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Acciai Inossidabili - Bomet - Fci.unibo - It - Pal - Doc - 6 PDF
Acciai Inossidabili - Bomet - Fci.unibo - It - Pal - Doc - 6 PDF
0.03%
Figura 5.4 (da Cigada&Re, p.159) – Variazione con la temperatura del limite di
solubilità del carbonio nell’austenite, nel caso di una lega Fe-18%Cr-8%Ni.
Si osserva anzitutto come non vi sia pericolo di precipitazione a caldo del carburo
M23C6 se il contenuto di C è inferiore allo 0.03% ca.
Questa considerazione spiega il criterio, già esaminato, che consiste nel ridurre il
contenuto di C con il passaggio dall’acciaio inox AISI 304 all’AISI 304L, dall’AISI
316 all’AISI 316L, e così via.
Per acciai con un contenuto di C superiore allo 0.03%, la precipitazione di carburi del
tipo M23C6 nel corso del raffreddamento è possibile se il tempo di permanenza
nell’intervallo di temperature critico per la precipitazione (v. Figura 5.4) è
sufficientemente lungo.
Si spiega così la necessità di eseguire un raffreddamento rapido dopo il trattamento di
solubilizzazione.
Un acciaio inox sensibilizzato richiede, per essere recuperato, che i carburi
indesiderati siano fatti ridisciogliere nella matrice di austenite con un nuovo
trattamento di solubilizzazione.
Le considerazioni precedenti, ed in particolare l’esame della Figura F4, portano a
concludere che un acciaio inox austenitico con un contenuto di C>0.03%, dopo
solubilizzazione e rapido raffreddamento, è costituito da austenite soprassatura di C.
Il carbonio in eccesso rispetto al limite di solubilità, infatti, non ha avuto il tempo di
separarsi dall’austenite in forma di carburo nel corso del rapido raffreddamento.
In queste condizioni il materiale, qualora subisca un riscaldamento nell’intervallo di
temperature tra500° e 850° e resti in tale intervallo per un tempo sufficientemente
lungo C (ad es. nel corso di operazioni di saldatura, oppure a causa di una troppo
elevata temperatura di esercizio, o per un errato trattamento termico), subisce anche
la precipitazione di carburi di Cr ai bordi intergranulari con la conseguente,
indesiderata sensibilizzazione e perdita di resistenza alla corrosione intergranulare.
In conclusione, per ridurre il pericolo di sensibilizzazione si possono seguire diversi
criteri:
- impiego di acciai L (‘low carbon’, ossia C<0.03%), quali AISI 304L, 316L,
ecc.;
- stabilizzazione mediante aggiunte controllate di elementi di lega (Ti, AISI 321;
Nb e Ta, AISI 347) e successivo trattamento termico (v. oltre):
- corretta esecuzione delle operazioni a caldo (solubilizzazione, saldature,
riscaldamenti in esercizio).
Figura 5.5 (da Nicodemi, p.130) – Effetti della temperatura di solubilizzazione e della durata
del trattamento sul numero di grani cristallini per unità di superficie dell’acciaio inox
austenitico AISI 316. A valori più bassi del numero dei grani, corrisponde una maggiore
dimensione media degli stessi.
Dopo la fase di solubilizzazione, può convenire completare il trattamento termico con
una fase di distensione.
5.2.3.2. Distensione
L’acciaio può essere portato ad una temperatura compresa indicativamente tra 350° e
430°C, per un tempo di 0.5-2 h, e successivamente raffreddato in aria, allo scopo di
eliminare tensioni meccaniche che favorirebbero i processi di corrosione chimica
sotto sforzo del materiale (‘stress corrosion’).
5.2.3.3. Stabilizzazione
Gli acciai detti stabilizzati contenengono elementi di lega (Ti, AISI 321; Nb e Ta,
AISI 347), aggiunti per proteggere il Cr da fenomeni di sensibilizzazione con un
conseguente beneficio per la resistenza alla corrosione intergranulare.
Per questi acciai occorre che alla prima fase di solubilizzazione, effettuata per rendere
omogenea la composizione della lega austenitica, segua una seconda fase consistente
in una permanenza di almeno 2 h a 885°C (tempi più lunghi sono richiesti per
stabilizzare componenti di grosse dimensioni), effettuata allo scopo di permettere la
precipitazione in forma finemente suddivisa (e quindi benefica per la resistenza
meccanica del materiale, v. Tabella 5.1) dei carburi degli elementi protettivi aggiunti.
La protezione, usualmente definita stabilizzazione, è quindi il risultato della presenza
nella lega di quantità controllate di elementi che hanno verso il carbonio un’affinità
maggiore di quella del cromo, la cui tendenza a formare carburi viene così prevenuta.
La Figura 5.6 mostra i miglioramenti che si ottengono nella resistenza alla
corrosione degli acciai AISI 316 e AISI 347 contenenti elementi di lega stabilizzanti
(Nb e Ti) con un adeguato trattamento di stabilizzazione.
Figura 5.6 (da Nicodemi, p.132) – Corrosione in HNO3 65% bollente di due acciai inox austenitici
contenenti elementi di lega stabilizzanti e volutamente sensibilizzati (curve 1), a confronto con gli
stessi acciai sensibilizzati e poi sottoposti al trattamento termico di stabilizzazione (curve 2).
Nella Figura 5.6 il comportamento di campioni volutamente sensibilizzati ai fini
sperimentali, non sottoposti al trattamento di stabilizzazione e testati a corrosione in
HNO3 65% bollente (curve 1 in Figura 5.6), è stato confrontato con quello di
campioni degli stessi acciai, dapprima stabilizzati a 885°C e successivamente
sottoposti allo stesso trattamento di sensibilizzazione applicato ai campioni non
stabilizzati.
Nel caso dell’acciaio austenitico AISI 316, le perdite di peso per corrosione
intergranulare restano molto limitate anche per tempi lunghi di permanenza nel
liquido corrosivo.
La stabilizzazione causa, come detto, la precipitazione di carburi degli elementi
stabilizzanti (Nb e Ti) per cui, durante la successiva sensibilizzazione, il C residuo
non è sufficiente a causare precipitazione di carburi di Cr ai bordi intergranulari.
Figura 5.8 (da Nicodemi, p.137) – Effetti del grado di incrudimento sulle caratteristiche
meccaniche dell’acciaio inox austenitico AISI 304.
(Legenda: R = carico di rottura; Rp,Rs = carico di snervamento; A = allungamento %;
KV=resistenza agli urti, provette con intaglio a V).
La Figura 5.9 mostra l’effetto del contenuto di Ni dell’acciaio inox sull’entità della
trasformazione di austenite in martensite α’.
Il risultato non sorprende poiché il nichel, elemento gammageno, esercita un effetto
‘stabilizzante’ sull’austenite.
Un effetto simile a quello del nichel è indotto da altri elementi, quali C e N.
Com’è noto, la martensite non costituisce una fase stabile, e quindi può trasformarsi
nuovamente in austenite per riscaldamento:
- a temperature nell’intervallo 400-800°C la forma α’ cubica a corpo centrato;
- a temperature nell’intervallo 150-400°C la forma ε esagonale compatta.
A causa della loro struttura (reticolo cubico a facce centrate), gli acciai inox
austenitici si mantengono tenaci a temperature di impiego anche molto basse.
Queste ultime osservazioni dimostrano l’importanza che riveste la valutazione di
come variano con la temperatura le proprietà meccaniche degli acciai inox austenitici.
Figura 5.9 (da Nicodemi, p.136) – Effetto di contenuti diversi di nichel sulla % di
martensite formata in un acciaio austenitico contenente il 18%Cr.
In Figura 5.10 sono riportati i diagrammi dei valori delle proprietà meccaniche degli
acciai AISI 304 e 304 L allo stato solubilizzato, al diminuire della temperatura al di
sotto della temperatura ambiente.
Il valore del carico di rottura cresce fortemente al diminuire della temperatura. Più
limitata la crescita del carico di snervamento.
La perdita di duttilità di questi acciai è graduale ma limitata, come dimostrato dagli
andamenti dei diagrammi dell’allungamento % e della strizione.
Di particolare rilievo risulta la persistenza della tenacità (valutata con prove di
resilienza) al diminuire della temperatura.
Per quanto riguarda le proprietà meccaniche a caldo, è da sottolineare il ruolo
favorevole del cromo, che influisce sulla resistenza all’ossidazione, e del nichel che,
favorendo la formazione dell’austenite, contribuisce a migliorare sia la resistenza
meccanica e alla fatica \termica che la tenacità della lega.
D’altra parte, il nichel è particolarmente sensibile alle atmosfere solforanti, per la
forte tendenza a reagire per dare solfuri di nichel.
Figura 5.10 (da Nicodemi, p.138) – Proprietà meccaniche degli acciai inox austenitici AISI 304 e
304 L allo stato solubilizzato, a temperature inferiori alla temperatura ambiente.
(Legenda: R = carico di rottura; Rs = carico di snervamento, 0.2% di deformazione permanente;
A = allungamento %; Z = strizione a rottura; KCU=resistenza agli urti, provette con intaglio a U).
Come si è visto, a caldo gli acciai inox austenitici possono subire il fenomeno della
sensibilizzazione, al quale si aggiunge inoltre il pericolo di formazione di fase σ, una
fase intermetallica Fe-Cr-Ni dura e fragile.
La Figura 5.11 mostra i campi di esistenza e le possibili composizioni della fase s,
sulla base di sezioni isoterme del diagramma di stato ternario Fe-Cr-Ni.
La fase σ, indesiderata perché infragilente, può formarsi da strutture sia austenitiche
che ferritiche o bifasiche (austero-ferritiche). Nel caso di acciai inox ferritici (v.
oltre), la fase intermetallica σ è costituita da Fe e Cr con tenori di Cr variabili dal 40
al 50% ca.
Nel caso delle strutture austenitiche la precipitazione della fase σ è molto lenta, e
avviene quindi solo per tempi di esposizione lunghi a temperature comprese
nell’intervallo critico (750-900°C).
La Figura 5.12 mostra come decade il valore del carico di rottura di alcuni acciai
inox della serie 300 al crescere della temperatura, e come aumenta in corrispondenza
la deformabilità.
Figura 5.11 (da Nicodemi, p.140) – Due sezioni isoterme sovrapposte del diagramma
di stato ternario Fe-Cr-Ni: a 800°C (linee continue) e 1200°C (linee tratteggiate):
Figura 5.12 (da Nicodemi, p.141) – Proprietà a caldo di alcuni acciai inox della serie 300, valutate a
10000 h di esposizione alla temperatura: (a) carico di rottura; e (b) carico capace di causare uno
scorrimento dell’1%:
5.2.5. Altre problematiche relative agli acciai inox austenitici
Vengono ora approfondite alcune altre problematiche importanti, tipiche degli acciai
inox austenitici.
5.2.5.1. Ferrite δ
Nel trattare le trasformazioni di fase negli acciai, è stata ripetutamente citata la
formazione di ferrite, intendendo implicitamente parlare della ferrite α, ossia della
soluzione solida di C in α-Fe ferromagnetica alle basse temperature e fino alla
temperatura di transizione alla forma ancora cubica a corpo centrato ma
paramagnetica (transizione del secondo ordine).
Dal diagramma di stato Fe-C (Fig. 1.1), tuttavia, sappiamo che si può avere anche
formazione di ferrite δ (magnetica), ossia di una soluzione solida di C in δ-Fe, la
forma allotropica del ferro stabile alle alte temperature.
Sia α-Fe che δ-Fe hanno un reticolo cubico a corpo centrato, con un valore del
parametro di cella maggiore per δ-Fe: a = , rispetto ai 0.287 nm del reticolo di α-Fe.
La composizione degli acciai inox austenitici viene generalmente bilanciata in modo
da rendere minimo il contenuto di ferrite δ. Si tratta infatti di una fase che risulta
ricca di elementi di lega alfageni, quali Cr e Mo, e povera di elementi gammageni, e
soprattutto di nichel.
Per queste ragioni, la presenza di ferrite δ è indesiderata nella maggior parte dei casi,
in quanto:
- risulta scarsamente resistente alla corrosione per vaiolatura (‘pitting’);
- crea difficoltà nella lavorazione a caldo della lega;
- se esposta a lungo all’azione di temperature elevate, si può trasformare in una
fase dura e fragile, la fase σ, che riduce drasticamente la tenacità dell’acciaio.
La citata fase σ, come si vedrà in seguito con maggiori dettagli trattando dei
fenomeni di infragilimento che possono manifestarsi negli acciai inox ferritici, è una
fase intermetallica Fe-Cr molto dura e fragile, di composizione variabile dal 40 al
50% ca. di Cr, termodinamicamente stabile a temperature comprese tra 516° e 821°C
(v. diagramma di stato Fe-Cr, Fig. 5.15).
In alcuni casi, tuttavia, la presenza nell’acciaio inox di una certa quantità di ferrite δ
non solo è tollerata, ma è addirittura favorita.
Il principale di questi casi è rappresentato dai cordoni di saldatura degli acciai in
esame, nei quali una frazione di ferrite δ (4-8%) ostacola la propagazione di fratture a
caldo.
Un altro caso importante riguarda gli effetti favorevoli che la presenza di ferrite δ può
avere sulla resistenza alla corrosione e all’usura degli acciai duplex (v. oltre).
5.2.5.2. Inclusioni di solfuro di manganese
Lo zolfo è presente come impurezza negli acciai inox austenitici. A causa della scarsa
solubilità allo stato solido in Fe (<0.01%) e della grande affinità per il manganese, lo
zolfo precipita facilmente sotto forma di solfuro di manganese. Le inclusioni di MnS
causano un degrado della qualità dell’acciaio, in quanto:
- costituiscono punti deboli dal punto di vista meccanico, soprattutto se di forma
allungata (effetto di concentrazione delle tensioni attorno alle estremità
acuminate);
- causano una perdita di resistenza alla corrosione per vaiolatura.
Sarebbe facile utilizzare lo stesso processo che porta alla desiderata riduzione del
contenuto di C nell’acciaio, ad es.la decarburazione mediante argon-ossigeno (AOD,
Argon-Oxygen Decarburizing), per ridurre drasticamente il contenuto di S anche al di
sotto dello 0.01%.
Tuttavia, una diminuzione eccessiva comporterebbe lo svantaggio consistente in una
minore saldabilità, senza un corrispondente aumento della resistenza al ‘pitting’
dell’acciaio.
Per questo motivo, si procede generalmente in modo che il contenuto di S non scenda
al di sotto dello 0.03%.
In alcuni casi particolari quantità maggiori e controllate di S (>0.15%) sono accettate
(inox AISI 303, Tabella 5.1) per conferire all’acciaio inossidabile austenitico
caratteristiche migliori di lavorabilità alle macchine utensili che operano per
asportazione di truciolo.
Al vantaggio sulla lavorabilità corrisponde naturalmente lo svantaggio di una
resistenza al ‘pitting’notevolmente inferiore.
Effetti sulla lavorabilità alle macchine utensili simili a quelli causati da S, possono
essere ottenuti con quantità opportune di fosforo, un elemento di solito indesiderato
quanto lo zolfo, o di selenio.
Figura 5.13 (da Cigada&Re, p.165) – Schema dei principali criteri di modifica della composizione dell’acciaio inox ferritico base AISI 430,
adottati per ottenere diverse caratteristiche di resistenza alla corrosione e di resistenza meccanica.
Riducendo il contenuto di Cr (come ad es. nel caso dell’acciaio AISI 429), si ottiene
di migliorare la resistenza agli urti (resilienza) e la saldabilità, ma di peggiorare la
resistenza alla corrosione.
Se, al contrario, si aumenta il contenuto di Cr (come ad es. nel caso degli AISI 442 e
446), migliorano la resistenza all’ossidazione e alla corrosione, come pure le
proprietà meccaniche, e ovviamente peggiorano la resistenza agli urti e la saldabilità
Analogamente a quanto osservato nel caso degli inox austenitici:
- aggiunte di Mo (0.75-1.25%) migliorano la resistenza alla corrosione (ad es.,
AISI 434, 436);
- aggiunte di Nb e di Ta (v. Tab. 5.2 per le %) migliorano la resistenza a caldo;
- quantità controllate di S o di Se (Tab. T2 per le %) migliorano la lavorabilità
dell’acciaio alle macchine utensili.
Figura 5.16 (da Nicodemi, p.126) – Effetti dell’incrudimento sul carico di rottura degli
acciai inox AISI 304 austenitico e AISI 430 ferritico.
Gli inox ferritici non sono adatti ad essere impiegati a temperature inferiori a quella
ambiente, a causa della tendenza ad assumere un comportamento fragile. Si manifesta
cioè una transizione di comportamento da tenace a fragile proprio a temperature
prossime alla temperatura ambiente.
Per ridurre il pericolo di cedimenti catastrofici del materiale per frattura fragile alle
basse temperature (ad es., quelle invernali) sotto sollecitazioni relativamente
modeste, occorre controllare la composizione dell’acciaio per quanto riguarda:
- soprattutto il contenuto di interstiziali (C, N, v. oltre), oppure
- con la presenza di elementi stabilizzanti , sia l’esecuzione del ciclo di
lavorazione del materiale.
Al contrario, gli acciai ferritici sono adatti per impieghi a caldo a causa della buona
resistenza all’ossidazione conferita dalla presenza del cromo in concentrazioni
elevate.
Occorre tuttavia evitare al materiale e ai ggiunti saldati eventualmente presenti gli
effetti di infragilimento a 475°C e da fase σ di cui si è già detto, che si possono
manifestare nel corso dei raffreddamenti a temperatura ambiente.
A titolo indicativo, si segnala che l’acciaio inox AISI 430 può resistere in ambienti
ossidanti a temperature di 800° o 850°C (a seconda che si tratti di impieghi
continuativi oppure intermittenti), mentra l’acciaio AISI 446 più ricco in Cr può
resistere a temperature di 1100°-1150°C.
A temperature di impiego elevate, gli acciai inox ferritici sono particolarmente
soggetti alla perdita di resistenza meccanica in seguito al fenomeno
dell’ingrossamento del grano cristallino.
La successiva Figura 5.17 documenta le diminuzioni che il carico di rottura degli
acciai AISI 430 e 446 subisce al crescere della temperatura e della durata di impiego.
Figura 5.18 (da Nicodemi, p. 151) - Confronto fra le proprietà meccaniche dell’acciaio inox
ELI AISI 444 (18/2, 18%Cr e 2%Mo) e quelle dell’inox AISI 304 austenitico.
Legenda: R = σR, carico di rottura a trazione.
Quindi, per gli acciai ELI sono minori le possibilità di rinforzo meccanico per
deformazione plastica, ma sono migliori le possibilità di lavorazione a freddo,
notoriamente limitate dagli aumenti di durezza conseguenti ad una forte tendenza
all’incrudimento.
Migliore risulta anche la saldabilità degli acciai ELI, in virtù dei seguenti fattori:
- elevata purezza dell’acciaio (nessuna possibilità di comparsa di zone dure e
fragili per formazione martensite);
- struttura cubica a corpo centrato (a cui corrispondono una maggiore
deformabilità, una minore tendenza all’incrudimento e una minore probabilità
di formazione di cricche);
- bassi valori della dilatazione termica (minore tendenza all’insorgenza di
tensioni meccaniche di origine termica);
- alti valori della conducibilità termica (migliore attitudine allo smaltimento del
calore, gradienti termici meno ripidi).
Figura 5.19 (da Nicodemi, p. 151) - Confronto fra le proprietà meccaniche dell’acciaio inox
ELI AISI 444 (18/2, 18%Cr e 2%Mo) e quelle dell’inox AISI 304 austenitico.
Legenda:
Rp(0.2) = σS, carico di snervamento allo 0.2% di deformazione plastica;
R = σR, carico di rottura a trazione; A% = allungamento alla rottura.
Figura 5.20 (da Cigada&Re, p.182) - Effetti di aggiunte di C alla composizione di leghe
Fe-Cr sull’estensione del campo di esistenza della fase γ con reticolo cubico a facce centrate.
Tabella 5.6 (da Nicodemi, p.145,149) – Composizione nominale e caratteristiche meccaniche di acciai inox PH.
Figura 5.22 (da Cigada&Re, p.186) – Perdta di resistenza alla corrosione di acciaio inox
martensitico AISI 410, causata da rinvenimenti effettuati a temperature >430°C ca..
Generalmente le caratteristiche migliori di resistenza alla corrosione si hanno nel caso
di acciaio rinvenuto a temperature <430°C ca. (linea rossa tratteggiata in Fig.5.22),
mentre le migliori caratteristiche di tenacità si ottengono con acciai rinvenuti a
temperature comprese nell’intervallo 600°-760°C.
La Figura 5.23 mostra, mediante grafici qualitativi, gli effetti comparativi di tempra,
rinvenimento e distensione sul carico di rottura R = σS, durezza Hd (‘Hardness’),
tenacità e resistenza alla corrosione.
Da notare in particolare:
- la maggiore resistenza alla corrosione di acciai inox martensitici come temprati
oppure temprati e distesi a t<450°C ca., a fronte della
- generalmente insufficiente tenacità di questi stessi acciai;
- la corrispondenza tra diminuzione della durezza e aumento della tenacità di
acciai rinvenuti a temperature nell’intervallo 600-760°C.
Temperatura (°C)
Figura 5.23 (da Nicodemi, p.117) – Grafici indicativi degli effetti delle modalità e
della temperatura di trattamento su alcune caratteristiche finali di un generico acciaio
inox martensitico (R=sS, Hd=durezza).
Nel caso di impiego di un acciaio inox martensitico a basso o medio contenuto di C, è
da considerare attentamente la possibilità della presenza di idrogeno disciolto allo
stato solido nel materiale, da cui deriverebbero indesiderabili effetti di infragilimento.
Si supera questo pericolo effettuando i trattamenti termici in atmosfera controllata, o
più economicamente riscaldando il materiale a 200-350°C.
Figura 5.24 (da Nicodemi, p.119) - Curve della resilienza di un acciaio inox martensitico
in due diversi stati strutturali, derivanti da tempra + rinvenimento e da ricottura.
Per quanto riguarda il comportamento a caldo degli acciai inox martensitici, risultano
ovvia l’esistenza di un limite superiore alla temperatura di esercizio da adottare,
correlati alla necessità di non annullare i benefici effetti sulla struttura ottenuti con il
trattamento di tempra più rinvenimento (bonifica).
In pratica, conviene rinvenire l’acciaio ad una temperatura di 120-160°C superiore
alla temperatura di esercizio.
Ad es., nel caso dell’acciaio AISI 410 il limite superiore è di 700°C ca.
La Figura 5.25 mostra come si degradano a caldo le caratteristichemeccaniche
dell’AISI 410, sia nel tempo a parità di temperatura di lavoro che al crescere della
temperatura di lavoro a parità di tempo di esposizione.
Figura 5.25 (da Nicodemi, p.121) – Caratteristiche meccaniche dell’acciaio inox martensitico
AISI 410 dopo tempi di trazione prefissati, a diverse temperature: (a) carico di rottura; (b) carico
capace di provocare uno scorrimento viscoso dell’1%.
Figura 5.24 (da Nicodemi, p.147) - Effetti della temperatura e della durata del trattamento di
invecchiamento artificiale sulla durezza di un acciaio inox 17-4PH (Rm=σR, carico unitario di
rottura a trazione).
Anche nel caso dei tipi austenitici e semi-austenitici la fase rinforzante è costituita da
composti intermetallici degli elementi di lega (ad es. NiAl, o Ni3Ti, e altri a seconda
dei casi), fatti precipitare in maniera ottimale (particelle piccole, bene distribuite nella
matrice e molto vicine tra loro) nel corso dell’invecchiamento artificiale.
Nel caso dei tipi austenitici, la struttura è stabilizzata dalla presenza di adeguate
quantità di Ni. Pertanto, la tempra serve a ‘congelare’ in soluzione solida sovrassatura
a temperatura ambiente gli elementi di lega destinati al rinforzo per precipitazione.
Il contributo di P alla resistenza meccanica è attribuito alle distorsioni reticolari
indotte dagli atomi di questo elemento di lega.
Nel caso degli acciai inox PH del tipo semi-austenitico, la struttura desiderata viene
ottenuta con una prima fase di solubilizzazione a temperatura adeguata, seguita da
una seconda fase di ‘condizionamento’ volta a produrre una struttura martensitica, e
da una terza fase di ‘indurimento’ (o invecchiamento) volta a rinvenire la martensite e
ad ottenere la struttura finale rinforzata per precipitazione di composti intermetallici
degli elementi di lega.