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Sui sofisti – Alcidamante

L’orazione di Alcidamante si propone come un’accusa rivolta in particolare ad Isocrate che dall’autore è
appunto considerato un sofista in quanto era solito mettere per iscritto i suoi discorsi e Alcidamante
condanna questa pratica perché vuole affermare la superiorità dell’improvvisazione sul discorso scritto
bene frutto di aggiustamenti continui ed estenuanti, che riducono a zero la bravura espressiva
dell’oratore.

Si scaglia contro i sofisti accusandoli di non avere realmente una capacità nel formulare discorsi o di avere
la stessa prontezza nell’elaborare un discorso sensato che hanno i veri sapienti in qualsiasi circostanza.

Alcidamante evidenzia infatti come differenza più grande tra sofisti e sapienti, il fatto che mentre i secondi
riescono a dare prova della propria sapienza improvvisamente, quanto glielo si richieda, i primi non
riescono in questo; infatti i sofisti sono stigmatizzati dall’autore proprio per la professione che svolgono,
cioè quella di scrivere discorsi che hanno bisogno di tempo per essere elaborati e che proprio per questo
necessariamente appaiono perfetti ed più efficaci.
Questo risultato però non è frutto di un qualcosa scritto di getto, ma soggetto ad un lungo tempo di
realizzazione, che permette loro anche di consultare gli scritti di altri sofisti, attingere o copiare da essi e
così arrivare a tale risultato, attività molto più facile di quella di parlare pubblicamente o esprimersi senza
pensarci due volte.

Alcidamante sottolinea inoltre come la cose più facili e scadenti siano accessibili a tutti, mentre quelle più
difficili solo a pochi e il fatto che ci siano più logografi che sapienti dovrebbe far pensare un attimo; chi è
sapiente infatti riesce a svolgere anche meglio l’attività a cui si dedicano i logografi, tant’è che quest’ultimi
spesso li imitano, poiché abituato a fatiche maggiori.

L’autore proseguendo con l’orazione, adduce un secondo motivo per cui secondo lui i discorsi scritti sono
inferiori a quelli improvvisati e cioè la difficoltà nell’esposizione; i discorsi improvvisati sono senza dubbi più
facili da portare avanti, poiché, anche qualora si sbagliasse, l’oratore potrà sempre recuperare gestendo
nella maniera migliore possibile la sua argomentazione, e capendo quando introdurre un argomento
piuttosto che un altro e soprattutto, per ottenere l’approvazione dell’uditorio, quanto far durare in
generale il suo intervento e nel particolare le singole argomentazioni.
Il logografo invece deve ricordare a memoria ogni sillaba, il ritmo corretto e la disposizione del discorso e
quando gli capita di sbagliare, viene colto per questo da imbarazzo poiché non sa come improvvisare;
inoltre il discorso preparato non tiene conto di quanto questo possa durare e di conseguenza se riesca
soddisfare le aspettative dell’uditorio.
Il discorso scritto viene dunque considerato come un simulacro, un’imitazione del discorso reale al pari di
una statua o di un dipinti che rappresenta un corpo vero o reale ma privo ad esempio di qualsiasi utilità nel
momento in cui deve prestare soccorso.

Dopo questa fase dell’accusa, Alcidamante previene con delle risposte quelle potrebbero essere le accuse
che potrebbe ricevere, tra tutte quella di utilizzare la scrittura proprio per criticare la stessa e trovare così
fama presso i Greci.
Alcidamante ribatte che lui non vuole scagliarsi contro la scrittura, poiché lui non mette in dubbio la sua
utilità, ma semplicemente sottolineare la sua subordinazione rispetto all’oratoria; inoltre la scrittura se
usata bene riesce non solo a far ottenere fama dopo la sua morte, ma permettere di vedere lo sviluppo
dell’intelletto nel corso del tempo; infatti partendo dai testi dei nostri predecessori noi del presente
possiamo prendere spunto e migliorarci.
Alcidamante conclude dicendo che chi vuole diventare un abile oratore ed essere considerato almeno
minimamente saggio dai più saggi deve necessariamente usare la tecnica dell’improvvisazione,
preparandosi prima solo le argomentazioni da portare davanti al pubblico, e dopo decidere come disporre a
proprio piacimento le parole.

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