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Critica e testualità

Author(s): Cesare Segre


Source: Lettere Italiane , Luglio-settembre 1998, Vol. 50, No. 3 (Luglio-settembre 1998),
pp. 333-343
Published by: Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/26266458

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Critica e testualità

1. La cultura multimediale sta operando una grande polverizza


zione dell'insieme di testi che noi chiamiamo letteratura. Un'intera
letteratura nazionale può essere ridotta e polverizzata in CD-Rom,
in base a scelte delle opere e dei brani che possono risultare con
danne a morte di quanto è stato omesso; un'opera può essere pol
verizzata anch'essa in CD-Rom, con grande vantaggio degli studi
lessicali e dei raffronti intertestuali, ma cancellando l'unità e fa
personalità del testo. Se si passa a un panorama più ampio, sappia
mo che Internet ci offre una miriade, un polverone di notizie non
verificate né inserite in un rapporto razionale; uno spirito ben at
trezzato saprà trarne gli elementi genuini in funzione di una qual
che ricerca, e anche qui i profitti conoscitivi non devono certa
mente essere taciuti; ma va pure detto che la massa dei lettori
piomberà nell'atonia e alla fine nella disperazione per l'incapacità
di sceeliere.
Anche nella critica e nella filologia si assiste a fenomeni in buo
na parte analoghi. Il decostruzionismo, non debellato nonostante
una crisi apparente, riconosce, anzi celebra come unico risultato
dell'attività critica la sostituzione di un discorso, quello del critico,
a un altro, quello dello scrittore. E siccome il lettore del critico
sintetizza in discorsi anche il discorso del critico, si avvia una di
spersione entropica in cui al discorso dello scrittore si può solo ri
conoscere la funzione di pretesto iniziale. Considerazioni simili, pa
re evidente, si potrebbero avanzare anche per quanto riguarda il
discorso morale ο storico, e si capisce come mai persino questi di
scorsi finiscono per seppellire ogni verità e ogni principio sotto

* Prolusione al XVI Congresso AISLLI, «La lotta con Proteo. Metamorfosi del
testo e testualità della critica» (Los Angeles 6-9 ottobre 1997).

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una polverizzazione di discorsi. E vien


rola discorso è molto vicina a chiacchier
no a sproloquio.
Diverso ma convergente il disastro ch
detta nuova filologia. In generale, si pu
cerca di rimuovere, ο di fatto ignora, l
logia di tutti i tempi, dall'antichità clas
stica, la logica e l'induzione convergen
questo caso molta della nuova filologi
fesa dell'incompetenza. Ma venendo p
mi pare tipico l'enorme successo del c
sti. Sotto l'etichetta di mouvance si rac
ti di un testo, quelle su cui si può fond
tica. Ma là dove il vero filologo incom
<■/%« d J1n Λαλ .7/ί1/Λ«.η Ai
Λ. ULt-VliVAllL/UlLU)

variante, cercando poi di rintracciare lentamente


continue una serie di rapporti, il nuovo filologo u
tra le varianti come manifestazione di un'incontro
alla polverizzazione, e conclude con una ignava
chiarazione di resa.
Osservazioni non diverse si potrebbero fare in altri ambiti an
cora, dal giornalismo alla politica. E sarebbe lecito concludere che
l'uomo d'oggi, avendo rifiutato padri e maestri, fedi e ideologie, sta
dibattendosi in un mondo dove ogni notizia ha lo stesso valore
dell'altra, dove, ignorando qualsiasi giudizio morale, tutto è diven
tato uguale a tutto, e non esistono verità ma opinioni, egualmente
disponibili a dibattiti ο battibecchi senza bussola: un mondo di
polvere, da cui magari qualche riflettore ben puntato può trarre
qualche effimero brillio. Non ci si rende conto che questa polvere
è probabilmente quella a cui tutti ritorneremo: «pulvis et umbra».
Il più tardi possibile.

2. Voglio dedicare questo discorso di apertura del nostro Con


gresso alla critica. Un'attività difficile da classificare, anche perché
estremamente differenziata. Per una scelta personale che mi senti
rei di difendere sul piano teorico, voglio escludere anzitutto il cri
tico cuculo, quello che si mette in concorrenza con l'autore di cui
sta occupandosi e presume di dare alla sua opera un'esposizione
più raffinata ο più coerente. Il critico cuculo è uno scrittore dissi

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mulato, invidioso dello scrittore vero e d


(cioè a sostituire il proprio elaborato a
critico pavone, per il quale l'opera, qu
ser declassata a pretesto per invenzioni i
la propria fantasia. Trascurerò anche
pensa di parlare adeguatamente di un'op
il modo di esporre; anche se va riconosc
smo verso l'oggetto della propria ricerc
talora utile. Ovviamente poi non mi o
quello dei quotidiani, il quale svolge la f
gnalare le opere appena pubblicate e di p
estemporanea; la necessaria tempestività
pediscono di motivare adeguatamente l'in
Insomma, mi occuperò della critica c
vaiuia ι up'cia icLitiana. yutata tiuita \v-uiiic aliane ic cune lumie

tralasciate) si esprime mediante testi. In una prima


ne, si può dire che si tratta di testi in cui si parla d
opere letterarie. Statuto non facilissimo da disporre
dei testi, nella Texttypologie. Il testo del critico (non
tico per non confonderlo con l'edizione critica, ricost
cedure ben note) è abbastanza distante dal testo lett
rare a una sua autonomia, ma non tanto da poter pr
sua esistenza. La critica comunica i risultati di una le
letterario, con propositi che si riducono a questa alt
mentale: 1) avviare il lettore del testo del critico alla
del testo letterario; 2) proporre una lettura del test
versa ο più approfondita di quella già operata dal let
trà confrontare i risultati da lui raggiunti con quelli
dare un'idea della gamma di possibilità, dirò che il
quale aderisce idealmente al succedersi di parole e fr
luogo nel testo letterario, è molto più attiguo ad
non sia il testo del critico. Tanto che Genette par
del commento, di paratesto.
Insomma, il testo del critico rinvia al testo letter
penderne, se non nel senso che in mancanza del test
testo del critico non avrebbe motivo di esistere.
rapporto è chiarificato dalla mediazione della lettura
critico implica che il critico abbia letto il testo d
E anzi sintomatica la frequenza di citazioni di brani

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diato: quasi per metterne sotto gli occh


belli ο sintomatici, ο persino per ingoi
natura libera, non obbligativa della
trarre da questa lettura un'opera crit
pendenza del testo del critico di fron
si: il testo del critico implica, senza d
di cui in parte s'impossessa; il testo le
del critico.
rwanzu suuuu un ossei vaziunc, uascuraia uai icuriLi, luc ctcuu

piuttosto importante. Oggi si usa contrapporre a un'in


strutturale, che sarebbe orientata sul testo, un'inter
der oriented'. Non sto a discutere le proporzioni
l'apporto del lettore, ο dei lettori, e quello del test
'reader oriented'. M'importa invece sottolineare subit
que parli del testo parla della propria lettura del t
un puro oggetto grafico, sinché non vi operi l'interp
un lettore. Il critico è un lettore particolarmente pr
crede), il quale espone la propria lettura e i signifi
tratti. Perciò si può dire che qualunque intervento cr
già un rapporto testo-lettore, e che un'analisi testu
esiste.

3. Non è il caso di domandarsi a questo punto ch


testo letterario. Vale però la pena di tenere a men
prietà del testo letterario che giustificano l'operazion
gnalo almeno; 1) l'esser provvisto di significati; 2) l'e
a comunicare i suoi significati ai lettori ο ascoltato
processi di pubblicazione; 3) l'esser considerabile
per la sua conformazione formale e la mancanza di f
diate; 4) l'essere in grado di provocare reazioni positi
di gradimento, ο anche di partecipazione, alla lettu
leggendo il testo, esegue mentalmente ο materialmen
di spoglio, lessicale ο sintattico, semantico ο simbolic
raneamente, il critico identifica gli elementi contenu
loro assieme costituiscono la trama, se il testo è narr
so contrario la struttura ideale del testo. In un secon
il critico costituisce il proprio discorso rimettendo i
do la propria interpretazione, i dati raccolti in prece
sta fase il critico si richiama ai processi di significaz

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dividuato e che ora evidenzia e riordina, op


lettica testo-interprete, a prescindere dalla
cazione. I due momenti sono solo idealment
buon critico continua a confrontare la pro
sto letterario, e a modificarla secondo gli u
Dei due momenti ora definiti, il primo
taggio affine a quello realizzabile da un ord
eseguibile dall'ordinatore. Se si riuscisse a c
intelligenti, le operazioni della prima fase
matizzate più ancora; bisogna però dichia
anche lo smontaggio è operazione ermeneu
gabile completamente a strumenti. Per q
li tecnologici non incrinano nemmeno un
lavoro critico vero, che è quello della sec
rinettere bene siili importanza aeiia prima rase, perone e quena cne
garantisce la consistenza e l'autorità dei materiali su cui il critico
opera. E aggiungere che la raccolta dei materiali è già fatta in fun
zione di un'ipotesi di lavoro: nessuna norma a priori può governa
re gli spogli. Diligenza e libertà inventiva sono in azione sin dal
principio.
Sarebbe comodo, ma erroneo, affermare che la seconda fase è
tutta fondata sulla libertà inventiva. La seconda fase è quella in cui
l'ipotesi di lavoro viene confrontata senza sosta con la concretezza
del testo lettereario come struttura di significati, e in cui perciò il
critico scarta progressivamente tutte le supposizioni smentite dall'a
nalisi approfondita del testo. La libertà sta nei modi dell'esposizio
ne, che si aprono in un ventaglio inesauribile, e in cui la persona
lità del critico ha occasione di rivelarsi in pieno. Qui il critico può
anche optare per un'esposizione fredda e staccata ο partecipe e vi
brante; può costringere il testo letterario in una gabbia rigida ο at
tuare una mimesi, a volte impercettibile, dei suoi stessi procedi
menti.
Il testo del critico sarà assoggettato dal lettore a un'analisi mol
to simile: e cioè a uno smontaggio plu ο meno avanzato, seguito da
un rimontaggio mirante a un'interpretazione globale, che dovrebbe
veder convergere, nel caso più felice, l'interpretazione del critico
con quanto il lettore ne ha tratto. E anche questa volta sono attua
ti confronti fra ipotesi di lavoro (del lettore) e concretezza del te
sto, quello del critico. Ma entra in gioco, fondamentale, dominan

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te, un terzo punto di riferimento: il testo


interpretativo diventa non più intratestu
comprensione del testo del critico è influ
nea comprensione, ο riconsiderazione, del
porto a due, critico-testo, se ne sostituisc
co-testo. Si aggiunga, a riconoscimento di
che in realtà si mettono a confronto le op
te nel rapporto testo letterario-critico com
dal rapporto testo del critico-lettore, e in
rapporto testo letterario-lettore. I nostri
so a operazioni altrettanto acrobatiche, se
che i cavalli, se pensassero ai movimenti
scirebbero più a correre; e non parliamo

h. .lo smontaggio aei testo letterario a scopo ai analisi mette m


essere, secondo alcuni, un intertesto. Assumo questo significato per
comodità, consapevole che ogni studioso usa il termine con valore
diverso: c'è anche una polverizzazione della terminologia. Se si a
cetta la mia definizione, non posso fare a meno di proporre ai pa
zienti ascoltatori un altro intertesto più complicato: quello in cui
l'intertesto del testo letterario viene trasferito entro l'intertesto
del testo del critico. Anche a prescindere da queste complicazioni
espositive, un tantino repellenti, mi pare evidente che chi legge un
saggio critico si muove in uno spazio in cui sono disposti elemen
ti dell'opera letteraria analizzata dal critico, ed elementi del testo
messo a punto dal critico stesso; e che il risultato di questi mo
vimenti sarà un giudizio che implica tanto il testo del critico, con
siderato in rapporto con l'opera letteraria, quanto il testo lettera
rio, considerato in dialettica col testo del critico.
Notate che sinora ho parlato dell'opera letteraria come di un
testo. La critica, in genere, accetta questa definizione, anche se
si divide nel valutare l'imnortanza devli elementi extratestuali, bio
grafici, storici, contestuali, ecc.: c'è chi li considera introiettati nel
testo, chi ritiene che il testo sia comprensibile soltanto alla luce
dell'extratesto. Tralascio questa discussione, perché ci attende
un'altra ancora più impegnativa.
Da una cinquantina d'anni in Italia, da una ventina in Germa
nia e in Francia, un nuovo tipo di ricerca critica ha immesso l'o
pera letteraria in una visione dinamica, che ne mette in forse la

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costituzione testuale: alludo alla critica delle varianti e alla «criti


que génétique». In questo caso il testo si rivela come il risultato,
teoricamente sempre provvisorio, di una successione infinita di tra
sformazioni. Che la conoscenza di queste trasformazioni procuri
acquisti dalla nostra comprensione, non si può negare, anche se
Croce, appunto, lo negava. Non si può d'altra parte sostenere che
dalle trasformazioni avantestuali si debba inferire l'obbligo di con
siderare l'opera letteraria all'interno di un dinamismo senza tregua.
Ritengo infatti che ogni fase di elaborazione costituisca in sé un
testo, e che la storia testuale di un'opera si risolva in una succes
sione di testi, ognuno analizzabile in sé, e tra i quali l'ultimo può
essere considerato definitivo solo perché non seguito da altri rifa
cimenti. L'opinione cui mi pare necessario l'approdo è unicamente
questa: che a comprendere il testo sia utile la conoscenza dei suoi
avantesti. Ciò ci induce ad integrare l'intertesto orizzontale, quello
dell'opera definitiva, con l'intertesto verticale, quello delle sue fasi
genetiche.
Ma se è vero che il dinamismo delle fasi avantestuali non incri
na la natura di testo dell'opera letteraria, va anche riconosciuto
che la conoscenza dell'avantesto può costituire, in più, un appor
to critico, un percorso ermeneutico. Sempre il prodotto è meglio
comprensibile in rapporto con la sua produzione. Nel caso della
letteratura possiamo dire che l'avantesto, fornendoci più fasi di ela
borazione per settori di testo ο per il suo assieme, ci permette di
riconoscere l'orientamento seguendo il quale lo scrittore si è mos
so, magari con deviazioni e incertezze, verso la dizione ο formula
zione definitiva consacrata dal testo risultante. Dizione e formula
zione implicano ovviamente delle significazioni. Così il dinamismo
della produzione del testo favorisce e orienta il dinamismo dell'in
terprete.

5. I precedenti accenni al dinamismo dell'interpretazione non


complicano, a mio parere, la descrizione del discorso critico che
ho abbozzato prima. Si era parlato di un intertesto come base
su cui fondare l'atto ermeneutico; ora che all'intertesto si accludo
no, per così dire, le fasi genetiche, valori e significati vengono già
disvelati in tutto ο in parte da quell'orientamento delle operazioni
di decodifica che, come ho detto, i materiali dello scrittore indica
no con la loro stessa conformazione. Certo ci troviamo sbalzati ben

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oltre lo schema espositivo minimo, che


il testo del critico, con funzione delucid
s'immerge nel movimento delle trasform
cora vibrante per le trasformazioni che
Questa attenzione recentemente accen
zioni racchiude in sé possibilità non anc
intraviste. Per spiegarmi partirò dall'ide
letterario come unità prodigiosamente
e d'impegno intertestuale, di esperienze
utopia e profezia dall'altro. E un'idea c
ce, magari anche superficiale ma utile
cui un'opera letteraria grande ο mino
l'elaborazione del testo costituisce il r
cessi mentali che implicano, e magari c
di conoscenza del mondo e formulano abbozzi di proposte ο timo
ri per l'avvenire. Ebbene, le fasi avantestuali di un'opera abbraccia
no anche molti tratti di quei processi méntali che verranno poi raf
finati e depurati, spesso taciuti, nel testo finale. Dunque lo studio
genetico ci offre materiali preziosi per la comprensione delle pro
cedure di letterarizzazione dei contenuti.
Possiamo così renderci conto che l'analisi genetica dell'opera è
un modo, sofisticato ma convincente, per confermare una conce
zione dell'opera letteraria non materiale e non astratta, non conte
nutistica né formalista. Con un movimento esattamente opposto a
quello della decostruzione ο della polverizzazione, noi riusciamo,
con le prove offerte dalla critica genetica, a confermare la fortissi
ma compattezza strutturale del testo letterario, esibendo agli osser
vatori non prevenuti la sua eminente e inconfondibile personalità.
Ma nel contempo rifiutiamo una concezione esclusiva della testua
lità, e insomma il suo isolamento dal reale, la sua assolutizzazione.
Simmetrico al dinamismo delle fasi genetiche è quello delle fasi
Δ11 II^4^ r%i fif/ioimpntt in oltm apnpfp r\ rnn m#="7'7Î rnmii

nicativi diversi: passaggi dall'orale allo scritto, e viceversa; passaggi


da romanzo a testo teatrale ο cinematografico; da descrizione lette
raria a figurazione pittorica ο scultorea; dalla parola alla musica, e
cosi via. Il mondo della multimedialità moltiplica gli sviluppi possi
bili. In questo bazar ci si muove di solito valutando la fedeltà ο me
no all'originale, e gli eventuali incrementi fantastici. Qui voglio solo
indicare che anche questo tipo di Fortleben offre il destro per effi

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Critica e testualità 341

caci esercizi critici. Ogni mutamento risp


del testo costituisce una proposta, un chia
Il critico può dunque affacciarsi utilmen
ben tanto entusiastico quanto surrettizio
sta della teoria della ricezione, che fa però
z'altro sul terreno delle elaborazioni, inv
elaborazioni con il testo archetipo. Non l
alcunché in ordine a valutazioni recipro
contrastivamente, copiosi chiarimenti in

6. Intitolando questo intervento alla tes


tendevo precisare quale tipo di testo s
dal critico. E accaduto che la dimostraz
a cogliere particolarità del testo letterar
testualità conclusiva, quella dell'opera ne
dotti a riflettere nuovamente sulla testu
Qualche risultato mi pare ormai si poss
esempio, che il testo esprime i propri sig
posto a lettura. Ma se i significati sono r
sto-lettore, non si può nemmeno presc
fatto sgorgare tali significati della propri
vilegiando delle sue attenzioni ora l'autor
re, la critica ha troppo spesso ridotto il
che può solo essere posto nel triangolo au
Buona parte degl'inconvenienti riscontra
dipende da scarsità di approfondimento d
chia dei significati. Quando il lettore leg
fonema, sintagma dopo sintagma, enunci
totalizza progressivamente serie di signifi
a giungere a quello che ritiene il signific
dell'opera. Si tratta di un lavoro di tipo e
ca progressivamente dalla letteralità del
può impedire che parta sulla tangente de
tendo in atto una 'critica selvaggia', è la
tera del testo. Per esempio considerando
che formulate dopo la prima tranche di
voro, da verificare con il seguito della le
dole sulla concomitanza di campi sema
nalità dei discorsi ο dei ritmi e così via

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Ma che fare della volontà dell'autore? L'autore ha messo in


piedi una complessa, talora titanica costruzione di significati, entro
i parametri della sua epoca. Se il lettore appartiene ad altra epoca
ο ad altra civiltà, può trovarsi in grado di attraversare questa co
struzione secondo angolature impreviste e imprevedibili, e perciò
reperire significati non calcolati dall'autore. Tempo e spazio arric
chiscono all'infinito la nostra attitudine a captare significati. Impor
tante è che il nostro sguardo continui ad attraversare la costruzio
ne di significati di partenza, anzi a conoscerla sempre meglio, ed
escluda qualunque congettura che metta in forse la costruzione.
Quello che fanno troppo spesso i critici, non solo i decostruzionisti,
è di creare discorsi su discorsi su discorsi, senza quel continuo ri
torno al testo che dovrebbe essere il primo comandamento del cri
tirr»

Non voglio fare una difesa del sensus litteralis. Voglio però ri
cordare un principio linguistico fondamentale di cui molti si di
menticano. E cioè che significante e significato sono indissolubili.
Qualunque opera è, in primissima istanza, la successione di signi
ficati che la costituisce. Ogni benché minimo mutamento dei signi
ficanti la muterebbe del tutto. Se l'Ariosto avesse lasciato il suo te
sto come pubblicato nel 1516 ο nel 1521, i critici parlerebbero di
un Orlando furioso ben diverso da quello che ora studiano; se Leo
pardi avesse lasciato scritto «Dal celeste confine» invece che «De
l'ultimo orizzonte», oppure «fra questa / Immensitade il mio pen
sier s'annega» invece che «tra questa / Immensità s'annega il pen
sier mio», l'Infinito andrebbe interpretato in tutt'altro modo da co
me si fa oggi. I significati, è vero, proliferano incessantemente; ma
proliferano a partire da un dato testo, e solo da questo.
Scusatemi se, come studioso di critica testuale, userò metafori
camente i miei strumenti di ricerca per ribadire, concludendo, ciò
che ho detto sinora. Noi possiamo vedere la proliferazione dei si
gnificati come un'arborescenza che si va estendendo sempre più a
partire dal testo letterario: un albero che continua ad allargarsi. Ci
sono certo degli sterpi, ο rami interi che costituiscono sviluppi ma
ligni e magari mortali. Questo grande albero andrebbe ripercorso
all'indietro, verso il testo base, verso la sua realtà significante, così
come fa la critica testuale ο ecdotica. L'ecdotica infatti, ricostruita
la genealogia dei manoscritti, risale progressivamente ai nodi prin
cipali della tradizione, sino ad avvicinarsi all'archetipo, espungendo

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Critica e testualità 343

mentalmente (e però rispettando come d


le varianti erronee ο comunque non ge
il testo, talora segnato ο incrinato dal t
per quanto ancora conserva nel suo aspet
il nostro bene; nessuna nostra escogitazio
suggestiva può valere e significare di più
Questa maestà coincide con la verità, ch
guire con impegno, nel testo e ovunqu
il primo comandamento in una specie di
dei critici letterari. E non mi dispiace che
nabile dei mass media, nel trionfo della v
sovrapposizione di voci e parole ormai di
ci siano discipline che contengano un ins
todologico, anche deontologico.

Cesare Segre

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