votato con la legge del 1886, avrebbe dovuto es


sere terminato in venti anni di tempo e con 60 milioni di spesa. Questa
promessa, che si trova nelle discussioni parlamentari e nella relazione,
portò ad ingiuste accuse verso la lunghezza dei lavori catastali; lamen
tele f a t t e da persone che non riuscivano a valutare l'enorme lavoro che
occorre per rinnovare t u t t i i catasti d'Italia, e cioè per levare le mappe
e stimare 28 milioni e 600 mila ettari di terreno. Questo erroneo con
cetto, che dominava l'opinione pubblica e gli uomini politici, fece sì
che gli stanziamenti fino al 1911 fossero di soli 7 milioni, assolutamente
inadeguati per procedere speditamente.
Lo sviluppo che i lavori catastali hanno avuto dal loro inizio al 30
giugno 1935 si presta ad una triplice distinzione. Nel primo periodo,
marzo 1888-30 giugno 1911, si allestì il catasto per circa il 17 % del-
l'intera superficie che allora aveva il Regno. Il periodo successivo, per
le urgenti necessità della guerra e per il disordine politico ed economico
del dopoguerra, è caratterizzato dalla lentezza dei lavori che si com
piono soltanto su nove centesimi del territorio. Con l'avvento del Regime
Fascista i lavori ripresero con tale intensità, che oggi si può giudicare
non lontano il compimento del catasto.

Rilevamento Media annua


e aggiornamento

ettari 1.457.537 145.753


1914--1923
particelle 2.074.333 207.433

ettari 6.630.352 552.528


1923--1935
particelle 11.990.894 999.241

Mentre negli esercizi del decennio 1914-1923 si rilevavano ogni anno


circa 140 mila ettari con 200 mila particelle, nel periodo successivo si è
giunti persino a rilevare, in un solo esercizio, oltre 800 mila ettari con
oltre 1,2 milioni di particelle.

O Tutte le notizie riportate in questo paragrafo, dedicato allo svolgimento dei


lavori catastali, sono ricavate dalle relazioni ufficiali e in particolare dalla sintesi
dell'ultima relazione annuale, pubblicata ne la « Rivista del Catasto e dei Servizi
tecnici erariali», anno III, n. 5, con il titolo L'andamento e lo stato dei lavori
per la formazione del Nuoro 'Catasto Italiano.
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI G E N E R A L I DEL NUOVO CATASTO 827

Lo stato dei lavori al 30 giugno 1935 è compendiato nelle seguenti


cifre :

Ettari Particelle

Triangolazione 25.73S.932 —

Rilevamento ed aggiornamento . . . 24.336.727 36.387.661


Qualificazione e classificazione . . . 23.571.355 Com. 5.777
Olassamento 22.716.654 32.837.613
Pubblicazione (ultimata o in corso) 19.680.241 29.446.415
Attivazione 16.919.473 —

Conservazione 16.464.668 r&v/.

Nel dodicennio 1923-1935 le operazioni catastali, considerate nelle


loro fasi essenziali (misura, stima, pubblicazione ed attivazione), eb-
bero rispettivamente, i seguenti incrementi :

Ettari Particelle

Rilevamento ed aggiornamento . . . 6.630.352 11.990.894


Stime 6.552.043 10.071.037
Pubblicazione - . . 4.593.369 7.447.791
Attivazione 4.588.347 —

Gli incrementi annuali medi per le operazioni di misura e di stima


furono rispettivamente di ha 552.530 e di ha 546.000 contro quelli di
ha 191.850 e di ha 449.000 avutisi nel periodo 1888-1923.
Gli incrementi raggiunti nell'ultimo dodicennio assumono maggior
valore quando si tenga presente che le zone rilevate in tale periodo pre-
sentano un più intenso frazionamento.
I n f a t t i , mentre nel periodo 1888-1923 la estensione media delle par-
ticelle rilevate fu di ha 0,73, nel periodo 1924-1935 fu invece soltanto di
ha 0,55 con una diminuzione quasi graduale di anno in anno tino a rag-
giungere, nell'esercizio 1934-35, la estensione media di ha 0,50.
Considerato sotto l'aspetto geografico, lo stato dei lavori risulta il
seguente.
In Piemonte hanno il Nuovo Catasto le provincie di Aosta, Cuneo,
Torino : soltanto in parte quelle di Alessandria, Asti, Novara e Ver-
celli. In Liguria ferve il lavoro per ultimare il catasto delle provincie
310 E S T I M O CATASTAI,E

di Savona, La Spezia, Genova ; a Imperia il catasto è già in conserva


zione. La Lombardia, esclusa la Valtellina, è t u t t a a Nuovo Catasto.
Così [iure il Veneto, ad eccezione della provincie di Belluno ed Udine.
Il Trentino, l'Alto Adige e la Venezia Giulia hanno il catasto austriaco.
I n Emilia i lavori sono terminati da tempo nelle provincie di Bologna,
Modena, Ravenna e Reggio; sono da terminare nelle provincie di Fer
rara, Forlì, Parma e Piacenza. In Toscana e in Umbria, nell'Abruzzo e
Molise, nel Lazio e anche nelle provincie di Ascoli e Macerata, i lavori
sono a buon punto. Quasi tutte le provincie della Campania, della Lu
cania e delle Puglie, hanno il Nuovo Catasto. Non così la Calabria, che
è rilevata soltanto a metà. I n Sicilia, le provincie di Catania, Palermo,
Ragusa e Siracusa sono in conservazione ; le altre lo saranno tra breve.
La Sardegna è t u t t a a Nuovo Catasto.
L'Amministrazione catastale facendo tesoro dell'esperienza compiuta
nel passato, senza intaccare i concetti fondamentali della, legge, apportò
alcune notevoli variazioni che facilitarono sensibilmente lo svolgimento
del lavoro.
Constatato che era malagevole attivare nella, stessa, data il Nuovo
Catasto su tutto il territorio provinciale, si autorizzò l'attivazione per
circoscrizioni dei distretti delle imposte dirette (R. IL 23 ottobre 1919,
n. 2089), oltre i quali non conviene andare.
Fu così attenuato il grave inconveniente dell'invecchiamento delle
mappe e quindi furono ridotte le spese ed il tempo occorrente per gli
aggiornamenti successivi al rilievo.
Fu poi semplificata la procedura per la rilevazione dei reclami pre-
sentati dai possessori in sede di pubblicazione, principalmente col defe-
rirne la decisione alle commissioni comunali, con facoltà di appello
alla commissione provinciale, mentre prima quelle non davano che sem-
plici pareri e queste ultime decidevano. Anche la farragginosa proce-
dura sulle tariffe d'estimo f u risanata, di colpo con l'abolizione delle
giunte tecniche, avvenuta implicitamente col decreto sulla revisione ge-
nerale degli estimi (7 gennaio 1923, n. 17). Per questo ora le tariffe sono
studiate e proposte dall'amministrazione catastale, e decise dalla com
missione centrale, dopo che su di esse hanno espresso il loro parere le
commissioni censuarie locali.

6. - L A L E G G E D E L L A P E R E Q U A Z I O N E FONDIARIA

La legge 1° marzo 1886, n. 3682, sulla perequazione fondiaria, intc


grata e modificata da una numerosa serie di leggi successive, ha dato
origine ad una vera e propria legislazione in materia catastale, che, con
il R. D. 8 ottobre 1931, n. 1572, è stata riunita in un Testo unico delle
leggi sul Nuovo Catasto. Il regolamento per la esecuzione del Testo
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI GENERALI DEL NUOVO CATASTO 329

unico, approvato con E. D. 12 ottobre 1933, n. 1539, dà ampi ragguagli


sui singoli titoli del Testo, che avremo spesso occasione di ricordare.
L'art. 1" della legge 1° marzo 1886 definisce nel modo seguente le
finalità e le modalità del Nuovo Catasto : « Sarà provveduto a cura
dello Stato, in tutto il Regno, alla- formazione di un catasto geometrico
particellare uniforme fondato sulla misura e sulla stima, allo scopo :
1°) di accertare le proprietà immobili e di tenere in evidenza le muta-
zioni; 2°) di perequare l'imposta f o n d i a r i a » .
L'art. 2 del citato Testo unico precisa che la misura avrà per og-
getto di rilevare la figura e la estensione delle singole particelle cata-
stali, rappresentandole con mappe planimetriche collegate a punti tri-
gonometrici. E definisce la particella, una porzione continua di terreno
situata in un medesimo comune, appartenente allo stesso possessore, ed
avente la medesima qualità di coltura e classe di produttività.
Il lavoro relativo alla formazione del catasto spetta alla Direzione
generale del catasto e dei servizi tecnici, organo del Ministero delle fi-
nanze. Da essa dipendono gli Uffici catastali, che si costituiscono e fun-
zionano nelle provincie ove il catasto è in formazione, e le Sezioni cata-
stali, che si costituiscono e funzionano in maniera permanente nelle Pro-
vincie ove il catasto è in conservazione.
Il rilevamento, eseguito dai periti delegati dall'Amministrazione del
catasto, porta alla formazione delle mappe nella scala di 1 : 2000. Sol-
tanto laddove lo richieda il maggio'r frazionamento delle particelle, le
mappe potranno essere nella scala di 1:1000 e di 1 : 500 ; si potrà adot-
tare invece la scala di 1:1000, dove lo consigli il minor frazionamento.
Prima di iniziare le operazioni di rilevamento si procederà alla de-
limitazione, cioè alla ricognizione della linea di confine, e, dove sia ne-
cessario, alla terminazione, cioè alla posizione dei termini; e ciò tanto
pei territori comunali o frazioni di comuni aventi patrimonio separato,
quanto per le proprietà comprese nei singoli comuni.
La delimitazione del territorio comunale, e delle proprietà comprese
nei singoli comuni, sarà eseguita per cura dell'Amministrazione del ca-
tasto, in concorso con la commissione censuaria comunale e in contrad-
ditorio delle p a r t i interessate o dei loro delegati.
A collaborare con l'Amministrazione del catasto sono chiamate le
commissioni censuarie comunali e provinciali, alle quali sono deman-
dati speciali compiti.
La commissione censuaria comunale si compone di tre o di cinque
membri effettivi e di due supplenti. Il loro numero è stabilito dal Pre-
letto, sentito l'Intendente di finanza.
Alla commissione comunale spetta :
a) di nominare gli indicatori catastali fra, persone probe ed esper-
te del territorio ;
V) di prestare il suo concorso nella delimitazione del territorio
310
E S T I M O CATASTAI,E

comunale e delle proprietà in esso comprese e di assistere i periti cata


stali in ogni altro caso indicato nel regolamento ;
c) di far eseguire d'ufficio ed a spese degli interessati la termina-
zione quando le Amministrazioni municipali ed i possessori non vi ab-
biano provveduto ;
d) di ricevere le denuncie per i miglioramenti ;
e) di prestare il suo concorso alla qualificazione e classificazione
del comune ;
f ) di prestare il suo concorso alla pubblicazione dei dati catastali ;
g) di decidere in prima istanza sui reclami dei possessori ;
h) di presentare osservazioni e reclami alla Commissione Ceu
trale sulla qualificazione, classificazione e tariffa dei terreni del pro-
prio comune ;
i) di ricorrere alla Commissione censuaria Centrale nel caso di
violazione di legge o per questioni di massima;
l) di fornire ai periti e agli Uffici catastali, nonché alle Commis-
sioni censuarie provinciali e Centrale, tutte le notizie ed informazioni
delle quali sia richiesta per le diverse operazioni occorrenti alla forma-
zione del catasto.
La Commissione censuaria provinciale si compone di un presidente
nominato dal Ministro delle Finanze e di quattro commissari effettivi
con due supplenti, nominati per una metà dallo stesso Ministro e per
l ' a l t r a metà dal Rettorato della provincia.
La Commissione provinciale dà voto motivato sui reclami delle coni
missioni comunali, contro le risultanze dei prospetti delle tariffe ; de
cide in appello sui reclami prodotti dai possessori contro le decisioni di
prima istanza delle commissioni comunali.
Le commissioni censuarie, oltre al disimpegno delle funzioni indi-
cate, prestano il loro concorso alle diverse operazioni del catasto ogni
qual volta ne vengano richieste dai competenti uffici.
Per procedere alle operazioni di delimitazione e di misura l'Am-
ministrazione catastale quaranta giorni prima invita con manifesto la
Amministrazione comunale a stabilire, in contradditorio con le rappre-
sentanze dei comuni limitrofi, le linee di confine del territorio comunale
e ad identificarle in modo certo e stabile.
Anche i possessori sono invitati a fissare i confini delle loro pro-
prietà in contradditorio coi possessori confinanti, a comporre le even-
tuali contestazioni, ed a piantare i termini necessari per mettere in
evidenza i confini stessi.
Prima di iniziare le operazioni il perito catastale, con manifesto,
comunica il giorno e la località in cui le operazioni avranno inizio, af-
finchè i possessori possano intervenire e dare al perito le indicazioni
del caso.
Nelle operazioni di delimitazione e di misura, nonché in quelle
I PRECEDENTI E I CARATTERI GENERALI DEL NUOVO CATASTO 331

di classamento, di cui tratteremo in seguito, il perito sarà assistito da


un indicatore, scelto dalla commissione censuaria comunale fra persone
probe ed esperte del territorio.
Dopo aver proceduto all'esame delle linee di contine del territorio
comunale e delle private proprietà e aver risolti i problemi relativi, il
perito procede al lavoro tecnico di rilevazione per formare la mappa, la
quale si deve collegare a punti trigonometrici.
Costituiscono particelle catastali, da rappresentarsi e da indivi-
duarsi separatamente all'atto del rilevamento, oltre gli appezzamenti
di possessori diversi e quelli soggetti ad enfiteusi o livello, anche :
a) le singole parti di un medesimo possesso, sebbene contigue,
quando differiscono fra loro per qualità di coltura ;
&) i fabbricati o porzioni di fabbricati urbani insieme alle loro
dipendenze, come cortili, pozzi e simili ;
c) i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali, colle loro dipen-
denze, come cortili, pozzi, aie e simili ;
d) le aie ed i cortili, quando non siano contigui ai fabbricati cui
servono ;
e) i cortili, gli anditi, ed altri spazi comuni a diversi possessori ;
/) l'area circoscritta dalle linee esterne delle fortezze, delle chiese,
dei cimiteri e degli spazi contigui destinati ad uso pubblico ;
g) le miniere, le cave, le torbiere, e le saline, quando non siano
sotterranee, e le tonnare, per la superficie occupata stabilmente ad uso
della relativa industria ;
li) le valli, i laghi e gli stagni da pesca ;
i) i terreni destinati a scopo di delizia, a colture che richiedono
speciali apparecchi di riparo o riscaldamento ; ed in generale tutti i
Terreni sottratti, per qualsivoglia altro uso, all'ordinaria coltivazione,
in quanto non siano da considerarsi come accessori di fabbricati ;
le) le strade ferrate e le tramvie in quanto abbiano sede propria,
colle rispettive dipendenze ;
l) i ponti soggetti a pedaggio ;
m) i canali, i viali, le strade, gli accessi e simili, di proprietà
privata, quando non appartengono ai possessori dei terreni fronteg
gianti ;
n) gli argini principali lungo i corsi d'acqua ;
o) le fontane pubbliche, i monumenti nazionali e piazze pubbli-
che, in quanto non siano da considerarsi come unite alle strade o una
continuazione delle medesime ;
p) i terreni di territorio comunale o possesso controversi ;
q) le spiagge, le rocce, le ghiaie, le sabbie nude e gli altri terreni
per propria natura improduttivi ;
r) e, in generale, tutte quelle porzioni di terreno che diversifi-
cano dal terreno contiguo, o per qualità di coltura, o per destinazione,
310
E S T I M O CATASTAI,E

o per altre speciali condizioni, escluse le prode ordinarie dei fondi, che
ne formano parte integrante.
Possono farsi particelle distinte anche per quei terreni che sono
situati nello stesso comune, appartengono allo stesso possessore e sono
della medesima qualità, od hanno la stessa destinazione, quando sono
divisi da fossi, muri, strade o da altre accidentalità naturali o arti
fìciali permanenti del terreno.
Si rilevano pure, e si rappresentano in mappa, senza che costituì
scano particelle catastali da numerarsi :
a) le strade nazionali, provinciali, comunali e vicinali, le piazze
pubbliche, i ponti non soggetti a pedaggio, ed in generale tutti gli im
mobili di proprietà dello Stato sottratti alla produzione per un pub-
blico servizio gratuito ;
b) l'alveo dei fiumi e dei torrenti ;
c) l'area di proprietà pubblica occupata da canali, laghi, stagni,
serbatoi e simili ;
d) i canali maestri per la condotta delle acque.
Di regola ogni Comune Amministrativo avrà una sola mappa ed
una sola tariffa.
Le eccezioni a questa regola dovranno essere autorizzate dal Mini
stero delle finanze con decreto speciale. In questo caso il comune si di
vide in sezioni per il solo scopo catastale, e le sezioni devono in gene
rale essere delimitate da strade, corsi d'acqua, o da altri limiti natu
rali o artificiali, e possibilmente da confini di proprietà.
I beni devono intestarsi ai rispettivi possessori, quali risultano al
l'atto del rilevamento, valendosi delle notizie raccolte durante la deli
nutazione e delle indicazioni che vengono fornite dai possessori o da chi
li rappresenta, o in mancanza di essi dalla commissione censuaria co
munale o dall'indicatore che accompagna il perito.
Nei casi di enfiteusi o livello, e di usufrutto, la intestazione deve
portare in linea principale l'enfiteuta o livellano, e l'usufruttuario, ed
in linea secondaria chi ha il dominio diretto o la proprietà del fondo.
Se la proprietà indivisa dell'immobile è comune a più persone, l'in-
testazione indicherà le quote dei singoli partecipanti, sebbene ciascuno
di essi sia tenuto in solido al pagamento dell'imposta.
Qualora sull'immobile coesistano, da parte di più persone, diversi
diritti reali di godimento dei f r u t t i o di altre utilità del sopra o sotto
suolo e gli interessati lo richiedano, la intestazione indicherà i singoli
compossessori, specificando per ognuno di essi i diritti reali di godi
mento spettantigli, e attribuendo ad uno dei compossessori ogni altro
diritto non specificato. L'Amministrazione catastale, in mancanza della
domanda dei compossessori, potrà, se crede, provvedere d'ufficio.
Nel caso di contestazione l'intestazione dei compossessori di fatto
porterà l'annotazione di riserva di ogni diritto.
I P R E C E D E N T I E I CARATTERI G E N E R A L I DEL NUOVO CATASTO 333

Nulla è innovato intorno all'obbligazione di soddisfare l'imposta


fondiaria incombente all'usufruttuario, all'usuario, al titolare del di
ritto di abitazione o all'entiteuta, debitore di un'annua prestazione in
denaro o in derrate, purché questa sia stabilita in una somma, o quan-
tità determinata. Nel caso che la prestazione sia stabilita in una quota
parte dei f r u t t i dell'immobile, si applicheranno le disposizioni del pre-
cedente capoverso.
Nulla è pure innovato in ordine ai rapporti di promiscuità costi-
tuiti dalla esigenza di usi civici e di altri diritti particolari a favore
di singole collettività sopra immobili di altrui proprietà.

7. - LA COMMISSIONE CENSUARIA CENTRALE.

La Commissione Censuaria Centrale è composta di dodici membri


effettivi e di tre supplenti, nominati dal Ministro delle Finanze, che la
presiede. Essa risiede presso il Ministero delle Finanze e decide sui
reclami e dà parere sulle questioni che il Ministro o l'Ufficio generale
del Catasto intenda sottoporle.
Precisamente essa decide :
a) sui reclami e sulle osservazioni e proposte dell'Ufficio gene-
rale del Catasto intorno alla qualificazione, alla classificazione ed alle
tariffe ;
l>) sui reclami dell'Amministrazione catastale e delle Commissioni
provinciali, ed anche delle minoranze di queste, per erroneità di criteri
seguiti in singoli comuni o in determinate zone nella esecuzione del
classamento ;
c) sui reclami dei possessori ed enti interessati, delle Commissioni
censuarie e dell'Amministrazione catastale, per violazione di legge e
per questioni di massima. È in facoltà della Commissione Centrale an-
che il decidere sul merito delle questioni che hanno dato luogo a rali
reclami, quando sorga conflitto di giurisdizione f r a diverse Commis-
sioni provinciali, ed in altri casi speciali a giudizio della stessa Com-
missione Centrale.
Dà parere :
а) sui metodi di rilevamento e sui limiti delle tolleranze da am-
mettersi nelle triangolazioni e nei rilevamenti particellari ;
б) sulle scale da adottarsi nella costruzione delle mappe ;
c) sulle istruzioni da darsi circa i criteri e i procedimenti che
si debbono seguire nelle operazioni di qualificazione, di classificazione e
di classamento e nella formazione delle tariffe ;
d) e, in generale, sulle istruzioni di massima relative alla forma-
zione ed alla pubblicazione del catasto ;
e) sulle norme da prescriversi per la conservazione del Nuovo
310
E S T I M O CATASTAI,E

Catasto e degli atti relativi, e per la determinazione dei suoi effetti


giuridici ;
/) sulle richieste delle Provincie per l'acceleramento delle opera
zioni catastali, sul tempo in cui possono essere compiute, sui preven
tivi delle spese all'uopo necessarie, e sui reclami delle Provincie a cata
sto accelerato contro gli aumenti di spesa e di tempo per il compi
mento delle operazioni ;
g) sopra qualsiasi altra questione concernente la formazione e la
conservazione del catasto, e sopra ogni altro affare tecnico od ammi
nistrativo sul quale il Ministro o il direttore generale credessero op
portuno di interpellarla.
Alla Commissione Censuaria Centrale spetta il fondamentale com
pito di stabilire le tariffe per t u t t i i comuni del Regno.
CAPITOLO II.

LA STIMA CENSUARIA

1. - I CIRCOLI CENSUARI

In questo capitolo ci limiteremo ad illustrare, su la base delle


istruzioni ufficiali del Ministero delle Finanze, i procedimenti seguiti
dall'Amministrazione catastale per stabilire la qualità, la classe e la
rendita di ogni particella. Le considerazioni critiche sono rimandate al
successivo capitolo.
Le operazioni di qualificazione e classificazione devono essere pre-
cedute dalla divisione del territorio di ciascuna provincia in circoli
censuari, cioè in zone comprendenti un gruppo di comuhi contigui che
siano in analoghe condizioni topografiche, agricole ed economiche.
Allo scopo di rendersi conto delle condizioni generali dell'agricol-
tura nella provincia, si compiono studi intorno alla natura agrogeolo-
gica dei terreni, al clima, al regime idraulico, alle condizioni econo-
mico-agrarie del territorio. Quindi, per ogni circolo censuario, si sce-
glierà un comune che comprenda le qualità di coltura predominanti
nel circolo, e che si trovi in condizioni di poter servire come tipo per
le operazioni di stima da compiersi nel circolo stesso.

2. - LA QUALIFICAZIONE

La qualificazione consiste nel distinguere i terreni di ciascun co-


mune secondo le varie loro qualità, dipendenti dalla diversa coltiva-
zione a cui vengono destinati, dal diverso prodotto spontaneo, od anche
da altre condizioni o circostanze notevoli e permanenti.
Per indicare i lerreni di una stessa qualità, si devono usare deno-
minazioni uniformi in t u t t i i comuni, in base al seguente quadro di
qualificazione dei terreni, compilato dalla direzione generale del catasto.
1. Seminativo. - Terreno lavorato coll'aratro, o colla vanga, o colla
zappa, senza distinzione di posizione, la cui coltivazione è avvicendata,
o suscettibile di esserlo, a cereali o anche a legumi, a tuberi, a piante
fìlerecce, a piante erbacee da foraggio od a piante industriali tempo-
ranee.
310
E S T I M O CATASTAI,E

2. Seminativo irriguo. - Terreno come sopra, irrigato con acqua


propria o di affìtto, sia che nell'avvicendamento ricorrano coltivazioni
richiedenti necessariamente l'irrigazione, come per es. : il riso, sia che
a talune l'irrigazione non sia indispensabile.
3. Seminativo arborato. - Seminativo come al n. 1, in cui esistono
viti o alberi allineati o sparsi, il cui prodotto costituisca un fattore no
tevole del reddito del fondo.
4. Seminativo arborato irriguo. - Seminativo come sopra, cui si
applichi l'irrigazione come al n. 2.
5. Prato. - Terreno comunque situato, produttore dì foraggio erba
ceo, falciabile almeno una volta all'anno per essere conservato in fieno.
6. Prato irriguo. - Terreno a prato perenne come sopra, che goda
del beneficio di una regolare irrigazione o con acqua propria o con
acqua d'affitto.
7. Prato arborato. - Terreno come sopra al n. 5, in cui esistono
alberi come al n. 3.
8. Prato irriguo arborato. - Terreno come sopra al n. 7, in cui si
applichi l'irrigazione come al n. 2.
9. Prato a marcita. - Terreno a prato perenne irrigato con acqua
propria o d'affitto, non solo nella stagione estiva ma anche nella iemale,
in modo da fornire un taglio almeno di erbe o nell'autunno avanzato,
o alla fine dell'inverno.
10. Risaia stabile. - Terreno fornito di acqua d'irrigazione, o prò
pria, o di affitto, coltivato a riso esclusivamente.
11. Pascolo. - Terreno produttore di erbaggi utilizzabili come fo
raggio, i quali non si possono economicamente falciare, e si fanno pa-
scolare dal bestiame.
12. Pascolo arborato. - Terreno come sopra al n. 11, in cui esi
stono alberi, come ai nn. 3 e 7.
13. Pascolo cespugliato. - Terreno pascolativo, sparso di cespugli,
che con l'ombra e l'estesa occupazione dello spazio riducono a limiti ri-
stretti la produzione delle erbe.
14. Giardini. - Terreni destinati a scopo di delizia, a colture che
richiedono speciale apparecchio di riparo o riscaldamento, o in gene-
rale sottratti, per qualsivoglia uso, alla ordinaria coltivazione, in quan
to non siano a considerarsi come accessori dei fabbricati rurali.
15. Orto. - Terreno coltivato ad ortaggi per scopo commerciale.
16. Orto irriguo. - Terreno come sopra al n. 15, che gode di una re
golare irrigazione.
17. Agrumeto. - Terreni coltivati ad agrumi di ogni specie.
18. Vigneto. - Terreno coltivato a viti allo scopo di ottenere, o esclu
sivamente o principalmente, dal suolo il massimo raccolto di uva, attri
buendosi agli altri prodotti un'importanza secondaria.
LA STIMA CENSUARIA

19. Frutteti. - Terreno coltivato a piante da f r u t t o esclusivamente


o principalmente, attribuendosi agli altri prodotti un'importanza se-
condaria.
20. Uliveto. - Terreno coltivato ad olivi esclusivamente o principal-
mente, attribuendosi agli altri prodotti un'importanza secondaria.
21. (telseto. - Terreno coltivato a gelsi esclusivamente o principal-
mente, attribuendosi agli altri prodotti un'importanza secondaria.
22. Colture speciali ad alcune parti d'Italia. - Escluse quelle col-
ture che entrano nelle rotazioni agrarie e quelle che possono essere as-
segnate ad altre qualità del presente quadro.
23. C 'astagneto da frutto. - Terreno coltivato esclusivamente o prin-
cipalmente a castagni da frutto, attribuendosi un'importanza seconda-
ria agli altri prodotti.
21. Canneto. - Terreno produttore di canne destinate al servizio
delle vigne ed al commercio.
25. Bosco di alto fusto. - Terreno occupato da alberi di alto fusto
di ogni genere.
26. Bosco ceduo. - Terreno occupato da alberi di ogni genere che si
tagliano ad intervalli generalmente non maggiori di 15 anni,-sia di cep-
pala che di piante a capitozza.
27. Bosco misto. Bosco composto promiscuamente di alto fusto e
di ceduo.
28. Incolto produttivo. - Qualunque terreno, non compreso nei pre-
cedenti titoli, che senza l'intervento della mano dell'uomo dia un pro-
dotto valutabile, anche minimo.
29. Ferrovia e tramvia con sede propria.
30. Incolto sterile. - Terreni assolutamente improduttivi.
Le seguenti particelle sono esenti, da stima : fabbricato da accer-
tare all'urbano; fabbricato urbano; fabbricato r u r a l e ; fabbricato pel-
li culto; fortificazioni; cimitero; miniere, cave, torbiere, saline, tonnare,
laghi e stagni da pesca; stagno; parchi e viali di rimembranza; campi
di aviazione o di fortuna ed aeroporti.
I periti catastali devono attenersi rigorosamente al prospetto ge-
nerale delle qualità. Soltanto in casi eccezionali, allo scopo di rendere
più facile la formazione delle scale di merito di cui tratteremo in se-
guito, o di evitare nelle ulteriori operazioni un numero troppo grande
di classi, o di tenere conto di condizioni e circostanze notevoli e perma-
nenti non contemplate nel prospetto generale, si potranno aggiungere
nei prospetti di qualificazione di singoli comuni altre qualità oltre a
quelle descritte nel quadro generale predetto.
Le denominazioni usate nel -quadro generale di qualificazione si ri-
feriscono o alle coltivazioni erbacee {qualità di suolo : seminativo, pra-
to, prato irriguo, ecc.) o alle coltivazioni arbustive ed arboree (qualità
di soprassuolo : vigneto, oliveto, bosco, ecc.) oppure a tutte due le specie

G. Medici - Lezioni di estimo.


22
310
E S T I M O CATASTAI,E

di coltivazione, ponendo però in linea secondaria quelle di soprassuolo


(qualità di suolo arborato : seminativo arborato, prato arborato, ecc.).
In generale la qualificazione dei terreni a coltura promiscua si f a
prendendo come criterio fondamentale la prevalenza di una delle col-
ture. Si deve inoltre tener conto anche dell'aspetto complessivo della
coltura. Cosi le piante da legna, che in piccolo numero si trovano sparse
sul terreno, o poste sul contorno degli appezzamenti, o sulle ripe, non si
prendono in considerazione agli effetti della qualificazione. Ricordiamo
anche che quei terreni nei quali si suole alternare regolarmente la col
tivazione col riposo di uno o più anni, saranno di regola qualificati se
minativi. Il contrario avverrà per i terreni nei quali il riposo viene in
terrotto a lunghi ed irregolari intervalli di tempo; essi si qualifiche-
ranno come pascoli od incolti produttivi.
Saranno qualificati come irrigui t u t t i i terreni che di solito sono
irrigati, indipendentemente dalla proprietà dell'acqua di irrigazione. Si
considerano irrigui anche quei terreni che, secondo l'avvicendamento iti
uso, non si sogliono irrigare t u t t i gli anni, e quelli irrigati con acqua
di origine e derivazione incerta.
Non si faranno qualità distinte :
a) dei parchi e dei fondi cinti da muro ;
b) dei terreni il cui godimento è vincolato da leggi locali o fore-
stali e di quelli sui quali il Governo esercita speciali diritti ;
c) dei terreni soggetti a servitù militare od a tasse consorziali ;
d) dei terreni soggetti a pesi, decime e canoni enfiteutici o livel-
lari, diritti di pascolo o di legnatico, debiti e pesi ipotecari, compensi e
prestazioni in genere : i terreni stessi dovendosi considerare come liberi ;
e) dei terreni soggetti alle inondazioni, sia che queste accadano
quasi ogni anno, o a brevi periodi pressoché certi, sia che si verifichino
ad intervalli irregolari.

3. - LA CLASSIFICAZIONE

Dopo avere fatto la qualificazione, si procede alla classificazione, la


quale consiste nel suddividere ogni qualità in tante classi quanti sono i
gradi notabilmente diversi della rispettiva produttività, tenuto conto
delle condizioni fisiche ed economiche influenti sulla relativa rendita
netta, e precisando, per ciascuna classe, le principali caratteristiche che
valgano a distinguerla dalle altre.
Per conseguenza la classificazione sarà basata principalmente su le
condizioni agronomiche ed economiche dei terreni in quanto sono causa
di differenze nella produzione agraria e nelle spese relative. Di ciascuna
classe si rilevano e determinano chiaramente le caratteristiche lisico-
agrarie ed economiche considerando i seguenti elementi :
LA S T I M A CENSUARIA 339

a) la natura, struttura o costituzione del terreno, la profondità


dello strato coltivabile e la qualità del sottosuolo ;
b) la giacitura e l'esposizione dei terreni ;
c) le condizioni climatologiche in genere e più specialmente se i
terreni siano soggetti a grandine, brine, venti impetuosi, ecc. ;
d) l'attitudine del terreno a produrre, indicando se si t r a t t a di
fertilità d'origine, o se è procacciata e resa stabile coll'impiego di mezzi
artificiali o anche eccezionali;
e) il numero medio ordinario o normale delle piante fruttifere, pel-
le diverse classi delle qualità di soprassuolo e per i diversi gradi di so-
prassuolo e la loro specie;
fi la qualità, la temperatura e la quantità delle acque di irriga-
zione ed il sistema di irrigazione.
Questi elementi sono presi in considerazione nei loro rapporti con
la specie, la quantità e la bontà dei prodotti conseguibili in via ordi-
naria, e con l'importanza delle spese di produzione corrispondenti.
Ora, siccome in sostanza ogni classe comprende t u t t i quei terreni di
una stessa qualità che danno la stessa rendita, ne deriva che ciascuna
delle classi, in cui viene divisa una qualità di coltura, può risultare l'or-
mata tanto da terreni in condizioni tìsico-agrarie ed economiche uni-
formi o quasi, quanto da gruppi di terreni in condizioni e con caratte-
ristiche differenti. I n f a t t i , per la varia influenza di tali condizioni sulla
produzione agraria e sulle spese relative, può avvenire che la rendita di
terreni appartenenti a gruppi diversi risulti uguale o poco differente.
Così possono concorrere a formare una stessa classe di seminativo terreni
situati in piano e terreni situati in colle ; oppure possono concorrere a
formare una stessa classe di bosco, boschi a forte produzione con rile-
vanti spese di trasporto della legna, e boschi a produzione mediocre con
piccole spese di trasporto, ecc.
La divisione in classi delle qualità di suolo o di soprassuolo, si fa
in base alle circostanze influenti sulla rendita ritraibile con la coltiva-
zione di suolo o di soprassuolo. Qualora però in una qualità di sopras-
suolo si ottenga anche un prodotto diretto di suolo non trascurabile, si
tiene conto, in via accessoria, anche delle circostanze influenti sulla ren-
dita del suolo. Invece, per le qualità di suolo arborate si considerano
separatamente le circostanze influenti sulla rendita ritraibile dalle col-
tivazioni erbacee, per formare classi provvisorie di suolo diverse, e le
circostanze influenti sulla rendita ritraibile dalle coltivazioni arboree ed
arbustive, per formare analoghe distinzioni che per maggior chiarezza
si chiamano gradi.
Di solito si forma un solo grado di soprassuolo per una stessa classe
di suolo. In nessun caso si formano più di tre gradi di soprassuolo, [ter
una stessa classe di suolo.
310
E S T I M O CATASTAI,E

Di regola la classificazione viene f a t t a simultaneamente colla qua


liticatone.
Dopo aver acquistata una sufficiente cognizione del territorio, si prò
cede alla identificazione dei terreni migliori e dei più scadenti d'ogni
qualità di soprassuolo, per la formazione delle due classi estreme. Sì (le
termina poi il numero delle classi intermedie, a seconda della maggiore
o minore distanza che passa fra le rendite ritraibili dalle due classi estro
me. Fra le classi successive deve esistere una differenza ben marcata di
condizioni. Si trascurano le piccole differenze allo scopo di rendere più
sicura l'equa applicazione della classe.
Il numero delle classi può variare, da qualità a qualità di coltura,
nello stesso comune; e, nella stessa qualità, da connine a connine. Tale
numero di solito sarà maggiore nei comuni ove è massima la differenza
di merito f r a i terreni ottimi e gli infimi inscritti nella qualità stessa, e
diminuirà gradualmente tino a raggiungere il minimo nei comuni pei
quali è minima la differenza di merito f r a le classi estreme.
11 numero delle classi di ciascuna qualità di regola non può essere
superiore a cinque.
1. - L . \ PARTICELLA TIPO

In sede di classificazione, per ogni qualità, classe o grado, si pro-


cederà alla scelta di particelle tipo da servire come termini di confronto
per il successivo classamento; esse devono quindi rivestire in grado emi
nente le caratteristiche dei terreni ai quali compete una determinata
classe, o grado. Per questo sono scelti di preferenza gli appezzamenti
con terreno di n a t u r a uniforme e nei quali da lungo tempo l'agricoltura
si eserciti coi mezzi ordinari e secondo i consueti avvicendamenti agl'ari.
Per stabilire il numero delle particelle da scegliere come tipo per
ogni classe o grado, ci si basa su l'estensione del comune e su la situa-
zione dei terreni di eguale merito. Qualora poi i terreni da comprendere
nella stessa classe, o i soprassuoli da comprendere nello stesso grado,
costituiscano gruppi distinti, posti in diverse zone del territorio, con
diverse caratteristiche fisico-agrarie od economiche, si sceglieranno tipi
per ciascun gruppo e ciascuna zona.
Così pure si sceglierà un congruo numero di particelle-tipo per le
principali combinazioni delle diverse specie di produzione del sopras-
suolo, costituenti uno stesso grado. Ad esempio, se un dato grado di
soprassuolo, da applicarsi ad una determinata classe di seminativo, può
essere formato tanto da sole viti, quanto da soli ulivi, (pianto da viti ed
ulivi frammisti, si sceglieranno particelle-tipo distinte di quel grado con
sole viti, con soli ulivi, e con viti ed ulivi frammisti.
LA S T I M A CENSUARIA 351

5. - LE SCALE DI M E R I T O

Compiuta la qualificazione e la classificazione, si forma per ogni


circolo censuario una scala di merito estesa a t u t t e le classi delle varie
qualità di coltura del comune-tipo, ed ai tipi sussidiari scelti in altri
comuni del circolo.
Tale scala deve rappresentare il merito relativo dei terreni compresi
nelle diverse qualità e classi, così che, dopo essere stata eventualmente
modificata e perfezionata nelle successive operazioni, possa fornire una
serie di termini proporzionali ai valori delle tariffe.
Tutte le classi delle varie qualità di coltura vengono ordinate nella
scala di merito attribuendo il valore 100 alla classe di maggior merito
del comune tipo e valori proporzionali al loro merito rispettivo alle
altre classi della stessa qualità e di ciascuna delle altre qualità di col-
tura del comune tipo, ed alle classi scelte come tipi sussidiari in altri
comuni del circolo.
Per la formazione della scala di merito ci si vale, oltreché di t u t t i
gli elementi ricordati, anche dei rapporti f r a i prezzi normali di affitto
e di vendita dei terreni inscritti nelle differenti qualità e classi.

0. - LE SCALE DI COLLEGAMENTO

In base alle notizie ed informazioni raccolte durante i sopraluoghi


per ciascun comune, si predispone una scala di collegamento fra il
merito delle classi di ciascuna qualità del comune in esame e il merito
delle classi della stessa qualità di coltura dei comuni limitrofi preceden-
temente visitati e del comune tipo.
Inoltre, per ogni circolo censuario si forma un riassunto delle scale
di collegamento e di merito, nel quale si esporranno i coefficienti di
merito clic competono ad ogni classe di ciascuna qualità di ogni comune
del circolo, attribuendo il valore 100 alla classe di maggior merito del
comune tipo.
A conclusione del lavoro di qualificazione e classificazione si com-
pila per ciascun comune, un prospetto di qualificazione e classificazione,
nel quale si indicheranno le qualità di coltura riscontrate nel comune
ed il numero delle classi in cui ciascuna qualità fu divisa, e si descri-
veranno le principali loro caratteristiche fisico-agrarie.

7. - IL CLASSAMENTO

Il classamento, ossia l'attribuzione di qualità e classe, consiste nel


riscontrare sopra luogo la qualità di ogni particella catastale, e nel
collocarla in quella tra le classi prestabilite nel prospetto di qualifica-
E S T I M O CATASTALE

zione e classificazione che, f a t t i gli opportuni confronti con le particelle


tipo, ne presenta le caratteristiche ed i dati conformi, o piti prossimi,
rispetto al grado di produttività ed alle particolari condizioni della par-
ticella medesima.
È questa la vera e propria operazione estimale, in quanto il perito,
dopo avere compiuto i lavori preparatori di qualificazione e classifica
zione, esamina singolarmente tutte le particelle catastali e per ognuna
esprime il suo giudizio di stima, che consiste nell'assegnare la parti-
cella ad una data qualità e classe. Il perito classatore percorre il terri-
torio avendo ben presenti le sue particelle tipo o particelle campione e,
valendosi di queste, stabilisce a quale più si avvicini ciascuna delle par-
ticelle considerate.
A rendere meglio l'idea può giovare il paragone di colui che deve
classificare t a n t i libri, secondo la materia t r a t t a t a , in un numero deter-
minato di scaffali, ciascuno dei quali si riferisce ad una data materia ;
il classatore di libri procede come il classatore delle particelle. Entrambi
devono confrontare i libri e le particelle da classificare con le singole
materie tipo o campione (economia, estimo generale, estimo catastale,
ecc.) e con le singole particelle tipo. Dopo avere esaminato attenta-
mente il libro si potrà stabilire che esso deve essere compreso, ad es.,
nello scaffale di estimo generale; analogamente, dopo avere attenta-
mente esaminata la particella, si potrà stabilire che essa va, per es.,
assimilata alla particella tipo del seminativo di terza, perchè questa è
la particella tipo più vicina a quella considerata (').
Quando le operazioni di classamento sono compiute contempora-
neamente a quelle di delimitazione, oltre agli atti che debbono essere
forniti al delimitatore, si consegnano t u t t i gli altri documenti appre-
stati durante le operazioni precedenti. F r a essi mancheranno però il
repertorio generale di formazione del catasto, la copia della, mappa e
l'indice alfabetico su schede, che saranno messi a disposizione del clas-
satore quando le operazioni di classamento si faranno posteriormente
alle operazioni di misura.
Prima di intraprendere le operazioni di classamento bisogna esami
nare le particelle tipo, per rendersi ragione della divisione adottata
per i terreni del comune, del carattere di ogni qualità e classe, nonché

(') Un altro paragone non privo di efficacia è stato l'atto da alcuni autori )>er
rendere più evidente la natura del classamento. Essi immaginano il perito clas-
satore provvisto di un campionario di particelle tipo, analogamente al viaggiatore
di commercio fornito di un campionario di stoffe: come il viaggiatore stabilisce
a quale tipo di stoffa si avvicina di più quella mostrata e desiderata dal cliente
confrontando questa con i tipi contenuti nel campionario, cosi il classatore stabi-
lisce a quale particella tipo si avvicina di più quella in esame confrontandola
con tutte le particelle tipo stabilite in precedenza. Si tratta quindi di campionari•
tutte le particelle del territorio considerato.
LA S T I M A CENSUARIA 343

dei gruppi di particelle della stessa qualità che, pure avendo caratteri-
stiche diverse, tengono nella scala di merito lo stesso posto e concor-
rono quindi a formare una stessa classe. Per le qualità di suolo arbo-
rato si devono esaminare attentamente le caratteristiche speciali dei
diversi gradì di soprassuolo che, secondo ii prospetto di qualificazione e
classificazione, possono insistere sopra terreni della stessa classe di suolo.
Compiute le operazioni preliminari, si procede, per ogni singola par-
ticella catastale, alle operazioni di classamento vero e proprio, cioè si
esamineranno tutte le particelle e a ciascuna si attribuirà la qualità di
coltura e la classe di produttività.
Qualora, in sede di classamento, si riscontrassero in parecchie parti-
celle delle differenze di produttività troppo grandi e fuori dei limiti
entro i quali sono circoscritte le classi di una qualità, o non fosse de-
scritta nel prospetto di qualificazione e classificazione una qualità cor-
rispondente a quella che ad esse competerebbe, od anche si trovasse un
numero troppo esiguo di particelle da collocare in una data qualità o
classe, si possono proporre le opportune modificazioni al detto prospetto.
I terreni dovranno essere qualificati ed inscritti in catasto secondo
lo stato di coltura o di destinazione nel quale si troveranno all'atto del
rilevamento, senza tener conto di deterioramenti intenzionali o dipen-
denti da circostanze eccezionali o transitorie. I miglioramenti avranno
effetto in catasto soltanto dopo cinque anni dall'epoca in cui il posses-
sore dimostrerà di averli introdotti, senza pregiudizio delle maggiori
esenzioni accordate da leggi speciali.
I possessori interessati, quando nou abbiano f a t t a la denuncia pre-
ventiva dei miglioramenti, possono provare nel modo che ritengono mi-
gliore la entità dei miglioramenti, la data di questi e lo stato dei terreni
anteriore ai miglioramenti medesimi.
II legislatore ha espressamente stabilito che la stima si riferisca ai
metodi ordinari di coltura. Quindi non si terrà conto dello stato effet-
tivo dei terreni conservati e coltivati con straordinaria diligenza e con
metodi singolari. Analogamente non si avrà riguardo ai deterioramenti
intenzionali a frode del catasto, o dipendenti da circostanze affatto acci-
dentali o transitorie, o da una straordinaria trascuratezza dei possessori,
conduttori o coltivatori. In entrambi i casi si applicheranno la classe
ed il grado che ai terreni competerebbero qualora fossero conservati e
coltivati coi mezzi e metodi di coltura che sono più comunemente in uso
nel territorio.
Qualora si riscontrasse, in sede di classamento, che un appezzamento
della stessa qualità non può essere collocato per intero nella medesima
classe, per notevoli differenze di produttività o per altre condizioni in-
fluenti, allora si divide in tante particelle, quante sono le diverse classi
che ad esse rispettivamente competono. Va inoltre osservato che, quando
le spese per opere permanenti di difesa, di scolo e di bonifica, sostenute
310
E S T I M O CATASTAI,E

da privati possessori, non siano state esplicitamente considerate nel de


terminare le caratteristiche delle classi e, riflettendo esse poche parti
celle, non siansi stabiliti uno o più gradi di deduzione, distinti con
simboli speciali da applicare alle particelle soggette a quelle spese, se
ne terrà conto assegnando le particelle ad una classe inferiore.
Ln modo analogo si terrà conto delle spese per manutenzione dei
fondi e per trasporto dei prodotti nei luoghi di custodia, dei danni
derivanti da inondazioni ordinarie, da lavine e frane, e dei vincoli
forestali, qualora tali spese, danni e vincoli, riflettendo poche parti
c e l l e , non siano stati tenuti in conto nella classificazione propriamente
detta, e neppure coli'istituire corrispondenti gradi di deduzione distìnti
con simboli speciali.
1 terreni soggetti a servitù militare sono distinti con simboli spe-
ciali, corrispondenti alle diverse zone di servitù, onde poter poi provve-
dere, in sede di tariffa, alle eventuali deduzioni da portare alle rendite
di quelle particelle. 1 terreni destinati a scopo di delizia, a colture (he
richiedono speciali apparecchi di riparo o di riscaldamento, ed in gene-
rale sottratti all'ordinaria coltivazione, in quanto non siano da consi-
derarsi come accessori dei fabbricati rurali, si stimeranno per parifica
zione, attribuendo loro la qualità e la classe del migliore fra i, terreni
contigui, che siano in condizioni topografiche ed agrologiche non sostan-
zialmente diverse.
I terreni coltivati ad ortaggi, per uso della famiglia del possessore
o di quella del colono, qualora siano contigui ad un appezzamento dello
stesso possessore, non formano particelle distinte. Quando invece l'orto
per uso domestico sia separato dal rimanente fondo dello stesso pos-
sessore, o comunque debba costituire particella, si qualificherà come se-
minativo, ovvero, se è irrigato, come seminativo irriguo.
Sono escluse dall'estimo dei terreni :
a) le aree dei fabbricati urbani, degli opifici e dei fabbricati rurali
colle loro dipendenze ;
b) le aree dei fabbricati destinati all'esercizio dei culti ammessi
dallo S t a t o ;
c) le aree occupate dai cimiteri, dai parchi e dai viali della ri-
membranza e dalle loro dipendenze, siano terreni o fabbricati ;
d) le aree occupate dai fabbricati, ed i terreni demaniali dello
Stato, costituenti le fortificazioni militari e le loro dipendenze;
e) l'area occupata dall'alveo dei fiumi e dei torrenti, la superficie
dei laghi pubblici, le spiaggie, le rocce, le sabbie nude, e gli altri terreni
per propria natura affatto improduttivi;
f ) le strade nazionali, provinciali, comunali, le piazze, i ponti non
soggetti a pedaggio ed in generale t u t t i gli immobili di proprietà dello
Stato sottratti alla produzione per un pubblico servizio gratuito;
LA STIMA CENSUARIA 345

g) le strade vicinali contemplate dall'art. 19 della legge 20 marzo


1805 ;
li) la superficie occupata dai canali maestri per la condotta delle
acque ;
i) le miniere, le cave, ie torbiere, le saline, i laghi e gli stagni da
pesca colla superficie occupata stabilmente per la relativa industria, e
le tonnare.
Sono considerati accessori o dipendenze- dei fabbricati rurali i pozzi,
i cortili, le -concimaie, le aie e simili, quando siano esclusivamente e sta-
bilmente destinati agli usi proprii dell'agricoltore. Al contrario, non sono
considerati tali gli orti, le aie provvisorie, ed in generale t u t t i quegli spa-
zi che vengono occupati solo temporaneamente per deposito di concimi o
di attrezzi o di prodotti agricoli, oppure che non servono esclusivamente
alla prima manipolazione dei prodotti stessi, ma anche ad ulteriori usi
o lavorazioni per tini industriali e commerciali.
Le acque di irrigazione si intendono comprese per iì loro effetto
utile nella stima dei terreni cui servono. Nel ca-so di terreni irrigati
con acque in tutto o in parte di affitto o concesse a canone, sarà f a t t a
dal reddito una proporzionata detrazione per il costo.dell'acqua. Alla
superficie dei canali maestri per la condotta delle acque non si attri-
buirà alcuna rendita in quanto i canali stessi servano alla irrigazione,
allo scolo o ad altro interesse agricolo di ragione pubblica o consorziale.
Si comprenderanno f r a questi canali quelli che portano le acque d'irri-
gazione dal punto di presa all'ultimo podere cui servono o nei quali
immettono i canali di scolo delle singole proprietà. Non potranno -con-
siderarsi come canali maestri, agli effetti dell'esenzione dall'estimo, i
canaletti distributori dell'acqua d'irrigazione dei singoli fondi, a meno
che non servano anche alla distribuzione delle acque nei fondi apparte-
nenti ad altri possessori.

8. - G E N E R A L I T À INTORNO ALLA DETERMINAZIONE DELLA TARIFFA

Le operazioni di qualificazione, classificazione e classamento sono


distinte da quelle di stima propriamente dette, che consistono nella de-
terminazione della tariffa, cioè della rendita imponibile di un ettaro per
ciascuna qualità e- classe. I n f a t t i , allorché si procede nelle operazioni di
classamento si compie già una stima in quanto si attribuisce ad ogni
particella di terreno una qualità e una classe, ma per fare questa attri-
buzione non è necessario avere calcolata la tariffa : basta avere f a t t o le
operazioni di qualificazione e di classificazione e avere -costruito le scale
di merito.
Ora ci occuperemo in maniera particolare dei procedimenti seguiti
dall'amministrazione del catasto per giungere alla determinazione delle
tariffe.
310
E S T I M O CATASTAI,E

Per la determinazione delle nuove tariffe sono ammessi tutti i me-


todi di stima suggeriti dall'estimo rurale per la determinazione della
rendita fondiaria quale base del valore dei beni rustici, tenendo presente
però le differenze che passano tra la rendita catastale e il reddito fon
diario :
1°) il reddito fondiario di solito si riferisce ad una unità econo-
mica (azienda, podere, ecc.); la rendita catastale si riferisce alla par-
ticella;
2°) il reddito fondiario è al netto delle imposte e sovrimposte ter-
reni ; la rendita catastale è al lordo di queste ;
3°) il reddito fondiario di solito è attuale, cioè si riferisce al mo-
mento presente; la rendita catastale si riferisce ad una data epoca di
stima ;
4°) il reddito fondiario si esprime in moneta a t t u a l e ; la rendita
catastale si esprime nella moneta corrente all'epoca della stima, cioè al
1° gennaio 1914.
Qualunque metodo di stima si adotti, le tariffe devono corrispondere
ai redditi conseguibili coi sistemi di coltivazione che al 1°.gennaio 1914
potevano ritenersi ordinari e duraturi, secondo gli usi e le consuetudini
locali, praticati senza straordinaria diligenza o trascuranza, e f a t t a
astrazione dai vantàggi dipendenti dalla conversione dei f r u t t i naturali
in prodotti di maggior pregio mediante operazioni industriali.
Le tariffe d'estimo del Nuovo Catasto devono esprimere la parte
dominicale del reddito, e cioè la porzione del prodotto annuo totale spet-
tante al proprietario come tale, depurata di tutte le spese riferibili al
capitale fondiario. Questa porzione del prodotto totale spettante al pro-
prietario come tale, denominata rendita padronale lorda nelle stime del
nuovo catasto, è rappresentata dal prezzo di affitto realizzabile quando
il capitale (li esercizio appartenga per intero al conduttore senza altri
oneri a carico di questo. Essa si desume anche dal prodotto totale de-
traendone, in quanto siano a carico del proprietario, le così dette spese
di produzione e cioè :
a) le spese annue medie di riparazione, la quota di ammortamento
e l'interesse della parte fissa del capitale di esercizio (animali da lavoro,
macchine, strumenti e simili) ;
5) il valore delle materie prime, principali ed ausiliarie impiegate
nella coltivazione (concimi, sementi, mangimi, lettimi, ecc.) ;
c) i compensi al lavoro sia intellettuale che manuale ;
d) l'interesse della parte circolante del capitale di esercizio, costi
tuita dalle materie prime e dal numerario occorrenti per far fronte alle
esigenze della coltivazione nel primo periodo dell'anno agrario, in attesa
dei nuovi raccolti ;
LA S T I M A CENSUARIA 347

e) ed eventualmente le somme erogate in noli di macchine, stru-


menti, e simili che non rientrassero nella composizione normale del ca-
pitale di esercizio secondo gli usi e le consuetudini locali.

9. - TARIFFE PRINCIPALI E DERIVATE

Per comodità di conteggio, qualunque sia il metodo di stima adot-


tato, le tariffe delle singole qualità e classi ( t a r i f f e 'principali) si deter-
minano indipendentemente :
a) dalle spese per opere permanenti di difesa, scolo e bonifica,
compreso il contributo per opere idrauliche di seconda categoria;
lì) dalle spese per fitto o canone di acqua di irrigazione ;
e) dalle diminuzioni di reddito derivanti ai terreni soggetti a ser-
vitù militare dagli oneri speciali imposti da tale servitù ;
d) ed anche dalle spese di irrigazione, ogui qualvolta, entro una
stessa classe di uno stesso comune, si verifichino, per gruppi diversi di
particelle, spese sensibilmente differenti.
L'ammontare per ettaro, o per ogni 100 lire di rendita, delle spese e
delle diminuzioni su indicate, si deducono dalle tariffe principali per de-
sumerne le tariffe derivate da applicarsi ai terreni soggetti a dette spese
o diminuzioni di reddito, tenuti distinti, entro la classe," mediante ap-
positi simboli.
Le spese per opere permanenti di difesa, di scolo e di bonifica, da
computarsi in deduzione, sono quelle che si sostengono dai possessori, o
isolatamente o riuniti in consorzi, allo scopo di mantenere i fondi nell'or-
dinario stato di coltivazione secondo il quale vengono inscritti e stimati
in catasto ; tali sono le spese per la manutenzione degli argini, repellenti,
muri, chiaviche, per l'espurgo di fossi o canali di scolo e di bonifica, per
l'esercizio di macchine idrovore.
Salvo casi speciali, le deduzioni, per spese e contributi dipendenti
da opere permanenti di difesa, di scolo e di bonifica, sono valutate sulla
media del decennio 1904-13.
Nel caso di terreni irrigati con acque in tutto o in parte d'affitto, o
concesse a canone, s'introduce nella stima una deduzione speciale da sta-
bilirsi, come per le altre deduzioni, in una misura annua media propor-
zionata al costo delle acque. È, infine, da osservare che l'applicazione
delle deduzioni per fitto d'acqua non deve far discendere la tariffa dei
terreni irrigati con acqua d'affitto ad una misura inferiore a quella che
compete ai terreni asciutti della medesima qualità e classe.

10. S T I M A IN BASE AL VALORE DI MERCATO

La determinazione della tariffa può essere f a t t a in base ai prezzi cor-


renti di compra-vendita ; in tal caso non si determinano nè la rendita
310
E S T I M O CATASTAI,E

padronale lorda, uè le spese relative al capitale fondiario. I prezzi di


mercato dovranno riferirsi a beni non soggetti a spese per opere pernia
nenti di difesa, ecc., ed a servitù militare; di dette spese e delle diminu
zioni di reddito derivanti dalle servitù predette dovrà essere stabilito il
valore unitario, così da poter calcolare tanto le tariffe principali quanto
le derivate.
I prezzi correnti di compra-vendita, il saggio d'interesse del capitale
fondiario e l'ammontare dei tributi, devono corrispondere alla media del
decennio 1904-13. Si deve inoltre accertare, per le eventuali riduzioni e
ripartizioni, se i prezzi in parola si riferiscono abitualmente al solo fondo
od al fondo con le sue scorte ; se a determinate qualità e classi di terreno
od a poderi composti di terreni di differenti qualità e classi. Ciò fatto si
procede al calcolo della tariffa, che sarà compiuto attribuendo il saggio
d'interesse al valore fondiario stabilito ; aggiungendo all'interesse così
ottenuto l'ammontare delle imposte si ottiene la tariffa cercata.

11. - S T I M A IN BASE ALL'AFFÌTTO

Per eseguire la stima in base all'affitto si devono calcolare le spese


e la diminuzione di reddito dipendenti da opere permanenti (li difesa,
ecc., e tutte le spese residue relative al capitale fondiario. In questo caso,
pérò, non occorre determinare analiticamente le spese di produzione poi-
ché, la rendita padronale lorda è rappresentata dal prezzo di affitto rea
lizzabile quando le spese di produzione gravino per intero sul conduttore
senza altri oneri a carico di esso. Quando non si verifichi tale condizione,
i prezzi d'affitto devono subire aggiunte o detrazioni per ricondurli a rap
presentare la rendita padronale lorda. Si porterà in diminuzione la parte
delle spese di produzione accollata al proprietario, ed in aggiunta la
parte delle spese relative al capitale fondiario, le onoranze, il costo delle
prestazioni d'opera, ecc. accollati all'affittuario.
Si devono prendere per base i prezzi medi di affitto correnti nel de-
cennio 1904-13. Da questi bisogna togliere le spese relative al capitale
fondiario.
La deduzione per manutenzione dei fabbricati rurali si determina in
base alla media spesa necessaria per la manutenzione dei fabbricati ru-
rali effettivamente esistenti nel territorio in condizioni normali, avuto
riguardo alla estensione ed alla qualità dei terreni cui servono, ed ai
danni cui possono andare soggetti. Essa si applica sia ai terreni forniti
di casa rurale, sia a quelli che ne sono privi.
Le spese d'amministrazione da dedursi nella stima sono quelle ordi
narianiente sostenute da un proprietario per la sorveglianza, custodia e
conservazione della proprietà.
LA S T I M A CENSUARIA 359

12. - S T I M A IN BASE ALLA CONDUZIONE A COLONIA PARZIARIA

01) I N ECONOMIA

In questi due casi la determinazione della rendita padronale lorda si


fa mediante l'analisi del prodotto totale e delle spese di produzione.
La quantità del prodotto si determina sulla base della media del de-
cennio 1901-13, ovvero di quel periodo più lungo di tempo che, per al-
cune speciali colture e in particolar modo per le piantagioni fruttifere e
pei boschi d'alto fusto, fosse necessario a comprendere le ordinarie vi-
cende delle colture. Per quelle coltivazioni che fossero state introdotte
dopo il 1901 ed alle quali perciò non fosse applicabile il criterio del de-
cennio 1901-13, la quantità inedia dei prodotti può riferirsi al minor pe-
riodo di tempo decorso dall'introduzione della coltivazione stessa, op-
pure anche a un periodo posteriore, che, unito al precedente, non superi
un decennio, in modo da stabilire il prodotto medio normale.
La specie e la quantità dei prodotti da determinarsi, è quella che
d'ordinario si ottiene coi metodi di coltura, che sono più comunemente
in uso nel territorio.
Non si ha perciò alcun riguardo alle diverse e non ordinarie produ-
zioni, che si ottengono dai terreni di eguale natura, coltivati con dili-
genza straordinaria e con metodi singolari, nè alle produzioni troppo
scarse di altri terreni di eguale natura, nei quali la coltivazione è stra-
ordinariamente trascurata o cattiva.
Non si tiene conto del guadagno che il possessore del fondo può pro-
curarsi trasformando i f r u t t i naturali in prodotti di maggior pregio.
Perciò, in generale, i prodotti si considerano nel loro stato naturale, in-
dicando, per esempio, l'uva in luogo del mosto o del vino, le castagne
verdi anziché secche, le olive invece dell'olio, ecc. Quando però ili un ter-
ritorio di solito i generi non si vendono allo stato naturale, si conside-
rano nel modo in cui sono commerciati, e si assumono i dati occorrenti
per risalire dal prodotto trasformato a quello greggio.
Il prodotto annuo medio delle piantagioni fruttifere si determina
prendendo la media aritmetica dei prodotti ottenuti nei singoli anni della
loro vita, a cominciare da quello in cui le piante furono collocate a sta-
bile dimora, e senza escludere per conseguenza gli anni di nessun pro-
dotto. Per le qualità di soprassuolo in nessun caso si trascura la produ-
zione accessoria del suolo ; anche quando questa sia esigua in confronto
di quella del soprassuolo, se ne terrà conto come di un prodotto secon-
dario.
Le quantità per ettaro dei singoli prodotti di ciascuna classe e di
ciascun grado, si determinano possibilmente in base ai dati desunti dai
310
E S T I M O CATASTAI,E

registri di amministrazioni di poderi (') situati nei comuni tipo od an-


che, in difetto, in altri comuni dello stesso circolo, e nei quali da lungo
tempo si eserciti l'agricoltura con mezzi ordinari; mancando le indicate
fonti, si procede in base ad informazioni ed al criterio peritale.
I prodotti così determinati si valutano sulla inedia dei prezzi annui
del decennio 1904-13, se in quel periodo si ebbero prezzi medi oscillanti
ora in più ora in meno, senza una decisa tendenza al rialzo o al ribasso;
e sulla media degli ultimi tre anni, se, pei relativi prezzi medi annui, si
ebbe a manifestare tale tendenza.
I prezzi del decennio 1901-13 vengono desunti, di regola, dalle mei-
curiali dei mercati ordinari di vendita, e, in mancanza delle mercuriali,
dai registri di amministrazione degli enti morali o dei principali posses-
sori, senza tener conto di quei maggiori vantaggi che possono derivare da
speculazioni di commercio.
Ai prezzi determinati si applicheranno deduzioni per spese di tra-
sporto dai luoghi di custodia al mercato ordinario di vendita donde i
prezzi sono desunti; deduzioni per dazi di entrata, diritti di mercato, di
senseria, ecc. E ciò semprechè il relativo importo sia compreso nei prez-
zi stessi.
Per quei prodotti che non si vendono allo stato naturale, ma soltanto
dopo una prima manipolazione, la valutazione si fa sulla base dei prezzi
dei prodotti trasformati, deducendo da questi le spese della trasforma-
zione, in guisa da ricavare il valore del prodotto allo stato naturale. Così,
ad esempio, i prezzi dell'uva e delle olive si deducono da quelli del vino e
dell'olio, tenendo conto della spesa di vinificazione o di quella di oleifi-
c-azione, del valore dei prodotti secondari e della quantità di uva o di
olive necessaria per ottenere l'unità del prodotto trasformato.
Esaminiamo ora i titoli passivi, dei quali bisogna depurare il pro-
dotto lordo per ottenere la rendita catastale.
La determinazione delle spese di produzione deve farsi cogli stessi
criteri stabiliti per la determinazione del prodotto medio, e cioè sulla
base della media delle spese sostenute dalla generalità dei possessori per
ciascuna qualità e classe, senza tener conto di quelle eccezionali, in più o
in meno, derivanti da cure e diligenze straordinarie, o da cattiva am-
ministrazione, non dovendosi aver riguardo nemmeno alla maggiore o
minore produzione che ne consegue.
Le spese di produzione, di manutenzione dei fondi, di reintegrazione
delle colture, di manutenzione dei fabbricati rurali, e di amministra-
zione, si determinano sulla base di informazioni da assumersi con rife-

c i Per podere deve intendersi un appezzamento od un complesso di appezza-


menti di terreno formanti un'entità economica di coltivazione, qualunque sia il
loro numero e la loro estensione, contigui o disgiunti, destinati ad un solo od a
parecchi generi di coltura, in rotazione fra loro o no.
LA S T I M A CENSUARIA 351

pimento agli ordinari poderi esistenti nel comune, presso i più esperti
conoscitori delle aziende agrarie, i principali possessori e le rappresen-
tanze locali. Stabilite le condizioni medie generali dei diversi tipi di po-
dere, per quanto riguarda l'estensione, la distribuzione delle qualità di
coltura, i sistemi di conduzione, ecc. si determinano, separatamente per
ogni ettaro di ciascuna qualità e classe, le spese di produzione, di manu-
tenzione dei fondi, di reintegrazione delle colture, di manutenzione dei
fabbricati e di amministrazione.
Per i terreni irrigui, si deducono le spese che i possessori devono so-
stenere per l'irrigazione. Si comprendono in esse quelle che, o sotto for-
ma di contributo consorziale o direttamente, stanno a carico dei posses-
sori per la manutenzione o l'espurgo dei canali di condotta principali e
secondari, per la manutenzione dei relativi edifici o m a n u f a t t i e per la
custodia e distribuzione delle acque. Per le classi della stessa qualità,
dei differenti comuni di uno stesso circolo censuario, qualora non esì-
stano sensibili differenze nelle condizioni e nelle circostanze influenti
sulle spese d'irrigazione, si adotta un'unica deduzione per dette spese.
Per le qualità di suolo e per quelle di soprassuolo si espongono e si
valutano separatamente, sulla stessa minuta di stima, i singoli prodotti
di suolo o di soprassuolo che si ricavano in media annualmente da un
ettaro di terreno.
Per ogni ettaro delle qualità di soprassuolo, alle quali sia associata
•una coltura di suolo, si espongono e si valutano, di seguito ai prodotti di
soprassuolo, i prodotti annui medi forniti dal suolo.
Per ogni ettaro delle qualità di suolo arborate, si espongono e si va-
lutano i prodotti forniti mediamente ogni anno dalla porzione di super-
li eie destinata a colture di suolo e di seguito i prodotti forniti dal grado
di soprassuolo applicato alle qualità e classe di cui si t r a t t a . Qualora ad
una medesima classe di suolo siano applicabili più gradi di soprassuolo,
si faranno minute di stima separate per ognuna delle combinazioni effet-
tivamente riscontrate sul terreno.
Pei terreni coltivati a vicenda si esporranno e si valuteranno distin-
tamente i prodotti, riferiti ad un ettaro della qualità considerata, che si
conseguono in ciascun anno della rotazione dalla superficie destinata- a
colture di suolo, nonché la quota parte di tale superficie normalmente
occupata da ciascuna delle specie di piante avvicendate. I valori dei di-
versi prodotti per ettaro, moltiplicati per la detta quota, daranno i va-
lori dei singoli prodotti delle piante avvicendate che si ottengono in
media ogni anno da un ettaro di terreno della qualità e classe consi-
derata.
La somma dei valori , determinati nei modi indicati, dei prodotti con-
seguibili in media ogni anno, fornisce il valore totale del prodotto. Ap-
plicando a questo valore le detrazioni stabilite si giungerà alla rendita
netta o tariffa principale della classe considerata.
310
E S T I M O CATASTAI,E

Le tariffe delle classi composte di parecchi gruppi con caratteristi


che distinte, pei quali si siano determinate le rendite unitarie separata
mente, si calcoleranno con riguardo alla estensione dei singoli gruppi.
Le tariffe, tanto principali quanto derivate, dovranno essere espresse
in multipli :
di 10 centesimi se inferiori alle 2 lire
» 50 » » fra le 2 e le 10 »
» 1 lira » » 10 » 100 »
» 5 lire » » 100 » 200 »
» 10 » » » 200 » 1000 »
» 50 » se superiori alle 1000 »

Nell'arrotondamento si trascurano le quantità uguali od inferiori


alla metà dell'intervallo.
Quelle fra le tariffe derivate che, per effetto dell'arrotondamento, ri
saltassero uguali alle rispettive tariffe principali verranno diminuite
della metà del valore che al massimo poteva trascurarsi nell'effettuare
l'arrotondamento secondo le norme sopraindicate. Nel determinare tale
diminuzione si trascureranno le frazioni di lira. Resta escluso in questi
oasi qualunque arrotondamento.
Le tariffe principali di ogni circolo censuario si esporranno in un
elenco, dal quale risultino per ciascun comune del circolo le qualità, le
classi ed, occorrendo, i principali gruppi con caratteristiche differenti,
che compongono una stessa classe.
Le tariffe derivate risulteranno da un apposito registro raggruppate
comune per comune, sotto la tariffa principale dalla quale dipendono.
Nello stesso registro figureranno gli elementi necessari pel conteggio
delle tariffe derivate.
CAPITOLO III.

PUBBLICAZIONE, ATTIVAZIONE E CONSERVAZIONE


DEL NUOVO CATASTO

1. • L A P U B B L I C A Z I O N E DEL CATASTO

Terminato il classamento e compiute tutte le operazioni di campa-


gna e eli tavolo, l'ufficio del catasto provvede alla pubblicazione della
mappa e degli atti seguenti, nei quali sono riassunti i risultati della
misura e delle operazioni estimative.
1°) La iavola censuaria, consistente in 1111 registro, cbe contiene
tutti i numeri di mappa di un comune amministrativo, disposti in
ordine progressivo, con la indicazione, per ognuno, dell'estratto parti-
tario, nel quale è inscritto.

1 ) Gli estratti partitavi, intestati in ordine alfabetico ai singoli pos-


sessori, si compilano distintamente per ogni comune amministrativo,
ovvero per ogni sezione avente mappa e tariffa propria. Sotto ad ogni
d i t t a sono indicate tutte le particelle catastali che le appartengono, coi
relativi dati catastali, rilevati all'atto del classamento e la rispettiva
superficie.

3°) Le tariffe delle diverse qualità e classi di terreni, formate dal-


l'ufficio catastale.

Durante i 60 giorni della pubblicazione, 1 possessori possono esa-


nimare gli atti pubblicati per riconoscere la regolarità delle loro partite,
per presentare eventuali reclami, e per denunciare le variazioni avvenute
dopo le operazioni di classamento dei terreni.
Tutti i possessori possono presentare osservazioni e reclami alla
commissione comunale per quanto concerne la intestazione, la delimi-
tazione, la figura e l'estensione dei rispettivi beni, nonché l'applica-
zione della qualità, della classe, e le quote di ripartizione dell'estimo
f r a 1 possessori, a titolo di promiscuità, di una stessa particella. Di
regola i reclami si devono fare separati per ogni comune, anche se
questi riflettono una stessa ditta. Per coloro che non presentano osser-

G. Medici - Lezioni di estimo.


23
310
E S T I M O CATASTAI,E

vazioni o reclami, i dati iscritti negli atti pubblicati acquistano pieno


valore agli efletti del catasto.
Chiusa la pubblicazione, gli atti catastali vengono trasmessi ai ri-
spettivi uffici del catasto, i quali procedono all'esame delle osservazioni
e dei reclami e alle relative verifiche sopra luogo; e ciò allo scopo di
introdurre, ove occorrano, nelle mappe e negli altri a t t i catastali, le
variazioni topografiche, le divisioni di proprietà e le rettifiche do
mandate.
I sopraluoghi da compiersi per definire i reclami sono f a t t i coll'as-
sistenza della commissione comunale o di un suo delegato e alla pre-
senza dell'interessato. Terminate le verifiche ed esaminati i reclami, il
perito catastale comunica gli atti alla commissione comunale, affinchè
nel termine perentorio di 30 giorni, decorribili dalla data del ricevi-
mento, decida in prima istanza in inerito ai reclami, e trasmetta gli
a t t i con le sue decisioni all'ufficio catastale.
Gl'interessati hanno facoltà di ricorrere in appello alla commis-
sione censuaria provinciale, la quale decide in via definitiva, comuni-
cando all'ufficio catastale le decisioni prese. I possessori possono pren-
dere cognizione delle decisioni della commissione censuaria provinciale
sui reclami da loro presentati in appello. 11 ricorso alla commissione
censuaria centrale è ammesso soltanto per violazione dì legge o per
questione di massima.
La pubblicazione dei prospetti delle tariffe e la trattazione dei
reclami relativi ha una sua procedura.
I prospetti delle tariffe vengono trasmessi contemporaneamente alla
commissione censuaria provinciale e alle commissioni comunali, le quali
li renderanno ostensibili agli interessati nell'ufficio comunale per la
d u r a t a di 30 giorni. Le commissioni comunali possono presentare, entro
il termine di 00 giorni dalla data di notificazione, i loro reclami alla
commissione centrale in merito alla qualificazione, classificazione, e ta-
riffa del proprio comune, tanto in via assoluta, quanto in via compa-
rativa. Questi reclami sulla tariffa devono contenere la precisa indica-
zione dell'aumento o della diminuzione che si reputa giusta. Le osser-
vazioni circa l'ammontare in via assoluta della tariffa possono farsi
sia con concetti ed elementi sintetici, sia in base a minute di stima e
calcoli analitici di qualsiasi specie. Per quanto concerne i reclami in via
comparativa, la commissione può valersi di confronti f r a comuni situati
nello stesso territorio, anche non limitrofi, purché facciano parte della
stessa provincia.
Su questi reclami si pronuncia la commissione censuaria provin-
ciale, la quale consegnerà gli a t t i relativi all'ufficio tecnico del catasto,
perchè li inoltri alla commissione censuaria centrale.
La commissione centrale, dopo aver esaminato gli atti e provocato
su di essi le osservazioni e le proposte dell'ufficio generale ilei catasto,
P U B B L I C A Z I O N E , ATTIVAZIONE E CONSERVAZIONE DEL NUOVO CATASTO 355

determina le nuove tariffe e le comunica all'ufficio generale per la loro


applicazione agli effetti dell'imposta terreni.

2. - L ' A T T I V A Z I O N E DEL CATASTO

L'ufficio generale del catasto, dopo aver ricevuto dalla commis-


sione censuaria centrale le tariffe definitive, provvede all'allestimento
degli atti necessari per eseguire l'attivazione del catasto. Essi sono :
1°) la mappa particellare, nella quale ogni particella è contraddi-
stinta con proprio numero ;
2°) la tavola censuaria, di cui già si disse, completata con l'ag-
giunta, per ciascuna particella, della rendita imponibile ;
3°) gli estratti p a r t i t a l i corretti secondo i risultati della pubbli-
cazione, della risoluzione dei reclami e completati coli'aggiunta, per
ogni particella, della rendita imponibile;
4°) le decisioni della commissione censuaria provinciale sui re-
clami in appello ;
5°) t u t t i gli altri a t t i che l'ufficio generale stimerà necessario od
utile per l'attivazione del catasto.
Le operazioni di attivazione del Nuovo Catasto hanno lo scopo di
introdurre negli atti le variazioni avvenute nel possesso dopo la pub-
blicazione dei. dati catastali e di apportare la correzione degli errori
materiali di fatto. Per questo l'ufficio generale del catasto, con mani-
festo da pubblicarsi in ciascun comune, invita i possessori a doman-
dare per iscritto la registrazione agli effetti del Nuovo Catasto, delle
variazioni di possesso avvenute dopo la pubblicazione dei dati catastali
e anche di quelle che, avvenute prima, non fossero state denunciate in
sede di pubblicazione. Invita altresì a chiedere la correzione degli errori
materiali di fatto, quali sarebbero quelli di conteggio, scritturazioni e
simili, che si avessero a riscontrare negli a t t i catastali.
Dopo aver introdotto negli estratti partitari le variazioni avvenute,
dopo aver corretto gli errori materiali di fatto, si allestiscono gli atti
di conservazione del Nuovo Catasto di cui ci occuperemo nel capitolo
successivo.
Quando siano compiute per un intero distretto di imposte tutte le
operazioni di attivazione, si stabilisce, con decreto ministeriale, l'epoca
m cui comincia la conservazione del Nuovo Catasto. Da tale data ces-
sano le operazioni intese a mantenere in vita i catasti preesistenti i
quali sono custoditi dall'ufficio di conservazione del Nuovo Catasto cioè
dalla sezione tecnica catastale.

3 . - G E N E R A L I T À S U LA CONSERVAZIONE DEL CATASTO

Con decreto ministeriale viene stabilito il giorno in cui entrano in


(unzione gli uffici incaricati della conservazione del Nuovo Catasto, e
310 E S T I M O CATASTAI,E

cioè: l'ufficio distrettuale delle imposte dirette per i comuni del rispet-
tivo distretto, la sezione Ucnica catastale per t u t t i i comuni della pro-
vincia.
Alla sezione tecnica catastale vengono consegnati, oltre ai docu-
menti che hanno servito per la formazione del catasto, i seguenti atti :
1°) la mappa particellare ;
2°) la tavola censuaria ;
3°) il registro delle p a r t i t e ;
1°) il prontuario dei numeri di m a p p a ;
5°) la matricola dei possessori.
La tavola censuaria, della quale riportiamo un modello in appen-
dice, si forma desumendo, per ogni particella, dal repertorio generale,
debitamente aggiornato, i dati relativi alla località, al foglio e al nu-
mero di mappa, alla qualità e alla classe ed alle lettere distintive .lei
gradi di deduzione. Dal prospetto delle rendite particellari si ricavano
poi i dati relativi alla superficie e alla rendita imponibile.
La tavola -censuaria è sempre preceduta dal prospetto delle tariffe
principali e derivate; per ogni particella del comune essa dà l'indica
zione- della località, del foglio di mappa, del numero di mappa, della
qualità di coltura, della classe di produttività, della lettera distintiva
del grado per opere di difesa, scolo e bonifica, per fitto d'acqua, per
spese di irrigazione, e infine dà l'indicazione della superficie e della ren-
dita imponibile. Si t r a t t a di un vero e proprio inventario delle parti-
celle, le quali all'impianto della tavola sono per numeri progressivi di
mappa.
Il registro delle partite si impianta cogli estratti partitari aggior
nati e bilanciati per superficie e per rendita. Esso costituisce il libro
fondamentale del catasto, chiamato anche, per analogia alla partita
doppia, libro mastro, in quanto che a ciascuna ditta si caricano le
rispettive particelle indicandone la qualità, la superficie, la rendita im-
ponibile. In -caso di trasferimento nel possesso si procede allo scarno,
con una vera e propria operazione -contabile di partita doppia.
Per avere una precisa idea intorno alla natura ed al funzionamento
di questo fondamentale documento è necessario consultare il modello ri-
portato in appendice. . .
Il prontuario dei numeri di mappa è un atto catastale- in cui si in-
dica per ogni numero di mappa, la pagina rispettiva di iscrizione nel re-
gistro delle partite ; ciò permette di trovare facilmente il possessore co-
noscendo soltanto il numero della particella.
La matricola dei possessori è il libro catastale volto a uno specifico
fine tributario. Esso contiene elencate, in ordine alfabetico, le ditte ca-
tastali con t u t t i i dati occorrenti per l'annuale compilazione dei ruoli
delle imposte. Esso è fatto in modo da potere essere sistematicamente
aggiornato per la durata di un decennio.
P U B B L I C A Z I O N E , ATTIVAZIONE E CONSERVAZIONE DEL NUOVO CATASTO 357

Anche di questo diamo un modello in appendice.


Avvenuta la consegna degli atti, la prima operazione che svolge la
sezione catastale è quella di procedere al loro aggiornamento, includen-
dovi le variazioni di possesso avvenute nel periodo successivo alla chiu-
sura dell'attivazione del catasto ; dopo di ciò comincia la regolare con-
servazione.
4 . - D E L L E INTESTAZIONI CENSUARIE

In generale in catasto si deve intestare la persona fisica o giuridica


che ha il godimento dei fondi, sia per titolo di proprietà, sia per qua-
lunque altro titolo in proprio. Così s'intestano i proprietari in possesso
dei loro fondi, i livellari o possessori del dominio utile dei fondi enfit.eu-
tici, gli usufruttuari e gli usuari quando il loro diritto sia esteso alla to-
talità dei fondi.
L'amministrazione catastale ha impartito dettagliate disposizioni
intorno a questa materia delle intestazioni censuarie, la quale lia una im-
portanza notevole ai fini della statistica della proprietà fondiaria.
I n f a t t i , il numero delle persone proprietarie si ricava dalla somma
di tutte le persone fisiche o giuridiche che figurano iscritte nel registro
delle partite. Detta grandezza deve risultare eguale a quella che si ot-
tiene sottraendo dal numero degli articoli di ruolo tutti* gli articoli ri-
petuti e aggiungendo alla differenza il numero dei comproprietari, dimi-
nuito degli articoli relativi, perchè implicitamente considerati negli ar-
ticoli di ruolo.
Il numero delle persone proprietarie deve essere discriminato in ca-
tegorie, le quali saranno funzione dei titoli coi quali i singoli beni sono
posseduti. Si possono così avere : pieni proprietari, comproprietari, nudi
proprietari, direttari, enfiteuti (e beneficiati). Opportuna viene poi la
distinzione f r a le persone fisiche e quelle giuridiche.
Altra nozione, che interessa specialmente l'illustrazione degli aspetti
dell'economia agraria, è rappresentata dal numero delle ditte proprie-
tarie, cioè dalla somma di tutte le intestazioni esistenti nel registro delle
partite, al netto delle ripetute. Questo numero deve equivalere al mi-
merò degli articoli di ruolo, diminuito dei ripetuti e addizionato di quelli
omessi.
Le osservazioni precedenti hanno importanza perchè di solito, per
avere un concetto sulla ripartizione di un territorio fra i singoli proprie-
tari, ci si riferisce al numero degli articoli iscritti nei ruoli delle im-
poste. E invece risaputo come il numero degli articoli non corrisponda,
uè al numero delle persone proprietarie, nè al numero delle ditte proprie-
tarie. Infatti, nella matricola dei possessori ad un stessa ditta devono
essere intestati tanti articoli quanti sono i beni che essa detiene a di-
verso titolo giuridico. Così, figurando la ditta A) come proprietaria, nuda
proprietaria, direttaria, enfiteuta, usufruttuaria totale, sarà iscritta
310
E S T I M O CATASTAI,E

cinque volte nella matricola dei possessori e avrà quindi cinque articoli
nei ruoli delle imposte.
Le cause dì ripetizione degli articoli non già legate a condizioni con-
tingenti, ma a motivi generali e costanti, sono, principalmente, dovute
all'usufrutto ed al fatto che ima stessa ditta può possedere in più co-
muni. In quest'ultimo caso vengono iscritti tanti articoli quanti sono i
comuni in cui la ditta possiede, anche se il possesso è dovuto allo stesso
ritolo giuridico (1).

5. - GENERALITÀ SULLE VOLTURE

Per tenere in evidenza nel registro delle partite i passaggi, cioè le


mutazioni che avvengono nelle persone di coloro i quali hanno la pro-
prietà, il possesso o il godimento dei beni immobili, si compie un com-
plesso di operazioni che vanno sotto il nome di voltura catastale.
Quando il possesso, la proprietà o il godimento di una particella ca-
tastale o di una parte di essa, cessi di appartenere a chi ne è intestato e
passi ad altra persona, allora si registra il passaggio mediante la com-
pilazione di una nota di voltura.
Avvengono cioè uno o più trasporti di scarico e di carico, poiché la
voltura si compie levando da una partita i beni che hanno subito la va-
riazione e trasportandoli ad u n ' a l t r a partita già aperta o da aprirsi
come nuova.
A questo caso generale bisogna aggiungere anche il caso in cui si
t r a t t i di eliminare dall'intestazione di una comunione di beni un posses-
sore in essa compreso o di aggiungerne uno nuovo. Ha luogo voltura an-
che quando avviene il trasferimento di beni non ancora inscritti in ca-
tasto, oppure quando si deve procedere alla correzione di errori impu-
tabili alle parti o agli uffici.
In ciascuno di questi casi bisogna far domanda di voltura su appo-
sito modulo fornito dall'amministrazione del catasto. Le domande sono
presentate all'ufficio del registro insieme agli atti da sottoporre alla re-
gistrazione.
L'obbligo di presentare la domanda di voltura incombe direttamente :
1°) ai notari, per gli atti celebrati col loro ministero e per le scrit-
ture private le cui firme siano state da essi autenticate ;
2°) ai cancellieri giudiziari, per le sentenze che debbono essere re
gistrate a loro cura ;
3°) ai segretari o delegati di qualunque amministrazione o pubblico
stabilimento, per gli a t t i f a t t i nell'interesse delle rispettive amministra-
zioni o stabilimenti ;

P ) Per più ampi ragguagli in merito cfr. G . MEDICI - Il numero defili articoli
contenuti nei ruoli delle imposte. « La Riforma Sociale », luglio-agosto 1030.
PUBBLICAZIONE, ATTIVAZIONE E CONSERVAZIONE DEL NUOVO CATASTO 359

4°) ai capi delle amministrazioni intervenuti alla stipulazione de-


gli. atti di cui al n. 3, quando manchi il segretario o delegato ;
5°) agli eredi, legatari, loro tutori o curatori, agli amministratori
dell'eredità ed esecutori testamentari, per i trasferimenti in causa di
morte ;
6°) a coloro a cui favore l'usufrutto, il lucro o la liberalità si de-
volve, nei casi di riunione dell'usufrutto alla nuda proprietà, di devolu-
zione di lucri dotali, e. di avveramento delle liberalità subordinate alla
eventualità della morte ;
7°) agl'investiti dei benefici o delle cappellanie, per i passaggi di
usufrutto che hanno luogo nella presa di possesso di tali enti ecclesia-
stici ;
8°) ed in generale a coloro che, per le disposizioni contenute nel
testo unico delle leggi sulle tasse di registro, sono tenuti a curare la re-
gistrazione degli atti civili o giudiziali, o a fare la denuncia del trasferi-
mento di beni immobili e di diritti reali soggetti ad inscrizione in catasto.
Pertanto il procuratore del registro, come è tenuto a provvedere alla
denuncia di successione se non vi provvedano le parti, cosi è tenuto a
compilare la dipendente domanda di voltura.
Le domande di voltura e le copie dei relativi documenti sono tra-
smesse dal procuratore del registro al procuratore delle imposte compe-
tente entro 8 giorni dalla data della riscossione dei diritti catastali.

6 . - D E I T I P I DI FRAZIONAMENTO

Quando i passaggi di proprietà determinano il frazionamento di una


-particella, allora bisogna unire alla domanda di voltura il tipo di fra-
zionamento.
Questo viene eseguito sopra estratti autentici di mappa, distinta-
mente per ogni comune amministrativo. In un unico estratto di mappa
si possono comprendere tutte le particelle da frazionarsi in dipendenza
di uno stesso atto traslativo, o in dipendenza di più a t t i che riguardino
la stessa partita dalla quale deve farsi il distacco.
I tipi di frazionamento di regola devono venire stesi sopra carta da
bollo filigranata, oppure sopra un foglio di c a r t a translucida delle stesse
dimensioni della carta da bollo, fornito dall'amministrazione del catasto
e sulla cui prima pagina si applica la competente marca da bollo. Quan-
do però l'ordinaria dimensione della carta da bollo non risulti sufficiente,
si può fare uso di c a r t a trasparente o di tela lucida, previa autorizza-
zione dell'ufficio del registro.
Allo scopo di facilitare la produzione dei tipi è ammessa la autenti-
cazione delle riproduzioni dei fogli di mappa eseguite e messe in vendita
a cura dell'amministrazione finanziaria ed anche di qualsivoglia estrat-
to prodotto dalle parti, purché perfettamente conforme all'originale.
310
E S T I M O CATASTAI,E

Per il rilascio degli estratti di mappa a scopo di frazionamento vi-


gono alcune modalità che è bene ricordare.
La richiesta degli estratti di mappa può essere scritta o verbale. Però
in entrambi i casi il richiedente, o per esso l'ufficio di conservazione, an-
nota in margine al foglio da usarsi per la formazione dell'estratto, il co
gnome, il nome e recapito del richiedente, precisando altresì il connine, hi
sezione, il foglio di mappa o le porzioni di numero, dei quali deve com-
porsi l'estratto da rilasciare, aggiungendo le parole per tipo ili frazio-
namento.
Per tutte le particelle costituenti l'estratto la sezione catastale in-
dica sull'estratto medesimo la superficie, la rendita e la tariffa catastale.
Nel caso di rif raziona mento di particelle indica altresì la prima lettera
dell'alfabeto che può essere impiegata, colle seguenti, per caratterizzare
le porzioni che dovranno risultare dal nuovo frazionamento.
Nei tipi di frazionamento le linee dividenti devono essere tracciate
in inchiostro rosso e appoggiarsi a capisaldi, quali sono i punti trigo-
nometrici, i termini di proprietà o di contine comunale, gli spigoli dei
fabbricati o di altre costruzioni stabili, ecc. Esse devono essere precisa
mente determinate nella loro posizione, con misure prese sul terreno e da
riportarsi in inchiostro rosso sul tipo.
Se una figura di mappa da dividere risultasse troppo piccola e sul
tipo di frazionamento non fosse possibile introdurre con sufficiente chia
rezza le linee divisorie e le lettere subalterne caratteristiche, oppure le
misure prese sul terreno, si deve unire al tipo stesso uno schizzo di mag-
giori dimensioni che può essere fatto su un foglio separato esente da
bollo.
I tipi devono essere firmati da un tecnico e dalle parti o, per esse,
da persona, che può essere il tecnico stesso, dalle parti medesime dele-
gata. Di regola vengono rifiutati i tipi redatti da tecnici che in passato
abbiano presentato due tipi di frazionamento errati.
Quando la configurazione delle particelle da dividere, ricavata dalla
mappa, non corrisponda alla configurazione delle medesime particelle ri
levate dal terreno, le parti devono corredare la domanda di voltura di
un secondo tipo, esente da tassa, nel quale siano riprodotte e quotate le
particelle rilevate sul terreno e le dividenti.
Analogamente, quando il perito incaricato dell'esecuzione del tipo di
frazionamento riscontra, fra la superfìcie reale dell'appezzamento e quella
esposta in catasto, qualche differenza, questa, se contenuta nei limiti
della tolleranza, viene ripartita f r a le diverse porzioni in ragione della
superficie reale di ciascuna. In caso contrario, pur facendosi la ripar-
tizione nel modo indicato, si osserva esplicita mente che la differenza su
pera i limiti della tolleranza, affinchè la sezione tecnica catastale possa
procedere a suo tempo alla correzione.
A ciascuna delle nuove particelle risultanti dal frazionamento deve
P U B B L I C A Z I O N E , ATTIVAZIONE E CONSERVAZIONE DEL NUOVO CATASTO 361

essere applicata in inchiostro rosso una lettera subalterna al numero ori-


ginale. Le lettere si applicano alle singole porzioni di una stessa parti-
cella in ordine progressivo da ovest ad est e da nord a sud. Quando poi
una porzione di particella deve suddividersi in due o più porzioni, una
conserva la lettera primitiva e le altre assumono ciascuna una nuova
ietterà di seguito all'ultima già impiegata.
Oltre alla rappresentazione grafica del frazionamento occorre anche
la dimostrazione del frazionamento, la quale si fa nella parte libera del
loglio su cui è redatto il tipo.
La superficie d'ogni particella frazionata si divide f r a le porzioni
della particella medesima in modo che la somma delle singole quote di
superficie assegnate a ciascuna porzione corrisponda alla superficie to-
tale della particella originale. La ripartizione della rendita viene f a t t a
in ragione di superficie, nonostante qualunque patto in contrario.
In appendice riportiamo un esempio di tipo di frazionamento.

7. - D E I TRASPORTI CENSUARI

Dopo aver provveduto all'esame delle domande di voltura e alla com-


pilazione delle note relative, si addiviene all'esecuzione dei-trasporti cen-
suari, i quali si compiono collo scarico dall'attuale ditta intestata dei
beni che ha cessato di possedere e col carico dei beni stessi al nome del
nuovo possessore.
Quando si t r a t t a di trasportare un'intera partita costituita da molti
numeri di mappa basta indicare, tanto nello scarico quanto nel carico,
la somma complessiva della superficie e della rendita dei beni che la
compongono. Al contrario se si t r a t t a di trasportare una o più porzioni
di una partita, la quale venga a dividersi tra più possessori, si indicano
nello scarico e nel carico, nelle apposite colonne, anche i singoli numeri
di mappa principali e subalterni che costituiscono le porzioni della par-
lila div isa, con le corrispondenti superfìcie e rendite.
Le volture degli appezzamenti risultanti dai numeri di mappa che
sono stati divisi, si eseguiscono nello stesso modo col quale si fa il tra-
sporto dei numeri interi.
Il frazionamento deve però essere fatto risultare prima della voi
tura, scaricando l'intero numero dalla partita ove trovasi inscritto, ed
inscrivendo le singole frazioni del medesimo al carico della stessa par-
tita in base ai dati del tipo di frazionamento riveduto dalla sezione te-
cnica catastale.

8. - D E G L I ESTRATTI E DEI CERTIFICATI CATASTALI

Gli estratti, le copie ed i certificati catastali, compresi quelli esenti


da ogni tassa e diritto, che si rilasciano a chiunque ne faccia domanda,
E S T I M O CATASTALE

anche orale, possono riguardare tutto ciò che si contiene nelle mappe e
negli altri a t t i che costituiscono il catasto. Subordinatamente all'auto-
rizzazione dell'intendenza di finanza, e semprechè non vi ostino dispo-
sizioni generali o locali, possono pure riguardare gli altri documenti
custoditi dagli uffici tecnici catastali —compresi i tipi di frazionameuto
—, f a t t a però eccezione degli atti traslativi che corredano le domande di
voltura, dei quali gli uffici medesimi non possono in nessun caso conce-
dere copia od estratto.
La richiesta di certificati, estratti, o copie di documenti - la quale,
se non è orale, dev'essere stesa su foglio bollato — può essere f a t t a al
l'ufficio distrettuale delle imposte dirette e alla sezione tecnica catastale.
Gli estratti e le copie di mappe sono rilasciati dalla sezione tecnica
catastale.
Invece il rilascio degli estratti e dei certificati da desumersi dai re-
gistri delle partite, compete all'ufficio distrettuale delle imposte. Se però
la domanda viene rivolta alla sezione tecnica catastale, questa può ri-
lasciare detti estratti e certificati, ma prima deve assicurarsi che le par-
tite, oggetto della richiesta, non siauo state variate e non debbano co-
munque variare per eventuali domande di voltura in corso di esecuzione
presso l'ufficio distrettuale delle imposte competente.

9 . - D E L L E VARIAZIONI N E L L O STATO E N E L L E R E N D I T E DEI T E R R E N I

Allo scopo di tenere aggiornato il catasto si introducono nell'estimo


e si descrivono in catasto :
1°) i terreni nuovamente formati per alluvione, per il permanente
ritiro delle acque del mare e dei lagbi, per emersione, o per deviazione di
fiumi e torrenti ;
2°) i terreni che furono qualificati in catasto conte sterili, divenuti
produttivi, nonché le aree dei fabbricati demoliti o distrutti ;
3°) il suolo pubblico che passi in proprietà privata;
1°) i terreni eventualmente non iscritti in catasto ;
5°) i beni per i quali cessino le esenzioni dall'imposta fondiaria
stabilite dall'art. 18 del Testo Unico approvato con K. Decreto 8 otto
bre 1931, n. 1572, o da altre leggi.
Dànno luogo ad aumento nel reddito imponibile :
1") la revisione del classamento dei terreni migliorati di qualità o
di classe ;
2°) la cessazione o l'attenuazione dei vincoli forestali o delle ser
vitù militari che abbiano dato luogo a diminuzione dell'estimo;
possessori per la manutenzione di opere di difesa, scolo e bonifica.
3°) il passaggio a carico dello Stato di spese prima gravanti sui
P U B B L I C A Z I O N E , ATTIVAZIONE E CONSERVAZIONE DEL NUOVO CATASTO 368

Si tolgono dall'estimo dei terreni :


1°) i fondi e le porzioni di fondi, che, per la stabile occupazione del
mare o dei laghi, per corrosioni od irruzioni di fiumi o torrenti, per frane
o scoscendimenti di montagne, o per altre simili cause, siano perenti ov-
vero scomparsi; così pure i fondi e le porzioni di fondi ridotte ad una
assoluta sterilità ;
2°) i terreni che vengono occupati da fabbricati urbani o da loro
dipendenze ;
3°) i terreni che vengano occupati da fabbricati rurali o da loro
dipendenze, quelli sottratti alla coltura per la costruzione d'opere pub-
bliche, e quelli che siano divenuti esenti da imposta.
Dànno luogo a diminuzione di reddito imponibile :
1°) l'applicazione di nuovi vincoli forestali o di nuove servitù mi-
litari o l'aggravamento dei vincoli o delle servitù preesistenti ;
2°) il passaggio a carico dei possessori dì spese prima gravanti
sullo Stato, per la manutenzione di opere di difesa, scolo o bonifica ;
3°) la revisione di classamento dei terreni pei quali alla qualità di
coltura allibrata in catasto risulti sostituita una qualità di coltura di
minor reddito imponibile.
Entro il mese di ottobre di ciascun anno, la sezione tecnica catastale
fa pubblicare, nei comuni pei quali ricorre il turno della verificazione pe-
riodica nell'anno successivo, un manifesto per invitare i possessori a de-
nunciare prima del 31 dicembre i cambiamenti, sia in aumento sia in
diminuzione, avvenuti nei loro beni. Contemporaneamente invita i po-
destà dei comuni medesimi a segnalare all'ufficio distrettuale delle im-
poste i cambiamenti nei beni censiti o censibili avvenuti per cause na-
turali, come corrosioni, alluvioni, frane, lavine, ecc., per trasformazione
di terreni che da sterili siano diventati produttivi, o per costruzione di
opere pubbliche, che non avessero ancora denunciati.
Il tecnico catastale incaricato della verificazione periodica, dopo di
essersi assicurato della regolarità delle denuncie presentate dai posses-
sori, predispone gli atti occorrenti per i lavori di campagna e prende
gli opportuni appunti in merito alle variazioni, di modo che le visite lo-
cali possano procedere colla dovuta sollecitudine.
Per la revisione sopraluogo dei frazionamenti di proprietà, la se-
zione tecnica catastale, eseguito lo spoglio delle particelle frazionate, ri-
chiama dall'ufficio distrettuale delle imposte i tipi di frazionamento che
non siano stati precedentemente verificati sul luogo e su di essi l'opera-
tore incaricato della verifica, indica, per ogni possessore, la pagina di
riferimento al registro delle partite controllando le singole ditte.
I tipi di frazionamento sono trasmessi dall'ufficio distrettuale delle
imposte alla sezione tecnica catastale. In margine alla prima facciata
364 E S T I M O CATASTALE

del tipo, l'ufficio distrettuale delle imposte segua l'anno ed il numero


della nota di voltura cui il tipo si riferisce.
Quando si t r a t t i della prima verificazione dopo attivato il catasto,
la revisione dei frazionamenti in campagna va estesa ancfie ai tipi pre
sentati in sede di attivazione, non riveduti in precedenza, e per i quali
è già stata eseguita la sostituzione dei numeri alle lettere subalterne.
I possessori interessati alla verificazione vengono avvertiti, almeno
quindici giorni prima dell'inizio delle operazioni, con un manifesto pub-
blico a cura dei podestà, e poi con avviso personale, almeno due giorni
prima della visita locale.
Con le scorte dei tipi originali allegati alle domande di voltura, il
tecnico catastale controlla sul terreno le misure segnate nei tipi per l'in
dividuazione delle nuove linee divisorie.
I tipi devono essere restituiti all'ufficio distrettuale delle imposte
con la maggior sollecitudine possibile. Su di essi il tecnico catastale in-
dica, in forma concisa, i risultati della verifica locale : se cioè furono tro-
vati regolari, se f u necessario rettificarli, o se infine se ne dovette riman-
dare la verifica alla successiva lustrazione per insufficienza di indicazioni
sul terreno.
Le domande per la verificazione straordinaria dei cambiamenti in
aumento o in diminuzione da eseguirsi a spese dei richiedenti, sono stese
su carta da bollo, e devono contenere tutte le indicazioni prescritte.
Quando i beni siano situati in comuni diversi, si devono presentare
domande separate per ogni comune.
Le verificazioni straordinarie sono eseguite con le stesse norme che
regolano le verificazioni periodiche. Le comunicazioni circa il giorno del
sopraluogo sono fatte direttamente ai possessori mediante avviso per-
sonale.
Alle verifiche straordinarie non può essere dato principio se non dopo
eseguito il prescritto deposito provvisorio.

i
CAPITOLO IV

I PROBLEMI DEL CATASTO

1. - GENERALITÀ

Si è visto nel primo capitolo, come la solerte amministrazione del


catasto abbia posto mano ad alcune riforme interne che hanno contri-
buito ad accelerare i lavori catastali. E certamente l'ufficio di coordi-
namento e studi, creato presso la direzione generale del catasto, por-
terà nuovi contributi alla migliore realizzazione di questa monumentale
opera, della cui importanza ormai t u t t i sono consapevoli.
Ma prima di terminare l'esame* del Nuovo Catasto forse non è inop-
portuno intrattenersi su alcune manchevolezze che, nei primi cinquanta
anni di vita, esso è venuto manifestando.
Da molto tempo cominciò il dissidio tra la teoria, che si era venuta
tratteggiando nei regolamenti catastali, e le innumerevoli esigenze pra-
tiche della stima che nascono e si moltiplicano con le nuove attività.
Dissidio che si acuì sempre più, perchè la teoria si veniva sempre più
specificando nelle sue manchevolezze, e perchè, se venne modificata nelle
successive istruzioni, non fu mai permeata da nuovi concetti che la por-
tassero ad aderire compiutamente alle varie esigenze dell'economia agri-
cola. Oggi, dopo t a n t i anni, quel senso d'insoddisfazione si è precisato
nel bisogno di una riforma, la quale investa in pieno il problema, dando
base rigorosa ai metodi di stima, e insieme permetta di ottenere, con
minor sacrificio economico, t u t t i quei servigi, che vanno dal catasto pro-
batorio ad una migliore organizzazione statistica dei documenti cata-
stali. Ed è chiaro che, se si vuole valorizzare il sacrificio economico
che lo Stato italiano ha fatto e f a r à , per dare fine alla mole dei lavori
catastali, si deve anzitutto cercare di eliminare le imperfezioni ed i vizi
di origine che aumentano il costo dell'organizzazione e poi adattare i
documenti catastali onde ottenere t u t t i quei servigi che, potendo tornare
utili ad altre forme di attività, aumentano, in definitiva, il rendimento
del catasto.
310
E S T I M O CATASTAI,E

Recentemente, con il fondamentale studio che l'Einaudi (') ha de


dieato ai problemi tributari dell'agricoltura, la riforma del catasto, dal
punto di vista fiscale, è stata posta su di una base razionale. Le conclu
sioni cui giunge l'autore affermano sostanzialmente la necessità di
una completa catastazione dei redditi di capitale (e di lavoro direttivo)
che fluiscono dall'azienda agricola ; invero, basta riportare il pensiero
ai postulati della buona pratica finanziaria, per comprendere l'utilità di
una valutazione che precisi simultaneamente l'entità dei singoli redditi,
e porti l'imposta ad incidere non già sul reddito effettivo, ina su quel
reddito ordinario (2), che permette di percuotere più fortemente i pigri
e di premiare invece il coltivatore diligente. L'Einaudi, continuando la
elaborazione del suo sistema, che ha per cànone fondamentale l'esenzione
del risparmio dall'imposta, ha portato un nuovo contributo (3), dimo
strando che la tassazione del reddito ordinario tende ad evitare la dupli
razione d'imposta, che si ha sempre quando venga colpito il risparmio.
Ora, muovendo da questi studi, si vogliono fare alcune considera
zioni sul metodo di stima seguito nella determinazione della tariffa, sul
modo con cui si può addivenire alla formazione di un catasto fondiario
agrario e sul sistema con cui vengono tenuti i libri catastali.

2. - C R I T I C A DELLA STIMA CENSUARIA

Il catasto geometrico particellare ha come fattore elementare, topo


grafico ed estimativo (e quindi economico-finanziario), la particella cata-
stale, che sappiamo essere una porzione di terreno, situata nello stesso
comune, appartenente alla medesima ditta, ed avente la stessa qualità
di coltura e classe di produttività. Da ciò discende che, essendo l'unità
del catasto la particella e non già l'azienda, dove si consegue la produ-
zione e da dove fluisce il reddito, bisogna, di necessità, attribuire alla
particella un reddito imponibile. Il problema fondamentale della stima
censuaria sta quindi nell'attribuzione del reddito imponibile alla parti-
cella ; attribuzione che incontra difficoltà particolari, perchè la parti-
cella è la parte di un tutto (l'azienda agraria), che non è s m e m b r a r l e
senza che ne siano alterati i rapporti economici e quindi i rispettivi va-
lori e redditi.

P ) L. EINAUDI - La terra e l'imposta. « Annali di economia ». Milano, Università


Bocconi, editrice, 1924. Si iveda anche: A. SERPIERI - La terra e l'imposta. « Annali
del R. Istituto Superiore Agrario e Forestale», serie II, voi. I. Firenze, Mariano
Ricci, 1925.
(a) Nel caso specifico per reddito ordinario non s'intende un reddito medio,
tipico, di difficile o impossibile determinazione, ma quel reddito che si ottiene
seguendo le disposizioni date dal legislatore per il suo computo.
( ' ) h. EINAUDI - Contributo alla ricerca dell'ottima imposta. «Annali di eco-
nomia ». Milano, Università Bocconi, editrice, 1929.
I P R O B L E M I DEL CATASTO 307

La particella è un male necessario, un artificio che, come tale, viene


a meccanizzare l'unità dell'economia aziendale, viene a frazionare in
particelle l'unità colturale per il solo fatto che i s u o i terreni sono situati
in due comuni diversi, o, pur essendo nello stesso comune, sono destinati
a diverse coltivazioni, oppure, avendo la stessa destinazione, hanno di-
versa feracità; motivi occasionali, criteri in gran parte arbitrari sono
dunque quelli preposti alla ripartizione particellare.
Se si pone niente al fatto che gran parte del nostro paese organizza
l'azienda in unità colturali formate da terreni di diverse qualità di col-
tura e classe di produttività, si comprende come queste particelle siano
economicamente congiunte e formino una unità economica ben definita.
E se sono moltissime le aziende collinari e montane formate da due,
quattro, dieci ettari di terreni naturalmente frazionati e dispersi in sei'
dieci, venti particelle, bisogna pur ricordare che, anche in questi casi, i
singoli appezzamenti adempiono ad una loro precisa funzione nell'eco-
nomia aziendale, non facilmente surrogabile, come dimostrano gli ele-
vatissimi prezzi pagati per poche are di bosco, o di vigna, o di prato, o
di seminativo, dall'imprenditore che ne è privo. Così è d'uopo conclu-
dere che, anche in questo caso, la particella catastale, che sembra identi-
ficarsi economica meni e con particelle di prato, di bosco, ecc., rimane
ancora un'astrazione, perchè i f a t t i economici non si possono meccani-
camente separare conservandoli nella loro purità : essi sono congiunti,
cioè complementari, e quindi, se vengono separati, si modificano profon-
damente, cosicché non valgono nè i criteri di proporzionalità, uè più
complesse relazioni analitiche per ricostituire l'intero.
Di fronte a queste critiche si potrà chiedere : perchè non si può eli-
minare la particella? Perchè ritagliare una particella e porla a base
del catasto come unità fondamentale, quando si ha già l'azienda, che è
un'entità economica ben definita, precisamente individuata, anche fisi-
camente? Perchè, infine, voler dimenticare nella stima l'esistenza del-
l'azienda per inseguire l'astrazione della particella?
Alle quali domande si può rispondere che il catasto deve anzitutto
rilevare, misurare, stimare la proprietà fondiaria spettante ad una data
ditta, e che questa, in generale, non coincide con l'unità di coltura, po-
tendosi verificare il caso in cui una stessa proprietà comprenda diverse
unità, oppure una stessa impresa si valga di terreni appartenenti a due
proprietari diversi; non solo, ma, siccome il catasto deve seguire i pas-
saggi di proprietà, s'impone anche un tipo di organizzazione che per-
metta la formazione di nuovi aggregati, in funzione della nuova distri-
buzione che viene ad assumere la proprietà fondiaria; infine, dato che
ogni variazione.nella superficie dell'unità colturale porterebbe, di neces-
sità, ad una nuova stima (non potendosi certo caricare quest'ultima di
un imponibile ricavato con criteri di proporzionalità), ne verrebbe il con-
310
E S T I M O CATASTAI,E

tinuo i-innovamento degli imponibili catastali, uno dei cui pregi fonda-
mentali dovrebbe stare, per l'appunto, nella relativa fissità.
Non va, d'altra parte, dimenticato che, pur essendo la particella un
male necessario, serve ad evitare peggiori artifizi, e che, qualora si cono-
scano gli inconvenienti a cui dà origine, non riesce poi impossibile tem
perarne gli effetti dannosi.
Per comporre in modo soddisfacente le incongruenze, cui si giunge
per la necessità di attribuire un certo reddito imponibile ad ogni parti-
cella catastale, bisogna risalire ai concetti informatori delle valutazioni.
E cioè : non esiste altro valore che quello di mercato, che si paga e si
incassa. La stima consiste in attribuzioni di valore, che hanno carattere
di previsione, e si risolvono in giudizi espressi da periti.
E noto il procedimento seguito nella stima censuaria, e cominciano
ad essere note le critiche che ad essa mossero alcuni studiosi, tra i quali
va ricordato specialmente il Marenghi (1).
La stima censuaria insegna a giungere alla tariffa (reddito fondiario
imponibile, per unità di superficie) attraverso un bilancio, nel quale la
parti,celia tipo viene considerata come un'azienda, dove si organizza la
produzione. Naturalmente i valori, cui si giunge dopo avere redatto co
testi bilanci, sono fuori dalla realtà, perchè non esistono aziende agrarie
formate da una particella di seminativo asciutto di terza classe o di
prato marcitoio di prima. Quindi, se si sommano i redditi imponibili
attribuiti alle particelle formanti una data unità di coltura, si otterrà
un reddito fondiario imponibile che, in generale, sarà diverso dal reddito
fondiario imponibile calcolato, con lo stesso sistema, per t u t t a l'unità
di coltura. E ciò non avverrà soltanto perchè il reddito delle aziende è
2
i n d i v i d u a l e , mentre quello delle particelle ha carattere medio ( ), ma
specialmente perchè i bilanci condotti per giungere alla tariffa fanno
astrazione dall'azienda. Se è vero che un lodevolissimo sforzo in questo

P ) ERNESTO MARENGHI - Lesioni eli estimo. Parte terza: Catasto ed estimo


catastale, pag. 203 e segg., Libreria editrice politecnica, Milano, 1925. — Nelle
Lezioni del Marenghi si trova pure un'abbondantissima bibliografia.
(=) Stabilito il reddito delle particelle tipo, si procede alla parificazione delle
particelle comprese nei circolo censuario dove si opera: ciofe ogni particella viene
assimilata ad una data particella tipo. L'operazione, detta di classamento, consiste
in una media a ritroso; tutte le particelle differiscono dalla particella tipo alla
quale sono state parificate per quantità positive e negative, le quali se considerate
in un sufficiente numero di casi dànno per somma algebrica una grandezza che
tende a zero. La discontinuità di reddito che noi supponiamo esista fra una classe
e la successiva è arbitraria ed irreale (pur essendo necessaria per evitare un
numero infinito di particelle tipo) quindi la tariffa assennata alla particella tipo
rappresenta la media- di un gran numero di termini ricini, il punto di transizione
di due successioni di valori eli segno diverso.
I PROBLEMI DEL CATASTO 307

scuso è stato compiuto con la XV istruzione (>) bisognerebbe seguitarlo


per dare quella serie di nozioni chiare, che da tempo si attendono. E cioè '
- siccome la particella è un'astrazione necessaria, nella stima
(non nella rilevazione topografica) bisogna sostituire la particella tino
con 1 azienda tipo ; '
- le aziende tipo saranno scelte previo accurato studio delle con-
dizioni economico-agrarie del territorio, e il loro numero sarà funzione
del grado dx approssimazione che s'intende raggiungere, cioè dei limiti
di tolleranza fissati ;
— scelte le aziende tipo, si darà svolgimento al bilancio dell'impre-
sa per determinare la misura del reddito fondiario imponibile aziendale;
— conosciuto il reddito fondiario imponibile (r. f. i ) dell'azienda
tipo, questo si ripartisce tra le singole particelle: in tal modo si stabili-
d e l l e PartiCelle tÌP 16 q U a U
n : « o °' le operazioni
Con questo procedimento, inverso di quello indicato nella istruzione
catastale, si viene a togliere alla particella il carattere di unità estima-
tiva originaria, lasciando ad essa la funzione di particella tipo nelle
operazioni di classamento.
La determinazione della tariffa viene così ad essere sempre il risul-
ta to di una ripartizione, la quale dovrà basarsi su coefficienti più o meno
a r b i t r a r i ; pero in tal modo, non verrà modificata la somma totale del
r. f. i. aziendale.
Si può obiettare che lo svolgimento della economia agraria per
quanto lento, porta ad una continua variazione nei rapporti prodottivi
e distributivi, nelle produzioni unitarie, nelle piante coltivate, nei modi
di esecuzione delle faccende campestri: variazioni che si ripercuotono
direttamente o mediatamente sulla superficie dell'unità di coltura Per-
ciò, dopo un certo periodo di tempo, le aziende tipo del circolo censuario
non saranno più formate dal numero di particelle congiunte con quel

E T T 8 1 ; i l e I Ò a l P a t t 0 d e I l a f 0 r m a z i 0 » e d e l - t a l , ma saranno
diveise. A questa obiezione si può rispondere che ciò sarebbe ugualmente
avvenuto, e m modo molto più sensibile, seguendo la valutazione p a r -
cellare e, infine, che e nella natura del catasto creare uno stato di cose
cne sarà poi ristabilito, in rapporto alle nuove condizioni d'ambiente al
Termine de periodo fissato dal legislatore per la revisione d e g u s t i m i
In sostanza, adottando il metodo esposto, la determinazione delle
t a r m e viene ad essere m dipendenza di due scelte :
— scelta delle aziende tipo ;

() MINISTERO DELLE FINANZE - DILEZIONE GENERALE DEL CATASTO E DEI SERVIZI


TECNICI istruzione per la Qnotificazione, la classificazione e Mlassalntò
- Z
terrem e per la formazione delle tariffe d'estimo. Roma, Poligrafico 1931

G . M e d i c i - Lezioni di estimo.
310
E S T I M O CATASTAI,E

scelta del criterio di ripartizione del reddito fondiario impo-


nibile aziendale.
La prima scelta può essere compiuta in modo definitivo e razionale
quando sia stabilito il grado di tolleranza, cioè l'approssimazione alla
quale si vuole giungere.
È bene subito notare che la scelta di aziende tipo è molto più com-
plessa e difficile di quanto comunemente si ritenga, perchè, siccome
Vazienda tipica — in senso rigorosamente statistico — non esiste ('), bi-
sogna scegliere aziende che abbiano una costituzione che sia intermedia
ai limiti fissati dalla tolleranza, e siano anche tali da comprendere t u t t e
le qualità di coltura e classe di produttività del circolo censuario.
La seconda scelta non può avere nessuna soluzione razionale, perchè,
di fatto, le particelle non hanno un reddito loro proprio e quindi la ri-
partizione rimane un f a t t o arbitrario. O meglio, vi sarebbe una solu-
zione razionale qualora si potesse misurare la parte che ciascuna par-
ticella ha avuto nel determinare il reddito fondiario imponibile dell'a-
zienda.
La ripartizione è sempre arbitraria ma l'arbitrio può essere conte-
nuto, poiché vi sono indici di ripartizione più o meno idonei ad attuarla.
Ad esempio, se si prende a considerare un'azienda formata da quattro
particelle del tipo seguente : prato irriguo, seminativo, vigneto, gerbido,
la ripartizione compiuta in base alla superficie è evidentemente grosso-
lana perchè trascura l'attitudine produttiva della particella ; da cui se
ne deduce che vi sono degli indici economici (produzione lorda, ecc.) che
sono più perfetti, anche se determinati dallo stesso sistema di prezzi che
concorre a formare l'unità da ripartire.
Gli indici cui si può ricorrere nella ripartizione sono essenzial-
mente i seguenti (2) :
1°) produzione lorda vendibile che si può determinare, con buona
approssimazione, per ciascuna particella, senza però evitare alcune tra-
scurabili astrazioni.
Per le colture di cereali, leguminose, ecc., compiute nel seminativo e
le colture specializzate di piante legnose, gli orti stabili, ecc., la valuta -

P) Cfr. G. MEDICI - Ricerche intorno all'azienda agraria tipica. « Annali del-


l'Osservatorio economico-agrario », Bologna, 1933.
(2) È naturale che la scelta degli indici che devono guidare la ripartizione del
reddito fondiario ed agrario imponibile è in funzione dello scopo cui tende la
ripartizione, che è quello mirante ad assegnare ad ogni particella un r. f. i. tale
da consentire la formazione di nuovi aggregati, senza che ne venga alterata l'entità
del nuovo reddito aziendale. Scopo che si può soddisfare soltanto in misura appros-
simata, giacche limitato è il numero delle aziende tipo e inoltre la pratica catastale
impone la volturatone di particelle a favore di unità aziendali che cosi vengono
a variare nella loro entità fisica ed economica, con modificazioni nella produzione
e distribuzione del reddito.
307
I P R O B L E M I DEL CATASTO

zione è semplice e rapida, perchè basta moltiplicare per il prezzo le quan-


tità prodotte ; più difficile riesce per le colture foraggere, dove bisognerà
stabilire il prezzo di trasformazione dell'unità foraggera.
2°) prodotto netto (o reddito globale) la cui determinazione per
particella incontra difficoltà notevoli, dovendosi stabilire quel'è la som-
ma di spese assorbite dalla reintegrazione dei capitali, per ogni parti-
cella ;
3°) coefficiente d'investimento, riflette l'entità degli investimenti
fondiari esistenti per unità di superficie coltivata : esso trova sostegno
in un ragionamento estimativo assai fine, secondo il quale l'investimento
fondiario, essendo un impiego capitalistico, viene fatto tenendo presente
l'entità del saggio di interesse percepito ; da ciò si deduce che se un et-
taro della particella A ha avuto x investimenti fondiari in più di un et-
taro della particella B, vuol dire che la particella A permetterà di con-
seguire un reddito fondiario proporzionalmente maggiore.
Ma il ragionamento è specioso, sia per la grande varietà della psico-
logia degli imprenditori agrari, che talvolta agiscono nel modo più im-
previsto e contrario ad ogni deduzione dottrinale, sia perchè alcuni in-
vestimenti fondiari, t r a cui spiccano le strade poderali e i fabbricati ru-
rali, non possono riferirsi alle particelle, ma a tutto il podere. D'altro
lato bisognerebbe risolvere un altro problema, irto di difficoltà, quello
della determinazione del coefficiente di investimento.
Si segnala, infine, il più rozzo .dei sistemi: la ripartizione del red-
dito in proporzione alla superficie delle singole particelle.
Scartati gli ultimi due sistemi indicati, rimangono i criteri della
produzione lorda vendibile e del reddito globale, i quali possono entrambi
trovare applicazioni ; certo è che il secondo è meno imperfetto del pri-
mo, qualora la sua determinazione non presupponga il ricorso a nuove
astrazioni.
È appunto per questo motivo che la scelta dell'uno e dell'altro in-
dice deve essere stabilita caso per caso.
Ma sia detto u n ' a l t r a volta che il problema della ripartizione del
r. f. i., dal punto di vista razionale, rimane insolubile; esso è del tutto
analogo a quello dei costi congiunti. Nel caso limite, in cui una parti-
cella non abbia reddito, perchè sterile, si vede facilmente come certi cri-
teri siano meno errati di altri, perchè nei casi limite non divengono as-
surdi ; si noti, meno errati ma non razionalmente esatti.
Ad argomentazioni del genere l'eminente direttore generale del ca-
tasto, Ing. Grandi, ha osservato che « se t u t t a l'Italia fosse suddivisa in
poderi o comunque in unità agricole ben definite, la stima particellare
avrebbe potuto essere abbandonata. Ma non in t u t t a Italia la proprietà
rurale ha la struttura agricola quale si riscontra nella valle del Po nella
pianura veneta ed emiliana, nella Toscana, ed in pochi altre regioni. A
catasto compiuto, le particelle censite risulteranno in numero di circa
310
E S T I M O CATASTAI,E

45 milioni e di queste soltanto un terzo, forse, appartengono ad unità


agricole con fisionomia spiccata. Gli altri 300 milioni circa ili particelle,
proprie dell'alta collina, della montagna, insomma delle regioni a pro-
prietà frazionata o addirittura polverizzata, oppure di zone in partico
lari condizioni per popolazione o per produzioni specializzate, la Liguria,
la Campania, la Conca d'Oro, sono quasi sempre cellule dì organismi a
forma indistinta, che continuamente si scompongono e si ricompongono
e che possono vivere e vivono anche mediante i raggruppamenti i pili
vari ed i più imprevisti.
« Come si sarebbe potuto procedere alla stima censuaria, sistema
tica, di un sì gran numero di possessi fondiari io non vedo davvero. Co-
sicché anche per questo problema la legge adottò la soluzione pratica
migliore, la stima particellare. Tanto più che dove l'unità agricola ha
fisionomia ben definita, essa viene presa in esame nel suo complesso per
la stima censuaria e le tariffe per qualità e classi non rappresentano in
ultima analisi se non un giudizioso riparto particellare. Così appunto
come il diligente coltivatore fa sì il computo a fin d'anno di quanto in
sostanza gli ha reso il podere, ma ricerca e vuol conoscere quanto ciò sia
dovuto al campo, quanto al prato, quanto al frutteto, quanto alla vigna ».
Le ragioni addotte dal Grandi non riescono a convincerci. Anzitutto
perchè laddove la particella catastale costituisce veramente azienda i
due metodi coincidono e quindi non vi ha ragione di contrasto ; ina nel
grandissimo numero dei casi ciò non avviene: basta, a dimostrarlo, la
conoscenza dell'economia agraria della Penisola.
D ' a l t r a parte è noto che in quasi tutte le aziende agrarie italiane
si alleva il bestiame e quindi si produce foraggio. Orbene, mentre il proce-
dimento di stima particellare valuta, il foraggio su la base ilei prezzo eli
mercato, il procedimento di stima suggerito valuta il foraggio attraverso
i prodotti che dànno gli animali che lo trasformano: cioè attraverso i
risultati economici conseguiti dalla azienda agraria, che, ad es., produce
grano, fava, e anche foraggi, con i quali poi alimenta il bestiame che
darà lavoro, carne, latte.
L'errore che si commette nel valutare il reddito fondiario imponi-
bile muovendo dal prezzo di mercato del foraggio, anziché muovere al-
meno dal prezzo di trasformazione, è notevole.
Un esempio chiarirà meglio il nostro pensiero.
Si debba determinare la rendita catastale di un ettaro di prato ir-
riguo di prima classe, condotto a mezzadria.
Ecco come si procede con il consueto metodo catastale :
Prodotti :
Prodotto di fieno Q.li 100 per ha
Prezzo per q.le Lire 8
Valore totale » 800 » »
I PROBLEMI DEL CATASTO 307

Spese :
Totale Parte Padronale

Concimazione chimica q.li 6 a L. 6,50 39,— 19,50


Mangime per il bestiame da lavoro q.li 4
a L. 5 . . . 20,— 10,—
Lettime q.li 1 a L. 3,60 3,60 1,80
62,60 31,30
Assicurazione contro gli incendi del forag-
gio : 3 % di L. S00 24,— 12,—
Manutenzione, assic. ed ammort. dei fab-
bricati e spese di amministrazione :
5 % di L. 800 . . 40,— 40,—
126,60 83,30
Interesse del capitale di esercizio: 5,50 %
su la somma precedente di L. 83,30 4,60 4,00
131,20 87,90
Quindi la tariffa, cioè la rendita catastale del prato irriguo di prima
c•lasse, sarà data dal prodotto di parte padronale, diminuito dalle spese,
e cioè :
L. 400,00 — L. 87,90 = L. 312,10.

Se invece valutiamo il foraggio su la base dei prodotti trasformati e


delle spese occorse alla trasformazione 0), e cioè del latte e della carne
che si realizza alimentando il bestiame, avremo :
Latte q.li 40 per ha, a L. 13,00 il q.le 520,00
Vitelli » 1 » „ ; » „ 100,00 » » 100 00

020,00

E cioè il prodotto di parte padronale sarà di lire 310 per ettaro.

Le spese di parte padronale sono le seguenti :


Mangime e lettime per il bestiame da lavoro: come nel
caso precedente -Q 8 0
Assicurazione, manutenzione ecc. : come nel caso precedente 52
Spese di trasformazione
60,-
Interesse del capitale d'esercizio 45 _

Totale spese . . . 168,80

(') Cfr. il paragrafo 3, a pag. 35, dedicato al prezzo di trasformazione.


310
E S T I M O CATASTAI,E

I n questo caso la tariffa, cioè la rendita catastale del prato irriguo


di prima classe, sarà data da L. 320,00 — 168,80 = 151,20.
Concludendo : mentre nel primo caso la tariffa sarebbe di L. 312,10
nel secondo sarebbe di sole 151,20 !
Se si ricordano le considerazioni che avemmo occasione di svolgere
in tema di prezzo di trasformazione ed in merito alla stima dei foraggi,
si comprenderà facilmente perchè vi sia uu forte divario t r a tariffe cal-
colate con metodi così discordi.
Restano quindi, con t u t t o il loro peso, le considerazioni critiche
svolte.

3. - C R I T I C A DEL METODO DI IMPOSIZIONE

Si è accennato come l ' E i n a u d i abbia dimostrata l'opportunità di evi-


tare le contraddizioni in cui incorre l ' a t t u a l e sistema tributario, sosti-
tuendo l'imposta di ricchezza mobile categoria li sul reddito di fittavoli,
quella di categoria fi, pure di R. M., dovuta per i compensi non domini-
cali percepiti dai fattori ed agenti di campagna, e l'odierna imposta sul
reddito agrario, con una unica imposta che colpisca l'interesse del capi-
tale agrario (di scorta e di anticipazione) e parte del lavoro direttivo.
Questo imponibile potrà essere iscritto sempre a nome del proprietario
del fondo, poiché esso è reale e segue il podere; nel caso di affitto, il
proprietario potrà segnalare, con regolare a t t o all'ufficio distrettuale
delle imposte, il nome dell'affittuario.
Orbene, il metodo proposto per la determinazione della tariffa, ha il
grande vantaggio di ottenere, con lo stesso procedimento, anche il red-
dito agrario imponibile, poiché la determinazione del reddito imponi-
bile fondiario presuppone la formazione di un bilancio, nel quale sia
fissata la misura del capitale agrario e del suo reddito e quella del la-
voro di direzione, di amministrazione, ecc. ; perciò lo stesso computo del
reddito fondiario imponibile, rende indispensabile la determinazione del
reddito imponibile a g r a r i o : basta quindi ripartirlo t r a le singole par-
ticelle.
Per la ripartizione valgono gli stessi criteri esposti per il reddito
fondiario, giacché anche in questo caso il problema non si può risolvere
in via razionale, ma soltanto attraverso un'attribuzione di valore, che
sarebbe perfetta qualora si potesse stabilire la parte di capitale agrario
che si deve a ciascuna particella. E siccome ciò è impossibile, ne viene
che la ripartizione si f a r à in base alla produzione lorda vendibile o al
reddito globale.
Più complessa è la parte che si riferisce alla catastazion i del com-
penso al lavoro direttivo; forse non è consigliabile riunire in un solo
dato lo stipendio che spetta al lavoro di amministrazione dominicale e
quello che si deve al lavoro di direzione e sorveglianza dell'azienda, per
307
I P R O B L E M I DEL CATASTO

che talvolta diverse persone sono chiamate a pagarlo ; motivo per cui
sembra più opportuno comprendere nel reddito agrario imponibile an-
che il compenso che spetta al lavoro di direzione e amministrazione della
azienda agraria. Infine, per non lasciare all'imposta di ricchezza mobile
il compito di perseguire i redditi percepiti dagli eventuali amministra-
tori dominicali — il che potrebbe dar luogo a salto d'impostai — si prov-
vede alla eatastazione del compenso al lavoro di amministrazione domi-
nicale, da tassarsi a nome del proprietario, con diritto di rivalsa sulla
persona a cui il proprietario avesse affidata la sorveglianza e l'ammini-
strazione della sua proprietà nel confronto dei terzi. A quest'ultima que-
stione uon si può riconoscere una notevole importanza pratica, e forse
sarebbe consigliabile, per economia e semplicità, includere il reddito di
lavoro dominicale nel reddito fondiario imponibile, salvo a riconoscere,
come è stato già osservato, diritti di rivalsa.
In questo modo si otterrebbe la completa eatastazione dei redditi
che provengono dai capitali e dal lavoro direttivo, attuandosi la forma-
zione di un catasto fiscale completo, con inestimabili vantaggi per i ceti
agricoli, i quali non solo sarebbero sottratti alle affaticanti lotte con
gli agenti delle imposte, ma vedrebbero realizzarsi una vera perequazione
tributaria.
Tutto ciò si otterrebbe senza nessun aumento nelle spese, anzi realiz-
zando notevoli economie, perchè il metodo di stima censuaria consigliato
richiede operazioni più semplici e sicure. E qualora uon si volesse addi-
venire a quella necessaria riforma dei libri catastali di cui si discorrerà
in seguito, basterebbe aggiungere due colonne al registro delle partite e
alla matricola dei possessori.

SCHEMA DEL REGISTRO DELLE PARTITE

Comune di Ditta )
CARICO

P a g i n a dalla 1
quale si fa il Data e numero Numero
trasporto della nota di mappa Red-
Red-
Red- dito
nota di variazione Foglio dito impo-
nel o Co- dito
Super- nibile
nel registro Possessore al quale mune impo- del
si fa il trasporto di Qualità impo-
delle lavoro
pre- p a r t i t e Causa ed a t t o per Princi- Subal- fìcie nibile
cen- nibile diret-
sente del cui si fa il trasporto mappa
suario fon- tivo
registro catasto pale terno agrario
Registrazione domi-
dei fab- diario nicale
bricati dell' atto
310 E S T I M O CATASTAI,E

SCHEMA DELLA MATRICOLA DEI POSSESSORI

Intesta-
Numero zioni no- Estimi Reddito Reddito Reddito imponi-
Hi feri- Esen-
progres minative e redditi imponibile imponibile bile del lavoro zioni
eivo delle mento risultanti direttivo
alla al fondiario agrario Am-
intesla- in catasto dominicale mon- An-
, zioni da p a r t i t a e indica- 31 agosto tare
ri portarsi catastale zione del 1924 cbe degli nota-
nei e indica- la pro- servirono
zione estimi
rispettivi fessione, o zioni
ruoli del residenza di base 1925 1926 1934 1925 1926 1934 1925 1926 1934
comune redditi
degli o sede ai ruoli e sca-
esercizi censuario dei con- 1925 denza
tribuenti

Dall'esposizione precedente prende chiaro spicco l'utilissima fun


zione che potrebbero esercitare gli uffici di contabilità agraria, che da
qualche anno vanno raccogliendo ed elaborando i dati contabili di azien-
de agrarie, per conoscere l'andamento della produzione agricola e pre
c-isarne i risultati economici. Questi uffici, creati dall'Istituto nazionale
di economia agraria, si trovano nelle condizioni di favorire il lavoro pre-
paratorio alla stima censuaria : non solo essi possiedono gli elementi
per potere operare la delimitazione dei circoli censuari, per scegliere
le aziende tipo e stabilirne il numero più opportuno, ma spesso, per le
stesse necessità della loro organizzazione e funzionamento, hanno com-
piuto (o stanno compiendo) una serie di studi preliminari sui capitali
dell'azienda agraria e sul lavoro manuale; hanno raccolti prezzi di
vendita dei prodotti e delle materie prime, hanno seguito l'andamento
del mercato dei beni fondiari e l'andamento dei cànoni d'affitto, hanno
cioè esaminata l'azienda agraria nei suoi singoli fattori seguendone l'an-
damento statistico, per stabilirne poi, attraverso il bilancio dell'impresa,
i risultati economici.
Non solo quindi cotesti uffici di contabilità possono contribuire alla
scelta delle aziende tipo, ma possono svolgere con grande preparazione
tecnica il bilancio dell'impresa ; tanto più che essi hanno seguito attra-
verso la registrazione contabile, lungo un certo periodo di tempo, un
grande numero di aziende agrarie e possiedono una serie di bilanci che
rispecchiano la costituzione ed il funzionamento di aziende che spesso
possono, per i fini della stima censuaria, essere assunte come tipo.
Se poi si considera il fatto che essi non limitano la loro attività alla
compilazione dei bilanci, ma elaborano, con i più svariati criteri i dati
di inventario e di gestione, studiano la distribuzione del lavoro umano,
animale, meccanico, determinano le produzioni medie unitarie, preci
sano i prezzi di trasformazione dei foraggi, si comprende l'importante
sussidio che cotesti uffici potrebbero portare nello svolgimento delle
I P R O B L E M I DEL CATASTO 307

operazioni di stima censuaria. L'insegnamento viene specialmente dai


paesi dell'Europa centrale (Germania, Cecoslovacchia, Svizzera), dove
gli uffici di contabilità hanno raggiunto il maggiore sviluppo e ottenuti
i più brillanti risultati.
Ed è confortante vedere come gli studi sui risultati economici della
produzione agraria, compiuti attraverso l'elaborazione dei dati contabili,
iniziati nel 1926 dal Tassinari M, continuino con tanto fervore. L'Isti-
tuto nazionale di economia agraria ha da tempo iniziata una serie di
studi a carattere biennale, pubblicando i risultati economici conseguiti
da oltre 100 aziende agrarie; risultati che sono stati riordinati e com-
mentati dal Perini seguendo la traccia del maestro (2).
Se il catasto vorrà adempiere, in maniera compiuta, a quegli scopi
civili <3) e fiscali che ne richiamarono la formazione, deve valersi anche
di t u t t i gli insegnamenti che vengono dalle discipline economiche.

1. - I SERVIZI S T A T I S T I C I DEL CATASTO

Altra questione, che non è certo di secondaria importanza si ricon-


nette alla modalità di tenuta dei libri catastali, i quali, non avendo
nessun riepilogo che serva statisticamente, non consentono la formazione
della statistica della proprietà fondiaria e delle qualità di coltura - man-
canza che ha ripercussioni pratiche, immediate, di primo ordine. Invero
oggi, qualora si voglia conoscere come si distribuisce la proprietà fon-
diaria, si deve ricorrere, o agli incerti dati del censimento demografico
oppure al numero degli articoli di ruolo, il quale numero dice sempre
poco e spesso dice anche male, perchè, data la sua eterogeneità, si stacca
talora notevolmente, sia dal numero delle ditte proprietarie, sia da quello

Ta 8inaw
omul ?i ® - SaM'° inior"° a
>'° distribuzione del reddito nelVagri-
coltura italiana. Piacenza, «Federazione italiana dei consorzi agrari» 1926 _
La distribuzione del reddito dell'agricoltura italiana, Piacenza «Federazione
1 £e m redm
m ^ x m . x Z T n r * ' ^ ~ ° ™
C 10 PERINI Risultati
, J ^ r!;-Pf " economici di aziende agrarie negli anni 1929
e 193<L « istituto nazionale di economia agraria », Studi e monografie. Treves-Trec-
cani Tummmelli, Milano, Roma, 1933. Si vedano anche i volumi successavi
( ) M ricorda qui, in nota, l'altro notissimo, fondamentale servigio che potrebbe
recare il catasto: quello di dare la prova giuridica della proprietà Tale accerta
S i8
Z f r i fr!" 7 ; . l v e C O n , a » u b W ì ^ i o n e e l'iscrizione di tutti i diritti immo-
Mian m un Ultra fondiario. Con l'iscrizione si opera il trasferimento della proprietà -
6 legittlnm U trapass
ITI ° ' R i s p e t t 0 a l l a Ptobatorietà del catasto
tema di lunghe discussioni in Italia, qui si vuole soltanto ricordare che essa da-
rebbe un mezzo di prova rapido ed economico che tornerebbe di grandissima utilità
per tutte le operazioni di credito agrario, per mutui ipotecari, e in mille altre
circostanze della vita economica. L'argomento è poderoso e vuole una sua tratta-
zione, che qui non trova il suo luogo opportuno.
310
E S T I M O CATASTAI,E

delle persone proprietarie. Astrazion f a t t a da qualsiasi motivo di studio


0 di illustrazione della economia agricola del nostro paese, una precisa
statistica della proprietà fondiaria, che ripartisse le ditte proprietarie in
categorie stabilite secondo la superficie posseduta e l'entità del reddito
imponibile, tornerebbe di sicuro vantaggio alle organizzazioni sindacali
degli agricoltori e dei lavoratori agricoli, ai consorzi dì bonifica e di irri-
gazione, al genio civile, ai tecnici agricoli, a t u t t i coloro che sono interes-
sati da questioni concernenti la proprietà fondiaria. Molti sanno che ogni
tecnico agrario, che agisce in una data zona, ha il suo catastino che è f r a
1 più utili ferri del mestiere ; e sarebbe ancora più utile qualora potesse
essere più preciso, e invece che schematico e povero di notizie fosse
organato su una più fitta tela di dati esatti, sistemati in tabelle in
cui fossero razionalmente disposte, e raggruppate secondo i più diversi
criteri, là superficie ed i redditi.
Oggi il catasto non permette dì addivenire, in breve tempo, alla for
mazione di una statistica (e si badi che l'osservazione vale anche per
un solo comune) che precisi la ripartizione della proprietà fondiaria in
categorie stabilite secondo l'entità della superficie posseduta e del suo
reddito imponibile. Il problema non è certo di facile soluzione dati i
trapassi di proprietà che impongono le volture e quindi le trascrizioni
nel registro delle partite, ma non si può d'altra parte rinunciare ad un
servizio di t a n t a importanza. Disponendo di tre documenti, quali sono
la matricola dei possessori, il registro delle partite, la tavola censuaria,
non dovrebbe riuscire impossibile ottenere dei riepiloghi, a piò di pagina,
che potessero servire statisticamente. Ma v'ha di più. Le deficienze sta-
tistiche del nostro catasto sono ancora maggiori, perchè dai libri cata-
stali non si può ricavare direttamente la ripartizione per qualità di col-
tura della superficie comunale o provinciale. Bisogna risalire alle belle
pubblicazioni curate dalla commissione censuaria centrale in occasione
della prima conservazione, per avere codesti dati : ma evidentemente
bisognerebbe seguitarne l'aggiornamento.
Ed è stato proprio negli anni scorsi che si è avuto particolarmente a
lamentare la mancanza di questi dati, perchè dovendo procedere all'ag-
giornamento del catasto agrario (stabilito dal E. D. 3 giugno 1927), che
trova la sua prima e più sicura base nei dati del catasto geometrico par-
ticellare, talvolta, si sono dovuti usare dati non perfettamente aggior-
nati, perchè questa operazione è sempre estremamente faticosa e tal-
volta praticamente impossibile.
Che dire poi del metodo tecnico contabile adottato? A parte il fatto
che i libri sono di dimensioni eccessive, non maneggiabili, e che potreb-
bero essere sostituiti con infiniti vantaggi da più moderni sistemi, rimane
il numero dei documenti che è del tutto esorbitante, tanto più che at-
tualmente il catasto non ha alcun carattere probatorio e che in t u t t i i
casi per diventare probatorio richiederebbe una radicale riforma, con
I P R O B L E M I DEL CATASTO 307

la creazione di un vero libro fondiario. Se poi a ciò si aggiunge il fatto


che la compilazione dei ruoli per l'imposta fondiaria è svolta dagli uffici
distrettuali delle imposte dirette, che tengono copia della matricola dei
possessori ed esauriscono completamente la parte tributaria del catasto,
si comprende come sia di urgente attualità addivenire ad una riforma
nei documenti catastali per evitare spese inutili, e realizzare con una
somma minore di sacrifici una quantità maggiore di servigi.
Se il riordinamento accennato si presenterà certamente di difficile
attuazione nelle provincie che hanno già il catasto in regolare conserva-
zione e quindi esiste già 1111 sistema che ha un costo, il quale riduce
l'indice di convenienza della sostituzione, nelle provincie dove il catasto
è ancora in formazione lo studio di sistemi che possano adattarsi almeno
ad una parziale prova giuridica della proprietà e soddisfare agli altri
fini civili è una necessità, se non si vuole che le somme cospicue impie-
gate dallo Stato nella formazione del monumentale lavoro manchino in
gran parte allo scopo, poiché certamente il catasto non si giustifica
soltanto con le finalità fiscali, ma a queste importa aggiungere quelle
civili.
P u r riconoscendo le difficoltà che l'introduzione dei modernissimi
sistemi meccanici a schede potrebbe incontrare, non si- può non essere
tentati dall' esaminarne i vantaggi.
Prendendo come unità fondamentale la « ditta proprietaria », ad
ognuna di queste si potrebbe destinare una scheda con i caratteri di
ogni singola particella, e cioè: numero, superficie, reddito imponibile,
l^e schede di ogni singolo comune potrebbero essere classificate nei più
diversi modi, e si avrebbero, con relativa facilità, i risultati delle clas-
sificazioni compiute. L'operazione fondamentale, la voltura catastale, si
risolverebbe in una semplice sostituzione di schede. Naturalmente in tal-
modo si potrebbero compiere, con minimo costo, tutte le statistiche,
combinando nel modo più diverso i singoli elementi.
Così la tavola censuaria, la matricola dei possessori e il registro
delle partite, verrebbero completamente sostituiti. I documenti cata-
stali sarebbero ridotti alla mappa e alla scheda.
Questa, che può sembrare una piacevole fantasia, è invece una ne-
cessità di cui molte amministrazioni dello Stato si devono rendere conto,
se vogliono adempiere bene a t u t t i i difficili compiti cui sono chiamate
dai nuovi indirizzi politici.
APPENDICE
Per completare le considerazioni svolte nel testo a pag. 70, e
anche per opportuna esemplificazione, applichiamo i concetti esposti
ad un'azienda della bassa Lombardia irrigua (>), le cui caratteristiche
fondamentali, n e l l ' a n n a t a 1928-29, alla quale si riferisce il calcolo,
erano le seguenti :

Superficie ha 160,00

Canone d'affitto, per ha L. 975,00

Bestiame, per ha » 2.879,00

Macchine e attrezzi, per lia » 858,00

Foraggi, lettimi, letame e sementi, per ha . » 1.237,00

Produzione lorda veudibile, per ha . . . » 5.028,00

Prodotto netto, per ha » 3.661,00

Date le caratteristiche economiche dell'azienda agraria in gene-


rale, che, anche nelle sue forme di maggiore intensità produttiva,
mantiene sempre una forte viscosità nel movimento del danaro, e per
semplificare il calcolo degli interessi, si è riassunto il movimento di
cassa in periodi mensili. E evidente che si t r a t t a di un metodo ap-
prossimato, poiché, rigorosamente, il calcolo dovrebbe farsi per il nu-
mero dei giorni che intercorrono tra un'operazione e la successiva.

(') Qualora si desiderassero conoscere applicazioni ad altri casi, si confronti


il lavoro del M E D I C I , citato a pag. 70.
384 APPENDICE

Le e n t r a t e e le u s c i t e di cassa n e l l ' a n n o a g r a r i o 1928-29

Per iodi Uscite di difesa Entrate di cassa differenza

Lire Lire Lire

11 n o v e m b r e - 10 d i c e m b r e 15.785,53 41.082,80 25.297,47

11 d i c e m b r e - 10 g e n n a i o 37.054,00 42.102,00 5.048,00

11 g e n n a i o - 10 f e b b r a i o 27.017,70 43.180,30 15.568,00

11 f e b b r a i o - 10 m a r z o 24.575,00 34.526,60 9.951,54

11 m a r z o - 10 a p r i l e 47.804,05 32.212,50 — 15.591,55

11 a p r i l e - 10 m a g g i o 27.665,29 15.531,30 — 12.133,99

11 m a g g i o - 10 g i u g n o 85.774,40 18.826,60 — 66.947,80

11 g i u g n o - 10 luglio 57.571,03 78.053,80 20.482,77

11 l u g l i o - 10 a g o s t o 93.911,60 90.077,50 — 3.234,10

11 a g o s t o - 10 s e t t e m b r e 28.537,94 21.695,80 — 0.842,14

11 s e t t e m b r e - 10 o t t o b r e 24.634,90 51.525,90 26.891,00

11 o t t o b r e - 10 n o v e m b r e 234.284,99 93.710,00 — 140.568,99

Totale . . . 705.216,29 563 137,10 — 142.079,19

Media m e n s i l e 58.768,02 46.928,08 — 11.839,94


APPENDICE 385

Calcolo degli interessi

nifi erenze Mensili 1 Interessi


Periodo
segni somme segni durati somme
mesi

Differenza attiva al 10 dicembre -p 25.297,47 H- 1 73,78


Differenza attiva al 10 gennaio -h 5.048,00
Attività -h 30.345,47 + 1 88,50
Somma interessi H- 162,28
Differenza attiva al 10 febbraio + 15.508,60
Attività 45.914,07 1 133,92
Somma interessi -f- 296,20
Differenza attiva al 10 marzo 4- 9.951,54
Attività -f 55.865,61 -h 1 162,94
Somma interessi 459,14
Differenza passiva al 10 aprile —
15.591,55
Attività -1 40.274,00 1 117,47
Somma interessi !p 576,61
Differenza passiva al 10 maggio 12.133,99
Attività H- 28.140,07 1 82,07
Somma interessi 658,68
Differenza passiva al 10 giugno — 66.947,80
Passività 38.807,73 1 226,38
Somma interessi
1432,30
Differenza attiva al 10 luglio -1- 20.482,77
Passività — 1S.324,96 — 1 106,90
Somma interessi -+- | 325,40
Differenza passiva al 10 agosto 3.234,10
Passività — 21.559,06 — 1 125,76
Somma interessi 199,64
Differenza passiva al 10 settembre 6.842,14
Passività — 28.401,20 — 1 165,67
Somma interessi -4- 33,97
Differenza attiva al 10 ottobre . -+- 26.891,00
Passività — 1.510,20 — 1 8,81
Somma finale interessi
-t- 25,16
1 •1 1 |
I risultati del calcolo portano a concludere che, nel caso speci-
fico, non esisteva capitale di anticipazione, perchè il succedersi delle
somme attive e passive consente, anzi, la formazione di 25 16 lire di
interessi attivi, che la produzione concede all'imprenditore.

G. Medici - Lezioni di estimo.


25
386 APPENDICE

T a v o l e di m o r t a l i t à d e l l a p o p o l a z i o n e del Regno in base ai r i s u l t a t i del


VII 0 c e n s i m e n t o d e l l a p o p o l a z i o n e ( 2 1 a p r i l e 1031 • IX") ed al n u m e r o
d e l l e m o r t i o s s e r v a t e nel t r i e n n i o 1 9 3 0 - 3 2 , d o v e :
l -— n u m e r o d e i s o p r a v v i v e n t i a l l ' e t à x.
ciX = n u m e r o d e i m o r t i nell' i n t e r v a l l o x — x -+- 1, r i s u l t a n t e d a l l a diffe-
r e n z a f r a i s o p r a v v i v e n t i a l l a fine e a l l ' i n i z i o del p e r i o d o c o n s i d e r a t o ,
1000 q = q u o z i e n t e d i m o r t a l i t à ( m o l t i p l i c a t o p e r mille).
e — n u m e r o m e d i o di a n n i v i s s u t i d a i s o p r a v v i v e n t i a l l ' e t à x.

X ». K 1000 qx 0 Vita probal

0 100.000 10.894 108,94 54,8S 06,8

1 89.100 3.470 39,01 00,53 68,6

2 85.630 1.131 13,21 01,96 68,5

3 84.499 618 7,31 61,79 07,72

4 83.S81 420 5,01 61,24 06,87

5 83.401 305 3,65 60,54 05,90

6 83.156 244 2,94 59,70 65,03

7 82.912 206 2,48 58,94 04,08

8 82.700 180 2,18 58,08 63,13

9 82.520 164 1,98 57,21 62,17

10 82.362 155 1,89 56,32 61,20

11 S2.207 151 1,84 55,43 00,24

12 82.050 153 1,86 54,53 59,27

13 81.903 159 1,94 53,63 58,30

14 81.744 178 2,18 52,73 57,33

81.566 204 2,50 51,85 56,38


15
16 81.362 234 2,88 50,98 55,42

81.128 262 3,23 50,12 54,47


17
18 80.866 287 3,54 49,28 53,53

19 80.579 306 3,80 48,46 52,59

20 80.273 322 4,01 47,04 51,66

21 79.951 ODO
ODO 4,17 46,83 50,74

22 79.618 337 4,23 46,02 49,80

23 79.281 338 4,20 45,22 48,88


APPENDICE 387

e0
X K K 1000 qx * Yita probabile

24 78.943 338 4,29 44,41 47,95


25 7S.605 343 4,36 43,60 47,02
26 78.262 344 4,40 42,79 46,05
27 77.918 343 4,40 41,97 45,17
28 77.575 344 4,43 41,16 44,24
29 77.231 346 4,48 40,34 43,31
30 76.885 348 4,52 39,52 42,34
31 76.537 347 4,54 38,69 41,45
32 76.190 352 4,62 37,87 40,52
33 75.838 359 4,73 37,04 39,56
34 75.479 368 4,88 36,21 38,67
35 75.111 378 5,03 35,39 37,77
36 74.733 387 5,18 34,57 ' 36,83
f 37 74.346 395 5,32 33,74 35,91
38 73.951 406 5,49 32,92 34,99
39 73.545 418 5,68 32,10 34,07
40 73.127 429 5,86 31,28 33,15
41 72.698 437 ' 6,01 30,46 32,24
42 72.261 449 6,22 29,64 31,32
43 71.812 461 6,42 28,S3 30,41
44 71.351 477 6,68 28,01 29,50
45 70.874 496 7,00 27,19 28,60
46 70.378 520 7,39 26,38 27,70
47 69.858 543 7,78 25,57 26,80
48 69.315 572 8,25 24,77 25,96
49 68.743 604 8,78 23,97 25,02
50 68.139 637 9,35 23,18 24,13
51 67.502 669 9,91 22,39 23,25
52 66.833 708 10,59 21,61 22,88
53 66.125 746 11,28 20,84 21,52
54 65.379 788 12,06 20,07 20,06
388 APPENDICE

X 1000 gx 0 Vita probabile :


h e
x

55 64.591 838 12,97 19,31 19,SI


56 63.753 901 14,14 18,56 18,97
57 62.852 961 15,28 17,82 18,14
58 61.891 1.022 16,52 17,09 17,32
59 60.869 1.091 17,92 10,36 16,52
60 59.778 1.073 19,63 15,65 15,76
61 58.605 1.249 21,31 14,96 14,94
62 57.356 1.330 23,1S 14,27 14,17
63 56.026 1.419 25,33 13,60 13,42
64 54.607 1.523 27,89 12,94 12,69
65 53.084 1.631 30,72 12,30 11,97
66 51.453 1.741 33,85 11,07 11,29
67 49.712 1.851 37,23 11,00 10,60
68 47.801 1.966 41,07 10,47 9,95
69 45.895 2.07 0 45,11 9,90 9,32
70 43.825 2.180 49,74 9,34 8,71
71 41.645 2.285 54,88 8,80 8,13
72 39.360 2.415 61,34 8,29 7,57
73 36.945 2.527 68,40 7,79 7,05
74 34.418 2.616 76,02 7,33 0,56
75 31.802 2.656 83,51 0,89 6,10
76 29.146 2.680 91,96 6,47 5,67
77 26.466 2.668 100,81 6,08 5,27
78 23.798 2.642 111,01 5,71 4,88
79 21.156 2.567 121,32 5,36 4,54
80 18.589 2.456 132,13 5,03 4,21
81 16.133 2.323 143,98 4,71 3,90
82 13.810 2.161 156,53 4,42 3,03
83 11.649 1.978 169,75 4,15 3,38
84 9.671 1.776 183,61 3,90 3,13
85 7.895 1.563 198,08 3,66 2,91
APPENDICE 389

X h 1000 q Vita probabile


86 0.332 1.350 213,11 3,04 2,72


87 4.982 1.139 228,63 3,24 2,54
88 3.843 940 244,59 3,05 2,38
S9 2.903 757 200,89 2,88 2 21
90 2.146 596 277,48 2,72 2,62
91 1.550 456 294,26 2,57 1,94
92 1.094 340 311,16 2,44 1,83
93 754 248 328,09 2,31 1,74
94 506 174 344,98 2,20 1,66
95 332 120 301,75 2,09 1,58
96 212 80 378,35 2,00 1,50
97 132 52,3 394,70 1,90 1,42
98 79,7 32,8 410,70 1,83 * 1,35
99 46,09 20,00 426,48 1,75 1,29
100 26,09 11,90 441,83 1,68 1,23
101 15,00 0,84 456,79 1,62 1,17
102 8,16 3,84 471,31 1,56 1,11
103 4,32 2,10 485,40 1,50 1,54
104 2,22 1,11 499,05 1,45 1,00
105 1,11 0,57 512,24 1,41 0,97
100 0,54 0,28 524,97 1,37 0,28
T I P I DI FRAZIONAMENTO

MODELLI DI DOCUMENTI CATASTALI


I
APPENDICE 393

Riferimento a nota di voltura


Marca da bollo
N.° anno 19 da L.
da annullarsi
col timbro
Sezione catastale della Provincia di a calendario

Comune di Frazione di

Numero Superficie Rendita


Tari ffa Qualità Classe
prin- subal- imponibile
cipale terno
Lire

170 XX 36 Vigneto prima 53 56 91 05

145 37 Seminativo prima 31 38 45 50

D i m o s t r a z i o n e di f r a z i o n a m e n t o

®
a o Numero Superficie Rendita
o
ts
® o imponibile D i t t a da intestarsi
QQ Es principale subalterno ha a
Lire Cent.

B XX 36 a 32 46 55 18 Ferrerò Carlo

» » » b - 21 10 35 87 Ferrerò Luigi

— 53 56 91 05

» 2> 37 a 21 62 31 35 Ferrerò Carlo

» » » b — 9 76 14 15 Ferrerò Luigi

— 31 38 45 50
APPENDICE 395

Riferimento a nota di voltura


Marca da bollo
N.° anno 19 da L.
da annullarsi
col timbro
Sezione catastale della Provincia di a calendario

Comune di Frazione di

©
• o Numero Superficie Rendita
•2 tsfl Qualità Classe
©
co & prm-
oipale
subal-
terno
imponibile
Cent.

170 XX 36 Vigneto prima 32 46 55 18

D i m o s t r a z i o n e di f r a z i o n a m e n t o

Numero Superficie Rendita


imponibile Ditta da intestarsi
principale subalterno ha
Lire Cent.

XX 36 74 38 66 Ferrerò Carlo

72 16 52 Testa Giuseppe

32 46 55 18
396

Lettera d i s t i n t i v a
Numeri
del g r a d o Superficie
©
a
ci

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Foglio di mappa per

©

Località di Qualità Classe imponib


Opere
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subal- Fitto j

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APPENDICE 397

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13itta. Ferrerò
COMUNE DI VILLANOVA

CARICO
Pagina Numero Rendita
dalla quale Data e numero della
Sezione di Superficie
si fa il voltura o della variazione ce
mappa imponib.
Cu
trasporto
o
d.
c3
i
Possessore al quale si fa g
Qualità
nel presente

delle partite
nel registro
del Catasto

il trasporto. - Causa ed

subalterno
principale

Centesimi
Comune
dei fabbr.
registro

Centiare
atto per cui si fa il tra- O 'u
sporto. - Registrazione censuario =a

Lire
Are
o
dell' atto * H

Impianto B XX 36 Vigneto I 53 56 91 05 '

Villanova

1935 -18 gennaio. Nota


di voltura N. 19.
Si ricarica frazionato il
sottoindicato numero B XX 36 a Vigneto I - 32 46 55 18 1

» )) » b » — 21 10 35 87

1937 - 20 marzo. Nota di


di voltura N. 130.
Si ricarica frazionato il
sottoindicato numero B XX 36 a Vigneto I — 22 74 38 60 I

» » » c » 9 72 16 52

j.
L E P A R T I T E
Carlo eli Giovanni
Pagina N.° 80

SCARICO
Pagina
alla quale Data e numero della voltura Numero Rendita
si fa il Sezione di Superficie
trasporto o della variazione cS
P< mappa imponib.
nel presente

delle partite
del Catasto

Possessore al quale si fa il trasporto.


nel registro

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dei fabbr.

subalterno
Comune
registro

principale
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Centesimi
Causa ed atto per cui si fa il trasporto.

Centiare
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censuario

Ettari
Registrazione dell' atto Te
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Lire
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1935- 1S gennaio. Nota di voltura


N. 19.
Si scarica il numero controindicato
per ricaricarlo frazionato in que-
sta partita B XX 36 — — 53 56 91 05

347 - 1935 -18 gennaio. Nota di voltura


N. 19. •

A Ferrerò Luigi per atto di ven-


dita, registrato il , dal
R. Notaio , in B XX 36 b — 21 10 35 87

1937 - 20 marzo. Nota di voltura


N. 130.
Si scarica il controindicato numero
per ricaricarlo frazionato . . . B XX 36 a 32 46 55 18

650 — 1937 - 20 marzo. Nota di voltura


N. 130.
A Testa Giuseppe per atto di ven-
dita, registrato il , dal
R. Notaio 5 in B XX 36 e 9 72 16 52
-
INDICE ANALITICO

PAG.
PAG.
Accesso giudiziale 297 Capitale - bestiame, stima . . . 17
Affrancazione, d'enfiteusi . . . 199 Capitale - di circolazione . . . 68
Affrancazione usi civici . . . . 278 Capitale - terra 81
Agri vectigales 195 Capitalizzazione dei redditi 41-81-133
Alberi modello 108 Caratteri della stima 22
Ammortamento 73 Caratteri scientifici dell'estimo . 23
Anticipazioni colturali . . . . 68 Caricatori d'Alpe 177
Appello per le sentenze degli ar- Catasti antichi italiani . . . . 317
bitri 307 Catasto 313
Arbitri conciliatori 310 Catasto - attivazione 355
Arbitri - numero 302 Catasto - c o n s e r v a z i o n e . . . . 355
Arbitri - revocazione 307 Catasto - problemi e critiche . 365
Arbitri - compenso 308 Catasto - pubblicazione . . . . 353
Arbitrato 301 Catasto - sviluppo dei lavori . 326
Aree d'assaggio 168 Censo milanese 317
Assicurazione 265 Certificati c a t a s t a l i . . . . . . 361
Assicurazioni sociali 76 Ciclo delle piante pluriennali . . 83
Attualisti gg Circoli censuari . . . . . . . 335
Azienda media od ordinaria o ti- Classamento 341
pica 47.54
Classificazione 338
Clausola compromissoria . . . 301
Beneficio fondiario 44-77 Collazione 233
Beneficio fondiario, attuale e po- Colture arboree da frutto - stima 77
tenziale 56 Colture promiscue, beneficio fon-
Beneficio fondiario - determina- diario 78
zione 53-61-77 Commissioni censuarie . . . 329-333
Beneficio d'inventario 236 Comodi dei fondi 46-112
Beni presenti e beni f u t u r i . . 90 Compenso al lavoro diretto - stima 52
Bergamini 176 Compromesso 303
Bilanci di finita colonia . . . 190 Compromesso - cessazione . . . 307
Bilanci di finita locazione . . . 188 Condizioni estrinseche di un fondo 62
Bilanci - significato delle loro va- Condizioni intrinseche di un fondo 62
lutazioni 15 Conguaglio provvisorio . . . . 323
Boschi, stima 163 Contributi consortili 75
Contributi sindacali 76
Canone enfiteutieo, vedi enfiteusi C o n t r i b u ì per opere pubbliche . 247
Capitale di anticipazione . . 68-383 Costi associati o congiunti . . . 34
404 Indice analitico

PAG. PAG.
Costo marginale 32 Indennità per miglioramenti . . 151
Costo minimo 32 Indennità per espropriazione . . 239
Costo di produzione. . . . 31-90-93 Indennità per occupazioni tempo-
Costo di riproduzione 31 ranee 248
Costo totale 32 Interesse del capitale agrario . 52-67
Costo unitario 32 Interesse del capitale di anticipa-
Criteri di stima 29 zione 70-383
Curve dei costi 32 Interesse (vedi saggio d'interesse) S8
Curva degli errori 10 Intestazioni censuarie . . . . 357
Ipotesi della stima analitica . . 42
Danni per incendi del foraggio . 192
Danni - stima 205 Laudemio 196-204
Dendrometria . . . . . . . . 162 Legato 229
Definizione dell'estimo . . . . 3 Legge empìrica del caso . . . . 136
Delimitazione 329 Legge della perequazione fon-
Devoluzione 209 diaria 328
Dipendenza del valore di stima . 17 Legge sulla espropriazione . . . 260
Diritto di enfiteusi 206 Legge sull'enfiteusi 199
Divisione ereditaria 234 Legittimazione delle occupazioni 284
Dominio diretto e utile . . . . 196 Livello dei prezzi 93
Lodo arbitrale 305
Enfiteusi 195
Equazione ricardiana 48 Mappe catastali . . . . . . . 329
Equazione del tornaconto . . . 50 Matricola dei possessori. . . 356-397
Equivalenza tecnica dei concimi . 39 Mediatore - funzione 131
Eredità 227 Mercato fondiario 126
Espropriazione per pubblica uti- Metodo dell' ordinarietà . . . . 56
lità 237 Metodo estimativo 27
E s t r a t t i catastali 361 Miglioramenti fondiari . . . . 141
E t à del tornaconto 83 Miglioramenti fondiari compiuti
da affittuari 148
Foraggi - stima 19-183
Forza virtuale del terreno . . . 81 Norme convenzionali di stima 40

Giudizio di valore 5 Occupazione temporanea di fondi 248


Gradi di soprassuolo 339 Ordinamento colturale . . . . 62
Grandezze materiali ed econo-
miche 23 Paraboloidi 166
Grandine - stima del danni . . 272 Particella catastale 331
Particella tipo 340
Imprenditore tipico 54-59 Pascoli - stima 175
Imposta bestiame 76 Perequazione fondiaria . . . . 323
Imposta complementare sul reddito 76 Periti - anticipazioni 293
Imposta di R. M. 76 Periti - compenso 293
Imposta terreni 75 Periti - giuramento 293
Incendio - stima dei danni . . 266 Periti - numero, nella perizia giu-
Incrementi di beneficio fondiario 143 diziale 290
Incrementi di valore fondiario . 143 Periti - ricusazione 291
405 Indice analitico

PAG. pAG
Perizia contrattuale 309 Riserve
Perizia giudiziale . . . . . . 2S9 Riunione fittizia . . . . . . . 230
Perizia nella procedura civile . 287
Perizia stragiudiziale 2S8 Saggio di capitalizzazione . . . 87
Piccola proprietà autonoma . . 147 Saggio di capitalizzazione per af-
Pluralità dei valori di stima . . 11 francazione di enfiteusi . . . 203
Porzione legittima e disponibile 228 Saggio d'interesse . . . . ' 88
Previsione nella stima . . . . 0 Saggio d'interesse nullo onegativo 94
Prezzi all'azienda 66 Saggio d'interesse nominale oreale 96
Prezzi d'uso del risparmio (vedi Saggio di profitto 97
saggio d'interesse) 8S Saggio di sconto . . . . . . 98
Prezzi d'uso della moneta (vedi Saggio di guadagno . . . ' 9 7
saggio di sconto) 98 Salari - determinazione -! ! ! 71
Prezzi di macchiatico . . . . 109 Scale di collegamento . . . . 341
Prezzi di affrancazione . . . . 199 Scale di merito 341
Prezzi di mercato 5 Scioglimento di promiscuità . ! 282
Prezzi di surrogazione . . . . 38 Scopo della valutazione i 17
Prezzi di trasformazione . . . 35 Sentenza arbitrale 305
Prezzi di trasformazione di un Separazione del patrimonio . . 236
quintale di foraggio . . . . 36 Servigi diretti . . 46
Probabilità di un reddito futuro 135 Servitù militari . 344
Procedura arbitrale 304 Servizi statistici del catasto . ! 377
Prodotto netto 109 Spese di assicurazione . . . . 73
Prodotto in fieno dei pascoli . . 180 Spese di manutenzione . . . . 73
Produzione vendibile 64 Spese per capitali tecnici e per
Prontuario dei numeri di mappa 356 servigi extra-aziendali . . . 73
Prototipi dendrometrici . . . . 166 Spese di ricognizione . . i ! ! 200
Stima analitica 41
Qualificazione 335 stima comparativa complessa ' '. 120
Quantità di risparmio . . . . 92 Stima del capitale di scorta . 20
Quasi usufrutto 214 s t i m a p e r v a l o r l £lpici . . 122
Quote di ammortamento . . . . 73 Stima secondo il metodo Aereboe 124
Quote di assicurazione . . . . 75 Stima sintetica 114-117
Stipendi - determinazione . . . 71
Ramata - volume 167 Successione per causa di morte 227
Rapporto di sostituzione dei Successione legittima e testamen-
t i 12 taria 228
Reddito di lavoro 71-110 Suscettività 56
Reddito netto . - 53-147
Registro delle partite . . . 393-356 Tariffe catastali 345
Relazione peritale 258 Tariffe catastali principali è deri-
Relazione peritale giudiziaria . 295 vate 347
Reparto dei contributi consortili 156 Tavola censuaria . . . 353-356-396
Ricchezze differite 14 Tavola di mortalità . . . . 210-386
Ricchezze immediate 13 Teorema- di Bernouilli . . . . 136
Ricognizione 200 Terra primitiva 141
Ripartizione del costo dei miglio- Terminazione 329
ramenti 154 Testamento 229
416 Indice analitico

PAG. PAG.
Tipi di f r a z i o n a m e n t o . . . . 359-390 Valore di mercato 7
Trasformazione fondiaria . . . 142 Valore del soprassuolo . . . . S2
Trasporti censuari 361 Valore del soprassuolo nei boschi 164
Valore di stima 7
Uffici catastali 329 Valore monetarlo 12
Uniformità - leggi estimative . 24 Valore normale 4S
Uso e abitazione 226 Valore venale 113
Usi civici 227 Vantaggi indiretti dei fondi . 46-112
Usufrutto 213 Variazioni catastali 362
Usufrutto di animali 223 Verificazione periodica catastale 363
Usufrutto di beni rustici . . . 21S Verificazione straordinaria cata-
Usufrutto dei boschi 220 stale 364
Utile lordo di stalla 67 Vita media 217
Vita mediana 217
Valore attuale e potenziale dei Vita probabile 217
fondi 56 Volture catastali 358
INDICE DEGLI AUTORI

PAG. PAG.
Acerbo G. . . . Degioannl . . . O-l 9
Aereboe . . . . 121-124-125-126 Del Marmol . .
Amoroso . . . .
Azimonti E. . . De Pirro . . .
De Ruggiero . . 197-212
Bassanelli E. . . , Di Telia G. . .
Bernouilli . . . , 135-136 Dombasle M. . .
Besta F. . . Dusi . . .
Biancardi A. . .
Bohm-Bawerk . . . 89 Einaudi L. . , . . 127-129-313-317
Boncenne . . . •
318-366-374
Bordiga . . . Pacca U. . . .
Borio . . 3-143-188-19,0 Ferrara . . . .
Bresciani-Turroni 137 Fettarappa . . .
Brugi 197-198-202-204-212 Filomusi-Guelfi 197-212
Brunetti . . Finesehi A. M. .
Bucci . Fisher
Fontana . . . . 212
Campogrande .
Cantalupi . Gargiulo . . . . 287
Cantillon Gauss 10
Carloni P. . Gianturco . . . 197-212
Carrara . . Giustiniano . . . 195
Castelnuovo Gobbi U . . 11-12-13-15-23
Cattaneo C. Grandi A. . . . . . . 325-371-372
Cavalieri di S. Bartolo N. . . . 77 Grinovero C. . .
Celentano Dugaro . 156
Cherchi . . Hegg Tj 313
Child . . Hiiffel
Ciarrocca V Hume 89
Clark 30
Cognetti-De Martiis 212 Jacini
Colamarino . . . Jevons . . 89
Corvaja . .
Coviello . . Laur . . . .
Croce Benedetto . . . . . . 7-8-9 Law 89
Curis G, . . , Leroy-Beaulieu . . . . . . 93-94
40S Indice degli autori

PACS. PAG.
Lessona 287 Trampolini N 150
Lo Bianco A 287-294-309 Prato 10S
Locke 89-112
Lupetti E 156 Pepaci F. A 310
Ricardo is
Maestri A 272 Ricci 212
Manduca 212 Rocco 239
Manvilli V 172 Ronchi V 156
Marenghi. . . . 3-27-77-87-119-121-122
143-245-246-272-2S9-368 Sabbatini 242-245-249-259
Marracino 239-241-251 Samperi P. S 209-211-212
Marshall 48-49-54-55 Scialoia V 23S
Medici G 49-56-59-70-130 Serpieri , . 11-27-29-30-31-39-41-45-40
358-370-383 53-59-09-87-88-120-135-152
Messedaglia A 313-322 153-109-170-177-186-265-366
Minghettì M 324-325 Simoncelli 190-197-212
Mitchell W. C 137 Smith 89
Montesquieu 89 Socrate 115
Mortara G 137
Mortara L. . . 287-290-301-302-303 Tassinari G. . . 17-50-53-65-66-90-110
304-308-310 151-109-192-235
281-313-377
Neri P 317 Tofani 143-150
Newton 165 Tommasina 143-150
Niccoli 113 Turgot 89
Niccolini 143
Valenti 153
Pacifici-Mazzoni . . . . 197-212-231 Venezian 215
Pantaleoni M. . . 11-15-16-19-23-30 Vinci 33-217
Pareto V 7-90-91-105-107 Vivante 0 208-209-270-271
Pegoretti G 77
Perdisa L 183-186-191 Zappa 30
Perini U 169-377
Pisanelli 238-246-300 Wagemann T 137
Poggi 212 Walras 90-105
INDICE SOMMARIO

PARTE GENERALE

IL M E T O D O DI STIMA

I. 11 giudizio di stima.
1.° Intorno ad una definizione dell'estimo Pag. 3
2.° Valore di mercato e valore di stima » 7
3.° Se lo stesso bene possa avere uno 0 più valori di stima » 11
4 0 Intorno al concetto secondo il quale il valore di stima
dipende dallo scopo cui mira la valutazione » 17
5.° Caratteri della stima . . » 22
6." Caratteri scientifici dell'estimo . . „ 23
II. I criteri di stima.
1.° I criteri di stima in generale 29
2.° Il costo 31
3.° Il prezzo di trasformazione » 35
4." Il prezzo di surrogazione . . » 3g
5." Norme convenzionali 40

III. Le ipotesi della s t i m a analitica.


1.° La capitalizzazione dei redditi in generale (Stima analitica) » 4]
2.° Le ipotesi della stima analitica » 42
3.° Il beneficio fondiario » 44
4.° Per una prima approssimazione alla realtà » 51
5.° L'azienda ordinaria » 54
6.° Il metodo dell'ordinarietà. Il valore attuale e il valore
potenziale dei fondi » 50

IV. La determinazione del beneficio fondiario.


a) L a d e t e r m i n a z i o n e del beneficio f o n d i a r i o in g e n e r a l e .
J.° Generalità „ gì
2.° L'ordinamento colturale 62
3.° La produzione vendibile 64
4.° Elementi del costo: L'interesse . . . » 67
5.° Salari e stipendi 71
6.° Spese per capitali tecnici e per servigi extra-aziendali . . » 73
7." Imposte, tasse e tributi diversi » 75
410 INItICE SOMMARIO

6) L a d e t e r m i n a z i o n e del beneficio e del valore f o n d i a r i o


dei t e r r e n i a c o l t u r e a r b o r e e d a f r u t t o Pag. 77
1.° Generalità » 77
20 II beneficio fondiario nel caso di coltura promiscua . . » 78
3.° Metodo generale di stima » 79
4.° La determinazione dei benefici fondiari nei singoli anni
del ciclo » 82
5.° La durata del ciclo » 83
0.° La scelta del saggio di capitalizzazione » 85

V . Il saggio di capitalizzazione.
1.° Generalità » 87
2° Saggio di capitalizzazione e saggio d'interesse . . . . » 88
3.° Generalità sul saggio di interesse » 89
4.° I fattori determinanti il saggio d'interesse » 90
5." Se il saggio d'interesse possa essere nullo o negativo . » 94
0.° Saggio di interesse nominale e saggio reale » 90
7.° Saggio d'interesse e di profitto » 97
8.° Saggio di interesse e saggio di sconto » 98
9." Il saggio di interesse nei suoi rapporti con il premio di
assicurazione e il tasso di perdita e profitto » 99
10.° Il saggio d'interesse e la durata dell'impiego . . . . » 103
11.0 Il saggio di interesse nella pratica estimativa . . . . » 105
12.° I beni rustici come investimento del risparmio . . . . » 108
13.° Considerazioni sul tasso di capitalizzazione dei beni rustici » 112
14.° La scelta del saggio nel caso di terreni alberati . . . » 110

V I . La s t i m a s i n t e t i c a .
1.° I metodi sintetici di stima » 117
2.° Il metodo per valori tipici » 122
3.° Il metodo dell' Aereboe » 124
4.° Il mercato fondiario » 120

V I I . Note conclusive.
l.° Conclusioni intorno al criterio di capitalizzazione dei red-
diti (Stima analitica) » 133

A P P E N D I C E ALLA PARTE PRIMA

I n t o r n o al g r a d o di p r o b a b i l i t à di u n r e d d i t o f u t u r o o di
u n saggio di i n t e r e s s e f u t u r o » 130
INDICE SOMMARIO 411

P A R T E S P E C I A L E

I. La s t i m a dei m i g l i o r a m é n t i fondiari.
1.° Generalità Pag. 141
2." Miglioramento fondiario e trasformazione fondiaria . . » 142

a) Giudizi di convenienza.
1.° Incremento di benefìcio fondiario e incremento di valore
fondiario: Loro relazioni . . . . - » 143
2.° Di alcuni casi concreti » 145
3.° Considerazioni sui casi esaminati » 149
4.° Criteri per la determinazione dell'incremento di benefìcio
fondiario » 150

b) S t i m a d e l l ' i n d e n n i t à s p e t t a n t e a chi h a e s e g u i t o u n
m i g l i o r a m e n t o su f o n d i a l t r u i .
1." Generalità » 151
2 0 Lo speso " . . . » 152
3.° Il migliorato » 153

0) La r i p a r t i z i o n e del costo dei m i g l i o r a m e n t i interes-


s a n t i più p r o p r i e t à .
1.° I criteri informatori della ripartizione » 154
2.° Il caso dei consorzi di bonifica, e di irrigazione . . . . » 156
3.° Analisi delle spese sostenute » 156
4.° Analisi del beneficio conseguito e ripartizione delle spese . » 157
5.° Casi specifici » 159
6.° Considerazioni generali » 162

I I . Stima dei boschi.


1.° Premessa „ 1(53
2.° I tre quesiti di stima » 163
3.° La determinazione della massa legnosa » 165
4.° Prezzo di macchiatico » 169
5.° La stima sintetica dei boschi » 172

I I I . La s t i m a dei pascoli.
1.° L'impresa armentizia » 175
2.° I pascoli alpini 176
3.° Pascoli appenninici e litoranei » 178
40 Le valutazioni richieste » 179
412 INItICE SOMMARIO

IV- S t i m a (lei f o r a g g i .
1.° Il foraggio nell'azienda agraria Pag. 1S3
2.° La stima del foraggio per la compilazione degli inventari
contabili » ISO
3.° Bilanci di finita locazione » iss
4.° Bilanci di finita colonia » IflO
5.° Compravendita del fondo » 11)2
6.° Danni per incendi » 192

V. Le s t i m e i n e r e n t i al d i r i t t o di enfiteusi.
1.° Introduzione giuridica » 195
2.° L'enfiteusi nel Codice Civile » 197
3.° Stima del diritto di proprietà del concedente (Valore del
dominio diretto) » 198
4.° Stima del diritto di enfiteusi (Valore del dominio utile) . » 20(ì
5.° Le stime originate dalla devoluzione » 209

VI. Le s t i m e i n e r e n t i al d i r i t t o d ' u s u f r u t t o .
1.° Generalità » 213
2.° Cosa si deve intendere per sostanza delia cosa . . . . » 215
3." La durata dell'usufrutto e le tavole di mortalità . . . » 210
40 L'usufrutto dei beni rustici in generale » 218
5.° L'usufrutto dei boschi » 220
6.° Usufrutto di animali . • . . » 223
7.° Valutazione del diritto d'usufrutto per scopi fiscali . . » 224
8.° Uso e abitazione » 220

V I I . Le s t i m e i n e r e n t i alle successioni per causa di morte.


1.° Generalità » 227
2.° Successione legittima e testamentaria. Riserva . . . . » 228
3.° Testamento, erede e legatario » 229
4.° La riunione fittizia : Stime relative » 230
5.° La collazione » 233
0.° La divisione » 234
7.° Beneficio d'inventario e separazione del patrimonio . . » 230

V I I I . L ' i n d e n n i t à s p e t t a n t e al proprietario espropriato per


causa di pubblica u t i l i t à .
1.° Generalità » 237
2." L'indennità nella legge del 25 giugno 1805 N. 2359, modifi-
cata con legge 18 dicembre 1879 N. 5188 239
3.° L'indennità secondo la Legge del 15 gennaio 1885 N. 2892
pel risanamento della città di Napoli . » 250
4.° L'espropriazione per causa di pubblica utilità nelle Colonie » 250
5.° La relazione peritale . » 258
INDICE SOMMARIO 413

Elenco delle Leggi r e l a t i v e alle e s p r o p r i a z i o n i per c a u s a di


pubblica utilità Pag. 260
I X . La s t i m a dei danni.
1.° Il contratto di assicurazione » 265
2.° La stima dei danni prodotti dall'incendio » 266
3.° La stima dei danni prodotti dalla grandine » 272
1.° I metodi per valutare il danno della grandine . . . . » 275

X. Le s t i m e i n e r e n t i alla sistemazione ed alla liquidazione


degli u s i civici.
1.°Generalità » 277
2.°Stime per affrancazione degli usi civici su terre private » 278
3.°Stima per scioglimento di promiscuità » 282
4."Stime per legittimazione delle occupazioni di terre dema-
niali » 281
5." Stime per reintegrazioni di terre occupate » 285
6.° Stime ricorrenti nel caso di distribuzione di terre . . . » 285

X I . La perizia nella procedura civile.


1.° Generalità » 287
2.° La perizia stragiudiziale » 288
3.° La perizia giudiziale » 289
4." L'oggetto e il termine della perizia giudiziale. La scelta
e il numero dei periti » 290
5.° La ricusazione dei periti » 291
6.° Il giuramento » 293
7.° Anticipazione di spese e liquidazione di compenso . . . » 293
8.° Le operazioni peritali » 294
9.° La relazione peritale. Procedura » 295
10.° La redazione della relazione peritale » 295
11.0 L'accesso giudiziale » 297

XII. L'arbitrato.
1.° Generalità » 301
2.° Il numero degli arbitri . . . » 302
3.° La clausola compromissoria » 302
4.° I requisiti del compromesso » 303
5.° La procedura arbitrale » 304
6.° La sentenza arbitrale . . : » 305
7.° Appello, ricorso in Cassazione, revocazione, ecc » 307
8." La cessazione del compromesso » 307
9.° Il compenso agli arbitri » 308
10.° Perizia contrattuale » 309
11.0 Arbitri conciliatori » 310
414 INItICE SOMMARIO

ESTIMO CATASTALE

I. I precedenti e i caratteri generali del nuovo catasto.


1.° Generalità sul catasto Pag. 313
2.° Catasto ed imposta in Italia » 315
3.° I vecchi catasti . » 317
4.° La perequazione fondiaria » 323
5.° Lo sviluppo del lavori catastali » 320
G.° La Legge della perequazione fondiaria » 328
7 ° La Commissione censuaria centrale » 333

II. La s t i m a censuaria.
1.® I circoli censuari » 335
2.° La qualificazione » 335
3.® La classificazione » 338
4.® La particella tipo . . . . » 340
5° Le scale di merito » 341
0.® Le scale di collegamento » 341
7.® Il classamento » 341
8.® Generalità intorno alla determinazione della tariffa . . » 345
9.® Tariffe principali e derivate » 347
10.° Stima in base al valore di mercato » 347
11.® Stima in base .all' affitto » 348
12.° Stima in base alla conduzione a colonia parzlaria od in
economia » 349

I I I . Pubblicazione, attivazione e conservazione del Nuovo


Catasto.
1.® La pubblicazione del catasto . . » 353
2.® L'attivazione del catasto . . » 355
3.® Generalità su la conservazione del catasto » 355
4.® Delle intestazioni eensuarie » 357
5.® Generalità sulle volture . » 358
6.° Del tipi di frazionamento » 359
7.® Del trasporti censuari » 301
8.® Degli estratti e dei certificati catastali » 301
9.° Delle variazioni nello stato e nelle rendite dei terreni . » 302

IV. I problemi del catasto.


1.° Generalità » 305
2.® Critica della stima censuaria » 300
3.® Critica del metodo di imposizione » 374
4.° I servizi statistici del catasto » 377
APPENDICE » 381
INDICE ANALITICO » 403
INDICE DEGLI AUTORI » 407
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