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Il Mulino - Rivisteweb

Anna Guzzi
Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di
Jorge Luis Borges
(doi: 10.1404/36727)

Intersezioni (ISSN 0393-2451)


Fascicolo 1, aprile 2012

Ente di afferenza:
Università di Torino (unito)

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Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di
Jorge Luis Borges
di Anna Guzzi

Non basta un solo termine ripetuto per scompigliare e confon-


dere la serie del tempo? I fervidi che si dedicano a una riga
di Shakespeare non sono, letteralmente, Shakespeare?
J.L. Borges, Nuova confutazione del tempo

1. Teoria e figuralità: alcune questioni preliminari

Questo saggio, approfondendo alcuni aspetti del libro La teoria


nella letteratura: Jorge Luis Borges1, intende analizzare la «straordina-
ria qualità di astrazione»2 della scrittura di Borges, in particolare del
racconto La forma della spada, compreso in Finzioni:
Ibarra ha giustamente sottolineato il carattere privato di questo pensiero. Borges
è l’uomo delle filiazioni clandestine. Le sue idee hanno qualcosa d’insulare. Il mare
nasconde ogni legame che vi sia tra le isole3.

La metafora insulare di Maxencé indica i passaggi impliciti che


si aprono all’interno dei testi borgesiani dove essi definiscono sia
il non-detto letterario, sia i vuoti delle argomentazioni abduttive.
Queste ultime imprimono slanci creativi a ogni forma di sapere e si
liberano del paradigma indiziario, poliziesco, riscoprendo il valore
dell’anticipazione e della congettura. Proprio con Peirce è forse pos-
sibile superare l’antitesi fra verità aforistica e verità dialettica che, per
Maxencé, percorre il pensiero filosofico del Novecento. Gli studi sui
rapporti tra Borges e l’abduzione non mancano. Mi limito a segnalare
una lettura del racconto Avelino Arredondo4 dove è il titolo a essere

1 A. Guzzi, La teoria nella letteratura: Jorge Luis Borges, Pisa, ETS, 2009.
2 M. Maxencé, Meriter Borges, in Cahiers de l’Herne, textes réunis et présentés par D. de
Roux et J. de Milleret, Paris, L’Herne, 1981, p. 4.
3 Ibidem, p. 3.
4 Ivan Almeida, Borges, «Avelino Arredondo» o la complejidad de los hechos – Ensayo de

interpretación abductiva, in «Borges Studies Online», J.L. Borges Center for Studies & Docu-
mentation (http://www.borges.pitt.edu/bsol/iaavel.php).

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inteso come indizio abduttivo o crimine testuale, secondo l’espressio-


ne di Ezequiel de Olaso, ripresa da Almeida. Lo studioso vi coglie il
contrasto di realtà e finzione che attraversa l’intero racconto, privile-
giando il secondo termine sul primo. L’abduzione, in questo caso, dal
punto di vista metodologico, è la capacità di cogliere una regolarità
più ampia partendo da un particolare. Il nostro metodo è affine solo
nella valorizzazione dei dettagli testuali, ma non nella ricerca di una
regola che poco si adatta alla stessa creatività abduttiva. Quest’ultima,
inoltre, non coincide del tutto con la semiosi illimitata alla quale si
riferisce l’analisi, peraltro interessante, di Merrell sul rapporto tra La
lotteria a Babilonia, la filosofia di Peirce e la fisica dei quanti5. Un
debito va riconosciuto: quello che riguarda il ritmo abduttivo asse-
gnato da Bottiroli6 alle metafore retoriche, capaci di sintetizzare vari
elementi percettivi e conoscitivi. D’altronde, l’abduzione completa e
affina i sensi, non ne diminuisce il peso7. Si ridisegnano, così, sia il
dominio dell’inferenza, sia l’orizzonte figurale, accostati grazie alla
dinamica possibilità di trasformare il sapere attraverso inedite con-
nessioni. Il volto della teoria, in tal modo, cambia: non è più una
concettualità astratta e apodittica. Certo, è problematico darne una
definizione esatta, né il saggio ha tale pretesa. Alcuni aspetti costi-
tutivi possono, però, essere rilevati: la congetturalità8, opposta alle
certezze manichee, o la tendenza al paradosso che incrina gli stere-
otipi, visto che il teorico ignora il galateo della doxa, dell’opinione
comune9. Nelle opere di Borges, poi, la teoria sembra riappropriarsi
delle antiche radici visive implicite nell’etimologia della parola che
comprende nessi multipli e supera sia la frammentazione fenomenica,
sia le divisioni linguistiche. Il theorein è, infatti, più ampio del logos:
è il sapere integrale, fatto di ragione e immaginazione, imitato dalle
geografie borgesiane, quando ricompongono il tempo e lo spazio
frantumati dal razionalismo settecentesco10.
Disprezzare la teoria, sulla scia di un pensiero debole poco propo-
sitivo, resta un gesto dubbio, poiché sottrae all’invenzione letteraria
la capacità di pensare che, d’altronde, non può esserle rubata dav-
vero, visto che coincide con la sua stessa autocoscienza. La lettera-

5 F. Merrell, J.L. Borges, C.S. Peirce y un tiro de dados: signos de nuestros tiempos, in «Va-

riaciones Borges», 1998, n. 5, p. 84 (http://www.borges.pitt.edu/bsol/documents/0505.pdf).


6 G. Bottiroli, Metis e interpretazione, in «Aut aut», 1987, nn. 220-221, pp. 135-136. In

particolare, lo studioso parla delle metafore di Proust.


7 C.S. Peirce, Pragmatism and Abduction, in Pragmatism and Pragmaticism, in Collected Pa-

pers of Charles Sanders Peirce, 1931-1935, trad. it. Pragmatismo e abduzione, in Epistemologia,
in Opere, a cura di M.A. Bonfantini, Milano, Bompiani, 2003, pp. 441-442.
8 A. Compagnon, Le démon de la théorie. Littérature et sens commun, 1998, trad. it. Il

demone della teoria. Letteratura e senso comune, Torino, Einaudi, 2000, p. 283.
9 L. Zimmermann, Vive la théorie, in «L’infini», 2003, n. 84, p. 75.
10 J. Aldhuy, Borges et le géographe, in «Borges Studies Online», J.L. Borges Center for

Studies & Documentation Internet (http://www.borges.pitt.edu/bsol/aldhuy.php).

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Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di Borges

tura ha, infatti, una sua specificità11, esibita e messa in mostra dai
testi di Borges. Ma è legittimo vedere una teoria della letteratura lì
dove lo sguardo teorico diventa memoria creativa, ricordo capace di
trasformare un particolare, letto o vissuto, nelle metafore di poesie
e racconti o negli argomenti dei saggi? In effetti, il Borges teorico
non esiste senza le combinazioni alchemiche dei saperi, senza un
enciclopedismo culturale non solo metaforico12. Non si tratta, però,
di inventari più o meno congruenti. Questi testi nascono nei punti
di intersezione fra culture, filosofie, miti, credenze religiose; sono
ibridi vicini alla complessità di Morin13, se non proprio alla mathesis
di Barthes:
Tutti i saperi del mondo in un momento determinato vengono messi in scena
attraverso testi diversissimi […]. Per questo affermo paradossalmente che si deve
insegnare soltanto la letteratura, giacché vi si potrebbero accostare tutti i saperi14.

La singolare didattica di Barthes potrebbe essere la cifra delle


opere borgesiane in cui la finzione è strumento per la mise en œuvre
di ogni sapere, anche di quello ideologico. La si dovrebbe, però, ar-
ricchire con la possibilità abduttiva di unire i vari frammenti, le varie
isole conoscitive di Maxencé. Questo significherebbe individuare una
o più logiche letterarie, meno rigorose del sillogismo tradizionale –
ricostruito e, insieme, parodiato da Borges –, ma pur sempre logiche.
Il passaggio dalle premesse alle conclusioni nelle abduzioni, infatti, è
disturbato da una certa faiblesse razionale, ma resta un’inferenza nella
quale si giunge al traguardo in modo problematico15. La capacità
di bruciare le tappe e di puntare su un effetto finale, prima che ne
siano evidenti le premesse, sembra, inoltre, la versione moderata della
contro-induzione dello storico della scienza Feyerabend, analizzata nei
paragrafi successivi.
Prima di esaminare il racconto La forma della spada, bisogna spe-
cificare come i livelli abduttivi possano essere sempre molteplici. Le
abduzioni vanno, infatti, da un grado zero di creatività (la definizione
di un vocabolario, per esempio) a un estremo molto meno aderente
all’enciclopedia culturale di chi è impegnato nella comunicazione.
Un’opera letteraria, inoltre, pur facendovi riferimento, tende sempre a

11 I. Calvino, Lezioni americane, Milano, Mondadori, 1993, p. 4: «La mia fiducia nel futuro

della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi
mezzi specifici».
12 D. Balderston, Borges and the universe of culture, in «Variationes Borges», 2002, n. 14,

p. 176 (http://www.borges.pitt.edu/bsol/documents/1410.pdf).
13 E. Morin, La tête bien faite, 1999, trad. it. La testa ben fatta, Milano, Raffaello Cortina

Editore, 2000, p. 51. Le scienze umanistiche potenziano la sintesi, la facoltà di scoprire nessi
significativi in una realtà sempre più frammentaria.
14 R. Barthes, Le bruissement de la langue. Essais critiques IV, 1984, trad. it. La grana della

voce, Torino, Einaudi, 1986, p. 232.


15 C.S. Peirce, Pragmatismo e abduzione, cit., p. 443.

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superare il bagaglio di conoscenze dei suoi lettori o a instaurare con


esso un rapporto dialettico. In Borges la situazione è resa ancora più
intricata dalla sua arte al quadrato, simile ai numeri transfiniti in cui
la parte è superiore al tutto. Le sue opere, quindi, ne presuppongono
sempre altre, secondo la dinamica costante della rilettura/riscrittura.
Lo scrittore si affida alle risorse e agli errori di una memoria porosa,
trascurando il supporto materiale dell’opera. La letteratura di Borges
è ricordata più che riletta, fino al punto da impiegare il verso poetico
come forma di mnemotecnica16. La stessa cecità fisica, naturalmente,
trasformava la necessità in virtù. Di qui la difficoltà di stabilire preci-
se filiazioni intertestuali. Borges stesso depista i suoi lettori esibendo
fonti e precedenti di cui è quasi impossibile stabilire la consistenza.
La fonte può essere reale o fittizia. Ciò che importa è la condivisio-
ne del sapere. Si entra, così, nello spazio ombroso della genesi di
un’opera lì dove i significati convivono allo stato fluido, non hanno
ancora ricevuto la fissazione della carta. Esiste un’abduzione che
regoli tale passaggio? E, se esiste, l’interpretazione può coglierla o se-
guirne le tracce? La dinamica è quella della trasformazione, non della
sostituibilità dei termini; non si tratta di risolvere un indovinello, di
sostituire la finzione al ragionamento corrispondente, ma di verificare
come la finzione costituisca parte integrante di quel ragionamento.

2. Logica congiuntiva e alterità culturale ne La forma della spada

Nel paragrafo precedente si accennava alla differenza fra sostitu-


ibilità dei termini e trasformazione. L’idea che la letteratura non sia
un’algebra verbale, perché altrimenti «chiunque potrebbe produrre
qualunque libro, a forza di tentare variazioni»17, è vicina al caratte-
re dinamico del secondo termine, benché Borges tematizzi in vario
modo le vertigini combinatorie, meccaniche. Questa constatazione fa
capire anche perché la Beatrice di Dante non sia un sinonimo della
fede, ma ne sviluppi le implicazioni narrative:
In altre parole: Beatrice non è un emblema della fede, un laborioso e arbitrario
sinonimo della fede, […]; la verità è che nel mondo c’è una cosa – un sentimento
peculiare, un processo intimo, un serie di stati analoghi – che è dato indicare per
mezzo di due simboli: uno, assai povero, il suono fede; l’altro, Beatrice, la beata
Beatrice che scese dal cielo e lasciò la sua orma nell’Inferno per salvare Dante18.

16 S. Yurkievich, Del anacronismo al simulacro, in Asedio, Madrid, Ultramar, 1982, p. 171.


17 J.L. Borges, Nota sobre (hacia) Bernard Shaw, in Otras inquisiciones, 1976, trad. it. Nota
su (intorno a) Bernard Shaw, in Altre inquisizioni, in Tutte le opere, 2 voll., a cura di D. Porzio,
Milano, Mondadori, 1984-1985, vol. I, p. 1058.
18 J.L. Borges, Nathaniel Hawthorne, in Altre inquisizioni, in Tutte le opere, cit., p. 957.

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Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di Borges

La narrazione, quindi, apre i confini delle parole, liberandone


stratificazioni culturali e potenzialità fantastiche. La ragione che, in
queste architetture, non dimostra, ma stabilisce nessi, non è riducibile
alle deduzioni che si ricavano da indizi frammentari. Determinante è,
infatti, scoprire o inventare il legame perspicuo fra ciò che è lettera-
rio e ciò che non lo è. In gioco non è solo il sapere letterario quanto
l’identità di questo sapere in rapporto a un’alterità che, nell’occor-
renza dantesca, è la teologia o il sistema cosmologico medioevale. Ma
quali sono i livelli di alterità con i quali si confronta la letteratura ne
La forma della spada, realizzando quella tecnica del parallelismo che,
per Compagnon19, è un tratto fondamentale della ricerca conoscitiva,
non solo filologica?
Il giorno dopo, Moon aveva recuperato il suo equilibrio. Accettò una sigaretta e
mi sottopose a un severo interrogatorio su “le risorse economiche del nostro partito
rivoluzionario”. Le sue domande erano molto lucide; gli dissi (ed era vero) che la
situazione era grave. Improvvise scariche di fucileria scossero il sud. Dissi a Moon
che i compagni ci aspettavano. […] Quando tornai, trovai Moon steso sul sofà con
gli occhi chiusi. Pensava di avere la febbre; disse che una contrazione dolorosa gli
immobilizzava la spalla. // Compresi allora che la sua codardia era irreparabile20.

In questo passo la focalizzazione è sul patriota irlandese che, du-


rante i moti civili del 1922, commenta la viltà del personaggio John
Vincent Moon. Costui è incapace di lottare, ma non di tradire il
compagno, come farà, di lì a poco, per telefono. Intanto maschera la
sua inerzia con la teoria del materialismo dialettico che tutto riduce
alla conflittualità economica in opposizione al coraggio epico-militare.
Di qui l’inserimento, nel racconto, di pseudo-citazioni dal trattato
comunista che Moon sfoglia continuamente, lanciando i suoi giudizi
apodittici. La contrazione dolorosa della spalla allude alla ferita di
un’arma da fuoco che lo ha colpito durante un combattimento:
Voltammo per una strada di terra battuta; un soldato, enorme nel riverbero, sorse
da una baracca incendiata. Ci gridò di fermarci. Io affrettai il passo; il mio compa-
gno non mi seguì. Mi volsi: John Vincent Moon stava immobile, affascinato e come
eternato dal terrore. […] Dovetti sostenerlo col braccio; la paura lo paralizzava.
Fuggimmo, nella notte forata dagli incendi. Una scarica di fucileria ci raggiunse; una
pallottola sfiorò la spalla destra di Moon […]21.

La paratassi rafforza, con effetti quasi cinematografici, il contrasto


fra l’uomo vile e il patriota. Per il primo la storia è un riflesso di

19 A. Compagnon, Il demone della teoria, cit., 2000, p. 68. Il riferimento di Compagnon è

filologico, riguarda la Parallelstellenmethode, la tecnica che consiste nel chiarire il passo oscuro
di un testo utilizzando come chiave interpretativa un secondo passo dello stesso autore.
20 J.L. Borges, La forma de la espada, in Ficciones, 1971, trad. it. La forma della spada, in

Finzioni, in Tutte le opere, cit., vol. I, p. 719.


21 Ibidem, p. 718.

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meccanismi economici; il secondo è, invece, un gentleman al quale,


idealisticamente, interessano le cause perse, le sconfitte. La geografia
irlandese, per il repubblicano cattolico, ha l’unità dell’immaginazione,
rilevata da Aldhuy:
Eravamo repubblicani, cattolici; eravamo – sospetto – romantici. L’Irlanda, per
noi, non era solo l’utopico avvenire e l’intollerabile presente; era un’amara e affet-
tuosa mitologia, era le torri circolari e le rosse paludi, era il ripudio di Parnell e le
immense epopee che cantano di tori rubati […]22.

Non abbiamo, tuttavia, ancora precisato un nodo essenziale. A


narrare i fatti è lo stesso Moon che finge di essere il patriota da lui
tradito. Questo patriota, prima di essere fucilato, riuscirà a imprimer-
gli una cicatrice sul volto, la forma del titolo:
Gli traversava il volto una cicatrice amara: un arco cinereo e quasi perfetto che
lo sfregiava da una tempia fino all’altro zigomo. Il suo vero nome non importa; tutti
a Tacuarembó lo chiamavano l’Inglese della Colorada. Il padrone di quei campi,
Cardoso, non avrebbe voluto venderli; dicono che l’Inglese ricorse a un argomento
impreveduto: gli raccontò la storia segreta della cicatrice. […] I campi della Colorada
erano pantanosi; le acque, amare; l’Inglese, per rimediare a queste deficienze, lavorò
al pari dei suoi peones23.

Le ipallagi di Borges non sono mai prive di significato: creano,


infatti, una sottile rete allusiva che, nei passi riportati, tramite l’ag-
gettivo «amaro», accosta tre realtà. Almeno due di esse ripetono e
variano la sconfitta che è uno dei temi del racconto: tralasciando le
acque paludose, dominate, con il sudore della fronte, dall’Inglese
della Colorada, emergono l’amara mitologia irlandese e la cicatrice.
La prima si lega al fallimento storico dell’eroe idealista, la seconda
alla sconfitta del traditore che, pur elaborando lucidi stratagemmi,
resta immobilizzato dal terrore durante le azioni di guerra. Il testo
spagnolo, in realtà, usa per la cicatrice un attributo diverso, molto
più intenso: rencorosa, quasi per rilevare in maniera sintetica la fibra
emotiva del personaggio e la causa intima del suo agire: il rancore.
Il materialismo appare, pertanto, in Moon, come la rimozione o la
copertura di pulsioni irrazionali.
Il racconto ha, poi, una costruzione speculare che rende frasta-
gliate le soglie, anche quelle che dovrebbero dividere il preambolo
orale24 dalla storia della ferita. Il confine cornice/storia è rilevato,

22 Ibidem, p. 717.
23 Ibidem, p. 714.
24 Si tratta di un’oralità simulata, chiaramente, che riproduce le narrazioni primitive e la

loro capacità di evocare anche dicerie e pettegolezzi. Questa dimensione attiva gli elementi
banali o semi-dimenticati che caratterizzano il classicismo di Borges, la sua capacità di rifor-
mulare i problemi antropologici di sempre. Si veda R. Caillois, Les thèmes fondamentaux de J.
L. Borges, in Cahiers de l’Herne, cit., p. 217: «[…] credo di rendere omaggio alla sua più alta

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peraltro, dall’inondazione che costringe Borges a trascorrere una


notte nella fattoria e che riproduce l’archetipo biblico del diluvio.
È dopo aver varcato questa soglia che il lettore apprende come il
soprannome Inglese della Colorada contenga, in realtà, una falsa
informazione. Moon viene, infatti, dall’Irlanda. In un nome Borges
riunisce due nazionalità in conflitto, annunciando già quella coinci-
dentia oppositorum che caratterizza i molteplici livelli narrativi, non
ultimo quello che identifica vittima e impostore, eroe e traditore. Lo
stesso termine Colorada suggerisce il rilievo del colore retorico, del
pathos. La storia della cicatrice, inoltre, è anticipata da alcuni dettagli
della cornice che, però, invece di confermarne la credibilità, gettano
su di essa molte ombre. La cornice, cioè, non assicura che quanto
ascolteremo dalla voce del personaggio sia veridico. Quali sono tali
aporie? Intanto dal testo si apprende come l’Inglese sia riuscito
a ottenere le sue terre raccontando la storia della ferita. Egli usa,
quindi, l’abilità narrativa per convincere e ottenere un patrimonio;
la sua storia potrebbe ben essere un sotterfugio con il quale l’uomo
punta, ancora una volta, al vantaggio economico. Essa, inoltre, viene
ripetuta a Borges che non è il suo primo ascoltatore: la ripetizione
è sospetta, suscita il dubbio che sia falsa. Un’altra contraddizione
riguarda la descrizione dell’Inglese del quale Borges ricorda «i suoi
occhi glaciali, la sua energica magrezza, i suoi baffi grigi»25, un tem-
peramento energico che poco si adatta alla fisionomia di Moon nella
narrazione di secondo grado:
Era magro e molle a un tempo; dava la spiacevole impressione d’essere inverte-
brato. Aveva scorso con fervore e con vanità quasi tutte le pagine di non so quale
manuale comunista; il materialismo dialettico gli serviva per tagliar corto a qualsiasi
discussione26.

Chi è, davvero, Moon? Il rude proprietario terriero o il traditore


invertebrato? Tra l’altro Borges ascolterà l’enigma della cicatrice dalla
voce stessa di questo personaggio ambiguo, senza una precisa iden-
tità, ma non pensa «ad accostare l’immagine che vede nella figura
del narratore a quella di cui si parla nel racconto, poiché è poco
credibile che il narratore delle infamie di Moon sia Moon stesso»27.
La prospettiva rovesciata funziona come una maschera provvisoria
che consente al traditore di proiettarsi nel suo doppio antitetico.
Moon, tuttavia, resta lucidamente capace di riconoscere ciò che è
diverso da lui. Il racconto fantastico di Borges razionalizza, con il

lezione: aver saputo intrecciare dati banali, trascurati e talvolta dimenticati, rinnovandoli con
un’originalità così pregnante da farli apparire irriconoscibili, inediti».
25 Ibidem, p. 716.
26 Ibidem, p. 718.
27 M. Brion, Masques, miroirs, mensonges et labyrinthes, in Cahiers de l’Herne, cit., p.

317.

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suo stratagemma, l’Immaginario di Lacan28, lo stadio durante il quale


l’io si confronta con oggetti o persone a lui simili, riducendoli a una
propria funzione. Rispetto alle altre due fasi di sviluppo dell’identi-
tà, il Simbolico e il Reale, l’Immaginario sopprime ogni differenza,
risultando unheimlich. È quanto avviene con i sosia, gli alter-ego, le
simmetrie. Il concetto di Lacan presuppone la logica dei correlativi:
Le principali direzioni di ricerca, che qui possiamo quasi soltanto nominare, sono
le seguenti:
– a partire dai correlativi, è possibile portare a trasparenza la logica congiuntiva, di
cui si sono serviti implicitamente Eraclito, Hegel, Marx, Nietzsche, Heidegger, e
che rappresenta un’alternativa radicale rispetto alla logica disgiuntiva (o separativa)
inaugurata da Aristotele e dagli Stoici, e poi ripresa da Frege, Russell, ecc. […].
// – la logica congiuntiva si fonda su legami paradossali. […] Appare dunque de-
terminante l’elaborazione di una teoria degli stili di pensiero, contro il monostilismo
della logica simbolica29.

Nei correlativi affiora un fondo oscuro: essi sfuggono, infatti, alla


dicotomia vero/falso su cui si basa il principio di non-contraddizione
nel pensiero occidentale. Bottiroli ricorda la dialettica della Fenome-
nologia dello spirito di Hegel, il rapporto tra signore e servo che può,
progressivamente, cambiare, sì da rendere legittima l’affermazione: il
servo è il padrone. Con il mutare delle condizioni storiche, infatti, la
condizione servile può capovolgersi nel suo contrario. Il lato oscuro
di Bottiroli, tuttavia, non riguarda semplicemente la modifica dei dati
contingenti nei quali l’uomo è immerso; al contrario, coinvolge il pia-
no dell’inconscio e la sua epifania retorico-linguistica. La dimensione
umana in cui un significato coesiste con quello opposto, non può,
infatti, esprimersi in un unico stile. Per tale motivo, la logica con-
giuntiva o correlativa trova un forte alleato nel pluristilismo e nella
molteplicità dei modi di riferimento, propri della letteratura.

3. L’identità della poesia e l’allegoria della lettura

Borges non amava molto la psicoanalisi. La polisemia, nelle sue


opere, è più vicina alla pronuncia magica, arcaica, della poesia che
lascia traccia consistenti anche nella fisionomia geometrica dei rac-
conti. Si pensi al nome della luna, l’oggetto poetico per eccellenza,
ironicamente attribuito a un traditore che legge trattati materialistici

28 J. Lacan, La topique de l’imaginaire, in Le séminaire I. Les écrits techniques de Freud

1953-1954, 1975, trad. it. La topica dell’immaginario, in Il seminario. Libro I. Gli scritti tecnici
di Freud (1953-1954), testo stabilito da J. A. Miller, a cura di G. Contri, Torino, Einaudi,
1978, pp. 91-110 e, dello stesso autore, La chose freudienne, in Ecrits I, 1966, trad. it. La cosa
freudiana in La cosa freudiana e altri scritti, a cura di G. Contri e S. Loaldi, Torino, Einaudi,
19724, pp. 210-215.
29 G. Bottiroli, Che cos’è la teoria della letteratura, Torino, Einaudi, 2006, p. 161.

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Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di Borges

e dogmatici. Lo stesso titolo del racconto, con il suo riferimento alla


forma della spada, la mezzaluna, è una declinazione visiva dell’ogget-
to, potenziata, nell’originale spagnolo, dalla lettera c che compare in
posizione allitterante nelle parole cruzaba (attraversava), cara (volto),
cicatriz (cicatrice), ceniciento (cinereo), Colorada ecc. Questi giochi
fonici, purtroppo, scompaiono nella traduzione italiana. Per capire i
risvolti del nome Moon, è utile un passo di L’invenzione della poesia.
Le lezioni americane dove Borges commenta alcuni versi di Shake-
speare, dedicati alla regina Elisabetta:
Immagino che, quando Shakespeare scrisse questi versi, si riferisse a entrambe
le lune. Aveva in mente la metafora «la luna, la Regina Vergine» e, al contempo,
credo non potesse evitare di pensare alla luna in cielo. […] Sentiamo i versi prima
di scegliere l’una, o l’altra o entrambe le opzioni30.

La scrittura dell’avvenire, per Blanchot, incide il logos visivo


dell’Occidente; è un taglio radicale, una differenza assoluta che non
può essere connessa né alla dialettica hegeliana né alla sintesi meta-
fisica. La perversione inizia quando «il linguaggio si comporta come
se potessimo vedere la cosa da ogni lato. – E qui comincia la per-
versione. La parola non si presenta più come parola, ma come vista
affrancata dalla vista […]»31. Tra scrivere e vedere c’è una distanza
infinita e l’uomo deve ancora costruire una scrittura che si affranchi
dalla schiavitù della vista. Il passo di Borges continua a presupporre
il sistema ottico della conoscenza: vedere significa sapere. La luna di
Shakespeare è, nello stesso tempo, la divinità Diana, la regina della
storia, il valore della castità: è il modo di arricchire la geografia reale
che affiora anche nelle parole idealistiche del patriota repubblicano,
vittima di Moon. Per Borges, pronunciare la parola luna significa no-
minare molteplici significati, legati all’io del poeta, agli eventi storici,
al mondo culturale ecc. La polisemia sembra, però, acquistare un
valore non arbitrario nella misura in cui nasce dalla rielaborazione
di impressioni sensoriali, la tempesta dorata sulla montagna in cui
si risolve l’incontro di Endimione con la Luna32 o l’oro della poesia
dedicata a María Kodama:
C’è tanta solitudine in quell’oro.
La luna delle notti non è la luna
che vide il primo Adamo. I lunghi secoli

30 J.L. Borges, This craft of verse, 2000, trad. it. Pensiero e poesia, in L’invenzione della poe-

sia. Le lezioni americane, a cura di Calin-Andrei Mihailescu, Milano, Mondadori, 2000, p. 83.
31 M. Blanchot, L’entretien infini, 1969, trad. it. L’infinito intrattenimento, Torino, Einaudi,

1977, pp. 39-40.


32 J.L. Borges, Endimione a Latmo, in Storia della notte, in Tutte le opere, cit., vol. II, p.

1052-1054, trad. it. a fronte.

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Anna Guzzi

della veglia umana l’hanno colmata


di antico pianto. Guardala. È il tuo specchio33.

Nel commentare questo testo poetico Borges indugia proprio


sulla parola moon, «questa lenta parola inglese»34, chiedendosi se
coincida con la luna latina o quella spagnola. La risposta è negativa.
Esiste una differenza. La parola inglese ha una sonorità singolare,
espressa dal verbo riflessivo spagnolo demorarse, più evocativo degli
equivalenti italiani. Non è un caso, quindi, che questa traccia fonica
si imprima anche in La forma della spada, iscrivendovi una filigrana
poetica.
Ma qual è il nesso tra la specificità letteraria, rappresentata dalla
poesia, e il pensiero filosofico? Le identità create dal testo sono il
risultato di una percezione estetica dell’universo o un riflesso dell’ide-
alismo, ben presente nella formazione culturale dello scrittore? Il
racconto menziona esplicitamente Berkeley e Schopenhauer. La casa
oscura dove si nascondono i cospiratori irlandesi appartiene, infatti,
al generale Berkeley. La sua labirintica architettura, costituita da
«perplessi corridoi e vane anticamere»35, suggerisce l’annullarsi delle
differenze. L’ipallage perplessi compendia un habitus filosofico e an-
ticipa l’asombro, lo stupore che, di lì a poco, esploderà nella frase in
cui Shakespeare e Vincent Moon sono la stessa cosa:
Quell’uomo impaurito mi faceva vergogna, come se il vigliacco fossi stato io, e
non Vincent Moon. Ciò che fa un uomo, è come se lo facessero tutti gli uomini
[…]. Forse Schopenhauer ha ragione; io sono gli altri, ogni uomo è tutti gli uomini,
Shakespeare è in qualche modo il miserabile John Vincent Moon36.

Il paradosso suggerisce che le parole appartengono simultanea-


mente a varie costellazioni semantiche. Come la luna poetica piena di
antico pianto, esse trascinano con sé una risonanza di idee molteplici.
È legittimo, però, sostenere che dietro la connessione di Borges, die-
tro l’incertezza della locuzione avverbiale in qualche modo si celi un
ragionamento abduttivo? Quale sarebbe la sua plausibilità?
Un aspetto potrebbe riguardare il carattere della poesia che il
nome collega al personaggio invertebrato: se, da una parte, Moon
realizza il suo tradimento in battaglia, dall’altra, la poesia tradisce
la realtà dalla quale si allontana, inseguendo i suoi puri e aerei ara-
beschi sonori. È possibile, d’altronde, trovare per questi arabeschi
precisi riscontri intertestuali, considerando la consistente presenza

33 J.L. Borges, La luna, in La moneta di ferro, in Tutte le opere, cit., p. 977, trad. it. a

fronte; lo stesso testo si trova in Borges at eighty: conversations, 1982, trad. it. Conversazioni
americane, a cura di W. Barnstone, Roma, Editori Riuniti, 1984, p. 65.
34 J.L. Borges, Conversazioni americane, cit., p. 65.
35 J.L. Borges, La forma della spada, cit., p. 719.
36 Ibidem, pp. 719-720.

122
Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di Borges

delle opere shakespeariane nella produzione di Borges. Basti sug-


gerire il notturno lunare del Macbeth37, l’episodio in cui l’anti-eroe
della tragedia chiede la spada con cui vuole uccidere il re Duncan.
L’identità paradossale di Moon e Shakespeare, quindi, può essere
letta come la conclusione, azzardata o impertinente, di un’abduzione
che trasforma alcuni dettagli percettivi e, nello stesso tempo, esprime
una rilettura/riscrittura della tragedia inglese. Il percorso argomen-
tativo comporta fasi implicite che ben si accordano alla consistenza
dei non-detti in un’opera letteraria. La logica narrativa, allora, non è
solo quella dei correlativi, della densità figurale dell’inconscio dove
ogni cosa può diventare il suo contrario. La finzione, infatti, come il
carro buddista del Milinda Pañha, riportato in Nuova confutazione del
tempo38, completa i residui verbali (il suono moon, il simbolo epico
della spada ecc.) che il Macbeth ha lasciato nella memoria di Borges.
L’abduzione appare in essa come il legame creativo tra le singole par-
ti che, in Borges, sono i modelli culturali evocati e anche i dati della
lettura. Questo tipo di inferenza interviene, così, a colmare i vuoti,
dando uno spessore epistemologico alla frammentarietà insulare della
scrittura borgesiana. La stessa distanza tra premesse e conclusioni è
direttamente proporzionale alla creatività abduttiva che, per questo
motivo, stimola l’interpretazione: più le conclusioni sorprendono,
più il lettore dovrà procedere a ritroso immaginando le condizioni
ragionevoli del discorso. L’abduzione, inoltre, riguarda anche il modo,
non sempre compiuto e formalizzato, con cui si sviluppa la capacità
di ragionare nel passaggio dall’infanzia all’età adulta:
Queste connessioni o inferenze della nostra prima infanzia, spesso confermate, e di
vitale importanza, si sono radicate profondamente nella nostra memoria. Ma quando
le abbiamo stabilite, non sapevamo etichettarle con simboli. Né le premesse né le
conclusioni erano espresse in parole. Quando abbiamo cominciato a parlare, era
più facile e più importante verbalizzare la conclusione, il no, il non mi piace, invece
delle premesse39.

Se, allora, l’identità di Moon e Shakespeare è un effetto abdut-


tivo, essa verbalizza il punto d’arrivo di un ragionamento che non
ha origini chiare, benché sia possibile individuarne uno sfondo in-
tertestuale. Per questa ragione, l’abduzione narrativa di Borges non
coincide con lo stereotipo poliziesco della detection, utilizzato da
Umberto Eco per caratterizzare la ricerca di Guglielmo di Baskerville

37 W. Shakespeare, Macbeth, in Le tragedie, a cura di G. Melchiori, Milano, Mondadori,

1976, vol. IV, p. 896, trad. it. a fronte.


38 J.L. Borges, Nuova confutazione del tempo, in Altre inquisizioni, in Tutte le opere, cit.,

pp. 1070-1071. Il carro non è una singola ruota, un singolo asse ecc., ma tutti questi elementi
insieme: non è, cioè, la combinazione delle parti che lo formano, pur non esistendo al di
fuori di esse.
39 M.A. Bonfantini, L. Grassi e R. Grazia, Introduzione, in Guessing: inferenza e azione, in

Metafisica, in Opere, cit., p. 1001.

123
Anna Guzzi

in Il nome della rosa, dove Borges, però, è rappresentato dal retrivo


bibliotecario Jorge da Burgos40, non dal francescano. Lo scrittore,
osando conclusioni ardite che portano il discorso al suo estremo
limite, prima che ne siano evidenti le premesse, spinge il lettore
a riscrivere il testo, partendo dall’inciampo testuale, dal paradosso
enunciato. La sua è un’allegoria della lettura, retta dal conflitto tra
lettera e regime figurale, dall’impossibilità di decidere quale dei due
piani prevalga41. La forma della spada, infatti, sviluppa la sua identità
di testo attraverso un movimento che tradisce l’apparenza letterale
del discorso per riappropriarsene in secondo tempo, mostrandone
tutta la complessità: Moon è davvero Shakespeare se cambiamo il
nostro punto di osservazione.

4. La dialettica nella prospettiva rovesciata di Borges

Il personaggio inattendibile di Borges racconta la storia come se


egli fosse il patriota che tradirà durante le lotte civili. L’espediente
potenzia l’als ob, il come se. Già si diceva dei due opposti modelli
culturali presenti nella narrazione: il materialismo da una parte, l’ide-
alismo romantico, dall’altra. Lo specchio meta-testuale di questa dit-
tologia è la biblioteca che si trova nella casa del generale Berkeley:
Il primo piano era tutto occupato dal museo e dall’enorme biblioteca: libri
incompatibili, antinomici, che in qualche modo sono la storia del secolo XIX; sci-
mitarre di Nishapur, nei cui archi di cerchio sembrava durare il vento e la violenza
delle battaglie. Entrammo (mi sembra di ricordare) in un sotterraneo. Moon […]
mormorò che i casi di quella notte erano stati interessanti; lo medicai, gli portai una
tazza di tè; accertai che la sua «ferita» era superficiale42.

Il catalogo associa ironicamente la bêtise letteraria all’azione epica.


Occorre chiedersi, però, se questa ricostruzione narrativa e creativa di
elementi culturali non sia solo un ludus erudito. Un dato è abbastan-
za certo: l’aderenza di tale ricostruzione alla specificità letteraria che
viene ostentata, come accadrebbe in un’iperbole. Si pensi al livello
asombroso del discorso che stupisce con la battuta monistica in cui
poeta e traditore coincidono o alla trama sonora, quasi un leit-motiv
lirico all’interno del racconto, riconducibile alla vocazione poetica di
Borges e all’incidenza della memoria nei processi creativi. La memo-
ria, infatti, come le scimitarre di Nishapur che sono l’eco di remote

40 R. Paoli, Borges e gli scrittori italiani, Napoli, Liguori, 1997, p. 52.


41 P. De Man, Allegories of Reading. Figural Language in Rousseau, Nietzsche, Rilke, and
Proust, 1979, trad. it. Allegorie della lettura, Torino, Einaudi, 1997, pp. 16-17. Per lo studioso
che legge Marcel Proust, tuttavia, la retorica, con le sue aberrazioni referenziali, sospende
completamente la logica; c’è un forte dualismo tra i due ambiti.
42 J.L. Borges, La forma della spada, cit., p. 719.

124
Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di Borges

battaglie, permette alle percezioni uditive e visive della lettura di


durare nel tempo. Lo spazio narrativo, pertanto, ne sviluppa le orme,
facendole, poi, emergere sullo schermo definitivo del testo scritto.
Nella parte conclusiva del racconto, l’immagine più significativa è la
mezzaluna di sangue che interseca tatto e visione:
Moon conosceva la casa molto bene, molto meglio di me. […] Lo bloccai prima
che i soldati mi fossero sopra. Da una delle panoplie del generale strappai una
mezzaluna d’acciaio; con essa gl’impressi sul volto, per sempre, una mezzaluna di
sangue. Borges: a lei che è uno sconosciuto, ho fatto questa confessione. Il suo
disprezzo non mi dorrà troppo43.

L’originale spagnolo è più efficace: in esso la parola composta


corrisponde a media luna44, con uno spazio bianco capace di staccare
l’oggetto poetico. La forma della spada, allusione alla ferita provocata
dalla mezzaluna, è, quindi, un titolo che bisogna interpretare lette-
ralmente; ogni apparenza letterale, tuttavia, suggerisce Borges tra le
righe, può ingannare, come inganna, nella lettura di Lacan, l’idea che
la lettera rubata di Edgar Allan Poe sia davvero tale45. La cicatrice
che anima il racconto rappresenta la letteralità dei sensi che viene,
così, declinata su altri registri concettuali: la poesia epica e il suo
declino nell’universo moderno, la cultura idealistica, il rovesciamento
storico ecc. Essa, quindi, ferisce il testo, evidenziandone la complessa
stratificazione che resta, però, invisibile fino a quando non si adotti
uno stile congiuntivo di pensiero, uno stile che non esita a rovesciare
le cose per ricavarne un feedback conoscitivo.
Questo aspetto mostra come Borges sia, davvero, l’incantatore
che «trasforma ogni tema toccato conducendolo verso un ulteriore
registro mentale»46. I temi dell’infamia e della poesia vengono, infatti,
ridisegnati secondo una logica pragmatica che valorizza le conseguen-
ze di un’idea, non la sua intrinseca verità. Procede in modo affine
l’opportunista senza scrupoli di Feyerabend, l’unico uomo capace di
partecipare attivamente all’imprevedibilità della storia, definita, sulla
scia di Lenin, un labirinto di interazioni. La storia, cioè, è sempre
più ricca, multilaterale e astuta di quanto non possano immaginare
il migliore storico o il migliore metodologo:
La storia della scienza, in definitiva, non consta solo di fatti e di conclusioni
tratte da fatti. Essa contiene anche idee, interpretazioni di fatti, problemi creati da
interpretazioni contrastanti, errori e così via. Se esaminiamo le cose più a fondo,
troviamo addirittura che la scienza non conosce “meri fatti”, ma che i “fatti” che

43 Ibidem, p. 721.
44 Ibidem, p. 721.
45 J. Lacan, Le séminaire sur la “Lettre volée”, in Ecrits I, cit., trad. it. Il seminario sulla

«Lettera rubata», in La cosa freudiana e altri scritti, cit., pp. 20-21.


46 A. Reyes, L’Argentin Jorge Luis Borges, in Cahiers de l’Herne, cit., p. 104.

125
Anna Guzzi

entrano nella nostra conoscenza sono già visti in un certo modo e sono perciò es-
senzialmente ideazionali47.

Nel secondo capitolo, il pluralismo di Feyerabend comprende


anche la finzione che entra nell’oceano di alternative capaci di deter-
minare lo sviluppo della scienza, per contrasto, non per analisi:
Uno scienziato che desideri massimizzare il contenuto empirico delle sue opinioni
e che voglia comprenderle nel modo più chiaro possibile deve perciò introdurre altre
opinioni; egli deve adottare cioè una metodologia pluralistica. Egli deve mettere a
confronto idee con altre idee anziché con «l’esperienza» […]. La conoscenza così
concepita non è una serie di teorie in sé coerenti che convergono verso una conce-
zione ideale […]. È piuttosto un oceano, sempre crescente, di alternative reciproca-
mente incompatibili (e forse anche incommensurabili): ogni singola teoria, ogni favola,
ogni mito che fanno parte di questa collezione costringono le altre a una maggiore
articolazione […]48.

I libri incompatibili di Borges fanno parte di questo oceano cre-


scente. Il nesso non è solo tematico perché può essere colto anche
nella prospettiva rovesciata del racconto che concretizza la dialettica
materialistica di Vincent Moon. Il rovesciamento del punto di vista è,
infatti, la forma narrativa del cambiamento storico. Per Feyerabend,
d’altronde, la crescita del sapere non è lineare, soprattutto nella fase
che precede il controllo empirico delle ipotesi, nella fase della sco-
perta, lì dove possono incidere variamente sia i luoghi comuni che le
congetture sorprendenti, sia i dati evidenti, sia quelli lontani dall’ap-
parenza. Il Galileo di Contro il metodo rischia, scommettendo sulla
nuova visione svelata dal telescopio. Come precisa Giorello, nella
prefazione del libro49, lo scienziato cambia il tipo di osservazione che
giustificava gli avversari di Copernico; punta il cannocchiale verso il
cielo senza offrire alcuna ragione teorica dell’attendibilità di questa
immagine visiva. Il racconto di Borges può essere paragonato proprio
al cannocchiale di Galileo; è, infatti, uno strumento che potenzia i
sensi in un duplice senso: offre un’immagine concreta dei saperi in
gioco e mostra i valori culturali e semantici racchiusi in una parola
o in una frase. La dialettica della storia può, così, diventare una tec-
nica narrativa, può guadagnarne la rapidità, tipica del ragionamento
di Sagredo in grado di saltare a conseguenze non dimostrate50. Ciò
non toglie che sia necessario interrogarsi sul grado di arbitrio che
possiede il discorso velocissimo della letteratura: potrebbe, infatti,
semplificare eccessivamente la complessità dei modelli culturali in gio-

47 P.K. Feyerabend, Against Method. Outline of an Anarchistic Theory of Knowledge, 1975,

trad. it. Contro il metodo, Milano, Feltrinelli, 1979¹, 2002, pp. 16-17.
48 Ibidem, pp. 26-27.
49 G. Giorello, Prefazione, in P.K. Feyerabend, Contro il metodo, cit., p. 7.
50 I. Calvino, Rapidità, in Lezioni americane, cit., p. 51. Il riferimento è ai due personaggi,

Salviati e Sagredo, del Dialogo dei massimi sistemi del mondo di Galileo.

126
Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di Borges

co o, peggio, offrirne letture mistificanti. È vero, Borges è il bambino


cresciuto in biblioteca che filtra, con i suoi occhi di filosofo letterato,
sia l’idealismo romantico, sia il materialismo. La tensione paradossale
del racconto, tuttavia, riflette e, insieme, interroga il nostro modo di
pensare e di instaurare un rapporto con il passato. Questo poten-
ziale critico, riflessivo, dell’immaginazione, già rilevato da Ortega51
per l’idealismo di Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, dà la misura ancora
moderna della scrittura borgesiana, non riducibile a una parodia
combinatoria che mescola il già-detto e già-scritto. In effetti, la stessa
struttura formale del racconto restituisce alle dottrine evocate l’identi-
tà incrinata dallo sguardo incredulo dell’arte: tutti i sistemi si trovano
sul medesimo piano, poiché non svelano i misteri dell’uomo, ma il
punto di vista rovesciato, soltanto in La forma della spada, traduce
la dialettica storica del materialismo che, per Feyerabend, include la
spirale della scienza. Quest’ultima, infatti, spesso ricorre a strategie
argomentative nelle quali un’idea nuova può essere diffusa prima
della sua verifica pratica. In tal senso l’idea risulta anacronistica in un
determinato contesto storico, poiché le condizioni che la giustificano
e ne annullano la stranezza vengono individuate successivamente
rispetto alla mise en œuvre:
Nell’eventualità di una contraddizione fra una teoria nuova e interessante e una
collezione di fatti saldamente stabiliti il miglior procedimento non è, perciò, quello
di abbandonare la teoria ma di usarla per scoprire i principi nascosti responsabili
della contraddizione. La contro-induzione è una parte essenziale di un tale processo
di scoperta. (Un eccellente esempio storico è fornito dalle argomentazioni di Parme-
nide e di Zenone contro il moto e l’atomismo. Diogene di Simone, il cinico, adottò
il semplice atteggiamento che sarebbe stato adottato da molti scienziati e da tutti i
filosofi di oggi: confutò i ragionamenti alzandosi e camminando avanti e indietro.
L’atteggiamento opposto, che è quello che raccomandiamo qui, ha condotto a risul-
tati molto più interessanti […])52.

La finzione non è, forse, un elemento costitutivo di queste teorie


interessanti impiegate come pietra di paragone per le conseguenze
che permettono di ricavare? Inutile precisare, poi, quanto sia presen-
te Zenone nella scrittura di Borges53. Converrà, piuttosto, ricordare la
presenza dell’atteggiamento di Diogene che sembra proiettarsi nella
leggenda celtica del bardo:

51 J. Ortega, Borges y la cultura ispanoamericana, in Asedio, cit., p. 35. Ortega chiama in

causa il concetto di utopia, intesa come equivalente possibile di un certo mondo culturale
o storico che, poi, però, viene decostruito alla fine del percorso. Nella finzione di Borges ci
sarebbe, quindi, ancora una dialettica tra utopia e anti-utopia, universo possibile e scettico
ritorno alla realtà.
52 P.K. Feyerabend, Contro il metodo, cit., p. 65.
53 J.L. Borges, La perpetua carrera de Aquiles y la tortuga, in Discusión, in Obras Completas

1923-1949, 1989, trad. it. Metempsicosi della tartaruga, in Discussione, in Tutte le opere, cit.,
vol. I, p. 394.

127
Anna Guzzi

«Lei – risposi –, ha parlato della volontà. Nei Mabinogion, dure re giocano a


scacchi in cima a un colle, mentre sulla piana i loro guerrieri combattono. Uno dei
re vince la partita; un cavaliere arriva con la notizia che l’esercito dell’altro è stato
vinto. Quella battaglia di uomini era il riflesso della battaglia sulla scacchiera.» //
«Ah, un’operazione magica» disse Zimmermann. // Gli risposi: «O la manifesta-
zione di una volontà in due campi diversi. Un’altra leggenda dei celti riferisce il
duello di due bardi famosi. Uno, accompagnandosi con l’arpa, canta dal crepuscolo
del mattino fino al crepuscolo della sera. Ormai sotto le stelle o la luna, consegna
l’arpa all’altro. Questi la mette da parte e si alza in piedi. Il primo confessa la sua
sconfitta»54.

Guayaquíl è un dialogo fra due storici, entrambi candidati a deci-


frare importanti lettere di Bolívar. Come ne La forma della spada, an-
che qui c’è un contrappunto fra l’azione in battaglia e la dimensione
mentale fino alla dipendenza della prima dall’energia della seconda:
la volontà di Schopenhauer. Quest’ultima assume, in Borges, moven-
ze retoriche, diventando l’icona di quanto superi la trasparenza e la
linearità argomentativa:
Le sue parole non lasciavano trasparire né una sfida né una burla; erano già
l’espressione di una volontà, che faceva del futuro qualcosa di irrevocabile come il
passato. Non furono i suoi argomenti a vincere; il potere era nell’uomo non nella
dialettica55.

5. Un’ipotesi sui registri logici di «La forma della spada»

A quali aspetti epistemologici bisogna, quindi, collegare la retorica


della finzione nel racconto di Moon? All’estremismo anacronistico
di Feyerabend o al ragionamento abduttivo di Peirce? Per dare una
parziale risposta a questo interrogativo, è necessario sottolineare il
ruolo incisivo dell’interpretazione che, proprio attraverso la strategia
argomentativa, diventa un elemento costitutivo del testo. La forma
della spada è l’oggetto che non coincide mai con se stesso: il suo let-
tore ideale non può limitarsi a riconoscere un tessuto intertestuale, né
può fermarsi al carattere sorprendente delle conclusioni paradossali
esibite. Il gesto interpretativo più vitale è, infatti, legato alla creatività
abduttiva che cuce i ragionamenti scorciati alle loro premesse non-
dette, dando un senso all’identificazione di Moon con Shakespeare o
al legame della prospettiva rovesciata con una filosofia della storia:
Quello che devo andare a cercare, a scovare, è dunque il principio generale
o premessa maggiore. Nella scelta della premessa maggiore […] si esercita tutta
l’immaginazione creativa del ricercatore, e qui sta propriamente la radice della mag-
giore o minore novità della conclusione abduttiva. Grosso modo si può dire che

54 J.L. Borges, Guayaquíl, in El informe de Brodie, in Obras Completas 1952-1972, 1989,

trad. it. Guayaquíl, in Il manoscritto di Brodie, in Tutte le opere, cit., vol. II, pp. 427-428.
55 Ibidem, pp. 427-428.

128
Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di Borges

l’abduzione è tanto più innovativa quanto è insolito l’accostamento fra conseguente


e antecedente, ovvero quanto è remoto il campo semantico dell’antecedente rispetto
al campo semantico del conseguente56.

Queste osservazioni sembra imitino l’equilibrio di una metafora


dove, si sa, gli accostamenti tra campi semantici diversi risultano
decisivi. Anche i tropi di Bottiroli, come si precisava all’inizio, han-
no valore cognitivo. Un forte legame, quindi, intreccia letteratura,
ragione abduttiva e chiave ermeneutica: maggiore è la novità della
conclusione, maggiore sarà lo sforzo richiesto per tornare indietro,
rileggendo il risultato del ragionamento compiuto. La dinamica non
può seguire codici rigidi o regole prefissate, poiché la connessione
fra l’esplicito punto d’arrivo e le sue opache condizioni può essere
stabilita sono in itinere. Ciò significa che la corrispondenza con i det-
tagli sensoriali, pur essenziale, diventa secondaria rispetto al bisogno
di interpretare il momento finale del discorso. È questo il senso del
futuro passato o anticipato di Borges e anche quello della funzione
progettuale della conoscenza, tesa «all’indovinamento, all’anticipazio-
ne, alla previsione, all’ulteriore scoperta, che impone il primato della
teoria rispetto al dato sensoriale, che ha solo valore di inesorabile
riscontro»57. Certo, in un’ottica pragmatica, i vertici astratti del pen-
siero non si contrappongono alle percezioni che, come le figure reto-
riche, sono sempre giudizi abduttivi, dotati di singolare persuasività.
In La forma della spada, in particolare, la teoria sembra coincidere
con il pensiero, con l’ingenium che ridisegna la coerenza testuale in-
franta dalle ferite, dalle aporie, dalle congetture esagerate, dalle pro-
vocazioni ironiche. È, così, che i testi di Borges scoperchiano i tetti
delle più varie discipline, evidenziando il ricco orizzonte del possibile
che presuppongono, lo spettro «di ciò che non è stato né forse sarà
ma che avrebbe potuto essere»58. Il concetto di possibilità, d’altron-
de, non cancella la precisione logica. Per Peirce, infatti, potenziale
significa generale, «[…] indeterminato ma capace di determinazione
in qualsiasi caso speciale»59. Nel caso delle grandezze abnumerali in
cui ogni parte, per quanto minima, ne comprende infinite e così via,
come avviene con i punti di una retta e con la letteratura al quadrato
di Borges, l’impossibilità di contare l’insieme di tutti i numeri interi
non impedisce di averne un’idea distinta, razionale. Ma è interessante
il fondamento offerto dalla logica della continuità a una conoscenza
che supera le frammentazioni individuali: se, infatti, la logica del

56 M.A. Bonfantini, Peirce e l’abduzione, in C. S. Peirce, Epistemologia, in Opere, cit., p.


303.
57 Ibidem, p. 292.
58 I. Calvino, Visibilità, in Lezioni americane, cit., p. 102.
59 C.S. Peirce, The logic of continuity, in Scientific Metaphysics, in Collected Papers of Charles

Sanders Peirce, 1931-1935, trad. it. La logica della continuità, in Metafisica, in Opere, cit., p.
1173.

129
Anna Guzzi

discreto separa un punto da un altro, il regime continuo privilegia la


compresenza indeterminata, e tuttavia determinabile, delle cose. La
finzione di Borges estende proprio questo universo del possibile al
quale è lecito attribuire una fisionomia logica tramite le grandezze di
Peirce e l’ermeneutica abduttiva.
Quest’ultimo assunto forse risponde all’interrogativo che poneva
la prima parte del saggio sulla natura dell’astrazione di Borges e
sulle logiche che interagiscono nel racconto. Le abduzioni al suo
interno sono, contemporaneamente, ragionamenti e metafore capaci
di sintetizzare e trasformare i modelli culturali in gioco, spesso non
separabili dalle forme concrete della memoria borgesiana. L’iden-
tità di Moon e di Shakespeare è la traccia testuale più visibile e
sorprendente di un ritmo profondo che affonda le sue radici nella
genesi intertestuale della narrazione: la parola moon è un suono
che riceve una declinazione visiva (la mezzaluna, la cicatrice) e che,
dimorando nel ricordo dell’autore, si ramifica, acquista l’icasticità di
un personaggio anti-eroico. Quest’ultimo, narrando secondo un’ot-
tica capovolta, disturba la fiducia che, convenzionalmente, il lettore
accorda alla possibilità di identificare la voce e la prospettiva di una
narrazione. Le brutte maniere del paradosso servono per le conse-
guenze interpretative che permettono di ricavare, non per la loro
intrinseca verità. In tale feedback, costituito dagli effetti che si rica-
vano dalla riduzione all’assurdo, è possibile inserire anche la critica
letteraria: l’opera di Shakespeare, dopo La forma della spada, non è
più un’entità chiusa. Diventa, al contrario, un testo aperto, riscritto
e reinterpretato a partire dalla parola moon alla quale la memoria
di Borges dà il dinamismo dell’immaginazione e del trascorrere del
tempo. Questo suono persistente coincide con l’indizio percettivo
che, sia pur approfondito e mutato dalle ramificazioni narrative, non
si oppone al rigore teorico e trova un efficace aggancio nell’ipertro-
fia sensoriale del genere fantastico. Per tali motivi il testo di Borges
rivela una logica più interessante e fluida del dualismo richiamato da
Odifreddi ne Le menzogne di Ulisse:
Fino a quando si ragiona in questo modo si rimane nell’ambito di un pensiero
olistico o monistico, che è l’esatto contrario di quello logico o dualistico. È soltanto
nel momento in cui si separa ciò che Dio ha unito, quando cioè il pensiero divide
diabolicamente l’affermazione dalla negazione e il vero dal falso, che nasce la logica60.

Il pensiero olistico coincide con il monismo? Si limita a negare il


confine vero/falso? Lo studioso commenta il testo cinese del Chuang
Tzu, ricordato anche da Borges:

60 P. Odifreddi, Le menzogne di Ulisse, Milano, Tea, 2004, p. 19.

130
Stili di logica e dettagli percettivi nell’opera di Borges

Scegliamo un momento di massima semplicità: ad esempio, quello del sogno di


Chuang Tzu (Herbert Allen Giles, Chuang Tzu, 1889). Questi, circa ventiquattro
secoli fa, sognò che era una farfalla e non sapeva, destandosi, se fosse un uomo che
aveva sognato d’essere una farfalla o una farfalla che sognava d’essere un uomo. […]
Non sapremo mai se Chuang Tzu vide un giardino sul quale gli pareva di volare o
un mobile triangolo giallo, che senza dubbio era lui, ma sappiamo che l’immagine
fu soggettiva, sebbene fosse la memoria a porgerla61.

Inutile dire quanto l’imperfetta percezione, quel triangolo giallo,


possa facilmente trapassare nell’oro della luna. La logica dei corre-
lativi e la continuità di Peirce permetterebbero di scoprire inedite e
fondate connessioni tra Chuang Tzu e la farfalla, sfruttando lo scon-
certo della loro temporanea identità. In maniera analoga La forma
della spada insegue segrete affinità epistemologiche fra un traditore
materialista e un leggero poeta che coincidono nella misura possibile
della finzione.

Abstract: Logic styles and perceptive details in Borges work

This paper analyses the relationship between the theory of literature and the
rhetoric of argumentation in La forma de la espada (Ficciones), a story by Jorge Luis
Borges, by showing the importance of abductive inference as an element of fiction
and trait-d’union between real perceptions, readings and cultural models. The essay
underlines that there are various textual logic styles which rework and change con-
ventional topics and literary themes, such as poetry, identity and wickedness. Ironic
paradoxes and absurdities of Borges, then, gain an epistemological value: they are
the radical speech that improves Mathesis of Roland Barthes: the literary way that
leads to all knowledge.

Keywords: theory of literature, rhetoric of argumentation, abductive inference,


logic styles, fiction

Anna Guzzi, Liceo scientifico «A. Guarasci» di Soverato, annagzzi@yahoo.it

61 J.L. Borges, Nuova confutazione del tempo, in Altre inquisizioni, cit., p. 1085.

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