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a. Nel dialogo, Theuth pone l’accento sull’efficienza della scrittura nel far riaffiorare alla memoria
concetti dei quali si possiede già la conoscenza, ma proprio questo, per Thamus, rappresenta un
limite, in quanto non produce valore aggiunto in termini di acquisizione di nuova conoscenza.
Inoltre, il faraone asserisce che chi si diletta nella composizione di discorsi scritti sentirebbe
accrescere in sé un senso di vacua erudizione; vacua poiché la scrittura, per sua stessa natura,
comporta un dispendio ridotto di risorse cognitive e mnemoniche e dunque rende
l’immagazzinamento di conoscenze non più necessario e l’erudizione soltanto apparente, fiaccando
inoltre la memoria.
b. Socrate giunge alla conclusione che si sia ingenui nel ritenere di poter apprendere conoscenze
chiaramente e solidamente leggendo opere scritte da terzi, poiché solo a chi le ha composte può
giovare la lettura di queste.
2. Memoria e sapienza, per Socrate, sono in una relazione di proporzionalità diretta. Le due qualità
procedono di pari passo, sono indissolubilmente legate e non sussiste una senza l’altra; la sapienza
consiste, infatti, nell’articolazione critica del pensiero tratto dalla memoria. Il ruolo della scrittura
nel connubio tra memoria e sapienza è quello di utile “catalizzatore” della reazione appena descritta
(memoria → sapienza), ma questa può anche trasformarsi in “inibitore” se se ne abusa.

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