Sei sulla pagina 1di 30

I FENOMENI FRANOSI:

ASPETTI GEOMORFOLOGICI,
METODI DI STUDIO E DISTRIBUZIONE
IN ITALIA

Francesco Dramis
Dipartimento di Scienze Geologiche
Università degli Studi “Roma Tre”
I fenomeni franosi Francesco Dramis

in parte gia esistenti (giunti di strato, frat-


1. LE FRANE ture ecc.) e in parte di neoformazione
(Dikau et al., 1996). La massa si allontana
Le frane possono essere genericamente
dalla parete ruotando verso l’esterno e
definite come “movimenti di masse di roccia
facendo perno sulla sua base (il bari-
tenera o litoide, di detrito o di suolo, che si
centro della massa si trova al di sopra
producono lungo un versante allorché gli
del perno di rotazione); l’evoluzione suc-
sforzi gravitativi superano la resistenza dei
cessiva del movimento è analoga a
materiali causandone il distacco e lo sposta-
quella del crollo.
mento verso il basso”. Il termine comprende,
in realtà, diverse categorie di fenomeni che
- Scorrimento rotazionale (rotational slide)
coinvolgono, con modalità differenti (tipo di
- Scorrimento in blocco di una massa di
movimento, velocità, distanza di spostamen-
roccia (rotational rock slide) (Fig. 3), di
to), masse di dimensioni estremamente
detriti grossolani (rotational debris slide)
varie.
(Fig. 4) o di detriti fini (rotational soil slide
I fenomeni franosi sono stati oggetto di
o soil slip) (Fig. 5), lungo superfici di taglio
diverse classificazioni (Vallario, 1992), tra le
singole, multiple o successive, subcirco-
quali le più note sono quelle proposte da
lari in piano e concave verso l’alto (Fig.
Zaruba & Mencl (1969), Nem Wok et al.
6). Nella sua parte distale evolve spesso
(1972) e Varnes (1978). Quest’ultima, tradot-
in colata; la corona può arretrare per
ta in italiano da Carrara et al. (1985), si basa
rotture retrogressive (Brunsden, 1985,
essenzialmente sul tipo di movimento e sulla
Buma & van Asch, 1996 a).
natura dei materiali coinvolti - masse roccio-
se, detriti grossolani e fini (terre); essa utilizza
- Scorrimento traslazionale (translational
dati derivanti essenzialmente da osservazioni
slide) - Scorrimento in blocco di una
geologiche e geomorfologiche di superficie
massa di roccia, di detriti grossolani o di
ed è, pertanto, particolarmente adatta a
detriti fini, lungo una superficie di taglio
studi di carattere territoriale, preliminari ad
(di neoformazione) piana, avente incli-
indagini puntuali più approfondite. Altri sche-
nazione minore di quella del versante,
mi, basati anche sul comportamento geo-
fino a suborizzontale, e spesso impostata
tecnico dei materiali, si debbono a
lungo piani di debolezza preesistenti
Hutchinson (1988) e a Sassa (1985 e 1989).
(predisposti) quali superfici di strato e
Una proposta più recente, ampiamente
altre discontinuità stratigrafiche, faglie,
derivata da quelle di Varnes e Hutchinson, è
fratture (Fig. 7). Più in dettaglio, a secon-
stata messa a punto nell’ambito del
da dell’inclinazione della superficie di
Progetto Europeo EPOCH (Flageollet, ed.,
scorrimento, molto inclinata del primo
1993; Dikau et al., 1996). A questa classifica-
caso e prossima all’orizzontale nel
zione fanno soprattutto riferimento le tipolo-
secondo, queste frane vengono ulterior-
gie di frana di seguito elencate.
mente suddivise in scorrimenti planari e
scorrimenti non rotazionali (Dikau et al.,
- Crollo (fall) - Distacco in blocco di una
1996). I primi si suddividono a loro volta in
massa di roccia (rock fall) (Fig. 1), di
rock slides (nel caso di masse litoidi) (Fig.
detriti grossolani (debris fall) o di detriti
8), debris slides (nel caso di detriti gros-
fini (soil fall) da una parete subverticale,
solani e medi), mudslides (nel caso di
lungo superfici in parte gia esistenti
detriti fini) (Fig. 9); i secondi in scorrimen-
(giunti di strato, fratture ecc.) e in parte
ti in blocco o block slides (nel caso di
di neoformazione; il materiale può muo-
masse litoidi o detriti grossolani) (Fig. 10)
versi in caduta libera, rotolare, rimbalza-
e slab slides (nel caso di detriti fini)
re o scorrere sul pendio (Brunsden, 1985;
(Brundsen & Ibsen, 1996; Corominas,
Flageollet & Weber, 1996).
1996; Ibsen et al., 1996 a e b; Sorriso-
Valvo & Gullà, 1996). Possono rientrare in
- Ribaltamento (toppling) - Distacco in
quest’ultima categoria tipologica
blocco di una massa di roccia (rock
anche i fenomeni di espandimento late-
toppling) (Fig. 2), di detriti grossolani
rale (lateral spreading), spesso lenti ma
(debris toppling) o di detriti fini (soil top-
talvolta molto veloci (nel caso di argille
pling) da una parete subverticale, lungo
sensibili o quick clays), che coinvolgono
superfici subverticali singole o multiple,
masse rocciose coerenti (rock spreads)

- 117 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

e, più raramente, detritiche (debris-soil Ovviamente, come accade per tutte le


spreads), disposte orizzontalmente al di classificazioni, si tratta di rappresentazioni
sopra di una massa tenera (Buma & schematiche di situazioni reali che, nella loro
van Asch, 1996 b; Pasuto & Soldati, discesa lungo il versante, passano non di
1996). La massa soprastante, per effet- rado da una tipologia all’altra (frane com-
to del suo stesso peso, di disarticola in plesse). Tali sono, ad esempio: le valanghe di
blocchi alti e bassi separati da fratture roccia (rock avalanches) (Fig. 18) e le valan-
e trincee, che si allargano progressiva- ghe di detrito (debris avalanches) (Fig. 19),
mente. Nel caso di fenomeni di grandi che si originano da ripidi versanti come crol-
dimensioni, che possono giungere a li o scorrimenti (rispettivamente di roccia e
coinvolgere interi rilievi montuosi (Fig. detrito) ed evolvono subitaneamente in flus-
11), gli espandimenti laterali vengono si detritici ad altissima velocità (Angeli et al.,
classificati tra le deformazioni gravitati- 1996); i flow slide (colata-scorrimento), feno-
ve profonde (Dramis & Sorriso-Valvo, meni estremamente rapidi e pericolosi che
1994). interessano generalmente materiali sciolti
accumulati artificialmente (Ibsen et al., 1996
- Colata o colamento (flow) - Flusso da c). Sono inoltre molto frequenti i casi in cui
lento a estremamente veloce, incana- frane ben definite, come crolli, ribaltamenti
lato o non confinato, di detriti grossola- e scorrimenti, passano a colata nelle loro
ni (colata detritica o debris flow) porzioni terminali.
(Corominas et al., 1996; Dramis et al., Esistono infine frane composte (com-
2002) (Figg. 12-13) o di materiali argillo- pound landslides) che possono contempora-
si (substrato o coperture detritiche fini) neamente inquadrarsi in più di una catego-
(colata di terra o earthflow - colata di ria, come ad esempio le frane roto-traslative
fango o mudflow) (Figg. 14-15) più o (rotational-translational landslides), contrad-
meno saturi d’acqua (Schrott et al., distinte da trincee a forma di graben nella
1996; Guadagno & Perriello Zampilli, parte alta del versante in movimento
2000). Colate lente di terra, definite (Brunsden, 1985), o quelle di grandi dimen-
anche con il termine di soliflusso gene- sioni e a più livelli, caratterizzate dalla con-
ralizzato (Dramis et al., 1979), si svilup- temporanea attivazione di diverse tipologie
pano talora su interi versanti, interes- di movimento (Coltorti et al., 1985; Crescenti
sando le coltri eluvio-colluviali che li ed., 1986).
ricoprono (Bertini et al., 1984 e 1986). Una suddivisione molto semplice ma di
Può essere incluso in questa categoria grande utilità pratica, è quella che raggrup-
tipologica anche il colamento in roccia pa i fenomeni tra frane veloci e frane lente.
(rockflow), deformazione estremamen- Le prime sono molto pericolose per la vita
te lenta del tipo creep (deformazione umana e sono spesso di nuova formazione,
continua dipendente dal tempo) che ripetendosi solo raramente nello stesso
interessa enormi masse litoidi su pendii punto; le seconde sono generalmente meno
di forte rilievo. Quest’ultimo processo è pericolose, consentendo spesso alle persone
responsabile dei fenomeni di deforma- di mettersi in salvo, e sono solo raramente di
zione gravitativa profonda del tipo nuova formazione, presentando piuttosto
sackung (Dramis & Sorriso-Valvo, 1994; una evoluzione a scatti. La distinzione risulta
Dramis et al., 1995; Bisci et al., 1996; particolarmente importante nel caso dei
McCalpin & Irvine, 1995), frequenti sui fenomeni di colate lente e veloci, che pur
versanti montani a forte rilievo e contrad- essendo raggruppati sotto lo stesso termine,
distinti da rigonfiamenti e insaccamenti, hanno un impatto estremamente diverso per
che talora evolvono in trincee e fratture quanto riguarda i rapporti con le vite umane,
aperte (impostate lungo discontinuità data la difficoltà oggettiva di mettersi in
preesistenti o generate ex novo per effet- salvo da questi eventi.
to di scosse sismiche) (Fig. 17). Queste E’ ovvio che, mentre nel caso delle frane
forme possono essere interpretate lente è relativamente agevole delimitarne le
come lente fasi preparatorie di scorri- aree di evoluzione futura, lo stessa operazio-
menti rotazionali in roccia di dimensioni ne non è altrettanto facile per le frane velo-
gigantesche che, tuttavia, solo in pochi ci, dato che è necessario prevedere l’area
casi giungono alla fase di collasso di distacco, le dimensioni e la distanza rag-
(Dramis et al., 1995). giunta dal fenomeno di nuova formazione.

- 118 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

delle diverse tipologie franose, inducendone


2. I FATTORI DELLA FRANOSITÀ il movimento immediatamente o in tempi più
I fattori della franosità vengono distinti in o meno brevi (generalmente maggiori nel
discriminanti, predisponenti e innescanti: i caso dei fenomeni di grandi dimensioni). Essi
primi rendono il versante suscettibile al pro- comprendono, in particolare:
cesso gravitativo, determinandone altresì la
- gli eventi meteorici estremi associati a
tipologia e le dimensioni; i secondi predi-
precipitazioni intense e prolungate e l’in-
spongono i materiali al movimento, modifi-
candone in un arco di tempo più o meno filtrazione d’acqua nel sottosuolo ad essi
lungo le caratteristiche e lo stato degli sforzi collegata, che induce da un lato un
cui sono sottoposti; gli ultimi innescano il pro- significativo aumento del peso specifico
cesso franoso immediatamente o in tempi dei materiali (incremento degli sforzi gra-
brevi. L’importanza e l’effetto dei fattori pre- vitativi) e dall’altro una riduzione della
disponenti e innescanti varia in rapporto ai loro resistenza (incremento delle pressio-
materiali interessati e alla tipologia del feno- ni interstiziali) (Brand et al., 1984; Govi et
meno. al., 1985; Olivier et al., 1994);
- gli eventi sismici di elevata magnitudo le
Sono fattori discriminanti: cui scosse possono indurre sui versanti
- le caratteristiche litologiche e strutturali diversi effetti capaci di attivare movi-
del substrato (natura litologica, sequen- menti franosi (Solonenko, 1977;
ze stratigrafiche, frequenza e distribuzio- Cotecchia, 1986; Dramis et al., 1982;
ne spaziale di giunti di strato, piani tetto- Keefer, 1984; D’Elia et al., 1985; Carton et
nici, fratture); al., 1987; Haizhi, 1989; Prestininzi &
- la natura e gli spessori delle coperture Romeo, 2000; Blumetti & Dramis, in stam-
detritiche e alteritiche (composizione pa). Tra questi, assumono importanza
litologica, granulometria, tessitura); particolare: i fenomeni ciclici di com-
- le condizioni idrogeologiche dei mate- pressione/espansione indotti dallo scuo-
riali (permeabilità, falde sospese, falde in timento e i ripetuti incrementi delle pres-
pressione, livelli sorgentiferi e sorgenti, sioni interstiziali ad essi conseguenti, che
ristagni d’acqua); riducono la resistenza dei materiali fino a
- le condizioni geomorfologiche del ver- causarne la liquefazione nel caso di sab-
sante (energia del rilievo, acclività, profi- bie fini e silt saturi d’acqua (Seed, 1970;
lo longitudinale, profilo trasversale, con- Peck, 1979); le accelerazioni orientate
tropendenze). (fino a oltre 0,5 g nei terremoti più forti)
che possono produrre subitanei aumenti
I fattori predisponenti comprendono con- degli sforzi gravitativi capaci di mobilita-
dizioni e processi i cui effetti destabilizzanti si re sui versanti masse di dimensioni anche
accumulano nel tempo, sommandosi talvol- notevoli in rapporto all’assetto litostruttu-
ta tra loro, fino ad approssimarsi alle soglie di rale e alla durata dello scuotimento; la
innesco delle diverse tipologie franose. Tra fatturazione delle masse rocciose dovu-
questi assumono importanza particolare: ta agli stress tettonici e allo scuotimento
sismico; le deformazioni cosismiche della
- le condizioni climatiche e i relativi pro- superficie topografica (Dramis et al.,
cessi di infiltrazione e di alterazione 1982; Dramis & Blumetti, in stampa);
meteorica (intensità, durata e natura - i processi geomorfologici di erosione o
delle precipitazioni, regimi, eventi estre- accumulo a rapida evoluzione: escava-
mi ripetuti nel tempo); zione alla base di un pendio prodotta da
- i processi morfogenetici (esogeni ed una corrente d’acqua nel corso di una
endogeni) che modificano nel tempo, piena; sovraccarico di un versante per
per erosione e accumulo, le condizioni accumulo eccessivo e rapido di mate-
degli sforzi sul versante; riali (come, ad esempio, nel caso di un
- i fenomeni sismici ripetuti nel tempo e le precedente fenomeno franoso, verifica-
deformazioni tettoniche di superficie; tosi più a monte);
- la copertura vegetale e l’uso del suolo. - la deglaciazione all’interno di valli
modellate da ghiacciai (Panizza, 1973);
I fattori innescanti sono eventi i cui effetti - la degradazione del permafrost su ver-
destabilizzanti superano le soglie di innesco santi di alta montagna (Zimmerman &

- 119 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

Haeberli, 1998; Dramis et al., 1995 b; sta avviene con maggiore velocità,
Harris et al., 2003); come ad esempio nel caso di alcune
- le azioni antropiche: scavo alla base di colate di terra.
un pendio; rapido sovraccarico di un
versante per accumulo di materiali; infil- - Attività intermittente - L’evoluzione
trazione concentrata di acqua nel sotto- avviene “a scatti”, con periodi di stasi,
suolo (come nel caso della rottura di generalmente lunghi, e brevi fasi di atti-
acquedotti o fognature). vità parossistica. Tale comportamento è
comune alla maggior parte dei fenome-
ni franosi lenti del tipo scorrimento e
3. STATO DI ATTIVITÀ DEI colata. La durata dei tempi di evoluzio-
ne è generalmente maggiore nel caso
FENOMENI FRANOSI di frane profonde di grandi dimensioni.

Nell’analisi geomorfologica del territorio e - Attività ad evento unico - Rientrano in


in particolare nello studio delle frane assume questa categoria alcuni fenomeni (non
particolare importanza la definizione dello di rado catastrofici), che esauriscono in
stato di attività dei diversi fenomeni. Spesso, tempi brevi la loro potenzialità di funzio-
però, si tratta di valutazioni particolarmente namento (come ad esempio alcune
difficoltose e complesse, la cui completa rea- frane di crollo o di scorrimento traslazio-
lizzazione deve necessariamente basarsi su nale).
dati (storici, cartografici, fotografici ecc.),
solo in pochi casi disponibili. Differenze esistono anche per le modalità
I fenomeni franosi, come avviene per altri di attivazione (o riattivazione) dei diversi
processi geomorfologici, si differenziano net- fenomeni che possono manifestarsi in modo
tamente tra loro per l’intensità (massa coin- subitaneo (attivazione improvvisa) o progres-
volta x velocità) con cui si manifestano: esi- sivo (attivazione graduale). Tra i primi possia-
stono infatti movimenti gravitativi contraddi- mo annoverare la maggior parte dei crolli e
stinti da livelli di intensità estremamente ele- delle colate di detrito; tra i secondi rientrano
vati, tali da distruggere interi abitati o sbarra- di norma i fenomeni di scorrimento, spesso
re ampie valli fluviali, ad altri i cui effetti sono contraddistinti da fasi preparatorie con evi-
pressoché inavvertibili in tempi brevi (come denti indizi morfologici (fratture di trazione,
avviene ad esempio per il creep in roccia). contropendenze).
Per quanto riguarda il modo in cui l’attività Anche per quanto riguarda la fine dell’at-
si manifesta nel tempo, si possono distinguere tività dei fenomeni possiamo riconoscere dif-
tre casi principali (Dramis & Bisci, 1998): ferenti comportamenti. Si hanno infatti feno-
meni che terminano bruscamente la propria
- Attività continua - L’evoluzione dei feno- evoluzione (come è il caso dei fenomeni di
meni avviene tramite “microscatti” evolu- crollo) ed altri che subiscono un progressivo
tivi, che di volta in volta interessano, con rallentamento nel movimento, fino alla stasi
modalità ed intensità comparabili, porzio- (come avviene spesso nelle colate di terra e
ni (in genere piuttosto ridotte) del versan- di fango).
te, ripetendosi in tempi estremamente Ovviamente, bisogna tener conto del
brevi. Se non intervengono modificazioni fatto che tutte le differenziazioni sopra elen-
ambientali di una certa entità, le forme cate, senza esclusioni, non consentono l’uso
così prodotte tendono, nel loro comples- di classi nette e ben definite ma, al contrario,
so, ad evolvere con velocità relativamen- sfumano gradualmente le une nelle altre;
te costante nel tempo ed a non subire solo in alcuni casi sarà quindi possibile attri-
significativi periodi di stasi. In questo grup- buire ad un fenomeno un comportamento
po rientrano alcuni fenomeni di colamen- ben determinato, mentre più spesso si avrà
to e, in particolare, il creep in roccia un certo grado di indeterminazione e/o di
(Varnes, 1978; Genevois & Prestininzi, soggettività nella classificazione.
1979). In funzione di tali difficoltà, può essere
utile l’uso di una più semplice suddivisione
- Attività alternata - L’attività si esplica in che distingue i fenomeni franosi in attivi s.l. e
modo disomogeneo, con periodi ad evo- inattivi. Va ricordato al proposito che, in linea
luzione lenta alternati ad altri in cui que- di principio, debbono essere considerati atti-

- 120 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

vi quei fenomeni tuttora in grado di evolvere ci (Rib & Liang, 1978; Dikau et al., 1996;
sotto l’azione dello stesso agente che ne ha Dramis & Bisci, 1998), evidenze superficiali di
determinato la genesi (Dramis & Bisci, 1998). valore diagnostico per ciascuna tipologia di
Al contrario, vengono definiti inattivi quegli fenomeno che contraddistinguono i diversi
elementi morfologici (forme e depositi) i cui settori della frana, suddivisi secondo le defi-
agenti genetici non sono più presenti nell’a- nizioni di Dikau et al. (1996):
rea e che richiederebbero modificazioni
ambientali di notevole entità (quali forti - coronamento (crown) - la porzione del
variazioni climatiche o movimenti tettonici o versante ancora in posto, immediata-
gladio-eustatici di grande ampiezza) per mente adiacente al bordo superiore
poter tornare ad intervenire efficacemente. della scarpata principale;
Dato che, a differenza di quanto può - scarpata principale (main scarp) -
avvenire per altri agenti morfogenetici superficie ripida di materiale indisturbato
(acque correnti incanalate, ghiacciai, moto al margine superiore della frana prodot-
ondoso lungo la costa), l’attrazione gravita- ta dal movimento gravitativo;
tiva, agente genetico principale dei feno- - fianchi (flanks) - materiale in posto
meni franosi, è sempre presente nell’area di immediatamente ai lati della frana e
studio, e tenuto conto delle forti variazioni delimitato dalla superficie di rottura,
nel tempo degli agenti innescanti meteoro- spesso in forma di scarpata;
logici e sismici, oltre che del potenziale - testata (head) - la porzione superiore del
impatto antropico, risulta quasi sempre scor- corpo di frana, prossima al contatto con
retto assegnare ad una frana una condizio- la scarpata principale;
ne di inattività, tranne nel caso che tutta la - corpo principale (main body) - la porzio-
sua massa coinvolta realmente esaurito ogni ne di materiale in frana compresa tra la
possibilità di movimenti verso il basso. scarpata principale e il piede);
- piede (foot) -.la porzione di frana che,
avendo superato il limite inferiore della
superficie di rottura, ricopre la superficie
4. METODI DI STUDIO DELLE del terreno antistante);
FRANE - unghia (toe) – il margine inferiore, gene-
ralmente curvo, del materiale franato.

4.1. Riconoscimento Bisogna tuttavia tener conto che le sud-


dette suddivisioni, pienamente valide per le
Il riconoscimento, la classificazione
frane di scorrimento, non sono sempre appli-
(morfografia), l’interpretazione genetica
cabili in toto agli altri tipi di fenomeni gravi-
(morfogenesi), la valutazione dell’età
tativi.
(morfocronologia) e dello stato di attività
(morfodinamica) dei fenomeni franosi sono Di seguito sono elencati gli indicatori geo-
attività specifiche della geomorfologia, indi- morfologici dei diversi tipi di movimenti fra-
spensabili per un inquadramento complessi- nosi seguendo i criteri definiti in precedenza.
vo dei processi e irrinunciabile premessa a
indagini più approfondite e puntuali (geo- Indicatori geomorfologici delle frane di
gnostiche, geotecniche, monitoraggio crollo:
ecc.). In aggiunta alle osservazione dirette e - coronamento -.costituito di roccia allen-
sistematiche effettuate sul terreno, lo studio tata o detrito; ha forma irregolare, spes-
geomorfologico del territorio fa ampio uso so controllata, nel caso di materiali litoi-
dell’interpretazione di coperture aerofoto- di, dal locale sistema di fratture; talora
grafiche e di immagini satellitari oltre che di sono presenti fessure immediatamente
indagini sedimentologiche-stratigrafiche, al si sopra della scarpata principale;
geocronologiche e storiche. - scarpata principale - di norma subverti-
cale, irregolare e priva di vegetazione,
spesso ubicata in corrispondenza di frat-
4.2. Indicatori geomorfologici delle ture o a piani di taglio tettonici; si pre-
diverse tipologie franose senta cosparsa di frammenti e blocchi
rocciosi nel caso di crollo di detriti;
Il riconoscimento delle forme del rilievo si - fianchi - scarpate laterali prive di vege-
basa su una serie di indicatori geomorfologi- tazione e spesso subverticali;

- 121 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

- testata - di norma non ben definita; è lo più discretamente sviluppata in altez-


costituita da un ammasso irregolare di za; può presentare in superficie striature
blocchi e frammenti detritici di diverse e solchi tra la corona e la testata del
dimensioni (anche plurimetriche); si corpo mobilizzato;
trova quasi sempre distante dalla super- - fianchi - scarpate laterali percorse da
ficie di distacco; strie con forte componente verticale in
- corpo principale - superficie irregolare di prossimità della testata e orizzontale nei
blocchi e frammenti detritici di diverse pressi del piede; la loro altezza diminui-
dimensioni (anche plurimetriche) degra- sce gradualmente procedendo verso il
dante dalla base della scarpata verso piede;
valle; - testata - in questo tratto la porzione di
- unghia - accumuli detritici irregolari o versante interessata dal movimento fra-
falda detritica; ampia massa di detriti, di noso presenta un’acclività minore di
forma rilevata e incurvata verso monte, quella originaria e talvolta risulta inclina-
nel caso di fenomeni di imponenti ta verso monte, dando origine a una
dimensioni. depressione al cui interno si possono for-
mare ristagni d’acqua; sono presenti fes-
Indicatori geomorfologici delle frane di sure trasversali, gradini, trincee e blocchi
ribaltamento: rialzati; le giaciture degli strati nel corpo
- coronamento -.costituito di roccia allen- franato risultano diverse da quelle osser-
tata o detrito; ha forma irregolare, spes- vabili nei tratti di versante adiacenti; gli
so controllata, nel caso di materiali litoi- alberi sono inclinati verso monte;
di, dal locale sistema di fratture; talora - corpo principale - il corpo di frana è
sono presenti fessure immediatamente costituito da un ammasso ruotato contro
al si sopra della scarpata principale; monte, spesso indisturbato o suddiviso in
- scarpata principale - di norma subverti- unità minori da piani di taglio secondari;
cale, irregolare e priva di vegetazione, sono presenti fessure longitudinali, rughe di
spesso ubicata in corrispondenza di frat- pressione e, talora, accavallamenti; a volte
ture o di piani di taglio tettonici; si pre- si formano depressioni con ristagni d’acqua;
senta cosparsa di frammenti e blocchi - piede - spesso presenta fessure trasver-
rocciosi nel caso di crollo di detriti; sali verso l’alto e rughe di pressione tra-
- fianchi - scarpate laterali prive di vege- sversali verso il basso; sono frequenti le
tazione e spesso subverticali; nei tratti di zone sollevate mentre non si rinvengono
versante adiacenti, non interessati dalla blocchi di grandi dimensioni; in questo
frana, sono spesso presenti fessure di tratto della frana gli alberi sono inclinati
tensione più o meno beanti e colonne di verso valle;
materiale parzialmente distaccate. - unghia – in questa parte la frana evolve
- corpo principale - costituito, almeno in generalmente in colata (tranne che nel
parte, di grandi blocchi ruotati verso caso di scorrimento in rocce litoidi); gli
valle, talora di dimensioni gigantesche; alberi vengono piegati fino all’orizzonta-
- unghia - accumuli detritici irregolari o le e spesso vengono trasportati mesco-
falda detritica; ampia massa di detriti, di landosi con i materiali detritici in movi-
forma rilevata e incurvata verso monte, mento; spesso l’unghia è quasi rettilinea
nel caso di fenomeni di imponenti ed è contraddistinta da un fronte discre-
dimensioni. tamente ripido.

Indicatori geomorfologici delle frane di Indicatori geomorfologici delle frane di


scorrimento rotazionale: scorrimento traslazionale:
- coronamento - bordato da fessure di - coronamento - bordato da fratture di
tensione più o meno regolari nei mate- tensione più o meno verticali, tendenti a
riali litoidi (condizionate dall’assetto seguire l’andamento del versante;
strutturale), e curve con concavità verso - scarpata principale - quasi verticale
valle nelle rocce argillose e nei materiali nella porzione superiore e quasi piana o
detritici; debolmente inclinata in quella inferiore;
- scarpata principale – priva di vegetazio- - fianchi - basse scarpate tagliate da fes-
ne, ripida, concava verso la frana, sub- sure verticali e usualmente divergenti
verticale nella porzione superiore e per verso valle;

- 122 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

- testata - relativamente indisturbata e - unghia – si espande lateralmente in lobi;


priva di evidenze di rotazione; contrad- nel caso di colata secca può presentare
distinta dalla presenza di blocchi roccio- un fronte ripido alto fino a 1 m.
si e detriti nel caso di scorrimenti planari
di roccia o detriti; Indicatori geomorfologici delle frane di
- corpo principale - comunemente costi- colata rapida (colata di terra):
tuito da singole (o poche) unità indistur- - coronamento - raramente bordato da
bate, eccetto che per la presenza di fratture di trazione;
fessure di tensione con spostamento ver- - scarpata principale - ripida e concava
ticale ridotto o assente; verso la frana; può presentare una varietà
- unghia - accumulo lobato che si espan- di forme: quasi diritta, gentilmente arcua-
de in colata e spesso contiene materiali ta, circolare o a forma di bottiglia;
di varia natura, trasportati dal movimen- - corpo principale - accumulo di detriti fini
to franoso e sepolti nella massa detritica. (terra) di forma conica;
- unghia - caratterizzato dall’espansione
Indicatori geomorfologici degli espandi- di lobi.
menti laterali:
- coronamento - se l’espandimento si rea- Indicatori geomorfologici delle frane di
lizza a partire da un versante, la corona, colata lenta (colata di terra – soliflusso gene-
costituita per lo più di roccia allentata, ralizzato):
presenta una forma irregolare, controlla- - coronamento - raramente bordata da
ta dal locale sistema di fratture; fratture di trazione;
- scarpata principale – se presente, è sub- - scarpata principale – spesso poco evi-
verticale, irregolare, priva di vegetazio- dente; talora si estende sull’intero ver-
ne e fresca; spesso risulta impostata in sante.
corrispondenza di una frattura o di un - fianchi – poco distinti e mal riconoscibili,
piano di faglia; specialmente sul terreno (il loro tracciato
- corpo principale – superficie percorsa può essere dedotto da osservazioni rela-
da fratture e trincee subparallele o tra tive al movimento (ondulazioni, alberi,
loro perpendicolari e spesso beanti, con manufatti);
blocchi alti e bassi del tipo horst-graben. - corpo principale - contraddistinto dalla
Nel caso frequente in cui il fenomeno si presenza di ondulazioni e controtenden-
produca su di una superficie rilevata, cir- ze; a volte è sede di ristagni d’acqua;
condata, del tutto o in parte, da scar- - piede - caratterizzato da espansione a
pate; a partire dal corpo in espansione si lobi; talora molto esteso parallelamente
possono generare fenomeni franosi al versante.
minori di vario tipo.
Indicatori geomorfologici delle deforma-
Indicatori geomorfologici delle frane di zioni gravitative profonde di versante del
colata rapida (di detrito): tipo sackung:
- coronamento - raramente bordato da - coronamento - presenta talora fratture
fratture di tensione; di trazione;
- scarpata principale - tipicamente den- - scarpata principale - se presente, si svi-
tellata o a V nella parte superiore; lunga luppa estesamente sul versante con un
e stretta, priva di vegetazione e comu- tracciato da curvo a subrettilineo; borda
nemente percorsa da strie; di regola una trincea (del tipo graben);
- fianchi – comunemente divergenti in - fianchi – i margini laterali sono general-
direzione del movimento; mente mal distinguibili;
- corpo principale - molto lungo in rappor- - corpo principale - presenta insacca-
to alla larghezza, spesso incanalato menti e trincee nella parte superiore e
nelle vie di drenaggio fluvio-torrentizie; è rigonfiamenti (talora associati a piani di
costituito di blocchi di grandi dimensioni taglio compressivi) in quella inferiore; in
immersi in una matrice di materiali più alcuni casi, si sviluppano sulla sua super-
fini e generalmente disposti in modo flui- ficie fenomeni franosi di dimensioni
dale; minori e di diversa tipologia.

- 123 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

4.3. Valutazione dello stato di atti- direttamente in situ la presenza di chiari ed


inequivocabili sintomi di attività passata
vità e dell’età dei fenomeni franosi quali, ad esempio, quelle che coinvolgono
L’attività di un fenomeno franoso può opere antropiche, come le lesioni e le modi-
essere rilevata con modalità differenti; avre- ficazioni di assetto di manufatti o il loro par-
mo così, a seconda dei casi: attività percet- ziale o totale seppellimento. Questo tipo di
tibile direttamente, attività registrabile per evidenze, pur non fornendo dati precisi sul-
via strumentale o attività ricostruibile. Nel l’età esatta dell’ultima attivazione (a meno
primo caso l’attività si può riconoscere diret- di particolari riferimenti storici), consente di
tamente sul terreno: si tratta ovviamente di stabilire senza tema di smentite che il feno-
fenomeni ad evoluzione sufficientemente meno si è attivato (o riattivato) in tempi suc-
rapida da essere percettibile all’occhio cessivi all’edificazione dei manufatti (data in
umano, come avviene per la maggior parte genere facilmente reperibile o, quantome-
delle frane in movimento, fatta eccezione no, stimabile con discreta approssimazione).
per i fenomeni ad attività continua (creep), il Al contrario, la presenza nell’area interessata
cui movimento è troppo lento. di manufatti privi di lesioni o di altre modifi-
Nel secondo caso l’attività è misurabile che dell’assetto originario consente di deter-
solo tramite appositi strumenti, quali inclino- minare la durata minima dell’ultimo periodo
metri, estensimetri ecc.; si tratta in massima di stasi evolutiva.
parte di fenomeni caratterizzati da una velo- Considerazioni analoghe possono essere
cità di evoluzione lenta, tale cioè da non effettuate anche esaminando la copertura
essere avvertibile direttamente dall’uomo, vegetale dell’area: la presenza, ad esempio,
ma pur sempre capace di produrre effetti di alberi il cui fusto non appare interessato da
rilevabili in tempi relativamente brevi. deformazioni consente di dire che il pendio su
Per quanto riguarda il terzo gruppo, è pos- cui essi crescono non è stato interessato da
sibile distinguere tra i casi in cui l’attività fenomeni significativi di dissesto dopo la loro
recente è desumibile da testimonianze locali nascita, così come la presenza di tronchi
o tramite l’analisi e il confronto di documenti deformati o parzialmente ricoperti da sedi-
cartografici, fotografici e scritti) ed i casi in cui menti testimonia una attività dei fenomeni di
essa è ipotizzabile solo sulla base di argomen- deposizione in tempi successivi alla nascita
tazioni geomorfologico-stratigrafiche. degli alberi. Dal momento che con indagini
Il problema principale connesso con la dendrocronologiche (Gnaccolini & Orombelli,
valutazione dello stato di attività dei fenome- 1972; Pelfini, 1991; Jacoby et al., 1992) è possi-
ni franosi è dato dal fatto che la maggior bile calcolare con buona approssimazione
parte di questi presenta un’evoluzione di tipo l’età delle essenze vegetali, questo metodo
intermittente o alternato; le valutazioni dirette può essere spesso utilizzato con buoni risultati
possono quindi essere relative solo ai periodi, per la datazione assoluta dei fenomeni.
peraltro generalmente brevi, di riattivazione. Dall’analisi di microcarote estratte dal tronco
A questo proposito, risulta utile distinguere tra è inoltre possibile riconoscere e datare con
fenomeni attivi s.s., in atto al momento del accuratezza i momenti di trauma subiti dal-
rilevamento o la cui manifestazione sia stata l’albero a causa delle modifiche di assetto
osservata in precedenza nell’arco di un anno conseguenti ai dissesti.
(Varnes, 1978), dai fenomeni quiescenti, quel- Valutazioni cronologiche possono essere
li cioè che, pur non potendo essere conside- ottenute anche mediante la lichenometria
rati inattivi (secondo la definizione data in (Orombelli & Porter, 1983; Bull et al., 1994).
precedenza), non mostrano alcun sintomo di Questo metodo di datazione, basato sul
movimento nel corso del rilevamento né lo principio che esiste un rapporto tra il diame-
hanno mostrato l’anno precedente. I feno- tro dei licheni presenti sulla superficie di
meni quiescenti saranno pertanto quelli ad blocchi rocciosi (accumuli di crollo o di cola-
attività intermittente, non in atto al tempo del te detritiche) e il tempo in cui questi ultimi
rilevamento e caratterizzati da un tempo di sono rimasti indisturbati.
ritorno più lungo almeno di un anno. Infine, anche semplici evidenze geo-
La valutazione dei tempi di ritorno delle morfologiche (visibili sul terreno e in foto
fasi di riattivazione dei fenomeni franosi può aerea) possono fornire indicazioni sull’attività
essere effettuata, a seconda dei casi, in recente di una frana (Brunsden, 1984;
modi differenti. Crozier, 1984; Dikau et al., 1996). Le più
Innanzitutto, è spesso possibile rilevare importanti tra queste sono:

- 124 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

- scarpate e gradini dai bordi netti; passati. Tale tipo di studio, pur consentendo
- fratture beanti e trincee senza (o con spesso di datare con buona precisione alcu-
poco) materiale di riempimento; ne fasi di attività dei fenomeni, presenta due
- gradini secondari e rughe di pressione limiti di cui è importante tenere conto: innan-
diffusi; zitutto l’evento documentato non è necessa-
- superfici di scorrimento “fresche”, levi- riamente l’ultimo avvenuto (facendo così
gate e percorse da striature; sovrastimare i tempi di riattivazione) ed inoltre
- drenaggio superficiale “sconnesso” con non sarà quasi mai possibile trovare testimo-
ristagni d’acqua; nianze di eventi non catastrofici (ponendo
- assenza di copertura vegetale tranne così un limite all’applicabilità del metodo).
rare piante a rapida crescita; Ai fini della determinazione dell’età del-
- alberi inclinati; l’ultimo periodo attivo, soprattutto nel caso
- nette differenze nelle forme superficiali di fenomeni caratterizzati da riattivazioni
(rugosità, tessitura) rispetto alle aree periodiche molto distanti nel tempo (preva-
adiacenti sullo stesso versante. lentemente fenomeni connessi all’attività
sismica o con eventi meteorici estremi a
Al contrario, una frana ferma da lungo lungo periodo di ritorno), possono risultare
tempo mostra gli aspetti seguenti: utili anche datazioni assolute (metodi radio-
- scarpate e gradini dai bordi smussati; metrici, ecc.) o relative (su base stratigrafica,
- fratture beanti e trincee riempite di pedologica, paleomagnetica ecc.), da
materiale secondario; effettuare sui depositi di accumulo e sui
- gradini secondari e rughe di pressione materiali soprastanti e sottostanti.
assenti o “cancellati”; In definitiva, per una descrizione ottimale
- superfici di scorrimento alterate e vege- dell’attività di un fenomeno, sarebbe neces-
tate; sario disporre dei seguenti elementi principali:
- drenaggio superficiale “integrato” 1) stato di attività (attivo s.s., quiescente,
anche se con pattern irregolare e inattivo, fossile);
depressioni riempite di sedimenti secon- 2) tipo di attività (continua, intermittente,
dari; alternata, unica);
- presenza in superficie di suolo e di 3) datazione dell’inizio dell’attività;
copertura vegetale naturale o coltivata; 4) datazione della fine dell’attività (per i
- alberi a sviluppo verticale più recenti fenomeni inattivi) o dell’ultima attiva-
accanto a quelli più vecchi, inclinati e zione (per i fenomeni quiescenti);
raddrizzati; 5) tempi di ritorno (per i fenomeni ad atti-
- poche (o nessuna) differenze riconosci- vità intermittente o alternata).
bili tra l’area interessata dalla frana e
quelle adiacenti sullo stesso versante e Tale criterio di classificazione, data la
difficoltà a definirne i limiti (specie sul ter- mole di dati richiesti per la sua attuazione e
reno). le difficoltà del loro reperimento, è applica-
bile soprattutto a studi di estremo dettaglio
In molti casi, tuttavia, l’osservazione diret- su singoli fenomeni di particolare interesse. E’
ta non fornisce dati sufficienti a stabilire con quindi necessario adottare schemi che, pur
accettabile certezza lo stato di attività dei agevolando il processo di classificazione,
fenomeni, per cui si rendono necessarie ulte- consentano di definire con sufficiente chia-
riori indagini. Tra queste possono essere ricor- rezza lo stato di attività dei singoli fenomeni
dati i confronti con carte o fotografie realiz- riconosciuti.
zate in epoche diverse; infatti la presenza Ovviamente, per quanto riguarda i feno-
attuale di fenomeni che nei documenti più meni la cui attività si realizza in un evento
antichi erano assenti o meno sviluppati, con- unico, non ha senso parlare di stato di atti-
sente di stabilire che l’ultima attivazione è vità (a rigore è attivo in occasione dell’e-
avvenuta in un tempo compreso tra la rea- vento e successivamente inattivo) né di
lizzazione della carta o della fotografia ed il tempi di ritorno, valutazioni che si possono,
momento del rilevamento. tuttavia, correttamente applicare alle scar-
Altre indagini che possono assumere in pate o ai versanti dai quali prendono origine
alcuni casi una notevole importanza sono i movimenti gravitativi.
quelle storiche, consistenti in ricerche di Nel rilevamento geomorfologico si dovrà
archivio di documenti testimonianti eventi innanzitutto determinare per ciascun feno-

- 125 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

meno il suo stato fondamentale di attività modificazioni a medio termine del paesag-
(attivo s.l. o inattivo) sulla base dei criteri gio. Il secondo limite, corrisponde all’incirca
esposti in precedenza. all’inizio, sia pure in forma sporadica, della
I fenomeni giudicati attivi andranno quin- pratica di registrazione di eventi catastrofici
di suddivisi in base al loro tempo medio di e del rinnovato interesse per i fenomeni
ritorno; per tali fenomeni potremo, ad esem- naturali.
pio, utilizzare le seguenti classi: Il criterio di classificazione qui discusso,
a) continui seppure semplificato rispetto a quello otti-
b) stagionali (tempi di ritorno minori di 1 male, permette comunque una accettabile
anno); valutazione dell’evoluzione geomorfologica,
c) frequenti (tempi di ritorno compresi tra passata ed in atto, dell’area di studio.
1 e 10 anni); Dal punto di vista della pratica cartografi-
d) a medio termine di ricorrenza (tempi di ca (Dramis & Bisci, 1998), i diversi stati fonda-
ritorno compresi tra 10 e 100 anni); mentali di attività rilevati (fenomeno attivo o
e) a lungo termine di ricorrenza (tempi di inattivo) andranno rappresentati tramite due
ritorno compresi tra 100 e 1000 anni); sfumature differenti del colore indicativo del-
f) a lunghissimo termine di ricorrenza l’agente morfogenetico principale respon-
(tempi di ritorno maggiori di 1000 anni). sabile dell’evoluzione del fenomeno, con
modalità del tutto analoghe a quelle propo-
Secondo le definizione date in preceden- ste da buona parte delle legende geo-
za, le prime due classi raggruppano i feno- morfologiche italiane (Panizza, 1972;
meni attivi s.s. mentre le altre comprendono Pellegrini, 1975; Dramis et al., 1979; GNGFG.,
i fenomeni che si possono definire quiescen- 1986 e 1994).
ti. Questi ultimi potranno essere distinti in Per la rappresentazione grafica delle
base al tempo trascorso dall’ultima fase di diverse classi di tempo di ritorno (fenomeni
attività fino al momento del rilevamento; attivi) o di età di ultima attivazione (fenome-
tale stima consentirà di inquadrare il feno- ni inattivi), al fine di non complicare troppo
meno in una delle seguenti classi: la lettura della carta, si propone di apporre
a) attuale (minore di 200 anni) in prossimità del simbolo relativo al fenome-
b) recente (200 – 1000 anni) no, una lettera corrispondente alla situazio-
c) dell’Olocene antico (1000 – 10.000 ne rilevata.
anni) In rilevamenti di minor dettaglio (come è
d) del Pleistocene superiore-medio in genere il caso di quelli estesi su aree assai
(10.000 – 700.000 anni) ampie e finalizzati alla produzione di docu-
e) del Pleistocene inferiore (700.000 anni menti cartografici a grande scala) è ancora
– 2.000.000 di anni) possibile passare ad ulteriori semplificazioni.
f) pre-Quaternario (maggiore di 2.000.000 Una prima possibilità deriva da una schema-
di anni) tizzazione del metodo sopra descritto, in cui
ci si limita alla divisione in fenomeni attivi s.s.,
Quest’ultima suddivisione ha il vantaggio quiescenti ed inattivi, senza specificare il
di non richiedere in genere lunghi tempi e tempo di ritorno medio (per le prime due
gravi difficoltà per la sua realizzazione. Essa classi) e l’età dell’ultima attivazione (per le
può essere applicata anche ai rari fenomeni ultime). Le carte così realizzate, pur nella loro
ormai inattivi, qualora si voglia collocare nel semplicità, potranno comunque fornire indi-
tempo la loro ultima attivazione.
cazioni di massima non trascurabili.
A parte i limiti di intervallo di significato
Dal punto di vista puramente cartografi-
geologico, quelli di 200 e 1000 anni non sono
co questa soluzione offre il vantaggio che
puramente arbitrari, ma sono stati scelti sulla
tali carte potranno comunque in seguito
base di motivazioni pratiche. Il primo com-
essere trasformate nella versione di maggior
prende gli ultimi importanti episodi della pic-
dettaglio (dopo un nuovo e più accurato
cola età glaciale (ovverosia, gli ultimi impor-
rilevamento) semplicemente aggiungendo
tanti cambiamenti climatici) e corrisponde
per ciascun fenomeno un’opportuna lettera
all’inizio della “storia contemporanea”
dell’alfabeto, senza per questo dover neces-
(Castiglioni, 1989). Inoltre, a tale periodo
vanno riferite le prime carte topografiche sariamente ridisegnare il tutto (o, nel caso
pubblicate nel nostro paese che, nonostan- auspicabile di una informatizzazione dei
te l’incompletezza dei dettagli, costituiscono dati, modificare sostanzialmente la banca
tuttavia un’utile base per valutazioni sulle dati georeferenziata).

- 126 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

Un’ultima semplificazione, basata su criteri geologico del substrato e delle formazioni


differenti, potrebbe consistere nella suddivi- superficiali dell’area. In questo ambito parti-
sione dei fenomeni sulla base del loro stato di colare attenzione deve essere posta sulle
attività in un periodo predefinito; si avranno caratteristiche sedimentologiche dei depositi
così due classi: una in cui ricadono i fenome- superficiali e sul loro stato di alterazione, di
ni che hanno manifestato la loro attività grande utilità per la comprensione della
(quale che sia stata la sua tipologia) durante genesi dei fenomeni geomorfologici e per la
tale periodo, ed un’altra in cui verranno previsione delle loro modalità evolutive.
accorpati quelli che nel medesimo lasso di Terminate le operazioni di campagna, è
tempo non hanno mai mostrato evidenze di opportuno riesaminare ancora una volta tutta
attività. Per quanto riguarda la scelta del l’area alle foto aeree, così da effettuare una
periodo di riferimento si potrebbe ad esempio definitiva delimitazione delle diverse situazioni
scegliere, per le ragioni esposte in preceden- geomorfologiche osservate sul terreno.
za, quello relativo agli ultimi 200 anni. Questa Per quello che riguarda lo svolgimento di
ultima semplificazione ha il vantaggio di con- una cartografia caratterizzata in senso appli-
sentire una maggiore agilità di rilevamento e, cativo, può essere opportuno arricchire i dati
almeno per le aree non interessate da feno- di terreno con indagini di sottosuolo, quali
meni connessi ad agenti sismici, tettonici e sondaggi meccanici e geofisici (geoelettrici
vulcanici (o comunque a lungo tempo medio e sismici), oltre che di prove geotecniche di
di ritorno), è in grado di fornire documenti laboratorio (Centamore et al., 1981) e deter-
cartografici di un’accettabile validità. minazioni strumentali degli eventuali movi-
menti in atto. Di grande utilità può anche
risultare la rappresentazione grafica di effet-
4.4. Cartografia e inventario delle ti deformativi subiti da edifici ed altri manu-
fatti (Coltorti et al., 1986).
frane
In tutti i progetti di gestione territoriale è
indispensabile poter disporre di un inventario 5. DISTRIBUZIONE DELLE
e di una rappresentazione cartografica delle
frane: i dati relativi costituiscono infatti la FRANE IN ITALIA
base per ogni valutazione della pericolosità
e del rischio associati a movimenti franosi Le frane sono particolarmente diffuse in
(Cotecchia, 1978). In una prospettiva più Italia (Canuti et al., 1988; Catenacci, 1992;
ampia, è opportuno realizzare per l’area di Dramis et al., 1998; Dramis & Prestininzi, 2004)
studio una carta geomorfologica di detta- a causa della elevata energia del rilevo con-
glio, nella quale i fenomeni franosi vengono seguente al sollevamento recente che ha
inquadrati in un contesto morfodinamico interessato gran parte del suo territorio
completo (processi di erosione e di accumu- (Dramis, 1992; D’Agostino et al., 2001; Bartolini
lo destabilizzanti, assetto lito-strutturale del et al., 2003), della litologia del substrato, costi-
substrato, coperture, uso del suolo). tuito da rocce in gran parte tenere, spesso
Le tecniche di rilevamento delle carte densamente fratturate (Canuti, 1983), e della
geomorfologiche di dettaglio sono ormai frequente incidenza di fattori di innesco, quali
standardizzate (Demek, ed., 1972; Panizza, le scosse sismiche di elevata magnitudo
1972; Brancaccio et al., 1994; Dramis et al., (Favali & Gasparini, 1985) e gli eventi meteo-
1995; Dramis & Bisci, 1998). Usando come rologici estremi (Mazzolai, 1980). Un significati-
base una carta topografica di scala ade- vo contributo alla franosità del territorio è
guata, viene dapprima eseguita l’analisi anche dovuto all’impatto delle attività antro-
aerofotografica dell’area (usando preferibil- piche, protrattosi nell’arco dei millenni ma
mente fotografie a scala vicina a quella enormemente più intenso ed efficace nei
della carta). Successivamente le forme ven- tempi più recenti (Dramis et al., 1993).
gono osservate direttamente e sistematica- Sugli alti versanti montani, modellati dal-
mente sul terreno, con particolare attenzio- l’erosione fluviale e glaciale, sono comuni le
ne a quegli elementi non visibili sulla foto ma deformazioni gravitative profonde che talo-
di importanza fondamentale per la com- ra evolvono in movimenti franosi di enormi
prensione dei fattori genetici e dei meccani- dimensioni (Sorriso-Valvo, 1979; Dramis et al.,
smi evolutivi delle stesse. Nella medesima 1985; Crescenti et al., 1994; Dramis & Sorriso-
occasione viene effettuato il rilevamento Valvo; 1994; Dramis et al., 1995 a). Grandi

- 127 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

frane si manifestano anche sui versanti 2000, Piemonte-Valle d’Aosta 2000), respon-
generati da faglie normali o da tettonica sabile di un gran numero di vittime oltre che
compressiva (Dramis et al., 1995; Crescenti di pesantissimi danni, il governo italiano ha
et al., 1994; Dramis & Sorriso-Valvo, 1994; emesso il Decreto n. 365/2000, noto come
Dramis et al., 1995 e 2002). Molti di questi “Decreto Soverato” per effetto del quale le
fenomeni sono contraddistinti da una evolu- Autorità di Bacino sono tenute a investire
zione “a scatti”, con brevi fasi di riattivazio- risorse finanziarie per realizzare inventari
ne, legate all’incidenza di fattori di innesco delle frane, modelli di ricorrenza (30, 50, 200
sismico o meteorologici, e lunghi intervalli di anni) di eventi meteorici innescanti e carto-
inattività. Nelle valli alpine, il ritiro dei ghiac- grafie di dettaglio dei dissesti con l’obiettivo
ciai pleistocenici e la conseguente perdita di valutare i livelli di rischio delle aree costrui-
di supporto laterale ai versanti hanno deter- te e di quelle di futuro sviluppo.
minato condizioni particolarmente favorevo-
li all’attivazione di frane in materiali morenici
e nel substrato, specialmente dove quest’ul-
timo era fratturato dalla tettonica o defor-
mato dalla pressione glaciale (Panizza,
1973). Negli ultimi anni, è stato inoltre messo
in evidenza il ruolo della degradazione del
permafrost nell’innesco di frane in alta mon-
tagna (Dramis et al., 1995 b; Harris et al.,
2003).
Il rischio da frana, che spesso coinvolge
vite umane, è reso particolarmente elevato
dall’alta densità della popolazione presente
nelle valli montane o concentrata in insedia-
menti urbani posti alla sommità di rilievi colli-
nari modellati in rocce tenere. Singole abita-
zioni, villaggi e, talora, interi insediamenti
urbani sono ubicati in area ad alto livello di
pericolosità, quali corpi di frana quiescenti o
conoidi alluvionali messi in posto da ricorren-
ti fenomeni di colate di detrito, terra o fango.
Le ragioni di queste ubicazioni improprie
sono da ricercare, solo in parte, in scelte
erronee fatte nel lontano passato, ma sono
più spesso legate a piani di sviluppo più
recenti, spesso realizzati nella totale ignoran-
za dei possibili condizionamenti ambientali
e, talora, in modo del tutto abusivo. Inoltre, i
ripetuti condoni edilizi, hanno avuto come
risultato il semplice trasferimento delle
responsabilità finanziarie dai costruttori alla
comunità nazionale.
Secondo un rapporto del Ministero dei
Lavori Pubblici, nel periodo 1945-90, le frane
hanno fatto 2447 vittime. Tra gli eventi cata-
strofici più recenti sono ben noti quelli del
Vajont (Müller, 1964), della Valpola (Dramis et
al., 1995b) e di Sarno (Celico & Guadagno,
1998; Guadagno & Perriello Zampilli, 2000).
Nel 1970 vennero dichiarati ufficialmente
instabili 1804 centri e 304 di questi furono
obbligatoriamente evacuati.
Dopo la catastrofica sequenza di alluvio-
ni e frane dell’ultimo decennio (Piemonte
1994, Versilia 1996, Sarno 1998, Soverato

- 128 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

Brundsen D. & Ibsen M.-L. (1996). Mudslide.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI In: Dikau R., Brunsden D., Schrott L. & M.-
L. Ibsen, eds. - Landslide recognition,
Angeli M.G., Gasparetto P., Menotti R.M.,
John Wiley & Sons, Chichester, 103-119.
Pasuto A. & Soldati M. (1996). Rock ava-
lanche. In: Dikau R., Brunsden D., Schrott L. Bull W.B., King J., Kong F., Montoux T &
& M.-L. Ibsen, eds. - Landslide recognition, Phillips W.M. (1994). Lichen dating of
John Wiley & Sons, Chichester, 190-201. coseismic landslide hazard in alpine
mountains. Geomorphology, 10, 253-
Bartolini C., D’Agostino N. & Dramis F.
264.
(2003). Topography, exhumation, and
drainage network evolution of the Buma J. & van Asch T. (1996 a). Slide (rota-
Apennines. Episodes, 23 (3), 212-217. tional). In: Dikau R., Brunsden D., Schrott
L. & M.-L. Ibsen, eds. - Landslide reco-
Bertini T., Cugusi F., D’Elia B. & Rossi-Doria M.
gnition, John Wiley & Sons, Chichester,
(1984). Climatic conditions and slow
43-61.
movements of colluvial covers in central
Italy. IV International Symposium on Buma J. & van Asch T. (1996 b). Soil (debris)
Landslides, Toronto, vol. 1, 367-376. spreading. In: Dikau R., Brunsden D.,
Schrott L. & M.-L. Ibsen, eds. - Landslide
Bertini T., Cugusi F., D’Elia B. & Rossi-Doria M.
recognition, John Wiley & Sons,
(1986). Lenti movimenti di versante
Chichester, 137-148.
nell’Abruzzo adriatico: caratteri e criteri
di stabilizzazione. XVI Convegno Canuti P. (1983). Ambienti geologici investi-
Nazionale di Geotecnica, Bologna, vol. gati nell’ambito del Subprogetto
1, 91-100. “Fenomeni Franosi”. Atti del Convegno
Conclusivo - P.F. “Conservazione del
Bisci C., Dramis F., Cecili A. & Cipolloni C.
Suolo”, Roma 1982, C.N.R., 227-234.
Zonation of landslide susceptibility in
Italy at a medium scale based on hie- Canuti P., Cascini L., Dramis F., Pellegrino A.
rarchic geomorphometric analysis. In & Picarelli L. (1988). Landslides in Italy:
preparazione. occurrence, analysis and control.
Selected Papers of the International
Bisci C., Dramis F. & Sorriso-Valvo M. (1996).
Workshop on Natural Hazards, Perugia,
Sackung (rock flow/sagging). In: Dikau
1988, 165-184.
R., Brunsden D., Schrott L. & M.-L. Ibsen,
eds. - Landslide recognition, John Wiley Carrara A., D’Elia B. & Semenza E. (1983).
& Sons, Chichester, 12-28. Classificazione e nomenclatura dei
fenomeni franosi. Geologia Applicata e
Brancaccio L., Castiglioni G.B., Chiarini E.,
Idrogeologia, 18 (3), 201-221.
Cortemiglia G., D’Orefice M., Dramis F.,
Graciotti R., La Posta E., Lupia Palmieri Carton A., Dramis F. & Sorriso-Valvo M.
E., Onorati G., Panizza M., Pannuzi L., (1987). Earthquake landforms: observa-
Papasodaro F. & Pellegrini G.B. (1994). tions after recent Italian and Algerian
Carta geomorfologica d’Italia - seismic events. Zeitschrift für
1:50.000. Guida al rilevamento. Geomorphologie, N.F., Suppl. Bd. 63,
Quaderni del Servizio Geologico 149-158.
Nazionale, ser. III, vol. 4, 42 pp. Catenacci V. (1992). Il dissesto idrogeologi-
Brand E.W., Premchitt J. & Philipson H.B. co e geoambientale in Italia dal dopo-
(1984). Relationship between rainfall and guerra al 1990. Memorie Descrittive
landslides in Hong Kong. Proceedings of della Carta Geologica d’Italia 47,
Servizio Geologico Nazionale, Roma,
the 4th International Symposiun on
301 pp.
Landslides, Toronto, vol. 1, 377-384.
Castiglioni G.B. (1989). Cartografia geolo-
Brundsen D. (1984). Mudslides. In: Brunsden
gica del Quaternario e cartografia geo-
D. & Prior D.B., eds. – Slope instability,
morfologica. Un confronto in base a
John Wiley & Sons, Chichester, 363-418.
ricevuti saggi realizzati negli Abruzzi.
Brundsen D. (1985). Landslide types, Geografia Fisica e Dinamica
mechanisms, recognition, identification. Quaternaria, 12, 520-535.
In: Morgan C.S., ed. - Landslides in the
Celico P. & Guadagno F.M (1998).
South Wales Coalfield, The Poly of
L’instabilità delle coltri piroclastiche
Wales, 19-28.
delle dorsali carbonatiche in

- 129 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

Campania: attuali conoscenze. ted gravitational slope deformations


Quaderni di Geologia Applicata 5 (1), and large-scale landslides in Italy,
129-188. Special Volume for the 7th International
Centamore E., Cherubini C., Di Eusebio L., Congress of the International
Dramis F., Gentili B., Marchetti P. & Association of Engineering Geology,
Pontoni F. (1981). Cartografia geo- Lisboa, 1994, Dipartimento di Scienze,
morfologica a indirizzo applicativo: un Storia dell’Architettura e Restauro,
esempio nell’area marchigiana. Università “G. D’Annunzio”, Pescara,
Bollettino dell’Associazione Italiana di Italy, 71 pp.
Cartografia, 53, 11-15. Crozier M.J. (1984). Field assessment of
Coltorti, M., Dramis, F., Gentili, B. and slope instability. In: Brunsden D. & Prior
Pambianchi, G. (1985). The December D.B., eds. – Slope instability, John Wiley
1982 Ancona landslide: a case of deep- & Sons, Chichester, 103-142.
seated gravitational slope deformation D’Elia B., Esu F., Pellegrino A. & Pescatore
evolving at unsteady rate. Zeitschrift für T.S. (1985). Some effects on natural
Geomorphologie, N.F. 29(3), 335-345. slope stability induced by the 1980
Coltorti M., Dramis F., Gentili B., Pambianchi Italian earthquake. International
G. & Sorriso-Valvo M. (1986). Aspetti Conference on Soil Mechanics and
geomorfologici. In: Crescenti U., ed. - La Foundation Engineering, San Francisco,
grande frana di Ancona, Studi IV, 1943-1948.
Geologici Camerti, vol. spec., 29-39. D’Agostino N., Dramis F., Funiciello R. &
Corominas J. (1996). Debris slide. In: Dikau Jackson J.A. (2001). Interactions
R., Brunsden D., Schrott L. & M.-L. Ibsen, between mantle upwelling, drainage
eds. - Landslide recognition, John Wiley evolution and active normal faulting:
& Sons, Chichester, 97-102. an example from the central Apennines
Corominas J., Remondo J., Farias P., (Italy). Geophysical Journal
Estevao M,. Zézere J., Díaz de Terán J., International, 147, 475-497.
Dikau R., Schrott L., Moya J. & González Demek J., ed. (1972). Manual of detailed
A. (1996). Debris flow. In: Dikau R., geomorphological mapping.
Brunsden D., Schrott L. & M.-L. Ibsen, Academia, Prague, 344 pp.
eds. - Landslide recognition, John Wiley Dikau R., Brunsden D., Schrott L. & Ibsen
& Sons, Chichester, 161-180. M.L., eds. (1996). Landslide recognition.
Cotecchia, V. (1978). Systematic recon- John Wiley & Sons, Chichester, 251 pp.
naissance mapping and registration of Dikau R., Schrott L. & Dehn M. (1996).
slope movements. Bulletin of the Topple. In: Dikau R., Brunsden D., Schrott
International Association of Engineering L. & M.-L. Ibsen, eds. - Landslide reco-
Geology, 17, 5-37. gnition, John Wiley & Sons, Chichester,
Cotecchia V. (1986). Ground deformations 29-41.
and slope instability produced by the Dramis F. (1992). Il ruolo dei sollevamenti
earthquake of 23 November 1980 in tettonici a largo raggio nella genesi del
Campania and Basilicata. Proceedings rilievo appenninico. Studi Geologici
of the International Symposium on Camerti, vol. spec. 1992/1, 9-15.
Engineering Geology Problems in
Dramis F. & Bisci C. (1998). Cartografia geo-
Seismic Areas, Bari, 1986, vol. 5, 31-100.
morfologica. Manuale di introduzione al
Cotecchia, V., Travaglino, G. and rilevamento ed alla rappresentazione
Melidoro, G. (1969). I movimenti franosi degli aspetti fisici del territorio. Pitagora
e gli sconvolgimenti della rete idrografi- Editrice, Bologna, 215 pp.
ca prodotti in Calabria dal terremoto
Dramis F., Bisci C. & Fazzini M. (1998). Una
del 1783. Geologia Applicata e
frana chiamata Italia. Scienza Nuova, 1
Idrogeologia, 4, 1-24.
(4), 73-76.
Crescenti, U., ed. (1986). La grande frana
Dramis F. & Blumetti A.M. Some considera-
di Ancona del 13 dicembre 1982. Studi
tions about seismic geomorphology
Geologici Camerti, vol. spec., 146 pp.
and paleoseismology. Tectonophysics,
Crescenti U., Dramis F, Prestininzi A. & in stampa.
Sorriso-Valvo M., eds. (1994). Deep-sea-

- 130 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

Dramis F., Farabollini P., Gentili B. & in southern-central Italy: geomorpholo-


Pambianchi G. (1995a). Neotectonics gical framework, triggering factors, tem-
and large-scale gravitational pheno- poral evolution, and impact on human
mena in the Umbria-Marche Apennines, settlements, Pre-Congress B8, 32nd
Italy. In: Slaymaker O., ed. - Steepland International Geological Congress,
Geomorphology, 199-217, John Wiley & Florence, Field Trip Guides, vol. 1 (PR01
Sons, Chichester. to B15), B8.3-B8.8,
Dramis F., Genevois R., Prestininzi A., Dramis F. & Sorriso-Valvo M. (1994). Deep-
Lombardi F. & Cognigni L. (1982). seated gravitational slope deforma-
Surface fractures connected with the tions, related landslides, and tectonics.
Southern Italy earthquake (November Engineering Geology, 38 (3-4), 231-243.
1980). Distribution and geomorphologi-
Dramis F., Tropeano D. & Turconi L. (2002).
cal implications. Proceedings of the 4th Piene torrentizie dell’ottobre 2000 nelle
Congress of the International Alpi Nord Occidentali. Altri insegnamen-
Association of Engineering Geology, ti sull’importanza dell’analisi geomorfo-
New Delhi, vol. 8, 55-66. logica abbinata all’indagine storica
Dramis F., Gentili B, Pambianchi G. & nelle attività di prevenzione. Atti dei
Aringoli D. (2002). La morfogenesi gravi- Convegni Lincei, 181, 13-32.
tativa nel versante adriatico marchigia- Favali P. & Gasparini C. (1985). Campi di
no. Studi Geologici Camerti, n.s. 1., 103- stress nel bacino mediterraneo derivan-
125. ti dallo studio di meccanismi focali. III
Dramis F., Gentili B. & Pieruccini U. (1979). Convegno del Gruppo Nazionale di
La carta geomorfologica del medio Geofisica della Terra Solida, Roma,
bacino del Tenna (Marche centro- meri- 1984, 1169-1183.
dionali). Geologia Applicata e Flageollet J.-C., ed. (1993). Temporal
Idrogeologia, 14 (2), 197-204. occurrence and forecasting of landsli-
Dramis F., Gentili B., Rodolfi G., Bisci C., Di des in the European Community. Final
Eusebio F. & Pambianchi G. (1993). Report of the EPOCH EC Programme, 3
Ancient and historic landsliding in villa- voll., European Commission, Science
ges of Marche Region and of Tosco- Research Development.
Romagnolo Apennine. In: Flageollet J.- Flageollet J.-C. & Weber D. (1996). Fall. In:
C., ed. - Temporal Occurrence and Dikau R., Brunsden D., Schrott L. & M.-L.
Forecasting of Landslides in the Ibsen, eds. - Landslide recognition, John
European Community, Final Report of Wiley & Sons, Chichester, 150-160.
the EPOCH EC Programme, vol. 2, 871-
Genevois R. & Prestininzi A. (1979). Time-
888.
dipendent behaviour of granitic rocks
Dramis F., Govi M., Guglielmin M. & Mortara related to their alterative grade.
G. (1995). Mountain permafrost and International Congress on Rock
slope instability in the Italian Alps. The Mechanics, Montreux 1979, 153-159.
case of the Val Pola landslide.
Gnaccolini M. & Orombelli G. (1972). La
Permafrost and Periglacial Processes, 6,
dendrocronologia come mezzo per la
73-82.
datazione di frane avvenute nel recen-
Dramis F., Lupia Palmieri E., Palmentola G. te passato. Bollettino della Società
& Pellegrini G.B., eds. (1995). Carta geo- Geologica Italiana, 91, 325-344.
morfologica del Bacino del Trionto.
GNGFG - Gruppo Nazionale Geografia
S.EL.CA., Firenze.
Fisica e Geomorfologia (1986). Ricerche
Dramis F., Maifredi P. & Sorriso-Valvo M. geomorfologiche nell’alta Val di Pejo
(1985). Deformazioni gravitative profon- (Gruppo del Cevedale). Geografia
de di versanti. Aspetti geomorfologici e Fisica e Dinamica Quaternaria, 9 (2),
loro diffusione in Italia. Geologia 137-191.
Applicata e Idrogeologia, 20 (2), 377-
GNGFG - Gruppo Nazionale Geografia
390.
Fisica e Geomorfologia (1994). Proposta
Dramis F. & Prestininzi A. (2004). Landslides di legenda geomorfologica ad indirizzo
in Italy. In: Dramis F. & Fubelli G., eds. – applicativo. Geografia Fisica e
Large scale gravitational phenomena

- 131 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

Dinamica Quaternaria, 16 (2), 129-152. earthquakes. Bulletin of the Geological


Govi, M., Mortara, G. and Sorzana, P.F. Society of America, 95, 406-421.
(1985). Eventi idrologici e frane. McCalpin J.P. & Irvine J.R. (1995).
Geologia Applicata e Idrogeologia, 20 Sackungen at Aspen Highlands Ski
(2), 359-375. Area, Pitkin County, Colorado.
Guadagno F.M. & Perriello Zampilli S. Environmental and Engineering
(2000). Triggering mechanisms of the Geoscience, 1 (3), 277-290.
landslides that invested Sarno, Quindici, Mazzolai P. (1980). Esame preliminare del-
Siano and Bracigliano (South Italy on l’influenza delle condizioni pluviometri-
May 5-6, 1998). In: Bromhead E., Dixon che e delle sistemazioni idrauliche sui
N. & Ibsen M.L., eds. - Landslides in fenomeni di dissesto franoso in Trentino.
research, theory and practice, pp. 671- XIV Convegno Nazionale di
676, 8th International. Symposium on Geotecnica, Firenze, 277-281.
Landslides, Cardiff. Müller L. (1964). Rock slide in the Vajont val-
Haizhi Z. (1989). The geological characteri- ley. Rock Mechanics and Engineering
stics of landslides induced by earth- Geology, 2, 148-212.
quake in China. Proceedings of the Nem_ok A., P_sek J. & Rybár J. (1972).
Japan-China Symposium on Landslides Classification of landslides and other
and Debris Flows, Niigata - Tokyo, 1989, mass movements. Rock Mechanics, 4
161-168. (2), 71-78.
Harris C., Vonder Mühll D., Isaksen K., Haeberli Olivier M., Bell F.G. & Jermy C.A. (1994). The
W., Sollid J.L., King L., Holmlund P., Dramis F. effect of rainfall on slope failure, with
Guglielmin M. & Palacios D. (2003). examples from the greater Durban
Warming Permafrost in European area. Proceedings of the 7th Congress
Mountains. Global and Planetary of the International Association of
Change, 33 (3-4), 215-225. Engineering Geology, Lisboa, 1629-
Hutchinson J.N. (1988) – Morphological and 1636.
geotechnical parameters of landslides Orombelli G. & Porter S.C. (1983). Lichen
in relation to geology and hydrology, growth curves for the southern flank on
general report, In: Bonnard C., ed. - the Mont Blanc Massif, Western Italian
Landslides, Proceedings of the 5th Alps. Artic and Alpine Research, 15, 193-
International Symposium on Landslides, 200.
Lausanne, vol. 1, 3-35. Panizza M. (1972). Schema di legenda per
Ibsen M.-L., Brunsden D,, Bromhead E. & carte geomorfologiche di dettaglio.
Collison A. (1996 a). Block slide. In: Dikau Bollettino della Società Geologica
R., Brunsden D., Schrott L. & M.-L. Ibsen, Italiana, 91, 207-237.
eds. - Landslide recognition, John Wiley Panizza M. (1973). Glacio-pressure implica-
& Sons, Chichester, 64-77. tions in the production of landslides in
Ibsen M.-L., Brunsden D., Bromhead E. & the Dolomitic area. Geologia Applicata
Collison A. (1996 b). Slab slide. In: Dikau e Idrogeologia, 8, 289-297.
R., Brunsden D., Schrott L. & M.-L. Ibsen, Pasuto A. & Sodati M. (1996). Rock sprea-
eds. - Landslide recognition, John Wiley ding. In: Dikau R., Brunsden D., Schrott L.
& Sons, Chichester, 78-84. & M.-L. Ibsen, eds. - Landslide recogni-
Ibsen M.-L., Brunsden D,, Bromhead E. & tion, John Wiley & Sons, Chichester, 122-
Collison A. (1996 c). Flow slide. In: Dikau 136.
R., Brunsden D., Schrott L. & M.-L. Ibsen, Peck R.B. (1979). Liquefaction potential: scien-
eds. - Landslide recognition, John Wiley ce vs. practice. Proceedings of the
& Sons, Chichester, 202-211. American Society of Civil Engineers,
Jacoby G.C., Williams P.L. & Buckley B.M. Journal of the Geotechnical Engineering
(1992). Tree-ring correlation between Division, 105, 393-398.
prehistoric landslides and abrupt tecto- Pelfini M. (1991). Dendrogeomorphology: its
nic events in Seattle, Washington. contribution to dating geomorphic
Science, 258, 1621-1623. events. In: Panizza M., Soldati M &
Keefer D.K. (1984). Landslides caused by Coltellacci M.M. eds. - European

- 132 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

Experimental Course on Applied 1996 event. SINET, Ethiopian Journal of


Geomorphology. vol. 2, Proceedings, Science, 22(1), 127-140.
Istituto di Geologia, Università di Vallario A. (1992). Frane e territorio. Liguori
Modena, 61-64. Editore, Napoli, 548 pp.
Pellegrini G.B. (1975). Carta geomorfologi- Varnes D.J. (1978). Slope movements types
ca del bacino del T. Valda (Prealpi and processes. In: Schuster R.L. & Krizek
dell’Alpago). Litografia Artistica R.S., eds. - Landslides analysis and con-
Cartografica, Firenze. trol. Transportation Research Board,
Prestininzi A. & Romeo R. (2000). National Academy of Sciences, Special
Earthquake-induced ground failures in Report, Washington D.C., 176, 2, 20-47.
Italy. Engineering Geology, 58, 387-397. Zaruba Q. & Mencl V. (1969). Landslides
Rib H.T. & Liang T. (1978). Recognition and and their control. Elsevier, New York, 205
identification. In: Schuster R.L. & Krizek pp.
R.S., eds. - Landslides analysis and con- Zimmermann M. & Haeberli W. (1989).
trol. Transportation Research Board, Climatic change and debris flow acti-
National Academy of Sciences, Special vity in high-mountain areas. Landscape-
Report, Washington D.C., 176, 2, 20-47. ecological impact of climatic change:
Sassa K. (1985). The geotechnical classifi- discussion report on Alpine regions,
cation of landslides. Proceedings of the Wa g e n i n g e n / U t r e c h t / A m s t e r d a m
4th International Conference and Field Universities, 52-66.
Workshop on Landslides, Tokyo, 31-41.
Sassa K. (1989). Geotechnical classification
of landslides. Landslide News, 3, 21-24
(tradotto in italiano da R. Lesmo e pub-
blicato in Geologia Tecnica, 4, 1990).
Schrott L., Dikau & Brunsden D. (1996). Soil
flow (mudflow). In: Dikau R., Brunsden D.,
Schrott L. & M.-L. Ibsen, eds. - Landslide
recognition, John Wiley & Sons,
Chichester, 181-187.
Seed H.B. (1970). Soil problems and soil
behaviour. In: Wiegel R.L., ed. -
Earthquake engineering, Prentice-Hall,
Englewood Cliffs, New Jersey.
Solonenko U.P. (1977). Landslides and col-
lapses in seismic zones and their predic-
tion. Bulletin of the International
Association of Engineering Geologists,
15, 4-8.
Sorriso-Valvo M. (1979). Trench features on
steep-sided ridges, Aspromonte,
Calabria (Italy). Polish-Italian Seminar on
Mass Movements, Warsawa 1979, 98-
109.
Sorriso-Valvo M. & Gullà G. (1996). Rock
slide. In: Dikau R., Brunsden D., Schrott L.
& M.-L. Ibsen, eds. - Landslide recogni-
tion, John Wiley & Sons, Chichester, 85-
96.
Temesgen B., Umer M., Astrat A., Berakhi
O., Ayele A., Dramis F. & Demissie M.
(1999) - Landslide hazard on the slopes
of Dabicho Ridge, Wondo Genet area,
main Ethiopian Rift: the case of June 18,

- 133 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

- 134 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

Crollo in roccia (rock fall).

Ribaltamento in roccia (toppling).

- 135 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

Scorrimento rotazionale in detrito (debris slide).

Sorrimento rotazionale (rotational slide) in substrato argilloso.

- 136 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

Scorrimenti rotazionale in detriti fini (soil slip).

Scarpata principale di uno scorrimento rotazionale.

- 137 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

Superficie basale lungo la quale si è realizzato uno scorrimento traslazionale in detrito.

Scorrimento planare in roccia (rock slide).

- 138 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

Scorrimento planare in detriti fini (mudslide). Il fenomeno si è verificato in Etiopia (Sidamo), per effetto di precipitazioni
intense e prolungate che hanno mobilitato la copertura alteritica di rocce vulcaniche (Temesgen et al., 1999).

Scorrimento in blocco (block slide) riattivato in Irpinia dal terremoto del 1980 (Dramis et al., 1982).

- 139 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

Espandimento laterale (lateral spreading) alla sommità di Monte Frascare (Marche), dovuto alla sovrapposizione di cal-
cari (scaglia bianca e rosata) a marne (marne a fucoidi), disposti in giacitura suborizzontale. Alcune delle trincee visibili
in primo piano sembra abbiano subito un sensibile allargamento dopo il terremoto umbro del 1997 (B. Gentili, comuni-
cazione personale).

Colata detritica veloce (debris flow) nel Torrente Colognati (Calabria ionica stettentrionale).

- 140 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

Accumulo frontale (e danni) di una colata detritica incanalata, innescata in Val d’Aosta dall’evento meteorico del 2000
(Dramis et al., 2002).

colata di terra (earthflow) innescata dall’evento meteorico di Sarno


(1998). Ha messo in movimento materiali piroclastici disposti in coper-
tura su versanti calcarei (foto F. Guadagno).

- 141 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

Colata veloce (earthflow-mudflow) nel substrato argilloso di Monte Ascensione (Marche),

frattura aperta sul versante occidentale di Monte Fema (Marche). Testimoni locali hanno riferito che la frattura si sareb-
be allargata in occasione del terremoto di Norcia del 1979.

- 142 -
I fenomeni franosi Francesco Dramis

La frana di Valpola (Valtellina, 1987), iniziata come rock slide, è evo-


luta immediatamente in flusso detritico al alta velocità dando così
origine ad una valanga di roccia (rock avalanche). E’ probabile che
all’innesco del movimento abbia contribuito la degradazione del
permafrost presente nel settore di testata (Dramis et al., 1995).

Valanga di detrito (debris avalanche) nel Torrente Colognati (Calabria ionica stettentrionale): il fenomeno è iniziato come
scorrimento in detriti (debris slide) evolvendo immediatamente in flusso detritico ad alta velocità.

- 143 -
Francesco Dramis I fenomeni franosi

- 144 -

Potrebbero piacerti anche